Normativa Lavoro Europeo

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NORMATIVA EUROPEA

SUL LAVORO
Cos'è il diritto del lavoro?
Il diritto del lavoro definisce i diritti e i doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro.

A livello dell'UE, il diritto del lavoro disciplina due grandi settori:

condizioni di lavoro - orario di lavoro, lavoro a tempo parziale e a termine, distacco dei lavoratori
informazione e consultazione dei lavoratori - licenziamenti collettivi, trasferimenti di imprese,
Come funziona?
L'UE e il diritto del lavoro
Negli ultimi decenni le politiche dell'UE hanno cercato di:
conseguire elevati livelli di occupazione e protezione sociale
migliorare le condizioni di vita e di lavoro
tutelare la coesione sociale.
L'UE mira a promuovere il progresso sociale e a migliorare le condizioni di vita e lavoro
della popolazione europea
L'UE completa le iniziative intraprese dai singoli paesi europei riguardo al diritto del
lavoro, definendo una serie di requisiti minimi. Ai sensi del trattato, specie l'articolo
153, adotta normative, ovvero le direttive.

Una direttiva è un atto giuridico che stabilisce un obiettivo che i paesi dell'UE devono
conseguire. Tuttavia, spetta ai singoli paesi definire attraverso disposizioni nazionali come
conseguirlo. Un esempio è quello della direttiva dell'UE sulla plastica monouso, che riduce
l'impatto di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, ad esempio limitando oppure
vietando l'uso di prodotti monouso come piatti, cannucce e bicchieri. Queste fissano
requisiti minimi in materia di:

condizioni di lavoro e impiego


informazione e consultazione dei lavoratori

Uno dei primi articoli da annoverare riguarda la libertà di movimento

Articolo 45

1. La libertà di movimento dei lavoratori sarà garantita all'interno dell'Unione.


2. Tale libertà di movimento comporterà l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla
nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'occupazione, la retribuzione e le
altre condizioni di lavoro e impiego.

3. Comporterà il diritto, soggetto a limitazioni giustificate per motivi di ordine pubblico, sicurezza
pubblica o salute pubblica:

(a) accettare offerte di lavoro effettivamente presentate;

(b) spostarsi liberamente all'interno del territorio degli Stati membri a questo scopo;

(c) soggiornare in uno Stato membro allo scopo dell'occupazione, in conformità alle disposizioni che
regolano l'impiego dei nazionali di tale Stato stabilite dalla legge, dal regolamento o da atti
amministrativi;

(d) rimanere nel territorio di uno Stato membro dopo essere stato impiegato in tale Stato, a condizione
che tali condizioni siano inserite nei regolamenti redatti dalla Commissione.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano all'impiego nel servizio pubblico.

Articolo 46

Il Parlamento europeo e il Consiglio, agendo in conformità con la procedura legislativa ordinaria e


previa consultazione del Comitato economico e sociale, emetteranno direttive o adotteranno
regolamenti che stabiliscono le misure necessarie per garantire la libertà di movimento dei lavoratori,
come definita all'articolo 45, in particolare:

(a) assicurando una stretta cooperazione tra i servizi nazionali per l'impiego;

(b) abolendo le procedure e le pratiche amministrative e i periodi di qualificazione in materia di


idoneità all'impiego disponibile, derivanti sia dalla legislazione nazionale che da accordi
precedentemente conclusi tra gli Stati membri, il mantenimento dei quali costituirebbe un ostacolo
alla liberalizzazione del movimento dei lavoratori;

(c) abolendo tutti i periodi di qualificazione e altre restrizioni previste sia dalla legislazione nazionale
che dagli accordi precedentemente conclusi tra gli Stati membri e imposti ai lavoratori degli altri Stati
membri riguardo alla libera scelta dell'impiego diversa da quelle imposte ai lavoratori dello Stato
interessato;

(d) istituendo un'apposita struttura per mettere in contatto offerte di lavoro con domande di impiego e
agevolare il raggiungimento di un equilibrio tra offerta e domanda nel mercato del lavoro in modo da
evitare gravi minacce al tenore di vita e al livello di occupazione nelle diverse regioni e industrie.

