Papa Paolo VI: differenze tra le versioni

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Durante il suo pontificato si ricordano sette [[Enciclica|encicliche]]
* ''[[Ecclesiam Suam]]'' (6 agosto [[1964]]), sul dialogo all'interno della Chiesa e della Chiesa con il mondo;
* ''[[Ecclesiam Suam]]'' (6 agosto [[1964]]), sul dialogo all'interno della Chiesa e della Chiesa con il mondo;

Versione delle 10:22, 22 ott 2014

«Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa»

Papa Paolo VI
Paolo VI
262º papa della Chiesa cattolica
Elezione21 giugno 1963
Incoronazione30 giugno 1963
Fine pontificato6 agosto 1978
MottoIn nomine Domini
Cardinali creativedi categoria
Predecessorepapa Giovanni XXIII
Successorepapa Giovanni Paolo I
 
NomeGiovanni Battista Montini
NascitaConcesio, 26 settembre 1897
MorteCastel Gandolfo, 6 agosto 1978 (80 anni)
SepolturaGrotte vaticane
Firma
Beato Paolo VI
File:File:PABLO VI.jpg
 

Romano Pontefice

 
NascitaConcesio, 26 settembre 1897
MorteCastel Gandolfo, 6 agosto 1978
Venerato daChiesa cattolica
Beatificazione19 ottobre 2014 da papa Francesco
Ricorrenza26 settembre

Papa Paolo VI (in latino: Paulus PP. VI, nato Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini; Concesio, 26 settembre 1897Castel Gandolfo, 6 agosto 1978) è stato il 262º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, primate d'Italia e 4º sovrano dello Stato della Città del Vaticano a partire dal 21 giugno 1963 fino alla morte. È venerabile dal 20 dicembre 2012, dopo che papa Benedetto XVI ne ha riconosciuto le virtù eroiche. È stato beatificato il 19 ottobre 2014 da papa Francesco[1].

Biografia

Infanzia

File:Concesio2.jpg
Facciata della Casa dei Montini a Concesio, dove nacque Giovanni Battista
File:Concesio1.jpg
Letto su cui nacque il futuro Paolo VI

Giovanni Battista Montini nacque il 26 settembre 1897 a Concesio, un piccolo paese all'imbocco della Val Trompia, a nord di Brescia, dove la famiglia Montini, di estrazione borghese, aveva una casa per le ferie estive. I genitori, l'avvocato Giorgio Montini e Giuditta Alghisi, si erano sposati nel 1895 ed ebbero tre figli: Lodovico, nato nel 1896, che divenne avvocato, deputato e senatore della Repubblica, morto nel 1990, Giovanni Battista e, nel 1900, Francesco, medico, morto improvvisamente nel 1971. Il padre, al momento della nascita del futuro pontefice, dirigeva il quotidiano cattolico Il Cittadino di Brescia, e fu poi nominato deputato per tre legislature nel Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo; Giorgio Montini e Giuditta Alghisi morirono entrambi nel 1943 a pochi mesi di distanza.

Formazione

I tre fratelli Montini. Da sinistra, Francesco, Giovanni Battista e Ludovico
Giovanni Battista Montini in una fotografia del 1919

Nel 1903 venne iscritto come studente esterno (a causa della cagionevole salute) nel collegio "Cesare Arici" di Brescia, retto dai padri Gesuiti. In questa medesima scuola, frequentò fino al liceo classico, partecipando attivamente ai gruppi giovanili degli oratoriani di Santa Maria della Pace.

Nel 1907 compì il suo primo viaggio con la famiglia a Roma, in occasione di un'udienza privata di papa Pio X. Nel giugno dello stesso anno gli vennero impartiti i sacramenti della prima comunione e della cresima.

Nel 1916 ottenne la licenza presso il liceo statale "Arnaldo da Brescia" e nell'ottobre dello stesso anno entrò, sempre come studente esterno, nel seminario della sua città.

Dal 1918 collaborò con il periodico studentesco La Fionda, pubblicando numerosi articoli di notevole spessore. Scrisse, ad esempio, nei primi di novembre del 1918:

«Guai a chi abusa della vita. Quando la creatrice mano di Dio delineava in un ordine meraviglioso i confini della vita, poneva altresì custode di questi confini la morte, vindice di quanti li avrebbero varcati in cerca di vita più ampia, di felicità maggiore.»

Nel 1919 entrò nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), che raccoglieva i gruppi studenteschi universitari cattolici.

Ordinazione sacerdotale

Il futuro Paolo VI il giorno dell'ordinazione presbiterale

Il 29 maggio del 1920 ricevette l'ordinazione sacerdotale nella cattedrale di Brescia dal vescovo Giacinto Gaggia; il giorno successivo celebrò la sua prima messa nel Santuario delle Grazie.
Nel novembre dello stesso anno si trasferì a Roma. Si iscrisse ai corsi di Diritto civile e di Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana ed a quelli di Lettere e filosofia all'Università statale.
Nel 1923 viene avviato agli studi diplomatici presso la Pontificia accademia ecclesiastica. Iniziò così la sua collaborazione con la Segreteria di Stato, per volere di papa Pio XI. Fu inviato a Varsavia per cinque mesi (giugno-ottobre 1923) come addetto alla nunziatura apostolica. Rientrato in Italia, nel 1924 conseguì tre lauree: in Filosofia, Diritto canonico e Diritto civile.

Incarico nella FUCI

Nell'ottobre 1925 fu nominato assistente ecclesiastico nazionale della FUCI. Collaborò a fianco del presidente nazionale Igino Righetti, che era stato nominato nello stesso anno, e i due si trovarono ad agire in un'iniziale clima di diffidenza, rasserenatosi solo col tempo, tra studenti che vedevano con sospetto la nuova dirigenza imposta forzosamente dalle gerarchie[2]. Montini sperimentò ben presto le resistenze opposte da alcuni ambienti della chiesa (come i Gesuiti) che resero difficile il suo compito e lo portarono, nel giro di meno di otto anni, alle dimissioni. Tali resistenze originavano da divisioni ecclesiastiche non solo sul comportamenti da tenere nei confronti del fascismo, ma anche sugli atteggiamenti culturali e le scelte educative[2].

Montini profuse un attivo impegno nella FUCI con un'azione di profonda riorganizzazione della Federazione. Divenne così il bersaglio privilegiato delle accuse e denunce degli ambienti ecclesiastici ostili. La situazione degenerò al punto tale da convincerlo, a malincuore, a rinunciare all'incarico. Le dimissioni, presentate in febbraio, furono accettate e formalizzate il mese successivo[2]. Motivò la sua scelta con la difficoltà di conciliare quel ruolo con gli impegni, in effetti sempre crescenti, in Segreteria di stato[2].

