09 - Novembre - Rev
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e la commemorazione di tutti i fedeli defunti sono le occasioni più pertinenti per usare tale similitudine.
E
Le due celebrazioni sono strettamente unite,· la prima si conclude con questa preghiera: «O Dio, unica
fonte di ogni santità, mirabile in tutti i tuoi Santi, fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo
amore, per passare da questa mensa, che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno, al festoso banchetto del
⑧
cielo. DPer Cristo nostro Signore.», richiesta che viene ripresa, e rimarcata secondo il profilo della
S
speranza, all’inizio della messa per tutti i defunti: «Nella tua bontà, o Padre, ascolta le preghiere che ti
rivolgiamo, perché cresca la nostra fede nel Figlio tuo risorto dai morti e si rafforzi la speranza che i
tuoi fedeli risorgeranno a vita nuova.②Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e
B Potremmo intenderle come
regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.».
un’unica preghiera che esce dal cuore di chi affronta la vita da pellegrino in cammino con Cristo,
riconosciuto quale Signore (proprio e del mondo) che esercita la sua signoria con la forza dell’amore
divino trinitario da Lui stesso vissuto nell’obbedienza, nel dono di sé, nella speranza. La forza di
⑳ quell’amore che vince ogni male (anche la morte) viene donata ai fedeli nella forma della comunione
(ossia per mezzo di un legame che richiede l’esercizio della nostra libertà i di entrambe le parti) mediante
la celebrazione eucaristica (in cui ci si accosta alla mensa che sostiene nel pellegrinaggio terreno d
-
e si fa
il memoriale della sua Pasqua). La celebrazione eucaristica è dunque l’orizzonte imprescindibile delle
preghiere per i santi e per i fedeli defunti, è l’evento centrale della vita del fedele che rinfranca il passo
del cammino con la forza spirituale dell’Eucarestia, rassicura facendo sentire la protezione dalla
vicinanza del Signore e guida verso il compimento con la luce della speranza. Non solo, in virtù del
legame in Cristo, la celebrazione eucaristica ci aiuta a vivere il cammino personale come parte di un
unico cammino: quello dei fedeli. Cristo stesso lo ha tracciato, realizzato con la sua vita, e continua a
percorrelocon coloro che lo riconoscono Signore. È il cammino di comunione che Dio (che è comunione
d’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo) ha deciso di condividere con il suo popolo perché siano tutti
con Lui nella Gerusalemme celeste, da risorti a vita nuova, seduti al banchetto del cielo, dove si
raggiungerà la pienezza dell’amore, la massima comunione con Dio e con i fratelli ossia il compimento
del pellegrinaggio terreno, il termine di tutte le strade e fatiche. È il cammino di santità che il Padre
«veramente santo» e «fonte di ogni santità» (come invocato nella preghiera eucaristica) apre per la
salvezza dei suoi figli. Questo significa intendere la vita come un “pellegrinaggio” compiuto da fedeli:
il mettersi in cammino per raggiungere, passo dopo passo, una pienezza sempre maggiore dell’amore,
della comunione e per questo “portare” il cuore sempre più vicino a Dio, insieme ai fratelli in Cristo.
Poiché il cammino è unico, quello della Chiesa, dobbiamo sentire i santi e i fedeli defunti come parte del
IMPERLTURO
il crocifissoE(morto)Be – risorto la cui Pasqua è il segno più eloquente e perituro della verità dell’amore di
Dio per i suoi figli, luce di speranza, fonte inesauribile a cui ogni fedele e la Chiesa attingono per avere
le forze necessarie ad affrontare il pellegrinaggio terreno, causa giustificante la preghiera per i santi e
per defunti. Il memoriale della sua Pasqua che noi compiamo ogni volta con la celebrazione eucaristica
/ I
è dunque l’evento che, unendoci alla sua morte e risurrezione, dona alla nostra vita la forma del
IN
pellegrinaggio, ci inserisce nella comunione con la Trinità, ci vincola (quasi a modi cordata) con gli altri
C -
pellegrini in un unico sentiero di ascesa con Cristo, per Cristo e in Cristo, verso la Gerusalemme celeste.
