Walt Whitman Foglie D'erba Completo

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D UKE UNIVERSIT Y
LIBRARY

The Gay Wilson and Evie Allison Alien


Collection
FOGLIE DI ERBA
Digitized by thè Internet Archive
in 2016 with funding from
Duke University Libraries

https://archive.org/details/fogliedierbaconlOOwhit
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Walt Whitman
WALT WHITMAN

Foglie di erba
con le due aggiunte e gli « Echi della vecchiaia »

dell' edizione del 1900.

VERSIONE DI

LUIGI GAMBERALE

REMO SHNDRON = Editore


Libraio della Reai Casa
MILANO-PALERMO-NAPOLI
Proprietà letteraria dell’Editore
REMO SANDRON

L’editore Remo Sandron, avendo adempiuto a tutti gli obblighi


prescritti dalla legge sulla proprietà artistica e letteraria, ne eserciterà tutti

i diritti per l’Italia e i paesi di lingua italiana.

Off. Tip. Sandron — 38 — I — 070507.


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IT 1

A Girolamo Kagusa Moleti


CHE SEMPRE COMPRESE El) AMMIRÒ
LA VITALE MODERNITÀ, L’AMPIO SENTIMENTO UMANO
DELLA POESIA
di Walt Whitman
DEDICO AFFETTUOSAMENTE QUESTA VERSIONE.
PREFAZIONE

Sulla vita e le opere di Walt Whitman.

I.

Long Island è un’isola a circa un miglio dal porto orien-


tale diNew- York gl’indiani nativi la chiamarono Pau-
:

manake o Paumanack o Paumanok. 11 Whitman le dà


sempre quest’ultimo nome, e lo scrive con quest’ ultima
grafia.
È un’ isola che
si distende in lunghezza
,
meglio che .

cento miglia, ed ha la forma di un pesce immane. Ad


oriente le sponde sono intersecate da una bella, variata e
pittoresca rete di canali naturali; e, dalla parte dell’oceano,
la baia è tutta sparsa di grossi ammassi di sabbia, ili cui
alcuni elevansi a vere colline ed altri sorgono a piccole mon-
tagnole. D’inverno le acque della baia si ricoprono di gelo

abbastanza spesso; ed era sui campi di ghiaccio, così formati,


che il Whitman, da fanciullo e da adolescente, soleva re-
carsi sur una slitta a mano, armato di scure, per iseavar
buche nel ghiaccio, e in esse saettare con la fiocina le , ,

anguille che venivano a galla, attratte dalla luce di quelle


buche insidiose.
lai parte centrale dell’isola, una vasta prateria sparsa
di macchie boschive, era, ai tempi della fanciullezza e della
— VII
Vili TT. WHITMAX — FOGLIE DI FEDA

gioventù del Whitman, popolata eia numerosi armenti di


vacche. « Spesso, egli dice, io soleva pormi a sedere in
sul margine ili questi pascoli; e di là, respirando 1’ aria
fresca e leggermente aromatica, che veniva da essi, guar-
davo le interminabili file di vacche che mi passavano in-
nanzi, di ritorno alle loro stalle ».

Tutta l’isola è spazzata liberamente dai venti dell’oceano,


e. l’aria vi è tanto mossa ed acuta, che mal vi reggono le
costituzioni non sane. Onde la popolazione, per una ine-
vitabile selezione, è robusta e gagliarda. Ha sorgenti nu-
merose; e il Burroughs afferma che
acque sgorganti da le
esse sono le più chiare, fresche e dolci che il mondo abbia.
Primamente fu abitata da quella povera razza, così fa-
talmente restìa ad ogni civiltà che si disse delle Pelli
,

Posse. Al principio del secolo XIX ne restavano ancora


alcuni che il Whitman ebbe occasione di conoscere nei
,

suoi primi anni: abitavano ad Oriente, commisti ai pesca-


tori stabilitisi in quella parte, che è la più pescosa di tutta
l’isola. Poi anche que’ resti si spensero.
Questo, in generale, l’aspetto e la natura dell’isola dove
Walt Whitman nacque. Egli la visitò tutta, correndola e
ricorrendola più volte, talora a cavallo, spesso a piedi, o
girandola in barca per tutte le sue sponde, baie insena- ,

ture e canali. Ciò fu per tutti i primi quaranta anni della


sua vita; poiché, anche quando non abitava più l'isola,
soleva tornarvi ogni volta che ne aveva modo ed agio.
Xel 1640 la parte occidentale dell’isola fu occupata da
coloni di stirpe olandese : più tardi alcuni coloni inglesi
si stabilirono ad oriente. I possedimenti delle due razze
si vennero, a mano a mano, allargando, finché si tocca-
rono in quel luogo dove surse poi Huntington, che presto
divenne una città mista delle due stirpi.
E fu quivi appunto, presso questa città, nella fattoria
di West Hills, che, addì 30 maggio 1819, nacque Whitman.
Gli fu posto il nome del padre, Walter; però, per evitare
confusioni cominciarono in famiglia a chiamarlo Walt:
.

questo diminutivo gli restò, poi, sempre; ed é con esso


C

PBEFAZIOXE IX

ohe il mondo lo conosce. Il padre era di origine inglese :

aveva statura gigantesca, era di grande serietà e riserva-


tezza, e di carattere ostinato. Faceva il falegname, mestiere
da lui imparato a New York, ed esercitato, un po’ qua un
po’ là, vagando dovunque lo chiamava il lavoro. Nelle
poesie del figlio non è ricordato mai: una sola volta egli
parla di lui. negli Specimen Days e fu quando gli morì , :

in quella occasione lo chiama my dear fatlier. Ed è la sola


espressione di affetto che gli consacra.
Non così della madre, una Yan Velsor. Si chiamava
Luisa, ed era nata da padre olandese e da madre di razza
celtica per religione era quacchera. Una donna brava e
:

bella, eccellente cavalcatrice, piena di naturale dignità, e


narratrice pittoresca, sebbene avesse cultura assai scarsa.
ricordo di lei ricorre spesso nei canti del Whitman.
Il

e, sempre, pieno di desiderio e di affetto. Anche le fre-


quenti. sebbene rapide, rappresentanze di amor materno*
de’ suoi canti, sono certamente ispirate dalla viva me-
moria di lei. Ed anche quando, già vecchio e paralitico,
era quasi diviso da ogni vita viva, e prossimo all’effettiva
dipartita dal mondo, egli cantò così (1) :

« Mentrechè sono ancora alle tire soglie, o Morte — In


sull’ entrare sovrane fosche, illimitate terre
delle tue ,

Alla memoria di mia madre, alla maternità, fusione di-
vina —
A lei, che è sepolta e dipartita ancorché non se- ,

polta mai, non dipartita mai dame (Che io vedo sempre —


la sua benevola, bella e fresca faccia Seggo ancora ac- —
canto al suo corpo nella bara —
Ancor di nuovo bacio e
ribacio le sue dolci, vecchie labbra e i chiusi occhi suoi
entro la bara) —A lei, alla donna ideale, pratica e spiri-
tuale, se mai altra ne ebbe la terra, all’amore, alla vita,
al meglio che è in me e clic venne da lei — Io incido fra

(1) Song of parting. Pag. 376. Glasgow. Wilson and Ma ormile, Saint Vincent
Street. 1884. Questa che citerò sempre per le poesie pubblicate fino
è l'edizione al
1884. Del resto l’edizione di Boston del 1890 (Small. Maynard and Company) ha la

stessa numerazione di pagine. Contiene però tre -appendici in più.


E
X W. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

questi canti, prima di partire, un verso monumentale —


lo póngo qui come lapide sepolcrale. — »
Nel 1823 la sua famiglia si trasferì a Brooklyu ,
prima
iu Front Street, poi in via Orauberry e Jolmson, finalmente
in via Tillary. In ciascuna di queste strade il padre costruì
due belle casette, abitate successivamente da lui e dalla
famiglia; ma esse furono presto così gravate di debiti e
d’ipoteche, che dovettero essere vendute. Dal '21 al '30,
dal quinto all’undicesimo anno suo frequentò le pubbliche
scuole di Brooklyn, e in quest’ultimo anno, o giù di lì,
entrò nello studio di un avvocato, come boy cioè a dire
,

come scritturale ed esecutore di piccole commissioni. Ivi,


e lo nota egli stesso compiacendosene, conobbe il suo primo
amico, ebbe un bel tavolo tutto per sè e l’agio di abban-
donarsi alla lettura di romanzi e di novelle, di cui divenne
appassionato divoratore : passione che gli durò tutta la
“vita, anche nella vecchiaia.
Ma nel 1832 lasciò l’avvocato ed entrò in una stamperia
per apprendere il mestiere. In quella stamperia si pubbli-
cava un giornale settimanale, il Long Island Patriot, il cui
direttore era anche ufficiale di posta. V
incontrò un
vecchio stampatore, un carattere veramente rivoluzionario,
che aveva conosciuto Washington, che gli diventò amico
e che parlavagii spesso dei tempi lontani. Nei successivi
anni lavorò inuma nel giornale settimanale Long Island
Star di cui era comproprietario Mr. Alden Spooner. Fu in
,

questi anni, ’33, ’34, ’35, che si verificò il suo maggiore


sviluppo fisico. La famiglia sua era allora tornata a Long
Island e si era accresciuta a desse ed a lui si erano ag-
:

giunti la dear sister Maria ,Anna Luisa e quattro altri


fratelli: Andrea, Giorgio, Tommaso Jefferson ed Edoardo.
Quest’ultimo era nato nel 1835, quando la madre era molto
malata e fu per questo forse, che, nato malaticcio, visse
:

pieno di reumatismi e zoppo, « come fui io stesso nei miei


tardi anni », dice il Whitman.
Già nel giornale Long Island, essendo in sugli undici o
dodici anni, aveva pubblicato alcuni mioì brevi scritti sen-
PREFAZIONE XI

timentali; ina poi, nella primavera del 1 83ti , lo Specchio


di Xew York, giornale accreditato e alla moda, diretto da
Giorgio P. Morris, gli pubblicò uno o due articoli. Fu un
gran passo per la futura direzione della vita del ’NYhitman.
« Ricordo chiaramente », egli scrive(l), « con quanta irrequie-
« tezza ,
non abbastanza repressa, ero solito aspettare il
« grosso, grasso, rubicondo e lento postino, un inglese di
« vero antico tipo, che veniva in Brooldyn a distribuire
« lo Specchio e con quale tremore di dita aprii il giornale
,

« la prima volta e tagliai le pagine della mia copia; e con


« qual raddoppiato battito di cuore guardai la roba mia.
« stesa su quella carta bianca e in così graziosi tipi.
« Ma la prima e reale avventura mia», egli seguita a nar-
rare, « fu quando presi a pubblicare il Long Islander nella ,

« mia bella città nativa di Huntington (1839). Avevo al-


« lora quasi venti anni. Per due o tre anni avevo inse-

« gnato nelle scuole rurali di campagna, e ritengo che da


« questo insegnamento ebbi, per la conoscenza che presi
« delle indoli e delle masse — in seguito a scene reali —
« una delle mie migliori esperienze. Ma preferivo l’arte
« dello stampatore mi vi ero messo quasi da fanciullo, ed
:

« avevo imparato a far da compositore. Perciò, incoraggiato,


« misi su un giornale nel paese dove nacqui. Andato a Xew
« York, comprai un torchio e dei caratteri e presi con me
« qualcuno che mi aiutasse; ma il più del lavoro, incluso
« il girare il torchio, lo facevo da me. Pareva che tutto
«andasse bene; solo la mia irrequietezza m’impedì di sta-
« bilire ivi, gradualmente, una permanente proprietà. Aveva
« comprato un bel cavallo, e, ogni settimana, andavo at-
« torno per la campagna, distribuendo il mio giornale: un
« giro in cui spendevo tutto un giorno ed una notte. Xon
« feci mai escursioni più piacenti di quelle verso Sud mi :

« spingevo tino a Babilonia, traversando Smith town e Co-

(1) Specimen Days and Collect pàg. 195, 1882-83. David McKav, Filadelfia, n.
,
23.
South Nintli Street. Questa è l’ediziono elle sarà da me citata sempre.
XII ir. ÌVUTTMAN — FOGLIE DJ ERBA

« mac ;
e poi di là, indietro, a casa. L’esperienza presa in
« queste gite, dei coloni del vecchio caro tipo ,
delle loro
« mogli, accanto ai campi di fieno, l’ospitalità, i
le soste
«desinari gentili, le eventuali conversazioni serali, lefan-
« dulie, le cavalcate attraverso rovi mi ritornano allai
,

« mente anche oggi (1882).


« Dopo, nel 1841, passai all Aurora, giornale quotidiano
1

.« di ISTew York, una specie di franca lancia spezzata; scri-

« vevo allora anche pel Tattler giornale democratico della


,

« sera. E con questo e con qualche altro lavoro fuori mano


« ero occupato variamente, finche fui chiamato a dirigere
« il Brooldyn Eagìe giornale quotidiano, in cui tenni per
,

« due anni una delle posizioni più sodisfacenti della mia


« vita un buon proprietario e un lavoro agevole in ore
:

« comode. Poi (1848) scoppiarono discordie nel partito, ed


« io stetti con radicali ne seguirono per questo contese
i :

« tra il proprietario ed il partito ed io perdetti il posto.,

« Restato senza lavoro, una sera, di li a non molto, ina-


« spettatamente (questo avvenne tra un atto e 1’ altro, in
« un corridoio del vecchio teatro di Broadway presso la ,

« via Pearl, New York città) mi si offerse una buona oe-


« casione. Fui invitato a far parte della redazione del Cro-
ie scent ,
giornale quotidiano di F ev Orleans, che doveva
« uscire con abbondanza dei comproprie-
di capitali. Uno
« tari del giornale, che negoziava in legnami nei paesi del
« Nord, m’incontrò che passeggiavo nel detto corridoio; e.
« sebbene fosse proprio quello il primo nostro incontro.
« nondimeno, dopo una quindicina di minuti di parole ie
« qualche bidelli ere) conchiudemmo un contratto in tutte
« le forme e, per fissarlo, mi dette duecento dollari
: per
« le spese di viaggio a Xew Orleans. Partii dopo alcuni

« giorni; e ivi ebbi un buon tratto di tempo libero: poiché


« il giornale non doveva uscire che tre settimane dopo il

« mio arrivo. Godetti molto del mio viaggio e della vira


« nella Luisiana. Però dopo una breve dimora di tre
,

« mesi, 4>er la parte centrale dello Stato di New York.


PREFAZIONE XIII

« tornai a Brooklyn, e ivi dopo un par d’ anni


, ,
presi a
« pubblicare il Freeman prima ogni settimana
, ,
poi ogni
« giorno. »
Un par d’anni Dal ritorno da Nuova Orleans fino alla
!

pubblicazione del Freeman corse appunto questo tratto di


tempo; e di esso, nei cenni autobiografici che ci ha la-
il Wliitman non parla punto. È una lacuna: Mr. Henry
sciati,
Bryan Binns, nella sua vita di Walt Whitman (1), ba ten-
Parrebbe dunque, secondo il Binns, che a
tato di colmarla.
Nuova Orleans Whitman sentisse la prima passione di
il

amore per una donna che lo riamò. Ma la donna, pare, era nata
in condizione sociale più elevata che il Whitman, e la famiglia
di lei non consentì mai che ella sposasse 1’ uomo da lei
amato. Perchè è vero che l’America è una democratica re-
pubblica, ma non è men vero che gli Stati del Sud hanno
borie di nobiltà quasi pari, se non maggiori, alle borie
delle varie aristocrazie europee. Ma borie o no l’ amore
,

è sempre quel prepotente livellatore che tutti sanno: mas-


sime in un cuor di donna nata sotto il caldo sole del mez-
zogiorno, e in un uomo di così intenso sentimento come il
Whitman. Si è perciò che si può con molta probabilità
affermare, che, sebbene la prima dimora a Nuova Orleans
non durasse che dal febbraio al 25 maggio del 1848, non-
dimeno il Whitman tornò ancora altre volte alla città del
mai) net South. Egli stesso, del resto, afferma di essere vis-
Sud un buon tratto di tempo. Restano
suto negli Stati del
poi prove, che da questo amore nacquero dei figli ;_ ma
come e quando nessuno sa nulla; e resta un mistero il
fatto che il Whitman nè li riconobbe, nè li ricorda mai.
Ma forse la sua condotta fu inspirata da riguardi di genti-
lezza e di cavalleria.
Però dovette soffrirne; poiché P amor suo fu profondo;
tanto che se ne risentì tutta la sua vita affettiva. Fino
allora aveva scritto al modo di tutti versi misurati e ri-:

(1) J. life of Walt Whitman. London. Metliuen and Co. 1905.


XIV W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

muti e prose da romanzi soliti; gii uni e le altre di dubbio


valore. Anche nei primi canti, che poi fecero parte delle
Leaoex of Ghrass aveva mostrato un gran subbiettivismo,
,

insolito tino allora, uno dei più notevoli che la storia let-
teraria ricordi. Poi no il suo cuore non palpita
: più solo
per sè e pel signore che lo alberga; ma sente anche do- i

lori un ameri-
e le gioie del prossimo, l’orgoglio di essere
cano. gli affetti della fratellanza umana. L’amore e la co-
noscenza degli Stati del Sud, avevano allargato gli ob-
biettivi della sua poesia all’America e all’umanità. Fu una
trasformazione la sua; e, se ci avesse narrata lui questa
trasformazione del suo essere spirituale, noi avremmo certo
una bella pagina di psicologia in azione ;
e comprende-
remmo, per una via diretta ed autentica, come nacque in
lui il pensiero — diventato poi il pensiero dominante della
sua vita — di dare
Nuovo Mondo un libro come la Bibbia
al

nella forma, ma
contenuto del Nuovo Spirito dei tempi
col
nuovi. Però, come è detto più su, di questi due anni egli
non parla mai.
E cosi, come a tanti altri, anche al Whitman, la gran luce
che gli additò la via nella vita, e poi 1' accompagni)
durante il lungo cammino, venne dal cuore e dall’ amore.
Ma, naturalmente, ciò non poteva bastare le vie della :

vita hanno altri misteri, oltre V amore; e l’ingegno umano


che li ha per tanti secoli osservati e meditati, non è giunto
a spiegarli o a dileguarli. 11 pensiero di questi secoli bi-
sogna conoscerlo, chi voglia procedere un passo più in là
dei passi che si fecero inffno a lui. Occorre, insomma, la
cultura.
Il Whitman non l’aveva, nè fino allora aveva avuto agio
di acquistarla : l’ergastolo del giornalismo quotidiano non
gliene aveva dato modo. Ma ecco che il Freeman cessò le
sue pubblicazioni e il Whitman restò senza lavoro e senza
risorse. Fu allora che entrò nella bottega paterna a lavo-
rare da falegname. Parecchie case costruì in compagnia
del padre; e il loro commercio e industria prosperarono.
PREFAZIONE xv

Fra le pialle, le asce e i martelli, trovò il tempo rii fare


le sue «Tamii letture di poeti : lesse Omero ,
Escliilo.
Sofocle, Dante nelle versioni; e con essi lo Shakespeare —
questa è la sua grafìa. Amava leggere i poeti, stando alle
sponde del mare e al ritmo delle ondate, le quali, dice il
Binns con una frase vaporosa sodisfacevano ai bisogni ,

ritmici della sua anima. Solo Dante non fu letto all’aperto


e al ritmo delle onde quando egli leggeva Dante — lesse
:

solo l’Inferno — si ritraeva all’ombra misteriosa, tranquilla


e solitaria dei boschi.
Xè lesse allora solo poeti : comprava di seconda mano
tutte le Riviste che gli capitavano sott’occlii, e ne strac-
ciava, per conservarli, gli articoli che più gli piacevano.
E così, parte con queste letture, parte con la conversa-
zione di uomini dotti, parte leggendo le opere di Larnark,
di Goethe, di Hegel, di Corate, e poi, più largamente, di
Wallace Darwin, comprese la grande idea evolutiva
e di
del secolo XIX, che divenne tanta parte della sua poe-
tica.
Un altro elemento di cultura si aggiunse nel 1853. In
quell’anno al Crystal PaJace di Xew York ci fu un’esposi-
zione internazionale. Una grande
lezione di cose ne ebbe
il Whitman : la con assiduità e con com-
visitò e rivisitò
piacimento. Xon erano macchine, non erano lavori e non
erano invenzioni solamente quello che egli vedeva erano ;

il prodotto dell’ingegno di quel gran poeta della realtà


che è l’operaio, l’uomo della vita che realmente si vive in
ogni minuto. Tutto era osservato dal Whitman, tutto il
concetto e tutta l’opera dell’uomo onde, cprel suo abbando- :

narsi poi, nei suoi canti, a quella specie di enumerazioni di


ritrovati e d’invenzioni. A lui non pareva di catalogare,
ma di additare i migliori prodotti poetici dei tempi così, :

nella tarda età sua. nei canti pubblicati dopo la sua morte,
si trovano catalogate in simile guisa, quante fra le poesie

da lui scritte tino allora, gli parevano le più belle (1).

(1) V. Granelli di sabbia a 70 anni. Ora, o antecedenti canti, addio.


XVI W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Lavorando, conversando, leggendo e meditando veniva


anche scrivendo i snoi canti. Il lavoro manuale gli aveva
fruttato quasi l’agiatezza e accennava a farlo ricco. Fosse
il timore che la ricchezza lo impigrisse e distogliesse dalla
missione diventare il veggente della sua gran patria, fosse
di
la necessità sentita di consacrarsi tutto al suo gran com-
pito, certo è che smise il mestiere. Allora mutarono anche
le si levava tardi;
abitudini della sua vita: durante la
giornata scriveva per parecchie ore; a colezione non scen-
deva all’ora stabilita; e, talora, a mezzo il desinare, si le-

vava, andava via, spariva, per poi tornare, quando il

pranzo era finito e le vivande fredde.


E così si giunse all’anno 1855, in cui, finalmente, nella
piccola tipografia dei fratelli Rome, dopo aver fatto, disfatto
e rifatto per cinque volte gli originali, pubblicò la prima
edizione delle sue Leaves of Grass. Il volumetto era di sole
novanta pagine, e curioso a vedere un in-quarto, con pa- :

gine più lunghe e più larghe di quanto usa; cosicché le


peculiari e lunghe linee della nuova metrica chiamia- —
mola così — vi
distendevano più ad agio che nei soliti
si

sesti non avrebbero fatto; e vi mostravano materialmente


la novità loro.
E la critica ? Ahimè Walt Whitman appariva nel libric-
!

cino un moralista, ed in ogni sua poesia mostrava di avere


un message ora il guaio stava in ciò, che la moralità del
;

Whitman era un’immoralità per gli altri, e che il message


di lui agli altri pareva un’aberrazione. La solita questione
tra riformatori e conservatori, tra gli architetti del futuro
e gli adoratori dei monumenti. Figurarsi dunque la cri-
tica ! Ristretta d’ intendimenti come universalmente era
a quei tempi negli Stati Finiti, dette addosso al libriccino con
furiosa foga. Il Boston Intellig encer (1) lo chiamò frutto di
un pazzo scappato dal Manicomio ;
il Criterio», disse essere
l’opera diuna scinda sentimentale ,
morta per disinganni di

(1) Binns, pag. 139.


g

PREFAZIONE XVII

amore; chiamò l’autore un Calibauo che meritava di


altri
La Sortii American
essere frustato in pubblico dal carnefice.
Review, la Putnanfs Montili e la New York Tribune però lo
lodarono la prima anzi riprodusse lunghi brani del volu-
:

metto, giudiziosamente scelti. E questo fu un vero servigio


reso al libro ed all’autore.
Ma la lode, di ogni lode di giornale,
che valeva più
venne al Whitman dall’uomo
che allora era il primo pen-
satore degli Stati, dall’ Emerson. La lettera che questi gli
scrisse meriterebbe di essere riprodotta per intero del :

resto basterà dire che il grande scrittore vi affermava so-


lennemente essere quel libriccino il più straordinario scritto,
che per ingegno e sapienza, avesse, fino a quel tempo , pro-
dotto V America. E poi seguita io mi sono stropicciato un
:

po’ gli occhi, per vedere se mai questo raggio di sole non
fosse un’illusione; ma il solido significato del libro è una
certezza salutare.
Però il ebbe scarsa vendita; e il Whitman, così
libro
popolare, personalmente, a New York, si meravigliava
della non aspettata indifferenza degli amici. Ma una se-
conda edizione ampliata del 1856 ebbe vendita rapida.
Onde il nome di lui si veniva conoscendo dai più noti
scrittori degli Stati. Tutti, quando capitavano a X e v York,
volevano conoscere il Whitman e tutti si credevano di ,

trovare in lui uno scapigliato iconoclasta, un arci -anar-

chico. Lo si sapeva a capo della redazione della Yen- York


Saturdag Press un giornale che sfidava apertamente ogni
,

cosa che sapesse di accademico o che le accademie rite-


nessero per rispettabile; più sicuri luoghi poi dove po-
i
,

teva essere incontrato, erano il Plaff’s German restaurant


o il Rathskeller; ridotti, dove convenivano i più noti bo-
hemiens delle città. Tutti però, vistolo, rimanevano stupe-
fatti allagrande serenità dell’uomo e alla serietà sua e ;

molti hanno lasciato ricordi scritti del loro disinganno :

l’Alcott disse essergli sembrato una nuova incarnazione del


Dio pane; il Thoreau, scrittore di prima riga, che era la
W. Whitman. — Foglie di erba. il
xviii ir. WHITMAN — FOGLIE DI ELBA

personificazione della Democrazia. E l'Howels, che lo trovò


appunto nel ridotto Flati', seduto a capo tavola dove ,

erano anche note donne agitatrici, scrisse: era un eroe in


mezzo a quel giovane mondo. Doccino e la voce di lui dimo-
stravano una franca ed irresistibile offerta di amicizia : egli
porgeva mano in maniera , che stava a voi il ritenerla per
la
sempre. Una sicura atmosfera di purità emanava da lui in
mezzo alle nuvole di fumo e ai vapori della birra e della cu-
cina tedesca.
E intanto continuava a scrivere: e, a misura che i canti
crescevano di numero, egli pensava a un’edizione nuova.
Yel 1860 pubblicò la prima di Boston —
la terza della
serie. Fu in questa occasione che il Whitman divenne
intimò dell’Emerson, già da lui conosciuto a Yew York.
Il Binns racconta a questo proposito un aneddoto caratte-

ristico. Il Whitman, per le rudi e troppo schiette espres-


sioni, riguardanti le relazioni e gii organi sessuali, dei suoi
Figli di Adamo non ,
era inbuon concetto dei timorati di
Dio : anche la signora Emerson mostravasi restìa a rice-
verlo e a parlare con lui. Un giorno Emerson, passeggiando
col Whitman, toccò questa corda delicata sì. anche lui :

riteneva la carne come bella e sacra; sentiva, al pari del


Whitman, disgusto delle bestemmie con cui l'avevano ma-
ledetta San Bernardo e Lutero, ma non pensava il Whit-
man che certi frammenti dei suoi canti potevano nuocere
alla fortuna del libro, e, più che altro, impedire alla buona
novella da lui annunciata di diffondersi per la nazione, e
massime tra i giovani ? Il Whitman udì e restò silenzioso:
quando fu premurato a rispondere, disse : « io rispondo solo
questo, che io non so rispondere nulla quanto mi hai
a
detto; nondimeno mi sento più risoluto che mai a confor-
marmi alla mia teoria e ad esemplarla nei miei canti ». « Be-
nissimo», rispose l’Emerson, «ed ora andiamo a pranzo. »
Da Boston ritornò a Yew York nel giugno 1800 e nel :

febbraio dell’anno appresso scoppiò la guerra di secessione.


Il Whitman rimase da prima alla vita consueta ma, nel :
PBEFAZIOXE XIX

’62, giuntagli notizia che il fra! e’ lo Giorgio, ufficiale nel


51° reggimento dei volontari di New York, era stato ferito
nella prima battaglia di Fredericksburg (13 novembre),
lasciò tutto, e corse nella Virginia. Andò prima a Wa-
shington, dove tutte le strade conducevano allora, e di là
a Falmouth, nell’esercito del Potomac, dove restò; ma non
come soldato combattente anche quando la guerra più
:

infuriava, egli non ismise mai, non un momento solo di ,

considerare gli Stati del Sud come parte integrale della


grande Unione e di amare' soldati del Sud così come
i

amava i soldati del Nord. Preferì alla vita del campo la


vita degli ospedali ; volle non ferire od uccidere nemici
che non aveva, ma essere per tutti i combattenti P assi-
stente scrupoloso e provvido, più affettuoso di ogni in-
il

fermiere. Onde, allora, cominciò quella sua vita eroica,


durata lino al 1864; vita di gloriosa abnegazione sui campi
di battaglia, nelle marce, negli ospedali.
« Durante questi tre anni —
narra egli con apostolica
« semplicità —
io feci meglio che seicento visite o giri per

« gli ospedali, per gli accampamenti, sui campi di batta -

« glia; e, contando tutti visitai da ottanta a centomila


,

« feriti o altrimenti infermi, a cui porsi aiuto spirituale,


« e, anche, in certo modo, nei casi di urgenza ,
aiuto al
« corpo. Queste visite avevano
durata di una o di due
la
« ore ciascuna, e talora di tutto un giorno e di tutta una
« notte il
: che soleva avvenire nei casi critici o di per-
« sone particolarmente amate. Talora alloggiai entro gli
« stessi ospedali, e, ivi dormii o, meglio, vegliai parecchie
« notti successive. Questi tre anni io li conto (non ostante
« i febbrili eccitamenti, le privazioni materiali e gli spet-
« tacoli dolorosi), come la più gran fortuna e la più gran
« sodisfazione della mia vita; e, naturalmente, come la
« più profonda lezione che io avessi mai. E posso af-
« fermare, che, in questo mio ministerio, io compresi tutti
« quelli che s’incontrarono nella mia via, fossero essi del
« Nord o del Sud, e non trascurai alcuno. »
XX TI'. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E in quali angustie esercitava questa carità di fratel-


lanza umana
La famiglia sua avrebbe avuto bisogno di
!

soccorsi, ed egli non aveva modo di aiutarla. Scriveva let-


tere ai giornali clic lo rimuneravano come potevano e cre-
devano per questa corrispondenza dal campo: e copiava,
per tre ore ogni giorno le carte del quartier mastro: ma
,

i guadagni erano insufficienti anche per lui solo. Chiese


un impiego, ma gii fu negato. ^Nondimeno restò al suo po-
sto : ve lo ritenne l’amore, poiché com’ ebbe a dire poi.
nei suoi tardi anni, due supremi amori egli ebbe Pamore :

per la madre, e l’amore per i feriti.

1 solevano dire poi, ricordando penati giorni degli


feriti i

ospedali, che spesso, e quando ne avevano più desiderio


e bisogno, soleva apparire innanzi agii occhi loro un nonio
con la faccia di angelo. Ed era un vero angelo consola-
tore. Nessuno dei tanti e delle tante che pur facevano ,

quella vita di pericoloso sacrificio, sapeva meglio di lui


indovinare le prostrazioni a cui la solitudine faceva ab-
bandonare quei ricoverati, e nessuno meglio di lui trovava
le vie più acconce per far rivivere le speranze in quelle
povere anime. Una volta il Whitman 1' ami- affermo che
cizia da lui mostrata aveva, letteralmente, guarito un
malato di febbre e che, un’altra volta, la medicina del suo
affetto quotidiano aveva sanato una ferita pericolosa. Sono
miracoli cotesti ? Sì; i miracoli dell’affetto e della fiducia.
La sua salute fu, per due anni, buona, ma, com’ era da
aspettarsi, quella vita tra infermi, non solo di ferite, ma
di malattie infettive, lo venne logorando a poco a poco,
dell’estate del 1864 ammalò seriamente e fu costretto a
ritornare a casa, tra i suoi , all’aria nativa. Poi nel di-
cembre dello stesso anno tornò a Washington . dove . al
ministero dell’ interno ,
gli fu finalmente concesso un im-
piego di anno. Era per lui la pace e la
300 sterline all’

quiete; anche perchè così aveva la sodisfazione di poter


soccorrere la vecchia madre. Ma fu pace che durò solo dal
febbraio al giugno 1865. Allora un .Tarn. Harlan, suo capo
PREFAZIONE XXI

di ufficio, ad istigazione di colleglli invidiosi ,


frugò nel
tiretto del tavolo in cui il Whitman lavorava
prese il ,

manoscritto, preparato per una nuova edizione, delle Leaves


of Grass, le lesse e se ne scandalizzò. E destituì l’autore.
Mr. Harlan era un metodista, e la rigidezza della sua
fede, come non gli aveva impedito una volgare indiscretezza,
così non gl’impedì una nequizia. Ma la nequizia di lui fu
quasi una fortuna pel Whitman la stampa si occupò del
:

fatto; discusse il Whitman e la sua opera la forbita ed ;

accesa parola di O’ Connor attaccò fieramente 1’ Harlan.


Sicché il nome di Whitman divenne più noto che mai; fu
rivelata alla pubblica opinione la sua vita di tre anni di
abnegazione; il popolo, da allora in poi, lo chiamò il Buon
poeta (pigio, come l’O’Connor lo aveva chiamato nei suoi
scritti.Fu necessità ridargli l’ impiego e glielo ridettero;
ma l’Harlan non volle che tornasse con lui: fu mandato
in un altro dipartimento.
E vi rimase, tra vicende di salute or buone or tristi,
fino al 1873, il suo decimo anno di dimora a Washington.
Ma gennaio ebbe un secondo attacco di pa-
la notte del 23
ralisi,senza che egli se ne accorgesse solo al mattino, :

svegliatosi, si avvide di non poter muovere nè il braccio


nè la gamba sinistra. ^Nondimeno al marzo seguente, seb-
bene non guarito, tornò all’ufficio. Ma quello era un anno
disgraziato al maggio ebbe notizia che la madre sua, ora-
:

mai assai vecchia, era gravemente malata a Camden un ,

suburbio tranquillo di Filadelfia ,


dov’ ella abitava col
tiglio Giorgio, ivi stabilitosi nel 1871. Il Whitman accorse
ed ebbe la fortuna di trovarla ancor viva; gli morì il 23
maggio. Al Whitman parve che con lei morisse anche la
luce della vita sua non sapeva rassegnarsi, non potette
:

spiccarsi da quel luogo, dov’ella riposava, il suo cervello


non aveva più il solito vigore. Ricadde la terza volta,
alla spiaggia del mare, dov’ era andato a cercare un po’
di refrigerio dal gran caldo ,
e lo riportarono a casa del
fratello Giorgio. Fu posto a giacere nella stessa stanza
XXII W. WJUTUAX — FOGLIE DI EUBA

dov’ era morta la madre, ed era assistito amorosamente


dal fratello e dalla cognata; ma, lontano dagli amici spi-
rituali di New York e di Washington, e non vivo non
morto, si sentì assai solo e passò dolorosi mesi. Nel 1874,
dopo 18 mesi di assenza, durante i quali gli era stato pa-

gato lo stipendio, gli fu tolto l’impiego.


Era, o almeno parve a lui che fosse, giustizia il toglierglielo,
e non se ne lagnò. Ma la sua posizione finanziaria diventò
molto incerta risparmi si venivano esaurendo, e il libro
: i

gli rendeva poco, parte perchè truffato dagli editori e ,

parte perchè si vendeva un’edizione contraffatta.


Lo sollevarono gli amici. Primi gli Strattoni, che lo accol-
sero nella loro villa presso Camden, dove passò gli anni 1>74
e 1875, ma prostrato di forze e semi paralitico. Pure be-
nediceva il Signore, perchè non fosse peggio; e. forse, un
ritratto vero del suo stato morale e fisico di questi due
anni si trova nel suo canto intitolato la Preghiera di Co-
lombo (1). Eccone le prime linee :

« Un fiaccato e naufragato vecchio Travolto a questa —


sponda selvaggia lontano, lontano dai suoi
- Indolenzito —
e rotto dalla fatica molta, ammalato e presso a morire —
Prendo la mia via lungo la spiaggia dell’isola E allevio —
un pesante cuore. —
Troppo pieno di dolore io sono » !

« Porse non potrò vivere un’altra giornata Non posso —


riposare, o Signore, non posso mangiare o bere o dor- , ,

mire —
Finché non abbia, anche una volta manifestato
, .

me e la mia preghiera a Te —
Finché, anche una volta, ,

non abbia respirato in Te, e non mi sia bagnato in Te“. e


non mi sia comunicato in Te —
E non mi sia ricondotto
a Te, ancora una volta. »
Ma nel 1877 rifiorì come per una seconda vitalità. Presso
la villa degli Straftord corre il Tirnber, e ivi, in una in-
senatura, a tredici miglia dal luogo dove il Tirnber mette
foce nel Delaware, prese la consuetudine di recarsi ogni

(1) Scritta appunto nel 1874-75.


PREFAZIONE XXIII

giorno. Yi stava per due o tre ore, libero, senza libri,


senza alcun vincolo di convenzionalità sociali, senza man-
nera, o bagnandosi in quelle acque, o immergendosi in ,

quella solitudine, nell’aperta Natura, che per lui veniva


prendendo un aspetto mistico, e che, pur essendo senza
voce e rimota diventava a mano a mano quasi palpabile ed
eloquente. Come è detto, vi si riebbe; egli dice che vi rin-
novò l 'avallo della vita.
Nel 1S7S si ritrovò così migliorato che potette recarsi,
prima a New York, per assistere ai funerali di William
Cullen Bryant (1), buon poeta, amico suo da trenta anni,
e già compagno suo nelle escursioni quando abitavano
,

tutti e due in Brooklyn. Poi andò ad Esopus, poi di là,


nella casina del Burroughs suo biografo ed ammira-
,

tore, e infine eli nuovo a Camden. Nell’aprile del 1879 ritornò


alle ristoratrici contrade del Delaware, e nell’agosto andò
a Filadelfia.
Nel settembre dell’anno stesso partì per un viaggio negli
Stati occidentali, allemontagne Rocciose, dove, in compa-
gnia di amici, fece l’ascensione del Kenoska, la cui vetta
si eleva a diecimila piedi sul livello del mare, tremila
metri su per giù. Dovette parergli e parere di essere ben
guarito !

Nel 1880 visitò Canadà, e nel 1881 ritornò ancora alle


il

native arene; poi a New


York, e infine, di nuovo a Camden,
da dove non si mosse che raramente. L’ultima notizia au-
tobiografica sua si trova in una lettera, scritta ad un amico
tedesco, il 31 maggio 1882. Eccola « Oggi appunto entro
:

«nel mio sessantaquattresimo anno di età. La paralisi che


« mi colpì la prima volta, quasi dieci anni fa, e rimastami
« poi con variata vicenda, pare che siasi arrestata e che
« probabilmente continuerò così. Mi stanco facilmente,
« sono assai impacciato nei movimenti, non posso passeg-
« giare a lungo; ma il mio spirito si tien sempre alto. Esco

(1) N. 1794. ni. 1*78.


XXIV W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

« e vo attorno in pubblico, quasi ogni giorno: e, a quando


« a quando, in ferrovia o in battello, faccio dei viaggetti
« di qualche centinaio di miglia; vivo molto all’aria aperta,
« sono abbronzato e corpulento (peso libbre 180), tengo de-
« sta la mia attività e il mio interesse nella vita, nel po-
« polo, nel progresso e nelle questioni del giorno. Quasi
« due terzi del mio tempo me la passo abbastanza bene.
« Intellettualmente rimasi sempre qual fui, sebbene flsi-
« camente sia un semi-paralitico; e probabilmente così
« resterò pel resto della vita. Ha il precipuo intento
« della mia vita panni che io l’abbia conseguito. Ho il più
« devoto ed ardente amico, e affettuosi parenti e. quanto—
« ai nemici, veramente io non me ne prendo pensiero. »
Spirto gentile !

Queste anni 1874-1882 che il Whitman


le notizie degli
stesso ci ma molte ne tacque. Colmiamo
ha lasciate di sè;
le lacune e diamo alcuni cenni degli ultimi dieci anni della
sua vita.
Xel 1882 fu pubblicata un’altra edizione delle Leaves of
Grass: era la seconda di Boston. In pochi mesi furono ven-
dute 200 copie e tutto prometteva bene; anche perchè il

direttore generale delle poste aveva dichiarato che il libro


non era così osceno da doversene proibire la spedizione.
Ma gli Stati Uniti, che pure sono detti essere la terra
della libertà, hanno delle restrizioni assai curiose. Il district
Attorney qualche cosa come un nostro procura-
(una
tore del re), spinto da una società per la soppressione del
vizio, pretese che fossero tolte dal libro nientemeno che
otto o dieci pagine. Il Whitman, crasi acconciato alla sop-
pressione di una pagina sola dei Figli di Adamo , ma le
dieci pagine non volle consentirle alle brame dell' Attor-
ney. E allora l’editore si tirò fuori da queste brighe e .

cedette tutto al Whitman: il quale, a sua volta fece un ,

nuovo contratto con l’editore Mr. David MaKay di Fila-


delfia. Immediatamente il .MaKay mise fuori una nuova
edizione, che fu venduta in un giorno solo. Il Whitman,
a line di anno, ne trasse di guadagno netto per circa tre-
cento sterline.
PREFAZIONE XXV

Con questi guadagni si comprò una casetta a Mickle


Street, e mise su un ménage suo. E fu questa casetta ciré
divenne luogo di pellegrinaggio vi si traeva da tutte
:

parti, e Mrs. Davis, una vedova di bella presenza, di al-


legro umore, ed eccellente massaia, che governava la casa
del vecchio poeta, aveva un gran da fare, perchè quelle
correnti di visitatori non affaticassero soverchiamente il suo
padrone. Tanto più che la salute di lui non era punto
buona.
Ma ecco, nel suo sessantanovesimo giorno natalizio, ve-
nerdì 31 maggio 1888, il Whitman ne fece una grossa. Re-
catosi a un pranzo che i suoi amici di Carnden e i com-
ponenti del Club Walt Whitman ivi costituitosi dettero ,

in suo onore, il Whitman volle ricondurre lui, sur un le-


gnetto donatogli dagli amici, il Dr. Buche al ferry boat.
Rimasto solo,, spinse il cavallo dalla sponda tanto addentro
nella baia, che, alla line, non ebbe intorno a sè (1) che
cielo ed acqua, splendenti della luce di un glorioso tra-
monto. Vi stette fermo, assorbito come in estasi quasi ,

un’ora. Ma, tornato a casa, sentì brividi di freddo, e poi


i segni di un altro attacco di paralisi — il settimo. Andò
a letto : al mattino ebbe due altri attacchi, così da per-
dere la parola. Era la prima volta che questo gli succe-
deva.
Mrs. Davis amorosamente, e così anche gli
lo assisteva
amici. Primo Mr. Horace Traubel, scrittore denso
fra essi
di pensiero cui periodi contengono ciascuno un’ idea
,
i

nuova, e si precipitano come gragnuola, rapidi, fìtti, rim-


balzanti. Anzi, perchè periodi Sono proposizioni staccate,
'?

senza nessi grammaticali, senza quasi mai un inciso o una


proposizione secondaria. L’ arte del periodo è ridotta a
nulla: se potesse farlo, il Traubel presenterebbe assai vo-
lentieri i suoi pensieri senza la veste della parola. E ab-
biamo voluto toccare di lui, perchè egli come fu detto ,

essere il figlio spirituale del Whitman, così è rimasto l’a-

li) Binns, opera citata.


XXVI W. VTHIT MAN — FOGLIE DI ERBA

postolo dell’anima del maestro. Il Conservator, da lui pub-


blicato, accoglie quanto sul Wliitman si stampa nel mondo:
o ne fa cenno.
Per quest’ ultima ricaduta, tutti pensavano che il AVhit-
man l’avesse finita oramai con la vita. Nondimeno durò
ancora quattro anni di un morir lento; sebbene ta-
altri
lora uscisse di casa e sempre continuasse a scrivere. Ala
divenne irritabile e querulo e i suoi canti ultimi rispec-
:

chiano lo stato dell’animo suo in quegli anni. mezzo di- A


cembre 1891 il polmone diritto gli si congestionò; tormen-
tavanlo terribili conati di tosse; si emaciava; in ogni fibra
del suo corpo annidavasi un dolore. Aveva tante volte can-
tato la morte e si era immaginato che sarebbe venuta a
lui con tranquilla e naturale gentilezza ora la morte ve- :

niva sì, ma dandogli dolori spietati e tale ima lezione ed


esperimento di sè, quale pochi hanno avuto. Fu la prima
volta che il W
hit man ebbe paura paura di non morir :

subito.
Nella notte dal 24 al 25 marzo del 1892 dormì, e parve men
tormentato. Alle sei, il marinaio che lo assisteva, lo mutò
di lato e n’ebbe uno sguardo di gratitudine mezz’ora dopo, :

tenendo nella sua la mano del Traubel, dell’amico ineffabil-


mente fedele, silenziosamente entrò le porte dell'Ignoto.
Il venerdì seguente, migliaia di persone andarono a dare

un ultimo sguardo a quel viso così conosciuto. Uno disse:


Par la faccia di un vecchio ed affettuoso fanciullo. Fu sep-
pellito nel nuovo cimitero, lungo l’Haddon A venne, al di
là del convento dei Domenicani, e il sepellimento fu pieno
di maestà e reverenza. A me parve di avere assistito al
sepellimento di Cristo scrisse uno che era stato presente
,
:

e un altro: ora noi siamo alla vetta.


Sì, alla vetta di ogni morale elevatezza e di ogni aspi-
razione che più onori la razza umana. E non è meraviglia
il sapere, che, ogni anno, da allora in poi, nell' anniver-
sario della sua morte, gli amici e discepoli che lo conob-
bero in vita e quelli il cui animo è stato conquiso dai
,

suoi canti, si riuniscono attorno alla tomba, la cui cupola


PREFAZIONE xxvir

aguzza, sostenuta da colonne, lascia l’adito alla luce ed


agli elementi, e che ivi, in quei convegni, parlano di lui
con semplicità e con reverenza, come se pregassero raccolti
in un tempio di santità.

II.

Questi i tratti principali della flsonomia morale del Whit-


man, questi i principali fatti della sua vita. Una vita,
come vedesi, semplice, senz’avventure, senza vicende va-
rie, senza individualità spiccata ed esuberante, e nondi
meno un’avventura personale e un’individualità unica tutta
quanta. Non vi lia poeta, o anche scrittore, cui casi della
i

vita non aiutino l’intelligenza delle loro opere e non ne


chiariscano le ragioni e le determinazioni speciali. Nel
Whitman poi la vita e l’opera sua poetica sono una cosa
sola onde la necessità di conoscere quella. Nella sua tarda
:

età gli venne l’idea di riordinare alcuni appunti presi, con


l’intenzione di tessere un poema della Natura. Ma appena
si mise all’opera capì che quello ch’egli voleva fare l'a-
veva già fatto, e che la nuova impresa non sarebbe stata
che una ripetizione di quanto aveva già compito nelle sue
Foglie di evita. Onde lasciò gii appunti così come erano
stati, a mano a mano, buttati giù in quella sua narrativa
ossuta e nuda, in quella sua prosa scheletrica, senza san-
gue, senza carne, e spesso disordinata nelle idee. 11 poema
della Natura egli l’aveva già creato : e per crearlo, non
aveva dovuto far altro sforzo elio dare l’espressione a se
medesimo, a quello ch’egli era, gradualmente, diventato.
Nato da un’olandese e da un inglese, portò seco dalla
nascita quella squisita sensibilità d’ impressioni e quella
capacità di chiaroveggenze lontane, che sono spesso la
, ,

fortunata dote dei nati da genitori di due razze diverse.


Questa sua nativa impressionabilità non gli dava solo fu-
gaci e temporanei godimenti intellettuali e di sentimento,
ma lo trasformavano stabilmente. Egli dice che non ve-
deva, non sentiva, non godeva solamente ,
ma assorbiva.
--

XXVIII ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Assorbì da prima i campi, le acque, gli orizzonti vasti, lo


spettacolo dei cieli notturni, le vicende delle stagioni . i

corsi dei fiumi, le viste delle montagne precipiti, l’indefi-


nita melanconia delle praterie solitarie e illimitate : la da-
tura insomma. E tutta la natura così assorbita diventò il

vero sangue della sua anima e della sua poesia.


Vi fia qualcuno che chiamò il Wliitman il poeta della
Natura. Dicasi pure così, se vuoisi; ma nessuno intenda
che con questa espressione possa significarsi che il Whit-
man sia il cantore delle bellezze naturali. Il Whitman «li
ventò la Natura stessa; e fu da essa che trasse (se pure
questa parola non è impropria nel caso nostro) tutta la
sua individualità poetica, tutto il suo modo di poetare :

l’abbondanza dei particolari, la profusione delle manifesta


zioni e il disprezzo, o almeno 1’ insoucianee di ogni mo- ,

dello, di ogni segregazione di prodotti, di ogni euritmia


convenzionale. E, oltreché il modo di poetare, trasse anche
dalla Natura le leggi per la condotta della vita, prodigan-
dosi egualmente a tutti, ai buoni e ai malvagi ai ricchi .

e ai poveri, ai geni e agli sciocchi, ai giovani e ai vecchi,


agli uomini e alle donne, e inchinandosi innanzi a tutte
queste cose, contrarie nella parvenza, identiche nella realtà,
perchè elementi integrali e correlativi nell’universale sche-
ma delle cose. Si prodigava e s’ inchinava a tutti ed a
tutto, come le stagioni, i venti, il sole e gii astri tutti si
prodigano e s’inchinano : cosicché la Natura è pel Whit-
man non spettacolo, ma la sua Estetica e la sua Etica.

E come assorbì là Natura negli anni della sua prima


giovinezza, e nei suoi frequenti ritorni alla campagna poi,
cosi assorbì l’uomo, nel tempo vissuto a Brooklyn e a New
York. Non appena cominciò a vivere nelle grandi città,
cominciò in lui. venne poi sempre crescendo, l' amore e
e
la voluttà delle moltitudini; e. come l'assorbimento della

Natura gli aveva dato le direttrici della vita e le norme


dell’arte, così l’ebbrezza per le folle lo elevò a quelle mi-
stiche ed alte concezioni dell’umanità, che in lui non sono
PREFAZIONE XXIX

solamente una teoria di amore universale, destinata a far


mostra di sè nei suoi canti, ma anche la pratica costante
delle sue azioni.
Cercava le folle da per tutto: a teatro, la platea aveva
per lui altrettanta attrattiva quanto il palcoscenico gli ;

spettatori lo seducevano quanto gli attori; e la rappresen-


tazione, fosse anche di quella musica italiana ch’egli pre-
diligeva, nonarrecava maggior godimento che le com-
gli
mozioni di quella coscienza collettiva che si chiama pub-
blico. Anche soleva percorrere e ripercorrere, più volte al
giorno quando poteva, sull’imperiale degli omnibus, l’am-
pio ,
lungo popoloso affaccendato Broadway che tutti
, , ,

egualmente accoglieva, e dove a tutti era egualmente dato


di riversarsi e di muoversi. E facevano la sua ammirazione
quelle correnti umane, senza soste senza intermittenze,
,

che si agitavano ed urtavano sempre immagini reali del :

continuo moto della vita e degli urti delle vite. Anche


<< si identificò », com’egli dice, con la Ferry Fulton, tanto
spesso su essa faceva la traversata per Brooklyn o vice-
versa; ma le sue maggiori sodisfazioni le trovava a guar-
dare o da su qualche barca, o dal casotto di qualche pi-
lota, dal lato dell’Oceano la foresta degli alberi delle navi
di ogni dimensione, i cui termini l’occhio non giungeva a
cogliere, e dall’altro lato la città ,
nemmanco essa còlta
tutta quanta dallo sguardo. Da un lato guatava i cavalloni
che avanzavano contro la terra, irresistibili e minac-
si

ciosi, per poi quivi frangersi e riscivolare poca spuma, ,

entro la massa delle acque, o, alla lor ora, il rigonfio e


il venir meno dalle maree. E dall’ altro mirava le onde
e le maree umane che arrivavano passavano aneli’ esse,
,

per cadere anch’esse entro il gran mare umano un mare ,

diverso e pur ugualmente assorbente e non discriminante.


E, allora, di pensiero in pensiero, di visione in visione
affaccia vansi alla sua mente le innumeri generazioni, passate
anche esse, perdutesi anch’esse nel mare dell’ignoto, e riflet-
teva che a Pechino, a Londra, dovunque, le correnti vive delle
XXX W. WTTTTMA W — FOGLIE DI ERBA

genti umane si movevano, affannavano


sparivano così, e
come e ne traeva la
quelle die gli erano sotto gli occhi ;

conseguenza che l’umanità è una, che è la stessa dovun-


que, dovunque ubbidiente alle stesse leggi, dovunque de-
stinata a operare e sparire. E ne concepiva quel suo amore
umano che abbracciava tutti, che gli faceva agognare e
profetare l’avvenimento della democrazia, e sognare una
nazione umana, modellata a quell’esemplare, a cui gli Stati
Uniti si erano modellati.
Così preparato lo trovò la gran guerra di secessione onde :

la sua vita negli ospedali non fu sacrifìcio, non fu abne-


gazione, ma semplicemente un’estrinsecazione del suo es-
sere. Bastò che spremesse da sè quanto aveva assorbito di
amore umano, cioè una parte della sostanza della sua vita.
E quello che gli era successo nella sua opera poetica gii

successe anche nelle opere della vita :


quella e queste
infatti avevano la medesima origine e la medesima causa.
Anzi, di effètto in effètto, quando la sua vita di abnega-
zione egli volle raccontarla non dette che poesia ,
cioè .

quei Drum-Taps che, nel loro complesso, sono i suoi canti


,

più originali e più personali.


Tanto era vero ch’egli aveva assorbito ! Se non che que-
sta parola bisogna intenderla bene. L’ assorbimento suo fu
transustanzazione; e fu così veramente ch’egli la spiegò
nei suoi canti. Nella sua poesia « Ei vi era un fanciullo »:

ecc. (1), egli dice Ei vi era un fanciullo che uscia fuori


: «
ogni giorno —
E non prima gli veniva visto un oggetto,
che quell’oggetto egli diveniva E quell’oggetto diveniva —
parte del fanciullo, per tutto quel giorno, o per parte di
quel giorno, o per molti anni, o per la distesa di molti
cicli di anni ».
Proprio così Tutte le impressioni diventavano parte del
!

Whitman. Egli e la Natura, egli e l’Umanità diventarono

(1) Pag. 282. Il Lombroso dice che questo divenire è un certo indizio di follia in
Whitman !
PREFAZIONE XXXI

una cosa sola. Nessun poeta appare più subbiettivo, e nes-


suno è, realmente, più obbiettivo di lui. L’inganno è pro-
dotto dal fatto che l’obbietto e il soggetto si sono iden-
t ideati e non si distinguono più. Sicché si ha nel Whitman

uno spiccatissimo esempio di personalità impersonale. La


natura e l’umanità sono diventati un uomo, 1’ uomo si è
fatto libro, e il libro è l’uomo stesso.
« Camerata, questo non è un libro (1) Chi tocca esso —
tocca un uomo —
(È egli notte Siamo qui noi due in- 'ì

sieme e soli ?) —
Ecco, sono io quello che tu afferri io .

quello che afferra te —


Io, che salto fuori da queste pagine
fra le tue braccia —
Diletto amico, chiunque tu sii. abbiti
un bacio. »
E dopo tutto, il bacio e l’abbraccio del Whitman sareb-
bero il bacio e l’abbraccio di un Dio
un Messia a un e di
Dio e a un Messia. Perchè nessuno ebbe un concetto più
superbo dell’uomo e della sira perfettibilità. « Chiunque tu
sii ! » egli dice, (2) « tu sei colui pel quale la terra è solida
e liquida— Tu, colui o colei, per cui sole eia luna pen- il

dono in cielo: — Non per altri che per te è presente e il

fu passato, — Per nessuno più che per te è


il immorta- 1'

» — E, badisi, aggiunge
lità. « Ciascun uomo è per sè,:

ciascuna donna è per sè, questa è la parola del passato e


del presente, la vera parola dell’ immortalità Nessuno : —
può acquistare per un altro, nessuno; Nessuno può cre- —
scere per un altro, nessuno. » (3)
Pare un canto all’individualismo. Ed è; poiché « Tutto
è per gl’individui, tutto è per te Nessuna condizione di —
vita ti è vietata non quella di pio o altra »
;
Ma —
alla divinità dell’uomo non deve essere di ostacolo la na-
scita, il grado sociale, la razza, le latitudini; onde l’indi-
vididualismo si allarga ed eleva all' universale. « Omnes

(1) Pag. 382 — Quanto tardi !


(2) » 178 — Canto della rotante terra — 2.

(3) ibi.

XXXII W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

omnes » — egli grida — « La mia è la parola del moderno;


la parola è : En manne — Una parola di fede che non viene
mai meno. » (1) Veramente non è così moderna che non
conti almeno una ventina di secoli di esistenza Cristo :

disse la stessa cosa, e sognò anch'esso un solo ovile e un


solo pastore. Il Whi tinaia non rìsogna però l’unico pastore:
di pastori non ce ne dovrebbe essere bisogno, nè la massa
umana sentirne la necessità. Un unico ovile sì; ma dovrebbe
comporsi d’individualità perfette. Poiché la cittadinanza per-
1

fetta, forma la gran città; e la gran città è quella dove — -

gli eroi non hanno altro monumento, fuor che nei detti e
nei fatti degli uomini comuni, Dove gli uomini e le —
donne dan poco pensiero delle leggi,
si Dove l’autorità —
esteriore entra sempre, dopo che l’interiore vi è penetrata,
Dove ai fanciulli s’insegna ad essere legge a se stessi e
a confidare in sè solamente, Dove i più fedeli amici —

stanno, Dove la mondezza dei sessi sta». (2) E ancora: —
« Produci grandi persone, tutto il resto verrà da sè. »
E certo è così : tutto il resto verrebbe da sè. àia grandi
persone sono quelle che hanno grande 1' anima e il corpo:
ond’è che egli dice: —
« Io sono il poeta del Corpo, io il
poeta dell Anima. » .... Io farò i poemi della materia,
perchè penso (die essi sono i poemi più spirituali, Io —
farò i poemi del mio corpo e della mortalità, — Perchè penso
che allora fornirò me stesso dei poemi della mia anima e
dell’immortalità » (3) — Quando è che l'uomo raggiungerà
quest’altezza?— « Quando il salmo canterà invece del can-
tore, — Quando lo scritto predicherà invece del predica-
tore, Quando io potrò toccare i corpi dei libri vivi e
che i libri potranno toccare il corpo mio » (4) Quando, in- —
somma, i corpi avranno una spiritualità perfetta quando .

(1) Pag. 47 — II canto del proprio Io — 23.

(2) o 153 — Il canto della scure — 5.

(3) » 21 - Partendo da Paumanok 7. —


(4) » 175 — Un canto per le occupazioni — fi.
PREFAZIONE xxxrri

non ci sarà bisogno di dii comandi e costringa all' ubbi-


dienza, quando l’azione salutare e sana sarà così naturale
negli uomini, come il respirare, il vedere ,
1’ udire. Oh !

questa sì che sarebbe la città santa !

III.

Xoi non crediamo che sia compito nostro di venire in-


dagando l’originalità di queste teorie, nè quanta parte se
ne spandeva prima del Whitman. o se ne spande ora, o
se ne spanderà ancora sulle tele dei discorsi e dei libri
umanitari e socialisti, sia come semplice unguento leni-
tivo dei mali sociali, sia come rimedio ricostituente della
società moderna. Nò è compito di questa prefazione esporre
tutta la materia poetica di lui; la quale spazia per tutta
l’ampia distesa di quei problemi terreni ed ultraterreni,
intorno a cui l’umanità si è venuta e va affannando. Ma
era bene che il lettore avesse un saggio di quest’ampiezza,
perchè i suoi effetti si riflettono sul modo di poetare e
sulla tecnica del Whitman.
Certo l’elevazione dell’uomo a quella divina media che
il Whitman desidera, predica e predice, paia o no un so-

gno, sarebbe certo un bellissimo fatto. Ma quale e quanta


dev’ essere questa mediana altezza ? E, stabilita la mi-
sura, ha la natura dato agli uomini tutti le doti necessa-
rie per crescere a quell’altezza ? Ed è sensato il desiderio
che, cresciuti tutti egualmente, non ci sia luogo ad un'al-
tezza maggiore, e che a maggiore altezza non si debba
aspirare ? È sensato considerare come dannosa o inutile
un’altezza morale, come quella di Socrate, di Gesù Cri-
sto, del secondo Catone, di Francesco di Assisi ? Ovvero,
se la media non dev’ essere assoluta di tutti, ma risul-
tare dalle varie altezze morali, come non vedere che ad
essa avverrebbe quel medesimo che avviene della media
dell’altezza fisica ? Quando di una folla sono misurate le
stature di tutti i singoli individui o di parecchi gruppi, e
W. Whitman. — Foglie di erba. 3
XXXIV W. WHITMA2T — FOGLIE DI ERBA

che poi si addizionano quelle misure e indi si dividono,


non perciò si sono scorciate le gambe e compressi colli i

agli uni, o stirati e allungati i colli e le gambe agli al-

tri. Così si è fatta un’operazione aritmetica e si è otte-


nuta una cifra; ma la cifranon risponde ad alcuna realtà,
e l’aritmetica in tal caso non solo diventa un’ opinione,
ma esprime un fatto inesistente.
Or comune ad altre del
l’incertezza di questa teoria è
Wtiitman, e noi l’abbiamo arrecata come esempio, perchè
la principale ragione di ([nella continua tautologia, già
rimproveratagli, sta in questa indeterminatezza delle sue
idee. Un’idea quando non è vera, non è chiara nenunan-
co; e a chi vuole imporla, succede di non credere sufficien-
te l’averla detta una volta, e pensa di riuscire a farla ac-
cettare, ripetendola. Sicché pare, e nel Whitman pare, che
ei faccia poco a Manza con 1’ intelligenza del lettore. Il

véro è che è l’idea sua quella che è in difetto. E allora, oltre


che l’idea, anche l’espressione non si precisa. Onde la dif-
ficoltà eventuale del tradurlo. Bisogna spesso contentarsi
di ciò che è più probabile e più logico; e la traduzione
diventa interpetrazione.
L’amore poi per l’umanità tutta quanta, è un nobile e
santo sentimento, ma questo amore umanitario ha condotto
il Whitman direttamente, per cosciente indirizzo, ad es-
sere il poeta dell’twsieme, dell’ universale. Or questa uni-
versalità sua è stata causa di due guai artistici.
L’uno è non diciamo, si badi, del-
l’oblio dell’individuo:
Al poeta, al veggente non dev’ essere per-
l’individualità.
messo, perchè non è possibile in tanta ampiezza e fra tanta
folla, indugiarsi in questo o quel sito speciale, con questa
o quella speciale figura di donna o di uomo. Per essere
di tutti luoghi e di tutti gli uomini e donne, bisogna
i

affrettarsi basta mostrarsi e partire, additare e non de-


:

scrivere o riflettere.
« Tu non farai che giungere alla città cui sei destinato,
tu ti assetterai appena a sodisfazione e poi sarai chiamato
PREFAZIONE XXXV

alla partenza da un irresistibile appello — quali che sieno


le dimostrazioni di affetto che tu riceverai, tu risponderai
solo con gii appassionati baci della dipartita. — Tu non
permetterai la presa di quelli che porgono verso di te le
loro mani distese » (1).
Onde non mai un canto impersonato in un uomo o in
una donna. I canti stessi (e sono così belli, perchè, per es-
sere personali, manca solo un nome alle persone) che pa-
iono e sono individuali, o rappresentano classe, come una
il bellissimo « Yien su dai campi, o padre » (2), o sono il
simbolo di una casta o una razza, come « il combatti-
<1 i

mento dei 412 giovani (ò) e il combattimento notturno na-


vale » (4), belli tutti e due per narrativa vigorosa, ossuta,
e per ammirabile scelta dei particolari. Ma sono canti as-
sai scarsi di numero, e si trovano, salvo il primo, inca-
strati fra canti di natura diversissima da essi.
Insomma, la personalità umana abbonda, ma la persona
umana manca. Or l’individuo solamente è una realtà; la
classe, la razza, l’umanità sono un’astrazione. I lettori, che
sono aneli’ essi individui reali, sentono benissimo gli amori,
gli odi e tutto ciò che è proprio degli esseri reali pari a

loro, ma non imparano nulla, o assai meno, dagli odi, dagli


amori e da ratte le passioni non individuate. Xon impa-
rano nulla e non se ne dilettano nemmanco. L’arte o dà
fisonomie distinte e reali, o non è arte.
La
(3)
moralità generale o di precetto dev’essere la con-
seguenza della morale individuale in azione. Il lettore, in
questo caso, sente scattare il precetto, se non come da
un’esperienza propria, certo da un’esperienza umana, e ne
prova l’efficacia, coMe di cosa che può nascere da lui. Il Whit-
man, per esempio, parla sempre della divina medianità ,

(1) Pag. 147.


(2) .» 29S.
'
» 66.

(4) ». 68.
XXXVI ir. Win TMAX — FOGLIE DI ERBA

della .spirituale medianità virile ,


della spirituale
. medianità
femminile, signora e sorgente di vita e amore e di tutto quello
che dalV amore e dalla, vita viene (1); ma se tutto questo
che è pur vero, fosse stato individuato, se si fosse mo-
strato come una donna e un uomo hanno operato per rag-
giungerla, e quali durezze abbiano sofferte nel cammin
lungo, e quali gioie ne abbiano godute giunti alla mèta,
e quale benedizione di famiglia o di società abbiano crea-
ta, allora, oltreché 1’ arte, la moralità sarebbe stata più
efficace.
Ma, F universalità genera rapidità
oltre all’ astrazione,
soverchia poiché il cammino è così lungo e spazia tanto,
:

basta balenare, e poi via. Certo qua e là s’incontrano dei


quadretti graziosi (li dicono olandesi forse per F origine
materna di lui), ma
sono pochi o di poca finitezza. Onde
i canti del Whitman, più che poemi
essi stessi, appaiono
spesso una collezione di temi di poesia. Come libri sco- i

lastici additano terni di composizioni future, così il Whit-


man assegna temi ai bardi del futuro. Temi che additano
e precisano del resto; ma che assai volte non sono poesia
essi. Così i picchetti che piantano gl’ ingegneri nei loro
studi preliminari sul terreno : segnano il corso della stra-
da, del canale, dell’acquedotto, ma l'acquedotto, il canale,
la strada sono anco r di là da venire.
E questo, materia ha di per sé e in sé una
quando la
certa generalità. Perchè quando il tema si viene frantu-
mando in tutto ciò che è dell'uomo e delle sue invenzio-
ni, o della natura e di tutte le sue appariscenze, allora
siamo a ben peggio. È appunto allora che si hanno pa-
gine e pagine che sembrano come F indice di un libro di
geografia, o di anatomia, o di antropologia (1), o, come fu

(1) Passim.
PREFAZIONE XXXVII

detto, l’elenco e 1’ inventario di un bazar ,


di un’officina,
di un magazzino (1). Ivi non è arte, di certo.
E scendiamo a più scabro passo. — Fin dal primo suo
canto Whitman dice
il :

« Canto la tisiologia, dal vertice del capo al dito grosso


del piede — Non la sola fisonomia, non il cervello solo
sono degni della Musa —
ma affermo che tutta la forma
completa è assai più degna ancora La femminile egual- —
mente che la maschile io canto ».
Dalle unioni sessuali egli vuole « uomini e donne per-
fette » e «personalità attive, mondane, sane, godenti e po-
tenti. moderne e libere » (2) tali insemina tìsicamente che
:

il raggiungere la divina average ne sia favorito. Or a que-

sto effetto l’osservanza sana delle leggi e delle funzioni


generative ha predominante importanza. Ebbene, perchè
il poeta non dovrebbe parlare di esse Anzi è il poeta che
!

deve assumersi la missione di propagarne l’osservanza. Chi


può riuscire più persuasivo del poeta ! Chi è più autore-
vole di lui! Il Whitman ha dell’efficacia della poesia un
concetto elevatissimo. D’altra parte gii scienziati parlano
di queste cose, senza che loro se ne faccia colpa; il Whit-
man imputa loro però a vera colpa il non chiedere all’arte
il suo ausilio e il lasciare che questa materia resti, come

ora è, relegata nei sedicenti scritti artistici dei bricconi,


e non passi, per qualche volta almeno, nel dominio della
poesia sana, come
« qualcosa che non sia per sè stessa
grossolana e impura, ma perfettamente consistente con la
più alta femminilità e virilità » (3).
Persuaso che di tutto questo è obbligo di un poeta oc-
cuparsi, non era certo il Whitman l’uomo che poteva, per
una illogica paura morale, rifuggire dal compiere il suo
dovere. Onde esce in questa chiara apostrofe :

(1) I’ag. 134, 135, etc.

(2) Specimen Dai/s, pag. 284.


(3; Specimen Days, pag. 3U4.
XXXVIII W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

« Voi, o organi e atti sessuali Concentratevi in me, !

perchè io som» risoluto a dir di voi con chiara e corag-


giosa voce, per provarvi gloriosi » (1).
E mantiene la promessa. E la mantiene con sincerità e
semplicità; massimamente, anzi unicamente, nel gruppo
di canti intitolati « Figli di Adamo ». In questo gruppo
:

di canti ce n’è intitolato « Una donna aspetta me ».


uno
che è forse il più azzardoso; in esso egli spiega quello che
vuole. La donna che l’aspetta non è impassiva , frigida;
egli le ripudia coleste donne. Le donne che debbono es-
sere le madri dei perfetti uomini dell' avvenire debbono
« Essere imbrunite dagli splendenti soli e dai soffianti ven-
ti —E sapere come si nuota, si rema, si cavalca, si lotta,

si corre, si spara, si percuote, si ritira, si avanza, si re-


siste e si difende sè stesse » (2).

Orbene, il godimento di una bellezza, che sia congiunta


alla forza, è un’aspirazione alta e sana, e perciò spiritua-
le; il godimento, anche a considerarlo in sè. senza pen-
sare alle sue conseguenze, non dovrebbe essere affidato al

caso, non giudicato un fallo, non abbandonato all’azzardo.


Certo anche il piacere (nè alcun pudore ipocrita può ne-
garlo) è sempre « così esatto » (l’espressione è del AVhit-
man) « e perpendicolare come la gravitazione è », ma tutto
questo rispetto del corpo umano e delle sue funzioni non
legittima artisticamente l’elenco anatomico di certe pagi-
ne (3), non può mutare in poesia 1’ aroma delle ascelle, nè
rendere degne della Musa tutte le funzioni fisiologiche. Vi
sono parti che, come il poeta nostro dice, Vuom cela e vi ,

sono funzioni che, naturalismo o no. missione umanitaria


o no, non riusciranno meno disgustose o meno antiarti-
stiche, o anche, se non immorali, indecenti, per metterle
che si faccia in canti o in canzone.

(1) Partendo da Paumanok. pag. 20.

(2) Una donna aspetta nu, pag. 100.


(3) Come, ad esempio, pag. 08.
PREFAZIONE XXXIX

Ma, affrettiamoci a dirlo, ruvide frasi e spesso urtanti, in-


dicazioni crude di momenti a cui nessun poeta sano accennò
mai, nomenclatura arida, tutto questo sì, ma non mai si
trova una parola pruriginosa, un’insistenza compiacente,
un allettamento procace. Whitman compie il suo dovere col
convincimento di far opera buona, con grande e nuda sin-
cerità, quasi con precisione ed obbiettività scientifica. Ma,
appunto, poiché ci è la scienza, i! Whitman doveva capire
che il poeta non ci entrava. Ed, insomma, se artistica-
mente questa roba può essere imputata ad errore, la mo-
ralità non è offésa nè intenzionalmente nè a fatti; e le
«Foglie di erba» conservano la loro generale aria di spi-
ritualità. L’uomo e la sua vita poi fecero anche obliare
questo fallo commesso una volta sola. Del resto, un Whit-
man immorale ? È un assurdo (1).
Anche la forma si risentì della troppo vasta materia e del
modo con cui il Whitman soleva concepire il contenuto
dei suoi canti. Per essi, massime per
ampie pro- quelli di
porzioni, il verso, la strofa, la rima sarebbero stati un
impaccio insuperabile è impossibile, per esempio, imma-
:

ginarsi in versi quelle pagine di nomenclatura, a cui ab-


biamo già accennato. E il Whitman non esitò innanzi a
questa difficoltà scelse la forma biblica, orientale, di una
:

prosa numerosa; i cui incisi sono divisi in un’ apparente


forma di verso e i cui periodi sono distinti tra loro con spa-
zio doppio, come si usa iter le strofe dell’ antica poesia.
Talora, a occhio, queste strofe paiono saffiche addirittura,
e tal altra, sempre all’apparenza, asclepiadee, aleaiche, o
altro. Veramente sono prosa, e niente più.

(1) Ya notato che il W. nel suo scritto «Uno sguardo retrospettivo sulle vie
percorse », che è F ultimo suo scritto di prosa, quasi come disposizione testamen-
taria, dice «rispetto alle future edizioni (se ve ne saranno) delle «Foglie di erba»
colgo l'occasione di confermare quei versi » (quelli incolpati d’ immortalità) « con
la ferma convinzione dei miei 30 anni, rinnovata ora deliberamente; e quindi proi-
bisco, quanto la mia parola può, ogni soppressione di essi. »
XL TI'. WIJITM-AS — FOGLIE DI ERBA

Ma i critici vi hanno voluto vedere una forma metrica o


ritmica. Qualcuno, il nostro Xencioni, e prima di lui l‘0‘

Connor, vi scorsero l’armonia delle praterie, delle foreste


vergini, delle tempeste oceaniche. Evidentemente costoro
Whitman stesso (1). Altri, come
trassero le loro frasi dal
Leo Quesnel, affermò che i versi del Whitman avevano
misura varia (questo si vede ad occhio nudo) e che ve ir e-
ramo alcuni persino di 54 sillabe Il Macaulay vi scorse
!

una decisa tendenza dattilica; il nostro Jannaccone poi ha


scritto un libro addirittura sulV Evoluzione delle forme rit-
miche del Whitman (2).
Bisogna perciò discorrere di questa questione. Facciamo
prima di tutto due domande. È possibile nella lingua in-
glese una versificazione metrica ? Questa è la prima. L'al-
tra è Ebbe intenzione il Whitman di fare una versifica-
:

zione qualsiasi, metrica o ritmica che fosse '!

Rispondano alla prima gl’inglesi stessi, i quali, si può


credere, conoscono meglio di noi la lingua loro e le sue
capacità. Alla seconda risponderà proprio il Whitman, che
anche lui doveva sapere, meglio di noi, fatti suoi. i

Orbene, il Bain (3) dice « Xella lingua greca e latina


:

« il generale ritmo era, in gran parte, determinato secondo


« la lunghezza delle sillabe. Ma nella lingua inglese, le
« regole classiche per fissare la lunghezza delle sillabe.
« non hanno fatto presa ». Rercy Grey (4), parlando del-
l’ esametro usato dal Longfellow nel bel poemetto Evan-
gelina afferma che, « quanto alla grazia che al poemetto
,

«poteva venire dalla versificazione, tanto valeva che esso


« fosse scritto in prosa. L’esametro omerico è specialmente

(1) S. I)., pag. 322. ma, più che da un passo singolo, da tutto il TT., quando egli
parla della Natura.
(2) Roux e Frassati, Torino, 1898.

(3) English Compositivi and Rethoric. Longman. 1877, pag. 236.


(4) 111 J. X. R., agosto 1884.
PREFAZIONE XLI

« disadatto per una lingua monosillabica come la nostra ».

E lo Swi liburne (1), così squisito fattore lui stesso di versi


greci e latini, disse che « tuttii tentativi di metro corale
« senza rima non erano riusciti che meri aborti amorfi di
« una prosa deforme che proceda zoppicante per membra
« e piedi spezzati ». E degli esametri inglesi di Matteo Ar-
nold afferma aver egli « invano tentato con la scansione
« di ridurli a piedi metrici di qualsiasi sorta. Aon rasso-
« migliano questo mondo e sonano come
ad alcuna cosa di
« anapesti frantumati, spinti innanzi alla peggio nè con :

« l’orecchio, nè col dito io posso dar loro un numero qual-


« siasi ». Dunque forme metriche in inglese, niente.
Questo in generale. Quanto al Whitman in ispecie, ecco
quello che ne han detto alcuni scrittori inglesi.
Il Triggs (2),

che pure è dei più ferventi se non dei più autorevoli am-
miratori del Whitman, dice che questi, al pari del Brow-
ning e del Wagner (Riccardo, si capisce), ha tonalità piut-
tosto consonantica che vocalica e, come il Wagner, pre-,

ferìV allitterazione o rima consonantica la quale in lui, nel ,

Whitman, non è meccanica ma psichica. E aggiunge « la


. :

tonalità consonantica è propria, senza dubbio, del pecu-


liare genio teutonico o nordico, il quale disdegna le ele-
ganze vuote di verità ,
dei menestrelli delle razze meridionali ,
e, poiché è meno immaginoso, non può apprezzarle che come
dilettanze lascive conchiude così
». E
« Lo studio mo- :

« derno della ci darà aiuto per apprezzare la


fonologia
« bellezza emozionale degli effetti consonantici. Forse il
« giorno del Lautlehre è prossimo ».
Xoi non vogliamo fermarci a dire che diamine sieno gli
effetti consonantici, nè a discutere la peregrina semplicità
di queste affermazioni, nè chiarire la loro curiosa stra-

(1) Matthew Arnold’ $ new poems, pag. 162-163.


(2) Op. cit. pag. 142-43.
XLII TP. WHITMAiX — FOGLIE DI EBBA

nezza, nè darci a deplorare le miserie della lingua di Esodi-


lo, di Orazio, di Dante, nè a dimostrare che questi signori
non ci porgono po’ poi che delle dilettanze lascive ed eleganze
vuote di verità. Tutto questo è evidente ! Chi non lo sa ?

Ci contentiamo solo di constatare che il Triggs, questo


valoroso banditore di affermazioni così nuove e così per-
spicue, non ha potuto nemmanco lui affermare che il Whit-
man ha una tonalità metrica qualsiasi. Il Xoel (1 dice:
« Se deve ritenersi per poeta un metrista che segua i mo-
« dell stabiliti per la lingua inglese, il Whitman certa-
i

mente non è poeta ». E lo Stedman stesso (2). nel suo bel


capitolo sul Whitman, afferma che ii Whitman non si è
« mai allontanato dal convincimento di doversi bandire le
« usate forme, dipendenti dall’ accento o equilibrate come-
« chessia, aventi o no rima, ma anche gli effetti di suono
« e di forma delle stanze; anzi, lino all’ultimo, ha espresso
« il suo disdegno, non solo per nostri poeti cbe le cura- i

« r.>no, ma per la forma delle stanze stesse».


Senza altre citazioni potrebbe, credo, affermarsi dunque :

primo, che la lingua inglese non è suscettibile di versifi-


cazione metrica; secondo, che, per giudizio di scrittori in-
glesi, il Whitman, non che avere usata una forma metrica
o ritmica, le evitò e disprezzo.
Ma il nostro Jannaceone. uomo
pazienza infinita, e di

di dottrina illimitata, e di logica troppo acuta per poter


essere capita, pur riconoscendo che nel Whitman il ritmo
« perde spesso ogni regolarità, ogni elemento di dilferenzia-
« mento e di organizzazione e diventa lasso e vago ». non-
dimeno, a via di distinzioni primarie e secondarie, d’ in-
clusioni e di esclusioni, è giunto ad affermare parecchie co-
se, tra cui queste che nella poesia whitmaniana. sotto
:

(1) Pssai/s on Poetry and Poets. London, 1886, pag. 308.

(2) Voets of A merica. Boston. 1900.


PREFAZIONE XLIII

all’apparente, serpeggia un’armonia ritmica latente, elle in


essa vi ha una variata rima psichica (non consiste nella
allitterazione del Triggs; dal Triggs è tolto solo 1’ agget-
tivo), e che vi rinvengono persino dei periodi strofici. I
si

quali poi nei 350 canti dell’edizione, che non contiene le


tre appendici dell’ultima, sarebbero, pari pari, 1703 e co- ,

minciano dal comporsi di un verso solo (54 questi) e poi di


due versi e poi di tre e poi, su. su. fino ad uno che è di ben
81 versi i periodi di questa scala strofica salgono infatti,
:

secondo il Iannaccone, appunto da 1 a 81 versi, e pe- i

riodi strofici salgono aneli’ essi, variamente, altrettanti pino-


li di questa mirabile scala.

Prima di esaminare tutte queste novità diciamo quello


che pensò e scrisse il Whitman. Orbene, il Whitman ilice
che i suoi canti non sono che dei recitativi (donde forse
l’analogia tra lui e il Wagner, scoperta dal Triggs), che
i nuovi poeti del Nuovo Mondo non debbono aver nulla
che ricordi poeti del Mondo Vecchio, e che la loro lin-
i

gua e forma dev’essere solamente compenetrata dall’alito


della Natura. Non basta egli ha lasciato scritte queste
:

espresse parole « È mia opinione che sia giunto il tempo


:

« di spezzare nella loro essenza le barriere di forma tra


« la poesia e la prosa —
Pure ritenendo che le venerabili
« e celesti forme della versificazione tintinnante abbiano
«per lo passato rappresentato grandi e adatte parti... non-
« dimeno per me è certo che la giornata di una siffatta
« rima convenzionale è finita.... La Musa delle Praterie,
« della California, del Canada, del Texas e dei picchi del
« Colorado si eleva al più libero, più vasto, più divino
« cielo della prosa » (1).
Nel suo canto « Superba musica della tempesta », che
è uno dei meglio ispirati, e che, nella sua comprensività,
non ha, forse, chi lo pareggi in nessuna lingua, come inno

(1) S. D.. pag. 322-23.


XLIY W. ULf/TMAX — FOGLIE VI E UBA

al suono, dopo la mirabile mossa della prima stanza, chia-


miamola pure così, stupendamente musicale essa stessa, e.
dopo l’enumerazione delle varie qualità di suoni umani e
naturali, dice :

« Ohda quando ero un piccolo fanciullo,


!, sin Tu —
sai, o anima, come tutti suoni diventavano musica per
i

me —
La voce della mamma, nella ninna nanna o nel-
:

l’inno, —
(La voce di lei... o voci dolci nella memoria, o
finale miracolo di ogni cosa, voi, voci dilette della ma-
dre e delle sorelle) » etc. (1).

E, dopo aver percorso tutta la scala dei suoni diventati


musica in lui, dice all’anima :

« Vieni; perchè io ho trovato il filo guidatore così a


lungo cercato, — Andiamo fuori,
mezzo alla lu- ristorati, in
ce, — lietamente godendo la vita, eamminando, pel mondo,
pel reale, — Nutriti, quind’ innanzi, del nostro sogno ce-
leste » (2).

Quale era questo filo guidatore trovato e cercato tanto ?


Quale il significato riposto di tutto questo Forse è nelle se- ?

guenti parole sue « L’utilità della rima sta in questo, che


:

« essa sparge semi di una rima più dolce e lussureggi an-


« te, e di una uniformità che essa con le sue radici porta
« entro un terreno fuor di rista » (donde forse 1’ armonia
ritmica latente del JannaCeone). « La rima e l’uniformità »
(intendasi l’uniformità dei versi in sè, e l’uniforme numero
loro nelle strofe) «di un poema perfetto mostrano la libera
« fiorita delle leggi metriche e germogliano da esso così
« esattamente e senza impedimenti, come lilla e le rose i

« da un cespuglio, e prendono figura e compattezza, come


« le forme dei noceiuoli, degli aranci, dei melloni, delle

« pere, e cospargono del loro profumo impalpabile le for-


« me. La scorrevolezza e gli ornamenti dei più fini poemi.

(1) Superba musica della tempesta , p. 397.

(2) Ivi, pag. 401.


PREFAZIONE XLV

« delle orazioni e delle recitazioni non sono indipendenti ,

« ma dipendenti. Ogni bellezza vien dal sangue e dal bel


« cervello » (1).
Sicché pel Whitman la dolcezza che viene dall’ unifor-
mità della strofa e da tutti gli altri allettamenti ritmici sono
l’eco della sostanza poetica; e, quanto ad armonia, ciascun
canto e ciascuna parte di canto ha la propria, così come
ciascun fiore ha il suo profumo. Per lui dunque l’armonia,
ritmica o metrica che sia, non è indipendente, non può
a priori per teoria, ma deve scattare diretta-
stabilirsi ,

mente dalla materia. È la materia che la porta implicita-


mente in sè, e che per mezzo delle, sue radici la insinua
in un terreno fuor di vista.
Or il Jannaccone ha voluto portare le indagini appunto
in questo sottosuolo, analizzandolo e riducendolo alle for-
mule della usata metrica. Ed è giunto a dare persino un
esempio, in cui l’uniformità antica dei versi e delle strofe
è ristabilita secondo queste vecchie formule appunto. Per
far (juesto ha dovuto spezzare i versi del Whitman e can-
cellare persino quelli che egli, il Jannaccone, chiama pe-
riodi strofici.
darà anche una migliore
Or, tutto questo sarà dotto,
armonia che non sia quella del Whitman, ma ha il difetto
appunto di non essere l’armonia che il Whitman volle e
creò.
E guasta anche un’ altra cosa, la maniera di scrivere
del Whitman. Nella riduzione fatta dal Janaccone del brano
da lui arrecato come esempio, per dirne una, si è dovuto
porre un punto che non è nel testo, e che è contro le abi-
tudini di punteggiatura del Whitman.
Ma la punteggiatura del Whitman è una parte specia-
lissima della sua arte di periodare. Whitman, per
Il

esempio, conosce appena il punto e virgola e non conosce

(1) S. D., Democratic Yistas. pag. 322-23.


XLVI ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

quasi affatto due punti. Quando ha in mano un pensiero


i

complesso, lo divide in parti che rispondono ad altrettanti


versi, e ciascun verso o parte egli distingue costantemente
con una virgola, raramente con un punto e virgola. Quando
poi il pensiero è finito* mette un punto fermo 1 Ha il .

pensiero una parte sola ? Ebbene il periodo ha un verso


solo. 27e ha due, dieci, venti, cinquanta, ottantuno Eb- ?

bene il periodo ha altrettanti versi.


Sicché, in conclusione, 1703 periodi strofici non sono
i

che semplici e ordinari 1703 periodi, sé pur sono tanti.


E veniamo alla rima psichica. Uno dei mezzi tecnici piò
usati, e perciò abusati, del Whitman sta nella figura chia-
mata dalle vecchie rettorielie ripetizione. Il Whitman suo-
le, talora, ripetere lo stesso aggettivo e nome, o lo stesso
verbo, quasi sempre in forma parallela, poiché alla forma
cluastica l’arte del Whitman non si presta. Talora anche

(1) Nello poesie contenute nell'edizione da me citata, la punteggiati! ra è sempre


questa che io dico. Così è serbata anche nell'edizione del 1900 (Boston-Small. May-
nard and Company). Però questa edizione ha tre appendici di canti, nelle quali
dei due punti non solo si fa uso. ma abuso. Però, vedi caso Y introduzione dei due :

punti è bastata perchè sparisse 1' apparenza della strofa. 11 doppio o triplo spazio
tra linea e linea non ci è quasi più; e così quello che fu chiamata strofa, riacquista la
sua fisonouiia vera di semplice periodo. In questa versione, io ho mutata la punteg-
giatura dell’originale; parte confortato a questo da quello che il Whitman ha fatto

nei canti postumi delle tre appendici di sopra ricordate, e parte — anzi più — perciò-,
solo punteggiando diversamente, poteva ottenersi che la versione diventasse intelli-
gibile.So bene quanto sia pericolosa una mutazione di punteggiatura le alterazioni :

del pensiero originale diventano disgraziatamente possibili e facili. Ci bisogna una


gran penetrazione logica; ed io non oso affermare se fui felice molto o poco. Del resto, ol-
treché per questa ragione ortografica, oltreché per l’incerta sintassi, oltreché per la
frequente indeterminatezza delle idee —
difficoltà già accennate. — altre difficoltà

si presentano spesso che rendono incerta 1' in terpetrazio n e del Whitman. Nelle
stesse difficoltà dovettero incontrarsi i primi traduttori della Bibbia, di Escliilo. di

Dante e di Shakespeare : i traduttori che vennero dopo fecero meglio, ma neiumanco


essi tutto bene. Né. forse, é possibile. Quanto al Whitman poi. si ricordi che egli

stesso dice: «io sono intraducibile, e pitto mio barbarico strillo di dolore su peri
il

tetti del inondo». Anche recentemente il Yan Worst ha affermato puur les forme* :

des rers, il les a toutes violées ses poìmes ne s'accomodent au molile d’attcìin sttsthe-
:

vie connu, et. toujours sans ryme, ils soni d une leciuke difficile.
PREFAZIONE XLVII

questa ripetizione si trova in un gruppo più o meno nu-


meroso di versi segmentisi, e talora nel principio, talora
in mezzo, talora in line e talora due volte nel verso stes-
so, o in principio e in tine, o in principio e in mezzo, o
in mezzo e in line. Per ordinario la ripetizione è o di un
soggetto e di un verbo io odo..., io vedo..., eco., ovvero
:

è di una intera frase. Talora poi è un participio : il perio-


do, per giunta, diventa spesso, in questo caso, di disperante
intelligenza. Questa ripetizione dev’essere piaciuta al Whit-
man non solo per quella certa sonorità che porta seco, come
di ritornello; ma anche per una ragione più riposta. Whit-
Il

mau, che pure è così elettricamente celere, non ama, per


una strana contraddizione, le frasi sintetiche e pregnanti.
Ogni idea che addita un complesso di cose simili egli non
ama significarla con un’ espressione unica.
Ci sia questa
espressione o non lingua (certo con un gruppo
ci sia nella
di parole potrebbe formarsi sempre), egli quelle cose le di-
vide; e, poiché tra loro esse non diversificano per natura
e ciascuna non forma un’unità sola, ma tutte sono tante
unità della stessa indole, egli le va dicendo ad una ad
una, ripetendo quelle parole che funzionano come soggetto
o come verbo e che sono la parte comune a tutte. Se fosse
stata usata un'espressione sintetica avrebbero fatto parte
di essa, e la ripetizione sarebbe stata inutile.
Orbene, coteste ripetizioni il Jannaccone le ha battez-
zate col nome di rime psichiche iniziali mediane finali , ,
,

iniziali finali iniziali mediane e così di seguito. Xoi non


, ,

aggiungiamo parole di commento. Ci è bastato esporre.


Quando il TVTritman era già innanzi negli anni, due so-
pvaccapi ebbe, ripensando alla sua opera poetica T uno :

oragli dato dall’ accusa fattagli d’ immoralità, e a questo


provvide con un Memorandum to a venturnm (1); l’altro gli

(1) S. D.. pag. 3102 .


XLVIII W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

veniva dal dubbio di aver fatto opera vana, come poeta,


trascurando tanto le forme metriche, la forma, l’euritmia,
le proporzioni. Non lasciò per questo un memorandum spe-
ciale, sebbene a questo accenni spesso. Ma lasciò qualche
cosa di più e di meglio. Quando, sempre paralitico, salì
alle Montagne Rocciose, nel camminare per ascendere alla
vetta del Kenosha, mentre che per ore ed ore passava tra
quell’orrido e nondimeno gioioso abbandono di elementi,
tra quella pienezza di materiali, in quell' intiera assenza
di arte, in quel libero gioco della natura primitiva, il sen-
timento, che, sebbene non espresso, penetrava in lui sem-
pre più deciso, era che egli aveva finalmente trovato la
legge dei suoi poemi (1). E poi questo sentimento tradusse
in questi versi :

« O Spirito che creasti questa scena, — Queste minanti


cataste di rocce, orride e rosse, Questi negletti picchi, —
ambiziosi del cielo, —
Queste gole, queste correnti limpide
e turbinose, questa nuda frescura, Queste selvagge li- —
nee —
senza forma, per ragioni lor proprie, Io ti rico- —
nosco, o spirito selvaggio, — noi due abbiamo assai di co-
mune; — cliè anche mie linee sono così selvagge, per ra-
le
gioni lor proprie. —
Sono incolpati miei canti di aver di- i

menticato l’arte ? —
Di aver dimenticato di fondere in se
le regole precise e la delicatezza ? E le misurate battute —
del lirista, la grazia del tempio limato e rilimato e la co-
lonna e l’arco polito ? —
Ma te che ti riveli qui, o spirito
che creasti questa scena, —
Te essi non hanno dimenti-
cato » (2).

Ma vero è che per coloro che sono penetrati addentro


il

nello spirito delWhitman tutte queste questioni di me-


todi di arte e di tecnica di arte appaiono quisquilie. E
appare anche dimostrato che una poesia simile alla sua.

(1) S. D., pag. 48.


(2) Spirito che creasti questa scena ,
pag. 47 7.
PREFAZIONE xlix

una volta venuta all’esistenza, non poteva avere le fini-


tezze, le levigature, le delicatezze e le verniciature del-
l’arte del Tennyson, Yictor Hugo, del Manzoni, del
di
Leopardi, del Carducci, cui natura pose in alto e l’educa-
zione e gli studi ve li mantennero. Dalle altezze di costo-
ro, i raggi piovuti da loro, come da astri, sono stati ben
vivificatori e lucenti; ina non sono discesi agli occhi di
tutti gli uomini. Li ritennero, e ne godettero e godono,
coloro che avevano od hanno più alta la cultura. Gli scrit-
tori suddetti non hanno una vera pagina democratica.
Ma il Whitmàn non volle questo. Inteso a infondere nel-
l’animo degli uomini quell’amore che dovrebbe tenerli uniti
nel mondo morale con quella stessa virtù che nel mondo
tìsico lamateria è tenuta insieme dalla forza di adesione,
la sua poesia doveva riversarsi come pioggia benefica che
penetrasse tutti gli strati. Vi riuscì ! Voi non osiamo dir-
lo. Voi sappiamo solo che, vittima o sacerdote di questa
sua idealità, se non è sempre un grande artista, è spesso
un gran poeta, e sempre un gran cuore; e che scrisse non
per fare dei libri, ma un libro atto a dare aiuto alle anime
degli uomini.
Fu egli un precursore che non avrà seguito, o avrà un
avvenire di realtà il nuovo mondo poetico da lui additato ?
Velia storia umana noi abbiamo avuto Gesù Cristo e il
suo vangelo. Or se, quando quel vangelo veniva infiltran-
dosi nelle anime e trasmutandole, se in quel pauroso tur-
binìo di popoli e di razze, che fu dal sesto al dodicesimo
secolo, qualcuno avesse domandato a sè o ad altri, quale
sarebbe il futuro assetto sociale e quale la futura poesia,
forse nessuno avrebbe potuto trovare un’ adeguata rispo-
sta alla prima parte della domanda; certo è però che nes-
suno avrebbe potuto rispondere, divinando l’arte di Dante
o di Shakespeare. E, anche ora, che non più iniziato da
un individuo, ma da tutta la massa delle miserie umane,
diventate coscienti, è nato, e si avanza, e ingrossa fatal-
mente un rivolgimento pari a quello a cui Cristo dette la
V". Whitman. — Foglie di erba. IV
W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

spinta, se qualcuno rivolgesse ad altri o a se le stesse do-


mande, nessuno sarebbe che con la risposta sua potrebbe
additare con precisione l’aspetto e 1’ assetto della società
e della poesia futura. Ma, quanto all’ultima, potrebbe con
sicurezza dire die l’aspetto suo sarà nuovo e che rap- i

presentanti suoi tanto saranno più legittimi, quanto


,

meno appariranno inzuccherati di rima., come il Wkitman


dice, e quanto meno riporranno 1’ efficacia del loro dire
nelle ragioni metriche, e quanto più guarderanno alla moder-
nità della vita, all’atmosfera delle emozioni umane che i loro
versi penetrano o creano, e più saranno gl’ interpetri delle
più alte relazioni sociali. Il vero poeta dovrà essere una
forza attualmente e universalmente operante, non un’evo-
cazione arcaica, e nemmanco 1’ espressione di una psico-
logia meschina e soggettivamente individuale.

Luigi Gavtberale.
FOGLIE DI ERBA,
ISCRIZIONI

Me io canto.

Me io cauto, ima semplice separata persona,


Nondimeno pronunzio la parola Democratica, la parola En masse.

Canto la tisiologia dal vertice del capo al dito grosso del piede:
Non la fìsonomia solamente, non il cervello solo sono degni della
Musa; io affermo che tutta la Forma completa è assai più degna.
La Feminile egualmente che la Maschile io canto.

Una vita immensa per passione, polso e possanza,


Una vita attraente, formatasi per libere azioni, sotto le leggi divine,
L’Uomo Moderno io canto.

Mentre io meditava in silenzio.

Mentre ch’io meditava in silenzio,


E che ritornava sui miei poemi, riflettendo su essi e indugiandomivi
a lungo,
Ecco una Fantasima levossi dinanzi a me, di diffidente aspetto,
Terribile di bellezza, di età, di possanza:
Era il genio dei poeti delle vecchie nazioni.
E mentre che essa dirigeva su me, come fiamma, i suoi occhi,
Additando molti cauti immortali,
Mi chiese minacciosa Che canti tu ? E aggiungeva
: :

Sai tu che non v’ è se non un tema solo per i dardi di eterna fama ?

E che questo è il tema della Guerra, della fortuna delle battaglie,

E del formare perfetti soldati ?

— — 1

W. 'Whitman. — Puglie di erba. 1


W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Sia pur così, io risposi allora:


Anch’io, superba Ombra, canto la guerra, ed una guerra più lunga e

più grande di ogni altra,

Combattuta nel mio libro con fortuna varia, con fuga, avanzata e riti-

rata, con vittoria differita e ondeggiante

(Certa però, io penso, o certa come il bene è) : il campo di battaglia è

il mondo,
E per la vita e per la morte, per il Corpo e per l’Anima eterna.
Vedi: anch’io vo cantando il canto delle battaglie,
E, sopra ogni cosa, educo valorosi soldati.

Entro navi con cabine, in mare.

Entro navi con cabine in alto mare,


Sotto l’azzurro illimitato, che d’ogni intorno si distende,
Fra i fischianti venti e la musica delle onde — delle ampie ,
im-
periose onde —
O su qualche solinga barca, cullata dal denso mare,
Che, gioiosa, piena di fede, sciogliendo la bianca vela,
Fenda l’etere, fra lo scintillìo e la schiuma di giorno, e sotto in-
numeri astri, la notte,
Da giovani e vecchi marinai, come un ricordo della terra ,
forse
io sarò letto,
In pieno accordo tra noi, finalmente^

Qui sono i nostri pensieri, pensieri di viaggiatori;

Qui non solo la terra, la terra ferma appare, può allora dirsi da
essi,

Qui ci covercliia il cielo, qui sentiamo l’ondulante bordo sotto i piedi,

Sentiamo la lunga pulsazione, il flusso e riflusso di un movimento in-

finito,

Le voci di misteri non visti mai, le vaghe ed ampie suggestioni del

mare salato, le sillabe che fluiscono liquide,

Il profumo, il tenue scricchiolìo del cordame, il loro ritmo melanconico:

La vista illimitata, e l’orizzonte lontano e fosco sono qui;


E questo è il poema dell’ oceano.

Non esitare, dunque, o libro, compì il tuo destino.


Non un ricordo solamente della terra tu sei:
Tu anche, come solinga barca che fenda l’etere, non so dove diretta,

ma sempre piena di fede,


ISCRIZIONI 3

Compagna di ogni nave die veleggi, veleggia anche tu !

Reca ad essi, i marinai, involto in te, il mio amore (diletti marinai,


io qui, in ogni pagina, involgo l’amor mio per voi).

Affrèttati, o mio libro. Affretta le tue bianche vele tra le onde


imperiose, o mia piccola barca,
Canta ,
veleggia ,
reca da me ad ogni mare ,
sovra 1’ azzurro illi-

mitato,
Questo canto fatto per i marinai e per tutte le navi.

Alle Nazioni estere.

Udii che voi cercate qualcosa che spieghi questo enigma del
Nuovo Mondo,
E definisca l’America, e la sua atletica Democrazia :

Ecco, io vi mando i miei poemi, acciocché vediate in essi quello


che desiderate.

Ad uno Storico.

O tu che celebri i nostri tempi,


Che hai esplorato il di fuori, la superficie delle razze, la vita quale
si è svolta.

Che dell’uomo hai parlato come di una creatura delle politiche,


degli aggregati, dei governanti e dei preti,
Io, abitante delle Alleghanie, che parlo di lui come egli è in sè
stesso e nei suoi diritti,
Che premo il polso della vita che raramente ha rivelato sè stessa
(il grande orgoglio dell’uomo in sè stesso),
Io. cantore di Personalità, schizzando qualche scintilla di quello che
deve ancor venire,
Proietto la storia dell’avvenire.

A Te, vecchia causa.

A te, vecchia causa !

Tu, impareggiabile, appassionata, buona causa,


Tu, idea dolce, forte, senza rimorsi,
Dopo una strana, triste guerra, una grande guerra per te,

(Io penso che ogni guerra, in ogni tempo, fu combattuta realmente


e sarà realmente combattuta per te),
4 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Abbiti questi canti e per l’eterna tua marcia.


(Una guerra, o soldati, non per sè stessa solamente,
Lontana, assai lontana stette indietro, aspettando silenziosa; ed ora
si avanza in questo libro).

Tu, globo di molti globi,


Tu, bollente principio ! tu ,
ben conservato ,
latente germe ! tu,

centro !

Attorno all’idea di te la guerra si svolge


Cou tutta la collera sua e col violento gioco delle cause
(Con ampi risultati avvenire, per tre migliaia di anni).
Questi recitativi son per te — il mio libro e la guerra sono una
cosa sola;
Immersi nel tuo spirito siamo io e le mie cose; la lotta s’ impernia

in te:
Come una ruota girasi sul suo asse, così questo libro, inconscio di
sè stesso,
Gira attorno all’idea di te.

Idoli.

Incontrai un veggente:
Oltrepassando le parvenze e gli obbieiti del mondo,
I campi dell’arte e del sapere, il piacere e il senso,
Ei faceva messe d’idoli.

Poni nei tuoi canti, egli disse,


Non più l’ora e la giornata elio non si possono intendere, uè seg-
menti o parti,
Poni, prima di tutto, innanzi a tutto, come luce di tutto e cauto
di preludio,
Il cauto degl’idoli.

Sempre la nebbiosa origine,


Sempre il crescere, il rigirarsi del circolo,
Sempre l’assurgere alla vetta e l’essere alfine assorbiti (ma sicuri
di risorgere di nuovo),
Idoli ! Idoli !
ISCBIZIOXI 5

Sempre il mutabile,
Sempre la materia che cangia, si frantuma e si riplasma,
Sempre gli opificii, sempre le fattorie divine,
Partorienti idoli.

Guarda Io o tu, !

Uomo o donna o stato, conosciuto o ignoto,


Noi che sembriamo edificare ricchezza salda, forza, bellezza,
Noi realmente edifichiamo idoli.

L'apparenza evanescente,
La sostanza del genio di un artista, i lunghi stridii del sapiente,

I travagli del guerriero, del martire, dell’eroe,


Tutto è per modellare il proprio idolo.

Di ogni vita umarna


(Le unità raccolte ,
tutte ,
senza scartare un pensiero ,
un’ emo-
zione, una gesta)
Il totale, piccolo o grande che sia, addizionato, sommato,
Sta nel suo idolo.

Il vecchio, il vecchio incalza,


Basati su gli antichi pinnacoli , ecco più nuovi e più alti pin-
nacoli,
Sospinti sempre dalla scienza e dal moderno,
Incalzano il vecchio, il vecchio, gl’idoli.

Il presente attuale di ora,


L’affaccendato, fecondo, intrigato turbinare dell’America,
Il suo aggregarsi e disgregarsi, che solo qui può trovare la sua li-

bertà,
Sono gl'idoli di oggi.
6 ir. \Y H ITMA JV — FOGLIE DI EBBA

Cotesti unisconsi al passato,


E, delle nazioni svanite, dei regni attraverso il mare,
E degli antichi conquistatori ,
delle antiche guerre ,
dei viaggi
degli antichi marinai
Congiungono gl’idoli.

Le densità, la crescenza, le facciate,


Gli strati dei monti, i suoli, le rocce, gli alberi giganteschi,
I da gran tempo nati, i da gran tempo morti, i vissuti per lungo
tempo lasciano
Idoli sempre duraturi.

L’esaltazione, il rapimento, l’estasi,

L’orbica tendenza a modellare ,


modellare e modellare, rivelano
Il visibile, salvo l’utero di sua nascita,
Il possente idolo della terra.

Tutto lo spazio, tutto il tempo,


(Gli astri, le terribili perturbazioni dei soli,
Che gonfiansi, urtansi, muoiono, servendo alla loro o più lunga o
più breve utilità),

Sono ripieni solo d’idoli.

Le miriadi silenziose,
Gli oceani infiniti dove le fiumane vuotan.si,
Le separate, libere identità innumeri, la vita stessa,
Le vere realtà sono idoli.

Non questo il mondo,


Non questi gli universi — essi gli universi,

Essi scopo e termine, essi la permanente vita della vita,


Gl’idoli, gl’idoli.
ISCRIZIONI

Al di là delle tue lezioni, o professor dotto,


Al di là del tuo telescopio e spettroscopio, o acuto osservatore, al
di là di ogni tua matematica,
Al di là della chirurgia e dell’anatomia del dottore, al di là del
chimico e della sua chimica,
Sono le entità delle entità, gl’idoli.

Mobili e nondimeno immobili,


Sempre saranno, sempre furono e sono
Essi quelli che sospingono il presente verso l’infinito futuro,
Gl’idoli, gl’idoli, gl’idoli.

