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La doppia Elica (bar tematico di Biologia)

Da conservare temporanemente:

o biotronica[1][2]

La bioelettronica[3] è un campo di scienza che studia le interazioni e le connessioni tra soggetti biologici ed oggetti elettronici. L'applicazione della tecnologia elettronica alla biologia e alla medicina non è nuova. Esempi sono i pacemakers e l'industria della diagnostica per immagini[4]

Luigi Galvani, De viribus electricitatis in motu musculari 1791

Il primo studio noto di bioelettronica ebbe luogo nel XVIII secolo quando lo scienziato Luigi Galvani applicò un voltaggio a un paio di cosce di rana staccate. Le gambe si muovevano e egli pubblicò nel 1791 De viribus electricitatis in motu musculari, un opuscolo in cui erano illustrati tutti i processi che portarono alla scoperta dell'elettricità animale. Questa scoperta sta alla base della genesi della bioelettronica.[5] La tecnologia elettronica è stata applicata alla biologia e alla medicina con l'introduzione dell'elettrocardiogramma (ECG), che determinò l'inizio della cardiologia. In seguito è nata la radiologia e la resonanza magnetica (MRI). I dispositivi diventano sempre più piccoli con una bioelettronica in nanoscala con la quale si può produrre una medicina personalizzata a livello molecolare.[4]

Schema della cella a combustibile metabolico non enzimatico per il controllo a circuito chiuso dell' omeostasi del glucosio nel sangue. La cella a combustibile metabolico non solo riduce il glucosio nel sangue mediante il consumo di glucosio, ma utilizza anche l’energia sfruttata per l’elettrostimolazione o l’optostimolazione (delle cellule Opto-β) del rapido rilascio vescicolare di insulina da parte di cellule umane ingegnerizzate. La combinazione di queste azioni riduce il glucosio nel sangue a livelli normali e la cella a combustibile metabolico viene disattivata. Di conseguenza, l’elettrostimolazione e l’optostimolazione cessano, così come il rilascio di insulina, fornendo il tempo per un rifornimento di insulina prima che si verifichi il successivo aumento di glucosio.

La bioelettronica si concentra sulla progettazione e lo sviluppo di dispositivi che fanno uso di segnali biologici ed elettrici per monitorare, diagnosticare e trattare una varietà di condizioni mediche.[6] La stimolazione elettrica viene utilizzata per il trattamento di pazienti affetti da epilessia, dolore cronico, morbo di Parkinson, sordità, tremore e cecità.[7][8] Questi dispositivi possono essere impiantati nel corpo umano o utilizzati esternamente per fornire terapie personalizzate e migliorare la qualità della vita dei pazienti o utilizzano sensori elettronici per monitorare e stabilizzare le funzioni del corpo umano.[9] La ricerca in questo campo è finalizzata all'applicazione in terapie che viene chiamata elettroceutica. Ad esempio, un glucometro è un dispositivo portatile che consente ai pazienti diabetici di controllare e misurare i livelli di zucchero nel sangue. Per diabetici esistono anche celle metaboliche impiantabili che regolano l'insulina in modo auto-sufficiente. Un'altro esempio è l'uso di biosensori per tracciare agenti patogeni in pazienti infetti.[10]

Inoltre, la bioelettronica può aiutare a ricreare parti mancanti del corpo umano, come gli arti, utilizzando materiali biocompatibili e componenti elettroniche.