Articolo 48

Il Parlamento europeo e il Consiglio, agendo in conformità con la procedura legislativa ordinaria,


adotteranno le misure nel campo della sicurezza sociale necessarie per garantire la libertà di
movimento dei lavoratori; a tal fine, provvederanno ad assicurare ai lavoratori migranti dipendenti e
autonomi e ai loro familiari:

(a) l'aggregazione, ai fini dell'acquisizione e del mantenimento del diritto al beneficio e del calcolo
dell'importo del beneficio, di tutti i periodi presi in considerazione secondo le leggi dei vari paesi;

(b) il pagamento dei benefici a persone residenti nei territori degli Stati membri.

Qualora un membro del Consiglio dichiari che un progetto di atto legislativo di cui al primo comma
potrebbe influire su aspetti importanti del suo sistema di sicurezza sociale, compresa la sua portata,
costo o struttura finanziaria, o potrebbe incidere sull'equilibrio finanziario di tale sistema, può chiedere
che la questione sia deferita al Consiglio europeo. In tal caso, la procedura legislativa ordinaria sarà
sospesa. Dopo la discussione, entro quattro mesi da tale sospensione, il Consiglio europeo dovrà:

(a) deferire il progetto al Consiglio, che porrà fine alla sospensione della procedura legislativa
ordinaria; o

(b) non adottare alcuna misura o chiedere alla Commissione di presentare una nuova proposta; in tal
caso, l'atto originariamente proposto sarà considerato non adottato. I singoli paesi europei hanno la
possibilità di definire livelli di tutela più elevati, se lo desiderano. Ad esempio, se la direttiva europea
sull'orario di lavoro riconosce ai lavoratori 4 settimane di ferie retribuite all'anno, numerosi paesi
hanno optato per una soluzione più generosa a favore dei lavoratori.

I singoli paesi europei hanno la possibilità di definire livelli di tutela più elevati, se lo desiderano. Ad
esempio, se la direttiva europea sull'orario di lavoro riconosce ai lavoratori 4 settimane di ferie
retribuite all'anno, numerosi paesi hanno optato per una soluzione più generosa a favore dei lavoratori.

Normative sicurezza sul lavoro


iter

Sotto gli auspici della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), sono stati svolti vari programmi di ricerca
in materia di salute e sicurezza sul lavoro. La necessità di un approccio globale in tale settore divenne evidente con
l'istituzione della Comunità economica europea (CEE) nel 1957. Il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la
tutela della salute sul luogo di lavoro è stato istituito nel 1974 per assistere la Commissione (decisione 74/325/CEE del
Consiglio). CLICCARE PER DOCUMENTO ORIGINARIO Per completare il mercato unico europeo erano necessari
requisiti minimi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Di conseguenza, è stata adottata una serie di direttive, fra
cui la direttiva 98/24/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione al piombo metallico, la
direttiva 83/477/CEE sull'amianto e la direttiva sul rumore.

1. L'Atto unico europeo

L'adozione dell’ atto unico europeo nel 1987 ha introdotto per la prima volta nel trattato CEE il tema della salute e
della sicurezza sul lavoro, con un articolo che stabilisce i requisiti minimi e conferisce al Consiglio la facoltà di
adottare a maggioranza qualificata direttive in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Gli obiettivi perseguiti
erano: il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, l'armonizzazione delle condizioni negli
ambienti di lavoro, la lotta al "dumping sociale" con l'avvicinarsi del completamento del mercato interno e la
prevenzione del trasferimento delle imprese verso aree con un livello di protezione inferiore al fine di ottenere
vantaggi concorrenziali.

2. Trattato di Amsterdam (1997)

Il trattato di Amsterdam ha riconosciuto maggiore importanza alle questioni concernenti l'occupazione introducendo il
titolo sull'occupazione e l'accordo sociale. Per la prima volta, le direttive che definiscono i requisiti minimi in materia di
salute e sicurezza sul lavoro e riguardanti le condizioni di lavoro sono state adottate sia dal Parlamento sia dal
Consiglio mediante la procedura di codecisione.

