La Chiusura Dei ROT Un Caso Di Demansionamento Infermieristico
La Chiusura Dei ROT Un Caso Di Demansionamento Infermieristico
La Chiusura Dei ROT Un Caso Di Demansionamento Infermieristico
Tribunale Civile di Roma, I Sez. Lavoro, sent. n. 2771 del 16.02.2012 Prof. Mauro Di Fresco
I documenti prodotti sono stati ritagliati (n. di protocollo, ecc.), tranne quelli esplicitamente riportati in sentenza, e i dati personali sono stati oscurati onde garantire la riservatezza dei soggetti coinvolti. Lattivit sindacale pregiudiziaria stata svolta da NURSIND - Il Sindacato delle Professioni Infermieristiche. Il presente articolo si pubblica a scopo didattico e si conferma che il sottoscritto relatore non ha interessi diretti alloggetto di causa perch non dipendente dellAzienda ospedaliera San Camillo-Forlanini ma dellUniversit di Roma "Sapienza" (assegnato allAzienda Policlinico Umberto I di Roma) dove i ROT non sono mai stati confezionati dagli infermieri, ma esclusivamente dagli OTA ed OSS. Inoltre si ribadisce che la chiusura dei ROT da parte degli infermieri evento del tutto anomalo e raro, estraneo alla realt della stragrande maggioranza degli ospedali italiani. Un infermiere in ruolo allAzienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, ha manifestato delle lamentele su diverse disposizioni organizzative che obbligavano il personale infermieristico a chiudere i contenitori dei rifiuti speciali, denominati ROT, per poi trasportarli presso i centri di raccolta per lo smaltimento. La ratio che lazienda ha sostenuto dettata dalla carenza di personale ausiliario e specificatamente agente socio-sanitario, agente socio-sanitario specializzato (ex 4 livello), operatore tecnico addetto allassistenza e operatore socio sanitario. Tale ratio sostenuta, secondo il San Camillo, da una precisa norma ovvero lart. 2, lettera v della legge n. 421 del 1992 che autorizza lo svolgimento delle mansioni inferiori solo in via occasionale e con sistemi di rotazione che non permettano la fossilizzazione della mansione illegittima. Ad adiuvandium, il San Camillo ritiene che, logicamente, gli operatori sanitari che hanno prodotto i rifiuti debbano anche raccoglierlo e confezionarlo. Lo studio legale ha trovato la soluzione della vertenza studiando i contenuti di un corso ECM intitolato Levoluzione giuridica, normativa e giurisprudenziale delle reali mansioni dellinfermiere. Cosa deve e cosa non deve fare. Il corso, creato per individuare le mansioni reali delinfermiere e denunciare un demansionamento strategico e strutturale delle aziende sanitarie, si pone lobiettivo di informare i professionisti delle procedure idonee ad individuare quali mansioni sono legittime e quali sono vietate. Spiega come si evoluta la professione infermieristica e per quali motivi le attivit intellettuali sono permesse e quelle meramente materiali sono vietate. Distinguendo il quadro giuridico dellinfermiere subordinato alla Sanit privata da quello subordinato del pubblico impiego, dimostra che anche in assenza di un preciso riferimento legislativo mansionale (D.P.R. n. 225/74) possibile accertare il ruolo dellinfermiere.
La terza lezione riguarda la definizione di mansione e gli effetti patologici del demansionamento arrivando fino alle tutele inibitorie e risarcitorie. Lultima lezione spiega come attivare una procedura stragiudiziaria e, successivamente, lazione giudiziaria a difesa della propria dignit professionale. Il sindacato NURSIND ha contestato con lettera tale ordine di servizio che ha prodotto, come reazione antagonista, altre precisazioni del San Camillo. Per il San Camillo lattivit di confezionamento dei ROT saltuaria, perci non costituisce demansionamento. Dimentica, per, che la saltuariet ovvero leccezionalit non un evento prevedibile. Un caso eccezionale quando sproporzionato rispetto allordinario, quando imprevedibile e non atteso per cui si impegnano tutte le forze in campo senza tener conto del ruolo giuridico rivestito (si pensi ad un evento catastrofico). Nel caso dei ROT, lattivit demansionante dettata dalla carenza prevedibile del personale alluopo designato ovvero la carenza del personale ausiliario non evento eccezionale se ordinata dalla turnazione decisa dallo stesso datore di lavoro. In questo caso lassurdit palese: leccezionalit decisa dal datore di lavoro che si avvale della norma succitata per demansionare il personale evitando, cos, di impegnare le risorse economiche che servirebbero per contrastare la carenza di personale. La logica del San Camillo sembra un fenomeno ciclico dove una concatenazione di eventi (che dovrebbero essere dettati dalleccezionalit) si ripetono allinfinito. In verit lintentio legislatoris della legge n. 421/92 quella di ricorrere al demansionamento in casi del tutto eccezionali, non prevedibili, per rispondere ad esigenze contingenti e, fondamentale, possibile solo scendere di un livello.
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Erroneamente il San Camillo applicava la regola degradando linfermiere professionale ad ausiliario, mentre la categoria inferiore quella di infermiere generico. Difatti lart. 6 del D.P.R. n. 225/74, che regola le mansioni del generico, lunico articolo rimasto immune dallabrogazione. Il San Camillo ha stravolto lo spirito della legge, tanto che in udienza diranno che la disposizione non diretta esclusivamente nei riguardi degli infermieri ma anche dei medici. In poche parole lattivit cardine del San Camillo quella ausiliaria. Gli OTA e gli OSS sono al centro della salute: lintera assistenza viene stravolta e i ruoli professionali abbattuti se non presente in servizio la figura ausiliaria. Addirittura si chiede linterpretazione della legge al servizio di medicina legale (del tutto incompetente) che non pu, neppure didatticamente, consigliare alcuno sul demansionamento (il medico legale non un avvocato, non studia il codice civile n gli istituti del diritto del lavoro n le leggi dello stato sul diritto sindacale e del lavoro). La vertenza appariva matura per un giudizio. Il ricorso veniva proposto ex art. 414 C.P.C. e si deduceva quanto segue: TRIBUNALE CIVILE DI ROMA SEZIONE LAVORO I GRADO RICORSO EX ART. 414 C.P.C. Per il Sig. C.F. nato a Roma il ed ivi residente in Via elettivamente domiciliato in Roma, Via presso lo Studio dellAvv. Ricorrente CONTRO lAzienda Ospedaliera San Camillo Forlanini in persona del rappresentante legale pro tempore nel suo domicilio per la carica in Roma - Piazza Carlo Forlanini n. 1 (P. IVA 04733051009). Resistente OGGETTO declaratoria di illegittimit del provvedimento prot. n. 2772/IG dell08.10.2010 a firma della responsabile delligiene ospedaliera dott.ssa x per inadempimento contrattuale da demansionamento in quanto non compete allinfermiere ricorrente chiudere e confezionare il contenitore dei rifiuti speciali. FATTO 1) Il Sig. x infermiere professionale in ruolo allospedale San Camillo Forlanini ed assegnato presso lunit operativa semplice (UOS) di xX in turni di 12 ore. 2) Il materiale di rifiuto (garze, siringhe, linee ematiche, porta-aghi, sacche di raccolta fluidi, filtri, ecc.) che si forma a seguito delluso dei presidi sanitari diretti allassistenza del paziente, viene gettato in appositi contenitori destinati alla termodistruzione in quanto potenzialmente infetti (All. 1). 3) Detti contenitori, chiamati ROT, durante il turno di mattina vengono chiusi e confezionati dallunico ausi-3
liario in servizio, mentre durante il turno pomeridiano od anche la mattina quando lausiliario in congedo, vengono sempre chiusi e confezionati dagli infermieri tra cui il ricorrente che solo negli ultimi due mesi si rifiuta di farlo perch, nonostante le continue ed inutili promesse, lamministrazione non ha mai provveduto da oltre 5 anni ad integrare il personale ausiliario anche nel turno pomeridiano. 4) Con prot. n. 2772/IG dell08.10.2010, la responsabile delligiene ospedaliera dott.ssa XXX (All. 2) ha stabilito che i ROT devono essere chiusi ed identificati dal personale OTA (operatore tecnico addetto allassistenza)/ ausiliario, per se detto personale non presente, i contenitori devono essere chiusi dal personale sanitario presente nel turno di lavoro in quanto responsabilit degli operatori che hanno prodotto il rifiuto in questione, garantire che lo stesso venga correttamente raccolto e confezionato. 5) Il Sindacato Nursind, ha immediatamente contestato tale assurda deduzione, con lettera ricevuta al protocollo il 19.10.2010 (All. 3), evidenziando, con perfetta combinazione legislativa e giurisprudenziale, che linfermiere non deve chiudere e confezionare i contenitori contenenti rifiuti. 6) Stante linerzia dellamministrazione e verificatosi un grave disservizio, il Sindacato NURSIND ha denunciato al rappresentante legale dellAzienda il fatto con lettera ricevuta il 22.11.2010 (All. 4), allorch il 19 novembre due ausiliari si rifiutavano di chiudere i ROT negando la competenza, il coordinatore del servizio, pretendendo che lo facessero gli infermieri, li minacciava di chiedere lintervento dei NAS. 7) Con il provvedimento prot. n. 2772/IG dell08.10.2010, la responsabile delligiene ospedaliera dott.ssa x ha prodotto seri e gravissimi disservizi in quanto il personale ausiliario e infermieristico si rifiuta di chiudere e confezionare i ROT. Questa situazione non permette di mantenere puliti i servizi per cui i pazienti e i responsabili dellassistenza si lamentano per lo stato igienico definendo il reparto: sporco, nauseabondo e disordinato. La lettera scritta dal direttore della UOC di chirurgia durgenza lapalissiana (pur essendo un servizio diverso da quello ove lavora il ricorrente; a dimostrazione che il problema oramai generale e investe lintero ospedale) - (All. 5). 8) A dimostrazione delle problematiche sorte a carico del ricorrente dopo il provvedimento che qui si impugna, con lettera del 29.11.2010 la coordinatrice Sig.ra x ha chiesto delucidazioni sul motivo della non chiusura dei ROT (All. 6). 9) Con lettera del 06.12.2010 (All. 7) il Sindacato Nursind informava il rappresentante legale dellOspedale San Camillo che avrebbe adito le vie legali per la soluzione della controversia stante lintensa conflittualit generata dalla circolare impugnata. 10) Con lettera prot. n. del 21.12.2010 (All. 8), lufficio legale aziendale resisteva alle richieste del sindacato x sostenendo che lo svolgimento delle mansioni della qualifica immediatamente inferiore non costituisce demansionamento. DIRITTO 1. Declaratoria delle qualifiche funzionali - lInfermiere generico. Il R.D. n. 1310 del 1940 indicava i limiti mansionali dellinfermiere generico: Lattivit degli infermieri generici deve essere limitata alla eseguenti mansioni, per prescrizione del medico e, nellambito ospedaliero, sotto la responsabilit dellinfermiera professionale: assistenza completa allinfermo; somministrazione dei farmaci ordinati e delle diete nonch medicazioni comuni e bendaggi sotto la responsabilit della professionale preposta al reparto; presa e annotazione semplice (senza grafica) della temperatura, del polso e del respiro; raccolta di orine, feci, espettorati, vomito, ecc.; iniezioni ipodermiche ed intramuscolari; rettoclisi; frizioni, pennellature, impacchi; coppette, vescicanti e sanguisugio; clisteri evacuanti, medicamentosi e nutritivi; applicazioni di lacci emostatici durgenza; respirazione artificiale; bagni terapeutici e medicati. Ogni soccorso durgenza deve essere seguito dalla chiamata del medico. Nel regio decreto non appariva nessuna indicazione relativa alla chiusura e al confezionamento dei rifiuti sani-4
