Vai al contenuto

Leda Antinori

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Leda Antinori
NascitaFano, 17 febbraio 1927
MorteFano, 3 aprile 1945
Cause della mortemeningite tubercolare[1]
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataGuardia Nazionale[2]
CorpoVolontari della Libertà
Specialitàstaffetta capo servizio collegamento gruppo di comando
Unità3ª Brigata GAP "Pesaro"
RepartoSAP – Fano
Gradosottotenente[3]
GuerreGuerra di liberazione
CampagneCampagna d'Italia
voci di militari presenti su Wikipedia
Leda Antinori

Leda Antinori (Fano, 17 febbraio 1927Fano, 3 aprile 1945) è stata una partigiana e antifascista italiana.

Nata e cresciuta in una famiglia antifascista[4] (il padre Emiliano diceva di essere comunista[5] e non prese mai la tessera del PNF[4]) che produceva e commercializzava tessuti in lana, oltre a vendere legna da ardere e carbone dell’entroterra[4], Leda frequentò la scuola fino alla quarta elementare[6], lasciando gli studi per apprendere il mestiere di sarta ed aiutare in questo modo la famiglia[4][6]; ancora sedicenne, si iscrisse al partito comunista[7] ed entrò a far parte del GAP di Pesaro e della SAP di Fano (5ª Brigata Garibaldi "Pesaro").

Assieme alla madre, alla sorella Iva e ad altre donne, iniziò a produrre indumenti per i partigiani che operavano sugli Appennini[4]; nello stesso tempo, iniziò la sua attività di staffetta, capo servizio collegamento del gruppo di comando che trasportava ordini, messaggi, viveri, armi e stampa clandestina, lungo la vallata del Metauro fino alla Gola del Furlo, divenendo anche responsabile dei Gruppi di difesa della donna (GDD).[6][8]

Venne arrestata ancora diciassettenne[9] dai tedeschi il 20 luglio 1944, tra Sant'Andrea in Villis (dov’era sfollata con la famiglia) e Fenile, località alla periferia di Fano, mentre sta effettuando un trasporto d'armi; si lasciò catturare per salvare i compagni che erano con lei, permettendo loro di fuggire. Condotta dapprima a Carignano, poi a Novilara e da qui, sempre lo stesso giorno, presso il comando delle SS a Mondolfo - dove nonostante gli estenuanti interrogatori e messa a confronto anche con la sorella Iva che collaborava anch’essa coi partigiani[10] - venne rilasciata qualche giorno più tardi, senza aver rivelato alcun nome. Riportata nuovamente a Novilara assieme a Magda Minciotti, di appena 15 anni[11], con la quale condivide la carcerazione, durante un colloquio col padre che le fa visita, fu avvisata che i partigiani preparavano un colpo di mano per liberarla, ma lei si oppose per timore di rappresaglie e ritorsioni nei confronti dei civili del luogo e dei familiari[4]; i primi di agosto fu quindi trasferita nelle carceri di Forlì e dopo qualche giorno in quelle di Bologna dove venne condannata a morte per fucilazione.

In seguito al bombardamento che il 12 ottobre 1944 colpì le carceri bolognesi delle Caserme Rosse, riuscì a scappare, iniziando una travagliata fuga attraverso l'Emilia-Romagna, senza riparo e vestiti che la protegessero dal freddo. Trovò ospitalità presso una famiglia di contadini delle campagne di Faenza e riprese a fare la staffetta. Nell’avanzare del fronte, un altro bombardamento uccise tutti i componenti della famiglia che la ospitava; si rifugiò quindi a Castel Raniero, presso l’ospedale, dove curò alcuni partigiani feriti. Riprese dunque la via del ritorno e arrivata nel forlivese, zona già liberata, venne arrestata dalle truppe polacche, che la liberano una quindicina di giorni più tardi, solo quando fu riconosciuta da un partigiano slavo.[3]

Il 20 dicembre 1944 fece finalmente ritorno a Fano (la città era stata liberata dalla 3ª Divisione "Carpazi" pochi mesi prima, il 27 agosto) nella sua casa di via Fanella, fortemente provata, con addosso ancora i vestiti estivi di quando era stata arrestata cinque mesi prima[6] e una giacca donatale dai contadini[5]. Sofferente, con capelli e denti mancanti[6], febbre alta e tosse, provò a scrivere un diario di memorie[6], dettandolo alla sorella Iva[4], ma non riuscì a portarlo a termine[6].