Il profeta e il bardo
Conserveranno ancora sè stessi in più alto loco, sempre;
Saranno in mezzo al Moderno e alla Democrazia, e saranno ad essi
gl' interpreti

Di Dio e degl’idoli.

E tu, o mia annua,


Con le tue gioie, gl’incessanti esercizi, le esaltazioni !

L’affogata tua fame sarà alfine cibata largamente e tu preparata a


incontrare
I tuoi compagni, gl’idoli.

Il tuo corpo permanente,


Il corpo che qui aspetta dentro il tuo corpo,
E solo sostegno della forma tu sei, ma il reale me stesso,
Un’immagine, un idolo.

I veri canti non sono nei tuoi canti,


Nessuna corda speciale hai per cantare, nessuna è per sè;
Ma dal risultato del tutto, sorgendo alfine, fluttuerà
Un rotondo orhieo idolo.
8 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Per lui io canto.

Per lui io canto,


E suscito il presente sul passato
(Come un albero perenne sorge dalle sue radici, così il presente da
siri passato) :

Col tempo e lo spazio io lo dilato, e fondo insieme le leggi im-


mortali,
Per creargli, mercè loro, la legge di lui stesso.

Quando io leggo il libro.

Quando leggo il libro, la biografia famosa,


Ed è questa, dunque, io dico, quella che l’autore chiama la vita
di un uomo ?

Èd è così che qualcuno scriverà la mia vita, quando io sarò morto


e dipartito f

Come se qualcuno abbia conosciuto mai qualcosa della mia vita !

Perchè anche io, spesso, penso di conoscere poco o nulla della mia
vera vita,
Salvo indirettamente un po’ di accenni, un po’ di fila diffuse e
debili,
Che, per mio proprio uso, cerco distendere qui.

Cominciando i miei studi.

Cominciando i miei studi il primo passo mi piacque tanto,


Il semplice fatto della coscienza ,
queste forme ,
il potere della
mozione,
L’ultimo insetto o animale, i sensi, il vedere, l’amore,
Il primo passo, dico, lo venerai e mi piacque tanto;
Poi sono andato appena, e appena ho desiderato di andare piò
in là,
Ma mi sono arrestato, e passo il tempo a cantarlo in canti estatici.

Gl’ iniziatori.

Come e perchè sia provveduta di essi la terra (appaiono ad


intervalli),
Come sono prediletti e paurosi alla terra.
.

ISCRIZIOXI 9

Come abituano a sè al pari che ad ogni altra cosa, qual paradosso


appare il secolo loro,
Come corrisponde ad essi il popolo, sebbene non li conosca,

Come in ogni tempo vi fu qualche cosa d’irrequieto nel loro de-


stino,
Come tutti i tempi scelgono male gli obbietti di loro adulazione e
premio,
E come il medesimo inesorabile prezzo deve sempre essere pagato
per la medesima gran compera !

Agli Stati.

Agli Stati o a ciascuno di essi o a ciascuna città degli Stati dico:


Resisti molto, ubbidisci poco;
Una volta che non sia più discussa E ubbidienza ,
si è pienamente
asserviti,
Una volta pienamente asserviti, nessuna nazione ,
stato ,
città di
questa terra, riassumerà mai più, dopo, la sua libertà.

Viaggiando per gli Stati.

A viaggiare per gli Stati noi moviamo


(Sì, per il mondo, incalzati da questi canti,
Che dirigono, d’ora innanzi, le vele ad ogni terra, ad ogni mare),
Noi volenterosi d’imparar tutto, d’insegnar tutto, di amar tutto.

Noi abbiamo osservato le stagioni che dispensano sè stesse e


passan via,
Ed abbiamo detto: perchè non dovrebbe un uomo o una donna
fare come le stagioni, e dispensarsi com’esse ?

Noi dimoriamo un tratto in ogni terra e città,

Passiamo per il Canada, pel Nord-est, per la vasta vallata del


Mississipì, e per gli Stati del Sud,
Trattiamo a termini uguali con ciascuno Stato,
Diamo prove di noi ed invitiamo uomini e donne ad udire;
Diciamo a noi stessi: Ricordate di non temere, siate candidi, promul-
gate il corpo e l’anima;
Dimorate un tratto e passate via; siate copiosi, temperati, casti,
magnetici.
E quello che voi spandete possa tornare come le stagioni tornano,
F siate giusti quanto le stagioni
10 W. \YII IT MAN — FOGLIE DI ELBA

Ad una certa cantante.

Qua, prendi questo dono.


Io lo andava serbando per qualche eroe, oratore, o generale,
Per qualcuno che servisse la lmona vecchia causa, la grande idea,
il progresso e la libertà della razza-,

Per qualche bravo affrontatore di despoti, per qualche ardimentoso


ribelle;

Ma vedo che ciò che venivo serbando, appartiene a te così giusta-

mente come a qualsiasi altro.

Io imperturbabile.

Io imperturbabile, sto ad agio con la Natura,


Signore di tutto, o signora di tutto ,
diritto in mezzo alle cose
irrazionali,
Saturo come esse, passivo, ricettivo, silenzioso concesse;
Trovando P occupazione, la povertà, la notorietà, la debolezza, i

delitti mieimeno importanti di quel che pensavo.


Sia che vada verso il mar del Messico o pel mare di Mannaliatta il),

o nel Tennessee, o lontano nel Nord, o nell’interno,


Sia rivierasco o uomo dei boschi, o qualcuno delle fattorie di

questi Stati, o della costa o dei laghi, o del Canada,


Sono sempre le stesse, dovunque io viva la mia vita. Oh ! essere pa-
drone di me nelle contingenze,
Per affrontare la notte, le tempeste, la fame, il ridicolo, gli acci-

denti, le ripulse, come gli alberi e gli animali fanno.

Savantismo.

Qui, mentrechè guardo, vedo ciascun risultato e gloria che ri-

calcano le loro orme, e si annidano stretti, obbligati sempre :

Qui sono le oi'e, i mesi, gli anni — qui i commerci, le compagini,


gli stabilimenti anche i più piccoli,
Qui la vita di ogni dì ,
i parlari ,
gli utensili ,
le politiche . le

persone, le condizioni;
E qui anche noi, io con le mie foglie e canti, fido ed ammiratore,
Come un padre che, andando presso il padre suo, prenda i suoi
figli con sè.

(1) Così era chiamato dagli aborigeni il luogo dove poi sorse New- York.

ISCRIZIONI 11

La partenza della nave.

Ecco il mare influito :

Sul suo seuo una nave parte, spandendo tutte le vele ,


portando
anche la vela leggiera;

Il pennone svolazza all’aria, mentre che essa affrettasi e affrettasi


superba — sott’essa le onde emule la spingono avanti,
E circondano la nave di movimenti splendenti e curvi, e di spuma.

Odo l’America cantare.

Odo l’America cantare, odo i suoi variati canti:


Quelli dei meccanici — ciascuno canta il suo, quando è gaio e forte,
Il falegname canta il suo. mentre misura la sua asse o trave,
Il muratore canta il suo, mentre apparecchia il lavoro . o smette
il lavoro,
Il gondoliere canta in gondola quello che appartiene a lui ,
il ma-
rinaio provvisorio di bordo canta a bordo del piroscafo,
Il calzolaio canta mentre siede al suo bischetto ,
il cappellaio
stando in piedi;
Il canto del boscaiuolo, e dell’aratore, o quando egli è in via al
mattino, o quando meriggia, o al tramonto,
Il canto delizioso della madre, o della moglie mentre lavora, o
della fanciulla che cuce o lava;
E ciascuno canta quello che appartiene a lui, o a lei, e a nessun
altro,

Il dì quello che appartiene al dì — a notte poi la compagnia dei


giovani robusti, amichevolmente,
Canta, a gola aperta, i suoi canti gagliardi e melodiosi.

Qual piazza è assediata ?

Qual piazza è assediata che vanamente si sforza di rompere


l’assedio ?

Su! io invio a questa piazza un capitano attivo, bravo, immortale,


E con lui cavalli e fanti e parchi di artiglieria,
E artiglieri, tra i più micidiali di quanti spararono colpi di can-,
none.

Calmo, sebbene l’uno io canti.

Calmo, sebbene l’uno io canti


(L’uno, però plasmato di contradizioni); io lo dedico alla Nazionalità
12 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E lascio in esso la rivolta. (0 latente diritto all’ insurrezione ! 0


inestinguibile e indispensabile fuoco !)

Non chiudete le vostre porte.


Non chiudete a me le vostre porte, o librerie orgogliose,
Poiché quello che mancava in tutti i vostri scaffali così zeppi,
sebbene il più necessario, io vi arreco;

Fuor della guerra emergendo, io ho composto un libro,


Le parole del mio libro son nulla, il movimento suo è ogni cosa,
Un libro a sé, non congiunto con gli altri tutti, non concepito dal-
l’intelletto;

Ma voi, o non dette profondità, canterò in ogni pagina.

Poeti dell' avvenire.

Poeti dell’avvenire ! Oratori, cantori, musicisti dell’ avvenire !

Non è l’oggi che può giustificarmi, o dire la ragione per cui esisto;
Ma voi ,
o nidiate nuove, originali, atletiche, più grandi delle
finora conosciute,
Levatevi ! Perchè voi dovete giustificarmi.

Io non scrivo che una o due parole additatrici pel futuro,


Io non mi fo innanzi che un attimo solo, per roteare innanzi a voi
e poi rovinare indietro nella tenebra.

Sono un uomo che va girandolando senza mai sostare intie-


ramente ,
che volta, su voi un eventuale sguardo e poi rivolge la
sua faccia,
Lasciando a voi il compito di provarlo e definirlo,
Aspettando da voi le cose essenziali.

A Te.

Straniero, se tu ,
quando m’ incontri, desideri di parlarmi,
perchè non dovresti tu parlarmi ?

E perchè non io a te ?

Tu, o lettore.

Tu, o lettore ,
palpiti di vita e di orgoglio e di amore così

com’io:
Sono quindi per te i seguenti canti.
PARTENDO DA PAUMANOK.

1.

Partendo da Paumanok, tagliato a forma di pesce, dove io

nacqui,
Generato bene e allevato da una perfetta madre,
Dopo aver dimorato per molte terre ,
innamorato dei lastricati

popolosi,
Dopo aver dimorato nella mia città di Mannaliatta o nelle savan-
ne (1) meridionali,
O come soldato essere stato accampato o aver portato il mio zaino
e lucile, o aver fatto il minatore in California,
O vissuto rozzamente nella mia capanna nei boschi di Dakota, nu-
trendomi di carne, bevendo alle sorgenti,
Ovvero ritrattomi a fantasticare e a meditare in qualche profondo
recesso,
Lontano dal chiasso delle folle, passando momenti estatici e felici;
Dopo aver conosciuto il fluente Missouri, il fresco e libero bene-
fattore, e la possanza del Niagara,
E conosciuto le mandre dei bufali brucanti nelle pianure o il toro
irsuto dal robusto petto,
E preso esperienza della terra, delle rocce, dei fiori del quinto
mese, degli astri, Iella pioggia, della neve, mio eterno stupore,
Avendo studiato le note dell’uccello motteggiatore e il volo del
falco montano,
E udito, in sulla sera, P impareggiato uccello, il tordo eremita, da
tra i cedri della palude,
Io, solitario, cantando nell’occidente ,
levo canti per un Nuovo
Mondo.

(1) Savanna parola


,
originaria degl’indiani di America. Significa una campagna
piana, ricoperta di piante proprie dei climi umidi e caldi.
.

14 TT. WEITMAN — FOGLIE JJI EBBA

2 .

Vittoria, unione, fede, identità, tempo,


Le unioni indissolubili, la riccliezza, il mistero,
Il progresso eterno, il cosmos, i resoconti moderni.

Questa dunque è la vita,


Qui è quello che è venuto alla superfiee ,
dopo molte doglie e

convulsioni
Come è curioso ! Come è reale !

Sotto i piè il suolo divino, sopra il capo il sole.

Ve’, il roteante globo,


I continenti, antenati nostri, aggruppati assieme, lungi da noi,
E i continenti futuri e presenti del nord e del sud con l’istmo fram-
mezzo.

Ve’, gl’immensi spazi non segnati da orma :

Come in visione di sogno essi cangiansi, celeremente si popolano:


Innumeri masse sboccano in essi,
E sono ora ricoperti dal più progredito popolo e dalle più pro-
gredite arti e istituzioni finora conosciute.

Ve’, proiettata traverso il tempo,


E per me, un’udienza interminabile.

Con fermo e regolare passo esse avanzano ,


non conoscono
sosta
Queste successioni di uomini — gli Americani . un centinaio ili mi-
lioni :

Una generazione rappresenta la parte sua e passa via,


Un’altra generazione rappresenta la parte sua e passa a sua volta;
Tutte con i visi rivolti di fianco o indietro, verso me, per udirmi,
Con occhi retrospettivi verso di me.

3 .

Americani
Conquistatori Marce dell'umanità
! ! 1

Pionieri Marce secolari Libertà Masse


! ! ! !

Per voi ecco un programma di canti.

Canti delle praterie,


Canti del lungo corso del Mississipì, e giù, fino al mare del Mes-
sico,
PARTENDO DA DA DMA XOK 15
A-

Canti dell’ Ohio, dell'Indiana, dell’ Illinois, del Iowa, del Wisconsin
e del Minnesota,
Canti che dipartonsi dal centro, da Kansa, e di là, equidistanti,
Scoppiano in battiti di fuoco per vivificar tutto.

4 .

Prendi le mie foglie, o America, prendile o Sud, prendile o Nord,


Date loro, ovunque, il benvenuto, perchè esse sono prodotto vo-
stro;
Abbracciatele, o Est, o Ovest, perchè esse vorrebbero abbracciar
voi,
E voi, o antecessori, congiungetevi amorevolmente con esse, poiché
esse si congiungono amorevolmente con voi.

Io ho meditato gli antichi tempi,


Studiai, sedendo ai piedi dei grandi maestri.
Ora, se è possibile, che i grandi maestri tornino e studino me.

Mi befferò io dell'antico in nome di questi Stati ?

Oh !
questi sono i figli dell'antico, nati per giustificarlo.

O poeti, filosofi, e preti morti,


O martiri, artisti, inventori, o governi da lungo tempo passati via,
O creatori di linguaggi su altre sponde,
O Nazioni, possenti un dì ed ora prostrate, sparite e desolate,
Io non oso avanzarmi, finché rispettosamente non abbia onorato
quello che da voi fu lasciato ad ondeggiare qui:
Io Pho meditato e confesso che è ammirabile (mi son aggirato in
mezzo ad esso),
Penso che nulla può essere più grande, che nulla può meritare più
di quello che esso merita.
Pur, riguardandolo intensamente ed a lungo, e poi mettendolo da
parte,
Io sto qui al mio posto, in compagnia del mio tempo.

Qui, terre ili maschi e di femine,


Qui, il vascello erede, e la nave ereditiera del mondo, qui la fiam-
ma dei materiali,

16 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Qui la spiritualità che traduce, qui le aperte confessioni,


L’aspirare continuo, la finalità delle forme visibili,
Qui colui che soddisfa e che, dopo aver debitamente aspettato a
lungo, ora si avanza;
Sì, qui viene la mia signora, l’anima.

6 .

L’anima,
Per sempre e sempre — più duratura che il suolo bruno e solido
più duratura che l’acqua, la marea e la sua fluenza.

Io farò i poemi della materia, perchè penso che essi riusci-


ranno i più spirituali poemi ;

E farò i poemi del mio corpo e della mortalità,


Perchè penso che essi mi forniranno i poemi della mia anima e
della immortalità.

Farò un canto per questi Stati ,


perchè nessuno Stato possa
mai, in qualsiasi evento, essere soggetto ad altro Stato,
E farò un canto, perchè qui sia socievolezza ,
dì e notte, fra gli
Stati, e tra qualche paio di essi,

E farò un canto per le orecchie del Presidente, pieno di armi dalle


punte minaccianti,
E, dietro le armi, mostrerò innumeri visi scontenti:
E farò il canto dell’Uno formato dal tutto,
Del gagliardo e splendente Uno, la cui testa campeggia su tutto,
Del guerriero e risoluto Uno che include e campeggia tutto,
(Comunque sia alta la testa di qualsiasi altra cosa, il cui capo so-
vrasti tutto).

Io prenderò conoscenza delle nazioni contemporanee,


Traccerò l’intiera geografia del globo o saluterò cortesemeute ogni
città, piccola e grande,
E voi, occupazioni umane ! Dirò nei miei poemi che, sulla terra e
sul mare, l’eroismo è con voi,
E additerò l’eroismo da un punto di vista americano.

Canterò il canto della fratellanza,


Mostrerò quello che solo deve finalmente congiungere i fratelli :

Credo che i fratelli troveranno il proprio ideale di maschio amore,


se io lo addito in me,
PARTENDO DA PAUMANOK 17

Lascerò quindi scattare da me la fiamma ,


i brucianti fuochi che
minacciavano di consumarmi,
Solleverò quello che troppo a lungo ha compresso questi fuochi senza
fiamma,
Darò loro un completo aìre,
Scriverò il poema — evangelo dei camerata e dell’amore —
Perchè chi, fuor di me, potrebbe intendere l’amore col suo dolore
e la sua gioia ?

Chi, fuor di me, potrebbe essere il poeta dei camerati ?

7 .

Io sono l’uomo che crede alle qualità, ai secoli, alle razze:


Io procedo dal popolo nel suo spirito,
Qui è quello che canta la libera fede.

Omnes ! Omnes Che ! altri ignorino quello che essi possono:


Io faccio anche il poema del male, anche questa parte io comme-
moro,
Io stesso sono altrettanto male che bene, e così la mia Nazione è,
ed affermo che veramente il male non esiste;
E se esiste, è altrettanto importante per te, per la terra e per me,
quanto ogni altra cosa.

Anch’io, seguendo molti e da molti seguito, inauguro una re-


ligione e discendo nell’arena.
(Ei può essere che sia io il destinato a gittar qui le grida più alte
e i risonanti clamori del vittorioso,
Chi sa? essi possono sorgere da me ad aleggiare su ogni cosa).

Nessuno esiste per suo proprio amore,


Affermo che tutta la terra e tutti gli astri del cielo esistono in
grazia della religione.

Affermo che nessun uomo mai, fino ad ora, è stato devoto


abbastanza, nemmanco della metà,
Che nessuno ha adorato e pregato abbastanza ,
nemmanco della
metà,
Che nessuno ha cominciato a pensare quanto divino è egli stesso,
e come certo è il futuro.
W. Whitman. — Foglie di erba.
18 T)
r
. VIIIT MAN — FOGLIE DI ERBA

Affermo che la reale e permanente grandezza di questi Stati


deve essere la loro religione,
Altrimenti non vi ha reale e permanente grandezza;
(Non il carattere ,
non la vita sono degni del loro nome, senza reli-

gione,
Non nazione, non uomo o donna, senza religione).

Che vai tu facendo, o giovine ?

Ti sei tu così calorosamente dato alle lettere, alla scienza, all' arte,

agli amori ?

A queste manifeste realtà, alle politiche, ad altri obbiettivi ?

Qual può essere la tua ambizione e la tua faccenda 1

Ciò è bene, non una parola io dico contro di esse ,


io sono
anche il poeta loro,
Ma guarda ! queste cose celeremente consumansi ,
bruciate dalla
religione :

Perchè non ogni materiale è alimento pel calore, per l'impalpabile


fiamma, per la vita essenziale della terra,

Più che non sieno simili cose rispetto alla religione.

9 .

Che cosa cerchi tu, così pensoso e taciturno ?

Di che hai tu bisogno, o camerata ?

Pensi tu, figlio diletto, che ciò sia amore ?

Odi, figlio diletto — odi tu, America, tu figlio o figlia che sia:
Pien di dolore è l’amore eccessivo per un uomo o una donna, non-
dimeno ciò soddisfa ed è grande,
Ma qualcosa ewi di molto grande che dà assetto all’intiero,

£ che, magnificente oltre ogni cosa materiale, con assidue mani,


soccorre e provvede a tutto.

10 .

Sappi che solo per far piovere sulla terra i germi di una più
grande religione,
Io canto i canti seguenti, ciascuno per quella parte che gli spetta.
PARTENDO DA PA TJMAJSTOK 19

Mio camerata !

A te il partecipare con me a due grandezze e ad una terza clie si


leva più inclusiva, più risplendente,
Alla grandezza dell’Amore e della Democrazia ,
e alla grandezza
della Religione.

Mischianza proprio mia è l’invisibile e il visibile,


L’Oceano misterioso, dove le correnti sboccano:
Il profetico spirito della materia che mutasi ed aleggia attorno a
noi,
I viventi esseri, le identità che noi non conosciamo e che pur ci

sono da presso nell’aria,


II contatto di ogni dì , di ogni ora che non mi lascerà mai,
La selezione di queste cose, anche se come schizzi, sono domandate
a me.

Non colui che mi baciò con un bacio quotidiano dalla fanciul-


lezza in poi,
Ha qualche cosa avvolta e intrecciata a me d’intorno e mi tiene
stretto a lui.
Più di quanto io sia stretto ai cieli e a tutto il mondo spirituale,
Dopo ciò che hanno operato in me, suggerendomi temi.

Oh !
quali temi — le eguaglianze ! O medianità divina !

O gorgheggi sotto il sole, modulati com’ora, al meriggio o al tra-


monto,
Accordi musicali fluiti traverso i secoli, ed ora qui pervenuti,
Io mi appiglio alle vostre incuriose e composte corde ,
aggiungo
ad esse qualcosa, e gentilmente le consegno agli avvenire.

11 .

Quando passeggiavo per P Alabama il mio mattiniero passeggio,


Ho femmina dell’uccello motteggiatore, assettata nel suo
visto la
nido fra i rovi, covare la sua nidiata.

Ho visto il maschio anche,


Mi sono indugiato a udirlo, da presso, a mano, quando gonfiava
la sua gola e gioiosamente cantava.

E mentre m’indugiavo, vennemi il pensiero che quel canto suo


fosse realmente non per quel loco solo,
,

20 11 ". WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Nè per la compagna sua, nè per se, nè elle tutto fosse ripercosso da-
gli echi;

Ma che, sottile, occulto, lontano lontano,


Un messaggio fosse trasmesso e un dono nascoso per i nascituri.

12 .

Democrazia ! Qui, presso, a mano, una gola si gonfia ora per


te, e gioiosamente canta.

Ma femme ! Per la nidiata che sarà dopo noi e verrà da noi.


Per quelli che appartengono al presente e per quelli che verranno,
Io, esultante di esser pronto per essi, agito ora canti più gagliardi
e più superbi di quanti furono mai uditi sopra la terra.

Farò i canti della passione e darò ad essi l’aìre,


E i canti vostri, o offensori della legge, perchè io vi guardo con
occhi benevoli e vi trascino con me, al pari di ogni altra cosa.

Farò il vero poema delle ricchezze,


Per guadagnare al corpo ed allo spirito qualsiasi cosa aderisce e
procede innanzi, e non è distrutto da morte;
Effonderò egoismo e mostrerò che esso è il sottosuolo di ogni cosa
e sarò il bardo della personalità,
E mostrerò del maschio e della femina che l’uno è l’eguale del-
l'altra,

E voi, o organi ed atti sessuali ! Concentratevi in me, perchè io

sono risoluto a dir di voi con chiara e coraggiosa voce, per provarvi
gloriosi,
E mostrerò che nel presente non vi ha imperfezione ,
e che non
potrà esservene nell’avvenire,
E mostrerò che qualsiasi cosa accada a qualsiasi persona può es-

sere volta a leggiadri risultati,


E mostrerò che nulla può accadere che sia più hello della morte.
E stenderò un filo traverso i miei poemi, acciocché il tempo e gli

eventi sieno compatti,


E mostrerò che tutte le cose dell’universo sono miracoli perfetti,
ciascuna così profondamente come ogni altra.

Non farò poemi che si riferiscano alle parti,


Ma farò poemi e canti, che si riferiranno all’insieme,
PAB TESO O DA PA UMANOK 21

E non canterò riferendomi a un dì solo, ma riferendomi a tutti

i dì;

E non farò poemi, o la menoma parte di un poema ,


che non si

riferisca all'anima,
Perchè, avendo mirato gli oggetti dell’universo, io trovo che non
ve ne ha un solo, nè la menoma particella di un solo, che non abbia
referenza all’anima.

13 .

Fuvvi mai qualcuno che cercò di veder l’anima ?

Vedila nella tira forma e compostezza, nelle persone ,


nelle so-
stanze, nelle bestie, negli alberi, nei correnti fiumi, nelle rocce e
nelle sabbie.

Ogni cosa contiene spirituali gioie e poi le sprigiona;


Come può mai il corpo reale morire ed essere sepolto ?

Il reale corpo tuo, e il reale corpo di ogni uomo e donna,


Fibra per fibra, eluderà le mani di coloro che lavano i cadaveri,
e passerà alle sfere che gli si convengono,
Recando seco quello che ad esso si era aggiunto, dalla nascita al
momento della morte.

Non i caratteri ordinati dallo stampatore rendono la loro im-


pressione, il significato e il sostanziale loro scopo,
Più di (pianto la sostanza e la vita di un uomo e la sostanza o la
vita di una donna si manifestino nel corpo e nell’anima,
Inditferentemente, prima della morte e dopo la morte.

Guarda: il corpo è il significato e lo scopo sostanziale, ed in-


clude ed è l’anima;
Chiunque tu sii ,
oh ! come divino è il tuo corpo ed ogni parte
di esso !

14 .

Chiunque tu sii, su, alle tue infinite proclamazioni !

Figlia delle nazioni, aspettasti tu un poeta ?

Aspettasti tu uno dalla fluente parola o dalla mano additatrice ?


,

22 ir. WUITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ebbene, dirette al maschio di questi Stati, alla femina di questi


Stati
Eccole le parole giubilanti, le parole delle terre della Democrazia.

O terre l’una all'altra avvinte, produttrici di cibo !

Terra del carbone e del ferro ! terra dell’ oro ! terra del cotone,
dello zucchero, del riso,
Terra del frumento, della carne di bove, del porco ! terra della
lana e della canapa ! terra dell’appiuola e del grappolo !

Terra delle pianure da pascolo, dei campi d’erba del mondo ! terra
di questi interminabili altipiani così dolcemente aerati !

Terra del bestiame, dei giardini, della salubre casa di abitazione !

Terra dell’orientale Chesapeake ! terra, del Delavare !

Terra dell’Ontano, Erie, Huron, Michigan !

Terra degli Antichi Tredici ! terra del Massachusetts! terra di


Vermont e Connecticut !

Terra delle sponde oceaniche ! terra delle sierre (1) e dei picchi !

Terra di rematori e marinai ! terra di pescatori !

Terre inestricabili ! Oh ! le congiunte assieme ! le appassionate !

Fianco a fianco ! i più vecchi e i più giovani fratelli !


gagliardi
tutti !

Terra delle grandi donne ! il feminile ! le sorelle esperte e le so-


relle inesperte !

Terra delle lontane aure ! del gelato Artico ! delle brezze del Mes-
sico ! il diverso ! l’unito !

Il Pensavano ! il Virginiano ! le due Caroline !

O tutte e ciascuna tanto mie nazioni intrepide da me amate ! o !

Oh io includo ad ogni costo voi tutte con perfetto amore


! !

Io non posso fare a meno di voi non di una più agevolmente !

che di un’altra !

Oh, morte ! Oh !
per tutto questo io son vostro in quest’ora invisi-
bile, con irresistibile amore,
O ch’io cammini la Nuova Inghilterra come amico e viaggiatore,
O ch’io schizzi acqua fangosa co’ miei piè nudi, all’orlo delle in-

crespature estive sulle sabbie di Paumanok,


O che traversi le praterie, dimorando di nuovo a Chicago ,
dimo-
rando in ogni città,

(1) Sierra significa sega. S’intende una seguenza di montagne e di rocce, irrego-
lari e come a sega.
K
PAH TENDO DA PA UMANO 23

Osservando mostre, nascite, progressi, costruzioni, arti,

Ascoltando oratori ed oratrici nelle sale pubbliche :

Sono degli Stati e tra essi, quanto la vita dura : ciascun uomo,
ciascuna donna è mio vicino,
Il Luisiano, il Georgiano sono così vicini a me, ed io così vicino a
lui ed a lei,

Il Mississipiano, e l’Arkansiano sono anche con me ,


ed io anche
con ciascuno di essi :

Ancor sono sulle pianure occidentali della fiumana spinale, ancora


nellamia casa di abitazione,
Aucora ritorno verso oriente, ancora nello Stato Rivierasco o nel
Mariland,
Ancora sfido allegramente Pinverno Canadese, e la neve e il ghiaccio
mi danno il loro benvenuto,
Ancora sono un fido figlio o del Maine, o dello Stato Granito, o dello
Stato della Baia Narragansett, o dello Stato Impero,
Ancora veleggio ad altre sponde per annetterle, ancora do il ben-
venuto ad ogni nuovo fratello,
E, unendo queste foglie alle nuove e dall’ora che esse si uniscono
alle antiche,

Vengo tra i nuovi arrivati io stesso, per essere loro compagno ed


uguale, vengo personalmente tra voi, ora,
Per congiungere con me gli atti, i caratteri, gli spettacoli vostri.

15 .

Tenace è la mia presa, nondimeno, su, avaccia, avaccia.

Per la vostra vita aderite a me,


(Io debbo essere persuaso assai volte, prima che consenta a darmi;
realmente a voi, ma questo che rileva ?

Non deve la Natura essere persuasa assai volte f)

Non un damerino dolce, affettuoso (1) io sono :

Barbuto, abbronzato dal sole, dal collo bruno, spiacente io sono


arrivato,
E si ha da lottare con me mentre passo, per i solidi premi del-
l’universo;

(1) Così nel testo. .


24 W. ~WHIT MAN — FOGLIE DI ELBA

Perchè tali premi io concedè a chiunque può perseverare per gua-


dagnarli.

16 .

Sulla mia via sosto un momento,


Qui son per te Qui per l’America ! !

Sempre il presente io levo in alto, sempre il futuro degli Stati io


precorro lieto e sublime,
E pel passato pronuncio ciò che l’aria conserva dei rossi aborigeni.
I rossi aborigeni,

Lasciando i naturali respiri loro in nomi di pioggia o di venti, in


richiami di uccelli o di belve dei boschi, sillabati a noi in forma di
nomi,
Okonee, Koosa, Ottawa, Monongahela, Sauk, Xatchez, Chattahoo-
chee, Kaqueta, Orenoco,
Wabash, Miami, Saginaw, Chippewa, Oshkosh, Walla-Walla,
Lasciando tali nomi agli Stati, essi dileguansi, dipartonsi, avendo
cariche di nomi l’acqua e la terra.

17 .

Diffondendosi celeri, quind’innanzi,


Gli elementi, le forze e le transazioni, turbolento, irrequieto, audace,
Sorgerà un mondo primeggiante, e spettacoli di gloria incessanti,
cliramantisi;
Una razza, nuova e assai più grande delle passate dominerà con
nuovi schemi;
E saranno nuove politiche, nuove letterature e religioni, nuove in-

venzioni ed arti.

Questo annunciando la mia voce — io non dormirò più, ma


leveromini :

Oceani, che finora siete stati calmi dentro di me ! Come vi sento


ora che informi, irrequieti, venite preparando ondate e tempeste senza
esempio !

18 .

Ecco : i piroscafi fumano traverso i miei poemi,


Ecco, nei miei poemi sono immigranti che arrivano continui ed
approdano,
K
PARTENDO DA PA PAIANO 25

Ecco, in sullo sfondo, il Wigwam (1), lo strascico dell’esca, Inca-


panna del Cacciatore, le chiatte, la foglia di gran turco, il grido di
richiamo, la rozza siepe, il villaggio nella radura.
Ecco il mare Orientale da un lato, e l’Occidentale dall’altro, che si
avanzano e si ritirano nei miei poemi così come nelle loro sponde,
Ecco, pascoli e foreste nei miei poemi — ecco animali selvaggi e
domestici — ecco al di là del Kaw innumerabili mandrie di buffali
che pascolano un’erba corta e ricciuta,
Ecco, nei miei poemi città solide, vaste, interne, con vie lastricate,
con edifìci di pietra e ferro, con veicoli incessanti e commercio;
Ecco, le macchine da stampare dai molti cilindri a vapore, ecco —
il telegrafo elettrico che si distende traverso il continente.
Ecco, traverso la profondità dell’Atlantico, i battiti del cuore Ame-
ricano toccano l’Europa e i battiti di ricambio dell’Europa;
Ecco, la locomotiva robusta e celere che parte affannata, soffiando
il suo fischio di vapore,
Ecco i bifolchi che arano nei poderi, — ecco i minatori che scavano
mine, ecco, innumeri fattorie,
Ecco meccanici affaccendati con i loro ordigni sui banchi. Ecco, di
mezzo ad essi, giudici superiori, filosofi, Presidenti, emergono, vestiti
di abiti da lavoro,
Ecco me, oziando per i negozi e i campi degli Stati, amato assai,

tenuto stretto, dì e notte,


Che odo i sonori echi dei miei canti, e leggo i segni che alfine
giungono.

19 .

O fido camerata ! Oh alfine tu ed io, e noi due solamente !

Oh ! una parola che spazzi all’ infinito la via innanzi a noi !

Oh ! qualcosa di estatico, d’indimostrabile ! O selvaggia musica !

Oh ! io trionfo ora — e anche trionferai; tir

Oh ! mano tra mano — 0 salubre piacere — Oh ! un amante, e un


voglioso dippiù !

Oh ! affrettare la salda presa, e affrettarsi, affrettarsi con me !

(1) Wigwam, parola indiana dell’ Algonquin, e del Massachussets: significa tenda.
IL CANTO DEL PROPRIO IO.

1.

Io celebro me stesso, e canto me stesso,

E quello che io assumo, assumerai anche tu,


Perchè ogni atomo che si appartiene a me, si appartiene in egual
misura a te.

Indolente, invito la mia anima. M’inchino, e, indolente, osservo a


mio agio un Ilio di erba estiva.
La mia lingua, ogni atomo del mio sangue furono formati da ,

questo suolo, da quest’aria :

Nato qui, da genitori nati qui da altri genitori al modo stesso, e


questi da genitori allo stesso modo,
Io, ora, a trentasette anni, in sanità perfetta, incomincio, sperando
di non cessare fino a morte.
Le fedi, le scuole, restate come eredità giacenti,
Dopo essere state, un tratto, sufficienti ai fini loro ,
si fanno in-

dietro, pur non essendo dimenticate mai:


Io ospito per il bene e per il male, e lascio che parli ,
ad ogni
costo,
La natura, senza restrizioni, con originale energia.
2 .

Le case e le stanze son ripiene di profumi, gli scattali sono affol-

lati di profumi,
Io ne aspiro la fragranza e conosco questa e l’amo;
La distillazione potrebbe ubbriacare anche me, ma io non lo per-
metto :

L’atmosfera non è profumata ,


non ha savore di distillazione, è
senza odore;
Essa si conviene per sempre alla mia bocca, onde io l’amo;
28 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Io vo’ andare sulla terrazza accanto al bosco, e quivi smascherarmi,


e denudarmi,
10 smanio perchè esso sia a contatto con me.

11 vaporare del mio fiato io canto,

E gli echi, gl’increspamenti, i sommessi sussurri,


La mia respirazione ed ispirazione ,
il battito del mio cuore, il

passare del sangue e dell’aria attraverso i miei polmoni.


L’odore delle foglie verdi e delle foglie secche, e della spiaggia e
degli scogli colorati in bruno e del fieno nel fienile,
Il suono delle parole emesse dalla mia voce e lanciate ai vortici
del vento,
Un po’ di baci appena sfiorati, un po’ di abbracci, un toccare ap-
pena di braccia attorno il corpo,
Il gioco di luce e di ombra degli alberi, quando i flessibili rami
si agitano,
La delizia solitaria, o nel fendere la folla delle strade, o lungo i

campi, o sui fianchi delle colline,


E il sentimento di sanità, i sussulti della luna piena ,
o il canto
mio, quando, levatomi di letto, vo’ incontro al sole.
Hai tu valutato molto mille acri ? Hai tu valutato molto la terra i

Hai tu fatto tanta pratica, da imparare a leggere ?

Ti sei tu sentito molto orgoglioso, perchè afferravi 1’ intendimento


dai poemi ì

Fermati meco questo dì e questa notte, e tu saprai 1’ origine di


tutti i poemi,
Possederai quanto di buono ha la terra e il sole (di soli trascurati
ve ne ha a migliaia),
Non prenderai più le cose di seconda o di terza mano, non vedrai
con gli occhi dei morti, nè ti ciberai di spettri nei libri:
Tu non guarderai con miei occhi, nè prenderai le cose da me,
i

Tu porgerai l’orecchio da ogni lato e le cose le infiltrerai in te, da te

stesso.

3 .

Io ho udito che alcuni oratori parlavano del cominciare delle cose


e del loro finire;
Io non parlo nè del cominciare, nè del finire:
Non mai vi fu un maggior oominciamento di quanto vi è ora,
IL CANTO DEL PROPRIO IO 29

Non mai gioventù o vecchiezza, più di quanto vi è ora;


Nè vi sarà più perfezione di quanto vi è ora,
Nè piii cielo o inferno di quanto ora vi è.
Incalzare, incalzare, incalzare,
Sem) ire il procreante incalzare del mondo.
Fuor dell’opposta tenebra si avanzano gli uguali: sempre la stessa
sostanza e lo stesso crescimento, sempre il sesso,
Sempre un modo d’identità, sempre la differenza, sempre un sol
crescere della vita.
L’elaborato faticoso non è incremento; dotti e indotti sentono che
è così.
Sicuri come ogni cosa più certa, a piombo ed eretti, ben nutriti,
puntellati ai travi, saldi come un cavallo, affezionati, orgogliosi,
elettrici,

10 e questo mistero stiam qui.

Chiara e dolce è la mia anima, e chiaro e dolce è tutto ciò che


non è l’anima mia;
11 mancare dell’uno è il mancare di ambedue, e l’invisibile è pro-

vato dal visibile,


Finché questo diventa ancb’esso invisibile, ed è provato a sua
volta.
I secoli vessano i secoli, mostrando il meglio e separandolo dal
peggio;
Io, conoscendo la perfetta convenienza ed equanimità delle cose,
mentre gli altri discutono, son silenzioso e vo a bagnarmi e ad ammirare
me stesso.

Benvenuto sia ogni organo e attributo mio e di ogni uomo cordiale


e terso,
Non un pollice, non una particella di un pollice è spregevole, e
nessuna sarà meno familiare di tutto il resto.

Io sono sodisfatto, io veggo, danzo, rido, canto ;

E, come il mio compagno di letto mi abbraccia e bacia e dorme ac-


canto a me tutta la notte, e poi, al primo occhieggiare del giorno,
s’invola con furtivo passo,
Lasciandomi canestri ricoperti di bianchi tovaglioli che riempiono
la casa con la loro abbondanza,
Così io posporrò la mia accettazione e realizzazione, e griderò ai
miei occhi, perchè si distolgano dal guardare indietro e in basso, la
strada
30 W. WMITMAN — FOGLIE DI ELBA

E incontanente mostro le mie cifre per svelarmi sino a un cente-


simo,
Esattamente il valore di uno ed esattamente il valore di due —e
che altro vi è poi ?

4 .

Persone accorrenti e domandanti mi circondano,


Gente io incontro che mi domanda quale fu l’effetto su me della mia
vita giovanile, o in qual rione e città io viva, o in qual nazione,
Le ultime date ,
le invenzioni, le società ,
gli autori vecchi e
nuovi,
E del mio desinare, del vestire dei compagni, del loro aspetto, dei
complimenti,
La reale o fantastica indifferenza di qualche uomo o donna che
io amo,
Le infermità di qualcuno di mia gente o mia ,
o la perdita ,
o la
mancanza di danaro o gli abbattimenti e le,
esaltazioni dell' a-

nimo,
Le battaglie, gli orrori di una guerra fratricida, le febbrili e dub-
biose notizie degli eventi incerti ;

Coteste cose vengono a me il dì e la notte e poi vanno via da me


di nuovo; ma esse non sono me.

Fuori di ogni urto e di ogni spinta sta quello che Io sono:


Sta esso, soddisfatto, compiaciuto, compassionevole, indolente, uni-
tario,
Guarda in giù, diritto, ovvero piega un braccio sur un resto im-
palbabile e certo,
Guardando col capo curvo sur un lato, curioso di quello che verrà

poi,
Stando a un tempo fuori e dentro il gioco ,
e vigilandolo ed am-
mirandolo.

E dentro me veggo i miei giorni, quando ansavo nella nebbia, con-


tro linguai e critici:
Pur io non schermisco o disputo, ma noto ed aspetto.

Io credo in te, o mia anima, ma l’altra parte di me non deve in-


chinarsi a te, nè tu devi inchinarti ad essa.
IL CANTO DEL PRO PETO IO 31

Fantastica tu ora qui sull’ erba, meco, e disciogli il groppo della tua
strozza;
Non di parole, non di musica ,
non di rime io abbisogno, nè di

usanze, o letture, nemmanco se ottime,


Solo della ninna nanna lio bisogno e del murmure della tua voce
vellutata.

Io ricordo come, già tempo, noi giacemmo così in un trasparente


mattino di està,

E tu posavi il capo traverso la mia anca, e, rivolto il viso gentil-


mente in su, verso di me,
Partisti la camicia sullo sterno ,
e tuffasti la lingua entro il mio
cuore messo a nudo,
E distendesti la ricerca tino a che non sentisti la mia barba, e ri-

cercasti, tino a che non toccasti i miei piedi.

Celeremente surse e sparsesi allora attorno a me la conoscenza


che oltrepassa ogni argomento terreno:
Anch’io conosco che la mano di Dio è lamia propria sicurtà,
E conosco che lo spirito di Dio, è il mio proprio fratello,
E che tutti gli uomini nati sono anche fratelli miei, e che le don-
ne sono mie sorelle ed amanti,
E che il sostegno della creazione è amore,
E che innumerabili sono le foglie, o salde o cadenti nei campi,
E che brune formiche in piccoli covi sono sott’esse,
E le muschiose incrostazioni delle intricate siepi, e le ammucchiate
pietre, e il sambuco, il verbasco e il solatro.

6 .

Un fanciullo dice : Che cosa è Cerha ? E me ne porge a piene


mani;
Come posso rispondere al fanciullo ? Io non conosco quello che essa
sia, più di quanto sappia egli.

Io fo stima talora che essa sia il vessillo del mio ideale, intessuto
della verde stoffa della speranza.

Talora anche che sia il fazzoletto del Signore,


Un suo profumato dono, un ricordo gittato proprio per me,
Che in qualche parte, agli angoli, porti il nome del possessore, ac-
ciocché noi si possa vederlo, notarlo e dire : Di chi è ?
32 II'. TVEITMAX — FOGLIE DI ERBA

O che essa l’erba sia un fanciullo, il prodotto bambino della


creazione.

Ovvero fo stima che sia un geroglifico uniforme,


E che esso significhi : Germogliando io nelle ampie zone e nelle
strette zone,
Crescendo così fra le razze nere, come fra le bianche,
In Kanuck, in Tuckahoe, in Congresmann e Cuff, do -a tutti il me-
desimo, e ricevo da tutti il medesimo.
Talora poi mi sembra la bella e non recisa chioma dalle tombe.

Con tenerezza io to’ trattarti, o erba ricciutella :

Forsechè tu traspiri da seni di giovanetti,


Forsechè, se io li avessi conosciuti, io li avrei amati;
Forsechè tu spunti da vecchi corpi, o da parvoli rapiti presto dal
grembo delle madri loro,
E che qui, sii tu, il grembo delle madri loro.

Assai bruna è quest’erba, per nascere dal bianco capo di vec-


chie madri,
Più bruna è che l'incolore barba dei vecchi:
Bruna così da poter germogliare dal rosso pallido dei palati delle
bocche.

Oh dopo tutto, io comprendo queste tante susurranti lingue,


!

E comprendo che esse non germogliano dai palati delle bocche, per
nulla.
Vorrei che mi fosse dato tradurre gl’ indizi circa i giovani morti
e le donne,
E gl’indizi circa i vecchi e le madri, e circa i parvoli rapiti pre-
sto dal loro grembo.

Che ti pensi tu che sia avvenuto dei giovani e dei vecchi ?

E che pensi tu che sia avvenuto delle donne e dei figli ?

Vivono essi, e bene, dovechessia :

Il più piccolo germoglio mostra che realmente non ewi morte,


E che se mai esso fosse stato prodotto alla vita e non aspettasse
il fine che lo arresta,
Cesserebbe la vita nel momento stesso che essa apparirebbe.

Tutto va in su e in fuori, nulla rovina,


E il morire è differente da ogni cosa che fu mai supposta, ed è più
felice.
.

IL CASTO DEL PRO PBIO IO 33

Ha qualcuno immaginato che fu una fortuna esser nato ?

Io mi affretto a dire, a lui od a lei, che è altrettanta fortuna il mo-


rire, e che io lo so.

Io valico la morte col moribondo e la nascita col bimbo pur


mo' lavato, e la mia persona non è limitata fra il mio cappello e i
miei stivali;
E leggo molteplici oggetti: non due sono simili tra loro, e ciascuno
è buono;
Buona è la terra e buoni gli astri e buoni sono i loro accessori.

10 non sono una terra, nè un accessorio della terra,

Io sono il consorte e il compagno del popolo, che è appunto così


immortale come io sono.

(Esso ignora come è immortale, ma io lo so).

Ogni specie è per sè stessa e per i suoi: per me i miei maschi


e le mie temine,
Per me quelli che furono fanciulli e che ora amano donne,
Per me l’uomo che è orgoglioso e sente come punge il disprezzo,
Per me la fanciulla amata e la vecchia zitella, per me le madri e
le madri delle madri,
Per me le labbra che hanno sorriso, e gli occhi che hanno versato
lagrime,
Per Vie i fanciulli e i generatori di fanciulli.

Scovriti ! tu non sei reo verso di me, nè sei un decaduto


o un ributtato;
Io penetro con lo sguardo traverso l’ampio mantello e la gonna di
cotone, o che tu sii tale o no,
E ti sono attorno, tenace, acquisitivo, instancabile, e non posso es-
sere scosso via.

8.

11 bimbo dorme nella culla,


Io sollevo il lino, lo guardo a lungo ,
e silenzioso scaccio via le
mosche.
Il giovinetto e la rubiconda fanciulla si appartano sul fianco
della boscosa collina,
TV. ÌVhitman. — Foglie di erba. 3
34 II'. WHJTMAN — FOGLIE DI ELBA

Io, occhieggiando, li guardo dalla Tetta.

Il suicida cade disteso sull’ insanguinato impiantito dalla stanza


da letto,
10 osservo il cadavere cou l’invischiata chioma e noto dove la pi-
stola è caduta;
E il ciarlìo della strada, i finimenti dei carri, lo strisciare delle suola
degli stivali, il discorrere dei passeggiatiti,
11 pesante omnibus, il cocchiere col suo interrogante pollice, il rim-
bombo dell’unghia dei cavalli sul basolato di granito,
Le slitte sulla neve, il cigolìo, le facezie gridate, il tiro delle pal-
lottole di neve,
Gli urrah per i favoriti popolari, la furia della folla sollevata,
Lo sbattere della cortina della lettiga, in cui un infermo è portato
all’ospedale,
L’incontrarsi dei nemici, la rapida bestemmia, i colpi e la caduta,
La folla eccitata, il policeman con la sua stella ,
che si apre in
fretta la via per al centro della folla,
Le impassibili pietre che ricevono e rimbalzano tanti echi.
Quali gemiti di saturi di cibo o di mezzo morenti di faine ,
che
cadono per colpi di sole o in convulsioni 1

Quali esclamazioni di donne, prese da doglie improvvise ,


che si

affrettano a casa, e ivi dan vita a bimbi !

Qual parlare vivente e subito seppellito vibra sempre qui, quali urli

repressi dal decoro !

Arresti di criminali, sgarbi, proposte adultere ,


accettazione e ri-

pulse fatte con convesse labbra !...

Io osservo tutto ciò, o l’apparenza e la risonanza loro — vengo, e

poi mi diparto.

9 .

Le robuste porte del fienile campestre sono aperte e pronte.


L’erba secca, del tempo del ricolto, è ammucchiata sul carro lenta-
mente tirato,
La chiara luce fa il suo gioco sulle commiste tinte di grigio-bruno
e di verde,
Le bracciate vengono assettate sulla compressa massa.
Ed io soli là, do una mano, son tirato su al sommo del carico,
Risento le molli scosse stando con 1’ una gamba incrociata su
,

l’altra,
IL CANTO DEL PRODE IO IO 35

Balzo dalle stanghe, e colgo il trifoglio e il timo,


E giro la testa sulle basse travi, e la mia chioma s’intriga di fu-
scelli.

10 .

Solo, lontano, in luoghi selvaggi e montagnosi, io caccio


Vagando, stupefatto della mia sveltezza e del mio umor gaio;
Nel tardo pomeriggio scelgo un sito riparato per passarvi la notte,

E accendo il fuoco e arrostisco la preda teste uccisa ;

Poi mi addormo disteso sulle ammucchiate, foglie, col mio cane e il

mio fucile allato.

Il clipper Yankee è sotto le sue azzurre vele, e fende le scintille in


precipitosa fretta,
Ed io fìsso i miei occhi alla terra, mi chino sulla prora ,
o grido
gioiosamente dal timone.

I navicellai, gli sterratori si levarono mattinieri e mi attesero;


Io cacciai le estremità dei miei calzoni entro gli stivali, e andai
ed ebbi una buona giornata.
Fossi tu stato con noi in questo dì, attorno al calderone !

Vidi lo sponsali zio dell’insidiatore di belve all’aria aperta, nel lon-


tano occidente — la sposa era una rubiconda fanciulla —
II padre e gli amici sedevano dappresso con le gambe incrociate,
fumando silenziosamente; avevano calzari di pelle di cervo, ed ampie
coverte pesanti pendevano dalle loro spalle;
Sur un banco sfavasi indolente l’insidiatore di belve ,
vestito di
pelli; la barba lussureggiante e i ricci dei capelli gli proteggevano il

collo, e teneva la sposa per mano.


Ed ella aveva lunghe sopracciglia; la sua testa era nuda, e le ru-

vide c folte ciocche discendevanle giù per le voluttuose membra, e


toccavanle i piedi.

Lo schiavo fuggitivo venne alla mia casa e fermassi fuori di


essa :

Io udii i suoi movimenti per lo scricchiolare dei rami della i-ata-

sta di legna;
Traverso la porta semiaperta della cucina io lo scorsi: egli era stanco
e debole.
36 ir. M' IlIT MAX — FOGLIE DI ERBA

E venni dove egli sedeva sur un ciocco e lo menai dentro e lo


rassicurai,
E portai dell’acqua e riempii un tino pel suo corpo sudato e gli

stropicciai i piedi,
E dettigli una stanza elle metteva nella mia e delle vesti rozze, ma
pulite ;

E rammento assai bene i suoi ocelli rivolgentisi a me e la sua ri-

trosia,
E rammento l’apposizione degli empiastri sulle piaghe del suo collo
e dei suoi fianchi.
Stétte con me una settimana ,
prima die si riavesse e passasse

m al nord,
a»:.. . ii
v
i
t
Ed io l’ebbi a sedere a tavola, acean
era appoggiata all’angolo.

11 .

Ventotto giovani hagnavansi presso la spiaggia,

Ventotto giovani, e tutti tanto amichevolmente ;

Ventotto anni di vita femminile e tutti così solitarii.

Ella possiede la bella casa vicina, dove la banchina si eleva,


E bèlla, e riccamente vestita, si asconde dietro la gelosia della fì-

nestra.

Quale di quei giovani le piace dippiù ?

Ali ! solo il più casalingo di essi è hello per lei.

Dove vai tu, signora ? Perchè, io veggo,


Tu guazzi là nell’acqua, pur restando immobile nella stanza.

Danzando, ridendo, lungo la riva venne ilventinovesimo bagnante,


Essi non videro lei, ma ella li vide e li amò.

Le barbe dei giovani luccicavano di stille .


'
che scorrevano dalle

loro lunghe chiome,


Piccoli rigagnoli rigavano i corpi loro.

Uua mano invisibile passava anche sui loro corpi.


Tremante; essa scendeva dalle loro tempia giù per i muscoli.

I giovani galleggiano supini, i loro bianchi ombelichi ridono al


sole: essi non cercano chi su loro si serra stretta.
IL CANTO DEL PROPRIO IO 37

Essi non conoscono chi abita su, e che si china con curvo e pen-
dente arco,
Essi non pensano chi essi cospargono di spruzzi.

12 .

Il garzone del beccaio sveste l’abito da macello o arrota il suo


banco del mercato,
coltello sul

10 m’indugio a guardarlo, godendo dei suoi pronti motti, della sua


rapida azione, dei suoi tagli.

I fabbri con gli anneriti e callosi petti sono attorno all’incudine,


Ciascuno stringe un grosso martello, sono tutti fuori; un gran ca-
' *
lore emana dalla fornace.' .

Dalla soglia sparsa di cenere io seguo i loro movimenti :

11 flessibile arco dei loro petti risponde al gioco delle loro massic-
ce braccia,
Da su, i martelli si librano ,
da su cadono lentamente ,
da su
piombano con sicurezza,
E si affrettano, ciascuno il suo colpo dal suo posto.

13 .

II negro regge con salda mano le redini dei suoi quattro cavalli,
la girella penzola' sotto, legata alla superiore catena;
Il negro che guida, guarda calmo e imperioso, solleva dalla fronte
con rapido movimento la falda del cappello,
E il sole cade sulla sua crespa chioma e sui mustacci, e gli scende
pel dorso, giù per le membra levigate e perfette.

Io guardo questo pittoresco gigante e 1’ amo ,


ma non mi arre-
sto ivi,

E passo via anch’io con l’equipaggio.

Io il earezzatore di ogni vita che si muova — arretrisi essa o si


avanzi —
Non ometto persona o oggetto,
Assorbendo tutto per me e per questo canto.

Bovi che scrollano il giogo e la catena, o meriggiano sotto i rami


fronzuti — che cosa dicono gli occhi vostri ?

A me pare che dicano assai più di tutte le stampe da me lette in


mia vita.
38 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

I miei passi sgominano il maliardo e l’anitra quando , ,


durante il

dì,vo vagando lontano :

Levansi tutti e due assieme, e lentamente roteano.

10 ho fede in questi alati ideali,


E riconosco il rosso ,
il giallo ,
il bianco che fanno il lor gioco
in me,
E penso che il verde e il violetto e il ciuffo che par corona, abbiano
un significato.
E non dico indegna la tartaruga, perchè essa non è altra cosa:
La gazza dei boschi non istudiò mai solfa ,
e nondimeno canta
assai gaiamente per me ;

E la vista di una cavalla baia svergogna ogni goffaergine mia.

14 .

11 maschio dell’oca selvaggia guida la sua schiera durante la notte


fredda,
Ja-honk va gridando; e quel suono discende a me come un in-
vito :

Lo sventato può immaginarsi che ciò sia senza significato ,


ma io
porgo attento l’orecchio,
Per cogliere il suo scopo, e collocarlo qui ,
verso il cielo inver-
nale.

L’Alce del nord dalla robusta unghia ,


il gatto sulla soglia della
casa, la chiocciola, il cane della prateria,
La lettiera della troia grugnante, quando i porcellini grufolano alle
sue mammelle,
La nidiata della faraona, ed essa stessa con le ali a metà penzo-
loni,

In tutti costoro, e in me, io scorgo la vecchia legge:


L’impressione del mio piede sulla terra fa sprizzare centinaia di
affetti,

Che sfidano tutto quel meglio che io possa fare per rappresentarli.

Sono invaghito di tutto ciò che cresce all’aperto:


Degli uomini che vivono in mezzo al bestiame, e gustano il savore
dell’oceano o dei boschi,
Dei costruttori e dei capitani di navi, dei maneggiatori di ascia e
di maglio, e dei guidatori di cavalli,
IL CANTO DEL PROPRIO IO 39

E posso mangiare e dormire con essi, per una settimana dentro, e


per una settimana all'aperto.
Ciò che è più comune, più a buon mercato ,
più a mano ,
j>iù ac-

costabile, questo sono Io ;

Io, quando, correndo le mie avventure, mi spendo per lontani ri-

cambi,
Quando mi adorno, per donare me stesso al primo che ne voglia
di me.
Non chiedo che il cielo discenda giù per la mia bella faccia,
E mi sparpaglio tutto, liberalmente, sempre.

15 .

Il contralto assoluto canta dalla tribuna dell’organo,


Il falegname appronta il suo pancone, la lingua^ della sua pialla
fischia i suoi ascendenti sibili,
I giovani, ammogliati o no, cavalcano a casa, al pranzo di ringra-
ziamento,
II pilota afferra la trave maestra, e la scaglia giù con forte braccio,
Il camerata sta appiattato entro la baleniera, la lancia e l’arpione
sono pronti,
Il cacciatore di anatre cammina a silenziosi e cauti passi,
I diaconi sono ordinati, avendo le mani in croce e stando presso
l’altare,
La filatrice si curva e raddrizza al murmure della grossa rota,
II fittavolo si ferma alla siepe, iu un’ora oziosa della Domenica, e
guarda la segala e l’avena,
L’epilettico è finalmente — accertato il caso — trasportato all’ asilo
(Egli non dormirà più, come soleva, nella capanna, entro la stanza
della mamma) :

Il tipografo dal grigio capo e dalle smagrite guance lavora alla sua
cassetta,
E biascia, la sua. cicca, mentre l’occhio si aguzza sul manoscritto;
I membri informi sono fasciati sul tavolo del chirurgo,
Ciò che è tagliato cade orribilmente in un secchio;
La fanciulla meticcia è venduta sulla piattaforma all’incanto, il be-
vone sonnecchia accanto alla stufa della rivendita di liquori;
II macchinista rimbocca le maniche dolili camicia, il policeman
Passeggia pel tratto assegnatogli, il portinaio avvista chi passa,
40 W. WIIITMAN — FOGLIE DI E1IBA

Il giovane guida V express - wagon (sebbene non lo conosca, io


l’amo) ;

L’uomo dalle membra sottili stringa i eorreggioli dei suoi leggieri


stivali, per gareggiare alla corsa;
Il cacciatore occidentale dei tacchini selvatici aduna attorno attor-
torno a se vecchi e giovani. Qualcuno si appoggia sulla carabina,
altri siede sur un tronco,
Fuor della compagnia si avanza il tiratore, prende posizione, spia-
na la spingarda;
Gli emigranti testé giunti occupano lo sbarcatoio od il porto :

Mentre le teste lanose zappano nel campo da zucchero, il sorve-


gliante li tien d’occhio, stando in sella ;

La cornetta chiama alla sala da ballo, i cavalieri corrono in cerca


delle dame, i ballerini s’inchinano l’un l’altro;
I giovani giacciono svegli nelle soffitte dal tetto di cedro, e por-
gono l’orecchio alla musica della spiaggia;
II Wolverino (1) assetta le sue trappole nella cala che riempie
l’Huron;
La Squav (2), ravvolta nella sua veste orlata in giallo ,
offre in

vendita moccasini e borse periate;


Il conoscitore riguarda a lungo la galleria dell’ esposizione con occhi
socchiusi e volti all’un dei lati;
Mentre il piroscafo è assicurato saldamente, vien buttato il ponte,
su cui i passeggieri passino a riva;
La giovine sorella tiene la matassa ,
mentre la sorella maggiore
l’avvolge in gomitolo e a tratti si ferma per far nodi;
La moglie un anno sta riavendosi, felice
di di avere, una settima-
na fa, il suo primo bambino;
partorito
La fanciulla Jankee dai lindi capelli, lavora alla macchina da cu-
cire o alla fattoria o al mulino;
Il lastricatore curvasi sulla lastra presa a due mani, i reporter but-
tano già celeremente appunti sul taccuino, il pittore d’insegna fa le

sue lettere di bleu e di oro ;

Il fanciullo del canale trotta sull’alzaia; il contabile fa i conti dal


suo stallo; il calzolaio incera il filo ;

(1) "Wolverine — Soprannome degli abitanti del ìlicliigam — Hurou è mi lago.

(2) Sqnav — Cosi chiamavasi* una giovane donna, nel dialetto degl'indiani del
Massachusset.
IL CAUTO DEL PROPRIO IO 41

Il direttore batte il tempo per la banda ,


i sonatori lo seguono ;

Il fanciullo è battezzato, il convertito sta facendo la sua prima pro-


fessione di fede;
La regata si attela sulla baia, la corsa incomincia (come luccicano
le vele bianche !);

Il conduttore di bestiame tien d'occhio la sua marnila ,


e dà una
voce alle bestie che si sbrancano ;

Il mesciamolo suda sotto il fardello (mentre il compratore mercan-


teggia sul piccolo centesimo);
La sposa slaccia la bianca veste, mentre l’indice dei minuti clel-

l’ orinolo si gira così lento :

Il mangiatore di oppio reclinasi con la testa rigida e le labbra ap-


pena aperte;
La prostituta trascina il suo scialle, il cappello le si arrovescia sul
collo vinoso e pustoloso,
E la folla sghignazza ai suoi rozzi giuramenti, e gli uomini la scher-

niscono e si ammiccano l’un l’altro

(O disgraziata ! Non io sghignazzo ai tuoi giuramenti ,


non io ti

schernisco) :

Il Presidente, che tiene un consiglio di gabinetto, è circondato dai


suoi grandi Segretari;
Nella piazza passeggiano tre superbe matrone e amichevolmente
intrecciano le loro braccia;
La ciurma del battello da pesca accatasta nella stiva parecchi strati
di lialibut (1);
L’abitante del Missouri traversa le pianure ,
carreggiando le sue
merci e il suo bestiame;
I lavoratori d’impiantiti stendono l’impiantito, gli stagnini saldano
il tetto, i muratori chiamano calce,
E in fila, l’un dopo l’altro, gli operai passano ,
ciascuno col suo
carico sulle spalle;
Inealzansi l’una l’altra le stagioni. Una folla indescrivibile è rac-
colta : è il quarto giorno del settimo mese (2) (qual salutare di can-
noni e di armi più piccole !);

S’incalzano l’ima l’altra le stagioni, e l’aratore ara, il falciatore


falcia, e il grano invernale cade sul terreno;

(1) Un grosso pesce dei mari del Nord, della famiglia dei Pleuronectidae.
(2) Il quattro luglio ricorre la testa nazionale degli Stati.
42 11'. WIITTMAX — FOGLIE VI EH li A

Via, lontano, su ai laghi, il pescatore di lucci guarda e aspetta


accanto al litico della superficie gelata;
I tronchi giacciono sparsi attorno per la radura, e lo Squatter il)
colpisce profondamente con la sua ascia;
Marinai appiattati sul battello appressansi, Terso il crepuscolo . al
bosco di cotone e agli alberi di pecan; (2)
I cercatori di coon (3) traversano le regioni del fiume Rosso o le
regioni bonificate del Tennesee o quelle dell’ Arkansas,
Torce splendono nelle tenebre e pendono sul Chattahooche o sul Ai-
tata abav;
Patriarchi siedono a cena con i figli, e con i nipoti e i pronipoti
attorno a sè;
Entro le pareti dell’abitazione, sotto le tende di tela, riposano cac-
ciatori e tenditori di trappole, dopo il cacciare del giorno;
Dorme la città e dorme la campagna,
I vivi dormono il loro tempo, i morti dormono il tempo loro,
II vecchio marito dorme accanto alla sua donna, il giovane marito
accanto alla donna sua :

E tutti costoro tendono verso ine, ed io tendo verso essi,

E così come è l’essere di costoro, più o meno, è l’essere mio,


E di essi e di tutti, io intesso il canto del proprio Io.

16.

Io sono del giovine e del vecchio, e tanto del folle quanto del savio,
Senza riguardi per altri e pieno di riguardi per altri,

Materno e paterno in egual misura — fanciullo ed uomo al tempo


stesso —
Plasmato di stoffa rozza e plasmato di stoffa fine,

Uno della Nazione dalle molte nazioni, della più piccola e medesi-
mamente della più ampia.
Meridionale e insieme Settentrionale, un piantatore spensierato ed
ospitale, giù per l’Oconee passo la vita,
Un Yankee stretto alla mia via ,
pronto pel commercio : e le mie
giunture sono le più flessibili giunture della terra, e sono le più ri-

gide giunture della terra;

(1) Uno che fitta terreni dello Stato.


(2) Specie di albero americano, principalmente nella vallata del Mississipì : ha un
frutto con nocciuolo oblungo.
(3) Coon o raccoon è un carnivoro notturno dell'America del Nord, alfine all'orso,

ma molto pivi piccolo.


IL CANTO DEL PROPRIO IO 43

10 un Kentnckiano che valica la vallata dell’Elkliorn con la gam-


biera di pelle di cervo, un Luisiano o un Georgiano,
Un navicellaio dei laghi o delle baie o di lungo le coste, un Hoo-
un Badger (2), un Buckeye (3);
sier (1),

Mi sento come a casa, se ho le scarpe da neve del Canada, o sono sulle


macchie, o con i pescatori di Terranova;
A casa, se sulla flotta dei navigli da ghiaccio, veleggiando e bor-
deggiando col resto,

A casa sulle colline di Vermont o nei boschi del Maine o nel ran-
cio (4) del Texan ;

Camerata del Californese, camerata dei liberi abitanti del Nord-


Ovest (amando le loro grosse dimensioni),

Camerata dei conduttori di zattere e dei carbonai camerata ,


di
ognuno che mi stringa la mano e inviti a bere e mangiare;
Scolaro con i più semplici, maestro dei più sennati,
Un novizio che comincio, e nondimeno esperto di miriadi di sta-
gioni;
Di ogni sfumatura e casta io sono, e di ogni grado e religione,
Un fittavolo, un meccanico, un artista, un signore, un marinaio,
un quacchero,
Un prigioniero, un fantasioso, un accatta brighe, un avvocato, un
medico, un prete.
Ad ogni cosa io resisto meglio che alla mia diversità,
Respiro l’aria, ma lascio dietro di me pienezza di aria,
E sebbene non infisso come pinolo, nondimeno sono al mio posto
(La falena e uova dei pesci sono al loro posto,
le

I fiammanti soli che vedo e i tenebrosi soli che non posso vedere
sono al loro posto,
11 palpabile è al suo posto, e l’impalpabile è al suo posto).

17.

Questi sono in verità i pensieri di tutti gli uomini, in tutti i se-


coli e nazioni, essi non sono originalmente miei;

Soprannome dato agli abitanti dell'Indiana.


(1)

Soprannome dato specialmente a chi compra frumento in un sito per


(2) riven-
derlo in un altro.
(3) Un nome dialettale per un nativo deU’Ohio.

(4) Itane o rancio dicesi un tratto di terra da pascolo e da allevamento di ani-


mali.
44 ir. WH/rittA W — FOGLIE DI ERBA

Se essi non sono vostri come sono miei ,


essi sono nulla o pres-
so eli è nulla,
Se essi non sono l’indovinello e la soluzione dell’ indovinello, essi
sono nulla,
Se essi non sono proprio altrettanto vicini che lontani, essi sono
nulla.
Questa è l’erba che cresce dovunque è terra, dovunque è acqua:
Questa l’aria comune che bagna il globo.

18 .

Con gagliarda musica io giungo, con le mie cornette e co’ miei


tamburi,
E non suono le marce dei vincitori riconosciuti, ma suono le maree
dei conquistati e sgozzati :

Hai tu udito che era bene vincere la giornata ?

Io ti dico che altresì il soccombere è bene, e che le battaglie sono


perdute nello spirito stesso con cui sono vinte.
Io batto e pesto per chi è morto,
E soffio per essi le mie note più alte e più liete.

Viva coloro che son caduti !

E quelli le cui navi da guerra affondarono in mare !

E quelli stessi che affondarono in mare !

E i generali tutti che perdettero battaglie e tutti gli eroi sopraf-


fatti !

E gl’innumeri eroi sconosciuti, eguali ai più grandi e conosciuti eroi !

19 .

Questo è il desinare apposto egualmente a tutti ,


questo il cibo
per ogni naturale affamato;
Esso è proprio lo stesso per l’uomo malvagio e per l’uomo onesto,
io do convegno a tutti.
Non voglio che una sola persona sia trascurata od omessa :

La mantenuta, il pescatore di spugne, il ladro sono perciò invi-

tati:

Lo schiavo dalle grosse labbra è invitato, il mezzano è invitato:

Non vi sarà differenza tra essi e tutti gli altri.


IL CASTO DEL PROPRIO IO 45

Questa è la pressione di una timida mano, questo il fluttuare e


l’odore dei capelli,
Questo il tocco delle mie sulle vostre labbra, questo il murmurc
della mia emozione,
Questa la profondità immensa e 1’ altezza che riflettono la mia
faccia,
Questo il mio pensoso sommergermi, e il mio nuovo tornare a
galla.
Immagini tu che io abbia uno scopo intricato ?
Bene io l’ho, perchè le pompe del quarto mese lo hanno e l’ha la
mica attaccata al quarzo.
Pensi tu che io intenda di arrecare stupore ?

Arreca stupore la luce del giorno ? o il cervo mattiniero


che garrisce nelle foreste ?

In questa ora io dico cose iu confidenza :

Non a tutti potrei io dirle, ma a te le dirò.

20 .

Chi va là ? anelante, grossolano, mistico, nudo,


Come avviene che io ricevo forza dal bue che mangio ?

Ad ogni modo che cosa è un uomo ? Che sono io ? Che sei tu ?

Tutto quello che io segnalo come mio, tu devi farlo germogliare


come se tuo,
Altrimenti sarebbe tempo perso starmi a udire.

10 non piagnucolo su quello su cui tutto il mondo piagnucola,


Che i mesi sono vacui, e il terreno nuli’ altro che melma grufo-
lata.

11 gemere e l' inchinarsi si convengono alla forza degl’ invalidi,

Ma io porto il cappello, come mi piace, in casa e fuori.

Perchè dovrei io pregare ? Perchè essere reverente e cerimonioso ?

Dopo avere scrutato gli strati del mondo ed analizzatili sino a ,

un capello, dopo essermi consigliato co’ dottori e aver calcolato at-


tesamente,
Ecco, che nessun grasso io trovo più dolce di quello che aderisce
alle mie ossa.
46 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

In tutti gli uomini io ravviso me, nessuno è più e nessuno è meno,


nemmanco eli un granello di orzo,

E il bene e il male elle dico di me, io lo dico di essi.


Io so di essere solido e sano,
Verso me, convergentisi, gli oggetti dell’universo traggono perpe-
tuamente,
Tutti sono scritti per me, ed io devo afferrare l’intendimento dello
scritto.
Io so di essere immortale,
mia non può essere misurata dal compasso di
Io so elle l’orbita
un falegname,
So che io non passerò come una striscia di fuoco, descritta di notte
da un fanciullo con uno stecco acceso.

So di essere augusto,
Non affanno la mia anima, per difenderla o perchè sia capita,
Vedo che le leggi degli elementi non mai accampano difese
(Dopo tutto, considero che non mi comporto più orgogliosamente
del livello che pianto accanto la mia casa).

Esisto come sono, e questo basta;


Se nessuno nel mondo è cosciente, io siedo sodisfatto,
E se tutti e ciascuno nel mondo sono coscienti ,
io siedo sodi-
sfatto.

Un solo mondo è più cosciente, ed è il più vasto per me. e questo


•è il mio Io :

E che io giunga a ciò che è mio, oggi, o fra dieci mila anni o dieci
milioni di anni,
Io posso, e lietamente, prendere questo ora ,
e con eguale letizia

posso aspettare.

La presa del mio piede è calettata ed è fermata con calce sul gra-
nito,
Eido di ciò che tu chiami dissoluzione,
E conosco l’ampia distesa del tempo.

21 .

Io sono il poeta del Corpo e il poeta dell’Anima,


Le gioie del cielo sono con me e le pene dell' inferno sono con
me,
Le prime innesto e nutro di me, le altre traduco in una lingua
nuova.
IL CANTO DLL PROPRIO IO 47

Io sono il poeta della donna, al modo stesso che dell’uomo,


E dico che è così grande esser donna, come esser uomo,
E dico che nulla vi è di più grande che la madre degli uomini.

Io canto il canto della dilatazione e dell’orgoglio :

Ne avemmo abbastanza d’inchini e di preghiere,


Io mostro che la dimensione non è che sviluppo.

Hai tu sorpassato gli altri tutti?. Sei tu il Presidente?


Questa è una bagattella; essi, ognuno, non faranno più che arrivare
qui, passeranno via, sempre.

Io sono colui che cammino con la tenera e crescente notte,


E mando la mia voce alla terra e al mare, quasi posseduto dalla
notte.

Stringiti a me, o notte dal seno nudo. — Stringiti a me, o magne-


tica e nutriente notte !

Notte dei venti meridionali, — notte dei pochi grandi astri !

Notte che sempre accenni, — pazza e nuda notte estiva !

Sorridi, o terra voluttuosa, dall’alito fresco !

Terra dei dormienti e liquidi alberi !

Terra del dipartito tramonto — terra delle montagne dalle vette


nebbiose ed accigliate !

Terra della vitrea onda di luce della luna piena, appena colorata di bleu!
Terra ili luce e tenebra, che colori variamente il rigurgito del fiume !

Terra del grigio limpido delle nubi, fatto più lucente e più chiaro
irei' amor mio !

Terra dei lunghi gemiti — terra ricca di appiuoli fioriti !

Sorridi al tuo amante che giunge.

Prodiga tu mi hai dato Pani or tuo; — quindi io do a te amore !

O indicibile ed appassionato amor mio !

E tu. o mare ! Anche a te io mi abbandono — io immagino quello


che. tu vuoi :

Scorgo dalla spiaggia le adunche tue dita che m’ invitano,


Credo che tu rifiuti di tornare indietro, senza aver gustato di me.
48 ir. WHITMA X — FOGLIE DI EUBA

Noi dobbiamo fare un giro assieme ;


io mi spoglio ;
travolgimi
lungi dalla terra, fuori di vista,
Sostienimi mollemente, cullami in un assopimento fluttuante,
Astergimi del tuo amoroso umidore; io posso ripagartene.
0 mare dagli ampi abissi, aperti dalla tempesta,
Mare che respiri gli ampi e convulsivi sotti,
Mare del sale della vita e delle fosse non mai scavate e pur sem-
pre pronte,
Adunatore e spaziatore delle tempeste ,
capriccioso ed elegante
mare,
Io sono parte integrale di te, anch'io sono di una fase e di tutte

le tue fasi.

Io partecipo degl’ influssi e degli efflussi, magnificatore di odio e


di riconciliazione,
Magnificatore di amiche e di quelli che dormono l’uno tra le braccia
dell’altro.

Io, colui che attesto simpatia


(Farò io l’inventario delle cose della casa, e mi passerò della casa
che le contiene?),
10 non sono il poeta della sola bontà, io non rifiuto di essere il

poeta della malvagità anche.


Che sconsiderato ciarlìo è questo circa la virtù e il vizio ?

Me sospinge il male; e la riforma del male sospinge me; io mi sto

indifferente,
11 mio contegno non è quello di un rimuginatore di colpe, nè è il

contegno di uno sprezzante,


Io inaffio le radici di ogni cosa che cresce.

Temesti tu inai che la scrofola scoppiasse da una gravidanza vi-

gorosa ?

Sei persuaso tu che le leggi celestiali debbano essere rifatte e ret-

tificate ?

Io trovo da un lato il polo di una bilancia e dall' altro il polo


opposto;
Una morbida dottrina, di sicuro, aiuta così come una solida dottrina;

1 pensieri e i fatti presenti sono il nostro sorgere e la nostra le-

vata matuttina,
Questo minuto, ora, viene a me, dopo i passati derilioni di minuti:
Non vi è meglio di esso ora.
IL CASTO DEL PROPETO IO 49

Quello che si comportò bene nel passato, o si comporta bene nel


presente, non è poi così singolare meraviglia,
La meraviglia eterna è come possa esistere un grossolano o un
infedele.

23 .

Infinito svolgersi delle parole dei secoli !

E la mia è la parola del moderno, la parola, JEn-maàse.

Una parola di fede che non apporta disinganni :

Ora e nell’avvenire, questa è sempre la stessa per me; io accetto il

Tempo assolutamente.
Questo solo è senza incrinature ,
questo solo ricinge e completa
tutto,
Questa mistica sprezzante meraviglia solamente completa tutto.
Io accetto la realtà e non oso discuterla,
Accetto il materialismo, elio è il primo e il finale assorbimento.
Hurrah per la scienza positiva ! Viva a lungo la dimostrazione
esatta,
Spargete su essa favagello con cedro e rami di lilla !

Questi è il lessicografo, questi il chimico, questi fece di cartucce


smesse una grammatica,
Questi i marinari che dirizzarono la nave a mari ignoti e perigliosi,
Questi è il geologo, questi lavora con lo scalpello e questi è un
matematico.

Gentiluomini, a voi i primi onori, sempre !

Le vostre gesta sono utili, ma non esse sono la mia dimora.


Con esse non fo che entrare in una delle aree della mia dimora.
Meno memori dai modi agghindati sono detti dalle mie parole,
i

E più sono memori esse di una vita non narrata, e della libertà,
e del districarsi dell’umanità,
E tengono in picciol conto i neutri e gli eunuchi, ed aiutano uomini
e donne ben provvisti,
E battono il gong (1) della rivolta, e fermansi con i fuggiaschi e
con chi complotta e cospira.

(I) Un istrumenio di rame usato anticamente nelle regioni orientali degli Stati
Uniti.

TV. \V11ITJIA>'. — Fuglie di erba. 4


50 ir. WHITMAN — FOGLIE DI Eli DA

24 .

Walt Wliitman, un cosmos, il tiglio di Manliatta,


Turbolento, carneo, sensuale, che mangia, beve e genera :

Non sentimentalista, non si pone al disopra degli uomini e delle


donne, nè si segrega da essi,

Non più immodesto che modesto.

Svita le toppe delle porte,


Svita esse le porte dai loro stipiti.

Chiunque degrada un altro, degrada me,


E qualunque cosa sia fatta o detta, ritorna in iine a me.

Traverso il mio essere sorge e sorge l'alito ispiratore, traverso il

mio essere la corrente e l’indice.

Io parlo il primigenio motto d’ordine, io do il segno della demo-


crazia,
Per Dio ! Io non accetterò nulla, il cui tutto non possa avere la

parte corrispondente nei termini stessi.

Traverso il mio essere molte voci mute e lunghe :

Voci delle generazioni infinite di prigionieri e di schiavi.


Voci di malati, di disperati, di ladri e di nani,
Voci di cicli di preparazioni e di agglomerati,
E di fili congiungenti gli astri, e di uteri e di materia generante.
E dei diritti di coloro che altri ha travolti,
Del deformato, del triviale, dello scemo, del matto ,
del disprez-
zato,
Della nebbia ,
dell’aria , degli scarafaggi rotolanti pallottole di
sterco.

Traverso l’essere mio le voci proibite,

Voci di sessi e di libidine, voci velate, ed io strappo da esse il velo.


Voci indecenti, che io chiareggio e trafiguro.

Non io premo le mie dita traverso la mia bocca;


Io le poso così delicatamente attorno le budella . come attorno il

cuore e il capo,
E la copula non è per me più feconda di quel che sia la morte.
IL CAXTO DEL PROPRIO IO 51

10 credo nella carne e nei suoi appettiti :

11 vedere, l’udire, il sentire sono miracoli, e così ogni mia parte e


vile fibra mia è un miracolo.
Divino io sono, dentro e fuori, e santifico qualunque cosa eli’ io
tocchi o che mi tocchi;
L’odore di queste ascelle è più fine aroma che la preghiera,
E il mio capo vai più che le chiese, le bibbio e tutti i credi:
Se io adori qualche cosa più che un’altra, questa sarà l’espanclersi
del mio corpo e di ogni parte di esso.
La mia traslucida forma sarai tu !

I miei ombratili giacigli e riposi sarai tu !

II saldo e virile mio vomere sarai tu !

Tu il mio ricco sangue ! tua l’ultima pallida goccia lattea della


mia A ita !

Il petto che si serra contro altri petti, sarai tu !

Il mio cervello sarà le tue occulte circonvoluzioni,


L’inattiata radice ili calamo (1), il timido beccaccino di palude, il

nido di vegliate duplici uova ,


ciò sarai tu !

Il misto, arruffato fieno della mia testa, la barba, i muscoli, sa-


rai tu !

Il gemente succhio dell’acero, la libra del forte frumento, sarai tu !

Il sole così generoso, sarai tu !

I vapori che illuminano e adombrano la mia faccia, sarai tu !

Tu i faticati ruscelli, tu le rugiade !

I mi solletica, sarai tu
venti, la cui generante morbidezza !

Gli ampi campi muscolari, la rama dell’agrifoglio, l’amante so-


gnatore delle mie serpeggianti vie, sarai tu !

Le inani che ho strette, la faccia che ho baciata il mortale che ,

ho sempre tocco, sarai tu !

Io amo me stesso, e questo è il destino mio e di tutti i lascivi,


Ogni momento e qualunque eosa sussultano in me di gioia;
Io non posso dire come i miei fianchi piegansi, nè donde sorge ha
causa del mio desiderio più fievole,
Nè Ta causa dell’amicizia che lascio, ni- la causa dell’amicizia che
riprendo.

(1) Calamo o anello sweet-jìay (è la parola usata in questo luogo) è una pianta
della specie detta Acorus. La radice dà un aroma acuto. La pianta è ritenuta come
simbolo di amicizia e d’affetto.
52 ir. 1 V RITMA X — FOGLIE DI ERBA

Se mai io cammini al mio verone, mi fermo a considerare se ciò


veramente è :

La gloria di un mattino, alla mia finestra, mi sodisfa più che le


metafisiche dei libri.
Guardare l’erompere del giorno !

Scolora la luce lieve, le immense ombre diventano diafane,


Sapida l’aria riesce al mio palato;
Balzi del mondo moventesi con salti innocenti, silenziosamente sor-
gono, esudando freschezza,
Scotendosi obliquamente in su e in giù.
Qualcosa che non mi è dato scorgere germoglia libidinosi aculei,
E mari di lucente succhio si effondono pel cielo.
Lo stare della terra accanto ed unita al cielo, il quotidiano strin-
gersi del loro congiungimento,
La sfida che vien da Oriente scuote in questo momento il capo mio,
E il rimproceio schernitore : Vedi dunque, se il padrone sarai tu !

25 .

Abbagliante e tremendo il levarsi del sole: come rapidamente esso


mi ucciderebbe,
Se ora e sempre, io non potessi mandare fuori di me un levare
di sole.
Anche noi, abbaglianti e tremanti, ascendiamo come il sole.

Noi troviamo noi stessi, o Anima mia. nella calma e nella frescura
del sorgere del giorno.
Cammina la mia voce appresso a ciò che gli occhi non possono
attingere,
Col turbine della mia lingua io misuro mondi e volumi di mondi.
Gemella della mia visione è la parola, ma essa è incapace a misu-
rare sè stessa,
E ciò mi provoca assiduamente, e mi dice sarcasticamente :

Walt, tu contieni abbastanza code, perchè non dài loro l’aìre !


Vieni ora, io non voglio essere tantalizzato. tu bai in gran con-
cetto i suoni articolati,
Non sai tu, o parlare, come avviluppati sono, sotto te. i boc-
cinoli ?

Aspettando nelle tenebre, sono protetti dal gelo :

Mentre che la mia creta si ritira innanzi ai miei profetici gridi.


Pongo, come a base, le cause, per bilanciarle col fine.
IL CASTO DEL ETÌOPE IO IO 53

La mia conoscenza, le mie vive fibre gareggiano con lo scopo di


tutte le cose,
Con la felicità (chiunque ode me, lascisi ,
uomo o donna ,
venir
fuori, in cerca di questo giorno).
11 rifiutar te è il mio merito finale ,
io rifiuto di metter fuori
quello che realmente sono,
Io misuro i molti, ma non mi attento di misurar me,
E unisco ogni più levigata e miglior parte tua semplicemente vol-
gendo lo sguardo verso di te.
Lo scrivere e il parlare non dimostrano me;
È nel viso che io porto la pienezza della dimostrazione e ogni
altra cosa :

Con lo zittire delle mie labbra, io confondo intieramente lo scet-


tico.

26 .

Ora io non voglio che ascoltare,


Per aggiungere a questo canto quello che odo, e per lasciare che i

suoni diano ad essi il loro contributo.

10 odo le arie di bravura degli uccelli, il fruscio del frumento


che cresce, il ciarlìo delle fiamme, il crepitare dei tizzi che cuociono
il mio cibo,
Odo il suono a me diletto, il suono dalla voce umana,
Odo tutti i suoni correnti insieme, combinati, o fusi ,
o seguen-
tisi,

I suoni dalla città, e i suoni di fuori della città ,


i suoni del
giorno e della notte,

I giovani così parolai verso quelli che li amano ,


il riso sonoro
dagli operai a mensa,
La collera che fu causa del finire di un'amicizia, il fievole gemito
del malato,
11 giudice che coi pugni chiusi sul tavolo, con le labbra pallide
pronunzia la sentenza di morte,
II gridato sforzo degli scaricatori che scaricano le navi nei porti,
il ritornello ili chi salpa 1" ancora,
Il tintinnìo dei campanelli di allarme, il grido al fuoco, il cigolìo
dellemacchine celeremente messe in moto, i carri di bagaglio con i

suoni di avviso e con lumi colorati. i


54 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il fischiare del vapore, il gagliardo fracasso del treno dai pesanti


carri che si avvicinano,
La lenta marcia sonata a capo della confraternita procedente a due
a due
(Vanno a seppellire un cadavere, la lancia della bandiera è drap-
peggiata di mussola nera).

Odo il violoncello (esso è il rimpianto ili un giovine cuore),


Odo la cornetta dalle molte chiavi, e il suo suono sfiora rapida-
mente mie orecchie,
le

E suscita commozioni di pazza dolcezza, traverso il mio bellico e


il mio seno.
Odo il coro — è una grande opera —
Questa è vera musica — questa mi si addice.

Un tenore ampio e fresco mi satura come la creazione,


L’ arrotondila sua bocca versa il canto e mi satura pienamente.

Odo l’educato soprano (che cosa è questo che opera ora in lei!)

L’orchestra mi rapina per spazi più ampi di quelli che Urano


gira,
Ciò strizza da me ardori, ijuali io non sapevo di possedere,
Ciò mi fa veleggiare: io batto lievi colpi eoi piedi nudi, che sono
lambiti dalle indolenti acque.
amara e
Io sono percosso da irosa grandine, e perdo il respiro:
Immerso in morfina addolcita di miele, la mia gorga è solforata

da stringimenti di morte,
Finché, alla lunga, sono riportato a sentir di nuovo l’enigma degli
enigmi,
E quello che noi chiamiamo l’Essere.

27 .

Essere in una forma che cosa è i

(Attorno, attorno andiamo noi tutti, e sempre torniamo indietro,


qui).
Se nulla fosse più sviluppato di un quahaug (1) nella sua calcarea
conchiglia, questo sarebbe sufficiente.

(1) Una specie di conchiglia (Venus mercenaria).


IL CASTO DEL PROPRIO IO

Ma non è in me alcuna insensibile conchiglia,


Io lio assidui conduttori, tutti sovra me, o ch’io passi o che mi
fermi,
Essi atterrano ogni ohhietto e lo conducono innocuamente attra-
verso me.

10 non fo die muovermi, sentirmi con le mie dita, e son felice;

11 toccare la mia persona con quella di un altro è ,


su per giù,
quanto io posso sopportare.

28 .

È questo un toccare dunque ! Dardeggiandomi io ad una nuova iden-


tità,

Avventansi per le mie vene fiamme ed etere;


Penetra e si conficca in me, per aiutarle, un traditore aculeo del-
l’esser mio,
Sprigionansi dalla mia carne e dal mio sangue dei lampi, per eol-
piie ciò che è appena differente da me,
Mentre che d’ogni lato irrigidiscono le mie membra pruriti provo-
catori.
Questi, spremendo la gianduia lattea dal mio cuore, traverso il suo
trattenuto gocciolare,
me i voluttuosi, nè avendo diniego,
Attirando con carezze a
Privandomi del meglio ch’io ho, come per uno scopo,
Sbottonando le mie vesti, pigliandomi pel nudo petto,
Ingannando la mia confusione con la calma della luce del sole o
dei campi da pascolo,
Dileguando immodestamente tutti gli altri sensi.
Mi allettano per colpirmi con un contatto e per andar via a brucare
ai lembi della mia vita :

Nessuna considerazione, nessun riguardo per la mia forza che si

prosciuga o per la mia collera;


Aduna il resto del bestiame attorno a sè ,
per divertirlo un
tratto,
E poi Punisce tutto sur un altipiano, per avvolgere me in un tur-
bine.

Le sentinelle, disertando ogni parte del mio essere,


Mi hanno, senza speranza, lasciato in mano di uno scorridore rosso,
E salgono tutti sull’altipiano a testimoniare contro di me.
.

56 TI'. WHTTMAX — FOGLIE IH ERBA

Da traditori io sono consegnato :

Parlo selvaggiamente, perdo i miei spiriti; io. e nessun altro, sono


il piìt gran traditore,
Venni io stesso per primo, su, all’altipiano; furono le mie mani che
mi trascinarono qui.

O tu villano toccare ! Clic cosa stai tu facendo ? 11 respiro mi si

serra nella strozza,


Dischiudi le porte delle tue correnti, tu sei troppo per me.

29 .

O cieco, amabile, pugnace toccare 1 O i ugna inaio ,


incappucciato,
zannuto toccare !

Sentisti anche tu dolore nel lasciarmi ?

Partenza segnata sin dall’arrivo, perpetuo pagamento di perpetuo


debito.
Ricco acquazzone di pioggia e più ricca ricompensa dopo.
Ditti che giungono e accumulansi nel condotto prolifico e vitale,

Proiettanti virili panorami dalle piene dimensioni, e dorati.

30 .

Tutte le verità aspettano in tutte le cose,


Esse nè affrettano la propria liberazione, nè resistono.
Non hanno d’uopo esse delle forcipi ostetriche del chirurgo :

E; insignificante è cosi grosso per me, come ogni altra cosa

Logica e sermoni non mi convincono,


11 vapore della notte penetra più profondamente nella mia anima.

(Solo ciò che prova sè medesimo ad ogni uomo o donna, è così,


Solo ciò che nessuno nega, è così).

Un minuto, una goccia di me rimette in pace il mio cervello.

Io credo che gl inzuppati mucchi


:
di terra diventeranno amanti e

luci,

E un compendio di compendi è il nutrimento d un uomo o di una


donna
IL CANTO DEL Dii OD RIO IO 57

E mia inetta e un fiore sono il sentimento che hanno l’un per l’altro;

Ecl essi sono perchè ramifichino, senza limiti, da questa lezione,


finche ciò diventi onnifico,
E finche uno e tutti delizieranno noi, e noi essi.

31.

Credo che un filo d’erba valga non meno del giornaliero viaggio
degli astri,
E che sia egualmente perfetta la formica e un granello di sabbia, e
l’uovo del reattino,
E che il rospo (1) da albero sia un capolavoro, tra i più alti,

E che la mora dal tenue stelo potrebbe ornare i saloni dei cieli.
E che la più piccola articolazione della mia mano scorni ogni mecca-
nica,
E che la vacca che rumina a testa bassa, avanzi ogni statua,
E che un topo sia un miracolo sufficiente a sfidare sestilioni d’incre-
duli.

Scopro che io incorporeo gneiss (2), carbone, muschio dai lunghi


fili, frutta, granelli, radici esculenti,
E sono come intonacato di quadrupedi e di uccelli.
E mi son lasciato a distanza ciò che è dietro me ,
per buone ra-
gioni,
Ma chiamo ogni cosa che è dietro, di nuovo a me, quando la de-
sidero.

Invano è la fretta o la ritrosia;

In vano rocce plutoniche emanano il loro vecchio calore, quando


le

io mi avvicino,
In vano il mastodonte ritraesi sotto le sue polverizzate ossa,
In vano alcuni oggetti stanno lontani leghe e leghe ed assumono
forme molteplici,
In vano l’ocèano si assetta negli abissi ,
e i grandi mostri giac-
ciono al fondo,

(1) La parola nel testo è tree-toad, col (piale nome s’indicano tutte le numerose
specie degli anfibii II i/lidae.
(2 Elia specie di roccia cristallina.
58 ir. \V HITMAX — FOGLIE DI ERBA

In vano il nibbio prende sua dimora nel cielo,


In vano il serpe striscia su per i rampicanti e i tronchi,
In vano l’alce si ritiene nei più interni passi dei boschi,
In vano il pinguino naviga lontano verso nord, al Labrador,
Io seguito speditamente ed ascendo al nido, nella fenditura del pre-
cipizio.

32 .

Io penso che potrei mutarmi e vivere con gli animali, che sono
così tranquilli e contegnosi;
Mi fermo, e li guardo per lungo e lungo tempo.
Non si affannano essi, nè piagnucolano sullo stato loro,
Non giacciono insonni nelle tenebre della notte nè piangono i loro
peccati,
Non mi angustiano, discutendo i loro doveri verso Dio :

Nessuno è insodisfatto, nessuno impazzito dalla smania di posse-


dere,
Nessuno s’inginocchia ad un altro, nè ad un antenato vissuto mi-
gliaia di anni fa,
Nessuno di essi è rispettabile o infelice sulla distesa della terra :

Così essi mostranmi la loro parentela con me, ed io raccolgo.


Mi portano essi le doti del mio io ,
e le mostrano chiaramente in
loro possesso.
Mi meraviglio a pensare donde essi trassero queste doti :

Che io sia passato per questa via, in un tempo infinitamente lon-


tano, e le abbia lasciate poi scorrer via queste doti, trascuratamente?
Io, dunque, procedo innanzi, ora e sempre,
Adunando mostrando sempre più e con velocità,
e
Infinito ed onnigeno, simile ad essi, o in mezzo ad essi,

Non troppo esclusivo verso quelli che entrano nelle mie rimem-
branze,
E scegliendo l’uno che io amo, mi accompagno a lui con fraterno
affetto.

Una gigantesca bellezza di giovane stallone che risponde alle mie


carezze :

Alta la testa e la fronte, ampio lo spazio fra gli orecchi.


Membra lucenti e pieghevoli, coda che spazza il terreno,
Occhi pieni di scintillante malizia ,
orecchie finemente ragliare,
mosse agili.
IL CANTO DEL PROPRIO IO 59

Le sue nari si dilatano, allorché miei calcagni l' abbracciano.


i

Le sue gagliarde membra fremono di piacere, quando noi corriamo


attorno e torniamo.

Ma io non ti adopero che un minuto solo e poi ti abbandono, o


stallone;
Perchè abbisognerei dei tuoi passi, se io posso galopparli da me ?

Proprio così: che io stia o segga, io passo più celermente di te.

33 .

Spazio e tempo ! ora io vedo che è vero quello che osservai,


Quello che osservai, quando oziavo sull’erba,
Quello che osservai, quando ero solo nel mio letto,
E di nuovo, quando passeggiavo sulla sponda, sotto gli scolorantisi

astri del mattino.

I miei legami e i miei pesi mi lasciano ;


i miei gomiti appoggiansi
sugli spaccati del mare,
Costeggio le sierre, le palme delle mie mani ricoprono continenti,
Io sono in piedi con la mia visione.

Accanto alle quadrate case della città, nelle capanne di tronchi, ac-

campando con gli ammucchiatoli di legnami,


Lungo le cancellate che sbarrali le vie lungo ,
il secco affondato
torrente e il letto del ruscello,
Estirpando il cipollaio, o zappando le file delle carote e delle pa-
stinache ,
traversando le savanne ,
aprendo una traccia nelle fo-
reste,
Esplorando, scavando oro, tagliando in giro la corteccia agli alberi

di nuor a compera,
Scottato profondamente sulle caviglie dalla sabbia infocata, tirando
la mia barca giù per la corrente poco profonda,
Dove la pantera passeggia in su e in giù sul margine, sovrastante
la mia testa, dove il cervo rosso rivolgesi furiosamente contro il cac-
ciatore,
Dove il serpente a sonagli scalda al sole la viscida sua lunghez-
za, disteso sur una roccia, dove la lontra cibasi di pesci,
60 ir. WEITMAN — FOGLIE DI Eli DA

Dove l’ alligatore co’ suoi duri bitorzoli dorme presso un’ inse-
natura,
Dove l’orso nero va in cerca di radici e miele . dove il castoro
assetta la creta con la coda tagliata a cazzuola:
Sovra il crescente zucchero, sovra la pianta di cotone dai fiori

gialli, sovra il riso dei campi bassi e paludosi,


Sovra la fattoria dai culmini acuti, che allunga i sottili grondoni
delle grondaie,
Sovra l’occidentale persimmon (
l), sovra il frumento dalle lunghe fo-
glie, sovra il lino dai delicati fiori azzurri,
Sovra il bianco e bruno grano saraceno ,
dove un murmurc e un
ronzìo sono con tutte le altre cose,
Sovra il grigio cupo della segala, quando essa mareggia e adombra
alla brezza ;

Ascendendo montagne, tirandomi cautamente su . aggrappandomi


ai roneliioni bassi e scheggiati,

Camminando sui pesti sentieri fra l'erba, e sbatacchiando, attraver-


sandole, le foglie dei rovi;
Dove la quaglia fa il richiamo in mezzo ai boschi o al frumento,
Dove nel settimo mese il pipistrello vola, dove il gran cervo do-
rato galoppa nella tenebra,
Dove il ruscello sgorga dalle radici del vecchio albero e scorre al

prato,
Dove il bestiame riposa e scaccia le mosche col tremulo brivido
della pelle,
Dove il sacco del formaggio pende nella cucina ,
dove gli alari
stendonsi allargati sulla piastra del focolare, dove le tele di ragno
pendono in festoni dal soffitto :

Dove i colpi di martello rumoreggiano, dove le macchine da stampa


turbinano i loro cilindri,
Dove il cuore umano batte con terribili doglie sotto le costole,
Dove l’aerostato, tagliato a pera ,
fluttua in alto (fluttuando in
esso io stesso e guardando serenamente in giù),
Dove il battello di salvataggio è tirato sul nodo scorsoio, dove il

calore fa sgusciare le pallide-grige uova sotto i monticelli di arena,

Dove la balena femmina nuota col suo vitello e non mai l'ab-
bandona,

(1) Albero americano.


IL ('AMO DEL Pii OP1UO IO 61

Dove il piroscafo tracciasi dietro delle strisce con i suoi pennoni di


fumo,
Dove la pinna del pesce-cane taglia come una mannaia nera fuor
dell’acqua,
Dove il brig (1) bruciacchiato va cavalcando correnti ignote,
Dove sul melmoso ponte le conchiglie crescono, e le morte putre-

fannosi sotto,
Dove la bandiera densa di astri (2) è portata alla testa dei reggi-

menti;
Appressandomi a Manhatta, su, all’isola che lunga distendesi,
Sotto al Niagara, dove la cataratta innanzi al mio stupefatto viso
cade come un velo,
Sul campo di corsa, o godendo i pic-nics, o le gavotte o un buon
gioco di base-ball (3);
Nei festival maschili, tra i frizzi sguaiati. l’ironica licenziosità, le
goffe danze e lo sbevazzare e il riso;

Presso il pressoio del sidro, saggiando il dolciore della bruna miscela,


succhiando il succo con una festuca di paglia;
Presso le slnicciatrlci di appiuole chiedenti baci ad ogni frutto rosso
clic io trovi;

Dove l’uccello motteggiatore fa risonare i suoi melodiosi gorgheg-


gi, i suoi cachinni, e stride e geme,
Dove la biga dal fieno sta nella corte del granaio, dove la paglia
secca è sparsa al suolo, dove la figliolanza della vacca aspetta nella
capanna,
Dove il toro si avanza alla sua opra di maschio ,
dove lo stallone

da mandria va alla giumenta, dove il gallo copre la gallina,


Dove le giovenche brucano, dove le oche beccano il loro cibo con
rapide mosse,
Dove le ombre del sole che tramonta si allungano sulle praterie
senza limiti,
Dove, da presso e da lungi, mandre di bufali, sfilano lentamente,
per miglia quadrate,
Dove il calibro luccica, dove il collo del longevo cigno curvasi e
a v volge,

(1) Brig (abbreviato di Brigantino) un legno a due vele.


(2) Intendi la bandiera degli Stati Uniti d'Au.
(3) Base-balle. Giuoco di palle così chiamato dalle basi o limiti, designanti il cir
, alito — quattro in tutto.
62 ir. 1 VHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Dove il gabbiano ridanciano scorre rapido lungo la sponda, e ride


il suo quasi umano riso,
Dove le arnie sono allineate nel giardino sur un grigio banco,
mezzo nascosto dalle alte erbe,
Dove le pernici dalla collana appollaiatisi in giro sul terreno con
la testa in fuori,
Dove i carri funebri entrano le arcuate porte di un cimitero,
Dove i lupi invernali urlano in mezzo ai deserti di neve, tra gli
alberi ghiacciati,
Dove l’airone dalla gialla cresta viene, in sull’ annottare, all'orlo
dello stagno, e si ciba di piccoli gamberi,
Dove lo spruzzo di chi nuota e si tuffa rinfresca nel caldo me-
riggio,
Dove il Katy-did (1) usa la sua cromatica fistola sul nocciuolo
che è sopra il pozzo;
Traverso le aiuole dei cedri e dei eetriuoli dalle foglie di argento
profilato,
Traverso la sabbia salata e il viale di aranci o sotto i conici
abeti,
Traverso il ginnasio, traverso il salotto cortinato, traverso T ufficio
e la sala pubblica;
Compiaciuto del nativo, e compiaciuto del forestiere, compiaciuto
del vecchio e del nuovo,
Compiaciuto della donna, casalinga così come della donna sfolgo-
rante di bellezza,
Compiaciuto della quacchero ,
quando . toltasi la cuffia, parla me-
lodiosamente,
Compiaciuto dell’accordo del coro della imbiancata chiesa.
Compiaciuto delle calde parole del sudante predicatore metodista,
seriamente impressionato alla riunione in campo aperto :

Guardando per entro le vetrine dei negozi di Broadway, durante


tutto il mattino, premendo la carne del mio naso sulla massiccia
lastra,
Vagando nel pomeriggio dello stesso di con la faccia volta in su
alle nubi ,
o giù ad un sentiero incassato tra siepi o lungo la

sponda,
Col mio braccio sinistro e col diritto cingendo i fianchi di due
runici, ed io in mezzo ;

)
pecie di locusta.
,

IL CANTO DEL PROPRIO IO 63

Tornando a casa col taciturno garzone boscaiuolo dalle brune guan-


ce (dietro egli mi cavalca al finir del giorno);
Lontano dalle fattorie, studiando forme degli animali o l'impronta
dei moccasini,
Accanto alla capanna nell’ospedale, porgendo una limonata ad un
febbricitante,
Presso il cadavere giacente nella bara, (piando tutto è silenzio, ed
esaminandolo con una candela;
Viaggiando verso ogni parte .
per barattare pelli . andando alla

ventura
Affrettandomi tra la moderna folla ardente e mutabile come ogni
altra,
Infiammato contro dii odio , e pronto, nella mia pazzia, a pu-
gnalarlo;
Solitario a mezza notte nel mio cortile postico, mentre miei pen- i

sieri vanno lontani da me un gran tratto,


Passeggiando sulle vecchie colline della Giudea col Dio bello e
gentile al mio fianco,
Affrettandomi traverso lo spazio, affrettandomi traverso il cielo e
gli astri.
Affrettandomi traverso i sette satelliti e P ampio anello . e il dia-
metro di ottanta migliaia di miglia,
Affrettandomi con le chiomate comete ,
e scagliando meteore di
fuoco come tutto il resto,
Trascinando il fanciullo crescente, trascinato dalla propria madre
nel suo ventre,
Tempestando, godendo, livellando, amando, ammonendo,
Indietreggiando e riempiendo, apparendo e sparendo,
Queste sono le vie che dì e notte io cammino.

Visito gli orti delle sfere e ne osservo i prodotti,


E osservo i quintilioni maturati e osservo i quintilioni in erba.

Volo questi voli di uno spirito fluido e assorbente,


La mia via corre sotto le sonde dei piombini.

Io mi nutro di materiale e d'immateriale,


Nessuna guardia può chiudermi fuori, nessuna legge prevenirmi.

Sto all’ancoraggio con la mia nave, solo per breve tratto,


I miei messaggeri continuamente incrociano lontano e portano i

loro messaggi di ritorno a me.


.

64 ir. WHITMAN FOGLIE DI FlfBA

Caccio le pellicce polari, e la foca, saltando i crepacci con un ba-


stone dalla punta a picca, arrampicandomi alle azzurre e fragili
vette,

Ascendo sull’albero del timone, su cui la bandiera sventola,


Prendo posto a tarda notte sul uido della cornacchia;
Veleggiamo il mare artico, evvi abbastanza pienezza di luce,
Tra l’atmosfera pura, allungo attorno lo sguardo sulla meravi-
gliosa bellezza;
Le masse enormi di ghiaccio oltrepassano me ed io oltrepasso esse,

la scena è spianata in tutte le direzioni,


Le bianche sommità delle montagne fanno mostra di sè iu distan-
za, ed io slancio la mia fantasia verso esse :

Stiamo avvicinandoci a qualche grande campo di battaglia, in cui


presto entreremo in azione,
Sorpassiamo i colossali avamposti dell’ accampamento ,
camminando
con piede silenzioso e cauto,
Stiamo entrando per i suburbi di qualche vasta e rovinata città,
I massi e la rovinante architettura vivono più che tutte le vive
città del globo.

Io sono un libero compagnone, e bivacco con gl’ invadenti fuochi


dei bivacchi,
Scaccio dal letto lo sposo, e mi giaccio io con la sposa,
E la stringo, tutta notte, alle mie cosce e alle mie labbra.