o
N
Proprio perché legati insieme possiamo invocare coloro che sono già alla meta (me⑧ ancora legati a noi)
seGvoNo ?
per avere un aiuto e/ non di meno sostenere coloro che ci precedono. La salvezza è per tutti e di tutti, non
/ ne
è mai un fatto prettamente personale perché non è una via che si può percorre da soli ma solo nella
. comunione con Dio e i fratelli. La nostra salvezza è legata a quella dei santi (per noi un tesoro di grazia
da cui poter attingere) e dei nostri defunti, D·
celebrare la solennità di tutti santi e la commemorazione di
tutti i fedeli defunti ci aiuta a vivere questa consapevolezza imprescindibile del cammino di fede: la
- necessità e il dovere di vivere la comunione che si radica e ci viene data in dono nell’Eucarestia. Questo
E
-
-
inserisce- in quello di chi s di quello degli altri, come i fedeli
defunti perché persiste oltre la morte come ci rivela la Pasqua di Gesù: il Padre continua ad amare anche
I
coloro che sono morti· anzi, proprio il suo amore non permette alla morte di recidere i legami di
-
comunione. Che la dimensione comunionale sia necessaria lo indica anche il “titolo” della celebrazione
- del 2 novembre che non è “per tutti i defunti” ma “per tutti i fedeli defunti”. La condizione di defunti
cambia dall’essere il soggetto (preghiamo per i defunti) all’essere un aggettivo riferito ai fedeli
(preghiamo per i fedeli che si trovano nella condizione dell’essere defunti). Questo non perché vi sia una
sorta di giudizio escludente chi non si è stato fedele nella vita (questo giudizio spetta solo a Dio) ma per /
sottolineare il legame che sta alla base della nostra preghiera, preghiamo in quanto fedeli per i fedeli,
⑳
nella comunione, da fratelli che continuano ad amare i loro fratelli anche se si trovano nella condizione
di defunti perché sanno che la comunione con l’amore di Dio rende anche l’amore degli uomini capace
·
di tale miracolo. È importante ricordarsi che la vita dei fedeli è sempre illuminata dall’essere in
PER QUESTO
CRISTIANO
!L VIVE
comunione con Dio e con i fratelli, anche nella morte motivo per cui questa tappa del pellegrinaggio
.
terreno i cristiani la vivono celebrando l’eucarestia (il funerale) non da soli ma con la comunità. È questo
il modo dei fedeli di affrontare la morte, come passaggio, con speranza, da fratelli, in comunione. Oggi
purtroppo si nota la tendenza a vivere questo momento in modo sempre più privatistico,/ cresce la
S
tendenza a chiedere una generica preghiera o una benedizione della salma invece della messa NA come se il
.
I
funerale riguardasse “solo” il defunto e non i suoi legami e la comunione che ne ha definito la vita di
credente come se fosse il funerale di un defunto e non di un fedele defunto. Oltre a questo, c’è anche
I
l’inclinazione a conservare le ceneri in casa,⑧ non è una buona prassi sia per i risvolti psicologici che
rendono difficile il superamento del lutto, sia perché impedisce proprio la dimensione relazione ⑧ della
vita, ⑧
-
con tutto il rispetto per il dolore personaleI non dobbiamo mai pensare che qualcuno sia solo nostro.
&
Senza poi affrontare il discorso di coloro che chiedono la dispersione delle ceneri motivo per cui viene
3
addirittura negata dalla Chiesa la celebrazione del funerale. Il modo proprio dei fedeli per vivere la tappa
finale del pellegrinaggio terreno è la celebrazione eucaristica e il luogo proprio della deposizione è il
cimiteroI perché permette a tutti di “fare visita” I
anche a chi non si conosce personalmente ma per cui si
prega in quanto fratelli. Approfittiamo di queste feste per “visitare” anche noi i fratelli del nostro
PER QUALI
nostra comunità, santi che pregano per noi e fratelli che per cui spetta a Or
I
cimitero, sono parte dellanel
ni
pregare. Da pellegrini sul cammino della fede chiediamo anche noi: «renderci santi come Tu sei santo».