Collaborazione con Pio XI e Pio XII

File:P9.jpg
Mons. Montini al fianco di Pio XII

Nel 1931, durante il suo lavoro nella FUCI, Montini aveva avuto l'incarico di visitare celermente Germania e Svizzera, per organizzare la diffusione dell'enciclica Non abbiamo bisogno, nella quale Pio XI condannava lo scioglimento delle organizzazioni cattoliche da parte del regime fascista. Nel 1933 ebbe termine il suo impegno di essere assistente ecclesiastico nazionale della FUCI[2].

Il 13 dicembre 1937 fu nominato sostituto della Segreteria di Stato; iniziò a lavorare strettamente al fianco del cardinale segretario di stato Eugenio Pacelli. Il 10 febbraio 1939, per un improvviso attacco cardiaco, Pio XI morì[3]. Alle soglie della seconda guerra mondiale, Eugenio Pacelli venne eletto pontefice con il nome di Pio XII.

Poche settimane dopo, Montini (sempre con il ruolo di sostituto) collaborò alla stesura del radiomessaggio di papa Pacelli del 24 agosto per scongiurare lo scoppio della guerra, ormai imminente; sono sue le storiche parole:

«Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra»

Durante tutto il periodo bellico svolse un'intensa attività nell'Ufficio informazioni del Vaticano occupandosi dello scambio di informazioni sui prigionieri di guerra sia civili che militari.

In questo periodo fu l'interlocutore principale delle autonome iniziative intentate in tutta segretezza dalla principessa Maria José di Savoia, nuora del re Vittorio Emanuele III, per stringere contatti con gli Americani ai fini di una pace separata. Tali iniziative, peraltro, non ebbero esito[4].

Il 19 luglio 1943 accompagna Pio XII nella visita al quartiere San Lorenzo colpito dai bombardamenti alleati. Nel 1944, alla morte del cardinale Luigi Maglione, il futuro papa assunse la carica di pro-segretario di Stato; insieme a Domenico Tardini (futuro segretario di stato di Giovanni XXIII), Montini si trovò a lavorare ancora più a stretto contatto con Pio XII.

Va ricordato che terminata la guerra vi furono violentissime polemiche relative al ruolo della Chiesa, e in particolare di Pio XII che fu accusato di aver mantenuto verso i tedeschi, cioè verso il Nazismo, un atteggiamento troppo distaccato, anzi sospetto di collaborazionismo. Montini fu investito appieno dalla tempesta, stante la centralità della sua posizione e la sua strettissima vicinanza al Papa, e si trovò a dover difendere se stesso ed il Pontefice dalle accuse di filo-nazismo.

Per contro, va menzionato che Montini si occupò più volte e a vario titolo dell'assistenza che la Chiesa forniva ai rifugiati ed agli ebrei (ai quali distribuì ripetute provvidenze economiche a nome di Pio XII), oltre ai 4.000 ebrei romani che la Chiesa di nascosto riuscì a salvare dalle deportazioni, azione che, secondo alcuni studiosi, la Chiesa non avrebbe potuto compiere se si fosse schierata apertamente contro la potenza bellica tedesca.

Al termine della seconda guerra mondiale, Montini era in piena attività per salvaguardare il mondo cattolico nello scontro con la diffusione delle idee marxiste; ma in modo meno aggressivo rispetto a molti altri esponenti[5]. Nelle elezioni amministrative del 1952 non fece mancare il suo appoggio ad uno dei politici che stimava di più, Alcide De Gasperi.

Il 29 novembre fu nominato pro-segretario di Stato per gli Affari straordinari.

Arcivescovo di Milano

Mons. Montini bacia il suolo milanese il giorno del suo ingresso in arcidiocesi (6 gennaio 1955)
Mons. Giovanni Battista Montini

Il 1º novembre 1954, dopo la morte di Alfredo Ildefonso Schuster, Pio XII lo nominò arcivescovo di Milano. A molti questo parve un allontanamento dalla Curia romana, perché improvvisamente egli venne estromesso dalla Segreteria di stato e assegnato all'arcidiocesi ambrosiana per precise disposizioni di papa Pacelli[6].

Tuttavia non esistono dati storicamente certi per interpretare questa decisione del Pontefice; ci fu chi parlò di “esilio” dalla Santa Sede, dando dunque una connotazione negativa alle disposizioni di papa Pacelli, però questa ipotesi non è l'unica né la più attendibile: il filosofo Jean Guitton ne parla in altri termini: la nuova missione che veniva affidata a Montini doveva essere una sorta di prova per verificare la sua forza e il suo carattere pastorale.

Montini fu consacrato vescovo il 12 dicembre in San Pietro dal cardinale Tisserant. Come arcivescovo di Milano seppe risollevare le precarie sorti della Chiesa lombarda in un momento storico difficilissimo, in cui emergevano i problemi economici della ricostruzione, l'immigrazione dal sud, il diffondersi dell'ateismo e del marxismo all'interno del mondo del lavoro. Se anche la grande Missione da lui proposta non ebbe il successo sperato, seppe coinvolgere anche le migliori forze economiche nel risollevamento della Chiesa; cercò il dialogo e la conciliazione con tutte le forze sociali e avviò una vera e propria cristianizzazione delle fasce lavoratrici, soprattutto attraverso le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI); e questo gli garantì notevoli simpatie.

La nomina a cardinale e l'elezione a Sommo Pontefice

Stemma cardinalizio di Giovanni Battista Montini.
Il cardinale Montini parla ai fedeli riuniti nella chiesa di San Carlo al Lazzaretto, a Milano, il 6 novembre 1959

Alla morte di Pio XII, il conclave elesse papa, il 28 ottobre 1958, l'anziano patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, il quale aveva grande stima di Montini, (fra i due vi era una consolidata amicizia fin dal 1925), tanto che lo inviò in molte parti del mondo a rappresentare il papa. Quando ancora era a Venezia, Roncalli scherzava coi suoi familiari dicendo: "ora resterebbe solo il papato, ma il prossimo papa sarà l'arcivescovo di Milano", segno della stima che provava per Montini e del fatto che si aspettava che, prima o poi, Pio XII lo nominasse cardinale, ma Papa Pacelli morì prima. Infatti, alla vigilia del conclave che lo avrebbe eletto, disse al suo segretario Loris Francesco Capovilla: "Se ci fosse stato Montini, non avrei avuto una sola esitazione, il mio voto sarebbe stato per lui"[7].