  1. ^ Istituto superiore di sanità - Laboratori di elettronica pag. 19, su iss.it.
  2. ^ (CS) Kolektiv autorů, Malá ilustrovaná encyklopedie A-Ž pag. 58, Mgr. Tomas Zahradnicek - TZ-one, ISBN 978-80-903606-6-2. URL consultato il 17 agosto 2023.
  3. ^ C. Nicolini, From neural chip and engineered biomolecules to bioelectronic devices: An overview, in Biosensors and Bioelectronics, vol. 10, n. 1, 1º gennaio 1995, pp. 105–127, DOI:10.1016/0956-5663(95)96799-5. URL consultato il 19 agosto 2023.
  4. ^ a b A Framework for BIOELECTRONICS Discovery and Innovation (PDF), su nist.gov.
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  6. ^ (EN) Elsevier, Guide for authors - Biosensors and Bioelectronics - ISSN 0956-5663, su www.elsevier.com. URL consultato il 19 agosto 2023.
  7. ^ (EN) Daniel T. Simon, Erik O. Gabrielsson e Klas Tybrandt, Organic Bioelectronics: Bridging the Signaling Gap between Biology and Technology, in Chemical Reviews, vol. 116, n. 21, 9 novembre 2016, pp. 13009–13041, DOI:10.1021/acs.chemrev.6b00146. URL consultato il 19 agosto 2023.
  8. ^ (EN) F.A. Koopman, P.R. Schuurman e M.J. Vervoordeldonk, Vagus nerve stimulation: A new bioelectronics approach to treat rheumatoid arthritis?, in Best Practice & Research Clinical Rheumatology, vol. 28, n. 4, 2014-08, pp. 625–635, DOI:10.1016/j.berh.2014.10.015. URL consultato il 19 agosto 2023.
  9. ^ Therapy using implanted organic bioelectronics, su ncbi.nlm.nih.gov.
  10. ^ Ellen Cesewski e Blake N. Johnson, Electrochemical biosensors for pathogen detection, in Biosensors and Bioelectronics, vol. 159, 1º luglio 2020, pp. 112214, DOI:10.1016/j.bios.2020.112214. URL consultato il 22 agosto 2023.
  • Balaišis P., Eidukas D., Keras E., Valinevičius A., Biotronika: monografija. – Kaunas: Technologija, 2010. – 260 p. ISBN 978-9955-25-868-1





La biologia quantistica studia i meccanismi quantistici non-triviali che hanno un possibile ruolo nei sistemi biomolecolari durante i processi biologici.

Mutazione del DNA

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Le mutazioni del DNA possono avvenire in seguito a vari agenti esterni quali i raggi UV, le radiazioni ionizzanti o i radicali reattivi. Invece le mutazioni spontanee del DNA, che erano già state previste da Watson e Crick nella loro famosa pubblicazione del 1953, sono considerate dipendenti dalla struttura intrinseca delle basi nucleotidiche che possono avere due forme tautomeriche interscambiabili.[1] Se la base si trova nella forma tautomerica energeticamente sfavorevole al momento della replicazione, si possono verificare mutazioni. Per-Olov Löwdin suggerì già nel 1963 che la meccanica quantistica potrebbe stare alla base delle mutazioni spontanee del DNA. Egli proponeva che il trasferimento di protoni tra le basi nucleotidiche appaiate nella doppia elica del DNA fosse seguito dalla tautomerizzazione degli stessi nucleotidi. Il trasferimento dei protoni tra i nucleotidi appaiati lungo i legami idrogeni per trasformarli in tautomeri energeticamente meno sfavorevoli sarebbe facilitato dal tunneling protonico.[2] Il meccanismo quantistico di tunneling protonico permette al nucleo di idrogeno di passare barriere energetiche che con i meccanismi di fisica classica non sarebbe possibile superare. Dove la guanina normalmente si appaia con citosina ora fa coppia con il tautomero di citosina mentre l’adenina che si appaia con timina ora fa coppia con il tautomero di timina.[3] Questo non significa che ci siano alterazioni della geometria dei nucleotidi e distorsioni dell’elica. Se però i due filamenti sono separati mentre le basi del DNA sono nelle loro forme tautomeriche, potrebbero successivamente dar luogo a mutazioni quando servono come stampo nel successivo ciclo di replicazione. In quel caso, anche se le forme tautomeriche sono di breve durata, guanina si può appaiare con timina e adenina con citosina che significa la formazione di una sostituzione di una base ossia di una mutazione puntiforme.[4][5]


