Sanniti Contro Romani - Le Guerre Sanniti - Per
Sanniti Contro Romani - Le Guerre Sanniti - Per
Sanniti Contro Romani - Le Guerre Sanniti - Per
sannioimprese.it Archive Like & Archive Like La storia dei Sanniti I Sanniti furono un antico popolo italico stanziato in un territorio, detto Sannio, corrispondente agli attuali territori della Campania, dellalta Puglia, del Molise, del basso Abruzzo, e dellalta Lucania (Basilicata). Parlavano la lingua osca, una lingua indoeuropea del gruppo italico.
Le loro attivit economiche ruotavano principalmente intorno alla caccia, alla pastorizia e al commercio, ma sappiamo che anche la guerra era una attivit molto importante, tanto che i sanniti vennero spesso scelti come mercenari poich ritenuti combattenti di grande valore. Lorganizzazione e laddestramento militare era particolarmente curato: di fatto alcune innovazioni come lo scudo quadrato e la disposizione a scacchiera delle truppe sul campo di battaglia, furono introdotte originariamente dai sanniti e solo successivamente adottate anche dagli eserciti avversari. Recenti studi mostrano in realt anche una societ civile molto pi avanzata di quanto si pensasse: lo stato era organizzato in una forma repubblicano-confederata tra i vari gruppi, ed esistevano figure come quella di questore e magistrato a cui probabilmente gli stessi romani si ispirarono. Il territorio occupato dalla loro confederazione si espanse progressivamente, ma giunti a toccare il basso Lazio e la zona di Napoli dovettero confrontarsi con i Romani, con i quali stipularono in primo
luogo un patto di amicizia nel 354 a.C., ma 11 anni dopo (343 A.C.) la citt etrusca di Capua, sentendosi minacciata dai Sanniti chiese aiuto al Senato di Roma, etrusca per met. Il Senato accett la richiesta e i Sanniti vennero a scontrarsi duramente con gli stessi romani, in una lotta (le cosiddette tre guerre sannitiche che tanto rilievo hanno nella storiografia romana) durata ben tre secoli. Sconfissero i romani soltanto nel secondo dei tre conflitti, costringendo lesercito a sfilare disarmato sotto ad un giogo formato da tre lance incrociate dette forche caudine. (Battaglia delle Forche Caudine).
Alla fine, nel 290 a.C. furono sconfitti e integrati forzatamente nel sistema capitolino anche mediante deportazioni di massa e distruzioni di interi villaggi. Prova di questa integrazione linserimento di sanniti nella classe dirigente romana: uno dei pi famosi fu, probabilmente, Ponzio Pilato, Prefetto della Giudea ai tempi di Cristo. Tuttavia ci avvenne molto lentamente, poich essi conservarono sempre una fiera ostilit nei confronti del dominio romano e non persero occasione di dimostrare il loro spirito di rivolta nei confronti degli oppressori: appoggiarono le guerre di Pirro, lavanzata di Annibale, fino ricomparire sulla scena politica con Spartaco nel 71 a.C. e con Catilina nel 63 a.C. Soltanto a distanza di qualche secolo si ottenne una relativa pacificazione poich i romani, per garantire la stabilit dei territori assoggettati nonch una valvola di sfogo contro ulteriori ribellioni, concessero lentamente la cittadinanza a tutte le popolazioni italiche.
Praticavano lotte rituali di tipo gladiatorio e secondo alcuni fonti che questa usanza fu esportata a Roma proprio dai Sanniti e non dagli Etruschi, come altri ritengono; un particolare tipo di gladiatore era detto appunto Sannita. Daltronde, molti fra i pi rinomati gladiatori provenivano proprio dal Sannio e dalla Marsica. I Sanniti furono, insieme ad Annibale, le uniche figure storiche che misero realmente in dubbio il cammino romano verso la costruzione dellimpero. !! Allorigine dei popoli che in epoca storica si trovavano insediati nellItalia centro-meridionale sono le migrazioni. La tradizione, riferita dagli scrittori antichi, vuole che i Sabini, situati nel cuore dellItalia centrale, praticassero il ver sacrum (lo primavera sacra), la cui descrizione ci pervenuta da Strabone, da Festo e da altri autori antichi: i Sabini, in momenti di pericoli o di calamit naturali, quali guerre, epidemie, carestie, solevano dedicare al dio Marte tutto ci che nasceva nella successiva primavera; i bambini nati in tale periodo non venivano immolati, ma allevati come sacrati (consacrati) e, raggiunta lo maggiore et, dovevano lasciare la loro trib alla ricerca di nuove terre guidati da un animale sacro, stabilendosi nel luogo che si pensava lanimale avesse indicato. I primi sacrati, secondo la tradizione, erano capeggiati da Comio Castronio e partirono in settemila verso il sud sotto la guida di un bue. Il luogo prescelto da questi divenne poi la culla della loro nazione e dal bue prese il nome di Bojano. Sono questi i futuri Sanniti. Questa tradizione, che presenta varianti non sostanziali tra le varie versioni, avvalora lo tesi secondo cui quei popoli che oggi vengono definiti umbro-sabellici e che si estendevano in tutta la zona medio-adriatica, da mare a mare in corrispondenza dello Campania e a sud fino alle aree interne della Calabria, discendevano dallo stesso ceppo, quello umbro-sabino, alcuni in forma diretta, come i Sanniti, altri in forma indiretta. Questi popoli, a riprova della comune discendenza, parlavano variet dialettali dello stessa famiglia linguistica, quella italica o osco-umbra. Dalla tradizione del ver sacrum si pu anche ricavare che tali movimenti avessero sia una funzione rituale ed espiatoria, in rapporto allevento al quale si doveva far fronte, sia una motivazione socio-economico dovuta allo sovrappolazione e al bisogno di nuove terre.
probabile che tale pratica fosse in qualche modo legata allo spostamento stagionale delle greggi transumanti. Si pu ipotizzare anche che le primavere sacre iniziate forse gi nellet del bronzo nellambito delle comunit di pastori-guerrieri dellAppennino, si siano protratte per centinaia di anni e che abbiano costituito una forma pacifica di assestamento dei popoli in ambiti territoriali sempre pi definiti. Riti molti simili a quelli delle primavere sacre non erano solo dei Sabini delle epoche pre-protostoriche, ma venivano praticati anche in epoca storica presso i Celti della Gallia Cisalpina e talvolta presso gli stessi Romani. ! Abbiamo gi visto che i Sanniti erano riuniti in quattro trib ognuna delle quali veniva detta Touto. Ogni Touto era composto da vari centri abitati e veniva governato dal Meddix tuticus, il quale aveva il compito di amministrare la legge, lesercito ed aveva un ruolo nella religione ufficiale. Convocava e presiedeva le riunioni del consiglio e dellassemblea e veniva eletto democraticamente dai cittadini. Lunit politica al di sotto del Touto era il Pagus, ovvero un distretto composto da vari centri abitati. E probabile che ciascun pagus fosse governato da un meddix minor, subordinato al meddix che governava il Touto. Il pagus si occupava di questioni sociali, agricole e soprattutto religiose. I suoi membri si riunivano in assemblea dove approvavano leggi locali ed eleggevano i propri rappresentanti nel consiglio del touto. La citt ubicata in pianura si chiamava vicus (plurale vici) mentre quella delle zone montagnose oppidum (plurale oppia) ed era quasi sempre fortificata. Trebula fu un oppidum appartenente al Touto dei Caudini. Gli altri tre touti erano quello degli Irpini, dei Carricini e dei Pentri. Alla fine del IV secolo a.C. e allinizio del III i Sanniti dovettero affrontare la seria minaccia delle mire espansionistiche dei Romani. I vari Touti si organizzarono tra loro e formarono la Lega Sannitica. Era unentit governativa e militare solidamente unita nella ferma determinazione di tenere testa a Roma fino alla fine. I Romani riuscirono ad attrarre dalla loro parte i Campani (abitanti del territorio di Capua), gli Apuli(abitanti della Puglia) e i Lucani ma non riuscirono a convincere uno solo dei membri della lega sannitica a schierarsi al loro fianco contro gli altri. I dati ricavabili dalle fonti letterarie ed epigrafiche documentano una sostanziale e continuativa presenza delle pi illustri gentes (famiglie) del Sannio allinterno della sfera politica e sociale, nel periodo compreso fra le guerre sannitiche e il bellum sociale. Queste famiglie esercitavano una sorta di monopolio nella gestione delle cariche politiche e sacerdotali. Una delle gens pi nobili del Sannio caudino fu quella dei Pontii. Tra i personaggi pi illustri di tale ceppo possiamo ricordare Herrennius Pontius, padre di Gavius Pontius cio il vincitore della battaglia delle Forche Caudine. Anche il trebulano Lucius Pontius (Lucio Ponzio), a cui Cicerone rendeva visita a Trebula, apparteneva alla gens dei Pontii. Nelle zone del Sannio annesse e controllate da Roma spesso si instaurava un saldo rapporto tra le gentes sannite e quelle di Roma. In tal modo i Romani si assicuravano un pi saldo controllo dei territori assoggettati. Fino a che le gentes sannite ricevevano favori da quelle romane il sentimento antiromano dei Sanniti rimase placato. Questa intesa venne meno dopo la sconfitta di Canne in quanto si registr una spaccatura tra fazioni filoromane e filocartaginesi. ! Lattivit economica pi redditizia era rappresentata dallagricoltura, dallallevamento del bestiame e dalla lavorazione dei prodotti che da esso direttamente derivavano, come la lana, le pelli e i prodotti caseari, che avevano un affermato mercato nei territori campani e pugliesi. Essi costituivano merce di scambio per tutti gli altri articoli che non si producevano sul posto e che venivano importati. Il contatto dei Sanniti con la Campania ne miglior lattivit commerciale e lo sviluppo culturale, mentre la civilt greca ne influenz la religione. Trebula, come tutte le zone periferiche del Sannio a contatto con i Campani, dovette sviluppare prima delle guerre sannitiche uneconomia che andava oltre quella di pura sussistenza. Gli scrittori antichi parlano, infatti, di colture estensive e specializzate e, in particolare, lodano la produzione di olio e di olive a Venafrum (Venafro) e dei celeberrimi vini di Trebula Balliensis e la fertilit del suolo del territorio di Allifae. Dunque, la condizione di relativo benessere del territorio trebulano si fondava su attivit agricole (e, forse, artigianali) specializzate e sul commercio con le realt circostanti. Tra le specie coltivate sono presenti soprattutto cereali, legumi, vite, olivo e frutta che