Montini fu il primo cardinale nella lista dei porporati creati da Giovanni XXIII nel Concistoro del 15 dicembre 1958. Del resto avevano avuto stretti rapporti di collaborazione quando erano entrambi arcivescovi, come testimonia una lettera quasi profetica, inviata da Roncalli a Montini nel giorno della sua consacrazione episcopale:

«Compiremo insieme il sacramentum voluntatis Christi di san Paolo (Efesini 1,9-10[8]). Esso impone l'adorazione della croce, ma ci riserba, accanto ad essa, una sorgente di ineffabili consolazioni anche per quaggiù, finché ci durerà la vita e il mandato pastorale. Cara e venerata Eccellenza, non so dire di più. Ma ciò che manca ad un più diffuso eloquio, Ella me lo legga nel cuore»

Il breve ma intenso pontificato di Giovanni XXIII vide Montini attivamente coinvolto, soprattutto come membro della commissione preparatoria del Concilio Vaticano II, aperto con una solenne celebrazione l'11 ottobre 1962. Il concilio però si interruppe il 3 giugno 1963 per la morte di papa Roncalli, malato da qualche mese.

Il Conclave che seguì si concluse con l'elezione di Montini, che assunse il nome di Paolo VI, il 21 giugno 1963. L'incoronazione si svolse in piazza San Pietro la sera di domenica 30 giugno 1963. Dopo la nomina comunico' subito l'intenzione di concludere il concilio Vaticano II seguendo quanto tracciato dal suo predecessore.

Due giorni dopo la nomina ricevette la visita di John F. Kennedy [9], il primo presidente cattolico degli Stati Uniti, che stava effettuando un giro delle capitali europee, tra cui la famosa visita a Berlino.

Pontificato

1963-1969

La tiara dell'incoronazione di Paolo VI, ora a Washington nella basilica della Immacolata Concezione
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30 giugno 1963: il cardinale Alfredo Ottaviani incorona Sommo Pontefice Paolo VI

Davanti a una realtà sociale che tendeva sempre più a separarsi dalla spiritualità, che andava progressivamente secolarizzandosi, di fronte a un difficile rapporto chiesa-mondo, Paolo VI seppe sempre mostrare con coerenza quali sono le vie della fede e dell'umanità attraverso le quali è possibile avviare una solidale collaborazione verso il bene comune.

Non fu facile mantenere l'unità della Chiesa cattolica, mentre da una parte gli ultratradizionalisti lo attaccavano accusandolo di aperture eccessive, se non addirittura di modernismo, e dall'altra parte i settori ecclesiastici più vicini alle idee socialiste lo accusavano d'immobilismo.

Di grande rilievo fu la sua scelta di rinunciare, nel 1964, all'uso della tiara papale, mettendola in vendita per aiutare, con il ricavato, i più bisognosi. Il cardinale Francis Joseph Spellman, arcivescovo di New York, la acquistò con una sottoscrizione che superò il milione di dollari, e da allora è conservata nella basilica dell'Immacolata Concezione di Washington. Eletto con un concilio in corso da portare a compimento, e con la non lieve eredità d'innovazione comunicativa instaurata dal suo predecessore, Paolo VI vestì la tiara con onerose difficoltà e responsabilità iniziali.

Uomo mite e riservato, dotato di vasta erudizione e, allo stesso tempo, profondamente legato a un'intensa vita spirituale, seppe proseguire il percorso innovativo iniziato da Giovanni XXIII, consentendo una riuscita prosecuzione del Concilio Vaticano II.

Paolo VI al Concilio Vaticano II
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Il patriarca ortodosso Atenagora I incontrò Paolo VI nel 1964. Il colloquio segnò un riavvicinamento tra il cristianesimo ortodosso e il cattolicesimo che portò alla Dichiarazione comune cattolico-ortodossa del 1965

Portò a compimento il Concilio Vaticano II, aperto dal suo predecessore, con grande capacità di mediazione, garantendo la solidità dottrinale cattolica in un periodo di rivolgimenti ideologici ed aprendo fortemente verso i temi del Terzo mondo e della pace. Da una parte appoggiò l'"aggiornamento" e la modernizzazione della Chiesa, ma dall'altra, come tenne a sottolineare, il 29 giugno 1978, in un bilancio a pochi giorni della morte, la sua azione pontificale aveva tenuto quali punti fermi la "tutela della fede" e la "difesa della vita umana"[2].

Particolarmente significativo fu il suo primo viaggio, in Terrasanta nel gennaio 1964. Per la prima volta un pontefice viaggiava in aereo, e tornava nei luoghi della vita di Cristo. Durante il viaggio indossò la Croce pettorale di San Gregorio Magno, conservata nel Duomo di Monza. In occasione di questa visita abbracciò il patriarca ortodosso di Costantinopoli Atenagora I, recatosi anch'esso in Palestina appositamente per questo incontro. Il rapporto tra i due portò a un riavvicinamento tra le due chiese scismatiche, suggellato con la Dichiarazione comune cattolico-ortodossa del 1965.

Il 27 marzo 1965, Paolo VI in presenza di mons. Angelo Dell'Acqua, lesse il contenuto di una busta sigillata, che in seguito rinviò all'Archivio del Sant'Uffizio con la decisione di non pubblicare il contenuto. In questa lettera era scritto il Terzo segreto di Fatima.

Durante tutto il suo pontificato, la tensione tra il primato papale e la collegialità episcopale rimase fonte di dissenso. Il 14 settembre 1965, anche per effetto dei risultati conciliari, Paolo VI annunciò la convocazione del Sinodo dei Vescovi, escludendo però dall'ambito di questo nuovo organismo la trattazione di quei problemi riservati al papa, dei quali apprestò una ridefinizione.

Concluso il Concilio l'8 dicembre 1965, si aprì però un periodo difficilissimo per la Chiesa cattolica, che si trovò in un periodo storico e culturale di forte antagonismo tra i difensori di un cattolicesimo tradizionale che attaccavano gli innovatori accusandoli di diffusione di ideologie marxiste, laiciste e anticlericali. La stessa società civile era attraversata da forti scontri e contrasti politici e sociali, che sfoceranno nel sessantotto in quasi tutto il mondo occidentale.

Celebre la sua frase:"Aspettavamo la primavera, ed è venuta la tempesta".