Mia è la voce della moglie, mio lo scricchiolare dei pinoli della


scala;
Esso afferra il corpo del mio essere gocciolante, annegato.

Intendo il gran cuore degli eroi,

E il coraggio dei tempi presenti e di tutti i tempi:


Come il capitano vide il piroscafo affollato e senza timone nau-
fragare, e la Morte che lo ballonzolava in su e in giù, nella tem-
pesta,
Come egli vigorosamente stette all" opra . nè si arretrò di un pol-
lice e fu fedele, durante i giorni e durante le notti.

Come scrisse in grosse lettere sul ponte : state di buon animo; noi non
vi abbandoneremo
Come poi proseguì con essi e bordeggiò tre giorni e non volle
darla vinta,
Come alla line salvò la sospinta compagnia.
IL CASTO DLL PROPRIO IO 65

Quale era la sembianza delle donne nelle loro sottane strette e fluenti,
quando furono traghettate dal loco delle tombe preparate per esse !

Quale il sembiante invecchiato dei fanciulli e dell’ infermo solle-


vato e degli uomini dalle labbra ruvide e non rase !

Tutto questo io inghiotto, e tutto ha buon sapore ,


lo gradisco e
diventa mio :

10 sono l’uomo, io fui che soffrii, io fui là.

11 disdegno e la calma dei m rtiri,

La madre degli antichi tempi, condannata come strega ,


bruciata
con legna secche, mentre che i tìgli la guardavano,
Lo schiavo cacciato con cani che si accascia nella corsa, si appog-
gia alla siepe, anelante, coperto di sudore,
I pruni che pungoligli, come spilli, le gambe e il collo, lo sparo as-
sassino dei fucili da belve, e le palle,
Tutto questo io sento o sono.

Sono io lo schiavo cacciato dai cani ,


io che scanso il morso dei
cani,
L'inferno e la disperazione sono sopra di me, le grida dei tiratori
stridono ancora e ancora,
Io afferro le sbarre delle siepi, mentre il sangue, esaurito quasi,
gocciola misto alTuntume della mia pelle,
Io stramazzo sull'erbe e sulle pietre;
I cavalieri spronano i cavalli che si mostrano ritrosi e mi si strin-

gono addosso,
Assordano le mie ronzanti orecchie e mi battono violentemente sul
capo con le mazze munite di sferza.

Le agonie sono uno dei miei probabili ornamenti,


Xon chiedo al ferito come sta, divento io stesso la persona ferita,
Le mie ferite s’illividiscono, mentre mi appoggio a un bastone e
osservo.

Io sono il pompiere schiacciato e con le costole spezzate :

Mura rovinanti mi sepellirono sotto i loro rottami,


Aspirai calore e fumo, udii gli urli e le grida dei miei compagni,
Udii il lontano stridore dei loro picconi e delle pale;
Ecco, hanno sbarazzato via le travi ,
e mi sollevano affettuosa-
mente.
W. Whitjian. — Foglie di erba.
66 II'. WBITMAN — FOGLIE DI ERBA

Giaccio all’aria notturna nella mia camicia rossa; il silenzio che mi


si fa attorno, è per amor mio;
Senza dolori, dopo tutto, giaccio esausto, ma non infelice;
Belle e bianche sono le facce che mi circondano; le teste sono nude
dei loro elmi,
La folla inginocchiata impallidisce al bagliore delle torce.

Remoto io e morto risuscitato,


Essi mi appaiono come una meridiana, o muovonsi come le mie
mani; l’orologio poi sono io.

Sono io un vecchio artigliere e racconto il bombardamento del mio


forte,
10 sono là novellamente.

Novellamente, ecco il lungo rullo dei tamburini,

Novellamente l’attacco dei cannoni e dei mortai,


Novellamente ai miei attenti orecchi il cannone che risponde:
Vi prendo parte, vedo ed odo tutto,
Le grida, le bestemmie, il rombo ,
gli applausi per i tiri ben di-

retti,

L’ambulanza che passa lentamente, trascinando le sue gocce rosse,


Gli zappatori che vanno avvistando i guasti, facendo i ripari indi-
spensabili,
La caduta delle granate traverso il tetto sfondato ,
lo scoppio a
ventaglio,
11 fischio delle membra ,
delle teste ,
delle pietre ,
del legno ,
del

ferro per l’aria.

Di nuovo gorgoglia la bocca del mio generale moribondo, furiosa-

mente egli agita la. mano,


E, traverso la coverta, respira affannato Non pensate a me :
—pensate
alla trincea.

34 .

Ora voglio narrarvi quello che nella mia giovinezza seppi nel
Texas,
(Io non vi narro la caduta di Alamo;
Non uno scampò per raccontare la caduta di Alamo,
I centocinquanta sono ancor muti in Alamo).
IL CANTO DEL PBOPBIO IO 67

Questo è il raccontò dell’assassinio, a sangue freddo, di quattro-


cento dodici giovanetti.
Ritirandosi, si formarono in quadrato vuoto, con le loro bagaglia
per parapetto,
Quasi novecento vite dei nemici che li circondavano — nove volte
più di essi per numero — era il prezzo da essi preso in anticipa-
zione;
Ferito era il loro colonnello, esaurite le loro munizioni,
E trattarono una capitolazione onorata, ricevuta per iscritto e con
suggello; consegnarono le armi ,
e marciarono indietro, prigioni di
guerra ;

Erano la gloria della razza dei rangers (1).

Impareggiabili a cavallo, al tiro ,


al canto ,
nei banchetti, in cor-
tesia,

Forti, turbolenti, belli, orgogliosi, affezionati,


Barbuti, abbronzati dal sole ,
vestiti del libero costume dei cac-
ciatoli ,

E neppur uno aveva sorpassato i trenta anni di età.


Il mattino della seconda Domenica furono tratti fuori a squadre e
massacrati — la bella està cominciava appena —
La faccenda cominciò alle cinque, e alle otto era finita.

Nessuno unbidì al comando d’inginocchiarsi,


Alcuni tentarono un matto e disperato impeto ,
altri stettero saldi
e stretti,
Pochi caddero morti di colpo ,
feriti alla tempia o al cuore — i

vivi e i morti giacevano insieme —


Gli storpi e i mutilati scavavano nella polvere, i nuovi arrivati li

vedevano colà,
Alcuni, mezzo morti, tentavano strisciar via,
E questi venivano spacciati a colpi di baionetta, o schiacciati col
calcio dei fucili ;

Un giovinetto non diciasettenne ancora ,


afferrò il suo assassino;
finché altri due non vennero a liberarlo.
1 tre erano tutti stracciati, e ricoperti del sangue di quel fanciullo.

Alle undici cominciarono ad abbruciarne i corpi :

Questo è il racconto dell’ assassinio dei quattrocentododiei gio-


vani.

(1) Corpo di truppe montate.


68 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

35 .

Vorreste voi udire un combattimento navale di un tempo antico i

Vorreste sapere chi vinse alla luce della liina e degli astri ?

Porgete ascolto al racconto (1), come il padre della mia nonna ma-
terna, il marinaio, lo disse a me.

Il nemico non era un vile sulla sua nave, so dirvi, (così egli disse).
Il suo era il non ve ne ha altro più te-
sicuro coraggio Inglese, e
nace e verace, nè ve ne nè ve ne sarà fu, ;

Durante l’estremo della sera esso ci venne opprimendo orribil-


mente.

Noi ci stringemmo a lui, i cordami si mischiarono ,


i cannoni toc-
cavansi,
Il mio capitano si atteneva stretto alle gomene con le proprie
mani.

Avevamo ricevuto circa diciotto gravi colpi sottacqua,


Sul più basso nostro boccaporto due grossi cannoni erano scoppiati
ai primi colpi, uccidendo tutti attorno ;
le schegge ci erano volate
sopraccapo.

Combattendo al tramonto, combattendo nelle tenebre,


Erano le dieci di notte, la luna piena era surta ben alta, avevamo
le nostre falle per giunta, e si annunziavano già cinque piedi di acqua.

Il capitano d’armi scioglieva i prigionieri confinati nella stiva, se


mai loro si offrisse una probabilità di scampo.

L’andare e il venire dal magazzino è ora impedito dalle senti-

nelle,
Essi vedono tante facce nuove, e non sanno in chi fidarsi;
La nostra fregata prende fuoco,
Il nemico chiede se domandiamo quartiere,
Se i nostri colori sono ammainati, se la battaglia è finita.

Or io rido contento, perchè odo la voce del mio piccolo capitano :

Noi non abbiamo ammainato —


grida calmo abbiamo appena comin-
ciato la nostra parte di combattimento.

(1) Iarn è la parola usata dal W.. e significa un racconto fatto da un marinaro
per intrattenere i compagni.
, .

IL CANTO DEL PROPRIO IO 69

Solo tre cannoni posssono usarsi :

Uno è diretto dal capitano in persona, contro l’albero di maestro


del nemico,
Due, ben serviti a mitraglia ,
riducono al silenzio la fucileria e
spazzano il ponte.

Solo i gabbieri aiutano il fuoco di questa piccola batteria, special-


mente quelli dell’albero maestro.
Essi t-engon duro, valorosamente, per tutta la durata dell’azione.

Non la sosta di un momento,


Le falle la vincono sulle pompe, il fuoco divora, avanzandosi verso
il magazzino delle polveri,

Una pompa è stata portata via da un colpo, tutti pensiamo che i

affonda

Sereno sta, diritto, il piccolo capitano :

Non si affretta, la sua voce non è nè alta, nè bassa,


I suoi occhi danno a noi più luce che non le nostre lanterne di
combattimento.

^ erse le dodici, ai raggi della luna, i nemici si arrendono a noi.

36 .

Distesa e quieta giace la mezzanotte,


Due grandi scafi sono in grembo alle tenebre,
II nostro vascello foracchiato affondava lentamente ,
preparativi
erano fatti per passare a quello da noi conquistato,
11 capitano sul ponte di comando dava freddamente i suoi ordini,
con una faccia bianca còme lenzuolo :

Presso a lui era il cadavere del fanciullo che lo serviva nella


cabina
E la morta faccia di un vecchio marinaro con la chioma bianca e le
fedine accuratamente arricciate;
A dispetto di ogni sforzo fatto, le fiamme guizzavano in alto e in
basso,
Udivansi le rauche voci di due o tre ufficiali, ancora capaci di fare
il proprio dovere;
Informi mucchi di cadaveri e cadaveri, brandelli di carne sugli
alberi e sulle sbarre;
.

70 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Cordame spezzato, ciondolare di attrezzi, lieve scossa dal fluttuare


delle onde;
Cannoni neri e impassibili, poi vere sparsa, un forte puzzo:
Pochi astri in alto, silenziosamente e tristamente splendenti;
Delicati sbuffi di brezza marina, odori di giunchi di erba e di campi
dalla spiaggia : messaggi di morte inviati ai sopravviventi:

E poi il sibilìo del coltello del chirurgo, gli aguzzi denti della sua
sega
E P affannoso ansare, i gemiti sommessi, i flotti di sangue cadente,
le brevi grida selvagge e i lunghi tristi acuti gemiti;
Così furono queste cose, queste cose irreparabili.

37 .

O voi, oziosi, state in guardia ! Occhio alle armi !

Entro alle conquistate porte essi si affollano ! Io son vinto !

Incarno tutte le sembianze dei banditi e dei sofferenti,


Vedo me in prigione, plasmato nella forma di un altro uomo,
E ne sento la opprimente, interminabile pena.
Per me i guardiani dei condannati spianano le loro carabine e fanno
la scolta,
Son io che sono andato fuori al mattino, e che fui imprigionato a
notte.

Non un rivoltoso si avvia ammanettato al patibolo che io non sia

ammanettato con lui, per camminare al suo fianco :

(Io son meno il gioioso di ora, e più il silenzioso che sudo con le
labbra serrate)

Non un giovinastro è arrestato per ladroneggio ,


che io non vada
con lui; e sono esaminato e condannato.

Non un attaccato dal colera giace negli estremi spasimi ,


che non
giaccia anch’io negli spasimi estremi;
La. mia faccia è cinerea, i miei nervi stridono, e la gente fugge via .

I mendicanti s’incarnano in me, ed io m’incarno in essi,

Protendo il mio cappello, e con la faccia vergognosa chiedo P ele-

mosina..
IL CAUTO DEL PROPRIO IO 71

38 .

Abbastanza ! Abbastanza ! Abbastanza !

Io sono in qualche modo sopraffatto. State indietro !

Allontanatevi per poco dal mio pesto capo, o assopimenti, o sonni,


o sbadigli,
Io rivelo me sull’estrema punta di un comune inganno.

Che io possa obliare i motteggiatori e gl’insulti !

Che io possa obliare le goccianti lacrime ,


e i colpi delle mazze
ferrate e dei martelli !

Che io possa guardare con un particolare sguardo la mia propria


crocifissione e la mia corona sanguinante.

Io ricordo ora,
E ripiglio la frazione obliata :

La tomba di roccia moltiplica ciò che fu confidato ad essa e ad


ogni tomba,
I cadaveri si levano, le loro cicatrici sono sanate, i ligami si svi-

luppano da mie.

Io balzo su, ripieno di suprema possanza, uno della mediana in-


terminabile processione :

All’interno e lungo il mare, noi procediamo e oltrepassiamo tutte


le linee di confini,

Le nostre agili ordinanze vanno per la loro via su per la terra


tutta,
I fiori che portiamo al cappello, sono la fiorita di migliaia di anni.
Discepoli, io vi saluto ! su, avanti !

Continuate i vostri appunti, continuate le vostre questioni.

39 .

L’amichevole e volubile selvaggio che* è egli mai?


Aspetta egli la civiltà o l’oltrepassò e la padroneggia?

È egli qualcuno del sud-ovest, uscito fuor delle porte ? È un Ca-


nadese ?

Vien egli dalle campagne del Mississipì? Dal Jorva . dall’ Oregon,
dalla California ?
72 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Dalle montagne ? dalla vita delle praterie ? dalla vita dei boschi ?

o è ira marinaio che vien dal mare ?

Dovunque egli vada, uomini o donne lo accolgono e ne han de-


siderio,
Essi desiderano che egli li ami, li tocchi, parli loro, stia con essi.

Portamento senza legge come i cadenti flocchi di neve, parole sem-


plicicome erba, testa spettinata, riso e ingenuità,
Piedi moventisi lentamente, fattezze ordinarie, ordinari modi ed
emanazioni,
Essi discendono in nuove forme dalla punta delle loro dita,

Essi profumati dall’odore del loro corpo, dal loro respiro, volano
fuori lo sguardo dei loro occhi.

40 .

Fulgóre di sole, io non ho bisogno di riscaldarmi, tramonta pure,


Tu illumini solo la superficie, io forzo le superficie e le profondità
anche.

Terra ! ei sembra che tu guardi le mie mani ,


come in cerca di
qualche cosa,
Di’, vecchia crosta, di che hai tu bisogno?

Uomo o donna, io potrei dirti come io ti amo, ma non posso,


E potrei dire quello che è in me e quello che in te, ma non posso,
E potrei dirti quali sono le pene mie, quale il battito delle mie
notti e dei miei giorni.
Vedi, io non do conferenze o una piccola carità,
Quando io do, do me stesso.

O tu che sei qui impotente, fiaccato delle ginocchia,


Apri le tue consunte ganasce finche io vi soffii entro della carne
solida,
Distendi le palme delle tue mani ,
e rovescia le fodere delle tue
tasche,
Io non debbo essere rinnegato, io sospingo, io ho pienezza di prov-
viste in serbo,
Ed ogni cosa che io ho, io la dono.
V—
IL C-iXTO DEL PROPRIO IO 73

Non domando chi tu sii, questo non è importante per me,


Tu nulla puoi fare, nè nulla essere, fuori di quello che io sof-
fierò in te.

Allo schiaro del campo di cotone o a chi sia il più mondo di soz-
zure, io do appoggio,
Sulla sua gota destra poso il bàcio di famiglia,
E nella mia anima giuro che io non lo rinnegherò mai.

Su, o donne, acconce a concepire ,


io produco i fanciulli più ga-
gliardi e più viraci
(Oggi io schizzo la fondamentale materia delle più arroganti re-
pubbliche) .

Verso ognuno che sta morendo io mi affretto ,


e serro la toppa
della porta,
E riverso le coperte a piè del letto :

Lasciate che il medico e il prete vadano a casa.

Afferro E uomo che precipita, e lo sollevo con volontà irresistibile,


0 tu che disperi, eccoti il mio collo, tu non andrai giù, per Dio!
Sospenditi a me di tutto il tuo peso.

Io ti dilato con tremendo alito, e ti sostengo a galla,


Ogni stanza della casa io empio di armati :

Amanti miei, e sfida-tori di tombe,


Dormite — io ed essi faremo guardia tutta notte —
Non dubitate; non morte- oserà posare il dito su voi,
Io vi ho abbracciati, e quindi innanzi sono io che vi posseggo,
E quando voi vi leverete al mattino, voi troverete che quello che
io dico è così.

41 .

Io sono quegli che appresta soccorso all'infermo, quando ei pena


supino,
E a colui che è forte e in piè appresto un soccorso anche più ne-
cessario.
Io ascolto quello che fu detto dell’universo,
Ascolto cpiesto e riascolto questo che avviene da parecchie migliaia
di anni;
7f ir. WHITMAJST — FOGLIE DI EBBA

Questo è mediocremente bene per quel tanto che è — ma è tutto?

Per magnificare e per applicare io Tengo,


Sorpassando nelle gare dell’asta i vecchi e cauti rigattieri:
Misuro io stesso le esatte dimensioni di delio va,
Litografo Crono, suo figlio Giove, ed Ercole suo nipote,
Compro schizzi di Osiride, di Iside, di Belo, di Brahma, di Budda,
Metto nel mio portafoglio Munito (1). E Allah sur un foglio, e il

Crocifisso inciso
Pongo insieme con Oddiuo e con Mexitli dalla repugnante faccia
e con qualsiasi altro idolo e immagine,
Valutandoli per quel tanto che meritano, non un centesimo di più,
Consentendo che essi ebbero vita ,
e compirono P opera dei loro
giorni !

(Essi produssero dei tonchi, come di uccelli implumi, i quali ora


hanno da levarsi per volare e cantare da sè stessi).
Accogliendo questi tratti deifici per completarli meglio in me, e
cercandoli liberamente in ciascun uomo e donna ch’io vegga.
Scoprendo altrettanto o più in un architetto che modella una casa,
Avanzo più alte pretese per colui che, qui, colle maniche della

camicia rimboccate tratta mazzuolo e cesello;


E non faccio obiezioni ad alcuna rivelazione; ma, stimando che una
folata di fumo o un pelo del dorso della mia mano siano proprio al-
trettanto curiosi quanto ogni qualsiasi rivelazione.
Giovani pompieri, sospesi in alto coi lor raffi e scale e funi ,
non
sono per me da meno che gl’Iddii delle antiche guerre,
Quando ricordo lo schiamazzo di lor voci fra lo scroscio della di-

struzione,
E le gagliarde lor membra vedo traversare salve le carbonizzate assi
e le loro bianche fronti scampare intatte e illese dalle fiamme;
Sono accanto alla donna del meccanico ,
che col suo fanciullo al

capezzolo, prega per ogni essere nato,


Accanto a tre mietitori che fischiano in fila e in compagnia di tre

voluttuosi angeli, le cui camice rigonfiansi sul petto come sacelli,


Accanto all’oste dai denti aguzzi, che redime i suoi peccati passati
e futuri,

(1) Planilo o 21anitii. Così chiamano alcune tribù Indiane il Grande Spirito,

buono o cattivo, ed anche ogni oggetto di adorazione.


IL CAUTO DEL PROPRIO IO 75

Vendendo butto ciò die possiede per pagare gli avvocati di suo
fratello, e per sedere al suo fianco, quando quello è giudicato come
falsario.
Il toro e la cimice non furono adorati abbastanza,
Lo sterco e la polvere sono ammirabili più di quanto fosse sognato mai,
Il soprannaturale è di nessun conto, io stesso aspetto il mio tempo,
per diventare uno degli enti supremi ;

E pronto si avanza il dì, quando io farò altrettanto bene quanto


l’ottimo, e sarò altrettanto miracoloso.
Per la massa della mia vita ! Già divento un creatore,
Postandomi qui ora, nell’imboscato utero delle ombre.

42 .

Un appello uel mezzo della folla;


È la mia propria voce, piena, trascinante, definita.

Venite, figli miei,


Venite, o giovinette, o mie donne familiari e intime;
Ora l’attore slancia il nerbo della sua voce, egli ha concertato il suo
preludio sulle canne della sua anima.

O corde agevolmente sonate da dita snodate — io sento il tono del


vostro più alto suono e del vostro finire.

La mia testa si gira sul mio collo,

Della musica si sviluppa, ma essa non viene dall’organo,


Attorno a me sono genti, ma non sono a me familiari.

Sempre l’arduo terreno non esplorato,


Sempre i mangioni e i beoni, sempre il sorgente e tramontante sole,

sempre l’aria e le incessanti maree,


Sempre me e i miei vicini, rinfrescanti, malvagi, reali,
Sempre la vecchia e non spiegata inchiesta, sempre questo pollice
stracciato da spine, quest’angoscia di pustule e di sete,
Sempre amore, sempre il fluido singulto della vita,
Sempre la fasciatura sotto il mento, sempre i cataletti della morte.

Camminando qua e colà con le cataratte sugli occhi,


Travagliando liberalmente il cervello, per saziare l’avidità del ventre,
Comprando biglietti, prendendo, vendendo, ma non entrando mai al
festino,
76 W. WHITMAN FOGLIE DI ERBA

Sudando, arando, battendo col coreggiato, ricevo, alla fine, in pa-


gamento, la pula;
Mentre pochi oziosi posseggono, e reclamano continuamente il grano.

La città è questa, ed io uno dei cittadini,


Qualsiasi cosa interessi gli altri, interessa anche me: politica, guerra,
mercati, giornali, scuole,
Il sindaco, e i consigli, le banche, le tariffe, i piroscafi, le fattorie,
le mercanzie, le provviste, lo stato reale e lo stato personale.

I piccini omicciattoli ricchi sgambettano attorno con colletti ed


abiti a coda,
Io conosco chi sono essi (positivamante non sono nè vermi, nè pulci),
Io riconosco i doppioni di me stesso; ciò che è più fiacco e più
frivolo è immortale, al pari di me,
Quello che fo e dico io è lo stesso che aspetta essi,

Ogni pensiero che si agita in me è lo stesso di quello che agita essi.

Io conosco perfettamente il mio egoismo,


10 conosco le mie righe onnivori e non devo scrivere alcun che
,

di meno,
E vorrei procurare che tu, qual che tu sii, fluissi insieme con me.
Non parole di solita rotina formano questo mio canto,
Ma domande improvvise, per saltare al di là ;
e nondimeno esse
portano più da presso;
Questo è un libro stampato e rilegato — ma e lo stampatore e il

ragazzo della stamperia ?

Ben riuscite queste fotografie — ma e la tua donna e il fido e saldo


amico, quando sono tra le tue braccia ?

La nera nave è armata di ferro, i suoi potenti cannoni sono sulle


torri — ma e lo sforzo dei capitani o degl' ingegneri ?

Nella casa i piatti, i viveri, la fornitura —ma e il padrone e la pa-


drona, e lo sguardo che vien dai loro occhi ?

11 cielo è lassù, in alto — nondimeno è qui o nella prossima porta


o in mezzo la via.
I santi e i savi nella storia — ma e tu stesso ?

I sermoni, i credi, la teologia — ma e l’informe cervello umano ?

E che cosa è la ragione? E che l’amore? E che la vita?


s :

IL CASTO DEL PROPRIO IO

43.

Io non disprezzo voi. o preti, di tutti i tempi, sparsi per tutto il

mondo,
La mia è la più grande delle fedi e la più piccola delle fedi,
Abbraccia l’antico culto e il moderno e tutto ciò che è fra il mo-
derno e l’antico:
Credo che tornerò nuovamente sulla terra, dopo cinque migliaia di
anni,
Attendo responsi da oracoli, onoro gl’Iddii, saluto il sole,

Mi faccio un feticcio del primo blocco e tronco, facendo scongiuri


con stecchi nel centro degli obi (1).

Aiirto il llarna o il bramino ,


quando questi acconcia le lampade
degli idoli,
Danzo anche per le vie in una processione fallica, e sono rapito e
austero nei boschi, come un ginnosofista,
Bevo idromele nei teschi, ammirando gli Sbasta (2) e i Veda, ri-

cordando il Corano,
Passeggio pel Teokalli, (3) macchiato di sangue ,
batto il tamburo
di pelle di serpe,
Accetto il vangelo, accetto colui che fu crocifisso, sapendo sicura-
mente che Egli è divino,
M’inginocchio a messa, e canto la preghiera del puritano, o seggo
pazientemente sur un banco,
Grido e fo bava nelle insane mie crisi ,
o ,
come morto ,
aspetto
finché il mio spirito mi susciti,
Guardo innanzi il pavimento e la regione, o fuor del pavimento e
della regione,
Appartengo agii avvolgimenti del circuito dei circuiti.

Uno della campagnia centripeta e centrifuga ,


io mi rivolgo come
uomo che lasci istruzioni, prima di mettersi in viaggio.
0 voi dubitanti, presi da scoramento, muti e cacciati via,

(1) Il verso del W. è : powoiving with stuks in thè eircle of obis. Poioow è il
Dome di un mago fra gl’indi del Nord- America. Obis, una specie «li scongiuro usato
nelle Indie occidentali.
(2) Sbasta o Sliastra. un libro di commento ai Veda, contenente ordini per gl'indiani.
(3) Teocalli ,
parola messicana. Alla lettera significa : casa di Dio Usualmente un
tempio di fonila piramidale.
78 W. \V HITMAN — FOGLIE DI ERBA

O frivoli, stizzosi, abbattuti, collerici, scorati, atei,


10 conosco ognuno di voi ,
io conosco il mare del tormento ,
del
dubbio, della disperazione e dell’incredulità.
Come schizzano i fluid ! (1)

Come, rapidi e lucenti si attorcigliano con spasimi e spruzzi di


sangue !

Pace, pace, o sanguinanti fluki degli scettici e degl’irosi abbattuti,


10 prendo posto tra voi così come tra altri!

11 passato è quello che incalza voi, me, tutti, precisamente al modo


stesso,
E quello che non ancora è scrutato e verrà dopo , è per voi ,
per
me, per tutti, precisamente al modo stesso.

Io non so quello che non è ancora scrutato e che verrà dopo,


Ma so che esso verrà al suo turno ,
e che sarà sufficiente e che
non può venir meno.

Ciascuno che passa è considerato, ciascuno che fermasi è conside-

rato, non un solo può venir meno :

Non può venir meno il giovane che morì e fu seppellito,


Nè la giovine donna che morì e gli fu posta allato,
Nè il piccolo fanciullo che si affacciò appena alla porta e poi si

ritrasse, nè più parve fuori,

Nè il vecchio che visse senza scopo e sente questo con un’ amari-
tudine che è peggio che fiele,
Nè chi nella povera casa diventò tubercoloso per ìhum o per tristi
disordini,
Nè gl’innumeri sgozzati e naufraghi, nè il brutale Koboo chiamato
la sozzura dell’umanità,
Nè i saes (2) che guizzano unicamente con la bocca aperta, perchè
11 cibo vi scivoli dentro,
Nè qualsiasi cosa che è sulla terra, o giù nelle più antiche tombe
della terra,
Nè alcuna cosa delle ni hindi sfere, nè le miriadi delle miriadi di
esseri che le abitano,
Nè il presente, nè l’ultimo dei fuscelli che sia stato conosciuto.

(1) Fluke è mi parassita che si forma nel fegato delle pecore e genera malattie
infettive.

(2) Specie di pesce.


IL CANTO DEL PROPRIO IO 79

44 .

Ed ora è tempo elle io spieghi me — leviamoci in piedi.


Quello che è conosciuto io strappo via,
E lancio tutti gli uomini e le donne ,
innanzi ,
con me ,
dentro
l'ignoto.
L'orinolo segna il momento — ma che cosa segna l'Eternità?
Noi abbiamo da così lungo tempo esauriti trilioni d’inverni e di
està,
Innanzi a noi sono altri trilioni ,
e innanzi a questi altri trilioni

ancora.

Le nascite ci hanno apportato ricchezza e varietà,


Ed altre nascite ci apporteranno ricchezza e varietà.

Io non chiamo uno più grande ed un altro più piccolo,


Ciò che riempie il suo periodo e loco, è uguale a checchessia.
Fu l’umanità assassina o gelosa contro voi, o mio fratello, o so-
rella mia?
He son dolente per voi, essa nou è assassina o gelosa contro me :

Tutto fu gentile con me, io non fo stima dei lamenti,


(Che cosa ho io da fare coi lamenti ?)

Io sono un’acme delle cose complete ,


e contengo le cose che sa-
ranno.
I miei piedi calcano l’apice degli apici degli astri,
Ogni mio passo valica gruppi di secoli ,
e piii grandi gruppi re-

stano fra i miei passi,


Tutto che è sotto me è corso debitamente, ed io ascendo e ascendo
sempre.
Di elevazione in elevazione m’ inchino ai fantasmi che restano
dietro di me,
Da lirngi, sotto, scorgo il primo Nulla smisurato, so che fui io an-
che colà,
Ch'io, invisibile e sempre, aspettai e dormii nel grembo della letar-
gica nebbia,
E colsi il mio tempo, nè mi sentii ingiuriato dal fetido carbone.

Per lungo tempo io fui compresso saldamente — per lungo, per


lungo tempo.
A lungo, a lungo mi appiattai —A lungo, a lungo.

Immense sono state le preparazioni per me,


80 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Fedeli ed amiche furono le braccia che mi soccorsero.


Cicli dettero passaggio alla mia culla, vogando e vogando come
gioiosi battellieri,
Perchè io trovassi dimora negli astri, tenutisi appartati nei loro anelli:
E gli astri mandarono i loro influssi, j)er vedere quello che doveva
aver presa su me.
Prima che nascessi da mia madre, generazioni guidarono me,
Nè mai torpido fu il mio embrione, nè alcuna forza avrebbe po-
tuto soffocarlo.
Per lui la nebulosa aderì in globo,
Lenti gli strati si ammassarono, perchè esso vi riposasse,
Vegetali smisurati gli dettero il sostentamento,
Mostruosi sauroidi lo trasportarono nelle loro bocche e lo deposero
con cura :

Tutte le forze furono adoperate saldamente, per completare e deli-


ziare me,
Ed ora, in questo sito, io sto con la mia robusta anima.

45 .

O espandersi della giovinezza ! O sempre spinta elasticità !

0 virilità equilibrata, fiorente e piena !

1 miei amanti mi soffocano,


Serrandosi sulle mie labbra, abbicandosi ai pori della mia pelle,
Urtandomi traverso le vie e nelle sale pubbliche, venendo a me
nudi e di notte,
Gridando, di giorno, Ahoy dagli scogli del fiume ed aleggiando e gar-
rendo sul mio capo,
Chiamandomi per nome da letti di fiori, da vigne, da sotto i folti

cespugli,
Lampeggiando in ogni momento della mia vita,
Baciando il mio corpo con baci molli e balsamici,
Sommessamente traendoli a manate fuori dei loro cuori, e dandoli

a me, perchè fossero miei.

O vecchiezza, che sorgi superbamente 1 O grazia ineffabile dei giorni


estremi !

Ogni condizione non promulga solo sè stessa, ma promulga quello


che cresce dopo o fuori di sè stessa,
E il silenzio tenebroso promulga così come ogni altra cosa.
.

IL CANTO DEL PROPRIO IO 81

10 dischiudo di notte il mio boccaporto, e guardo i lontani disse-


minati sistemi,
E tutto quello che vedo moltiplicato, è così alto, che non vedo che
il lembo dei sistemi piti remoti !

Più ampi e più ampi essi si distendono, espandendosi e sempre


espandendosi
Fuori del noto, e fuori del noto sempre, e sempre fuori del noto.

11 mio sole ha il suo sole e rotagli attorno ubbidiente,


E congiunge i suoi compagni in un gruppo di un superiore cir-

cuito,
E più grandi sistemi seguono, mostrandosi come piccole macchie
di altri grandissimi che sono entro loro.

Non vi è fermata, nè vi può essere fermata mai,


Se io, se i mondi, se tutto ciò che è sotto e sopra la loro super-
fìcie fossimo in questo attimo ridotti ad una tenue ondata ,
ciò non
c’impedirebbe la lunga corsa,
Noi sicuramente risaliremmo di nuovo dove ora siamo,
E sicuramente andremmo più lontano, e poi più lontano, e più lon-
tano.

Qualche pochi di quadrilioni di ere, qualche pochi di ottilioni di


leghe cubiche non inquietano l’espandersi, nè li fanno impazienti,
Essi non sono che parti, ogni cosa non è che parte.

Guarda pure lontano: uno spazio illimitato è al di là da esso;


Computa pure quanto vuoi : vi è un tempo senza limiti oltre il

computo
Il mio appuntamento è fissato e certo,
Il Signore sarà ivi e aspetterà, finché io pervenga a condizione
perfètta,
11 gran Camerata, l’amante verace, per cui io spasimo, sarà colà.

46 .

Io so di avere il meglio del tempo e dello spazio, e che esso non


fu misurato mai, nè sarà misurato mai.
\Y. "Whitman. — Foglie di erba. 0
82 ir W'JJITÌIAX — FOGLIE DI EltBA

Vo vagabondo ad un viaggio perpetuo (venite ad udir tutti !)

I miei contrassegni sono una giubba impermeabile, Imene scarpe,


ed un bastone tagliato dai boschi;
Nessun mio amico prende un comodo posto nella mia cattedra.
Io non ho cattedra, non chiesa, non filosofia;
Non meno alcuno a desinare o alla libreria, o alla borsa,
Ma ciascuno di voi, uomo o donna, io guido sur un colle:

La mia mano sinistra ti si aggancia intoruo al petto,

La mia mano diritta ti addita i paesaggi dei continenti, e la pub-


blica via.

Non io, non altri può camminare questa via per te,

Devi camminarla tu, da te stesso.

Essa non è lontana, è qui, a mano;


Forse tu sei stato su essa dopo che tu nascesti, e non lo sai,

Forse essa è dovunque, sull’acqua e sulla terra.

Caricati sulle spalle i tuoi effetti, o figlio mio, io mi caricherò i

miei e affrettiamoci via :

Mirabili città e libere nazioni noi cercheremo andando.

Se tu ti stanchi, dammi il tuo carico e appoggia il grosso della


tua mano sulla mia anca,
A suo tempo tu renderai lo stesso servigio a me,
Perchè, dopo la partenza, no, noi non poseremo mai più di nuovo.

In questo dì, prima dell’alba, io ascesi una collina e guardai sul-


l’affollato porto,
E dissi alla mia anima : Quando noi abbracceremo questi globi e il

piacere e la conoscenza di tutto ciò che è in essi, saremo noi ripieni t

sodisfatti, allora ?

E la mia anima disse : No; noi non faremo che pianeggiare quello che
solleva ,
per passare continuamente oltre.

Anche tu mi vieni facendo dimande, ed io ti ascolto,


E rispondo che non posso rispondere; tu devi trovare da te.

Sosta un tratto, figlio caro,


Qui hawi dei biscotti da mangiare e latte da bere,
Ma appena tu sii addormito e rivestito di abiti nuovi e comodi, io

ti bacio col bacio dell’addio, e aprirò la porta per la tua uscita


da qui.
IL CASTO DEL PRODE IO IO

Abbastanza lungamente tu hai sognato spregevoli sogni,


Ora io lavo la cisposità clai tuoi ocelli;
Tu devi assuefarti al bagliore della luce e di ogni momento della
tua vita.

A lungo tu hai timidamente guadato, atterrandoti ad un’asse, lungo


la riva,

Ora io voglio che tu sii un audace nuotatore,


Per saltare in mezzo al mare e riapparire di nuovo, e farmi cenni e

gridare lietamente, scuotendo la tua chioma.

47 .

10 sono educatore di atleti,


Chi. per opera mia, allarga un più ampio petto del mio, testimo-
nia l’estensione del mio;
Assai onora il mio stile, chi impara, sotto la sua scorta, a distrug-
gere il maestro.

11 fanciullo che io amo diventa uomo, non mercè derivati poteri,


ma di suo diritto :

Tristanzuolo è piuttosto che virtuoso, ma senza volgarità e paura,


Passionato è per la sua prediletta, e desioso della sua carne;
Un amore non ricambiato o un disprezzo lo taglia peggio che non
tagli un coltello affilato,
Di prima forza è nel cavalcare, nel battersi, nel colpire un bue nel-
l’occhio, nel veleggiare sur uno schifo, nel cantare un canto, nel so-
nare il banjo (1),

Preferendo le cicatrici e la barba e la faccia vaiolata più che ogni viso


insaponato,
E quelli che sono abbronzati a quelli che si tengono lontani dal
sole.

Io insegno a deviare da me, nondimeno chi può deviare da me ?

Io ti seguito chiunque tu sii dall’ora- presente.


Le mie parole saranno pnirigini ai tuoi orecchi, finche tu le in-

tenda :

(1) Strumentò’ musicale : ha il capo e il collo come la chitarra e il corpo come


tamburo. Ha cinque corde.
84 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non dico queste cose per un dollaro o per passare il tempo, mentre
che aspetto il battello pel passaggio,
(Tu parli proprio come me, io metto come in opera la tua lingua,
La quale è ligata nella tua bocca, e nella mia comincia ad essere
disciolta).
Giuro che non mai più farò menzione di amore o morte nell’in-
terno di una casa,
E giuro che non trasferirò me in ognuno, ma solo a colui o a
colei che starà all’aperta aria insieme con me.

Se tu vuoi comprendermi, sali le altezze o va sulla riva del mare,


Il più prossimo moscherino è una spiegazione, e una goccia o una
ondata sono una chiave;
Il maglio, il remo, una seghetta a mano secondano le mie parole.

Non una stanza o scuola con gli scuri chiusi può avere comunanza
con me,
Ma i rozzi e piccoli fanciulli sono meglio che essi.

Il giovane meccanico è il mio più prossimo, egli mi conosce bene,


Il garzone del podere, arando nel campo, sentesi bene al suono
della mia voce;
Nelle navi che veleggiano, le mie parole veleggiano, io vado con
i pescatori, con i marinai, e li amo.
Il soldato, accampato o in marcia, è mio,
Nella notte, alla vigilia della battaglia, molti cercano di me, io

non vengo lor meno,


In questa notte solenne (può essere la loro ultima) quelli che mi
conoscono cercano di me.

La mia faccia vellica la faccia del cacciatore, mentre che egli giace
solo, avvolto nella sua coperta,
Il conduttore, pensando a me, non cura il sussultare del suo carro,
La giovine madre e la vecchia madre mi comprendono,
La fanciulla e la moglie sospendono l’ago per un momento e ob-

bligano dove esse sono :

Essi e tutti vogliono riepilogare quello che loro ho detto.

48 .

Io ho detto che l’anima non è da più del corpo,


Ed ho detto che il corpo non è da più dell’anima,
IL CASTO DEL PB OPPIO IO 85

E che nulla, nemmeno Dio , è più grande di quello che ogni


altro è,
E che chiunque cammina, anche un ottavo di miglio ,
senza sim-
patia, marcia al suo funerale, avvolto nel suo funebre lenzuolo;
Io o tu, ancorché senza un danaio, possiamo comprare il culmine
della terra,
E guardare con un occhio, o mostrare altrui che una fava nel suo
baccello confonde la dottrina di tutti i tempi,
E che nessun commercio o impiego c’è, che un giovane non possa,
esercitandolo, diventare un eroe,
E che non vi è alcun oggetto così fragile ,
da non poter farne
un’elsa pel roteante universo;
E dico ad ogni uomo o donna : fate che l’anima vostra stia calma
e composta innanzi a un milione di universi;
E dico all’umanità : non essere curiosa intorno a Dio,
Perchè io che sono curioso intorno a tutto, non sono curioso intorno
a Dio
(Nessun lasso di tempo può dire quanto io sono tranquillo intorno
a Dio, e intorno alla morte).
Io odo e guardo Dio in ogni oggetto, e non intendo Dio jprnto,
Nè intendo chi vi sia che possa essere più ammirabile di me;
Perchè dovrei io desiderare di veder Dio, meglio di ora ?

Io vedo qualche cosa di Dio, in ciascun’ ora delle ventiquattro e in


ogni momento loro :

Nei visi degli nomini e delle donne io vedo Dio, e nel mio proprio
viso allo specchio;
Io trovo lettere piovute da Dio per le vie, e ciascuna è segnata
del nome di Dio,
E le lascio dove esse sono, perchè io so che dovunque io mi vada,
Altre puntualmente verranno per sempre e per sempre.

49 .

E quanto a te, o morte, e a te, o amara stretta della nostra mor-


talità, è vano che tu tenti di allarmarmi.

Alla faccenda sua, senza tentennare, giunge l’ostetrico;


Vedo la vecchia mano premere, ricevere, sostenere;
Io mi chino accanto alle soglie delle squisite, flessibili porte,
E noto il passare, e noto il sollievo e l’uscita.
86 ll
r
. WEITMAN — FOGLIE DI ELBA

E quanto a te, o cadavere, io so i li •


sei Imon concime, ina questo
non mi riesce ingrato;
Odoro le bianche rose dal gradito olezzo, che vedo crescere,
Tocco gli orli delle foglie, secco i levigati semi dei melloni.

E quanto a te, o vita, io so che tu sei il rimasuglio di molte


morti,
(Senza dubbio, anch’io morii già dieci mila volte).
Io odo voi sussurrar qui, o astri del cielo :

O soli, o erbe delle tombe, o trasmutazioni e incrementi perenni,


Se. nulla dite voi, come posso dir io qualche cosa ?

Dal torbido pantano che giace, di autunno, nella foresta,


Dalla luna che discende per i declivi del morente crepuscolo,
Scattano scintille di luce e tenebra, scattano dal tronco che cade
nel mucchio fangoso,
Scattano dal gemente balbutìo delle rame secche.

Io ascendo dalla luna, ascendo dalla notte,


Comprendo che questo spettrale bagliore sono i raggi riflessi del
mezzodì,
E riesco al solido e al centrale, da ogni grande o piccola nascita.

50 .

Evvi in me qualcosa — non so che cosa sia — ma so che è in me.

Sfinito e sudato — calmo, indifferente allora diventa il mio corpo,


E dormo — dormo a lungo.
Non conosco questo —è senza nome —è una parola non ancora
detta,
Nè è in alcun dizionario, manifestazione, o simbolo.
Qualche cosa oscilla su essa, piucchè la terra su cui oscillo io.

Ad essa è amica la creazione, il cui abbraccio mi desta:


Forse potrei dire di più. Nude linee ! Io peroro per i fratelli e per
le sorelle mie.
Vedete voi, o miei fratelli e sorelle ?

Non è il caos o la morte — è forma, unione, schema — è la eterna

vita — è la Felicità.
IL CANTO DEL PROPRIO IO 87

51 .

Il passato e il presente vaniscono —


-
io li ho empiti e votati,

E procedo innanzi per riempire il mio prossimo inviluppo del fu-


turo.

Uditore, su, qui ! Che cosa hai tu da confidarmi ?


Guarda nella mia mentre che io aspiro il silenzio
faccia, della sera,
(Parla onestamente, nessun altro ti ascolta, ed io in’ infingerò solo
un minuto ancora).

Mi contradico io ?

Molto bene dunque, io mi contradico,


(Io sono ampio e contengo le moltitudini).

Io mi concentro verso quelli che son da presso ,


ed aspetto sulla
soglia della porta.
Chi ha compita l’opera del suo giorno? Chi vuole sbrigarsi più
presto con la sua cena ?

Chi desidera camminare con me ?


Vuoi tu parlare, prima che io parta ? Vuoi tu provare, quando già
è troppo tardi ?

o9

Il maculato falco si avventa accanto me, e mi accusa ,


e si lagna
della mia inutile ciarla e del mio fantasticare.

Non sono punto domo io, anch’io sono intraducibile,


E fo risonare il mio barbarico strillo su per i tetti del mondo.

L’ultimo sparir della luce indugiasi per me,


Proietta la mia somiglianza su tutti, e, verace come ogni cosa è
sui deserti pieni di ombra,
Mi alletta il risolvermi in vapore e tenebra.

Io mi diparto come aere, scuoto le mie canute ciocche al sole fug-


gente,
Effondo la mia carne in riflussi, e in frantumi fluttuanti al vento.
Lascio il mio me in eredità alla polvere, perchè cresca l’erba che
amo;
88 TT. WEITMAN FOGLIE DI ELBA

Se tu hai bisogno di me, guarda per me sotto la suola dei tuoi


stivali.

Tu saprai a stento chi io mi sia e che cosa voglia,


Nondimeno sarò per te buona salute,
E filtro e afforzo il tuo sangue.

Se tu vieni meno, cercandomi, non iscoraggirti alla prima;


Non trovandomi in un posto, cerca in un altro,

In qualche loco io farò alto per aspettar te.


FIGLI DI ADAMO.

Al Paradiso il mondo.

Al Paradiso il mondo un’altra volta viene ascendendo,


Possenti coniugi, figlie, figli, preludiano cantando
L’amore, la vita dei loro corpi, il pensiero, l’esistenza:
Curioso qui guardo la mia risurrezione dopo aver sonnecchiato;
io

I cicli, rivolgentìsi nel loro ampio circuito, mi hanno portato qui


novellamente;
Amoroso, maturo, tutto è bello per me, tutto meraviglioso,
Le mie membra e il fuoco che vi guizza e fa il suo gioco per esse,
hanno ragioni assai meravigliose.
Esistendo, io occhieggio e penetro sempre,
Contento del presente, contento del passato :

A fianco o dietro a me, Èva mi segue,


Ovvero mi sta innanzi ,
e sono io che, alla medesima guisa, se-
guo lei.

Dalle correnti chiuse e lancinanti.

Dalle correnti chiuse e lancinanti,


Da quella parte di me, senza cui io sarei nulla,
Da quello che io son risoluto di rendere illustre, anche se io resti
solo fra gli uomini,
Dalla mia propria voce sonora, che canta il phallus,
Che canta il canto della procreazione,
Che canta la necessità di figli superbi e quindi di un popolo di
superba fiorita,

Che canta il muscolare impulso e il congiungimento,


— 89 —
90 ir. WJIFTMAX — FOGLIE DI ElIBA

Clie canta il canto elei compagno <li letto (oli ! l' irresistibile spa-

simo !

Oli ! per ogni e ciascuna cosa elle attira il corpo correlativo !

Oli ! il corpo correlativo tuo per te ,


chiunque tu sii 1 Oli ! esso
che ti delizia più di ogni altra cosa !).

Dal morso affamato che mi rode dì e notte,


Dai nativi momenti, dalle pene del pudore, io, cantando questo,
Cercando qualcosa di non trovato ancora sebbene l’abbia cercato ,

per molti e lunghi anni,


Cantando il canto dell’anima irrequieta e randagia.
Rinascendo con la più grossolana Natura o tra gli animali,
Informando i miei poemi di questo di questi e di ciò che con , ,

essi accompagnasi,
Dell’ olezzo delle appiuole e dei limoni ,
dell’ appaiarsi dagli uc-

celli,

Dall’umidore dei boschi, dal saltellare delle acque,


Dai pazzi urti delle ondate sulla terra, or io, cantando questo,
Accenno lievemente la sinfonia, anticipo il periodo musicale.
Do il benvenuto ai prossimi bene accetti, alla vista del corpo per-
fetto,

Al nuotatore, o che nuoti nudo nel bagno, o che immoto giaccia


supino e dondoli,
Alla forma femminile che si avvicina, mentre io pensoso, tremante
sento le lancinanti punture dell’amore carneo,
Ed enumero per me, o per te, o per cliicchesia, la lista divina
Della faccia, delle membra, di ciò che sta fra il capo e il piè, e
di ciò che esso isiiira,

E i deliri mistici, la frenesia di amore, il profondo abbandono.


(Odi (pii in segreto quello che io ora ti sussurro :

Io ti amo ! Oh ! che tu mi possegga completamente.


Oh ! che a te ed a me sia concesso trafugarci da ogni altro, spa-
rire intieramente, liberi e senza legge,
Due falchi per l’aere o due pesci natanti pel mare non sfeno senza
legge più di te e di me).
Rapida scorra la tempesta traverso l’essere mio: che io tremi.
Che io giuri il giuramento dell’ inseparabilità di noi due della .

donna che ama me, e che io amo più della mia vita
(Oh io sfido volentieri ogni cosa per te,
!

Oh fa che io mi perda, se così dev’essere


! !

Io e te Che è per noi ciò clic il mondo faccia o pensi I


!
FIGLI DI ADAMO 91

Clie è a noi ogni altra cosa ? Solo elle a noi ci sia dato goderci l'im
l'altro, ed esaurire l’un l’altro, se così dev’essere).
Dal capitano, dal pilota a cui affido la nave,
Dal generale che comanda me, che comanda tutti ,
da cui prendo
permesso,
Affrettando da tempo il programma (troppo a lungo io ho indu-
giato) ,

Dal sesso, dall’ordito e dalla trama,


Dall’intimità, dai frequenti scontenti solitari,
Dall’ abbondanza prossima di persone, sebbene la desiderata persona
non sia prossima,
Dal morbido scivolar delle mani sopra me ,
dalla presa delle dita
tra i miei capelli e la barba,
Dal lungo sostenuto bacio sulla bocca o sul seno,
Dalla salda stretta che ubbriaca me ed ogni altro, venendo meno
per eccesso di vita,
Da quello che il divino marito sa, dal lavoro della paternità,
Dall’esultazione, dalla vittoria, dalla sodisfazione ,
dall’abbraccio
della compagna di letto nella notte,
Dai canti epici degli occhi, delle mani, dei franchi e dei seni,
Dalla stretta delle braccia tremanti,
Dall’arcuata curva e dalla solida presa,
Dallo stare fianco a fianco, buttata via la pieghevole coperta,
Dall’unica che è così dispiaciuta di lasciar me e da me altrettanto
dispiaciuto di lasciar lei
(Un istante ancora, o affettuosa aspettante, ed io tornerò),
Dall’ora degli astri splendenti e della stillante rugiada,
Dalla notte emergendo per un momento, e volando fuori,
Celebro te, o divino atto, e voi, o figli, per cui l’atto fu preparato,
E voi, o gagliardi lombi.

Io canto il corpo elettrico.

1.

Io canto il corpo elettrico :

Gli eserciti di quelli che io amo abbracciano me ed io abbraccio


essi,

Essi non vogliono lasciarmi andare, finché io non vada con essi e
risponda loro,
92 W. WSITMA2ST — FOGLIE DI EEBA

E li liberi dalla corruzione ,


e li carichi del pieno carico del-
l’alma.

Fu mai dubitato che quelli che corrompono i loro corpi na-


scondono sè stessi ?
E se quelli che profanano i vivi sono così malvagi come quelli che
profanano i morti f

E se il corpo non opera pienamente, quanto l’anima ?

E. ove il corpo non sia l’anima, che cosa è l’anima?

2 .

L’amore del corpo di un uomo o di una donna non ha bisogno


di giustificazioni, il corpo stesso non ha bisogno di giustificazioni.
Quello del maschio è perfetto, e quello della femina è perfetto.

L’espressione del viso non ha bisogno di spiegazioni.


Ma l’espressione di un uomo ben fatto non appare solo dal suo
viso;
Essa è nelle sue membra e giunture, è curiosamente nelle giunture
delle sue anche e polsi,
È nel suo andare, nel portamento del collo, nel flettersi del suo
petto e delle sue ginocchia — il vestimento non lo cela —
La gagliarda e soave virtù sua manifestasi da sotto il cotone e il

mantello;
Il vederlo passare adduce quello che i migliori poemi adducono e

forse più :

E tu t’indugi a riguardar dietro lui, e dietro il collo suo e le

estremità delle sue spalle.

Il corpo disteso e rotondetto dei bimbi, i seni e le teste delle


donne, le pieghe di lor vesti, il loro fare speciale, quando passiamo
per via, il contorno di lor forma,
Il nuotatore nudo nel bagno da nuoto ,
visto quando nuota tra-

verso il trasparente splendore verde,


O quando egli giaccia supino e si dondoli allo agitarsi dell’acqua:
Il piegarsi innanzi e indietro dei rematori sulla barchetta a remi,
o il cavaliere nella sua sella,
Le fanciulle, le madri, le massaie in tutte le bisogne casalinghe.
Il gruppo degli operai seduti in sul mezzodì con gli scoperti paiuoli

e le lor donne che aspettano,

La femina che cura un bambino, o la figlia del fittavolo, in giar-

dino o nella corte del bestiame,


FIGLI DI ADAMO 93

Il giovanotto che sarchia il frumento ,


il conduttore di carri che
guida i suoi sei cavalli tra la folla,
La lotta dei lottatori, due ragazzi apprendisti abbastanza svilup- ,

pati. libidinosi, di buona indole, nativi della città, che vanno fuori
al tramonto in un’ora di vacanza,
Le giubbe e i capelli buttati via, l’abbraccio di amóre e la resi-

stenza, la superiore e l' inferiore presa, e l’annebbiarsi della vista,

La marcia dei pompieri in divisa, il gioco dei virili muscoli loro,


traverso i bene assettati calzoni e i corpetti di cuoio,
Il ritorno lento dall’ incendio, l’alto, quando la campana suona im-
provvisamente di nuovo, e il porger l’orecchio all’allarme,
Gli atteggiamenti naturali perfetti, vari, il capo piegato, il collo
curvo, la risposta all’appello,
Coleste cose io amo — Io mi metto ad agio, passo liberamente, sono
in seno alla madre in compagnia del piccolo fanciullo,
Nuoto coi nuotatori, lotto coi lottatori, marcio in fila con i pom-
pieri, e sosto, porgo l’orecchio e canto.

3 .

Conobbi già un uomo, un fittavolo comune ,


padre di cinque
tìgli,

E fra questi eran padri di figli, e fra questi altri padri di altri tìgli.

Era quest’uomo di vigoria ammirabile, calmo, bello della per-


sona,
La forma del capo, il color giallo-pallido e bianco dei capelli e
della barba, l’immensurabile intelligenza dei suoi occhi neri, la ric-
chezza ed ampiezza dei suoi modi,
Tutto cotesto usavo visitare per veder lui : era saggio anche :

Era alto sei piedi, vecchio di più che ottanta anni, i tìgli erano
solidi, asciutti, barbuti, abbronzati, belli :

Essi e le figlie di lui l’amavano, tutti quelli che lo vedevano ra-


mavano;
E non era amore di benevolenza, essi l’amavano di amore perso-
nale.
Bevve sempre solamente acqua, il sangue suo appariva scarlatto,
traverso la chiara pelle bruna del suo viso,
Era un cacciatore ed un pescatore assiduo, metteva alla vela da sè
94 II'. HITMAS
\Y — FOGLIE HI EUBA

la sua barca, dono di un costruttore di navi, e molte armi da caccia


aveva, donategli da tinelli elle gli volevan bene :

Quando egli andava a cacciare o alla pesca, in compagnia dei tigli


e dei nipoti, tu l’avresti voluto scegliere come il più bello e il più
vigoroso della comitiva,
E desiderato di essere in sua compagnia per lungo e lungo tempo,
sedendogli accanto nella barca, si che le tue e le sue carni si toc-
cassero.

4 .

Ho notato che essere con coloro che amo, è sufficiente;


Il ritrovarsi, a sera, in compagnia degli altri, è sufficiente,
Essere attorniato da carne bella, curiosa, respirante, ridente, è suf-
ciente,
Ma il passare tre essi e il toccare ciascun di essi, o il posare per
un momento il mio braccio attorno al collo di lei, che cosa è dunque ?
Io non cerco altra maggior delizia, io nuoto nella letizia come in
un mare.

Qualcosa evvi nello stringersi agli uomini e alle donne e nel

guardarli e nel contatto ed odore che vien da essi e che sodisfa l’a-
nima bene;
Tutte le cose sodisfano T' anima ,
ma queste sodisfano l’anima
bene.

Ecco la forma feminile :

Un divino nimbo esala da lei, dal capo ai piedi,


Che attrae con attrazione gagliarda e innegabile:
Io sono attratto dal suo respiro, come se fossi non più che im va-
pore senza forza, tutto cade giù, fuor che me ed esso;
Libri, arte, religione, tempo la terra solida e visibile
,
e quel ,

qualcosa che si speri dal cielo o si paventi dall’inferno ,


tutto resta
consunto,
Fila pazze, scoppi ingovernabili si destano da esso, il responso non
è meno ingovernabile,
FIGLI DI ADAMO 95

E allora chiome, seni, fianchi, gambe allaeciansi, e le mani cadono


distese, anche le mie son distese;
La marea è rintuzzata dal riflusso e il riflusso dalla marea, e l’a-

mor carneo si gonfia e punge deliziosamente,


E indefiniti limpidi gitti di amore caldo ed enorme ,
e tremulo
succo di amore, e spruzzo bianco e succhio delirante,
Notte di amore di novella sposa, che lavora sicuramente e queta-
mente fino alla prostrazione dell’alba ,
che ondula nel carezzante e
attraente giorno,
Perduta nella stretta della presa e nel giorno così dolcemente
carneo.

Questo il nucleo — poi il fanciullo nasce di donna, un uomo


nasce di donna;
Questo il bagno del nascere, questo il sommergersi e il rigalleg-
giare di ogni cosa piccola o grande.
Non vogliate vergognarvi, o donne : la prerogativa vostra ab-
braccia ogni altra, ed è la porta di ogni cosa,
Voi siete le porte del corpo e voi siete le porte dell’anima.

Tutte le doti possiede la donna e le tempera,


È al suo posto e muovesi con equilibrio perfetto;
Ella è tutto ciò che è debitamente velato, è passiva ed attiva,
Fatta per concepire così figlie come figli, e così figli come figlie.

Quando io guardò la mia anima riflessa nella Natura,


Quando, attraverso una nebbia, veggo un Essere di compitezza, di
sanità, di beltà ineffabili,
Quando vedo il capo reclinato e le braccia conserte al seno, è la

Femina che vedo.

6 .

Il maschio è lo spirito, nè meno nè più; anclr esso è al suo


posto;
Anch'esso possiede le doti tutte; è azione e forza.
Il flusso dell'universo conosciuto è in lui,
L’onta gli si addice bene, e la brama e la diffidenza gli si addi-
cono bene,
96 TF. WIIITMAX — FOGLIE DI ERBA

Le passioni più ampie e più selvagge, ogni benedizione die sia la

più grande, ogni dolore che sia il più grande gli si addicono lene
l’orgoglio è fatto per lui,
L’orgoglio di un uomo ciré si espande pienamente calma l’anima
ed è per essa eccellente;
La conoscenza gli si addice, egli la predilige sempre, e ogni cosa
confronta con sè, come con un testo,
Qual che sia lo spettacolo, quale che sieno il mare e la vela, egli
solo dall’orgoglio suscita al fine i suoi suoni
(E donde altro egli suscita suoni, fuor che di qui ?).

Sacro è il corpo dell’uomo, e sacro è il corpo della donna,


Non importa chi esso sia, è sacro —è esso il più inetto di una
comitiva di operai ?

È un immigrante dalla faccia stupida, di quelli che teste sono ap-


prodati al porto ?

Ciascuno sta al proprio loco qui o dovunque ,


proprio come un
uomo ammodo, proprio come te,

Ciascuno o ciascuna ha il suo posto nella processione.

(Tutto è una processione,


L’universo è una processione cou movimento misurato e perfetto).

Conosci tu tanto te, che tu possa chiamare alcuno il più vile


ignorante ?

T’immagini tu di aver diritto ad un buon posto per vedere, e che

egliod ella non abbiano diritto ad alcuna vista ’


Ti pensi che la materia sia aderita dal suo diffuso fluttuare, e che
sulla superfice sia il suolo, e che le acque scorrano e i vegetali ger-
moglino
Per te solamente, e non per lui e per lei ?

Il corpo di un uomo all’incanto


(Perchè prima della guerra io andavo spesso al mercato degli

schiavi, a guardare la vendita) :

Aiuto colui che fa l’incanto, poiché quell’inetto non sa la metà


della sua faccenda.

Guardate, o signori, questo miracolo,


Le offerte degli offerenti, (piali che sieno, non possono essere ab-

bastanza alte per lui,


FIGLI DI ADAMO 97

Per lui il globo stette preparando quintilioni di anni, senza un solo


aniprale o pianta,
Per lui i rivolgentisi cicli rotearono con fida esattezza e saldi.

Entro questo capo è il cervello, che si ride di ogni cosa.


E in esso e sotto esso sono le creazioni degli eroi.

Esamina queste membra, rosse, nere o bianche, come sono ar-


tistiche per tendini e nervi,
Si darà loro uno strappo, perchè possiate vederli.

Sensi squisiti, occhi lucenti di vita, ardire, volontà,


Guizzi dei muscoli del petto ,
spina dorsale e collo pieghevoli,
carne non flaccida, braccia e gambe di giusta proporzione,
E dentro vi sono altri miracoli ancora.

Dentro scorre sangue,


medesimo vecchio sangue la medesima corrente rossa
Il ! di sangue !

Qui gonfiasi e palpita un cuore, qui le passioni tutte, i desideri,


gli sforzi, le aspirazioni

(Pensate voi che essi non ’sieno qui, perchè non se ne parla nei
salotti e nelle stanze delle conferenze ?)

Nè solo un uomo è questi, questi è il padre di quelli che sa-


ranno padri a lor volta,
In lui sta il primo avviarsi di popolosi stati e di ricche repub-
bliche,
Di lui si formeranno innumeri vite immortali, con innumeri incar-
nazioni e gioie.

Come conoscete voi chi verrà dalla discendenza della sua di-
scendenza, traverso i secoli ?

(Chi potrebbe trovar che voi siete venuti da voi, se vi fosse dato
di risalire in dietro, traverso i secoli?)

8.

Il corpo di una donna all’incanto,


Anch’essa non è solo essa, ma la feconda madre di madri,
Essa è la portatrice di quelli che cresceranno e saranno i compagni
delle madri.

Hai tu amato mai il corpo di una donna ?

Hai tu amato mai il corpo di un uomo ?


'SV. Whitman. — Fuglie di erba. I
98 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non ti avvedi tu che questi sono esattamente gli stessi in tutto,


in tutte le nazioni, e in tutti i tempi sulla terra ?

Se qualche cosa è sacra, il corpo umano è sacro,


E la gloria e dolcezza di un uomo e m Ila sua umanità non mac-
chiata;
E nell’uomo o nella donna, un pulito, forte corpo, dalle fibre salde,
è più bello che la più bella faccia.

Hai tu visto il folle che corruppe il suo vivente corpo ? Hai


visto la folle che corruppe il suo vivente corpo ?

Perchè essi non si celano, e non possono celarsi.

9 .

O mio 'corpo ! Io non oso trascurare i simili a te negli altri


uomini e donne, nè le somiglianze dello tue parti,
10 credo che i simili a te staranno o cadranno eoa le somiglianze
dell’anima (e che esse sono l’anima),
Credo che i simili a te staranno o cadranno con i miei poemi, e che
essi sono i miei poemi,
Poemi dell’uomo, della donna, del fanciullo, della gioventù ,
della
moglie, del marito, della madre, del padre, del giovane uomo e della
giovane donna,
La testa, il collo, la chioma, il cerume o il timpano degli orecchi,
Gli occhi, le ciglia, l’iride dell’occhio, le sopraciglia, e le palpebre,

quando si veglia o dorme,


La bocca, la lingua, le labbra, i denti, il palato ,
le mascelle ,
il

massatere,
11 naso, le pinne e il setto,
Le gote, le tempia, la fronte, il mento, la gola, la parte posteriore
del collo, le vertebre cervicali,
Le robuste spalle, la virile barba, la scapula, il dorso delle spalle,
e l’ampia rotondità del petto,
Il braccio, l’ascella, l’imperniarsi del gomito, l’avambraccio, i mu-
scoli delle braccia, le ossa delle braccia,
Il polso e le giunture del polso, la mano, la palma, le articolazioni,

il pollice, lo falangi anteriori delle dita ,


le giunture delle dita . le

unghie delle dita,


Il largo petto, i poli arricciati del petto, le ossa del petto, la pro-
porzione del petto,
Le costole, il bollico, la spina dorsale, le giunture della spina,
FIGLI DI ADAMO 99

I fianchi, le aiticolazioni delle anche, il fianco forte, l' interna ed


esterna rotondità loro, i testicoli, la radice dell’uomo,
II robusto sistema muscolare delle cosce, il bel portamento elei

tronco superiore,
Le fibre delle gambe, il ginocchio, la rotola, la parte superiore della
gamba, la gamba inferiore,
Le gaviglie dei piedi, il tacco, le dita dei piedi, le giuntur edelle
dita, il calcagno;
Gli atteggiameati tutti, la forma bella del corpo, tutte le pertinenze
del tuo o del mio corpo, o di qualsiasi corpo di maschio o di femina,
I polmoni spunchiosi, il sacco dello stomaco, le budella levigate
e linde,

L cervello nelle sue circonvoluzioni entro la cavità del cranio,


Le simpatie degli organi, le valvole del cuore ,
le valvole del pa-
lato, la sessualità, la maternità,

La feminilità e tutto quello che una femmina è, e l’uomo che vien


dalla femmina,
L’utero, le mammelle, i capezzoli, il latte del petto, le lagrime, il

riso, il pianto, le occhiate di amore, i turbamenti e il sorger dell’a-


more,
La voce, l’articolazione, il linguaggio, il sussurro, il grido ga-
gliardo,
II mangiare, il bere, il battito, la digestione, il sudore, il dormire,
il camminare, il nuotare,
IL equilibrarsi sui fianchi, il saltare, il curvarsi ,
1’ abbracciare ,
il

curvare del braccio e la stretta salda,


I continui movimenti della rotondità della bocca, e del roteare degli
occhi,
La pelle, l’abbronzata forma, le lentiggini, la chioma,
La curiosa simpatia che si sente, quando con la mano si palpa la
nuda carne del corpo,
Le circolanti correnti del respiro, e l’aspirare e l’espirare,
La beltà del sono, e di lì ai fianchi, e di qui giù verso le gi-
nocchia,
La sottile rossa sostanza gelatinosa dentro me o dentro te, le ossa
e il midollo delle ossa,
E la squisita realizzazione della sanità;
Oh ! To dico, che tutte queste non sono le parti e i poemi del corpo
solamente, ma dell’anima.
Oh ! Io dico ora che sono l’anima stessa !
100 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Una donna aspetta me.

Una donna aspetta me, ima donna che non manca di nulla,
Pur, 'di tutto ella mancherebbe, se mancasse il sesso ,
se 1" umore
dell’uomo adatto mancasse.

Il sesso contiene tutto, corpi ed anime,


I significati, le prove, le purità, le delicatezze, i risultati, le pro-
mulgazioni,
I canti, i comandi, la sanità, l’orgoglio, il mistero della maternità,
il latte seminale,
Le speranze tutte, i benefici, i donativi, tutte le passioni, gli amori,
le bellezze, le delizie della terra,

Tutti i governi, i giudici, gl’iddìi, le persone che hanno seguito in


questa terra,
Tutte coteste cose sono contenute nel sesso, come parti di esso, e
giustificazioni di esso.

Senza vergogna, l’uomo ch’io amo sa e confessa le delizie del

suo sesso,
Senza vergogna, la donna ch’io amo sa e confessa le delizie del suo.

Ora io voglio distaccarmi dalle donne insensibili,


Io andrò a stare con lei che aspetta me, e con quelle elle sono
di sangue caldo e sufficiente per me;
Vedo che esse m’intéiulono e non mi rinnegano,
Vedo che sono degne di me io sarò il robusto marito : di coteste
donne.

Esse non sono un iota meno, di quel che io sono,

Hanno la faccia abbronzata dagli splendenti soli e dai soffianti venti,

Sanno come si nuota, si rema, si cavalca, si lotta, si spara, si corre,


si colpisce, si ritira, si avanza, si resiste, si difende se stesse.
Sono l’ultimo progresso di lor diritto — sono calme, franche, pa-
drone di sè stesse.

Io vi attiro strette a me, o voi donne,


Io non posso lasciarvi andare, io vorrei farvi del bene,
Io sono per voi e voi per me, e non solo per amor nostro, ma per
amor di altri,
Iu volti in voi dormono i più grandi eroi e bardi,
Che rifiutano di svegliarsi al tocco di altro nomo, fuori del mio.
FIGLI DI ADAMO 101

Sono io, o voi donne, io fo la mia via,


Son forte, acre, ampio, ostinato, ma vi amo:
10 non vi fo più male di quanto è necessario per voi.
Sgocciolo la materia per suscitar figlie c figli adatti per questi Stati,
vi premo con muscoli lentamente rudi,
Mi fondo effettivamente con voi, non do ascolto e preghiera,
Xè oso ritrarmi prima di aver depositato quello che in si lungo
tempo si è accumulato dentro me.

Per mezzo vostro io prosciugo le ascose correnti mie,


In voi avvolgo un migliaio di anni avvenire,
Su voi innesco i ramoscelli degli amati meglio di me e dell’A-
merica,
Le gocce che su voi distillo sorgeranno in gagliarde ed atletiche
fanciulle, in nuovi artisti, musici e cantori,
I bimbi che da voi genero genereranno bimbi a lor volta;
Dalle mie effusioni di amore io domando uomini e donne perfetti,
Aspetterò che essi si compeuetrino con altri, così come io e voi ci
compenetriamo ora,
Farò assegnamento sui frutti delle ondate sgorganti da essi, come
fo assegnamento sulle ondate sgorganti da me,
È per vedere le amorose messi della nascita, della vita, della morte,
dell’immortalità, che io ora pianto con tanto amore.

Spontaneo me.

Spontaneo me, o Natura,


11 dolce dì, il sole che ascende ,
1’ amico in cui compagnia sono
felice,

II braccio del mio amico, che lento si posa sulla mia spalla,
Il fianco della collina con fiori degli orni montani (1),

Lo stesso fianco nel tardo autunno, le sfumature rosse, gialle, brune,


purpuree, la luce e la tenebra grige,
Il ricco tappeto di erba, gli animali, gli uccelli, il greto appiattato
e campestre, le appiuole primitive, le pietre silicee,
I bei frammenti spioventi, la negletta loro enumerazione quando
mi avviene di richiamarli a me e di pensare ad essi,
I reali poemi (quel -che noi chiamiamo poemi sono semplici ritratti),

(1) Montava ash o roan tree — pyrus Americana e V. sambucifolia.


102 W. W1ITTMA N — FOGLIE DI ERBA

I poemi dell’intimità della notte, e di nomini simili a me.


Questo poema cadente e ritroso e invisibile ch’io porto ineco sempre,
e che ogni uomo porta
(Sappi una volta per sempre, lo confesso con iseopo, dove sono uo-
mini come me, sono appiattati i nostri voluttuosi poemi di mascolino
amore),
Pensieri di amore, succo di amore, olezzo di amore, aspirazioni di
amore, ascensioni di amore e succhio ascendente,
Braccia e mani di amore, labbra di amore, urto fallico di amore,
seni di amore, bellichi pressati, agglutinati insieme dall’amore.
Terra di casto amore, vita che è vita solo dopo l’amore,
II corpo del mio amore, il corpo della donna amata, il corpo del-
l’uomo, il corpo della terra,
Le molli aure mattutine soffiate da sud-ovest;
La pelosa ape selvaggia che mormora e svolazza in giù e in su, che
afferra lo sbocciato fiore femina, si curva su esso con salde gambe,
prende da esse il piacer suo, e gli si stringe tremante e salda, tinche
sia sodisfatta,
L’umidore dei boschi durante le ore mattutine,
Due dormenti, a notte, giacenti stretti insieme mentre dormono,
l’uno con un braccio disteso attraverso e sotto il seno dell’altro,
L’odor delle appiuole, l’aroma della corteccia triturata della betulla,
della salvia, della menta,
I desideri del fanciullo, il fuoco e l’impulso suo mentre mi confida
quello di cui va sognando,
La morta foglia che errando nei suoi errori a spira, cade tranquilla
e contenta al suolo,
Le punture informi, con cui viste, popolo, oggetti mi pungono,
L’acuto pungiglione di me stesso che mi punge così, come mai non
può pungere altri.

I sensibili, orbici, ignoti fratelli, cui solo chi ha sentimento privi-


legiato può essere intimo,
II curioso scorrere della mano scorrente sovra il corpo . il pudico
ritrarsi della carne, dove le dita molli si posano e si appuntano,
Il limpido liquido dentro i giovanetti,
Il tormento, l’irritabile marea che non vuole posare tranquilla,
Il somigliante di quello stesso ch’io sento, il somigliante di quello
stesso in altri,
Il giovine il cui sangue rifluisce e rifluisce ,
la giovine donna il

cui sangue rifluisce e rifluisce,


FIGLI DI ADAMO 103

Il giovine che veglia a notte profonda ,


la calda mano che cerca
rintuzzare quel ciré vuole padroneggiarlo,
La mistica notte di amore, gli strani tormenti che son quasi i ben-
venuti, le visioni, i sudori,
I battiti che pulsano tra le palme e tremano, avvinghiandole dita,
il giovane infiammato, rosso, vergognoso, irato;
II rovesciarsi sopra me del mio amante, il mare, mentre vi giaccio

compiaciuto e nudo,
La gaiezza dei due bambini gemelli che si voltolano sull’ erba,

mentre che la mamma non distoglie da essi mai l’occhio vigile,


Il tronco del nocciòlo, i gusci del nocciòlo, e le mature e maturanti
nocciòle tonde e lunghe, *
Il contegno dei vegetali, degli uccelli, degli animali,
La conseguente vergogna mia, se mi nascondessi o mi trovassi in-
decente, mentre uccelli ed animali non si nascondono nemmanco una
voltai sola, nè trovano sè indecenti,
La grande castità della paternità che fa il paio con la grande ca-
stità della maternità,

Il giuramento della procreazione che io ho giurato, o mie Adamiche


e fresche tàglie.
L’avidità che mi divora dì e notte con affamata zanna ,
finché io
produca fanciulli che tengano il mio posto, quando io sarò andato via,
Il sodisfatto riposarsi, riposato e contento,
E questo peso strappato da me a caso,
Esso ha. fatto il suo lavoro — io lo butto via trascuratamente e
cada dove può.

Un’ora alla pazzia e alla gioia.

Un'ora alla pazzia e alla gioia ! Oh ! furiosa ! Oh non costrin-


germi fra limiti !

(Che è questo che mi scaraventa così in tempesta ?

Che cosa significano le mie grida tra i lampi e i rapidi venti ?)

Oh ! bere i mistici deliri più profondamente che ogni altro uomo !

Oh ! le punture selvagge ed affettuose !


(Io le lego a voi, o miei
figli,

Io le dico a voi, e per buone ragioni, o sposo novello ,


o novella
sposa).

Oli'! essere attratto a te, chiunque tu sii, oh ! essere attratto tu


a me, a dispetto del mondo !
lOf TT. W1IITMAN — FOGLIE DI ERBA

Oh ! ritornare ancora al Paradiso ! Oh pudico


! e feminile !

Oh ! lo stringerti a me, perchè io pianti su te per la prima volta


le labbra di un uomo risoluto.
Oh ! l’enigma, il nodo dal triplice viluppo ,
tutti sciolti e illumi-
nati,
Oh ! raffrettarsi là dove alfine vi è abbastanza spazio ed abba-
stanza aria !

L’essere affrancato dai pravi vincoli e concezioni, io dai miei ,


tu
dai tuoi,
Trovare una nuova spensieratezza e una nuova nonchalance, come il

meglio della Natura !

Trovar rimosso ^alla bocca il bavaglio !

Avere oggi e sempre il sentimento che sono sufficiente, così come


io sono.

Oh ! qualcosa di non provato ! Qualcosa che si provi in estasi !

Scappare assolutamente dalle ancore e dalle prese degli altri !

Cavalcar libero ! Amar liberamente ! Slanciarsi irrequieto e peri-


coloso !

Vagheggiare di esser distrutto con tentazioni e inviti 1

Ascendere, saltare al cielo dell’amore additato a me !

E levarsi di qui con la mia anima inebriata !

Perdersi, se così dev’esse re !

Cibare il resto della vita con un’ora di pienezza e di libertà !

Con una breve ora di pazzia e di gioia !

Fuor della massa del fluttuante oceano.

Fuor della massa delle acque del fluttuante oceano una goccia
gentile venne a me,
Che mi sussurrò Io ti amo ; assai prima di morire
:

Io ho viaggiato una lunga via, solo per veder te e toccar te;

Perchè io non potevo morire, finché, per una volta almeno, non ti avessi

visto,

Perchè io temeva che dopo, avrei potuto non trovarli più.

Ora noi ci siamo incontrati, ci siarn guardati e siam salvi


Torna in pace nell’oceano, amor mio,
Anch’io sono parte di quest’oceano, o mio amore, non siamo poi
tanto divisi,
Guarda la rotondità infinita, la coesione di tutte le cose, come tutto
è perfetto !
FIGLI DI ADAMO 105

Ma quanto a me, quanto a te, l’irresistibile mare sta per dividerci;


Però, anche se per un’ora ci porti per vie diverse, nondimeno non
può sempre per vie diverse :

Non essere impaziente — un picciol loco — pur tu sai ch’io saluto


l’aere, l’oceano e la terra,
Ogni giorno, in sul tramonto, per amor tuo, o mio dolce amore.

Ere ed ere che ritornate ad intervalli.

Ere ed ere, che ritornate ad intervalli,


Indistruttibili viaggiatrici immortali,
Voluttuose, falliche, con i possenti lombi originari ,
perfettamente
soavi,
Io cantore di canti Adamici,
Lungo il nuovo giardino di Occidente, invitando le grandi città,

In delirio, preludio così quello che è generato, offerendo questi canti,


offerendo me stesso,
Bagnando me, bagnando i miei canti nel Sesso,
Prodotto dei miei lombi.

Noi due, come a lungo fummo trattati da folli.

Noi due, come a lungo fummo trattati da folli :

Ora però, trasfigurati, sfuggiamo celeremente, così come la Natura


sfugge;
Noi siamo, o Natura, assai tempo, siamo stati lontani, ma ora tor-
niamo,
Noi diventiamo piante, tronchi, fogliame, radici, corteccia,
Noi siamo collocati a strati sul terreno, noi siamo rocce,
Noi siamo querce, noi cresciamo fianco a fianco, nei siti aperti,
Noi bruchiamo, noi siamo due capi di selvaggio bestiame, spontanei
come ogni altra cosa,
Noi siamo due pesci, natanti insieme nel mare,
Noi siamo quello che i fiori di robinia sono, noi pioviamo attorno
l’olezzo pei sentieri, al mattino e alla sera,
Noi siamo anche disgustoso putridume delle bestie, dei vegetali, dei
minerali,
Noi siamo due falchi predatori, noi ci leviamo su e appuntiamo gli
occhi sulla terra,
Noi siamo due fulgenti soli, siamo noi che, orbici e stellari, troviamo
il nostro equilibrio, noi siamo come due comete,
106 W. WUITMAN — FOGLIA DI ERBA

Noi gii tórno coi denti aguzzi, e 'a quattro piè, pei boschi in cerca
di preda, noi saltiamo sulla preda,
Noi siamo due nuvolette mattutine o serali, che cavalchiamo in alto,
Noi siamo due mari che si mescolano, noi siamo due delle leggiadre
ondine che fluttuano l’una sull’altra, e si aspergono l’un l’altra,
Noi siamo quello che l’atmosfera è, trasparenti, ricettivi, pervi od
impervi,
Noi siamo neve, pioggia, freddo, tenebra, noi siamo ogni prodotto
e influenza del globo,
Noi abbiamo circolato e circolato, finche siarn giunti a casa, noi due,
Noi abbiamo ributtato ogni cosa, salvo la libertà, ogni cosa, salvo
la nostra gioia.

O Hymen O Hymenee! !

O Hymen O Hymenee peichè tu mi tentalizzi


! ! così ?

O perchè mi pungi per un rapido momento solo f


Perchè non puoi durare ? Oh perchè tu cessi ora ?
!

Egli è che, se tu durassi più di un rapido momento ,


tu presto,
sicuramente mi uccideresti.

Io sono colui che spasima di amore.

Io sono colui che spasima di affettuoso amore,


Gravita la terra ? Tutta la materia non attrae, spasimando, tutta la
materia *

Così il mio corpo è attratto a tutto quello che incontro e conosco.

Momenti nativi.

Momenti nativi — quando voi venite sopra di me — ecco voi


siete qui, ora,
Datemi, ora, solo gioie di libidine,
Datemi il beveraggio dalla mia passione, datemi una vita ruvida
ed esuberante.
Di giorno vado compagno co’ prediletti della Natura, di notte anche,
Io sto per quelli che credono nelle delizie sfrenate, divido co’ giovani
le orgie della mezzanotte,
Ballo coi ballerini, bevo coi bevoni,
FIGLI DI ADAMO 107

Gli echi risonano (l'inviti indecenti ,


io trascelgo qualche umile
persona per amico carissimo,
Egli sarà un bandito rude, analfabeta, sarà un condannato da altri

per fatti commessi.


Non voglio più a lungo rappresentare una parte, perchè dovrei esi-
liarmi dai miei compagni ?
O voi, persone evitate, io, al line, non evito voi,
Mi fo innanzi in mezzo a voi. sarò il poeta vostro,
Sarò per voi, più che per qualsiasi altri della folla.

Una volta traversavo una città popolosa.

Traversavo una volta una città popolosa, stampando, per futuro


uso, nel mio cervello le mostre, l’architettura, le usanze, le tradizioni;
Nondimeno ora di tutta quella città io ricordo solo una donna —
che v’incontrai a caso, e che mi ritenne perchè mi amava;
Giorno per giorno, notte per notte eravamo insieme — ogni altra

cosa l’ho obliata.


Ricordo, dico, che solo questa donna si attaccò passionatamente
a me;
E di nuovo ora andiamo vagando, ci amiamo di nuovo e ci sepa-

riamo,
Di nuovo mi prende per ruauo, ma. io non devo andare;
Stretta a me però la vedo con labbra silenziose, tristi e tremule.

Udii voi, o solenni e dolci canne dell'organo.

Io udii voi, o solenni e dolci canne dell’organo, quando l’ultimo


sabato, in sul mattino, io passai innanzi la chiesa;
O venti di autunno, mentre camminavo pe’ boschi, a sera ,
udii i

vostri sospiri, su in alto, così lunghi, così tristi,


Udii il perfetto tenore italiano all’opera, udii il soprano cantare
nel quartetto;
O cuore del mio amore ! Auche
mormorare sommesso per
te udii
mezzo di uno dei tuoi mio capo,
polsi attorno al
Udii il battito tuo, quando tutto era quieto sonare piccole cam- ,

panelle, l’ultima notte, sotto il mio orecchio.


108 W. WHITMAJST — FOGLIE DI ERBA

Volgendo la fronte ad occidente,


dalle sponde della California.

Volgendo la fronte ad occidente, dalle sponde della California,


Indagando senza stancarmi ricercando quello che non è ancor
, ,

trovato,
Io mi fanciullo, molto vecchio, sovra le onde, verso la casa della
maternità, la terra delle emigrazioni, guardo lontano,
Guardo lontano le sponde del mio mare Occidentale, il cerchio es-
sendo quasi chiuso;
Perchè, movendo verso occidente dall’Indostan, dalle valli di Kash-
nierc,
Dall’Asia, dal nord, dal Dio, dal saggio, dall’eroe,
Dal sud, dalle penisole fiorite e dalle isole delle spezie,
Avendo, dopo, ramingato a lungo, avendo attorno alla terra ra-
mingato,
Ora volgo la faccia di nuovo alla mia casa, compiaciuto e gioioso.

(Ma dov’è quello per cui salpai tanto tempo fa ?


E perchè esso non è trovato ancora ?)

Come se Adamo di buon mattino.

Come se Adamo, di buon mattino,


Uscisse dal suo padiglione, ristorato dal sonno,
Guardami dove io passo, odi la mia voce, avvicinati,
Toccami, posa la palma della tua mano sul mio corpo, mentre passo,
Non i spaventar ti del mio corpo.
CALAMUS (1).

Per vie non calcate.

A me che per vie non calcate,


Vado, ora, tra la fiorita che è accanto ai margini del pantano,
Sfuggito alla vita che fa spettacolo di se,

Sfuggito a tutti gli esemplari già pubblicati ed ai guadagni . ai

piaceri, alle convenzionalità,


Onde troppo a lungo cibai la mia vita:
Manifesta tu a me ora esemplari nuovi, manifesta a me che la mia
anima,
Che l’anima dell’uomo, per cui io parlo, esulta nei camerati;
Qui, da me solo, lontano dallo schiamazzo del mondo,
A me parlano lingue aromatiche con le (piali gareggio;
Non più vergognoso (perchè da questo remoto angolo posso rispon-
dere come altrove non oserei)
Gagliarda sentendo la vita che non fa spettacolo di sè, e che non-
dimeno contiene tutto il resto,
Risoluto a non cantare altri cauti, oggi, fuorché quelli di virile
affetto,

Proiettandoli su per questa vita sostanziale,


Lasciando in eredità tipi di amore atletico,
In questo pomeriggio delizioso del Nono mese, nel mio quarantune-
simo anno,
Cammino avanti per tutti coloro che sono o furono giovani,
Per dir loro il segreto dei miei giorni e delle mie notti,
Per celebrare ciò che bisogna ai camerati.

(1) Calamus è una pianta indiana delia famiglia delle palme, ed è ritenuta come
simbolo di amore e di fraternità.

— 109 —
110 ir. WIIITMAX — FOGLIE DI ERBA

Erbaggio profumato del mio seno.

Erbaggio profumato del mio seno,


Da cui racimolo le foglie, che poi scrivo, perchè sieno meglio lette
nell’avvenire,
Foglie di tombe, foglie di corpi che crescete su me, su i morti,
Radici perenni, foglie alte, oh ! l’inverno non gelerà voi, o foglie
delicate,
Ogni anno voi rifiorirete novellamente, emergendo donde vi riti-

raste;
Io non so se molti, passandovi accanto, scovriranno voi, o inaleranno
il vostro fievole olezzo, ma io credo che sarem pochi,
O foglie tenui, o fiori del sangue mio 1 Io vi permetto di parlare in
vostra favella, del cuore che è sotto di noi;
Io non so quale sia il significato che è sotto di voi, pur voi non
siete felicità,
Voi mi riuscite spesso più amare di quanto posso sostenere voi .

mi bruciate e pungete.
Pur voi siete belle per me, voi foglie lievemente colorite voi ini ;

fate pensare alla morte:


Da voi la morte è bella (perchè, che cosa è veramente bello, eccetto
amore e morte f) (1)

E
penso che non è per la vita ch’io vo’ cantando il canto degli
amanti, penso che sia per la morte,
Perchè oh ! come tranquilla, come solenue cresce su, per ascendere
essa all’atmosfera degli amanti :

Vita o morte dunque, io sono indifferente, e la mia anima rifiutasi

di scegliere,
(Io non son sicuro che di questo, che l’elevato spirito degli amanti
dà il benvenuto alla morte),

E, invero, o morte, io penso che queste foglie hanno lo stesso

scopo tuo.
Crescete su, più alte, o foglie soavi, sì che io possa vedervi, cre-
scete su, dal mio petto !

Spuntate su, qui, dal mio nascosto cuore !

(\) Amore e Morte...


Cose quaggiù, sì belle,

Altre il mondo non lia. non han le stelle.


Leopardi.
CALAMUS 111

Non vi ravvolgete nelle vostre radici tinte in rosso ,


o foglie fr-

onde !

Non arrestatevi m basso, vergognose, o erbe del mio petto !

Venite, io vo’ denudare questo largo mio petto, cliè da assai tempo
fili stretto e soffocato;
Io abbandono voi, o emblematici e capricciosi fili di erba, ora voi
non mi servite più,
Quello che ho a dire lo dirò per sè stesso,
E non farò risonare che l’Io e Camerati, e non pronunzierò altro
i

invito che il loro,


E desterò riverberi immortali per tutta la distesa degli Stati,
E darò agli amanti un esempio perchè prendano permanente forma
e volere, lungo la distesa degli Stati.

Per me saranno dette le parole che faranuo allegra la morte:


E tu, o morte, dammi il tuo tono, acciocché io possa accordarlo
con esse,

E dammi te stessa, perchè oramai tu appartieni a me, piucòliè ogni


altra cosa, e siete inseparabilmente congiunti voi, amore e morte:
Nè io vo’ che tu mi beffi ancora con quello che io usava chiamar

vita,
Perchè si è aperta al mio spirito la verità che i fini essenziali sono
i tuoi,
E che tu li vai celando in queste evanescenti forme di vita ,
per
tue ragioni, ma che essi sono principalmente per te,

E che al di là di essi tu salterai per restare, tu realtà reale !

E che dietro la maschera della materia pazientemente aspetti, non


importa per quanto tempo,
E che giorno verrà in cui avrai il controllo di tutte le cose,
E che forse dissiperai l’intera mostra dell’apparenza
E che tu sarai quello per cui ogni cosa è, sebbene ogni cosa non
duri a lungo,
Pur tu durerai a lungo di molto.

Chiunque tu sii, che mi tieni per mano.

Chiunque tu sii, che mi tieni per mano,


Sappi che, senza una cosa, tutto sarà inutile,
Io ti do un utile avviso, prima che tu mi tenti più oltre :

Io non sono quello che tu credi ma assai diverso.


112 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Olii è che vorrebbe diventare mio seguace ?

Chi additar sè come aspirante agli affetti miei ?

Sospetta è la via, dubbii i risultati, forse distruttori,


Tu dovresti buttar via ogni altra cosa, io vorrei essere il tuo unico
ed esclusivo esemplare;
Anche il tuo noviziato sarebbe lungo ed esauriente,
Tutta la passata teoria della tua vita, ed ogni conformità alle vite
che ti sono attorno, tu dovresti abbandonare;
Quindi lasciami stare ora; prima di confonderti più innanzi ,
togli
la tua mano dalle mie spalle,
Lasciami stare, e partiti per la tua via.

Altrimenti, trafugati meco per prova, in qualche bosco,


O di retro a uno scoglio, all’aria aperta,
(Perchè in qualsiasi stanza che abbia solaio, io non scatto fuori,
nè in compagnia;
E nelle librerie io mi giaccio muto, stolido, o come se non fossi
nato e come se fossi morto).
Ma proprio, possibilmente con te, sull’alto di un colle, prima spiando
per miglia attorno, che qualcuno non si accosti inavvertito,
O possibilmente veleggiando teco sul mare o stando teco sulla riva
del mare o in qualche tranquilla isola,
Quivi io ti consento di porre le tue labbra sulle mie,
Con il bacio del camerata, lungo e duraturo, o col bacio del ma-
rito novello,
Perchè il marito novello sono io, e io il camerata.

O, se tu vuoi, accoglimi fidente sotto le tue vesti,


Dove io possa sentire i palpiti del tuo cuore o riposare sul tuo
fianco,
Pòrtami teco, quando vai via per mare o per terra,
Perchè, così, il semplice mio toccarti è sufficiente, è l’ottimo,
E così toccando te, io dormirei silenziosamente e sarei portato
eternamente.
Ma conoscendo tu queste foglie, le conoscerai con pericolo,
Perchè queste foglie e me tu non intenderai,
Esse eluderanno te al primo aspetto e sempre più, dopo ;
io pici

certo ti eluderò :

Proprio mentrechè tu ti pensi di averle indubbiamente


! afferrate.
sono sfuggito da te.
gnardaPià tu vedi che io
CALAMUS 113

Perchè uon ò per quello elle lio posto in esso, die ho scritto
questo libro,
Nè è eoi leggerlo che tu lo possederai,
Nè conoscono me quelli che mi ammirano e mi ricoprono di lodi,
Nè gli aspiranti alPamor mio (salvo, al più, assai pochi) saranno
vittoriosi,
Nè i miei poemi faranno bene solamente, ma faranno altrettanto
male e forse più,
Perchè tutto è inutile, senza quello che tu hai osservato spesse
volte, non avendo mai procurato di conseguire quello che io ho addi-
tato; ,

Lascia quindi la mia mano e vattene per la tua via.

Per Te, o Democrazia.

Vieni, io farò indissolubile il continente,


Farò la piìi fulgida razza su cui sia piovuto splendore di sole,
Farò divine e magnetiche nazioni,
Con l’amore dei camerati,
Con quell’amore dei camerati che dura tutta la vita.

Pianterò fratellanze, fìtte come gli alberi che sono lungo tutti i

fiumi di America, e attorno alle rive dei grandi laghi e sopra tutte
le praterie,

Farò città inseparabili, ciascuna col braccio sul collo dell’altra,


Con l’amore dei camerati,
Col virile amore dei camerati.

Questo ti verrà da me, o Democrazia, e per servir te, donna


mia !

Per te, per te io vado modulando questi cauti.

Cantando queste cose in primavera.

Cantando queste cose in primavera, io le raccolgo per gli amanti


(Perchè chi, fuor di me, potrebbe intendere gli amanti e i loro
corrucci e gioie ?

E chi, fuor di me, essere il poeta dei camerati ?),

tV. WHITMAN. — Foglie di erba. S


:

114 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ELBA

E, raccogliendo, passo pel giardino del mondo. Ma presto ne valico


le porte,
Ed ora, costeggiando lo stagno, ora, guadandolo un poco, senza te-
merne l’umidità,
Ora, andando lungo la siepe delle rotaie sostenuta da colonne, là
dove le pietre, rotolate e tolte dai campi, stanno accumulate
(Fiori selvatici e viti ed erbacce spuntano fra esse pietre e parte
le coprono : io passo oltre),
E addentrandomi nella foresta, girandolando fino a sera in estate,
prima di pensare dove vada,
Solitario, fiuto l’olezzo della terra, fermandomi quando a quando
silenzioso:
Però mentre penso esser solo, ecco, una moltitudine si affolla a me
dintorno;
Alcuni passeggiano al mio fianco, alcuni dietro, altri mi ricingono
le braccia o il collo :

Sono gli spiriti degli amici diletti, vivi e morti: più fitti vengono,
una gran folla, ed io in mezzo ad essi:
Ed io, raccogliendo, dispensando, cantando, vo’ vagando con loro,
Spiccando qualche cosa per donarla ad essi, chinandomi verso chi
mi è dappresso;
E qui fiori di lilla con un ramicello di pino,

Colà traendomi di tasca un po’ di muschio, colto nella Florida da


una quercia sempre verde, da cui penzolava,
Qui alcune spine e foglie di lauro o una manata di salvia
E qui quello che io traggo dall’acqua, mentre guado lo stagno
(Oh qui, l’ultima volta vidi quello che teneramente mi ama,
!
e
che novellamente torna a me, per non lasciarmi mai più;
E questo, questo sarà d’ora inuanzi il dono pei camerati, questo
sarà la radice del calamus
Uno scambio vicendevole della nostra gioventù ! Che nessuno la

renda mai 1) :

E bacchette di acero o un grappolo di aranci selvatici o noc-


chi ole,
E ramicelle di uva spina e di susine e di cedro aromatico,
Queste cose io dispenso, attorniato da ima fitta nube di spiriti :

E, vagando addito, o tocco passando, o respingo da me.


Indicando a ciascuno quello che avrà e dando qualcosa ad ognuno.
Ma quello che trassi dall’ acqua , guadando lo stagno questo io ,

mi serbo,
Nè lo darò, se non a quelli che amano, come son capace di amar io.
CALAMUS 115

Non il solo affannare dal mio costolato petto.

Non il solo affannare dal mio costolato petto,


Non nei notturni sospiri rabbiosi ,
quando non sono sodisfatto
di me,
Non in questi lunghi e mal repressi sospiri,
Non nei molti giuramenti e promesse non attenute,
Non nell’ostinato e selvaggio volere della mia anima,
Non nel sottile nutrimento dell’aria,
Non nel battito delle mie tempia e dei miei polsi,
Non in questa curiosa sistole e diastole interna, che un dì si fer-

merà,
Non nei molti affamati desideri, confidati ai cieli solamente,
Non nei pianti, nel riso, nelle sfide da me lanciate ,
quando sono
solo, addentro, in boschi selvaggi,
Non negli aneliti soffocati traverso i denti stretti,
Non nelle pronunziate e risonanti parole, non nelle parole chiacchie-
rate o negli echi e nelle parole morte,
Non nei murmuri dei miei sogni, mentre dormo,
Non negli altri murmuri di questi incredibili sogni di ogni giorno,
Non nelle membra e nei sensi del mio corpo che ti afferrano e ti
lasciano continuamente — non in queste cose,
Non in alcuna di esse o in tutte esse, tu vivi ,
o attrattività ! o
battito della mia vita !

Io ho bisogno che proprio tu abbia esistenza e che mostri proprio


tu di essere qualche cosa più di quello che sei in questi canti.

Del terribile dubbio delle apparenze.

Del terribile dubbio delle apparenze,


Dell’incertezza che, dopo tutto, noi possiamo essere delusi,
Che ogni probabile fiducia e speranza non sieno che fantasmi del
pensiero,
Che l’identità possibile nostra di oltre tomba, non sia che solo una
bella favola,
Che, forse, le cose ch’io vedo, gli animali, le piante, gli uomini,
le colline, le acque fulgide e fluenti,
I cieli del giorno e della notte, i colori, le densità, le forme, sieno
per avventura (come senza dubbio sono) non altro che parvenze e che
una qualche cosa di reale non è ancor conosciuta,
,

116 W. ÌVEITMA \ — FOGLIE DI ERBA

(Codeste cose oli! come spesso si dardeggiano fuor di sé stesse,


(piasi per confondermi o beffarsi di me !

Oh ! come spesso io penso che nè io so, nè uomo alcuno seppe mai


nulla di esse),
E che, forse, sembrando a me quello che esse sono (e senza dubbio
non è che un sembrare il loro) dal punto in che le vedo, potrebbero
però riuscire (e, naturalmente lo potrebbero) tutt’ altra cosa, ovvero
nulla addirittura da altro punto di vista.

A me di coteste e simiglianti còse danno curiose risposte i miei


amanti e i miei amici;
Quando meco cammiua quello ch’io amo, o meco siede, un lungo
tratto, tenendomi per mano,
Quando l’aere sottile ed impalpabile, cioè il sentimento, che nè pa-
role nè ragione afferrano, ci circonda e pervade,
Allora io mi sento carico di sapienza non mai detta e indicibile,
resto silenzioso, e non investigo più oltre.

Non posso rispondere alla domanda delle parvenze e dell’identità


nostra di oltre tomba,
Ma cammino o seggo indifferente c son sodisfatto :

Colui, con una stretta di mano mi ha pienamente sodisfatto.

Il fondamento di tutta la metafisica.

Ed ora, o signori,
Una parola vi dirò che rimanga nelle vostre memorie ed anime.
Come fondamento e finalità, a un tempo, di tutta la metafisica
(Così ai suoi studenti il vecchio professore diceva,
Al termine dell’affollato suo corso).
Avendo io studiato l’antico e il nuovo ,
i sistemi greci e i te-

deschi,
Avendo studiato e ponderato Fichte e Schelling ed Hegel,
Ponderato la dottrina di Platone, e di Socrate, più grande di Pla-
tone,
E cercato e ponderato uno più grande di Socrate cioè avendo stu-
diato a lungo Cristo divino,
Ho ora innanzi agli occhi della mente tutti questi sistemi greci e

tedeschi
Vedo le filosofie tutte, le chiese cristiane tutte e i loro dogmi,
E scorgo chiaramente sotto Socrate e sotto Cristo divino,
CALAMUS 117

Il dolce amore dell’uomo per il suo camerata ,


l'attrazione dell’a-
mico verso l’amico,
L’amore dei coniugi maritati bene, dei figli e dei genitori,
Della città verso ogni altra città e della nazione verso ogni altra
nazione.

Memori età future.

Memori età future,


Venite a me, io vi porrò sotto questa mia apparenza impassibile,
e dirò a voi quello die avete a dire di me :

Pubblicate il mio nome e sospendete il mio ritratto come di uno


che fu il più tenero degli amanti,
11 ritratto dell’amico e dell’amante, di cui il suo amante ed amico
fu il più appassionato;
Cile non fu orgoglioso dei suoi canti, ma dello smisurato oceano
di amore die egli liberamente versò fuori di sè,
Clie spesso passeggiò solitario, pensando dei suoi amici diletti e
degli amanti suoi,
Glie, pensoso per qualche amante lontano, spesso giacque a notte,
insonne e insodisfatto,
Che conobbe assai bene l’infermità, la triste infermità, che chi egli
amava fosse, iu secreto, indifferente verso di lui,
I cui giorni più felici furono quelli passati lontano, tra i campi,
nei boschi, sulle colline, andando mano,
egli ed un altro ,
mano tra
come gemelli appartati dagli altri uomini,
Che spésso vagò per le vie, col suo braccio ricurvo sulle spalle
dell’amico suo, mentre che il braccio del suo amico posavasi altresì
su lui.

Quando udii la sera di un giorno.

Quando udii la sera di un giorno che il mio nome era stato ac-
colto con applausi nel Campidoglio, non fu per me una notte felice
quella che seguì.
E quando gozzovigliavo, o quando
uè, miei disegni erano riu-
i

sciti, mi sentia felice;


io

Ma il dì, quando io mi levai di letto perfettamente sano e fresco,


che, canticchiando, respirai il maturante aere dell’autunno,
118 ll
r
. 1 VHITMAN — FOGLIE DI ELBA

Quando vidi la luna piena impallidire ad occidente e sparire alla


luce del mattino,
Quando, vagando sulla sponda, svestitomi, mi bagnai, ridendo con
le onde fresche, e vedendo il sole spuntare,
E quando pensai che l’amico mio diletto,
il mio amante era in ,

via per venire, oh mi sentii felice, ! allora


Oh allora ogni respiro aveva sapore più dolce, e tutto quel dì il
!

cibo mi nutrì meglio, e il dì grazioso passò bene,


E il dì appresso arrecò egual gioia, finché alla sera dell’altro dì il

mio amico giunse;


E quella notte, mentre che tutto era queto, ascoltai le onde tra-
volgersi mollemente, continuamente, verso le sponde,
E udii il murmure dei baci dell’onda e della sabbia ,
come se su-
surranti, per congratularsi meco,
Perchè l’uomo ch’io più amo giaceva dormendo accanto a me, sotto
la stessa coperta ,
nella fredda notte;
E nella tranquillità dei raggi della luna autunnale la sua faccia
era reclinata verso me,
E il suo braccio soavemente posava sul mio petto — Oh ! quella
notte io fui felice.

Sei tu la nuova persona attratta verso me ?

Sei tu la nuova persona attratta verso me ?

Fin dal principio avverti che io sono assai differènte da quello che
tu t’ immagini ;

Tu t’immagini che troverai in me il tuo ideale ?


Tu ti pensi che sia faeil cosa avermi e che io diventi tuo amante ?

Tu ti pensi che la mia amicizia sia una sodisfazioue schietta ?


Tu ti pensi che io sia verace e fedele ?
Penetri tu con lo sguardo al di là di questa apparenza, al di là di
questa levigata e tollerante mia maniera ?

T’ immagini tu di camminare sur un terreno reale, verso un reale


ed eroico uomo ?

Non hai alcun dubbio, o sognatore, che tutto possa essere maya (1)

ed illusione ?

(1) Maya, nome che indica il sistema indiano della non realtà delle cose.
CALAMUS 119

Solamente radici e foglie son queste.

Radici e foglie solamente son queste,


Olezzi recati per gli nomini e per le donne dai selvaggi boschi e
dalle sponde del pantano,
Foglie di acetosella e spine di amore, dita elle avvingMano più
strette elle viti,
Gorgheggi da gole di uccelli nascosti tra il fogliame allo spuntar
del sole,
Brezze di terra e di amore che da vive sponde ritornano a te e tra-
verso un vivo mare, a voi, o marinari !

Fragole maturate al rezzo, vermene del terzo mese, olferte verdi ai


giovani, che, al cader dell'inverno, vagano pei campi,
Germogli di amore posti a voi innanzi e dentro voi,
Germogli che shocceranno secondo i vecchi modi:
Purché voi rechiate ad essi il calore del sole, dischiuderannosi e
prenderanno forma, colore e profumo per voi,
Purché diate ad essi alimento e umidore, essi diventeranno fiori,

frutta, alti rami ed alberi.

Non calore fiammeggia e consuma.

Non calore fiammeggia e consuma,


Non onde di mare, turbinate innanzi e indiètro,
Non la secca e deliziosa aria, l’aria della matura estate che lieve
porta via bianchi viluppi di miriadi di semi
Fluttuanti, veleggianti graziosamente per cadere dove possono;
Non codeste cose, non alcuna di esse mi consuma e brucia più delle
mie fiamme di amore per colui che amo,
Oh nessuna cosa più di me turbina innanzi e indiètro
! :

Turbina la marea, cercando qualcosa e non smette mai ? Or io fo


al modo stesso !

Oh nè viluppi
! di semi, nè profumi, nè alte nuvole che versin
pioggia sono trasportate per l’aperto aere
Più di quello che la mia anima sia portata per F aperto aere,
Fluttuata in tutte le tue direzioni, o Amore, per Famcizia, per - te.

Gocciolate, o stille.

Gocciolate, o stille ! abbandonate le mie vene azzurre !