  1. ^ (EN) J. D. Watson e F. H. C. Crick, Molecular Structure of Nucleic Acids: A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid, in Nature, vol. 171, n. 4356, 1953-04, pp. 737–738, DOI:10.1038/171737a0. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  2. ^ Per-Olov Löwdin, Proton Tunneling in DNA and its Biological Implications, in Reviews of Modern Physics, vol. 35, n. 3, 1º luglio 1963, pp. 724–732, DOI:10.1103/RevModPhys.35.724. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  3. ^ (EN) L. Slocombe, J. S. Al-Khalili e M. Sacchi, Quantum and classical effects in DNA point mutations: Watson–Crick tautomerism in AT and GC base pairs, in Physical Chemistry Chemical Physics, vol. 23, n. 7, 25 febbraio 2021, pp. 4141–4150, DOI:10.1039/D0CP05781A. URL consultato il 3 febbraio 2022.
  4. ^ (EN) Youngchan Kim, Federico Bertagna e Edeline M. D’Souza, Quantum Biology: An Update and Perspective, in Quantum Reports, vol. 3, n. 1, 2021-03, pp. 80–126, DOI:10.3390/quantum3010006. URL consultato il 4 febbraio 2022.
  5. ^ Ruby Srivastava, The Role of Proton Transfer on Mutations, in Frontiers in Chemistry, vol. 7, 2019, DOI:10.3389/fchem.2019.00536/full. URL consultato il 4 febbraio 2022.

La magnetoricezione o magnetocezione è la facoltà di vari animali di fare uso del campo geomagnetico per orientarsi durante le migrazioni o i spostamenti in genere. Si conoscono principalmente due meccanismi di magnetoricezione. Uno dei due meccanismi si basa sulla presenza di un minerale magnetico ricco di ferro, la magnetite[1][2], mentre il secondo meccanismo detto di coppia di radicali funziona con crittocromi, che sono flavoproteine presenti nella retina dell'occhio di vari animali ed è dipendente dalla luce. E' stato studiato soprattutto nell'uccello migratore pettirosso (Erithacus rubecula)[3][4].

Pettirosso europeo, foto di Pierre Selim


In batteri è stata trovata la magnetite talvolta come cristalli di Fe3O4 oppure di greigite Fe3S4. La magnetite, che è un minerale con proprietà magnetiche, è presente anche in molluschi, salmoni e lungo il bordo del becco del piccione[5]. Si supponeva quindi che i cristalli potevano orientarsi e allinearsi secondo il campo geomagnetico, ma non sono mai stati trovati i recettori responsabili della trasformazione dell'orientamento della magnetite in base al campo geomagnetico in un impulso nervoso[6]. Il meccanismo sarebbe analogo a una bussola che si orienta rispetto all'asse Nord-Sud. Se vengono messi in certe condizioni di luce, gli uccelli migratori mostrano risposte di "direzione fissa" al campo magnetico, che ha origine nei recettori nel becco. Questi risultati sottolineano che ci sono magnetorecettori a base di magnetite situati nella parte superiore del becco vicino alla pelle[7]. Tuttavia, questa ipotesi è stata ridimensionato dimostrando che le cellule contenenti magnetite nel becco degli uccelli migratori erano macrofagi e non neuroni magnetosensitivi[8].

I crittocromi

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La magnetoricezione mediante coppia di radicali era già stata ipotizzata nel 1978 da Schulten[9]. Gli autori supponevano che meccanismi già noti propri della fotosintesi potevano essere validi anche per sensori biomagnetici ossia per la magnetoricezione. Gli studi che seguirono confermarono questa ipotesi[10]. La magnetoricezione mediante coppia di radicali dipende dalla luce ed è nell'occhio degli uccelli migratori che sono state trovate delle molecole proteiche, i crittochromi. Queste proteine sono le uniche a formare radicali liberi al momento dell'eccitazione da parte di un fotone[11]. Il nome deriva dalle crittogame, che sono piante come i felci, muschi e licheni nelle quali sono stati scoperti i crittocromi. Anche le piante contengono quindi crittocromi[12], infatti in Arabidopsis thaliana i crittocromi facilitano la crescita quando la luce blu è limitante[13]. Sono in seguito scoperti crittochromi nell'occhio di molte specie animali. In Drosophila potrebbe avere sia la funzione di magnetoricezione[14] che quella di regolatore del ritmo circadiano[15]. Nei mammiferi quali il topo e l'uomo i crittochromi hanno un ruolo unicamente nella regolazione del ritmo circadiano[16].