3. Contributo del trattato di Lisbona (2007)

Il trattato di Lisbona contiene una "clausola sociale" che sancisce l'obbligo di tenere conto dei requisiti sociali nelle
politiche dell'Unione. Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’unione
Europea è divenuta giuridicamente vincolante per gli Stati membri in sede di applicazione del diritto dell'Unione.

4. Pilastro europeo dei diritti sociali (2017)

Il pilastro europeo dei diritti sociali, firmato dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento nel novembre 2017,
stabilisce 20 diritti e principi, tra cui il diritto dei lavoratori, sancito dall'articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali, a
condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. Conformemente al principio 10 del pilastro, i lavoratori hanno diritto a un
elevato livello di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e a un ambiente di lavoro adeguato alle loro
esigenze professionali e che consenta loro di prolungare la partecipazione al mercato del lavoro. Pur non essendo
giuridicamente vincolante, il pilastro è un pacchetto di misure legislative e non legislative che mira a promuovere la
convergenza al rialzo delle condizioni di vita e di lavoro nell'UE.

LEGISLAZIONE ODIERNA

L'articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea conferisce all'UE la competenza in
materia di adozione delle direttive nell'ambito della sicurezza e salute sul lavoro. La direttiva quadro,
con il suo ampio ambito di applicazione, e le ulteriori direttive europee incentrate su aspetti specifici
della sicurezza e salute sul lavoro stabiliscono le prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute.

1. Per conseguire gli obiettivi previsti all'articolo 151, l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati
membri nei seguenti settori:

a) miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei


lavoratori;

b) condizioni di lavoro;

c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori;

d) protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro;

e) informazione e consultazione dei lavoratori;

f) rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la
cogestione;
g) condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio
dell'Unione;

h) integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, fatto salvo l'articolo 166;

i) parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento
sul lavoro;

j) lotta contro l'esclusione sociale;

k) modernizzazione dei regimi di protezione sociale, fatto salvo il disposto della lettera c).

2. A tal fine il Parlamento europeo e il Consiglio:

a) possono adottare misure destinate a incoraggiare la cooperazione tra Stati membri attraverso
iniziative volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazioni e di migliori prassi, a
promuovere approcci innovativi e a valutare le esperienze fatte, ad esclusione di qualsiasi
armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri;

b) possono adottare nei settori di cui al paragrafo 1, lettere da a) a i), mediante direttive, le prescrizioni
minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche
esistenti in ciascuno Stato membro. Tali direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e
giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.

3 Le disposizioni adottate a norma del presente articolo:

— non compromettono la facoltà riconosciuta agli Stati membri di definire i principi fondamentali del
loro sistema di sicurezza sociale e non devono incidere sensibilmente sull'equilibrio finanziario dello
stesso,

— non ostano a che uno Stato membro mantenga o stabilisca misure, compatibili con i trattati, che
prevedano una maggiore protezione.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al
diritto di sciopero né al diritto di serrata.

Gli Stati membri sono liberi di adottare norme più severe per la tutela dei lavoratori durante la
trasposizione delle direttive dell'UE nella legge nazionale. Pertanto, gli obblighi giuridici nell'ambito
della salute e della sicurezza sul lavoro possono variare tra i diversi paesi dell'UE.

La direttiva quadro europea sulla sicurezza e la salute sul lavoro (direttiva 89/391 CEE) adottata nel
1989 ha rappresentato una pietra miliare sostanziale nel miglioramento della sicurezza e della salute
sul lavoro. Garantisce requisiti minimi di sicurezza e salute in tutta Europa mentre gli Stati membri
possono mantenere o stabilire misure più rigorose.

L'articolo 137 del trattato di Nizza (ora articolo 153 TFUE) rappresentava la base per gli sforzi dell'UE
volti a migliorare l'ambiente lavorativo ai fini della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Una pietra miliare è stata l'adozione della direttiva quadro 89/391/CEE, che pone l'accento sulla cultura
della prevenzione tramite misure preventive, l'informazione, la consultazione, la partecipazione
equilibrata e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nel settore pubblico e privato. La
direttiva quadro costituisce la base di 25 direttive derivate in diversi ambiti e del regolamento (CE) n.
2062/94 del Consiglio relativo all'istituzione di un'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul
lavoro. Essa ha influito anche su altri atti legislativi concernenti i lavoratori tramite agenzia interinale e
taluni aspetti dell'orario di lavoro in diverse direttive.

