Perfect Days

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Un film di Wim Wenders. Con K�ji Yakusho, Tokio Emoto, Arisa Nakano, Aoi Yamada.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 123 min. - Giappone 2023. - Lucky Red uscita gioved� 4 gennaio 2024. MYMONETRO Perfect Days * * * * - valutazione media: 4,05 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Apologia della sobriet� Valutazione 5 stelle su cinque

di LucaGuar


Feedback: 5531 | altri commenti e recensioni di LucaGuar
domenica 26 maggio 2024

Hirayama è un uomo normalissimo: vive una vita tranquilla e lavora come operatore in un’impresa di pulizie che si occupa dei bagni pubblici di Tokyo. Nonostante il suo lavoro possa sembrare “basso” e poco gratificante, egli mostra grande zelo e impegno nella sua attività. Vive da solo nel suo monolocale, ma la sua solitudine non è mai impregnata di negatività, disperazione, isolamento, depressione secondo un clichè ormai diffuso in occidente.
Hirayama è poi un uomo molto routinario, ma anche in questo caso troviamo una lettura differente dalla forma mentis più comune: il riproporsi delle azioni della giornata non è mai visto come una ripetizione alienante ma come una sana ritualità, carica di senso, di un significato profondo per il protagonista, fatto di rapporti di cordialità e vicinanza alle persone e ai luoghi che frequenta, che sono per lui ormai familiari.
Hirayama è poi un uomo di pochissime parole ma, ancora una volta, la lettura che dà Wenders del silenzio non è segnata da una idiosincrasia: parla solo se necessario, preferisce lavorare sodo e, nella sua pausa pranzo, fotografare le chiome degli alberi con una vecchia macchina fotografica analogica, ascoltare vecchi brani rock rigorosamente tramite musicassette e leggere ottimi libri la sera alla luce di una lampada: non è certo un tecnomaniaco ossessionato dal mito del progresso.
L’unica piccola frattura in questa trama placida e irenica è forse l’incontro con la nipote fuggita di casa dopo la lite con la madre, sorella di Hirayama, molto amata dall’uomo e che risveglia in lui anche la parola. Con la sorella appunto sembra non abbia avuto buoni rapporti in passato o, semplicemente, come dice Hirayama stesso “viviamo in mondi diversi”.
"Perfect Days" è un film davvero originale e direi “paradossale”: riesce ad oltrepassare gli schemi del cinema occidentale e a contrastare con una visione del cinema come intrattenimento, spettacolo, in cui devono per forza “accadere cose”; un film paradossale appunto, proprio perché ad uno sguardo abituato al cinema odierno questo film potrebbe facilmente apparire noioso: al contrario, paradossalmente, proprio in questa sua apparente “immobilità” è un’opera che suscita davvero una infinità di riflessioni, che sarebbe impossibile riassumere tutte qui. Il tema che personalmente mi ha più colpito è stato il richiamo all’essenzialità: se si dovesse trovare un termine adatto a "Perfect Days" questo sarebbe certamente “sobrio”. In un’epoca di impetuoso sviluppo tecnico-scientifico, caratterizzata dalla fretta e dalla frenesia, da edonismi narcisistici e dalla volontà di esibirsi sul palco dei social network a caccia di consensi che certifichino la significanza dell’esistenza, Wenders ci mostra che è possibile vivere in un altro modo, in un altro mondo non, come sembrerebbe facile dire, “apprezzando le piccole cose”, anche perché non si sa mai poi cosa questo significhi, ma piuttosto apprezzando la semplicità della vita, che proprio una cosa “piccola” non è, ed è incredibilmente rara oggi. Tornare ad essere semplici, umili e miti come fa quest’uomo è invece, sembra dirci Wenders, molto complicato: guardare il mistero insito nella chioma di un albero, cantare assieme alla nipote, mettersi a giocare con un uomo affetto da un tumore in fase terminale (una delle scene più belle e struggenti) sono gesti che mostrano che si può essere veramente umani soltanto se ci si eleva, ma abbassandosi a ciò che il mondo rigetta oppure non considera se non come perdita di tempo. Anche quando Hirayama sembra deluso per il cattivo rapporto con la sorella, e la sua pacifica serenità sembra vacillare (inizia a bere e fumare…) in realtà ha la forza di non concedersi ad un facile edonismo o ad una depressiva disperazione.
Wenders, all’alba degli ottant’anni, si richiama al grande cinema giapponese, che ha più volte dichiarato di amare molto (in particolare Ozu), e riesce nell’impresa di riprenderne la purezza e la sobrietà. C’è ancora speranza per il cinema, finché avremo registi del calibro di Wim Wenders. Complimenti per questa ennesima gemma.

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