Il Mito Delle Danaidi Su Un Cratere Napoletano: Abstract: The Myth of Danaides Is Well-Known From The Literary Sources

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OTIVM.

Archeologia e Cultura del Mondo Antico


ISSN 2532-0335 DOI XXXXX/otium.v1i1.XXX

www.otium.unipg.it
No. 2, Anno 2017 – Article 14

Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano


Alfonsina Benincasa
Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale/DISPAC,
Università degli Studi di Salerno

Abstract: The myth of Danaides is well-known from the literary sources:


they are punished and in the second moment they are purified by a ritual
that consisted in pouring water in a pithos. In some ancient texts the
Danaides are related to ἀμύητοι that are punished in the Underworld to
pour water in a pithos without bottom. The iconography of Danaides is
documented frequently in apulian figured pottery and it is connected with
the iconography of others damned in representations of afterlife. In this
context I would focus the attention on a volute krater by the Arpi Painter,
of the last quarter of IV century B.C. It belongs to Neapolitan private
collection. The subject in this case has treated in original way, first of all
for the number of girls, especially because the penance/punishment takes
place probably inside a building similar to the house of Hades.
The presence of a afterlife demon is characteristic too: he is Eurynomos,
whose presence refers to Nekyia of Polygnotos in the Cnidian Lesche in
Delphi, whose Pausanias speaks in his Description of Greece.
Aformentioned elements lead one to think that there is a well-read re-
elaborated version of myth, represented inside the house of Hades. This
version isn’t unknown to redeeming messagges connected by eleusinian
mysteries like in the Polygnotean Nekyia. The centrality of Danaides
implies moreover the value of purification in the passagge’s ritual of girls
through the wedding. In the first time the purification is called to mind
through the refusal of marriage, in the second time, after the
transformation of the girls into friendly water nymphs, through their
second wedding.

Keywords: Pottery, iconography, water, purification, daughters of Danaus


Address: Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Scienze del Patrimonio
Culturale/DISPAC, Via Giovanni Paolo II 132, 84084 – Fisciano (SA), Italia (Email:
[email protected]).
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

HAGNOS, MIASMA E KATHARSIS. VIAGGIO TRA LE CATEGORIE DEL PURO E DELL’IMPURO


NELL’IMMAGINARIO DEL MONDO ANTICO

Atti del Convegno Internazionale di Studi in onore di Simonetta Angiolillo


(Cagliari, 4-6 maggio 2016)
a cura di Marco Giuman, Maria Paola Castiglioni, Romina Carboni

Il mito delle Danaidi è variamente noto dalle fonti letterarie a


partire dalle più antiche attestazioni risalenti all’VIII-VII sec. a.C.1. La
stratificazione delle fonti mostra come la loro valenza cambi nel tempo e
di volta in volta siano rappresentate e come iniziatrici di una stirpe
regale2, omicide dei loro mariti in conseguenza del rifiuto delle nozze3 e in
ultima istanza punite e purificate attraverso il rituale che consisteva nel
versare acqua in un pithos senza fondo4.
La loro iconografia è attestata con notevole frequenza soprattutto nella
ceramica apula e quasi sempre connessa a quella di altri dannati in
rappresentazioni dell’oltretomba5.
Su un cratere a volute apulo6 appartenente ad una collezione privata
napoletana7, attribuito al Pittore di Arpi e ascrivibile alla prima fase della
produzione del Pittore, intorno all’ultimo quarto del IV sec. a.C.8, è
raffigurata, su quello che possiamo in maniera convenzionale definire lato

1 KEULS 1986a, pp. 337-338. L’autrice aveva dedicato un ampio studio al tema già nel 1974:
cfr. KEULS 1974.
2 Hes. Fr. 128 Merkelbach/West.
3 POxy 2256 (fr. 122 Mette); cfr. anche TrGF I Did. C 6.
4 Schol. E., Hec. 886.
5 KEULS 1986a, pp. 338-341.
6 Napoli, coll. privata, inv. 369.
7 Il vaso sarà pubblicato a breve insieme a tutta la produzione apula facente parte della

collezione, grazie alla benevolenza della famiglia possidente e grazie soprattutto al


contributo scientifico della prof.ssa E. Mugione che desidero ringraziare in questa sede
per avermi dato la possibilità di condividere con lei questa esperienza e di presentare
questo studio.
8 RVAP II, pp. 923-924; TODISCO 2008.

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OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

