Trigliceridi alti: come abbassarli e quanto dovrebbero essere
- Cosa sono i trigliceridi in parole semplici?
- A cosa servono i trigliceridi?
- Cosa significa avere i trigliceridi alti?
- Valori normali di trigliceridi
- Quando il valore dei trigliceridi è preoccupante?
- Cosa si deve fare per abbassare i trigliceridi?
- Cause dei trigliceridi alti
- Approfondimento: digestione e metabolismo dei trigliceridi
- Riassunto
I trigliceridi sono grassi. Nel sangue viaggiano legati a dei trasportatori chiamati lipoproteine (soprattutto VLDL).
Se troppo alti, indicano un eccesso calorico (grosse mangiate o abuso di alcolici), abbinato a sedentarietà, o una patologia metabolica (ad esempio il diabete mellito tipo 2), ma esistono condizioni genetiche in grado di alzarli molto anche seguendo uno stile di vita sano.
I trigliceridi si misurano a digiuno e sono normali a tra i 50 e 150-200 mg/dl. Devono preoccupare quando, più volte, vengono rilevati oltre la soglia di normalità; in particolare, se il valore indica un rischio non solo leggermente al di sopra del normale, ma moderato o, addirittura, alto o molto alto (quest'ultimo 500 o superiore).
Per abbassarli, oltre all'uso di farmaci - che si rendono necessari soprattutto nelle condizioni ereditarie - è necessario impostare una dieta adeguata, che prevede sempre il controllo calorico e la moderazione degli eccessi di carboidrati e alcolici.
In caso di sovrappeso è sempre fondamentale che sia ipocalorica e, in particolare con diabete tipo 2 e/o sindrome metabolica, è indispensabile aumentare l'attività motoria per ripristinare la sensibilità insulinica.
Cosa sono i trigliceridi in parole semplici?
I trigliceridi costituiscono gran parte (90 – 98 %) dei grassi o lipidi (da LIPOS = grasso) contenuti negli alimenti e nell'organismo umano.
Un trigliceride è formato dall'unione (legame chimico) tra una molecola di glicerolo e tre acidi grassi – formando una struttura simile ad un "E" maiuscola, o a un "pettine" – che si differenziano in base alla loro lunghezza (acidi grassi a catena lunga, media e corta) e alla presenza o meno di doppi legami (acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi); queste proprietà ne stabiliscono le caratteristiche chimico-fisiche generali (punto di fusione, resistenza all'ossidazione ecc) e l'impatto sul metabolismo umano.
Un trigliceride semplice è un trigliceride in cui tutti e tre gli acidi grassi sono uguali; nei trigliceridi misti, uno o più acidi grassi si differenziano dai rimanenti.
Nel corpo umano, la maggior parte dei trigliceridi è contenuta all'interno del tessuto adiposo.
A cosa servono i trigliceridi?
I trigliceridi, idrolizzati "enzimaticamente" in acidi grassi + glicerolo (da una lipasi), contengono uno dei tre substrati energetici più importanti dell'organismo. A produrre chilocalorie sono prevalentemente gli acidi grassi, che ne forniscono ben 9 per grammo, mentre il glicerolo viene recuperato dal fegato per la neoglucogenesi – sintesi di glucosio. Il tutto richiede ossigeno e buona parte dei processi avviene nel mitocondrio (ossidazione mitocondriale tramite beta ossidazione e ciclo di Krebs).
Nell'organismo animale, i trigliceridi costituiscono i principali elementi del tessuto adiposo, nel quale vengono accumulati all'interno di cellule chiamate adipociti – circa l'87 % dell'adipe è costituito da "grasso vero".
Il tessuto adiposo si divide in bianco e bruno. Il primo svolge funzioni di: riserva energetica – 1 kg di tessuto adiposo può erogare 7000 kcal – termoisolamento, ammortizzazione meccanica e endocrina (adiponectina, leptina, estradiolo, resistina e citochine, specialmente TNFα e interleuchina 6, ecc). Il secondo invece, ha il ruolo di termogenesi.
Cosa significa avere i trigliceridi alti?