costituivano, del resto, la base alimentare dei Sanniti. Per quanto riguarda gli animali allevati, i pi diffusi erano gli ovini e i caprini, per i prodotti da essi ricavabili (latte, lana). Venivano allevati anche i bovini, per il loro impiego come animali di lavoro, ma anche da sacrificio (specie i vitelli). ! Sia il clima che la diffusione della pastorizia imponeva luso di indumenti di lana che venivano lavorati dalle donne con il fuso e poi colorati e venduti. Gli ornamenti che usavano i Sanniti erano solitamente di bronzo, qualche volta doro o dargento. La donna portava anelli, collane girocollo e bracciali; alcuni bracciali erano a spirale e terminavano con una testa di serpente, come testimoniano i ritrovamenti in molte tombe sannite. Luomo indossava dei bracciali con varie raffigurazioni, come animali o forme geometriche; portava una corta capigliatura e barba ed usava delle larghe tuniche strette alla vita da un cinturone di metallo o di cuoio duro. Il cinturone era il segno che luomo aveva raggiunto la maggiore et ed era pronto a combattere per la difesa del suo territorio. I Sanniti erano infatti ottimi guerrieri e usavano dimostrare la loro baldanza fisica attraverso giochi di combattimento che avvenivano non solo durante feste e banchetti, ma anche in occasione di riti funebri di personaggi importanti, come poteva essere il meddix; la lotta finiva con la messa a terra dellavversario; a volte questi giochi servivano anche a scegliere i giovani pi forti da far maritare alle fanciulle pi graziose. ! La lingua dei Sanniti era losco, termine che deriva da Osci, il popolo che ha preceduto i Sanniti nellItalia centro-meridionale. Era una lingua autonoma, abbastanza diffusa tanto da essere capita sia dai Sanniti come dai Lucani e dai Mamertini che la diffusero anche nel nord della Sicilia, terra ove erano stanziati i Greci. La grammatica osca somiglia a quella latina ma le due lingue si differenziano nettamente per il suono delle parole e per lortografia. Purtroppo, a parte alcune epigrafi, non ci sono pervenuti testi di letteratura osca ma solo frammenti e testimonianze da parte dei letterati romani. ! Il defunto veniva sepolto in posizione supina e, spesso, su di esso veniva deposto del cibo che simboleggiava lultimo pasto. Veniva deposto anche del vasellame, in quantit e qualit variabile a seconda dello status sociale del defunto. Tra il V e il III sec. a.C. le tombe erano semplicemente delle fosse di terra con poste ai lati delle spallette di tufo e ricoperte in genere con due pietre tombali di tufo. Successivamente iniziarono a impiegarsi tegole e tegoloni per il rivestimento e la copertura della fossa. Per il posizionamento del defunto venivano utilizzati sarcofagi o casse di legno, come testimoniano alcuni chiodi ritrovati in varie tombe. Spesso, le tombe avevano una disposizione tale che i piedi del defunto erano orientati in direzione est - ovest. Dagli esami condotti sugli scheletri di numerose tombe sannitiche si potuto capire che le condizioni di vita di allora erano piuttosto difficili, visto che let media superava di poco i quarantanni. Nelle tombe maschili possibile ritrovare uno o due cinturoni a testimonianza dello status sociale di guerriero oppure vari tipi di arma tra cui spicca la cuspide di lancia. Caratteristica la presenza del cratere, posta ai piedi del defunto, maschio o femmina che sia. Spesso, nelle tombe femminili, sono presenti fibule in ferro, in bronzo o in argento, oppure oggetti di arredo personale, come gli anelli e arnesi per la lavorazione della lana. Le ceramiche utilizzate nelle tombe del IV e III secolo a.C. venivano importate in gran parte dalla Campania, le pi diffuse erano quelle di bucchero nero e rosso e non raro che esse venissero prodotte nella stessa zona di utilizzo, come dimostrano diverse fornaci rinvenute nel territorio sannitico. Alcune di queste fornaci sono state rinvenute a Treglia, alle pendici del monte Castello. Esse sono di pianta circolare del diametro di circa 4m, dotate di un ampio praefornium. Dunque, la presenza di tali fornaci, dimostra che i Trebulani producevano in loco i vari tipi di vasellame che serviva per il corredo funerario, per i riti religiosi e come utensili domestici. ! Il defunto veniva sepolto in posizione supina e, spesso, su di esso veniva deposto del cibo che simboleggiava lultimo pasto. Veniva deposto anche del vasellame, in quantit e qualit variabile a seconda dello status sociale del defunto. Tra il V e il III sec. a.C. le tombe erano semplicemente delle fosse di terra con poste ai lati delle spallette di tufo e ricoperte in genere con due pietre tombali di tufo. Successivamente iniziarono a impiegarsi tegole e tegoloni per il rivestimento e la
copertura della fossa. Per il posizionamento del defunto venivano utilizzati sarcofagi o casse di legno, come testimoniano alcuni chiodi ritrovati in varie tombe. Spesso, le tombe avevano una disposizione tale che i piedi del defunto erano orientati in direzione est - ovest. Dagli esami condotti sugli scheletri di numerose tombe sannitiche si potuto capire che le condizioni di vita di allora erano piuttosto difficili, visto che let media superava di poco i quarantanni. Nelle tombe maschili possibile ritrovare uno o due cinturoni a testimonianza dello status sociale di guerriero oppure vari tipi di arma tra cui spicca la cuspide di lancia. Caratteristica la presenza del cratere, posta ai piedi del defunto, maschio o femmina che sia. Spesso, nelle tombe femminili, sono presenti fibule in ferro, in bronzo o in argento, oppure oggetti di arredo personale, come gli anelli e arnesi per la lavorazione della lana. Le ceramiche utilizzate nelle tombe del IV e III secolo a.C. venivano importate in gran parte dalla Campania, le pi diffuse erano quelle di bucchero nero e rosso e non raro che esse venissero prodotte nella stessa zona di utilizzo, come dimostrano diverse fornaci rinvenute nel territorio sannitico. Alcune di queste fornaci sono state rinvenute a Treglia, alle pendici del monte Castello. Esse sono di pianta circolare del diametro di circa 4m, dotate di un ampio praefornium. Dunque, la presenza di tali fornaci, dimostra che i Trebulani producevano in loco i vari tipi di vasellame che serviva per il corredo funerario, per i riti religiosi e come utensili domestici. ! Prima della guerra sociale gli stati del Sannio non coniarono n emisero moneta. In realt alcune citt sannite emisero moneta ma lo fecero quando ormai non facevano pi parte del Sannio in quanto vinte e sottomesse da Roma. Cos Allifae e Fistelia nel IV sec. a.C. coniarono monete dargento, mentre nel III sec. a.C. Aquilonia, Cubulteria e forse Venafrum, Caiatia e Telesia ne coniarono di bronzo. Le scritte sulle monete di Allifae e Fistelia sono pi spesso greche che osche, e ci sufficiente a dimostrare la loro provenienza dalla Campania pi che dal Sannio. Evidentemente le monete venivano usate nel commercio con la Campania e quindi dovevano circolare in tale regione, e non negli altipiani del Sannio. Le monete di Cubulteria recano incisioni simili a quelle di Napoli e addirittura lo stesso marchio della zecca che compare anche su monete di Aesernia, Cales, Suessa Aurunca e Teanum Sidicinum; questo lascia supporre che le citt che erano state sannite dovevano aver formato, con il consenso se non addirittura con lincoraggiamento dei Romani, una salda lega monetaria con le citt immediatamente a ovest del Sannio. Quando scoppi la guerra sociale(91-87 a.C.), gli alleati di Roma insorti coniarono le loro monete; alcune di esse recavano iscrizioni latine, altre osche, altre erano un ibrido tra latino e osco. Sul rovescio di alcune monete erano raffigurati dei guerrieri in atto di prestare giuramento di lealt su un maialino sacrificale. Tale scena aveva valore di propaganda politica: la raffigurazione di popoli diversi in atto di stringere un patto comune poteva aiutare a sottolineare laspetto federativo del movimento degli insorti. Tali monete recavano il nome Italia (latino) o Vitelio (osco), invece di Roma, ovviamente per sottolineare il contrasto tra la natura federale della loro organizzazione e la dominazione esercitata da Roma. Un altro aspetto propagandistico riguarda alcuni esemplari di monete in cui raffigurato un toro italico (sannita?) nellatto di incornare o calpestare una lupa romana. Tutte queste monete appartenevano alla federazione degli Italici e non devono quindi essere intese come puramente sannite; le uniche monete sannite dovettero essere emesse solo negli anni 89-87 a.C. quando, dopo il crollo di tutti gli Italici insorti, i Sanniti erano praticamente rimasti da soli a combattere contro Roma. Tra tali monete da inquadrare sicuramente una in osco che reca orgogliosamente la scritta Safinim (lequivalente osco di Samnium). Comunque, la generale scarsit di monete ritrovate in tutta larea sannitica fa pensare che i Sanniti, nei loro scambi commerciali, dovessero usare massicciamente un sistema di baratto o forse dei lingotti. Questo non desta perplessit se si pensa che Cartagine, uno dei grandi stati commerciali dellantichit, fece per lungo tempo un uso molto ristretto di monete, e i Romani non cominciarono ad emetterne se non dopo il 300 a.C. Per tutto il III secolo a.C. non conosciamo altra emissione della comunit dei Sanniti Pentri, ad eccezione di una discussa serie in bronzo con legenda in osco Akudunniad, interpretata come Aquilonia. Di centri chiamati Aquilonia in area sannitica la tradizione letteraria ne tramanda due: uno in Irpinia, lodierna Lacedonia, laltro nella