"Anello del Concilio", 6 dicembre 1965: Paolo VI offre un anello aureo semplice ai Padri conciliari: Cristo, Pietro e Paolo sotto la Croce

Nel 1966, Paolo VI abolì, dopo quattro secoli, e non senza contestazioni da parte dei porporati più conservatori, l'indice dei libri proibiti. A Natale celebrò la Messa in una Firenze ferita dall'alluvione del 4 novembre, definendo il Crocifisso di Cimabue «la vittima più illustre». Nel 1967 annunciò l'istituzione della Giornata mondiale della pace, che si celebrò la prima volta il 1º gennaio 1968[10] .

Il tema del celibato sacerdotale, sottratto al dibattito della quarta sessione del concilio, divenne oggetto di una sua specifica enciclica, la Sacerdotalis Caelibatus del 24 giugno 1967, nella quale papa Montini riconfermò quanto decretato in merito dal Concilio di Trento.

Molto più complesse furono le questioni del controllo delle nascite e della contraccezione, trattate nella Humanae Vitae del 25 luglio 1968, la sua ultima enciclica.

Il dibattito lacerante che si innestò nella società civile su queste posizioni, in un'epoca in cui il cattolicesimo vedeva sorgere fra i fedeli dei distinguo di laicismo, ha appannato la sua autorevolezza nei rapporti con il mondo laico. In tale frangente si guadagnò il nomignolo di Paolo Mesto. Tuttavia Paolo VI non mancò di smentire quelle posizioni che volevano attribuire al suo operato un tono dubbioso, amletico o malinconico, asserendo che:

«è contrario al genio del cattolicesimo, al regno di Dio, indugiare nel dubbio e nell'incertezza circa la dottrina della fede»

La notte di Natale del 1968 Paolo VI si recò a Taranto e celebrò la messa di mezzanotte nelle acciaierie dell'Italsider: fu la prima volta che la messa di Natale venne celebrata in un impianto industriale (evento documentato dal breve filmato di Franco Morabito intitolato L'acciaio di Natale[11]). Con questo gesto il pontefice volle rilanciare l'amicizia tra Chiesa e mondo del lavoro in tempi difficili.

1968: l'enciclica Humanae Vitae

Lo stesso argomento in dettaglio: Humanae Vitae.

Una delle questioni più rilevanti, per la quale papa Montini stesso dichiarò di non aver mai sentito così pesanti gli oneri del suo alto ufficio, fu quella della contraccezione, con la quale si precludeva alla vita coniugale la finalità della procreazione.

Il Pontefice non poté mettere in disparte il problema, e per la sua gravità destinò al proprio personale giudizio, lo studio di tutte le implicazioni di tipo morale legate a tale argomento. Per avere un quadro completo, decise di avvalersi dell'ausilio di una Commissione di studio, istituita in precedenza da papa Giovanni XXIII, che egli ampliò.

La decisione sul da farsi era molto onerosa, soprattutto perché alcuni misero in dubbio la competenza della Chiesa su temi non strettamente legati alla dottrina religiosa. Tuttavia il Papa ribatté a queste critiche, che il Magistero ha facoltà d'intervento, oltre che sulla legge morale evangelica, anche su quella naturale: quindi la Chiesa doveva necessariamente prendere una posizione in merito.

Buona parte della Commissione di studio si mostrò a favore della "pillola cattolica" (come venne soprannominata), ma una parte di essa non condivise questa scelta, ritenendo che l'utilizzo degli anticoncezionali andasse a violare la legge morale, poiché, attraverso il loro impiego, la coppia scindeva la dimensione unitiva da quella procreativa. Paolo VI appoggiò questa posizione e, riconfermando quanto aveva già dichiarato papa Pio XI nell'enciclica Casti Connubii, decretò illecito per gli sposi cattolici l'utilizzo degli anticoncezionali di natura chimica o artificiale:

Paolo VI bacia un Gesù bambino durante la notte di Natale

«Richiamando gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita. [...] In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l'interruzione diretta del processo generativo già iniziato, e soprattutto l'aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. È parimenti da condannare, come il magistero della Chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea, tanto dell'uomo che della donna. È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione.»

Ma nella stessa, nel paragrafo Paternità responsabile, si dice:

«In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita. Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all'ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è vera interprete.»

Questa decisione di papa Montini ricevette molte critiche. Tuttavia, Paolo VI non ritrattò mai il contenuto dell'enciclica, motivando in questi termini a Jean Guitton le proprie ragioni:

«Noi portiamo il peso dell'umanità presente e futura. Bisogna pur comprendere che, se l'uomo accetta di dissociare nell'amore il piacere dalla procreazione (e certamente oggi lo si può dissociare facilmente), se dunque si può prendere a parte il piacere, come si prende una tazza di caffè, se la donna sistemando un apparecchio o prendendo "una medicina" diventa per l'uomo un oggetto, uno strumento, al di fuori della spontaneità, delle tenerezze e delle delicatezze dell'amore, allora non si comprende perché questo modo di procedere (consentito nel matrimonio) sia proibito fuori dal matrimonio. La Chiesa di Cristo, che noi rappresentiamo su questa terra, se cessasse di subordinare il piacere all'amore e l'amore alla procreazione, favorirebbe una snaturazione erotica dell'umanità, che avrebbe per legge soltanto il piacere.»

I viaggi

Lo stesso argomento in dettaglio: Viaggi di Paolo VI.
Stati visitati da Paolo VI

Paolo VI fu il primo papa a viaggiare in aereo: volò per raggiungere terre lontanissime, come nessuno dei suoi predecessori aveva ancora fatto; è stato il primo papa a visitare tutti i cinque continenti.
Questi i paesi esteri visitati durante il pontificato:

Questi, invece, i pellegrinaggi in Italia:

L'attentato

Il 28 novembre 1970, nel corso del viaggio nel Sud-est asiatico, appena atterrato all'aeroporto della capitale delle Filippine, il pontefice fu vittima di un attentato da parte del pittore boliviano Benjamin Mendoza che, munito di un kriss, lo ferì al costato. Ulteriori danni furono evitati grazie al provvidenziale intervento del segretario personale, Pasquale Macchi[12].

La maglietta insanguinata indossata dal Papa al momento dell'attentato è conservata in un reliquiario realizzato dalla scuola di arte sacra Beato Angelico di Milano[13] ed è stata esposta durante la cerimonia della sua beatificazione[14].

Nella cattedrale di Manila è conservata la Croce Astile (opera dello scultore Felice Mina) dono di Sua Santità in segno di riconoscimento.