O stille, parte di me !
gocciolate, lente stille !
120 r
TT . WEITMAN — FOGLIE DI ELBA

Cadendo immacolate da me, gocciolate, o gocciole di sangue,


Da ferite, aperte per liberarvi dal loco dove giacevate prigioni :

Dalla mia faccia, dalla mia fronte, dalle mie labbra,


Dal mio seno, dal mio profondo, dove era celato io, affrettatevi fuori,
o rosse stille, o stille di confessione;
Tingete di voi ogni pagina, maculate di voi ogni canto che io canti,
ogni parola ch’io dica, o sanguinose stille,
Fate che essi conoscano il vostro rovente scarlatto, fate che lucci-
chino di voi,
Saturate di voi tutto che sia avvilito ed umiliato,
Splendete su tutto ciò che ho scritto o scriverò, sanguinanti stille,
Fate che tutto sia visto alla vostra luce, o stille vereconde.

Città di orgie.

Città di orgie, di passeggiate e di tripudi,


Città, cui un dì farà illustre quello eh’ io cantai e nel cui seno
vissi,

Non le tue rassegne, non i tuoi panorami splendidi ,


non i tuoi
spettacoli sono un compenso per me,
Non le interminabili file delle tue case ,
nè le navi dei tuoi
porti,
Nè le processioni delle tue vie, nè le lucenti vetrine con le loro
merci,
Nè il conversare con dotti, o il prender parte alle tue soirées o
feste;
Non questo; ma mentre ch’io passo, o cittadino di Mannaliatta, il

frequente e vivido lampo dei tuoi occhi ofterentimi amore,


Offerenti corrispondenza all’ amor mio, — questo mi compensa —
Amanti, continui amanti solamente, compensano me.

Guarda questa faccia abbronzata.

Guarda questa faccia abbronzata, questi grigi occhi,


Questa barba,la intonsa chioma fluente sul mio collo,
Le mie mani brune e il mio portamento silenzioso e senza grazia:
E nondimeno un Manattese non viene a me che, partendo poi, non
mi sfiori dei suoi baci le labbra con gagliardo amore,
E cui io, nel traversare le vie o stando sul ponte della nave, uod dia
un bacio in ricambio;
CALAMUS 121

Noi conserviamo questo saluto dei camerati Americani, per terra e per
mare,
Noi siamo due naturali e non curanti persone.

Vidi già nella Luisana


una sempre verde quercia crescere. (1)

Vidi già nella Luisana una sempre verde quercia crescere :

Stava sola, e dai suoi rami pendeva il muschio,


E, senza compagno alcuno, pur metteva fuori le sussurranti foglie,
giojose di verde bruno;
La sua vista rozza, rigida, voluttuosa, facevami pensare di me,
E mi meravigliava che essa potesse metter foglie giojose stando ,

così sola, senza un amico vicino; perchè capiva che io non avrei
potuto:
E colsi un ramoscello da essa con alquante foglie, e lo avvinsi di
muschio,
E lo recai meco e lo collocai in vista, nella mia stanza.
E sebbene non abbia bisogno di esso per ricordare i miei amici di-
letti

(Perchè io credo che oramai penso poco di altro, fuorché di loro),


Nondimeno lo tengo là, come un saggio curioso che mi fa pensare
ad un amore virile;

Per tutto questo, sebbene la sempre verde quercia rifulga là, nella
Luisana, solitaria in mezzo ad un’ampia pianura,
E durante tutta la vita metta foglie giojose, senza un amico, od un
amante che le stia vicino,
Pure io so bene che io non potrei.

Ad uno straniero.

O straniero che passi via, tu non sai con quanto desiderio ti

guardo,
Dovevi essere tu colui o colei ch’io andava cercando (ciò torna a
me, come la visione di un sogno) :

Certamente io vissi teco, in qualche luogo, una vita di gioia;

(1) Live oak — quercus virens. — Prospera negli Stati Uniti del Sud.
122 TF. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Tutto ritorna alla mente: come noi camminammo l’uno accanto al-
l’altro, fluenti, affezionati, casti, maturi,
E come tu crescesti con me, e fosti meco un fanciullo o una fan-
ciulla.

Mangiai con te e dormii teco, il tuo corpo non crebbe tuo sola-
mente, nè lasciasti il mio solamente mio.
Tu ora mi dai il piacere dei tuoi ocelli, della tua faccia, della tua
carne, mentre che passiamo, e prendi della mia barba, del mio petto,
dellemie mani in ricambio;
Io non ti to’ parlare, ma vo’ pensare di te, quando segga solingo,
o solingo vegli la notte,
E ti aspetterò, nè dubito che ti avrò ad incontrare di nuovo,
E sto indagando come non ti abbia a perdere più.

Mesto e pensoso in questo momento.

Mesto e pensoso in questo momento seggo tutto solo,


E sembrami che vi sono altri uomini in altri paesi, mesti e pen-
sosi,

E sembrami di poter guardarli e vederli, in Germania, in Italia,

in Francia, nella Spagna,


E più lontano, più lontano ancora, in Cina, in Russia, nel Giap-
pone, parlando altri dialetti;

E sembrami che, se conoscessi questi uomini, io mi stringerei ad


essi come io fo con i mio paese.
tìgli del
Oh ! lo so bene che noi diventeremmo fratelli ed amanti,
Lo so bene che sarei felice con essi.

Io odo che fui accusato.

Io odo che fui accusato di voler distruggere le istituzioni:


In verità io non sono nè contro nè prò le istituzioni
(Che cosa in fatti ho di comune con esse ? o che cosa con la di-

struzione loro ?):

Io voglio solamente, in Mann allatta, e [in ogni città di questi


Stati interni e costieri,
E nelle campagne, e nei boschi, e su ogni carena, piccola o grande,
che fenda le acque,
,

CALAJfUS 123

E senza case per uffici, senza regolamenti, senza garenzie o altro


espediente
Fondare l’istituzione del caro amore dei camerati.

Fendendo l’erbe delle praterie.

Fendendo l’erbe delle praterie, fiutando il loro odore speciale,


Domando di tutto (presto la spirituale corrispondenza,
Domando ai fili di erba che suscitino parole, azioni, esseri;
liceo : corrispondono spiritualmente cpielli che son nutriti all’ aria
aperta, rozzi, bruciai i dal sole ,
vegeti,
Quelli che vanno per via col portamento eretto ,
che muovono il

passo con libertà ed aria da comando, duci non seguaci,


Quelli la cui audacia non fu rintuzzata mai, quelli la cui carne
sia dolce e voluttuosa e senza infezione,
Che guardano sbadatamente i governatori e i Presidenti in faccia,
come se per dir loro Chi siete coi ? :

Che sono pieni di terrene passioni, semplici e nou furono mai co-
stretti, mai ubbidienti :

Quelli dell’iuterno dell’America, insomma.

Quando io leggo la gloria acquistata.

Quando io leggo la gloria acquistata dagli eroi e le vittorie dei

generali possenti, io nou invidio i generali,


Nè il Presidente nella sua Presidenza, nè il ricco nella sua grande
CcLScl^

Ma quando io odo parlare di due amanti, e coiue il fraterno vin-


colo dell’ amor loro, per tutta la vita, in mezzo ai pericoli e agli odi,

per lungo e lungo tempo, si mantenne .saldo,

E che, attraverso la gioventù, attraverso la virilità e la vecchiezza,


essi non dubitarono mai, ma furono affettuosi, fedeli sempre,
Allora io resto pensoso —e concitato tiro via, ricolmo dell’invidia
la più amara.

Noi due fanciulli insieme avvinti.

Noi due fanciulli insieme avvinti,


L'imo nou lasciando l’altro mai,
124 ir . wniTMAJsr — foglie di erba

Su e giù camminando le vie, al nord e al sud facendo escursioni,


Godendo salute, giocando di gomiti, stringendo dita,
Armati, impavidi, mangiando, bevendo, dormendo, amando,
Nessuna legge fuor di noi stessi professando veleggiando mili- , ,

tando, rubando, minacciando,


Avari, famiglie e preti spaventando, respirando aria, bevendo acqua,
danzando sull’erba delle sponde del mare,
Forzando città, beffando spensieratamente, deridendo statuti, scac-
ciando ogni debolezza,
Compiamo le nostre escursioni.

Una promessa alla California.

Una- promessa alla California,


O all’interno, alle ampie pianure dei pascoli, e su al robusto Puget
e all’ Oregon;

Dimorando all’est un po’ più a lungo, presto io viaggerò a voi,

per restarvi, per insegnarvi il robusto amore americano,


Perchè io so assai bene che io e il robusto amor mio siamo adatti
per voi, o interno, o coste del mare occidentale;
Poiché questi Stati tendono all’ interno e al mar di occidente,
anch’io fo lo stesso.

Queste paiono le più fragili foglie mie.

Queste paiono le più fragili foglie mie e nondimeno sono di più

sicura durata,
In queste adombro e velo i miei pensieri: non io manifesto esse,
E nondimeno esse manifestano me, meglio che tutti gli altri poemi
miei.

Non macchina che risparmi lavoro.

Non macchina che risparmi lavoro,


Non scoperta che io abbia fatta,
Nè sarò in grado di lasciare, dopo me, un ricco legato per fondare

un ospedale o una biblioteca,


Nè un ricordo di qualche gesta di coraggio compiuta per l’America.
Nè letterario successo, nè intellettualità, nè un libro da scaffale,
,

CALAMUS 125

Ma poclii motivi di danze, che traverso l’aria vibrino amore,


Per i camerati e per gli amatiti.

Uno sguardo.

Uno sguardo colto, in un intervallo,


Di ima folla di operai, di cocchieri in un bar, attorno alla stufa,
a tarda ora, in una notte invernale, mentre inavvertito sedevo in un
angolo,
Di un giovane che mi ama e che io amo, che mi si avvicina in si-
lenzio, che siede al mio fianco, acciocché possa prendermi per mano:
Un lungo tratto, fra il tumulto degli entranti e degli uscenti, dei
bevoni e dei giuramenti e dei sozzi motti,
Là, noi due contenti, felici di essere insieme, stemmo, parlando poco,
forse non una sola parola.

Una foglia da mano a mano.

Una foglia da mano a mano :

Voi, o persone naturali, vecchie e giovani !

Voi, del Mississipì e di tutte le diramazioni e baie del Mississipì!


Voi, o amichevoli marinai e meccanici ! Voi, o ruvidi !

Voi gemelli ! Voi, o processioni tutte che passate per via !

Io desidero trasfondere me inmezzo a voi, tinche mi accomuni a


voi, per camminare mano tra mano.

O Terra a me somigliante.

O Terra a me somigliante,
Sebbene tu paia così impassibile, ampia e sferica,

Io tu sospettando ora che questo non sia tutto;

Io ora sospetto che qualcosa, di fiero sia in te, destinato a scoppiar


fuori
Perchè un atleta è innamorato di me ed io di lui :

Qualcosa fiera e terribile è quella che mi attrae a lui, destinata


a scoppiar fuori,
Io non oso dirla a parole, nemmanco in questi canti.
126 11'. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Io sognai in un sogno.

Io sognai in un sogno die io vidi una città invincibile agli as-


salti di tutto il resto del mondo intero,
E sognai die questa era la città degli Amici;
Nulla era più graude della qualità del loro robusto amore : esso
couduceva il resto:
Era visto in. ogni ora, nei fatti degli uomini di quella città,

E in tutte le loro sembianze e parole.

Per che cosa pensi tu che io prenda la mia penna ?

Per die cosa pensi tu che io prenda la mia penna ?

Forse per dire di quella nave da guerra, perfettamente modellata,


maestosa, che oggi vidi passare in alto mare, a vele gonfie ?

Degli splendori del dì finito ? o degli splendori della notte che mi


avvolge ?

O della esaltata gloria e del progresso della gran città che mi sta
attorno distesa ? — No;
Ma per dire semplicemente di due uomini che oggi, sull' imbarca-
toio, in mezzo alla folla, partendo, si dettero l'addio dei cari amici:
E quello che restava era sospeso al collo dell’altro, e lo baciava ap-
passionatamente,
Mentre quello che partiva, stretto premeva l’altro, perchè restasse
fra le sue braccia..

All’ Est e all’ Ovest.

All’Est e all’Ovest,
All’uomo dello Stato Rivierasco e della Pensilvània.
Al Canadese del Nord e al Meridionale ch’io amo,
A questi, con perfetta fidanza che rappresentino voi come me. dico
che essi hanno i germi esistenti in tutti gli uomini:
Io credo che l’evidente scopo di questi Stati sia di fondare un’a-
mistà superba, esaltata-; ignota prima di ora,
Perchè io capisco che essa aspetta ed ha sempre aspettato, latente
in tutti gli uomini.
;

CALA il US 127

Talora con qualcuno che amo.

Talora con qualcuno die amo mi gonfio d’ira, temendo che eg’li

accenda in me un amore non ricambiato;


Ma ora io penso che non vi è amore non ricambiato poiché il ,

compenso viene in uno o in altro modo


(Ecco, io amai già una certa persona ardentemente, e il mio amore
non fu ricambiato,
Pure è in virtù di esso amore che ho scritto questi canti).

Ad un fanciullo di Occidente.

Io t’insegnerò molte cose che tu devi assorbire per aiutarti e di-


ventare uno dei miei discepoli;
Però, se nelle tue vene non circola un sangue come il mio,
Se tu non sei, in segreto, scelto dagli amanti, nè tu sai, in segreto,
scegliere gli amanti,
Qual vantaggio ti sarà, cercare di diventare mio discepolo f

O saldamente ancorato, eterno amore !

O saldamente ancorato, eterno amore O amore O la donna che ! !

io amo !

O sposa O moglie Più irresistibile di quel che posso dire è il


! !

pensar di voi !

Talora una separata, un’incorporea, e come se un’altra creatura,


Eterea tu vieni, tu finale realtà atletica e mia consolazione :

Ecco io ascendo e fluttuo nelle regioni dell’ amor tuo, o Uomo,


O compagno della mia raminga vita !

Fra la moltitudine.

Fra la moltitudine degli uomini- e delle donne,


Distinguo uno che mi presceglie con secreti e divini cenni,
E non riconosce altri, nè parente, nè moglie, nè marito, nè fratello,
nè figlio che gii sia più prossimo di me;
Altri può essere ingannato, ma non costui — costui mi conosce —
O amante perfetto ed eguale,
128 W. T VHITMAN — FOGLIE 1>I ERBA

Io desidero che tu possa riconoscermi così, per piccoli indizi indi-


retti,

Ed io, quando t’incontro, desidero riconoscere te, in siimi modo.

O tu, a cui spesso e silenzioso io vengo.

O tu a cui spesso e silenzioso io vengo, dove tu sei, per essere


con te,

Quando io passeggio o seggo presso te, o resto con te nella stessa


stanza,
Tu sai poco il sottile ed elettrico fuoco, che per amor tuo si agita
in me.

Quest’ombra a me somigliante.

Quest’ ombra a me somigliante, che va e viene, cercando stabilità,


vaneggiando, indugiando :

Oh ! come spesso io mi ritrovo fermo a contemplare dove essa


fluttna,
E come spesso io mi domando e dubito, se essa sia realmente me;
Però, tra i miei amanti, e intonando questi canti,
Oh ! io non dubito mai che quest’ombra sia realmente me !

Pieno di vita ora.

Pieno di vita ora, compatto, visibile,

Io, di quarantanni, nell’ottantesimo terzo anno degli Stati,

Al secolo che verrà, o a qualsivoglia numero di secoli avvenire,

A voi non nati ancora, e che pur vedo, dedico questi canti.
Quando voi li leggerete, io, che ora son visibile, sarò diventato in-

visibile,
E voi, compatti, visibili, realizzando questi poemi, cercandomi,
Immaginerete quanto sareste felici, ove potessi stai'e fra voi e di-
ventar vostro camerata;
Sia come se fossi tra voi. (Nè siate troppo sicuri che io non sia

ora con voi).


SALUT AU MONDE !

1 .

Oli ! prendi la mia mano, Walt Wliitman !

Quali fulgenti meraviglie ! quali spettacoli e suoni !

Che infinite e congiunte anella, ciascuno uncinato al seguente,


Ciascuno corrispondente al tutto, ciascuno godendo parte della terra
col tutto.

Che cosa si amplia dentro te, o Walt Wliitman ì

Quali onde e terre emergono ì

Quali climi ? quali persone e città son quivi ?

Chi sono i bamboli, di cui altri gioca, altri sonnecchia i

Chi le fanciulle ? Chi le donne maritate ?

Chi i gruppi di vecchi, che camminano adagio, con le braccia l’uno


sul collo dell’altro ?

Quali fiumane son queste ? Quali queste foreste e frutta ?

Come chiamansi queste montagne che assurgono così alte fra le


brume ?

Quali miriadi di abitazioni sono queste ricolme di abitatori ?

2 .

Dentro me le latitudini si ampliano, le longitudini si allungano,


L’Asia, l’Africa, l’Europa sono ad oriente, l’America fu destinata
all’occidente :

Cingendolo come zona, il caldo equatore avvolge il seno della


terra,

129 —
AV. AVHITMAN. — Foglie di erba. 9
130 W. WEITMAN — FOGLIE DI EBBA

Curiosamente il nord e il sud si girano sugli estremi assi;


Ma dentro me è il giorno più lungo, il sole vi si gira in oblique
orbite e non tramonta per mesi,
Diffuso, all’ora giusta, dentro me levasi il sole di mezzanotte sopra
l’orizzonte, e poi tramonta di nuovo;
Dentro me zone, cateratte, foreste, vulcani, gruppi d’isole,
La Malesia, la Polinesia, e le grandi isole occidentali dell’India.

3.

Che odi tu, o Walt Whitman ?

Odo l’operaio cbe canta e la moglie del mezzadro che canta.


Odo, in distanza, 'le grida dei figli e degli animali levatisi di buon
mattino,
Odo le grida emulatrici degli Australiani èffe rincorrono il cavallo
selvatico,
Odo la danza Spagnuola con le nacchere all’ombra del noeciuolo,
al suono della ribéea e della chitarra,
Odo gli echi incessanti del Tamigi,
Odo i fieri canti francesi della libertà,
Odo del gondoliere italiano il musicale recitativo di antichi poemi,
Odo le locuste nella Siria, quando si abbattono sul frumento e sul-
l’erba con i rovesci delle loro terribili nubi,
Odo il ritornello Coptico penosamente echeggiare al tramonto per
l’ampio venerabile seno nero della madre, il Nilo,
Odo il ciarlìo del mulattiere Messicano e i campanelli del mulo,
Odo l’Arabo muezzino chiamare alla preghiera dall’ alto della Mo-
schea,
Odo i preti cristiani agli altari di lor chiese e la voce responsiva
del basso e del soprano,
Odo il grido del Cosacco e la voce del marinaio che ad Okotsk
spinge la barca al mare,
Odo il respiro affannoso dello schiavo, quando gli schiavi in caro-

vana marciano, quando silenziosa la frotta passa, a due, a tre. stretti

insieme, con le catene ai polsi, con le catene ai fianchi,


Odo l’Ebreo leggere le sue memorie e i suoi salmi,
Odo ritmici miti dei Greci, e le gagliarde leggende dei Bomani.
i

Odo il racconto della vita divina e della morte sanguinosa del bel
Dio, il Cristo,
SAL UT A V MONDE ! 131

Odo l’Indiano che insegna al suo pupillo favorito ,


gli amori ,
le

guerre, i proverbi sicuramente tramandati, fino ad oggi, da poeti che


scrissero tre mila anni fa.

4 .

Che vedi tu, Walt Whitman ?

Chi sono coloro che tu saluti, e che, l’uno dopo l’altro, salutano te?

Vedo un miracolo,
Vedo un grande globo miracoloso, che rota traverso lo spazio,
Vedo minuscole masserie, casupole, mine, cimiteri, prigioni, fat-

torie, palazzi, tuguri capanne di barbari, tende nomadi sulla


,
su-
perficie,

Vedo da un lato l’emisfero ottenebrato, in cui i dormenti sognano,


e l’altra parte illuminata dal sole,
Vedo il curioso rapido cangiare dell’ombra e della luce,
Vedo le terre lontane, così reali e presenti a chi vi abita, come è
la mia terra a me.

E vedo abbondanza di acque,


Vedo i picchi delle montagne, vedo le sierre delle Ande, dove esse
sono allineate,
Vedo distintamente l’Himalaia, il Chian-Shahs, l’ Aitai, il Gliauts,
Vedo pinnacoli giganteschi di Elbruz, di Kazbek, di Bazardjusi,
i

Vedo le Alpi Stirie e le Alpi Gamiche,


Vedo i Pirenei, i Balcani, i Carpazi e al nord Dodrafields, c
,
i

lontano, sul mare, il monto Hecla,


Vedo il Vesuvio e l’Etna, le montagne della luna e le montagne
Rosse del Madagascar,
Vedo i deserti della Libia, dell’Arabia, dell’Asia,
Vedo le grandiose e terribili montagne di ghiaccio del polo Artico

e Antartico,
Vedo gli oceani superiori e inferiori, 1’ Atlantico e il Pacifico il ,

mar del Messico, il mar del Brasile, il mare del Perù.


Le acque dcll’Hindostau, il mar della China e il golfo di Guinea,
Le acquo del Giappone, la bella baia di Negasaki chiusa dalle sue
montagne,
La distesa del Baltico, il Caspio, il Bothnia ,
le ripe Brittaniche
e la baia di Biscaglia,
132 ir. TVEITMAJST — FOGLIE DI ERBA

Il Mediterraneo lucente di sole, e dall’ima all’altra delle sue isole,


Il mar Bianco mare che cinge
e il la Groenlandia.
Guardo i marinai del mondo,
Alcuni sono avvolti dalla tempesta, altri nella notte vegliano alla
vedetta,
Altri sono sospinti senza speranza, altri con malattie contagiose.

Guardo le vele e i piroscafi del mondo, alcuni aggruppati nel


porto, altri in viaggio,
Chi doppia il capo delle Tempeste, chi il capo Verde, altri il capo
Guardafili, Bon, o Bajadoro,
Altri il promontorio Dondra, altri passano per gli stretti di Snuda,
altri il capo Lopatka, altri per gli stretti di Behring,
Altri il capo Horn, altri veleggiano pel golfo del Messico, o lungo
Cuba ed Haiti, altri la baia di Hudron, altri la baia di Baffin,
Altri traverso gli stretti di Dover, altri entrano il Wash, altri rim-
boccatura di Solway, altri girano il capo Clear, altri Finisterra,

Altri traversano il Zuiderzee o la Schelda,


Altri entrano i Dardanelli e Gibilterra o ne escono,
Altri gagliardamente si aprono la via traverso le nordiche masse «li

ghiaccio,
Altri discendono o ascendono l’Obi o il Lena,
Altri il Niger o il Congo, altri Burampooter e Cambodia.
l’Indo, il

Altri aspettano, con la macchina accesa, pronti a salpare, nei porti


di Australia,
Altri aspettano a Liverpool, a Glasgow, a Dublino, a Marsiglia, a
Lisbona, a Napoli, ad Amburgo, a Brema, a Bordeaux, al Hague. a

Copenaghen,
Altri aspettano a Val parai -o, a Rio Janeiro, a Panama.

Vedo le linee delle ferrovie della terra,


Le vedo nella Gran Brettagna, le vedo nell’Europa,
Le vedo nell’Asia e nell’Africa.

Vedo telegrafi elettrici della terra,


i

Vedo i fili che recano le notizie delle guerre, delle morti, delle
perdite, dei guadagni, delle passioni e della mia razza.
,

SALUT AU JIOXDE ! 133

Vedo le lunghe strisce dei fiumi della terra,


Vedo l’Amazone e il Paraguay,
Vedo i quattro gran fiumi della Cina, 1’ Amour, il Fiume Giallo,
l'Yang-tse, e il Pearl,
Vedo dove scorre la Senna dove il Danubio dove la Loira il
, , ,

Rodano e il Guadalquivir scorrono,


Vedo gli avvolgimenti del Volga, del Dnieper, dell’ Odor,
Vedo il Toscano andar giù per l'Arno, e il Veneziano lungo il Po,
Vedo il greco marinaro far vela dalla baia di Egina.

6 .

Vedo il sito dell" antico impero Assiro, e di quel di Persia, e


di quello dell’India,
Vedo il cadere del Gange sopra l’alto orlo di Saukara.

Vedo il loco dove l’idèa della Divinità s’incarnò per avatare (1)
in forme umane,
Vedo i lochi delle successioni dei sacerdoti sulla terra gli ora- ,

coli. i sacrificatori, i bramini, i sabeani (2), i lama, i monaci, i muftì,


gli esortatori

Vedo dove i druidi camminarono per i boschi di Mona ,


vedo il

vischio e la verbena,
Vedo i tempi delle morti dei corpi degl’ Iddii ,
vedo gli antichi
profeti,
Vedo Cristo mangiare il pane dell’ultima sua cena, in compagnia
di giovani e vecchi,
Vedo dove il forte e divino giovane Ercole compì fedelmente, a
lungo, le sue fatiche e poi morì,
Vedo il loco della innocente e ricca vita, e il triste fato del bel
tìglio notturno, Bacco dalle carnute membra,
Vedo Knep sanguinante ,
vestito in azzurro ,
con la corona di
penne sul capo,
Vedo Ermete insospettato, morente, amatissimo ,
dire al popolo :

Non piangere per me,

(1) Avatara, la discesa di una divinità in terra e la sna incarnazione in uomo o


in animale. Principalmente si riferisce alle incarnazioni di Yisnu.

(2) Sabian e Scibeana, un adoratore di corpi celesti, come il sole, la luna, gli
astri, etc.
134 W. WRITMA N — FOGLIE DI ERBA

Non è questo il mio vero paese, vissi esule dal mio paese vero, ed ora
vi ritorno;

Torno alla sfera celeste, dove ognuno torna alla sua volta.

7 .

Vedo i campi di battaglia della terra e crescere su essi erba e


dori e frumento,
Vedo le tracce delle antiche e moderne spedizioni.

Vedo i misteri delle fabbriche senza nome, i venerabili mes-


saggi degli eventi, degli eroi, dei ricordi della terra ancora ignoti.

Vedo i lochi dello saghe,


Vedo i pini, gli abeti spezzati dalle bufere del nord,
Vedo i massi di granito, le rocce, vedo i prati verdi e i laghi,
Vedo le nuraghe sepolcrali dei guerrieri Scandinavi,
Vedo levarsi alto questi sepolcreti di pietre in sui margini degli Oceani
irrequieti, perchè le anime dei morti, quando sono stanche della quiete
delle loro tombe, possano levarsi su per i baluardi e guardare i com-
mossi flutti e rinfrescarsi alle tempeste, all’immensità, alla libertà,
all’azione.

Vedo le steppe dell’Asia,


Vedo i tumuli della Mongolia, vedo le tende dei Calmnchi e dei
B astóri,
Vedo le tribù nomadi con rnandre di buoi e vacche,
Vedo gli alti piani intersecati di precipizi, vedo le giunglie e i de-
serti,

Vedo il cammello, il cervo e il gallo selvatico, la pecora dalla coda


grassa, l’antilope e il lupo appiattato nella tana.

Vedo gli altipiani dell’Abissinia,


Vedo le rnandre di capre che brucano, vedo l’albero di fico, il ta-
marindo, il dattero,
E vedo i campi di teff-wheat e i luoghi di verzura e di oro.
Vedo il vaccaio Brasiliano,
Vedo il Boliviano ascendere il monte Sorata,
Vedo il Wacho che traversa le pianure, vedo 1’ incomparabile ca-
valcatore di cavalli col suo lasso sul braccio,
Vedo sopra le panipas l’inseguimento del bestiame selvaggio . per
averne le pelli.
SALUT A U JÌOXDE ! 135

8 .

Vedo le regioni di neve e di ghiaccio,


Vedo i Samoiedi e il Finnico dall’acuta vista,
Vedo il cacciatore di foche sul suo navicello con la lancia in resta,
Vedo il Siberiano sulla sira slitta snella, tirata da cani,
Vedo il cacciatore dei porci marini, vedo la ciurma baleniera del
sud del Pacifico, e dell’Atlantico settentrionale,
Vedo i picchi, i ghiacciai, i torrenti, le valli della Svizzera, e noto
gl’inverni lunghi e l’isolamento.

9 .

Vedo le città della terra e divento io stesso, alla ventura, una


parte di esse,
Ecco: sono un vero Parigino,
Sono un abitante di Vienna, di Pietroburgo, di Berlino, di Costan-
tinopoli,
Sono di Sidney, di Adelaide, di Melbourne,
Sono di Londra, Manchester, Bristol, Edimburgo, Limerick,
Sono di Madrid, Cadice, Barcellona, Oporto. Lione, Bruselle, Berna,
Francoforte, Stuttgart, Torino, Firenze,
Abito a Mosca, a Cracovia, a Varsavia, o verso il nord, a Cristia-
nia, a Stocolma, o a Jrkutsk di Siberia, o in qualche strada d’ Is-

landa,
Discendo su qualcuna di queste città e poi me ne parto di nuovo.

10 .

Vedo vapori levarsi al cielo da contrade inesplorate,


Vedo tipi di selvaggi, l’arco e il dardo, la freccia avvelenata, i fe-

ticci e l’obi (1),

Vedo le città dell’Asia e dell’Africa,

Vedo Algieri, Tripoli, Derna, Mogadoro, Timbuctoo, Monrovia,


Vedo le folle formicolanti di Pekino. di Canton, di Benares, Delki,
Calcutta, Tokio,
Vedo il Krumano nella sua capanna ,
e il Dahoman e 1’ Asciante
nelle capanne loro,

(1) Obi, feticcio dei negli delle Indie occidentali.


136 ir. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Vedo il Turco che fuma Oppio in Aleppo,


Vedo le folle pittoresche nelle fiere di Filli va. e in quelle di Kerat,
Vedo Teheran, vedo Mnscat e Medina, e le interposte sabbie, vedo
le carovane affaticarsi nel cammino,
Vedo l’Egitto e gli Egiziani, vedo le piramidi e gli obelischi,
Guardo le incise storie, e le memorie dei re conquistatori, e delle
dinastie, iutagliate su lavagne di arenaria o su macigni di granito,
Vedo a Meniti le grotte delle mummie, contenenti memorie imbal-
samate, strette in vesti di lino, e che giacciono colà da molti secoli,
Guardo i giacenti Tehani dai grandi rn chi rotondi, dal collo chino

da un lato, con le mani incrociate sul petto.

Vedo tutte le famiglie della terra che lavorano,


Vedo tutti i carcerati nelle carceri,
Vedo gli umani corpi storpi della terra,
Il cieco, il sordo-muto, gl’idioti, i gobbi, gli epilettici,
I pirati, i ladri, i traditori, gli assassini, gli schiavisti della terra,

E i bamboli senza soccorso, e i vecchi e le vecchie senza soccorso.

Vedo il maschio e la femmina dovunque,


Vedo la serena fratellanza dei filosofi,
Vedo l’attività edifìcatrice della mia razza,
Vedo i risultati della perseveranza e l’industria della mia razza,
Vedo gli alti dignitari, i colori, i barbari, le civilizzazioni, e vado
tra essi e mi mescolo con essi senza distinzione,
E saluto tutti gli abitanti della terra.

11 .

O voi, chiunque voi siate !

Voi, figlia o figlio d’Inghilterra !

Voi delle possenti tribù e imperi slavi ! tu, Busso in Eussia !

Tu d’ignota discendènza, o nord- Africano, dall’anima divina, am-


pio, dalla testa fine, dalle nobili forme, dai destini superbi e mio
pari !

Tu, Norvegese ! Svedese ! Danese ! Irlandese ! tu, Prussiano,


Tu, Spagnuolo di Spagna ! tu, Portoghese !

Tu, o uomo, tu, o donna Francese di Francia !

Tu, Belga tu, Olandese amatore della libertà


! (tu, stipite da cui io

sono disceso);
SAL UT -1 r -VOXUT ! 137

Tu, grossolano Austriaco ! tu, Lombardo ! Unno ! Boemo ! carnpa-


gnuolo della Stiria !

Tu, ripuario del Danubio,


Tu, operaio del Reno, dell’Elba, del Weser ! tu anche o operaia !

Tu. Sardo, tu, Bavarese ! tu, Svedese ! tu, Sassone ! Yallacbiano I

Bulgaro !

Tu, Romano ! Napolitano ! tir, Greco !

Tu, agile mattadore sull’arena a Siviglia !

Tu, montanaro che vivi fuor della legge, sul Tauro o sul Caucaso !

Tu, Bokli, che guardi le maudre delle tue cavalle e dei tuoi stal-
loni al pascolo !

Tu. Persiano, dal bel corpo, che scagli, a tutta corsa, a cavallo, i

dardi al bersaglio !

Tu, donna od uomo Cinese della Cina ! tu, Tartaro di Tartaria !

Voi, donne della terra, sottomesse ai vostri compiti !

Tu, Giudeo, che viaggi, nella tua vecchiaia, in mezzo ad ogni pe-
ricolo, per giungere in line su terra Siriaca !

Voi altri, Giudei, che in tutte le nazioni aspettate il vostro Messia !

Tu, pensoso Armeno, che mediti accanto a qualche ruscello dell’ Eu-
frate ! tu, che guardi tra le rovine di Nini ve ! tu, che ascendi il

Monte Arara t !

Tu, pellegrino, dai piedi consunti, che saluti il lontano bagliore


dei minareti della Mecca,
Voi, sceicchi, che lungo la distesa da Suez a Bab-el-Mancleb, gui-
date le vostre famiglie e tribù,
Tir, cultore di olivi, che vegli sul tuo frutto nei campi di Nazaret,
di Damasco, o sul lago di Tiberiade !

Tu, commerciante Tibettiano, dell’ampio interno, o che mercanteggi


nelle botteghe di Lassa !

Tu, donna e uomo del Giappone ! tir, che vivi nel Madagascar, nel
Ceylan, a Sumatra, a Borneo !

Tutti voi, continentali di Asia, Africa, Europa, Australia, quale che


sia il luogo in cui vivete !

Tutte voi, innumeri isole degli arcipelaghi del mare !

Tutti voi dei secoli avvenire, quando porgerete l’orecchio a me,


Tutti voi, e ciascun di voi, e dovunque siate, che io non specifico,
ma che egualmente includo !

Salute a voi ! la mia benevolenza a voi tutti, da me, dall’America


invio !
138 ir. WEITMAJV — FOGLIE DI ERBA

Ciascuno di noi è inevitabile,


Ciascuno di noi è senza limiti — ciascuno di noi, uomo o donna,
ba il suo diritto sulla terra,
Ciascuno di noi fu concesso per gli eterni disegni della terra,
Ciascuno di noi è qui così divino, come ogni cosa è.

12 .

Tu, Ottentotto dallo stridulo palato! Voi, orde dai capelli la-
nosi !

Voi, persone proprietà di altri, die gocciate stille di sudore o stille

di sangue !

Voi, forme umane, dall’ incomprensibile impressionante contegno di


bruti !

Tu, povero koboo, su cui i più abbietti tra tutti guardano sprez-
zanti ,
non ostante il tuo abbagliante linguaggio e spiritualità !

Voi, nani del Kamtscbatkan, di Groenlandia e Lapponi !

Tu, negro di Australia, nudo, rosso, gocciolante untume, dalle lab-


bra sporgenti, rampicante in cerca di cibo !

Tu, Cafro, Berbero, Sudanese !

Tu, feroce, strano Bedowee, cui nessuno corregge !

Voi, formicolai di peste in Madras, Nankino, Kaubul, Cairo !

Tu, ignorante rematore di Amazonia ! tu, Patagono, tu Fedgese !

Io non preferisco altri a voi più di quanto preferisca voi ad altri,


Non dico una parola contro di voi. Via, indietro, dove voi state
(Voi, a suo tempo, verrete innanzi, al mio fianco).

13 .

Pieno di pietà e di fermezza il mio spirito ba girato attorno


alla terra,
Ho guardato per i miei pari ed amanti miei, e li lio trovati pronti
per me in tutte le nazioni,
E penso ebe qualche divina relazione li ba fatti miei uguali.
O vapori, io penso che mi son levato insieme con voi, ebe son

partito per lontani continenti, e poi son caduto qui per buone ra-
gioni,
Io penso di aver soffiato insieme con voi, o venti;
Con voi, o acque, io bo lambito ogni sponda,
Penso di aver corso attraverso quello ebe ogni fiume o passaggio
traversa,
SA L UT AU MO.YUU ! 139

Mi sou postato sulle basi delle penisole ,


e dall’ altezza delle ter-
razze delle rocce, per gridare di là:
Salut au monde !

Quali che sieno le città, cui luce e calore penetrano ,


quelle città
penetro anch’io,
Tutte le isole a cui, in lor volo, gli uccelli rivolgono il volo, ri-
volgo nella mia via il mio volo anch’io.

Verso voi tutti, in nome dell’America,


Alta, perpendicolare io levo la mia mano, io do il segnale,
Che deve restare, dietro me, in vista sempre,
Per tutte le folle, e per tutte le case degli uomini.
IL CANTO DELLA PUBBLICA STRADA.

1.

A piedi, col cuor leggiero, io m’incammino per l’aperta via.


Sano, libero, col mondo innanzi a me,
La lunga, la bruna strada mi guida dove io voglio.

Quindi innanzi io non chiedo buona fortuna; una buona fortuna


sono io stesso;

Quindi innanzi io non piagnucolo più, non più mi pospongo ad


altri, di nulla ho bisogno;
La fo finita con i piagnistei segreti, con le librerie, con i criticismi
queruli :

E, forte e contento, prendo a viaggiare per le vie aperte.

La terra coni’ è, è sufficiente,


Io non ho bisogno che le costellazioni sieno, di qualche tratto, più
vicine,
So che stanno assai bene, dove esse stanno,
E so che esse bastano per quelli che appartengono ad esse.

(E sempre a quel medesimo io tiro il mio vecchio e delizioso


ritornello,
lo tiro tutti, uomini e donne, io li tiro con me, dovunque io vada;
Io giuro che mi è impossibile liberarmi di loro,
Saturo io sono di essi, e saturi di me io li farò in ricambio.)

2 .

Io entro in te, o via, e guardo attorno, e credo che tu non sii

quanto qui si vede,


La mia fede è che molto, che non si vede, è anche qui.

— iti —
142 ir. whitman FOGLIE DI ERBA

Qui la lezione profonda della ricezione, senza preferenza, senza


diniego:
Il negro con la testa lanosa, il fellone ,
1’ affranto da infermità,
l’analfabeta non sono ributtati,
La nascita, chi si affretta pel medico, il balzellare del mendico, il

barcollare dell’ubbriaco, le ridanciane comitive dei meccanici,


I giovani fuggiti, l’equipaggio del ricco, il vanesio, la coppia fug-
gitiva,
Chi mattiniero va al mercato, il carro funebre, chi viene alla città
a recarvi provviste e poi dalla città esce,
Tutti passano quivi; e passo anch’io, ogni cosa passa., nessuno è
impedito,
E nessuno è che non sia accolto, e nessuno è che non sia a me
diletto.

3 .

O aere, che mi dài il fiato ond’io parlo !

O voi, oggetti, che richiamate dal disperdersi i miei pensieri ,


e
date loro una forma !

O luce, che ricingi me e tutte le cose con uguali e delicate ondate !

O vie consunte in solchi irregolari sui marciapiedi !

La mia fede è che voi, così dilette a me, occultiate in voi invisi-
bili esistenze.

Voi, vie cittadine lastricate ! Voi, saldi paracarri degli orli !

Voi, chiatte ! Voi, assiti e posti di porti ! Voi, assi allineate ai lati !

Voi, lontane navi !

Voi, fila di case ! Voi, facciate forate di finestre ! Voi, tetti !

Voi, porticati ed entrate ! Voi, comignoli e difese di ferro !

Voi, finestre, le cui vetriate potrebbero far vedere tante cose !

Voi, porte ed ascendenti gradi ! Voi, arcate !

Voi, grige pietre, e lastrici interminabili .'


Voi. trafficati tragitti !

Da tutto quello che toccò voi, io credo che vi sia stata impartita
qualcosa, che ora volete secretamente impartire a me,
Di vive e di morte cose le vostre superficie impassibili voi avete
popolate, e i loro spiriti vorrebbero mostrarsi a me ed essermi amici.

4 .

La terra distendesi a destra ed a sinistra:


Viva è la sua pittura, ogni sua parte è nella sua luce migliore,
IL CANTO DELLA PUBBLICA STRADA 143

Scende la musica, dove è desiderata, e arrestasi dove non è desi-


derata,
La grata voce della pubblica via, il gaio e fresco sentimento della
via.

O pubblica via ch’io cammino, dici tu a me, Non lasciarmi ?

Dici tu, Non ti arrischiare altrove — se tu mi lasci, sei perduto ?

Dici tu, Pronta sempre io sono, sono hen battuta e non negata , ade-
risci tu a me ?

O pubblica via, io ti dico che non mi spavento di lasciarti,

sebbene ti ami,
Tu esprimi me meglio che io stesso possa esprimermi,
Tu sarai per me più che il mio cauto.

Io penso che gli eroici fatti furono concepiti tutti all’ aria
aperta, e tutti i liberi canti altresì,
Penso che potrei sostar qui e compier miracoli,
Penso che qualsiasi cosa io incontri per via ,
io 1’ amerò ,
e che
chiunque mi guarderà amerà me,
Penso che chiunque io veda debba essere felice.

5.

Da questo momento io mi affranco da ogni contine e da ogni


immaginaria terra compassata,
E vo’ dove io voglio, assoluto e intero signor di me stesso,
Porgendo ascolto agli altri, meditando bene quello che dicono,
Fermandomi, domandando, accogliendo, contemplando;
Però gentilmente ma con irremovibile volontà, mi sciolgo da ogni
ritegno che voglia fermarmi.

Inalo i grandi aromi dello spazio,


L’est e l’ovest sono miei e il nord e il sud sono miei

Più grande, migliore son io di quello che mi pensassi,


Io non sapeva di avere in me accolta tanta bontà.

Tutto mi sembra bello;


Agli uomini e alle donne io posso ripetere : o voi, che tanto bene
avete a me fatto, io vorrei farne altrettanto a voi,
Così andando, recluterò e per me e per voi,
Così andando, mi sminuzzerò tra gli uomini e tra le donne,
144 ir. WHITIIAN — FOGLIE DI ERBA

Fra essi susciterò una letizia e una rozzezza nuova,


Chi mi rinnega non mi conturberà,
Chi mi accetta, sia uomo, sia donna, sarà benedetto e benedirà me.

6.

Se migliaja di uomini perfetti mi apparissero ora ,


io non ne
sarei stupefatto,
Se migliaja di leggiadre forme di donne mi apparissero ora, io non
sarei attonito.

Ora intendo il segreto onde si divien migliore:


È col crescere all’aria libera, col mangiare e dormir colla terra.

Ecco : un gran fatto ha ora luogo


(Un fatto che si abbarbica nei cuori dell’intiera razza umana.
E le cui manifestazioni di forza e di volere vincono la legge, e si

fan gabbo di ogni autorità e di ogni argomento che le osteggi).

Ecco il testo verace della saviezza:


La saviezza non ha il suo testo tinaie nelle scuole,

La saviezza non può passare da chi l’ha a chi non l’ha,

La saviezza si appartiene all’anima, non è suscettibile di prova, la


sua prova è essa stessa,
Trovasi su tutte le scene, in tutti gli oggetti o qualità, ed è con-
tenta,
È la prova certa della realtà ed immortalità delle cose, e dell’ ec-

cellenza delle cose :

Qualche cosa ewi nel fluttuare dell’apparenza delle cose che provoca
la sapienza fuor dell’anima.

Ora riesamino filosofie e religioui,


Trovo che esse possono far buona prova nelle sale da conferenza,
ma non provano nulla sotto 1* ampie nubi e nei campi aperti, o lungo
le fluenti acque.

Qui è il realizzarsi delle cose,


Qui è un uomo che sa la sua misura — qui egli realizza quel che

è in lui,
Il passato, il futuro, la maestà, l’amore — se queste cose sono
prive di te, tu sei privo di esse.
IL CASTO DELLA PUBBLICA STRADA 145

È solo il nocciuolo «lolle cose «piello elle nutrisce;


Dov’è colui die ne schiaccia i gusci per te e per me i

Dove colui che per me e per te disfa gli stratagemmi e le coperte


vie ?

Qui è l’adesione degli esseri, non modellata innanzi tempo, ma


giunta a tempo;
Sai tu che importa essere amato da gente a te straniera . mentre
che tu passi per via ì

Intendi tu la parola di quelle pupille che si rivolgono verso te ?

7.

Qui è l’ effondersi dell’anima,


L’effondersi dell’anima surge da dentro, per ombrose porte, e pro-
voca sempre domande:
Questi desiri, perchè surgono essi ! Questi pensieri nelle tenebre,
perchè surgono essi ?

Perchè vi ha uomini e donne, a cui mentre son vicino, il s«de mi


dilata il sangue ?
Perchè, «piando mi lasciano, i pennoni della mia letizia cadono giù
flosci e tristi ?

Perchè vi ha alberi, sotto cui io non passeggio mai. che io non


senta da essi scendere a me ampi e melodiosi pensieri t

(Io penso che sempre, d’inverno e di estate, stiano essi sospesi su


«piesti alberi, per piovere come frutti, mentre io passo).

Che cosa è questo rapido ricambio fra me e gli stranieri i

E con qualsiasi conduttore, mentre gli sto allato sul sellile ì

E con qualsiasi pescatore che dalla riva tiri, mentre che io passo c
mi fermo, la sua rete i
Che cosa mi persuade a donarmi al buon volere di una donna o di
un uomo ì e che cosa persuade essi a donarsial mio ?

L'effondersi dell'anima è felicità, in esso è felicità:


Io pelisi» che essa saturi di sè l’aperta aria, aspettando sempre;
Ora fluisce dentro noi, e noi ne siamo in giusta misura ricolmi.

tV. Whitman. — Foglie di erba. 10


146 ir. WHITMAX — FOGLIA DI ERBA

Quindi scaturisce il fluido carattere della simpatia.


Quel fluido carattere della simpatia è la freschezza e la soavità
dell'uomo e della dorma
(Le erbe del mattino non i spuntano ogni dì più fresche e più soavi
dalle loro radici, di quello che spunti fuor di se, continuamente, fre-
sco e soave il carattere della simpatia).

Verso il fluido carattere della simpatia geme il sudore dell’a-


mor dei giovani e dei vecchi,
Da esso si distilla l’incanto che si fa bette della bellezza e degli
ornamenti,
Verso esso elevasi la pungente brama piena dei brividi del contatto.

9 .

Al long Chiunque tu sii, vieni e viaggia meco !

Viaggiando meco, tu non proverai che sia stanchezza.

La terra non istanea mai,


La terra è rozza, taciturna, incomprensibile alla prima . la Natura
anche è rozza e incomprensibile alla prima,

Non iscoraggirti , tienti saldo; quivi son cose divine ben ascose.
Ed io ti giuro che vi sono divine cose, più belle di quanto le pa-
role posson dire.

Allons ! Noi non dobbiamo far alto qui;


Comecliè sien dolci le provviste accumulate qui. comunque conve-
niente quest’albergo, non possiamo restar qui,
Comunque sia riparato questo porto e calme queste acque, noi non
possiamo gittar l’ancora qui,
Comunque sia lieta l’ospitalità che ci circonda, non ci è permesso
di accettarla altro che per poco.

10 .

Allons ! Le persuasioni saranno più grandi,


Noi veleggeremo mari sconosciuti e non corsi.

Andremo dove i venti soffiano, 1’ acqua è tempestosa, e il clipper


del Yankee corre a vele gonfie.
IL CASTO DELLA PUH ELICA STRADA 147

Allons ! con possanza, libertà, colla terra, con gli elementi,


Con salute, con aria sfidatrice, con gajezza, con la stima di noi
stessi e con curiosità:
Alton* Abbasso le forinole tutte !

Abbasso le formule vostre, o preti materialisti, dagli ocelli di pi-

pistrello.

Il vostro cadavere mummificato sbarra il passaggio, il seppel-


limento non deve più indugiarsi.

Alton * ! ma bada però !

Chi viaggia meco lui bisogno di ottimo sangue, di gagliardia e di


perseveranza,
Nessuno venga a provarsi, finche, lui o lei che sia, non possa portar
seco coraggio e salute:
Non venir (pii, se tu hai già sciupato il meglio di te stesso.
Solo quelli possono venire che vengono con soavità e integrità di
corpo:
Agl’ infermi, ai beoni di rum, ai maculati venerei non è permesso
venir qui.
(Io e i miei non convinciamo con argomenti, con similitudini, con
lime,
Noi convinciamo con la presenza nostra.)

11 .

Odi ! Voglio essere onesto con te.

Io non ti offro i levigati premi del passato, ma i rozzi premi del-


l'oggi,
E di che tu vivrai saranno così
i :

Tu non accumulerai quello che chiamano ricchezza,


Tu sparpaglierai, invece, con prodiga mano tutto quello che guada-
gnerai ed oprerai.
Tu non farai che giungere alla terra cui sei destinato, tu ti asset-
terai appena a sodisfazione ,
e tini sarai chiamato alla partenza da
una chiamata irresistibile,

Tu sarai trattato con risa ironiche e con beffe da quelli che ti ri-

mangono addietro,
Quali che sieno le dimostrazioni di affetto che tu riceverai, tu ri-
sponderai solo con i baci appassionati della partenza,
148 ir. M IIITMAN — FOGLIE DI EH HA

Tu non permetterai la presa ili «j m-lli die porgono verso re le lor


mani distese.

12 .

Aliotte ! dietro i grandi Compagnoni, per appartenere- ad essi !

Ancli’essi sono per r ia — essi sono gli agili e maestosi uomini


essi sono le più grandi donne,
Sono i godenti delle calme del mare e delle tempeste del mare,
1 marinai delle tante navi, i camminatori di molte miglia di terra.

Gli habitués di molto lontani paesi, gli hàb'tué» di lontane dimoie.


I confidenti degli uomini e delle donne, gli osservatori di città, i

lavoratori solitari,
Coloro che sostano per contemplare i ciudi di erba, i fiori, le con-
chiglie della spiaggia,
Clic danzano alle danze nuziali, baciano le spose novelle, aiutano
con affetto i fanciulli e dan loro sostegno,
I soldati delle rivolte, quelli clic stanno sull’orlo delle tombe spa-
lancate, i sepellitori di bare,

1 viaggiatori per consecutive stagioni e per anni, per quei curiosi


anni emergenti ciascuno da quello clic lo precede,
1 viaggiatori con le loro fasi, che sono le compagne loro,

Coloro che camminano lontano dai latenti, irrealizzati giorni di lor


fanciullezza,
Coloro che viaggiano gioiosamente con la loro giovinezza . con la

loro virilità barbuta e ben salda,


Coloro che viaggiano con la loro feminilità ampia, insorpassata,
sodisfatta,
Coloro che viaggiano con la loro vecchiaia, sublime di virilità o

di feminilità :

La vecchiaia calma, dilatata, fatta ampia dal sublime respiro del-


l’universo,
La vecchiaia clic libera fluisce in compagnia della deliziosa, pros-
sima liberazione della morte.

13 .

Aliotte a quello che è senza fine, come fu senza principio,


A intraprendere molto, escursioni pedestri di giorno, a riposare la
notte,
TL CAPTO DELLA PUBBLICA STRABA 149

A sommergere tutto nel viaggio a cui i viaggi tendono, e i giorni


e le notti entro ciò a cui essi tendono,
A sommergerli di nuovo là, donde dovranno balzare a viaggi su-
periori.
A non veder cosa in nessun luogo, clic voi non possiate toccare e
lasciare,
A non concepir tempo, comunque lontano, die voi non possiate at-
tingere e sorpassare,
A non guardare nessuna via che non si distenda per te, che non
aspetti te — comunque sia lunga, si distende per te, e aspetta te —
A non vedere essenza, nè di Dio nè di altri, alla quale non possa
arrivare anche tu,
A non vedere possesso che tu non possa possedere, godendo tutto,
senza compra o lavoro . astraendo dalla festa e nondimeno non
astraendo da alcuna particella sua,
Ad occupare il meglio della fattoria del colono, e dell’elegante villa
del ricco, e delle caste benedizioni della coppia ben maritata e dei
frutti degli orti e dei fiori dei giardini,
A prendere per uso tuo quello che ti conviene dalle città compatte,
quando tu le traversi.
A trascinar dietro te, con te, dovunque tu vada, edifici e vie,

A far ricolta dei pensieri degli uomini dai loro cervelli ,


quando
li incontri, a far ricolta di amore dai loro cuori,
A prendere teco da sulla via i tuoi amanti, in cambio di tutto
quello che tu lasci dietro per loro,
A riconoscere che l’universo stesso è come una via ,
come molte
vie. come vie per anime viaggiatrici.

Tutto prende il suo aìre pel viaggio delle anime,


Tutte le religioni, tutte le solide cose, le arti, i governi — tutto che
appare su questo globo e su ogni globo, va a collocarsi entro le nic-

chie. e negli angoli delle vie innanzi a cui passa la processione delle
anime : cioè lungo le grandi vie dell’universo.

Del viaggio delle anime degli uomini e delle donne, lungo le

grandi vie dell’universo, ogni altro viaggio è il necessario emblema


e sostegno.

Vivi sempre, avanti sempre !

Orgogliosi, solenni, tristi, ributtati, scherniti, pazzi, turbolenti, de-


boli, insodisfatti,
150 ir. WniTMAS — FOGLIE DI ERBA

Disperati, orgogliosi, amorevoli, malati, arretrati dagli uomini, ri-


buttati dagli uomini.
Essi vanno ! essi vanno 1 Io so dir essi vanno, ma io non so dove
essi vanno,
So però die essi vanno verso il meglio — verso qualcosa di grande.

Chiunque tu sii, vieni fuori ! Uomo o donna, vini fuori !

Tu non devi dormire o baloccarti qui nella casa, sebbene 1' abbia
costruita tu, o sebbene sia stata costruita per te.

Fuori dai ritiri ombratili ! Esci da dietro le paratie !

È inutile protestare, io so tutto e lo divulgo.

Guarda traverso il tuo essere, come esso è cattivo al pari del


resto:
Traverso il riso, la danza, il desinare, il cenare, il popolo,
Sotto gli abiti e gli ornamenti, sotto le facce lavate e ritinte,
Guarda un segreto, silente disgusto, un disperare.
Non marito non moglie non amico è abbastanza
, ,
fidato da eon-
fessarglisi,
Un altro se, un doppione di ognuno lo va occultando e celando:
Informe e mutolo per le vie della città ,
gentile e cortese nei sa-
lotti,

Nei carri da ferrovia, nei piroscafi, nella pubblica assemblea.


Egli il focolare delle case degli uomini e delle donne, intimo a ta-

vola, nelle stanze da letto, ovunque,


Attillato ricercatamente, coll’aspetto sorridente ,
diritto della per-
sona è egli; ma sotto alle ossa del suo petto appiattata sta la morte:
l’inferno annidasi sotto le ossa del suo cranio;
Sotto la sua. biancheria e i guanti, sotto i nastri e i fiori artifi-

ciali,

Se la fa bene con gli usi, ma di se non dice una sillaba mai.


Di ogni altra cosa egli parla, ma di sè no, mai.

14 .

Allo "x ! Traverso la lotta e la guerra !

La meta annunziata non può esser disdetta.

Hanno le passate lotte avuto successo i

Che cosa ha avuto successo I Tu ? La tua nazione ? La Natura ‘

Or ascoltami bene: —
è destino stabilito nell'essenza delle cose, che
IL CANTO DELLA PUBBLICA STRADA 151

da ogni godimento di un successo, non importa quale, scatti fuori


qualche cosa che produca una più grande e necessaria lotta. —
Appello di battaglia è il mio appello, io do nutrimento alla

ribellione attiva,
Chi vien meco dev’essere bene armato,
Chi vien meco viene spesso in compagnia ili una dieta scarsa, della
povertà, della collera, di nemici, di disertori.

15.

Alluna ! La strada è innanzi a noi !

È sicura — io l’ho provata — proprio i miei piedi 1’ hanno pro-


vata, e bene — non t’indugiare !

Lascia giacere non scritto il foglio, lascia il libro non aperto


nello scaffale !

Lascia gli ordigni nella bottega ! Lascia ohe resti non guadagnata
la moneta !

Lascia star la scuola ! Non darti pensiero del protestare dell’inse-


gnante !

Lascia che il predicato e predichi dal pulpito


r, Lascia l’avvocato !

piatire in tribunale, e il giudice interpretare la legge !

Camerata, ecco, io ti do la mia mano !

Io ti do il mio amore, più prezioso della moneta,


Io do a, te me stesso, prima delle prediche o della legge.
Vuoi tu darmi te l Vuoi tu venire a viaggiar meco ?

Staremo noi aderenti l’uno all’altro, finché la vita duri ?


«

*
TRAVERSANDO IN CHIATTA IL BROOKLYN.

l.

O correnti* dell’ ulta marea, su cui navigo ! faccia a faccia io ti


guardo t

O nubi dell’occidente il sole — è in alto ancor per mezz’ora — anche


voi io guardo faccia a faccia.

0 folle di uomini e di donne, vestite come al solito ,


quanto
mi parete curiose !

E le centinaia e centinaia che sulle chiatte traversano il fiume per


tornare a casa, mi pajono più curiose di quello che immaginate,
E più e più ancora di quello che potete immaginare ,
venite tra
i miei pensieri voi, che. di quia molti anni, traverserete da sponda
a sponda.

E penso a questo impalpabile alimento mio, che traggo da


ogni cosa e ad ogni ora del giorno.
Allo schema del cosmo ,
sémplice ,
compatto ,
ben assettato ,
del
quale io ed ogni altra cosa siamo particelle distinte, pur essendo tutti
parte dello schema,
Penso alle simiglianze del passato e a quelle del futuro ,
alle
glorie, che, pur dentro alla cerchia mia piccola vista e del
della
mio piccolo udito, mi ap pajono, o che cammini per via o che tra-
versi il fiume, infilate, fitte come perle,
Alla corrente che così rapida procede e nuota con me ,
via ,
lon-
tano,
— 153 —
154 ir. w ritma v — voglie
: ni erba

Ai tanti altri che verranno dopo di me, ai vincoli tra nn* ed essi.

Alla certezza di questi altri, e alla vita, all’amore, alla vista, al-
l’udito di questi altri.

Altri entreranno le porte del navicello e traverseranno da sponda


a sponda.
Altri osserveranno la corrente dell’alta marea,
Altri vedranno navigar Mannahatta verso settentrione od occidente,
e le alture di Brooklyn, a mezzogiorno e ad oriente,
Altri vedranno le isole grandi e piccole:
Di (pii a cinqnant'anni altri vedranno come e ssi traversano, mentre
il sole è in alto ancor per mezz’ora;
E così, di qui a cento anni, o, per sempre, di (pii a molte centi-
naia di anni, altri vedranno altri,
E godranno il tramonto, il dilagare dell’alta marea e il ricadere
del riflusso nel mare.

E non fa nulla nè il tempo nè lo spazio — la distanza non


fa nulla —
Io sono con voi, o uomini o donne di una generazione, e anche di
molte generazioni avvenire,
E quel sentire stesso che voi sentirete .
guardando il fiume e il

cielo, sentii anch’io;


Proprio così come ognuno di voi è uno di una vivente folla . fui

anch’io uno di una folla,


Proprio così come sarete giocondi voi. innanzi a questa letizia di
fiume e di lucenti flutti, fui giocondo anch’io,
Così come voi che, tenendovi saldi alla spranga, pur sarete trascinati
via dalla celere corrente, stetti e fui trascinato anch’io,
Proprio come li guarderete voi gl’infiniti alberi delle navi e i fu-

maiuoli dei piroscafi, anch’io li guardai.

Anch’io, assai e assai volte, in tempi antichi, traversai il rimile,

Guardai di dicembre i gabbiani e lividi dondolarsi in alto, nell’aria,


coll’ali ferme, coi corpi oscillanti,
Osservai il giallo bagliore onde splehdea il di sopra del corpo loro,

e la fitta ombra del resto,


E il loro lento roteare in cerchio e il graduale loro avanzarsi verso
mezzodì;
TBAVEBSAXDO IX CHIATTA IL BHOOKLYX 155

l'idi il riflettersi del cielo estivo sulle acque,


Ebbi gli ocelli abbagliati dalla sopranatante colonna dei raggi,
Mirai i tenui centrifughi raggi della luce attorno all 'ombra del mio
capo, che disegnatisi sull’onda infiammata dal sole,
Mirai da sulla nebbia delle colline, verso sud e verso sud-ovest,
Mirai lo sfuggire del vapore in velli tinti di violetto,
Guardai dove più si abbassa la baja per iscorgere 1’ arrivo delle
navi,
Vidi il loro avvicinarsi, guardai il bordo di quelle che mi stavano
da presso,
Vidi le vele candide delle golette e delle lance, vidi le navi an-
corate,
I marinai all’opera tra il sartiame, o a cavalcioni delle antenne,
I rotondi alberi delle navi, l’ondulato moto degli scafi, gli svelti
c serpentini parancliini.
II muoversi dei grandi e dei piccoli piroscafi, i piloti nei loro ca-
sotti ,

La bianca striscia lasciata dietro dal passar delle navi, e l’agile e


tremulo turbinare delle ruote.
Vidi le bandiere di tutte le nazioni, il loro abbassarsi in sul tra-

monto,
Le onde frastagliate ed aguzze in sul crepuscolo, le creste loro
rilucenti e pazze,
La distesa dell’orizzonte divenir meno e meno parvente, le grige
mura granitiche dei magazzini presso i docks,
E sul fiume l’ombroso gruppo, il grosso rimorchiatojo con le barche
che gli si stringevano all’uno ed all’altro fianco, la barca da fieno,
l’attardata barca da scarico,
E sulla vicina sponda, dalle fornaci delle fonderie, i fuochi che
spandevansi in alto, e inviavano il loro bagliore entro la notte.
Lanciando, contrastate dal rosso selvaggio del foco e dalla fiamma
gialla, le loro ondate di tenebra sui comignoli delle case e giù, dentro
gli spaccati delle vie.

-
1.

Questa e le altre cose tutte furono per ine il medesimo che


per voi,
Queste città io le amai di buon amore, di buon amore amai il su-
perbo e rapido fiume,
156 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E gii uomini e le donne ch’io vidi eranmi tutti dà presso,


Ed altri, al modo stesso — altri invieranno lo sguardo loro dietro
a me, perchè io affisai innanzi a me, per i scorger essi, lo sguardo
mio
(Il tempo verrà, sebbene io resti fermo (pii, notte e giorno).

5 .

Che è ciò, dunque, che sta fra noi ?


Che importano le ventine e le centinaia di anni che ci separano ‘
Qual che esso si sia, non importa nulla nulla importa la di- —
stanza, nulla lo spazio.
Vissi anch’io, Brooklyn dalle spaziose colline fu mio,
Calcai anch’io le vie dell’isola di Mannaliatfa . e mi bagnai nelle
acque che la circondano,
Anch’io provai dentro me l’aculeo curioso e acuto dei dubbi;
Di giorno, tra la folla delle genti, essi vennero sopra di me,
Talora nel mio andare a casa, tardi, a notte, o appena mi poneva
a giacere sul letto, essi vennero sopra di me:
Anch’io ricevetti la mia identità dal mio corpo,
E conobbi che, quel che io mi fossi, era del mio corpo, e che tutto
sarebbe del mio corpo quel che io mi fossi per divenire.

6 .

Non è su voi soli che la tenebra fa ora piovere le sue ondate,


La tenebra scagliò le ondate sue anche sopra di me,
E ogni ottima cosa che io avessi fatta pa reami vana e sospetta.
Quelli che io credeva i miei grandi pensieri non erano essi per av-
ventura una povera cosa ?

Non soli voi conoscete quello che sia il male,


Conobbi anch’io quello che il male fosse,
Anch’io annodai le vecchie maglie della contraddizione,
Ciarlai, arrossii, mi adirai, mentii, rubai, odiai,
Ebbi frodi e collere, libidine, desideri ardenti che non osavo espri-
mere,
E fui caparbio, vano, goloso, leggero, ritroso, codardo, maligno.
Il lupo, il serpente, il porco non fecero difetto in me;
La faccia ingannatrice, la parola frivola, il desiderio adultero non
mi mancarono.
TRAVERSANDO IX CHI ATTA IL BROOKLYX 157

I ripudi, gli odi, lo ingiustizia, le I lassezze, la pigrizia ,


nessuna
di tali cose mancò in me,
Fui uno della turba intera ingomma, e provai i giorni e le vicende
di tutti:

Fui chiamato col nome che mi è più prossimo dalle alte e chiare
voci dei giovani, quando mi videro accostare o passare.
Sentii le loro braccia attorno al mio collo quando ero fermo o , ,

l'indolente appoggio delle loro carni, quand’io sedeva,


Vidi molti che io amava, o per via, o sulla chiatta, o nella pub-
blica, assemblea, nè dissi 1 irò una parola,
Vissi la stessa vita di tutto il resto, ridendo, mordendo, sonnec-
chiando come gli altri,

Rappresentai la parte, la cui orma poi appare sempre dietro F at-


tore o l’attrice,
E il medesimo antico personaggio, il personaggio che è quale lo

facciamo noi, così grande come noi Io vogliamo, o così piccolo come
a noi piace, ovvero piccolo e grande insieme.

7.

E più da presso ancora mi ristringo con voi :

Quello che voi pensate di me ora, ancor più io pensai di voi, e


feci a tempo le mie provviste,
Di voi pensai a lungo e seriamente, prima che foste nati.

Chi poteva sapere che cosa verrebbenii a casa ?

Chi sa altro, fuor godendo questo ?


che io sto

Chi di voi, a tanta distanza e non potendo vedermi , sa altro di


me, salvo che sono così buono, come a voi ora sembro ì

E che può esservi per me di più superbo ed ammirabile che


Mannahatta affollata ili alberi di navi !
E che più ilei fiume e del tramonto, e delle onde frastagliate ed
aguzze del flutto dell’alta marea i
E dei gabbiani marini che cullano i loro corpi, della barca da fieno
e dell’ attardata barca da scarico, al tramonto ?

Quali iddìi possono sorpassare 'quelli che ora mi tengono perniano


158 ir. WHITMAJSr — FOGLIE IH ERGA

e con voce a me cara mi chiamano prontamente, altamente, col mio


più prossimo nome, mentrechè mi avvicino i

Qualcosa vi è di più tenue di quella che mi avvince all'" non


alla donna che guarda la mia faccia ?
E che mi trasfonde in voi, ora, e distilla in voi i miei concetti 1

Noi e’ intendiamo, dunque, non è egli vero ?


Quel che io vi promisi ,
senza nominarlo ,
non V avete voi accet-
tato ,?

Quello che lo studio non può insegnare quello che i sermoni non
possono compiere, è compiuto, non è così f

9.

Scorri via, o fiume 1 scorri con F alta marea, e fluttua col


riflusso !

Folleggiate, o onde dalle creste frastagliate ed aguzze !

Superile nubi del tramonto ! Inondate col vostro splendore me, e


le generazioni delle donne e degli uomini che verranno dopo di me 1

Traversate da sponda a sponda, o folle infinite di passeggicri !

State eretti, o alti alberi delle navi di Mannahatta 1 State erette, o


belle colline di Brooklyn !

Palpita, o cervello mio, curioso e beffato! tersa pur fuori le tue

domande e risposte !

Sospendi qui e dovunque l’eterno fluttuare delle soluzioni !

Guardate, o innamorati, o bramosi occhi miei, nella casa o nelle vie


o nell’assemblea !

Risonate, o voci di giovani uomini ! Chiamatemi della vostra chiara


ed armoniosa voce, col mio più prossimo nome !

Vivi, o vecchia vita ! Rappresenta pure la parte, la cui traccia ap-


pare poi sempre, dietro l’attore o l’attrice !

Rappresenta pure il vecchio personaggio, che è grande o piccolo,


secondo che ciascuno lo fa !

Considera, o tu che mi leggi, se mai, per non conosciute vie . io

non sia ora col guardo su te,

Sta salda, o spranga sul fiume, sorreggi coloro che , indolenti ,


vi

si appoggiano, e nondimeno affrettati coll’affrettata corrente:

Volate o marini augelli ! volate obliquamente, o roteate in larghi


cerchi, su in alto, nell’aria;
Accogliete il cielo estivo nel vostro grembo, o onde, e rispecchiatelo
TRAVERSANDO IX CHIATTA IL BBOOKLYX 159

fedelmente, finché tutti gii occhi abbassati possano raccoglierlo da


voi !

Raggiate, o sottili raggi di luce, dalla forma del mio capo e dai
capi di tutti, sull'acqua infiammata dal sole !

Venite su, o navi, dalla liaja più bassa ! Passate su o giù, o go-
lette, o lance, o battelli ila scarico,
Pompeggiate, o vessilli di tutte le nazioni, abbassatevi lealmente al
tramonto !

Bruciate alti, o fuochi, o fornaci delle fonderie ! Slanciate le vostre


ondate di tenebra al venir della notte ! Saettate la vostra gialla e
rossa luce sui comignoli delle case !

Diteci ora e quindi innanzi che cosa siete voi, o parvenze:


Tu, o necessario velo, seguita ad inviluppare lo spirito,
Spandausi pure attorno al corpo mio e per me, e attorno al vostro,

per voi, i nostri aromi più divini;


Prosperate, o città, portate i vostri carichi, portate le vostre ma-
gnificenze, o ampie e sufficienti fiumane;
Espanditi, o essere, di cui nessun' altra cosa è forse più spiri-
tuale.
Mantenete i vostri posti, o oggetti, di cui nessun altro è più du-
raturo.
Voi avete aspettato, voi aspettate sempre, o ministri muti e belli.

Noi con libero sentimento vi accogliamo alfine , e saremo (piindi


innanzi sempre affamati di voi;
Nessuno di voi potrà più calpestarci e nessuno più potrà tenervi
lontani da noi.
Noi vi usiamo e non vi ributtiamo; ma vi piantiamo, invece, sal-

damente nell'intimo nostro;


Noi non vi scrutiamo — vi amiamo — elle anche in voi è la per-
fezione :

Voi contribuite le vostre parti all’eternità,


E, grandi o piccole, contribuite le vostre parti allo spirito.
IL CANTO DEL VEGGENTE.

1.

Porgete orecchio alla mia romanza del mattino: io dico i con-


trassegni del veggente,
Canto per le città e per le fattorie, (piali esse spiegatisi innanzi a
me alla luce del sole.

Un giovine viene, a me, recandomi un messaggio da suo fra-


tello :

Come, o giovine, conoscerai il se e il quando circa tuo fratello !

Digli chemandi a me contrassegni di lui.


i

Ed ecco, io sto faccia a faccia col giovine ,


prendo la sua
mano destra con la mia sinistra, e la sua sinistra con la mia destra,
E rispondo pel fratello suo e per gli uomini : e rispondo per lui.
che risponde per tutti e invio questi contrassegni.

Tutti l'aspettano, tutti a lui aspirano, la sua parola è decisiva


e finale,
Essi l’accolgono, bagnausi di lui. scorgono se stessi in lui come
in mezzo alla luce;

Essi si profondono in lui ed egli in loro.

Le donne leggiadre, le nazioni orgogliose, le leggi, i paesaggi,


i popoli, gli animali,
La profonda terra e le sue cose, l’oceano irrequieto (la mia ro-
manza dice così),
— 161 —
IV. AVhitma.w — Foglie di erba. 11
11)2 ir. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Le gioie tutte, i possessi, il danaro e qualsiasi cosa die col da-


naro si accatta,

Le migliori fattorie altri le lavora e pianta, ed egli inevitabilmente


ne fa il ricolto, .

Le città più magnificile e dispendiose, altri le ordina e mura ed


egli le abita.
Nulla è per tutti, salvo quello che è per lui — ogni cosa, vicina o
lontana, è per lui, i vascelli in alto mare,
Le perenni mostre e i confini sulla terra sono per lui, se sono per
qualcuno.

Egli colloca le cose nei loro atteggiamenti,


Germogliandole da sè, con plasticità ed amore:
Pone al lor luogo i suoi tempi, i ricordi, i genitori, i fratelli, le so-

relle, le associazioni, gli uffici e le politiche; così che il resto non


li svergogni mai dopo, nè assuma verso di essi aria di comando.

Egli è il Veggente,
Quello che p\ù> essere vaticinato vieu vaticinato da lui, e quello che
non può essere vaticinato mostra come non può vaticinarsi.

Un uomo è un monito e una sfida

(È vano adunarsi a congiura — odi tu le risa beffarde ? Odi tu


gli echi ironici?).

Libri, amici, filosofi, preti, azione, piacere, orgoglio si arra-


battano per dare sodisfazione,
È lui che addita la sodisfazione, e addita quelli che si arrabat-
tano anche.

(Sia qualsivoglia il sesso, qualsivoglia la stagione o il loco, egli

può camminare sempre, fresco, cortese, sicuro, di giorno e di notte.


Egli ha la chiave dei cuori, a lui spetta 1’ oracolo dello scrutar
colle mani nei tumori.

È benvenuto presso tutti, il fluido della bellezza non è più


benvenuto o universale di lui,
La persona che egli predilige durante il giorno, o con cui dorme
la notte, è benedetta.

Ogni essere ha il suo idioma, ogni cosa un idioma e ima


lingua,
Egli fonde tutte le lingue nella sua, e la ridona agli uomini ,
ed
ogni uomo traduce; e traduce anche sè stesso,
*

IL CASTO DEL VEGGENTE 163

Una parte non impaccia l’altra, è egli clic le congiunge e vede


come si congiungono.

Indifferentemente ed egualmente egli dice: Come vai, amico al


Presidente, quando si leva,
E dice : Buon dì, fratello, a Cudgè, che zappa nel campo di zuc-
cherò,
E tutti e due lo intendono, e riconoscono che il suo parlare è giusto.

Entra perfettamente ad agio nel Campidoglio,


Cammina nel Congresso ed i Rappresentanti si dicono l’un l’altro:
Ecco che appare un nostro nuovo eguale.

I meccanici lo prendono per un meccanico,


I soldati credono che sia un soldato, e i marinai che li abbia
seguiti in mare,
E gli autori che sia un autore, e l’artista che sia un artista,
E gli operai comprendono che egli potrebbe lavorare ed amarli;
Non importa quale specie di lavoro sia-, poiché egli è il solo che lo

segue od ha seguitato,
Non importa quale sia la Nazione, poiché egli potrebbe trovar quivi
i suoi fratelli e le sue sorelle.

Crede l’Inglese che egli discenda dal suo ceppo,


Un Giudeo par egli ad un Giudeo, un Russo ad un Russo: è fami-
liare, prossimo, non appartato da alcuno.

Chiunque Egli guardi nel caffè dei viaggiatori ,


lo reclama
per sé,

L’Italiano o il Francese ne é certo, certo il Tedesco, certo lo Spa-


gnuolo, e certo l’isolano di Cuba,
L’ingegnere, il battelliere sui grandi laghi, o sul Mississipì, o a S.
Lorenzo, o al Sacramento o a Paumanok o a Hudson lo reclamano.

II nobile di perfetto sangue riconosce in lui il suo sangue per-


fetto,

II rissoso, la prostituta, il collerico, il mendico veggono sé mede-


simi nelle vie di lui ed egli meravigliosamente li trasmuta,
Sicché non sieno più abietti, e appena ricordino di essere cresciuti
cosi.
1(M ir. WHTTMAX — FOGHE DI ERBA

2 .

L’indice addita la misura del tempo,


La sanità perfetta addita il maestro fra i filosoti,

Il tempo, sempre, senza iute ir azioni, addita sè nelle Mie parti:


Quello che sempre addita il poeta è la folla della piacente rompa -
gnia dei cantori e le parole dei cantori,
Le parole dei cantori sono le ore e i minuti della luce e delle te-

nebre; ma le parole dei creatori di poemi sono tutta la luce <• tutta
la tenebra,
Il creatore dei poemi pianta la giustizia, la realtà, la immortalità.
La sua penetrazione e possanza ri cingono cose ed uomini.
Ed è la gloria, l’essenza degli uomini e delle cose.

I cantori non generano, solo il Poeta genera,


I cantori sono i benvenuti, sono intesi, appaiono abbastanza spesso;
ma raro, un punto nello spazio, è il di natale del creatóre dei poemi,
del Vate,

(Non ogni secolo, non una successione di cinque secoli ha contenuto


un giorno sufficiente per tutti suoi nomi). i

I cantori delle ore suceedentisi dei secoli, possono avere nomi


ostensibili, ma il nome di ciascuno di essi è quello di cantori.
II nome di ciascuno di essi è cantor di parti, cantar di ocelli,

cantar di orecchi, cantar del capo, cantor soave, cantar della notte,
cantor di salotti, cantar d’amore, cantar d’incanti, o qualche cosa si-

mile.

11 tempo presente e tutti i tempi attendono le parole dei poemi


veri,
Le parole dei veripoemi non danno piacere solamente.
I poeti veri non sono seguaci della bellezza, ma gli augusti signori
della, bellezza;
La grandezza dei tigli è l’essudato della grandezza delle madri e
dei padri,
Le parole dei poemi veri sono il pinnacolo e l’applauso tinaie della
scienza.

Divino istinto, ampiezza di visione, la legge della ragione, la

sanità, la rozzezza del corpo, la ritrosia,


La gaiezza, la pelle abbronzata, la sembianza soave . queste sono
alcune delle parole dei poemi.
IL CASTO DEL LEGGESTE 165

Il marinaio e il viaggiatore sono le fondamenta del creatore


dei poemi, del Vate,
Il muratore, il geometra, il chimico, l’anatomico, il frenologo, l’ar-
tista. tutti costoro ingomma sono le fondamenta del creatore di poemi,

del Vate.

Le parole dei poemi veri danno più elle i poemi soli.

I poemi ti danno modo di crearti i tuoi poemi, le tue religioni


e politiche, la tua guerra e pace, la condotta della tua vita, le tue

storie, i saggi della tua vita quotidiana e di ogni altra cosa :

Essi equilibrano le classi, i colori, le razze, i eredi, i sessi;

Non cercano, ma sono cercati dalla bellezza;


Sempre, o toccandoli, o stretta ad essi, li segue la bellezza ,
bra-
mosa. pallida, malata di amore.

I poemi preparano altresì per la morte, pur non sono il termine


essi, ma il principio,
Non inducono alcuno od alcuna ad essere contento e sazio dei propri
limiti,
Ma chi essi conducono, conducono entro lo spazio, perchè guardino
il nascere degli astri e ne intendano qualcuno dei significati,
Perchè si lancino per l’aere con assoluta fede, a turbinare entro le

orbite infinite, e ai non esser quieti mai più.


IL NOSTRO ANTICO FOGLIAME.

Sempre, il nostro antico fogliame !

Sempre la verde penisola della Florida — sempre 1’ inapprezzabile


delta della Luisiana — sempre i campi di cotone dell’ Alabama e del

Texas,
Sempre le colline dorate e i burroni della California, e le montagne
argentee del Nuovo Messico — sempre Cuba ,
carezzata dalle aure
lievi,
Sempre l’ampio versante, prosciugato dal mare Meridionale, indivi-
sibile dai versanti, prosciugati dai mari dell’Est e dell’Ovest,
L’area di questi Stati nel loro anno ottantesimo terzo, i suoi tre
milioni e mezzo di miglia quadrate,
Le diciotto mila miglia almeno di costa di mare e di costa di baie,

le trenta mila miglia di tinnii navigabili,


I sette milioni di famiglie distinte, e lo stesso numero di abita-
zioni — sempre queste cose ramiflcantisi in innumerevoli rami,
Sempre il libero ordine e la diversità — sempre il continente della
Democrazia;
Sempre le praterie, i pascoli, le foreste, le grandi città, i viaggia-
tori, il Canada, le nevi,
Sempre queste terre compatte, avvinte ai trancili dalla zona che
abbraccia gl’immensi laghi ovali;
Sempre l’Ovest con le sue gagliarde originarie persone, la densità
crescente, gli abitanti amichevoli, minacciosi, ironici, beffardi inva-
sori;

Tutti i panorami, il Sud, il Nord, l’Est — tutte 'le gesta, quali


che siano, compiute in ogni tempo,
Tutti i caratteri, i movimenti, i progressi, di cui pochi sono noti
e miriadi restano ignoti:

— Iti? —
,

1I5S ir. WHITMA.Y — FOGLIE DI ElillA

Aduno questo cose, mentre traverso le vie di Mànnahatta o lo tiu-


mane interne, di notte, al bagliore delle torce di pino,
O alla luce del sole, di giorno, la vallata di Susqueliauna ,
e le
vallate del Potomae e del Kappahannook e le vallato del Roanoke e
del Dela va re,
O mentre vado fra le loro settentrionali selvagge fiere da preda, che
frequentano le colline di Adirondaek, o lambiscono, per bere, le acque
del Saginavv:
Qui miro in una solitaria isola un'anitra, sperdutasi dallo stuolo, elio
silenziosa posa sull’acqua e si dondola,
Guardo i granai del castaido, le vacche nella stalla, che compiuto
il lavoro della messe, si riposano in piedi, e sono tanto stanche:
Lontano, sull’artico ghiaccio la vacca marina giace sonneccliiante.
mentre i piccini le giocano attorno,
Il falco veleggia dove gli uomini non hanno ancor veleggiato, al

rimoto mare del polo, increspato, cristallino, aperto, oltre i massi di

ghiaccio,
Dove le bianche ondate folleggiano innanzi al vento, e la nave urta
nella tempesta:
Qui sulla solida terra è quello che si fa nelle città, quando le cam-
pane sonano tutte a un tempo, a mezzanotte.
E nelle foreste vergini, sono i suoni che ivi risonano, l’ululato del
lupo, il bramire della pantera, il profondo mugghio dell’alce;
Qui d’inverno, sotto il duro ghiaccio turchino del lago Mooseliead.
o di estate, traverso le acque chiare, è visibile la granile trota che nuota:
Nelle basse latitudini, al clima caldo delle Caroline, il grande falco
buzzagro nero, si dondola lentamente, in alto, al di sopra della
cima degli alberi,
E sotto sono, il cedro rosso con i suoi festoni di tilandria. i pini e i

cipressi campeggiatiti sulla bianca sabbia che si distende lontana e


piana:
Vedo le rozze barche che discendono il grosso Pedee, le piante rampi-
canti, le parassitario con lor fiori colorati e lor coccole, inviluppanti
immani alberi,
drapperia della quercia sempre verde
L’ ondeggiante pendente ,

lunga e bassa, e senza rumore ondeggiante al vento.


Qui i conduttori di carri nel piano della Georgia quando imbruna,
e i fuochi della cena, e il cucinare e il mangiare dei bianchi e dei

negri
Trenta o quaranta grandi carri, i muli, il bestiame, i cavalli, che
mangiano nei truogoli,
IL MOSTRO AXTICO FOGLIAME 109

Le ombre, i bagliori oli sopra e di sotto le foglie dei sicomori, le


fulmine col fumo nero elle sorge dai pini resinosi e si leva a spira.
Vedo i pescatori meridionali che pescano, gli stretti e i seni della costa
della Carolina settentrionale, la pesca delle cheppie, e la pesca delle
aringhe, le ampie reti distese, gli argani sulla sponda, girati da ca-
valli. le case in cui gli uomini lavano, salano, impaccano,
Nel profondo della foresta, nei boschi di abete, la resina, che sgoc-
ciola dalle incisioni negli alberi; quivi sono i lavori di resina;
Quivi sono i negri al lavoro in buona salute; il terreno, per tutti
i versi, è coverto di schegge di abete:
Nel Tennessee, nel Kentucky, gli schiavi sono affaccendati a far car-
bone. o alla fucina, al bagliore della fornace, o a battere il frumento,
Nella Virgina il tiglio del piantatore (die ritorna, dopo una lunga
assenza, cui dà benvenuto e bacia la vecchia nutrice mulatta.
il

Sui fiumi i marinai saldamente ancorati al venir della notte, sulle


loro barche, al riparo di alti banchi,
Alcuni, fra i più giovani, danzano al suono del baujo o del vio-
lino; altri, seduti sui parapetti della nave, fumano e ciarlano;

Tardi, sul meriggio, l’uccello motteggiatore . il mimo americano,


canta entro il Grande Pestifero Pantano.
Dove sono le acque verdastre, odor di resina, abbondanza di mu-
schio e cipressi e ginepri;
Verso settentrione, sono giovani di Mannaliatta: la compagnia degli
artiglieri a sera torna a casa da un’ escursione — le bocche dei

moschetti portano tutte mazzi di fiori, donati da donne;


Qui i ragazzi clic giocano; o in seno del giovane padre è un piccolo
fanciullo assopito (come agita le labbra ! come sorride nel sonno !).

La vedetta corre a cavallo su per le pianure occidentali del Mis-


sissipì. ascende una vetta e spazia attorno col suo occhio:
La vita di California, il minatore barbuto, vestito del suo rozzo
abito, la salda amicizia di California, il dolce aere, le sepolture che
s’incontrano, solitarie, proprio accanto alla via calcata dal cavallo;
Giù nel Texas il campo di cotone, la cabina del negro, i carret-
tieri guidanti muli o vacche aggiogati a rozzi carri, le Italie di cotone
accatastate sulle banchine e nei porti;
Abbracciando tutto, slanciasi in altezza e in ampiezza 1' Anima
Americana dai suoi due eguali emisferi, 1' uno di Amore, 1’ altro di
Dilatazione od Orgoglio;

170 II'. \VHITMAX — FOGLIE IH EH HA

E addietro sta la ciarla di pace con gli aborigeni Jrocliesi . il

calumet (1), la pipa della benevolenza, l'arbitrato, la scritta.


Il sachem (2) clic soffia il fumo, prima verso il sole e poi verso la
terra, mentre si rappresenta la danza dello scotennare, con facce dipinte
e grida gutturali:
L’apparecchio di una spedizione di guerra, la marcia lunga e fur-
tiva,
Lo sfilare ad uno ad uno, l’oscillare delle asce pendenti dalla cin-
tola, la sorpresa e l’eccidio dei nemici.
Tutte le azioni, le scene, le vie, le persone, gli atti di questi Stati,

le ricordanze, le istituzioni loro,


Tutti questi Stati compatti, ogni miglio quadrato di questi Stati,
senza eccettuarne alcuna particella.
Io compiaciuto, vo’ vagando per i sentieri, per i campi del paesi*,

e per i campi di Paumanoek,


Osservando i voli a spire di due piccole farfalle giallognole . rin-
correntisi l’mia l’altra e ascendendo in alto, nell’aria,
E la saettante rondine, la distruggi trice degl’insetti, la viaggiatrice
autunnale verso il mezzogiorno, ma che torna al nord al principiare
della primavera,
E il fanciullo campagnolo ,
che al cadere del giorno rimena la

mandria delle vacche, e le sgrida quando s’indugiano a brucare sui


margini della via:
Guardo il porto della città, Boston. Filadelfia, Baltimora, Charleston,
Nuova, -Orleans, San Francisco,
E le navi che partono, quando i marinai girano gli argani :

La sera — io sto nella mia stanza — il sole tramonta —


Qnell’estivo tramontante sole,, che splendente, entra per l’aperta fi-

nestra. e mette in mostra gli sciami di mosche, sospesi, equilibrantisi


all’aria e nel centro della stanza, scattanti innanzi, in su, in giù, proiet-
tando fuggitive ombre sul muro opposto al lato dove il sole splende
Guardo matrona Americana, che parla in pubblico a folle
l’atletica

di uditori vedo maschi femmine, immigranti, rimescolamenti: l'ab-


: ,

bondanza, l’individualità degli Stati, ciascuno per se tutti guada- —


gnatoti di danaro,

(1) Specie ili pipa ila fumo usata dagl' Indiani Americani del Nord. È usata come

un simbolo di pace.
(2) Sachem o sagamore, il capo di una tribù d'indiani di America.
IL .VOSTRO A TTICO FOGLIAME 171

E le fattorie, le macchine, le forze meccaniche, l’argano, le puleg-


ge, le leve, tutte certezze;
E la certezza dello spazio, dell’accrescimento, della libertà, del fu-
turo,
E nello spazio le sport®, le disseminate isole . gli astri — sulla
terra ferma le regioni, le mie regioni —
0 regioni ! a me tanto dilette — quali che voi siate — quale il tutto
sia — io disseminandolo, alla ventura, in questi canti, divento una
parte di esso, quale che esso sia:
Qui verso mezzogiorno, io, stridendo, volo con ali appena moventisi,
in compagnia delle miriadi di gabbiani che svernano lungo le coste
della Florida,
Altrove, tra i banchi dell’Arkansa, di Fio Grande, elei Nuoci, dei
Brazos, del Tombigbee, del Fiume Rosso, del Saskatchawan . o del-
l’Osage, io rido, salto, corro in compagnia delle acque,
Verso settentrione, sulle sabbie o in qualche profonda baia di Pau-
manok io nuoto con frotte di aironi, bianchi qual neve, e cerco co-
ncessi, vermi e piante acquatiche;
Mentre l’uccello re (1) strilla trionfante e ritirasi, dopo che per
sollazzo ha trapassato col suo becco la cornacchia — e anch’io strillo
in trionfo —
E che l'emigrante stuolo delle oche selvatiche, in autunno discende
a terra, per riposarsi: il grosso dello stuolo pascola, le sentinelle
appartate girano attorno con le teste erette, vigilando ,
e, di tempo
in tempo, sono sostituite da altre sentinelle, e anch’io pascolo ed ho
il mio turno, come il resto;
Nelle foreste del Canada il cervo, grosso quanto una vacca, accan-
tonato dai cacciatori, drizzandosi disperatamente sui piedi posteriori,
spinge violentemente le gambe e le unghie affilate come coltella — ed
anch’io mi spingo violento sui cacciatori, accantonato e disperato;
In Maunahatta osservo le vie, i moli. 1’ imbarcarsi, i magazzini e
gl’innumeri operai che lavorano nelle botteghe,
Ed anch’io, uno di Maunahatta, canto — perciò canto — e non
meno per me, che per Maunahatta tutta,
E canto la canzone di queste mie sempre unite terre — il mio corpo
non è più inevitabilmente di esse unito, ma, parte per parte, esso è
il risultato di migliaia di contribuzioni diverse, formanti una identità

(1) Cineinurrus regius — Della specie dei paradisiaci.


172 II'. WHITMA .V — FOGLIE DI ERBA

sola, ma più unito dell identità unica delle mie terre inevitabil-
mente unite.
Le nascite, i climi, l’erba delle grandi pianure da pascolo,
Le città, il lavoro, le morti, gli animali, i prodotti, la guerra, il
bene, il male —
tutto questo a me:
A me, concedendo tutto questo, in tutti i suoi particolari ,
conee-
dendo a ine e all’ America 1’ antico fogliame ,
come posso io non
passare traverso me il filo della loro unione e garentire il simigliante
a te ?

Chiunque tu sii Come posso non offerirti le divine foglie, acciocché


!

anche tu sii eligibile come sono io f


Come posso io non cantare come io fo, e invitarti, perchè dateti!
raccolga dei mazzolini dall’incomparabile fogliame di questi Stati ?
UN CANTO DI TRIPUDI.

Oli ! fare il più giubilante dei canti !

Pieno di musica — pieno di virilità, di femminilità, di puerizia !

Pieno delle occupazioni comuni — pieno di frumento e di alberi.

Oli 1 un canto per le gioie degli animali ! Oh 1 per l’agilità e


l’ equilibrarsi dei pesci !

Oli ! un canto per le cadenti gocce della pioggia !

Oh ! un canto per lo splendore del sole e pel moto delle onde !

Oli ! la gioia della mia anima — immutabile sempre — dardeg-


gia es.»a come lampo !

Non mi basta aver questo globo o un certo tempo,


Migliaia eli globi io voglio avere e tutto il tempo.

Oli ! il giubilo dell’ingegnere ! Andare con una locomotiva !

Udire il sibilo del vapore, lo strepito gaio, il fischio acuto, il riso


della locomotiva !

E lo spingersi con irresistibile foga e celerità lontano, lontano

Oh ! il lieto vagare su pe’ campi e pei clivi !

E le foglie e i fiori delle più comuni erbe ,


e l’umida e fresca
quiete dei boschi,
E l’olezzo squisito della terra all’alba, e per tutto il mattino.

Oh ! il tripudio del cavalcatore o della cavalcatrice !

La sella, il galoppo, l’assettarsi saldo, e l’aria fresca che mormora


fra i capelli e gli orecchi.

— 173 —
174 ir. WHITMAN — FOGLIE DI EH DA

Oh ! il tripudio dei pompieri !

A notte inoltrata odo l’allarme,


Odo le campane., le grida ! Traverso la folla io corro !

La vista delle fiamme mi fa impazzire di gioia.

Oh ! la gioia del lottatore dal robusto petto ,


eampeggiante
nell’arena, in perfetto assetto, assetato d’incontrare l’emulo !

Oli ! la gioia di quell’ ampia simpatia nativa che solo 1’ anima


umana è capace di produrre e di espirare in gagliarde e illimitate cor-

renti !

Oli ! la gioia della madre !

E le veglie, la perseveranza, l’amore prezioso, l’angoscia, e quel


cedere parte della propria r ifa, pazientemente.

Oh ! la gioia del crescere, del fiorire, del risanare,


La gioia di mitigare e di pacificare, la gioia della concordia < del-
l’armonia !

Oh ! il tornare al luogo dove nacqui,


Udir cantare i noti augelli una imita ancora,
Aggirarsi attorno la casa, per l’aia, per i campi, ancora una volta.
E ancora una volta, per l’orto e lungo gli antichi viali !

Oh 1 esser recato sulle baie, sulle lagune, sulle cale, o lungo


la costa,
E quivi rimanere occupato per tutta la mia vita;
Oh ! l’odore salino ed umido, la sponda, le erbe salate che la bassa
marea lascia scoverte,
Il lavoro dei pescatori, il lavoro del pescatore di anguille ,
il la-

voro del pescatore di molluschi;


Io vengo con i miei arnesi, con l’uncino da molluschi e con la lancia
da anguille,
È finita la marea ? Raggiungo il gruppo di quelli che scavano i mol-
luschi nei bassi fondi,
E rido e lavoro con essi, e scherzo sul mio lavoro, come un gio-

vane irrequieto.
D’inverno prendo il mio cesto e la lancia per le anguille, e cam-
mino a piedi sul ghiaccio, e meco porto una piccola ascia per aprir
delle buche nel ghiaccio;
Guarda come son ben coperto quando allegramente vado ovvero
,
UT CATTO DI TRIPUDI 175

torno nel pomeriggio; la mia nidiata di rolmsti garzoncelli mi accom-


pagna,
La mia nidiata di garzoncelli adulti o quasi adulti, elle dilettatisi ili es-
sere con me; e non con altri dilettatisi tanto di essere, quanto con
me:
Durante il giorno lavorano con me e nella notte dormono con me.

Altra volta nella calda stagione, su, in battello, a ricercare i

cesti dei gamberi, là dove essi son affondati con le pesanti pietre,
(i gavitelli io li so).

Oli ! la dolcezza di un mattino del quinto mese, a stare sulle acque,


e remare verso i gavitelli, proprio innanzi allo spuntare del sole:
Spingo obliquamente i cesti di vimini, i gamberi dal colore cinereo
bruno, disperati arrancano con le zampe, mentre li tiro fuori, e caccio

fuscelli di legno fra le giunture delle loro tenaglie;


Vado a tutti i posti, l’uno dopo l’altro, e poi remo indietro per alla
sponda.
Dove, in una grossa cucinila, di bollente acqua i gamberi bolliranno,
finché il lor colore diventi scarlatto.

Altra volta la pesca dei ghiozzi,


Voraci, matti per l’amo, prossimi alla superficie ,
paiono riempier
l’acqua per miglia:
Altra volta la pesca del garrupa (1) nella baia di Chesapeake. io uno
della ciurma bruna di viso,
E altra volta a tirar dal Paumanok il pesce turchino (2) ;
io sto
col corpo chino,
Il pie’ sinistro è appoggiato sul parapetto del navicello, il mio braccio
diritto slancia lontano il viluppo delle sottili funi,

E in vista, attorno a me, il celere virare, lo slanciarsi di cinquanta


navicelli miei compagni.

Oh ! il vogare lungo i fiumi.


Il viaggiare giù pel San Lorenzo ,
tra quel paesaggio superbo,
fra i battelli a vapore,
Fra i vascelli che mettono alle vele, fra le Mille Isole e talora fra le

(l) l’esce eccellente della Califormia (5. Rubar).


Ct) Un grosso pesce vorace, comune in tutte le coste americane. Lo chiamano Bluf-
fisi o horse-macJctrel od anche altrimenti. ( Pamatomus saltatrix ).
.

176 ir. wmrMAX — fogwe di eh ha

chiatte cariche di legname, e i legnaiuoli con i loro remi lunghi, larghi,


spazzanti
E la piccola loro cuccia entro il legname, eia striscia di fumo, (pianilo
essi cucinano la zuppa a sera.

(Oli ! Gualche cosa di pernicioso e di spaventoso !

Oh !
qualcosa di molto diverso da questa vita piccina e pia 1

Qualche cosa di non ancor provato ! Qualche cosa che rapisca in


estasi !

Qualche cosa sfuggita alla presa delle ancore e clic veleggi libera . i

Oli ! il lavorare nelle mine, o a forgiar metalli,


Il gettar forme nella fonderia, la fonderia stessa, il tetto alto e

rozzo, l'ampio ed ombrato spazio.


Le fornace, il metallo fuso che cola e scorre.

Oli ! ri comincia re le giqje del soldato 1

Sentire la presenza del bravo ufficiale cln* mi comanda — sentiri-

la sua. simpatia 1

Ammirare la sua calma — essere riscaldato dai raggi del suo sor-
riso !

Marciare alla battaglia — udir squillare le trombe e i tamburi bat-


tere !

Udir lo scoppio dell’artiglieria — vedere il bagliore delle baionette


e delle canne dei moschetti al sole,
Veder gli uomini cadere e morire, e non compiangerli !

Assaporare il selvaggio gusto del sangue — essere diabolico cosi !

Gustar sodisfatto le ferite e la morte dei nemici 1

Oh ! le giqje del pescatore di balene ! Ecco, io faccio di nuovo


la mia vecchia crociera !

Sento il movimento della nave sotto i piè, sento le brezze ilellAt-


lantico ventarmi in viso,
Di nuove odo il grido inviato dall’albero maestro: Ecco, tx-.u .«> tìi'i !
Di nuovo mi arrampico sul sartiame, insieme agli altri, per guardar
gin, poi discendiamo selvaggi ili eccitamento.
Salto entro la barca abbassata, voghiamo verso dove sta la

nostra preda,
Ci avviciniamo furtivi e silenziosi, scorgo la massa grossa come
una montagna, letargica, riscaldali tesi al sole.
Vedo il forcini-re star su, veggo l’arma scagliata dalla sua mano
vigorosa;
rx caxto ni tripudi 177

Ecco ! rapida di nuovo, via per l’oceano la ferita balena, or affon-


dando, or correndo a seconda del vento, mi rimorchia,
Di nuovo io la veggo sorger fuori acqua per respirare . noi ce le
stringiamo appresso vogando,
Veggo una lancia scagliatale nel fianco, calcata profondamente e gi-

rata e rigirata per entro la ferita,


Di nuovo ci facciamo indietro, e di nuovo la vedo immergersi,
mentre la vita la va lasciando rapidamente;
E quando torna a galla, sgorga sangue, e la vedo nuotare in cerchi

sempre più stretti e pili stretti, tagliando rapida le acque, e infine la


vedo morire :

Un convulsivo salto dà essa dal centro del cerchio e poi giace di-
stesa e immota, entro la schiuma sanguinosa.

Oh ! la mia vecchiaia ! la mia gio.ja più nobile d'ogni altra !

1 miei tigli, i miei nipoti, la mia bianca chioma e barba,


La mia calma e maestà, uscito al line dalla lotta della vita !

Oh le maturate gio.je della feininilità 1 Oh ! la felicità aitine


toccata !

Ho più di ottanta anni e sono la più venerabile delle madri:


Come è limpido il mio spirito — come mi si stringe attorno la

gente !

Che attrazioni sono queste mie che sorpassano le passate ! Qual


fiorire è questo, più gradito del fiorire della giovinezza f

Quale bellezza è questa che discende sopra di me, e s’ irraggia a


lue d’intorno ?

Oh ! la gio.ja dell’ oratore !

Gonfiare il petto e poi spiegare il tuono della voce fuor delle co-
stole e della gola,
Far che teco il popolo arrubini, pianga, udii, desideri,
Eccitare l’America — sedare l’America con una grandiosa parola.

Oh ! la gio.ja della mia anima che posi, equilibrata su sè stessa,


ricevendo identità da materiali clic essa ama, osservando caratteri e
assorbendoli,
La mia anima vibrata a me da essi, dalla vista ,
dall’ udito, dal
tatto, dalla ragione, dalla parola, dalla memoria, e via :

La vita reale dei miei sensi, e la carne che trascende la carne e i

sensi,

\V. Whit.man. — Fuglie di erba. 12


178 ir. I VJJITMAX — FOGLIE lJl ERliA

Questo mio corpo fatto «li materia, questa mia vista fatta dei miei
ocelli materiali
Mi Iran provato oggi, e senza cavillo, clic non c il mio occliio ma-
teriale che realmente vede,
Nè il mio corpo materiale quello die realmente ama ,
cammina,
ride, grida, abbraccia e genera.

Oli ! la gioja dell’agricoltore !

Oli ! le gioje dell’Ohoiano, dell’Illinese, del Wiseonsinesc, del Ka-


nadese, del dovano, del Kausiano, «lei Missuriano, del 1 Oregone.se ’
!

Levarsi, dare un’ occhiata alla giornata, e poi, svelto, mettersi al


lavoro,
Arare la terra in autunno per le biade da seminar l’inverno.
Arare la terra in primavera per il granturco,
Preparare orti, innestare alberi, raccogliere in autunno le oppinole.

Oli ! il bagnarsi in una vasca da nuoto, ovvero in un buon


luogo, lungo la sponda,
Spruzzar l’acqua ! camminare immerso tino all'anca o correr nudo
lungo la sponda.

Oli 1 realizzare lo spazio !

Realizzare la pienezza di ogni cosa, realizzare che non vi è limite


alcuno,
Emergere ed essere del cielo, ilei sole, della luna . delle volanti
nubi, proprio come una di loro.

Oli ! la gioja di una virile indipendenza !

Non esser servile, non deferente verso alcuno — non verso alcun
tiranno, conosciuto o sconosciuto,
E camminare con portamento eretto, con passo svelto ed elastico,
Guardare con lo sguardo calmo o con Rocchio scintillante,

Parlare con voce piena e sonora, che venga da un ampio petto.


Porre la tua personalità a fronte di tutte le altre personalità della
terra.

Hai tu provato le gioje «Iella giovinezza che sovrastano le altre


tutte ?

Gioje dei compagni cari, «li parola allegra e di viso ralente !

Gioja di tempi, lieti di folgorante luce, gioja di giochi ampiamente


respirati ?
rx CANTO DI THIPUDI 179

Gioja di musica soave, la gioja dell' illuminata sala da hallo, e dei


ballerini ?

Gioja di desinari esuberanti, di crapule e di gozzoviglie gagliarde ?

E nondimeno, o tu, o mia suprema anima !

Hai tu provato le gioje del meditante pensiero ?

Le gioje del core solitario e libero, le gioje del cor tenero e tri-

ste f

Le gioje delle solitarie passeggiate, dello spirito umiliato e nondi-


meno orgoglioso, le sofferenze e la lotta ì

E i dolori battaglieri, le estasi, le gioje del fantasticare solenne,


nella notte o nel giorno i

Le gioje del pensiero della Morte, delle grandi sfere, del Tempo e
dello Spazio ?

Le profetiche gioje del meglio, gl’ideali pii! elevati di amore ,


la
divina moglie, compagna dolce, eterna, perfetta f

Gioje tutte tue. immortali gioje degne di te, o anima.

Oli ! mentre elle io vivo, sia io il signore, non lo schiavo della


vita.
E affronti la vita come un possente conquistatore,
Senza ghiribizzi, senza iioja, senza far più piagnistei o critica ver-
gognosa
Su (preste orgogliose leggi dell’aria, dell’acqua, della terra, dimo-
strando che la mia interna anima non se ne impregna.
E che nessuna cosa esteriore prenderà mai signoria di me.

Poiché, ripeto, non per le sole gioje della vita io canto — Oh !

la gioja della morte !

Il contatto grazioso della Morte, che ammorbidisce, e, per ragioni


sue proprie, irrigidisce per alcuni istanti.
Liberandomi del mio corpo escrementizio, perchè sia bruciato, o.
ridotto in polvere o sepolto:
Il mio corpo reale, senza dubbio, è lasciato a me per altre sfere;
Il mio vacuo corpo non è più nulla per me, ritorna alle purifica-
zioni, ad uffici ulteriori, agli eterni usi della terra.

Oh avere un potere di attrarre, maggiore dell’attrazione


! !

Come sia non so — nondimeno guarda Ecco quella .qualche cosa !

che non obbedisce a nessun’altra cosa,


È offensiva e non mai difensiva — e nondimeno come attrae ma-
gneticamente !
180 ir . \v uri ma x
' — foglie di erba

Oli ! combattere contro le vecchie disuguaglianze e, imperter-


rito, andare incontro ai nemici !

Ed essere con essi solo, e provare quanto uno può reggere !

Guardare la pugna, la tortura, la prigione, l’odio della plebaglia,


faccia a faccia,
Montare il patibolo, avanzarsi fra le bocche dei fucili con perfetta
indifferenza !

Essere proprio un Dio !

Oh ! veleggiare per mare, in nave !

Lasciar questa solida insoffribile terra,


Lasciar questa nojosa medesimezza di vie, di marciapiedi ,
e ili

scale,
Lasciar te, o solida immota terra, e salire in nave,

E veleggiare, veleggiare, veleggiare !

Oh ! potermi quind’ innanzi far della vita un poema di nuove


giqje !

Danzare, stringer mani, esultare, gridare, balzare, saltare, cullarmi,


fluttuare !