principale, una decorazione complessa che si dispiega su tutto il vaso fino


al piede (Fig. 1): sul collo una quadriga guidata da Atena armata affiancata
da una Nike, sul corpo, sviluppata su più registri, ai lati di un naiskos, la
scena vede protagoniste le Danaidi che versano dalle hydriae l’acqua in un
grande pithos interrato. Sul lato secondario (Fig. 2) è presente sul collo una
testa femminile con copricapo frigio emergente da una decorazione
vegetale e sul corpo, dentro un naiskos, possiamo notare una figura
femminile che regge un ventaglio e un giovane nudo con spada, intorno al
quale, collocati su più registri, ci sono una serie di personaggi femminili
recanti offerte.
L'analisi di questo straordinario manufatto, sia per dimensioni che per
tecnica pittorica, ha indotto a riflettere sul tema della raffigurazione delle
Danaidi, sulla sua pervasività all'interno dell'imagerie magnogreca e sul
significato che esso assume proprio all'interno di un contesto culturale ben
circoscritto, ovvero il mondo italiota durante il IV sec. a.C.
*****
Le fonti letterarie di età arcaica e classica relative alle Danaidi e al loro
mito possono essere distinte in diversi filoni a seconda che negli autori
antichi prevalga maggiormente l'interesse per il portato genealogico
oppure si ponga l'accento sul tema del rifiuto delle nozze o sul loro legame
con l'acqua che, come i testi antichi stessi sottintendono, è strettamente
connesso alla loro genealogia.
Questa stessa divisione in nuclei tematici è riscontrabile a livello
iconografico. In questa azione di osmosi tra letteratura e arti visuali
sarebbe pericolosa e metodologicamente scorretta la ricerca di costanti
relazioni. Consapevole della elusività di risultati fondati soltanto su una
presunta meccanica dipendenza dell’arte figurativa dalla elaborazione
letteraria dei miti o sulla ricorrenza di topoi figurativi, di schemi e di
strutture formali, di segnali e indicatori simbolici, si è cercato di

3
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

rintracciare all’interno del sistema visivo gli scarti significativi che


consentono di leggere e interpretare il mito evitando di appiattirlo sulla
documentazione elaborata dalla tradizione scritta9.
Il primo nucleo tematico relativo al mito delle figlie di Danao è
costituito da un testo tramandatoci da Strabone10 che riporta un verso del
Catalogo delle donne, di tradizione esiodea, dove all’interno della progenie
di Inaco (frr. 122-159) si citano le Danaidi che resero Argo, che era
senz’acqua, ben irrigata. L’Autore, pertanto, all’interno di una lunga linea
dinastica cha va da Inaco fino alle Pretidi, inserisce un nucleo narrativo
ben circoscritto sulle figlie di Danao. Tale nucleo doveva essere presente
anche in un testo perduto di cui sono giunti solo scarsi frammenti,
Phoronis, il cui protagonista, Foroneo, fu giudice nella contesa tra Era e
Poseidone per la supremazia sull’Argolide: assegnando la vittoria alla
prima, Poseidone rese arido il territorio11.
In queste prime attestazioni del mito è assente un chiaro riferimento
alla provenienza africana delle fanciulle, benché tale elemento fosse
implicito nel racconto della vicenda di Io, l’antenata di cui si parla in
entrambi i testi, il Catalogo e la Phoronis, e che grazie all’unione con Epafo,
da cui nacque Libia, aveva spostato l’orizzonte della discendenza da Argo
all’Africa settentrionale. La provenienza africana era invece ben presente
nel poema epico perduto Danais di cui si conserva un frammento12,
tramandato da Clemente Alessandrino, in cui si mette in evidenza il
carattere quasi virile delle figlie di Danao che prendono le armi
(ὡπλίζοντο) presso le rive del fiume Nilo («πρόςθεν ἐυρρεῖοσ ποταμοῦ

9A tal proposito esiste un’ampia bibliografia in continuo aggiornamento. Segnaliamo in


questa sede Myths, Texts, Images 2010 con bibliografia di riferimento e Texte et Image dans
l’Antiquité 2013. Ma anche PONTRANDOLFO 2015.
10 Str. VIII, 6, 8= Hes. Fr. 128 Merkelbach/West.
11 Phoronis fr.4.
12 Clem. Al. Strom. 4, 19, 120, 4=DAVIES EGF fr. 1.

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Νείλοιο»). A questo episodio, le fanciulle faranno riferimento


successivamente nelle Supplici, vv.83-85, dove la loro sconfitta sembra
essere il motivo della loro partenza dall’Egitto13.
Forte è invece il richiamo al tema dell’acqua dal momento che nel
frammento esiodeo viene posto l’accento sulla funzione civilizzatrice delle
fanciulle, benefattrici del territorio poiché fanno/rendono
(ποίηςεν/θέςαν) Argo ben irrigata. Da ricordare, a margine, anche un’altra
versione del testo esiodeo secondo cui sarebbe stato Danao, e non le figlie,
il benefattore della regione. Tale lezione potrebbe essere letta anche in
collegamento con lo scolio al libro IV, v. 171, dell’Iliade dove per spiegare
la dizione di Argo πολυδίψιον (molto secca) si introduce il racconto
dell’incontro tra Poseidone e Amymone, una delle Danaidi, ma si fa
riferimento anche alle figlie di Danao che dall’Egitto giunsero ad Argo ed
insegnarono a scavare i pozzi (φρεωρυχία)14.
Per C. Brillante il termine πολυδίψιον implicherebbe sì un richiamo ad
una condizione di indigenza delle acque ma anche il felice superamento di
tale situazione di crisi grazie al passato mitico e genealogico della regione,
ovvero il rapporto delle Danaidi con Inaco, re di Argo e allo stesso tempo
divinità fluviale15.
Il secondo nucleo tematico, quello relativo al rifiuto delle nozze e
quindi delle Danaidi ostili all’uomo, trova una significativa conferma nella
trilogia di Eschilo, di cui si conserva solo la prima tragedia, le Supplici, e
che doveva includere una seconda opera intitolata Egiziadi e una terza
Danaidi (nella seconda l’argomento era costituito dalle nozze forzate con i
cugini; nella terza si faceva riferimento alle nuove nozze volute dal padre
Danao fondate sul principio dell’accettazione reciproca). Al centro della