1970-1978

Paolo VI in visita a Venezia 1972 con il patriarca Albino Luciani.
Il papa nel 1977

Il 16 settembre del 1972 Paolo VI fece una breve visita pastorale a Venezia durante la quale incontrò l'allora patriarca Albino Luciani e celebrò la Messa in piazza San Marco; al termine della celebrazione papa Montini si tolse la stola papale, la mostrò alla folla e successivamente la mise sulle spalle del patriarca Luciani davanti alla piazza, facendolo imbarazzare visibilmente. Il gesto del Pontefice, inteso da molti come "profetico", non fu ripreso dalle telecamere, che avevano già chiuso il collegamento, ma fu documentato da numerose fotografie. Quell'anno celebro' la messa di Natale a [Ponzano]] tra i minatori rispondendo ad un invito del parroco.

Il 24 dicembre 1974 Paolo VI inaugurò l'Anno santo del 1975. Durante la cerimonia di apertura della porta santa, in diretta televisiva con la regia di Zeffirelli, pesanti calcinacci si staccarono e caddero davanti al papa senza urtarlo.

Il 17 settembre 1977 Paolo VI si recò nella città di Pescara in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale. Fu una delle sue ultime visite fuori dal territorio romano, ma rimase impressa nel ricordo dei presenti per un curioso avvenimento. In una intervista rilasciata in occasione del XXX anniversario di quell'evento, Mons. Antonio Iannucci, allora titolare dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne, così ricorda l'arrivo del Pontefice sul luogo previsto per le Celebrazioni Eucaristiche (la grande Rotonda in riva al mare):

«“Appena Pietro salì sulla barca il vento cessò” - racconta il Vangelo - e così avvenne anche a Pescara. Fino a qualche istante prima il cielo era piovoso, ma con l'arrivo del Papa alla Rotonda la pioggia cessò e apparve un meraviglioso arcobaleno.»

Il giornalista Giuseppe Montebello racconta l'accaduto con maggiore dovizia di particolari:

«Il Papa arrivò a Pescara sotto una pioggia battente, ma al Pontefice non mancò l'entusiasmo, l'esultanza e la commozione della gente. Alla Rotonda, poi, ci fu un'autentica esplosione di devozione e di affetto al Vicario di Cristo. Indossati i paramenti per la celebrazione della Messa, mentre il Papa stava per salire sull'altare, la pioggia cessò di cadere e, dietro il palco, gremito di autorità, cardinali, vescovi e sacerdoti, sbucò, nel mezzo del Mare Adriatico, uno stupendo arcobaleno nel cielo, all'improvviso, diventato azzurro!»

Paolo VI all'uscita dall'udienza generale del 29 giugno 1978, un mese prima della morte
Paolo VI legge il suo discorso in occasione del rito funebre in memoria di Aldo Moro

Durante il Sequestro Moro, il 16 aprile 1978 Paolo VI implorò personalmente e pubblicamente, con una lettera diffusa su tutti i quotidiani nazionali il 21 aprile, la liberazione "senza condizioni" dello statista e caro amico Aldo Moro, rapito dagli "uomini delle Brigate Rosse" alcune settimane prima.

Ma a nulla valsero le sue parole: il cadavere di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio 1978, nel bagagliaio di una Renault color amaranto, in Via Caetani a Roma, a pochi metri dalle sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano.

La salma di Moro fu portata dalla famiglia a Torrita Tiberina per un funerale riservatissimo; ma il 13 maggio, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, alla presenza di tutte le autorità politiche, si celebrò un rito funebre in suffragio dell'onorevole, al quale prese parte anche il Pontefice. Ci fu chi eccepì, soprattutto nella Curia, che non rientra nella tradizione che un papa partecipi a una messa esequiale, soprattutto se di un uomo politico (si cita, a proposito, il caso di Alessandro VI che non partecipò nemmeno ai funerali del figlio Giovanni), ma Paolo VI non mostrò interesse verso queste critiche. Il Papa, provato dall'evento, recitò un'omelia ritenuta da alcuni una delle più alte nell'omiletica della Chiesa moderna[15]. Questa omelia inizia con un sommesso rimprovero a Dio ma prosegue affidandosi nuovamente alla misericordia del Padre:

«Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il "De profundis", il grido, il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!»»

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Tomba di Paolo VI nelle Grotte Vaticane

Il suo stato di salute si deteriorò da allora progressivamente e tre mesi dopo, il 6 agosto 1978, alle 21:40, si spense nella residenza di Castel Gandolfo a causa di un edema polmonare.

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Nuova Tomba del Beato Paolo VI nelle Grotte Vaticane

Lasciò un testamento, scritto il 30 giugno 1965, salvo due successive lievi aggiunte. Fu reso noto all'indomani della morte, l'11 agosto. In esso egli confida le sue paure, la sua esperienza di vita, le sue debolezze, ma anche le proprie gioie per una vita donata al servizio di Cristo e della Chiesa.

«Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara. [...] Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? [...] E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d'amore [...] ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore»

Chiese un funerale sobrio, senza riti particolari. Lasciò scritto, infatti, circa i suoi funerali:

«[...] siano pii e semplici [...] La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.»

La sua bara fu semplicissima, senza decori, di legno chiaro, deposta a terra sul sagrato di Piazza San Pietro; sopra di essa, un Vangelo aperto e sfogliato dal vento. Fu la prima volta che un funerale di un Pontefice si svolse con un rito così sobrio. Sarà lo stesso per i suoi due successori, i quali non mancheranno di richiamarsi a Paolo VI e citarlo come loro guida spirituale nell'esercizio dell'attività pontificale.

Un papa riservato

Paolo VI, sulla sedia gestatoria, al termine dell'ultima sessione del Concilio Vaticano II.

In confronto al predecessore Giovanni XXIII, che aveva goduto d'una popolarità d'ampiezza internazionale, Paolo VI ebbe un'immagine pubblica diversa: apparve spesso come un pontefice più distaccato. Se Giovanni XXIII sembrò in molte situazioni gioviale e spontaneo, papa Montini si dimostrò alla pubblica opinione dignitoso e riflessivo, e poté a volte apparire austero e controllato.

Schiacciato tra i grandi pontefici delle masse come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Paolo VI si distinse per il suo comportamento pacato e signorile, e fu più preoccupato, forse, della riflessione, della formazione e del dialogo culturale (in senso largo) che dei gesti semplificati e d'effetto imposti o suggeriti (a quel tempo, peraltro, meno d'oggi) dalla società di massa.

