Enos (patriarca)
Enos (Beth Garmai, ... – Baghdad, 23 maggio 884) è stato un vescovo cristiano orientale siro, metropolita di Mosul e Erbil e patriarca della Chiesa d'Oriente dall'877 all'884.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nativo del Beth Garmai,[1] fu eletto metropolita di Mosul e Erbil dal patriarca Sergio (860-870).[2]
Alla morte di quest'ultimo, la sede patriarcale rimase vacante per oltre 4 anni. Molti erano i pretendenti al trono, sostenuti dalle proprie famiglie, rivali tra loro, e uno di questi, Israele di Kaskar, riuscì a farsi eleggere, ma il governatore musulmano di Baghdad lo invitò a ritirarsi.[3] Mari racconta che uno dei sostenitori del metropolita Enos aggredì Israele schiacciandogli così forte i testicoli, che lo portarono alla morte 40 giorni dopo.[4]
Alla fine venne eletto Enos, che ricevette la consacrazione patriarcale il 13 gennaio 877[3] e pose la sua residenza a Dayr al-Jāthalīq (noto nelle fonti siriache con il nome di monastero di Klilisho). [5]
Si conosce poco del patriarcato di Enos. Lo storico Mari riferisce che esercitò il diritto di arbitrato in una disputa sorta tra i nestoriani di Al-Hira e di Kaskar, e che la sua sentenza entrò nel codice dei canoni della Chiesa d'Oriente.[4]
L'evento più notevole del regno di Enos fu la "scoperta" nell'878 a Birmantha, da parte di un monaco nestoriano di nome Habib, di un trattato vecchio di quasi duecentocinquanta anni, scritto in arabo su una pelle di bue ingiallita, stipulato tra Maometto e i cristiani di Najrān. Questo trattato, che portava il sigillo del profeta, prometteva ai cristiani libertà di culto, esenzione dal servizio militare e privilegi per i monaci e le donne.[6] Alcuni studiosi moderni ritengono che questo trattato sia un falso, redatto dai cristiani nel tentativo di garantirsi un trattamento migliore sotto il dominio musulmano.[7]
Enos morì il 23 maggio 884.[8]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (LA) Michel Le Quien, Oriens christianus in quatuor Patriarchatus digestus, Parigi, 1740, Tomo II, col. 1132 (n. LII).
- ^ (FR) Jean-Maurice Fiey, Assyrie chrétienne. Contribution à l'étude de l'histoire et de la géographie ecclésiastiques et monastiques du nord de l'Iraq, vol. I, Beyrouth, 1965, p. 72,
- ^ a b (FR) Fiey, Chrétiens syriaques sous les Abbassides, p. 112.
- ^ a b H. Gismondi, Maris, Amri, et Salibae: De Patriarchis Nestorianorum Commentaria, vol. II: Maris textus arabicus et versio Latina, Rome, 1899, p. 81 (arabo) e p. 72 (latino).
- ^ (EN) David Wilmshurst, The Ecclesiastical Organisation of the Church of the East, 1318-1913, Peeters Publishers, Lovanio, 2000, p. 183.
- ^ Addaï Scher (ed.), Histoire nestorienne inédite: Chronique de Séert. Seconde partie, Patrologia Orientalis, pp. 281-287.
- ^ (EN) David Wilmshurst, The Martyred Church, 2011, pp. 150-151.
- ^ (FR) Fiey, Chrétiens syriaques sous les Abbassides, p. 114.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (LA) Michel Le Quien, Oriens christianus in quatuor Patriarchatus digestus, Parigi, 1740, Tomo II, col. 1132 (n. LII)
- (FR) Jean-Maurice Fiey, Chrétiens syriaques sous les Abbassides surtout à Bagdad, 749-1258, Louvain, 1980, pp. 112-114