regione dei Pentri riconosciuto da pi studiosi nellabitato rinvenuto a Monte Vairano. Le monete di Aquilonia hanno al dritto una testa di Atena con elmo corinzio e al rovescio un guerriero in piedi con la patera nella mano, in atto di svolgere un sacrificio. La testa di Atena con capelli raccolti sulla nuca e con lo stesso tipo di elmo crestato ricorre di frequente sulle monetazioni della prima met del III secolo delle colonie latine o dei centri alleati di Roma (Alba Fucens, Aquino, Telesia, Venafro, Cales, Suessa, Teano, Caiatia, e sul versante orientale Larino, Azetium, Butuntum, Caelia, Teate, Venusia, Luceria), pi originale limmagine del guerriero. E su di essa, infatti, si fermata lattenzione dei numismatici del secolo scorso che hanno proposto di riconoscere nel soldato uno dei militi della celebre legio linteata, composta da truppe scelte della mobilitazione generale seguita alla sconfitta di Sentino che fece confluire ad Aquilonia pentra quarantamila armati per ricomporre lesercito: da ci scaturisce lipotesi (a mio parere assai improbabile) che sia unemissione prodotta nel 293, in occasione della raccolta degli eserciti. Difficilmente la moneta si ricollega alle vicende della narrazione liviana; tra laltro per il tipo del diritto e per il peso i bronzi di Aquilonia si collocano intorno al secondo venticinquennio del III secolo a.C. e si inquadrano, dunque, in orbita romana ne pi ne meno di quelli delle colonie latine, prodotti da una comunit ormai totalmente ridotta allalleanza (ipotesi questa gi ventilata dal Salmon). Adriano La Regina ritiene invece che Aquilonia possa aver coniato moneta esclusivamente per motivi di mero prestigio a imitazione delle citt campane in virt del suo ruolo di capitale dello Stato sannitico, posizione che la citt avrebbe assunta nei primi anni del III secolo a.C., prima che il capoluogo politico, sede del senato, divenisse Bovianum la cui ripresa fu favorita dalla realizzazione della strada di collegamento tra le due colonie di Beneventum e di Aesernia. Resterebbe da chiedersi, se cos fosse, come mai in un touto come quello pentro, si ritrovi una moneta con il nome di un singolo centro. I bronzi di Aquilonia presentano le medesime caratteristiche di altre due comunit sannitiche alleate di Roma, quella dei Frentani e di una serie di Larino con la legenda osca, emesse anchesse nel secondo venticinquennio del III secolo a.C. Dunque essi si inseriscono meglio, a mio parere, tra le emissioni dei centri sanniti sottomessi a Roma: Aquilonia pu aver coniato allo stesso titolo di comunit come Caiatia Venafro e Telesia (che peraltro ebbero gli stessi tipi dei bronzi di Teano, Cales, Suessa : testa di Atena con elmo corinzio/Gallo). Si tratta di centri separati dal Sannio negli anni dopo Sentino, ubicati nella fascia nord-occidentale della regione pentra, in quellarea definita dal Salmon una zona cuscinetto tra il territorio romano e quello sannita. Una collocazione di Aquilonia in tale zona, come ha proposto Capini (e non a Monte Vairano), non sarebbe in contrasto con il quadro che emerge dallevidenza numismatica. I bronzi di Aquilonia ebbero una circolazione locale, ne sono noti esemplari da Agnone e da Carife, e lo stesso peso di quelli delle citt campane (circa 6-7 grammi). Essi presentano le medesime caratteristiche delle monetazioni di altre due comunit sannite, quella dei Frentani e di una serie di Larino con la legenda osca, emesse anchesse nei decenni centrali del III secolo a.C. Sono elementi che lasciano intuire per queste emissioni sannitiche in bronzo la stessa funzione: si tratta di nominali di basso valore, mezzo di uno scambio limitato sostanzialmente allarea geografica di appartenenza. I Sanniti Pentri, se anche Aquilonia emise moneta quando era ormai una delle citt controllate da Roma, non ebbero una produzione monetale autonoma. Passando allaltro campo di indagine, quello della presenza di moneta estera nel Sannio, riscontriamo una conferma a quanto emerge dai dati relativi alla produzione monetale: la data iniziale di arrivo nel Sannio di un cospicuo quantitativo di moneta non risale oltre i decenni intorno alla met del III secolo a.C. La presenza di moneta estera di IV secolo non sembra particolarmente significativa: in molti casi sono esemplari ancora in circolazione nel III secolo a.C., rinvenuti per lo pi in contesti votivi (nel santuario della Mefite nella valle di Ansanto, a Pietrabbondante, a Campochiaro, a Campo Laurelli) e anche il tesoretto ritrovato a Morcone e quello di Benevento, che pure contiene monete del IV a.C., forse
sono stati seppelliti in quegli anni. I rinvenimenti monetari si infittiscono piuttosto nel secondo quarto del III secolo a.C.: predominano (come del resto in tutta lItalia centro-meridionale) le monete di Neapolis e dei centri campani, attestate a Pietrabbondante, a Isernia, S. Giovanni in Galdo, Campochiaro, Monte Vairano. La presenza di moneta napoletana e dei centri campani deve essere stata motivo di stimolo per le emissioni dei Frentani, di Larino, di Aquilonia che furono per, come si visto, assai limitate proprio per la natura degli scambi che si svolgevano in territorio sannita. Altre emissioni di pieno III secolo documentate in Sannio sono quelle delle zecche apule di Arpi, Luceria, Salapia e Teate, di Paestum, di zecche siciliane, come Siracusa e Messana: pochi esemplari per ciascuno dei centri citati, la cui presenza piuttosto comune nei depositi votivi dei santuari italici. Nella seconda met del III secolo a.C. il ruolo in precedenza svolto dalla moneta napoletana fu assunto da quella di Roma, che and sostituendosi dappertutto alle superstiti coniazioni autonome. Le prime monete romane giunte nel Sannio sono le cd. romano-campane del tesoretto di Benevento e quelle di Campochiaro, i bronzi fusi di Gildone, i bronzi coniati e fusi rinvenuti a Pietrabbondante, a Carife, ad Isernia, in area irpina nel santuario della valle di Ansanto.Pi articolato e differenziato il quadro delle presenze monetali di II secolo a.C.: le monete di Roma (denari e vittoriati in argento e moneta divisionale in bronzo) divenute lunico consistente mezzo monetario circolante in tutta la penisola, sono ovviamente presenti anche nel Sannio. Ma accanto ad esse, sporadici ritrovamenti di moneta straniera attestano contatti con lesterno, da una parte con laltra sponda dellAdriatico e oltre, dallaltra con la Spagna meridionale. Paradigmatica, in questo senso, la documentazione di Monte Vairano, ben illustrata da G. De Benedittis. Qui sono state ritrovate due monete di Pharos, centro situato sulla costa slava, una di Apollonia, citt greca nellattuale Albania, una della lega epirota, una di Taso, isola dellEgeo, un bronzetto di Ebusus, lodierna Ibiza. Questultima monetina non isolata nel Sannio, altre sono state trovate a Pietrabbondante e a Campochiaro; ma larea nella quale esse sono maggiormente attestate quella della Campania meridionale, tra Pompei e Sorrento. La presenza di moneta straniera si ricollega ai traffici che si svolsero in tutto il Mediterraneo dopo la seconda guerra punica ad opera dei negotiatores italici, famiglie emergenti soprattutto della Campania costiera e di Capua, ma a quanto pare anche del Sannio, i cui nomi sono attestati peraltro tra quelli dei residenti a Delo, lisola greca al centro dei commerci mediterranei. In questo senso le poche monete straniere che documentano lo spostamento di uomini nelle due direttrici di traffico indicate, tra Occidente e Oriente, insieme con la cospicua presenza di anfore rodie e quella meno abbondante di ceramica iberica e di anfore puniche, possono considerarsi una traccia dei flussi commerciali che investirono pur se parzialmente la regione pentra causando certamente anche qui delle forti differenziazioni nellambito del corpo sociale. Pi volte stato segnalato che sappiamo troppo poco della realt economica nel II secolo di questa regione, ancora vincolata a modi di produzione sostanzialmente di tipo agro-pastorale; certo per la mancanza di emissioni monetali proprie non pu essere considerata come prova dellassenza di forze economiche in grado di inserirsi in un mercato pi vasto di quello locale. I traffici internazionali non presuppongono necessariamente luso di moneta prodotta dalle comunit interessate e meno che mai in questepoca quando le uniche monete di un certo valore circolanti nella penisola furono quelle romane, essendo state interrotte fin dalla seconda met del III secolo a.C. le superstiti emissioni in argento delle citt magno-greche. Molti altri indizi di natura letteraria e epigrafica mostrano invece come dalla prima guerra punica, e soprattutto dopo la guerra annibalica, in Sannio si verificarono situazioni di accumulo di notevoli ricchezze da parte di esponenti delle gentes locali: il caso dei Decitii, degli Staii, degli Egnatii, membri di aristocrazie arricchitesi per lo sviluppo delle attivit produttive tradizionali collegate al bestiame e alla vendita di prodotti dellallevamento e dellagricoltura. Il formarsi di elites sannitiche legate da rapporti clientelari a importanti famiglie romane, attive nei commerci regionali, ma anche presenti nella rete dei
traffici internazionali, lo sviluppo del latifondo e del lavoro servile, lacuirsi di una situazione sempre pi precaria delle fasce economicamente pi depresse generarono la crisi sfociata poi allinizio del secolo successivo nella guerra sociale. Il conflitto, al quale parteciparono i Sanniti accanto agli altri popoli italici, scoppi per la richiesta di ottenere la cittadinanza romana, che significava condividere i vantaggi dellalleanza con Roma e non solo sostenerne il peso. In questa occasione gli Italici insorti coniarono una gran quantitativo di moneta in argento, non - come pure stato suggerito - per affermare le loro capacit commerciali in contrapposizione a quelle romane, ma per finanziare le enormi spese di guerra. Le monete del Bellum Sociale sono denari in argento, cio il nominale tipico di Roma comunemente utilizzato in gran parte della penisola, ma presentano la legenda ITALIA in latino o VITELIV in osco e riproducono, ad eccezione di una prima serie che del tutto simile ai denari di Roma, immagini fortemente propagandistiche, esaltanti laccordo raggiunto tra i vari popoli o la virtus degli Italici: esempio eloquente dei due temi sono la raffigurazione della scena del giuramento che consolida lalleanza tra i rappresentanti degli otto popoli insorti ed il toro sannita che sconfigge la lupa romana. Tra i denari della guerra sociale una serie emessa da C. Papio Mutilo - il valoroso generale sannita, unico tra i confederati ad assumere il titolo di imperatore (embradur in osco) dopo le vittorie del 90 a.C. - presenta al posto del nome ITALIA comprensivo di tutte le genti, il nome Safinim (= Sannio). Questa serie, datata agli anni 89-88 a.C. quando lo sforzo economico e militare grav soprattutto sul Sannio, raffigura un guerriero (per La Regina da identificare con Comio Castronio, il condottiero