Rappresentazione schematica del campo geomagnetico (grigio) rispetto all'asse terrestre (blu). Vengono mostrate linee di campo magnetico specchiate. Al polo sud le linee sono generate con un'inclinazione iniziale di +90° rispetto alla superficie terrestre. L'inclinazione diminuisce fino a diventare parallela alla superficie della terra nel punto dell'equatore magnetico, per poi arrivare a -90°, dove le linee si ricongiungono al polo nord magnetico. Gli uccelli migratori sentono sia l'intensità che l'inclinazione che permette loro di determinare la latitudine e la longitudine. Da Wikibooks Sistemi sensoriali/Uccelli - Navigazione magnetica

La magnetoricezione mediante coppia di radicali è dipendente dalla luce. Infatti il meccanismo si verifica nella retina dell'occhio dei vertebrati. Nella retina, a livello delle cellule fotorecettrici[11], si trovano inclusi tra le membrane i crittocromi che sono una classe di flavoproteine. Tra questi il crittcromo 4 (CRY4) è particolarmente interessante in quanto è l'unico che si trova nella retina dei vertebrati che navigano con questo tipo di 'bussola'[11]. Le flavoproteine contengono degli accettori di elettroni come il flavina adenina dinucleotide (FAD) e sono responsanbili delle reazioni redox[17]. Il FAD è inserito profondamente nel crittocromo che possiede alcuni residui di Triptofano (Trp) importanti nel trasferimento degli elettroni. Quando il crittocromo è colpito da un fotone, un elettrone in FAD viene spostato e deviato verso i residui di Trp, che sono le molecole accettori[17]. Si creano così due radicali liberi, che sono molto reattivi[10]. Gli elettroni della coppia di radicali sono entangled e sono quindi correlati allo spin ma spazialmente separati. La coppia di radicali oscilla tra lo stato di singoletto e quello di tripletta e avviene la ricombinazione della coppia per formare un prodotto o segnale chimico. Il prodotto chimico formato dipende dall'essere in uno stato di singoletto o di tripletta, che a sua volta dipende dal campo magnetico[18]. Il prodotto chimico potrebbe essere un neurotrasmettitore ma non è mai stato dimostrato[19]. A questo punto è stato avanzato l'ipotesi che l'uccello possa vedere il campo geomagnetico. Non si tratta quindi di una bussola come nel caso della magnetite, ma di una bussola 'a inclinazione' che permette al pettirosso, o a un altra specie di uccello, un orientamento rispetto al campo geomagnetico per quanto riguarda la direzione e l'intensità, che varia a secondo la latitudine. Il campo si allarga andando verso l'equatore, ma si restringe andando verso Nord dove si intensifica e permette quindi di vedere o comunque di sentire l'inclinazione[20] e determinare la latitudine[19][21] e longitudine come è stato dimostrato da studi su la cannaiola (Acrocephalus scirpaceus)[22].

La magnetoricezione mediante coppia di radicali è considerato un fenomeno quantistico e fa quindi parte della biologia quantistica[23][24][25][26]

I pettirossi migrano soprattutto di notte quando i fotoni necessari per la magnetoricezione sono scarsi. E' stato dimostrato che la flavoproteine, il crittocromo, contenente il FAD, dopo essere attivati nella fase diurna da fotoni di luce blu, forma radicali liberi insieme al Triptofano. Ulteriori fotoni di luce verde e blu riducono il FAD a FADH. Il FADH, in assenza di fotoni, può di nuovo formare una coppia di radicali con una molecola o residuo ancora sconosciuto per tornare in seguito allo stato ossidato o FADox[17].