Essere un marinaro del mondo, iscritto a tutti i porti,


Essere proprio una navi' (già tu le vedi queste vele che io sciolgo
all’aria e al sole),
Una snella e gonfia nave, piena di ricche parole, piena di tripudi.
IL CANTO DELLA SCURE.

1 .

Acconcia, pallida, nuda arma,


Testa tratta dai visceri della comune madre,
Carne di legno e ossa (li metallo, di un membro solo e di un lab-
bro solo,
Lama grigio-bleu, lavorata a rosso infocato, manico prodotto dalla
semina di un picciol seme,
Che riposò frammezzo e sopra l’erba,
Per essere sostenuto e per sostenere.

Forme gagliarde e attributi di gagliarde forine, commerci vi-


rili, vedute e suoni.
Largo e variato strascico di un emblema, rintocchi di musica,
Dita dell’organista saltanti slaccato sovra le chiavi del grande or-
gano.

Benvenute siano tutte le regioni della terra ,


ciascuna per i

pregi suoi,
Benvenute le regioni del p no e della quercia,
ì

Benvenute le regioni del limone e del fico,


Benvenute le regioni dell’oro,
Benvenute le regioni del frumento e del formentone, benvenute le
regioni dell’uva,
Benvenute le regioni dello zucchero e del riso,

— 181 —
182 II'. WBITMAX — FOGLIE DI ERBA

Benvenute le regioni del cotone ,


benvenute «quelle dello patata
bianca e della patata dolce,
Benvenute le montagne, le bassure, le dune, le foreste ,
le pra-
terie,

Benvenuti i ricchi margini dei tinnii, gli altipiani, le gole,


Benvenute le smisurate regioni dei pascoli ,
benvenuto il fertile
suolo degli orti, il lino, il miele, la canape;
Benvenute, proprio così, anche le altre regioni dall'aspetto triste.
Regioni ricche come le regioni dell’oro, o del frumento e delle frutta.
Regioni delle mine, regioni dei minerali greggi,
Regioni del carbone, del rame, del piombo, dello stagno, dello zinco.
Regioni dell’acciajo, regioni dove farinosi le scuri.

3 .

Il ceppo nella catasta di legname, la scure da esso sostenuta,


La capanna silvestre, la vite sulla porta della via. la indura pre-
parata per un giardino,
L’irregolare e lieve battere della pioggia sulle foglie, allorché la

tempesta è quotata,
Il gemere e il piangere a tratti, il pensiero ilei mare.
Il pensiero delle navi percosse nella tempesta e condotte all' orlo
del periglio, e il taglio degli alberi della nave,
Il sentimento degl' immensi tronchi nelle case o nei granai co-
struiti con antica architettura,
Il ricordo della stampa o della narrazione, il viaggio alla ventura
di uomini, famiglie, merci,
Lo sbarco, il fondare una nuova città,

Il viaggio di quelli che cercavano una Nuova Inghilterra e la tro-

varono,
Le colonie dell’ Arkansa, ilei Colorado, di Ottava, di Villamorte,
Il progredire lento, gli scarsi viveri, l’ascia, la carabina, le bisacce
da sella,

La bellezza di ogni avventuriero coraggioso,


La bellezza dei fanciulli del bosco, dei boscaiuoli con le lor facce
aperte e non rase,
La bellezza dell’indipendenza, il dipartirsi, le gesta di chi confida

in sè solo,
Il disprezzo americano per gli statuti e le cerimonie, la illimitata
insofferenza delle proibizioni.
IL CANTO DELLA SCURE 1*3

La libera tendenza del carattere, l’accennare a tipi casuali e il con-


solidarsi;
11 beccaio nel macello, le mani dei marinai a bordo degli scliooners
e delle barche, il conduttore di zattera, il pioniere,
I boscaiuoli nel loro accampamento invernale, lo spuntar del dì nei
boschi, le falde di neve sui rami degli aliteli, l'eveutuale scivolare,
II lieto e chiaro suono della propria voce, il giojoso cauto, la vita
naturale dei boschi, la gagliarda opera della giornata.
L’abbagliante fuoco nella notte, il saporito gusto della cena . la
ciarla, il letto di rami di abete (1) e la pelle di orso;
Il costruttore di case, quando lavora in città o altrove.

Il lavoro preparatorio della commessure, del riquadrare, del segare,


dell’ incastrare,

L’ issare delle travi, lo spingerle a posto . il collocarle regolar-


mente,
L’assettare le borchie ai loro grappi negl’incastri, secondo essi erano
preparati,
I colpi di maglio e di martello, gli atteggiamenti degli uomini, le
piegate membra,
II curvarsi, lo star diritti, il porsi a cavalcioni sulle travi . l’appun-
tarle. l’avvinghiarle con correnti e con cinghie,
Il braccio uncinato sulla piattaforma, l’altro che manovra l’ascia.
Gli uomini dei lastricati, che sforzano le assi, prossime ad essere
inchiodate,
Le posture di quelli che porgono gli istrumenti. giù, ai portatori,

Gli echi risonanti pel vuoto edificio:


Il grosso cumulo di provviste, portato alla città sotto la via.
I sei uomini, che sono all’armadura di legname, due nel mezzo e
duo a ciascun capo, portando sulle spalle accuratamente una grossa
pertica da incrociare con una trave,
La numerosa folla dei muratori con le cazzuole nella diritta mano
che murano rapidamente il muro laterale, duecento piedi dal fronte
all’opposto lato,
II flessibile rilevarsi e piegarsi del dorso, il continuo tintinnìo
delle cazzuole percotenti i mattoni.
I mattoni collocati così artisticamente, l’un dopo l’altro, al proprio
luogo, e assettati con un picchiata col manico della cazzuola,
Gli ammassi dei materiali, la calce sulle tavole da calce e il pronto
riempirle dei manovali;

(li Hemlok nel testo. È ì’abies Canadensis.


,

184 71'. \Y HITMAS — FOGLIE DI ERBA

I fabbricanti di leve, la numerosa fila (lei lien cresciuti appren-


disti,

I vibrati colpi delle asce sulle travi riquadrate, che vanno prendendo
la forma di albero da nave,
II vivo e breve scricchiolìo dell’ acciaio ,
conficcato obliquamente
nel pino,
Le schegge dal color di burro, schizzanti in grandi pezzi e spacchi.
I pieghevoli movimenti di muscolose giovani braccia, e di fianchi
in comodi abiti,
II costruttore di porti, di ponti, di banchine ,
di scompartimenti,
di navi;

11 pompiere della città, il fuoco che improvviso scoppia pel chiuso


riquadro,
Le macchine che giungono, le rudi grida ,
i leggieri passi . l’ar-

dire,
11 comando gagliardo in fra le trombe da incendio ,
il ritrarsi,
l’alzarsi e il riabbassarsi delle braccia per spinger l’acqua,
I sottili spasmodici zampilli bianco-turchini, il portar dei ramponi,
delle scale, il metterli in opera,
Lo scrosciare delle commessure di legno tagliate, o degl’impiantiti
se cova il fuoco sotto di essi,

La folla con le sue facce illuminato ,


guardando i bagliori e le
dense ombre;
II magnano nella sua forgia, e, dietro lui, quello che adopra l’ae-

ciajo,

II fabbro della piccola e grande ascia, l’operaio che batte, e quello


che tempera il ferro,
Chi sceglie, soffiando sul raffreddato acciajo, e provando col pollice
il filo dell’ascia,
Colui che netta e dà forma al manico , e 1’ adatta saldamente al-

l’occhio:
Le fantastiche processioni dei ritratti dei morti che usarono l’a-

scia.

I primitivi e pazienti meccanici, gli architetti e gl'ingegueri,


II lontano edificio Assiro, e l’edificio di Mizra,
I littori romani precedenti i consoli,
L’antico guerriero Europeo con la sua ascia di combattimento.
II braccio levato in alto, il rimbombo dei colpi sulla testa coverta

di elmo.
l/ululo mortale, il tonfo del morto corpo, 1’ accorrere cola degli

amici e dei nemici,


IL CASTO DELLA SCUltE 185

L'assedio dei ribellati sudditi, risoluti di esser liberi,


L'intimazioue di arrendersi, il battere in breccia le porte del ca-
stello, la tregua, il parlamentare,
Il sacco di un’antica città, nei tempi elle già furono,
Il rovesciarsi dentro, in tumulto, in disordine, dei mercenari e dei
bigotti,
Le urla, il sangue, le tìamme, l’ubbriachezza, la frenesia,
Gli arredi francamente saccheggiati dalle case e dai tempi, le strida
delle donne arraffate dai briganti,
L'astuzia e la ruberìa dei predoni che seguono gli eserciti, gli uo-
mini correnti, il disperarsi dei vecchi.
L’inferno della guerra, le crudeltà delle religioni.
L’elenco di tutte le esecuzioni e delle parole giuste o ingiuste.
La possanza di ogni personalità giusta od ingiusta.

f.

Muscoli e coraggio eternamente !

Quello che rafforza la vita, rafforza altresì la morte,


E il morto fa progredire come fa progredire il vivente,
E il futuro non è più incerto del presente;
Perchè la rozzezza della terra e dell’uomo include quanto la deli-

catezza dell’uomo e della terra,


E nulla dura, fuorché le qualità personali.

Che cosa credi tu che duri ?


Credi tu che duri una grande città ?

O una nazione fertile ed operosa ? o una costituzione meditata ? o

i piroscafi perfettamente costruiti ?

O le case di granito e di ferro ? o qualsiasi capolavoro d’ingegne-


ria, di fortificazione, di armamento?

Eh via ! tutte queste cose non debbono essere amate per sè

stesse,
Esse compiono la loro ora. i danzatori danzano e i musici suonano
per essi,

Le parvenze passano via, tutte naturalmente fanno abbastanza bene


il compito loro,
Tutte fanno assai bene anzi, finché non baleni un lampo di sfi-

ducia.
,

186 W. WHITMAX FOGLIE DI E IfBA

Unii granile città è <|uella che ha gli uomini e le donne più


grandi
Poni pure che siami poche sdrucite capanne ,
nondimeno la più
grande città del mondo è dessa.

Il luogo dove una città grande sta, non e dove sono solamente
ampi porti, dock», manifatture e depositi di prodotti,
Non il luogo dei saluti non mai interrotti di chi nuovamente ar-
riva o di ehi leva l’àncora per la partenza,
Non il luogo degli edifici piti superbi e più costosi, o dei magaz-
zini in cui vendonsi le merci pel resto del mondo.
Non il luogo delle migliori librerie e scinde, non il luogo dove il

danaro più abbonda,


Nè il luogo della più numerosa popolazione.

Colà dove sta la città con la figliolanza pi fi robusta di oratori

e di bardi,
Dove sta la città da questi amata e che li riama e intende,
Dove gli eroi non hanno altro monumento ,
fuor che nei farri e
nelle parole comuni,
Dove il risparmio è al suo posto, e la prudenza è al suo posto,
Dove gli uomini e le donne si dan poco pensiero delle leggi.
Dove lo schiavo cessa, e il padrone degli schiavi cessa.
Dove compatto insorge il popolo minuto contro le sconfinate au-
dacie degli eletti eletti della fortuna,
Dove, fieri gli uomini e le donne riversatisi, come il mare al soffio

della morte riversa le sue onde sconvolte e spazzanti,


Dove l’autorità esteriore entra sempre preceduta dall'autorità inte-

riore.
Dove il capo e l’ideale è il cittadino — e il Presidente, il Mayor,
il Governatore e via là, non sono che agenti pagati,
Dove ai fanciulli s’insegna ad essere legge a se stessi, ed a con-
fidare in sè stessi,
Dove l’equanimità è illustrata negli affari.
Dove le meditazioni sull’anima sono incoraggiate,
Dove le donne camminano in processione per le vie. così come gli

uòmini,
Dove esse entrano nella pubblica assemblea e vi prendono posto
così come gli uomini;
IL CAUTO DELLA SCURE 1*7

Dove la città, dei più lidi amici sta.


Dove la città della mondezza dei sessi sta.
Dove la città dei più sani padri sta.

Dove la città delle madri più perfette di corpo sta.

Quivi la grande città sta.

6 .

Qual misera figura fanno le argomentazioni innanzi a un fatto


die 1 i sfida !

Come rimpicciolisce la floridezza materiale delle città ,


innanzi al-
l’aspetto di un uomo o di una donna !

Tutto aspetta o procede difettosamente, finché un essere ga-


gliardo non apparisca;
Un gagliardo essere è l’ attenuazione della razza e dell’abilità del-
T universo,
Quando egli od ella appare, la materia si riempie di adorazione.
La disputa sull’anima arrestasi,
Le usanze e le frasi vecchie son poste a riscontro . e respinte . o
poste da parte.

Cile cosa è il vostro procacciar danaro, ora ?

Che la rispettabilità vostra, ora ?


Che sono la vostra teologia tutela ,
. società . tradizioni e libri di

statuti, ora ?

Dove sono le vostre ragioni di essere, ora ?

Dove- sono i vostri cavilli intorno all* anima, ora f

7.

Un terreno sterile copre il metallo : ivi è altrettanto bene


quanto nel miglior campo, malgrado la repellente apparenza:
Ivi è la miniera, ivi sono i minatori,
La fornace da forgiare è ivi, la fusione è compiuta, i martellatori
sono pronti con le le loro tenaglie e martelli.

Quello che sempre è servito e sempre serve è pronto.

Quando questo nulla ha servito del suo meglio — esso ha ser-


vito tutti:
Servì il fluente eloquio e l’acuto intelletto Greco, e, molto prima
che il Greco,
,

1SK Tr. \V UITMA N — FOGLIE DI Eli DA

Servì nella costruzione di edifici die durano più a lungo cdie aleu-
n’altra cosa,
Servì l’Ebreo, il Persiano, e PIndostauo, più antico di tutti,
Servì dii elevò baluardi sul Mississipì, servì quelli le cui reliquie
restano nell’America centrale,
Servì di colonne non lavorate i tempi Alluci così nei boschi come
nelle pianure, e i Druidi,
Servì gli spaccati artificiali, ampi, profondi e silenziosi delle colline
Scandinave, ricoperte di neve,
Servì quelli che, in tempi fuor di ogni ricordo, gradirono sul gra-
nito gli schizzi del sole, della luna, degli astri, delle navi, delle onde
dell’Oceano,
Servì le vie, donde i Goti irruppero, servì le tribù pastorali c i

nomadi
Servì il lontanissimo Celta, servì gli arditi pirati del Baltico,
Servì, prima ili ciascun di questi, i venerabili ed innocui uomini
dell’Etiopia,
Servì le costruzioni di timoni per le galee da piacere, e le costru-
zioni di quelle da guerra.
Servì tutte le grandi opere sulla terra, e tutte le grandi opere sul
mare,
Durante le età medievali, e prima delle età medievali,
Servì allora non solo i viventi come li serve ora, ma servì anche
i morti.

8 .

Io veggo il carnefice Europeo,


In piedi sta egli, mascherato, vestito in rosso, con solide gambe
e con forti braccia nude,
E si appoggia su una ponderosa mannaia.

(Chi hai tu sgozzato ultimamente, o boja Europeo 1

Di chi è quel sangue umido ed aggrumilo che è sopra te f)

Vedo i lucenti tramonti dei martiri,


Vedo discendere dai patiboli gli spettri.

Spettri di morti signori, di signore cui fu tolta la corona, di mi-

nistri processati, di re deposti.


Di rivali, di traditori, di avvelenatori, di duci caduti in disgrazia

e così via.
IL CANTO DELLA SCURE 18 !)

Vedo «nielli che sono morti per la buona causa ,


in tutte le na-
zioni,
Il seme è scarso, nondimeno la messe non sarà distrutta mai
(Intendetela imi, o Re stranieri, voi, preti, la messe non sarà <>

distrutta mai).
Vedo interamente lavata dal sangue la mannaia : lama e manico
sono netti,

Non zampillano più del sangue di nobili Europei ,


non afferrano
più i colli delle regine.
Vedo il boja ritrarsi e diventare inutile,
Vedo il patibolo, non più calcato, ammuffire, nè. su esso vedo più
alcuna mannaia,
Vedo il possente ed amichevole, emblema della forza della mia razza,
la più nuova e la più ampia delle razze.

9 .

(America, io non mi glorio dell’amore che ho per te,


Io ho puello che ho).

La scure balza !

La solida foresta dà fluide espressioni,


Cadono abbattute le foreste, ed ecco che risorgono e creano :

Capanna, tenda, sbarcatoio, dimensioni;


Coreggiati, aratri, mazzuoli, stanghe, lame,
Asse, spranga, puntello, assito . stipite ,
assicella ,
intelajatura,
grondaia,
Cittadella-, soffitta, salone, accademia, organo, casa di esposizione,
libreria,
Cornice, graticciata, pilastro, balcone, finestra, torre, portico,
Zappa, rastrello, forcone, matita, vagone, bastone, sega, banco,
mazza-picchio, maglio, conio, manovella,
Sedia, tino, cerchio, tavola, sportello, girella ,
impannata, pavi-
mento,
Scatola, baule, strumento a corda, barca, ganghero e via :

E i Campidogli degli Stati e il Campidoglio della nazione degli Sfati,


E le lunghe e forti fila delle airimes, gli ospedali per gli orfani, o
per i poveri o per gl’infermi,
E i piroscafi di Mann allatta, e i c lippem che misurano tutti i mari.

Le forme si levano !

Forme del maneggio dell’ascia, di chi la maneggia e degli affini

loro,
,

190 ir. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Degli abbattiteli «li boschi e «li chi traina il legname a Penobscot o


a Kennebec,
Degli abitatori delle galline tra le montagne «li California ,
o a
riva dei piccoli laghi o nella Columbia,
Degli abitatori del mezzodì sui banchi del Gila, o del Pio Grande,
amichevoli compagnie piene «li carattere e di bizzarria,
Degli abitatovi lungo il San Lorenzo, o al nord nel Canada, o giù
pel Yellowstone o degli abitanti delle coste o dei luoghi «la esse lon-
tani,
Dei pescatori di foche ,
dei balenieri ,
«lei marinai artici . che si

aprono la via fra i ghiacci.

Le forme si levano !

Forme di arsenali, fattorie, fonderie, mercati,


Forme di due intrecciate linee di ferrovia,
Forme di correnti di ponti, «li vaste armature «li legno, «li traver-
sini, di arcate,
Forme di flotte di barche, di gomene, di chiatte da lago, da canale,
da fiume,
Cantieri «li navi, bacini lungo le coste orientali e occidentali e in
molte baie e lochi appartati.
Controchiglie di quercia sempre verde, assi di pino.
Li' navi stesse nelle lor vie, le fila «lei palchi, gli operai affaccen-
dati dentro e fuori,
Gli arnesi sparsi attorno, il grande e il piccolo succhiello, la scure,
il regolo, lo scalpello, la pialla.

10 .

Le forine si levano !

La forma misurata, segata, piallata, assettata, colorata.


La forma della bara entro cui, nel suo lenzuolo, giacerà il morto.
La forma che diventa posti, posti da letto, posto da letto alla gio-
vane sposa,
La forma «li una piccola zana e la forma della culla pel bambino,
La forma delle assi da pavimento, i pavimenti di legno per coloro
che danzano
La forma dell’ impiantito della dolce casa della famiglia ,
la casa
degli amorosi figli e. genitori,
La forma del tetto della casa di una giovane coppia felice, il tetto

che ricopre l’uomo e la donna bene accoppiati,


IL CASTO DELLA SCURE 191

Il tetto sopra il desinare lietamente cucinato dalla casta moglie, e


lietamente mangiato dal casto marito, sodisfatto del lavoro della
sua giornata.

Le forme si levano !

La forma del posto del prigioniero nella corte di giustizia ,


o di

colui o colei che è seduto in <piel posto,


La forma del banco da liquori, su cui si appoggia il giovane be-
vitore dirum, e il vecchio bevitore di rum,
La forma dei gradini infami e maledetti ,
calcati con traballanti
passi,
La forma dell’infame e artificioso canapè con la malsana coppia
adultera,
La forma del tavolo da gioco, con le infernali sue perdite e gua-
dagni.
lai forma della scala a staggi per l’assassino convinto e condannato,
l’assassino dall’aspetto selvaggio e dalle braccia legate,
Lo sceriffo presso a lui con i suoi agenti, la folla silente e dalle
labbra pallide, e il dondolar della corda.

Le forme si levano !

Forme di porte che danno innumeri uscite ed entrate,


La porta, donde passa l’amico ripudiato, rosso in volto e frettoloso,
La porta, che accoglie le buone e le cattive notizie,
La porta, per cui uscì il tiglio nell’ abbandonare la fidata casa e
scappò via,

La porta per cui, dopo un’assenza lunga e scandalosa . rientrò di


nuovo, malato, abbattuto, senza innocenza e senza mezzi.

11 .

E la forma di lei si leva !

Ella meno guardata che mai, e pur guardata piu che mai;
Il fango e il letame, fra cui ella muove ,
non la lordano nè ma-
culano.
Conosce ella i pensieri di tutti, mentre che passa nulla le resta
occulto,
Nè è perciò meno stimata o meno amata,
E anzi meglio e senza eccezione amata: non ha nulla a temere, nè
teme,
Giuramenti, contese, canzoni da ubbriaco, espressioni sconce, sono
nulla per lei che passa,
192 ir. ir hitm. i.v FOGLIE DI Eli HA

È silenziosa, padrona «li sé: tutte queste cose non F offendono.


E le accoglie come le leggi della Natimi le accolgono, ed forte.
<•

E una legge di Natura, è essa stessa —


nè più forte legge di lei
esiste.

12 .

Le leggiadre forme si levano !

Forma di Democrazia universale, risultato di secoli.


Forme che proiettano altre forme sempre,
Forme di città virilmente turbolenti,
Forme di amici, di creatori di dimore sull'intiera terra,
Forme che avvincono la terra, e elle sono avvinte con la terra in
fiera.
IL CANTO DELL’ESPOSIZIONE.

1.

Ah ! chi lavora ijoco stima


Quanto il lavoro cougiunge strettamente l’operajo a Dio,
A lui, l’amoroso operajo, attraverso lo spazio e il tempo.)

In line, non a creare e a ritrovare solamente,


Ma a trasportare da luoghi remoti quello che già fu trovato,
A improntarlo della nostra identità, della medianità illimitata e
libera,
A infondere nella materia grossolana e torpida il religioso fuoco
della vita,
Ad ubbidire come a comandare, a seguire più che a guidare,
E non tanto a respingere o a distruggere, come a fondere ,
accet-
tare e riabilitare,
Queste sono le lezioni che il Nuovo Mondo insegna;
Sebbene piccola cosa sia il Nuovo, e più grande, oh ! quanto più
grande è il Vecchio, il Vecchio Mondo !

Chè da assai lungo tempo ha germogliato l’erba,


Da assai lungo tempo è venuta cadendo la pioggia,

Da lungo tempo sta roteando il globo.

Vieni, o Musa: emigra dalla Grecia e dalla Ionia,


Cancella, di grazia, i tuoi acconti eccessivamente pagati,

— 193 —
W. AVhitman. — Foglie di erba. 13
194 ir. \Y HITMAN — FOGLIE DI ERBA

Oblia tutte quelle fole su Troja, e sulla collera di Achille e degli


errori di Enea e di Ulisse,
Colloca la parola Trasferito e il Si loca sopra le rocce del tuo ne-
voso Parnaso,
Kipeti Pavviso a Gerusalemme, ponilo sulle porte di Giaffa e sul
monte Moriah,
Affìggilo sulle mura de’ tuoi castelli di Germania, di Spagna e di
Francia e sulle porte de’ musei d’Italia,
E corri qui a conoscere una sfera migliore, più nuova, più affac-
cendata : un largo impero, non ancora provato, ti aspetta e ti chiama.

3 .

Condiscendente al nostro appello,

O piuttosto per desiderio da lungo tempo nutrito,


E per naturale ed irresistibile gravitazione,
Ecco, Ella viene ! Odo il fruscio della sua gonna,
Fiuto l’odorata, deliziosa fragranza del suo respiro,
Sento il suo passo divino, veggio il suo occhio aggirarsi curioso
Su questa non mentita scena.

La Donna delle Donne ! E posso io credere dunque,


Che i tuoi antichi templi, le tue classiche sculture ,
non abbiano
potuto ritenerti ?

Che non le ombre di Virgilio e di Dante, nè le miriadi di ricor-


danze di poemi e di antiche e amate compagnie valsero a magnetiz-

zarti e a tenerti avvinta ?


Ma, perchè Ella ha disertato tutto, ed è qua ?

Concedete a me, o amici, a me di dirlo,


Io, o amici, la intendo tutta, se voi non potete;
Il medesimo spirito immortale della terra, 1’ immagine medesima
dell’attività, della bellezza, dell’eroismo,
Esplicata nelle sue evoluzioni, è qui migrata, appena finirono gli

strati dei vecchi temi,


E furono ricoperti ed occultati dai nuovi, fondamenta dell’oggi.
Finita, consumata dagli anni è la sua voce che parlava dalla fon-
tana di Castalia,
Mute sono le frantumate labbra della Sfinge in Egitto, mute tutte
quelle tombe intelligibili da secoli,
IL CASTO DELL' ESPOSIZIONE 195

Finirono per sempre le epopee di Asia, passarono via i guerrieri di


Europa coperti di elmo, tace la primitiva invocazione delle muse,
Muta è per sempre l’inspirazione di Calliope, morte son Clio, Mel-
pomene, Talìa,
Non più risuona il gagliardo ritmo di Una e di Oriana; la ricerca
del santo Grani è finita,
Gerusalemme è fatta una manata di ceneri morte, die i venti sof-
fiano,
Le fiumane de’ Crociati son come schiere di notturne fantasime,
dissipatesi al sorgere del sole,
Amadigi ,
Tancredi son trapassati ,
passati sono Carlomagno ,
Or-
lando, Oliviero,
Partito è Palmerino, l’Orco, dalle sue acque che le riflettevano sono
svanite le torri di Usk;
Svanito è Arturo co’ suoi cavalieri : Merlino, Lancilotto, Galahad
sono passati tutti; si dispersero per l’aere come vapori.
Passato ! passato ! Per noi, per sempre passato questo mondo, un
dì così possente, ora vuoto, inanimato ;
un fantasma di mondo è
divenuto;
Esso che fu già così animato, luccicante, sfoggiato, è morto in-
sieme con le sue leggende, co’ suoi miti,
Co’ suoi superbi re e sacerdoti, con i feudatari guerrieri, e con le
corteggiate dame.
Passarono nella fossa del lor ossame, entro la bara, con la lor co-
rona e con la loro armatura :

Il loro blasone fu la purpurea pagina di Shakespeare,


Il loro canto funebre la soave e melanconica rima di Tennyson.

Ben io la vedo, o amici, se pur non la vedete voi, 1’ illustre

emigrata (ben è vero che è un po’ mutata pel suo lungo viaggio, ma
è pur sempre la medesima);
Diritta procede a questo convegno, vigorosamente si fa largo da se
medesima, avanzando tra la confusione della folla,
Dal frastuono del meccanismo, dall’acuto fischiar del vapore non
è sgomentata,
Non infastidita punto dai tubi di drenaggio, dai gassometri ,
dai
concimi artificiali;

Sorridente, compiaciuta, con la chiara intenzione di fermarvisi,


Ecco, Ella si è allogata fra le masserizie della cucina !
106 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

4 .

Ma sta’ — non dimentico io la mia cortesia ? —


Ho da presentarti la straniera (perchè altro,, infatti, io vivo e can-
to ?) o Columbia;
In nome della libertà, benvenuta tu sii, o immortale ! Avvincete
le mani,
E siate, d’ora in poi, sorelle affettuose.

E tu non temere, o Musa! Veramente nuove vie e nuovi giorni


ti accolgono e ti circondano,
Candidamente ti affermo che è una razza originale — originale e
di nuovi modi —
E nondimeno è la stessa vecchia razza, la stessa dentro e fuori,
Gli stessi cuori e facce, gli stessi sentimenti, le stesse aspirazioni,
Lo stesso vecchio affetto-, la- stessa bellezza, lo stesso modo di
usarne.

Noi non biasimiamo te, o vecchio Mondo nè da te ci stac- ,

chiamo
(Potrebbe un tìglio staccarsi dal padre suo ?);
Ma, riflettendo sulle tue corse vicende, mirando come, nelle passare
età, fosti intento a compiere i tuoi doveri e ad innalzare le tue gran-
f
dezze,
Innalziamo anche noi, oggi, le nostre.

E più superba che le tombe di Egitto,

Più bella che i templi di Grecia e di Roma,


Più maestosa della cattedrale di Milano, folta di statue e di gu-
glie,

Più pittoresca che i manieri del Reno, t

Al di sopra di tutto questo, noi ora disegniamo d’innalzarti,


Non una tomba, ma la grande tua cattedrale, o sacra Industria,
Un castello per le pratiche invenzioni e per la vita.

Come in visione di desto veggente,


Ecco che, cantando, vedo sorgere l’edificio ,
e sento e profetizzo
l’esterno e l’interno suo,
E il suo molteplice insieme.
IL CANTO DELL’ESPOSIZIONE 197

Attorno un palazzo, più bello, più alto, più ampio di ogni

altro de’ passati tempi,


Moderna meraviglia della terra, che vinoe le sette . della storia,
Che sorge alto, piano su piano, eolie sue facciate di cristallo e di
ferro,
Letizia del sole e dell’azzurro, colorato di dolci tinte,
Bronzine, color di lilla, purpuree, azzurre, cremisi,
E sovra i cui alti comignoli, e sotto la tua bandiera, o Libertà,
Sventoleranno le bandiere degli Stati e le insegne di tutte le na-
zioni,
Ecco, una nidiata di palazzi, superbi e belli, ma minori, gli farà

corona.

Dentro le loro mura tutto ciò che di perfetto 1’ umana vita


ha prodotto,
Provato, insegnato, fatto progredire, sarà visibilmente esposto.

Nè solo il mondo tutto delle opere ,


del commercio ,
de’ pro-
dotti,
Ma gli operai tutti del mondo saranno qui rappresentati.

Qui tu seguirai ih essa l’azione,


In ogni stadio del lor pratico affaccendato scorrere i rivoli della ci-
viltà;

Qui, sotto il tuo sguardo, ogni materiale, come se per magìa, can-
gérà la sua forma,
Qui il cotone, quasiché piluccato allora dalla pianta,
Sarà asciugato ,
cilindrato ,
imballato ,
disteso in fili ,
tessuto in-
nanzi a te;

Vedrai le mani all’opra, e tutti i vecchi e nuovi processi;


Vedrai i vari grani, come si moliscono in fiore e come sono impa-
stati i pani dai panettieri,
Vedrai gli ori greggi della California e della Nevada, fusi e rifusi,

finche diventino verghe,


Mirerai come lo stampatore ordina i suoi tipi, e imparerai ciò che
è un compositojo,
Mirerai con istupore la macchina Hoe turbinare i cilindri, e versar
fuori i fogli stampati, rapida e pronta;
Le fotografie, i modelli, gli oriuoli, le spille, i chiodi li vedrai
fabbricati innanzi a te.
198 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

In un’ampia e tranquilla corte un superbo museo t’ insegnerà


tutte le lezioni sui minerali,
In un altro saranno illustrati i legnami, le piante, la vegetazione,
e in un altro ancora, gli animali, la vita animale e il suo esplicarsi.

Una superba dimora sarà la casa della musica,


Altre ne avranno le altre arti :
1’ insegnamento ,
le scienze ,
tutto
sarà qui,
Nulla sarà disprezzato, nulla non vi sarà onorato, soccorso ,
esem-
plificato.

6 .

(Questo, questo e queste cose, o America, saranno le tue pira-


midi e i tuoi obelischi,
Il tuo faro Alessandrino, i tuoi giardini di Babilonia,
Il tuo tempio di Olimpia.)

I tanti uomini e donne elle non lavorano


Saranno qui, innanzi ai tanti che lavorano tanto,
E ne trarran profitto ambedue, gloria tutti,
Gloria tu, o America, e tu, o Musa immortale.

E qui dimorerete voi, o potenti Matrone !

Qui, ne’ vostri ampi domini, più ampi dei vecchi,


Echeggianti nei lontani e lontani secoli avvenire,
Risoneranno diversi e più superbi canti, e di più gagliardi temi :

La pratica e tranquilla vita, la vita del popolo ed essi i popoli,


Sollevati, illuminati, bagnati di pace, dalla pace alleviati e sicuri.

Via i soggetti di guerra ! Via la guerra stessa ! Via, che non


ritorni, il mio raccapriccio, alla vista di cadaveri anneriti e muti-
lati,

Via quello spalancato inferno avido di sangue, proprio di tigri sel-

vagge e di bramosi lupi, non di uomini ragionevoli,


E affretta tu, invece, le utili campagne tue, o Industria,
Con i tuoi eserciti imperterriti, con l’ingegneria,
Con i tuoi vessilli del lavoro, ondeggianti alla brezza,
Con le tue trombe rimbombanti alto e chiaro.
IL CAUTO DELL’ESPOSIZIONE 199

Via il vecchio romanzo !

Via le novelle, gl’intrecci e gli spettacoli delle straniere corti,


Via i versi d’amore inzuccherati di rima, e gl’intrighi e gli amori
degli oziosi,
Propri dei banchetti notturni, in cui ^strisciano i danzatori al morir
delle musiche,
Propri degl’insalubri piaceri, delle dissipazioni stravaganti di pochi,
Contagiate di profumi, di afa, di vino, sotto luccicanti doppieri.

A voi, o vereconde e salubri sorelle,


Muovo la voce, chiedendo molto più superbi temi per i poeti e per
l’arte,

Temi che esaltino il presente e il reale,


Temi che insegnino ai mediani uomini la gloria della lor via e del
commercio quotidiano,
Che cantino come l’esercizio e la chimica della vita non debbono
mai essere presi a gioco,
E 1’ opera manuale di ciascuno e di tutti ,
1’ arare, lo zappare, il

vangare,
Il piantare e la coltura degli alberi ,
delle fragole ,
degli erbaggi,
dei fiori,
Sicché, ogni uomo ed ogni donna vedano che essi fanno realmente
qualche opera;
Che insegnino ad usare il martello e la sega (spacchi o tagli di
traverso),
A girare il tornio da falegname, da figulajo, da pittore,
A lavorare come sarto, sarta, nutrice, stalliere, facchino,
A inventare qualche piccola cosa ,
qualche cosetta industre ,
che
giovi al bucato, alla cucina, alla nettezza,
E a non riputare una disgrazia il dare una mano per? ajutar sè
medesimo.

Ecco, io ti presento, qui oggi, o Musa,


Le occupazioni tutte, le mire ampie e le piccine,

Il lavoro, il sano lavoro e il sudore infiniti, incessanti,


I vecchi, i vecchi e pratici gravami della vita, gl’interessi, le gioje,
La famiglia, le parentele, la fanciullezza, il marito, la moglie,
Gli agi della casa, la casa stessa, e le sue pertinenze;
Presento a te i cibi, la loro conservazione, la chimica applicata ad
essi,
200 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E qualsiasi cosa che concorra a formare una razza di forti ,


com-
pleti e rubicondi uomini e donne, di perfetta longevità personale,
E soccorra la loro vita presente per alla felicità e alla salute, e
plasmi l’anima loro
All’eterna vita reale dell’ avvenire.

Con tutti i moderni sistemi di unione, con le opere e le co-

municazioni intemazionali,
Io ti presento la potenza del vapore ,
le grandi e celeri linee ,
il

gas, il petrolio,
Trionfi del tempo nostro, la delicata gomena dell’Atlantico,
La ferrovia del Pacifico, il canale di Suez, il Moncenisio, il Got-
tardo, il tunnel di Hoosac, il ponte sul Brooklyn,
La terra diventata una rete di rotaje di ferro e di linee di piro-
scafi, che s’intrecciano sopra i mari :

La nostra stessa rotondità, il nostro corrente globo io reco.

8 .

E te, o America,
La tua figliolanza sempre più torreggiante, Te, che sorpassi ogni
cosa che più grandeggi,
Te con la Vittoria sulla sinistra mano, e con la Legge sulla diritta,
Te, Unione, che tutto abbracci, fondi, assorbì e tolleri,
Te, sempre te, io canto.

Anche tu, anche tu sei un Mondo,


Con le tue vaste, varie, molteplici, distanti regioni,
Avvinte da. te in Unità — in un solo comune linguaggio orbico,
E in un solo indivisibile destino, comune a tutti.
E con i canti che io offro a questi tuoi concitati ministri del
lavoro,
Io incarno i miei temi ,
e gli evoco qui, per farli sfilare innanzi
a te.

Guarda, o America (guarda, anche tu o mia ineffabile ospite e

sorella),
Per te essi si affollano a marciare sulle tue acque e sulle tue con-
trade;
Guarda ! I tuoi poderi, le tue piantagioni, i tuoi boschi lontani, e
le tue montagne,
Si avanzano come in processione.
IL CANTO DELL’ESPOSIZIONE 201

Guarda lo stesso mare,


E, sul suo infinito ondeggiante seno, i vascelli;
Vedi dove le bianche vele, gonfiantisi al vento ,
macchiettano il

turchino e il verde,
Vedi i piroscafi partire ed approdare, uscire ed entrare,
Vedi foschi, ondulanti, alti i loro pennacchi di fumo.

Guarda sull’Oregon, là, nel lontano Nord-West,


Guarda sul Maine, nel lontano Nord-Est, i tuoi gioiosi boscaiuoli,
Colla scure in mano tutto il dì all’opera.

Guarda su per i laghi i tuoi piloti al timone, e i tuoi rema-


tori,

E come sotto le loro braccia muscolose si distorcono i frassini.

Qui sulla fornace, colà sull’incudine,


Guarda i tuoi fabbri vigorosi levare le loro mazze
Gagliardamente in alto, rotearle sovrammano e percuotere giù con
rimbalzi, giojosi
Come un tumulto di riso.

Osserva da per tutto il genio dell’ invenzione ,


le tue rapide
patenti,
Le non interrotte officine, le fonderie innalzate o in via di edifi-

carsi,

Vedi dai loro camini gli alti fuochi di fiamme levarsi a ondate.

Osserva le tue innumerevoli fattorie al Nord e al Sud,


Le tue ricche province dell’Est e dell’Ovest,
I variati prodotti dell’Ohio, della Pensilvania, del Missouri ,
della
Georgia, del Texas e di tutto il resto,
I ricolti innumerevoli, l’erba, il frumento, lo zucchero ,
1’ olio ,
le

biade, il riso, la canapa, il luppolo,


I tuoi granai ricolmi, i tuoi grevi ed innumerevoli traini, i tuoi
vasti magazzini,
I grappoli che maturano nelle tue vigne, le appiuole dei tuoi orti,
Gl' incalcolabili depositi di bove, di majale, di patate ,
il tuo car-
bone, il tuo oro ed argento,
E l'inesauribile ferro delle tue miniere.

Tutto tuo, o santa Unione !

I vascelli tutti, le officine, i granai, le piantagioni, le miniere,


202 W. WBITMAN — FOGLIE DI ERBA

Le città e lo Stato, il Nord e il Sud,


Noi dedichiamo tutto a te, o temuta madre.

Tu protettrice assoluta ! Tu baluardo di ogni cosa !


*

Noi sappiamo bene che tu, generosa come Dio, doni a tutti e a
ciascuno, e che senza te, nessuno, nè casa, nè terra,
Nè miniera, nè vascello, nessuno sarebbe al sicuro qui oggi,
Nessuna cosa, nè alcun giorno, sicuri.

9 .

E tu, o Vessillo che sventoli sopra tutto !

Una parola anche per te (potrà esserti salutare), o delicata bel»


lezza mia:
Ricorda che tu non fosti qui, sempre, come oggi, sodisfatta So-
vrana :

In altre scene da queste io ti vidi sventolare,

Nè così ornato, integro, fresco e florido nelle tue immacolate pieghe


di seta.
Io ti vidi già ,
o fatta bersaglio e lacerata in cenci su di una
scheggiata asta,
O serrata con disperate mani sul petto di un giovane altiere di
colore,
E combattuta con rabbia selvaggia, per la vita e per la morte,
combattuta a lungo,
In mezzo al tonante rombo dei cannoni, alle bestemmie, ai gemiti,
agli urli di dolore, al secco ed aspro sparo dei moschetti per isquadre;
E movevan le masse, sorgendo come selvaggi demoni,
si e la vita
gittavasi come nulla,
Per i tuoi semplici brandelli, macchiati di fango e di fumo, e in-
zuppati di sangue;
Sì, o mia bellezza, perciò, è perchè tu potessi ora qui ergerti balda
e sicura,
Molti bravi io già vidi andar sotterra.

Ed ora tu campeggi, qui; e queste cose, d’ora in poi, e in


pace, sono tutte tue, o Vessillo !

E qui e d’ora in poi, tutti stanno per te, o Musa universale ! E


tu stai per loro !

E qui e d’ora in poi, son tuoi, tutti tuoi ,


o Unione ,
gli operai

e le opere loro !
IL CANTO DELL’ESPOSIZIONE 203

Nessuno è separato da te, noi e te facciamo ima cosa sola ,


d’ ora
in poi
(Perchè, che altro è il sangue dei figli se non il sangue materno ?

E le vite e le opere che sono esse, infine, se non vie che guidano
alla fede e alla morte ?),

Se ora noi facciamo la rassegna delle nostre ricchezze infinite,


egli è per te, o Madre diletta,
Noi oggi sappiamo che tutto e ogni singola cosa è indissolubil-
mente legato a te;

Non pensare che i nostri inni e queste mostre sieno solo per i

nostri grandi prodotti, e per i grossi guadagni;


Noi ciò facciamo per te ,
per P anima elettrica e spirituale che è
in te I

Le nostre fattorie, le invenzioni, le provviste le possediamo in te !

Le città e gli Stati in te !

Tutta la nostra libertà è in te ! In te le nostre vite stesse !


.
.

CANTO DELL’ALBERO DAL LEGNO ROSSO (1).

1.

Un canto della California,


Una profezia, una voce indiretta, un pensiero impalpabile da re-
spirarsi come l’aria,

Un coro di driadi, che vaniscono e muoiono, o di amadriadi che


muoiono,
Una voce mormorante, fatidica, gigantesca, che par venga fuori
della terra e del cielo,
Voce di un possente albero moribondo, nella fìtta foresta dal legno
rosso.

Addio, fratelli miei,


Addio, o terra, e cielo, addio, o voi prossime acque,
Finito è il mio tempo, il mio termine è giunto.

Lungo la sponda settentrionale,


Proprio dietro la roccia che limita la spiaggia e la cave,

Nell’aria salina che viene dal mare, nel paese di Mendocino,


Cou i marosi per voce di basso e con accompagnamento profondo
e rude,

Con i ripetentisi colpi di scure, ritmicamente percossi da braccia ga-


gliarde,

(L) Con la parola inglese Redwood-tree diramasi una gigantesca conifera della
California dal legno rossiccio. (Sequoia sempervirensj

— 205 —
206 W. V?HIT MAN — FOGLIE DI ERBA

Fra i profondi tagli, fatti dalle affilate lingue delle scuri ,


in
mezzo alla fìtta foresta di legno rosso,
Odo il possente albero, che canta il suo canto di morte.

I boscaiuoli non odono, le campestri capanne non echeggiano


il canto,
Le anitre guidatoci dall’ acuto orecchio e gli uomini dell’ argano
non odono,
Mentre gli spiriti del bosco vengono fuori dalle dimore di un mi-
gliaio di anni, per unirsi al ritornello;
Ma la mia anima ode perfettamente.

Mormorando fuor delle miriadi di foglie,


Giù dalla sublime vetta, che surge alta duecento piedi,
Fuor del tronco gagliardo e dei rami, fnor della corteccia spessa
un piede,
Sorge questo canto delle stagioni e del tempo, canto non del pas-
sato solamente, ma del futuro.

O tu, vita mia, non mai narrata,


0 voi tutte, venerabili gioie innocenti,

Tu o perenne, aspra mia vita, passata fra la pioggia e molto estivo sole,
Fra le candide nevi, e tra la notte e i selvaggi venti;
Oh ! grandi, pazienti, rudi gioie, le forti gioie della mia anima, non
sentite mai da uomo

(Perchè io so di aver l’anima che si conviene a me, anch ’io ho coscienza,


identità,

E tutte le rocce e montagne l’hanno, e l’ha tutta la terra),

O gioie della vita che si convengono a me e ai fratelli miei,

Il nostro tempo, il nostro fine è venuto.

Nè leviamo lamenti, o maestosi fratelli,


Noi che abbiamo grandiosamente compiuto il nostro tempo;

Con la calma contenta della Natura, con delizia silenziosa ed ampia,


Diamo il ben venuto a quelli, per cui lavorammo durante il passato,

E cediamo loro il campo !

Per essi da lungo tempo profetati,


Per una razza più superba, aneli-’ essi nati per compiere grandiosamente

il tempo loro,

Per essi- abdichiamo noi, in essi siani noi stessi, o re della foresta !

In essi son questi cieli e quest’ aere ,


questi picchi di montagne, o

Sbasta, o Nevada;
CANTO DELL’ALBERO DAL LEGNO ROSSO 207

Questi immani e precipiti scogli, quest’ampiezza, queste valli, o lontano

Yosemita, esistettero,
Per essere in essi assorbiti, assimilati.

E allora a più superba musica,


Più orgoglioso sempre, e più estatico levossi il canto,
Quale se gli eredi, le deità di occidente,
Si unissero a contribuire la loro parte alla lingua guidatrice.

Non il pallore da feticci di Asia,


Non il rosso dalle antiche dinastiche, omicide case Europee
(Area di assassine congiure di troni con puzzo ancor permanente do-
vunque di guerre e di patiboli),

Ci vengono, ma dai travagli lunghi od innocenti della Natura;


E noi e queste terre vergini, terre della sponda occidentale,
All’uomo novello, che campeggerà su tutto , a te, al novello impero,
A te, da tanto tempo promesso, noi affidiamo e dedichiamo.

0 voi, volizioni profonde e segrete,

0 tu, mediana umanità spirituale, scopo di ogni cosa, tu che, equili-

brata su te stessa, dài e non ricevi legge,

Tu, femminilità divina, signora e sorgente di tutte cose, da cui scatu-

risce vita e amore, e ogni cosa che viene da vita e amore,


Tu, invisibile essenza morale di tutti gl’immensi materiali dell’ America
(secoli su secoli lavorando morti, come lavorarono vivendo),
Tu che, talora conosciuto, più spesso non avvertito, realmente formi e

modelli il Nuovo Mondo, adattandolo al Tempo e allo Spazio,

Tu, o nascoso volere nazionale, che giaci nei tuoi abissi ,


celato ma
sampre desto,

Voi, o scopi passati e presenti, perseguiti con tenacità, forse inconsci di


voi stessi,

Non traviati da tutti i passati errori e dalle perturbazioni della superficie;


Voi, vitali, universali, immortali germi, sottostanti a tutti i credo , a
tutte le arti, a tutti gli statuti, a tutte le letterature,

Edificate qui le case vostre a fin di bene, stabilitevi qui; queste intiere

aree, terre della sponda occidentale,


Noi affidiamo, noi dedichiamo a voi.

Perchè l’uomo nato da voi, la vostra caratteristica razza,

Qui può crescere ardita, dolce, gigantesca, qui torreggiare nelle propor-
zioni della Natura,
208 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Qui, non ristretta da mir a e da tetti, attingere gli spazi ampi, puri e
sconfinati,
Qui ridere con la tempesta e il s de, qui gioire ,
qui pazientemente di-
sciplinarsi,

Qui meditare su sè stessa, e svolgere sè stessa (non meditare le for noie


altrui), qui compiere il suo tempo,
Per cadere poi debitamente, per soccorrere; e inavvertito alfine,
Servire e sparire.

Così sulla costa settentrionale,


All’eco del richiamo dell’oca guidatrice, allo stridore delle catene,
alla musica delle asce dei boscaiuoli,
Mentrechè tronchi e rami eadevan giù, fra lo schianto ,
lo scric-
chiolar soffocato, e il gemere,
Tali parole combinate dell’albero dal legno rosso, come di voci an-
tiche, estatiche, mormoranti,
Mentre che le driadi invisibili, dopo aver vissuto per secoli, si riti-
ravano,
Abbandonando tutti i recessi loro delle foreste e dei monti,
10 ,
dai picchi del Cascade al Walisateh ,
al lontano Idaho e
all’ Utah,
Donandomi quindi innanzi alle divinità del moderno,
11 coro e le indicazioni, gl’ideali dell’umanità che si avanza, i suoi
sett'ements e le fattezze tutte,
Afferrai, nei boschi di Mendocino.

* 2.

L’abbagliante, dorata pompa della California !

Oh! il dramma repentino, spettacolosi, le terre soleggiate ed ampie.


La lunga e variata estensione dal Puget al meridionale Colorado.
Le terre bagnantisi in un aere più dolce, più puro, più sano, le
vallate e i declivi di monti,
I campi rossicci preparati di lunga mano dalla Natura, la tacita e

ciclica chimica,
II travaglio lento e costante dei secoli, la superficie non occupata che
si maturava, i ricchi minerali formantisi sott’essa !

Alla fine il Nuovo arriva, che, intraprendente, ne piglia pos-


sesso,
CANTO DELL'ALBERO DAL LEGNO ROSSO 209

Una razza popolosa ,


affaccendata ,
che compone ed organizza per
ogni dorè,
Navi che giungono dall’intero inondo ,
e salpano pel mondo in-
tero,
Per all’India, alla China, all’ Australia, alle migliaia delle isole
paradisiache del Pacifico !

E le città popolose, le invenzioni più recenti, i piroscafi sui fiumi,


le ferrovie, le molte lucrose fattorie, le macchine,
E la lana, il frumento, il vino, e le mine dell’oro giallo !

3 .

Ma, piucchè tutte queste cose ,


in voi ,
o terre della sponda
occidentale
(Sono mezzi, ordigni, fondamenta coteste cose),
In voi io veggo la promessa di migliaia di anni, certa per l’avve-
nire, e finora differita,
Promessa che deve esser mantenuta : la nostra comune parentela,
la razza.

La società nuova finalmente, proporzionata alla Natura,


Sarà nell’uomo tuo, piucchè nei picchi delle tue montagne ,
o nei
massicci tuoi alberi imperiali,
E più, oh assai più, sarà nella tua donna, che nel tuo oro, nei tuoi
!

vini, o anche nella tua aria vitale.

Fresco vedo arrivare un mondo veramente nuovo ,


eppur da
lunga mano preparato,
Il genio del moderno, figlio del reale e dell’ideale,
Che spazzerà il terreno per l’umanità ampia, per la vera America,
la erede del passato così grande,
Destinata a edificare essa .un futuro più grande ancora.

W. Whitman. — Foglie di erba. 14


UN CANTO PER LE OCCUPAZIONI.

1 .

Un canto per le occupazioni !

Nel lavoro delle macelline e nei commerci, e nel lavoro dei campi
io trovo gli sviluppi delle forze,
E trovo gl’intendimenti eterni.

Operai ed operaie !

Ove io sviluppassi da me ogni educazione pratica e di ornamento,


clie rileverebbe cotesto ?

Fossi io il capo degl’insegnanti, il proprietario caritatevole ,


il sa-
piente statista, che cosa rileverebbe cotesto ?

Fossi io per voi come il padrone che vi adopera e che vi paga,


darebbevi questo sodisfazione ?

Non il dotto, il virtuoso, il benevolo e simili espressioni ordi-

narie,
Ma un uomo quale io sono, e non più le espressioni ordinarie.

Nè servo, nè padrone sono io,


Non prendo una grossa mercede più che una piccola ,
avrò il mio
proprio, sia chiunque colui che mi goda,
Io sarò il tuo eguale e tu sarai l’eguale con me.

Se tu stai al lavoro in un’officina, io ti sto vicino, come il più


vicino che sia nell’officina stessa,
Se tu spandi doni sul tuo fratello o sull’amico più caro, io ti do-
mando altrettanto bene, quanto il fratello tuo e l’amico più caro,

— 211 —
212 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Se il tuo amante, marito, moglie, è il benvenuto, di giorno o di


notte, anch’io, personalmente, devo essere il benvenuto ,
in egual
modo,
Se tu diventi un degradato, un criminale, se t’infermi, allora tale
io divento per amor tuo,
Se tu ricordi le tue azioni folli e contro le leggi, ti pensi tu che
non possa anch’io ricordare le mie azioni folli e contro le leggi ?

Se tu gozzovigli a tavola, io gozzoviglio al lato opposto della ta-


vola,
Se tu ti avvieni per via in qualche straniero, e l’ami , lei o lui,

ebbene spesso io incontro stranieri per via, e li amo.

Che cosa hai tu pensato di te ?


Hai tu pensato dunque che tu valga qualcosa meno di altri ?

Hai tu pensato che il Presidente sia pili grande di te 1


O che il ricco sia migliore di te ? o 1’ uomo culto più sapiente
di te ?

(Perchè tu sei sudicio o ulcerato, o fosti una volta un ubbriaco o


un ladro,
O perchè tu sei un malaticcio, o un reumatico, o una prostituta,
O un malato di frivolezza o d’impotenza, o perchè tu non sei un
dotto, nè vedesti mai il tuo nome stampato,
Tu vedi in questo che sei meno immortale ?)

Anime di uomini e di donne Non siete voi che io


! chiamo
le invisibili, le non udibili, le non tangibili e non tocche,
Non è contro voi, o in favor vostro, che disputo per stabilire se
voi vivete o no,
Io confesso pubblicamente che voi esistete, se nessun altro lo con-

fessa.

Gli adulti, gli adolescenti, i bambini del mio paese e di ogni

paese, o che stieno in casa o fuori, proprio ognuno è come l’altro ed


io li vedo,
E vedo tutti gli altri dietio essi o che verranno da essi.

La moglie, essa non è un jota da meno del marito,

La. figlia, aneli’essa è proprio così buona come il figlio.

La madre, aneli’ essa è, in ogni frusto, eguale al padre.


UN CANTO PER LE OCCUPAZIONI 213

Discendenze d’ignoranti e poveri, fanciulli addetti ai commerci,


Giovani lavoratori delle fattorie, vecchi lavoratori delle fattorie,
Marinai, mercanti, piloti, immigranti,
Tutti costoro io vedo, vicini o lontani che sieno, io li vedo egual-
mente,
Nessuno sfuggirà me, e nessuno avrà desiderio di sfuggirmi.

Io vi arreco quello di che più avete bisogno, sebbene l’abbiate


sempre,
Non moneta, intrighi di amore, abiti, cibi, erudizioni, ma altro al-

trettanto buono,
Non invio alcun agente o commesso, non offro alcuna rappresen-
tanza di valuta, ma offro la valuta stessa.

Qualcosa vi ha che viene a ciascuno, ora e sempre :

Non è ciò che è stampato, predicato, discusso — essa elude la di-


scussione e la stampa, —
Non può essere posta in questo libro, e non è in questo libro,

Essa è per te, chiunque tu sii, ed è da tenon più lontana di quanto


la tua vista e il tuo udito sieno da te,

E ti viene additata dal più prossimo ,


dal più comune ,
dal più
pronto, ed è sempre da essi provocata.

Tu potrai leggere in molte lingue, pur nulla leggerai intorno


ad essa,
Tu puoi leggere il messaggio del Presidente, pur nulla leggerai nel
messaggio intorno ad essa,
Nulla nelle relazioni del Ministero di Stato, e del Ministero del
Tesoro o nei giornali quotidiani e settimanali,

0 nel censimento, o nel gettito delle rendite, o nei prezzi correnti


o in altro libro di conti.

3.

Il sole e gli astri che fluttuano all’aria aperta,


La terra formata come appiuola — noi sopra essa — certo il loro
ondeggiare è qualche cosa di grande;
Non so che cosa essa sia, tranne che è grande, e che essa è feli-

cità,

E che lo scopo nostro che vi è compreso non è una speculazione o


un bon-mot o una ricognizione,
214 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non è qualche cosa che il caso possa tornare a vantaggio nostro,


e che, senza il caso, sarebbe un insuccesso,
E non è qualche cosa che possa esserci ritolta in certe eventua-
lità.

La luce e l’ombra, il curioso sentimento del corpo e dell'i-

dentità, la brama che divora ogni cosa con perfetto compiacimento,


L’illimitato orgoglio e l’espandersi dell’uomo, le indicibili sue gioie
e dolori,
E miracolo che ciascuno vede in ognuno che egli veda, e il miracolo
che riempie ogni minuto che passa,
Per che cosa li credi tu fatti, o camerata ?

Li hai tu creduti fatti pel tuo commercio o per l’opera della


tua fattoria ? o per vantagggio delle tue provviste ?

O per procurare a te una posizione ? o per riempiere l’ozio di un


signore, o l’ozio di una signora ?

Hai tu creduto che lo spettacolo della terra abbia preso con-


sistenza e forma, perchè sia dipinto in un quadro ?

O gli uomini e le donne, perchè se ne scriva o canti un canto ?

O che l’attrazione della gravità e le grandi leggi e le combinazioni


armoniose e i fluidi dell’aria, servano per le speculazioni dei dotti ?

O la bruna terra e il turchino mare per farne mappe e carte ?

O gli astri, perchè sieno riuniti in costellazioni e chiamati con


nomi fantasiosi ?

O che il germogliare delle sementi sia per le statistiche agricole, o

per essa l’agricoltura ?

Le antiche istituzioni, le arti, le biblioteche , le leggende,


e la pratica tradizionale delle manifatture ,
le valuteremo noi assai
alto ?

Valuteremo noi alto il nostro numerario e le nostre faccende f Io non


fo obiezione :

Io valuto queste cose così alto come le più alte che sieno — ma
un fanciullo, nato di donna e di uomo, io lo valuto, al di sopra di ogni
valore.

Noi pensiamo la nostra Unione grande, e grande la nostra Co-


stituzione;
Io non dico che non sieno grandi e buone, poiché così sono:
Proprio in questo giorno io ho per esse lo stesso amore che tu,
UX CAXTO PER LE OCCUPAZIONI 215

Ma poi amo Te, e con te, tutti i miei compagni che sono sulla
terra.

Noi riteniamo divine le bibbio e le religioni — io non dico


che non sieno divine,
Io dico che esse sono germogliate da te, e possono ancor germo-
gliare da te;
Non sono esse che danno la vita, chi dà la vita sei tu,
Nè le foglie spuntano dagli alberi o gli alberi dalla terra più di
quanto esse spuntino da te.

4 .

Io assommo tutte le riverenze umane in te, chiunque tu sii,

Il Presidente nella Casa Bianca è per te, e non tu sei qui per lui,
I Segretari lavorano nei loro uffici per te, non tu qui per essi,

II Congresso si raccoglie ogni dodici mesi per te,

Le leggi, i tribunali, il formarsi degli Stati, i privilegi delle città,


l’andare e venire dei commerci e delle poste, sono per te.

Uditemi da presso, o miei discepoli diletti :

Le dottrine, le politiche, la civiltà sorgono da voi.


Le sculture e i monumenti ed ogni iscrizione postavi fu incisa
per voi,
Il nocciuolo delle storie e delle statistiche, per quanto i ricordi si

arretrano, è in quest’ora in voi, e così i miti e le fiabe,


Se voi non respiraste e camminaste qui, dove sarebbe tutto questo f

I poemi più rinomati sarebbero cenere, le orazioni e i drammi sa-


rebbero vani e vacui.

Ogni architettura è quale voi la fate, quando volgete lo sguardo


su essa
(Pensaste forse che fosse in una pietra bianca o grigia ? o nelle linee
degli archi e delle cornici ?).

Tutta la musica è quella che si desta da voi, quando gli stru-


menti vi fanno risovvenirla,
Non sono i violini e le cornette, non 1’ oboé, non i battenti tam-
buri, non la parte del baritono che canta la sua dolce romanza ,

il coro degli uomini, nè il coro delle donne,
Essa è più da presso e più lontana che essi.
216 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Tornerà dunque indietro il tutto ?

Può ognuno vedere i segni del meglio, volgendo uno sguardo allo
specchio f Evvi nulla che valga più, o sia più grande ?

Tutto sta qui, con te, con l’invisibile e mistica anima ?

Strano ed arduo è il paradosso che io ti do per vero;


Gli obbietti grossolani e l’invisibile anima sono una cosa sola.

L’edificar case, il misurare, il segar tavole,


Il lavoro del fabbro, il soffiar vetri, il far chiodi, il far botti, il

covrire cou latta un tetto, lo spianare assi,


Il commettere navi, il fabbricar cantieri ,
1’ apparecchiar pesci, il

pavimentare marciapiedi,
La pompa, la macchina che solleva le masse di ferro ,
la grue, la
fornace di carboni, la fornace di mattoni,
Le miniere di carbone, tutto quello che è laggiù in esse, le lampade
fra le tenebre, gli echi, i canti (quali meditazioni, quali vasti, originali
pensieri traspaiono dalle annerite facce !),

I lavori di acciaio, le fornaci infocate accanto alle montagne o sulle


spiagge, gli uomini, che provano la massa fusa con grosse stanghe,
i massi di minerali, la debita miscela dei minerali, la calce e il car-
bone,
II ventare delle fornaci, il fango delle fornaci ,
la informe massa
fusa al fondo, il girante molino, le salde spranghe di acciaio greggio,
la forte e levigata rotaia a T per le ferrovie,
Il lavoro dell’olio, il lavoro della seta, i lavori di piombo, T offi-

cina dello zucchero, le seghe a vapore, i grandi ruolini e le fattorie,

Il tagliar delle pietre, il ridurle a forma ,


per facciate o finestre o
architravi, il maglio, il cesello dentato, il ditale per riparare il pol-
lice,

Inferro da calafatare, la caldaia bollente di cemento da volta e il

fuoco sotto la caldaia,


La balla di cotone, l’uncino dello scaricatore, la sega e la forma
del segatore, il modello del modellatore, la coltella del macellaio mentre
è adoperata, la sega pel ghiaccio, ed ogni lavoro col ghiaccio,
L’opera e gli utensili dell’apparatore, del lavoratore di vele e dei
massi di pietra,
Gli articoli di guttaperca, le .papier- maclié, i colori, le spazzole . il

lavorare le spazzole, gli apparecchi del vetraio,


UN CANTO PER LE OCCUPAZIONI 217

L’ intarsiate ,
il vaso di colla ,
gli ornamenti del confettiere ,
la

guastada e i bicchieri, le cesoie, e il ferro da stirare,

La lesina, la correggia stretta al ginocchio, la pinta di una misura


e la pinta di un quarto di misura, il banco e lo scanno, lapenna da
scrivere, sia di oca o di metallo, la manifattura di ogni sorta di strumenti
arrotati,
La birreria, il macerar l’orzo, i tini ed ogni altra opera fatta
dai birrai, dai vinai e dai confezionatori di aceto,
Il carro del carrettiere, l’omnibus, il pesante traino,
La pirotecnica che slancia di notte fuochi colorati ,
e immaginose
figure e razzi;
Il bove sul tavolo del beccaio, la casa da macello del beccaio ,
il

beccaio nei suoi abiti da sgozzare,


Gli uomini e il lavoro degli uomini, nelle ferriere, nelle ferrovie, i

piloti sulle navi da pesca o nei canali,


La rotina di ciascun’ ora della vita tua e di ogni uomo, la bottega,
il cortile, il magazzino, o la fattoria,

Tutte queste parvenze sono presso te, giorno e notte. — Operaio !

chiunque tu sii, esse sono la tua vita quotidiana !

In questo e in esse sta lo sforzo di ogni tua aspirazione; in questo


e in essa sta molto più di quello che tu stimi (e assai di meno anche),
In esse sono le realtà tue e mie, in esse i tuoi poemi e i miei;
Ma in esse non sei tu stesso — in te e nella tua anima si racchiu-
dono tutte le cose, senza riguardo al pregio loro. —
In esse però sta lo svolgersi di ciò che è buono, in esse i temi tutti,

tutti gli accenni, tutte le possibilità.

Io non affermo che ciò che tu vedi al di là di esse sia frivolo,

nè io ti ammonisco di fermarti,
Io non dico che le direttrici che tu pensi grandi non sieno grandi,
Ma ti dico che nessuno ti dirige a cose più grandi di quelle a cui
queste indirizzano.

6 .

Vuoi tu cercare più lontano ?. Sicuramente tu ritornerai qui alla


fine;

Nelle cose da te meglio conosciute, tu troverai il meglio o un bene


simile al meglio,
Fra la gente, che ti è più prossima, tu troverai la persona più
dolce, più forte, più amorevole,
218 W. W3ITMAN — FOGLIE DI EBBA

La felicità, la conoscenza non è in altro loco ,


fuorché in questo
loco, nè in un’ora diversa, ma in quest’ora;
In un uomo che tu vegga o tocchi, troverai un amico; un fratello,
nel più prossimo vicino ,
e una donna ,
nella madre, nella moglie,
nella sorella;
I gusti popolari e le occupazioni prendono la precedenza nei poemi
e in ogni altra cosa,
Voi, o operaie, ed operai di questi Stati, voi avete la vostra ga-
gliarda e divina vita,
E ogni altra cosa cede il loco ad uomini e donne come voi.

Quando il salmo canta invece del cantore,


Quando lo scritto predica, invece del predicatore,
Quando il pulpito discende e cammina, invece dello scultore che
scolpì la base che lo sostiene,
Quando io posso toccare il corpo dei libri, dì e notte, e quando
essi ricambieranno il tocco sul mio corpo,
Quando un corso universitario convince, come una donna o un fan-
ciullo assopiti convincono,
Quando l’oro monetato dei sotterranei sorride come la figlia del vi-

gile notturno che lo guarda,


Quando gli agenti responsabili oziano seduti dirimpetto a me, e

sono miei amorevoli compagnoni,


Io intendo di stendere loro la mia mano ,
e fare altrettanta stima
di essi, quanta io fo degli uomini e delle donne come voi.
UN CANTO DELLA ROTANTE TERRA.

1 .

Un canto della rotante terra, e di parole elle si accordino con


esso :

Forse clie tu vai pensando che queste sieno le parole, queste linee
diritte ? queste curve, questi angoli, questi punti ?
No; le parole non sono queste, le parole sostanziali sono sulla terra
e nel mare,
Sono nell’aria, sono in te.

Forsechè tu vai pensando che queste sieno le parole, questi i

suoni deliziosi, che escono dalle bocche dei tuoi amici ?

No; le parole reali sono più deliziose di esse.

I corpi umani son parole, miriadi di parole


(Nei poemi migliori ricomparisce il corpo, sia di uomo sia di donna,
ben formato, naturale, gioioso,
Acconcio in ogni sua parte, attivo, ricettivo, senza vergogna o il

bisogno della vergogna).

Aria, terra, acqua, fuoco — queste sono parole —


Io stesso con loro sono una parola — le mie qualità si fondono
con le loro — ma il mio nome è nulla per essi;
Anche se esso fosse pronunziato in tre mila lingue, che cosa sapreb-
bero del mio nome l’aria, la terra, l’acqua, il fuoco ?

Un’apparenza sana, un gesto amorevole e imperioso ,


sono pa-
role, sono verità note, hanno significato,
— 219 —
220 TV. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

L’incanto che accompagna i semplici sguardi di alcuni . uomini e


donne, sono verità note e intendimenti anche.

La genialità della fattura delle anime è per virtù queste inu-


dibili parole della terra,
I maestri sanno le parole della terra, e le usano più delle parole
udibili.

Il migliorare è una delle parole della terra:


La terra non ritarda, nè affretta,

Ha tutti gli attributi, i progressi, e gli effetti latenti in essa, fin

dall’inizio,
Non è solo bella a metà, i difetti e le escrescenze mostrano quel
medesimo che le perfezioni sue mostrano.

Nulla tiene in sè involto la terra, è generosa abbastanza,


Le verità della terra aspettano continuamente, e non sono nè
nascoste nè palesi,
Sono calme, sottili, non trasmissibili a stampa,
Saturano di sè tutte cose, si comunicano volentieri,
Comunicano un sentimento e un invito : io mando fuori voci e
voci,
Ma io non parlo; nondimeno, se voi non udite di qual vantaggio
sono io per voi ?

Occorre soffrire e migliorare : mancando queste cose, di qual van-


taggio sono io per voi ?

Acconcile ! Accoitchez ! (I)

Volete voi che il vostro frutto si putrefaccia dentro di voi ?

Volete accascarvi e soffocar qui ?

La terra non disputa,


Non è piagnucolosa, non ha adattamenti,
Non grida, non affretta, non persuade, non minaccia ,
non fa pro-
messe,
Non fa distinzioni, non ha insuccessi concepibili,
Nulla cela, nulla rifiuta, nessuna cosa esclude,
Tutte le forze, gli oggetti, le condizioni di vita le addita, ma non
ne esclude alcuna.

(1) Così nell’originale.


,

UN CANTO DELLA BOTANTE 'DEBBA 221

La terra non fa mostra di sé, nè si rifiuta di mostrarsi ,


ma
tranquilla serba sott’essa le sue proprietà,
Sotto i suoni ostensibili sono l’augusto coro degli eroi, il gemito degli
schiavi
Le persuasioni degl' innamorati, le bestemmie, gli aneliti dei mori-
bondi, il riso dei giovani, gli accenti di quelli che contrattano :

Sott’essa sono queste supreme parole che non vengono mai meno;
Ai figli suoi le parole della muta eloquente gran madre non ven-
gono mai meno,
Le veraci parole non vengono mai meno per movimento, non ven-
gono mai meno per riflessioni,
Neanche il dì e la notte vengono meno, nè vien meno il viaggio
che noi facciamo.

Delle sorelle infinite,


Degl 'incessanti cotillons (1) delle sorelle,
Delle centripete e centrifughe sorelle, delle più giovani e delle più
vecchie sorelle,
La suora bella, che noi conosciamo, danza in compagnia di tutte.

Con l’ampio suo dorso volto ad ogni riguardante.


Con i fascini della gioventù e con gii eguali fascini della vec-
chiaia,
Siede colei che anch’io amo come l’amano tutti: siede indisturbata,
Tenendo in mano qualche cosa, che pare uno specchio mentre ,

da esso si riflette il bagliore dei suoi occhi;


Guarda com’èlla siede, e non invita alcuno, non rifiuta alcuno,
E tiene, dì e notte, senza stancarsi mai, uno specchio innanzi al
suo viso.
Vista da presso o vista a distanza,
Tutte le ventiquattro ore, ogni dì, debitamente appaiono in pubblico,

Debitamente si approssimano e passano con i loro compagni od un


compagno,
Non assumendo sembianze proprie, ma le sembianze di quelli che
sono con esse,
Il contegno dei fanciulli o delle donne o il contegno virile,

11 franco contegno degli animali, o delle cose inanimate,


L’aspetto delle terre o delle acque, o della squisita apparizione
del cielo,

(1) Co>ì nell’ originale.


222 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il contegno nostro, tuo e mio, riflettendoli fedelmente,


Apparendo ogni giorno, senza fallo, in pubblico; ma non mai due
volte con i compagni stessi.

Abbracciando l’uomo, abbracciando tutto, procedono i trecento


sessanta cinque giorni irresistibilmènte attorno al sole;
Abbracciando tutto, carezzando, sorreggendo, seguono immediata-
mente trecento sessanta cinque polloni dei primi, necessari e certi
coni’ essi.

Rotando sicura, nulla paventando,


Nè splendor di sole, nè tempesta, nè freddo, nè caldo, resistendo,
passando, trasportando,
Ereditando sempre ciò cbe realizza e determina l’anima,
Penetrando e spezzando continuamente attorno e innanzi a sè il

fluido vacuo,
Non tentennando, non gittando àncora, non percotendo su alcuno
scoglio,
Celere, contenta, di nulla priva, nulla smarrendo,
Di tutto capace, pronta, ogni tempo, a dare stretto conto,
La nave divina veleggia il divino mare.

2 .

Chiunque tu sii ! Mozione e riflessione sono specialmente per te,

La. divina nave veleggia il divino mare per te.

Chiunque tu sii ! tu sei colui o colei, per cui la terra è solida


e liquida, tu, colui o colei, per cui il sole e la luna pendono nel
cielo,

Per nessuno più che per te sono il presente ed il passato,


Per nessuno più che per te è l’immortalità.

Ciascun uomo per sè e ciascuna donna per sè è la parola del


passato e del presente, è la panda verace dell’immortalità;
Nessuno può acquistare per un altro nessuno. —
Nessuno può fiorire per un altro nessuno. —
Il canto è pel cantore, e il più torna indietro a lui,

L’insegnamento è per l’insegnante, e il più torna indietro a lui,

L’assassinio è per l’assassino, e il più torna indietro a lui.

Il furto è pel ladro, e il più torna indietro a lui,


.

UN CANTO DELLA ROTANTE TERRA 223

L’amore è per l’amante, e il più torna indietro a lui,

Il dono è pel donatore, e il più torna indietro a Ini ,


nè può
mancare,
L’orazione è per Foratore, il rappresentare è per l’attore o l'attrice,
e non per gli spettatori,

E nessun uomo intende alcuna grandezza o bontà, fuorché la sua,


o quella che indica la sua.

3 .

Io giuro che la terra sarà sicuramente completa per colui o


colei che saranno completi.
La terra è frantumata e spezzata solo per colui o colei che è
frantumato e spezzato.

Giuro che non vi ha grandezza o possanza se esse non emulano


quelle della terra,
Non vi può essere teoria di alcuna importanza, se essa non raf-

forza la teoria della terra,


Politiche, poesia, religione, condotta di vita, o che altro ,
non
sono d’ importanza ,
se non sono paragonabili all’ ampiezza della
terra,

Se non pareggiano l’esattezza, la vitalità ,


F imparzialità ,
la ret-

titudine della terra.

Io giuro d’incominciare a vedere l’amore con spasimi più dolci


che quello che corrisponde all’amore :

È quello che contiene sè stesso, e che non mai invita, non mai
rifiuta

Giuro che incomincio a veder poco o nulla nelle parole udi-


bili,

Tutto si sommerge entro gli scopi non parlati della terra,


Entro chi canta i canti del corpo e della verità della terra,
Entro chi fa i dizionari delle parole, che la stampa non può attin-
gere .

Giuro che vedere quello che è, è meglio del dir l’ottimo,


È sempre da lasciare non detto l’ottimo.

Quando io mi metto a voler dire l’ottimo, trovo che non posso,


La mia lingua non funziona nei suoi perni,
221 w. wnrmiAN — foglie di erba

Il mio fiato non ubbidisce ai suoi organi,

Divento mutolo.

L’ottimo della terra non può essere detto in modo alcuno,


tutto o ciascuna cosa sono l’ottimo,
Non è quello elle tu anticipi: esso è più a buon mercato, più age-
vole, più prossimo.
Le cose non sono spostate dai lochi che esse tenevano innanzi.
La terra è proprio così diretta e positiva, com’era innanzi.
I fatti, le religioni, i progressi, le politiche, i commerci sono così
reali come innanzi erano,
Ma anche l’anima è reale, anch’essa è diretta e positiva,
Nessuna prova, nessun ragionamento ha assodato ciò,
È l’innegabile progresso che l’ha assodato.

4 .

Queste cose, perchè echeggino i toni delle anime e le frasi


delle anime
(Se esse non echeggiarono le frasi delle anime, che cosa furono
mai ?

Se esse non ebbero referenza specialmente a te, che cosa furono


dunque !).

Giuro che, quind’ innanzi, io non avrò mai da far nulla con la
fede che dice l’ottimo,
Avrò da fare solo con la fede che lascia l’ottimo non detto.

Dite su, o dicitori ! Cantate su, o cantori !

Scavate ! Modellate ! Accatastate le parole della terra !

Lavorate, su, secolo dopo secolo, nulla deve essere perduto:


Questo dovrà aspettar molto, ma con certezza verrà adoperato,
Quando i materiali sono preparati e pronti, gli architetti appari-
ranno.

Ti giuro che gli architetti appariranno senza fallo.

Ti giuro che essi intenderanno te e ti giustificheranno,


II più grande di essi sarà colui che ti conoscerà meglio, che inclu-
derà tutti, e sarà fedele a tutti,
Esso e gli altri non ti dimenticheranno, essi comprenderanno che
tu non sei di un jota da meno di loro,
Tu sarai pienamente glorificato in essi.
UN CANTO DELLA BOTANTE TEBEA 225

Gioventù, Giorno, Vecchiaia e Notte.

0 Giovinezza, ampia, voluttuosa, amorosa — giovinezza piena


di grazia, di forza, di fascino,
Sai tu die la Vecchiaia può venir dopo te con egual grazia, forza,
fascino f

O Giorno, che pieno ti espandi e splendido — Giorno del sole


immenso, dell’attività, dell’ambizione, «lei riso,

Immediata ti tien dietro la Notte con milioni di soli, col sonno e


con la tenebra ristoratrice.

W. Whitmax. Foglie di erba. 15


UCCELLI DI PASSO.

Canto dell’Universale.

1 .

Vieni, mi disse la Musa,


Cantami ud canto clic nessun poeta cantò ancora,
Cantami l’Universale.

In questa nostra ampia terra,


Fra le ruvidezze infinite e tra la melma,
Entro il core del suo core, chiuso e sicuro,
Il seme della perfezione si annida.

2 .

Ve’ l’occhio- acuta torreggiaute scienza,


Quasi da alti picchi il moderno dominando,
Va profferendo assoluti e successivi fiat.

Vedi ancora ! sulla scienza tutta domina lo spirito,


Per esso le gesta della storia si abbicano come pula intorno al
globo,
Per esso intiere miriadi di astri si rivolvono traverso il cielo.

In rote spirali e per orbite immense


(Come un vascello che largo bordeggi sul mare),
Per lui il parziale scorre al permanente,
Per lui il reale all’ideale aspira.
228 ir. WHITMA X — FOGLIE DI ERBA

Per lui è la mistica evoluzione,


Per lui non il solo bene, ma anche quello che il mondo appella male,
è gius! ideato.

E fuori delle parvenze loro, non importa quali esse sieno.


Fuori del corpo smisurato e marcioso ,
fuor degl’ inganni . delle
astuzie, delle lagrime,
Balzano all’aperto sanità e gioia, gioia universale.

Fuori delle masse, del malaticcio e dell’ottuso,

l;uor delle tristi maggioranze, delle varie, iutinite frodi degli uo-
mini e delle nazioni,
Elettrico antisettico altresì, spezzando, penetrando tutto,
Il bene solo è universale.

3 .

Sopra i cresciuti ammassi d’infermità e di dolori,

Libero un uccello va sempre veleggiando e veleggiando


Alto, nel più puro aere e più felice.

Dalle più fosche nubi dell’imperfezione


Sprigionasi sempre un raggio di luce perfetta,
Un lampo della gloria del cielo.

Contro l’urto degli usi e delle mode,


Contro l’oppressivo babelico frastuono e le orge assordanti,
Addolcendo ogni murmurc, un accordo si ode. veracemente si ode;
Da qualche rimota piaggia, come un coro finale, risona.
Beati gli occhi, felici i cuori,
Cile veggono, che conoscono il sottile filo guidatore
Attraverso il laberinto possente.

1 .

E tu, o America,
Pel compimento dello schema, del suo pensiero e delle realtà sue,

Per questo (non per te stessa), tu sei arrivata.

Anche tu hai tutto ri cinto :

Abbracciando, vincendo, dando il benvenuto a tutti, anche tu pel-

le tue vie ampie e nuove


Tendi all’ideale.
,

UCCELLI DI PASSO 229

Le compassate fedi di altre terre, le grandezze del passato


Non sono per te; ma per te sono le grandezza tue proprio,
E le deificlie fedi e le ampiezze che assorbono, clic comprendono
tutti
E ogni cosa cui tutti possano aspirare.

Tutto, tutto per l’immortalità :

Amore come luce, silenzioso vesta di sè ogni cosa,


Il migliorar della natura sia la benedizione di ogni cosa,
I fiori, i frutti dei secoli, gii orti divini e sicuri,
Le forme, gii oggetti, i progressi, l’educazione maturino in imma-
gini spirituali.

Dammi, o Dio, die io canti questo pensiero,


Dammi, dà a lui o a lei, clic io amo, questa iuestiuguibil fede:
Nel Tuo insieme, qualsiasi cosa che vi è avviluppata, non sia avvi-
luppata per noi,
Nella credenza nei disegni Tuoi, inclinisi nel Tempo e nello Spazio,

Nella sanità, nella pace, nella salvazione universale.

E questo un sogno ?

No; mancanza di questo sarebbe il sogno.


la

E mancando esso, la scienza e la ricchezza della vita sarebbero


un sogno,
E tutto il mondo un sogno.

O Pionieri ! Pionieri !

Venite, o tìgli dalle brune facce,


Con Tarmi pronte, seguitemi in ordine,
Avete le vostre pistole ? Avete le vostre asce arrotate ?

O Pionieri ! Pionieri 1

Indugiarci qui non possiamo.


Dobbiamo marciare, o prediletti, affrontare dei perigli l’urto,
Noi, giovanile muscolosa razza, su noi poggiasi tutto,
0 Pionieri ! Pionieri !

O voi, giovani tìgli di Occidente,


Impazienti, attivi, di maschio orgoglio e di amore ripieni,
Ben vi veggio io, o giovani Occidentali, marciare nelle prime file,

O Pionieri ! Pionieri !
230 II'. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Hau fatto sosta le vecchie razze ?

Sono scorati ed è finita la loro lezione ? Giacciono stanche di là


dai mari ?
Riassumiamolo noi l’eterno compito, il fardello e la lezione,
O Pionieri ! Pionieri !

Tutto il passato ci lasciam dietro,


Sbocchiamo sopra un più nuovo, un più possente, un più vario
mondo,
Gagliardi e freschi prendiamo possesso del mondo, mondo di lavoro
e di marcia,
O Pionieri ! Pionieri !

Pochi, a manipoli, spingiamci baldi,


Giù per le balze, traverso i passi, per le scoscese delle montagne,
Conquistatori, predoni arditi, avveuturiamci per vie ignote,
O Pionieri ! Pionieri !

Noi le primitive foreste abbattiamo,


Giù per i finmi drizziam le prore, stracchini la terra ,
foriani le
profonde miniere,
L’ampia superficie noi esploriamo, il vergili suolo noi travolgiamo,
O Pionieri ! Pionieri !

Noi siamo i tìgli del Colorado:


Dai giganteschi picchi, dalle sierre grandiose, dagli alti piani,

Dalle mine e dai burroni, dal cacciare la pesta delle fiere noi qui
veniamo,
O Pionieri ! Pionieri !

Dal Nebraska, dall’Arkansa


Centrale, interna razza siam noi del Missini, il sangue continentale
nelle nostre vene sentiamo commisto,
Tutte le inani dei camerati stringiamo, tutto il Nord, tutto il Sud,
O Pionieri ! Pionieri !

O irreposata, irresistibil razza !

Razza adorata in tutto Il cor mi punge di amore per ! tutti !

Piango, e nondimeno esulto, rapito di amore per tutti,


O Pionieri ! Pionieri !

Levasi la potente madre e signora,

Alto fluttua la delicata signora, su tutto campeggia la stellata si-

gnora (chinate il capo tutti),


,

UCCELLI DI PASSO 231

Sorge l’artigliata, la guerriera signora, la forte, l’impassibile, l'ar-

mata signora,
0 Pionieri ! Pionieri !

Guardate, o tigli, o risoluti miei tìgli:


Per questi sciami alla nostra retroguardia, non soste ci son con-
cesse, nè dubbi,
Età avvenire, in spettrali milioni, accigliate e- incalzano alle spalle.
O Pionieri ! Pionieri 1

Avanti, avanti, in fila compatte,


Altri ci aspetta per unirsi a noi, riempiamo celeri i posti dei morti,
Combattendo, anche se sconti tti, avanziam sempre, non mai sostando,
O Pionieri ! Pionieri !

Bello il morire avanzando !

Cadono alcuni di noi e muoiono ? È venuta l’ora i

Su ! in marcia si inuor meglio, sicuro e presto il vuoto è riem-


pito,
O Pionieri 1 Pionieri !

Tutti i battiti del mondo,


Raccogliendosi, battono per noi, col movimento Occidentale battono.
Se teniam duro, soli o uniti, se all’avanguardia marciamo audaci,
tutto è per noi,
O Pionieri ! Pionieri !

Nostre le non esplicate e varie rassegne della vita,


Tutte le forme e mostre, tutti gli operai al loro lavoro,
Tutti i marinari e gli abitanti dell’interno, tutti i padroni co’ loro
schiavi
O Pionieri ! Pionieri !

Nostri i mesti e taciti amanti tutti,


Tutti i prigioni, tutti i giusti e i tristi,

Tutti i godenti, tutti gli afflitti, tutti i viventi, tutti i morenti,


O Pionieri ! Pionieri !

Anch’io con voi, con l’alma e il corpo,


Noi. trinità curiosa, spezzando, ramingando per la nostra via,
Fra queste spiagge, tra l’ ombre, con le apparizioni che ci pressano,
O Pionieri ! Pionieri !
,

232 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ve’ la rotante, celere terra !

Ve’ i mondi fratelli attorno ad essa, tutto 1’ ammasso dei soli e


dei pianeti,
Tutti i fulgenti giorni, tutte le mistiche notti co’ lor sogni,
O Pionieri ! Pionieri !

Essi son nostri, con noi son essi,


Tutto per la nostra originale opera necessaria, mentre i successori
aspettano qui, in embrione:
Oggi guidi am noi la processione, noi spianiamo la via per la

marcia
O Pionieri ! Pionieri !

O voi, figlie dell’Occidente !

O voi, figlie giovani e vecchie ! O voi, madri, e voi, mogli !

Voi non mai divise da noi, movete unite tra le nostre fila,

O Pionieri ! Pionieri !

O menestrelli ascosi nelle praterie !

(Avvolti nei lenzuoli funebri, voi potete riposare, o bardi di altre


regioni, voi faceste l’opera vostra.)
Udrò subito il vostro arrivo ciarliero, presto sorgerete e cammine-
rete inmezzo a noi,
O Pionieri ! Pionieri !

Non son per noi le delizie soavi,


Non i cuscini e le pantofole, non il pacifico e lo studioso,
Non le ricchezze sicure e smorte, non per noi le addomesticate
gioie,
O Pionieri ! Pionieri !

Festeggiano i banchettanti ghiottoni ?

Sonnecchiano i corpulenti dormiglioni ? Hanno essi chiuse e asser-


ragliate le porte ?

Sia sempre dura la nostra dieta, le nostre cappe sieno stese al suolo.
O Pionieri ! Pionieri !

È discesa la notte ?

Fu la via, sul tardi, sì faticosa ? Sostammo in via, scorati e as-

sonnati ?

Una celere ora io vi accordo da stare ohliviosi nella vostra rotta.


O Pionieri ! Pionieri !
UCCELLI DI PASSO 233

Finché al suon della tromba,


Assai prima della diana del mattino — zitti ! ecco che l’odo rimbom-
bar chiara ed alta !

Lesti ! alla testa dell’esercito ! Lesti ! Saltate ai vostri posti,
O Pionieri ! Pionieri !

A te.

Qual che tu sii, io credo che tu cammini le vie de’ sogni,


10 temo che queste supposte realtà si liquefaranuo di sotto ai tuoi

piedi e fra le tue mani:


Ed ora che le fattezze tue, le tue gioje, i parlari, la casa, il com-
mercio. le maniere, gli affanni, le follie, i costumi, i delitti varinosi

dissipando via da te,

11 tuo verace spirito e corpo mi compaiono innanzi,


Svincolati dagli affari, dal commercio, dalle botteghe, dai lavori,
dalle piantagioni, dalle vesti, dalla cassa, dal comprare, dal vendere,
dal mangiare, dal bere, dal soffrire, dal morire.

Qual che tu sii. io poso la mia mano su te. acciocché tu sii

il mio poema,
E colle labbra incollate al tuo orecchio ti susurro :

Assai uomini e donne ho amati, ma nessuno amo più di te.

Finora io fui lento e mutolo,


Avrei dovuto, da lungo tempo, camminar diritto verso di te,

Non avrei dovuto parlare che di te. nè cantare altra cosa che te.

Ma lascerò tutto e verrò ed eleverò i tuoi inni;


Nessuno ha inteso te, ma io t’intendo,
Nessuno ti ha reso giustizia, nè tu l’hai resa a te stesso,
Nessuno fu che non ti trovasse imperfetto, ma io solo non trovo im-
perfezioni in te,
Nessuno fu che non ti volesse soggetto, solo io non consentirò che
tu sii assoggettato,
Io solo non colloco sovra te nè padrone ,
nè signore, nè migliore,
nè Dio, fuor di quello che si annida in te.

I grandi dipintori hanno dipinto i loro numerosi gruppi, e la

figura che è il centro di tutte,


Distendendo sulla testa della figura centrale un nimbo di luce,
color dell’oro;
234 W. WEITMAN FOGLIE DI ERBA

Io però dipingo miriadi di teste, ma nessuna testa dipingo senza


il suo nimbo di luce color dell’oro:
Per la mia mano, dal cervello di ciascun nomo e di ciascuna donna,
il nimbo sgorgherà, e fulgido fluirà sempre.

Oli ! potess’io cantare simili grandezze e glorie intorno a te !

Tu non hai conosciuto chi tu sei e hai sonnecchiato sopra te, tutta
la tua vita,
Le tue palpebre sono state chiuse la maggior parte del tempo !

Torna già a dileggio quel che tu hai finora fatto


(Le tue bagattelle, le tue cognizioni, le tue preghiere, se non tor-
nano a dileggio, a che tornano esse ?).

Ma i dileggi non sono te,

Sott’essi, dentro essi, io vedo te appiattato,


E t’incalzo sin dove nessuno t’incalzò mai :

Silenzio ! il pulpito, la scottante espressione, la notte, la rotimi so-


lita, se questo cela te agli altri e a te, non ti cela a me,
La faccia rasata, l’occhio irrequieto, la complessione impura, se questo
inganna altri, non inganna me,
Strappo via. da te l’abbigliamento, l’atteggiamento deformato. Pub-
briachezza, l’avidità, la morte prematura.

Nessun pregio ha uomo o donna, che non sia uguagliato da te.


Nessuna virtù, nè bellezza è in un uomo o donna, che tu non abbia
in egual misura,
Non coraggio, non costanza è in altri, che non sia in egual misura
in te,
Non piacere aspetta altri, che non aspetti egualmente te.

Quanto è a me, io non do nulla ad alcuno, che non dia dili-

gentemente a te,
Non canto i canti della gloria di alcuno, nemmanco di Dio. più ili

iprel che canti i canti della gloria tua.

Chiunque tu sii ! reclama quel che è tuo. ad ogni costo !

Questi spettacoli dell’Est e dell’Ovest restali vinti, comparati a te.

Sieno questi prati immensi, questi fiumi interminabili, tu sei. co-


immenso, interminabile,
ni’ essi,

Dei furori degli elementi, delle tempeste, dei movimenti della Na-
tura, degli sconvolgimenti di apparente dissoluzione, tu sei colui o
colei, che è il loro padrone o padrona,
,

UCCELLI DI PASSO 235

Padrone o padrona, di diritto, tu sei; della Natura, dev'li elementi,


delle convulsioni, della passione, della dissoluzione.

La zoppaggine cade dalle caviglie dei tuoi piedi ,


tu acquisti
un’infallibile sufficienza,
Vecchio o giovane, maschio <> femina, rozzo, decaduto ,
ributtato
da tutti, qual che tu sii, promulga te stesso,
Per la nascita, per la vita, per la morte, pel seppellimento i mezzi
son provveduti, nulla è insufficiente,
Le collere, le perdite, l’ambizione, l’ignoranza, la noia, quale che
tu sii, strappale da te.

Francia.

(L’anno 18° degli Stati Uniti) (1)

I n grand’anno e una gran terra,


Un disperato, discordante strillo di neonato scoppiò, per ferire più
profondamente di ogni altro il cuore della madre.

Io passeggiavo sulle spiagge ilei mio mare Orientale,


Ed udii sopra le onde la piccola voce,

Vidi l’infante divino che svegliavasi, tristemente piangendo, fra il

ruggir dei cannoni, le maledizioni, gli urli, lo scroscio degli edilizi

rumanti;
Nè fui assai triste pel sangue corrente a rivi, nè per i singoli
cadaveri, nè per i cadaveri ammucchiati, nè per quelli trasportati sui
carri

Nè fui assai disperato ai colpi di morte — nè assai scosso alle ri-

petute salve dei fucili.

Pallido, silenzioso, irrigidito, che potrei io dire di questa re-


tribuzione così a lungo differita ?

Potrei desiderare differente l’umanità?


Potrei desiderare il popolo fatto di legno e di pietra ?

O che non vi fosse giustizia nel destino e nel tempo ?

O Libertà ! O compagna fatta per me !

Anche qui sono in riserva le fiamme, la mitraglia e la mannaia,


per traile fuori in caso ili bisogno,
Anche qui, sebbene a lungo repressa, essa non può mai essere di-
strutta,

(1) Cioè il 1793.



236 W. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Anche qui potrebbe levarsi al fine assassinando in estasi,


Anche qui domandare tutti gli arretrati della vendetta.

Perciò io fo questo segno di saluto sovra il mare,


E non rinnego questa terribile e rossa nascita e. battesimo,
Ma ricordo la piccola voce ch’io udii piangente, e aspetto con fede
perfetta, non importa quanto a lungo;
E da oggi, tristo e incalzante, sostengo la causa lasciata in eredità

egualmente a tutte le terre,

E col mio amore mando queste parole a Parigi,


E son sicuro che alcuni cantori colà le intenderanno.
Perchè son sicuro che una latente musica evvi ancora in Francia
delle ondate di musica !

Oli ! io odo già il brusìo degl’ ist rii menti, presto essi affogheranno
tutto quello che vorrebbe interromperli,
Oli ! io penso che il vento orientale ci apporta una libera marcia
trionfale,
Che giunge qui, che mi -gonfia di gioiosa pazzia :

Io vo’ correre a tradurla in parole, per giustificarla,


Io vo’ ancora cantare un canto per te, o donna mia.

Io e i miei.

Io e i miei, ginnasti sempre,


Atfi a. sopportar il calilo o il freddo, a mirar bene col fucile, a

veleggiare sur un naviglio, a maneggiare cavalli, a generare figli su-


perbi,
A parlar chiaro e pronto, a sentirci a casa fra il popolo minuto,
A ritener saldamente ciò che è nostro, in tutti i terribili frangenti

sul mare e sulla terra.

Non per far opera di ricamatole


(Vi sarà sempre abbondanza di ricamatoli, do anche ad essi il ben-
venuto),
Ma per la fibra delle cose son io, e per la sostanza degli uomini e

delle donne.

Non per ornamenti da cesello,


Ma per cesellare con liberi tocchi le teste e le membra di abbon-
danti Dii superiori, acciocché gli Stati possano vederli realmente,
camminando e ciarlando.
,

UCCELLI DI PASSO 237

Lasciatemi alla mia via.


Promulghi altri le leggi, io non fo stima delle leggi,
Lodino altri gli uomini eminenti e sostengano la pace, io sostengo
l’agitazione e il conflitto,
Io non lodo gli uomini eminenti, e rimproccio in sul viso colui
che era pensato il più degno.

(Chi sei tu ? E che è la secreta malvagità di tutta la tua vita i

Vuoi tu por da banda tutta la tua vita ? Vuoi tu raspare, e ciar-


lare tutta la tua vita f
E chi sei tu che linguetti, ripetendo, senza intendimento, anni, pa-
gine, linguaggi, rimembranze,
Non riconoscendo oggi che non sai come si parla con proprietà una
sola parola ?)

Che altri faccia degli specimen fluiti, io nou penso a dar fini-

tezza agli specimen,


Io li fo balzare da inesauribili leggi, come la Natura . continua-
mente, freschi e moderni.

Io non prescrivo nulla come dovere,


Quel che altri dà per doveri, io do come impulsi di vita
(Darò io l’azione del cuore come un dovere ?).

Clie altri proponga questioni, io non propongo nulla, io suscito


questioni, cui non può rispondersi:
Chi son coloro che io vedo e tocco, e che cosa è attorno ad essi ì

Che cosa è attorno a queste mie affinità, che mi attirano a se così


strettamente per vie dirette e indirette ?

Io grido al mondo di diffidare dei racconti dei miei amici, ma


di porgere l’orecchio ai miei nemici, così come fo io,

Io commetto a te di ributtare coloro elle vogliono spiegar me,


perchè io non posso spiegar me stesso,
Io commetto a te di annunziare che non vi è teoria o scuola fon-
data fuori di me,
Io ti commetto di lasciar liberi tutti, come ho lasciati liberi tutti io.

Dopo di me, una visione !

Oh ! io veggo che la vita non è breve ma immensurabilmente


lunga,
238 TI'. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

E quind’innanzi, camminerò il mondo, casto, temperato ,


matti-
niero, prosperoso,
E ciascun’ora sarà il seme di secoli e secoli ancora.

Io devo seguire queste, continue lezioni dell'aria . dell' acqua,


della terra,
E capisco che non ho tempo da perdere.

Anno di meteore.

(1859-60).

Anno di meteore ! Anno d' incubazione !

Vorrei contessere in parole retrospettive alcuni tuoi fatti e segni.

Vorrei cantare la tua lotta per la diciannovesima Presidenza.


Vorrei cantare come un vecchio alto, canuto, sali il patibolo nella
Virginia, (1)
(Io sta vagli dappresso ,
mi tenevo silenzioso ,
eoi denti stretti,

guardavo,
Molto dappresso a te stetti, o vecchio, quando tu, freddo, indiffe-
rente,ma tremante per gli anni e per le ferite non rimarginate, mon-
tavi il patibolo);
Vorrei cantare uel mio copioso canto il prossimo censimento degli
.Stati,

Le statistiche della popolazione e dei prodotti, vorrei cantare le

tue navi e i loro carichi,


Le navi di Mannahatta, orgogliose e nere ,
che arrivano . alcune
piene d’immigranti, altre dall’istmo con carichi di oro,
Quindi vorrei cantare canti per tutto quello che viene a noi ,
e

dargli il benvenuto,
E tc vorrei cantare o bel giovinetto ! Il benvenuto a te da me,
o giovane principe d’Inghilterra !

(Ricordi le commosse folle di Mannahatta. mentre che tu pas-


savi fra il tuo corteggio di nobili ?

Ivi. tra quelle folle, stava io. e Pisolai da tutti con affetto':

( 1 ) John Brown. Fu appiccato, perchè promosse una sollerazionefli schiavi, lì hit-

man assistette al processo fattogli, e all’esecuzione. Fu un precursore e un martire.


UCCELLI I)T PASSO 239

Kè io dimentico di cantare il miracolo di quella nave, quando


essa fluttuava sulla mia baia,
Essa la ben modellata e robusta Great Eastern, lunga 600 piedi,
clic fluttuò sulla mia baia,
E che si moveva agile tra le miriadi di battelli, oad’ era attor-
niata;
Nè la cometa apparsa senza essere prevista, scattando infocata nel
cielo settentrionale,
Nè la strana affollata processione di meteore che s’infiammavano,
e distintamente sulle nostre teste scoppiavano
(l'n istante, un istante solo veleggiavano i loro globi di non ter-
reno fuoco sulle nostre teste,
Poi lontanavano, frantumavansi nella notte, e sparivano);
Di tali cose, e instabile come esse, io canto — e con gli sprazzi di
luce, venuti da esse, io vorrei illuminare e intessere questi canti.
1 tuoi canti, o anno maculato di male e di bene, anno di presagi
tristi !

Anno di comete e di meteore passeggiare e strane ! Ed ahi I anche


ora, qui, io, un’altra meteora egualmente passeggierà e strana!
Mentre ch’io svolazzo tra mezzo a voi rapidamente, per presto ca-
dere e sparire, che cosa è questo canto ?

Che cosa io stesso, fuor di ima delle tuo meteore ?

Con i precedenti.

1 .

Con precedenti, i

Con miei padri e le mìe madri e con le accumulate età trascorse,


i

Con tutto quello che, se non fosse stato, nemmeno io sarei «pii.
come sono.
Con l’Egitto, l’India, la Fenicia, la Grecia e Roma,
Con il Kelt, lo Scandinavo, l’Alb e il Sassone,
Con le antiche avventure marittime, leggi, arti, guerre e viaggi,
Col poeta, con lo Skald. la saga, il mito e l’oracolo,
Con la vendita degli schiavi, con gli entusiasti, col trobadore, col
crociato, col monaco,
Con quei vecchi continenti, donde noi venimmo a questo continente
nuovo,
Con i reami ed i Re che sono evanescenti sovr’essi,
240 1 !'. MBIT MAX — FOGLIE DI ERBA

Con le loro evanescenti religioni e preti,


Con le loro brevi sponde, a cui rivolgiamo l’occhio dalle nostre pre-
senti sponde ampie,
Con gl’ innumeri anni, che s’incalzarono, tinelli; giunsero a questi
anni,
Siamo giunti e tu ed io — ed è giunta l’America, e si è formato
quest’anno,
Quest’ anno che spinge sè stesso incontro a innumeri anni avve-
nire !

Oh non sono però


! gli anni — sono Io, sei Tu —
Siamo noi che tocchiamo le leggi tutte, e gareggiamo con gli an-
tecedenti;
Noi siamo lo sknld, l’oracolo, il monaco, il cavaliere, noi abbrac-
ciamo facilmente essi, e più che essi,

Noi in mezzo al tempo senza principio e senza termine noi in ,

mezzo al male e al bene;


E mentre tutto vacilla attorno a noi, abbiamo attorno altrettanta tene-
bra quanta luce,
E il sole stesso vacilla e il suo sistema di pianeti attorno a noi.

Quanto a me (dilacerato, sbattuto in questi veementi giorni).


Io ho l’idea del tutto e son tutto, e credo tutto;
Credo che il materialismo sia vero, e vero lo spiritualismo, e non
rigetto nulla.

(Ho io dimenticato qualche parte ? qualche cosa «lei passato ?

Vieni a me, chiunque e checche tu sii, tinche io abbia presa co-


gnizione di te).

Io rispetto l’ Assiria, la Ciua. la Teutònia, e gli Ebrei,

Adotto ogni teoria, mito, dio e semidio,


Vedo che le antiche narrazioni, e Bibbie, e genealogie sono vere,
senza eccezione,
Affermo che tutti i dì passati furono ciò che dovevano essere.

Che non potevano in alcun modo esser meglio di quello che fu-

rono,
E che l’oggi è quello che deve essere, e così l'America,
UCCELLI DI PASSO 241

E elle l’oggi e l’America nou potrebbero in alcun modo essere me-


glio di quello che sono.

3 .

In nome di questi Stati, e in nome vostro e mio, accettiamo


il Passato,
E in nome di questi Stati, e in nome vostro e mio, accettiamo il

Presente.

Io so elle il passato fu grande e che il futuro sarà grande,


E so che tutti e due curiosamente congiungono nel presente
si

(Per amor suo, io creo tipi e per amor della comune media degli
uomini, e per amor tuo, se tu sei desso),
E che dove sono io o sei tu in questo giorno, quivi è il centro
dei giorni tutti, e di tutte le razze,
E quivi è per noi il significato di tutto quello che avvenne ai
giorni e alle razze, o avverrà mai.

TV. TVhitmav. — Foglie di erba. Ili


.

.
o
UNA RASSEGNA A BROADWAY

Da sovra il mare di Occidente qui, da Niphon (1) venuti,


I cortesi ambasciatori, dalle guance brune, dalle due sciabole,
Reclinati nei loro cocchi aperti, nuda la testa, impassibili
Vanno, oggi, attorno per le vie di Mannabatta.

Libertà ! Io non so se altri vede quello che io vedo :

Nella processione di questi nobili di Niphon, inviati speciali.


Qual cosa è cbe conduce il resto, aleggiando in alto o attorno, o
marciando fra le fila;
Ma io canterò un canto, o Libertà, per quello cbe vedo.

Quando milioni di liberi Mannahattesi, a piedi, scendono da


lor case sui lastricati della città,
Quando i cannoni, tonando, ini destano col loro orgoglioso ruggito,
cbe io amo,
Quando dalle loro rotonde bocche, e fuor del fumo, i cannoni vo-
mitano i loro saluti,
Quando, fiammeggianti, mi hanno desto, e che celesti nubi, come
baldacchino, coprono di un soltil velo la mia città.
Quando pomposi, gl’innumeri robusti alberi delle navi — le fore-
ste dei porti —
addensano di colori,
si

Quando ogni nave riccamente parata, sventola la sua bandiera


da sulle vette dei suoi alberi,
Quando i pennoni ondeggiano e i festoni pendono dalle finestre,

(1) Niphon o Nippon è il nome nazionale elei Giappone.

— 241
24 i IT. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Quando Broadway è interamente lasciata a dii passeggia a piedi,


o sta fermo in piedi allorché la folla è più densa,
Quando le facciate delle case sono vice di popolo, quando a die-
cine di migliaia in una volta, gli occhi guardano tìssi,

Quando gli ospiti isolani si avanzano, quando, visibile, la proces-


sione procede,
Quando la domanda è fatta, quando la risposta, aspettata migliaia
di anni, vien risposta,
Anch’io sorgendo, rispondendo, discendo giù ai lastricati, m’im-
mergo entro la folla, e guardo.

O cittadino di Mannaliatta dalla superba faccia !

O camerati Americani ! A noi Analmente l’Oriente viene.

A noi, o mia città :

Dove le nostre bellezze di marmo e di bronzo si schierano superbe


agli opposti lati della via, perchè tramezzo si passeggi,
Oggi, i nostri Antipodi arrivano.

Gli uomini delle origini arrivano;


Il nido delle lingue, chi ci legò per eredità i suoi poemi, la razza
antica,
Fiorente per sangue, pensosa, rapita in fantasticherie ,
calda di
passione,
Odorosa di profumo, con ampie e fluenti vesti,
Col viso abbronzato, conla profonda anima e con gli occhi splen-

denti,
La razza di Brama arriva.