Don Paolo
IL MONACO “PEREGRINUS PRO CHRISTO”
Attorno al 530 nell’isola verde d’Irlanda nacque Colombano, un asceta ed un missionario, che crebbe
nella spiritualità monastica e si istruì non solo nelle cose spirituali, ma anche nella cultura latina. Qui si
era consolidato il cristianesimo, mentre nel continente, le invasioni barbariche avevano scosso la fede
cattolica; diversi di loro avevano aderito ad un cristianesimo ariano (cioè ritenevano Gesù un grande
uomo, ma non il Figlio di Dio).
Colombano e questi fieri religiosi ottennero di lasciare i loro monasteri e di partire per la
rievangelizzazione dell’Europa. Colombano con una vita talvolta tumultuosa, fondò monasteri in Francia
ed attorno al lago di Costanza, dando cultura e socializzazione alla gente semplice che ricorreva a questi
centri di spiritualità. Preceduto dalla fama di una saggezza e di una santità, questo monaco, pellegrino
per Cristo in tutta Europa, giunse anche in Italia con il desiderio di andare dal Papa per dichiarare la sua
fedeltà alla chiesa.
Il monaco irlandese, dopo aver avvicinato la corte longobarda a Pavia ed a Milano, ottenne di poter
fondare un monastero sull’Appennino ligure; ormai anziano spese le ultime sue energie per fondare il
monastero di Bobbio, per molti secoli rinomato centro religioso e culturale. Il venerando monaco morì
nel 615.
Immagino che chi conosce la mia storia sa che Colombano mi è sempre stato un punto di riferimento
e pertanto potrei trovare molti spunti nella sua figura, ma voglio trasmettere questa volta il suo impegno
per essere pellegrino in tutta Europa per riportare la fede integrale in Gesù.
Voglio soffermarmi su questo aspetto perché in questo tempo di globalizzazione nella chiesa sta
tornando in modo intenso l’attenzione verso il pellegrinaggio che diventa segno manifesto della vita del
cristiano che è un cammino verso l’incontro con il Signore, accompagnato dalla chiesa.
Nelle nostre comunità i nostri parroci ci hanno richiamati anche in passato a questa verità attraverso i
pellegrinaggi, le processioni, i grandi cammini
Ai nostri giovani è appena stato proposto anche quest’anno la Giornata mondiale della gioventù, che è
stato un mettersi in cammino per interrogarsi sulla vita insieme a tanti altri giovani di tutto il mondo.
La chiesa sta spingendo tutti noi a passare da una fede tradizionale ad una esperienza cristiana
personale più convinta.
Del resto vi renderete conto che davanti alle problematiche che hanno toccato la salute o che hanno
messo a rischio la nostra incolumità con le guerre sempre più prossime a noi, molti cristiani che
coltivavano una fede magica che li preservava dalle difficoltà della vita, hanno lasciato la vita di
comunità e le nuove generazioni sovente sono spinte ad una visione della vita puntando sui problemi
dell’immediato: preparazione tecnologica, futuro lavorativo, tempo libero per divertirsi.
Sono anche convinto che il meglio della gioventù non rinuncia a porsi l’interrogativo talvolta
enigmatico su Dio e sul suo interloquire con l’esistenza dell’uomo.
Ecco dunque quanto è importante che riti, cerimonie, gesti che abbiamo vissuto con devozione per
celebrare una festa o un appuntamento della comunità vanno ricuperati nel linguaggio popolare della
fede per moltiplicare le occasioni di riflessione e di maturazione della nostra fede e la crescita delle
nostre comunità.
La pastorale del - si è sempre fatto così – ostacolando talvolta per pigrizia mentale di rinnovare i nostri
gesti della fede, diventa occasione di allontanamento dei giovani e delusione per noi vecchi che ci
sentiremo soli nella professione di fede.
Dunque ogni gesto liturgico diventi in modo chiaro espressione di una comunità pellegrina per Cristo
nel nostro tempo.
Soprattutto io spero in tante famiglie giovani, magari frenate, da cammini poco comprensibili, per
aiutarci a rinnovare.
don Mario
I SANTI E I DEFUNTI STELLE LUMINOSE DEL TUO CIELO!