fondatore tra il V e IV secolo a.C. del touto Safinim ) che schiaccia sotto il piede forse le spoglie della lupa romana, accanto a lui riposa il toro sannita. La moneta rappresenta lultima orgogliosa affermazione da parte dei Sanniti della loro autonomia politica da Roma. sannioimprese.it Archive Like & Archive Like Sanniti Guerre Sannitiche - Prima Guerra Sannitica sanniti.info Archive Like & Archive Like PREMESSA La maggior parte delle fonti antiche su cui facciamo affidamento per la conoscenza di questo periodo sono state scritte alcuni secoli dopo gli eventi accaduti e devono essere utilizzate con molta cautela. Livio, che la nostra fonte primaria per le Guerre Sannitiche, ammette durante il racconto di questi avvenimenti che: Non facile scegliere tra le varie versioni e i diversi autori. Ho limpressione che i fatti siano stati alterati dagli elogi funebri o da false iscrizioni collocate sotto i busti, dato che ogni famiglia cerca di attribuirsi il merito di gesta gloriose con menzogne che traggono in inganno. Da quella pratica discendono sicuramente sia le confusioni nelle gesta dei singoli individui, sia quelle relative alle documentazioni pubbliche; per quegli anni non disponiamo di autori contemporanei agli eventi, sui quali ci si possa quindi basare con certezza (Livio VIII, 40). Comunque sia, da tener conto che gli avvenimenti narrati sono sempre in riferimento alla cronologia classica romana, basata sul calcolo derivante dal potere succedutosi a capo della Repubblica, i Fasti Consulares, e dai Trionfi (1), cio il tributo che il Senato romano concedeva al Console che aveva svolto in quellanno limpresa bellica pi importante. Ci significa che i fatti si relazionano al nome del Console o Dittatore romano nel cui periodo di potere accaduto lavvenimento. Nessun testo ci pervenuto da parte di scrittori o storici sanniti. LA PRIMA GUERRA SANNITICA (343 - 341 a.C.) I rapporti intercorsi con le colonie greche dellItalia meridionale e con le popolazioni etrusche durante le lotte che caratterizzarono il V secolo a.C. per il controllo dellAgro Campano (vedi pagine dedicate), favorirono la crescita sociale e culturale dei Sanniti tanto da incoraggiarli nella ricerca di nuove fonti di
guadagno e quindi alla riorganizzazione della loro economia di mercato. Le conseguenze furono lampliamento della propria sfera di influenza militare sui territori limitrofi al Sannio e, intorno agli inizi del IV secolo a.C., la frequentazione di nuove aree di scambio dove commerciare manufatti e bestiame ed il controllo di importanti giacimenti metalliferi per la produzione di utensili e soprattutto di armi. Con il tempo furono annesse porzioni sempre maggiori di territori contigui, attuando una vera e propria espansione tramite conquista. Non ci noto come la Lega Sannitica spartisse le terre annesse tra le comunit che la componevano, ma che si sia trattato di violente conquiste fuor di dubbio. I guerrieri della Lega non si accontevano di effettuare incursioni al solo scopo di razzia. I Sanniti, avendo bisogno di buoni pascoli per le loro greggi, miravano al controllo del territorio e ad una costante presenza su di esso, operando una vera e propria colonizzazione. Erano particolarmente attratti dalle pianure dellApulia, dalla vallata del Liri dominata dai Volsci, e dalla terra pi fertile e ricca di tutte: la Campania. Guerriero sannita - IV Secolo a.C. (2) Indubbiamente i loro vicini li aggredivano per rappresaglia, ma in questi violenti scontri i Sanniti avevano la meglio, parte perch spinti ad essere piu risoluti e tenaci dalla maggiore necessit e parte perch, a differenza dei loro vicini, avevano un esercito meglio equipaggiato e pi numeroso, con uomini meglio addestrati alluso delle armi. Si spinsero ad est, verso lApulia, stabilendo il proprio controllo su Luceria che, anche se non proprio sannita, era certamente in termini damicizia con essi. Ad ovest, verso la Campania, si insediarono saldamente su entrambe le sponde del medio e alto Volturno: Cubulteria, Trebula e Venafrum, a ovest del fiume, rimasero tutte sannite per gran parte del periodo delle guerre contro Roma. A nord-ovest andarono inoltrandosi sempre pi verso il bacino del Liri scontrandosi pi volte con gli abitanti Volsci: Atina e Casinum divennero citt sannite. Le mire espansionistiche delle due potenze militari nel IV secolo a.C. Ci li port pericolosamente vicini al Lazio dove, alla met del IV secolo a.C., i Romani avevano acquisito il predominio politico del territorio conquistandolo con le armi e controllando i flussi di gente e mercanzie mediante colonie ed alleanze con cittadine amiche. Le segnalazioni di continue incursioni ben oltre il fiume Liri iniziarono a giungere allUrbe con regolare ed inquieta cadenza tanto da spingere le autorit ad inviare osservatori. Prima o poi lo scontro tra i due popoli doveva inevitabilmente accadere. I Romani, dal canto loro, avevano gi subito lonta dei Celti e del loro capo Brenno (Vae victis! - 386 a.C.), uscendo da quella situazione solo con diplomazia e molto denaro. In seguito a questo avvenimento assunsero come priorit assoluta il controllo dei territori e delle popolazioni stanzianti limitrofe Roma. A nord i continui tafferugli con gli Etruschi davano loro filo da torcere ma erano controllabili, a sud i Volsci ed altre popolazioni latine erano state pi volte ridimensionate nelle loro mire di autonomia tanto da averle indebolite drasticamente. Si aprivano cos per i Romani i territori delle fertili pianure sia del fiume Liri sia, pi a sud, della Campania. Esattamente verso la direttrice di espansione dei Sanniti. Cavalieri romani ascoltano un hastatus che indica le posizioni dei Sanniti (3). Per ambedue i popoli larea del medio Liri divenne di importanza cruciale e fu nel contendersi questarea che inizi la grande lotta per la supremazia sullItalia. Erano in gioco necessit fondamentali, oltre ai fertili terreni ed alle risorse minerarie, anche la libert di entrambi i popoli. Lo scontro con i Romani fu dunque inevitabile ma ambedue i contendenti si resero conto subito della consistenza belligera dellavversario e lapproccio sbagliato al problema. Sicuramente, dopo le prime battaglie, entrarono in azione pi le parole che le armi, essendo coscienti del
fatto che combattendo tra di loro indebolivano le rispettive difese contro gli attacchi di altre popolazioni italiche. Cos, nel 354 a.C., fu stipulato un trattato tra i Sanniti ed i Romani dove venivano sanciti i termini di una pace che delimitava le aree territoriali dei due popoli. Ovviamente si trattava di un accordo tra uguali, tra due poteri della stessa statura, e fu il primo trattato firmato dai Romani con un popolo al di fuori del territorio laziale. Il trattato, pi che altro un I primi scontri tra i due popoli (4). compromesso, fu discusso dagli emissari dei due popoli e sanciva per ambedue sia diritti che obblighi e quindi, oltre a delimitare le rispettive aree territoriali di influenza, ne individuava anche il loro limite fisico: il fiume Liri. Nessuno doveva oltrepassare quel limite, altrimenti il trattato sarebbe decaduto e si sarebbe tornati alle armi. Per molto tempo il patto fu rispettato, forse per pi di dieci anni. In questo lasso di tempo ambedue i popoli si spinsero verso il medio Liri senza mai oltrepassarlo, ma i Sanniti rafforzarono la propria presenza nei territori campani la cui area, pur se non compresa nel trattato, era comunque situata dalla parte del fiume Liri di loro competenza. I Romani iniziarono a temere questo controllo sannita su territori cos vasti e ricchi di risorse naturali tanto da meditare un intervento armato. Ma ci significava infrangere un patto consacrato agli Dei e, per le credenze dellepoca, era un passo da ponderare seriamente. Per non rompere la pace siglata aspettarono di trovare il momento propizio ed il modo adatto per non attirarsi la collera divina. La Campania settentrionale divenne quindi il nuovo pomo della discordia ed ai Romani si present presto un avvenimento che permise loro di oltrepassare i limiti del Liri sanciti dal trattato di pace senza infrangerlo. Nel 343 a.C. i Sanniti si trovarono a contatto con i Sidicini, gente di lingua osca che popolava il territorio di Teanum sul confine occidentale del Sannio e che, purtroppo, occupava una zona cruciale per le loro mire espansionistiche. Infatti la zona dei Sidicini si trovava sulla direttrice naturale di penetrazione che dal Sannio conduceva in Campania settentrionale, per cui era importante assumerne il controllo. Allarmati, i Sidicini invocarono laiuto dei Campani, cio proprio di quelle genti che gli stessi Sanniti in passato avevano aiutato a rivendicare una propria autonomia sostenendoli nella lotta di liberazione dal giogo dei colonizzatori etruschi e che in seguito si erano organizzati in una Lega controllata dalla citt di Capua. Ai Sanniti non piacque lintromissione dei Campani e mossero loro contro, conquistando tutti i territori intorno alla citt di Capua. A quel punto, secondo Tito Livio, i Campani chiesero lintervento di Roma, che si fingeva restia ad intervenire per non infrangere il patto siglato. In effetti la zona dove si svolsero questi avvenimenti era nel territorio spettante al controllo dei Sanniti, a sud del fiume Liri, come stabilito dal trattato del 354. Ma Roma, consapevole che mantener fede a quel trattato significava far crescere una potenza militare capace di minacciare le proprie mura cittadine, intervenne in aiuto dei Campani inviando lesercito a Capua. Il messaggio di Roma ai Sanniti affinch rispettassero la citt di Capua come municipio romano (5). Pi che altro furono le famiglie senatoriali romane a spingere verso linterventismo, allettate dallaccaparramento di quelle fertili terre. Lo stratagemma che infranse il patto romano-sannitico fu quello di concedere la cittadinanza romana ai capuani. I Sanniti, dallaltra parte, non potevano tollerare che i Campani, e quindi i Sidicini, passassero sotto linfluenza romana. La contesa tra le due potenze sfoci subito in guerra. Dopo una prima serie di vittorie romane, come quella al monte Gauro, vicino Napoli, ed a Suessula, i Sanniti con grande audacia riuscirono a controbattere ed a far ripiegare le forze nemiche quasi al di fuori dei territori della Campania settentrionale.