Valori superiori (iper-) a questo intervallo sono da considerare negativi per lo stato di salute. Il legame tra ipertrigliceridemia e problematiche cardiovascolari (angina, aterosclerosi, infarto miocardico, trombosi ed embolia, ictus) è meno evidente rispetto a quello dell'ipercolesterolemia, ma non è sa sottovalutare.
L'analisi dei trigliceridi ematici viene solitamente effettuata in associazione a quella del colesterolo totale, di quello "cattivo" (LDL) e di quello buono "HDL" proprio per valutare il fattore di rischio cardiovascolare e prende il nome di profilo lipidico ematico:
Valori normali di trigliceridi
La quota di trigliceridi presente nel sangue (trigliceridemia) è normalmente compresa tra valori di 50 e 150/200 mg/dl.
Quando il valore dei trigliceridi è preoccupante?
Valori superiori (iper-) a questo intervallo sono da considerare negativi per lo stato di salute. Il legame tra ipertrigliceridemia e problematiche cardiovascolari (angina, aterosclerosi, infarto miocardico, trombosi ed embolia, ictus) è meno evidente rispetto a quello dell'ipercolesterolemia, ma non è sa sottovalutare.
L'analisi dei trigliceridi ematici viene solitamente effettuata in associazione a quella del colesterolo totale, di quello "cattivo" (LDL) e di quello buono "HDL" proprio per valutare il fattore di rischio cardiovascolare e prende il nome di profilo lipidico ematico:
Quando il valore dei trigliceridi è preoccupante? |
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Livello | Interpretazione | |
mg/dl | mmol/L | |
< 150 | < 1,70 | Intervallo normale - basso rischio |
150-199 | 1,70-2,25 | Leggermente al di sopra del normale |
200-499 | 2,26-5,65 | Rischio moderato |
500 o superiore | > 5,65 | Rischio alto o molto alto |
Cosa si deve fare per abbassare i trigliceridi?
La semplice correzione di questi fattori di rischio consente, nella maggior parte dei casi, di riportare il livello dei trigliceridi nel sangue a valori normali.
Uno stile di vita appropriato ed un po' di attività fisica sono dunque efficaci sia nel prevenire, sia nel curare questa pericolosa condizione.
Cause dei trigliceridi alti
È frequente che, ai trigliceridi alti, si associno gli altri elementi tipici della dislipidemia – come appunto il colesterolo totale e colesterolo LDL superiori alla norma. Questo perché tra le cause e i fattori predisponenti di ipertrigliceridemia si evidenziano: obesità, dieta ipercalorica e iperglucidica, diabete mellito tipo 2, sedentarietà e alcolismo – ad eccezione dell'ultimo, tutti elementi che partecipano allo scompenso metabolico generale.
Nella stragrande maggioranza dei casi, quindi, tale condizione è dovuta ad abitudini di vita scorrette, spesso associate ad alterazione della composizione corporea e perdita di efficienza metabolica generale.
I casi di ipertrigliceridemia familiare (legata cioè a fattori ereditari) sono invece molto bassi (circa un caso su mille) così come quelli legati ad un deficit nell'azione delle protein lipasi (circa un caso su un milione) o a condizioni patologiche del pancreas o dei reni.
Riassumendo i più importanti fattori predisponesti dell'ipertrigliceridemia troviamo dunque:
- sovrappeso/obesità;
- sedentarietà/ridotta attività fisica;
- abitudini dietetiche scorrette;
- Dieta ipercalorica;
- Dieta iperglucidica;
- diabete mellito tipo 2;
- abuso di alcol;
- sindrome nefrosica (patologia renale);
- cause Iatrogene (terapia cronica con glucocorticoidi, pillola anticoncezionale, estrogeni, alcuni diuretici ed alcuni agenti antifungini.
Approfondimento: digestione e metabolismo dei trigliceridi
Digestione dei trigliceridi
Dopo i pasti, grassi contenuti negli alimenti (come gli oli da condimento, il grasso della carne e del pesce, quello del formaggio ecc) vengono aggrediti dall'azione combinata di lipasi salivare, bile e lipasi pancreatiche. I lipidi vengono così scissi nei singoli acidi grassi, permettendo il successivo assorbimento intestinale, per essere poi riesterificati a trigliceridi dalle stesse cellule dell'epitelio intestinale (enterociti).