UNA CATECHESI PER LA VITA
Donata
Nel precedente articolo abbiamo proposto qualche spunto di riflessione sull’importanza dell’educazione
all’affettività e sessualità dei ragazzi che dovrebbe primariamente farci riflettere sul nostro sistema di
valori in merito, perché ciò che noi facciamo e diciamo, ha un’influenza sulla dimensione affettiva dei
nostri figli. Le nostre esperienze da bambini e da adulti, quello che i nostri genitori dicevano e facevano,
le nostre credenze religiose, vecchi ricordi, gioie, paure possono ritornare a galla e influenzare in modo
più o meno consapevole le nostre parole e i nostri atteggiamenti con loro. Non possiamo negare che i
ragazzi siano influenzati da ciò che vedono, sentono, leggono
in fatto di sessualità attraverso la tv, i social, la pubblicità, da
cui imparano che cosa significa essere donna e uomo e quali
atteggiamenti avere per essere apprezzati, guardati, ricercati.
Che ci piaccia o no, ciò che emerge prevalentemente nella
dimensione televisiva e pubblicitaria, sono rapporti “mordi e
fuggi” legati all’eccitazione del momento, documentati dalle
telecamere che seguono i protagonisti di tanti programmi e
reality show, una sessualità per lo più svincolata dalla
dimensione dei sentimenti. A questo si aggiunge che oggi, con
internet e i social tutto è più accessibile, e non ci sono limiti all’accesso a stimoli erotici e pornografici.
Non possiamo sottovalutare questi condizionamenti, per noi ma soprattutto per i nostri ragazzi, più
vulnerabili perché ancora immaturi da un punto di vista psichico ed emotivo. Ma allora, cosa possiamo
fare noi, per educare i nostri figli a crescere non solo cognitivamente, ma anche nelle emozioni e
sentimenti, nel rispetto di sé e degli altri? Da quando iniziare? Se la sessualità fa parte di noi dal momento
in cui nasciamo, e fa parte della nostra identità, allora dovremmo abituarci a parlarne con i nostri figli,
con naturalezza, fin da quando sono piccoli. Vuol dire innanzitutto imparare a parlare con i bambini di
qualsiasi cosa, a rispondere con sincerità alle loro domande e se non sappiamo qualcosa, o non sappiamo
come dirlo, imparare a prendere tempo e dire tranquillamente “non lo so però mi informo e poi ne
parliamo”, e poi, farlo davvero. Diamo informazioni scientificamente corrette ma adatte all’età,
ricordandoci che ci sono due livelli di comprensione quello emotivo e quello cognitivo, che non
dovrebbero mai essere separati.
I libri per esempio possono essere un preziosissimo aiuto per
questi temi perché ci aiutano ad affrontare argomenti
complessi con un linguaggio adatto ai bambini che unisce
emozioni e informazioni, e che li aiutano a rielaborare
curiosità, pensieri ed esperienze. Abituarli ad avere risposte
da noi li educa ad averci come punti di riferimento in ogni
fase della loro vita anche quando, in adolescenza, saranno
meno propensi a parlare con noi. Di cosa si può parlare con i
bambini? Delle differenze e delle similitudini tra noi, del corpo, di come è fatto, delle differenze tra
maschi e femmine e della sua bellezza, di come nascono i bambini con parole semplici, comprensibili
adatte all’età, delle forme di cura, delle nostre emozioni e di quelle
degli altri e dell’amore… Sì, perché non c’è parola più universale e più
ricca di significati e sfumature di questa. Sentimento raccontato dai
versi di infinite poesie, e cantato da altrettante melodie, su cui si fonda
la nostra esistenza, perché, se ci sentiamo amati, possiamo amare e
questa è la primaria certezza su cui si fonda la nostra esistenza.