Badate alla mia musica! Queste cose e più anche, brillano verso
noi dalla processione,
Cangiando a misura che muovonsi — caleidoscopio divino che nnio-
vesi cangiando, innanzi a noi.

Perchè, non gli ambasciatori ,


nò 1’ abbronzato Giapponese so-
lamente dalla sua isola,

Ma flessibile e silenzioso anche l’Indiano appare — esso il continente


asiatico appare passato, il morto —
TTNA RASSEGNA A BEO AD I VA V 245

L’oscuro notturno mattino dell’umanità, miracoloso . favoloso ,


in-
comprensibile,
Gl’involuti misteri, gli antichi e sconosciuti alveari di api,
Il nord, l’adusto sud, l’orientale Siria, gli Ebrei, gli antichi degli
antichi,
Le ampie città desolate, lo plendido presente — tutto questo, e più,
è nella superba processione.

La geografia, il mondo è in essa :

Il gran mare, la nidiata delle isole, la Polinesia, l’ulteriore costa.


La costa cui d’ora innanzi stai a fronte — tu. o Libertà ! dalle
tue sponde Occidentali dorate :

Le nazioni con lor genti, a milioni, en- masse, curiosamente si rac-


colgono colà,
I mercati affollati come sciami, tempi con i loro
i idoli allineati
ai lati o in fondo, il bonzo, il bramino e il lama,
II mandarino, il fittavolo, il mercante, il meccanico, il pescatore.
La fanciulla che canta, la fanciulla che danza, le persone in estasi.
gli appartati imperatori.
Confucio in persona, i grandi poeti e gli eroi, i guerrieri, le caste,
tutti,

Attnippandosi, aft’ollansi da tutte le direzioni, dai monti Aitai,


Dal Tibet, dalle quattro lontane sinuose e correnti fiumane della Cina,
Dalle penisole del Sud, dalle isole che son quasi continenti ,
dalla
Malesia.
Questo e ciò che loro si appartiene, palpabile mostrasi a 'me, ed è
da me afferrato,
Ed io sono afferrato da esso, e amichevolmente da esso son rite-

nuto,
Finche io canti tutti, come ora, o Libertà ! per loro e per te.

Perciò anch’io, levando la mia voce ,


mi unisco alle file di
questa superba rassegna,
Io sono il cantore, io spando il mio canto in alto sulla rassegna
superba,
Io canto il mondo, stando sul mio mare Occidentale,
Io canto le isole ulteriori, spesse come gli astri nel cielo,
Io canto il nuovo impero, più grande di ogni altro che mai fu —
come in una visione esso viene a me —
Io canto l’America, la signora, io canto una supremazia più grande,
246 W. WEITMAJST — FOGLIE DI ERBA

10 canto proiettate migliaia di città fiorenti su questi gruppi di


isole:

Le mie navi a vela, i miei piroscafi solcano gli arcipelaghi,


I miei astri e le mie bandiere fluttuano al vento.
11 commercio si apre, il sonno dei secoli trascorsi ha finito il suo
compito,
Le razze rinascono e rinnovansi,
Le vite, le opere sou riprese il — loro lavoro non lo conosco —
Ma l'antico, l’Asiatico rinnovato, come era- necessità,
Ricomincia da questo dì, circondato dal mondo.

3 .

E tu, o Libertà del mondo !

Tu ti assiderai nel centro ben equilibrata, per migliaia e migliaia


di anni,
E, come oggi, da un lato i nobili di Asia vengono a te,

Così domani avrai dall’ altro lato il primogenito che la Regina


d’Inghilterra invia a te.

L’insegna si rivolgo, l’orbe è abbracciato,


L’anello tutto è percorso, il viaggio finito,

II coperchio del turibolo è appena schiuso, nondimeno il profumo


trasuda dal turibolo intiero. »

Giovane Libertà ! Con la venerabile Asia, con la madre di tutti,

ora :

Sii assennata con lei, ora e sempre, o Libertà focosa: assennata


per te e per tutti,

Piega il tuo collo orgoglioso alla madre antica, ora che ella invia
messaggi a te, da su gli arcipelaghi,

Piega il tuo collo, per una volta, o giovane Libertà.

Era così lungo il vagare dei figli verso occidente ? così lungo
il loro errare ?

Lo sboccare delle fosche precedenti epoche dal Paradiso verso oc-


cidente tu così brugo ?

Camminarono per questa via i secoli e l’ignoto intiero per te e per


buone ragioni ?

Essi sono giustificati, essi sono compiuti ,


essi ora si volgeranno
dall’altra banda anche, per viaggiare di là verso te,
Essi ora mareeranno ubbidienti verso oriente, per amor tuo, o Li-
bertà.
SPRUZZI MARINI.

Fuor della culla che dondolava incessante.

Fuor della culla che dondolava incessante,


Fuor della gola —
spola musicale —
dell’uccello motteggiatore,
Fuor della mezzanotte del nono mese,
Sulle arene sterili e i campi al di là da esse dove il fanciullo,
,

lasciando il tetto, vagava solo, nudo il capo, nudo i piedi;


Giù dall’alone spiovente,
Su, dal mistico gioco di ombre abbracciantisi ,
intrecciantisi come
se vive;
Fuor dei cespugli dei rovi e delle more selvatiche,
Dalle ricordanze dell’uccello che cantava per me,
Dalle ricordanze tue, o melanconico fratello, dalle capricciose tue
note, or acute or morenti che io udii,
Da sotto questa gialla mezza luna, testé levata e gontia come se
per lagrime,
Da questi preludi di desiderio e di amore, qui, in mezzo la nebbia,
Dai mille echi del mio cuore, che non cesseranno mai più,
Dalle miriadi di parole che di là suscitaronsi,
Dalla parola più gagliarda e più deliziosa di ogni altra,
Da coteste cose, che ora, rivisitando la scena, balzano fuora
Come stormo di uccelli che, gorgheggiando, librisi a volo ,
o mi
passi sul capo,
Io, nato qui, prima che tutto, precipitoso fugga da me,
Io, fatto uomo, e nondimeno per queste lagrime tornato ancor fan-
ciullo,

Voltolandomi sulla sabbia, affrontando le ondate,


248 Tt
r
. WHITMA N — FOGLIE DI EUBA

Io, cantore di dolori e di gioie, e die all’oggi cougiungo il futuro,


Cogliendo gl’indizi di ogni cosa per usarli, e saltando agile al di
là da essi,

Canto una ricordanza.

Un tempo, a Paumanok,
Quando l'olezzo del lilla era nell’aria, e che l’erba del quinto mese
cresceva,
Su questa spiaggia di mare, tra alcuni rovi,
Due piumati ospiti ci vennero dall’ Alabama, due insieme,
E qui fu il loro nido con qnattro uova di lucido verde, macchiet-
tate di punti bruni;
Ed ogni giorno l’uccello maschio, da vicino, a mano, di là, di qua
voleggiava,
Ed ogni giorno, la femmina, accoccolata sul nido ,
silenziosa sfa-
vasi con gli occhietti rilucenti,
Ed ogni giorno io, fanciullo curioso, non mai troppo da presso,
non disturbandoli mai,
Cautamente occhieggiando, li assorbiva e traduceva.

Splendi ! Splendi ! Splendi I

Diversa già il tuo calore, o gran sole !

Mentre noi ci scaldiamo, noi due insieme.

Noi due insieme !

Soffino i venti dal Sud, soffino i venti dal Nord,


Venga il giorno bianco o venga la notte nera,
Stiasi noi a casa., o su fiumane e montagne lontane da casa.
Io canto sempre, non pensando al tempo,
Finché noi due staremo insieme.

Finché improvvisamente,
Forse uccisa, inconsapevole il compagno suo,

Un mattino la femmina non pih covava nel nido,


Nò ritornò al pomeriggio, nè il di appresso,
Nè poi apparve mai più.

E d ?
allora in poi, per tutta l’estate, al mugghio del mare,
Ed a notte, sotto ai pieni raggi della luna, quando più calma era

l’aria,

O sopra il rubesto fluttuare del mare,


O svolazzando da rovo a rovo, durante il giorno,
SPRUZZI MARINI 249

Io vidi ed udii, ad intervalli, il rimasto solo, l’uccello maschio,


L’ospite solitario venuto dall’ Alabama.

Soffiate ! Soffiate ! Soffiate !

Soffiate su, o venti marini, lungo la spiaggia di Paumanok;


10 aspetto ed aspetterò, finché soffierete a me la mia compagna.

Sì; splendevano gli astri su nel cielo,


Ed esso, tutta notte, appollajato entro l’inforcatura di un tronco
ricoperto di muschio,
Laggiù, quasi colà dove battono le ondate,
11 solingo ed ammirando cantore sedeva e destava lagrime.

Chiamava la compagna sua,


E versava Inora accenti che, fra tutti gli uomini ,
intendeva io
solo.

Sì, fratello mio, io t’intendevo;


Gli altri non avrebbero potuto intenderti, ma io ho tesorizzato ogni
nota,
Perchè più di una volta, furtivo alla spiaggia mi strisciai,

Evitando silenzioso i raggi della luna, mischiandomi con le ombre :

E. rievoco ora le oscure forme, gli echi, i suoni e i sospiri, cia-


scuno secondo la qualità sua,
Io. che le bianche braccia fuori delle ondate instancabilmente agi-
tando,
Io che con nudi i piè, fanciullo, mentrecliè la chioma svolazzava-
mi al vento,

Porsi l’orecchio per lungo e lungo tempo.

Porsi l’orecchio per ritenere, per cantare, ed ora traduco le

tue note,
Seguendo il tuo testo, o fratello mio.

Accarezza ! Accarezza ! Accarezza !

Da presso accarezza le ondate l'ondata che segue,


E un’altra e un’altra ancora vien dietro ad abbracciarle, a saltare con
esse, tutte stringendosi insieme;
Ma l’amor mio non più accarezza me, non più me.

Bassa pende la luna, tardi essa levossi,


E sta come indolente : io penso che essa sia greve di amore, di amore:
'J50 ir. WBITMAN — FOGLIE DI ERBA

Furioso il mare spiiigesi contro la terra,

Furioso di amore, di amore.

Non vedo io, o notte , V amor mio levarsi aleggiando sopra le

onde f

Che cosa è mai quel punto nero che io vedo colà, su quel campo bianco !

Sonora ! Sonora ! Sonora !

Sonora la mia voce muove a te, amor mio !

Alta e chiara scaglio la mia voce sopra i flutti,

Certo tu sai chi è qui, chi è qui,


Tu devi sapere chi io sono, o amor mio !

0 Luna, che bassa pendi,


Che è quella oscura macchia, entro il tuo giallo bruno ?

Oh ! essa è la forma, la forma della compagna mia !

Luna, non tenerla più a lungo lontana da me.

O terra ! o terra ! o terra !

Ovunque io mi rivolga, io credo che tu possa ridarmi l’amor mio, sol


che tu voglia;
Perchè io son quasi sicuro d’ intravederla dovunque io guardi.

0 astri sorgenti,

Forse quella che io desio sorgerà, in compagnia di qualcuno di voi.

0 mia gola ! o mia tremula gola !

Risuona più alto traverso l’atmosfera !

Trapassa i boschi, trapassa la terra,

In qualche luogo, porgendo gli orecchi per coglierti ,


dece essere colei

che io desio.

Muovete, su, o canti !

Solitari canti della notte !

Canti di vedovo amore ! Canti di morte !

Canti sotto questa indolente, gialla, evanescente luna !

O canti miei, sotto questa luna, colà, dov’essa quasi affonda nel mare !

O irreposati, o disperati canti.

Ma sommessa! Abbassati, o voce!


Sii sommessa ! Che io mormori appena;
E tu abbi requie un po’, tu, fosco e rumoroso mare,
Per qualche ragione io credo che udii la mia compagna rispondere
a, me :
SPRUZZI MARINI 251

Ma così fievole, che io debbo star quieto, s'ar quieto ad adire,


Par non affatto silenzioso, perchè essa non potrebbe venire immediatamente
a me.

Qui, amor mio !

Qui io sono ! qui !

Con questa nota così sostenuta io mi annunzio a te,

Questo gentile invito è per te, amor mio, per te.

Non farti allettare altrove !

Il fischio del vento è quello, non è la mia voce,

E quello è il susurrare, l’eterno susurrare de’ rami,


E quelle te ombre delle foglie.

0 tenebre ! Oh ! invano !

Oh ! io son pieno di languore e di mestizia !

0 bruno alone, che attorno alla luna, da su nel cieio, sopra il mare
ti cali !

0 riflessi torbidi del mare !

0 mia gola ! 0 mio palpitante cuore !


Oh ! inutilmente io canto, inutilmente per tutta la notte.

0 passati giorni ! 0 vita felice ! O canti di gioja !

Quando per l’aria, nei boschi, sovra i campi,


10 era amato ! amato ! amato ! amato !

Ma ora la mia compagna non è più, non è più con me !

Noi due non saremo insieme mai più !

E così il cauto finiva,


Ma ogni altra cosa continuava; splendeano gli astri,
Soffiavano i venti, durava incessante l’eco delle note dell’uccello,
Angosciosi gemiti e continui gemeva la fiera e vecchia madre,
Sulle sabbie della grigia e tumultuosa spiaggia di Paumauok :

Dilatata la gialla mezza luna calava giù impallidendo ,


toccando
quasi la faccia del mare,
Ed al fanciullo, i piè nudi tra l’acqua, con la chioma iu balìa
della brezza,
L’amore, così a lungo covato nel cuore, scoppiando ora tumul-
tuoso,
11 significato del cauto celeremente depositando egli negli orecchi e
nell’animo.
252 W. WRITMAN — FOGLIE 1)1 ERBA

Correndogli giù per le gote lagrime strane.


Il colloquio di quel loco, il trio, ciascuno dei tre sommessamente,
(Il basso era l’incessante gemito della selvaggia antica madre),
Alle domande dell’anima del fanciullo, improvvisamente maturata,
alcuni annegati segreti susurrava :

A lui, al bardo che sorgeva.

Uccello o demone (diceva l’anima del fanciullo),


E proprio per la tua compagna che tu canti ? o realmente per me J
.

Perchè io, che era un fanciullo, in cui l’uso della lingua sonnec-
chiava, ora che ti ho udito,
Ora, in un attimo, conosco perchè esisto, e mi son desto;
E già migliaja di cantori e migliaja di canzoni, più chiare, più sonore,
più tristi delle tue,
Migliaja di ciarlieri echi sono balzati alla vita, dentro di me, che
non moriranno mai più.

O tu solitario cantore, che per te canti proiettando me,


O solitario spirito, che mi porgi ascolto, io non più cesserò dall’e-
terna r ti,
Non più io ti sfuggirò, non più sfuggirò il tuo riverberarti in me.
Non più pianti di un amore insodisfatto saranno lontani da me,
i

Non più mi si concederà di essere il tranquillo fanciullo die io era


dianzi, qui, nella notte,
Accanto al mare, sotto la gialla e tramontante luna :

È surto in me il messaggere, il fuoco, il dolce inferno,


L’ideale ignoto, il mio destino.

Oh ! datemi il filo del gomitolo ! (qui, entro la notte, in qualche


sito, è nascosto)
Oh ! se io dovrò pur aver molto, datemi ancora di più !

Una parola dunque (perchè io voglio conquistarla).


La parola finale, che su tutte torreggia,
La parola sottile, inviata su qual’ è ? Io porgo — — l’orecchio.
La susurrate voi ora, l’avete voi susurrata sempre ,
o flutti del

mare ?
È questa che sorge dalle vostre liquide sponde e dalle umide
sabbie ?

Onde rispondendo, il mare,


Con voce nè lenta nè affrettata,
SPRUZZI MARINI 253

Ma come in un susurro durante la notte, e molto distintamente


poi, dinanzi l’alba,
Tenue balbettò la deliziosa parola: « Morte »
E
poi anche: «Morte, morte, morte, morte».
E
sibilava la voce sua, non melodiosa come il canto dell’ uccello,
non come il mio commosso cuor di fanciullo,
Pur, fattamisi presso, mormorando per me solo, strisciando ai miei
piedi,
Di là salendo risoluta ai miei orecchi, e di sè bagnandomi tutto,
mi susurrava la parola

Morte, morte, morte, morte.

Parola che io non dimentico più;


Ma, fondendo il canto del mio fosco demone e fratello,
Il cauto che egli mi cantò al lume della lima, sulla grigia sponda
di Paumauok,
Con i mille responsivi canti, balzati da me alla ventura,
Con i miei propri cauti svegliatisi da quell’ora,
Con essi unisco la chiave di tutti, la parola venuta su dalle oude,
La parola del più dolce canto e di tutti i canti,
Quella gagliarda parola deliziosa che, strisciando ai miei priedi,

Il mare susurrò a me.

Quando io rifluiva con l’oceano della vita.

1.

Quando io rifluiva con la marea dell’oceano della vita,


Quando tornavo alle note spiagge,
Quando passeggiavo, dove le increspate onde lavano te o Pau- ,

manok,
Dove esse mormorano continuamente, rozze e sibilanti,
Dove la fiera madre antica incessante piange per i suoi naufragati;
Io, fantasticando, sulla sera di un giorno autunnale e con lo sguardo

fiso verso sud,


Compreso da quell’egoismo elettrico di orgoglio, da cui respiro i

miei proemi,
Ecco che fui afferrato dallo spirito, che traccia le linee sotto i piedi,
All’orlo e sul sedimento che rappresenta tutta l’accpua e tutta la
terra del globo.
254 H
r
. WIIITMAN — FOGLIE DI EBBA

Fascinato, rivolgendo gli occhi da mezzodì, li abbassai per se-


guire quelle tenui strisce:
Pula, paglia, schegge di legno, erbacce e glutiue marino,
Schiuma, scaglie di luccicanti rocce, foglie di ulva, lasciate colà
dalla marea;
Passeggiando io per miglia, al suono dei flutti che s’infrangevano
dall’altro lato,
Mentre che pensavo il pensiero della tua simiglianza di ora e di
altri tempi, o Paumanok,
Queste cose tu presentasti a me, o isola tagliata a forma di pesce,
Quando tornavo alle spiagge, che mi sono ben note,
Quando passeggiavo con questo elettrico egoismo, cercando tipi.

E quando ora vado a spiagge ignote,


E che porgo ascolto ai canti funebri, alle voci degli uomini e
delle donne naufragati nella vita,
E aspiro le impalpabili brezze che mi spirano attorno,
E che l’oceano misteri oso fluttua verso me, sempre più presso,
Anch’io mi sento tutto al più non altro che un piccolo spruzzo di
acqua,
Nàto ad invescarmi con poca rena e foglie morte,
Ad invescarmi con esse e a sommergermi poi. come fossi parte
della rena e dello spruzzo.

Disingannato, abbattuto, collo sguardo chino a terra,


Col core greve, perchè ho osato aprir bocca,
Conscio ora che in mezzo a tutto il ciarlìo, i cui echi ripercuo-
tonsi d’intorno a me, non una volta sola ebbi l’idea di quel che sono
e chi sono,
E che, dinanzi a tutti i miei superbi canti il reale Me. intatti) an-
cora, non espresso, non ricerco anche,
Lontano, appartato, si beffa di me con segui e saluti congratula-
tori di scherno,
E con scoppi di lontano ed ironico riso per ogni parola che ho
scritta,
In silenzio, con la mano accenna a questi canti e poi alla sabbia che
mi sta sotto.
SPRUZZI MARINI 255

Comprendo che io non ho realmente compreso nulla ,


non una
sola cosa, e che nessun uomo può,
La natura qui, al cospetto del mare, sopraffacendomi, mi saetta e
punge,
Perchè osai aprire la mia bocca per cantare tutto.

3 .

0 voi due oceani, io mi restringo a voi,


Noi mormoriamo lo stesso murature di rimproccio, travolgendo ri-

fiuti e rena, nè sapendo il perchè,


Questi piccoli frusti rappresentano veramente voi, me, tutto.

O tu friabile spiaggia, con le tue strisce di pattume,


Tu, isola tagliata a forma di pesce, io prendo ciò che è sotto i

miei piedi,
Ciò che tuo è mio, o padre.

Anch’io, sono un Paumanok,


Anch’io son gorgogliato al sommo, fluttuando su smisurati flutti, e
fui rigettato sulle tue spiagge,
Anch’io souo una striscia ili rifiuti e di pattume,
Anch’io lascio piccoli frusti sopra te, o isola tagliata a forma di
X>esce.

Io mi butto sul tuo seno, o X'affre mio,


Mi avvinghio a te così, che tu non x>ossa sciogliermi da te,

Io ti terrò così saldo, finche tu non risponda qualche cosa.

Baciami, padre mio.


Toccami con le tue labbra, come io tocco le labbra di quelli che
amo,
Sx>irami, mentre ch’io ti stringo, il segreto del inurmure che in-
vidio.

4 .

O marea, oceano della vita (il riflusso tornerà),


Non cessare il tuo gemito, tu fiera madre antica,
Piangi incessante i tuoi naufraghi, ma non temer me, non rinne-
gar me,
2513 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non mormorare incessante, selvaggia e crucciosa, contro i miei


piedi, quando ti tocco o raccolgo da te.

Da te e da tutto io desidero affetto,


E raccolgo per me e por questa fantasima, effe guarda giù dove
noi la guidiamo, seguendo me e le mie cose.

Me e le mie cose, sparpagliati rifiuti, piccoli cadaveri,


Spuma, uiveamente bianca, bolle
(Vedi dalle mie labbra smorte la melma effe alfine trasuda,
Vedi i prismatici colori risplendere e roteare),
Manate di paglia, sabbia, frantumi,
Cullati qui da varianti umori, l’un l’altro contradicentisi :

,
Dalla tempesta, dalla lunga calma, dalla tenebra, dal rigonfio della
marea,
Dal fantasticare, dal meditare, un soffio, una salsa lagrima ,
uno
schizzo di liquido o di fango,
Vien su, proprio come se da informi processi fermentati e qui tra-
volti;
Uno o due pallidi fiori dilacerati, proprio come se fluttuanti su
acque e ributtati a caso,
Proprio come se per noi, questo singhiozzante funebre canto della
Natura,
Proprio come da dove veniam noi, viene questo frastuono di trombe
da nubi :

E noi, a capriccio, sospinti qui non sappiala donde, e sparsi di-

nanzi a te,

Dinanzi a te effe siedi o passeggi,


Chiunque tu sii, anche noi giacciamo come rifiuti ai tuoi piedi.

Lagrime.

Lagrime ! lagrime ! lagrime !

Nella notte, nella solitudine, lagrime


Stillanti, stillanti sulla spiaggia bianca — la rena le succhia —
Lagrime non un astro che splenda, tutto è nero e desolato,
!

Mentre umide lagrime stillano dagli occhi di un capo velato;


Off chi è questa fantasima ? questa forma che lagrima nella
!
te-

nebra ?

Qual massa informe questa prostrata, accovacciata qui sulla sabbia ?

Che sgorga fiumi di lagrime, che singhiozza lagrime, e gemiti af-


forzati da selvagge grida;
SPRUZZI MARI XI 257

0 tempesta incarnata, che sorgi e scorri con precipitosi passi lungo


la spiaggia !

O selvaggia e pjaurosa tempesta notturna ,


piena di turbine — O
eruttante e disperata !

O forma così tranquilla e decorosa e dal calmo contegno e regolato


passo, durante il giorno
Che ti scateni di notte, quando nessuno vede — Oh ! allora quale
irrefrenato oceano
Di lagrime ! lagrime ! lagrime !

All' uccello della nave da guerra.

Tu che tutta notte hai dormito al di sopra della tempesta,


Sveglinoti rinnovellato sulle tue ali prodigiose
(Scoppiò la selvaggia tempesta I So vt’ essa tu ascendesti,
E ti riposasti entro il cielo, che. tuo schiavo, ti cullò),
Ora un punto azzurro tu appari, fluttuante nell’aere, lontano, lon-
tano,
Mentre che, all’emergere della luce, qui dal ponte io ti guato
(Una piccola macchia io stesso, un punto entro il vasto fluttuare
del mondo).

Lontano, lontano sul mare,


Poiché le tiere ondate della notte hanno cosparsa di naufragi la

spiaggia,
Insieme col giorno reduce, così felice, così sereno come ora,
Insieme con la rosata ed elastica alba, con lo splendente sole,
Col limpido espandersi dell’aria cerulea,
Anche tu sei riapparso.

Tu, nato a gareggiare con la brezza (tu tutto ali),

A sfidare il cielo e la terra e mare e l’uragano,


il

Tu, nave dell’aria, che non ripieghi mai le tue vele,


Che, per giornate e settimane anche, instancabile e sempre avanti,
traverso gli spazi, giri i regni,
Che a sera guardasti il Senegai ed al mattino l’America,
Che ti sollazzi tra il baleno dei lampi e tuoni delle nubi, i

In ciò, nelle esperienze tue, tu hai tutta la mia anima.


Quali gioie ! Quali gioie furon le tue !

AV. Whitmav. — Foglie di erba. 17


258 W. WMITMAN — FOGLIE DI ERBA

A bordo presso al timone.

A bordo, presso al timone,


Un giovane pilota guida con attenzione.

Fra mezzo la nebbia, presso la costa, in voce di lamento,


Odi... una campana marina: — Oli! una campana avvisatrice, cul-
lata dalle onde !

Tu dai un buon avviso, o campana, che dalle secche sonando,


Sonando e sonando, allontani le navi dai luoghi di naufragio.

Tu che stai attento, o pilota, tu avverti il risonante avviso :

E i quadranti giransi, la sgomentata nave affrettasi sotto le vele

grige,
Essa, la bella e nobile nave con tutta la sua ricchezza preziosa, af-
frettasi via, lietamente, al sicuro.
Ma e tu, o nave, o nave immortale O nave, a bordo della nave
! !

Nave del corpo, nave dell’anima viaggiante, viaggiante, viaggiante.

Di notte sulla spiaggia.

Di notte sulla spiaggia,


Sta una fanciulla col padre suo:
E guardano ad oriente il cielo autunnale.

Su, traverso la tenebra,


Mentre voraci nubi, funebri nubi, in nere masse distendonsi
In basso, pesanti e rapide, e traverso e giù pel cielo,
Fra mezzo una trasparente fascia di etere, ancor rimasta all’oriente,
Calmo, grandioso ascende il sovrano astro di Giove,
E presso ad esso, a mano, solo un po’ al disopra,
Ondeggiano le delicate sorelle, le Pleiadi.

Dalla spiaggia, stringendo la mano del padre nella sua.


Quelle funebri nubi, che fosche, vittoriose discendono per divorar
tutto,
Guata la fanciulla, e silenziosa piange.

Non piangere, fanciulla,


Non piangere, prediletta mia;
Tergano questi baci le lagrime tue.
.

SPRUZZI MARINI 259

Le voraci nuvole non saranno a lungo vittoriose,


Non a lungo saranno signore del cielo, solo all’ apparenza esse
divorano gli astri,

Giove emergerò ,
sii paziente ,
guarda anche un’ altra notte, le
Pleiadi emergeranno,
Immortali esse sono : tutti questi astri di argento e di oro splen-
deranno ancora,
I grandi e i piccoli astri risplenderanno ancora, essi restano;
Gli ampi soli immortali, le lune pensose ed eterne risplenderanno
ancora.

Piangi tu dunque, o figlia diletta, per Giove solamente ?

Pensi tu solo al sepellimeuto degli astri ?

Qualcosa qui è

(Con mie labbra che ti accarezzano e aggiungendo un sussurro,


le

Io ti do la prima suggestione, il problema e la direzione),

Qualcosa qui è anche più immortale degli astri


(Molti sono i sepellimeuti, molti i giorni e le notti che passali via),
Qualcosa che durerà più a lungo del fulgido Giove,
Più a lungo del sole o di ogni girante pianeta,
O delle raggianti sorelle, le Pleiadi

Il mondo sotto l'acqua salsa.

Il mondo sotto l’aqua salsa :

Foreste in fondo al mare con rami e foglie,

Ulve, licheni ampi, strani fiori e semi, grasse laminarie, radure,


ciuffi di dianti,
Colori diversi, pallido-grigio, verde, purpureo, bianco e aureo —
il gioco di luce traverso le acque —
Nuotatori muti sono tra gli scogli, il corallo, il glutine ,
l’erba, i

giunchi, e l’alimento dei nuotatori;


Esistenze torpide qui brucano, stando sospese ,
o lentamente stri-

sciando, aderenti al fondo;


La uperm-ìchale (1) è alla superfìcie che soffia aria e spuma, o si di-

verte con i lobi della sua coda,

(1) Physeter macrocephalvs : specie (li balena.


.

260 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E solivi il pesce-cane con i suoi occhi di piombo, la vacca marina,


la testuggine, il crinito leopardo marino e la torpedine !

Anche qui, inqueste profondità dell’oceano, sono passioni, guerre, in-


seguimenti, tribù, orizzonti ed esseri che respirano quest'aere greve.
Quale diversità da questo al nostro orizzonte e al sottile aere re-
spirato da esseri che camminano, come noi, su questa sfera !

Qual cambiamento il nostro, quando ci eleveremo all’ orizzonte di


esseri che camminano su altre sfere !

Solo, di notte, sulla spiaggia.

Solo, di notte, sulla spiaggia :

Mentrechè l’antica madre dondola iu giù e in su, cantando il suo


fosco canto,
Mentrechè guardo i lucidi astri che splendono, io penso un pen-
siero che è la chiave degli universi e del futuro.

Un’ampia simiglianza accomuna tutto,


Tutte le sfere, cresciute o no, piccole e grandi, i soli, le lune, i pia-
neti,
Tutte le distanze di luogo, comechè ampie,
Tutte le distanze di tempo, tutte le forme inanimate,
Tutte le anime, tutti i corpi viventi, sebbene sieno sempre cosi
diversi e iu diversi mondi,
Tutti i vapori gassosi, tutte le acque, i vegetali, i processi mine-
rali, i pesci, i bruti,
Tutte le nazioni, i colori, le barbarie, le civiltà, i linguaggi,
Tutte le identità che mai furono o sono su questo globo, o iu ogni
altro globo,
Tutte le vite e le morti, tutto che appartenne al passato o appar-
tiene o apparterrà al presente e al futuro,
Quest’ ampia simiglianza su essi si distende, e sempre fu distesa.
E sempre si stenderà su esse, e le terrà compatte e le abbraccera

Canto per tutti i mari, per tutte le navi.

1.

Oggi un breve e rozzo recitativo


Di navi veleggiano i mari, ognuna con la sua bandiera e coi suoi
segnali,
SPRUZZI MARINI 261

Di ignoti eroi nelle navi — di onde che si distendono lontano, fin

dove l’occhio può giungere,


Di spume che si urtano, di venti che fischiano e soffiano;
E da tutto questo un canto per i marinai di tutte le nazioni
Scatta, balzando come un flutto.

Un canto di giovani e vecchi capitani di mare e di ufficiali, e


di tutti gl’intrepidi marinai,
Dei pochi scelti, taciturni, cui il destino mai non sorprende, nè
la morte spaventa,
Che furono spigolati con diligenza di avaro e in silenzio da te ,

0 vecchio oceano; selezionati da te,


Da te, o mare, che raccogli e selezioni nel tempo, le razze, e unisci

le nazioni;
Che furono nutriti da te, vecchia nutrice rugosa, che incarnano te,

Indomabili e non domati come te.

2 .

Sventola, o mare, le distinte bandiere delle nazioni !

Sventola visibili come sempre i vari segnali delle navi !

Ma per te e per l’anima dell’uomo riserba specialmente una ban-


diera che sovrasti le altre :

Un tessuto vessillo spirituale per tutte le nazioni, emblema dell’uomo


vittorioso della morte,
Segnacolo di tutti i bravi capitani e di tutti gl’intrepidi marinai e
ufficiali,

E di tutti quelli che soccombettero facendo il loro dovere;


Un vessillo che sia un ricordo di essi, intrecciato da tutti gl’intre-
pidi duci, vecchi o giovani,
Un pennone universale che ondeggi sempre, delicatamente, su tutti
1 bravi marinai,
Su tutti i mari, su tutte le navi.

Facendo la ronda a Barnegat.

Selvaggia, selvaggia è la tempesta e il mare travolgesi alto,


Gagliardo è il ruggito del vento, che brontola incessante in tono
di basso,
Scoppi di risa demoniache, a balzi, fendono l’aria e schiamaz-
zano
262 W. WKITMAN — FOGLIE DI ELBA

Ondate, aria, mezzanotte, la loro selvaggia trinità che sferza;


Fuori, fra le tenèbre, creste di bianco latte si travolgono,
Sulla spiaggia, acqua tinta e sabbia e spruzzi di neve, obliqui fe-
riscono;
Quivi, tra l’oscurità, tra. gli orientali venti di morte che fischiano,
Traverso i turbini taglienti e la spuma, cauto, sicuro, si avanza
(Qual cosa è in tanta distanza ! È esso un naufragio ? È il segnale
rosso che si accende ?);

Sull’acqua tinta, sul fango della sponda, senza soste fino all’alba.
Forte, lento, tra il rauco ruggito, che non si posa mai,
Nell'estremità della mezza notte, presso le creste bianche come
latte correndo,
Un gruppo di fosche mistiche forme combatte, affrontando la notte,
E quella selvaggia trinità guardando.

Dietro la nave in mare.

Dietro la nave in mare, dietro i tìschiauti venti,


Dietro le vele grigio-bianche, legate alle lor aste e funi,
Al di sotto, miriadi e miriadi di onde si affrettano e sollevano i

lor colli;
Tendono esse con fluttuare incessante, verso la striscia segnata dalla
nave,
Esse le ondate dell’oceano spumeggianti e gorgoglianti, pazzamente
agitantisi,
Ondate ondulanti, ondate liquide, disuguali, emulo ondate,
Vanno con la vorticosa corrente, e ridono e cullansi in curve;
Là dove il gran vascello veleggiando e fendendo spaccò la super-
ficie,

Ondate grandi e piccole, nell’ampiezza dell’oceano, avidamente flut-

tuano;
La traccia della nave, dopo che questa passa, splende gioiosa al sole,

E una processione variegata di colori, con molte macchie di schiuma


e molti frantumi,
Segue la superba e rapida nave, la segue nella traccia.
DA SUL MARCIAPIEDE.

Una ballata di Boston.

( 1854 ).

Per giungere di buon’ora alla città di Boston ,


mattiniero io

mi mossi oggi:
Qui, al cantone, è un buon posto; devo star qui per veder la ri-
vista.

Spazza qui la via, o Jonathan !

La via per la rivista del Presidente, la via pel cannone del go-
verno !

La via per i fanti e i dragoni federali (e le apparizioni piovono


più copiose).

Io ho piacere a guardar Astri e Pennoni, e spero anche che i

pifferai soneranno il Yankee Doodle (1).

Come splendon forbite le scimitarre delle prime schiere !

Ognuno ha il suo revolver, e marcia impettito per le vie di Boston.

Una nebbia li segue : sono i veterani che marciano al modo


stesso, zoppiconi,
Alcuni lian gambe di legno, altri son bendati ed esangui.

(1) Una delle arie popolari degli Stati Uniti.


264 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Poiché proprio una rivista è questa — ad essa si è convocato


fuor della terra, tutto quello che è morto !

I vecchi cimiteri delle colline si sono avacciati a vedere !

Fantasime e fantasime innumeri si affollano di fianco e dietro !

I cappelli sono muffiti, e le grucce son fatte di nebbia !

Le braccia al collo — i vecchi uomini si appoggiano sulle spalle


dei giovani.

Che vi arrovella, o fantasime Yankee ? Che è tutto questo sbat-


tere di gengive sdentate ?

Vi convellono le membra i brividi della febbre ? Scambiate le vo-


stre grucce per schioppi, sicché le spianate ?

Se accecate i vostri occhi con lagrime, voi non vedrete la ri-

vista del Presidente,


Se muggite cosiffatti mugghi, voi svergognerete il cannone del go-
verno .

Vergogna, vecchi matti Giù quelle ! braccia annaspanti ,


la-

sciatela in pace la canuta chioma vostra !

Qui sbadigliano i vostri pronipoti, e le lor donne li guardano dalle


finestre;
Vedeteli come son lindi, vedeteli con quanto ordine si conducono.

Peggio e peggio — non potete soffrir questo ? battete in ritirata ?

È questa vivente ora troppo morta per voi ?

Ritiratevi, dunque — Peli-meli !

Su ! alle vostre fosse — indietro — indietro alle colline, vecchi


sciancati !

Io non credo che qui sia qualche cosa che vi riguardi.

Però qualche cosa è che riguarda questa mostra — dirolla io a voi,

o gentiluomini di Boston ?

Vo’ susurrarla al Mayor: invii egli un comitato in Inghilterra,


Procaccisi egli un permesso dal Parlamento, scenda con la carta al
sepolcro reale,
Frughi la bara di Re Giorgio, sviluppi il corpo di lui dalle vesti

sepolcrali, ne imballi le ossa per un viaggio:


Trovi un celere clipper Yankee — questo è un carico per te, o clipper
dalla ventraglia nera.
Su le tue ancore — spiega le tue vele — governa diritto verso la
baia di Boston.
DA SUL MARCIAPIEDE 265

Ed ora convochiamo una nuova rivista del Presidente, meniamo


fuori i cannoni del governo,
Mandate per i gridaccliiatori del CongTesso, fate un’ altra proces-
sione, guardatela con fanti e dragoni.

Ecco per essi la figura principale,


Guardate tutti, in ordine, o cittadini, occhieggiate dalle finestre, o
donne I

Il comitato disfa la balla, riordina le regali costole, inveschia


quelle che non vogliono star salde,
Calca il teschio sulla punta delle costole, e calca una corona sul
cucuzzolo del teschio.
Ora hai la tua rivincita, o vecchia carcassa : la corona è tornata
al suo possessore, anzi più che possessore.

Caccia le tue mani nelle tasche, o Jonathan, — da questo dì,

tu sei diventato un uomo,


Tu sei un mereiajuolo potente —e questo è uno dei guadagni tuoi.

Europa.

(Negli anni 72 e 73 di questi Stati) (1).

Improvvisamente, fuor dell’antico e muffito suo covo, il covo


degli schiavi,
Come lampo saltò fuori, quasi sorpreso esso stesso:
I suoi piè nelle ceneri e su gli stracci, le sue mani serrate alle gole
dei re.

O speranza e fede !

O la dolente fine delle vite dei patrioti esuli !

O i tanti cuori infermi !

Ritornate in questo dì, e siate voi stessi di nuovo.

E voi, o pagati per corrompere il popolo — voi, mentitori, ba-


date !

Non per le innumeri agonìe, per gli assassini e per le libidini vostre,

(1) La dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti avvenne il 4 luglio 1775.


Sicché gli anni qui additati sono il 1S47 e il 1S48.
266 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non per il cortigiano furto nelle sue molteplici e basse forme, che
rode le mercedi del povero operaio,
Non per le molte promesse giurate da labbra reali, e spergiurate
poi e derise nell’atto dello spergiuro,
Quando tutto era in poter loro, non per tutto questo percosse i

suoi colpi la vendetta o le teste dei nobili caddero :

Il Popolo disdegna la ferocia dei re.

Ma la dolcezza del perdono maturò una distruzione amara: tor-


narono i monarchi sgomenti;
Ciascuno col suo corteo tornò nello Stato: col boia, col prete, con
l’esattore,
Col soldato, col legulejo, col signore, col carceriere, col sicofante.

Però dietro a tutti, fosca insinuasi, vedila, una forma :

Incerta come la tenebra, coperta d’interminabile strascico — la


testa, la fronte, soli coperte da bende scarlatte,
La sua faccia e gli occhi nessuno può scorgere,
Ma, fuor delle sue vesti, fuor delle bende scarlatte sollevate dal
braccio,
Solo questo appare : un dito uncinato, appuntato, alto e sul vertice
è come un capo di serpente.

E frattanto cadaveri giacciono in sepolture di fresco sca-


vate, sanguinanti cadaveri di giovinetti;
Pende pesante il canapo dal patibolo, volano le palle dei principi,
sghignazzano alto le creature del potere;

Ma tutte queste cose portano i lor frutti, ed i frutti saranno buoni.

Questi cadaveri di giovinetti,


Questi martiri che penzolano dai patiboli, questi cuori trapassati
dal piombo greve,
Freddi e immoti com’essi paiono, vivono altrove di vitalità che
non può essere assassinata.
Vivono in altri -giovani, o re !

Vivono in fratelli ancor pronti a sfidarvi,


E che dalla morte dei fratelli furono purificati, instruiti, esaltati.

Non una sola tomba di assassinato per la libertà, che non


educhi
Semi per la libertà, i quali a lor volta educano altri semi;
E i venti li portano via, lontano, e li riseminano; e le piogge e le

nevi li fecondano.
DA SUL MARCIAPIEDE 267

Non uno spirito divelto dal corpo possono le armi dei tiranni
distruggere,
Ma invisibile esso cavalca sopra la terra, susurrando, consigliando,
ammonendo.
O libertà, disperino pur gli altri di te — io non dispererò mai
di te.

È chiusa la casa ? È il padrone via ?

Stai nondimeno pronto, non istancarti di vegliare,


Ei tornerà subito: i suoi messaggieri giungeranno fra poco.

Uno specchio a mano.

Tienlo su fermo — guarda ciò che esso ridette (Chi è esso ì

Sei tu f),

Al di fuori parvenza leggiadra, dentro ceneri ed immondizie :

Non più un lampeggiante occhio, non più una voce sonora o un


passo elastico,
Ora l’occhio, la voce, le mani, il passo son quelli di uno schiavo,
Il flato è da ubbriaco, la faccia da un mangione malandato la ,

carne di un sifilitico;

I polmoni sono fracidi, pezzo per pezzo, lo stomaco è inacidito e


cancrenoso,
Le giunture reumatizzate, le viscere infarcite di abominazione,
II sangue circola a flotti neri e velenosi.
Le parole sono balbutite, l'udito e il tatto incalliti,
Non cervello, non cuore resta, non magnetismo di sesso;
Così appari da uno sguardo, in questo specchio, prima che tu parta
di qui,
Questo il risultato repentino — e da quale cominciamento !

Iddìi.

O divino amante, o Camerata perfetto,


Che contento mi aspetti, invisibile e pur certo,
Sii tu il mio Dio.

Tu, tu l’Uomo Ideale,


Leggiadro, acconcio, bello, contento e innamorato,
Completo del corpo e dilatato di spirito,
Sii tu il mio Dio.
268 TF. WHITMAN — FOGLIE DI EE BA

O morte (poiché la vita ha fatto il suo compito),


Tu che annunzi e introduci alle sedi celesti,

Sii tu il mio Dio.

Qualsiasi cosa di più possente, di ottimo che io vedo, conce-


pisco e conosco
(Che valga a frangere i vincoli stagnanti — e liberino te ,
te, o
Anima),
Sii tu il mio Dio.

Voi, grandi idee tutte, voi, aspirazioni delle razze,


Voi eroismi tutti, voi gesta dei fervidi entusiasmi,
Siate voi i miei Dii.

O Tempo, o Spazio,
O forma della, terra divina e meravigliosa,
O qual che siasi forma ch’io veda e adori,
O lucido orbe del sole, o astro della notte,
Siate voi i miei Dii.

Germi.

Forme, qualità, vite, umanità, lingua, pensieri,


I conosciuti, e gl’ignoti, e quelli sugli astri;
Gli astri stessi, alcuni formati, altri informi,
I miracoli pari a quelli di queste terre, il suolo, gli alberi, le città,
gli abitanti, quali che essi sieno,
I soli splendidi, le lune, gli anelli, e le innumeri loro combinazioni
ed effetti,

E simili cose, e così buone come quelle, visibili qui e dovunque,


che occupano una manata di spazio, sicché io stendo il braccio e
mezze ne chiudo in mano,
Tutte queste cose contiene il sorgere di ciascuna cosa e di tutte,

e con esse la virtù e i germi di tutto.

Pensieri.

Di proprietà — come se qualcuno, adatto a posseder cose, non


potesse a piacer suo entrare in tutte, e incorporarle in se. uomo o
donna che esso sia;
,

DA SUL MARCIAPIEDE 269

Di vista — supponi uno sguardo dei tempi elle furono traverso il

formativo caos, che abbia pregustato il progresso, la pienezza, la vita


raggiunta ora nel viaggio
(Ma io vedo la via che continua, e il viaggio che continua sempre);
Pensieri di quello che un tempo mancava sulla terra e che a tempo
debito è stato provveduto, e di quello che sarà provveduto ancora;
Perchè tutto quello che vedo e so, credo che abbia il suo precipuo
scopo in quello che sarà provveduto.

Quando io udii il dotto astronomo.

Quando io udii il dotto astronomo,


Quando le prove, le cifre furono allineate in colonne innanzi a me,
Quando mi si mostrarono le carte e i diagrammi, per addizionare,
dividere, misurare;
Quando, sedendo, udii l’astronomo discorrere con molti applausi
nella camera della conferenza,
Oh come divenni subito infinitamente stanco e annoiato
! !

Finché, mossomi, ine la sgusciai, e vagai solitario


Al mistico umidore dell’aria della notte; e, di quando in quando,
Levavo gli occhi, in perfetto silenzio, al cielo.

Perfezioni.

Solo i saggi intendono i saggi, e i simili a loro,


Come solo le anime intendono le anime.

O me ! o vita !

O me ! o vita ! Delle questioni fatte intorno a voi e ricorrenti


sempre,
La questione degl’infiniti codazzi degl’infedeli, delle città piene di
matti
Di me che rimbrotto sempre me (perchè chi più infedele e più
matto di me ?),

Degli occhi che vanamente implorano la luce, degli oggetti sprege-


voli, della lotta sempre rinnovata,
Dei meschini risultati di ogni cosa, delle affaticate e sordide turbe
che mi vedo d’intorno,
270 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Degli anni inutili e vuoti di tutti gli altri, con cui sono intrecciato
io stesso,

Oh ! come triste questa quistione che ricorre sempre ! Qual bene


vi è fra queste cose ,
o me, o vita ?

Risposta.

Che tu sei qui — che la vita e l’identità esistono,


Che il possente dramma procede ,
e tu puoi contribuirvi il tuo
verso.

Ad un Presidente.

Quello che tu fai e dici, è per l’America un mobile miraggio.


Tu non sei dotto della Natura — tu non hai imparato dalle poli-
tiche della Natura la grande ampiezza, la rettitudine, 1’ imparzialità,
Tu non hai visto che solo queste cose, come esse sono per questi
Stati,
E non hai inteso che quello che è dammeno di essi deve essere spaz-
zato via da questi Stati.

Seggo e guardo.

Seggo e guardo su tutti i dolori del mondo e sopra tutte le


oppressioni e vergogne del mondo,
Odo i singulti repressi e convulsivi di giovani, pieni di dolore nelle
anime loro, e pieni di rimorsi per fatti compiuti,
Vedo in umile vita la madre maltrattata dai tigli ,
morente . ne-
gletta, lacera, disperata,
Vedo la moglie maltrattata dal marito, vedo il seduttore delle gio-
vanette che le tradisce,

Noto l’acerbo morso della gelosia, l’amore non ricambiato che si

affanna a nascondersi, vedo questi spettacoli della terra,


Vedo il travagliar delle battaglie, la pestilenza, la tirannia . vedo
i martiri e i carcerati,
Osservo la farne in mezzo al mare, i marinai che gittano le sorti

per sapere chi sarà ucciso a preservare le vite degli altri,

Osservo gli spregi e le umiliazioni inflitte dagli arroganti agli ope-

rai, al mendico, ai negri, e via:


-

DA SUL MARCIAPIEDE 271

Tutto questo — tutta questa bassezza ed agonia senza fine io, se-
dendo, guardo,
Veggo, odo; e resto muto.

Ai ricchi donatori.

Quel che voi mi donate io con grato animo accetto :

Un piccolo sostentamento, una capanna, un giardino, un po’ di


danaro, quando vi do convegno con i miei poemi:
Un alloggio e una colezione da viaggiatore, quando io viaggio tra-
verso gli Stati — Perchè io dovrei vergognarmi di confessare siffatti
doni ? Perchè farli noti ?

Poiché non mi son uno che non do nulla ad uomo


io o a donna,
Poiché ad ogni uomo o donna io dono 1' entrata a tutti i doni
dell’universo.

La carezza delle aquile.

Fiancheggiando la via del fiume (mia mattutina passeggiata e


mio riposo),
Su, verso il cielo, nell’aria, ecco, improvviso, uno smorzato schia-
mazzo, la carezza delle aquile;
Scagliavansi a contatto amoroso, in alto, entro lo spazio, insieme,
E gli artigli infere c ci avansi, avvineevansi, qual vivente, feroce, gi-
rante ruota;
Quattro ali starnazzanti, due becchi, una turbinante massa, stretta
mente unita
In vorticosi roteanti intrecciati nodi: rapide poi discendevano,
Finché equilibraronsi sul fiume, due e nondimeno una : fu il don-
dolìo di un istante,
Una bilancia quieta senza moto nell’aria; e infine eccole dividersi,
allentar la presa degli artigli.
E in su di nuovo, sulle salde ali volare obliquamente, alle lor vie
distinte e diverse,
Essa procedendo alla sua, esso alla sua.
272 Tr. WniTMAN — FOGLIE DI ERBA

Di pensiero in pensiero.

(Dopo aver letto Hegel)

Di pensiero in pensiero, fantasticando sull’ Universo ,


vidi che
il poco che è Bene, sicuro affrettasi verso l’immortalità,
E l’immenso tutto che è chiamato Male, vidi che si affretta a
sommergersi, a perdersi, a morire.

Un quadro di fattoria.

Traverso T ampio portone aperto del tranquillo granaio cam-


pestre,
Veggo un prato illuminato di sole con vacche e cavalli pascenti.
E bruma e paesaggio, e il lontano orizzonte evanescente.

Stupore di fanciullo.

Silente e stupefatto, mentre ero ancor fancinlletto.


Io ricordo aver udito che il predicatore, ogni domenica, poneva Dio
nei suoi sermoni,
Come se contendesse contro qualche essere od influenza.

Il corridore.

Sur una piana strada corre l’esercitato corridore;


Asciutto egli è e gagliardo e di muscolose gambe,
Lievemente è vestito, chinasi avanti mentre che corre,
Co’ pugni leggermente chiusi, e levando parzialmente le braccia.

Donne belle.

Donne, vanno in qua e in là, alcune vecchie, altre giovani.


Belle sono le giovani — ma le vecchie sono più belle che le gio-

vani.
DA SUL MARCIAPIEDE 273

Madre e bambino.

Vedo il bambino dormente, che si è fatto un nido del seno della


madre:
Dormono la madre e il bambino — senza parlare, io li guardo a
lungo, a lungo.

Pensiero.

Di obbedienza, di fede, di adesività:


Mentre che sto appartato e guardo, qui qualche cosa è in me
che profondamente mi commuove per le grandi masse di uomini, che
seguono la guida di coloro che non credono negli uomini.

Mascherata.

Una maschera, un perpetuo, un naturale travestimento di sè


stessa,
Che cela la faccia sua, che cela la sua forma :

Una maschera che la cangia, che la trasforma, in ogni ora e in

ogni momento,
Che piomba su lei, insino quando essa dorme.

Pensiero.

Di Giustizia — come se la Giustizia potesse essere una cosa


diversa dalla legge ampia, spiegata dai naturali giudici e salvatori,
Come se potesse essere questo o quello, secondo le decisioni degli
uomini.

Strisciando su tutto.

Strisciandomi su tutto, traversando tutto,


Traversando la Natura, lo Spazio, il Tempo,
Come nave che proceda sulle acque,
Il viaggio dell’Anima — non la vita sola —
Ma la morte, molte morti io canterà.

W. Whitman. — Foglie di erba. 18


274 II'. WBITMAN — FOGLIE DI ERBA

È mai venuta sopra di te un'ora.

È mai venuta sopra ili te un’ora,


Un improvviso bagliore a precipitarsi, die ha sgonfiato tutte coteste
bolle di mode e di ricchezze ?

E coteste pungenti brame — libri, politiche, arte, amori.


Per .susurrartene la nullità ?

Pensiero.

Di eguaglianza — come se nocesse a ine il dare agli altri le


probabilità stesse e gli stessi diritti che ho io — come se non fosse in-
dispensabile per i miei diritti, elle gli altri posseggano lo stesso.

Alla Vecchiaia.

Vedo in te l’estuario che si allarga e si dilaga assai, quando


è per riversarsi nel gran mare.

Locazioni e tempi.

Locazioni e tempi — che cosa è in me che si unisce a tutti,

dovunque e comunque, e mi fa essere come in famiglia ?


Forme, colori, densità, odori qual cosa è in me che — corri-
sponde con essi ?

Offerte.

Migliaia di uomini e di donne perfetti appaiono,


Attorno a ciascuno si accoglie un gruppo di amici, di gai fanciulli
e ili giovani con offerte.

Agli Stati.

(Per identificare la 16 & , la 17* o la 18* Presidenza).

Perchè reclinarsi e interrogare ? Perchè io sresso e tutti as-


sonnati ?
DA SUL MARCIAPIEDE 275

Qual tramonto profondo ! — la schiuma fluttua sulla superficie delle


acque —
Chi sono costoro, che, come pipistrelli e cani notturni, s’insinuano
nel Campidoglio ?
Che sucida Presidenza ! (O Sud ! Oh ! i tuoi torridi soli ! O Nord !

Oh ! i tuoi artici geli !)

Sono costoro, realmente, i rappresentanti del paese ! Questi i grandi


giudici ? È questi il Presidente ?

Allora io to’ dormire, ancora un po’, poiché vedo che questi Stati
dormono, e per loro ragioni
(Ma, con ammucchiate tenebre, con brontolante tuono e con spari
ci leveremo alla debita ora :

O Sud. Nord, Est, Ovest, o abitanti dell' interno e rivieraschi, noi


ci sveglieremo, sicuramente, tutti).
COLPI DI TAMBURO.

Prima, o miei canti, un preludio.

Prima, o miei canti, un preludio :

Lievemente percosse sul preparato timpano l’orgoglio e la gioia,


nella mia città
Quando essa guidò il resto all’armi, quando pronunciò la parola

finale,

Quando essa, in un attimo, con elastiche membra, e non indugiando


un momento, scattò
(0 magnifico ! 0 cittadino di Mannaliatta, o tu mio, solo mio, o mio
impareggiabile !

O tu, il fortissimo nell’ora del pericolo, nelle crisi ! O tu, piìx

fido che l'acciaio !).

Oh ! come scattasti — come buttasti via con mano indifferente, le


abitudini della pace,
Come cangiò la molle musica dei tuoi teatri, quando il tamburo e
il piffero furono uditi in sua vece,
Come guidasti tu alla guerra (questo servirà per nostro preludio,
o canti di soldati),
Quando i colpi di tamburo di Mannahatta guidarono !

Per quaranta anni io aveva visto, nella mia città ,


soldati al-
lineati in parata,

Per quaranta anni essi servirono di spettacolo, finché, di un colpo,


la signora ili questa feconda e turbolenta città,
Insonne in mezzo alle sue navi, alle sue case e alla sua incalcola-
bile ricchezza,
278 W. WBITMAN — FOGLIE DI ERBA

Con attorno i suoi milioni di tigli, improvvisamente,


In sul cuor della notte, alle notizie venute dal Sud,
Infiammata d’ira, percosse sul pavimento col pugno chiuso.
Una scossa elettrica, la notte la ringagliardì;
Finché, al rompere del giorno, con ominoso murmurc, il nostro al-
veare riversò le sue miriadi:
Dalle case, dalle officine, da tutte le porte che davan sulle vie.
Balzarono tumultuosi. Su ! i cittadini di Mannahatta si armano.
Pronti ai colpi di tamburo,
Accorrono i giovani e si armano;
Si armano i meccanici (buttate via precipitosamente la pialla, la

cucchiaia, il martello del magnano),


Lascia il suo studiò l’avvocato ed armasi, il giudice lascia la corte,

Il conduttore deserta il suo carro in sulla via e balza gin, abban-


donando le redini sul collo dei cavalli,
Il bottegaio abbandona il negozio, il direttore, il tenitore dei libri,
il portinaio, tutti lasciano l’ufficio loro;
Raccolgonsi le squadre per concorde consenso, ed armausi,
Le nuove reclute arrivano, iono proprio dei fanciulli, vecchi inse- i

gnano loro come portasi il bagaglio, ed affibbiano accurati le cinghie:


Fuor delle porte armansi. dentro le case arniausi, le canne «lei fu-
cili risplendono,
Le bianche tende si adunano per i campi, torno torno sono le sen-

tinelle, il cannone rimbomba all’alba, il cannone al tramonto,

Reggimenti armati arrivano ogni giorno ,


traversano la città, e

s’imbarcano nei porti


(Com’è bello l’aspetto loro, quando essi marciano alla spiaggia,
sudati, eoi lor fucili in spalla !

Come li amo io ! Come li stringerei fra le braccia con le loro facce


e le loro vesti e i sacelli coperti di polvere !).

Il sangue della città ribolle — Annàti ! Armati ! è il grido che


odesi dovunque;
Sventolano le bandiere da su i pinnacoli delle chiese, da tutri gli
edifìci pubblici, dai magazzini:
Ve’ la partenza lagriniosa : la mamma bacia il figlio suo, il figlio bacia
la madre sua
(Penosa alla madre è la partenza ,
nondimeno non una parola ella
dice per ritenere il figlio),

Qui è la tumultuosa scorta, qui le file dei policemen, che precedono


e sbarazzano la via,
COLPI DI TAMBURO 279

L'entusiasmo prorompe; prorompono i selvaggi applausi della folla


ai suoi favoriti;
L’artiglieria, i cannoni silenziosi, rilucenti come oro, tirati via,
rimbalzano agili sulle pietre
(O cannoni silenziosi, pronti a smettere il vostro silenzio,
Presto sarete pronti, per cominciare la vostra faccenda rossa);
Ecco tutto il murmurc dei preparativi, il risoluto armarsi,
Il servigio degli ospedali, le filacce, le bende e le medicine,
Le donne che volontarie si offrono per assistenti L’opera è inco- —
minciata seriamente; ora non è per semplice parata;
Guerra Una razza armata si avanza
! Benvenuta la battaglia, !

nessun voltar di spalle, mai !

Guerra ! Duri essa settimane ,


mesi ,
anni, una razza armata si

avanza a darle il benvenuto.

Su, suona una marcia di Mannahatta — egli è dolce il cantarla !

Essa è per una vita virile nel campo.

E la solida artiglieria,

I cannoni rilucenti com’oro, l’opera da giganti, il servir bene i

cannoni;
Sguinzagliateli dunque ! (Non più, come nei trascorsi quaranta
anni, semplicemente per far saluti e cortesie;
Cacciavi dentro qualcosa ora, oltre la polvere e lo stoppaccio !).

E tu, Mannahatta, signora di navi,


Tu, antica matrona di questa orgogliosa, ospitale, turbolenta città,

Tu che spesso, in pace, ricca e in mezzo a tutti i figli tuoi fosti pen-
sosa, e nel tuo segreto accigliata,
Tu ora sorridi, esultando di gioia, o antica Mannahatta.

Anno mille ottocento sessantuno.

O anno armato — o anno della gran lotta,


Non attillate rime o versi di sentimentale amore per te ,
o anno
terribile,
Non sei tu come uno sparuto poetino, seduto allo scrittoio a biasci-
care delle cadenze da pianoforte,
Ma un gagliardo uomo tu sei, eretto, vestito di vesti azzurre, e ti

avanzi con un fucile sulla spalla,


280 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Col corpo forte ed asciutto, con la faccia e le mani bruciate dal


sole, e con una coltella alla cintura.
Quando io ti udii gridar alto, la tua voce sonora avvolse tutto il

continente,
Sì, la tua voce virile, o Anno, parve come se sorgesse tra le grandi
città.

E ti vidi, fra gli uomini di Mannahatta, come uno degli operai,


come uno degli abitanti di Mannahatta,
Ovvero con lunghi passi traversare le praterie dell’ Illinois o del-

l’Indiana,
O rapidamente traversare l’occidente con sollecita marcia, discen-
dendo giù per gli Alleghani,
O giù dai grandi laghi, o in Pensilvania, o a bordo, lungo il fiume
Ohio,
O al Sud, lungo le fiumane del Tennessee o del Cumberland, o a

Chattanooga, sulle vette montane :

Vidi la tua marcia, e vidi le tue muscolose membra vestite in bleu

portando armi, o robusto Anno;


Udii la tua risoluta voce scagliata all’aere ancora ed ancora,
La tua voce, o Anno, che improvvisamente cantasti con la bocca
dei cannoni dalle rotonde labbra :

Ed ora io ripeto te, o precipite, stritolante, triste e furioso Anuo.

Battete! Battete! Tamburi!

Battete ! battete ! tamburi ! Squillate ! trombe ! squillate !

Traverso le finestre — traverso le porte — scoppiate con forza

spietata
Entro la solenne chiesa, e sperdetene la congregazione.
Entro la scuola, dove lo studente sta studiando;
Non lasciate tranquillo lo sposo novello — nessun diletto deve egli
prender ora della giovine sposa;
Non il pacifico colono deve avere alcuna pace, arando il suo campo
o raccogliendo il frumento :

Tanto feroce è l’urlo e il rullo vostro, o tamburi — tanto stridulo

lo squillo vostro, o trombe!

Battete ! battete ! tamburi ! Squillate ! trombe ! squillate !

Superate il traffico delle città — superate il rumor delle rote per

le vie;
COLPI DI TAMBURO 281

Sono preparati dei letti per la notte nelle case ? Nessuno assonnato
lia da dormire su questi letti,
Non guadagnare i trafficanti durante il dì — non i sensali o gli specu-
latori. Vorrebbero essi continuare ?

Vorrebbero gli oratori parlare ? I cantori attentarsi a cantare?


Vuole l’avvocato levarsi in piedi nella corte ,
per piatire il suo
caso innanzi al giudice ?

E voi strepitate più rapidi, più pesanti, o tamburi —e voi squillate


più selvagge, o trombe !

Battete ! battete ! tamburi ! Squillate ! trombe ! squillate !

Non acconsentite a trattative — non ismettete per nessuna pre-


ghiera,
Non badate al pauroso — non badate a chi piange o implora,
Non badate al vecchio che va in cerca del giovane,
Non fate udire la voce del fanciullo, non le supplici grida della
mamma :

Che anche i cataletti scuotano i morti che giacenti aspettano il

funebre carro,
Tanto rimbombate forte voi, o terribili tamburi tanto alto squil-
late voi, o trombe !

Partendo da Paumanock, io volo come un uccello.

Partendo da Paumanock, io volo come un uccello,


E, levandomi e rotando, mi elevo e canto l’ideale di tutti :

Al nord do me stesso, per cantar ivi gli artici canti,


Al Canada, finché assorbo in me il Canada; e al Michigan poi,
Al Wisconsin, al Jorva, al Minnesota canto i loro canti (sono ini-
mitabili);
Poi all’Ohio, e all’Indiana, per cantare i loro, e al Kansa e al-
l’Arkansa, per cantare i loro,
E al Tennessee e al Kentucky, alle Caroline, alla Georgia, per can-

tare i loro,
E al Texas infine; e poi su, su, lungo la California, perengriuero
accettato dovunque;
Io il primo vo’ a cantare (a battere il tamburo da guerra, se ne-
cessario)
L’ideale di tutti, del mondo occidentale uno e indivisibile,
E poi il canto di ciascun membro di questi Stati.
282 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Canto della bandiera all’alba.

Poeta.

Oli ! un canto novo, un libero canto,


Svolazzante, svolazzante, svolazzante, svolazzante, con suoni e con
voci più ciliare,
Con la voce del vento, e con quella del tamburo,
Con la voce della bandiera, con la voce del fanciullo, con la voce
del mare e con la vóce del padre :

Un canto che strisci per terra, e levisi alto nell’aria,


Sulla terra, dove il padre e il tìglio stanno,
Su, nell’aria, dove gli occhi loro si volgono,
Dove la bandiera al far dell’alba svolazza.

Parole ! libri di parole ! che siete voi ì

Non altro che parole da udire e vedere;


Ma qui, all’aria aperta, è il mio' canto; ed io debbo cantare.
In compagnia della bandiera e del pennone svolazzanti !

Io tesserò la corda e l’intreccerò :

Intreccerò l'aspirazione dell’uomo e l’aspirazione del fanciullo, e


darò loro vita,
E vi porrò il luccichio della punta della baionetta, vi porrò le

palle e il sibilo del pezzo di piombo


(Come uno che porti un simbolo e una minaccia, lontano, entro il

futuro),
Gridando con voce di tromba : Sorgete e guardate ! Guardate e

sorgete !

Roveseerò i miei versi con torrenti di sangue, pieni di desiderio,


pieni di gioia,
Poi darò loro il volo, li lancerò via, perchè vadano, perchè ga-
reggino
Con lo svolazzo della bandiera e del Pennone.

Pennone.

Ascendi qui, o bardo, o bardo,


Ascendi, qui, o anima, o anima,
Ascendi, qui, o piccolo e diletto fanciullo.
COLPI DI TAMBURO 283

Per volar meco fra le nulii e i venti, per giocar meco entro la
luce infinita.

Fanciullo.

Clie cos’ è, o padre, nel cielo, che mi fa cenno con un lungo


dito,
E che cosa mi vien dicendo ora i

Padre.

Tu non vedi nulla nel cielo, o mio bambino,


E nulla ti guarda qui, o fanciullo
vien detto — :

Guarda questi fulgidi oggetti nelle case, vedi le botteghe del da-
naro che si aprono,
Vedi i veicoli che si preparano a trascinar le merci per le vie;
Queste oli ! queste ! come pregiate son esse, come si lavorò per
esse !

E come sono invidiate da tutta la terra !

Poeta.

Fresco e di un roseo rosso, il sole vien montando su in alto,


Fluttua perenne il mare nel suo lontano azzurro, correndo rapido
pei suoi stretti,
Fluttua perenne il vento sopra il seno del mare, spiugendolo verso
il lido,
Il vento grande e gagliardo dall’Ovest o dal Sud-Ovest,
Fluttuando si dondola sulle acque dalla schiuma bianca come latte.

Ma non il mare, non il rosseggiante sole son io,

Non il vento con sorriso di fanciulla,


Non l’immenso vento che invigorisce, non il vento che sferza,
Non lo spirito che incessante sferza il proprio corpo, tino al terrore
e alla morte,
Ma colui io sono che, invisibile, viene e canta e canta e canta,
Che mormora nei ruscelli, che rapido discende in pioggia sulla terra,
Che, da sera e da mane, gli uccelli boscherecci conoscono,
284 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Che le sabbie della sponda con l’acque che la baciano conoscono,


e che è conosciuto dalla bandiera e dal pennone,
Qui, in alto, svolazzanti e svolazzanti.

Fanciullo.

Esso è vivo, o babbo — è affollato di gente — ed ha figli;

Or mi sembra ch’ei parli ai suoi figli;


Io l’odo — ei parla a me — Oh ! la meraviglia !

Come si distende — si allarga e corre celere ! O padre mio,


Esso è così ampio che ricopre l’intiero cielo.

Paure.

Cessa, cessa, o mio folle bambino,


Quel che tu parli è angoscioso per me, e mi dispiace;
Guarda qui,' come gli altri, dico: non guardare le bandiere e i pen-
noni su in alto,
Ma i lastricati ben fatti, e osserva le case solidamente murate.

Banuiera e Pennone.

Parla al fanciullo, o bardo, parla di Mannahatta,


A tutti i nostri figli del sud o del nord di Mannahatta,
Consacra questo giorno, lasciando ogni altra cosa, a noi su ogni
cosa — e pur noi non sappiali) la ragione dell’essere nostro —
Perchè che cosa altro siarn noi fuorché lembi di stoffa, di nes-
suna utilità,

Salvo quella di svolazzare al vento ?

Poeta.

Io sento e vedo non soli lembi di stoffa,

Io sento il calpestìo degli eserciti, io odo la sentinella che chiede


il motto d’ordine,
Odo il giubilante grido di milioni di uomini, odo la Libertà !

Odo i tamburi battere, e squillare le trombe;


E io stesso mi muovo, sorgendo rapido, volando;
Le ali degli uccelli terrestri io uso, e uso le ali degli uccelli ma-
rini, e guardo giti come da un’altura.
COLPI DI TAMBURO 285

Io non nego i preziosi risultati della pace, vedo città popolose con
ricchezze incalcolabili,
Vedo innumeri fattorie, vedo i padroni di esse al lavoro dei loro
campi, o nei loro granai,
Vedo lavorar meccanici, vedo dovunque fondarsi edifici — alcuni
che sorgono, altri compiuti —
Vedo treni di carri correre celeri sulle rotaie delle ferrovie, tirati
dalle locomotive,
Vedo le provviste, i depositi di Boston, di Baltimora, di Charle-
ston e della Nuova Orleans,
Vedo nell’Ovest l’immensa area da frumento, e mi v’ indugio su
aleggiando,
Trascorro sul cumulo delle foreste del Nord, e di nuovo rivedo le

piantagioni del Sud


nuovo la California;
e di
E voleggiando su tutto, vedo gli utili incomputabili, l’affacendato
accumulare, le guadagnate mercedi,
Vedo l’identità di trentotto spaziosi e superbi Stati (e molti più
nell’avvenire),
Vedo fortezze sulle rive dei porti, vedo navi che partono e che arri-
vano,
Ma vedo, sopra ogni cosa (sì! sì!) il mio piccolo e sottile pennone,
foggiato a forma di spada,
Che corre celermente, annunciando guerra e sfida — Ora la fune
l’ha issato,
Accanto alla mia larga bandiera azzurra, accanto alla mia stellata
bandiera,
Cacciando in fuga la pace da tutto il mare e da tutta la terra.

Bandiera e Pennone.

Ancora più forte, più alto, più sonoro, o bardo ! Penetra ancor
più lontano e più largamente !

Che i figli nostri non istimino noi ricchezze e pace solamente !

Noi possiamo essere strage e terrore, e tali siaui ora;

Noi non siam ora di uno di questi ampi e superbi Stati (nè di cin-
que, nè di dieci),
Non siamo nè mercato, nè deposito, nè banca nella città,
Ma siamo queste e ogni altra cosa: il bruno suolo che si distende,
e le mine sott’esso son nostre,
Nostre le sponde del mare, e i fiumi grandi e piccoli,
286 ir. T VBITMÀN — FOGLIE IH EJIBA

Nostri i campi da essi inaffiati, nostri i ricolti e le frutta,


E le baje e i canali e le na ci che arrivano e salpano — mentre noi
sopra tutte le cose,
Sopra l'area distesa sotto noi, sopra i tre o quattro milioni di mi-
glia quadrate, sopra i capitali,
Sopra i quaranta milioni di popolo — noi, o bardo, per la vita e
per la morte,
Noi, proprio noi, campeggiando potenti in alto,
E non per il presente solo, ma per migliaia di anni, cantiamo, per
mezzo tuo,
Questo canto all’anima di un povero piccolo fanciullo.

Fanciullo.

O padre mio, io non amo le case,

Esse sono nulla per me; nè amo il danaro;


Ma amerei montar su, quivi, o padre caro ,
su questa bandiera
che amo,
Questo pennone io vorrei e debbo essere.

Padre.

Tu mi ricolmi di angoscia, o figlio mio;


Esser questo pennone sarebbe cosa troppo terribile,
Tu conosci poco che sia questo dì, e gli altri che verranno dopo
e sempre.
Non vi è da quadagnar nulla, ma da rischiare e da sfidar tutto,
Stare innanzi, sul fronte delle battaglie, oh !
quali battaglie ! Che
hai tu da fare con esse ?

Con le passioni da demoni, con le stragi, con le morti premature f

Bandiera.

Dentoni e morte dunque io cauto:

Accogli tutto, sì tutto, io voglio, o pennone foggiato a spada di

guerra;
Accogli un piacer novo ed estatico, e la ciarlata voglia di aver
figli,
COLPI DI TAMBTRO 287

Fondila nel canto con i snoni della pacifica regione, e del liquido
lavacro del mare:
E le nere navi combattenti sul mare, avvolte nel fumo,
E l’ agghiadante freddo del lontano, lontano nord, col fruscio dei
cedri e dei pini,
E il rullo dei tamburi con la cadenzata marcia dei soldati, e il

caldo, splendente sole del sud,


E le onde che lavano la sponda della mia riva occidentale e della
mia riva orientale,
E tutto quello che è fra esse, e il mio sempre corrente Mississipì
e le sue curve e cascate,
E i miei campi dell’ Illinois, e i miei campi del Kansas, e i miei
campi del Missuri.
E il continente che dona l'intera identità sua, senza riserbarsi un
atomo,
Versa in esso ! Sommergivi quello che domanda, quello che canta,
con ogni cosa e col frutto di ogni cosa,
Fondendo, avvinghiando, esortando, divorando ogni cosa:
Ma non più, con labbra tenere, non più con musicati suoni labiali.
Non più persuasiva erompa dalle tenebre, a fin di bene, la voce
nostra,
Gracidando, qui, al vento, come cornacchie.

Poeta.

Le mie membra, le mie vene dilatansi, il mio tema è alfine


determinato:
O bandiera, che balzi ampia dalla notte, io canto te ,
superba e
risoluta,
Donde aspettai a lungo, troppo a lungo ,
muto e cieco, scoppio
fuori,
La mia lingua e il mio udito son tornati a me (un piccol fanciullo
mi ha insegnato);
Odo dall'alto, o pennone di guerra, il tuo ironico appello e il tuo
grido,
Insensato ! Insensato ! (eppure ad ogni costo io canto) — Oh ! ban-
diera !

Non case di pace in vero, sei tu. nè alcuna, uè tutte le prospe-


rità (se occorre, tu avrai ciascuna di queste case per distruggerle,
288 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Tu non pensi a distruggere queste case di valore, solide, piene di


agi, edificate con dispendio,
Ma possono rimaner salde? Non un'ora, salvo che tn sii sopra
esse. Allora tutto starà saldo).

O bandiera, tu non sei danaro prezioso, nè fattorie tu produci,


nè i buoni nutrimenti materiali,
Nè le provviste eccellenti, nè le merci sbarcate nei porti da sulle
navi,
Nè tu sei le superbe navi colla lor forza di vele o di vapore . che
provvedono e trasportano carichi;
Non macchinismo, non veicoli, non commercio, non rendite sei tu —
ma, come io ti vedrò d’ora innanzi, tu
Correndo fuor della notte, recando il tuo gruppo ili stelle (stelle
,

che si dilargano sempre),


Partendo l’alba, tagliando l’aria, tócca dal sole, misurando il cielo
(Guardata con passione ed amata da ogni povero piccolo fanciullo,
Mentre altri restano affaccendati, parlando affannosamente, e inse-
gnando inezie ed inezie sempre),
Tu stai salda e dritta qui O pennone tu che onduli come serpe ! !

che dia in modo curioso dei baci,


Tu stai dove la mano non arriva: solo un’idea tu sei, eppure per te
si combatte con tanta furia, rischiando una morte sanguinosa per te,

o da me amata,
Tanto amata ! O bandiera, che guidi durante il dì, accampando
gli astri portati dalla notte !

Tu, un oggetto dello sguardo, tu senza valore, eppure tu sei sopra

ogni cosa e tutto tu domandi (assoluta sovrana di Pitto) — O ban-


diera ! O pennone !

Anch’io lascio tutto il resto — comunque esso sia grande, esso è


nulla — case, macchine son nulla —
io non le vedo,
Io non vedo che te, o pennone di guerra ! O bandiera tanto ampia,
con le tue liste di stoffa ! Io canto solamente te.
Te, svolazzante in alto, qui, al vento.

Levatevi, o giorni, dagl’informi abissi vostri.

1.

Levatevi, o giorni, dagl’informi abissi vostri, e spazzate ogni

cosa più superbi e più feroci :


COLPI DI TAMBURO 289

A lungo per la mia anima ginnasticamente affamata io divorai


quello die la terra mi dette,
A lungo vagai per i boschi del Nord, a lungo guardai il rovesciarsi
del Niagara,
E viaggiai pei' le praterie e dormii nel loro grembo ,
e valicai le
Nevade e valicai gli altipiani,
E ascesi le torreggianti rocce del Paeiiico, e veleggiai fuori, al
mare :

Veleggiai nella tempesta e fui dalla tempesta rinfrescato,


Guardai con gioia i minacciosi gorghi delle onde,
Osservai le bianche creste, dove esse correano così alte e arricciate,
Udii il vento sibilare, vidi le nubi nere,
Vidi quel che dal profondo gonflavasi e montava (Oh superbo ! !

Oh ! selvaggio e potente come mio cuore !), il

Udii il tuono incessante, quando muggiva dopo il lampo,


Notai le sottili e ondulate fila del baleno quando improvvise ,
e
rapide s’inseguivano l’una l’altra traverso il cielo,
Queste e simiglianti cose io vidi in estasi. — Sì; vidi con meravi-
glia, sebben pensoso e padrone di me,
Tutta la minacciosa potenza del globo, commossa a me d'intorno,
Nondimeno, io con la mia anima di ciò che vedeva cibandomi, mi
cibai sodisfatto sì, ma accigliato.

2 .

Ciò era bene, o anima — una buona preparazione fu questa


che mi desti;
Ma ora, noi ci avanziamo per saziare una fame più ampia e la-

tente,
Noi procediamo per ricevere quello che nè la terra, nè il mare ci

dettero mai:
Non per mezzo i possenti boschi noi andiamo, ma traversiamo le

città più possenti,


Qualcosa si vien rovesciando ora, maggiore che il rovesciarsi del
Niagara,
Sono i torrenti di uomini (siete voi inesauribili, o sorgenti e ru-
scelli del Nord-Ovest ?).

Che cosa, rispetto a queste nostre vie e case, erano le tempeste


delle montagne e del mare f

W. Whitman. — Foglie di erba. 19


290 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Che cosa, rispetto alle passioni che io osservo a me d’intorno ? Che


cosa era il mare sconvolto ?

Che cosa il vento sibilante il sibilo di morte, sotto le nubi nere t

Su, via ! Da abissi più informi qualche cosa di più mortale e sel-
vaggio si leva,
Si leva Mannahatta e si avanza con minacciosa fronte. — Cincinnati.
Cicago si sono scatenati;
Che era quel rigonfiarsi dell’Oceano ch’io vidi ? Guarda quel che
giunge qui,
Condei monta con piedi e mani audaci, com’ei percuote !

Come il vero tuono ei mugghia, dopo il baleno quali lucenti —


guizzi di lampo !

Come la Democrazia con portamento vendicatore e disperato in-


cede, rischiarata nella tenebra dai guizzi del lampo !

(Nondimeno un funebre lamento e un sommesso singhiozzo, io im-


magino di aver udito fra le tenebre,
In una tregua dell’assordante’ confusione.)

3 .

Su, tuona ! Incedi, o Democrazia ! Percuoti i tuoi colpi ven-


dicatori !

E voi assorgete più alti che mai, o giorni, o Città !

Rovesciatevi più pesanti, più feroci ancora, o tempeste ! Voi mi


avete beneficato,
L’anima mia, preparata nelle montagne, ora assorbe il vostro nu-
trimento immortale e gagliardo;
A lungo io aveva corso le mie città, e, sodisfatto a metà, le vie delle

nostre campagne fra le nostre piantagioni;


Un nauseante dubbio, ondeggiante, come serpe ,
strisciava sempre
dinanzi a me,
E precedeva incessantemente i miei passi e volgeva verso me spesso
il capo a riguardarmi, e sibilava le sue ironie;
E io lasciava, abbandonava allora le città amate . affrettandomi a
quello che meglio mi sodisfaceva,
Affamato, affamato, affamato sempre delle energie primitive e dei

robusti moti della natura;


Solo di essi mi nutriva, solo essi mi ristoravano,
Ed aspettavo lo scoppiare del fuoco nascosto, ed aspettai a lungo
sulle acque e per l’aere;
.

COLPI DI TAMBURO 291

Ma ora non aspetto più. sodisfatto, satollo son io.


Io ho visto dinanzi a me i lampi veri, ho visto le mie città elet-
trizzate,
Son vissuto fino a vedere scoppiar l’uomo, e sorgere 1’ America
guerriera
D'ora innanzi non cercherò più il mio cibo su pei luoghi selvaggi
del settentrione,
Xon più, vagando su per le montagne, o veleggiando su pel mare
burrascoso.

Virginia — l'Ovest.

Il nobile sire caduto in giorni di tristizia,


10 vidi con la mano levata e minacciosa, che brandiva
(Poste in oblio le antiche memorie, posti in oblio amore e fede),

11 pazzo pugnale contro la Madre di Tutti.

Il nobile tìglio sui gagliardi piedi avanzarsi


Io vidi, fuor della regione delle praterie, fuor della terra delle acque
dell’ Ohio e dell’Indiana,

Alla riscossa: il fiero gigante, rovesciavasi con la sua innumerabile


prole,
Vestita di azzurro e con le fide carabine sulle spalle.

Allora la Madre di Tutti con calma voce parlando,


Quanto a voi, Ribelli (parvemi aver udito che dicesse), perchè
lottate contro ame, perchè ne volete alla mia vita ?
Mentre voi stessi provvedeste a difendermi per sempre ?

Voi ini provvedeste Washington — ed ora questi altri anche.

Città di navi.

O città di navi !

(Oh ! le Oh le fiere navi


nere navi ! ! 1

Oh le belle navi a vapore e a vela, arditamente foggiate in curva !)

O città del mondo (perchè tutte le razze sou qui,


1

E tutte le regioni della terra mandano qui il contributo loro);


O città del mare città delle celeri e fulgenti maree
! !

Città dove tripudiami le maree si estollono e recedono rumoreg-


eianti con vortici e spuma !

292 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ELBA

Città di provviste e di porti, città dalle alte facciate di marmo e


di acciaio !

Città orgogliosa e passionata — faccendiera, folle, stravagante città !

Sorgi su, o città — non per la pace solo, ma sii finalmente, proprio
te, guerriera !

Non temere — non modellarti su alcun tipo, fuor del tuo, o città !

Volgi lo sguardo a me — incarna me, come io ho incarnato te !

Nulla ho io ributtato di quanto tu mi hai offerto — quello che tu


adottasti, adottai anch’io;
Buono o cattivo che fosse, io non ti feci osservazioni — io amo tutto
non condanno nulla,
Canto e celebro tutto quello che è tuo — noudimeno non più pace
ora.
In pace cantai la pace, ma ora il rullo del tamburo di guerra è mio,
Guerra, guerra sanguinosa cantano ora le mie canzoni, traverso le tue
vie, o città !

Il racconto del Centenario.

( Volontario del 1861-62, al Washington Park, Brooklyn,


assistendo il Centenario).

Dammi la tua mano, o vecchio Rivoluzionario;


La vetta della collina è da presso... sol pochi passi (fate luogo, si-
gnori);
Su pel sentiero tu mi hai seguito bene, a dispetto dei tuoi cento
e più anni,
Tu puoi camminare, vecchio, sebbene i tuoi occhi sieno quasi di-
sfatti,

Le tue facoltà ti servono, ed ora debbono servir me.

Riposati, mentre che io ti dico che significa la folla che ci

circonda :

Al piano, laggiù, delle reclute manovrano e si esercitano,

Qui è l’accampamento, un reggimento parte domani;


Odi tu gli ufficiali che danno i loro ordini ?

Odi tu lo strepire dei moschetti f

Che cosa vien ora sopra di te, o vecchio ?

Perchè tremi, e stringi così convulsivamente la mia mano ?

Le truppe nou fanno che manovre, sono ancora circondate da sor-


risi;
COLPI DI TAMBURO 293

Attorno ad esse, da vicino, sono amici ben vestiti e donne,


Mentre, splendido e caldo, il sole pomeridiano rifulge;
Verde è l’erba della mezza estate, e fresca spira la scherzosa brezza
Sulle orgogliose e pacifiche città, e sul braccio del mare che le tra-
mezza.

Ma la manovra e la parata son finite, i soldati marciano ai


loro quartieri;
Solo odesi questo applauso ! Ascolta qual fragore di applausi !

Partonsi e disperdonsi ora le folle, ma noi, o vecchio —


Non per nulla ti ho guidato qui — noi dobbiamo restare,
Tu per parlare alla tua volta, io per udire e raccontare.

Il Centenario.

Quando io ti strinsi la mano, non fu per terrore;


Ma, improvvisamente, investendo me, qui, d’ogni lato,
E di sotto, là, dove i giovaui manovravano e sui fianchi ,
della
collina dove essi correvano,

E dove le tende son piantate, e dovunque tu guardi a sud, a sud-


est, a sud-ovest,
E sopra le colline, traverso le terre basse, e in sugli orli dei bo-
schi,
E lungo le coste del mare, e nelle paludi (ora colme).... di nuovo
ritornò sopra di me, improvvisa e rabbiosa
Come ottanta cinque anni fa, nou una parata, accolta da applausi
di amici,
Ma una battaglia, a cui presi io stesso parte. Sì; fu lungo tempo
fa; ed io vi presi parte,

Camminando su questa stessa vetta, su questo stesso terreno.

Sì, il terreno è questo:


I miei ciechi occhi, mentre ch’io parlo, lo veggono ripopolato di
sepolture;
Gli anni recedono, i pavimenti, le salde case spariscono,
Appaion di nuovo i rozzi forti, gli antichi cannoni cerchiati son
pronti,
Vedo i sollevati parapetti di terra che si distendono dal fiume alla
baia,
294 ir. WBITMAJY — FOGLIE DI ERBA

Guardo lo spettacolo delle acque, guardo gli altipiani e 1 pendìi;



Qui noi stemmo accampati. Ed anclxe allora era la stagione di estate.

Mentre che parlo ricordo tutto; ricordo la Dichiarazione:


Qui, essa fu letta : l’esercito era tutto in parata. Essa fu letta a
noi, qui :

Dal suo stato maggiore circondato, il Generale stava in mezzo e


brandiva la spada sguainata,
Che splendeva al sole, e in piena vista dell’esercito.

Fu un audace atto allora — i vascelli da guerra inglesi erano


giunti allora,
Noi potevamo vederli giù al basso, dove stavano ancorati,
E le loro navi da trasporto, sciamanti di soldati.
Di là a pochi giorni sbarcarono e allora avvenne la battaglia.

Venti mila furono menati contro di noi,


Una forza veterana fornita di buona artiglieria.

non ti parlerò ora dell’intiera battaglia,


10
Ma una brigata sola, cui al mattino fu ordinato di avanzarsi ad
di
attaccare le giubbe rosse;
Di questa brigata io ti dirò, come marciò salda,
E come, a lungo e bene, stette ad affrontare la morte.
Chi pensi tu che marciò saldo e gagliardo ,
affrontando la

morte ?

Era la brigata dei più giovani, forte di due migliaia,


Levata nella Virginia e nel Maryland e la maggior parte di que’ :

giovani era conosciuta personalmente dal Generale.

Da bravi si fecero innanzi, a celeri passi, verso le acque del


Govanus,
Finché improvviso, inavvertito, sfilando traverso i boschi occupati
nella notte,
Il Britanno avanzandosi — i cannoni fieramente tonando — eir-

condolli ad oriente,
E la brigata di que’ giovanetti restò tagliata da noi, alla mercè dei
nemici.

11 Generale li osservava da questa collina:


Ripetuti e disperati sforzi essi fecero, per spezzare il loro aggira-
mento,
COLPI DI TAMBURO 295

Poi si strinsero insieme, molto compatti, la loro bandiera svolaz-


zando in mezzo a loro,
Ma oh ! dalle colline, come il cannone li veniva diradando e dira-
dando.

Ancora mi strazia, (presto macello !

Vidi il sudore rapprendersi in gocce sulla faccia del Generale.


Vidi com’egli si storcea le mani per l’angoscia.

Frattanto il Britanno manovrava per attirarci a battaglia ge-


nerale,
Ma noi non osammo affidarci alla ventura di una battaglia gene-
rale .

Combattemmo una pugna per distaccamenti,


Facendosortite; combattemmo in vari punti, ma in ciascuno la
fortuna ci fu contraria;
Il nemico avanzando, e ostinatamente proseguendo il suo vantaggio,
ci respingeva alle trincee su questa collina,
Finché noi facemmo fronte minacciosi; ed allora ci lasciò.

Questa fu la sortita della brigata dei più giovani ,


forte di
due migliaia,
Pochi ritornarono; quasi tutti restarono in Brooklyn.

Questa, e fu qui, la prima battaglia del mio Generale;


Non donne spettatrici, non sole che ci scaldasse, nè tiuì con ap-
plausi;
Nessuno battette le mani qui, allora.

Ma nella tenebra, in mezzo alla nebbia bassa, sulla nuda terra,


sotto una pioggia fredda,
Sfiniti, quella notte giacemmo oppressi e crucciati,

Mentre beffardamente, molti arroganti lord deridevano noi accam-


pati :

Erasi a portata di udito, ed essi festeggiavano, e facevano tintin-


nire i loro bicchieri, toccandoli per la loro vittoria.

Ugualmente tedioso e umido il dì appresso,


Ma nella notte di esso, sollevatasi la nebbia, e cessata la pioggia,
Silenzioso come un fantasma, mentre che nemici pensavano
i esser
sicuri di lui, il mio Generale fece la ritirata.
296 ir. WHITUAN — FOGLIE DI ERBA

Io vidi lui alla sponda del fiume,


Accanto alla chiatta, illuminata da torce, affrettando l’imbarco;
Il mio Generale aspettò, finché soldati e feriti passassero tutti,
E poi (proprio al sorger del sole) questi occhi si posarono su lui
per l’ultima volta:
Tutti gli altri erano abbattuti,
Molti senza dubbio pensavano a capitolare.

Ma, quando il mio Generale fu passato innanzi a me,


Mentre che egli stava nella sua barca e guardava il sorgente sole.
Io scorsi in lui qualche cosa di diverso da una capitolazione.

Terminus.

Abbastanza; il racconto del Centenario finisce qui :

Ma i due, il passato ed il presente, si compenetrano tra loro,


Ed io, per connetterli, come cantore di un gran futuro, ora prendo
la parola.

Ed è questo il terreno che Washington calcò?


E queste le acque, che ogni dì io traverso spensierato ,
le acque
che egli traversò,
Così risoluto nelle sconfitte, come altri generali nei loro più su-
perbi trionfi ?

Io devo trascrivere la storia e inviarla verso l’oriente e verso


l’occidente,
Io devo preservare quello sguardo, così come raggiò su voi, o cor-
renti di Brooklyn.

Vedi — quando torna il giro di un anno, ritornano anco i fan-


tasmi ;

È il 27 agosto, c il Britanno è approdato,


La battaglia incomincia ed è contraria a noi; guarda, tra mezzo il

fumo, la faccia di Washington.


La brigaia della Virginia e del Maryland è marciata via per arre-

stare il nemico;
Essa è tagliata, un’artiglieria assassina, dalle colline, fa su essi il

suo gioco,
File dopo file cadono, mentre su esse silenziosa penzola triste la

bandiera,
COLPI DI TA JIB UBO 297

Battezzata in questo dì dalle sanguinanti ferite di tanti giovani,


Dalla morte, dalla disfatta, e dalle lagrime di sorelle e di madri,

Olr ! colline e pendìi di Brooklyn ! Io comprendo che voi va-


lete più di quello che i proprietari vostri credono;
In mezzo a voi sta un accampamento assai antico,
.Sta per sempre il campo di questa morta brigata.

Cavalleria attraversante un guado.

Una linea di cavalieri in lunga processione, là dove essa piegasi


fra le verdi isole,
Prende una forma serpeggiante — le loro armi splendono al sole —
udite il clangore musicale,
Guardate la corrente argentea, in cui i cavalli spruzzanti, sostando,
indugiansi a bere,
Guardate gli uomini dalle facce abbronzate — ciascun gruppo, cia-

scuna persona, un quadro — i negligenti riposano sulle selle,


Alcuni emergono alla sponda opposta, altri sta ora entrando nel
guado — mentre
Scarlatti, e azzurri e niveamente bianchi,
Gli stendardi guidoni ondeggiano allegramente al vento.

Bivacco sul fianco della montagna.

Vedo ora innanzi a me un esercito in marcia, che fa alto :

Sotto allargasi un’ampia valle con granai ed orti estivi,


Dietro la valle estollonsi ripide, campeggiane sempre più alte, le

terrazze dei fìauchi di una montagna


Scoscesa, con rocce, con cedri rampicantisi, le cui alte forme ap-
paiono nella luce fosca.
Numerosi fuochi da campo sono sparsi da presso e da lungi, alcuni,
là, sulla vetta;
Ombre di forme di uomini e di cavalli, in lontananza, allungantisi,
agitantisi,
E sopra tutte cose il cielo — il cielo ! E lontano, lontano, fuori
del vedere, aggruppati brillano gli astri eterni.

298 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Un corpo di esercito in marcia.

Cou la loro nube di scaramuccinoti all’avanguardia.


Ora con lo scoppio di un solo sparo, fischi ante come colpo di fru-

sta, ed ora cou uua irregolare salva,


Le sciamanti schiere spingonsi su e su, e le deuse brigate spin-
gonsi su.
Scintillanti fiocamente, affaticantisi sotto il sole — gli nomini sou
coperti di polvere,
Muovonsi in colonne, elevansi, abbassatisi alle ondulazioni del ter-
reno,
Frammezzati dall’artiglieria — le rote cigolano, i cavalli sudano,
Mentre il corpo di esercito avanza.

Accanto all’incerta fiamma del bivacco.

Accanto all’incerta fiamma del bivacco,


Svolgesi intorno a me una processione solenne, e dolce e lenta —
ma, prima, io noto
Le tende del dormente esercito, il profilo fosco dei campi e dei
boschi :

La tenebra è rischiarata a tratti da fuochi accesi — tutto è silenzio


Come fantasima, da lungi o da presso, un’eventuale figura si muove.
E i rovi e gli alberi... quando io levo gli occhi, panni che fisa-

mente mi guardino.
E intanto svolgonsi in processione i miei pensieri. O affettuosi e
ammirabili pensieri
Di vita e di morte, della casa e del passato, di quello che amiamo
e di quelli che son lontani;
Una solenne e lenta processione è questa, mentre ch’io seggo per
terra,
Accanto all’incerta luce del bivacco.

Vien su dai campi, o padre.

Vien su dai campi, o padre, evvi una lettera del nostro Pete.
E vieni alla porta di strada, o mamma, evvi una lettera dal tuo
figlio diletto,
COLPI DI TAMBURO 2!IH

Vedi, è la stagione di autunno,


Ve’, gli alberi hanno tinte più verdi, più gialle e più rosse,
E rinfrescano e fan più soavi i villaggi dell’Oliio con le loi fiondi
tremolanti alla moderata brezza,
E le; appiuòle maturano negli, orti, e i grappoli pendono dai
pergolati
(Fiuti tu la fragranza dei grappoli che pendono dalle viti i

Fiuti tu la saggina, dove testé le api ronzavano ?) :

In alto, sopra ogni cosa, vedi, sta il cielo, così calmo, così traspa-
rente dopo la pioggia e con nuvole così meravigliose,
Sotto, tutto è calmo, tutto è vivo e bello, e il podere prospera bene.

Giù, nei campi, tutto prospera bene,


Ma ora dai campi giunge il padre, giunge alla chiamata della figlia,

E viene alla porta di entrata, la mamma : alla porta che dà sulla


via, difìlata corre la mamma.

Celere quant’ella può si affretta essa, qualcosa di ominoso


ella presente, i suoi passi tremano,
Non a ravviarsi i capelli, non a rassettarsi la cuffia ella s'indugia.

Straccia la busta subito :

Uh questa non è la scrittura del nostro caro


! figlio, nondimeno il

suo nome vi è firmato,


Oh una mano straniera ha scritto pel nostro
! caro figlio — Oh ! fe-

rita anima di madre !

Tutto balena innanzi agli occhi di lei, tutto empiesi di scintille


nere, essa afferra le principali parole solamente,
E spezzate sentenze, ferito di palla di fucile al petto, scaramuccia di
cavalleria, portato all’ospedale,

Al presente depresso, ma presto starò bene.

Ed ora a me quella isolata figura :

In grembo al fertile e ricco Ohio, con tutte le sue città e poderi,


Con la faccia malaticcia, pallida, col capo greve, stremata di forze,
Sta ella appoggiata allo stipite della porta che dà sulla strada.

Xon ti accorare cosi, mamma cara, (dice singhiozzando la figlia


maggiore,
Mentre le sorelle minori le si stringono attorno senza parole,
smagate),
Vedi, mamma cara, la lettera dice che Pete presto starà meglio.
,

300 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ahimè povero fanciullo, non più starà meglio egli (nè, forse,
!

ha bisogno di star meglio quella semplice e valorosa anima),


Mentre essi stanno a casa, in sulla porta che dà sulla strada, egli
è già morto,
L’unico figlio è morto.

Ma è la mamma che ha bisogno di star meglio,


Essa, la cui stremata persona, è ora vestita di nero :

Mentrechè dura il dì non tocca cibo; poi, a notte, il suo dor-


mire è a sbalzi; e spesso vegliando,
Vegliando a mezzanotte, e lagrimando desia con brama intensa,
Se mai possa, inavvertita, sparire; silenziosa scappare dalla vita e
sparire
Per tener dietro, per cercare, per essere insieme col caro figlio,
morto.

Una strana vigilia io feci, una notte, al campo.

Una strana vigilia io feci, una notte, al campo :

Quando in questa giornata tu cadesti al mio fianco, o figlio mio,


o mio camerata,
Solo uno sguardo io ti detti; e i tuoi cari occhi mi ricambiarono
solo uno sguardo, che non dimenticherò
io più;
Una rapida stretta della mia sulla mano tua, che tu, o fanciullo,
stendesti a me, mentre giacevi pei- terra,
E poi, su, mi ricacciai nella battaglia, nella sempre contesa bat-
taglia,
Finché a notte tarda fui rilevato, alla fine, dal mio posto e rifeci di

nuovo la mia via.

Ti trovai nella morte e cosi freddo, o camerata diletto ! trovai, o


figlio, il tuo corpo che soleva rispondere ai miei baci (non più ri-

sponderà di nuovo sulla terra):

Scoperta la tua faccia stava sotto il lume degli astri, curiosa era

la scena, gelata spirava la moderata brezza notturna,


Ed io, a lungo, allora, vigilai colà; mentre fosco stendeva si attorno
a me il campo di battaglia.

Vigilia meravigliosa e vigilia diletta, ivi, in grembo alla fra-

grante notte silenziosa;


Ma non una lagrima cadde, nemmeno un lungo sospiro io trassi;

solo a lungo ed a lungo guardai.


COLPI DI TAMBURO 301

Poi sedetti per terra al tuo fianco, inchinato verso te, poggiando il

mento sulle mie mani,


Trascorrendo dolci ore, ore dolci e mistiche in tua compagnia, o
diletto camerata — ma non una lagrima, non una parola.
Vigilia di silenzio, di amore e di morte, vigilia per te, figlio mio
e mio soldato.
Mentre lassù, in alto, salivano silenziosi gli astri, e dall'oriente
sorgevano dei nuovi;
Vigilia finale per te, o bravo fanciullo (io non ti potetti salvare,
rapida fu la tua morte),
Ma io ti amai ed ebbi cura di te mentre vivevi e io credo che noi
c’incontreremo ancora.
Poi, in sull’ultimo aleggiar della noDe, proprio mentre 1’ alba ap-
pariva,
Avvolsi il mio camerata nella sua coperta, avviluppai bene la sua
forma,
Addoppiai bene la coperta, la rincalzai accuratamente sotto il capo,
accuratamente sotto i piedi;
E ivi, allora, mentrechè lo bagnava di sè il sole sorgente, depositai
il figlio mio nella sua fossa, nella sua fossa rozzamente scavata,
E terminai così la mia vigilia strana, vigilia notturna, in mezzo
al fosco campo di battaglia :

Vigilia pel fanciullo che rispondeva ai baci (non più risponderà di


nuovo sulla terra),
Vigilia pel camerata rapidamente ucciso, vigilia che non dimenti-
cherò più mai. Così, all’ apparire del giorno,
10 mi levai dal terreno freddo, avvolsi bene il mio soldato entro
la sua coperta,
E lo sepellii colà dov’era caduto.

Una marcia tra le file affrettantisi


e per via sconosciuta.

Una marcia tra le file affrettantisi e per via sconosciuta :

Si cammina traverso un bosco triste, con passi assorditi, fra le


tenebre;
11 nostro esercito è disfatto con gravi perdite, e, tetri, i sopravvis-
suti sono in ritirata :

Dopo mezzanotte, finalmente, tralucono su noi le luci di un edi-


ficio foscamente illuminato :
302 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Bravami giunti a una radura in mezzo al bosco, e facemmo alto


accanto al fabbricato loscamente illuminato.
Era un'ampia, vecchia chiesa, sorgente in un crocicchio, ed ora un
ospedale improvvisato.
Entratovi per un minuto solo, veggo uno spettacolo, che eccede
ogni pittura o poema :

Ombre, profondamente, profondamente nere, appena rischiarate da


agitantisi candele e lampade,
E da una grande torcia di resina, fissata salda, che spandeva fiamma
di mi rosso selvaggio e nubi di fumo;
E, accanto alle ombre, scorgo incerti gruppi di forme sul pavi-
mento — alcuni anche giacevano sugli scanni —
Ai miei piedi, ecco, un soldato — un vero fanciullo — in pericolo
di dissanguarsi (è ferito nell’addome),
Stagno temporaneamente il sangue (la faccia del giovinetto è bianca

come giglio).
Poi, prima di partire, giro ancora gli occhi su quella scena così

bella, per assorbirla tutta :

Facce, varietà, posizioni che non possono descriversi, i più nelle


tenebre, alcuni morti,
E chirnrgi che operano, e assistenti che reggono i lumi, e odore di
etere e odore di sangue,
E la folla... Oh ! la folla delle forme sanguinose — anche il sa-

crato n’è pieno —


Alcune sulla nuda terra, altre su assi o barelle, alcune sudanti negli
spasimi di morte :

Odesi, occasionalmente, un grido o un gemito, e i gridati ordini o


le chiamate del dottore,
Mentre i piccoli strumenti di acciaio atterrano il baglior delle torce
e luccicano.
Tutte queste cose rievoco ora che canto; vedo di nuovo le forme,
fiuto di nuovo l’odore;
Poi odo il comando dato fuori : In riga, miei uomini, in riga.

Ma prima di uscire, io mi chino sul fanciullo morente: i silo

occhi erano semi aperti, un mezzo sorriso ei mi dona,


E gli occhi gli si chiudono, calmi si chiudono. Ed io mi ricaccio

allora entro la tenebra,


Riprendo la marcia, marciando sempre nelle tenebre, entro le file.

Marciando sempre per la via ignota.


,

COLPI DI TAMBURO 303

Quel che vidi nel campo


al grigio e fosco spuntare di un giorno.

Quel che vidi nel campo, al grigio e fosco spuntare di un giorno,


Quando, senza sonno a così presta ora uscii dalla mia tenda
E lento camminai all' aria fresca sulla via che era accanto alla
tenda ospedale :

Tre forme io vidi giacere sui cataletti, portate ivi e lasciate a gia-
cere fuori la tenda;
Su ciascuna era distesa la coperta, una larga e bruna coperta di
lana
Una coperta grigia e pesante, che le avvolgeva e copriva tutte.

Curioso ristetti e silenzioso;


Poi con mano leggera, dal viso del più vicino, il primo, sollevai la

coperta :

Chi sei tu, vecchio uomo, così ischeletrito e terribile, con la tua
chioma così grigia, e la carne affossata attorno agli occhi ?

Gin sei tu, caro camerata ?

Poi mi feci al secondo: — E tu chi sei, figlio mio, mio amore f

Chi sei tu, dolce fanciullo, dalle guance ancor fiorenti ?

Poi — un viso nè di fanciullo, nè


al terzo, di vecchio, molto
tranquillo, un viso come se di bianco-giallo avorio :

O giovine, io credo di conoscerti — credo che questo viso sia pro-


prio il viso di Cristo,
Di Cristo, morto e divino; del fratello di tutti, che qui giace no-
vellamente.

Quando affaticato vagavo per i boschi della Virginia.

Quando affaticato vagavo per i boschi della Virginia,


Alla musica delle foglie crepitanti sotto i miei piedi (poiché era
l’autunno),
Scorsi a piè di un albero la tomba di un soldato:
Ferito mortalmente, fu sepolto nella ritirata (facilmente si poteva
supporl o),
Nella fermata di un’ora, a mezzodì, quando oh ! non vi era tempo
da perdere — nondimeno questo segno vi fu lasciato
304 W. WBITMAN — FOGLIE VI ELBA

Sur una tavoletta graffita, inchiodata all' albero, accanto alla tomba :

Audace, prudente, verace, e mio camerata diletto.

A lungo, a lungo io soglio fantasticare, quando, vagabondando


per la mia via,
Seguo le variabili stagioni e le molteplici scene della vita;
Sì, talora, tra le stagioni e le scene cangianti, improvvisa, o che
io stia solo, o in mezzo alle vie affollato,
Mi torna innanzi gli occhi la fossa dell’ignoto soldato e torna la
rozza iscrizione dei boschi della Virginia :

Audace, prudente, verace, e mio camerata diletto.

Non il pilota.

Non il pilota che si è dato il compito di guidare in porto la


nave, sebbene respinto, e molte volte schernito,
Non lo scovritore delle vie, che, stanco, penetra nell'interno.
Bruciato dai deserti, gelato dalle nevi, bagnato dai fiumi, e non-
dimeno perseverante, fino a che non ha raggiunto la destinazione,
Si è dato un carico maggiore di quello che io ho dato a me stesso:
di comporre, notato o no, una marcia per questi Stati,
Per appellarli a battaglia, ed a levarsi in armi se occorre, per
anni, per secoli avvenire.

Anno che tremava e barcollava sotto me.

Anno che tremava e barcollava sotto me !

Il tuo vento estivo era caldo abbastanza, e pur l’aria che respiravo
mi gelava !

