Leopardi

Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 2

Pensiero

Il pensiero leopardiano si può cogliere e riassumere leggendo lo Zibaldone, suo diario personale, dove raccoglieva tutti i suoi pensieri e riflessioni; è scritto in prosa.
Al centro del pensiero di Leopardi si pone un motivo pessimistico, ossia l’infelicità dell’uomo.
Per lui la felicità corrisponde al piacere, materiale e sensibile, che sia infinito, sia per estensione che per durata, ma i piaceri di cui può godere l’uomo non sono
infiniti, da cui nasce quindi la sua infelicità.
Però la Natura, definita ‘Benigna’ inizialmente da Leopardi, ha dato un rimedio all’uomo per questa sua infelicità: l’immaginazione e le illusioni.
Leopardi identifica due stadi del pessimismo: il Pessimismo Storico e il Pessimismo Cosmico.
Nel Pessimismo Storico, Leopardi afferma che l’uomo è costretto a soffrire tutta la vita, perché si è allontanato dalla via tracciata dalla Natura Benigna; infatti, gli
uomini antichi erano in un buon rapporto con la Natura e vivevano una vita semplice, basata principalmente su pochi valori, come la guerra, la patria e l’amore.
Con il progresso della civiltà e della ragione finiscono le illusioni e gli uomini non sono più in grado di illudersi ed immaginare e, quindi, si allontanano dalla
Natura, poiché attraverso la ragione colgono maggiormente la propria infelicità.
Nel Pessimismo Cosmico, Leopardi introduce il concetto di Natura Maligna, poiché viene vista come un meccanismo crudele, che fa soffrire e distruggere gli esseri
viventi, cosa necessaria per il processo di conservazione della specie.
Qui egli afferma che sia gli antichi che i moderni sono stati sottoposti alla sua malvagità fin dalla loro nascita, non solo gli uomini moderni.
Conclude affermando che la causa dell’infelicità dell’uomo è esclusivamente la Natura.

Prima di morire scrisse ‘La Ginestra’ (fiore giallo trovato sul Vesuvio), dove lui afferma di non avere più speranza e evidenzia come l’uomo debba andare contro la
natura, ribellandosi; nascerebbe così quell’uomo eroico che si ribella alla natura, così come la ginestra resiste in un ambiente inospitale.
Qui si denota il ‘Pessimismo Eroico’, dove alla fine lui spera che gli altri (gli ‘eroi’) possano ribellarsi alla natura.

Operette morali di Leopardi


È una raccolta di 24 prose in forma di dialoghi, parabole, brevi racconti, che hanno per protagonisti personaggi storici, mitologici, letterari, personificazioni di
concetti astratti e sviluppano in forme fantastiche i temi principali della riflessione leopardiana. 20 sono state composte nel 1824, le altre tra il 1825 e il 1832.
Il ricorso alla fantasia della rappresentazione non si scontra mai con l'analisi della realtà, non è
un'operazione dell'immaginazione, ma della logica seguendo strutture di ragionamento diverse, come diverse sono le epoche in cui sono collocati i personaggi,
come diversi sono i modi di pensare e di vedere: ma tutti dovrebbero condurre a una sola visione, agli stessi valori ed ideali, eliminando e-goismi che distruggono
tutto.

Le Operette esprimono la meditazione leopardiana sulla condizione umana sospesa tra passato e presente, sul destino, sull'aspirazione di ogni uomo a una felicità
che sembra raggiungibile nella prima giovinezza ma che si rivela ad ogni anno che passa (Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero) sempre più un
sogno impossibile.

Alla Luna

L’idillio si articola in due parti principali:


Parte narrativa (v.1-10): il poeta ricorda quando, un anno prima, era solito recarsi su un colle e la luna illuminava la selva. Egli la ammirava e la sua immagine gli
pareva sfuocata e tremula attraverso le lacrime. Così gli appare anche in questo momento, perché la sua vita è ugualmente travagliata e complessa. La riflessione è
molto dolorosa e il poeta la affida ad una muta e intima confidente. Al verso 3, il verbo venia, sottolinea l’abitudine di Leopardi a recarsi in quel luogo per mettersi
di fronte a quello spettacolo lunare.
Parte riflessiva (versi 10 – 16): in età giovanile, la memoria è breve e la speranza è lunga, rendendo graditi i ricordi del passato.
Il tema principale di questo idillio è il ricordo, che attraversa quasi tutto il testo, il cui titolo, originariamente, era “La ricordanza”. La riflessione inizia in un
ambiente notturno; in particolare, dalla sommità del colle, il poeta si rivolge alla luna con l’apostrofe “O graziosa luna”, collocata proprio all’inizio del primo verso.
Leopardi ricorda di essere stato nello stesso luogo un anno prima, nella stessa condizione di malessere esistenziale. Tornare indietro con la mente, comporta anche
un’atmosfera di dolcezza, nonostante dolore e stato di infelicità non siano cambiati. Tuttavia, la memoria allevia queste sensazioni, proponendo l’esistenza di un
altro tempo, in cui ci sono dei momenti destinati ad essere dimenticati. Secondo Leopardi la dolcezza di un ricordo, anche se doloroso, è maggiore nel periodo
adolescenziale, periodo in cui l’uomo ha molte speranze e pochi ricordi negativi; invece, in età adulta, il ricordo perde questa sua dolcezza, perché vengono meno le
illusioni.
Dialogo della natura e di un islandese
Un islandese è insofferente e infelice e inizialmente crede che questo suo stato d’animo sia dovuto ai mali rapporti con i vicini. Per questo motivo decide di isolarsi
ulteriormente.
Ma ancora un a volta è insofferente e attribuisce la sua infelicità al clima.
In casa è costretto a stare vicino al fuoco ma qui soffre per l’ambiente secco e pieno di fumo, all’esterno invece il clima è troppo rigido.
Decide dunque di girare il mondo convinto di trovare un luogo adatto a lui.
Ma trova luoghi troppo caldi, troppo freddi, troppo piovosi, troppo freddi, con venti forti, terremoti.
Arrivato in Africa, incontra la Natura (la quale ha sembianze di donna enorme appoggiata a una montagna) a cui rivolge domande esistenziali circa l’uomo, dopo
averle mostrato la sua incomprensione e contraddizione verso il suo comportamento (della Natura).
La paragona inoltre a un ospite pazzo che costringe colui che ospita a stare in luoghi scomodi, lo tiranneggia e lo danneggia, impedendogli di andare via.
Quindi l’islandese chiede alla Natura il senso del suo operare contro i viventi ma lei asserisce di essere al di là del bene e del male e di operare seguendo un ciclo di
conservazione ben al di sopra delle vite.
Ma quando alla fine l’islandese chiede a chi giova questa vita infelice dell’universo, conservata con il danno e con la morte delle cose che lo compongono.
La storia ha un doppio finale
1. passano due leoni e lo divorano.
2. una tempesta di sabbia lo seppellisce rendendolo una mummia da esposizione.
Quest’opera fu scritta tra il 21 e il 30 maggio 1824.
Leopardi si ispira alla storia di Jenni Voltaire in cui si parla dei flagelli a cui sono sottoposti gli islandesi.
A livello metrico e stilistico all'interno del testo poetico Un dialogo della natura e di un islandese viene utilizzata tantissimo la cosiddetta tecnica dell'accumulo che
consiste nell'elencare tutta una serie di disgrazie e sofferenze successe all'interno della composizione poetica. Nella seconda parte della lirica invece vengono fatte
tutta una serie di vere e proprie accuse contro la natura. A livello linguistico viene utilizzata tantissimo e in maniera ripetitiva la negazione.

Indefinito e rimembranza
I Piccoli idilli vengono composti tra il 1819 e il 1821. I riferimenti classico-mitologici lasciano spazio a un discorso lirico-soggettivo, intimo e quotidiano e a
componimenti più brevi e a strutture più agili.
Il poeta inscena se stesso, luoghi familiari e scene di vita a Recanati.
La natura offre lo spunto per riflessioni esistenziali dolce e pacate, la lontananza temporale addolcisce il ricordo e parole vaghe e indefinite esprimono il piacere
dell’immaginazione.
Per Leopardi la morte è un bisogno dell’uomo e questo lo rivela nel Cantico del gallo silvestre dicendo che quando l’uomo si alza al mattino è come se si trovasse
nella fase della fanciullezza, per poi passare nel giorno alla fase adulta e per finire la sera che rappresenta la morte. L’Infinito, uno dei testi più conosciuti di
Leopardi, tende a sottolineare la teoria del vago e dell’indefinito, egli è come se sognasse in presenza della ragione. Ricordare il passato rende vago il presente, il
recupero memoriale, la scoperta ed esplorazione della soggettività; sono questi i temi centrali.
Rompe la metrica perché deve seguire il moto del suo animo. Usa tempi indefiniti come il gerundio e l’infinito per dare enfasi al concetto di vago. Leopardi è
contrario al misticismo e alla trascendenza. Egli si eleva al disopra della realtà con grande capacità riflessiva e descrive la vanità della vita e prende un simbolo della
condizione umana. La grandezza dell’uomo è riconoscere la realtà, l’uomo è in balia della natura, la natura è nemica, gli uomini per vincerla devono coalizzarsi. Su
quest’ultima frase qualcuno ha visto in Leopardi un inizio di socialismo, ma non credo ci si possa sporgere più di tanto. L’uomo fa parte dell’universo infinito.
Rifiuta l’ottimismo, elemento tipico dell’illuminista, rifiuta le conquiste del passato, rifiuta lo spiritualismo cattolico e la razionalità.