13 A. Supp. 83-85.
14 Schol. Hom. Il. IV, 171.
15 BRILLANTE 2004.

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A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

tragedia vi è il tema del matrimonio o meglio del rifiuto delle nozze 16.
Secondo alcuni studiosi il motivo del rifiuto è da rintracciarsi non solo
nella tracotanza dei pretendenti ma anche in una più ampia ragione
endogamica17: esse sarebbero state rispettose dell’ordine arcaico per cui la
regola dell’esogamia era assoluta18. Altra tesi è quella che vede le Danaidi
opporsi al matrimonio per la volontà di conservare la loro verginità e il
loro carattere di donne ribelli, simili alle Amazzoni19. Entrambi i motivi
possono ricondursi al carattere di alterità che contraddistingue queste
fanciulle, nonostante la loro professione di essere originarie della Grecia e
pertanto degne di essere accolte ad Argo. Le Danaidi sembrano concepire
il matrimonio come una particolare forma di messa a morte della loro
individualità: non vogliono perdere il loro status e, per questo, si
oppongono categoricamente all’evento che sancirebbe l’accettazione del
matrimonio. Queste fanciulle si pongono dal lato dell’alterità dunque,
difendendo la loro verginità anche con la vita20; tale alterità è integrata
all’interno della polis greca nell’ultima tragedia della trilogia dove le
fanciulle si trasformano da Supplici in Danaidi, favorendo la fertilità e
garantendone la discendenza21.
Il terzo e ultimo nucleo tematico è legato al rapporto che le Danaidi
hanno con l’acqua. Tale aspetto non solo si collega direttamente al
cosiddetto filone genealogico (si veda l’inserimento della loro discendenza
all’interno della genealogia di Inaco) testimoniato dai frammenti esiodei
(Hes. frr. 124-129 Merkelbach/West), ma è confermato anche dalle

16 PASSARIELLO 2011.
17 DETIENNE 1990.
18 Cfr. FERRARI 1977.
19 ANGELI BERNARDINI 2007.
20 PASSARIELLO 2011.
21 È indubbio che sulla rappresentazione eschilea della città argiva pesi inoltre il portato

del nuovo corso dei rapporti diplomatici e politici tra Atene e Argo tra il 464 e il 460 a.C.

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OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

versioni mitografiche più tarde che aggiungono elementi comprovanti il


legame delle figlie di Danao con le acque22.
Apollodoro23 ad esempio non solo cita le ninfe come madri delle figlie
di Danao, ma narra anche l’episodio di Amymone e Poseidone che fa
sgorgare una sorgente: la risoluzione dell’aridità del territorio argivo, già
presente in Esiodo, diventa l’elemento duraturo della saga come è
confermato dalla testimonianza di Callimaco che conosceva il destino
delle Danaidi24, con funzione civilizzatrice delle fonti, e dal testo di
Strabone25 che nel I sec. a.C., descrivendo la topografia della regione,
attribuisce alle Danaidi l’invenzione dell’arte dello scavo dei pozzi.
È solo a partire da un testo pseudo platonico, l’Assioco, databile intorno
al II/I sec. a.C., che è posto l’accento sulla loro connotazione infera26; nel
testo compare una citazione delle Danaidi come hydreiai ateleis: «quanti
invece mandarono avanti la vita tra azioni cattive, sono condotti ad opera
delle Erinni attraverso il Tartaro.... dove ci sono la schiera degli empi e le
Danaidi che attingono senza fine acqua, la fame di Tantalo, le viscere di
Tizio divorate in eterno e in eterno rigenerate, le pietre senza fine di
Sisisfo, le cui fatiche finiscono di nuovo per ricominciare». Tale
testimonianza è interessante perché associa le figlie di Danao ad una serie
di penitenti negli Inferi. La menzione cursoria e la destinazione popolare
del dialogo portano a credere che all’epoca della stesura del dialogo le
eroine erano recepite come peccatrici punite e che fosse avvenuta
l’assimilazione tra gli empi/i portatori d’acqua nell’Ade e le Danaidi27.
Pertanto solo con la fine dell’età ellenistica le Danaidi sono stabilmente
associate all’Ade e al lavoro di vana ‘idroforia’, aspetto che ebbe riscontro

22ANGELI BERNARDINI 2007, p. 110.


23 Apollod. Bibliotheca II, 1, 4-5.
24 Call. frr. 65-66 Pf.
25 Str. VIII, 6, 8.
26 Ps. Pl. Ax. 371e.
27 BERIOTTO 2012.

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nel mondo latino28 e che compare in autori greci di età imperiale29 ed in


espressioni paremiografiche30, in cui le eroine non compaiono nel lemma
del proverbio, ma nell’esegesi di detti che hanno a che fare con un pithos o
con un vaso forato, più genericamente.
*******
Anche l’analisi delle testimonianze iconografiche può essere
organizzata per nuclei tematici, dal momento che è possibile riconoscere la
ricorsività di alcuni elementi che permettono di inserire le raffigurazioni
all’interno di quei nuclei tematici già evidenziati a proposito delle fonti
letterarie.
La tradizione iconografica sembra fissare le immagini delle Danaidi a
partire dalla metà del V sec. a.C. sui vasi attici, nello stesso momento
cronologico della rappresentazione della trilogia eschilea. Esse riguardano
il segmento dell’arrivo in Argolide del re Danao insieme alle figlie31, che
precede la richiesta di asilo. Le scene sono caratterizzate dalla presenza di
un personaggio maschile accompagnato da figure femminili che recano
doni: sull’hydria del Pittore di Nausicaa32 è visibile la prua di una nave da
identificare con l’imbarcazione che il re africano e le fanciulle usarono per
giungere in Grecia (Fig. 3), sul vaso conservato a Monaco in Germania33 il
personaggio maschile è seduto presso un altare ed è identificato come
Danao per la presenza accanto a lui di una donna con ventaglio, segno che
caratterizza le figure regali orientali (Fig. 4)34.