  1. ^ Ilia A. Solov'yov e Walter Greiner, Theoretical Analysis of an Iron Mineral-Based Magnetoreceptor Model in Birds, in Biophysical Journal, vol. 93, n. 5, 1º settembre 2007, pp. 1493–1509, DOI:10.1529/biophysj.107.105098. URL consultato l'11 gennaio 2022.
  2. ^ Gerald Falkenberg, Gerta Fleissner e Kirsten Schuchardt, Avian Magnetoreception: Elaborate Iron Mineral Containing Dendrites in the Upper Beak Seem to Be a Common Feature of Birds, in PLoS ONE, vol. 5, n. 2, 16 febbraio 2010, pp. e9231, DOI:10.1371/journal.pone.0009231. URL consultato l'11 gennaio 2022.
  3. ^ Wolfgang Wiltschko e Roswitha Wiltschko, Light-dependent magnetoreception in birds: the behaviour of European robins, Erithacus rubecula, under monochromatic light of various wavelengths and intensities, in Journal of Experimental Biology, vol. 204, n. 19, 1º ottobre 2001, pp. 3295–3302, DOI:10.1242/jeb.204.19.3295. URL consultato l'11 gennaio 2022.
  4. ^ Anja Günther, Angelika Einwich e Emil Sjulstok, Double-Cone Localization and Seasonal Expression Pattern Suggest a Role in Magnetoreception for European Robin Cryptochrome 4, in Current biology: CB, vol. 28, n. 2, 22 gennaio 2018, pp. 211–223.e4, DOI:10.1016/j.cub.2017.12.003. URL consultato il 13 gennaio 2022.
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  7. ^ R. Wiltschko e W. Wiltschko, The magnetite-based receptors in the beak of birds and their role in avian navigation, in Journal of Comparative Physiology. A, Neuroethology, Sensory, Neural, and Behavioral Physiology, vol. 199, n. 2, 2013, pp. 89–98, DOI:10.1007/s00359-012-0769-3. URL consultato il 13 gennaio 2022.
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  11. ^ a b c Anja Günther, Angelika Einwich e Emil Sjulstok, Double-Cone Localization and Seasonal Expression Pattern Suggest a Role in Magnetoreception for European Robin Cryptochrome 4, in Current Biology, vol. 28, n. 2, 22 gennaio 2018, pp. 211–223.e4, DOI:10.1016/j.cub.2017.12.003. URL consultato il 13 gennaio 2022.
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  16. ^ Yasuhide Miyamoto e Aziz Sancar, Vitamin B2-based blue-light photoreceptors in the retinohypothalamic tract as the photoactive pigments for setting the circadian clock in mammals, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 95, n. 11, 26 maggio 1998, pp. 6097–6102. URL consultato il 13 gennaio 2022.
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I criptocromi o crittocromi formano una classe di flavoproteine che sono state trovate in molte piante ed animali e che vengano eccitate dalla luce blu e verde da 400-500nm dello spettro visibile. In molte specie regolano il ritmo circadiano o permettono all'animale di percepire il campo geomagnetico. Infatti, nelle piante regolano la crescita e lo sviluppo in base al fotoperiodo e il transito giorno notte. Il nome deriva dal fatto che il criptocromo è stato inizialmente trovato nelle Cryptogamae, che sono delle piante quali le felci, i muschi e licheni e deriva anche dalla proprietà di questi fotorecettori di essere di un colore giallo/rosso.[1][2]

In Arabidopsis thaliana esistono 3 tipi di criptocromi: CRY1, CRY2 e CRY3, dove i primi due sono importanti per la crescita e la fioritura rispettivamente e l'ultimo funziona in cloroplasti e in mitocondri dove, insieme alla fotoliasi, ha un ruolo nella riparazione del DNA.[3] Nei mammiferi invece, CRY1 e CRY2 interagiscono indipendentemente dalla luce come inibitori del gene Clock, un gene che regola il ritmo circadiano.[4] CRY4 è essenziale nella magnetoricezione che permette agli uccelli migratori ed altri animali di orientarsi rispetto al campo geomagnetico.[5]