Le direttive derivate includono:

Obbligare i datori di lavoro ad attuare una valutazione dei rischi professionali e un conseguente
processo di miglioramento continuo.
Definire la partecipazione dei lavoratori a tale processo.
Definire i nove principi generali relativi alla prevenzione intesi a guidare gli interventi di attuazione
di tale processo.
Definire i requisiti per la formazione dei lavoratori, essenziale per l'attuazione di questo processo.
Stipulare gli obblighi dei lavoratori in questo processo.
Definire il controllo sanitario destinato ai lavoratori.
prescrizioni di salute e sicurezza per i luoghi di lavoro e prescrizioni per la segnaletica di sicurezza
e/o di salute sul luogo di lavoro;
uso di attrezzature di lavoro; uso delle attrezzature di protezione individuale, attività lavorative
svolte su attrezzature munite di videoterminali e movimentazione manuale di carichi;
settori: cantieri temporanei o mobili ; industrie estrattive per trivellazione e navi da pesca;
gruppi: lavoratrici in gravidanza e protezione dei giovani sul lavoro ;
agenti: protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni
o mutageni durante il lavoro, ad agenti chimici durante il lavoro, all'amianto durante il lavoro e ad
agenti biologici durante il lavoro; protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle
radiazioni ionizzanti; tutela dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere
esplosive ; esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici con riferimento alle
vibrazioni , al rumore, ai campi elettromagnetici e alle radiazioni ottiche artificiali;
sostanze: allineamento di diverse direttive relative alla classificazione, all'etichettatura e
all'imballaggio delle sostanze e delle miscele

Nel 1989, alcune disposizioni della direttiva quadro hanno apportato notevoli innovazioni, tra le quali:

l'espressione "ambiente di lavoro" è stata coniata conformemente alla convenzione n°155


dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e indica un approccio moderno che tiene
conto della sicurezza tecnica, nonché della prevenzione generale delle malattie;
la direttiva mira a stabilire un equo livello di salute e sicurezza a vantaggio di tutti i lavoratori (le
uniche eccezioni sono costituite da lavoratori domestici e da lavoratori che operano nel servizio
pubblico o che prestano servizio militare);
la direttiva obbliga i datori di lavoro ad adottare adeguate misure preventive per rendere il luogo
di lavoro più sano e sicuro;
la direttiva introduce quale elemento chiave il principio di valutazione dei rischi specificandone gli
elementi principali (ad esempio, individuazione dei rischi, partecipazione dei lavoratori,
introduzione di misure adeguate aventi come priorità l'eliminazione dei rischi alla fonte,
documentazione e rivalutazione periodica dei rischi sul luogo di lavoro);
il nuovo obbligo di mettere a punto misure preventive sottolinea implicitamente l'importanza di
nuove forme di gestione della salute della sicurezza come parte dei processi di gestione generale.

ORARIO LAVORATIVO

Direttiva 2003/88/CE

Contesto

Già nel 1993 è stata emanata una direttiva europea sull'organizzazione dell'orario di lavoro. Questa
direttiva è stata sostituita nel 2003 dalla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 4 novembre 2003 riguardante alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. La Direttiva è
in linea con il Pilastro europeo dei diritti sociali che comprende il diritto a un lavoro sano e sicuro e con
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che stabilisce il diritto a condizioni di lavoro giuste
ed eque. La comunicazione interpretativa sulla direttiva pubblicata dalla Commissione nel 2017 e
aggiornata nel 2023 fornisce ulteriori spiegazioni e mira a fornire chiarezza giuridica. Riunisce le
disposizioni della direttiva e la pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE.

Obiettivi

La presente direttiva stabilisce i requisiti minimi di sicurezza e salute per l'organizzazione dell'orario di
lavoro. Stabilisce periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali, pause e orario
di lavoro settimanale massimo. Mira inoltre a proteggere i lavoratori dagli effetti negativi sulla salute
dovuti al lavoro a turni e al lavoro notturno, nonché a determinati modelli di lavoro.