Morì di meningite tubercolare[1], appena diciottenne, presso l’ospedale “Santa Croce” dov’era ricoverata da un mese[5]. Era il 3 aprile 1945[12], due giorni dopo Pasqua[1] e al funerale partecipò una nutrita e commossa folla[5][13].

La Commissione regionale marchigiana per il riconoscimento della qualifica di partigiano (Ricompart) la riconobbe come partigiana combattente con il grado di sottotenente, per aver “partecipato alle operazioni di guerra svoltesi in territorio metropolitano”.[3] Nel centro storico della città di Fano il suo nome è ricordato, assieme a quello di altri 11 partigiani, sulla lapide affissa nel 1947 alla facciata del municipio.[14]

Nel dopoguerra il Partito Comunista Italiano intitolò una delle proprie cellule, composta di militanti donne, alla memoria di Leda Antinori[15].

Nel 2011 l'ANPI di Fano le ha intitolato la nuova sezione ricostituita, precedentemente intitolata a Giannetto Dini e chiusa da diversi anni; il comune di Fano ha inoltre intitolato alla giovane partigiana una via cittadina.[16]

  1. ^ a b c Cfr. in Andrea Amaduzzi, Il coraggio di Leda: "Mi feci prendere per salvare gli altri"., su il Corriere Adriatico del 9 luglio 2017.
  2. ^ La Guardia Nazionale fu trasformata in GAP nel maggio del 1944, cfr. in Relazione ufficiale (di Ottavio Ricci detto Nicola Antonini) sull'attività della 5ª Brigata. (PDF).
  3. ^ a b c Scheda su Leda Antinori per la rubrica Donne e uomini della Resistenza sul sito dell’ANPI.
  4. ^ a b c d e f g Cfr. alle pp. 124-127 in Silvia Bartolini, Silvia Terenzi, Donne e bambini nella violenza della guerra in Fatiche e passioni. Storie di donne in Provincia di Pesaro e Urbino (PDF)., su Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche (a cura di Luca Gorgolini), anno XVII, n. 110, Ancona, 2012, ISSN 1721-5269.
  5. ^ a b c d Cfr. alle pp. 77-84 in Maria Grazia Battistoni, Anna Paola Moretti, Leda Antinori e la Resistenza delle donne nel nord delle Marche (PDF) (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2021)., su Malamente n. 15 di Settembre 2019.
  6. ^ a b c d e f g Scheda su Leda Antinori in Storia Marche 900 (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2020).
  7. ^ Cfr. documento d’iscrizione di Leda Antinori al PCI in Memorie di Marca (PDF).
  8. ^ Anna Paola Moretti, Far parlare l’esperienza femminile (PDF) [collegamento interrotto], in NOSTOP, n. 92, FILT-CGIL Nazionale, 2016. URL consultato il 18 maggio 2020. (nota: il nome in corpo testo viene riportato erroneamente come Lea)
  9. ^ Marco Severini, I volti della Resistenza (PDF), in Le storie degli altri, Milano, Edizioni Codex, 2008, p. 78, ISBN 978-88-903875-0-0. URL consultato il 25 maggio 2010.
  10. ^ Iva Antinori, nata a Fano il 5 giugno 1923, morta a Fano il 13 dicembre 2011; cfr. in Dizionario delle donne marchigiane della Resistenza. in Istituto di Storia Contemporanea di Pesaro e Urbino.
  11. ^ Magda Minciotti nata a Fossato di Vico il 20 luglio 1929, morta a Pesaro il 28 luglio 1990; cfr. la scheda biografica sul sito dell’ANPI.
  12. ^ Patrizia Gabrielli, Il club delle virtuose: UDI e CIF nelle Marche dall'antifascismo alla guerra fredda, Il lavoro editoriale, 2000, p. 61. URL consultato il 18 maggio 2020.
  13. ^ Anna Paola Moretti, Leda, Magda e le altre., su Patria Indipendente.
  14. ^ Dedica in memoria dei partigiani di Fano caduti per la Resistenza (PDF), in Il tempo e la pietra, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano. URL consultato il 25 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 16 maggio 2019).
  15. ^ "Cellula numero 23 Leda Antinori. Relazione mensile del mese di gennaio", su vps1225889.vs.webtropia-customer.com, 1946. URL consultato il 18 maggio 2020.
  16. ^ Partigiane in città, su toponomasticafemminile.com, Associazione Toponomasticafemminile. URL consultato il 18 maggio 2020.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]