A ogni modo, egli si dovette occupare di attuare e ampliare le innovazioni cominciate da papa Roncalli, e in ciò incontrò gravi difficoltà. Pesò in questo, oltre all'indole stessa del papa, anche la sua intrinseca tendenza alla moderazione e al dialogo, se non all'equidistanza, che inevitabilmente lo portò a esser poco accetto, talvolta, alle diverse tendenze culturali, politiche e teologiche.

Papa Montini aveva appreso dai suoi studi diplomatici l'attitudine alla mediazione, all'attesa della fisiologica sedimentazione delle emergenze; egli sembrò a qualcuno un valente temporeggiatore, secondo un'antica tradizione curiale. Non di rado la sua figura apparve alle opposte fazioni viziata da una sorta di timore della conflittualità e racchiusa in un'altèra rarefazione, che sfuggiva lo scontro frontale, da molti ritenuto inevitabile, con le opposizioni: opposizioni che, su fronti distinti, presentavano riserve fra loro antagoniste, e nessuna di poco conto.

Da una parte vi erano gli ambienti dell'estremismo liberale, contrari alla dottrina tradizionale riaffermata da Paolo VI fra l'altro sul controllo delle nascite e in genere in materia morale, sul celibato sacerdotale, sull'eucaristia; dall'altra i conservatori e i tradizionalisti, della cui corrente estrema fu esponente di punta monsignor Marcel Lefebvre, che rimproverava al papa di tradire secoli d'insegnamento cristiano, affossando non solo la Messa tridentina ma l'intera Tradizione della Chiesa.

Testimonianze di coloro che lo conobbero più da vicino lo descrissero peraltro come un uomo colto e brillante, profondamente spirituale, umile e riservato, un uomo di "cortesia infinita", fedele alle amicizie, di grande e ricca umanità. Intellettuale raffinato, diplomatico e politico avvezzo all'equilibrio e al dialogo paziente, aristocratico di vecchia scuola italiana ed europea, uomo dalla spiritualità tormentata e sottile, papa Montini non poteva, forse, esser pienamente apprezzato nel clima, d'estrema semplificazione e saturo d'emotività, della società e cultura di massa.

Concistori

Lo stesso argomento in dettaglio: Concistori di Papa Paolo VI.

Principali incontri e udienze

Paolo VI sorridente.

Furono numerose le personalità del mondo civile, politico e religioso che Paolo VI incontrò durante il suo pontificato. Fra questi:

Riforme e innovazioni

Fra le riforme e le innovazioni apportate da Paolo VI nelle strutture e nella vita della Chiesa si possono ricordare l'istituzione dei seguenti organismi:

Come già ricordato, a Paolo VI si deve anche la riforma del Sant'Uffizio, che nel 1965 prese il nome di Congregazione per la dottrina della fede, e, nel 1967, l'istituzione della Giornata mondiale della pace[16].

Poco prima del centenario della fine del potere temporale sciolse tutti i rimanenti corpi armati pontifici, lasciando in attività' solamente la Guardia svizzera.

L'accusa di omosessualità

Nel 1976 Montini fu accusato di avere avuto una relazione con l'attore Paolo Carlini, risalente ai tempi dell'episcopato ambrosiano e proseguita anche in seguito all'elezione al soglio petrino, relazione che sarebbe stata al centro di un presunto ricatto ai danni del pontefice[17]. Il responsabile dell'outing fu Roger Peyrefitte, in risposta a una condanna dell'omosessualità da parte del papa. Biagio Arixi, amico del Carlini, ne parlò nel suo libro Peccati scarlatti. Durante la Quaresima dello stesso anno, Paolo VI vi fece riferimento: «Noi sappiamo che il nostro Cardinale Vicario e poi la Conferenza Episcopale Italiana vi hanno invitati a pregare per la nostra umile persona, fatta oggetto di scherno e di orribili e calunniose insinuazioni di certa stampa, irriguardosa dell’onestà e della verità.»[18].

Paolo VI nel ricordo dei suoi successori

Paolo VI impone la berretta cardinalizia ad Albino Luciani
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Paolo VI impone la berretta cardinalizia a Karol Wojtyła
Paolo VI consegna l'anello cardinalizio a Joseph Ratzinger
Statua di Paolo VI nel chiostro del Santuario bresciano delle Grazie, dove don Battista celebrò la sua prima messa il 30 maggio 1920

I tre successori di Paolo VI furono da lui stesso elevati al rango cardinalizio: Albino Luciani (5 marzo 1973), Karol Wojtyła (26 giugno 1967) e Joseph Ratzinger (27 giugno 1977) [19].

Con queste parole hanno ricordato l'illustre predecessore:

«Un mese giusto fa, a Castel Gandolfo, moriva Paolo VI, un grande Pontefice, che ha reso alla Chiesa, in 15 anni, servizi enormi. Gli effetti si vedono in parte già adesso, ma io credo che si vedranno specialmente nel futuro. Ogni mercoledì, Egli veniva qui e parlava alla gente. Nel Sinodo 1977 parecchi vescovi hanno detto: "i discorsi di papa Paolo del mercoledì sono una vera catechesi adatta al mondo moderno". Io cercherò di imitarlo, nella speranza di poter anch'io, in qualche maniera, aiutare la gente a diventare più buona.»

«Tutta la vita di Paolo VI fu piena di una adorazione e venerazione verso l'infinito mistero di Dio. Proprio così vediamo la sua figura nella luce di tutto ciò che ha fatto ed insegnato; e la vediamo sempre meglio, a misura che il tempo ci allontana dalla sua vita terrestre e dal suo ministero.»

«Tutta la vita di questo “servo dei servi di Dio” fu un pellegrinaggio; un'aspirazione, nella fede, a ciò che è infinito e invisibile: a Dio, che è invisibile e che si è rivelato a noi in Gesù Cristo, Suo Figlio. Fu un'aspirazione alla eternità. Paolo VI seguì la chiamata di Cristo; camminò per la via della fede indicatagli da Lui e su questa via guidò gli altri [...]. In questa aspirazione spirituale, vigilò con la vigilanza di un servo fedele. Tutta la sua vita ha dato testimonianza di questa aspirazione e di questa vigilanza.»

«Ora, cari amici, vi invito a fare insieme con me memoria devota e filiale del Servo di Dio, il Papa Paolo VI, di cui, fra tre giorni, commemoreremo il XXX anniversario della morte. Era infatti la sera del 6 agosto 1978 quando egli rese lo spirito a Dio; la sera della festa della Trasfigurazione di Gesù, mistero di luce divina che sempre esercitò un fascino singolare sul suo animo.