Contenuto

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo
minimo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive per periodo di 24 ore. Inoltre, adottano le misure
necessarie affinché, per ogni periodo di sette giorni, ogni lavoratore abbia diritto ad un periodo minimo
di riposo ininterrotto di 24 ore (più, se possibile, 11 ore di riposo giornaliero). Ogni lavoratore ha diritto
ad una pausa se la giornata lavorativa dura più di sei ore. I dettagli, compresa la durata e le condizioni
alle quali è concessa, sono stabiliti nei contratti collettivi, negli accordi tra le parti sociali o nella
legislazione nazionale. L'orario di lavoro medio settimanale non deve superare le 48 ore. Ogni
lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Questo periodo minimo di
ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità salvo in caso di cessazione del
rapporto di lavoro. Gli Stati membri garantiscono che l'orario normale di lavoro dei lavoratori notturni
non superi la media di otto ore nell'arco di 24 ore. Essi garantiscono inoltre che i lavoratori notturni il
cui lavoro comporta rischi particolari o notevoli tensioni fisiche o mentali non lavorino più di otto ore in
qualsiasi periodo di 24 ore durante il quale svolgono lavoro notturno. I lavoratori notturni hanno diritto
ad una valutazione sanitaria gratuita prima del loro incarico e successivamente a controlli periodici. I
lavoratori notturni affetti da problemi di salute riconosciuti connessi al fatto che svolgono lavoro
notturno devono essere trasferiti, ove possibile, al lavoro diurno al quale sono idonei. Gli Stati membri
garantiscono che i lavoratori notturni e i lavoratori a turni dispongano di una tutela della sicurezza e
della salute adeguata alla natura del loro lavoro e che servizi o strutture adeguati di protezione e
prevenzione per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni
siano equivalenti a quelli applicabili ai lavoratori notturni e ai lavoratori a turni. altri lavoratori e sono
sempre disponibili. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il datore di lavoro che
intenda organizzare il lavoro secondo un determinato modello tenga conto del principio generale
dell'adattamento del lavoro al lavoratore, al fine, in particolare, di alleviare il lavoro monotono e il
lavoro a ritmo ridotto ritmo di lavoro predeterminato, nonché dei requisiti di sicurezza e salute,
soprattutto per quanto riguarda le pause durante l'orario di lavoro.

Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili

La direttiva 2019/1152/UE mira a garantire condizioni di lavoro eque per i lavoratori nell’UE stabilendo
norme sulla fornitura di informazioni e sulla prevedibilità degli orari di lavoro.

La direttiva 2019/1152/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, su condizioni di
lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea nasce nel quadro del pilastro europeo dei diritti
sociali , uno dei cui tre principi fondamentali è garantire di condizioni di lavoro eque. Sostituisce la
direttiva 91/533/CEE sull'obbligo del datore di lavoro di informare i dipendenti sulle condizioni
applicabili al contratto o al rapporto di lavoro , ormai superata dai profondi cambiamenti nei mercati del
lavoro, che hanno visto la creazione di nuove forme di occupazione a causa dell'evoluzione
demografica cambiamento e digitalizzazione.

Obiettivi

La direttiva 2019/1152/UE mira a migliorare le condizioni di lavoro stabilendo diritti minimi applicabili a
ogni lavoratore nell’Unione europea e garantendo così un’occupazione più trasparente e prevedibile.
Tutti i lavoratori hanno diritto a condizioni di lavoro rispettose della loro salute, sicurezza e dignità, ad
una limitazione dell'orario massimo di lavoro, a periodi di riposo giornaliero e settimanale e ad un
periodo annuale di ferie retribuite.