tari! Successivamente il Titolo V del D.P.R. n. 225 del 1974 modific le mansioni del generico attribuendo alcune altre attivit, frutto dellesperienza e del progresso clinico, solo per quanto segue: L'infermiere generico coadiuva l'infermiere professionale in tutte le sue attivit e su prescrizione del medico provvede direttamente alle seguenti operazioni: assistenza completa al malato, particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell'ambiente e di altri eventuali compiti compatibili con la qualifica a giudizio della direzione sanitaria; pulizia, preparazione ed eventuale disinfezione del materiale sanitario; sorveglianza di fleboclisi; massaggio cardiaco esterno e manovre emostatiche di emergenza. Gli infermieri generici che operano presso istituzioni pubbliche e private sono inoltre tenuti: a partecipare alle riunioni periodiche di gruppo per finalit di aggiornamento professionale e di organizzazione del lavoro; a svolgere tutte le attivit necessarie per soddisfare le esigenze psicologiche del malato e per mantenere un clima di buone relazioni umane con i pazienti e con le loro famiglie. Anche nel D.P.R. non si accenna alla chiusura dei contenitori dei rifiuti; parimenti per linfermiere professionale. Nonostante la chiusura delle scuole per infermieri generici operata con legge 03 giugno 1980 n. 243, il Titolo V del D.P.R. n. 225/74 non stato abrogato in quanto ancora oggi esistono generici in servizio e la declaratoria delle qualifiche funzionali prevede tale figura. 2. Declaratoria delle qualifiche funzionali - linfermiere professionale. Prevedendo lesaurimento dellinfermiere generico, il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 - Regolamento concernente lindividuazione della figura e del relativo profilo professionale dellinfermiere, ha voluto individuare ununica figura infermieristica elidendo la parola professionale e ausiliaria nella definizione dellinfermiere. Lart. 1, comma 1 prevede che linfermiere sia responsabile dellassistenza generale. Lamministrazione deve permettere allinfermiere di svolgere le mansioni attinenti a questa responsabilit. La legge 10 agosto 2000 n. 251, di concerto allart. 2229 C.C. che individua le professioni intellettuali, stabilisce lapertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea in Infermieristica e le relative specializzazioni e master. Il C.C.N.L. Comparto Sanit 1998-2001 individua nella categoria C e successivamente nella categoria D il collaboratore professionale sanitario (infermiere): Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilit proprie, capacit organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalit operativa nellambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale; Appartengono altres a questa categoria - nel livello economico D super (Ds) - i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre alle conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente: autonomia e responsabilit dei risultati conseguiti; ampia discrezionalit operativa nellambito delle strutture operative di assegnazione; funzioni
Tutta questa evoluzione, si badi bene non innovativa rispetto alla semplice operazione di chiusura e confezionamento dei rifiuti visto che anche il D.P.R. n. 225/74 non prevedeva tale mansione, si fondata sullart. 2229 C.C. che collega la professione infermieristica al novero delle locatio operarum e non delle locatio operis e quale professione intellettuale, il suo svolgimento non pu esaurirsi in una mera esecuzione manuale di operazioni non connotate da elementi tecnico-scientifici o che pu svolgere chiunque come la chiusura di un sacco della spazzatura. Addirittura in piena vigenza del D.P.R. n. 225, la Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 1078, RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985), chiamata a pronunciarsi su alcune attivit assistenziali, afferm che: Non compete allinfermiere, ma al personale subalterno, rispondere ai campanelli dellunit del paziente, usare padelle e pappagalli per ligiene del malato e riassettare il letto. Lausiliaria che si rifiut di svolgere queste mansioni e che diede vita ai processi, fu legittimamente licenziata per inadempimento contrattuale. La Scienza Infermieristica oramai accreditata a livello internazionale; introdotta in Italia con legge n. 1 del 2002 regolamentata dal 2004 con Decreti MIURST del 09 luglio e del 01 ottobre n. 270. Linfermiere, quale professionista laureato, collocato in categoria D (ex VI livello) ed obbligato a svolgere i corsi ECM, pena blocco della carriera (gli OTA e gli OSS non svolgono corsi ECM). Il D.M. n. 739 citato, prevede che: l'infermiere l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale responsabile dell'assistenza generale infermieristica; L'infermiere partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettivit; identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettivit e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnosticoterapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali per l'espletamento delle funzioni e si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto. Il mansionario dellinfermiere (professionale) stato abrogato ma soccorrono due principi che si possono applicare per individuare le mansioni attinenti il profilo professionale dellinfermiere: i principi analogico e di multiprofessionalit: Principio analogico. Una determinata mansione che viene attribuita ad una specifica categoria funzionale individua un corpus di ulteriori mansioni simili. Es: pulire il tavolo. Analogicamente attribuita anche la pulizia delle sedie. Principio di multiprofessionalit. Elaborato recentemente con lAccordo Conferenza Stato-Regioni del 22 febbraio 2001 relativo al profilo dellO.S.S., tale principio, che ha assorbito di fatto quelli precedenti ma identici cio di tipicit e residualit, postula che le tutte le necessit assistenziali devono essere garantite dalla sinergia di tutte le figure sanitarie e socio-sanitarie esistenti, ognuno per la propria competenza professionale. Lassistenza ovvero laffidamento del personale diretto alla cura della persona, deve essere gestito dallinfermiere quale responsabile ex lege. Dal criterio multiprofessionale, che permette di organizzare ed attuare sinergicamente le diverse competenze assistenziali completando lintero processo di cura mirato al totale soddisfacimento dei bisogni del paziente, discende il dovere per lamministrazione di garantire la presenza di tali figure e, quindi, dellOTA o dellOSS. Cos, medico, infermiere, OTA e/o OSS, tutti insieme, di concerto ed ognuno nei propri ambiti di competenza, agiscono come ununica persona, per la cura dei pazienti. Non caricare pi tutto su un unico operatore sanitario, significa per linfermiere gestire e pianificare al meglio la tempistica e la modalit di assistenza da erogare allutente/cittadino. Significa preparare un piano di lavoro che vede tutti insieme gli operatori, distribuire in un determinato periodo le diverse attivit assistenziali. 3. Declaratoria delle qualifiche funzionali - lausiliario. Nel Comparto Sanit si provvedeva ad individuare la figura dellagente socio-sanitario che avrebbe dovuto as-6
sicurare le mansioni igienico-economali dei servizi. Con D.M. Sanit 10 febbraio 1984 (G.U. 15 febbraio 1984 n. 45) quale regolamento del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 si stabiliva: Lausiliario socio-sanitario specializzato assicura le pulizie negli ambienti di degenza ospedaliera ivi comprese quelle del comodino e delle apparecchiature della testata del letto. Provvede al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficolt. Collabora con linfermiere generico nelle pulizie del malato allettato e nelle manovre di posizionamento del letto. E responsabile della corretta esecuzione dei compiti che sono stati affidati dal caposala e prende parte alla programmazione degli interventi assistenziali per il degente. Parimenti con D.P.C.M. 24 settembre 1981 (G.U. serie generale n. 340 dell11.12.1981) Declaratoria delle qualifiche funzionali e dei profili professionali del personale non docente delle Universit, si legge allallegato B: Profili professionali di 4 livello. Area funzionale socio-sanitaria. Agente socio-sanitario: addetto alle mansioni integrate di assistenza al malato particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell'ambiente, di trasporto dei degenti e delle salme e relativa documentazione, di ritiro e consegna della biancheria, medicinali, vitto, materiali sanitari e organici, pulizia, preparazione ed eventuale
disinfezione del materiale sanitario e dei locali o attrezzature assegnati, di trasporto dei rifiuti e del materiale infetto; o alla guida di autoambulanze, con mansioni di barelliere e competenze di prima assistenza, in particolare respirazione artificiale, massaggio cardiaco esterno, manovre emostatiche di emergenza. Con D.M. 15 giugno 1987 n. 590 stato approvato il corso di riqualificazione per gli agenti soci-sanitari fino a trasformarli in specializzati e sostituirli esclusivamente nelle mansioni igienico-domestico-alberghiere allinfermiere generico. Il passo che ha portato ad unulteriore riqualificazione stato facile per cui con D.P.R. n. 384 del 1990 stata creata la figura dellOTA. cio dellOperatore Tecnico addetto allAssistenza. Si legge: I profili professionali di agente tecnico ed ausiliario socio-sanitario, ricollocati ai sensi del comma 1, e l'ausiliario socio sanitario specializzato gi collocato nella posizione funzionale corrispondente al III livello retributivo sono riunificati in un solo profilo che assume la denominazione di ausiliario specializzato. Le attribuzioni del nuovo profilo sono definite nell'allegato 2 che costituisce parte integrante del presente regolamento e sono distinte in relazione all'assegnazione dei dipendenti interessati ai servizi tecnico economali o socio assistenziali. Nell'ambito di competenza oltre a
svolgere i compiti dell'ausiliario addetto ai servizi socio sanitari, esegue le seguenti ulteriori funzioni: lavaggio, asciugatura e preparazione del materiale da inviare alla sterilizzazione e relativa conservazione; provvede al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficolt, trasporto del materiale biologico, sanitario ed economale secondo protocolli stabiliti; rifacimento del letto non occupato e l'igiene dell'unit di vita del paziente (comodino, letto, apparecchiature), preparazione dell'ambiente e dell'utente per il pasto e aiuto nella distribuzione e nell'assunzione; riordino del materiale e pulizia del malato dopo il pasto.