L’esperienza dell’amore è un fatto interno, un sentimento un vissuto,
ma anche un fatto esterno, qualcosa che osservo, di cui faccio
esperienza intorno a me. Quindi è nella relazione, prima di tutto con i
nostri genitori, di amorevole accudimento, fatto di gesti, di sguardi, di
attenzioni, che impariamo i primi linguaggi dell’amore. Se
chiedessimo ai bambini di raccontarci cos’è l’amore non userebbero
immagini e concetti astratti, questioni emotive o razionali come gli
adulti, ma userebbero semplicemente la dimensione del fare… L’amore per i bambini è “quando la
mamma mi dà il bacio prima di andare a scuola”, “quando il papà mi soffia sulla bua e mi mette il cerotto
colorato” “quando la mamma anche se è stanca mi prepara la mia torta preferita” ecc. Insomma, i bambini
ci dicono che l’amore “lo sentiamo nella pancia” ma lo vediamo intorno a noi attraverso i gesti di chi
amiamo e dal quale siamo amati. E quando crescono e diventano adolescenti, si può parlare con loro di
amore? Quando l’amore continua a sentirsi nella pancia ma iniziano anche le farfalle nello stomaco e la
testa tra le nuvole, quando non riescono più a concentrarsi nello studio e stanno ore allo specchio, come
facciamo a parlare con loro dell’amore? Quando i gesti diventano scoperta dell’altro, quando l’amore si
trasforma in attrazione fisica per l’altro, piacere e desiderio, cosa dobbiamo fare? Innanzitutto non
dimenticare che anche nell’adolescenza educare all’affettività vuol dire educare all’amore, ma che questa
parola, non dovrebbe essere svuotata e ridotta a mera emozione del qui ed ora, del “fin che dura, dura”.
Il rischio invece è che in adolescenza si parli di sessualità solo in termini di contraccezione, di malattie
sessualmente trasmissibili o di gravidanze indesiderate… che è ciò che spesso noi genitori ci aspettiamo
faccia la scuola, pensando che l’informazione basti per rendere i ragazzi responsabili e consapevoli…
ma siamo certi che questo basti? Se così fosse, allo stesso modo dovremmo aspettarci che l’informazione
per esempio che tutti noi abbiamo sulla pericolosità del fumo per la nostra salute, ci dissuada dal fumare
ma in realtà non è così… Come sempre accade, nel rapporto coi figli, ciò che loro vivono non solo ci fa
ritrovare un parte di noi alla stessa età, ma ci interroga e dovrebbe spingerci a riflettere su di noi e sul
nostro ruolo… perché anche noi adulti non finiamo mai di crescere…
Elena
IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE IMMAGINE DELLA CHIESA
Su quale fondamento si costruisce un Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP)? Come per ogni progetto
di costruzione, vi è una visione, un’idea di ciò che si è vuole costruire. Questa idea è quella di riproporre
nella vita quotidiana dei fedeli, che vivono uno stesso territorio e città, la stessa immagine di Chiesa
universale che accoglie, annuncia e promuove il Vangelo di Gesù. Diventa quindi abbastanza importante
che i suoi membri debbano avere il profondo convincimento che esso non è un Consiglio di
Amministrazione di una società o di un ente. Il suo primo obiettivo non è quello di ricercare migliori
organizzazioni per ottenere migliori risultati. Il Consiglio Pastorale è un'immagine di Chiesa di cui il
Consiglio vuole essere un segno: è l'immagine di Chiesa quale comunità dei credenti nel Signore Gesù;
una Chiesa nella quale ogni credente è chiamato a svolgere un servizio; una Chiesa che si esprime
concretamente in una realtà di comunione articolata, dove sacerdoti, diaconi, religiosi, laici hanno
ciascuno il proprio compito; una Chiesa in cui esercitare in pienezza quella fraternità di cui Gesù Risorto
è il centro e il senso ultimo.
Il Card. Martini, parlando a proposito dei CPP si esprimeva in questo modo: ”mi preme mettere in
evidenza il fatto che il consigliare non è un atto puramente intellettuale, è un atto misericordioso che
tenta di guardare con amore l'estrema complessità delle situazioni umane concrete; il decidere nella
Chiesa ha lo scopo di configurare sempre meglio il volto del suo Signore. Consigliare è qualcosa di molto
spirituale, è entrare in comunione con lo Spirito di Dio”.