I Canti
Si tratta di 41 componimenti poetici, scritti fra il 1816 e il 1837 e per desiderio dello stesso Leopardi, pubblicati postumi, dall’amico Antonio Ranieri. Essi ci fanno
capire l’evoluzione sentimentale del poeta e soprattutto le sue riflessioni sul senso della vita, sul significato e l’origine del dolore e sulla felicità che è solo illusione
e il relativo sviluppo nel corso della vita del poeta.
I Canti possono essere distinti in tre gruppi che corrispondono alle tre fasi dell’esperienza poetica del Leopardi
Piccoli idilli
Gli idilli sono componimenti poetici, piuttosto brevi, che esprimono la situazione, gli affetti e le vicende dell’animo del poeta
Le canzoni sono state composte dal 1818 al 1822, cioè nel periodo del “pessimismo storico”: l’uomo è infelice a causa del ruolo negativo che ha avuto su di lui la
storia e la civiltà e che lo hanno allontanato dall’unione con la Natura benevola. La realtà storica attuale non è adeguata e gli uomini contemporanei non sono capaci
di compiere azioni alte, nobili ed eroiche.
Nelle prime canzoni troviamo alcuni temi patriottici come quello dell’Italia che ha dimenticato la sua grandezza di un tempo.
Le canzoni successive hanno un contenuto filosofico: rappresentano l’età primitiva in cui l’uomo era felice perché sempre a contatto diretto con la natura e la civiltà
non lo aveva ancora corrotto.
A questo periodo appartengono anche gli Idilli: L’infinito, La sera del dì di festa, Alla luna. I contenuti sono autobiografici, la forma è più semplice e scorrevole, il
verso è musicale e Leopardi ricorre alla poetica del vago e dell’indefinito.
In parte, gli idilli si ricollegano all’idillio dell’Arcadia del Settecento in cui i poeti rappresentavano delle scene di campagna; tuttavia il Leopardi non si limita a
descrivere il paesaggio intorno a lui; la natura serve per esprimere lo stato d’animo del suo io-lirico e costituisce un’occasione per riflettere sull’infelicità dell’uomo.
Grandi idilli
Vengono composti nel periodo 1828-1830, durante il soggiorno a Pisa ed il ritorno a Recanati, a seguito della morte del fratello. Ne fanno parte gli idilli A Silvia,
Canto notturno di un pastore errante per l’Asia, La quiete dopo la tempesta, il sabato del villaggio. In questo periodo, Leopardi scrive anche Il passero solitario che
però, più tardi, spostò nella sezione dei Piccoli idilli. Il linguaggio è più elaborato e il poeta esprime il suo pessimismo cosmico: l’infelicità fa parte della natura
dell’uomo, l’uomo nasce infelice e la natura, che da benevola diventa maligna, causa in lui un dolore contro il quale non si può lottare. La vita non è altro che un
meccanismo di conservazione che parte dalla nascita e che va fino alla morte. L’uomo è consapevole della sua situazione, tutte le sue speranze sono inutili e prima o
poi si trasformano in delusioni.
Nei primi Grandi idilli, Leopardi ricorre ancora alla poetica del vago e dell’indefinito per evocare la memoria della giovinezza, caratterizzata da tante speranze.
Nei successivi, Leopardi dimostra con la ragione che in realtà le illusioni sono vane (e si trasformano in delusioni); il poeta ricorre alla descrizione della realtà quale
essa è (poetica del vero); le immagini liete della giovinezza sono sostituite dall’idea che ogni illusione è destinate a cadere di fronte al dolore e al nulla della morte
che attende tutti gli uomini.
Il ciclo di Aspasia e gli ultimi canti
Composti, a Napoli, dal 1831 e il 1836, di essi fa parte La ginestra. Il ciclo di Aspasia comprende cinque liriche che si ispirano all’amore nei confronti della
nobildonna di Firenze, Fanny Targioni Tozzetti. All’inizio, l’amore per la donna viene considerato come l’ultima possibilità che può dare un senso alla vita, ma alla
fine anch’esso si trasforma in una grande delusione e il dolore si fa più acuto
Negli ultimi canti, soprattutto ne La ginestra, Leopardi ritrova il suo impegno politico della gioventù, esprime una critica e un’ironia nei confronti di coloro che
vedono con ottimismo il progresso moderno a cui si aggiunge il concetto di solidarietà. Ne La ginestra è presente il rifiuto di ogni illusione e la critica al tempo
presente. La ginestra è il simbolo di una nuova poesia che, nonostante tanto pessimismo, interviene per sottolineare la necessità di una fratellanza fra tutti gli uomini
che sono sullo stesso piano perché figli della stessa natura maligna.