Infatti i protocolli stabiliti sono stati elaborati anche dallOspedale San Camillo e verranno disaminati pi avanti. LOperatore socio-sanitario (O.S.S.) una naturale evoluzione dellOTA. Oltre a svolgere i compiti dellOTA, lOSS garantisce ulteriori attivit assistenziali che gli permettono di crescere e sviluppare maggiori competenze. La declaratoria delle funzioni di questo ausiliario collocato in categoria C, stabilita dall'Accordo Conferenza Stato Regioni del 22 Febbraio 2001: Disciplina del Profilo Professionale di Operatore Socio Sanitario e relativo ordinamento didattico. Nella lunga lista di mansioni attribuite allOSS (secondo le aree di competenza) sono individuate anche quelle relative alla gestione dei rifiuti. Difatti si legge: Sa garantire la raccolta e lo stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti. Alcune Regioni, estendendo il mansionario dellOSS, cos come permette lAccordo Conferenza Stato-Regioni, -7
hanno confermato questa particolare ed esplicita incombenza come per esempio la Legge Regionale Campania n. 63 del 28 ottobre 2005: Sa garantire la raccolta e lo stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti, svolgere attivit finalizzate all'igiene personale, al cambio della biancheria, all'espletamento delle funzioni fisiologiche, all'aiuto nella deambulazione, all'uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all'apprendimento e mantenimento di posture corrette. Non vi dubbio che la chiusura e il confezionamento dei ROT compete al personale subalterno allinfermiere. 4. Ius variandi, canoni ermeneutici e demansionamento. Con lettera prot. n. del 21.12.2010 (All. 8), lavvocato ha sostenuto che lart. 2, lettera v, della legge n. 421 del 1992 prevedeva, occasionalmente, che il personale potesse essere adibito a mansioni della qualifica immediatamente inferiore. Sulla questione debbono essere mosse almeno due contestazioni a confutazione della suddetta errata postulazione. La previsione legislativa citata stata abrogata definitivamente, prima con D.Lgs. n. 29 del 1993 e poi con il D.Lgs. 30.03.2001 n. 165 dove, allart. 52, previsto lassoluto divieto di svolgere mansioni inferiori. Del resto la giurisprudenza in materia si evoluta e da tempo considera alla stregua di un diritto costituzionale, lo svolgimento esclusivo delle mansioni inerenti la propria qualifica. La seconda contestazione di evidente chiarezza: la qualifica immediatamente inferiore a quella dellinfermiere professionale quella dellinfermiere generico; lavvocato dimentica che il titolo V del D.P.R. n. 225/74 non stato abrogato per cui, nella gerarchia funzionale, sussiste ancora la figura dellinfermiere generico. Da ci si evince che lAzienda San Camillo Forlanini ha intrapreso una campagna diretta allo svilimento professionale dellinfermiere professionale. Lart. 2103 C.C., al co. 1, recita: Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attivit svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Parimenti, il Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 106 del 09 maggio 2001, Supplemento Ordinario n. 112, allart. 52 Disciplina delle mansioni (art. 56 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del D.Lgs. n. 387 del 1998), prevede, al comma 1, che Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive e lart. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 che: Il dipendente ha diritto all'esercizio delle mansioni inerenti al suo profilo e posizione funzionale e non pu essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori. Il combinato disposto cos chiaramente espresso, non consente allinfermiere di svolgere mansioni inferiori, ma in taluni casi, solo quelle superiori. - Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23.02.2000, nn. 12 e 11; n. 10/2000; 18.11.1999, n. 22); sez. IV: nn. 5799, 5798, 5797 e 5796 del 2005; 14.09.2005, nn. 4768, 4767 e 4755; 22.06.2004, n. 4433; 07.06.2004, n. 3606; 30.06.2003, n. 3920; sez. V: 05.10.2005, n. 5323; 29.08.2005, n. 4398; n. 3699/2005; 08.02.2005, n. 333; 03.02.2005, n. 264; 19.02.2004, n. 665; 09.06.2003, n. 3235; 22.11.2001, n. 5924; sez. VI: n. 5632/2005; n. 3365/2005; 16.06.2005, n. 3189; 07.06.2005, n. 2915; 26.04.2005, nn. 1888 e 1887; Cassazione, Sezione Lavoro n. 14466 del 22.06.2006; Tribunale di Trieste, Sent. n. 403 del 29.09.2000 e Cons. Stato, V, 16.06.2005, n. 3153; V, 05.04.2005, n. 1534. -8
Per assurdo, pur ammettendo una comparazione gerarchica tra linfermiere e lausiliario, anche scegliendo quello di maggior livello cio lOSS, non sarebbe possibile giustificare un gap di moltissimi livelli esistente tra i due profili (D6 linfermiere e C1 lOSS cio ben 12 livelli). Ancor pi sarebbe impossibile procedere alla comparazione perch la contrattazione, per esempio per le mansioni superiori (valendo il principio, per assurdo, anche per le inferiori) non consentirebbe ad una categoria di invaderne unaltra. Sappiamo per che le mansioni inferiori sono assolutamente vietate! Comunque quando era in vigore la normativa che consentiva lo svolgimento temporaneo delle mansioni inferiori (non assoluto, prevalente e continuativo come, invece, pretende controparte), la stessa norma consentiva solo lespletamento di quelle immediatamente inferiori ovvero quelle dellinfermiere generico; mai quelle dellausiliario. Maggior divario esiste, addirittura, tra infermiere e OTA e agente socio-sanitario. L'equivalenza delle mansioni prevista dall'art. 2103 C.C. deve essere accertata attraverso il controllo del relativo sostanziale contenuto professionale. Infatti oggetto della tutela normativa non solo il livello formale di inquadramento ma anche la professionalit, come diritto alla conservazione ed all'accrescimento del corredo di nozioni ed esperienze acquisite dal lavoratore nella pregressa fase del rapporto - (Cass. 11/06/2003 n. 9408, Pres. Mileo, Rel. Cuoco, in Lav. nella giur. 2004, 129). L'art. 2103 C.C. norma inderogabile nel tutelare la conservazione della professionalit del lavoratore; pertanto si ha illegittima dequalificazione ove le mansioni esercitate di fatto, non consentano l'utilizzo delle conoscenze tecniche e capacit acquisite, senza che in contrario rilevi l'esistenza di esigenze organizzative aziendali o il giudizio di equivalenza tra le vecchie e nuove attivit espresso dalla contrattazione collettiva tramite il sistema di inquadramento. Il risarcimento del danno alla professionalit spettante al lavoratore pu essere commisurato in una quota della retribuzione mensile. (Corte d'Appello Milano 31/01/2003, Pres. De Angelis Est. Accardo, in D&L 2003, 334). In tema di jus variandi del datore di lavoro, il divieto di variazioni in peius opera quando al lavoratore, pur restando inalterata la sua collocazione nella organizzazione gerarchica dell'impresa e la sua retribuzione, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicch nell'indagine circa tale equivalenza non sufficiente il riferimento in astratto all'inquadramento formale, ma necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente e alla declaratoria che lo stesso datore di lavoro certifica nei riguardi del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacit professionali, con le conseguenti prospettive di miglioramento professionale. (Cos Cass. 17.03.1999, n. 2428; 10.08.1999, n. 8577; 03.11.1997, n. 10775; 11.01.1995, n. 276). In poche parole lobiettivo quello di tutelare il patrimonio professionale del lavoratore ed anche di arricchire il patrimonio professionale precedentemente acquisito, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacit di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze. - Cass. 26.01.1993, n. 9319 e 28.03.1995, n. 3623; e 02.10.2002, n. 14150. (Sulla base di tale principio di diritto stata cassata la sentenza del Tribunale che aveva ritenuto che la lavoratrice addetta a compiti di segreteria poteva essere assegnata a quelli di portalettere, in quanto formalmente inquadrati nello stesso livello contrattuale e pattiziamente dichiarati dagli agenti contrattuali equivalenti). Lo jus variandi del datore di lavoro deve essere esercitato tutelando lutilizzazione, il perfezionamento e laccrescimento della posizione professionale del lavoratore (Pretura Nocera Inferiore 5/12/96, est. Viva, in D&L 1997, 348). Ai sensi dellart. 2103 C.C. il concetto di equivalenza di mansioni non va valutato in astratto ma in concreto, tenendo conto della reale natura e delle concrete modalit di svolgimento delle mansioni con la conseguenza -9
che, nel caso di classificazione del personale per aree, configurabile una dequalificazione del lavoratore qualora a questi venga assegnata, nellambito della stessa area, una posizione professionale meno elevata che comporti linutilizzabilit del bagaglio professionale acquisito (Pret. Agrigento 05/03/99, est. Occhipinti). Lo ius variandi stato abusato anche per un altro motivo: per violazione dei canoni ermeneutica di cui agli artt 1175 e 1375 C.C.. - Cass. n. 2763/2003 e n. 4060/2008. L'esercizio dello ius variandi affidato alla discrezionalit del datore di lavoro, nei limiti della contrattazione e della normativa (cosa che il San Camillo non ha assolutamente rispettato) e, in linea generale, non sottratto all'osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede (ex artt. 1175 e 1375 C.C.) che prevengono ogni forma di carattere discriminatorio o vessatorio o arbitrario del mutamento di mansioni. - (Cass. 10.05.2002, n. 6763, Riv. it. dir. lav.2003, 46, Motivazione dell'esercizio dello ius variandi e clausole generali di correttezza e buona fede). Cass. Sez. Lav. n. 11291 del 28.08.2000 afferma che il datore di lavoro vincolato dal dovere di correttezza e buona fede quali limiti al ius variandi, che non gli permettono di attribuire mansioni inferiori al dipendente: La dequalificazione violazione contrattuale. Il datore di lavoro vincolato dal dovere di correttezza e buona fede (limiti al ius variandi) che non gli permette di attribuire mansioni inferiori al dipendente. Tale violazione corrisponde ad un inadempimento contrattuale e quindi risarcibile quando il lavoratore dimostri che il datore abbia disatteso i predetti canoni. Cos anche Cass. n. 28274/2008 che, richiamando i principi di correttezza e buona fede come limite alla discrezionalit del datore di lavoro su determinate scelte aziendali, ribadisce la responsabilit contrattuale in caso di abusi. Le SS.UU. n. 9332/2002, richiamate dalla suddetta sentenza, hanno stabilito che se il contratto vincola il datore di lavoro ad una determinata scelta, come per esempio quella che verr disaminata nel regolamento per la gestione dei rifiuti, la discrezionalit non pu pi essere invocata su questi determinati autovincoli. Ebbene il D.Lgs. n. 165/01, pi volte riportato, chiaro: il ricorrente deve svolgere le mansioni che risultano dalla declaratoria funzionale! Altre SS.UU., n. 6572/06, hanno ribadito quanto gi affermato in precedenza dalla giurisprudenza, essendo quanto qui sostenuto ius receptum, stabilendo che in caso di dequalificazione, il danno professionale consiste sia nel pregiudizio derivante dallimpoverimento della capacit professionale acquisita (come quello derivante dal chiudere dei sacchi della spazzatura) o della mancata acquisizione di maggior capacit. Su questultimo punto viene meno il vantaggio connesso allesperienza professionale in conseguenza del mancato esercizio. Di nuovo le SS.UU. con successiva sentenza n. 18813 del 09.07.2008, hanno confermato tale indirizzo: la violazione dei canoni di correttezza e buona fede sono valutabili alla stregua di un inadempimento contrattuale per cui, la lesione di un bene, produce automaticamente il dovere di risarcirlo nella sua pienezza. Le mansioni che si palesano non corrispondenti allinquadramento contrattuale configurano dequalificazione per cui, violati in canoni ex artt. 1175 e 1375 C.C., giustamente deve essere equitativamente liquidato il danno professionale che nel caso in sentenza stato determinato nel 50% di tutte le retribuzioni relative al periodo di demansionamento. Lassegnazione di nuove mansioni che riducano le attribuzioni del lavoratore, e ne svuotino qualitativamente la posizione professionale complessiva, comporta un danno alla dignit e personalit del dipendente, che sono beni protetti a livello costituzionale, e un danno da perdita di chances nel mercato del lavoro, in conseguenza del diminuito livello professionale; conseguentemente, il datore di lavoro deve essere condannato alla reintegrazione del dipendente nelle precedenti mansioni, o in altre equivalenti, nonch al risarcimento dei danni conseguenti alla dequalificazione (nella fattispecie, si ritenuto che per la determinazione di tali danni, da compiersi in via equitativa, si possa fare riferimento a una quota della retribuzione mensile, crescente con il perdu- 10