Una fitta tenebra cadde traverso il sole e mi gettò nel buio :

Devo io cambiare i miei canti di trionfo ? mi domandai,


Devo imparare a cantare i freddi canti funebri dei vinti ?

E i tristi inni della disfatta ?

L'assistente dei feriti,

l.

Vecchio e curvo vengo tra facce nuove,


E guardando negli anni trascorsi, li rievoco per rispondere ai fan-
ciulli :
COLPI DI TAMBURO 305

Vieni, vecchio : narraci, dicono giovani e ragazze che mi amano


(Commosso, irato, già io mi pensai di battere l'allarme e d'incalzare
in una guerra senza tregua;
Ma presto le dita mi vennero meno, la mia taccia cadde giù ed
10 mi rassegnai
A sedere accanto ai feriti per curarli, o a vegliare, silenzioso, i

morti);
Dicci di quelle scene degli anni passati, di quelle passioni furiose,
di quelle vicende,

Di quegli eroi non più sorpassati (fu l’ima parte valorosa ? l’altra
fu valorosa egualmente);
Sii ora di nuovo la testimonianza loro, dipingici i più possenti
eserciti della terra.
Di quelli eserciti così celeri, così meravigliosi, che cosa vedesti che
tu possa dirci ?

Qual memoria dura in te più a lungo, più profonda ? Dei curiosi


timori panici.
Degli attacchi aspramente combattuti o dei terribili assedi, quale è
11 tuo più profondo ricordo ?

2 .

O giovani, o giovauette che io amo e che mi amate,


Dei giorni di cui mi chiedete i più strani e improvvisi la vo-
stra ciarla richiama :

Soldato attivo io giungo dopo lunga marcia, coperto di sudore e


di polvere,
Proprio al buon momento giungo : mi caccio nella battaglia, grido
alto nella mischia di una carica fortunata,
Entro nelle superate trincee — nondimeno, guarda ! come una cor-
rente e celere fiumana quei ricordi vaniscono:
Passano e muoiono e vaniscono essi — nè io posso indugiarmi
sili pericoli o sulle gioie dei soldati
(Io rimembro bene gli uni e le altre — molte erano le sofferenze,
poche le gioie —
nondimeno io era contento).

Ma, in silenzio e come in proiezioni di sogni.

Mentre che il mondo del guadagno, dell’apparenza e della gioia


procede per la sua via,
E che così presto tutto questo è obliato, e le acque ne cancellano
sulla sabbia le orme,
\V . Whltman. — Foglie di erba. •Ai
3011 71 '. WHITMAN — FOGLIE DI EliBA

Io con le ginocchia tremanti, torno addietro ed entro queste porte


(voi levatevi su,
E chiunque voi siate, seguitemi senza far rumore, e siate di cuor
gagliardo).

Portando le bende, l’acqua e la spugna,


Diritto e rapido, io vo ai miei feriti,
Dov’essi giacciono per terra, dove furono portati dopo la battaglia.
Dove il loro sangue prezioso tinge in rosso l’erba del terreno:
Ovvero vo tra le file delle tende dell’ospedale, o sotto il tetto degli
ospedali,
E fra le lunghe linee delle corsie, vado su e giù, e torno allato
a tutti,
Presso a ciascuno, presso a tutti, all’uno dopo l’altro, senza omettere
alcuno;
E dietro a me viene un attendente con un truogolo ,
trascinando
un secchio da rifiuti,

Pronto a riempirsi di stracci aggrumati, e di sangue, pronto ad


essero vuotato e riempito ancora.

Procedo, procedo, poi mi arresto :

Con le ginocchia tremule, ma con mano salda fascio le ferite,

Risoluto sono con ciascuno, i dolori sono acerbi, ma inevitabili:


Uno di essi mi rivolge i suoi occhi imploranti —-Povero fanciullo !

io non ti conobbi mai,


Pure io credo cho in questo momento non rifiuterei di morire per
te, se ciò potesse salvarti.

3.

Su, io procedo !
(Schiudetevi, o porte del tempo ! schiudetevi,
o porte degli ospedali !)

Qui fascio una frantumata testa (povera mano inconscieute. non


istrappare le bende):
Più oltre esamino il collo di un soldato di cavalleria passato fuor
fuora da una palla,
Affannoso è il suo rantolo, gli occhi sono già invetrari, nondimeno
la vita tien duro
(Vieni, o morte gentile ! Piègati alle preci, o morte !

Vieni sollecita, abbi pietà !).



COLPI DI TAMBURO 307

Dal moncherino, dall’ainputata inano,


Disfo le filacce aggrumate, rimuovo le croste, lavo la marcia e il

sangue;
Indietro il soldato arrovesciasi sul cuscino, curvato il collo, pie-
gando dall’un dei lati l’ abbandonato capo,
Chiusi sono i suoi ocelli, pallida è la sua faccia, non osa guardare
sul suomoncherino sanguinante,
Ne ha su esso guardato ancora.

Ecco un ferito al lianco la ferita è profonda, profonda;


:

Ancora un giorno, due al più; perchè, vedi, gli orli sono disfatti
e morticci,
Vedi, il colore è giallo-bleu !

Qui curo un omero forato, là un piede ferito di palla,


Netto l’uno da un’edace e putrida cangrena, così debilitante ,
così
dannosa,
Mentre l’attendente mi sfa dietro, un po’ discosto, col truogolo e
la secchia.

Io son fedele e non mi stanco.


La coscia fratturata, il ginocchio, la ferita nell’addome,
Tutto ciò ed altro io euro. Impassibile è la mano (ma dentro, nel
mio profondo petto, vi è fuoco, e fiamma).

4.

E così in silenzio, e come in proiezioni di sogni,


Tornando indietro negli anni, rievocandoli, rifaccio la via traverso
gli ospedali,
Calmo i feriti e i malati con carezzevole mano.
Seggo, per tutta intiera la notte scura, appo chi non trova requie
alcuni son tanto giovani.
Alcuni soffrono tanto — e richiamo alla mente la mia soave e triste

esperienza
(Molte braccia di amorevoli soldati ' intrecciarono attorno a questo
mio collo e vi riposarono,
M ulti baci di soldati dimorano ancora su queste Libbra barbute).
308 TT. WHITMAN — FOGLIE DI EBBA

A lungo, troppo a lungo, o America.

A lungo, troppo a lungo, o America,


Tu, viaggiando per vie piane e tranquille, imparasti la lezione delle
gioie e della prosperità solamente,
Ma ora, oh ! ora, per imparare da crisi di angoscia, ti avanzi,
battendoti col più terribile dei destini, non indietreggiando mai:
Ora devi comprendere tu, e mostrare al mondo che cosa i tuoi
tigli en masse sono realmente
(Perchè chi, fuor di me, comprese che cosa i tuoi figli en masse
realmente sono ?).

Dammi lo splendido silenzioso sole.

1.

Dammi lo splendido silenzioso sole con tutti i suoi raggi ful-


genti,
Dammi il succoso frutto autunnale, maturo e rosso, delTorto,
Dammi un campo, dove la non falciata erba cresca.
Dammi un albero, dammi il grappolo delle intrecciate viti.
Dammi la nuova biada e frumento e gli animali che col sereno
il

lor moto insegnano la sodisfazione,


Dammi le notti così pienamente tranquille, come sono su gli alti-

piani occidentali del Mississi pi . e ch’io di là miri gli astri,

Dammi un giardino di leggiadri fiori, che spanda i suoi profumi


al sorger del sole, e dove, in quiete non turbata, io possa passeg-
giare,
Dammi a sposa una donna dal dolce alito, della quale io non sia
stanco mai,
Dammi un figli i perfetto, pollini lontano dai tumulti del mondo,
in una vita villereccia di famiglia,
Concedimi di gorgheggiare canti spontanei, appartato da tutti, e

per gli orecchi miei solamente,


Dammi la solitudine, dammi, o Natura, dammi di nuovo, o Na-
tura, le tue sanità primitive !

E dimandando pure cotesto cose (stanco come io sono dall'ec-


citamento incessante, e tormentato dalle rudi vicende della guerra .
COLPI PI TAMBURO 309 .

Queste cose cercando senza posa, per ottenerle, ed uscendo in pianti


ellevengonmi dal cuore,
Nondimeno, mentre le cerco senza posa, resto sempre congiunto alla
mia città,
E giorno dopo giorno, ed anno dopo auuo. o mia città, passeggio
le tue vie,

A cui tu mi tieni incatenato da tempo, rifiutando di lasciarmi li-

bero:
E tu. per saziarmi e per arricchirmi di spirito, mi dài sempre e
sempre dei visi
(Ora io vedo ciò da cui cercavo fuggire ,
e. confrontando e rievo-
cando i miei gemiti,
Vedo l’anima mia calpestare quello clic, già tempo, cercava).

2 .

Tienti pure il tuo sole splendido e silenzioso,


Tienti i tuoi boschi, o Natura, e i siti tranquilli accanto ai boschi,
Tienti i tuoi prati di trifoglio e di timo, i tuoi campi di frumento
e i tuoi orti,
Tieuti i fioriti campi di saggina, su cui al nono mese ronzano le
api,
E a me dà visi e vie — dammi queste incessanti, infinite visioni
sui marciapiedi !

Fammi vedere pupille innumeri — dammi doune — dammi came-


rati ed amanti a migliaia !

Fa ch'io ne vegga di nuovi ogni dì — fa ch’io stringa ogni dì la


mano di nuovi !

Dammi di tali spettacoli — dammi le vie di Mannahatta !

Dammi Broadrvay con dei soldati che vi marcino — dammi il suono


delle trombe e dei tamburi !

I soldati, a compagnie o a reggimenti — alcuni che, infiammati


e irrequieti, muovono alla partenza,
Altri che, fatto il lor tempo, ritornano in file assottigliate — gio-
vani e non di meno vecchi e consunti ,
che marciano ,
incuriosi di
tutto !

Dammi le rive e i porti, adorni di folte e nere navi !

Sì, tali cose per me ! Sì, una vita intensa, piena fino alla sazietà
e variata !

La vita del teatro, delle osterie, dei grandi alberghi per me !


A

310 ir. WHÌTMA T — FOGLIE DI ERBA

Per me le sale dei piroscafi !


per me le affollate escursioni, e le

processioni con fiaccole !

Per me la brigata destinata alla guerra ,


seguita dai carriaggi con
le bagagli a alto accatastate;
Per me il fluttuare di un popolo infinito con le forti sue voci, pas-
sioni e pompe,
Per me le vie di Mannahatta coi loro palpiti possenti, coi tamburi
battenti, come ora,
E il vociare in coro assordante e incessante, e il risonante strepi re-
dei moschetti (la vista dei feriti anche).
Oh ! le folle di Mannahatta col loro turbolento ed armonico coro !

Oh ! i visi e gli occhi di Mannahatta sempre, sempre per me !

Canto funebre per due veterani.

L'ultimo raggio di sole


Lievemente cade del morente Sabato,
E qua lastricato, e di là da esso, rischiara
il

Una doppia fossa nuovamente laggiù scavata.

Ve’ la luna che viene ascendendo


Su da oriente : l’argentea luna rotonda,
Piella sui comignoli delle case, spettrale come fantasima,
L’immensa e silenziosa luna.

Scorgo una triste processione,

Ed odo lo squillo delle appressantisi trombe dalle numerose chiavi:


Tutti gli sbocchi delle vie della città si vanno popolando

Quasi di voci e di lagrime.

Odo dei grandi tamburi il solenne battere,


E i piccoli tamburi che gagliardi rullano,
E tutti i colpi dei grandi convulsivi tamburi
Profondamente nell’anima mi feriscono.

Perchè il figlio è portato insieme col padre


(Nelle prime file, in un terribile assalto, essi caddero,
Due veterani, figlio e padre, e morirono insieme,
E quella doppia fossa ora li aspetta).

Più vicine ora le trombe squillano,


E i tamburi battono più convulsi :
COLPI DI TAMBURO 311

La luce del dì è quasi svanita da sul lastricato,


il la gagliarda marcia funebre mi avvolge.

Nel cielo orientale, ondeggiando,


Mesta la grande fantasima surge lucente
(Egli è di qualche madre l’ampio viso trasparente,
Che nel cielo cresce più fulgido).

O marcia gagliarda di morte, tu mi piaci !

O luna immensa, con la tua argentea faccia tu mi sollevi !

O miei gemini soldati ! O miei veterani che passate al sepolcro !

Quello che io ho, anch’io vi dono.

La luna vi dona luce,


E le trombe e i tamburi la musica loro;
E il mio cuore, o miei soldati, o miei veterani,
Il mio cuore vi dona amore.

Sopra la strage surse una voce profetica.

Sopra la strage surse una voce profetica :

Non disperate; l’affetto risolverà anche i problemi della libertà:


Quelli che si ricambiano amore sono invincibili,
E faranno anche una volta vittoriosa la Columbia.

Figli della Madre di Tutti, voi sarete vittoriosi anche una


voltai
Voi riderete ancora, fino a beffarvene, degli attacchi di tutto il resto
della terra.

Nessun pericolo arresterà gli amanti della Columbia;


Se sarà necessario, mille s’immoleranno intrepidamente per uno.

L’abitante del Massachusetts sarà il camerata del Missou-


riano;
Uno del Maine, uno della calda Carolina e un altro, un Oregonese,
faranno un trinità di amici,
Più preziosi l’uno all’altro, che tutte le ricchezze della terra.

A Michigan verranno affettuosamente i profumi della Florida,


Non profumi di fiori, ma olezzi più dolci e spandentisi oltre la
morte.
312 W. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Sarà consueto, nelle case e per le vie, vedere virili affetti,

I più fieri e rudi accosteranno lievemente guancia a guancia.


L’effetto della Libertà saranno gli amanti,
La continuazione dell’Eguaglianza saranno i camerati.

Questi vi legheranno eil avvinceranno più saldamente che anella


di ferro;
Io, in estasi, o compagni ! o terre ! vi legherò con l’amore degl'in-
namorati.

(Credevate forse di esser tenuti insieme dai legislatori ?

O da una scritta sur un foglio di carta ? o da armi ?

No, nè il mondo, nè alcuna vivente cosa potrà unire così.)

Vidi assediato un vecchio generale.

Vidi assediato un vecchio generale


(Vecchio egli era, pur in mezzo alla battaglia, i grigi occhi suoi
splendevano come astri):

La sua poca milizia era allora completamente chiusa entro le

trincee,
Chiamò dei volontari che traversassero le linee del nemico, un'im-
presa disperata;
Vidi un centinaio e più saltar dalle file, ma due o tre furono
scelti,

Li vidi da parte ricevere gli ordini; udivano attenti : la faccia


dell’aiutante era grave;
Li vidi partire allegramente, rischiando liberalmente le loro vite.

La visione dell'artigliere.

Mentre la mia donna giace qui accanto a me dormendo, e che


le guerre son finite da tanto tempo.
E che la mia testa posa sul cuscino, a casa mia, e vuota la mez-
zanotte passa,
E che, fra il silenzio e l’oscurità, odo. odo proprio, il respiro del
mio bambino,
Qui. nella mia camera, mentre sto sveglio, una visione mi assale.

La battaglia si appicca qua e colà, nella mia fantasia:


COLPI DI TAMII CDO 313

I bersaglieri incominciano, strisciando innanzi con cautela ,


sento
l'irregolare snnp !-suap !

Sento i suoni dei diversi proiettili, il breve t-h-t ! t-h-t ! delle palle
dei fucili rigati,
Vedo le granate scoppiare, lasciando nuvolette di fumo bianco, odo
le grandi stridere mentre passano,
E la mitraglia che somiglia al murmure e al fischio del vento tra-
verso gli alberi (tumultuosa è la rabbia dei combattenti ora'.
Tutte le scene delle batterie risorgono nei loro particolari innanzi
a me,
Lo scroscio e il fumo, 1 ’ orgoglio degli nomini sui loro pezzi,
II capo cannoniere che punta il suo pezzo, mira . e sceglie una
miccia dal tempo giusto,
E, dopo lo sparo, lo veggo piegarsi da lato, e guardare intensa-
mente, per osservarne belletto;
Altrove odo il grido di un reggimento che si avanza alla carica
(il giovane colonnello guida in persona questa volta, con la spada in
alto).

Vedo i vuoti fatti dalle scariche del nemico (riempiti rapidamente,


senza indugio).
Respiro il fumo soffocante: poi le nuvole di fumo aleggiano basse,
celando tutto.
Ora vi ha una strana bonaccia di pochi secondi . senza un colpo
solo dall’ una parte e dall’altra,
Poi il caos riprende più furioso che mai, con gl’ imperiosi ordini
degli ufficiali,
Mentre da qualche lontano punto del campo il vento mi reca uno
scoppio di applauso (qualche successo parziale).
E il rombo del cannone sempre, prossimo o lontano (suscitandomi
anche nei sogni un tripudio diabolico, e tutta la vecchia, folle gioia
già sentita dal profondo dell’anima),
E sempre l’affrettarsi della fanteria che cambia posizione, e le bat-

terie, la cavalleria che si muovono qua e colà


(Ai cadenti, ai moribondi non pongo mente, i feriti goccianti e
rossi non guardo, alcuni si trascinano zoppicando alla retroguardia):
Sudiciume, caldo, foga, aiutanti di campo galoppanti a briglia
sciolta,
Il continuo murmure delle piccole armi, l’ammonitore s-h-t delle
carabine (questo nella mia visione odo e vedo),
314 II'. WHITMA .V — FOGLIE DI ERBA

E lo scoppiar delle bombe nell’aria, e, a notte, l’ accendersi dei razzi


dai vari colori.

Etiopia che saluta la nostra bandiera (1).

Chi sei tu, fosca donna, così vecchia da parere appena umana,
Con la tua bianca lana di capelli, col turbante in capo, con i tuoi
nudi piedi ossuti ?

Perchè sorgi qui, accanto alla via per salutare i nostri colori 1

(Ei fu mentre che il nostro esercito era fra le sabbie e i pini


della Carolina,
Che tu, fuor della porta della tua capanna, venisti a me;
Allora sotto il prode Sherman io marciava verso il mare.)

Me posseggono più che cento anni, da che fui divelta dai miei ge-
nitori.

Una piccola fanciulla ero, e mi presero come una bestia selvaggia e

presa,
Poi qui, traverso il mare, il negriero crudele mi trasportò.

Non più ella disse, ma, indugiandosi tutto il giorno,


Scoteva la testa eretta, ricinta dal turbante, e girava attorno il fosco
occhio,
E faceva cortesie ai reggimenti, agli stendardi che le passavano ac-
canto.

Che è questo, o fatai donna, così distrutta, da parere appena


umana f

Perché scotevi tu la testa ,


cinta di turbante giallo . rosso e
verde ?

Sono così strane le cose che tu hai viste e vedi ?

Non la giovinezza si appartiene a me.

Non giovinezza si appartiene a me,


Nè delicatezza; io non posso sciupar tempo iu ciarle,

(1) Questo è uno dei tre canti rimati del TV. È composto di ciucine terzine, nelle
quali il secondo e terzo verso di ciascuna rimano tra loro. 11 primo verso non rima
con altri.
COLPI DI TAMBURO 315

Goffo sono in sala, nè sono nu ballerino, nè un elegante;


Fra la coterie dei dotti seggo a forza e mi sto tranquillo, perchè la

dottrina non mi alletta :

La bellezza e la conoscenza non mi allettano — nondimeno due


o tre cose ini allettano —
Io ho nutrito i feriti, e molcito i dolori di molti soldati mori-
bondi ,

E ad intervalli, o aspettando, o in mezzo al campo.


Ho composto questi cauti.

Razza di veterani.

Razza di veterani, razza di vittoriosi !

Razza di questa terra, pronta alla lotta — razza delle marce con-
quistatrici !

(Non più razza credula e mite, paziente razza.)


D’ora innanzi è una razza che non professa altra legge fuorché la

legge di sè stessa,
Una razza di passione e di tempesta.

O abbronzato figlio della prateria.

O abbronzato tìglio della prateria,

Prima che tu venissi nel campo, molti graditi doni ci erano venuti;
Lodi e presenti vennero, e nutriente cibo, e alla fine, tra le re-
clute,
Venisti tu, taciturno, con nulla dà dare — e noi ci guardammo
l’un l’altro,
Quuud’eeeo, maggiore che tutti i doni del mondo, tu desti me.

Guarda giù, leggiadra luna.

Guarda giù, leggiadra luna, e inonda questa scena,


Versa mite quaggiù i flutti del nimbo della notte sulle facce spet-
trali. gonfie, scarlatte;
Stri morti giacenti sul loro dorso con le braccia distese,
Riversa giù il tuo infinito nimbo, o sacra luna.

316 W. WHITMAF — FOGLIE DI ERBA

Riconciliazione.

Parola che vince tutto, bella come il cielo;


Questa bella guerra e tutte le sue gesta di carneficine devono col
tempo essere in tutto obliate:
Che le mani delle sorelle, Morte e Notte, incessanti e tranquille
lavino ancora, e rilavino ancora e sempre questo maculato mondo !

Poiché mio nemico è morto, un uomo divino come me è morto:


il

Guardo dove egli giace con la pallida faccia, quieto nella sua bara
e me gli faccio dappresso,
E mi curvo, e gli tocco lievemente con le labbra la bianca faccia,
entro la bara.

Quanta sollennità mentre che ad una ad una.


(Washington City, 1865).

Quanta sollennità, mentre che ad una ad una,


Le schiere ritornano, sparute e sudate; mentre che gli uomini sfi-

lano, accanto al luogo dove io sto :

Mentre le facce e le maschere appaiono, mentre io guardo le facce

studiando le maschere
(Così io levo da questa pagina il guardo, e studio te, o amico,
chiunque tu sii),

Coni’ è solenne il pensiero della mia anima, che susurra a ogni


uomo delle schiere, e a te !

Vedo dietro ciascuna maschera un miracolo, una consorte anima !

Oh ! la palla non potrebbe mai uccidere quello che tu realmente


sei, o diletto amico,
Non la baionetta trafiggere quello che tu realmente sei:

L’anima! Te proprio io veggo, grande come ogni altra che sia.


buona come le ottime cose sono,
Che aspetta sicura e contenta, e cui nè palla potrebbe mai uc-
cidere,
Nè baionetta trafiggere, o amico.

Mentre che poso il mio capo


sul tuo seno, o camerata.

Mentre che poso il mio capo sul tuo seno, o camerata.


La 'confessione fattati rinnovo, quel che ti dissi all'aria aperta rin-

novo :
COLPI DI TAMBURO 317

Io so che sono irrequieto e che faccio irrequieti anche altri.

So che le mie parole sono armi piene ili pericolo, piene di morte,
Perchè io affronto la pace, la sicurezza, e tutte le leggi stabilite,
per sovvertirle :

10 non mi prendo, nè presi mai pensiero dell’ esperienza ,


delle
cautele, delle maggioranze, nè del ridicolo,
E la minaccia di quel che chiamano inferno, è poco o nulla per me,
E la lusinga di quel che chiamano cielo, è poco o nulla per me:
Caro camerata ! io confesso di averti spinto in su con me, e che
ti spingerò ancora, senza la menoma idea del nostro destino,
Nè se noi saremo vittoriosi, o completamente vinti e disfatti.

Gruppo gentile.

Gruppo gentile ! Vessillo di vita feconda !

Che ricopri tutte le mie terre —


che segni tutte le mie marine !

Vessillo di morte ! (come ti ammirai in mezzo al fumo della bat-


taglia incalzante !

Come ti udii sbattere e fremere, o stoffa sfìdatrice !)

Vessillo ceruleo — vessillo fulgido di sole, e pezzato dagli astri


della notte !

011 ! mia bellezza argentea ! oli ! mia lana bianco-cremisina !

Oh ! cantare il tuo canto, mia matrona possente !

Il tuo canto, o tu sacra per me, tu, madre mia.

Ad un pacifico cittadino.

Chiedesti tu da me rime armoniose ?

Cercasti le pacifiche e languide rime cittadinesche ?

Trovasti tu, che quello che io cantai testé non era agevole a se-
guirsi I

.Sì, io non venni cantando teste, perchè tu mi seguissi e inten-


dessi — nè ora canto perciò
(Io sono nato da quello stesso da cui la guerra nacque,
11 rullo dei tamburi militari è una dolce musica per me, ed io amo
assai il marziale inno funebre,
Che con lento gemito e convulsivo palpito guida il funerale dell’ uf-
ficiale.)

Che cosa è per un tale come sei tu. un poeta come sono io f La-
scia perciò le mie opere,
318 ir. WRITMAR — FOGLIE DI ERBA

E va a cullarti con ciò clic puoi capire, e con i miti accorili del
piano,
Perchè io non cullo alcuno, e tu non potrai mai intendere me.

Su, alle vette, o Vincitrice.

Su, alle vette, o Vincitrice,


Dove tu, con possente ciglio riguardando il mondo
(Il mondo, o Libertà, che vanamente cospirò contro a te),
Stando fuori dei suoi continui opprimenti travagli, dopo averli
compressi tutti,

Dominatrice e col rifulgente sole a te dintorno,

Pompeggi ora, incòlume, nella tua sanità florida ed immortale —


Guarda in queste Ore supreme,
!

Non un orgoglioso poema io ti offro cantando, non un verso ma-


gistrale e incantatore,
Ma una bandiera contenente tenebre di notte ,
e ferite gementi
sangue,
E i salmi della morte.

O spirito, la cui opera è compiuta.

(Washington City. 1865).

O spirito, la cui opera è compiuta — spirito delle terribili ore !

A te un cauto pria che tu ti diparta e che vaniscano dagli ocelli


miei le tue foreste di baionette :

Spirito dalle nere patire e dubbi (sebbene senza esitare s incal-

zasse avanti sempre),


Spirito dei molti giorni solenni, e delle molte scene selvagge — tu.
elettrico spirito,
Che con tonante voce, in mezzo alla guerra ora finita . come infa-
ticato fantasma ti agitavi,
Eccitando la nazione con alito di fiamma, e battendo e battendo
il tamburo,
Ora che il suono aspro del tamburo, inutilmente alfine ,
echeggia
intorno a me,
E che le tue schiere, le tue schiere immortali, ritornano e ritornano
dalle battaglie,
,

COI PI DI TA MI! UR O 319

E clic i moschetti sono ancora poggiati sulle spalle elei giovani sol-
cati;
Mentre elle ancor veggo le rigide liajonette sulle loro spalle,
Mentre che queste oblique baionette, di cui intere foreste appaiono
in lontananza, si avvicinano e passano, tornando a casa,
E elle, a seconda della marcia e del risoluto incesso, dondolano
a destra e a sinistra
Ed egualmente splendono, e pajono come onda elle s’innalzi e si

avvalli, mentre che i passi battono il tempo;


Tu, o spirito di ore elle io vidi, di quelle ore, oggi tinte in rosso,
ma pallide, come morte, il dimani.
Tocca la mia bocca, prima die tu parta, premi le tue labbra
contro le mie,
Lasciami le tue pulsazioni di rabbia, lasciale per legato a me —
empirai di correnti convulsive,
Fa’ che esse ardano e piaghino, scattando dai miei canti, quando tu
sarai partito,
Fa’ che esse mostrino in questi canti l’identità tua agli avvenire.

Addio ad un soldato.

Addio, o soldato,
Addio a te, mio delle feroci campagne (che insieme combattemmo)
E delle marce rapide e della vita del campo,
E della calda resistenza delle opposte schiere e della faticata ma-
novra,
E delle battaglie rosse con le loro carneficine, e dello stimolo, e
del gagliardo e pauroso gioco,
Incanto di tutti i bravi e virili cuori, mentre le passioni del tempo
riempivano te e i simili tuoi
Li guerra e delle manifestazioni della guerra.

Addio, caro camerata,


La tua missione è compiuta — ma io piti battagliero,
Io e questa guerriera anima mia,
Mestiamo sempre legati alle nostre proprie campagne:
E per vie non provate, dove sono allineati oppositori in agguato,
Fra molte ed aspre sconfitte, fra molte crisi e scherniti spesso,
Marciamo e marciamo sempre, combattendo — Sì; quivi
Noi diaui vita a più feroci e più gravi battaglie.
320 W. WEITMAX — FOGLIE DI ERBA

Rivolgiti, o Libertà.

Rivolgiti, o Libertà, poiché la guerra è fluita :

Da essa e da tutto quiml’ innanzi, spandendoti uou più dubbiosa,


ma risoluta spazzando il inondo,
Volgi le spalle alle terre che si guardali dietro, ricordando le gesta
del passato,
Ai cantori che cantano lo strascico delle glorie del passato.
Ai canti del mondo feudale, dei trionfi dei re, della schiavitù,
della casta:
Volgi il viso al mondo, ai trionfi che ti serba il futuro — abban-
dona questo retrogrado mondo,
Lascia ai poeti che furono, lascia ad essi gli strascichi del passato.
Ma quel che resta, resti per i poeti, per te — le guerre dell’avvenire
sono per te

(Oh ! come le guerre del passato ti hanno allettata, e come ti al-


lettano anco le guerre presenti !).

Rivolgiti dunque, o Libertà, e non allarmarti — rivolgi la tua


faccia immortale
Là dove il futuro, più grande di tutto il passato,
Viensi celermente, sicuramente, preparando per te.

Al fecondato suolo che essi calcarono.

Al fecondato suolo che essi calcarono, io canto l’ ultimo cauto


(Fuor della mia tenda balzo a fin di bene, allentando, snodando
le corde della tenda).
Nella sua freschezza è l’aria mattutina, entro agli orizzonti lontani
ed entro ai paesaggi resi di nuovo alla pace,
Un canto invio ai fieri campi emanativi, e agli interminabili pano-
rami di là da Nord e al Sud:
essi, al
Al fecondato suolo del mondo occidentale, perchè attesti i miei
canti,
Alle colline dell’Alleghiaua, all’instancabile Mississipì.
Alle rocce, che invocai cantando, a tutti gli alberi dei boschi.
Alle pianure dei poemi degli eroi, alle praterie che si distendono
ampie,
Al mar lontano, agl’invisibili venti e alla salubre impalpabile aria.
E tutti rispondono la loro risposta (non con parole però) :
.

COLPI DI TAMBURO 321

La mediana terra risponde, essa che fu testimone della guerra e


mi riconosce in silenzio,
della pace, e
La prateria mi stringe a sè, come un padre fa del figlio al suo
ampio petto,
Il gelo e la pioggia del Nord, come cominciarono, mi nutriscono
anche al finire;

Ma è il caldo sole del Sud quello che pienamente maturerà i miei


canti

\V . Whitman. — Foglie di erba. 21


MEMORIE DEL PRESIDENTE LINCOLN.

Quando gli ultimi lilla fiorivano nella corte.

l.

Quando gli ultimi lilla fiorivano nella corte,


E il grande astro, dì buon’ ora nella notte, tramontava nel cielo
occidentale,
10 piangeva; e così piangerò sempre con la primavera die ritorna
sempre.

O primavera che ritorni sempre, una sicura trinità tu porterai


sempre per me.
11 lilla perpetuamente rifiorente, l’astro che tramonta ad occidente,
E il pensiero di colui che amo.

2 .

O possente, caduto astro occidentale !

O ombre della notte O notte tetra, piena di lagrime


! !

O grande astro sparito Oh la nera tenebra che nasconde l’astro


! ! 1

O mani crudeli, che mi ritenete impotente O sconfortata anima mia


! !

O rude nube, che mi avvolgi e che non libererai di te mai più


l’anima mia !

3 .

Nella corte che fronteggia una vecchia casa campestre, presso


la palizzata tinta in bianco,
321 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Sorge alto uu cespuglio di lilla, con le sue foglie di ricco verde,


tagliate a forma di cuore,
Con i molti delicati fiori dal forte profumo che io amo tanto,
Con le foglie, ili cui ciascuna è un miracolo. —
E da questo cespu-
glio che è nella corte,
Con i suoi fiori dal color delicato, con le sue foglie di ricco verde,
tagliate a forma di cuore,
Un ramoscello con i suoi fiori io colgo.

4 .

Nella palude, negli appartati recessi,


Un ritroso e ascoso uccello gorgheggia un canto.

È il tordo solitario (1),


L’uccello eremita, che raccolto in sè, sfuggendo gli abitati,
Canta nella solitudine uua canzone.

Canto di gola che sanguina,


Uno sfogo di morte che è canto di vita (perchè lo so ben io, o
fratello diletto,
Se non ti fosse concesso di cantare, sicuramente tu morresti).

o.

Sopra il seno della primavera, sopra la nazione, in mezzo alle


città,
In mezzo ai sentieri e traverso gli antichi boschi, dove, sporgendo
dal suolo, occhieggiavano testé le violette ,
macchiettando le grige
foglie morte,
In mezzo all’erba dei campi, tra ambedue le sponde dei sentieri,
passando tra l'erbe iutìnite,

Passando tra il frumento giallo e lanceolato, i cui granelli sollevatisi


dal loro involucro funebre, fra il cupo bruno dei campi,
Passando fra le appiuole dai fiori bianchi e rosei negli orti,
Recando un cadavere colà dove riposerà nella fossa,
Notte e giorno viaggia una bara.

(1) ita.» stornello americano, di abitudini solitarie e dal canto dolce ( Turdus
Vallami)

MEMORIE DEL PRESIDENTE LINCOLN 325

li.

O bava che passi traverso i sentieri e le vie,


Durante il giorno e la notte, in compagnia della gran nube che
ottenebra la nazione,
Con la pompa delle bandiere ravvolte, con le città pavesate a lutto,
Con l’immagine di essi gTi Stati che stanno come donne veldedi
nero,
Con processioni lunghe, avvolgentisi, con le abbaglianti faci della
notte,
Con le innumeri torce accese, col silente mare di facce e di capi
scoperti, con la bara che giunge e con i visi addolorati,

Con i canti funebri echeggianti nella notte, con le migliaia di voci


che si elevano gagliarde e solenni,
Con le dolenti voci dei canti funebri attorno la bara,
Mentre le chiese sono illuminate fescamente e gli organi fremono
qui, inmezzo alle cose fra cui viaggi,
Accompagnata dallo scampanìo delle sonanti e sonanti campane,
Qui, o bara che lenta passi,
Io ti dono il mio raniicello di lilla.

7.

(Non per te, nè per una sola bara :

Fiori e ramoscelli verdi io reco a tutte le bare,


Perchè fresco come il mattino, io vorrei cantare un canto per te,

o salutare e sacra morte.

Tutta di mazzolini di rose,


O morte, io ti ricopro, e di rose e di gigli primaticci;
Ma ora, più di ogni altro flore, il lilla che prima fiorisce
Copiosamente io colgo : colgo i ramoscelli dai cespugli,
E con piene bracciate io giungo, per riversarle su te,

Su te e su tutte le tue bare, o morte.)

8 .

O astro occidentale che navighi il cielo.


Ora so quello che tu intendevi dirmi or fa un mese, mentre io pas-
321 ) W. WIIITMAN — FOGLIE DI ERBA

Quando, dico, passeggiavo in silenzio, nell'ombrosa trasparenza della


notte,
Quando io vidi che tu avevi qualcosa da dirmi, allorché ti chinavi
verso me, notte dopo notte,
Quando tu ti chinavi depressa dal cielo, abbassandoti giù, come se
per stare al mio fianco (mentre tutti gli astri guardavano in alto),
Quando io e te andavamo vagando nella solenne notte (perchè
qualche ragione che io non conosco mi teneva desto),
Quando la notte si avanzava e ch'io ti vedeva sull'orlo dell’ occi-

dente, e che eri come piena di dolore,


Quando io stava sull’elevato terreno, alla brezza, in quella fredda
e trasparente notte,
Quando la mia anima turbata, insodisfatta cadde prostrata . come
se tu, o globo addolorato,
Ti fossi avvolto, annegato nella notte e fossi morto.

9 .

E tu canta qui nella palude,


O cantore verecondo e tenero. Odo le tue note, odo la tua chia-
mata,
Odo e vengo immantineuti, io t’intendo;
Solo un momento mi sono indugiato, perchè il lucente astro mi
ha ritenuto,
Perchè l’astro, il inio camerata che si diparte, mi stringe a sè, e
mi ratti en e.

10 .

Oh ! come gorgheggerò io pel morto che amavo ?


E come mia canzone per la grande e dolce anima che
abbellirò la si

è dipartita ?
E quale sarà il mio profumo per la tomba di colui che amo ?

da Occidente i venti del mare.


Soffino da Oriente e
Soffino dalmare Orientale e soffino dal mare Occidentale, finché
si dien convegno qui, sulle praterie:
Con essi, con essi e con l’alito del mio canto,
Profumerò la tomba di colui che amo.
.

MEMORIE DEL PRESIDENTE LINCOLN 327

11 .

Oh ! che cosa sospenderò alle pareti della tomba ?

E che dipinti appiccherò sulle mura,


Per adornare la casa sepolcrale di colui che amo ?

Vi appiccherò dipinti di fiorente primavera, di fattorie e di case,

Di sere di aprile in sul tramontar del sole, col grigio fumo lu-
cido e brillante,
Di ondate di oro giallo del sontuoso ,
indolente ,
tramontante
sole, che brucia e spandesi per l’aere,
Di fresca e dolce erba sotto i piè, di pallide verdi foglie degli
alberi fecondi :

E da lontano porrò il fluente riflesso del grembo della fiumana, le

ombre qua e colà ondeggianti,


Le prossime città folte di abitazioni, i comignoli dei fumaiuoli,
E tutte le scene della vita, con le officine e con gli operai che
tornano a casa.

12 .

Guarda, o corpo o anima — questa terra,


Guarda la mia Mannahatta con le sue spire, con le sue splendenti
e vorticose maree, con le sue navi,
E la variata ed ampia terra, e il Sud e il Nord dentro la luce, e le
sponde dell’Ohio o del luccicante Missouri,
E le infinite distendentisi lontane praterie, coperte di erba e di fru-
mento.

Guarda il sole, che tutto sovrasta, così calmo e superbo,


Il mattino di viola e di porpora con le sue brezze appena sentite,
La gentile, tranquilla luce infinita, che è surta,
Il miracolo che spandesi, bagnando di sè tutto, la luna piena,
La sera che giunge deliziosa, l’augurata notte e gli astri,
Che splendono su tutte le mie città, avvolgendo l’uomo e la terra

13 .

Canta, su, canta, o grigio-bruno augello,


Canta dalle lagune, dai recessi, versa il tuo canto fuor dei ce-
spugli,
328 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Illimitatamente, fuor dell’ombra crepuscolare, fuor dei cedri e dei


pini.

Canta su, caro fratello, gorgheggia il tuo canto palustre,


Il tuo alto ed umano canto, con quella tua voce di profonda an-
goscia.

Tu Unente, tu libero ed affettuoso !

Tu selvaggio e liberale pel mio spirito ! — O mirabile cantore !

Te solo io odo — sebbene l’astro mi ritenga — (ma presto par-


tirà),

Sebbene il lilla mi ritenga col suo sovrano profumo.

14 .

Or, mentre che in quel dì sedevo e guardavo lontano


Il finire del giorno con i suoi splendori con i campi di primavera
e con le fattorie che preparavano il ricolto;
Nell’ampio inconscio paesaggio del mio paese con i suoi laghi e
foreste,
In quella divina bellezza di aere (dopo il turbine dei venti e le

tempeste),
Sotto l’arco dei cieli di quel pomeriggio rapidamente fuggente, e

tra le voci di fanciulli e di donne,


E ch’io vedevo le maree dai movimenti infiniti e le navi come ve-
leggiavano,
E l’està che si appressava ricca, e i campi affaccendati di lavoro.
E le case innumeri e sparse, e come tutti andavano via. ciascuno

col suo mangiare e gli amminicoli di uso giornaliero,


E le loro battiti, e le città ammassate
vie che pulsavano
i ecco, —
qua e colà,
Piombando su essi tutti, tra essi tutti, avvolgendo me e gli altri.
Apparve la nuvola, apparve la lunga processione nera,
Ed io conobbi la morte, i suoi pensieri, e il sacro intelletto della
morte.

E allora in compagnia dell’intelletto della morte, come se esso

camminasse al mio fianco,


E in compagnia del pensiero della morte come se stretto, camminasse
all’altro mio fianco,
Ed io in mezzo andassi, come con compagni, e come tenendo strette
mani di compagni,
MEMORIE DEL PRESIDENTE LINCOLN 329

Corsi via entro la notte elle cela, che accoglie e che non parla,
Giù, alle sponde dell’acqua — la via correva accanto alla palude,
nella tenebra —
E ai solenni ombrati cedri, e agli spettrali pini, così tranquilli.

E il cantore, così ritroso con tutti, accolse me :

Il grigio-brillio augello ch’io conosco accolse noi tre camerati,


E cantò la canzone della morte ed un verso per colui che amo.

Dai profondi recessi appartati,


Dai cedri fragranti e dai pini spettrali, così tranquilli,
lìsci la canzone dell’uccello.

E l’incanto della canzone mi rapì,


Mentre che io tenea, nella notte, i miei camerati quasi per mano,
E che la voce del mio spirito si accordava al canto dell’uccello.

Vieni, amorosa, lenitrice morte,


Ondeggiante attorno al mondo, tu arrivi ed arrivi serenamente,
Di giorno, di notte, a tutti, a ciascuno,
A chi più presto, a chi più tardi, o morte gentile.

Laudato sia l’informe universo,

Per la sua vita, per le sue gioie, per gli esseri suoi, per la sua cono-
scenza curiosa,
jE per l'amore, il dolce amore — ma lode ! lode ! lode !

Al freddo abbraccio delle tue sicure strette, o morte.

O tenebrosa madre, che assidua ti strisci a noi dappresso, con piè


vellutato,

Ha nessuno cantato a te la canzone del più cordiale benvenuto ?

Allora la canto io per te, glorifico io te sopra ogni cosa,


Levo io un canto, perchè tu venga con passo certo, quando tu devi
venire.

Appressati, o liberatrice gagliarda,


Quando tu li hai afferrati, io pien di gioia, canto i morti,
Perduti nel tuo fluttuante oceano di amore,
Lavati nel flusso del tuo bacio, o morte.

Da me a te le allegre serenate;
Danze io propongo per te e saluti, ornamenti e feste per te,
330 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E l'aspetto delle campagne aperte e il cielo che di sten de si in alto,

E la vita e i campi e la notte greve e pensosa.

Per te la notte, in silenzio sotto gl’innumeri ashi,


La sponda dell’oceano e la sussurrante sommessa onda, la cui voce io
conosco,
E l’anima che ritorna sempre a te, o ampia e ben velata morte,
E il coipo che grato si annida stretto in te.

Da sulle vette degli alberi io spando a te una canzone;


Da sopra le onde che si gonfiano e si abbassano, da sopra le miriadi di
campi, da sulle praterie ampie,
Da sopr i le città ammassate e folte, e da sopra tutti i rigurgitanti porti
e rie.

Io spando questa canzone con gioia, con gioia per te, o Morte.

1 ò.

Cosi in accordo con la mia anima,


Alto e forte levò il suo canto il grigio-bruno uccello;
Cou note nette e sicure riempiendo la notte.

Alto risono fra i pini e tra i foschi cedri,


Chiaro, tra l’umida freschezza e il profumo della palude;
Ed io con i miei camerati stava ivi, in grembo alla notte.

Intanto la mia vista, che era ligata nei miei occhi, -d dischiuse
Come ad un immenso panorama di visioni.

E, sgomento, vidi eserciti,


Vidi, come in sogni tranquilli, centinaia di bandiere da battaglia,
Portate traverso il fumo delle battaglie — Forate dai proiettili io

le vedeva,
E portate avanti e avanti ancora, traverso il fumo, stracciate e
insanguinate,
E infìue diventate non più che pochi stracci sulle aste (e tutto era
silenzio),
E le aste stesse eran tutte scheggiate e rotte.

Vidi cadaveri di soldati: erano miriadi;


E bianchi scheletri di giovani, io vidi :

Vidi i brandelli e brandelli di tutti i soldati uccisi in guerra,


Ma osservai che non era punto come altri pensava;

.1 [Eirò RIE DEL PR ESIDEXTE LTXCOLX 331

Essi giacevano in profondo riposo e non soffrivano;


I vivi rimanevano e soffrivano: soffriva la madre,
La moglie e il figlio, e il pensoso camerata soffrivano.
Gli eserciti che restavano soffrivano.

16 .

E mentre clic le visioni passano, e passa la notte,


E che passa, allentandosi, la stretta delle mani dei miei camerati,
Passa anche il canto dell’ uccello eremita e il concorde canto della
mia anima;
Canto vittorioso, onde la morte si disfogava, sebbene sempre vario
e mutevole :

Quando esso era basso e gemente, le note erano nondimeno chiare; e


abbassandosi o levandosi, si riversavano nella notte;
E talora smorzavasi e venia meno, come se ammonisse ed ammo-
nisse, e poi di nuovo scoppiava di gioia,
Coprendo la terra, e riempiendo il convesso dei cieli:

E mentre odo questo possente salmo che passa, cantato alla notte,
dai recessi,
Lascio te, o lilla, dalle foglie tagliate a forma di cuore,

Ti lascio qui sulla corte fiorente, o tu che ritorni con la primavera.

E dal mio canto che si leva per te, io mi diparto,


E mi diparto dal guardare te nell’occidente, dal fronteggiare l’oc-

cidente, dal comunicare con te,


O lucente camerata dalla argentea faccia nella notte.

Nondimeno, a conservare ciascuna cosa e tutto, e come a rievo-


care fuor della notte
La canzone, la meravigliosa canzone del grigio-bruno augello,
E il concorde canto, l’eco destatasi nella mia anima,
E il lucido e cadente astro dall’aspetto pien di dolore,
E quelli che mi tenean per mano, alla chiamata dell’augello,
Mi appressavo cou i camerati miei, in mezzo a cui io stava — e per
conservare sempre la memoria loro, per il morto che amai tanto,
Per la più soave e savia anima dei miei giorni e della terra tutta

per il dolce amor di lui,


332 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il ramo di lilla e l’astro e l’augello, annodati col canto della mia


anima,
Pongo qui, fra i pini odorati, fra i cedri foschi e nebbiosi.

0 Capitano ! O mio Capitano ! (1)

O Capitano ! 0 mio Capitano ! il nostro pauroso viaggio è com-


piuto
La nave ha sorpassato ogn’ ostacolo, il premio agognato è vinto.
Prossimo è il porto, odo le campane sonare, tutto il popolo esulta,
Gli occhi di tutti seguono la salda carena, la nave rigida ed ardita:
Ma, o Cuore ! O cuore ! O cuore !

Oh le sanguinanti stille rosse,

Là dove sul ponte il mio capitano giace,


Disteso, freddo e morto !

O Capitano ! O mio Capitano ! sorgi ed ascolta le campane:


Lèvati — per te la bandiera sventola — per te la tromba squilla
Per te sono i mazzi di fiori e le corone con i nastri; per te le sponde
sono affollate,

Te chiama la commossa folla, a te rivolge il suo avido viso :

Qui, Capitano Padre diletto


! !

Questo braccio sotto la tua testa !

È come un sogno che tu, qui, sul ponte,


Giaccia caduto, freddo e morto.

Il mio Capitano non risponde, le sue labbra sono pallide e


mute,
Il padre mio non sente il mio braccio, non ha battito, nè volere.
La nave è ancorata e sana, il suo viaggio è chiuso e finito;

Da paurosa corsa la nave torna vincitrice col premio guadagnato:


Esultate, o sponde, sonate, o campane !

Ma io con funebre passo,


Passeggio sul ponte, dove il mio Capitano giace
Disteso, freddo, morto.

(1) Questo è il secondo canto rimato. Sono tre stanze, ciascuna di otto versi. I
primi due sono a lima baciata, e così gli altri due di ciascuna stanza. Degli altri

quattro versi, elle sono ome un ritornello, rimane solo il secondo e il quarto verso-
MEMORIE DEL PRESIDENTE LINCOLN 333

Silenzioso sia oggi 1’accampamento.

(1 maggio, 1865).

Silenzioso sia oggi l’accampamento,


Avvolgano i soldati con funebre panno le armi, die la guerra lia

logorate,
E ciascuno con animo pensoso si raccolga nella sua tenda per ono-
rare
La morte del nostro caro comandante.

Non più i tempestosi conflitti della vita per lui,


Non più la vittoria nè la sconfitta — non più gl’incerti eventi del
tempo,
Insegueutisi come irreposati nuvoli traverso il cielo.

Solo tu, o poeta, canta in nome nostro,


Canta l’amore con cui lo amammo — poiché tu dimorasti negli
accampamenti, tu lo conoscesti veracemente.

Mentre che la bara è calata nel sepolcro,


Canta —
mentre le porte della terra si chiudono su lui, canta
un verso
Per gli aggravati cuori dei soldati.

Questa polvere fu già un uomo.

Questa polvere fu già un uomo


Gentile, semplice, giusto, risoluto, per la cui cauta mano,
Contro il più pazzo delitto che la storia ricordi, in ogni paese
od età,
Fu salvata l’Unione di questi Stati.
.

.
SULLA SPONDA DELL’ONTARIO AZZURRO.

1.

Sulla sponda dell’Ontano azzurro,


Mentre fantasticavo dei giorni di guerra, e dei giorni di pace che
son tornati, e dei morti che non tornano più,
Un fantasma gigantesco e superbo, dal volto severo mi si accostò.
E. cantami il poema, disse, che viene dall'anima dell’ America, can-
tami la canzone della Vittoria,

E batti le marce della Libertà e marce più potenti ancora di esse,

E, prima che ti diparta, cantami il canto delle doglie della Democrazia.

(Della Democrazia, della conquistatrice fatale, sebbene traditori


sorrisi a fior di labbra la insidiiuo dovunque,
E morte e infedeltà sieno ad ogni suo passo.)

2 .

Una nazione annuncia sè stessa :

Io produco la sola fiorita, per cui posso essere apprezzato,


lo nulla respingo, accolgo tutto; poi tutto riproduco nelle forme
che son mie.

Una razza noi siamo, la cui affermazione è nel tempo e nei suoi

fatti :

Noi siamo quel che siamo, l’essere nati è risposta sufficiente ad ogni
obbiezione,
Noi brandiamo noi stessi, così come un’arma è brandita,
Noi siamo potenti e tremendi in noi stessi,

— 335
338 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Siamo esecutivi iu noi stessi, siamo sufficienti nella varietà nostra;

Per noi e in noi stessi siamo i più belli,

Siamo equilibrati nel centro ramificandoci di qui su tutto


,
il

mondo,
Dal Missouri, dal Nebraska o dal Ivansa; e, ridendo, sprezziamo gli
assalti.

Nulla, da noi medesimi in fuori, è peccaminoso iu noi,


Qualsiasi cosa appaia, qualsiasi cosa non appaia, noi siamo belli

o peccatori in noi solamente.

(O Madre — o Sorelle dilette !

Se noi siamo perduti, non alcun vincitore ci lia distrutti,

È solo per opera nostra che discendiamo nella notte eterna.)

3.

Avete voi pensato elle non possa esistere che un solo essere
supremo ?
Può esistere invece un qualsiasi numero di esseri supremi — uno
non equivale l’altro più di quanto un occhio non equivalga l’altro,

o una vita non equivalga un’altra.

Tutto può essere chiamato a tutto,


Tutto è per gl’individui, tutto è per te,

Nessuna condizione ti è vietata, neppure quella di Dio o altra.

Tutto viene dal corpo, la salute sola ti mette in comunica-


zione coll’Universo.

Producete delle grandi Persone, il resto viene da sè.

4 .

Lasciate la pietà e la consuetudine a quelli che le amano,


Lasciate la pace, l’obesità, l’obbedienza a coloro che le amano :

Io sono colui che, insultando, spingo uomini, donne e nazioni,


E grido : balzate dai vostri seggi e lottate per la vostra vita !

Io sono colui che percorro gli Stati, con lingua da bardo inter-
rogando ognuno che incontro :

Chi sei tu che aspetti che ti si dica solamente quello che già sa-
SULLA SPONDA DELL' ONTA PIO AZZURRO 337

Chi sei tu che aspetti solamente un libro, per diventare una cosa
sola con le tue sciocchezze ?

(Con grida d’angoscia simili alle tue, o partoriente di molti


Agl',
Io getto questi clamori ad una superba razza.)

0 terre, vorreste voi essere più libere di quanto finora è esi-


stito ?

Se volete essere più libere di quanto tiuora è esistito, venite ed


ascoltatemi.

Temete la grazia, l’eleganza, la civiltà, la delicatezza,

Temete la melliflua dolcezza, temete il succhiare del liquido in-


zuccherato,
Osservate la progressiva e mortale maturazione della Matura,
Osservate ciò che precede la decadenza della rozzezza negli Stati
e negli uomini.

5 .

Età e precedenti hanno, durante lunghi anni, accumulato in-

direttamente i materiali,
Ora l’America produce i costruttori, e crea il suo stile.

1 poeti immortali dell’Asia e dell’ Europa hanno compiuto la


loro opera, e sono passati ad altre sfere,
Un’opera rimane, quella di sorpassare tutto ciò che essi hanno
fatto.

L’America guarda curiosa il carattere degli stranieri, ma si

appoggia al suo, per ogni evento,


Sta appartata, ampia, composta, forte, e inizia il vero liso dei pre-
cedenti;
Mon respinge questi, o il passato, o ciò che essi hanno prodotto
nelle forme lor proprie,
Prende la lezione con calma, contempla il cadavere portato lenta-
mente fuori della casa,
Vede che s’indugia un po’ sulla soglia, comprende che esso era
il meglio acconcio per i suoi tempi,

\V. Whitmak. — Foglie di erba. °2


338 ir. 117 / IT MA X — FOGLIE DI EBBA

Che la sua vita è passata all’erede, il quale aitante e coraggioso, si

avanza,
E che questi sarà il meglio adatto per i tempi suoi.

In ogni periodo una nazione deve guidare


Una terra dev’essere la promessa e la fede del futuro.

Questi Stati sono il più grande poema,


Qui, non abbiamo solamente una nazione, ma una Nazione geni-
trice di nazioni,
Qui le opere degli uomini corrispondono all’ampio fare del giorno
e della notte,
Qui la vita procede in magnifiche masse, incurante delle minuterie.
Qui sono gli nomini incolti, barbuti, qui c’è la benevolenza, la

combattività e l’anima che ama,


Qui le finenti persuasioni, qui le folle, l’eguaglianza, la diversità
e l’anima che ama.

O nazione delle nazioni e dei bardi per afforzarti;


Di essi, stando fra essi, uno solleva alla luce il viso educato al-

l’occidente;
In lui è l’aspetto ereditario legatogli dal padre e dalla madre:
I suoi primi elementi sostanziali sono la terra, l’acqua, gli animali,
gli alberi,

È costruito della materia comune, può spaziare da presso e da lungi:


È avvezzo a dispensarsi alle altre nazioni, e incarna questa nazione.
Attirandola corpo ed anima a se, sospendendosi al suo collo con
impareggiabile amore,
Affondando il suo muscolo seminale entro i suoi meriti e demeriti:
Fa vocali in se le sue città, gl’ inizi, gli eventi, le guerre della
sua città,

Fa metter foce in sè, i suoi fiumi, laghi, baie:


II Mississipì con li' inondazioni annue e le cangianti cascate, la
Columbia ,
il Niagara .
1’ Hudson ,
pieni di amore si traboccano
in Ini;
Se le coste dell’Atlantico si distendono, o le coste del Pacifico di-

stendonsi, egli distendesi con esse al Nord, o al Sud,


Abbracciando l’oriente e l’occidente e toccando qualunque cosa è

tra essi;
Germogli germogliano da lui. per gareggiare con i germogli del pino,
.

SULLA SPONDA DELL' ONTARIO AZZURRO 339

del cedro, della cicuta, del leccio, della robinia, del noeciiiplo, del
hicliory (1) dell’albero di cotone, dell’arancio, della magnolia;
Somiglia egli ai fianchi ed ai pinnacoli delle montagne, alle fo-
reste vestite del ghiaccio trasparente del Nord;
Da lui i dolci pascoli naturali, come quelli delle savanne, degli
altipiani, delle praterie,
Traverso l’essere suo sono voli, vortici, grida, corrispondenti a quelli

del falco pescatore, dell’uccello motteggiatore (2), dell’airone notturno,


dell’aquila;
Il suo spirito abbraccia lo spirito del suo paese, è dischiuso al bene
ed al male,
Abbraccia le essenze delle cose reali, dei tempi antichi e dei tempi
presenti,
Abbraccia le spiagge ora scoperte, le isole, le tribù dei rossi abo-
rigeni ,

Le navi battute dalla tempesta, gli approdi, gli stabilimenti, la

statura e il muscolo embrionali,


La superba sfida dell’Anno Primo, la guerra, la pace, la forma-
zione della Costituzione,
Gli Stati separati, il sistema semplice ed elastico, gl’immigranti,
L’Unione sempre affollata di blateroni e sempre sicura e invinci-
bile,

L’interno inesplorato, le case di legno, le radure, gli animali sel-


vaggi, i cacciatori, i tenditori di trappole;
Abbraccia l’agricoltura multiforme, le miniere, la temperatura, la

gestazione di Stati novelli,


I congressi che si adunano ogni dodici mesi, i membri che arrivano
debitamente dalle più remote parti;
Abbraccia il nobile carattere dei meccanici e degli agricoltori, spe-
cialmente dei giovani,
Risponde alle loro maniere, al loro linguaggio, al loro modo di ve-
stire, alla loro amicizia, al portamento che essi hanno di persone, le
quali mai non seppero che fosse il sentirsi in presenza di superiori;
Abbraccia la freschezza e il candore delle loro tisonomie, 1’ abbon-
danza e la precisione della loro frenologia,

(1) Hickory, pianta americana della famiglia delle Carya. Produce delle nocciuole
da cui spreraesi un liquido bianco, detto appunto hickory.
( -) Mocking-bird. Un uccello cantore del Xord-America. notevole per la facilità
con cui imita il canto degli altri uccelli (ìlimus l’olyglottas)
340 T!
r
. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

La scioltezza pittoresca del loro incesso, la loro fierezza, se ven-


gono offesi,

La scorrevolezza del loro linguaggio, il loro diletto nella musica,


la loro curiosità, il loro buon umore e la loro generosità,
Il sovercliiante ardore o lo spirito intraprendente, la grande affet-
tività,

La perfetta uguaglianza della donna e dell'uomo, il fluido movi-


mento della popolazione,
La marina superiore, i liberi commerci, la pesca, la caccia delle
balene, le miniere d’oro,
Le città con i porti di mare, le ferrovie, e le linee di battelli a
vapore, solcanti ogni punto,
Le fattorie, la vita mercantile, le macchine che risparmiano il la-
voro umano, il Nord-est, il Nord-ovest, il Sud-ovest,
I pompieri di Mannahatta, gli scambi dei Yankee, la vita delle
piantagioni del sud,
La schiavitù — la micidiale e traditrice cospirazione ordita per
innalzarsi sulle rovine di tutto il resto —
Su ! su ! a lottare con esso — Assassino ! ebbene le vostre vite o
le nostre saranno il bersaglio, e non vi sarà tregua !

6 .

(Lassù, in alto, verso il Cielo, oggi ti vidi


O libertà, di ritorno dal campo della conquista;
10 noto ora la nuova aureola intorno al tuo capo,
Non più di dolcezza astrale, ma fiera e abbagliante
Che gioca con fiamme guerriere e lambenti lampi !

Ti ammiro immobile, nel tuo contegno,


Con lo sguardo inestinguibile e col pugno chiuso levato,
Col piede sul collo del minacciante, schiacciando il beffeggiatole
prostrato,
L’arrogante che si avanzava minaccioso colla sua beffa insana,
armato del coltello assassino,
11 tracotante, il millantatore che ieri voleva tanto operare,
E che oggi è ridotto una carogna morta e dannata, sprezzata da
tutta la terra,
Rancido avanzo, rifiuto anche ilei vermi del letamaio.)
SULLA SPONDA DELL’ ONTA li IO AZZURRO 341

i .

Altri hanno un termine, ma la Repubblica si rinnova sempre e


si conserva sempre viva,
Altri abbelliscono il passato, ma voi, o giorni del presente, io ab-
bellisco voi;

0 giorni del futuro, io credo in voi — io mi isolo per amor vo-


stro;

E quanto a te, o America, è perchè tu costruisci per l’umanità, che


io costruisco per te;
0 diletti tagliatori di pietre, io sono alla testa di coloro che ele-
vano piani di case con risolutezza e con scienza,
E guido il presente con mano amica verso il futuro.

(Bravo a tutti gV impulsi che mandano figli sani alle età ven-
ture !

Ma siano maledetti quelli che si consumano, senza un pensiero per


le macchie, i dolori, gli abbattimenti, le debolezze che lasciano in
retaggio.)

8.

Io porgeva ascolto al fantasima presso la riva dell’ Ontario,


E udiva la voce che si elevava chiedendo dei poeti:
Per essi tutti, fattivi e grandi, per essi soli possono questi Stati
essere fusi in un compatto organismo, in una Nazione.

Tentare di tenere insieme gli uomini con le carte, con i sug-


gelli e con la forza, è vana opera,
Questo solo tiene gli uomini uniti e li aggrega in un vivente prin-
cipio, come i legami delle membra fanno di un corpo o come le fibre

delle piante.

Fra tutte le razze e fra tutte le età, questi Stati colle vene
piene di poesia, hanno maggiormente bisogno di poeti; e gli Stati
debbono avere i più grandi poeti e debbono trattarli più magnanima-
mente;
1 loro presidenti non saranno, più che non sieno i poeti, gli arbitri

usuali del loro destino.


342 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

(Anima di amore e lingua di fuoco !

Occhio capace di penetrare le più arcane profondità e di abbracciare


l’Universo !

Ab, Madre, prolifica e completa in tutto il resto, per quanto tempo


sarai ancora sterile, sterile f)

9 .

11 Poeta di questi Stati è l’uomo che li pareggia :

Non in lui, ma fuori di lui, le cose sono grottesche, eccentriche, e


mancano del loro pieno frutto,
Nulla è buono lontano da lui, nulla presso di lui è cattivo,
Egli dà ad ogni oggetto, ad ogni qualità la sua giusta proporzione,
nè pi il nè meno,
Egli è l’arbitro delle questioni, egli la chiave,
Egli il moderatore del suo tempo e ilei suo paese;
Egli provvede ciò che è in bisogno e frena ciò che dev’essere fre-
nato,
Nella pace parte da lui lo spirito della pace, che, grande, ricco,
frugale, edifica le città popolose, incoraggia l’agricoltura, le arti, il

commercio, illumina lo studio dell’uomo, l’anima, la salute, la im-


mortalità, il governo;
la guerra egli è il miglior fattore della guerra : appunta le arti-

glierie al pari degl’ingegneri e può, con ogni parola che parli, fare

scorrere sangue;
Egli trattiene con la sua salda fede i tempi dalla loro corsa verso
lo scetticismo,
Egli non disputa, ma è il giudizio stesso (la Natura lo accetta
senza discussione),
Egli non giudica coinè un giudice, ma come il sole che cade in-
torno ad un oggetto privo di schermo;
Perchè egli vede più lontano di tutti, ha più fede di tutti,

I suoi pensieri sono gl’inni della lode delle cose;


Egli sta in silenzio nelle dispute su Dio e sull’Eternità,
Egli non vede l’eternità come un dramma che abbia un prologo
ed uno scioglimento,
Egli vede l’eternità nelle donne e negli uomini, e non reputa gli

uomini e le donne, come se sogni od ombre.

Per la grande Idea, per 1’ Idea degl’ individui liberi e per-


fetti
SULLA SPONDA DELL’ OSTATILO AZZURRO 343

Per essa il poeta cammina innanzi a tutti, condottiero dei con-


dottieri,
E il suo aspetto incoraggia gli schiavi e atterrisce i despoti stra-
nieri.

La Libertà è senza morte; l’Eguaglianza non lui regressi :

Vivon esse nei sentimenti dei giovani e delle migliori donne


(Non invano le teste più indomite della terra furono sempre pronte
a cadere per la Libertà).

10 .

Per la grande Idea;


Questa, o miei fratelli, questa è la missione dei poeti.

Abbiano essi sempre pronti dei canti di sfida,

Canti ili rapido armarsi, e di marce da guerra;


La bandiera della pace, la bandiera che noi conosciamo, sia rav-
volta immediatamente
E, invece, spiegata la bellica bandiera della grande Idea.

(Vidi colà sventolare un vessillo di collera !

10 balzo di nuovo in piedi sotto una pioggia di piombo, e saluto

le tue pieghe ondeggianti,


E te canto più di ogni altra cosa, te, che voli, accennandomi at-

traverso la battaglia — oh !dura e contrastata battaglia


la !

I eanuoni aprono le loro fauci rosseggiano le palle lanciate — fi-

schiano,
11 fronte della battaglia si forma tra il fumo — le scariche scop-
piano incessanti lungo la linea :

Odi la sonante parola : Carica /—Odi ora il tumulto e i furiosi e

pazzi ululati,
Vedi i cadaveri caduti contorti al suolo,
Freddi, freddi nella morte, per la tua vita preziosa,
O vessillo di collera che io vidi colà sventolare !)

11 .

Sei tu colui che vuoi assumere un posto di maestro o essere


un poeta, qui, negli Stati ?

II posto è alto, dure son le condizioni.


344 ir. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Colui elio vuole essere maestro qui «leve prepararsi, anima e

corpo,
Egli deve sorvegliare, studiare, e armare, fortificare, indurire, ren-
dere flessibile sé stesso;
Ma sarà sicuramente, prima, interrogato «la me con domande molte-
plici ed ardue.

Clii sei tu veramente die vuoi parlare e cantare all’America ?

Hai tu studiato la terra, i suoi idiomi, i suoi uomini ?


Hai fu imparato la fisiologia, la frenologia, la politica, la geografia,
la fierezza, la libertà, l’amicizia di questa terra ? I suoi substrati e
i suoi oggetti f

Hai tu esaminato il patto organico del primo anno dell’ Indipen-


denza, firmato dai Commissari, approvato «tagli Stati e letto da Wa-
shington alla testa dell’esercito ?

Sei tir stesso conquistato perfettamente dalla Costituzione federale ?

Discerni tu coloro che hanno abbandonato tutti i sistemi feudali e i

poemi «he ne derivarono, per accettare i poemi e i sistemi della De-


mocrazia ?
Sei tu fedele alle cose ? Insegni tu ciò che insegnano il mare e la
terra, i corpi degli uomini, la feminilità, l’amore, le collere eroiche ?

Ti sei tu affrettato a liberarti dalle mode mutevoli e dalle popo-


larità mntevoli ?

Puoi tu resistere a tutte le seduzioni, a tutte le follie, ai rivolgi-


menti, alle dispute feroci ? Sei tu molto forte ? Appartieni tu vera-
mente a tutto il Popolo ?

Non sei tu di qualche coterie f di qualche scuola, di «gualche mera


religione ?

L’hai tu finita con le riviste e col criticismo «Iella vita, animan-


doti ora per la vita stessa f

Ti sei tu vivificato alle sorgenti «Iella maternità «li questi Stati ?

Possiedi tu anche l’antica e sempre fresca tolleranza ed imparzia-


lità ?

Senti tu il medesimo amore per quelli che s’induriscono per la ma-


turità ? Per i neonati ? per i piccoli e per i grandi ? e per i vaga-
bondi :

Clic cosa porti tu alla mia America ?

È il tuo canto conforme al mio paese ?

Non è esso «pialclie cosa che sia stata meglio detta o fatta prima f

Non hai tu importato questo, o lo spirito suo, da su qualche nave ?


SULLA SPONDA PEL L’ONTA RIO AZZURRO 345

Non è osso mi semplice racconto ? Una lima f Un grazioso non-


nulla ? — È in esso, la buona, vecchia causa ?

Non ha esso strisciato lungamente alle calcagna «lei poeti, dei po-

liticanti-, «lei letterati delle nazioni mimiche ?

Presume esso che sia sempre vivo, qui, ciò che notoriamente è

morto ?

Risponde ai bisogni universali ? Migliorerà i costumi ?

Risona in esso con voce di tromba la superba vittoria dell Unione


nella guerra di secessione ?

Può la tua rappresentazione affrontare campi aperti e le spiagge i

«lei mare ?

Mi assorbirà in sè così, come io assorbo il cibo e l’aria, perchè


essi riappariscano di nuovo nella mia forza, nel mio incesso, nel mio

volto ?

Hanno dato ad esso il loro contributo realtà vere ? Fattori origi-

nali e non amanuensi ?

Affronta egli, faccia a faccia, le scoperte, le dimensioni, i fatti mo-


derni ?

Che significato esso lui per le persone dell’America, pel loro pro-

gresso e per le loro città ? Per Chicago, pel Canadà, per l’ Arkansas ?
Vede esso, dietro i custodi apparenti, i custodi veri, ritti, minac-
ciosi, silenziosi : i meccanici, il Manahattanese, gli uomini occidentali,
gli uomini del mezzogiorno, significanti tutti lo stesso così nella loro
apatia come nella prontezza del loro amore ?
Vede esso quel che alla fine accade, ed è sempre accaduto a qual-
siasi temporeggiatore, rappezzatoli estraneo, favoreggiatore di una ,

classe, allarmista, infedele che abbia mai preteso qualcosa dall’Ame-


rica ?

E che cosa alla negligenza che disprezza e deride ?

Ecco, la via è cosparsa della polvere degli scheletri,


Mentre sui marciapiedi altri scheletri sono sprezzantemente am-
mucchiati.

12 .

Le rime e i rimatori passali via, i poemi distillati da altri poemi


passali via,
Gli sciami di quelli che riflettono la luce altrui, e i poeti forbiti

passano via e lasciano ceneri,


340 II'. W11ITMAX — FOGLIE DI ERBA

Gli ammiratori, gl’importatori, le persone obbedienti non formano


che il suolo della letteratura.
L’America giustificherà sè stessa : dategliene il tempo; nessun tra-
vestimento può ingannarla, o nascondere alcun che ai suoi occhi; essa
è abbastanza impassibile : essa si avanzerà solo per incontrare i suoi
pari;
Se i suoi poeti appariranno, essa andrà loro incontro a tempo de-
bito; nessuna paura che s’inganni
(Il riconoscimento di un poeta sarà rigidamente rimandato fino al
giorno, in cui il suo paese lo assorbirà in sè con tanto affetto come
egli avrà assorbito in sè il suo paese).

Colui regnerà il cui spirito padroneggi; quello parrà più dolce,


il quale risulti più dolce nel lungo corso dei tempi:
11 sangue del forte, prediletto dai tempi, scorre senza freno;
Nel bisogno dei canti, della filosofia, o di una conveniente grande
opera nazionale, come nel mestiere del mare e in ogni mestiere,
Eccellerà colui o colei, che darà il massimo esempio pratico ed
originale.

Già una razza incurante, silenziosamente emergendo, appare


per le vie,

Le labbra del popolo salutano solamente gli uomini di azione, gli


amanti, gli appagatoli, i positivisti;
Tra breve non saranno più preti, poiché la loro opera è finita.
La morte non ha qui casi imprevisti, ma è la vita che è piena di
eventi imprevisti :

Il vostro corpo ,
i vostri giorni , i vostri costumi sono dessi
superbi Ebbene, dopo morte voi sarete superbi;
?

La giustizia, la salute, l’amor proprio sgombrano la via con forza


irresistibile;

Come osate voi mettere alcunché davanti a un uomo ì

13 .

State dietro a me, o Stati !

Un uomo davanti a tutto — io, come tipo, davanti a ogni cosa.

Datemi la mercede per la quale ho servito,


Concedete che io canti i canti della grande Idea, e prendete tutto
il resto :
SULLA SPOXDA DELL' OXTARIO AZZURRO 347

Io ho amato la terra, il sole, gli animali, ho disprezzato le ric-

chezze,
Ho dato elemosine a tutti coloro che le chiedevano ho difeso lo
,

stupido e il debole, ho consacrato ad altri le mie rendite e le mie


fatiche,
Ho odiato i tiranni, non ho discusso ciò che si riferisce a Dio,
sono stato paziente ed indulgente col popolo, non ho levato il cap-
pello a nulla di noto o di ignoto,
Sono andato liberamente con le rozze persone ineducate, e con i gio-
vani e con le madri,
Ho letto queste foglie a me stesso, all’aria aperta, le ho provate
innanzi agli alberi, ai fiumi, alle stelle,
Ho ributtato tutto ciò che insultava la mia anima e contaminava
il mio corpo,
Non ho chiesto per me nulla che non chiedessi al tempo stesso per
gli altri e nella stessa misura,
Sono corso al campo, ed ho trovato e accettato camerati da tutti
gli Stati
(Sopra questo mio petto molti soldati morenti si sono appoggiati
ad esalare l’ultimo respiro,
Questo braccio, questa mano, questa voce hanno sollevato, nutrito,
consolato, richiamato in vita molti prostrati);
Sono disposto ad aspettare, per essere compreso quando si sarà
fatto un lungo esperimento di me;
Non ho rifiutato nulla, ho concesso tutto
(Dillo tu, o Madre
non sono stato io fedele al tuo pensiero ?
:

Non ho io in tutta la mia vita tenuto davanti ai miei occhi te ed


i tuoi ?).

14.

Giuro che comincio a comprendere il significato di queste


cose :

Non la terra, non l’America sono così grandi,


Sono grande io o sarò grande io, sei grande Tu lassù, o chiunque
altri,

È grande il camminare rapido attraverso le civiltà, i governi, le


teorie,
Attraverso i poemi, gli spettacoli, le mostre, per formare degl’ in-
dividui.
348 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Sotto ad ogni cosa, gl’individui :

10 ti mi giova se ignoro gl’individui;


giuro che nulla
La compagine Americana è un insieme d’individui,
11 solo governo è quello elie diminuisce gl’individui,
L’ intera teoria dell’ universo è infallantemente diretta a un solo
individuo, a Te.

(Madre, col tuo sottile senso severo, e con la spada sguainata.


Io ti vidi al fine ricusare di trattare direttamente con altri ,
salvo
che con gl’individui).

15 .

Il fondamento di ogni cosa è la Natività.


Io giuro che starò per la mia natività, pia od empia che sia,
Io giuro che non sono affascinato da altro che dalla natività.
Uomini, donne, città, nazioni, sono belli solamente per la loro na-
tività.

Fondamento di ogni cosa è l’Espressione di amore per gli uo-


mini e per le donne

(Giuro che ho veduto assai volgari e impotenti espressioni di amore


per gli uomini e per le donne,
Da oggi io assumo il mio proprio stile per esprimere 1’ amore per
gli uomini e alle donne).

Io giuro che avrò in me tutte le qualità della mia razza


(Parla pure come ti piace, ma colui solo si conviene a questi Stati,
che con i suoi modi aiuti l'audacia e la sublime turbolenza degli
Stati).

Sotto le lezioni delle realtà, degli spiriti, della Natura, dei


governi, delle proprietà, io scorgo altre lezioni ancora,
Sotto me ci soli io, sotto te tu stesso (è la solita monotona vec-
chia canzone).

16 .

Oh ! io vedo, in una viva luce, che quest’ America siamo tu

ed io,

La sua potenza, le sue armi, le sue testimonianze siamo tu ed io.


SULLA SPONDA DELTA ONTA RIO AZZURRO 3f‘J

I suoi delitti, le sue menzogne, i suoi furti, le sue diserzioni siamo


tu ed io,

II suo Congresso siamo tu ed io, gli ufficiali, il Campidoglio, gli eser-

citi, le navi siamo tu ed io,

Le sue influite gestazioni di nuovi Stati siamo tu ed io,

La guerra (quella guerra così sanguinosa e triste, quella guerra


ch’io voglio d’ora in poi obliare) fummo tu ed io,

Il naturale e l’artificiale siamo tu ed io,

La libertà, il linguaggio, i poemi, gl’impieghi siamo tu ed io,

Il passato, il presente, il futuro siamo tu ed io.

Io non oso trafugare alcuna parte di me stesso :

Non alcuna parte dell’America, buona o cattiva che sia,


Nè l’edificare per ciò che edifica per l’umanità,
Nè il parificare le classi, le complessioni, le religioni, sessi, i

Nè il giustificare la scienza, nè la marcia dell’eguaglianza,


Nè il nutrire il sangue del forte, prediletto dal tempo.

Io sono per coloro che non vollero mai padroni,


Per gli uomini e per le donne, le cui anime non hanno mai sofferto
padroni,
Per coloro cui le leggi, le teorie, gli usi convenzionali non pote-
rono mai signoreggiare.

lo sono per coloro che stando ai fianchi con tutta la terra

camminano cou essa,


Che inaugurano una cosa per inaugurare il tutto.

Io non sarò spaventato delle cose irrazionali,


Ma penetrerò in esse, per scoprire ciò che è o diventa un sarcasmo
per me;
Le città e le civiltà mi s’inchineranno:
Questo è quanto io imparai dall’America —è il totale, ed io lo in-

segno di nuovo. —
(Democrazia, mentre le armi erano dovunque puntate contro
il tuo petto,
Io ti vidi dare la luce serenamente a figli immortali; vidi in sogno
la tua forma dilatantesi,
Ti vidi spandere il tuo ampio mantello per coprire il mondo.
350 IT. \VlltT MAN — FOGLIE DI EBBA

17.

Io voglio mettermi a fronte di questi spettacoli del giorno e


della notte,
Voglio vedere, se sono per essere da meno di essi,
Voglio vedere, se io non sono maestoso coni’ essi,
Voglio vedere, se non sono sottile e reale com’essi,
Voglio vedere, se io son per essere meno generoso di essi,
Voglio vedere, se io non ho nessun significato, mentre le case <

le navi hanno un significato,


Voglio vedere, se mentre i pesci e gli uccelli possono bastare a se
stessi, io non potrò bastare a me stesso.

Contro il vostro spirito io colloco il mio, o voi, mondi, o voi,


progressi, o montagne, o bruti,
Numerosi, come voi siete, io vi assorbo tutti in me, e divento il

vostro padrone;
L’America isolata e che incarna tuttavia tutto, che cosa è essa dunque
finalmente se non io stesso ?

Che cosa sono questi Stati se non io stesso ?

Io so adesso perchè la terra è rozza, tentatrice, ingiusta : è per


amor mio,
Io ora vi eleggo specialmente per essere mie, o voi forme rudi e
terribili.

(Madre, chinati giù, china il tuo viso presso il mio:


Io non so perchè servono queste cospirazioni e queste guerre r

quest’ indugi,
Io ignoro il successo di queste sodisfazioni; ma so che, attraverso
la guerra e il delitto, la tua opera procede, e procederà sempre.)

liS.

Così, accanto alle rive dell’Ontario azzurro,


Mentre venti mi accarezzavano e le onde venivano a frotte verso
i

di me,
Io gorgheggiava con le pulsazioni della possanza e Y incauto del :

mio tema fu sopra di me,


Finché tessuti, che mi tenevano saldo, non si furono disciolti
i

sopra di me.
SULLA SPOXDA DELL' OXTARIO AZZURRO 351

E vidi le libere anime dei poeti,


I più grandi poeti dei tempi passati passarono maestosi davanti
a me:
Strani e grandi uomini, per lungo tempo addormentati e sepolti,
si rivelarono a me.

19.

O miei estatici versi, o mia vocazione, non vi fate beffe di me !

Non per i poeti del passato, nè per invocarli io vi ho lanciati nel


mondo;
Non per chiamare quei grandi poeti ho io, qui, dalla sponda del-
l’ Ontario,
Lanciato il mio canto così alto, così capriccioso e selvaggio.
Io invoco solamente dei poeti per la mia terra
(Poiché la guerra è Imita e il campo di battaglia è sgombro),
Affinchè essi traggano dalla loro lira, da ora in poi, delle marce
di trionfo,
Per rallegrare, o Madre, la tua infinita anima che aspetta.

Bardi della grande Idea ! Bardi delle pacifiche invenzioni !

(Poiché la guerra, la guerra è finita !)

Nondimeno bardi voi di latenti eserciti, di milioni di soldati che aspet-


tano sempre pronti;
O bardi dai canti ardenti come carboni, lampeggianti come saette !

O bardi del grande Ohio e del Canada —o bardi della California !

O bardi delle interne regioni —o bardi di guerra !

Siete voi che invoco col mio canto.

Tra volgimenti.

Consenti che quello che è all’avanguardia vada addietro,


Che quello che era addietro proceda all’avanguardia,
Consenti che bigotti, i folli, gl’immondi offrano proposte nuove,
i

E che sieno posposte le proposte antiche,


Consenti che un uomo cerchi il piacere dovunque fuori che in se,

E che una donna cerchi felicità dovunque fuori che in sè stessa.


RIVOLI AUTUNNALI.

Come derivati, etc.

Come derivati da serbatoi di acque estive,


O come capricciosi rivoli fluenti nell’autunno,
O reticolati di ruscelli correnti tra linee di folte erbe,
O sorgenti marine sotterranee, che danno il loro contributo al
mare,
Canti di anni continuati io canto.

Prima le rapide correnti della vita sempre moderna (presto,


oh !
presto destinate a perdersi
Con le antiche correnti di morte !).

Alcune scorrono per gli arati campi, o per i boschi dell’Ohio,


Alcune giù per i Canons (1) del Colorado dalle sorgenti della neve
perpetua,
Alcune mezzo ascose nell’Oregon, o lontano, verso Sud nel Texas,
Alcune nel Nord, che apronsi lor via verso 1’ Erie ,
il Niagara,
e Ottawa,
Alcune verso le baie di Atlantica, e la grande acqua salata.

In te, chiunque tu sii, che leggi il mio libro,


In me stesso, in tutto il mondo, queste correnti fluiscono :

Tutte, tutte tendendo verso il mistico oceano.

(1) Canons dalla parola spaglinola Cuna, e significa un precipizio profondo, tra
alte e rapide sponde, scavato dal corso delle acque.

\V. Whitman. — Foglie di erba. 23

— 353 —
354 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Correnti per suscitare un continente nuovo,


Sinfonie dirette al solido da ciò che è liquido,
Fusione di oceano e terra, ondate affettuose e pensose
(Non di sicurezza e di pace solamente, ma ondate commosse ed
ominose anche,
Fuor delle profondità, fuor dell’abisso delle onde della tempesta
(chi sa donde mosse ?)

Infuriano sopra l’alto mare, spezzando molti alberi di navi e strac-


ciando vele).

Ovvero dal mare del Tempo, adunando, sciupando tutto, io reco


Un’ondulata linea di rifiuti, di erbacce e di conchiglie.

O piccole conchiglie, dalle volute così curiose, così limpide,


fredde e senza voce,
Non volete voi, o piccole conchiglie, accostati! ai timpani delle
tempia,
Richiamar murmuri ed echi, e la musica fievole e lontana dell’e-
ternità,
E cullarla verso l’interno, e inviarla dai margini di Atlantica, come
ritornelli per l’anima delle praterie ?

E susurrarla come riverberazioni, come corde sonanti gioiosamente,


all’orecchio dell’Ovest ?

E rievocare le vostre vecchie fiabe e pur sempre nuove e intradu-


cibili,

E gli atomi della mia vita e di molte vite


(Perchè non solamente la mia vita e i miei anni io do — tutto,

tutto io do),
E questi frusti, surti dal profondo, e sparsi all’alto e all’asciutto,

E lavàti dalle sponde dell’America f

Il ritorno degli eroi.

1 .

Per le nazioni, e per questi appassionati giorni e per me stesso.

Ora, mentre mi raccolgo iu te, o suolo dei campi autunnali.


Reclinandomi sul tuo seno, abbandonandomi a te,
Rispondendo ai battiti del tuo sano ed equanime cuore,
Intono un verso per te.
,

RIVOLI A UTUNNALI 355

0 terra, che non hai voce, concedi una voce a me,


0 ricolti delle mie nazioni — o infinite crescite estive,
O prodiga, partoriente terra bruna — o infinita, feconda matrice,
Un canto per narrar te.

2 .

Sempre sopra questo palco,


Vien rappresentato l’annuale e calmo dramma di Dio:
Sempre processioni superbe, canti di augelli,
Levate di sole che pienamente nutriscono e rinfrescano l’anima,
Sempre il mar che si gonfia, le ondate che percuotono la sponda,
le musicali e gagliarde ondate,
E i boschi, gli alberi robusti, gli affusolati alberi coniferi,
Gl’innumeri eserciti lillipuziani delle erbe,
Il caldo, gli acquazzoni, i pascoli senza termine,
Lo spettacolo delle nevi, la libera orchestra dei venti,
L’ampio, rilucente tetto delle nubi, il loro chiaro, ceruleo ed ar-
genteo margine,
Gli astri che si distendono in alto, il placido ammiccare degli
astri

Le mandrie e gli armenti in moto, le pianure e i prati di smeraldo,


Le viste di tutte le terre così varie, e di tutte le crescite e pro-
dotti .

3 .

O feconda America, — oggi


Tu trabocchi tutta, per nascite e per gioie !

Tu gemi sotto il pondo delle tue ricchezze, la tua opulenza ti


veste come abito profuso,
Tu ridi alto, fino a sentirne dolore, per le tue possessioni immense,
Tu sei come una miriade cl’intessute vite, che quasi intrecciate viti
ricingano il tuo vasto dominio,
Tu, come una pesante nave, così carica che il suo orlo sfiori il filo

delle acque, penetri nel porto.


Come pioggia che cada dal cielo, come vapori che sorgano dalla terra,
così piovono su te e surgono da te i preziosi valori :

Tu invidia del mondo ! tu miracolo !

Tu, bagnata, soffocante, notante nell’abbondanza,


356 W. WHITMAN FOGLIE DI ERBA

Tu, fortunata Signora (lei tranquilli granai,


Tu, Prairie Dame, ti stai seduta nel centro, e guardi sul mondo,
e guardi l’Oriente, e guardi l’Occidente,
Tu, dispensatrice che doni con una parola migliaia di miglia, mi-
lioni di fattorie, e nulla trascuri,

Tu accoglitrice di tutti, tu ospitale (solo tu sei ospitale come è


ospitale Dio).

4.

Quando testé io cantava, la mia voce era triste :

Tristi erano gli spettacoli intorno a me con i loro assordanti tu-


multi di odio e di fumo di guerra;
In mezzo al conflitto, in mezzo agli eroi io stetti,

Ovvero passai con lento passo tra i feriti e i moribondi.

Ma ora io non canto di guerra,


Nè le misurate marce dei soldati, nè le tende degli accampamenti,
Nè i reggimenti arrivanti frettolosi, e spiegantisi in ordine di bat-
taglia,
Non più i tristi, innaturali spettacoli di guerra.

Chiesero che si facesse lor largo le immortali schiere che si

levarono, i primi eserciti che balzarono fuori ?

Chiedono un po’ di spazio, ahimè ! le spettrali schiere, i terribili


eserciti che seguirono.

(Passate, passate, o altere brigate, con le vostre salde e mu-


scolose gambe battenti il terreno,
Con le vostre spalle giovani e forti, co’ vostri sacchi e i vostri
moschetti :

Come rapito in estasi io stava a guardarvi là donde sorgevate per


marciare.

Passate —
ecco di nuovo i tamburi rullano,
Perchè un altro esercito ondeggiante è in vista — Oh ! un altro
esercito si aduna,
E come sciame si trascina alla retroguardia — Oh ! tu. terribile
esercito, che ti ammucchi,
O voi reggimenti così dolenti a vedere, con la vostra diarrea mor-
tale, con la vostra febbre,
RIVOLI AUTUNNALI 357

0 prediletti mutilati della mia terra con bende inzuppate


,
di sangue
e con grucce !

È il pallido esercito vostro quello che vien dopo.)

Ma in questi giorni di splendore,


Su questi paesaggi leggiadri ed ampi, per queste vie e sentieri,
fra i carri delle fattorie dagli alti carichi, e tra i frutti e i granai,
Dovrebbero i morti mescolarsi ?

Oh ! i morti non isgomentano me, essi si addicono bene alla

Natura,
Essi si addicono assai bene ai paesaggi sotto gli alberi e tra l’erba,

E lungo il lembo del cielo, in sul lontano margine dell’ orizzonte.

Nè io vi oblio, o Dipartiti,
Nè d’inverno nè di estate, o miei perduti;
Però assai più, come ora sto, quando la mia anima
all’aria aperta,
è rapita e in pace,come gradite fantasime,
Le vostre memorie, levandosi, risplendono silenti accanto a me.

6 .

Io vidi il dì del ritorno degli eroi


(Ma gli eroi che non saranno sorpassati mai, non ritorneranno
mai più,
Essi io non li vidi in quel dì).

Vidi gl’innumeri corpi di ai mata, vidi le processioni degli


eserciti,

Li vidi avvicinare, stilare per divisioni,


Affluire verso il Nord, dopo compiuta l’opera loro, e intanto ac-
camparsi in gruppi di potenti accampamenti.

Non giorno di riposo per voi, o soldati — giovani e pur ve-


terani,
Consunti, riarsi, belli, forti, della classe dei contadini e degli
operai,
Induriti da molte campagne e da sudate marce,
Adusati a molti campi di battaglia, aspramente contesi e sangui-
nosi.
358 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Una sosta — gli eserciti aspettano,

Un milione di conquistatori fluenti schierati aspetta,


Anche il mondo aspetta ansioso : poi, tranquillamente come notte
sul morire e sicuri come l’alba,
Evaporano e vaniscono.

Esultate o terre ! o terre vittoriose !

Non è qui la vittoria vostra, su questi rossi e raccapriccianti campi;


Ma qui e da qui è la vittoria vostra.

Evaporate, evaporate via, o eserciti — sperdetevi, o soldati


dalle divise azzurre,
Tornate indietro di nuovo, riconsegnate, a fin di bene, le vostre
armi di morte;
Altre saranno le vostre armi quind’ innanzi nei campi, sia del Sud,
sia del Nord,
E per più salubri guerre, per guerre dolci, per guerre che danno la

vita.

Sonora sii, o mia gola, e splendida tu, o mia anima !

La stagione dei ringraziamenti e del pieno successo,


Il canto della gioia e della potenza, ora, per la fertilità senza li-

miti.

Tutti gli arati e non arati campi dispiegansi innanzi a me,


Vedo le veraci arene della mia gente,
Le innocenti e forti arene dell’uomo.

Vedo gli eroi intenti ad altri lavori,


Vedo ben brandite dalle loro mani armi più belle.

Vedo dove la Madre di Tutti,


Con occhio che tutto misura guarda, indugiasi a lungo,
E conta i variati mucchi dei prodotti.

Atì'accendato è il lontano panorama illuminato dal sole:


Ve’ la prateria, l’orto e il giallo frumento del Nord,
E il cotone e il riso del Sud e la canna da zucchero della Luisiana,
E gli aperti inseminati campi avvicendati e i campi ricchi di trifo-
glio e di timo.
RIVOLI AUTUNNALI 359

Ve’ le vacche e i cavalli pascolanti, e le mandrie di pecore e di porci,

E le molte superbe fiumane correnti, e i molti ruscelli giocondi,


E i salubri altipiani con lor brezze profumate dall’ erbe,
E la buona erba verde, questo miracolo gentile — l’erba che ri-

torna sempre.

8 .

Lavorate, o eroi ! Mietete i prodotti !

Non solo sui campi di guerra la Madre di Tutti


Vi guardò con dilatata forma e carezzevole occhio.

Su, al lavoro, o Eroi lavorate bene


! Brandite bene ! le armi I

La Madre di Tutti anche qui, come sempre, vi guarda.

Compiaciuta, o America, tu guardi


Sopra i campi dell’Ovest questi striscianti mostri,
Queste invenzioni divinamente umane, questi utensili che rispar-
miano lavoro;
Tu guardi moventisi in ogni direzione, come imbevuti di vita, i

rastrelli che travolgono il fieno,


Le mietitrici a vapore e le macchine calcolate a forza di cavalli,
I congegni che trebbiano e nettano il grano, separandolo bene dalla
pula, e l’agile lavoro della forca brevettata;
Tu guardi la più recente segheria, il cilindro da cotone del Sud,
e il nettatore del riso.

Sotto il tuo sguardo, o Materno occhio,


Con queste macchine ed altre, e con le loro robuste mani, gli eroi
raccolgono la messe.

Tutto essi adunano e di tutto fanno messe :

Pure, o Possente, senza di te, non una falce potrebbe roteare, come
ora, con sicurezza,
Non un solo stelo di frumentone dondolare in pace il suo eiutì'o

di seta.

Sotto te solamente, essi raccolgono: sino a un fascio di fieno,


solamente sotto la tua gran faccia;
Mietono il frumento dell’ Ohio, delT'Ulinois, del Wisconsin, sino a
ciascuna arista, sotto il tuo sguardo,
Sotto il tuo sguardo mietono il frumentone del Missouri, del
360 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Kentucky, del Tennessee, sino a ciascuna spiga nella sua guaina


verde-lucente,
E adunano il fieno a miriadi di fasci entro i tranquilli e odorati
fienili,

E raccolgono le avene nelle loro madie, e la patata bianca, e la


saggina del Michigan nelle madie loro;
Sotto il tuo sguardo adunano il cotone nel Mississipi, o nell' Alaba-
ma, scavano e ammucchiano la dorata, la dolce patata della Georgia
e delle Caroline,
E tosano la lana della California o della Pensylvauia:
Sotto il tuo sguardo recidono il lino degli Stati Centrali o la .ca-

napa e il tabacco negli Stati di frontiera,


Piluccano il pisello e la fava, o spiccano le appiuole dagli alberi,
e le ciocche dei grappoli dalle viti :

E così qualsiasi cosa che, in tutti questi Stati, o al Nord o al Sud


maturi
Sotto il tuo fulgido sole e sotto lo sguardo tuo.

Ei vi era un fanciullo che uscia fuori.

Ei vi era un fanciullo che uscia fuori ogni giorno,


E, non prima gli veniva visto un oggetto, che in quell'oggetto ei

si trasmutava;
E quell’oggetto diventava una parte di lui per quel giorno, o pet-

tina parte di quel giorno,

0 per anni molti, o per lunghi cicli di anni,

1 lilla primaticci diventavano parte di quel fanciullo,


E l’erba, e la pianta, detta gloria del mattino (1) dai fiori bianchi e
purpurei, e il trifoglio bianco e purpureo, e il canto del pigliamosche (2),

E gli agnelli del Terzo mese, e le figliate dei porcellini dagli oc-
chietti lucenti, e il puledro della giumenta e il vitello della vacca,

E le nidiate irrequiete del cortile del granaio, o presso il fangoso


margine dello stagno,

(1) Morning-glory. Ulta pianta rampicante che lia fiori bianchi e purpurei (Ipomea
purpurea).
(2) Un comune uccello americano (Sayomis phuebe).
T

RIVOLI A UT UX XA I 361

E il pesce che ivi, sott’acqua, si tiene così curiosamente sospeso,


e l’acqua così bella e curiosa essa stessa,
E le piante acquatiche con le lor teste piatte e graziose, tutto ciò
diventava parte di lui.

I germogli dei campi del Quarto mese e del Quinto mese di-
ventavano parte di lui,
I germogli del grano invernale e quelli delle giallo-lucenti messi,
e le esculente radici dei giardini,

E gli alberi di appiuole coperti di fiori, e di frutta dopo, e le fra-


gole dei boschi, e le erbacce più comuni ai lati della strada,
E il vecchio ubbriacone barcollante verso casa, fuori della tettoia
della taverna donde erasi mosso,
E la maestra che passava per la sua via alla scuola,
E i fanciulli tranquilli che passavano, e i fanciulli accattabrighe,
E le attillate fanciulle dalle guance fresche, e le fanciulle e i fan-
ciulli negli coi pie’ nudi,
E tutte le successive variazioni , in città e in campagna, dovunque egli
andasse, diventava® parte di lui.

I suoi genitori, colui che gli aveva fatto da padre, e colei che
l’aveva concepito nel suo utero e partorito
Dettero di sè a quel fanciullo, più che tutto questo,
E gliene dettero dopo, ogni dì, ed essi divennero parte di lui.

La madre che a casa, tranquilla, collocava i piatti sulla ta-


vola da pranzo,
La mamma dalla parola mite, con la sua cuffia, linda, con la sua
gonna linda, dalla cui persona, dalla cui veste spirava un odore di
salute, quando ti passava da presso,
II padre forte, fidente di sè, virile, sdegnoso, collerico, ingiusto;
Il respirare profondo, la parola celere ed alta, gli scambi urgenti,
l’astuto allettamento,
Le usanze di famiglia, il linguaggio, la compagnia, la supellettile,

iì gemere e il gonfiarsi del cuore,


L’atì'etto che non sarà mai rinnegato, il senso di ciò che è reale,
il pensiero se, dopo tutto, esso non si dimostri altro che un sogno,
I dubbi del giorno e i dubbi della notte, 1 curiosi se e come,
Se ciò che appare così, è così o nuli’ altro che favilla e pulviscolo
(Gli uomini e le donne che si affollano per le vie, se non sono fa-
ville e pulviscolo, che altro sono ?),
362 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Le vie stesse, le facciate delle case, le mercanzie entro le vetrine,


I veicoli, le mute dei cavalli, i porti dai pesanti impiantiti, l’af-
follato traversare in chiatta,
II villaggio visto da sul monte, da lontano, in sul. tramonto — il liume
tramezzo —
Le ombre, l’aureola e la nebbia, la luce che cade sui tetti e sulle
grondaie bianche e brune, due miglia lontano,
La nave vicina che come assonnata scivola giù per la marea con
la barchetta rimorchiata a poppa,
Le ondate che vorticose urtansi, le lor creste che rapide spezzansi
e rimbalzano,
Gli strati di nuvole colorate, la lunga sbarra isolata solitaria di
nubi color marrone, la distesa di purità entro cui giace immota,
Il lembo dell’orizzonte, la volante cornacchia marina, la fragranza
del pantano salato, e del fango della spiaggia,
Tutto questo diventava parte del fanciullo, che ogni giorno usciva
fuori, che anche ora esce fuori e che uscirà sempre ogni giorno.

Vecchia Irlanda.

Lontano di qui, in un’isola di meravigliosa bellezza,


Accosciata sur una tomba sta un’antica, dolente madre,
Un dì regina. Ora macilenta e lacera sta seduta per terra,
E la vecchia e bianca sua chioma, discinta le spiove giù per le spalle;
Ai piedi suoi giace caduta una disusata arpa reale.
Silenziosa da assai tempo: e da troppo lungo tempo anch’essa l’an-
tica madre silenziosa piange la sua sepolta speranza e il sepolto erede,
Ed il suo cuore è il cuore più pieno di dolore in tutta la terra, per-

chè il più pieno di amore.

Nondimeno una parola a te, o madre antica :

Non seder più accosciata, qui sulla fredda terra, con la fronte tra
le ginocchia,

Tu non devi star seduta qui, velata dalla tua antica e canuta chioma
così discinta;
Perchè, sai tu ? colui che tu piangi non è in questa tomba:
Fu un’illusione; il tìglio che tu ami non è veramente morto:
Non è morto il Signore; egli è risuscitato, gioviue e forte, in altro
paese.
Proprio mentre tu piangevi qui, accanto all’arpa caduta ,
accanto
alla tomba,
RIVOLI AUTUNNALI 363

Quel che tu piangevi era trasportato via, sfuggito dalla tomba :

I venti spirarono favorevoli per lui, il mare lo portò lieve,


Ed ora ha sangue roseo e rinnovato,
Oggi cammina per un paese nuovo.

La casa della morte nella città.

Accanto alla casa della morte nella città, accanto alla porta
di quella casa.

Mentre che giravo ozioso, allontanando la mia via dal chiasso,


Curioso fo sosta; perchè, ecco, una reietta forma, una povera pro-
stituta veniva portata :

Depositarono il cadavere di lei, da nessuno reclamato, e quel cada-


vere giace ora sull’ammattonato umido.
Oh ! la forma divina, questo suo corpo ! Questo corpo io vedo,
esso solo io guardo :

Questa dimora, piena di bellezza e di passione, e nuli’ altro av-


verto;
Non questa quiete così gelida, non l’acqua che scorre dal cannello,
non le morbose emanazioni mi fanno impressione,
Ma questa dimora solamente —
questa dimora mirabile — questa
dimora gentile e delicata — quale mina !

Quale immortale dimora, più immortale che non tutte le fila di


case che furono mai edificate,
Piucchè non il Campidoglio dalla bianca cupola, campeggiata da
maestosa statua, piucchè non tutte le antiche cattedrali dalle alte

aguglie !

Solo questa piccola casa vai più che esse tutte — povera casa di-
sperata !

O bella, o paurosa naufragata — sede di un’anima — un’anima tu


stessa,
O casa non reclamata, evitata — abbiti un sospiro dalle mie labbra
tremule,
Abbiti una lagrima caduta e non vista da alcuno, mentre che pen-
soso mi diparto da te :

O morta casa di amore — casa di pazzia e di peccato ed ora stri-


tolata, schiacciata,
O casa di vita, ognor piena di ciarle e di riso 1 Eppure, ahimè ! o
povera casa, tu eri morta anche allora !
e

364 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Per mesi, per anni, fosti una casa piena di echi e di ornamenti —
nondimeno morta, morta, morta.

Questo Composto.

l.

Qualche cosa mi spaventa, là dove io credeva di essere più


sicuro;
Mi ritraggo dai tranquilli boschi che amavo,
Non voglio più passeggiare pei pascoli,
Non più voglio spogliarmi per incontrarmi col mio amante, il mare,
Nè, per rinnovarmi, voglio che la mia carne tocchi la terra, a quella
guisa che si tocca un’altra carne.

Oh come può essere che il suolo stesso non ammali ?


!

Come potete vivere, voi, o germogli di primavera ?


Come potete dare salute, voi, o sangue di erbe, di radici, di ortaglie,
di grani ?

Non fanno continuamente germogliare voi i cadaveri che si disfano


dentro di voi ?

Non è ogni continente ricreato sempre da macerati morti ?

Dove avete deposto le loro carcasse ?


Le carcasse dei ghiottoni e degli ubbriaconi eli tante generazioni 1
Dove avete segregato da voi tutta quella carne e quei liquidi putridi ?
Io non vedo nulla di questo sopra di voi oggi, o forse mi inganno.
Io vo’ scavare un solco col mio aratro, voglio cacciare la mia vanga
entro il dissodato per sovesciarlo,
E sono sicuro che scoprirò un po’ di quel pudridume.

Mira questo composto Miralo bene ! !

Forse ogni briciola sua è stata parte di un corpo malato — eppure


miralo !

L’erba primaverile ricopre le praterie,

Le fave scoppiano in silenzio dalle zolle nel giardino,


Il delicato gambo della cipolla spunta,
I bocciuòli delle appiuole raccolgonsi in grappoli sui rami,
Risorge il frumento pallido dalle sue sepolture,
RIVOLI AUTUNNALI 365

Svegliatisi le tenui tinte dei salici e dei gelsi,


L’uccello maschio canta mattina e sera, mentre la femmina cova
sul loro nido,
Il pulcino sguscia dall’uovo rotto,
I piccoli degli animali appaiono, il vitello nasce dalla vacca, il

puledro dalla cavalla,


Fuor del suo monticello di terra la patata sporge le sue foglie verde-
scuro,
Fuor del monticello si eleva lo stelo giallo del granturco, i fiori

di lilla appaiono nella corte,


II vegetare estivo si compie, innocuo e noncurante, sopra tutti questi
strati di macerate cose morte.

Quale chimica !

Come è che i Adenti non siano realmente infettivi,


Che non sia un’illusione questo trasparente lavacro verde del mare,
così innamorato di me,
Che sia salutare lasciarlo lambire il mio corpo nudo con tutte le
sue lingue,
Che esso non mi attacchi colle febbri che sono state deposte nel
suo seno,
Che tutto sia puro sempre e sempre,
Che la fresca bibita del pozzo abbia, così buon sapore,
Che le more siano così succose e profumate,
Che i frutti del frutteto e dell’aranceto, che i poponi ,
1’ uva, le

pesche, le susine non mi avvelenino,


Che, quando mi abbandono sull’erba, io non prenda nessuna ma-
lattia,

Sebbene, probabilmente, ogni stelo nasca da ciò che fu prima un


germe infettivo ?

Ora io sono atterrito a guardare la Terra: essa che è così calma


e paziente,
E produce sì dolci cose da tali corruzioni,
E gira sul suo asse, innocente e pura, con una tale sequela in-

finita di corpi in putrefazioue,

E distilla questi venti così squisiti da così infetto fetore,


E rinnova, colla sua aria noncurante, le sue annue messi, abbon-
danti e sontuose,
E dà agli uomini tali materiali divini, per accettare da essi alla fine
siffatti rimasugli.
366 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ad un rivoluzionario Europeo vinto.

Coraggio ancora, o fratello, ovvero sorella mia !

Tienti su — la Libertà vuole essere servita checche accada:


Egli è nulla che sia stata repressa da uno o due insuccessi, o da
qualsiasi numero d’insuccessi,
O dall’indifferenza o dall’ingratitudine del popolo ,
o da qualsiasi
mancata fede,
0 dalla mostra delle zanne del potere, dai soldati, dai cannoni, dal
codice penale.

Quello in che noi àbbiam fede, aspetta latente per sempre in


tutti i continenti,
Non invita alcuno, nulla promette, siede entro la sua quiete eia sua
luce, è positivo, è pien di decoro, non conosce scoraggiamento,
Ed aspetta pazientemente, aspetta la sua ora.

(Questi non sono solamente canti di lealtà,


Ma canti di ribellione anche;

,
Perchè io sono il poeta giurato di ogni ribelle intrepido che sia
sopra il mondo,
E colui che viene con me lasciasi dietro la pace e l’usata rotina,
E poli per posta la 9ua vita, per perderla ad ogni momento.)