Tra i Magister Equitum e Consoli romani che scesero in campo, si ricordano Marco Valerio Corvo, Caio Marcio Rutilo ed Emilio Mamercino. Dei Meddix sanniti gli storici romani non hanno tramandato nulla. In seguito, dopo il tributo di sangue versato in due anni di guerra, ambedue le forze antagoniste si resero conto che la questione doveva essere risolta in modo diverso dalla guerra, visti i continui e ripetuti attacchi di altre popolazioni italiche da dover fronteggiare ambedue per proprio conto. Cos ripristinarono il trattato del 354 con alcune modifiche che portarono la Campania settentrionale sotto linfluenza di Roma, lasciando ai Sanniti le terre dei Sidicini e quindi limportante controllo delle vie daccesso alla stessa Campania. Stipula del trattato di pace tra Sanniti e Romani (6). Anche se per i Romani rimaneva aperto, per i collegamenti con i territori del meridione, solo laccesso costiero di Terracina, il ripristino dellintesa romano-sannitica permise a Roma di sistemare le velleit di ribellione scaturite in seno ad alcune popolazioni latine ed etrusche, evitando cos di dover combattere su pi fronti. Analizzando questi avvenimenti, possiamo sicuramente affermare che di necessit si fece virt e che comunque anche questa volta si tratt di un foedus aequum (trattato equo), stipulato tra eguali. E da sottolineare che le condizioni imposero la rinuncia romana alla difesa del popolo per il quale la guerra era iniziata ed il conseguente abbandono di unarea strategicamente importante per i contatti con il sud della penisola. Purtroppo la ratifica del rinnovato trattato, anche se procur una lunga pace tra i due popoli, diminu sensibilmente la potenza dintervento dei Sanniti, compromessa dallampliamento della sfera dinfluenza romana su di un territorio ormai tanto vasto da rivaleggiare con quello originario del Lazio. Infatti il controllo romano di quelle terre apport nuove braccia e tributi a Roma che inevitabilmente si tradussero in un accrescimento sia demografico che militare e quindi economico. Le mire espansionistiche di Roma volgevano ormai essenzialmente al sud. Poco tempo dopo la ratifica del trattato iniziarono le annessioni con il sistema delle colonie latine, cio agglomerati urbani sotto controllo romano, coinvolgendo molti insediamenti sia nellattuale area frusinate che nella Campania occidentale, troppo vicino ai territori storici dei Sanniti. NOTE
(1) La cronologia classica, su cui si basano tutte le ricostruzioni storiche, non trova unanime consenso in quanto stata rilevata una certa discrepanza di anni tra molti degli avvenimenti descritti e la successione cronologica dei consolati romani. In questa ricostruzione degli avvenimenti accaduti durante il periodo delle Guerre Sannitiche, come nel resto del sito Internet, vige la cronologia classica che ritroviamo su tutti i libri di scuola ma, per chi volesse approfondire largomento, possibile saperne di pi consultando il testo: M. Sordi - Roma e i Sanniti nel IV secolo a.C. - Licinio Cappelli Editore - Roma 1969 (2) Guerriero Sannita - Figura 54mm - Scolpita da Luca Baldino e dipinta da Massimo Moro. (3) Limmagine tratta da: Early Roman Armies - Osprey Publishing. (4) Il disegno dellillustratore russo Nikolas Zubkov. La tavola stampata da Universal Publishing for AeroArt International di Londra. (5) Incisione di Ballarini tratta dal libro di Pasquale Albino Ricordi storici e monumentali del Sannio Pentro e della Frentania - Campobasso Tip. De Nigris 1879 (6) La stipula di un trattato di pace tra due popoli italici avveniva in maniera molto solenne, accentuando la sacralit dellavvenimento. La scena si svolgeva allinterno di un tempio o di unarea sacra (sul
modello dellhortz sannitico) davanti alla statua del Dio. Il giuramento avveniva sulla carcassa di un animale sacrificato, molto spesso un piccolo cinghiale. Nellimmagine si riconoscono, ad iniziare da sinistra, il Fetiales romano, il Meddix sannita, tre sacerdoti che mantengono lanimale sacrificato ed il Console romano. Limmagine tratta da: Early Roman Armies - Osprey Publishing.
sanniti.info Archive Like & Archive Like Sanniti, seconda guerra spazioinwind.libero.it Archive Like & Archive Like LA SECONDA GUERRA SANNITICA In questo periodo a Roma le plebe comincia ad avere maggior potere, basti pensare che un console veniva eletto dalla plebe. Si forma dunque una nuova classe politica che ha sempre pi maggiori ambizioni. Roma era uscita molto pi forte dalla guerra con i latini ed aveva circondato i sanniti in una morsa, alleandosi con linvasore spartano. Tuttavia ancora non era riuscita ad aprirsi un varco negli Appennini. Nel 326 a.C. i sanniti entrarono a Neapolis, per proteggere una fazione politica a loro favorevole. Capua, colonia romana, si sentiva minacciata, per cui lesercito romano corse in difesa, non rispettando di nuovo gli accordi di pace siglati in precedenza. Questo venne fatto entrare nella citt di Neapolis, dove, con linganno, erano state allontanate le truppe sannite. Per quattro anni non avviene molto dal punto di vista militare tra i due eserciti. Nel 321 a.C. i due consoli romani riunirono gli eserciti ed invasero il Sannio, muovendo dalla Campania e dirigendosi verso i Caudini, attraversando una zona montuosa impervia adatta per le imboscate nemiche. Le legioni romane rimasero intrappolate allinterno di una gola circondata dai sanniti: la disfatta delle Forche Caudine, nella zona tra Santa Maria a Vico ed Arpaia, ad opera delleroe Gavio Ponzio Telesino , figlio di Didimia ed Erennio, altro valoroso generale. Ai romani venne imposto di rispettare i patti siglati in precedenza ed i circa 15.000 soldati subirono lonta di essere spogliati e passare sotto il giogo. Questo aveva una simbologia particolare, in quanto, in questo modo i sanniti credevano di annientare completamente lavversario. Molti generali sanniti successivi prenderanno il nome delleroe della famosa vittoria. La pace venne rispettata per 5 anni, il tempo necessario ai romani per organizzarsi. Essi ripresero Fregellae e Satricum, passate per un breve periodo ai sanniti, strinsero accordi con gli Apuli , al fine di circondare il Sannio, soffocarono una rivolta dei Volsci. I sanniti, dal canto loro, si rafforzarono in Campania. Nel 315 a.C. lesercito romano si divide in tre fronti: il console L. Papirio Cursore attacca i sanniti a Luceria, mentre Q. Publilio Filone assedia Saticula, inoltre Q. Fabio Rulliano combatte a Satricum. Il secondo fronte si rivela disastroso per i romani ed i sanniti penetrarono nel Lazio. Presso Lautulae, fra i monti Ausoni ed Aurunci, le milizie di Aulio Cerretano ottennero unepica vittoria. Successivamente i sanniti si fecero strada fino ad Ardea, devastando i territori che appartenevano ai cittadini romani. Rulliano si preparava a difendere Roma con le riserve, dove scoppi il panico. I sanniti cercarono alleati negli etruschi che non scesero in guerra. Inoltre, non poterono impegnare tutte le loro forze, perch si videro minacciati in Apulia, ove, tra laltro, cera ancora un esercito romano, dallinvasione di un altro re spartano Acrotato, diretto verso la Sicilia, ove regnava Agatocle. I romani vinsero i sanniti presso Terracina e li respinsero nel loro territorio. Lentamente furono
ripresi tutti i territori romani nella valle del Liri ed in Campania. Nel 312 a.C. furono gli etruschi a scendere in guerra, senza successo. Dal 309 a.C. al 307 a.C. i sanniti compiono incursioni in Apulia allo scopo di riprendere Luceria, senza riuscirci. Verso il 306 a.C. i sanniti ripresero territori verso Sora, in Apulia ed in Campania, approfittando anche di una rivolta in territorio romano da parte degli Equi . Lanno successivo i romani ristabilirono lordine e, attraversando il massiccio del Matese, espugnarono Bovianum, capitale dei Pentri, uccidendo il valoroso generale Gellio. Nel 304 a.C., dopo circa 20 anni, ci fu la resa dei sanniti. Gavio Ponzio fu fatto prigioniero e decapitato nel carcere Mamertino. Roma controllava tutta la valle del Liri, lApulia e la maggior parte della Campania. Tutti questi territori divennero subito province. Attraverso la costruzione della via Valeria che penetrava nellItalia centrale e lalleanza con i Peligni, Marsi, Marrucini, Vestini e Piceni, i Romani stavano isolando e chiudendo in una morsa i sanniti. Con il dittatore C. Giunio Bruto, nel 303 a.C., il territorio situato lungo lAniene degli Equi entr a fare parte di quello romano, e vennero fondate le citt di Alba Fucens e Carseoli. Nello stesso periodo ci furono incursioni in Umbria, al fine di prevenire uneventuale avanzata celtica, e nel Salento, per correre in soccorso dei lucani, minacciati dal principe spartano Cleonimo. Torna allindice ); //> spazioinwind.libero.it Archive Like & Archive Like SANNITI TERZA GUERRA SANNITICA (Prima Parte) sanniti.info Archive Like & Archive Like LA TERZA GUERRA SANNITICA - dal 298 al 290 a.C. (Prima Parte) Dopo tanti anni di guerra e di cruenti scontri che videro entrambi gli schieramenti lottare strenuamente, sia i Sanniti che i Romani non si attendevano una lunga tregua darmi. Ambedue conoscevano ormai il modo di agire luno dellaltro. I Sanniti erano consapevoli che il nemico poteva essere battuto solo se impegnato su pi fronti, in modo da dividerne le forze in campo su di unarea pi vasta. Per questo motivo cercarono alleanze al nord, nella speranza di coinvolgere tutte quelle popolazioni che non sopportavano il giogo di Roma, mentre questultima creava nuove alleanze per contenere i Sanniti dentro i propri limiti territoriali, cercando nuovi amici al di l del Sannio, verso lAdriatico. Nel 304 a.C. i Romani strinsero accordi con i Marsi, i Peligni ed i Marrucini, riuscendo a coinvolgere in queste alleanze persino i Frentani, una delle comunit storiche dei Sanniti. Due anni dopo anche i Vestini si allearono con Roma. Gli Equi non trattarono nessun accordo. Nemici dei Romani da sempre, ci volle la forza persuasiva delle legioni di Caio Giunio Bruto per sopraffare quellantico e fiero popolo. Nel 303 a.C. lintero territorio a nord della piana del Fucino pass sotto controllo romano. Furono fondate le colonie latine di Alba Fucens e, nel 298 a.C., di Carseoli. Nel primo periodo del III secolo a.C. unaltra minaccia per Roma giunse dal nord dellItalia: erano i Celti. Oltre che per i Romani, una tale minaccia lo era anche per tutti gli altri popoli a nord del Lazio, compresi gli Etruschi. Questi ultimi seppero per sfruttare meglio la situazione stringendo con loro un patto di non belligeranza e, con il tempo, anche altre popolazioni limitrofe si accordarono allo stesso modo. Anche i Sanniti, temuti dagli stessi Celti, entrarono con loro in rapporti amichevoli grazie allintermediazione delle popolazioni umbre. Allinizio, per lo pi, furono solo contatti sporadici tra i vari popoli contrari allegemonia di Roma ma, con il passare del tempo, sopraggiunse tra questi una convergenza di idee ed intenti per sottrarsi alla morsa soffocante di Roma. Equites romano Venuti a conoscenza degli intendi reconditi (ma non troppo) delle popolazioni italiche da loro controllate, i Romani iniziarono a temere eventuali sviluppi negativi che queste comunioni