rare nel tempo della lesione alla professionalit, fino a raggiungere il 100% della retribuzione stessa). Pret. Milano 25.10.1995; 09.12.97 e Tribunale Lavoro Milano 19.12.2001, Sulla nozione di danno alla professionalit. Anche Cass. n. 11457/2000 conferma che il lavoratore ha diritto a ulteriori raffinamenti e sviluppi essendo vietata lillegittima mutatio in pejus delle mansioni: Lequivalenza delle mansioni, che condiziona la legittimit dell'esercizio dello ius variandi, a norma dellart. 2103 C.C. e che costituisce oggetto di un giudizio di fatto che, se congruamente e logicamente motivato, incensurabile in Cassazione, va verificata,infatti, sia sul piano oggettivo, e cio sotto il profilo della inclusione nella stessa area professionale e salariale delle mansioni iniziali e di quelle di destinazione, sia sul piano soggettivo, in relazione al quale necessario che le due mansioni siano professionalmente affini, nel senso che le nuove si armonizzino con le capacit professionali gi acquisite dall'interessato durante il rapporto lavorativo, consentendo ulteriori affinamenti e sviluppi. Di nuovo: Sussiste, dunque, secondo la giurisprudenza di legittimit, un diritto del lavoratore all'effettivo svolgimento della propria prestazione di lavoro, la cui lesione da parte del datore di lavoro costituisce un inadempimento contrattuale che determina, oltre all'obbligo di corrispondere le retribuzioni dovute, l'obbligo del risarcimento del danno da dequalificazione professionale. La prova del nocumento pu essere anche presuntiva. - Cass. 15.06.1983 n. 4106; 06.06.1985 n. 3372; 10.02.1988 n. 1437; 13.11.1991 n. 12088; 15.07.1995 n. 7708; 04.10.1995 n. 10405; n. 13580/2001; n. 14199/2001 e n. 16792/ 2003. Detto ci, posto che le mansioni inferiori sono vietate e non ammesse neppure di fatto, demansionare linfermiere significa cagionare un danno alla professionalit, immediatamente risarcibile ex art. 1226 C.C. (artt. 1218 e 2043 C.C.). Lart. 2103 C.C. impone ad ogni lavoratore di svolgere le mansioni per le quali stato assunto (principio stabilito anche dal C.C.N.L. vigente). Proprio al fine di individuare l'intensit della vigilanza dovuta dal datore di lavoro, per effetto dell'art. 41 comma 2 della Costituzione secondo cui l'iniziativa privata non pu esercitarsi in maniera da arrecare danno alla libert, sicurezza e dignit umana - e dell'art. 2087 C.C., la Corte ha ritenuto che: Lattivit di collaborazione cui il datore di lavoro tenuto nei confronti dei lavoratori, a norma dell'art. 2087 C.C., non si esaurisce nella predisposizione di misure tassativamente imposte dalla legge ma si estende all'adozione di tutte le misure che si rivelino idonee a titolare l'integrit psico-fisica del lavoratore, richiedendosi un organico dimensionato alle esigenze aziendali; senza che l'eventuale iniziativa del lavoratore di assoggettarsi ad un impegno diretto a supplire a carenze di organico lo esima da responsabilit per danni alla sua integrit, psico-fisica, in quanto soggetto che rispetto a lui si trova in condizioni di subordinazione socio economica. La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. 24293/2008) chiamata a decidere sul caso di mansioni inferiori, ha stabilito che: Richiamando la consolidata giurisprudenza di questa Corte al riguardo, la modifica delle mansioni di cui allart. 2103 C.C. non pu avvenire in maniera dequalificante ma deve essere mirata al perfezionamento e all'accrescimento del corredo di esperienze, nozioni e perizie acquisite nella fase pregressa del rapporto. Le mansioni inferiori svolte dal ricorrente, sono state ritenute elementari, estranee alle esperienze professionali pregresse, aventi in s un maggior rischio di fossilizzazione delle capacit della dipendente medesimo. In poche parole: chiudere un sacco contenente i rifiuti certamente dequalificante per linfermiere in quanto unattivit elementare, meramente esecutiva, estranea allesperienza professionale acquisita, aliena al profilo ed alle competenze tecniche previste dalla legge oltre che offensiva e svilente, perch chiunque pu svolgerla. Allo stesso modo nel pubblico impiego sono vietate le mansioni inferiori o promiscue (Cass. Sez. Lav. n. 6419 del 17.05.2000) per cui anche se il provvedimento che si impugna prevede che linfermiere chiuda i ROT in assenza dellausiliario, tale promiscuit dimostra una commistione professionale non tollerabile e una confusione che lede la dignit dellinfermiere. Del resto la carenza di personale non pu essere addebitata allinfermiere. Cassazione Sezione Lavoro n. 7453 del 12 aprile 2005 vieta allazienda di mutare le mansioni senza laccordo - 11
del dipendente. Lorganico del personale deve essere adeguato alle normali esigenze aziendali affinch di dipendenti in servizio non siano sottoposti ad abnormi prestazioni lavorative che esulino dalle proprie competenze. - Cassazione Sezione Lavoro n. 1307 del 05 febbraio 2000. Il dipendente pu rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa contestata se essa ritenuta dequalificante. - Cassazione, Sezione Lavoro n. 1307 del 07 febbraio 1998 (La Corte ha richiamato un suo precedente, sentenza n. 8939 del 1996, secondo cui pu ritenersi legittimo il rifiuto della prestazione lavorativa purch tale reazione risulti proporzionata e conforme a buona fede, come avviene nel caso in cui il dipendente continui ad offrire le prestazioni corrispondenti alla qualifica e non quelle di altre). Il potere gerarchico del datore di lavoro non comporta che il lavoratore debba eseguire, a richiesta dei superiori, prestazioni non previste dal C.C.N.L. In questo caso legittima la mancata esecuzione dellordine. - Cassazione Sezione Lavoro n. 5643 dell08.06.1999. Di regola, peraltro, in relazione agli atti datoriali, contrastanti con i principi di correttezza e buona fede, ex artt. 1175 e 1375 C.C., la giurisprudenza usa il termine di illegittimit dell'atto. Anche quando si modificano di fatto le mansioni del lavoratore, per abuso del comportamento datoriale, si violano i canoni ermeneutici succitati. - Cass. n. 11271/1997; Cass., Sez. Un. 500/1999; Cass. n. 11957/2003. Il demansionamento professionale di un lavoratore ridonda in lesione del diritto fondamentale da riconoscere al lavoratore anche in quanto cittadino, alla libera esplicazione della sua personalit nel luogo di lavoro, con la conseguenza che il pregiudizio correlato a siffatta lesione, spiegandosi nella vita professionale e di relazione dell'interessato, ha un'indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione anche equitativa. Il demansionamento professionale d luogo ad un pluralit di pregiudizi, solo in parte incidenti sulla potenzialit economica del lavoratore, costituendo anche offesa alla dignit professionale del prestatore, intesa come esigenza umana di manifestare la propria utilit nel contesto lavorativo (in cui si sostanzia il danno alla dignit del lavoratore, bene immateriale per eccellenza) e quindi di lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalit del lavoratore nel luogo di lavoro, con la conseguenza che il pregiudizio che ne deriva incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, con indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione equitativa (Cass. 18.10.99, n. 11727). L'affermazione di un valore superiore della professionalit, direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore e costituente sostanzialmente un bene a carattere immateriale, in qualche modo supera ed integra la precedente affermazione che la mortificazione della professionalit del lavoratore possa dar luogo a risarcimento solo ove venga fornita la prova di un danno patrimoniale. - (Cass. 02.01.02 n. 10; 11.08.98, n. 7905; 04.02.97, n. 1026 e 13.08.91, n. 8835). Lassegnazioni a mansioni di posizione professionale non equivalente, occasiona sia il diritto al risarcimento del danno per violazione degli artt. 2 e 41 Cost. e 2087 c.c. - alla libera esplicazione della personalit nel luogo di lavoro, la cui lesione si verifica per il riflesso che la dequalificazione professionale ha, sia nell'ambiente di lavoro sia all'esterno, sulla dignit dell'uomo e del lavoratore, sulla aspettativa di carriera, sull'immagine e sulla vita di relazione con riferimento anche allo status sociale (cosiddetto danno alla personalit morale), sia il diritto al risarcimento del danno alla professionalit (tutelata dall'art. 2103 C.C.) che consiste nel mancato incremento delle conoscenze professionali e nel mancato utilizzo delle conoscenze e capacit acquisite. Entrambe le prime due voci di danno (alla personalit morale e alla professionalit) sono intrinseche e conseguenziali al demansionamento secondo l'id quod plerumque accidit ed hanno una dimensione patrimoniale che le rende suscettibili di risarcimento e di valutazione anche equitativa. (Cass. n. 11727/99 e Trib. Treviso 13.10.00, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2324). Addirittura la giurisprudenza ammette il procedimento ex art. 700 C.P.C. in quanto reputa il demansionamento un danno grave e irreparabile. - Trib. Roma 09.12.2002, ord., Est. Paglierini, in D&L 2003, 99, con nota di Maurizio Borali, "Il caso Santoro e la tutela della dignit professionale del giornalista"; Trib. Campobasso 12.06.99 (ord.), est. Valle, in D&L 1999, 870; Pret. Milano 26.05.98 (ord.), est. Marasco, in D&L 1998, 977, nota - 12
Chiusolo, La dequalificazione del redattore ordinario; Trib. Roma 12.03.97, pres. Lanzellotto, est. Garri, in D&L 1997, 794; Trib. Pordenone 21.10.00 (ord.), est. Costa, in Lavoro giur. 2001, pag. 363, con nota di Piovesana, Trib. Roma 24.09.99, est. Fiorioli, in Dir. lav. 2001, pag. 83, con nota di Ranaldi, Lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, tutela cautelare della professionalit acquisita e disapplicazione dell'atto amministrativo presupposto; Trib. Benevento 22.03.01 ordinanza, pres. e est. Piccone, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 383, con nota di Pisani, Azione cautelare e dequalificazione nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione; Trib. Benevento 23.01.01 ordinanza, pres. e est. Chiariotti; Trib. Gorizia 02.08.00 ordinanza, pres. e est. Masiello, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 382, con nota di Pisani, Azione cautelare e dequalificazione nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. Le Sezioni Unite Civili 24 marzo 2006, n. 6572 affermano: La tesi maggioritaria in dottrina e in giurisprudenza quella che prospetta la responsabilit datoriale come di natura contrattuale. Ed infatti, stante la peculiarit del rapporto di lavoro, qualunque tipo di danno lamentato, e cio sia quello che attiene alla lesione della professionalit, sia
quello che attiene al pregiudizio alla salute o alla personalit del lavoratore, si configura come conseguenza di un comportamento gi ritenuto illecito sul piano contrattuale: nel primo caso il danno deriva dalla violazione dellobbligo di cui allarticolo 2103 (divieto di dequalificazione), mentre nel secondo deriva dalla violazione dellobbligo di cui allarticolo 2087 (tutela dellintegrit fisica e della personalit morale del lavoratore) norma che inserisce, nellambito del rapporto di lavoro, i principi costituzionali. In entrambi i casi, giacch lillecito consiste
nella violazione dellobbligo derivante dal contratto, il datore versa in una situazione in inadempimento contrattuale regolato dallarticolo 1218 C.C., con conseguente esonero dallonere della prova sulla sua imputabilit, che va regolata in stretta connessine con larticolo 1223 dello stesso codice. noto poi che dallinadempimento datoriale, pu nascere, astrattamente, una pluralit di conseguenze lesive per il lavoratore: danno professionale, danno allintegrit psico-fisica o danno biologico, danno allimmagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno cosiddetto esistenziale, che possono anche coesistere luna con laltra. L'assegnazione al dipendente di mansioni di minor spessore sia concettuale sia d'autonomia e d'iniziativa, nonch del tutto eterogenee rispetto alle precedenti - ossia tali da non consentire in alcun modo l'utilizzo della professionalit maturata - illegittima, difettando l'equivalenza al riguardo prescritta dalla art. 2103 C.C.; la misura del conseguente danno professionale determinabile in via equitativa (nella fattispecie stata determinata nel 40% della retribuzione spettante durante il periodo di dequalificazione. (Trib. Milano 06.05.2002, Est. Frattin, in D&L 2002, 635; Trib. Bari 03.12.2002, Est. Rubino, in Lav.