28 Lucr. III, 1008-1010; Hor. Carm. III, 11; OV. Ars I, 73-74; Ep. XIV; Met. IV, 462 e X, 43; Tib.
1, 3, 78-80.
29 Lucianus DMort 21, 4; Plu. Sept. Sap. Conv. 160B.
30 Per una raccolta delle testimonianze si veda BERIOTTO 2012.
31 Sul tema del viaggio di Danao e delle figlie cfr. PIÉRART 1998.
32 Hydria del P. di Nausicaa, Berlino, Staat. Mus., inv. 30928: ARV2 1109, 38.
33 Hydria del P. della Centauromachia del Louvre, Monaco, Antikensam, inv. 2429: ARV2

1094, 102.
34 A tal proposito si veda la discussione di H. Cassimatis sull’utilizzo di alcuni oggetti

parlanti nell’imagerie dei vasi attici e italioti: CASSIMATIS 1987.

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L’interesse per il mito delle Danaidi è invece più consistente nella


ceramica apula a partire dal secondo quarto del IV secolo. L’iconografia
italiota cristallizza la tradizione mitologica già attestata in Esiodo: i pittori
apuli conoscono tutto il mito e lo rappresentano in ogni suo segmento,
dalla richiesta di asilo, all’uccisione dei mariti fino al legame con l’acqua.
Il tema della richiesta di asilo è esemplificato da un ‘motivo
figurativo’35 che prevede un gruppo centrale con Danao supplice e
Pelasgo, intorno al quale si dispongono diverse figure, tra cui una
femminile con hydria sul capo che secondo E. Keuls36 indicherebbe la
punizione che le fanciulle sono costrette ad affrontare nell’Ade. Tra gli
altri personaggi è possibile notare Atena ed Hermes37 (Fig. 5), divinità che
secondo la versione di Apollodoro avrebbero purificato le fanciulle dopo
l’assassinio dei mariti38. Significativa sembra la raffigurazione dell’altro
lato del cratere del Pittore di Atene 1714 dove è visibile una scena di
offerta ad un naiskos, all’interno del quale è deposta una hydria. Il sintagma
formato da personaggio seduto in trono e personaggio supplice sarà
ripreso successivamente anche dal Pittore di Dario39.
Le uniche testimonianze iconografiche che attesterebbero il segmento
del mito relativo all’uccisione degli Egizi sono due vasi frammentari: il
primo di produzione chiota databile alla metà del VI sec. a.C. da
Naucrati40 si inserisce all’interno di una tradizione che prevede la
trasposizione in immagini del tema dell’alterità attraverso il diverso colore
della pelle (da notare la differenza tra le mani delle assassine e le teste
maschili di colore nero), l’altro, costituito da due frammenti di un cratere a

35 MORET 1975.
36 KEULS 1986b, p. 342.
37 Cratere a volute del P. di Atene 1714, Parigi, Louvre inv. CA 227: RVAP I, 211, 146.
38 Apollod. Bibliotheca II, 1, 4-5.
39 Cratere a volute del P. di Dario, Amsterdam, Allard Pierson Museum inv. 4670: s.v.

«Pelasgos» 3, LIMC VII. 1, 1994.


40 Londra, BM inv. 1888.6-1.810: PRICE 1924, pl. 6. 21-23.

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A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

campana provenienti da Taranto, attribuiti da Trendall al pittore


dell’Ilioupersis, è databile al secondo quarto del IV sec. a.C.41.
Due figure sedute presso un altare, entrambe con ramoscelli nelle
mani42 servono invece a raccontare la richiesta di asilo del re e delle sue
figlie, riconoscibili su vasi databili alla metà del IV sec. a.C. Su un cratere
da Ruvo43 la scena è collocata all’interno di un santuario apollineo come
suggerisce la presenza del tripode e di Apollo nel registro superiore della
raffigurazione; accanto alle fanciulle è rappresentato un personaggio
vestito in maniera orientale che potrebbe essere identificato con Danao
(Fig. 6). Su un’anfora perduta di Leningrado, invece, le fanciulle sembrano
essere minacciate da due giovani nudi con spade44 che potrebbero essere
interpretati come i cugini Egizi, i quali hanno seguito fino in Argolide le
figlie del re africano per poter rivendicare il loro diritto alle nozze45.
Il cratere a volute conservato in Svizzera in una collezione privata (Fig.
7)46, presenta sul registro superiore una sorta di ‘assemblea divina’
costituita da Artemide, Apollo, Atena ed Hermes e su quello inferiore
fanciulle con ramoscelli sedute presso un altare. Sembra essere
significativo che per rappresentare il tema della purificazione delle figlie
di Danao dopo l’omicidio dei mariti sia stato selezionato lo schema
costituito dalle fanciulle con il ramoscello, motivo assimilabile a quello di
altre figure femminili rappresentate come supplici presso un altare47, e
non quello, scelto successivamente dai pittori apuli della seconda metà del
IV sec. a.C. delle fanciulle che versano l’acqua nel pithos. Difatti su questi

41 Cratere a campana del P. dell’Ilioupersis, già coll. Curtius: KEULS 1974, pp. 171-172.
42 Il motivo è stato analizzato da SÉCHAN 1926, pp. 521-524.
43 Cratere a volute del Gruppo del Vaticano W 4, Ruvo, Museo Jatta inv. 414: LIMC III, s.v.