Garzette migranti

Già nel 1880 Charles Darwin documentò per la prima volta nelle piante delle risposte alla luce blu, ma soltanto 100 anni dopo, la ricerca identificò i pigmenti responsabili dei movimenti delle piante.[6] Nel 1980 fu scoperto il gene HY4 che in Arabidoposis Thailana conferisce fotosensibilità alla luce blu e quando, nel 1993, il gene venne sequenziato, risultò avere forte omologia con la fotoliasi, un enzima che ripara il DNA danneggiato che anch'esso viene attivato dalla luce blu.[7] Nel 1995 si scoprì che il prodotto del gene HY4 e i suoi due omologhi umani non possedevano attività da fotoliasi ed erano invece una nuova classe di recettori di luce blu che si ipotizzavano essere fotopigmenti importanti nella regolazione del ritmo circadiani.[8] In 1996 e nel 1998, omologhi di Cry furono identificati in Drosophila melanogaster e in topi rispettivamente.[9][10]

Evoluzione e struttura

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I criptocromi CRY1 e CRY2 appaiano presto nell'evoluzione e sono proteine altamente conservate che fanno parte della famiglia delle flavoproteine presenti in tutto il regno della vita.[11]Tutti i membri di questa famiglia hanno una struttura N-terminale simile alla fotoliasi. I criptocromi sono infatti derivati da e strettamente correlati con la fotoliasi, che sono enzimi batteriali che vengono attivati dalla luce e che sono coinvolti nella riparazione di danno al DNA indotto dai raggi UV. In eucarioti, i criptocromi non hanno più questa attività enzimatica originale.[12] I criptocromi sono espressi in modo onnipresente in organi e tessuti di tutti gli organismi e in genere sono proteine nucleari che regolano l'espressione dei geni.[13] Ci sono eccezioni a questa affermazione, in particolare per quanto riguarda la localizzaione di criptocromi nella magnetoricezione.[14] La struttura del criptocromo ha una piega simile a quella della fotoliasi con una singola molecola di flavina adenina dinucleotide (FAD) legata in modo non-covalente.[11] La struttura secondaria del CRY1 è per la maggior parte una alfa elica con poca o nessuna sovrapposizione e alcuni foglietto beta.

Attraverso il fototropismo, in risposta alla luce blu, i criptocromi promuovono nelle piante la crescita verso una fonte di luce. Si sa che questa risposta ha il proprio assetto di fotoricettori, le fototropine. Diversamente dai fitocromi e le fototropine, i criptocromi non sono delle chinasi. Il loro cromoforo flavinico è ridotto dalla luce ed è trasportato nel nucleo della cellula da dove regola il turgore per stimolare l'allungamento del fusto della pianta. L'espressione di Cry2 regola l'espansione delle foglie e determina anche il periodo di infiorescenza in Arabidopsis Thaliana.[15]

Flavina adenina dinucleotide (FAD)

Cattura della luce

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Quando i criptocromi vengono colpiti dalla luce blu, il FADox, che è lo stato ossidato fondamentale del FAD, si trasforma, dopo l'eccitazione con un fotone, in FADox* e poi in FADH• . Questa fotoreazione è stata studiata con una risoluzione di femtosecondi e ha dimostrato che avviene un trasferimento di un elettrone da un vicino triptofano (TrpH400) al FADox* eccitato, formando il radicale flavina anione FAD•- e il corrispondente radicale Triptofano catione TrpH400+. Nel criptocromo esiste un triade di triptofani che permettono all'elettrone di 'saltare' da un residuo all'altro, prevenendo così la ricombinazione dell'anione e il catione.[16] Il catione rilascia il protone e il FAD•- ne acquista uno e forma FADH•. Si presume che quest'ultimo passo porta alla fosforilazione con un cambiamento di conformazione della proteina, che innesca una catena di trasduzione del segnale che termina con la regolazione di geni nel nucleo cellulare.