Quale supremo Pastore della Chiesa, Paolo VI guidò il popolo di Dio alla contemplazione del volto di Cristo, Redentore dell'uomo e Signore della storia. E proprio l'amorevole orientamento della mente e del cuore verso Cristo fu uno dei cardini del Concilio Vaticano II, un atteggiamento fondamentale che il venerato mio predecessore Giovanni Paolo II ereditò e rilanciò nel grande Giubileo del 2000.

Al centro di tutto, sempre Cristo: al centro delle Sacre Scritture e della Tradizione, nel cuore della Chiesa, del mondo e dell'intero universo. La Divina Provvidenza chiamò Giovanni Battista Montini dalla Cattedra di Milano a quella di Roma nel momento più delicato del Concilio, quando l'intuizione del beato Giovanni XXIII rischiava di non prendere forma.

Come non ringraziare il Signore per la sua feconda e coraggiosa azione pastorale? Man mano che il nostro sguardo sul passato si fa più largo e consapevole, appare sempre più grande, direi quasi sovrumano, il merito di Paolo VI nel presiedere l'Assise conciliare, nel condurla felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post-Concilio.

Potremmo veramente dire, con l'apostolo Paolo, che la grazia di Dio in lui “non è stata vana” (cfr 1 Cor 15,10): ha valorizzato le sue spiccate doti di intelligenza e il suo amore appassionato alla Chiesa ed all'uomo. Mentre rendiamo grazie a Dio per il dono di questo grande Papa, ci impegniamo a far tesoro dei suoi insegnamenti.»

Causa di beatificazione

Facciata del Santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia

Per volere di papa Giovanni Paolo II, l'11 maggio 1993, il cardinale Camillo Ruini, al tempo vicario per la Città di Roma, ha aperto il processo diocesano per la sua causa di beatificazione di Paolo VI.

Il 10 dicembre 2012 la consulta della Congregazione per le Cause dei Santi ha espresso formalmente il suo parere favorevole. Il 20 dicembre 2012 papa Benedetto XVI, ricevendo in udienza privata il cardinale Angelo Amato, S.D.B., prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha autorizzato la medesima congregazione a promulgare il decreto riguardante le sue virtù eroiche. Ora Paolo VI ha assunto il titolo di Venerabile[20][21].

Attualmente si stanno vagliando alcuni interventi prodigiosi attribuiti all'intercessione di Papa Montini per giungere al riconoscimento del miracolo che gli consentirà di essere proclamato Beato. La sede diocesana della causa di beatificazione è presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Brescia[22]. Il postulatore e referente è padre Antonio Marrazzo[23].

Il 6 maggio 2014 viene diffusa la notizia della sua beatificazione. Infatti gli è stato attribuito il miracolo della guarigione, scientificamente inspiegabile, di un bambino che avrebbe dovuto nascere con dei problemi fisici[24]. Viene beatificato il 19 ottobre 2014 da papa Francesco in una celebrazione, tenutasi in piazza San Pietro, a conclusione del Sinodo dei vescovi straordinario sulla famiglia[1].

Opere di Paolo VI

Documenti ed Encicliche

Lo stesso argomento in dettaglio: Documenti di Paolo VI.
File:500 Lire à l'effigie de Paul VI, 1964.jpg
Moneta da 500 lire con l'effigie di Paolo VI (1964).
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Gigantografia di Paolo VI esposta sulla facciata della Basilica di San Pietro in occasione della beatificazione.

Durante il suo pontificato si ricordano sette encicliche

Di tutte le encicliche, la Populorum Progressio fu certamente quella più celebre e che riscosse le maggiori approvazioni. Per la prima volta dalla Rerum novarum di Leone XIII (1891) un pontefice riaffrontava in modo specifico, quasi analitico, i problemi di una società mai, come in questi anni, in rapida trasformazione. Celebri i passi:

«È come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.»

«I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia.»

In alcuni ambienti tradizionalisti questo documento venne tacciato di essere vicino ad una dottrina sociale troppo clemente verso la sinistra e il suo pensiero. All'indomani di quest'enciclica, il quotidiano del MSI il Secolo d'Italia titolò in tono polemico: "Avanti Populorum!". In pratica, si ripeté la critica avanzata a Giovanni XXIII con l'enciclica Pacem in Terris, (ribattezzata sempre negli stessi ambienti "Falcem in terris"). Le due encicliche vennero studiate dai due Pontefici con gli stessi collaboratori.

Altri documenti

Assai numerose sono anche le lettere apostoliche, le esortazioni e le costituzioni.
Fra le altre ricordiamo:

  • la lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971) per l'80º dell'enciclica di Leone XIII Rerum Novarum;
  • le esortazioni apostoliche Marialis cultus (2 febbraio 1974) sul culto alla Madonna; Gaudete in Domino (9 maggio, 1975), sul tema della gioia cristiana; ed Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), che tratta la questione della corretta concezione di liberazione e salvezza.

Centro Internazionale di Studi dell'Istituto Paolo VI

Subito dopo la sua scomparsa per conservare il ricordo della personalità di Paolo VI l'Opera per l'Educazione Cristiana di Brescia avanzò la proposta di fondare una specifica istituzione, al fine di promuovere lo studio scientifico e storico della figura di papa Montini: per delibera del vescovo di Brescia e con riconoscimento giuridico del Presidente della Repubblica, nacque nel 1978 l'Istituto internazionale di studi e documentazione Paolo VI.

Giovanni Paolo II, ricevendo in udienza i Comitati dell'Istituto il 26 maggio 1980, li esortò a studiare e approfondire la conoscenza del pensiero e della vita di Paolo VI, asserendo che:

«la sua eredità spirituale continua ad arricchire la Chiesa e può alimentare le coscienze degli uomini d'oggi tanto bisognose di "parole di vita eterna".»

Questo importante centro è al giorno d'oggi la sede principale, a livello mondiale, per lo studio della vita, degli anni e delle opere di Paolo VI, con una biblioteca specializzata (in costante aggiornamento) e un vastissimo archivio di autografi paolini editi e inediti, donati in maggior parte da mons. Pasquale Macchi, ex segretario personale di Paolo VI e suo esecutore testamentario[25].

Inoltre l'Istituto promuove colloqui e giornate di studio e cura la traduzione delle opere montiniane in diverse lingue. Nel 2009 l'Istituto ha trasferito la propria sede da Brescia a Concesio. Dopo la scomparsa di Giuseppe Camadini, attuale Presidente dell'Istituto è don Angelo Maffeis[26]. La casa editrice ufficiale dell'Istituto è la romana Studium.