«Danaides» 2.
44 Anfora, Leningrado, Hermitage inv. St. 452: KEULS 1974, p. 78.
45 Questo doveva essere l’argomento della seconda tragedia della trilogia eschilea

perduta.
46 Cratere a volute del P. di Baltimora, Svizzera, coll. privata: RVAP II, 865, 22 a, pl. 325.1.
47 MORET 1975.

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vasi è sottolineato non tanto il motivo della punizione perenne, che a mio
avviso suggeriscono le immagini con le idrofore, quanto quello della
purificazione a seguito dell’omicidio commesso. La presenza di divinità
come Atena, il cui culto sarebbe stato introdotto ad Argo da Danao, ed
Hermes che avrebbero provveduto alla purificazione delle fanciulle, non
fanno altro che avvalorare tale ipotesi48.
Il nucleo di testimonianze iconografiche più consistente è costituito da
quelle immagini che si riferiscono al rapporto tra le Danaidi e l’acqua. Tale
legame era già presente in età arcaica a livello delle fonti letterarie 49. La
testimonianza più antica è un vaso frammentario attribuito al pittore di
Sarpedonte50, databile tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C., dove è
possibile notare la presenza di figure femminili con hydriae: il cattivo stato
di conservazione non permette di precisare quale sia il segmento del mito
rappresentato.
Il motivo della donna con l’hydria troverà larga diffusione in tutto il IV
sec. a.C. soprattutto in vasi di grandi dimensioni con scene riferibili al
mondo infero. Un’altra serie di immagini è costituita da una o più donne
che versano acqua all’interno di un vaso di grandi dimensioni,
identificabile con un pithos conservato nel terreno51.
È possibile accertare la collocazione infera e la loro condizione di
dannati eterni solo per una parte di quei vasi dove il segno pithos è visibile,
per esempio nel caso in cui sono presenti figure che rimandano al mondo
dell’aldilà o dove addirittura è presente il cosiddetto ‘palazzo di Ade’52.
Nelle scene in cui il riferimento al mondo infero è abbastanza esplicito, le
Danaidi di solito sono collocate nel registro inferiore della decorazione del

48 Hdt. II, 182.


49 Str. VIII, 6, 8= Hes., fr. 128 Merkelbach-West.
50 Hydria frammentaria del P. di Sarpedonte, Sydney, Nicholson Museum inv. 51.39 e

Leiden, Univ. Arch. Inst. inv. 35: RVAP I, 164, 4.


51 Per il tema delle donne con hydria agli Inferi si veda PENSA 1977 e MORET 1993.
52 PENSA 1977.

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vaso, in asse con un naiskos53 o con Ade in trono54, o ancora con Eracle che
regge il cane Cerbero55.
Il gesto del versare acqua in un pithos, sulla cui valenza ctonia si è
soffermata M. Pensa56, con contenitori a loro volta rotti, assume una
molteplicità di significati dal contenuto simbolico. Come afferma Claudia
Cruciani57, riprendendo una tesi già espressa da A. Cook58 all’inizio del
secolo scorso, esso è parte integrante dei rituali in onore dei defunti, sulla
cui tomba si era soliti compiere offerte d’acqua, ma appartiene anche alla
sfera delle purificazioni prenuziali ed è il momento culminante della
cerimonia di iniziazione mistica. L’acqua infatti costituisce il punto di
contatto tra il mondo agrario della fertilità del suolo e il mondo infero,
governato da divinità come Persefone, in stretto contatto con la terra ed i
suoi frutti; porta purezza e rinnovamento, garantendo la purificazione.
L’acqua è un veicolo essenziale in tutte quelle cerimonie e in qualsiasi
forma di ritualità che prevedono un passaggio di status59.
La sua forza vitalizzante è un motivo comune anche ai testi escatologici
di tradizione orfico pitagorica in contrasto soprattutto con quella
platonica: nella Repubblica Platone dice che le anime prima di reincarnarsi
si radunano nella pianura dell’Oblio, dove bevono l’acqua del fiume
Ameles, che fa dimenticare tutto e non può essere contenuta in nessun vaso
(614 b-621 b). Gli effetti prodotti dall’Ameles testimoniano che l’acqua, in
evidente antitesi al destino riservato agli iniziati nell’escatologia orfica, è

53 Cratere a volute del P. di Baltimora, Urbana-Champaigne, World Heritage Mus.: RVAP


Suppl. 1, 152, 23 a.
54 Cratere a volute del P. di Baltimora, Leningrado, Hermitage inv. St. 426: RVAP II, 864,

19.
55 Anfora dell’Officina del P. della Patera, Taranto, MAN inv. 76010: RVAP II, 763, 293, pl.

284.1.
56 PENSA 1977.
57 CRUCIANI, FIORINI 1998.
58 COOK 1914-1940, pp. 335-370.
59 Per il valore religioso e cultuale delle acque si veda CALDERONE 2012, in particolare il

contributo di GIUFFRÉ SCIBONA 2012.