Ritmo circadiano

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Sia nelle piante che negli animali è stato dimostrato come i criptocromi siano di prima importanza nel mantenimento del ritmo circadiano. La presenza di criptocromi nelle piante e negli animali suggerisce che la regolazione del ritmo circadiano sia stata conservata durante l'evoluzione.[17] In Drosophila il criptocromo (dCRY) regola il ritmo circadiano come fotorecettore della luce blu, mentre nei mammiferi i criptocromi (CRY1 e CRY2) funzionano come repressori della trascrizione e l'attivazione è indipendente dalla luce.[18] Infatti, In vivo i criptocromi di tipo II, che sono criptocromi che non sono attivati dalla luce (da non confondere con CRY2), non possiede il FAD. La proteina dovrebbe quindi essere considerata vestigiale.[19]

Magnetoricezione

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Il criptocromo 4 o CRY4 permette la magnetoricezione e l'orientamento rispetto al campo geomagnetico. Per gli uccelli migratori questo orientamento è di prima importanza. Il CRY4 è situato tra le membrane delle cellule fotorecettrici nella retina dell'occhio dei vertebrati. La luce che penetra nell'occhio attiva i criptocromi che formano un paio di radicali i cui elettroni sono correlati allo spin ma spazialmente separati e sono quindi entangled. Il paio di elettroni della coppia di radicali oscilla tra lo stato di singoletto e quello di tripletta. Quando i radicali della coppia si ricombinano si forma un prodotto chimico la natura del quale dipende dal rapporto tra gli stati degli elettroni. Se la maggior parte era un singoletto si ottiene un altro prodotto rispetto a quando la maggior parte era un tripletto. Questo rapporto è determinato dall'inclinazione del campo geomagnetico.[20] La magnetoricezione è quindi un processo quantistisco.[21] Tenendo conto della presenza del criptocromo nella retina dell'occhio si suppone che gli uccelli migratori siano in grado di vedere il campo magnetico.[22] Non si tratta quindi di una semplice bussola con la quale orientarsi rispetto al Nord magnetico, ma di un vero navigatore.[23]