Contenuto

La direttiva si applica a tutti i dipendenti che lavorano più di tre ore settimanali per un periodo di
quattro settimane (ovvero più di 12 ore al mese). Questo ampio campo di applicazione significa che le
sue norme si applicano anche a coloro che hanno forme di lavoro atipiche, come i lavoratori con
contratto a zero ore, a voucher e tramite piattaforma. Solo coloro che lavorano meno di 12 ore al mese
possono essere esclusi dalle sue disposizioni. I datori di lavoro hanno il dovere di informare i propri
lavoratori, per iscritto e al più tardi entro una settimana dal primo giorno lavorativo, degli aspetti
essenziali del loro rapporto di lavoro. Tali informazioni comprendono aspetti quali il luogo di lavoro, la
natura dell'attività, la retribuzione, gli orari di lavoro, ecc. Stabiliscono inoltre una serie di diritti dei
lavoratori, come il diritto alla prevedibilità del lavoro: lavoratori il cui modello di lavoro è interamente o
prevalentemente imprevedibili beneficeranno di un livello minimo di prevedibilità attraverso la
previsione di ore e giorni di riferimento (ossia fasce orarie durante le quali il lavoro può svolgersi su
richiesta del datore di lavoro) e periodi minimi di preavviso ragionevoli (ossia il periodo di tempo che
intercorre tra il momento in cui un lavoratore viene informato di un nuovo incarico di lavoro e dell'inizio
dell'incarico).Gli Stati membri di recepimento adottano le misure necessarie per conformarsi alla
presente direttiva entro il 1° agosto 2022.

ESPERIENZA PERSONALE
Alessandra ha 25 anni e di mestiere fa la cuoca. Lavora a Milano. E fa parte dei tanti lavoratori della
ristorazione che lamentano paghe da fame o in nero. Anche se hanno fatto la cosiddetta gavetta. E
oggi rimangono basiti di fronte alle richieste dei datori di lavoro. In un’intervista all’edizione milanese
del Corriere della Sera Alessandra racconta di pagamenti ritardati o assenti, promesse non mantenute,
insulti e vessazioni. «Tanti miei colleghi si sono arresi e hanno cambiato lavoro. Io voglio provarci
ancora», premette. Anche perché ha studiato per fare queste professioni: «Prima la scuola alberghiera.
Poi sono entrata nell’Alma, l’alta scuola riconosciuta a livello internazionale. Infine l’università: scienza e
tecnica dell’alimentazione». l racconto comincia con le primissime esperienze: «A 16 anni sono partita
con le stagioni estive al mare, 12-14 ore filate da giugno a settembre per 800 euro al mese. Si impara
tanto. Poi qui a Milano ho iniziato in un hotel a cinque stelle, a 22 anni in un ruolo di responsabilità:
“capopartita”, cioè la figura che si occupa dell’intera filiera di una parte della cucina. Io seguivo le
carni». Ma non è andata benissimo, era un lavoro a nero: «Lo chef si permetteva di tutto: insulti,
vessazioni, umiliazioni. Quanti pianti mi sono fatta, ma non ero l’unica vittima: in cinque mesi ce ne
siamo andati tutti». Poi ha trovato un altro ristorante. Ma qui è durata solo sette mesi. Perché non ha
mai ricevuto lo stipendio promesso. E nemmeno il contratto. «Al colloquio si era parlato di 1.500 euro
più tredicesima e quattordicesima. «Io dovevo pagare l’affitto e il titolare mi allungava ogni tanto, se
insistevo, 100 o 200 euro, da farmi quasi perdere il conto di quanto mi dovesse. Ma si può vivere così,
rimanendo in cucina fino a notte? Non sapevo su quali entrate potevo contare, e lo stesso succedeva
ai lavapiatti e persino allo chef, che aveva 45 anni ma era costretto a dipendere dal titolare». Ha
inseguito lo chef per mesi per avere il suo. Poi ha accettato la proposta di un fornitore che stava
aprendo un altro ristorante: «Un altro calvario. Tutto è rimasto di nuovo in nero e lavoravamo in una
cucina del tutto fuori norma, così come erano irregolari le licenze del titolare e gli assegni con cui
venivamo pagati erano scoperti. Però tracciabili». Per il suo settore, spiega, il lavoro nero è una prassi:
«Ti dicono “cominciamo così e poi ci mettiamo a posto” e tu lo fai. Ma dopo un po’ ti fanno passare la
voglia, e infatti ho visto tanti amici mollare: una sconfitta». Lei però per ora non vuole lasciare: «Voglio
riprovarci, ho 25 anni. Se va male torno a casa».

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