nella giur. 2003, 490). Cos anche Pret. Milano 01.04.98, (est. Vitali, in D&L 1998, 992): Lassegnazione a mansioni non corrispondenti allinquadramento contrattuale del lavoratore e non aderenti alla sua specifica competenza, che non gli consentano pertanto la piena utilizzazione o larricchimento della professionalit acquisita nella fase pregressa del rapporto, comporta una dequalificazione professionale soprattutto se totalmente priva di responsabilit e autonomia nellesecuzione del lavoro. La cogestione di compiti con altra persona di categoria inferiore, non comporta una riduzione solo quantitativa delle mansioni, ma anche qualitativa, che abbassa il livello professionale dell'attivit svolta. (Cass. 11.01.95 n. 276, pres. Buccarelli, est. Aliberti). La sottrazione della parte pi qualificante delle mansioni, con conservazione delle attivit pi semplici e ripetitive, illegittima e determina un danno al bagaglio professionale e alla carriera del lavoratore, determinabile in via equitativa in una quota della retribuzione mensile (Trib. Milano 8 aprile 2000, pres. Ruiz, est. Accardo, in D&L 2000, 983). 5. Lart. 2087 C.C. e la dignit morale e professionale dellinfermiere. - 13
E vero che lart. 2087 C.C. spesso posto in relazione agli infortuni ma la norma si presta ad una interpretazione pi ampia comprendendo anche una tutela apprestata alla sfera morale del lavoratore e, quindi, alla prevenzione del demansionamento. Lart. 2087 C.C. recita: L imprenditore tenuto ad adottare nell esercizio della impresa le misure che, secondo la particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l integrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro. Larticolo in questione trova la sua genesi nei pi importanti principi costituzionali quali la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35), il riconoscimento della tutela della salute come diritto dell'individuo (autonomo diritto, primario, assoluto, risarcibile) e fondamentale interesse della societ (art. 32) e un vincolo insuperabile per l'iniziativa economica privata, che libera ma non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana (art. 41, c. 2). Lobbligo che tale norma impone al datore di lavoro ha una portata talmente ampia che non pi importante distinguere la tipologia dimpresa o la qualifica rivestita dal lavoratore, ma sufficiente ravvisare il nesso causale tra bene leso e violazione della disciplina lavoristica, costituendo, cos, il datore di lavoro, garante dellincolumit fisica e della salvaguardia della personalit morale dei prestatore di lavoro. - Suprema Corte di Cassazione, Sez. Penale: SS.UU. nn. 5/1998; 4178/2006; 41951/2006 e 13917/2008. Siffatta garanzia integra allora, secondo contributi ed evoluzioni dottrinali, un obbligo c.d. autonomo di protezione il che, quindi, consentirebbe di isolare il dovere del datore di lavoro di adottare misure specifiche finalizzate a realizzare condizioni di tutela dello svolgimento dellattivit lavorativa nellimpresa, cosicch la persona del dipendente salvaguardata al di l e indipendentemente dallesecuzione dei singoli segmenti di prestazione. Da tale prospettazione deriva che tale obbligo di protezione ascritto al datore di lavoro attesa la sua condizione di titolarit del potere organizzativo generale dellimpresa. Secondo quanto prescritto dallart. 1176 C.C., il datore di lavoro deve comportarsi con la diligenza necessaria, cos espressa: Nell'adempimento dellobbligo inerente allesercizio di unattivit professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attivit esercitata. Al datore di lavoro viene richiesta una particolare accuratezza sia nell'individuazione dei fattori di pericolo, sia nella scelta delle misure di prevenzione necessarie a tutelare l'integrit morale del lavoratore, anche se non specificamente previste da norme di prevenzione o da altre prescrizioni di organi competenti. Il precetto amplia notevolmente il dovere di sicurezza del datore di lavoro, in quanto tale dovere non pi fissato da regole precise e statiche che inevitabilmente col tempo verrebbero superate. (Corte costituzionale, 18 luglio 1996 n. 312). Come sottolinea anche Cass. Sez. Pen. 09.03.1992, n. 2835, Lobbligo di tutela delle condizioni di lavoro si estende anche alla fase dinamica dellespletamento del lavoro ed ai comportamenti necessari per prevenire possibili danni, in ogni posto e fase di lavoro. - Cos pure Cassazione civile, sez. lav., 06.09.1995, n. 9401; n. 3740/1995; n. 10361 del 21.10.1997; Sezione IV, 03.10.2007 n. 44791 e Cass. Sez. Pen. 15.07.1988. Il datore di lavoro tenuto a conoscere le leges artis per prevenire eventuali lesioni del bene salute. - Cassazione Penale, Sez. IV - 27 settembre 1994 n. 10164. L'articolo 2087 C.C. estende il bene salute anche alla sfera psichica del lavoratore intesa anche come dignit morale e prescrivendo all'imprenditore di adottare tutte le misure idonee a tutelare lintera integrit del lavoratore, non contiene soltanto l'enunciazione di un dovere imposto nell'interesse generale, ma sancisce una vera e propria obbligazione, imponendo all'imprenditore una serie di misure che si risolvono in una prestazione, che egli tenuto ad adempiere e che il lavoratore ha diritto di pretendere. Tale disciplina concerne perci lorganizzazione del lavoro nell'impresa e reca un principio di autoresponsabilit dellimprenditore, il quale, indipendentemente da specifiche disposizioni normative, tenuto a porre in essere tutti gli accorgimenti e le misure necessarie ad evitare il verificarsi di lesioni della salute e dellintegrit fisica e morale del lavoratore - Cass. sez. III, 18 novembre 1976 n. - 14
4318; 06 settembre 1988 n. 5048. Difatti Sul datore cade lobbligo di adottare non solo le misure di legge, ma tutte quelle concretamente necessarie per prevenire le lesioni. - Cassazione civile sez. lav., 29 marzo 1995, n. 3738; 08 luglio 1992 n. 8325. In particolare l'art. 2087 una disposizione che ribadisce, con riferimento al settore del lavoro, la necessit che il garante ottemperi non soltanto alle regole cautelari scritte, ma anche alle norme prevenzionali che una figura modello di buon imprenditore in grado di ricavare dall'esperienza, secondo i canoni di diligenza, prudenza e perizia. - Cassazione penale, sez. V, sentenza 14.10.2008 n. 38819. Viene quindi rafforzato l'obbligo contrattuale del datore di lavoro di procedere alla pi ampia e completa individuazione di tutte le misure necessarie, anche al di l di quanto strettamente previsto dalle norme di legge vigenti, al fine di tutelare l'integrit dei lavoratori presenti nell'organizzazione lavorativa del datore di lavoro ma anche i terzi estranei. Cass. Pen., Sez. III, 01 luglio 1993 n. 6686. La Cassazione costantemente orientata nel ritenere che il bene salute non pu essere subordinata a criteri di fattibilit economica o produttiva; la tutela dell'integrit del lavoratore (art. 32 Cost. e art. 2087) non tollera alcun condizionamento economico: d'altro canto la stessa direttiva quadro del Consiglio delle Comunit Europee (89/391/CEE) del 12 giugno 1989 recante Attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro considera che il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non pu dipendere da considerazioni di carattere puramente economico. Quanto alla natura giuridica di norma aperta dell'art. 2087 C.C., la Cassazione afferma: In questi termini,
va quindi condiviso il canone interpretativo suggerito dalla sentenza n. 5048/1988, laddove si affermato che lart. 2087, per le sue caratteristiche di norma aperta, vale a supplire alle lacune di una normativa che non pu prevedere ogni fattore di rischio, ed ha una funzione, sussidiaria rispetto a questultima, di adeguamento di essa al caso concreto, senza che ci costituisca strappi ai principi, poich il dovere di protezione (dei lavoratori) che grava sullimprenditore - collegato, del resto, al rischio dimpresa - comporta che debba essere lo stesso imprenditore a valutare se lattivit della sua azienda presenti rischi extra-lavorativi di fronte al cui prevedibile verificarsi insorga il suo obbligo di prevenzione, giusta il principio per cui ciascun datore, in riferimento alla particolarit del lavoro, da una parte, ed allesperienza e alla tecnica, dallaltra, deve nella rappresentazione dellevento (prevedibilit) prospettare a se stesso ladozione delle misure (e, dunque, di tutte le misure) pi consone e pi aggiornate, al fine di scongiurare la sua realizzazione (prevedibilit) . - Cass., Sez. Lav., sent. n. 4012 del 20
aprile 1998. L'articolo 2087 viene anche definito norma di chiusura dell'intero sistema legislativo prevenzionistico, perch considera obbligatorie e dovute tutte le misure necessarie a tutelare l'integrit psico-fisica del lavoratore, indipendentemente dalla circostanza che siano esplicitamente indicate da una norma di legge vigente. Infatti, le norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie sul lavoro costituiscono unapplicazione specifica del pi ampio principio contenuto nellart. 2087 cod. civ., rispetto al quale la mancata violazione di quelle norme non di per s sufficiente ad escludere la responsabilit dellimprenditore. Lart. 2087 cod. civ., si atteggia anche come norma di chiusura del sistema antinfortunistico, nel senso che, anche dove faccia difetto una specifica misura preventiva, la
disposizione suddetta impone al datore di lavoro di adottare comunque le misure generiche di prudenza, diligenza e la osservanza delle norme tecniche e di esperienza (Cass. Sez. Lavoro, sent. n. 4721 del 9
maggio 1998, Pres. Lanni, Rel. Genghini). Inoltre, lart. 2087 cod. civ., pur non contenendo prescrizioni di dettaglio come quelle rinvenibili nelle leggi organiche per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, non si risolve in una mera norma di principio, ma deve considerarsi inserito a pieno titolo nella legislazione antinfortunistica, di cui costituisce norma di chiusura. Detta norma, per il richiamo alla tutela dellintegrit fisica del lavoratore ed alla particolarit del lavoro, - 15
rende specifico lillecito consumato in sua violazione, sia rispetto alla colpa generica richiamata nellart. 2043 C.C. che rispetto a quella di rilievo penalistico ed in tal caso aggrava il reato, rendendolo perseguibile dufficio. Ex plurimis: Cass. Sez. IV Pen., sent. del 22.07.99 n. 9328; Cass. 21.05.96; Cass. 06.03.90. Con sentenza n. 4012 del 20 aprile 1998 la Suprema Corte ha richiamato a sostegno delle proprie argomentazioni la sua precedente decisione n. 5048 del 1988 e la sentenza della Corte costituzionale n. 399 del 1996, affermando che: coerentemente, in adempimento del principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile vigente nel nostro ordinamento ai sensi del pi volte citato art. 2087 C.C., secondo cui la sicurezza non pu essere subordinata a criteri di fattibilit economica o produttiva (Cass. sez. pen. 09 gennaio 1984, in causa Gorla), lo stesso datore di lavo-
ro tenuto a trovare le misure sufficienti a conseguire il fine della protezione della salute e dellintegrit psichica dei propri dipendenti in modo conforme al principio direttivo costituzionale dellart. 32. - Cass.