  1. ^ (EN) J. Gressel, Blue Light Photoreception, in Photochemistry and Photobiology, vol. 30, n. 6, 1979, pp. 749–754, DOI:10.1111/j.1751-1097.1979.tb07209.x. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  2. ^ (EN) Zhaohe Yang, Bobin Liu e Jun Su, Cryptochromes Orchestrate Transcription Regulation of Diverse Blue Light Responses in Plants, in Photochemistry and Photobiology, vol. 93, n. 1, 2017, pp. 112–127, DOI:10.1111/php.12663. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  3. ^ Hongtao Liu, Bin Liu e Chenxi Zhao, The action mechanisms of plant cryptochromes, in Trends in Plant Science, vol. 16, n. 12, 2011-12, pp. 684–691, DOI:10.1016/j.tplants.2011.09.002. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  4. ^ (EN) Jr Edmund A. Griffin, David Staknis e Charles J. Weitz, Light-Independent Role of CRY1 and CRY2 in the Mammalian Circadian Clock, in Science, 22 ottobre 1999, DOI:10.1126/science.286.5440.768. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  5. ^ (EN) Tobias Hochstoeger, Tarek Al Said e Dante Maestre, The biophysical, molecular, and anatomical landscape of pigeon CRY4: A candidate light-based quantal magnetosensor, in Science Advances, 2020-08, DOI:10.1126/sciadv.abb9110. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  6. ^ Charles Darwin e Francis Darwin, The power of movement in plants, New York, D. Appleton and Company, 1881. URL consultato il 20 gennaio 2022.
  7. ^ (EN) Margaret Ahmad e Anthony R. Cashmore, HY4 gene of A. thaliana encodes a protein with characteristics of a blue-light photoreceptor, in Nature, vol. 366, n. 6451, 1993-11, pp. 162–166, DOI:10.1038/366162a0. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  8. ^ Cryptochrome: Discovery of a Circadian Photopigment, CRC Press, 29 settembre 2003, pp. 2685–2696. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  9. ^ (EN) Takeshi Todo, Haruko Ryo e Kazuo Yamamoto, Similarity Among the Drosophila (6-4)Photolyase, a Human Photolyase Homolog, and the DNA Photolyase-Blue-Light Photoreceptor Family, in Science, 5 aprile 1996, DOI:10.1126/science.272.5258.109. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  10. ^ K Kobayashi, S Kanno e B Smit, Characterization of photolyase/blue-light receptor homologs in mouse and human cells., in Nucleic Acids Research, vol. 26, n. 22, 15 novembre 1998, pp. 5086–5092. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  11. ^ a b Chad A. Brautigam, Barbara S. Smith e Zhiquan Ma, Structure of the photolyase-like domain of cryptochrome 1 from Arabidopsis thaliana, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 101, n. 33, 17 agosto 2004, pp. 12142–12147, DOI:10.1073/pnas.0404851101. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  12. ^ (EN) Stefan Weber, Light-driven enzymatic catalysis of DNA repair: a review of recent biophysical studies on photolyase, in Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - Bioenergetics, vol. 1707, n. 1, 25 febbraio 2005, pp. 1–23, DOI:10.1016/j.bbabio.2004.02.010. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  13. ^ Chentao Lin e Takeshi Todo, The cryptochromes, in Genome Biology, vol. 6, n. 5, 29 aprile 2005, pp. 220, DOI:10.1186/gb-2005-6-5-220. URL consultato il 22 gennaio 2022.
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  15. ^ Rim Nefissi, Yu Natsui e Kana Miyata, Double loss-of-function mutation in EARLY FLOWERING 3 and CRYPTOCHROME 2 genes delays flowering under continuous light but accelerates it under long days and short days: an important role for Arabidopsis CRY2 to accelerate flowering time in continuous light, in Journal of Experimental Botany, vol. 62, n. 8, 4 febbraio 2011, pp. 2731–2744, DOI:10.1093/jxb/erq450. URL consultato il 21 gennaio 2022.
  16. ^ Lukas Goett-Zink e Tilman Kottke, Plant Cryptochromes Illuminated: A Spectroscopic Perspective on the Mechanism, in Frontiers in Chemistry, vol. 9, 2021, DOI:10.3389/fchem.2021.780199/full. URL consultato il 22 gennaio 2022.
  17. ^ (EN) David E. Somers, Paul F. Devlin e Steve A. Kay, Phytochromes and Cryptochromes in the Entrainment of the Arabidopsis Circadian Clock, in Science, 20 novembre 1998, DOI:10.1126/science.282.5393.1488. URL consultato il 22 gennaio 2022.
  18. ^ (EN) Alicia K. Michael, Jennifer L. Fribourgh e Russell N. Van Gelder, Animal Cryptochromes: Divergent Roles in Light Perception, Circadian Timekeeping and Beyond, in Photochemistry and Photobiology, vol. 93, n. 1, 2017, pp. 128–140, DOI:10.1111/php.12677. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  19. ^ Roger J. Kutta, Nataliya Archipowa e Linus O. Johannissen, Vertebrate Cryptochromes are Vestigial Flavoproteins, in Scientific Reports, vol. 7, 20 marzo 2017, pp. 44906, DOI:10.1038/srep44906. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  20. ^ (EN) Betony Adams, Ilya Sinayskiy e Francesco Petruccione, An open quantum system approach to the radical pair mechanism, in Scientific Reports, vol. 8, n. 1, 24 ottobre 2018, pp. 15719, DOI:10.1038/s41598-018-34007-4. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  21. ^ (EN) Thomas P. Fay, Lachlan P. Lindoy e David E. Manolopoulos, How quantum is radical pair magnetoreception?, in Faraday Discussions, vol. 221, n. 0, 13 dicembre 2019, pp. 77–91, DOI:10.1039/C9FD00049F. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  22. ^ Dominik Heyers, Martina Manns e Harald Luksch, A Visual Pathway Links Brain Structures Active during Magnetic Compass Orientation in Migratory Birds, in PLoS ONE, vol. 2, n. 9, 26 settembre 2007, pp. e937, DOI:10.1371/journal.pone.0000937. URL consultato il 23 gennaio 2022.
  23. ^ Henrik Mouritsen, Magnetoreception in birds and its use for long-distance migration, Elsevier, 2022, pp. 233–256. URL consultato il 23 gennaio 2022.
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