didee potessero comportare, tant vero che i suoi Consoli organizzarono parate militari nel sud dellEtruria proprio per dimostrare a quelle popolazioni la continua e costante presenza delle loro forze belligeranti. Intanto i Romani, perpetuando nelle loro azioni diplomatiche, stipularono nel 299 a.C. un trattato di alleanza con i Lucani, aiutandoli a sottrarsi dal controllo dei Sanniti. Fu proprio questa la scintilla che provoc linizio della terza Guerra Sannitica. I Romani erano consapevoli della loro potenza militare e, di conseguenza, del fatto che nessuno poteva ormai contrastare il loro dominio sullintera Italia peninsulare. Forse il trattato con i Lucani fu pi un pretesto che un accadimento, anche perch i Sanniti erano ormai chiusi sia al nord che ad est che al sud delle loro terre. Ad ovest cera il Lazio. Dal canto loro i Sanniti, per sfuggire alla morsa romana, tentarono lapertura di un corridoio verso lEtruria ed i Celtici, in modo da mantenere contatti stabili. Nel 298 a.C. il Console Lucio Cornelio Scipione Barbato attacc i territori meridionali del Sannio, conquistando lAger Taurasinus (Taurasia) fra Luceria e Beneventum. Un altro Console, Cneo Fulvio Massimo, attacc i territori settentrionali del Sannio, cercando di chiudere il corridoio di contatti con le popolazioni del nord. Aufidena cadde sotto il suo assalto e, dopo averla depredata, Meddix Tuticus. Statua sannita del I secolo a.C. danneggi gravemente le opere di difesa, abbattendo gran parte delle sue mura poligonali. Nel 297 a.C. i Romani si organizzarono per sferrare un grande attacco contro i Sanniti, forse quello decisivo. Elessero cos a Consoli due gloriosi comandanti, veterani delle battaglie contro i Sanniti, Quinto Fabio Rulliano III e Publio Decio Mure. I due Consoli spostarono subito gli eserciti verso i confini dei territori nemici, il primo nella valle del Liri a controllo della zona settentrionale del Sannio, laltro nel territorio di Teanum Apulum, per controllare la zona apula e lucana dei confini sanniti. In quelle terre gli eserciti consolari fecero essenzialmente opera di contenimento e di logoramento, impedendo che si svolgesse la transumanza e devastando le coltivazioni e quindi distruggendo (sicuramente requisendo) i raccolti dei lavori agricoli. Nel 296 a.C. per rafforzare le opere di contenimento e di controllo del territorio, altri due Consoli furono affiancati a Rulliano e Decio Mure. In Etruria furono inviate due legioni al comando di Appio Claudio Cieco ed in Campania fu inviato Lucio Volumnio Flamma con altre due legioni. I Sanniti cercarono di contrastare in tutti i modi le vessazioni che i Romani infliggevano alla popolazione. Il loro condottiero Gellio Egnazio, dallo stesso praenomen del condottiero Stazio, Meddix durante la seconda Guerra Sannitica, ma di familia diversa, stava studiando il modo di spezzare laccerchiamento romano al Sannio in modo da sferrare una controffensiva organizzata insieme ai nuovi alleati Etruschi, Celti ed Umbri. Con un ardito viaggio, eludendo le forze romane che attuavano un capillare controllo del territorio ai confini dellintero Sannio, port il grosso delle truppe nel territorio degli Umbri, forse a Perusia (Perugia), dove si incontr con le schiere Etrusche. Ci pot avvenire grazie anche alle azioni di disturbo attuate da un altro condottiero sannita, Minazio Staio che, utilizzando manipoli di cavalieri, mise a ferro e fuoco i territori dei Falerni e degli Aurunci, assaltando e depredando tutti gli insediamenti filoromani dellarea. Roma, nel tentativo di contrastare questi violenti attacchi e credendo in unoffensiva nemica, spost parte degli eserciti di Fabio Rulliano dal Liri e di Volumnio Flamma dalla Campania settentrionale nelle aree delle operazioni di Minazio Staio e, per avere un maggior controllo di quei territori, trasfer genti dallUrbe formando il primo nucleo di quelle che diventeranno le colonie di Minturnae e Sinuessa. Lazione di disturbo riusc a diminuire il livello di controllo nei territori del Sannio settentrionale tanto che le truppe di Gellio Egnazio poterono congiungersi con gli Etruschi, gli Umbri ed i Celti.
Nel momento in cui si accorse della manovra delle forze sannite, Roma ripiomb nel panico assoluto ed il Pretore Publio Sempronio Sofo, per rafforzare le difese della citt, indisse un arruolamento di massa
aperto perfino ai liberti. Lesercito del Console Appio Claudio Cieco, schierato a difesa dellUrbe, venne rafforzato con le schiere prima inviate a fronteggiare Minazio Staio in Campania settentrionale. Guerriero sannita Agli inizi del 295 a.C. le forze di ambedue gli schieramenti stavano prendendo posizione ed appariva chiaro che lo scontro sarebbe stato imminente. Il grosso delle truppe sannite era stanziato nei pressi di Perusia, mentre gli alleati Umbri erano ad ovest della stessa citt. Gli Etruschi erano stanziati nelle zone a ridosso del loro territorio meridionale, i Celti erano nelle vicinanze del territorio piceno ed i Marsi si preparavano presidiando la loro terra e attendendo linizio delle ostilit. Anche alcune popolazioni sabine avverse a Roma si unirono alla coalizione italica nella speranza di affrancarsi dalle pesanti gabelle costrette a versare nelle casse dellUrbe, tanto che alla fine la lega dei popoli contro Roma pot contare su di un numero di guerrieri che assommava a non meno di 100.000 uomini. I Romani nel 295 a.C. si avvalsero di tutti gli uomini desperienza disponibili. Elessero Consoli i loro condottieri pi illustri: Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure. Lucio Volumnio Flamma fu nominato Proconsole e Appio Claudio Cieco Pretore. Tre ex Consoli assunsero il comando pretoriano: Lucio Cornelio Scipione Barbato, Fulvio Massimo Centumalio e Lucio Postumio Megello. Roma organizz sei legioni e forse questa fu la prima volta che si ricorse alla numerazione. Fabio Rulliano ebbe il comando della I e III Legione mentre Decio Mure comandava la V e VI Legione. Appio Claudio Cieco aveva a disposizione la II e la IV Legione. Inoltre si organizzarono altri contingenti forniti loro dagli alleati. In tutto Roma riusc a schierare pi di 100.000 uomini. Per saggiare la consistenza del nemico, Fabio Rulliano con truppe scelte si addentr nei territori a nord di Roma, lasciando che Decio Mure organizzasse le difese della citt. Raggiunse le due legioni che erano state poste a guardia di quei territori e ne assunse il comando. Attraversati gli Appennini nella zona di Camerinum, constat che le forze nemiche erano superiori alle sue aspettative e, tramite corrieri, avvert Roma. Guerrieri celti fronteggiano le schiere di Cornelio Scipione Barbato (*). I Celti, avvistate le schiere nemiche, si organizzarono per contrastarli, scontrandosi con le truppe di Cornelio Scipione Barbato. Le schiere celtiche inflissero alle forze romane una pesante sconfitta tanto da costringere Rulliano a ritirarsi. Decio Mure e le sue due legioni poste a difesa di Roma furono subito inviate a nord per dare manforte a Rulliano, lasciando che Gneo Fulvio e Lucio Postumio si occupassero della citt. Purtroppo lesito positivo per gli Italici di questo primo scontro non pot essere sfruttato da Gellio Egnazio forse per mancanza di coordinamento tra le schiere della coalizione. SENTINUM OVVERO LA BATTAGLIA DELLE NAZIONI La V e VI Legione comandate da Decio Mure oltrepassarono gli Appennini congiungendosi alla I e III Legione di Fabio Rulliano che lo attendeva nei pressi di Camerinum. Insieme proseguirono verso la zona di Sentinum (lodierna Sassoferrato, nella valle dellEsino). Nello stesso tempo Fulvio Massimo Centumalio e Lucio Postumio si erano spostati verso Clusium e la bassa Etruria, mettendo a ferro e fuoco il territorio. Sia gli Etruschi che i Marsi accorsero per scontrarsi con forze nemiche che credevano essere di gran lunga pi numerose ma, invece, si trattava di unazione diversiva attuata allo scopo di spezzare lunit della potente coalizione. Cos le legioni romane di Fabio Rulliano e Decio Mure si trovarono a fronteggiare solo i Sanniti ed i Celti, ingaggiando il combattimento quasi subito. I carri da guerra dei Celti assaltano la legione del Console Decio Mure (**). Decio Mure era alla sinistra delle forze romane ed aveva di fronte i veloci carri da guerra dei Celti. Fabio Rulliano era sulla destra e fronteggiava le truppe scelte dei Sanniti di Gellio Egnazio. Le legioni di Decio Mure furono decimate dai Celti e lo stesso Console mor in combattimento, mentre Fabio Rulliano, che combatteva i Sanniti da sempre e conosceva le loro tattiche di guerra, ebbe la meglio sulle schiere
nemiche, uccidendo il condottiero Gellio Egnazio. Subito dopo Fabio Rulliano rivolse ci che rimaneva dei suoi eserciti in aiuto alle schiere di Decio Mure che, senza coordinamento, stavano per soccombere sotto la spinta dei guerrieri celti. Sorprendendo le truppe nemiche alle spalle, Rulliano sbaragli non senza difficolt lagguerrita compagine. Guerrieri celtici attaccano le schiere romane (**). Gli Etruschi ed i Marsi, dopo aver costatato che quella dei Consoli Centumalio e Postumio era solo unazione diversiva, tornarono subito indietro per apportare il loro contributo alla battaglia, ma giunsero troppo tardi. Qualunque ne fosse la ragione, la loro assenza dal campo di battaglia si rivel fatale per lesito della causa. Inseguiti da tutte le forze romane impegnate nella zona, furono costretti a fuggire ed a rifugiarsi nei rispettivi territori. Anche i Celti superstiti si rifugiarono a nord dellEtruria ed i Sanniti furono coinvolti in una rovinosa ritirata verso il loro Sannio, contrastati dai Peligni schierati al fianco di Roma. Nella battaglia di Sentinum, chiamata in seguito la Battaglia delle Nazioni, persero la vita almeno la met dei guerrieri impegnati in ambedue gli schieramenti. Il sanguinoso scontro tra i popoli della penisola italiana ebbe vasto eco in tutto il mondo allora conosciuto. (*) Limmagine dei guerrieri celtici tratta da: Celtic Warrior by Osprey Publishing. (**) Limmagine dei guerrieri celtici tratta da: Ancient Armies by Concord Publications.