civ., Sez. Lav., 29.01.70, n. 199; 13.07.71, n. 2287; 12.01.73, n. 104; 11.10.79, n. 5315; 16.04.86, n. 2692; 23.06.86, n. 4171; 07.03.87, n. 2417; 07.04.88, n. 2737; 06.09.88, n. 5048; 29.05.90, n. 5002; 26.01.93, n. 937; 08.02.93, n. 1523; 05.04.93, n. 4085; 17.11.93, n. 11351; 01.02.95, n 1168; 23.02.95, n. 2035; 29.03.95, n. 3738; 06.09.95, n. 9401. Soccorre, quindi, la generale norma di chiusura di cui allart. 2087 C.C., pure invocata dallistituto, la quale impone lobbligo al datore di lavoro, anche in assenza di specifiche prescrizioni (quali quelle di cui a citato D.P.R. n. 547 del 1955), di adottare tutte le misure necessarie a tutelare lintegrit morale del lavoratore e dunque le generiche misure di diligenza e prudenza ed osservanza delle norme tecniche e di esperienza la cui applicazione, secondo una valutazione ex ante resa dallhomo eiusdem conditionis et professionis, appaia in grado di scongiurare fatti dannosi per il prestatore nellambiente di lavoro. Il demansionamento produce danno alla dignit e personalit morale del lavoratore, ex articolo 41 Costituzione, liquidabile in via equitativa e pregiudica lopportunit di progressione in carriera. - Cass. sez. lav., 06 novembre 2000, n. 14443. Lo svolgimento di mansioni inferiori influisce negativamente sulla formazione e sulla crescita professionale del dipendente tanto da depauperarne il proprio bagaglio tecnico-culturale fino a limitare gravemente le proprie capacit e possibilit di sviluppo, danneggiando il prestigio, la carriera e la competenza specialistica in un determinato settore. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, 23 marzo 2005, n. 6326. Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 26 maggio 2004, n.10157 ha statuito che: Il danno da dequalificazione professionale attiene alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto dall'art. 2 della Costituzione, avente ad oggetto il diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalit nel luogo di lavoro secondo le mansioni e con la qualifica spettategli per legge o per contratto, con la conseguenza che i provvedimenti del datore di lavoro che illegittimamente ledono tale diritto vengono immancabilmente a ledere l'immagine professionale, la dignit personale e la vita di relazione del lavoratore, sia in tema di autostima e di eterostima nell'ambiente di lavoro ed in quello socio familiare, sia in termini di perdita di chances per futuri lavori di pari livello. La valutazione di tale pregiudizio, per sua natura privo delle caratteristiche della patrimonialit, deve essere effettuata dal giudice alla stregua di un parametro equitativo, essendo difficilmente utilizzabili parametri economici o reddituali. Anche il danno esistenziale da dequalificazione professionale del lavoratore per fatto ascrivibile al datore di lavoro risarcibile. - Cass., SS.UU. 24 novembre 2006 n. 25033 nonch Cass. Sez. Lav. 07 marzo 2007, n. 5221. Anche Cass. n. 14302/2006 ha affermato il diritto al risarcimento oltre ch per danno professionale anche per quello morale e biologico in favore del lavoratore obbligato a svolgere mansioni non adeguate alla propria qualifica. La Corte ha stabilito che "il risarcimento del danno morale in favore del soggetto danneggiato per lesione del valore della persona umana costituzionalmente garantito e prescinde dall'accertamento di un reato in suo danno". Il demansionamento costituisce lesione della dignit del lavoratore, tutelata dellart. 41 Cost. e dallart. 2087 C.C.. - 16
Ne consegue il diritto al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa, anche se non via sia la prova di conseguenze patrimoniali negative. - Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza n. 7980 del 27.04.2004. Tutta la giurisprudenza qui riportata, che indica oramai il consolidamento dei principi che il ricorrente ha inteso esaminare, dimostra che il demansionamento non una questione superficiale, bagatellare, ma un fatto grave che penetra profondamente nella sua dignite, colpisce la professionalit e la libera espressione della sua personalit, incidendo anche sulla prestazione lavorativa e, soprattutto, sullorganizzazione aziendale finalizzata a ridurre, per fattori economici, il personale in servizio con effetti deleteri sulla qualit assistenziale (quindi a danno degli utenti/pazienti, come dimostrato dai documenti allegati) e ponendo in serio pericolo la sicurezza psicologica e fisica dei lavoratori. Il ricorrente non deve chiudere i ROT. Tale imposizione si tradurrebbe in una seria violazione del diritto di svolgere serenamente cio con piena integrit morale, le proprie mansioni fino a rischiare un danno biologico ed esistenziale totalmente risarcibile. La dequalificazione opera anche se si tratta di figure professionali appartenenti allo stesso livello contrattuale di inquadramento. - Cassazione Sezione Lavoro n. 7040 del 17 luglio 1998. In particolare i giudici deducono che: mentre le mansioni di addetta alle pulizie possono essere espletate da chiunque, quelle particolari abbisognano di un pur minimo bagaglio di specifiche competenze tecniche del settore. LOspedale San Camillo ha il dovere di vigilare affinch il Sig. XXX svolga in maniera soddisfacente e scevro da ogni tentativo umiliante, le proprie mansioni, senza essere costretto, con violenza psicologica, a eseguire compiti di stretta attinenza ausiliaria che, con tutto il rispetto per questa categoria, si traducono in atti meramente esecutivi che chiunque, con un minimo di indicazioni, pu svolgere. Il dipendente che abbia subito una dequalificazione pu ottenere la condanna del datore di lavoro a reintegrarlo nelle mansioni che gli spettano, oltre al risarcimento del danno. - Cassazione, Sezione Lavoro n. 4221 del 27 aprile 1999, Pres. Sommella, Rel. Prestipino. Il San Camillo deve abbandonare lidea che linfermiere debba fare tutto a tutti e deve impedire che gli infermieri svolgano mansioni dequalificanti! 6. Lillegittimit del provvedimento nosocomiale. Oltre che per i motivi suesposti, la circolare prot. n. 2772/IG illegittima anche per i seguenti motivi: la circolare prescrive che i ROT devono essere chiusi dal personale ausiliario ma solo se presente nel servizio perch in caso di assenza devono essere chiusi dagli operatori che hanno prodotto i rifiuti. A parte che i rifiuti, tuttalpi, li produce il paziente o lo stesso ospedale in quanto linfermiere solo il mezzo che utilizza lamministrazione per eseguire la prestazione dedotta in contratto (ex multis Suprema Corte di Cassazione Civile, SS.UU. 11 gennaio 2008 n. 577), comunque il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 - Regolamento concernente lindividuazione della figura e del relativo profilo professionale dellinfermiere, che ha voluto individuare ununica figura infermieristica elidendo la parola professionale e ausiliaria nella definizione dellinfermiere, allart. 1, comma 3, paragrafo f) recita: Il ministro della Sanit dispone che L'infermiere per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto. Come si legge chiaramente, la norma non prevede che linfermiere si avvalga del persona di sopporto ove presente o se presente o se lamministrazione provvede, ma ove necessario nel senso che il personale di supporto deve sempre essere presente e linfermiere, quale responsabile dellassistenza, lo richiama quando lo reputa necessario. Infatti il D.P.R. 28 settembre 1987, n. 567 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 11 febbraio, n. 34) - allart. 8, Turnazioni, al paragrafo d) stabilisce che: Il ricorso al lavoro su turni presuppone la distribuzione del personale nei vari turni, ripartito sulla base delle professionalit che devono essere presenti in ciascun turno, con asso- 17
luta preminenza, quindi nell'interesse dell'amministrazione su ogni altro. Ad adiuvandum, il D.Lgs. 26.11.1999 n. 532 a norma dellart. 17, co. 2, L. 05.02.1999 n. 25, allart. 11, comma 1, recitano: Durante il lavoro notturno il datore di lavoro assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno e nel Decreto Legislativo 08 aprile 2003, n. 66, allart. 14, co. 2 si legge: Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno. Non vi dubbio che linfermiere non deve sostituire personale subalterno assente per motivi di risparmio aziendale o per qualsiasi altro motivo che non sar mai giustificato se offende la dignit professionale di un singolo lavoratore. Il Regolamento per la gestione de rifiuti ospedalieri stabilito dalla direzione sanitaria aziendale del marzo 2009 vigente (All. 9) prevede che: 1. il regolamento esteso in tutta lazienda ospedaliera e riguarda tutte le tipologie di rifiuti sanitari e/o derivanti da attivit sanitarie (quindi prodotti, secondo quanto stabilito dal provvedimento che si impugna, dagli operatori sanitari) e tutti gli operatori sono tenuti ad rispettare e applicare quanto previsto nel presente documento. Inoltre, cosa molto importante, le responsabilit relative al processo di gestione dei rifiuti allinterno dellazienda ospedaliera San Camillo Forlanini sono state schematizzate nella tabella 1 (All. 10). 2. La tabella 1 (All. 10) alla riga delle attivit Confezionamento e identificazione dei contenitori, Movimentazione interna dei contenitori e Gestione del deposito interno , individua alla riga Personale coinvolto, esclusivamente gli O.T.A. e lausiliario delle pulizie nulla scrivendo in merito al personale Medico e infermieristico. 3. La tabella 1 prevede che tale ultimo personale deve solo effettuare la Raccolta dei rifiuti allinterno dellunit produttiva, cosa che gi fanno e non hanno mai contestato. Per di pi la tabella accomuna, in merito alla gestione dei rifiuti, i medici agli infermieri per cui se vero che gli infermieri devono chiudere e confezionare i ROT quando gli ausiliari sono assenti, parimenti devono farlo anche i medici per cui il provvedimento che si impugna illegittimo anche per palese discriminazione (ex artt. 3 e 22, lege 07.08.90 n. 241) in quanto prevede che siano solo gli infermieri e non anche i medici a chiudere i ROT. La professione infermieristica di natura intellettuale, non un mestiere, per cui deve essere considerata nello stesso modo in cui si considera quella medica. Lassenza dellausiliario non pu ricadere sullinfermiere. Se lorganico inadeguato e il dipendente obbligato, anche di fatto, a svolgere mansioni non attinenti al proprio profilo funzionale, ha diritto al risarcimento per lesione della dignit professionale in quanto deve sopperire ad un gravoso ed improprio cumulo di mansioni. Ne consegue che ha diritto al risarcimento valutato in via equitativa ex art. 1226 C.C.. - Tribunale Civile di Milano, Sezione Lavoro n. 2908 del 5.11-29.12.99, Est. Peragallo. La circolare posta in violazione di legge ovvero finalizzata a sopperire alla carenza di personale ausiliario che deve essere presente anche di pomeriggio nel servizio ove opera il ricorrente. IL D.R.G. 14.03.1995 n. 1650 Criteri e Requisiti minimi autorizzativi per lesercizio della terapia dialitica, prevede che ogni 10/12 pazienti sia presente almeno un ausiliario per le attivit igienico-ambientali. Nella UOS dove lavora il Sig. XXX vengono trattai 12 pazienti per ogni turno (24 al giorno). Tale rapporto ausiliario/pazienti dializzati stato confermato nel Suppl. Ord. della Reg. Lazio n. 197 Boll. Uff. n. 43 del 20.11.2010. Per ultimo e il pi assurdo, a dimostrazione del comportamento pervicace e temerario dellospedale, con lettera prot. n. 1021 del 16.11.2010 (All. 11), il direttore della Medicina Legale ha fornito un parere extrapetito di chiara incompetenza professionale dichiarando che chiudere i ROT da parte dellinfermiere non configura demansionamento. Il medico legale non pu rendere un parere forense al pari di un avvocato, le competenze del medico legale sono ben altre: sarebbe come se un avvocato effettuasse lautopsia! Il medico legale si occupa di autopsie, di visitare i pazienti ai fini delle valutazioni biologiche del danno ed, e- 18