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un’acqua incontenibile, una sorta di castigo, che in un passo del Gorgia


platonico (493d), gli amyetai, i non iniziati, sono condannati a versare in un
vaso forato con un setaccio ugualmente forato. Questo tipo di pena ricorre
anche nella descrizione escatologica dell’Assioco pseudo-platonico in cui
sono menzionate le Danaidi, condannate a versare acqua senza fine, e
destinate nell’Ade insieme agli empi e ai dannati mitici, mentre gli iniziati
hanno un loro posto tra gli eletti in un luogo paradisiaco60.
Questa associazione consente di distinguere bene la figura degli
amyetai61 da quella delle Danaidi che sembrano nel corso del IV sec. a.C.
quasi ereditarne l’iconografia e in parte i significati, rifunzionalizzandoli
però in un ambiente diverso rispetto a quello ateniese, più vicino a forme
escatologiche diffuse in Magna Grecia62.
Il passaggio tra queste due serie di immagini potrebbe essere costituito,
come A. Pontrandolfo63 ha messo ben evidenza, da una serie di
iconografie anomale che, pur utilizzando e in parte rivisitando schemi
figurativi ricorrenti, caratterizzano la produzione del Gruppo del Pilastro
con la Civetta, officina campana della metà del V sec. a.C.: non a caso su
un’anfora ai Musei Vaticani (Fig. 8)64 la scena si snoda intorno ad un pithos
verso cui si dirige una figura femminile che ha le braccia tese e in testa una
hydria. L’adozione del segno/pithos all’interno delle immagini italiote

60 Ps. Pl. Ax. 371e.


61 Tale motivo era riferibile ad un gruppo di figure, alate e non, maschili e femminili, già a
partire dal VI sec. a.C.: si tratta di scene, come testimoniano la presenza di altri puniti
eccellenti come Sisifo o come Eracle con Cerbero, che possono essere collocate nell’Ade. I
portatori d’acqua sono visti anche da Pausania a Delfi che li definisce «coloro che non
sono iniziati» (Platone, nel Fedone fr. 69 c, contrappone la figura degli amyetoi a quella dei
purificati, esplicitandone la mancata partecipazione alle pratiche di purificazione
preliminari ai misteri) ovvero non iniziati e questa sembra essere l’ultima attestazione
iconografica di queste figure condannate nell’Ade, secondo il Periegeta, per non aver
adempiuto ai misteri, ovvero per non aver compiuto il loro telos.
62 Per la sovrapposizione dei due segmenti figurativi si veda PETTENÒ 2006.
63 PONTRANDOLFO 2006.
64 Anfora a collo del Gruppo del Pilastro con la Civetta, Roma, Città del Vaticano, Museo

Gregoriano Etrusco inv. U 53: TRENDALL 1953, p. 43, tav. XII.

13
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

pertanto è indizio di una capacità notevole di utilizzazione di un


repertorio in maniera consapevole: si tratta di un elemento che concorre a
definire lo spazio iconico come uno spazio ritualizzato65. In questa ottica il
gesto delle figure femminili più che rimandare alla pena imposta, sembra
supporre una ritualità legata all’acqua come elemento di purificazione ma
anche indicatore di riti di passaggio cui le giovani figlie di Danao
sovrintendono.
Significative sembrano essere allora quelle immagini dove le Danaidi
che versano acqua in un pithos, oppure reggono semplicemente tra le mani
delle hydriae66, sono associate ad immagini di fonti collegate ad episodi
mitici come nel caso dell’hydria di Policoro che rappresenta l’incontro di
Poseidone e Amymone67 (Fig. 9), o di fontane monumentali come sul
cratere del Pittore di Baltimora68. Di più facile lettura è l’associazione, su
altri esemplari italioti, delle hydriae con i loutheria, chiaramente riferibili a
rituali di passaggio, finalizzati all’acquisizione della charis muliebre,
esemplificata dalla riproposizione di oggetti appartenenti al kosmos
gynaikos69.
Un altro gruppo di vasi di produzione apula presenta scene collocate
in un contesto infero come suggerisce la presenza di quegli elementi che
connotano in maniera inconfutabile un paesaggio infernale: non solo il
cosiddetto palazzo di Ade, ma anche personaggi e miti collocati
nell’oltretomba come Orfeo, Teseo e Piritoo, Anfiarao, Eracle e Cerbero.
Alle immagini in cui è possibile notare più fanciulle che versano acqua
all’interno di un vaso, di grandi dimensioni, interrato70, si contrappone

65 PONTRANDOLFO 2006.
66 PILO 2012.
67 Hydria del P. di Policoro, Policoro, MAN della Siritide, inv. 38462: RVAP I, 407, 59.
68 Cratere a volute del P. di Baltimora, Londra, mercato antiquario 1981: KEULS 1986a, p.

339.
69 MENICHETTI 2006; SILVESTRELLI 2012.
70 Anfora vicino al P. della Patera, Taranto MAN inv. 76010: RVAP II 673, 293, pl. 284.1.