Metabolismo dei trigliceridi
I grassi, tuttavia, non si possono sciogliere in acqua; per questo motivo il loro trasporto nella circolazione è affidato a particolari "carrier bipolari", chiamati lipoproteine. Le prime, sintetizzate appunto dagli enterociti, sono i chilomicroni. Questi hanno lo scopo di trasportare i trigliceridi, inizialmente attraverso la linfa e successivamente attraverso il sangue, dall'intestino fino ai tessuti – lo scambio tra le due circolazioni (dalla linfatica alla sanguigna) avviene nel dotto toracico. Nel sangue i chilomicroni interagiscono con altre lipoproteine (HDL e LDL), che gli permettono di assolvere totalmente le sue funzioni e completare il ciclo metabolico. Giunti ai tessuti, i chilomicroni cedono trigliceridi che, per opera di specifici enzimi chiamati lipoprotein lipasi, vengono scissi nuovamente in glicerolo ed acidi grassi. Questi nutrienti verranno poi impiegati per soddisfare i fabbisogni energetici della cellula o depositati all'interno del tessuto adiposo (vedi sotto).
Anche il fegato ha la capacità di sintetizzare trigliceridi, a partire da altri nutrienti come il glucosio (ciò spiega come mai una dieta ricca di zuccheri semplici sia spesso correlata ad un aumento della trigliceridemia) e gli aminoacidi. Una volta prodotti, questi trigliceridi vengono accorpati a specifiche lipoproteine chiamate VLDL (simili ai chilomicroni ma un po' più povere di trigliceridi e ricche in colesterolo e proteine) che le trasporteranno ai tessuti attraverso il sangue.
L'ingresso nelle cellule dei trigliceridi è favorito dalla presenza di insulina ed è anche per questo motivo che nei diabetici sono più frequenti i casi di dislipidemia (alterazione della quantità di grassi o lipidi normalmente presenti nel sangue).
Riassunto
I trigliceridi sono lipidi complessi costituiti da una molecola di glicerolo e tre di acidi grassi.
Sono i lipidi più abbondanti negli alimenti e nel corpo umano, all'interno del quale vengono stoccati in grande quantità all'interno del tessuto adiposo - che, come sappiamo, rappresenta una riserva energetica importante.
I trigliceridi vengono traportati nel sistema linfatico e nel circolo sanguigno grazie a veicoli specifici chiamati lipoproteine. Quelle che ne contengono di più sono le VLDL (very low density lipoprotein).
Il livello di trigliceridi nel sangue, ovvero la trigliceridemia, è anche considerato un marcatore di salute metabolica; assieme alla colesterolemia, costituisce il profilo lipemico o lipemia.
L'alterazione per eccesso della trigliceridemia, ovvero l'ipertrigliceridemia, può indicare varie condizioni o situazioni; ad esempio: predisposizione genetica, abitudini dietetiche cronicamente scorrette (eccesso calorico cronico, soprattutto a carico dei carboidrati), diabete mellito tipo 2, patologie endrocrine, complicazioni epatiche, prelievo del sangue a ridosso di un pasto ricco di carboidrati o di una grossa bevuta alcolica ecc.
Esiste una fortissima correlazione tra obesità, sedentarietà (due fattori altamente predisponenti) e trigliceridi alti.
I livelli ottimali di trigliceridi sono inferiori a 150 mg / dl. Sopra i 500 mg / dl sono molto elevati. Nella fascia compresa tra questi due limiti - quella più diffusa tra chi lamente ipertrigliceridemia - inizia ad aumentare il rischio per la salute.
Se cronici, i trigliceridi alti possono aumentare il rischio cardiovascolare e cerebrovascolare - in particolare quando correlati ad altri disordini metabolici.
L'ipertrigliceridemia genetica va trattata farmacologicamente. Quella acquisita invece, può essere risolta eliminando il sovrappeso, eliminando l'alcol, impostando una dieta ipocalorica, riducendo i carichi glicemici, muovendosi di più nel quotidiano, praticando attività fisica auspicabile, curando il diabete mellito tipo 2 e, in caso di insulino-resistenza non diabetica, anche usando alcuni integratori per migliorare la sensibilità insulinica.