ventualmente, delle probabilit del nesso causale, ma non certo di valutare se una mansione spetti o meno ad un dipendente soprattutto perch la didattica della medicina legale non prevede, assolutamente, il diritto del lavoro n tanto meno quello contrattuale o processuale! TUTTO CIO PREMESSO, ECCEPITO, DEDOTTO E RITENUTO il Sig. x, ut supra rappresentato e difeso RICORRE allIll.mo Tribunale Civile di Roma in funzione di Giudice del Lavoro, affinch, fissata ludienza di discussione ex art. 420 C.P.C. ed emanati gli ulteriori provvedimenti del caso, anche in ordine alleventuale integrazione del contraddittorio, alla libera interrogazione delle parti e alla formulazione di una proposta transattiva, voglia accogliere le seguenti CONCLUSIONI Piaccia allIll.mo Giudice adito, contrariis rejectis, accogliendo il presente ricorso e valutando il comportamento tenuto dallAzienda Ospedaliera San Camillo Forlanini che ha resistito temerariamente alle giuste pretese avanzate dal ricorrente, rifiutando altres la soluzione offerta, pi volte, dal sindacato XXX nonch il comportamento tenuto in aperta violazione dei principi di buona fede e correttezza oltre la violazione del C.C.N.L. e dello stesso Regolamento da essa formato nonch valutata la violazione degli artt. 2087 e 2103: Accertare che la mansione di chiusura e confezionamento dei ROT determina demansionamento a carico del ricorrente e, per leffetto, disapplicare ex art. 63 D.Lgs. n. 165/2001, la circolare prot. n. 2772/IG dell08.10.2010 a firma del responsabile U.O. igiene ospedaliera dott.ssa x perch illegittima. In via istruttoria si chiede ammettersi prova per testi sui capi 3 e 7 del ricorso e sui seguenti capitoli di prova: 1) Vero che il 19 novembre 2010 il Sig. x stato minacciato dalla caposala di essere sanzionato stante il rifiuto di chiudere i ROT.. 2) Vero che la chiusura dei ROT compete agli ausiliari e che da quando stata emessa la circolare qualche ausiliario si rifiuta di chiuderli. 3) Vero che non compete agli infermieri professionali la chiusura dei ROT. 4) Vero che negli altri nosocomi romani i ROT vengono chiusi esclusivamente dagli ausiliari. Si indicano a testi: x In caso di ammissione di prove di parte resistente, si chiede di essere ammessi alla prova contraria ed alla prova diretta che si rendesse necessaria e che verr precisata a seguito della difesa di controparte. Con riserva di ogni ulteriore richiesta del caso. Con vittoria di spese, competenze, onorari e C.A. da distrarsi a favore del procuratore che si dichiara antistatario valutando, altres, ai fini della eventuale condanna alle spese ed ai fini del giudizio, come previsto dalla legge 04.11.2010 n. 183, il disinteresse e linerzia dimostrate dalla controparte alla diffida regolarmente comunicata che ha costretto il ricorrente a rivolgersi a codesto Ill.mo Tribunale, nonch la gravit delle violazioni commesse ai danni del ricorrente e precisamente: la violazione dei principi costituzionali e normativi relativi alla tutela della dignit e della libert del lavoratore, la temerariet della resistenza in giudizio, lattivit defatigatoria finalizzata a rendere difficile e impegnativo il ristoro del diritto e il perseguimento della giustizia, nonch la violazione degli artt. 1175, 1375, 2087 e 2109 C.C. e delle norme contrattuali e regolamentari. Si producono i documenti citati nel fascicolo di parte. Si dichiara che il presente atto esente dal C.U. ex art. 10 D.P.R. 30.05.2002 n. 115. Ai fini e per gli effetti degli artt. 133, co. 3, 134, co. 3 e 176 C.P.C., il sottoscritto difensore dichiara di voler ricevere tutti gli avvisi relativi alla presente causa al fax n. 0637514986. Salvis Iuribus. Roma 10.01.2011 Avv. - 19
Il San Camillo resisteva depositando una memoria difensiva fondata sulle seguenti deduzioni: 1) La richiesta di disapplicare lordine di servizio deve essere disattesa perch si tratta di una disposizione di carattere privatistico ed organizzatorio e non certo di un atto squisitamente amministrativo, per cui legittimato solo il giudice amministrativo e non certo quello ordinario; 2) non vi demansionamento infermieristico perch gli infermieri non devono confezionare i ROT sempre, ma solo quando mancano le figure di categoria A e B di cui al C.C.N.L. Sanit 1998-2001. Tanto vero che tutto il personale sanitario presente nel reparto pu chiudere i ROT (anche i medici, come riferito alla prima udienza); 3) non si vuole svilire la figura infermieristica ma si deve far fronte ad un disagio causato dalla temporanea assenza del personale OTA e OSS; 4) chiudere i ROT rientra nel profilo dellinfermiere e non discriminatoria perch non colpisce solo il ricorrente ma tutto il personale sanitario; 5) la giurisprudenza giuslavoristica sostiene che in casi di forza maggiore e in un periodo contenuto, le mansioni immediatamente inferiori sono legittime; 6) non conferente il richiamo allart. 2087 C.C. perch il demansionamento temporaneo; 7) si chiede di condannare linfermiere che ha presentato il ricorso. Lanalisi dei sei punti cardini su cui si fonda la memoria difensiva appare, ictu oculi, manifestamente contraddittoria e in conferente: prima si dice che non vi demansionamento poi si dice che la mansione richiesta appartiene allOTA e allOSS e non allinfermiere; prima si dice che la mansione inferiore temporanea e poi si dice che rientra nel profilo dellinfermiere; si afferma, per ultimo, che la giurisprudenza permette il demansionamento quando, invece, nel ricorso vengono citate decine di sentenze confutanti. Considerate le nuove eccezioni difensive presentate dal San Camillo, lavvocato dellinfermiere ha chiesto al tribunale un termine per presentare le note autorizzate ( in questo modo si possono chiarire le diverse contestazioni sollevate con la memoria difensiva e si concede, anche, la possibilit alla controparte), di replicare ulteriormente. Le note prodotte per il ricorrente sono state le seguenti: TRIBUNALE CIVILE DI ROMA R.G. n. 1628/2011 - SEZIONE LAVORO - GIUDICE DOTT. COCO Ud. 16 febbraio 2012 ore 12 Per il Sig. x, rappresentato e difeso dallAvv. x
Ricorrente - 20
NOTE AUTORIZZATE EX ART. 420, CO. VI C.P.C. Alludienza del 23.06.2011 il Giudice ha rinviato la causa alludienza del 16.02.2012 concedendo termine per note fino a 07.02.2012. LAzienda San Camillo-Forlanini ha presentato una memoria difensiva con cui solleva eccezioni profondamente viziate sia in fatto che in diritto che si confutano per i seguenti motivi. 1. Inammissibilit di disapplicazione della nota ospedaliera. Il ricorrente individua la minaccia del diritto allesercizio delle proprie mansioni proprio nella nota prot. n. 2772/IG a firma del responsabile dellunit operativa Igiene Ospedaliera che impone agli infermieri di chiudere e trasportare, ai siti di smaltimento, i contenitori contenenti i rifiuti speciali ospedalieri. Ebbene, lart. 63, D.Lgs. 30.03.2001 n. 165, devolvendo la giurisdizione in materia di pubblico impiego privatizzato, come nel caso di specie, al Giudice Ordinario del Lavoro, recita: ... ancorch vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non causa di sospensione del processo. Ebbene, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con sentenza n. 28274 del 26.11.2008, confermando la precedente resa a SS.UU. n. 9332 del 26.06.2002, attualmente univoca, precisa che: si devono richiamare i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte in tema di limiti interni dei poteri attribuiti dalle norme al privato datore di lavoro: questi limiti si configurano in presenza di disposizioni, contrattuali o normative, che dettano le regole di esercizio del potere discrezionale, sul piano sostanziale o su quello del procedimento da seguire, regole suscettibili di essere integrate e precisate dalle clausole generali che obbligano ad applicarle secondo correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.). Le Sezioni unite della Corte, del resto, enunciano il principio secondo il quale, nell'ambito del
rapporto di lavoro "privatizzato" alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Giudice (ordinario) sottopone a sindacato l'esercizio dei poteri, esercitati dall'amministrazione nella veste di datrice di lavoro, sotto il profilo dell'osservanza delle regole di correttezza e buona fede, siccome regole applicabili anche all'attivit di diritto privato alla stregua dei principi di imparzialit e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. (vedi Cass., SS.UU., 26 giugno 2002, n. 9332). Nella specie, vengono in considerazione le norme contenute nel D.Lgs. n. 165 del 2001 Le richiamate disposizioni obbligano, dunque, l'amministrazione datrice di lavoro al rispetto degli indicati criteri di massima e, necessariamente, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede, "procedimentalizzano" l'esercizio del potere di conferimento degli incarichi (obbligando a valutazioni anche comparative, a consentire forme adeguate di partecipazione ai processi decisionali, ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte). Nella prospettiva giuridica cosi ricostruita, il dispositivo della sentenza impugnata risulta conforme al diritto, essendo rimasto accertato che nessuna giustificazione l'amministrazione aveva fornito, neppure in giudizio, circa i criteri seguiti e le motivazioni della scelta di non attribuire incarico alcuno al dirigente. In questo comportamento stato correttamente ravvisato inadempimento contrattuale, produttivo di danno risarcibile (in questi termini, con riguardo a fattispecie analoga, .gi Cass. 4 aprile 3. 2008, n. 9814). Queste considerazioni sono sufficienti per rigettare il primo motivo di ricorso presentato dallamministrazione. Le SS.UU., con sentenza 16.02.2009 n. 3677, sono ritornate sullargomento cos motivando la decisione: ai sensi dellart. 63 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la tutela del lavoratore pubblico pienamente assicurata dalla disapplicazione dellatto e dagli ampi poteri riconosciuti a questultimo dalla norma citata (cfr. in tal senso Cass. 5 giugno 2006, n. 13169). Quando le controversie concernono gli atti di organizzazione del lavoro alla stre- 21
gua del privato datore, anche questi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario per cui sono passibili di disapplicazione, anche quando costituiscono provvedimenti presupposti di atti di gestione del rapporto di lavoro del pubblico
dipendente. Nel caso di specie il giudice del lavoro ha disapplicato, addirittura, la pianta organica di un Comune. Ma vi di pi! Il giudice ordinario pu disapplicare anche i decreti ministeriali - Cassazione Sezioni Unite Civili, ordinanza per regolamento di giurisdizione n. 1807/2003: Il giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, pu disapplicare gli atti amministrativi di carattere generale, se sono presupposti agli atti, organizzativi o di gestione, che hanno ingenerato la controversia di lavoro. Il giudice ordinario, infatti, ha il compito di tutelare tutti i diritti soggettivi inerenti al rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. Nella consapevolezza che, anche nelle materie riservate alla legge e sottratte alla contrattazione, le situazioni giuridiche del dipendente hanno, se inerenti al rapporto, la consistenza del diritto soggettivo. La nota n. 2772 del San Camillo un provvedimento di gestione del personale in quanto impone ad una determinata categoria una nuova mansione (prima di questa nota tale mansione veniva svolta essenzialmente dal personale ausiliario e mai dagli infermieri). Inerendo diritti soggettivi perfetti riconosciuti al ricorrente dallart. 2103 C.C. oltre che dallart. 52, D.Lgs. 30.03.2001 n. 165, che vietano lo svolgimento di mansioni inferiori ovvero mansioni attribuite al personale OTA, OSS o ausiliario in genere, la nota impugnata deve ritenersi sottoposta al regime di cui allart. 63 del D.Lgs. n. 165/01 e, quindi, disapplicabile. Probabilmente controparte confonde lannullamento dellatto amministrativo, proponibile nella giurisdizione amministrativa, con la disapplicazione dellatto amministrativo di carattere generale che, sebbene definito atto amministrativo perch presso il G.A. cos sarebbe chiamato, nel rapporto di diritto pubblico privatizzato precede latto organizzativo o di gestione. Se il giudice del lavoro pu disapplicare i decreti ministeriali o i contratti collettivi che violano le norme poste a tutela del lavoratore e i suoi fondamentali diritti come quelli in questione che, come esposto nel ricorso attengono alla dignit personale, allautostima e alleterostima della persona, alla chance ed alla carriera, allo sviluppo professionale e allaccrescimento del corredo di esperienze tecniche e lavorative acquisite nel proprio profilo funzionale, ovvero a quanto stabilito dagli artt. 2 e 41 della Costituzione, tanto pi il giudice del lavoro potr disapplicare una disposizione organizzativa che, di fatto, riduce tali potenzialit e ricchezze professionali fino a renderle inutili e umilianti, visto che chiudere un contenitore di immondizia (che sia sporco di sangue o meno non ha importanza) unattivit che pu compiere chiunque. 2. Accessoriet, strumentalit, complementariet della mansione. Se per chiudere un contenitore contenente garze sporche di sangue o siringhe indispensabile un infermiere iscritto ad un Collegio professionale (che per effetto della L. n. 43 del 2006 sar trasformato in Ordine), abilitato dallo Stato e per questo sottoposto al regime di cui allart. 2229 C.C. che definisce la professione infermieristica intellettuale e non manuale, allora anche nelle abitazioni private vietato chiudere i sacchi dellimmondizia contenenti materiale sporco di sangue o siringhe a chiunque non sia in possesso degli stessi requisiti richiesti agli infermieri. Tale assurdit sostenuta dal San Camillo porterebbe a denunciare le casalinghe per abusivismo della professione infermieristica cos come, in realt, possono essere denunciate se eseguono uniniezione intramuscolare o endovenosa. Non si capisce quale sia il discrimine tra le due attivit se per essere svolte si debba necessariamente chiamare un infermiere. Controparte, inoltre, si contraddice quando afferma che dette mansioni devono essere svolte dal personale ausiliario, OTA o OSS. Per quando questi non sono in servizio, gli infermieri devono garantire lo smaltimento dei - 22