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OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

una iconografia che potremmo definire ‘brachilogica’: il gesto del versare


acqua è sostituito dalla sola presenza delle hydriae poggiate al suolo o
semplicemente tenute tra le mani da figure femminili71 che rimandano in
maniera allusiva all’atto rituale compiuto dalle fanciulle72.
Se sul cratere del Museo Archeologico di Matera73 (Fig. 10) o su altri
esemplari è possibile notare una netta contrapposizione verticale tra le
idrofore e le immagini chiaramente riferibili all’oltretomba74 dal momento
che sono collocate su registri sovrapposti, in altri casi, come su una hydria
monumentale conservata ad Amburgo (Figg. 11-12)75, lo spazio in cui si
muove il carro di Ade e Persefone sembra essere delimitato in senso
orizzontale da due fanciulle con hydriae, collocate a prima vista in
posizione marginale in corrispondenza delle anse orizzontali, ma che ad
uno sguardo più attento invece scandiscono e chiudono lo spazio di
azione del carro guidato da Hermes psicopompo e chiuso da Ecate76.
All’interno di questo corpus di immagini la scena sul cratere del Pittore
di Arpi da cui abbiamo preso le mosse, costituisce un programma
figurativo complesso (Figg. 1-2). Il pithos si sovrappone al naiskos/palazzo
dell’Ade all’interno del quale è presente una Danaide e un personaggio
maschile canuto che forse è possibile identificare, in base al confronto con

71 Cratere a volute del P. di Baltimora, Leningrado, Hermitage Mus. inv. St. 426: RVAP II
864, 19; cratere a volute del P. di Baltimora, Svizzera, coll. privata: RVAP II 865, 22 a, pl.
325.1; cratere a volute del P. del Louvre K 67, Leningrado, Hermitage Mus. inv. St. 424:
RVAP II 930, 117; cratere a volute del P. di Baltimora, Londra, mercato antiquario 1981:
KEULS 1986a, p. 339; cratere a volute del P. del Sakkos Bianco, Kiel, Kunsthalle zu Kiel,
Antikensammlung, inv. B 585: MORET 1993, pp. 328-329, fig. 10 a-b.
72 PILO 2010.
73 Cratere a volute del P. del Sakkos Bianco, Matera, MAN inv. 164510: RVAP Suppl. 2, 351,

2 a.
74 Cratere a volute del P. di Baltimora, Malibu, Getty Mus. inv. 77.AE.13: RVAP II, 863, 17,

pl. 323. 3; Kiel, Kunsthalle inv. B 85: RVAP Suppl. 2, 351, A 1; cratere a volute da
Altamura, Napoli, MAN inv. 81666: RVAP I, 431, 82, pl. 160. 2.
75 Hydria del P. del Sakkos Bianco, Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe, inv.

1982.4: RVAP II, 871, 57 a.


76 Sul significato della scansione dello spazio in senso verticale e orizzontale sui vasi apuli

si veda MORARD 2009.

15
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

il testo di Pausania, con Eurinomo, uno dei giudici infernali, rappresentato


anche sulla Nekyia di Polignoto a Delfi77. La sua presenza e la resa stilistica
e iconografica lo accomunano ai demoni della tradizione etrusca, ma
soprattutto il parallelo con il dipinto polignoteo sostanzia l’ipotesi di una
rielaborazione colta del mito, non estranea ai messaggi salvifici legati alla
ritualità eleusina, già evidenziati per la Nekyia78. Non a caso il mito delle
Danaidi è identificato con un mito di espiazione/purificazione da
collocare agli Inferi, come suggerisce l’eccezionale rappresentazione delle
fanciulle all’interno di un edificio che allude forse al palazzo di Ade.
Se le Danaidi, straordinarie anche nel numero – ne sono presenti nove
– fanno riferimento con il gesto del versare ad una ritualità di tipo
iniziatico che si inscrive all’interno dei riti di passaggio propedeutici alle
nozze, allo stesso modo, ovvero nella sua funzione di divinità protettrice
dei passaggi di status, deve essere letta l’immagine di Atena sul carro, sul
collo del cratere. Ciò sostanzia l’ipotesi dell’importanza della divinità in
Daunia, venerata come Iliaca a Lucera, in un grande santuario, nel quale la
dea era collegata con il culto gamico e con i rituali di passaggio, adombrati
nella tradizione mitografica anche dal rituale delle fanciulle daune, in
riferimento al culto di Cassandra, quale vergine che aveva rifiutato le
nozze79.
Al concetto di rinascita rimanda anche la testa di Afrodite che sorge da
una corolla tra due eroti, sul collo del lato secondario del vaso e ripetuto
su entrambi i lati del piede80.
Così l’immagine dell’offerta al monumento funebre sul lato secondario
del vaso assume nuovo valore se si pensa alla specularità con il palazzo

77 ROBERTSON 1987.
78 CRUCIANI, FIORINI 1998; MUGIONE 2006.
79 Lyc. Alex. 1126-1140. Cfr. MENICHETTI 2014.
80 BÉRARD 1974, pp. 153-160; PIRENNE-DELFORGE 1994, pp. 439-441.