sanniti.info Archive Like & Archive Like SANNITI TERZA GUERRA SANNITICA (Seconda Parte) sanniti.info Archive Like & Archive Like
LA TERZA GUERRA SANNITICA (Seconda Parte) Rifugiatisi tra le loro montagne, i Sanniti dopo Sentino si riorganizzarono per ammortizzare linevitabile scontro con gli eserciti di Roma che, in modo inesorabile, sarebbero arrivati per soggiogarli e conquistare lintero loro territorio. Roma stava preparando contro i Sanniti le manovre e le azioni per arrivare ad una soluzione finale e definitiva. Fino alla fine del 294 a.C. i Sanniti, sempre arroccati tra le loro montagne, cercarono di spezzare quella morsa che i Romani avevano rafforzato per controllare, questa volta in modo meticoloso, il territorio del Sannio. Diverse e repentine furono le incursioni sannite nelle terre dei Falerni e degli Aurunci. La II e IV Legione romana, comandate dal console Volumnio Flamma che si era tenuto fuori dalla battaglia di Sentinum ed a guardia del territorio a sud del Lazio, ebbero scontri cruenti con le schiere sannite tanto che solo con laiuto delle legioni di Appio Claudio Cieco, rimpinguate con nuove leve, riuscirono ad evitare una catastrofica disfatta. Oltre ad impegnarsi in opere di conte-nimento nei territori confinanti con il Sannio, i Romani si prodigarono ad annientare le forze ribelli degli Etruschi e degli Umbri che ancora imperversavano nelle rispettive aree di provenienza, chiudendo quel corridoio attraverso cui si erano stabilite le relazioni di alleanza tra i vari popoli italici. I Sanniti, consapevoli dellimminente invasione romana dei loro territori, impegnarono tutte le loro forze per difendere dallassalto finale le loro ultime roccaforti. La battaglia di Aquilonia (1). Prepararono ed organizzarono la dura lotta di posizione mobilitando tutti
gli uomini a loro disposizione ed equipaggiarono con nuove fulgide armi un corpo speciale di guerrieri, la Legio Linteata. Costituita da guerrieri vincolati da un giuramento sacro, questa legione aveva il compito di difendere quei baluardi fortificati sorti a contrastare gli eserciti consolari che si apprestavano a penetrare quel Sannio ancora libero. Altri gruppi di guerrieri operarono nelle zone di confine e, in rapporto alle uccisioni che avvennero in quel periodo direttamente negli accampamenti delle truppe consolari romane poste a controllo del territorio del fiume Liri, dovettero essere nella possibilit di compiere sorprendenti azioni rapide e molto cruenti. Nel 293 a.C. i Romani riuscirono nel loro intento di soggiogare tutte quelle popolazioni schieratesi con i Sanniti contro di loro durante la Guerra delle Nazioni, potendo cos organizzare, con tutte le loro forze, lassalto finale al Sannio. LA BATTAGLIA DI AQUILONIA Concordate le linee base dellazione, il grosso delle forze romane si mosse alla volta del Sannio, sia partendo dalla valle del medio Liri, avendo la loro base ad Intermna Lirenas, sia da Teanum Sidicinum, nella Campania Settentrionale. Le roccaforti sannite di Cominium ed Aquilonia erano lobiettivo principale, le difese occidentali nellarea di Aesernia dove si era organizzato il grosso della Legio Linteata. Allo stato attuale delle ricerche, non possibile individuare lubicazione di queste fortezze sul territorio del Sannio ma, in relazione alle basi di partenza degli eserciti consolari, si presume che dovessero trovarsi nel Sannio nordoccidentale. Il console Spurio Carvilio Massimo, muovendo da Interamna Lirenas verso nord lungo il fiume Rapido oltrepass Casinum, invase e saccheggi la citt sannita di Amiternum, devast la zona di Atina e si ferm nei pressi delle mura di Cominium. Contemporaneamente laltro console Papirio Cursore, figlio dellomonimo console che combatt i Sanniti ventanni prima, mosse dalla Campania settentrionale e oltrepassando il massiccio del Matese, devast e saccheggi Duronia e pose in assedio Aquilonia. Ipotesi sullo svolgimento della battaglia di Aquilonia (293 a.C.) I puntini blu indicano il tragitto percorso da Spurio Carvilio Massimo, quelli rossi indicano il tragitto di Lucio Papirio Cursore mentre quelli gialli indicano il percorso dei Sanniti rifugiatisi a Bovianum. Avendo cos accuratamente sincronizzato le loro azioni, i due consoli si trovarono a circa trenta chilometri luno dallaltro, mantenendosi in contatto con messaggeri. Cos decisero di attaccare lo stesso giorno, sia contro Cominium che contro Aquilonia. Lesercito di Papirio Cursore si scontr con le difese imbastite dalla Legio Linteata schierata ad Aquilonia, mentre Carvilio Massimo impegn a fondo le sue truppe per espugnare Cominium. Purtroppo gli storici romani non hanno tramandato il nome dei comandanti sanniti, soffermandosi pi su aspetti non molto significativi che per concorsero, allepoca delle redazioni degli annali, ad accrescere la fama delle famiglie dellUrbe i cui componenti parteciparono a queste violente battaglie. La superiorit numerica dei Romani, unita alle informazioni che i disertori fornirono ai consoli, port i Sanniti alla disfatta ed allannientamento della loro Legio Linteata. I combattimenti furono cos cruenti che si protrassero per lintera giornata fino a tarda notte. Alla fine, espugnate ambedue le roccaforti, si contarono pi di cinquantamila morti lasciati sul campo. I guerrieri superstiti della Legio Linteata trovarono rifugio a Bovianum, dove organizzarono un estremo tentativo di difesa. Cavalleria romana in battaglia (IV-III secolo a.C.)(2) Quella romana fu una grande vittoria, da cui tanta gloria deriv ai consoli tanto da rendere i loro nomi ricordati dalle generazioni successive. La razzia effettuata nelle citt sannitiche espugnate fu tale da
permettere a Spurio Carvilio Massimo di erigere, sul Campidoglio, una statua di bronzo raffigurante Giove tanto imponente da essere visibile fin dai Colli Albani. Fu un successo tanto decisivo quanto celebrato. Laver espugnato il sistema di fortificazioni della regione di Aesernia signific laver annientato le difese del pi cruciale dei confini del Sannio. I consoli decisero di sfruttare cos la situazione. Rimpinguate le schiere con nuovi rinforzi, Papirio Cursore si spinse nella valle dei Pentri (larea alle falde del Matese attraversata dal tragitto del tratturo Pescasseroli - Candela) dove, in un attacco particolarmente cruento, riusc a conquistare la roccaforte di Saepinum. Le truppe di Carvilio Massimo si spinsero nel Sannio settentrionale procedendo ad unazione sistematica di assoggettamento, conquistando Velia, Palumbinum ed Herculaneum, le roccaforti a guardia del territorio di Aufidena. Le azioni degli eserciti romani si conclusero con larrivo dellinverno. LA MORTE DI GAVIO PONZIO Solo con linizio della primavera del 292 a.C. ripresero le attivit belliche contro le popolazioni sannitiche, ma non senza difficolt. Il console Fabio Gurgite, impegnato contro i Caudini, trov una dura resistenza da parte delle schiere sannite comandate da Gavio Ponzio e solo lintervento di Quinto Fabio Rulliano evit la sopraffazione e luccisione dello stesso Gurgite. Durante il sanguinoso scontro, i Sanniti Guerriero sannita (IV-III secolo a.C.)(3) non riuscirono a respingere le rimpinguate schiere dei guerrieri romani organizzati e comandati da ben due consoli che, con netta superiorit di forze, apportarono ai nemici gravi perdite. Nellimpeto della battaglia il comandante Gavio Ponzio cadde prigioniero e venne subito tradotto a Roma dove, dopo un breve periodo di detenzione, fu giustiziato mediante decapitazione nel Foro dellUrbe. Nel 291 a.C. si strinse il cerchio attorno alle superstiti comunit sannite. Due eserciti consolari penetrarono nel Sannio e, mentre le schiere di Fabio Gurgite sottomisero le stremate ed impaurite popolazioni nellarea dellormai distrutta roccaforte di Saepinum nel territorio del Matese meridionale, conquistando ed occupando anche Cominium Ocritum, laltro console Postumio Megello, muovendo dallApulia, assoggett le popolazioni irpine conquistando tutte le loro roccaforti ed anche la potente Venusia dove, in breve tempo, venne insediata la pi grande colonia latina di cui si ha ricordo. Lanno successivo furono inviati nel Sannio i consoli Manlio Curio Dentato e lantenato di Silla, Publio Cornelio Rufino. Con quattro legioni operanti sul territorio, i Romani annientarono qualsiasi tentativo di ribellione o barlume di resistenza ancora in essere, eliminarono tutto ci che poteva costituire una minaccia al sopraggiungere della nuova organizzazione governativa, causando molteplici sofferenze alla popolazione falcidiata ed ormai stremata. Come scrisse Tacito riguardo alla conquista romana della Germania pochi secoli dopo, ne fecero il deserto e lo chiamarono pace. Nel 290 a.C. si concluse lepopea delle Guerre contro Roma con la stipula di un nuovo trattato con i sopravvissuti delle decimate comunit sannite che ancora si identificavano in un popolo e con il conseguente drastico ridimensionamento dellintero territorio del Sannio.