rifiuti. Ma perch proprio gli infermieri? Il San Camillo afferma in una nota redatta successivamente allultima udienza (prot. n. 69/IG del 10.01.2012, allegata) che gli operatori che hanno prodotto il rifiuto, lo devono raccogliere e confezionare prima di essere trasportato; applicando tale sillogismo lazienda individua esclusivamente gli infermieri come produttori di rifiuti. In poche parole se linfermiere esegue uniniezione, lui deve chiudere il secchio contenente la siringa utilizzata. Ebbene, secondo tale applicazione, i chirurghi che operano e producono i rifiuti dellintervento chirurgico (bisturi, garze, tubi, telini, aghi) dovrebbero raccoglierli nel contenitore dei rifiuti speciali, chiuderli e trasportarli. Immaginiamo un famoso cardiochirurgo, che dopo aver eseguito un lungo intervento a cuore aperto, percorre i corridoi del San Camillo caricando sulle spalle i secchi dei rifiuti che lui stesso ha prodotto! Se ci non neppure immaginabile, perch, invece, facilmente immaginabile che linfermiere debba farlo? Perch il San Camillo non ha deciso di assegnare agli infermieri le proprie mansioni, ma di sfruttarli per aumentare la forza lavoro e ridurre la spesa per le retribuzioni del personale ausiliario. Non esiste altra spiegazione! Difatti la nota impugnata afferma che gli infermieri fanno le mansioni dellausiliario quando questi assente, in poche parole si legittima lingiusta locupletazione sostenendola con norme inesistenti. Infatti controparte, a sostegno della propria assurda teoria, ha citato lart. 2, lett. v) della legge n. 421/1992 affermando che le mansioni inferiori si possono fare in presenza di inderogabili esigenze funzionali. Invece la norma non dice questo, ma: v) al fine di assicurare una migliore efficienza degli uffici e delle strutture delle amministrazioni pubbliche in relazione alle rispettive inderogabili esigenze funzionali, prevedere che il personale appartenente alle qualifiche funzionali possa essere utilizzato, occasionalmente e con criteri di flessibilit, per lo svolgimento di mansioni relative a profili professionali di qualifica funzionale immediatamente inferiore. A parte che la norma ha perso la vigenza il 31.03.1997, comunque si prevedeva un demansionamento occasionale e flessibile (non come invece previsto dalla nota del San Camillo che fissa il demansionamento ogni volta che il personale ausiliario mancante ovvero tutti i pomeriggi, le notti e le feste), ma la deroga permessa solo per la qualifica funzionale immediatamente inferiore, ovvero, per linfermiere professionale, come il ricorrente, ai sensi dellart. 6 del D.P.R. n. 225/74 ammessa la deroga per lo svolgimento delle mansioni di infermiere generico che ai sensi dello stesso D.P.R. non doveva chiudere e trasportare i sacchi dei rifiuti speciali essendo tale attivit precipuamente assegnata allagente socio-sanitario e, successivamente, allOTA e allOSS. Le attivit accessorie, strumentali o complementari sono quelle connesse alla prestazione principale. Controparte, pur citando tali criteri utili a determinare se una determinata mansione o meno inferiore, omette di indicarne la fonte legislativa. Ebbene, la normativa che introduce questi criteri contenuta nel D.Lgs. n. 29 del 03 febbraio 1993 (abrogato), integrato con le modifiche apportate dai decreti legislativi n. 470 del 10 novembre 1993 e n. 546 del 23 dicembre 1993, dove allart. 56, co. 1 prevedeva: Mansioni -Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza, nelle quali rientra comunque lo svolgimento di compiti complementari e strumentali al perseguimento degli obiettivi di lavoro. Cos anche lart. 14 del D.P.R. 16.10.1979 n. 509. Quindi rimane fermo il principio sancito dal primo comma dellart. 2103 C.C. che permette lo svolgimento di quelle attivit che sono preparatorie e terminali ala prestazione principale. Per esempio, attivit complementare preparatoria la preparazione di un campetto sterile per leffettuazione di una medicazione chirurgica (prestazione principale) e lo smaltimento del campetto, inteso come il gettare i rifiuti negli appositi contenitori attivit complementare terminale. Ma estendere tale attivit complementare al confezionamento del sacco dei rifiuti e al suo trasporto, significherebbe allungare illogicamente (senza nesso - 23
causale) lattivit collegata alla prestazione principale. Esagerando si potrebbe pure sostenere che guidare il camion che trasporta i rifiuti speciali unattivit complementare dellinfermiere perch dopo aver raccolto i rifiuti, questi devono anche essere trasportati fino al centro di termodistruzione. Il Prof. Mauro Di Fresco, anchegli infermiere, consulente legale del sindacato degli Infermieri, docente universitario della laurea specialistica infermieristica e dei masters, relatore d diritto sanitario in numerosi convegni organizzati dalla Camera dei deputati, responsabile del settore sanitario della rivista giuridica www.studiocataldi.it e membro del Comitato per il Fenomeno del Mobbing presso lUniversit di Roma "Sapienza", escusso sui fatti in ricorso, ha dichiarato: Gli infermieri non devono chiudere i ROT negli altri ospedali i ROT vengono chiusi dagli ausiliari al Policlinico di Roma gli infermieri non li hanno mai chiusi. Per il Prof. Mauro Di Fresco far chiudere i ROT agli infermieri unassurdit. Del resto, controparte, non ha neppure spiegato per quale motivo gli ausiliari non sono previsti nelle turnazioni H24, come gli infermieri, visto che a pagina 6 della memoria, spiegano che indispensabile, per motivi di igiene, chiudere i ROT. Se la chiusura e lo smaltimento dei rifiuti condizione indispensabile per garantire la sicurezza igienica e la salute dei pazienti, allora non si comprende perch in certi reparti, come quello in cui lavora il ricorrente, non sono previsti gli ausiliari. La legge non vieta di organizzare il lavoro prevedendo il personale ausiliario, anzi. Se lorganico inadeguato e il dipendente obbligato, anche di fatto, a svolgere mansioni non attinenti al proprio profilo funzionale, ha diritto al risarcimento per lesione della dignit professionale in quanto deve sopperire ad un gravoso ed improprio cumulo di mansioni. Ne consegue che ha diritto al risarcimento valutato in via equitativa ex art. 1226 C.C.. Tribunale Civile di Milano, Sezione Lavoro n. 2908 del 29.12.99, Est. Peragallo. Lorganico del personale deve essere ade-guato alle normali esigenze aziendali af-finch di dipendenti in servizio non siano sottoposti ad abnormi prestazioni lavora-tive che esulino dalle proprie competenze. - Cassazione, Sezione Lavoro, n. 1307 del 5 febbraio 2000. Il D.Lgs. 26.11.1999 n. 532, art. 17, co. 2 e la L. 05.02.1999 n. 25, art. 11, comma 1, prescrivono che: Durante il lavoro notturno il datore di lavoro assicura un livello di servizi equi-valente a quello previsto per il turno diurno. Cos anche il D.Lgs. 08.04.2003, n. 66, allart. 14, co. 2: Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali, un livello di ser-vizi o di mezzi di prevenzione o di prote-zione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno. Non vi dubbio che la nota impugnata evidentemente discriminatoria e demansionante per cui da ritenersi illegittima e, quindi, disapplicabile perch viola gravemente i diritti posti a tutela della dignit e della libera manifestazione della personalit sul posto d lavoro, minando lautostima e letero stima del ricorrente che ha studiato, conseguito un titolo, sostenuto un esame di abilitazione, iscritto allalbo professionale e vinto un concorso per svolgere, con competenza e responsabilit, le proprie mansioni e non certo quelle degli altri. 3. Inconferenza della giurisprudenza citata. Controparte, a sostegno delle propria tesi, cita Cass. n. 16106/2001 che anzich legittimare il demansionamento, lo autorizza solo in caso di licenziamento per ristrutturazione aziendale, ma non nel pubblico impiego dove tale regola giurisprudenziale vietata. Poi cita (sempre a pagina 6) Cass. n. 6714 del 2003 che, invece di sostenere il demansionamento, lo vieta. Infatti la sentenza afferma che le attivit complementari alla prestazione principale sono legittime a meno che non rientrino in una qualifica meno elevata. E questo proprio il caso di specie perch il Sig. XXX collocato in posizione superiore rispetto allOTA o allOSS o allausiliario a cui, specificamente, spetta la chiusura del contenitori dei rifiuti e il loro smaltimento, cos come stato satisfattivamente dimostrato in ricorso a pagina 5 e 6 (D.P.R. n. 384/90 e allegato 1 Accordo Stato Regioni 22.02.2001). - 24
4. Inconferenza della tutela ex art. 2087 C.C.. Controparte sostiene a pag. 8 che deve tutelare lintegrit psico-fisica degli ausiliari, ma nulla dice sulla salute degli infermieri. In poche parole linfermiere che si infettasse chiudendo i ROT sacrificabile anche se non spetta a lui svolgere detta attivit. Viceversa lausiliario deve essere tutelato anche se tale attivit di sua competenza. Il San Camillo ha una visione un po distorta delle funzioni dellart. 2087 e dellart. 2103. In verit se un infermiere si infortunasse chiudendo i ROT, non verrebbe indennizzato dallINAIL in quanto levento non si realizzato in occasione di lavoro, essendo tale mansione del tutto estranea a quella dellinfermiere. Diversamente lausiliario verrebbe indennizzato in quanto avrebbe svolto una propria mansione. Si producono le sentenze citate e la nota n. 69 del 10.01.2012. Ai sensi del D.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore della presente causa inferiore ad euro 1.100,00 e il ricorrente ha denunciato nel modello 740/2011 un reddito di euro 30.669,00 ovvero inferiore ad euro 31.884,48 fissato dalla legge, per cui esente dal contributo unificato. Si insiste, pertanto, nell'accoglimento del ricorso. Salvis Juribus. Roma 03.02.2012 Avv. Seguivano le note di controparte sui seguenti motivi: 1) Si insiste sullistanza di disapplicativit perch non compete al giudice ordinario; 2) considerato che linfermiere segue un percorso universitario ed un laureato esperto nelligiene e nella sicurezza in ambito sanitario, naturale che debba verificare lesatta chiusura dei ROT e che debba sapere quale procedura seguire per chiudere i ROT in piena sicurezza; 3) la chiusura dei ROT rientra nellambito delle responsabilit e competenze dellinfermiere professionale perch attiene ad un aspetto igienico sanitario del reparto ospedaliero in cui presta servizio; 4) si insiste nella condanna dellinfermiere. Conclusa listruzione e la discussione, il tribunale si ritirato in camera di consiglio e, successivamente, ha emesso la sentenza, accogliendo in toto quanto dedotto dallinfermiere. Lultima sentenza sul demansionamento infermieristico risale al 1985 (n. 1078) e questa, appena pubblicata, riconferma i concetti di intellettualit della professione infermieristica. - Roma 10.03.2012 - 25
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