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dell’Ade del lato principale81: in entrambi i casi l’edificio naiskos/palazzo


perpetua l’idea della continuazione della stirpe, garantita dalle figure
femminili che recano le loro offerte, tutte strettamente collegate alla sfera
erotico-matrimoniale. Pertanto le figure all’interno del naiskos
suggeriscono l’idea di un gruppo sociale organizzato su base matriarcale:
la donna, riccamente abbigliata, attraverso una serie di segni – ventaglio,
gomitolo, gesto dell’anakalypsis - manifesta il suo statuto di donna sposata,
e proprio grazie alla relazione che instaura con il guerriero eroizzato,
accanto a lei, si precisa e si struttura il gruppo sociale.
Tale sistema di segni riflette, all’interno delle aristocrazie indigene,
l’organizzazione di una struttura familiare che si autorappresenta
attraverso il rapporto tra uomo e donna82. La ‘matrona’, con gli oggetti
relativi al mondo muliebre, e l’uomo, giovane-guerriero, concorrono a
definire un immaginario in cui l’elemento femminile diventa fondante di
una stirpe cui sono destinate sepolture che esibiscono gli stessi segni
riservati all’uomo83.
Non è un caso se nell’età arcaica il mito delle Danaidi non fa parte
dell’epica eroica di respiro panellenico, ma è una storia finalizzata alla
costruzione dell’identità politica e culturale della polis di Argo84. Esso si
svolge in un’epoca in cui i miti, legandosi alle varie realtà regionali, sono
funzionali all’affermazione di una stirpe nuova, venuta dall’esterno,
positiva, legata al controllo del territorio e alla acculturazione dello
stesso85.

81 Per il valore da attribuire al monumento funebre cfr. PONTRANDOLFO, PRISCO, MUGIONE


1988.
82 MUGIONE 2002.
83 Diversamente TODISCO 2008, p. 54 ipotizza che il cratere sia destinato ad una sepoltura

maschile per la presenza del guerriero nudo all’interno del naiskos.


84 BRILLANTE 2004.
85 Le fonti letterarie testimoniano che Argo e le sue figlie avrebbero introdotto in Grecia le

Tesmoforie e lo sfruttamento delle acque: Hdt. II, 182.

17
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Possiamo intravedere pertanto nella fortuna che questo mito ebbe nel
mondo italico, soprattutto apulo, la volontà di sottolineare la positività di
queste fanciulle che al pari delle genti indigene dell’Italia meridionale
contribuiscono allo sviluppo del territorio86. Il collegamento con
particolari ambiti di circolazione, soprattutto la Puglia settentrionale,
sembra suggerire che il mito fosse adottato dalle aristocrazie indigene per
legittimare lo statuto di nuove identità familiari e politiche. Se a questo si
aggiunge il passaggio a nuovi modelli culturali che traspare dalle
immagini della ceramica italiota, i cui segni adottati consentono di
collegarla strettamente a valenze orfiche e salvifiche, possiamo
comprendere il motivo dell’ampia diffusione del mito delle Danaidi nella
seconda metà del IV sec. a.C., quasi la messa in scena di un ideale di
eroizzazione.
Fanciulle, pithos, vasi per l’acqua si configurano dunque come indizi di
un’unica trama e si avvalorano reciprocamente se inseriti nella prospettiva
di una ritualità di passaggio, il cui fine ultimo è la fecondità, il rinnovarsi
della vita attraverso l’acqua, elemento che da un lato feconda e purifica,
ma che inoltre, sgorgando dalle profondità della terra, mette in relazione i
vivi con i morti e offre una possibilità di salvezza.

86 MAZZEI 1999.

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23
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Fig. 1. Cratere a volute del P. di Arpi, Napoli, coll. privata inv. 369 (foto a cura
dell’autore).

http://www.otium.unipg.it/otium/article/view/29 24
OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

Fig. 2. Cratere a volute del P. di Arpi, Napoli, coll. privata inv. 369 (foto a cura
dell’autore).

25
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Fig. 3. Hydria del P. di Nausicaa, Berlino, Staat. Mus., inv. 30928 (da LIMC III, s.v.
«Danaos» 2).

Fig. 4. Hydria del P. della Centauromachia del Louvre, Monaco, Antikensam, inv.
2429 (da LIMC III, s.v. «Danaos» 1).

http://www.otium.unipg.it/otium/article/view/29 26
OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

Fig. 5. Cratere a volute del P. di Atene 1714, Parigi, Louvre inv. CA 227 (da LIMC VII, s.v.
«Pelasgos» 4).

Fig. 6. Cratere a volute del Gruppo del Vaticano W 4,


Ruvo, Museo Jatta inv. 414 (da LIMC III, s.v. «Danaides»
2).

27
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Fig. 7. Cratere a volute del P. di Baltimora,


Svizzera, coll. Privata (da RVAp II, pl. 325.1).

http://www.otium.unipg.it/otium/article/view/29 28
OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

Fig. 8. Anfora a collo del Gruppo del Pilastro e della Civetta,


Roma, Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco inv. U
5 (da TRENDALL 1953, tav. XII).

29
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Fig. 9. Hydria del P. di Policoro, Policoro, MAN della Siritide, inv. 38462 (da
LIMC III, s.v. «Danaides» 7).

http://www.otium.unipg.it/otium/article/view/29 30
OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol. 2, 2017, Article 14

Fig. 10. Cratere a volute del P. del Sakkos Bianco, Matera, MAN inv. 164510 (da CVA
Matera I, tav. 75).

31
A. Benincasa. Il mito delle Danaidi su un cratere napoletano

Fig. 11. Hydria del P. del Sakkos Bianco, Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe, inv.
1982.4 (da LIMC III, s.v. «Danaides» 35).

Fig. 12. Hydria del P. del Sakkos Bianco, Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe,
inv. 1982.4 (da LIMC III, s.v. «Danaides» 35).

http://www.otium.unipg.it/otium/article/view/29 32

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