NOTE
(1) Incisione del Salvioni tratta dal libro di Pasquale Albino Ricordi storici e monumentali del Sannio Pentro e della Frentania - Campobasso Tip. De Nigris 1879 (2) Disegno della Zvezda Reproductions. (3) Busto scultoreo di Guerriero sannita durante le Guerre Sannitiche della Ares Mythologic. Scolpito da Phillip Damont e dipinto da Jose Palomares.
sanniti.info Archive Like & Archive Like Le Origini - La Guerra Sociale E Il Tramonto Dei Sanniti tregliaonline.it Archive Like & Archive Like Il paese Le origini La natura I sapori Gli eventi Turismo Links utili Home Page Non sfuggivano la guerra e preferivano subire la conquista piuttosto che non tentare con ogni mezzo la vittoria (Tito Livio, X, 31) Le origini SULLE ORME DI TREBULA I SANNITI EVENTI BELLICI TREBULA BALLIENSIS LE CINTE MURARIE LE ISCRIZIONI NUMISMATICA LE TERME DI TREBULA LA RELIGIONE DI TREBULA VISITATORI DI TREBULA CONTROVERSIE DISTRUZIONE DI TREBULA DAL MEDIOEVO AD OGGI BIBLIOGRAFIA DOWNLOAD STORIA HOME LA GUERRA SOCIALE E IL TRAMONTO DEI SANNITI LA GUERRA SOCIALE E IL TRAMONTO DEI SANNITI Verso la fine del 212 a.C. Capua fu riconquistata dai Romani e questo episodio segn il dominio di Roma in Italia. Gli alleati Italici avevano il compito di fornirle truppe da impiegare in qualsiasi operazione che essa potesse ritenere opportuno intraprendere. Le truppe alleate venivano inoltre impiegate nelle operazioni pi difficili e pericolose. Un soldato alleato che si fosse contraddistinto durante le imprese militari non poteva aspirare ad intraprendere una carriera politica, diversamente da quanto accadeva ad un soldato romano. I Romani attuarono trasferimenti forzati di alcune popolazioni da una parte allaltra dellItalia; per esempio, nel 280 a.C., alcune comunit liguri furono trasferite nel Sannio. Questa politica fu adottata non solo per accelerare il processo di romanizzazione dei popoli sottomessi, ma anche per eliminare focolai di sentimenti antiromani. In realt ci furono anche molti movimenti migratori volontari di popoli italici che si spostavano verso zone pi ricche, soprattutto verso Roma che offriva maggiori opportunit di lavoro. Per avere unidea dei movimenti migratori, basti pensare che, quando i coloni di Fregellae (Ceprano) emigrarono in massa verso Roma, il loro posto fu preso dai Peligni e dai Sanniti, che iniziavano cos ad abbandonare il loro territorio di scarse risorse. Le migrazioni, la costruzione di varie strade e i matrimoni tra Romani e Italici favorirono senza dubbio il processo di romanizzazione. Linfluenza romana dovette farsi sentire soprattutto nella religione e nella lingua: uniscrizione lucana risalente allincirca al 100 a.C. scritta in osco ma presenta gi diversi latinismi. Prima di tale data, certamente i Sanniti, come tutti i popoli di lingua osca, non avevano abbandonato losco per il latino; anzi, il Sannio interno, per la sua conformazione geografica, fu la regione ove pi si conserv la lingua osca. Trebula Balliensis, essendo ubicata sul confine della Campania settentrionale, dovette assorbire in misura maggiore la cultura romana. I flussi migratori summenzionati non erano limitati alla sola Italia ma erano diretti anche alle province romane ove molti commercianti di lingua osca e latina riuscirono ad arricchirsi. Le sontuose case del Fauno, di Pansa e di Sallustio a Pompei, molto probabilmente, appartenevano a commercianti arricchitisi nelle province.
Appare dunque evidente che, tra gli alleati, la piccola nobilt trasse ottimi benefici dalla dominazione romana. E da aggiungere che molte famiglie osche diventavano clientes di importanti famiglie romana, ottenendone in cambio favori. Il benessere di questa classe sociale fu uno dei due fattori che fece da freno a probabili insurrezioni degli Italici contro Roma. Questo significa che, finch stavano bene, gli aristocratici non erano disposti a fornire un capo a un movimento insurrezionale. Laltro fattore che fece da freno fu la politica divide et impera seguita da Roma. Ovvero, le varie comunit italiche erano legate a Roma da singoli trattati di alleanza: appena una comunit si ribellava, Roma poteva invocare laiuto degli altri alleati e, secondo i termini dei loro trattati, essi erano costretti ad accordarglielo. Cosa fece precipitare la situazione al punto tale da indurre gli Italici a ribellarsi? Il senato romano decideva con freddezza e arroganza tutto ci che dovesse essere importato o esportato dallItalia o dalle province. Fu dunque lindifferenza di Roma al benessere economico degli alleati a provocare la rottura definitiva; nel 133 a.C. la riforma di Tiberio Gracco conferiva allo stato romano il potere di riprendersi le terre di dominio pubblico eccedenti e di distribuirle ai piccoli proprietari terrieri romani. Molti degli alleati si videro confiscare terreni fino ad allora in loro possesso, senza la possibilit di chiedere la ridistribuzione, dal momento che non possedevano la cittadinanza romana. Fu questo episodio a generare un primo malcontento tra i ceti elevati dei popoli italici. La situazione precipit verso il 90 a.C., quando ci furono pressanti richieste di truppe italiche per le operazioni contro il principe dei Numidi Giugurta, i Cimbri e i Teutoni. Gli alleati contribuivano in misura considerevole alle vittorie romane in queste guerre, ma furono ricompensati facendo loro capire che avrebbero dovuto restare cittadini di seconda classe e non diventare cittadini romani. Si badi che, non solo i nobili e i capitalisti rifiutavano la cittadinanza agli Italici, timorosi di trovare in loro dei rivali con cui spartire i privilegi di cui godevano, ma anche il popolo pi basso della capitale si dimostrava a loro avverso. I ceti elevati dei socii, tra cui erano anche le gentes sannite, capirono che lunico modo di stabilire un pi paritetico rapporto coi Romani era quello di chiedere la cittadinanza, che fu sempre loro negata. Queste forze centrifughe portarono, nel 90 a.C., allo scoppio della guerra sociale. Il termine sociale da intendersi come guerra che gli alleati di Roma conducono nei confronti di questultima per ottenere un rapporto pi paritetico. Ovviamente, tra i popoli insorti contro Roma, non poterono mancare i Sanniti, animati da un mai assopito sentimento patriottico e antiromano. I Romani, dopo aver subito varie sconfitte, furono costretti a concedere la cittadinanza agli alleati. Tra gli illustri combattenti di parte romana nel bellum sociale si possono annoverare Cicerone e Pompeo, entrambi militanti nellesercito di Strabone. Fu in seguito alla guerra sociale che, molto probabilmente, Trebula divenne un municipium romano governato da quattuorviri. Nell89 d.C. Mitridate VI, re del Ponto, invase la provincia romana dAsia massacrando, del resto, moltissimi Italici ivi residenti. Lucio Cornelio Silla, acerrimo nemico dei Sanniti, fu designato come comandante dellesercito che avrebbe dovuto fronteggiare Mitridate in Oriente. I Sanniti ripresero per le armi nell83 a.C., anno in cui Silla ritorn in Italia dallOriente ove era stato a combattere vittoriosamente contro Mitridate VI Eupatore, ovvero il re che era riuscito a far ribellare a Roma la provincia dAsia. Silla, al suo ritorno in Italia, doveva riconquistare lopinione pubblica e sfrutt, a tale scopo, lo spauracchio sannita: i Sanniti erano i nemici tradizionali di Roma e lui, Silla, si elev a paladino che avrebbe risollevato Roma e i Romani dalleterna minaccia dei Sanniti. Lavversario di Silla era Caio Mario; questi aveva diretto la guerra contro Giugurta e Silla aveva combattuto come legato al suo fianco. Silla e Mario erano entrati in conflitto in quanto il primo appoggiava gli aristocratici mentre il secondo conduceva una politica di parte popolare. Ricordiamo, infatti, che Mario fu autore di una importante riforma dellesercito che prevedeva larruolamento di persone di qualsiasi ceto sociale. In tal modo, una persona con difficolt economiche trovava nellesercito una fonte di guadagno. I Sanniti si schierarono a fianco dei mariani (sostenitori di Caio Mario), ben consapevoli che Silla era avverso alla loro causa, ma furono sconfitti dalle truppe di Silla a Porta Collina, nelle vicinanze di Roma. Silla pun i suoi avversari con le proscrizioni; coloro che venivano proscritti perdevano ogni diritto civile; chiunque poteva
ucciderli e impadronirsi dei loro beni ed era passibile della pena di morte chiunque desse loro ospitalit. In realt, molte persone vennero uccise a causa di inimicizie private, che non avevano nulla a che fare con Silla, ed egli lo permise per compiacere i suoi fautori. I Sanniti e gli Etruschi ebbero un elevato numero di proscritti e le terre ad essi confiscate vennero distribuite a pi di 120.000 soldati di Silla. A chi gli rimproverava di essersi spinto troppo oltre nelle punizioni, Silla rispondeva che dallesperienza aveva appreso che mai uno solo dei Romani avrebbe potuto vivere in pace fino a che i Sanniti avessero costituito una comunit a s. In realt, i Sanniti scamparono al genocidio, ma da allora la loro storia conflu in quella di Roma e si identific con essa. Le confische sillane non fecero altro che continuare un processo iniziato secoli prima di modo che, nel I secolo a.C., la geografia del Sannio era profondamente mutata. La crescente diffusione di municipia romani, lemigrazione dei Sanniti verso zone che offrivano pi confortevoli condizioni di vita e linsediamento, per volere di Augusto, di suoi veterani nel territorio tra Beneventum e Venusia, contribu a rafforzare lelemento non osco in territorio sannita. Ci nonostante, almeno nei distretti pi remoti, la lingua osca riusc a conservarsi, anche se maggiormente sottoforma di dialetto contadino. Difatti, ad esclusione del greco, essa fu lultima lingua non latina dItalia a scomparire; anche in una comunit cos romanizzata come Pompei, losco non era ancora completamente scomparso nel 79 d.C., anno in cui la citt fu inghiottita dalleruzione del Vesuvio. E ragionevole assumere che, come oggi un napoletano anzitutto un italiano, a prescindere da ogni possibile ricordo o memoria storica del Regno delle due Sicilie, cos un sannita del I o II secolo d.C. doveva essere pi cosciente di essere un cittadino di Roma che uno del Sannio. Il paese Le origini La natura I sapori Gli eventi Turismo Links utili Home Page tregliaonline.it Archive Like & Archive Like Archive All Download Newest Become an Instapaper Subscriber for just $1/month to get up to 50 articles at a time and support Instapapers development. Visit the Account section of Instapaper.com to subscribe.