Genealogia episcopale

Lo stesso argomento in dettaglio: Genealogia episcopale.

Riconoscimenti

Laurea honoris causa in Giurisprudenza. (1960) [27] - nastrino per uniforme ordinaria
Laurea honoris causa in Giurisprudenza. (1960) [27]

Ascendenza

Giovanni Battista Montini
(beato Paolo VI, papa)
Padre:
Giorgio Montini
Nonno paterno:
Ludovico Montini
Bisnonno paterno:
Gaetano Montini
Trisnonno paterno:
Carlo Montini
Trisnonna paterna:
Agnese Redolfi
Bisnonna paterna:
Maddalena Pievani
Trisnonno paterno:
Trisnonna paterna:
Nonna paterna:
Francesca Buffoli
Bisnonno paterno:
Trisnonno paterno:
Trisnonna paterna:
Bisnonna paterna:
Trisnonno paterno:
Trisnonna paterna:
Madre:
Giuditta Alghisi
Nonno materno:
Giovanni Battista Alghisi
Bisnonno materno:
Trisnonno materno:
Trisnonna materna:
Bisnonna materna:
Trisnonno materno:
Trisnonna materna:
Nonna materna:
Bisnonno materno:
Trisnonno materno:
Trisnonna materna:
Bisnonna materna:
Trisnonno materno:
Trisnonna materna:

Onorificenze

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Onorificenze della Santa Sede

Gran Maestro dell'Ordine Supremo del Cristo - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Maestro dell'Ordine Piano - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Maestro dell'Ordine di San Gregorio Magno - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Maestro dell'Ordine di San Silvestro Papa - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze italiane

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al merito della Croce Rossa Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Per l'opera di soccorso svolta durante la seconda guerra mondiale»

Onorificenze straniere

Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca (Repubblica Federale Tedesca) - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Croce dell'Ordine di Carlo III (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria

Note

  1. ^ a b Promulgazione di Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi, 10.05.2014.
  2. ^ a b c d e f Giovanni Maria Vian, Paolo VI, in Enciclopedia dei Papi (2010)
  3. ^ Montini fu il primo ad essere chiamato al capezzale del papa morente.
  4. ^ Dino Grandi, Renzo De Felice (a cura di), 25 luglio, quarant'anni dopo, Bologna, Il Mulino, 1983, pag. 36.
  5. ^ Svolse tuttavia un ruolo decisivo per ostacolare l'attività di don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, che accusato di una visione troppo aperta ad istanze sociali, trovò ostacolo sia nella Chiesa (appunto Montini) che nello Stato (Scelba). Questo forse gli costò la carriera in quanto non ben visto dai più conservatori.
  6. ^ Tra l'altro è da notare che nemmeno nel Concistoro del 1953 i due sostituti alla Segreteria di Stato, Montini e Domenico Tardini, erano stati nominati cardinali.
  7. ^ http://www.repubblica.it/esteri/2014/10/17/news/paolo_vi_domenica_beato_un_papa_giusto_che_meditava_e_poi_decideva_senza_tornare_indietro-98369973/
  8. ^ Ef 1,9-10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  9. ^ Paolo VI beato
  10. ^ Testo del messaggio di istituzione della giornata della pace
  11. ^ Ritrasmesso da Blob il 25 dicembre 2012
  12. ^ Intervista a Pasquale Macchi
  13. ^ Reliquiari del Beato Paolo VI
  14. ^ Vatican Insider 14 ottobre 2014
  15. ^ Miguel Gotor, 9 maggio 1978: lo schiaffo a Paolo VI. Storia e fallimento della mediazione vaticana per la liberazione, in: Cristiani d'Italia (2011) Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
  16. ^ Testo del messaggio di istituzione della giornata della pace
  17. ^ Dossier su un tentato ricatto a Paolo VI, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 23 ottobre 2011.
  18. ^ Paolo VI, Angelus Domini, Domenica,4 aprile 1976
  19. ^ in Totale nel corso del suo pontificato nominerà' 143 cardinali
  20. ^ Promulgazione di decreti della Congregazione delle Cause dei Santi
  21. ^ Riconosciute le virtù eroiche di Paolo VI
  22. ^ Diocesi Brescia. Lettera del Vescovo: Il Santuario delle Grazie Sede diocesana della Causa di beatificazione del Servo di Dio Papa Paolo VI
  23. ^ Intervista a Padre Antonio Marrazzo
  24. ^ Paolo VI sarà beato, riconosciuto il suo miracolo
  25. ^ Sito istituzionale dell'Istituto Paolo VI
  26. ^ Nuove nomine del Centro Studi dell'Istituto Paolo VI (29 settembre 2012)
  27. ^ http://www.archives.nd.edu/Commencement/1960-06-05_Commencement.pdf
  28. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia

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  • L. Sapienza, Paolo VI.L'anno della fede, Edizioni Vivere In

Documentari

  • Paolo VI. Papa del dialogo, Video VHS, San Paolo Audiovisivi - Cultura Religiosa, a cura di Paolino Campus.
  • Paolo VI, il Papa dimenticato di Rai 3 "La grande storia" a cura di Luigi Bizzarri con Paola Lasi; in onda il 13 dicembre 2006.

Filmografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Papa della Chiesa cattolica Successore
Papa Giovanni XXIII 21 giugno 1963 - 6 agosto 1978 Papa Giovanni Paolo I

Predecessore Sostituto per gli Affari Generali alla Segreteria di Stato Successore
Filippo Cortesi 13 dicembre 1937 - 17 febbraio 1953 Angelo Dell'Acqua

Predecessore Arcivescovo di Milano Successore
Alfredo Ildefonso Schuster 1º novembre 1954 - 21 giugno 1963 Giovanni Colombo

Predecessore Cardinale presbitero dei Santi Silvestro e Martino ai Monti Successore
Alfredo Ildefonso Schuster 18 dicembre 1958 - 21 giugno 1963 Giovanni Colombo

Predecessore Prefetto della Congregazione del Sant'Uffizio Successore
Papa Giovanni XXIII 21 giugno 1963 - 7 dicembre 1965 Alfredo Ottaviani

Predecessore Prefetto della Sacra Congregazione Concistoriale Successore
Papa Giovanni XXIII 21 giugno 1963 - 15 agosto 1967 Carlo Confalonieri

Predecessore Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali Successore
Papa Giovanni XXIII 21 giugno 1963 - 15 agosto 1967 Gustavo Testa
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