Alla luce di queste affermazioni, diventa evidente lo spirito di carità che deve animare i membri di un
CPP, dove le riflessioni, le opinioni, i confronti stessi, devono svolgersi in questa unica direzione:
consigliare sempre per il bene di tutti. E’ una carità questa che non ha un rapporto forse diretto con coloro
che ne riceveranno beneficio, ma proprio per questo è la più disinteressata e gratuita perché più nascosta.
Questo Spirito di carità non può che essere sorretto da quella preghiera sia personale che comunitaria,
che lo fortifica e alimenta, nella prospettiva di formare e realizzare quell’autentico senso di fraternità che
deve costituirne il clima in cui il CPP potrà svolgere il proprio compito.
Quindi punto di partenza, ma anche meta da raggiungere, per questa esperienza nel CPP è quello di
sentirsi Chiesa: per questo chi ne fa parte non può che avere una autentica mentalità ecclesiale. Tale
mentalità non può che essere:
cristocentrica: il punto di riferimento obbligato è Cristo. È lui il centro, il capo della Chiesa; è lui che la
guida, che la fa vivere, che la salva.
comunitaria: la salvezza è personale, ma si realizza in una comunità (ecclesia), perché Cristo Salvatore
è vivente nella comunità.
missionaria: la salvezza non è rivolta solo a quelli di casa, è data perché sia estesa fino ai confini della
terra. Non ci si può rinchiudere solo nel proprio gruppo o movimento, ma occorre aprirsi a tutta la
comunità.
di servizio: è la mentalità descritta dalla parabola dei servi inutili (Lc 17, 7-10), una mentalità umile,
disponibile a dare a Dio e ai fratelli tempo, intelligenza, doti, impegno senza niente chiedere. Si serve
mettendo a disposizione degli altri quel che si ha e quel che si è.
Il compito è grande; ma il Signore ripete a ciascuno di noi: “Non temere, io sono con te”.(Is 41,10).
Pietro
D
ELENCO CANDIATI CPP
N
MODALITA DI VOTO
DEI
S .
SS .
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MARTEDÌ 31 OTTOBRE
i
ORE 21.00 A BORGHETTO
A
ROSARIO, CASTEGNE E
M
TOBOLONE
CALENDARIO DELLE MESSE DI NOVEMBRE
borghetto 8.00
casoni 10.00 Vigentini carlo e lina Solennità di
1 ME
borghetto 11.00 Pro populo tutti i santi
cimitero 15.00 Per tutti i defunti
cimitero 15.00 Per tutti i defunti Commemorazione di
2 GI casoni 17.00 PER TUTTI I DEFUNTI
tutti i fedeli
borghetto 20.30 Per tutti i defunti defunti
Ferrari giuseppe, anna, adelina / rossi luisa e ferrari bruno
borghetto 8.30
3 VE Al termine esposizione eucaristica fino alle 10.00 s. cornelio
casoni 16.00
FORNACI 16.00 Bigatti luigi e granata amedeo
4 SA VIGAROLO 17.00 Fam. Bonelli, borella, gennari, rapelli ss. orsola e c.
borghetto 18.00 Maraboli alfredo e mori francesca
m
borghetto 8.00
CASONI 10.00 Sari marianna, giuseppe e fam.
5 DO Xxxi dom. t.o / A
borghetto 11.00 Pro populo preghiera per “i volontari dell’avis”
San rocco 18.00 Massazza giancarlo
6 LU borghetto 16.00 RENZO E MARIA s. leonardo
borghetto 16.00 Bruno e suor emerenziana
7 MA S. baldo
casoni 16.00
borghetto 16.00 Fam. Marchetti
8 ME S. Goffredo
borghetto 20.30 Al termine esposizione eucaristica fino alle 22.00
9 GI borghetto 16.00 Ded. Basilica lateranense
borghetto 8.30 Maggi alfredo e maiocchi rita / sbaruffati emilio e angela
10 VE s. leone magno (m)
casoni 16.00
FORNACI 16.00 Emanuele e cristina
VIGAROLO 17.00 Fam. Passera - baggi
11 SA s. martino di tours (m)
borghetto 18.00 ⑧
Mori ettorie
borghetto 21.00 Concerto coro monte alben FARE UN BOX