Infuria la battaglia con allarmi molti ed alti, e con frequenti


avanzate e ritirate,

L’infedele trionfa, o s’immagina di trionfare,


La prigione, il patibolo, la garotta (1), le manette ,
i collari di
ferro, le catene, le palle di piombo fanno la faccenda loro;
Gli eroi famosi e gli eroi ignorati passano ad altre sfere,

1 grandi scrittori ed oratori sono esiliati, ed ammalano in lontane


terre.
Assopita è la causa, le più gagliarde gole sono soffocate col loro
proprio sangue,
I giovani abbassano le ciglia a terra, quando s’incontrano;
Ma non per tutto questo, la Libertà ha disertato il suo posto ,

l’infedele è entrato nel pieno possesso,

(1) Supplizio .spaglinolo.


RIVOLI AUTUNNALI 367

Quando la libertà diserta il suo posto, non è la prima a dipartirsi,


nè è la seconda o la terza che si diparte,
Aspetta prima che sieuo partiti tutti, poi va via ultima.

Quando non vi saranno più memorie di martiri e di eroi,


E quando ogni vita e tutte le anime degli uomini e delle donne sa-
ranno affrancate da ogni lor compito terreno,
Allora solamente la libertà e l’idea della libertà sarà dispensata
dal suo compito sulla terra,
E l'infedele avrà il suo possesso pieno.

Io non so per quali cose tu sei (io non so per quali cose sono
io, nè per quali cose sia qualunque cosa),
Ma io cercherò di esse anche nell’atto di essere schiacciato,
Anche nella disfatta, nella povertà, nel disinganno, nella carcere
— perchè troppo grandi cose esse sono.

Pensiamo noi che la vittoria sia grande ?

Così essa è — ma ora pare a me, che, quando non si ha più spe-
ranza, allora sia grande la disfatta :

Allora Sono grandi la morte e lo smagarsi dell’anima.

Terre senza nome.

Nazioni vissero dieci mila anni prima di questi Stati, e molte


volte dieci mila anni prima di questi Stati,
Gruppi ammucchiati di ere passarono, in cui uomini e donne come
noi crebbero, compirono il loro viaggio, e passarono via :

Quali ampie citta edificate, quali ordinate repubbliche, quali tribù


pastorali e nomadi !

Quali storie, e reggitori, ed eroi, che, forse, sorpassarono gli altri

tutti 1

Quali leggi, costumi, ricchezze, arti, tradizioni !

Quali forme di matrimoni, qual vestire, quale fisiologia e fre-

nologia 1

Quale libertà e schiavitù fu tra essi, che cosa pensarono della


morte e dell’anima !

Chi fu spiritoso e savio, chi lidio e poetico, ehi brutale e sel-

vaggio
Dì tutto questo non un segno, non un ricordo resta — eppure tutto
resta.
368 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Oh ! io' lo so, che questi uomini e donne non vissero per nulla,
nè furono alcuna cosa più, di quanto noi siamo,
Io so che essi, ed ogni frusto loro, fecero parte dello schema del
mondo, altrettanto quanto ne facciamo parte noi.

Essi stanno lontani, e pure stanno presso a me :

Alcuni dal profilo ovale, colti e calmi,


Altri nudi e selvaggi, alcuni come ammassate collezioni d :
insetti.
Alcuni in tende, o pastori, o patriarchi, o tribù, o cavalcatori,
Alcuni predando nelle foreste, alcuni vi vendo pacificamente nelle
fattorie, arando, mietendo, colmando granai,
Alcuni attraversando viali lastricati, fra templi, palazzi, fabbriche,
vetrine, librerie, corti, teatri e monumenti meravigliosi.

Sono quei bilioni di uomini realmente dipartiti ?


Sono quelle donne di vecchia esperienza dipartite dalla terra, an-
eli’ esse ?

Le loro vite, le loro città, le loro arti solamente restano con noi ?

Non operarono essi nulla per il bene e per sè stessi ?

Io credo che di tutti quegli uomini e donne che occuparono


terre senza nome, ognuno esiste in questa ora, qui o altrove, invi-
sibile a noi,
In proporzione esatta per rispetto a ciò da cui egli od ella derivò
nella vita, e per rispetto a ciò che egli o ella operò, sentì, divenne,
amò, peccò nella vita.

Io credo che non vi fu fine per quelle, nazioni o per ogni


persona vissuta in esse, più di quanto vi sarà fine per la mia na-
zione o per me;
Delle loro lingue, dei loro governi, dei loro matrimoni, della loro
letteratura, dei loro prodotti, giochi, guerre, usanze, delitti, prigioni,
schiavi, eroi e poeti,
Io suppongo che i risultati aspettano curiosamente nel mondo in-
visibile, come un riflesso esatto di ciò che si agglomerò in essi nel mondo
visibile,
Io suppongo che gl’incontrerò colà,
Io suppongo che troverò colà ogni vecchio particolare di quelle
terre senza nome.
ri voli a utuxxa l i 369

Il canto della prudenza.

Vagavo per le vie «li Manuali-atta e riflettevo


Sul Tempo, sullo Spazio, sulla Realtà — su cose simigliatiti a queste
e accanto ad esse stava la Prudenza.

Lo schiarimento finale circa la prudenza resta ancora da farsi,

E poco o grande che sia, quello che alla immortalità si conviene,


distillasi a parte, quietamente, dalla prudenza.

L’anima è di sè stessa,
Tutto converge ad es9a, tutto ha referenza a quel che vien da essa;
Tutto che una persona fa, dice, pensa, ha le conseguenze sue,
Non un movimento può uomo o donna fare di che ella od egli non
si risenta per un dì o per un mese, direttamente per alcuna parte
della sua vita o nell’ora della morte,
E che egli od essa non risenta, dopo, indirettamente, durante il tempo
della vita sua.

L’indiretto è proprio tal quale come il diretto,


L’anima riceve dal corpo proprio tanto, quanto essa dà al corpo,
se non più.

Nessuna parola o fatto, non ulcera venerea, o scoloramento o


secretezza di onanista,
O putridume di ghiottoni, di beoni di rum, o peculato, astuzia,
tradimento, assassinio, seduzione, prostituzione,
Che non abbia risultati dopo morte così realmente come prima
della morte.

La carità e la forza personale sono i soli investimenti meritevoli


di qualche cosa.

Non è necessario specificare : tutto ciò che un maschio o una


femmina fa di vigoroso, di benevolo, di puro è in vantaggio di lui

o di lei
In questo ordine dell’universo, che nessuno può scuotere : e durante
l’intiero scopo dell’universo, sarà sempre così.

Chi fu savio riscote gl’interessi;


Il selvaggio, il fellone, il Presidente, il giudice, il colono, il mec-
canico, il letterato, il vecchio, il giovane, tutti, al modo stesso;

\V. Whitman. — Foglie di erba. 24


370 Tt
r
. WHITMAJV — FOGLIE DI ERBA

L’ interessa verrà a ciascuno al suo turno — tutto verrà al suo turno.

Individualmente e collettivamente, l’influsso di ora, o l’influsso


del proprio tempo influirà sempre su tutto il passato ,
su tutto il

presente, e su tutto il futuro;


Tutte le valorose gesta di guerra e di pace,
Tutto l’aiuto dato ai parenti, agli stranieri, al povero, al veceliio,
all’afflitto, al fanciullo, alle vedoverai inalato, e ai banditi,
Tutta l’abnegazione di chi stette saldo e appartato nell’ ora del
naufragio, e vide altri occupare i posti degli schifi di salvataggio,
Tutte le offerte di sostanza o di vita per la buona vecchia causa,
o per un amico, o per un’opinione,
Tutti i travagli degli entusiasti, scherniti dal loro prossimo,
Tutto l’illimitato e dolce amore e prezioso soffrire delle madri,
Tutti gli uomini onesti, che furono beffati, in lotte ricordate o di-
menticate,
Tutta la grandezza e bontà delle antiche nazioni, i cui frammenti
noi ereditammo,
Tutta la bontà delle dozzine di antiche nazioni, sconosciute a noi
di nome, di data, di località,
Tutto quello che fu virilmente cominciato, riuscisse o no,
Tutte le suggestioni del divino spirito dell’uomo, o la divinità della
sua bocca o le creazioni delle sue grandi mani,
Tutto quello che è ben pensato e detto in questo dì, in ogni parte
del nostro globo, o in ogni parte degli astri erranti, o iu ogni parte
delle stelle fìsse da coloro che ivi sono, come noi siamo qui,
Tutto quello che quindi innanzi sarà pensato o fatto da te, chiunque
tu sii, da qualsiasi altro,
o
Tutto questo ha, ha avuto ed avrà le sue attinenze con le identità

da cui esso scattò o scatterà.

Hai tu pensato che qualsiasi cosa visse solo nel suo momento ?

Il mondo non esiste così, nè alcuna parte sua palpabile o impal-


pabile esiste così,
Nè alcuna cosa consumasi, senza che tragga il suo essere da cose
che consumaronsi lungamente prima, e così queste da altre,

E senza che la consumazione che possa concepirsi più lontana si

approssimi di un tratto al cominciare più di qualsiasi cosa.

Qualunque cosa che sodisfi l’anima è verace:

La prudenza sodisfa intieramente la brama e la fame delle anime.


Essa sola sodisfa l’anima compiutamente,
RIVOLI AUTUNNALI 371

L’anima lia quello smisurato orgoglio che si ribella ad ogni lezione


che non venga da lei.

Ora io respiro la parola prudenza che cammina in compagnia


col tempo, con lo spazio, con la realtà,
E risponde con l’orgoglio che rifiuta ogni lezione fuor che la sua.

Quello che è prudenza è indivisibile,


Si rifiuta di dividere una parte della vita da qualsiasi altra parte,
Non divide la dirittura da ciò che non è diritto, o il vivente dal
morto,
Appaia ogni pensiero o fatto con i pensieri e con i fatti corrispon-

denti,
Non conosce possibile perdono o delegata espiazione,
Conosce che il giovane, che serenamente perigliò la vita e la per-
dette, operò, senza dubbio, eccessivamente bene per sè,

Che colui che non perigliò inai la vita, ma la conserva fino alla

vecchiaia, fra le ricchezze e gli agi, non ha probabilmente nulla fatto

che sia degno di ricordanza,


Conosce che ha realmente imparato solo chi ha imparato a prefe-

rire i risultati,

Chi accarezza il corpo e l’anima egualmente,


Chi intuisce che l’indiretto segue con sicurezza il diretto,

Chi nel suo spirito, in ogni evenienza, nè affretta, nè evita la morte.

Il cantore in carcere (1).

1.

O spettacolo di vietò, eli vergogna e di affanno !

O pauroso pensiero — un'anima è prigioniera !

Così sonava il ritornello per la sala della prigione :

Levavasi al tetto, alle volte dal cielo sovrastante,

Yersavasi in flutti di melodia con toni così dolcemente e gagliar-

damente pensosi, che il simile non fu udito mai,

(1) terzo ed ultimo cauto, che ha strofe e rima. Però solo in parte.
Questo è il

Rimano due primi versi che sono ripetuti tre volte; poi seguita un recita-
tra loro i

tivo (U. 1, 2, 3); ma, dopo il numero due, sono quattro stanze rimate; le quali
sono di quattro versi ciascuna, in cui il primo e il secondo rimano tra loro, e mede-
simamente il terzo e il quarto; le sranze rimate cominciano dal verso : TJrì anima
stretta, ecc.
,

372 W. WRITMAN — FOGLIE 1)1 ERBA

Giungeva alla lontana sentinella, alle guardie armate, die cessa-


vano il loro passeggio,
E sospendeva per estasi e venerazione i battiti degli uditori.

2 .

Il sole declinava all’occidente, un dì d’inverno,


Quando in una bassa chiesa, fra i ladri e i banditi del paese
(Ivi a centinaia sedevano assassini dalla smorta faccia e scaltri
falsari
Raccolti, la domenica, nella Chiesa, fra le mura della prigione —
gli aguzzini li circondavano,
Numerosi, ben armati, guardandoli con vigili occhi),

Calma una signora entra, reggendo con ciascuna delle due mani un
innocente fanciullo;
E mentre che i fanciulli sedevano sui loro scanni accanto a lei. sulla
piattaforma,
Ella, preludiando sull’istrumento un preludio basso e musicale,
In voce che tutto sorpassava, cantò un raro ed antico inno.

Un’anima, stretta da sbarre e da catene,


Grida aiuto ! Oh aiuto ! e storce le sue mani :

Accecati ha gli occhi, sanguinante è il suo seno,


Nè perdóno trova, nè balsamo di riposo.

Incessante ella passeggia in su e in giù:


O giorni di cuore afflitto ! O notti di pene !

Nè mano di amico, nè amante viso,


Nè favore giunge, nè parola di grazia.

Non fui io che peccai quel peccato,


Il corpo irrequieto mi vi trascinò:
Sebbene a lungo io lottassi coraggiosamente,
Il corpo fu più possente di me.

O cara anima imprigionata, sopporta ancora un tratto.

Perchè, presto o tardi, la grazia è certa;


A liberarti, a rimenarti a casa
Verrà la morte, la celeste perdonatrice.

Non più prigione, nè vergogna, nè affanno !

Pòrtiti —o anima affrancata da Dio !


.

RIVOLI A UTUXXALI 373

3.

La cantatrice cessò;
Uno sguardo passò dei suoi chiari e calmi occhi su quelle facce
rivolte in su,
Uno strano mare di facce da galera, un migliaio di facce varie, astu-
te, brutali, piene di cicatrici e belle;
Poi levandosi, e tornando in dietro, lungo il corridoio, tra essi,
Sfiorandoli con la gonna, il cui fruscio udivasi in quel silenzio,
Ella con i suoi figli svanì nell’ombra.

Frattanto, sopra tutti, prima che prigionieri e guardiani si ri-

sco tessero
(Dimentichi i carcerati della prigione e i guardiani della loro pi-
stola carica),
Un
silenzio, una pausa, un ammirabile minuto cadde
mezzo ai profondi e a stento repressi singhiozzi di que’ tristi
In
uomini inginocchiati e commossi al pianto :

Le ansie della loro giovinezza convulsa le memorie della casa ,

dov’erano nati,
La voce della mamma, quando loro cantava la ninna-nanna, le cure
della sorella, la felice fanciullezza,
Nell’anima loro, così a lungo morta, risursero memori.
Un ammirabile minuto fu quello —
ma dopo, nella solitudine della
notte, per molti e molti che eran ivi,
Dopo anni, anco nell’ora della morte, il doglioso ritornello, il tono,
la voce, le parole
Ritorneranno; e ancora l’alta, la calma signora, nello stretto corri-
doio tornerà a passeggiare,
E ancora si udrà la gemente melodia, e ancora la cantatrice nella
prigione canterà.

O spettacolo di pietà, di vergogna e di affanno !

O pauroso pensiero — un’anima è prigioniera

Gorgheggio per la stagione del lilla.

Gorgheggiami ora un canto di tripudio per la stagione del


lilla (richiamando i ricordi) :

O lingua, o labbra, per amor della Natura, richiamatemi i ricordi


della prima estate:
374 W. WHITMAJY — FOGLIE DI ERBA

Assembrami i segni benedetti (come usano i fanciulli quando gio-


cano con ciottoli o con conchiglie avvinte di corda),
Mettivi aprile e maggio, le rane che gracidano nei pantani, e l’a-
ria elastica,
Mettivi le api, le farfalle, il passero con le sue semplici note,
L ’ uccello azzurro (1) e la saettante rondine : non dimenticare il

picchio dorato (2) dalle ali fulgide di oro,


La tranquilla nebbia, suffusa di sole, il fumo elevantesi a spire,
il vapore del suolo,
Il bagliore delle acque, con i pesci entro esse e il colore ceruleo
alla superficie;
Mettivi tutto quello che è giocondo e fulgido, i ruscelletti correnti;
I boschi di acero, i giorni scintillanti di febbraio, la lavorazione
dello zucchero,
E il merlo migratore, là dov’ei saltella — occhio vivido e petto
bruno —
Levando il suo canto musicale al sole che sorge, e poi di nuovo, al
sole che tramonta,
O quando svolazza per l’orto, fra gli alberi delle appiuole, fabbri-
cando il nido per la sua compagna;
Mettivi la neve che a marzo si discioglie, e il salice che mette i suoi
germogli di giallo bruno,
Perchè la primavera è giunta ! L'estate è qui ! Che è questo che
è in essa, e vien da essa ?

O tu, o anima che ti sciogli dai freni ! O tu, irrequieta e bramosa


di qualche cosa che io non so !

Vieni, o anima, non giacciamo più qui, leviamoci su e via !

Oh !
poter volare non più che un augello ! Oh ! poter fuggire via.
e Veleggiare come nave !

E scivolare con te, o Anima, sovra tutto, in ogni cosa, come


nave sulle acque,
Assembrando questi segni, i preludi, P azzurro cielo, l'erba, le

mattutine gocce di rugiada,


L’ olezzo del lilla, i suoi cespugli con le foglie di bruno carico,

tagliate a foggia di cuore,

(1) Un uccello degli Stati Uniti, affine al pettirosso Europeo - Siali a sialh .

(2) High-liole o high-holder — uccello proprio degli Stati-Uniti — Colapte-s au-


ratus).
I

RIVOLI ACT UX.YA I 375

Le mammole dei boschi, e il piccolo iior delicato che chiamano


innocenza (1),
Per dar grazia al cespuglio che amo — per cantare, insieme con
gli uccelli,

Un gorgheggio per la gioiosa stagione ilei lilla (richiamando i ri-

cordi).

Schizzi per una tomba.


(G. P. Sepolto nel 1870).

1 .

Che cosa possiamo cantar per te noi, o tu che giaci entro questa
tomba ?

Quali tavolette, quali schizzi sospendere per te, o milionario f

La vita che tu vivesti, noi non la conosciamo,


Salvo che tu passasti i tuoi anni in baratti, tra le folle dei sen-
sali;

Non eroismo fu in te, uè guerra, nè gloria.

2 .

Silenziosa l’anima mia,


Con le ciglia basse, come aspettando, pensava,
Dimentica di tutti gli esemplari e di tutti monumenti i degli eroi.
E frattanto, tra le interne visioni dell'anima,
Taciti sorsero, quasi fantasmi (come a notte aurora boreale),
Quadri fulgidi, profetiche, incorporee scene,
E spirituali proiezioni.

In una visione, tra le vie della città, una casa di operaio mi


apparve :

Finita era l’opera della giornata, e la casetta era linda, aerata,


illuminata,
E il tappeto spazzolato : il fuoco rideva nella stufa.

(1) Questi fiori si chiamano Bluets o Quaker Lajlies [Ilo a stoma Cerulea).
.

376 IT. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

In altra, la sacra scena di nn parto :

Una felice madre, senza doglie partoriva un fanciullo perfetto.

In altra, ad una copiosa colazione mattutina,


Pacifici sedevano i genitori con i sodisfatti tìgli.

In altra, andavano, a due, a tre, i giovanetti,


E raccogliendosi a centinaia, camminavano per i sentieri, per le

strade, per le vie,


Verso uua scuola dall’alta cupola.

In altra, un 1 >el trio:


La nonna, l’affettuosa figlia e la figlia della figlia affettuosa ,
se-
devano
Ciarlando, cucendo.

In altra, una lunga fuga di nobili stanze :

Fra numerosi libri, e giornali, fra quadri pendenti dalle pareti e


preziose statuette,
Stavano gruppi di amichevoli maestri operai, di vecchi e di giovani
meccanici,
Legge u do ,
conversa n di >

Tutti, tutti gli spettacoli di uua vita laboriosa


In città e in campagna, di donne, di uomini e di giovani vedevo,
E tutti dei loro bisogni erano provveduti, tutti erano abbronzati
al sole e timi del colorito della gioia :

Provveduti erano gli sponsali, la fattoria, la via. il podere, la stanza


della propria casa, la stanza da alloggio,
Il lavoro e la fatica, il bagno, il ginnasio, la palestra, la libreria,

il collegio;
L’infermo era curato, lo scalzo provveduto di scarpe, l’orfano prov-

veduto di padre e di madre,


Chi aveva farne era cibato, alloggiato chi era senza casa
(Perfette e divine le intenzioni,
Fortunatamente umane le opere, i particolari).

3 .

O tu che giaci dentro questa tomba.


Da te ebbero nascita queste scene, o tu donatore prodigo e senza
limiti,
RIVOLI AUTUNNALI 3 77

Che uei doni gareggiasti con la terra, ampio come la terra :

Il tuo nome è una terra con monti, con campi, con maree.

Non solo accanto alle vostre correnti, o fiumane,


Non accanto a te e ai tuoi fianchi, o Connecticut,
Non accanto a te e a tutta la tua feconda vita, o vecchio Tamigi,
Non accanto a te, o Potomac, che bagni la terra che Washington calcò,
non accanto a te, o Patapsco,
Non accanto a te, o Hudson, nè accanto a te, o infinito Mississipì
— non a voi solamente
Ma agli alti mari io scaglio il mio pensiero e la memoria di que-
st’uomo.

Da dietro questa maschera.

(Guardando un ritratto)

I.

Da dietro questa pendente maschera rozzamente tagliata,


Sorgono queste luci ed ombre, questo dramma complessivo;
Questa comune cortina di viso contiene in me per me, in te per
te, in ciascuno per ciascuno
Oh! quali tragedie, dolori, riso, lagrime! — Oh! cielo!
Quali passionati, fecondi drammi questa cortina nasconde
Questa pupilla di Dio, che è il cielo il più terso e sereno.
Questa sottile membrana del bollente abisso di Satana,
Questa mappa della geografia del cuore, questo piccolo continente
infinito, questo mare silenzioso !

Fuori delle circonvoluzioni del cervello di questo globo,


Di questo globo astronomico, più artificioso che il sole, che la lu-

na, che Giove, che Venere, che Marte,


Fuori di questo riassunto dell’universo (certo, solo qui è l’universo,
Qui è l'idea, tutto è in questo piccolo, mistico involucro),
Io a questi cesellati occhi, che splendono per te e son destinati a
passare all’avvenire,
Ed a slanciarsi e correre traverso le rivoluzioni dello spazio, per
mandare di là queste emanazioni,
A te, chiunque tu sii — un’occhiata.
378 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

2 .

Io, un viaggiatore di pensieri e di anni, di paee e di guerra.


Di giovinezza da assai tempo trascorsa e di mezza età già decli-
nante
(Come il primo volume di un racconto che, letto, sia posto da ban-
da: e secondo volume è questo,
il

Che incomincia or che sono per chiudersi i canti, le avventure, le


speculazioni),
M’indugio pensoso, qui, ora, per un momento, per rivolgermi a te :

E sulla via, o presso l’apertura casuale di una porta o presso


,

un’aperta finestra,
Fermandomi m’ inchino ,
scopro il mio capo e saluto particolar-
mente te,
Per attirarti e per stringere alfine l’anima tua, inseparabilmente,
con la mia,
E poi viaggiare e viaggiare ancora.

Vocalismo.

1 .

Vocalismo, misura, concentrazione, determinazione e la divina


facoltà di parlar parole :

Hai tu ampi polmoni e labbra agili per lungo esercizio 1 Per vi-

gorosa pratica ? Per natura f

Ti muovi tu per queste ampie terre, così ampiamente com’ esse sono t
Giungi tu debitamente alla divina facoltà di parlare parole f

Perchè solo all’ultimo, dopo anni molti, dopo la castità, l'amicizia,

la procreazione, la prudenza e la nudità,


Dopo aver calcato terre e affrontato fiumi e laghi,
Dopo aver discjolto la gola, assorbito ere, temperamenti, razze, co-
gnizioni, libertà, delitti,
Dopo una fede completa, dopo purificazioni, elevazioni, dopo aver
rimosso impacci,
Dopo questo e più ancora, è appena possibile che ad un uomo o
ad una donna sopraggiunga la divina facoltà di dir parole;
Ma allora verso quest’uomo o verso questa donna si affrettano solle-
citamente tutti —
nessuno li rifiuta, tutti sono intenti:
Ed eserciti, navi, antichità, librerie, dipinti, macchine, eittà, odio.
RIVOLI AUTUNNALI 379

disperazione, amicizia, dolore, furto, assassinio, aspirazione, eleganza,


in file serrate,
Sboccano all’ora del bisogno, per marciare ubbidientemente ,
se-

guendo la bocca di quest’uomo o di questa donna.

2 .

Oli ! die cosa è iu me, che mi fa tremare così alle voci?


Certo, chiunque mi parli con diritta voce, uomo o donna che sia,

io terrò dietro ad essi,

Come l’acqua tien dietro alla luna, silenziosamente, con passi fluidi,
dovunque, attorno al globo.

Tutti aspettano le voci diritte;


Dove è l’organo che ha pratica e perfezione ì Dove è la sviluppata
anima ?
Perchè ogni parola che di là è pronunziata, io vedo che ha suoni
più profondi, più dolci, più nuovi, che non possono esprimersi con
parole men grandi.
Io vedo cervelli e labbra chiusi, timpani e tempia non percossi,
Finche quello non giunga che ha la dote di percuotere e di aprire,
Finche quello non giunga che ha la dote di suscitare ciò che giace
assonnato, ma che eternamente è pronto a tutte le parole.

A colui che fu crocifisso.

L’anima mia con la tua, o fratello diletto :

Non badare se molti, pur gridando il tuo nome, non t’intendono:


Io non grido il tuo nome, ma io t’intendo,

E t’ individuo con gioia, o mio camerata, per poterti salutare, e per


salutare quelli che erano con te, prima che tu fossi, e che furono
teco dopo, e che saranno nell’avvenire,
Poiché noi tutti lavoriamo per trasmettere il compito stesso e l’ere-
dità stessa;
Noi pochi, eguali tra noi e non curanti delle nazioni e non curanti
dei tempi,
Noi, che abbracciamo i continenti tutti, tutte le caste, noi che ri-
conosciamo le teologiè tutte,

Noi pietosi, intendenti, e vincolo fra gli uomini,


,

380 11'. WMTMÀX — FOGLIE DI ERBA

Noi camminiamo silenziosi tra le dispute e le asserzioni, senza


ributtare nè i disputanti nè alcuna cosa che sia asserita.
Noi udiamo il chiasso e il vocìo, e siamo colpiti da divisioni
gelosia e recriminazioni da ogni lato,
Clic stringonsi perentoriamente su noi e ci circondano, o mio ca-
merata .

Nondimeno noi camminiamo, non rattenuti, liberi, su per la terra


intera,viaggiando su e giù, finché non abbiamo segnata la nostra
impronta indelebile sul tempo e le diverse ere,
Finché non satureremo di noi tempi e le ere, acciocché gli nomini
i

•e le donne delle razze e delle età avvenire possano diventare fratelli


ed amanti come siarn noi.

O voi, criminali, innanzi alla corte di giustizia.

O voi, criminali, innanzi alla corte di giustizia,


O voi, racchiusi nelle celle delle prigioni, o assassini condannati,
incatenati e ammanettati,
Chi sono io, per non essere aneli 1 io innanzi alla corte o in pri-
gione ?

Crudele e diabolico io sono come qualsiasi altro; or. perchè i miei


polsi non sono incatenati con ferro, perchè non i miei fianchi ?

O voi prostitute, pompeggiane sui marciapiedi, od oscene nelle


vostre stanze,
Chi sono io, perchè possa chiamar voi più oscene di me ?

O me colpevole ! Io lo confesso — io un reo confesso !

(O miei ammiratori, non mi lodate — non mi fate complimenti —


voi mi fate rabbrividire;
Io vedo quello che voi non vedete — e conosco quello che voi non
•conoscete.)

Entro queste ossa del mio petto giaccio io, annerito, soffocato:
Sotto questa faccia, che pare così impassibile, maree d'inferno scor-
rono continuamente ;

Libidine e tristizie sono accettate da me.


Passeggio coi delinquenti e muoio di amore per essi.

Sento che io sono dei loro — Anch'io appartengo a questi car-

cerati e a queste prostitute,


RIVOLI A UTUNNALI 381

E 7
quinci innanzi io non vo’ rinnegarli — perchè, come posso rinne-
gare me stesso ?

Leggi per le creazioni.

Ecco le leggi per le creazioni,


Per i forti artisti e condottieri, per le nuove generazioni d' inse-

gnanti e di perfetti letterati, per l’America,


E per i nobili sapienti e per i musicisti avvenire.

Tutto deve avere referenza all’insieme del mondo e alla com-


patta verità del mondo,
Non vi sarà soggetto trattato soverchiamente — tutte le opre il-

lustreranno la divina legge delle vie indirette.

Che cosa immagini tu che sia la creazione f


Che cosa immagini tu che sodisferà 1’ anima tua, salvo il cammi-
nar libero e il non riconoscere superiore alcuno ?
Che cosa immagini tu ch'io fintimi per cento vie, salvo che un
uomo o una donna sono così buoni, come Dio è ?
E che non vi ha Dio più divino di Te stesso f
E che cosa è, alla line, 1’ intendimento dei più vecchi o dei più
nuovi miti ?

E che cosa, che tu e ogni altro dovete accostarvi alle creazioni, per-
via di queste leggi f

Ad una prostituta comune.

Stai composta — stai ad agio con me — io sono Walt Wlxit-


inau — liberale e voluttuoso come la Natura —
Finché il sole non si neghi a te, non io mi ti nego,
Finché le acque non cessino di luccicare per te e le foglie di su-
surrare per te, non le mie parole si rifiuteranno di luccicare e susurrare
per te.

Figlia mia, io fo un appuntamento con te ;


ti commetto di
prepararti per essere degna d’ incontrarti con me,
E ti ammonisco di essere paziente e perfetta, finché io non venga.

Fino a quell’ora io ti saluto con significante sguardo, acciocché


tu non possa obliarmi.
382 W. WHITMAN — FOGLIE DI ENEA

Indagai per lungo tempo.

Indagai lungo tempo, per iscovrire le Intenzioni,


Per trovare un filo guidatore alla storia del passato in vantaggio
della mia vita è di questi canti —
ed ecco che ora l’ho trovato :

Esso, non è in queste impaginate favole che sono nelle biblio-


teche (io nè accetto, nè respingo queste favole),
Nè esso è piti nelle leggende che in ogni altra cosa;
Ma è nel presente — è in questa terra di oggi,
È nella Democrazia (mèta e scopo di tutto il passato),
E nella vita di un uomo o di una donna di oggi — nella media-
nità dell’uomo di oggi,
È nelle lingue, nelle maniere sociali, nelle letterature, nelle arti,
E nell’ampia mostra delle cose artificiali, nelle navi, nelle macchine,
nelle politiche, nelle fedi, nei moderni progressi, e negli scambi in-
ternazionali :

Tutto è per il moderno — tutto per la medianità dell’uomo di oggi.

Pensiero.

Di persone pervenute in alto stato, e che hanno ossequi, ric-

chezza, dottrina e simili cose.


(Per me tutte coteste persone sono pervenute a fuggire fuori di

sè stessi, salvochè per quanto si attiene ai loro corpi e alle loro


anime;
Così che sovente a me essi paiono stenti e nudi,
E sovente mi pare che 1’ uno si beffi dell’ altro, e ciascuno belìi

sè stesso, o sè stessa,
E che di ognuno di essi 1’ essenza della vita, cioè la felicità, sia

piena di corrotti escrementi di larve :

E sovente coteste donne ed uomini passano iuconscienti, oltre le

vere realtà della vita, e camminano verso realtà fallaci,

E spesso paionmi vivere desiderosi di ciò che l’usanza del mondo


loro appresta, senza nulla più,
E sovente paiono tristi, affrettati, dormenti, sonnambuli che cam-
minino nelle tenebre.)
SI VOLI A UT UNSALI 3K3

Miracoli.

Ebbene, chi fa ora stima di un miracolo ?


Quanto a me, io non conosco altro che miracoli :

O ch'io passeggi le vie di Mannahatta,


O che spinga il mio sguardo al di sopra dei tetti, verso il cielo,
O che guazzi, nudi i piè, lungo la sponda, proprio in sull’orlo del-
l’acqua,
O che stia sotto gli alberi nei boschi,
O che parli, durante il dì, con uno ch’io ami, o che migiaccia aletto
con una ch’io amo,
O che segga a desinare con altri,

O che guardi stranieri, che mi cavalchino incontro sul carro,


O che guati le api affacendate attorno all’arnia, in un pomeriggio
estivo,
O gli animali brucanti per i campi,
O gli uccelli, o il meraviglioso gioco degl’insetti nell’aere,
O il meraviglioso spettacolo del tramonto, o degli astri splendenti
silenziosi e lucenti,
O la squisita delicata curva della luna nuova in primavera
Coleste cose con le altre, ciascuna e tutte, sono miracoli per me,
E, pur riferendosi al tutto, ciascuna, sta distinta, e al proprio loco.

Per me ogni ora di luce e di tenebra è un miracolo,


Ogni pollice cubo di spazio è un miracolo,
Ogni miglio quadrato della terra è seminato di miracoli,
Ogni piede dell’interno della terra è affollato di miracoli.

Un continuo miracolo è per me il mare,


E i pesci che vi nuotano — e gli scogli —e il movimento delle acque
—e le navi e gli uomini che sono su esse :

Quali miracoli più straordinari di queste cose vi sono ?

Scintille sprizzanti dalla rota.

Là dove incessante la folla della città, durante i tedi della


giornata, si muove,
Attirato, mi unisco, guardando, ad un gruppo di fanciulli, e mi fermo
accanto ad essi.
384 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Presso il canto della via, sull’orlo del lastricato,


Un arrotino lavora alla sua rota, affilando un gran coltello;
Curvato della persona, lo tien saldo sulla pietra, e col piede e col
ginocchio,
Con misurato moto fa girare rapidamente la rota; e mentre preme
con mano leggiera ma ferma,
Fuori sprizzano in copiosi getti d’oro,
Scintille dalla rota.

Come mi cattiva e prende questa scena con i suoi particolari !

Ecco il malinconico vecchio dall’aguzzo mento, dalle vesti consunte,


con le sue larghe brettelle di cuoio;
Qua io, che fluido mi effondo, io, ima fantasima curiosamente va-
gante, che ora qui, assorto, mi fermo;
Da presso il gruppo (un punto inpercettibile entro un vasto ambito),
Dei fanciulli attenti e quieti, e 1’ alta 1’ orgogliosa e salda base
delle vie;
E poi il tenue, stridulo sfregamento della turbinante pietra, la lama
lievemente premuta,
E, diffondendosi, cadendo, dardeggiando di fianco in tenne pioggia
d’oro,
Le scintille che sprizzano dalla rota.

Ad uno scolaro.

È necessaria una riforma ? Deve essa compiersi per mezzo tuo f

Più grande è la riforma necessaria, e più grande è la Personalità


che tu devi raggiungere.

Tu ! Non vedi tu come sarebbe vantaggioso per te aver ocelli,

sangue complessione puri e dolci ?


Non vedi tu come sarebbe vantaggioso per te aver tale uu corpo ed
un’anima, che, quando tu entri iu mezzo a una folla, entri in mezzo
ad essa con te anche un’atmosfera di desiderio e d’ imperio, sicché
ognuno sia impressionato dalla tua Persoualità !

Oli ! la virtù magnetica ! La carne sopra tutto e sempre !

Vai, caro; ove bisogni buttar via ogni altra cosa, e cominciar oggi
ad assuefarti alla saldezza del volere alla realtà, alla stima di te,

alla definitezza tua e all’elevatezza,


RIVOLI AUTUXXALI 385

Non riposarti, tìncliè non abbia associato e pubblicato tu stesso la


tua Personalità.

Sviluppato fuor dei viluppi.

Fuor (lei viluppi «Iella donna sviluppasi l’uomo e svilupperassi


sempre :

Sviluppato fuor della più superba donna della terra, verrà il più
superbo uomo della terra,
Sviluppato fuor della più amorevole donna, verrà il più amorevole
uomo,
Sviluppato fuor del più perfetto corpo di donna, verrà l’uomo for-
mato di corpo più perfetto;
Solo se sviluppati fuor degl’ inimitabili poemi di una donna, possono
venire i poemi dell’uomo (solamente di poemi miei);
là vengono i

Sviluppato fuor della forte ed arrogante donna che amo, e sola- io

mente di là, può apparire il forte ed arrogante uomo che io amo,


Sviluppati fuor dei carnei abbracciamenti della muscolosa donna
ch’io amo, e solo di là, vengono i carnei abbracciamenti dell’uomo,
Sviluppàti fuor dei viluppi del cervello di una donna, vengono
tutte le circonvoluzioni del cervello dell’uomo debitamente obbedienti,
Sviluppata fuor della giustizia della donna, sviluppasi ogni giu-
stizia,

Sviluppata fuor della simpatia della donna, è ogni altra simpatia:


Gran cosa è l’uomo sulla terra e nell’eternità, ma ogni iota della
grandezza di un uomo sviluppasi fuor della donna;
Prima l’uomo è formato nella donna; poi egli può essere formato
in sè stesso.

Dopo tutto, che cosa sono io.

Che cosa sono io, dopo tutto, fuorché un fanciullo che si com-
piace del suono del proprio nome, ripetuto ancora ed ancora 1

Io mi sto appartato ad udire — nè ciò mi stanca mai.

Anche a te il tuo nome fa il simigliaute :

Forsechè tu hai pensato che nel suono del tuo nome non sia altro
che due o tre emissioni di fiato ?

W. AVhitman. — Foglie di erba.


386 ir. WEITMAN — FOGLIE FI ERBA

Cosmos.

Cosmo è olii include diversità ed è Natura,


Chi è l’ampiezza della terra, e la rozzezza e la sessualità della
terra, e la grande carità della terra e l’equilibrio suo anche,
Chi non spinse gli occhi fuor delle finestre per nulla e il cui cer-
vello non porse ai messaggi udienza per nulla,
Chi contiene credenti e miscredenti, chi è il più maestoso amante,
Chi conserva, in se, uomo o donna, la proporzione della trinità del
reale, dello spirituale e dell’estetica o dell’intellettualità,
Chi, avendo considerato il corpo, trova tutti i suoi organi e tutte
le sue parti buone,
Chi, dalla teoria della terra e del corpo suo, donna o uomo, de-
duce, con sottili analogie, tutte le altre teorie,
La teoria di una città, di un poema e delle ampie politiche di
questi Stati:
Cosmo chi non solo crede nel nostro globo e nel suo sole e nella

sua luna, ma anche in altri globi con i loro soli e con le loro lune,
Chi, uomo o donna, edifica la sua casa, non per un dì, ma per
tutti i tempi, per tutte le sedi, per le razze, per le ere, per le date,

per le generazioni tutte,


Sicché ivi, inseparabili, abbiano loro dimora il passato ed il futuro.

Altri può lodare quello che gli piace.

Altri può lodare quello che gli piace;

Ma io, dalle sponde del corrente Missuri nulla lodo o nell’ arte o

in altra cosa,
Finché essa non abbia impregnato sé dell’aria di questo fiume ed
anche dell’olezzo di queste praterie occidentali,
E non li esudi novellamente da sé.

Chi impara tutta la mia lezione ?

Chi impara tutta la mia lezione ?

Il padrone, il lavorante a giornata, l’apprendista, il sacerdote e


l’ateo,
Lo stolto e il pensatore sapiente, i genitori e i loi nati ,
il mer-
cante, l’impiegato, il facchino, l’avventore,
RIVOLI AUTUNNALI 387

L’editore, l’autore, l’artista e lo studente — su, facciausi a me vi-


cini, io incomincio :

Non è proprio una lezione — abbatte però le sbarre per una buona
lezione,
E questa per un’altra, ed ognuna per un’altra sempre.

Le grandi leggi affascinano e si diffondono senza dimostrazioni,


Ed io ho il medesimo loro stile, perchè io sono amico loro,
Io le amo tutte ugualmente, e non mi fermo a far loro delle reve-

renze.

Io mi giaccio distratto, ed ascolto i bei racconti delle cose, e


le ragioni delle cose;

Sono così belli che io mi ostiuo ad ascoltarli.

Io non posso dire a tutti quello che ascolto — non posso dirlo
a me stesso — ma è molto ammirabile.

Non è piccola cosa questo rotondo e delizioso mondo, che


muovesi nella sua orbita così esattamente, sempre e sempre, senza
uno sbalzo, senza lo sbaglio di un secondo;
Io non credo che sia stato creato in sei giorni, nè in dieci mila
anni, nè in dieci bilioni di anni,
Nè che l’una cosa sia stata ideata ed eseguita dopo l’altra, come un
architetto che concepisce e edifica una casa.

Io non penso che settanta anni sieno l’età di un uomo o di


una donna,
Nè che settanta milioni di anni sieno l’età di un uomo o di una
donna,
Nè che gli anni arresteranno l’esistenza mia o di qualsiasi altro.

È egli meraviglioso che io sia immortale ? Ogni cosa è im-


mortale;
So bene che ciò è mirabile, ma egualmente mirabile è la mia vista;
e come fui concepito nell’utero di mia madre è egualmente mirabile;
E il passare, da infante, dopo fina strisciante inconscienza di un
par di estati e d’inverni, ad articolar parole e a camminare — tutto
questo è ugualmente mirabile.

E che la mia anima abbracci te in quest’ora, e che io influisca


su te e tu su me, senza che l’uno veda l’altro e senza, forse ,
che
l’uno vedrà l’altro mai, questo è in ogni sua particella mirabile;
388 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

E che io possa pensare siffatti pensieri come questo, è altrettanto


mirabil cosa,
E che io possa ricordarli a te e tu pensarli e riconoscerli per veri,
è altrettanto mirabil cosa.

E che la luna si giri attorno la terra e si muova con essa, è


egualmente mirabile,
,
E che esse si equilibrino col sole e con gli astri, è mirabile egual-
mente.

Verità esemplari.

Tutti si sottopongono a queste verità, dove esse sono, sicure,


interne, inaccessibili all’analisi :

Non le tradizioni, non le autorità esteriori sono i giudici.


Solo esse i giudici di tutte le autorità esteriori e di tutte le tra-
dizioni :

Esse danno forza solo a chi dà forza ad esse e le tocca,

E per tutto questo, esse hanno in sè l’eterno potere di dar forza da


lungi e da presso, senza eccezione.

La torcia.

In sulla mia costa nord occidentale, in mezzo alla notte, un


gruppo di pescatori sta in vedetta;
Fuori, sul lago che si distende innanzi a loro, altri scagliano le
lance sui salmoni;
La canoe, una fosca e scura cosa, muovesi traverso l’acqua nera,
Portando un’abbagliante torcia a prora.

O astro di Francia.

(1870-71).

0 astro di Francia,
Lo splendore della tua speranza, della tua forza e della tua fama.
Che come nave orgogliosa guidò per lungo tempo la flotta,

Sembra ora una nave naufragata, cacciata dal vento, una carena
disalberata,
,

SI VOLI AUTUNNALI 389

In cui sia una ciurma impazzita, mezzo annegata,


E non abbia nè timone nè timoniere.

O fosco astro ferito,


O stella, non della Francia solamente, o impallidito simbolo della
mia anima e delle sue speranze più care,
Tu eri l’astro della lotta, delle audacie, d dia divina rabbia per la
libertà,
Delle aspirazioni ai lontani ideali, dei sogni di fratellanza dell’en-
tusiasta,
Tu l’astro che atterrivi i tiranni e i preti.

O astro crocifisso — venduto da traditori,


0 astro die palpiti affannato sopra una terra di morte! O eroica terra,
Strana, appassionata, beffarda, frivola terra !

Misera ! Ma per i tuoi errori, per le tue vanità, per i tuoi


peccati io non ti rinnego ora :

1 tuoi dolori e le tue pene senza esempio hanno lavato i tuoi


peccati
E fatta te sacra.

Per questo, che, tra i molti tuoi falli, tu mirasti sempre in alto,
Per questo, che tu non volesti venderti mai, comechè alto fosse il

prezzo,
Per questo, che tu sicuramente ti svegliasti piangente da tutti i tuoi
avvelenati sonni,
Per questo, che sola tra le sorelle tue, tu, gigantesca, frantumasti
coloro che ti svergognavano,
Per questo, che tu non potresti, non vorresti sopportare le usate
catene,
Per tutto questo ora hai questa croce, e la faccia livida, e i piedi
e le mani traforate,
E il colpo di lancia sul costato.

O astro ! O nave di Francia, rifiutata e beffata a lungo !

Levati, o astro ferito ! Continua il tuo viaggio, o nave !

Come sicura la Terra, la nave di tutti,


Anch’essa un prodotto di mortai fuoco e di turbolento chaos.
Scattando al fine dai suoi spas mi e dalla furia dei suoi veleni,
Perfetta di bellezza e di possanza,
390 IV. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Prosegue avanti per la sua via, sotto il sole,


Così tu, o Nave di Francia !

Finiti i giorni di prova, dissipate le nubi,


Passato il travaglio, venuta la liberazione a lungo sospirata,
Ecco ! rinato, alto sul mondo Europeo,
(In letizia di qua ti si risponderà, come l'accia risponde a -faccia
lontana, e riflettendo i propri raggi gli astri nostri, o Columbia),
Novellamente il tuo astro, o Francia, il tuo bello e lucente astro.
Nella pace dei cieli, più limpido, più lucente elle mai,
R isplender à i min or tale.

Il domatore di animali bovini.

In una remota contea settentrionale della placida regione pa-


storale,
Vive un mio amico campagnuolo, il tema di questo mio recitativo,
un famoso domatore di animali bovini,
E ivi portano a lui i nati di tre e di quattro anni, perchè li domi :
Prende egli il giovenco più selvaggio di tutti e lo vince e addo -
mestica,
Andando impavido, seuza frusta, dove il giovane torello scalpita
incollerito giù e su pel cortile;
La testa del torello agitasi irrequieta, alta nell’aria e con furiosi
occhi,
Nondimeno, guarda ! Come presto la sua rabbia quetasi — come
presto questo domatore lo doma;
Guarda ! Nella fattoria, qui d’intorno, sono un centinaio di ani-
mali bovini, giovani e vecchi, ed è lui l’uomo che li domò,
Essi lo conoscono tutti, tutti sono a lui affezionati.
Guarda ! Alcuni sono animali tanto belli e così superbi a vedere,
Alcuni sono rossicci come cervi, altri screziati; uno ha una lunga
striscia bianca corrente lungo il dorso, alcuni sono picchiettati,
Altri hanno lucide ed ampie corna (ìm° n indizio). — Guarda i ri-

lucenti fiauchi,
Guarda que’ due, con astri sulla fronte — guarda i loro rotondi
corpi e i larghi dorsi,
E come gagliardi e riquadrati stanno essi sulle loro gambe — Che
belli e sagaci occhi !

Come guardano il domatore! Ciascuno lo desidera vicino. — Ve’, come


rivolgono il capo per guardargli dietro !
RIVOLI A CTCXT.I LI 391

Quale espressione di desiderio ! Come afflitti mostratisi, quando si

allontana da loro !

Ora io mi meraviglio che cosa mai egli può parere ad essi (libri,

politica, poemi io scordo — ogni altra cosa scordo),


E confesso che invidio solamente il fascino di questo mio silenzioso
ed illetterato amico,
Cui un centinaio di animali bovini amano nella sua vita di fat-

toria,
Nella remota contea settentrionale della placida regione pastorale.

Pensiero di un vecchio maestro di scuola.

(Per la inaugurazione di una pubblica scuola. —


Camden, Xew Yersey, 1874).

Il pensiero di un vecchio maestro di scuola,


Di un vecchio, che raccoglie memorie e fiori giovanili, che la gio-
ventù non può cogliere.

Ora solamente io vi conosco,


O leggiadri cieli dell’aurora. —O rugiada mattutina, che ricopri
l’erba !

E vedo questi, questi occhi rilucenti,


Queste provviste di mistica intelligenza, queste giovani vite.
Che si edificano, che si equipaggiano come flotta di navi, navi im-
mortali,
Pronte a veleggiare su per mari senza limiti
Al viaggio dell’anima.

Solo un’accolta di fanciulli e di fanciulle è questa ?

Solo il noioso compitare e scrivere e conteggiare son qui ?

Solamente una pubblica scuola è questa ?

Oh ! più, infinitamente più


(Così GiorgioFox (1) levò il suo grido ammonitore è questo am- :

masso di mattoni e di calcina, sono questi tetti, queste finestre e spran-


ghe senza vita, ciò che voi chiamate chiesa ?

(1) Inglese. Istituì la Società degli Amici e dei Quaccheri, 162I-1U91.


392 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

No; questo non è punto la chiesa — la chiesa sono le vive e sempre


vive anime).

E tu, o America,
Vuoi tu cogliere il reale significato del tuo presente ?

E ombre del tuo futuro, così nel lume come nel male ?
le luci e le

Ebbene, guarda alle tue fanciulle e ai tuoi fanciulli, al maestro e


alla scuola.

Passeggiando di mattina.

Passeggiando di mattina,
Emergendo dalla notte e dai suoi foschi pensieri, avendo te nel
mio pensiero,
Ed aspirando a te, o armoniosa Unione ! a te, mentre canti, o di-
vino augello,
A Te, o patria mia, avvinghiata da tempi tristi, da furberia, da
neri abbattimenti ,
da ogni bassezza e tradimento, scatenati su te;

Guardai questa comune meraviglia — questo tordo padre osservai che


cibava i suoi nati,
Questo cantante tordo, i cui toni di fede e di estasi,
Non mancano mai di rassicurare e molcire il mio spirito.

Quivi io giva pensando; e sentii,

Che se mai vermi, bisce e fastidiosi lombrici possono essere tras-


formati in dolci canti,
Se mai la verminaia può così cambiar di natura ed essere così usata e

così benedetta,
Oh ! allora io potrò aver fede in te, nelle fortune tue, nei tuoi
giorni, o mia patria;
Chi sa se queste non possano essere lezioni utili a te ?

Da esse il tuo futuro cauto può levarsi con trilli gioiosi,

Destinato a riempire di sè il mondo.

Musica italiana in Dakota.

(« La banda del decimo settimo — la più perfetta banda reggimentale


da me udita »)

Traverso il mite aere della sera che avvince ogni cosa.


Tra scogli, boschi, forti, cannoni, passeggianti sentinelle e deserti
interminabili, la musica italiana si riversa
RIVOLI A UTUNXALI 393

Iu dolci ondate, in note di flauti e di cornette,


Elettrica, pensosa, turbolenta, artificiosa.
(Come stranamente adattasi anche a questo loco ! Qui essa ha si-

gnificati nuovi,
E più sottili, più armoniosi che mai. Come se nati qui, e a questi
lochi si riferissero,
E non alle dipinte sale della città, nè agli uditori in teatro,
Spandousi i suoni, gli echi, e vagano le note, qui, come se a casa
loro,
Dell’innocente amore della Sonnambula e dell’angoscioso terzetto della
Nórma,
E dell’estatico coro del l’oliuto.)
Così irradiavasi in grembo al limpido e giallo tramontare del 6ole
La musica, la musica italiana, nel Dakota,

E la natura intanto, sovrana di questa stravolta regione,


Appiattata in barbari e foschi recessi,
Riconoscendo dei rapporti comunque remoti
(Come una vecchia radice riconosce i suoi fiori e frutti ultimi nati),

Porge, assai compiaciuta, gli orecchi.

Con tutti i tuoi doni.


è

Con tutti i tuoi doni, o America,


Tu che stai sicura, che rapidamente ti amplii, signoreggiando il

mondo,
Tu, a c.ui furono concesse possanza, ricchezza, ampiezza— pur con
somiglianti' cose concesse a te ,

Sai tu quale è l’unico dono onde difetti? (l’ultimo problema umano


non si. risolve mai.)
È il dono di donne perfette, adatte per te. Che cosa sarà, se tu —
manchi di questo dono dei doni ?
Di un torreggiante femminile tuo ? di un femminile di beltà, di
sanità, di finitezza convenienti a te ?

Di un femminile di madri convenienti a te ?

La mia galleria di pittura.

Entro una casetta io tengo sospesi dei dipinti, perù non ò una
"
casa immutabile :
-
394 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

È rotonda, e misura solò pochi pollici da un lato all’altro;


Nondimeno guarda, essa ha spazio per tutti gli spettacoli del
mondo e per tutte le memorie !

Qui sono i quadri viventi della vita e qui anche i gruppi di morte !

Quivi è {sai tu questo ?), quivi è Cicerone egli stesso,


Che col dito levato indica i prodighi dipinti.

Gli Stati delle Praterie.

Un novissimo paradiso della creazione, però nessuna solitudine


primitiva;
Dense, gioiose, moderne, popolate a milioni, vi sono le città e le
fattorie,
E son congiunte da reti di rotaie, e son composte e ligate tra loro
così che, pur essendo molte, fanno un’unità,
A cui tutto il mondo ha dato il suo contributo — una società sono
di libertà, di legge, di guadagno,
Sono la corona e il fecondo paradiso, prodotti dallo accumularsi
dei secoli,
Per giustificare il passato.
SUPERBA MUSICA DELLA TEMPESTA.

1.

Musica superba della tempesta,


Violeuto spiro elle così libero voli, e che traversi, fischiando, le
praterie,
Murmurc possente delle vette degli alberi della foresta — vento
delle montagne;
Oh ! voi, fosche ombre personificate — voi, orchestre celate,
Voi, serenate di fantasime dai vigili strumenti,
Che al ritmo della Natura armonizzate tutte le lingue delle nazioni;
Voi, corde lasciateci in eredità da compositori immani — voi, cori,
Voi, informi e libere danze religiose, — voi, che ci venite dal-
l’Oriente,
Voi, accompagnamenti sommessi di fiumane, voi ruggito di cate-
ratte precipiti,
Voi, rimbombi di lontani cannoni tonanti fra il galoppare della
cavalleria,
Voi, echi di campi di battaglia, e di tutti i vari segnali di trombe,
Voi che vi affollate tumultuosi, riempiendo di voi l’avanzata mez-
zanotte, perchè ligate me e mi tenete impotente,
Entrando nella mia solitaria stanza da letto? Perchè mi avete voi
afferrato ?

Fatti innanzi, o mia anima, e che ogni altra cosa si ritiri;

Ascolta, non perder nulla, egli è verso te che si avanzano;


— 395 —
396 ir. WHITMAE FOGLIE DI ERBA

Dividendo la mezza notte, entrando nella mia camera da letto.


Cantano e danzano per te, o anima.

Un canto di festa :

Il duetto dello sposo e della sposa novelli, una marcia nuziale,


Cantati da labbra di amore, e da cuori ricolmi ili amore insino al-

l’orlo;
Ve’ le guance suffuse di rossore e di profumi, il corteo numeroso
pieno di amiche facce giovani e vecchie, che passa tra le chiare note
del flauto e il cantabile dell’arpa sonora.

Ora i rullanti tamburi si avvicinano:


Vittoria ! Vedi tu fra il fumo della polvere le bandiere lacere, ma
sventolanti ? la folla sconfitta degli scherniti ?

Odi tu queste grida di un esercito conquistatore ?

(Ahi ! o anima ! Tu odi i singulti delle donne, i gemiti dei feriti

agonizzanti,
Il fischio e il crepitar delle fiamme, e sulle mine annerite, sulle ce-
neri delle città,
Il canto funebre e di desolazione dell’umanità.)

Ora vecchie arie medievali mi riempiono:


Odo e vedo vecchi arpisti con le arpe loro ai festini gaelici,
Odo i minnesingers (1) cantare i loro lai di amore,
Odo i menestrelli, i musici vaganti, (2) e i trovatori del medio evo.

Ora risuona il grande organo


Tremulo, mentre sott’esso (come le ascose basi della terra,

Su cui, sorgendo e scattando fuori, riposano ed hanno vita


Tutte le forme di bellezza, di grazia e di forza, tutte le gradazioni
a noi note,
I verdi steli di erba, i cinguettanti uccelli, i fanciulli che saltellano
giocando, le nubi che pendono dall’alto),
La forte base sta salda : e le sue pulsazioni non si arrestano,
Bagnando, sostenendo, avvolgendo tutto il resto, maternità di tutto

il resto;

(1) Minnesingers si chiamavano quei poeti tedeschi che fiorirono dalla meta
del

dodicesimo al quattordicesimo secolo. Erario di famiglie nobili, e i loro versi can-


tavano la bellezza e l’amore.

(2) La parola è gleemen.


SUPERBA MUSICA DELLA TEMPESTA 397

E con esso odo nella loro moltitudine, tutti gli strumenti,


E i sonatori elle suonano e i musicanti di tutto il mondo,
E gl’inni solenni e le messe che elevano le loro adorazioni,
E tutti gli appassionati canti del cuore, e tutte le preghiere di do-
lore,

E gl’intinitamente dolci cantori dei secoli trascorsi;


E tutti s’intonano al diapason della terra,
Al diapason dei venti e dei boschi e delle possenti onde dell’oceano.
Formando una nuova orchèstra molteplice, che congiunge anni e
climi, rinnovatrice infinita.
Così dei giorni da lungo tempo trascorsi e del Paradiso i poeti
cantano,
E della cacciata da esso, e della separazione lunga; e che ora, com-
piuto Ferrare,
Compiuto il viaggio, tornato a casa il viatore,
L’arte e l'uomo si soli fusi novellamente con la Natura.

Tulti ! (1) per la terra e pel cielo


(IC Oniiipoasenie direttore ha ora, per una volta almeno, dato il se-
gnale con la sua bacchetta).

È la maschia strofa di tutti i mariti del mondo,


E di tutte le mogli che rispondono.

Ecco le lingue dei violini


(Io penso, o lingue, che voi esprimete questo cuore ,
che non può
esprimere sè stesso,
Questo cuore ansioso e intento, che non può esprimere sò stesso).

3.

Oh ! fin da quando ero un bimbo,


Tu sai, o anima, come tutti i suoni diventavano musica per me :

La voce della mamma, nella ninna-nanna o nell’inno


(La voce di lei... o voci affettuose, o voci dolci nella memoria,
O finale miracolo ili ogni cosa, voi, voci dilette della mamma e delle
sorelle),

(1) Così nel testo.


398 W. WHITMAN — FOGLIE DI EUBA

La pioggia sul crescente grano, la brezza fra i lunghi steli dei


grano,
Il ritmico sbattere delle onde marine sulla sabbia,
Il fischio dell’uccello motteggiatore, l’acuto strido del falco,
Le note degli uccelli selvaggi a notte, (piando volando basso, emi-
grano verso il nord o verso il sud,
Il salmo nella chiesa campestre, o sotto gli alberi ombrosi, il brusio
delle riunioni all’aria aperta,
Il suono del pifferavo nella taverna, le voci di giubilo, la nenia a
lenta cadenza del marinaio,
Il muggito del bestiame, il belar delle pecore, il canto del gallo
all’alba.

Tutti i canti di tutte le terre vengono risonanti attorno a me:


Le arie tedesche che cantano l’amicizia, il vino e l’amore,
Le ballate irlandesi, le loro allegre gighe e i ballabili e i trilli inglesi,
Le canzoni di Francia, le melodie scozzesi, e, sopra tutto il resto,
Le impareggiabili composizioni d’Italia.
Attraverso il palco scenico, col volto coperto di pallore, livida
di passione,
Passa Norma, brandendo l’arme nella sua mano.

Vedo lo splendore strano dei poveri occhi della derelitta Lucia :

I capelli sciolti e scomposti scendonle giù per le spalle.

Vedo Emani che, mentre cammina pel giardino nuziale


Tra il profumo delle rose notturne, raggiante, conducendo la sposa

per mano,
Ode la chiamata infernale, il mortale segno del corno.

Dalla densa ombra dei castagni spagnuoli,


Presso le vecchie e massicce mura del convento, esce un lamento:
Un canto di amore perduto, la fiaccola della giovinezza e della
vita spenta nella disperazione,
Un canto del cigno morente, che infrange il cuore di Fernando.

Svegliandosi dai suoi dolori alfine cessati, Amina canta,


E i torrenti della sua giòia sono copiosi come le stelle, e lieti

come il mattino.

(L’alma donna viene,


La stella brillante, il contralto Venere, la fiorente madre,
La sorella degli Dei maggiori, l’ Abboni stessa io odo.)
S UPERBA MUSICA DELLA TEMPESTA 399

4 .

Io ascolto quelle odi, quelle sinfonie, quelle opere,


Odo nel Guglielmo Teli la musica di un popolo che si solleva fu-
rente,
Odo gli Ugonotti di Meyerbeer, il Profeta, e Roberto,
Il Faust di Gounod, e il Don Giovanni di Mozart.

Odo i ballabili di tutte le nazioni,


Il valzer dalle battute deliziose, che vola e mi rapisce in estasi,
Il bolèro delle chitarre tinnenti, accompagnate dallo strepito delle
nacchere.

Vedo le antiche e nuove danze religiose,


Odo il suono della lira Ebrea,
Vedo i crociati marciare, portando alta la croce, al clangore mar-
ziale dei cembali,
Odo le nenie monotone dei dervisci, interrotte da grida frenetiche,
mentre che girano su se stessi, rivolgendosi sempre alla Mecca,
Vedo le danze religiose dei Persiani, e degli Arabi,
Di nuovo, ad Eieusi, patria di Cerere, vedo danzare i Greci mo-
derni ,

Li odo battere le mani, mentre chinano i corpi,


Odo il ritmico battere alterno dei loro piedi.

Vedo di nuovo la selvaggia danza antica dei Coribanti, e i dan-



zatori che si feriscono a vicenda.
Vedo i giovani romani gettare e afferrare le loro armi al suono
acuto dei loro piccoli flauti, (1)
E come si lasciano cadere sulle ginocchia e di nuovo balzano in
piedi.

Odo il Muezzino che chiama dall’alto della moschea musulmana,


Vedo i devoti nell’interno —
non funzioni, nè predica, nè discus-
sione, nè parola —
Ma silenti, strani, pii, coi volti infiammati e levati in estasi.

Odo l’arpa egizia dalle molte corde,


I canti primitivi dei battellieri del hs ilo.

(1) La parola usata è : flageolet, latino flautiolus.


400 W. \V RITMA N — FOGLIE DI ERBA

I sacri inni imperiali della Cina.


E i suoni delicati del King (1) (la pietra e il legno son percossi);
O al suono del flauti indiani, o al suono acuto e stridente della
vina,
Vedo danzare una schiera di baiadere.

5 .

Ora l’Asia e l’Africa mi lasciano,


E l’Europa mi afferra e m’ispira :

Odo dai vasti organi e dalle bande, come da uu grande concorso


di voci,
Il forte inno di Lutero Eine feste Barg isl iinser Gott,
Lo Stahat Mater dolorosa di Eossiui,
O, fluttuante in qualche alta cattedrale buia, dalle vetrate splen-
dide di colori,
L’appassionato Agnus Dei, o il Gloria in excelsis Deo.

Compositori ! Maestri possenti !

E voi, dolci cantanti dei vecchi paesi, soprani, bassi, tenori,


A voi un poeta nuovo, che cauta nell’Ovest,
Ossequente manda un saluto di amore.

(Tali cose guidano a te, o Amina :

Tutti i sensi, le forme, gli oggetti guidano a te,

Ma, ora panili che il suono guidi a te, piucchè ogni altra cosa.)

Odo il canto dei fanciulli nella cattedrale di S. Paolo,


O, sotto l’alta volta di qualche sala colossale, le sinfonie, gli Ora-
tori di Beethoven, di Haudei o ili Haydn,
E la Creazione con ondate di dolcezza divina mi lava.

Datemi la presa di tutti i suoni (io grido pazzamente),


Riempitemi di tutte le voci dell’universo,
Arricchitemi dei loro palpiti, anche di quelli della Natura:
E le tempeste, le acque, i venti, le opere musicate e i canti, le

marce e le danze,

(l) Un istrumento musicale ehinese. È formato di pietre risonanti o di piattini


di meta' lo, disposti secondo i loro tuoni, entro forme di legno: si suona con un mar
itilo.
SUPERBA MUSICA DELLA TEMPESTA 401

Cantateli, versateli in me a piene mani, perchè io vorrei prenderli


tutti.

6 .

Poi mi svegliai tranquillamente, e posando, e interrogando


allora la poesia del mio sogno,
Interrogando tutti questi ricordi, e la tempesta nell’ora della sua
furia, e i cauti dei soprani e dei tenori,
E le estatiche danze orientali di religioso fervore, e gli strumenti
soavi e vari, e il diapason degli organi,
E tutti i semplici pianti di amore, di dolore e di morte,
Dissi alla mia silente anima curiosa, saltando su, fuori del letto della
stanza assonnata:
Vieni: perchè io ho trovato il filo guidatore così a lungo cercato,
Andiamo fuori, ristorati, in mezzo alla luce,
Lietamente godendo la vita, camminando pel mondo, pel reale,
Nudrifi, quind’innauzi, del nostro sogno celeste.

E dissi ancora :

Forse, o anima, quello che tu hai udito non era il suono dei venti,
Nè sogno di tempesta che imperversi, nè starnazzare di ali, nè acuto
strido di falco marino,
Nè vocalismo della lucente di sole Italia,
Nè organo maestoso tedesco, nè numeroso concorso di voci, ne
cantori di armonie,
Nè strofe di mariti e di mogli, uè suono di marcianti soldati,
Ni- flauti, nè arpe, nè squilli di trombette negli accampamenti,
Ma era qualche cosa che ti adducesse ad un ritmo novello, adatto
per te,

Erano poemi che, come ponti, congiungono la via dalla Vita alla
Morte e che, inalterati, non scritti, fluttuano e vagano pel notturno
aere.
Orsù, usciamo fuori entro la balda luce, e scriviamoli.

W. AVhiTMAN. — Foglie di erba. 26


PASSAGGIO ALL’INDIA.

1.

Cantando miei giorni,


i

Cantando le grandi imprese del presente,


Cantando le forti e svelte opere degl’ingegneri,
Le nostre meraviglie moderne (le Sette ponderose antiche sono sor-
passate),
Nel Vecchio mondo il canale di Suez
Nel Nuovo le sue possenti strade ferrate stendentisi dovunque,
I mari traversati da gentili lìli di rame parlanti,
Nondimeno, o anima, in te è sempre il primo suono, l’eterno suono
e il grido :

II Passato ! Il Passato ! Il Passato !

Il Passato — l’informe e tenebroso tempo che fu !

Il golfo fecondo — i dormienti e le ombre !

11 Passato — la grandezza infinita del passato 1

Perchè, dopo tutto, che altro è il presente, se non un rampollo del


passato ?

(Come un proiettile di esatta forma, che, ricevuto l’impulso, ol-


trepassa una certa linea e non casca,
Così il presente, interamente formato, è sospinto dal passato.)

2 .

Passiamo all’India, o Anima !

Spieghiamo miti Asiatici, le favole primitive.


i

— 403 —
A

404 ir. Wf/ITMA V — FOGLIE DI EI(B

Non voi solamente, o verità orgogliose del mondo,


Non voi solamente, o fatti della scienza moderna, avete valore,
Ma anche i miti, e le favole, le favole dell'As’a e dell’Africa,
1 lungi saettanti raggi dello spirito, i sogni senza freni,
Le lòbbie dal profondo significato, le leggende,
Gli audaci concepimenti dei poeti e le antiche religioni.
O tempi, o voi più belli che gigli, bagnati dal sole nascente !

O favole, che vi beffato del conoscibile, che eludete la presa del


conoscibile e vi elevate al cielo !

O torri svelte e splendenti, dai pinnacoli rossi come rose e bril-


li iti di oro !

O torri di favole immortali, a cui i sogni mortali dettero forma !

Anche a voi, come a tutto il resto io do pienamente il medesimo


benvenuto,
Anche voi con giubilo io canto !

Passaggio all’India !

Su, o anima, non iscorgi tu subito lo scopo di Dio ?

La terra, per esser corsa è congiunta da. reti di strade di ferro,


Le razze, i vicini sou congiunti, perchè sposino e si maritino,
Gli oceani sono attraversati, per avvicinare i distanti,
E per cucire insieme le terre.

Ufi culto nuovo io canto :

Voi, o capitani, o viaggiatori, o esploratori e l' opere vostre,


Voi, o ingegneri, voi, o architetti, o macchinisti e l’opere vostre,
Voi non esistete solo pel commercio e per i trasporti,
Ma, nel nome di Dio, e per amor tuo esistono, o anima.

Passaggio all’India !

Su, o anima, son per te questi due quadri gemelli;


Nell’uno io vedo l’iniziato canale di Suez, ora aperto,
Vedo la processione dei piroscafi, l’ imperatrici Eugenia a capo del-
l’avanguardia della fiotta,

Vedo dal ponte lo strano panorama, il puro cielo, e. in distanza,

la sabbia livellata,
Oltrepasso leggiero i pittoreschi gruppi, gli operai raccolti.
E le gigantésche draglie.
.

PASSAGGIO ALL’INDIA 405

Nell’altro poi un quadro differente (ina tuo, ma tuo, o anima,


al modo stesso) :

Veggo SU 1 mio continente la ferrovia del Pacifico sormontare ogni


barriera.
Veggo i continui treni di carri awolgentisi lungo il Piatte, tra-

sportando carichi e passeggieri,

Odo le locomotive correnti e ruggenti, e l’acuto fischio del vapore


Odo gli echi ripercossi, traverso il più grandioso panorama del
mondo.
Traverso i piani di Lara mie vedo le rocce e le loro forme giot-
tesche, come mete terminali,
Vedo i vegeti larici lanceolati, le cipolle selvatiche, la sterile, in-
colora salvia del deserto,
Vedo mon-
a occhiate e lontane, o torreggiarmi sul capo, le grandi
tagne, vedo il fiume Wind, e
montagne Wahsatclì, le

Vedo la montagna Monumento, e il Nido d’Aquila, passo il Pro-


montorio, ascendo le Nevada,
Supero il nobile monte Elk, e lo giro alla base,
Veda la catena Humboldt, infilo la valle e traverso il fiume.
Vedo le chiare acque del lago Tahoe, vedo foresto di maestosi pini,
Ovvero, traversando il gran deserto, vedo le pianure alcaline e miro
incantevoli miraggi di acque e prati.
Marciando tra queste cose, su doppie sottili rotaie,
Quasi sur un ponte, viaggio una via terrestre di tre o quattro mila
miglia,
Che congiunge il mare orientale al mare occidentale,
Ed è la strada tra l’Europa e l'Asia.

(Oh ! il sogno tuo, Genovese ! Oh ! il tuo sogno !

Dopo secoli dacché ti posero a giacere nella tua tomba,


La sponda che tu scovristi, realizza il tuo sogno !)

4 .

Passaggio all’India !

Le bdte di tanti duci, racconti di tanti marinai morti


i

Vengono nel mio fantasticare, strisciandosi e mostrandosi,


Como nuvole e nuvolette dell’ inarrivato cielo.

Traverso tutta la storia, come ruscelletto che dai fianchi di


un colle
406 ir. T VTUTMAN — FOGLIE DI ERBA

Discenda corrente, ed ora sparisca, ed ora di nuovo sorga alia su-


perficie,

Un pensiero incessante, un variato treno si avanza — Su, anima !

Per te, per la tua vita, or risorgono


Di nuovo piani, viaggi, le spedizioni;
i i

Di nuovo Vasco de Dama scioglie le vele,


Di nuovo la scoperta vieu fatta del compasso del marinaio,
E sono scoperte terre, e nascono nazioni. E nasci tu, o America !

Per un grande scopo, perchè fosse adempito il destino dell’uomo,


tu venisti,
Perché fosse in te compiuta, al fine, la rotondità del mondo.

O vasta Rotondità, nuotante nello spazio,


Ricoperta tutta di visibile possanza e bellezza,
Alternata di luce e di giorno e di feconda e spirituale tenebra :

Ineffabili alte processioni di sole e luna e d’innumeri astri passano


di sopra,
E di sotto sono le multiformi erbe e le acque e gli animali e gli

alberi;
Tutto surto con imperscrutabile scopo e con qualche profetica inten-
zione ascosa,
Che ora, per la prima volta, il mio pensiero comincia a misurare.

Giù dai giardini di Asia discendendo radianti,


Adamo ed Èva appaiono, e, poi, dietro ad essi, le miriadi ili lor

progenie,
Erranti, affannate, curiose esploratrici irreposate,
Con quel loro interrogare schernito, informe, febbrile, con cuori
non felici mai,
E ripetenti quel loro malinconico, incessante ritornello. Perchè naia,
o anima insodisfatta ?
Dove diretta, o vita beffatine e ?

E chi molcirà questi febbricitanti figli ?


Chi giustificherà queste esplorazioni irrequiete ?

Chi lo dirà il secreto dell’impassibile terra ?

Chi è che la lega a noi ? Che è questa da noi separata Natura, cosi
innaturale ?
PASSAGGIO ALL’INDIA 407

Che è questa terra, per i nostri affetti ? (Inamabile terra, senza un


palpito solo che risponda ai nostri,
Fredda terra, luogo di sepolture.)
Nondimeno sta sicura, o anima : l'intento primo resta, e sarà
attuato,
Forse proprio ora è arrivato il suo tempo.

Dopo che i mari saranno corsi e ricorsi (come sembrano già


ora),
Dopo che i grandi capitani e gl’ ingegneri avranno finita F opera
loro,
Dopo i nobili inventori, dopo gli scienziati, i chimici, i geologlii, gli
etnologia,
Verrà finalmente il poeta, degno di questo nome,
Verrà il vero figlitiol di Dio, cantando i suoi canti.

E allora non le sole opere vostre, o viaggiatori, o scienziati,


o inventóri saranno giustificate,
Tutti questi cuori di crucciati figli saranno molciti,
Tutti gli affetti saranno pienamente corrisposti, il secreto sarà ri-

velato,
Tutte queste separazioni e crepacci saranno superati e uncinati e
avvinti assieme,
La terra tutta, questa fredda, impassibile terra senza voce, sarà
pienamente giustificata,
La divina Trinità sarà completa e congiunta dal vero figli noi di
Dio, il poeta
gli stretti, vincerà le montagne,
(E invero egli passerà
Girerà Capo di Buona Speranza per qualche scopo),
il

La Natura e l’Uomo non saranno più disgiunti e divisi,


Ma pienamente saranno fusi in uno dal vero figliuol di Dio.

6 .

O anno, alla cui spalancata porta io canto !

0 anno dello scopo raggiunto !

0 anno del matrimonio dei continenti, dei climi e degli oceani !

(Non un semplice doge di Venezia che sposi l’Adriatico ora.)


Io veggo in te, o anno, il vasto terraqueo globo, che riceve e dà tutto,
L’Europa congiunta all’Asia, all’Africa, ed esse al Nuovo Mondo,
408 ir. WIIITMAy — FOGLIE DI ERBA

Le nazioni, le geografìe danzano innanzi a te, coronate di ghir-


landa festiva,
Come spose e sposi novelli, mano tra mano.
Passaggio all’India !

Meutrechè fresche 'spirano le aure dal Caucaso lontano, dolce culla


uomo,
dell’

E che l’Eufrate scorre, il passato di nuovo s’illumina.

Su, anima, il retrospettivo vien rimenato innanzi,


Le antiche, le più popolose, le più ricche regioni della terra:
Iti vedo le correnti dell’Indo e del Gange e dei loro molti affluenti
(Io guardo, passeggiando, oggi la sponda della mia America, rias-
sumendo tutto),
Eipenso il racconto di Alessandro, che improvvisamente muore nelle
sue spedizioni guerresche,
Osservo da un lato la Cina, e dall’altro lato la Persia e l’Arabia,
Al sud, i grandi mari e la baia di Bengala,
Le fluenti letterature, l’epopee tremende, le religioni, le caste,
Il vecchio ed occulto Brama a una distanza senza termine, il de-
licato e giovane Budda,
Gl’ imperi del centro e del sud e tutte le loro pertinenze e i pos-
sessori,
Le guerre di Tamerlano, il regno di Aurungzebe, i negozianti, i
dominatori, gli esploratori, i Musulmani, i Veneziani, Bizanzio, gli
Arabi, il Portoghese,
I primi viaggiatori ancor famosi, Marco Polo, Batouta il Moro,
I dubbi che aspettano una soluzione, la mappa ignota, i vuoti da
riempire,
II piede non ancor fìsso dell’uomo, le mani irreposate,
Te stessa, o anima, che non sai sopportare una sfida.

I naviganti medievali si levano innanzi a me,


Il mondo del 1492 si leva col risveglio delle sue intraprese:
Qualcosa si vien gonfiando nell’umanità ora, come il succhio della
terra in primavera,
Mentre lo splendore della cavalleria tramonta.

Chi sei tu, triste ombra ?

Tu, gigantesca, visionaria — visionario tu stesso —


Che con membra maestose e con pii e splendenti ocelli.
PAUSA OC IO ALL' INDIA 409

Spargendo attorno, ad ogni sguardo, qualcosa del tuo mondo do-


rato,
Lo colori con gloriose tinte f

Come il capo degl’istrioni,


Giù, sino ai lumi passeggia in qualche grande scena,
Dominando tutti, così io veggo l’Ammiraglio in persona
(Il tipo storico del coraggio, dell’azione, della fede) :

Lo vedo sciogliere da Palos, guidando la sua piccola dotta,


Osservo il suo viaggio, il ritorno, la sua gran fama,
Le su •
disgrazie, i calunniatori, l’osservo prigione, incatenato,
Osservo il suo abbattimento, la povertà, la morte.

(Curioso io sto considerando nel tempo gli sforzi degli eroi:


È lungo l’indugio ? Amara la calunnia, la povertà, la morte ?

Giace il seme trascurato nel terreno, per secoli? Su, alla debita
occasione di Dio,
Spuntando nella notte, germoglia, fiorisce,
Ed empie la terra della sua utilità e bellezza.)

7 .

Passiamo veracemente, o anima, al pensiere primitivo;


Non a terre e a mari solamente, tua vivificante freschézza,
Ma alla giovane maturità della nidiata e del fiorire del mondo,
E ai regni delle sboceianti bibbie.

O anima, che non puoi essere repressa, io con te e tu sei con me,
La tua circumnavigazione del mondo incomincia;
Comincia il viaggio dell’uomo, il viaggio di ritorno del suo spirito
Al primitivo paradiso della ragione,
E, indietro, indietro, torna alla culla della sapienza, alle innocenti
intuizioni,
Creando bellamente di nuovo.

Oli non possiamo attendere più a lungo,


!

Ascendiamo anche noi sulla nave, o anima;


Lanciamoci anche noi fuori, su mari senza sentieri :

Non paurosi di mari ignoti mettiamoci per acque su cui è un’e-


stasi il veleggiare,
410 II' WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

K fra i sospingenti venti (tu stringendomi a te, io te a ine, o anima).


Carolando liberi, cantando la nostra canzone di Dio,
Cantando il nostro canto di gradita esplorazione.
Con risa e baci molti
(Implorino pur gii altri, piangano gli altri per peccati, per ri-

morsi, per umiliazioni),


O anima, tu ti compiaci in me. io in te.

O anima, noi crediamo in Dio più che qualsiasi prete.


Ma col mistero di Dio noi non osiamo trastullarci.

O anima, tu ti compiaci in me, io in te:

Ed o che io veleggi questi mari, o salga su per le colline, o vegli


nella notte,
Pensieri, silenziosi pensieri di Tempo e di Spazio e di Morte, quasi
fluenti acque,
Mi trasportano come traverso le regioni delPiufinito,
La cui aria io respiro, il cui mareggiare io odo. Lavami tutto.
Bagnami in te, o Dio, fa che, ascendendo a te.
Io e la mia anima possiamo collocarci all’altezza tua.

O Tu trascendente,
Senza nome, tu fibra e soffio,
Luce della luce, che versasti universi, tu loro centro,
Tu, il più possente centro del vero, del buono, dell’amore.
Tu, fontana morale e spirituale e sorgente di alletti, tu serbatoio
(O anima mia pensosa — O sete insodisfatta — non aspettasti
tu qui ?

Non aspettasti, per avventura, qui il Camerata perfetto f)

Tu palpito — tu motore degli astri, dei soli, dei sistemi.


Che girando, muovonsi in ordine, sicuri, armoniosi.
Traverso le informe vastità dello spazio,
Come potrei io pensare, come respirare un respiro solo, come par-
lare, se fuor di me
Io non mi potessi lanciare a questi superiori universi !

Gel eramente io rabbrividerei al pensiero di Dio.


E innanzi alla Natura e alle meraviglie sue, e innanzi al Tempo,
allo Spazio, alla Morte,
Se, rivolgendomi io non mi appellassi a te. o ànima, tu. attuale Me.
A

FA SSA GG IO ALL IXD I ' 411

Ed ecco, io intendo che tu gentilmente signoreggiasti i globi.


Che tu fronteggiasti il Tempo, sorridesti contenta alla morte,
F riempisti, gonfiasti tutta la vastità dello Spazio.
Più grande degli astri o dei soli.

Tu balzasti, o anima, e imprendesti il tuo viaggio :

Quale amore potrebbe distendersi più del tuo e del nostro ?

Quali aspirazioni, quali desideri sorpassare i tuoi e i nostri, o


anima f

Quali sogni d’idealità vi sono maggiori dei nostri i Quali concetti


di purità, di perfezione, di gagliardia ?

Quale più pronto volere a dar tutto per amore di altri ?

E a soffrir tutto per amore di altri ?

E riguardando, o anima, al futuro, quando, compiuti tempi, i

E che mari saranno corsi tutti, e


i capi girati, e il viaggio com- i

pito,

E ricinto, abbracciato, pareggiato Dio, e raggiunto lo scopo,


Come sarà completa l’amicizia, come perfetto l’amore ! Allora, tro-
vato il Fratello Primogenito,
Il Fratello più giovane si liquefarà in carezze, tra le sue braccia.

9 .

Passaggio a qualcosa più che l’India,


Sono le tue ali così provviste di penne per mettersi avoli così lon-
tani ?

Viaggiasti tu mai, o anima, viaggi simili a questi ?

Gioisti mai su acque simili a queste ?

T’immergesti entro il Sanscrito e i Veda ?

Allora il tuo affetto io l’ho, senza limiti.

Passaggio a voi e alle vostre sponde, o vecchi e fieri pro-


blemi !

Passaggio a voi per dominarvi, o problemi soffocanti !

A voi che giacete con i rimasugli degli scheletri, che in lor vita
non v’intesero mai.

Passaggio a qualcosa più che l’India !

O segreto della terra e del cielo !

O il segreto vostro, o acque del mare ! Il vostro, o serpeggianti


cale e fiumi !
412 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il vostro, o boschi e campi 1 II vostro, o solide montagne d i mio


paese !

Il vostro, o praterie ! Il vostro, o rocce grige !

0 mattino rosso ! O nubi O pioggia e nevi


! !

O giorno e notte ! È a voi che io passo.

O sole, o luna, o voi tutti, astri ! O Sirio e Giove 1

hi a voi che io passo.

Passaggio, immediato passaggio 1 II sangue mi brucia ielle


vene !

Via, o anima Salpa incontaueute l'ancora


! 1

Taglia cordame tira


il —
spiega tutte le vele — !

Voti siamo noi stati abbastanza qui. come alberi confìtti in terra ì
Non siamo noi stati qui abbicati abbastanza, mangiando e beve» l".
come meri bruti ?
Non ci siamo abbastanza a lungo ottenebrati e abbagliati con libri ?

Veleggia via — governa per le profonde acqne solamente,


O anima irrequieta, esplorando io con te e tu meco;
Perchè noi siamo ingaggiati per dove i marinari finora non osarono
andare,
E dove noi metteremo in periglio la nave, noi stessi e tutto.

O mia brava anima !

Su, naviga più lontano e più lontano !

Oh !
gioia ardimentosa, ma sicura ! Non sono, essi tutti, mari di
Dio «

Oh ! più lontano, più lontano, più lontano veleggia.


LA PREGHIERA DI COLOMBO.

l.

Un fiaccato e naufragato vecchio,


Travolto a questa sponda selvaggia, lontanò, lontano da casa,
Circondato dal mare e da sinistre e fosche facce di ribelli per do-
diri mesi,
Indolenzito, rotto da molta fatica,ammalato e presso a morire,
Prendo mia via, lungo la spiaggia dell’isola,
la

Per alleviare un pesante cuore.

Troppo pieno di dolore io sono !

Forse non potrò vivere un’altra giornata;


Non posso riposare, o Signore, non posso mangiare, o bere, o dor-
mire,
Finché, anche una volta, io non manifesti me e la mia preghiera
a Te,
E non respiri e mi bagni, ancora una volta, in Te, non mi acco-
muni con Te.
E non mi riconduca ancora una volta a Te.

Tu conosci i miei anni tutti e la mia vita,


La mia vita lunga, piena di opera, di attività e non di adorazione
soltanto:
Tu conosci le preghiere e le veglie della mia giovinezza,
Tu conosci le meditazioni solenni o visionarie della mia virilità,
Tu conosci conrio, prima di cominciare, votai a Te tutto l’avve-
nire,

— 413 —
411 11 '. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Tu conosci come, fatto vecchio, ratificai tutti questi voti, e li os-


servai strettamente,
Tu conosci che io non perdetti mai nè la mia fede nè la mia estasi
in Te :

In catene, in prigione, in disgrazia, non mormorai una volta sola,


Accettando tutto da Te, come debitamente da Te ordinato.

Le mie imprese furono piene di Te,


Le mie speculazioni, miei disegni io li i intrapresi e condussi con
i pensieri tutti rivolti a Te,
Veleggiai su pel profondo mare, o viaggiai la terra per Te:
Le intenzioni, gli scopi, le aspirazioni furon miei, ma i risultati li

lasciai a Te.

Ed io son certo che venne da Te


La spinta, l’ardore, la volontà invincibile,
L’interno comando così potentemente sentito, e più gagliardo che
se fatto con viva voce;
Un messaggio dei Cieli mi susurrava all’orecchio, anche nel sonno,
E fu tutto questo che mi spinse all’opra.

Da me e da questo l’opra fu così pienamente compiuta,


Da me le vecchie regioni della terra, soffocate e ristrette, furono
disciolte e dilatate,
Da me furouo arrotondati e congiunti gli emisferi e lo sconosciuto
al noto.

La finalità di questo io non la so: essa è tutta in Te,

Se piccola o grande non so — forse la bruta, infinita siepaglia


umana che io conosco,
Trapiantata qui, sorgerà alla debita statura, a una conoscenza degna
di Te,
Forse le spade che io conosco potranno (pii veramente essere torte
in utensili da mietere,
Forse la croce senza vita ch’io conosco, la morta croce di Europa,
potrà qui mettere i suoi boccinoli e fiorire.

Uno sforzo ancora — il mio altare sia questa pallida arena:


Poiché Tu, o Signore, hai illuminata la mia via
Con raggio di luce gagliardo, ineffabile, procedente da Te —
Luce preziosa, inenarrabile, lampo di luce verace,
Sorpassante tutti i miracoli, le descrizioni, i linguaggi: —
LA PREGHIERA DI COLOMBO 415

Per questo, o Signore —e sieno queste le mie ultime parole — qui,


in ginocchio,
Io vecchio, povero, paralizzato ringrazio Te.

Il mio finire è prossimo,

Le nuvole già si chiudono sopra (li me:


E, frustrato il viaggio, disputata e perduta la corsa,
10 consacro le mie navi a Te.

Le mie mani, le mie membra diventano senza nervi,


11 mio cervello si sente torturato e confuso :

Dipartasi pure l'invecchiata materia, io non partirò;


Io mi abbraccerò stretto a Te, o Signore, sebbene i flutti mi schiaf-
feggino;
Te, Te, alfine, io conosco.

È il pensiero di un profeta che io esprimo, o sto io delirando ?

Che cosa so io della vita ? Che cosa di me ?

Nemmanco l’opera mia presente o passata io so.


Fosche e sempre cangianti eonghietture distendonsi a me dinanzi
Di mondi nuovi e migliori e di possenti nascimenti nuovi,
E mi beffano e tengono perplesso.

E queste cose, che improvvise mi appaiono, che cosa mai si-

gnificano ?

Come se per miracolo una divina mano dissuggella miei i occhi,


Ed ecco vedo nell’ombra immense forme, che mi sorridono traverso
l’aria e il cielo,

E sulle acque lontane innumerevoli navi che veleggiano,


E odo che antifone gloriose, in nuove lingue, salutano me.
'
I DORMIENTI.

l.

Io to iu visione vagando tutta notte,


Movendo i passi con piè leggiero, sveltamente, sommessamente
passando e soffermandomi,
Chinandomi con gli occhi aperti sugli occhi chiusi dei dormienti :

E vagabondo, confuso, perduto a me stesso disadatto contradi- , ,

cendomi,
Mi vo indugiando, chinando, soffermando e guato.

Come solenni le apparenze di questi, distesi e immoti,


Come respirano tranquilli piccoli fanciulli entro le loro culle
i !

Le naufragate lisonomie degli annoiati, le pallide fattezze dei


cadaveri, le facce livide degli ubbriaconi, le facce malaticce e grige
degli onanisti,
I corpi degli operati sui campi di battaglia, il pazzo entro le stanze
dalle salde porte, gl’idioti sacri, il neonato che emerge dalle porte, e i

moribondi che emergono dalle porte,


Tutti la notte pervade ed avvolge.

La coppia maritata dorme calma nel suo letto ; egli con la


palma della mano sul fianco della moglie, ella con la palma della
mano sul fianco del marito;
Le sorelle dormono amorosamente, fianco a fianco, nel loro letto,
Gli uomini dormono amorosamente fianco a fianco nel letto loro,
E la madre dorme col suo bambino accuratamente fasciato.
— 417 —
AV. AVhitman. — Foglie di erba. 27
418 TP. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il cieco dorme, e il sordo-muto dorme,


Il dorme bene nella carcere, e il figlio fuggitivo dorme,
carcerato
L’assassino elle ha da essere impiccato domaui. come dorme egli ?

E l’assassinato come dorme egli ?


La donna che ama non corrisposta dorme.
L’uomo che ama non corrisposto dorme,
La testa dell’usuraio, che tutto il dì macchinò, dorme,
E lo inclinazioni rabbiose e traditrici, tutte, tutte dormono.

Io sto nella tenebra con lo sguardo vólto in giù. accanto a chi


ha le più dolorose sofferenze e a chi è più irrequieto,
PaS'O le mie mani carezzevoli in su e in giù a pochi pollici da essi,

E gl’irrequieti ripiombano sul letto e dormono affannosamente.

Ora io traverso con lo sguardo la tenebra ed ecco nuovi esseri


mi appaiono;
La terra si arretra da me entro la noi te;
Io vidi che essa era bella; ora vedo che ciò che non è terra è bello.

Yo da sponda a sponda di letto, dormo congiunto con gli altri

dormienti, con ciascuno alla sua volta:


Sogno uel mio sogno tutti i sogni degli altri sognanti,
E divento gli altri sognanti.

Io sono una danza — Su, suona qui ! L’ estro mi rapina ce-

lere !

Io sono colui che ride sempre è la nuova luna e vi è un bar- —


lume di luce —
Vedo il nascondiglio delle dolcezze — vedo agili fan tasi me do- ,

vecliè io mi volga,
E nascondigli e nascondigli ancora, nel profondo della terra, del
mare, e dove non è nè terra nè mare.

Fanno bene i loro avventizi lavori, (presti viaggiatori divini,


Solo che non possono celare nulla a me. uè, se potessero, vorreb-
bero;
Io capisco che sono il loro capo, e che fanno di me un loro favo-
rito anche,
E che mi circondano, e mi guidano e mi corrono avanti (piando
cammino,
Perchè io scovra i loro astuti nascondigli, per additarmeli con le

braccia distese, e per riprendere poi la via;


I DORMIENTI 419

E innanzi procediamo noi. — festosa comitiva dì birichini — levando


musicali grida di gioia, e sentendo selvaggiamente pennoni di giu-
bilo !

Io l'attore, io l’attrice, il votante, il politico,


Io l’emigrante e l’esule, io il reo che sta nella gabbia;
Io chi fu famoso e chi sarà famoso domani,
10 balbuziente, io la persona ben formata, io la sciupata e fiacca
il

persona.

Io sono colei che si adornò e annodò le trecce aspettando an-


siosa.

11 mio verace amante è venuto, ed è già notte.

Raddoppiati e accoglimi, o tenebra,


Accogli me e 1’ amante mio anche, egli non mi lascerà andare
senza lui.

Mi voltolo su te, o notte, come sur un letto, e mi abbandono


all’oscurità.

Chi io chiamo mi risponde e prende il loco del mio amante,


Ei si leva con me silenziosamente dal letto.

O notte, più gentile del mio amante sei tu, la sua carne era
•sudata e palpitante,
Sento ancora l’umidore caldo che essa lasciò su me.

Le mie mani sono distese innanzi, io le muovo in tutte le di-


rezioni,
Vorrei esplorare la sponda fosca verso cui tu viaggi.

Sii diligente, o notte ! Già, che era quello che toccò me?
Io mi pensai il mio amante già dipartito, ma egli e la notte sono
una cosa sola.
Io sento il suo cuore battere, io lo seguo, io vanisco.

Discendo nella mia corsa al tramonto, i miei teu lini soa


flaccidi;

Il profumo e la giovinezza sono passati via ed io veglio sul loro


cadavere.
420 ir. M'IIITMAX — FOGLIE 1)1 ERBA

La mia è la faccia gialla e rugosa, non la faccia di quella


vecchia,
Sono io elle siedo sur una sedia di paglia ,
e rammendo le cal-
zette di mio nipote.

Sono altresì la vedova ,


che guarda al di fuori in sull’ora
della mezzanotte invernale,
Vedo il luccichio degli astri splendere sulla pallida e ghiaccierà
terra.

Un lenzuolo funebre vedo, ed ecco sono io quel lenzuolo ed av-


volgo un corpo, e giaccio nella bara:
Sotterra è tenebra; non vi è malore nè pena là; evvi il vuoto e
giustamente
(Pare a me che tutto ciò che è entro la luce e P aria debba es-

sere felice,
Chiunque non è nella bara e nella tenebra, sappia che ha abba-
stanza).

3 .

Vedo un notatore bello e gigantesco, che nuota nudo fra i

gorghi del maro;


La sua bruna chioma è aderente e spianata sulla sua testa, fende
egli le onde con coraggiose braccia e spingesi con le gambe,
Vedo il suo bianco corpo, vedo i suoi occhi intrepidi :

Odio quelle celeri correnti, che cercano sbattere la sua fronte sugli
scogli.

Che state oprando voi, o villane onde dalle gocce rosse ?


Volete voi uccidere il gigante coraggioso? Volete voi ucciderlo nel

primo entrare della mezza età ?

Saldo ed a lungo egli lotta,


È deluso, sbattuto, fiaccato, e nondimeno tien duro, finché le forze
reggono;
I violenti vortici sono macchiati del suo sangue, e lo portano via,
lo travolgono, lo dondolano, lo rigirano;
II suo bel corpo è portato entro le accerchianti correnti ed è conti-
nuamente triturato iu sugli scogli :

Celeramente e fuor di vista il bravo cadavere è da esse trasportato.


I DORMIENTI 421

4 .

E mi rivolgo, senza però riuscire a distrigarmi,


Sono sempre un essere impacciato, un lettore del passato, sono un
altro sì, ma nella tenebra ancora.

Il lido è spazzato da un vento di ghiaccio, affilato come rasoio,


i cannoni del naufragio rimbombano.
La tempesta mugghia, e la luna è sbattuta qua e là dai cavalloni.

Affisso gli occhi dove la nave vien trascinata, odo lo scricchio-


lìo, quando essa percuote sugli scogli, odo gli ululati della dispera-
zione, che vau diventando più fievoli e più fievoli.

Io non posso dar soccorso e mi storco le dita,


Io non posso che slanciarmi verso il gurgite, e far che mi bagni
e mi geli.

Con la folla cerco : non uno della compagnia è sospinto a noi


vivo,
Al mattino, aiuto a raccogliere i morti e a porli giacenti e allineati
in un granaio.

Ora degli antichi giorni di guerra— della disfatta di Brooklyn :

Washington sta dentro le linee, sulle trincerate colline, tra una


folla di ufficiali,

La sua faccia è fredda ed umida, nè può frenare le lagrime :

Leva il cannocchiale continuamente ai suoi occhi, il colore delle


sue guance è pallido;
Ei vede il macello dei bravi del mezzodì, confidati a lui dai ge-
nitori.

(1 medesimo egli è, quando, al fine, al fine la pace vien pubbli-


cata;
Sta egli nella stanza della vecchia taverna ,
i soldati diletti gli
passano innanzi,
Gli ufficiali senza parlare, lenti gli si fanno dappresso, ciascuno
al suo turno,
E il capitano cinge loro il collo col suo braccio e li bacia sulla
guancia;
422 ir. WBIT MA /V — FOGLIE DI ERBA

Lievemente baciale loro inumidite guance, l'uno dopo l’altro, stringo


loro la mano, e dice addio all’esercito.

6 .

Ora quello clic mi raccontò mia madre, un dì che si sedeva


insieme, a desinare,
Dei tempi, quando ella era già una giovinetta, e viveva a casa con
i suoi genitori nella vecchia dimora.

Una rossa Squaw (1) entrò nell’ora di colazione alla vecchia


dimora;
Sul dorso portava un fascio di alghe da impagliar sedie,
La chioma fitta, lucida, arruffata, nera, profusa, quasi le avvilup-
pava la faccia,

Il suo passo era franco ed elastico, e, quando parlava, il suono


della sua voce era squisito.

Mia madre riguardò deliziata e attonita la straniera:


Riguardava la freschezza di quel viso eretto e pieno, e le flessibili
membra di lei,

E i
> i ii la riguardava e più l’amava,
Che non mai per lo innanzi aveva ella visto così meravigliosa
bellezza e purità :

Fece sederla sur una panca, accanto allo stipite del focolare, e
cosse del cibo per lei;

Ella non aveva lavoro da offrirle, ma le dette il ricordo e l'af-

fetto suo.

La rossa Squaw stette tutto il mattino; poi, verso la metà del


pomeriggio, andò via.
Oh ! mia madre fu dolente della sua dipartita;
Tutta la settimana pensò di lei, stette alle vedette per molti un si,

se mai tornasse,
La ricordò per molti inverni e per molte estati,
Ma la rossa Squaw non tornò mai più, nè se n’ebbe novelle.

(1) Tedi la nota 2 pag. 40.


I DORMIENTI 423

7 .

Una mostra ora della molle estate — un contatto con qualche


cosa d’invisibile — un amore con la luce e con l’aria :

10 sono geloso e riboccante di amistà,


E voglio far la corte io stesso alla luce e all’aria.

O amore, o estate, voi siete nei sogni e in me :

L’autunno e l’inverno sono nei sogni, il coltivatore procede bene


col suo risparmio,
11 bestiame e il ìicolto crescono, i granai sono ricolmi.

Gli elementi si sommergono nella notte, navi fanno bordate


nei sogni.
Il marinaio veleggia, l’esule ritorna a casa,
Il fuggiasco ritorna incolume, l’immigrante ritorna indietro nei sogni
per mesi ed anni;
Il povero Irlandese rivive, sognando, nella semplice casa della sua
tanciullezza, tra i visi ben noti dei vicini,
Essi gli danno calorosamente il benvenuto, egli va scalzo un’altra
volta, e oblia di essere ricco;
L'Olandese viaggia a casa, e lo Scozzese, il Gallese viaggiano a
casa, e i nati sul Mediterraneo viaggiano a casa;
In ogni porto d’Inghilterra, di Francia, di Spagna entrano navi
stipate di merci;
Lo Svizzero cammina verso le sue colline, il Prussiano va alla sua
via, l’Ungherese alla sua via, e il Polacco alla sua via,
Lo Svedese ritorna, e il Danese e il Norvegiano ritornano.

Chi è attratto verso casa, chi è attratto fuori di essa :

Il bel nuotatore perduto, l’annoiato, l’onanista, la femmina che


ama non corrisposta, l’usuraio,
L’attore e l’attrice, così quelli che hanno finito la loro parte, come
quelli che aspettano per cominciarla;
Il fanciullo affezionato, il marito e la moglie, il votante, il candi-
dato eletto e il candidato caduto,
Il grande già conosciuto e il grande del domani,
Il balbuziente, il malato, il perfetto di forma, il grossolano,
11 reo che sta nella gabbia, il giudice che siede per giudicarlo, i

legulei parolai, il giurì, l’udienza,


Colui che ride, colui che piange, il ballerino, la vedova a mezzanot-
te, la rossa Sqnaw,
424 W. ~WHIT MAN — FOGLIE HI ERBA

L’etico, il risipoloso, l’idiota, quello cui è fatto torto,


Gli antipodi, e ogni altro che, tra questi e quelli sono nella te-
nebra,...
10 giuro che tutti sono livellati ora, e nessuno è meglio che un
altro;
La notte e il sonno li rendono simili e li rinfrancano.

E giuro che son belli tutti;


Tutto che dorme è bello, tutto che è entro una luce moderata è
bello;
Allora la parte bestiale e sanguinaria vanisce, e tutto è pace.

E la pace è sempre bella;


11 mito del cielo significa appunto pace e notte.

Il mito del cielo significa anche l’anima;


E l’anima è sempre bella : appaia più, appaia meno, venga o s’in-
dugi,
Essa viene da pergolati giardini, riguarda sè stessa compiaciuta,
e abbraccia il mondo :

Perfetti e mondi i genitali previamente spruzzano, perfetta e monda


la matrice accoglie;
Bello è il capo ben cresciuto, proporzionato ed eretto, e belle le
visceri e le giunture proporzionate e diritte.

L’anima è bella sempre;


L’universo e debitamente in ordine, ogni cosa è al suo luogo;
Tutto quello che è già arrivato è al suo luogo, quello che aspetta
sarà ancora al luogo suo;
Il teschio sformato aspetta, il sangue acquoso e putrido aspetta,
Il figlio del ghiottone o del sifilitico aspetta a lungo, il figlio del

bevone e il bevone stesso aspettano a lungo;


I dormienti, che vissero e morirono, aspettano; i già avauzati di
età sono per partire a lor volta, chi è molto indietro sarà per ve-
nire alla sua volta :

II diverso sarà non meno diverso di ora, ma essi fluiranno e si

uniranno — sono uniti ora.

8 .

I dormienti sono assai belli, mentre giacciono ignudi,


Mano tra mano essi sono sovra la terra intiera dall’ est all’ovest :
I DORMIENTI 425

1’ Asiatico e l’Africano precedono mano tra mano, e mano tra mano


l’Europeo e l’Americano,
Mano tra mano il dotto e l’ignorante, e il maschio e la feniina vanno
mano tra mano;
Il braccio nudo della fanciulla attraversa il nudo petto dell’amante,
si premono stretti senza lussuria, e le labbra di lui premonsi sul
collo di lei;

11 padre abbraccia con amore infinito il figlio, cresciuto o no, e il

tìglio con amore smisurato abbraccia il padre,


I capelli bianchi della mamma splendono sul bianco polso della
figlia;

II respiro del fanciullo mescolasi col respiro dell’uomo, l’amico è


fra le braccia dall’amico,
Il discepolo bacia il maestro, e il maestro bacia il discepolo ;
cui
fu fatto torto gli è fatta ragione;
Il grido dello schiavo è una cosa sola col grido del padrone, il

padrone bacia lo schiavo,

Il fellone esce di prigione, il folle rinsavisce, la sofferenza delle


persone inferme è alleviata,
I sudori, le febbri cessano, la gola che era malata è sana, i pul-
moni dell’etico si riprendono, la povera dolente testa è affrancata,
Le giunture del reumatico muovonsi così agili come mai ,
e più
agili che mai;
Coloro che soffocano respirano, i paralizzati diventano flessibili,

I gonfi, i convulsi, i congestionati svegliansi in buono stato:


Godono tutti dei rinvigorimenti della notte, e della chimica della
notte, e poi si svegliano.

E passo anch’io dalla notte,


Io sto un tratto lontano da te, o notte, ma ritorno poi a te e ti

amo.

Perchè sarei spaventato di affidarmi a te ?

Io non sono spaventato, io fui già ben generato da te:

Amo il ricco corrente giorno, ma non diserto colei, in cui io giaccio


così a lungo,
Io non so come venni da te, nè so dove andrò con te, ma so che
venni bene e che andrò bene.

Solo un tratto io mi fermerò con la notte, e poi mi leverò mat-


tiniero

426 W. WBITMAN FOGLIE DI ERBA

Debitamente passerò il giorno, o madre mia, e poi debitamente ri-

tornerò a te.

Trasposizioni.

Discendano i riformatori dai seggi, dove eternamente abbaiano


e die un idiota o un pazzo mostrisi su ciascuno di quei seggi;
Sieuo invertiti i posti dei giudici e dei delinquenti — che i carce-
rieri sian cacciati in carcere, e i prigionieri prendano le chiavi:
E che i duci di tutti sieuo quelli che non hanno fede nè nella
nascita, nè nella morte.
PENSANDO AL TEMPO.

1 .

Pensando al tempo —
a tutto quello elle è passato —
Pensando all’oggi e all’ età elle, quind’ innanzi, seguiranno !

Hai tu creduto — che tu non continuerai ?

Hai tu avuto spavento di questi vermi della terra?


Hai tu rabbrividito al pensiero che il futuro sarebbe coni •
nulla
per te ?

E nulla l'oggi ? È nulla il passato senza principio ?

Se il futuro è nulla, essi sono certamente nulla al modo stesso.

Pensare che il sole si levò sempre ad oriente — che uomini e


donne furono flessibili, reali, vivi -
— che ogni cosa fu viva !

Pensare che io e tu non vedemmo, non sentimmo, non pensammo,


nè soffrimmo la nostra parte !

E pensare che ora noi siamo qui e che soffriamo la parte nostra !

2 .

Non un giorno passa, non un minuto o un secondo, senza un


nuovo nato,
Non un giorno passa, non un minuto o un secondo, senza un ca-
davere.

Passano via le notti noiose, e i giorni noiosi anche,


L’afflizione del lungo giacere malato a letto passa via :

— 427 —
.

428 W. WEITMAN — FOGLIE DI EBBA

Il medico, dopo lungo tentennare, dà per risposta il suo silenzioso


e terribile sguardo,
Vengono frettolosi i figli e piangendo; si manda per i fratelli <• le
•sorelle;

Rimangono sullo scaffale le medicine non adoperate (l’odor di c.in-


fora lia già riempito la stanza),
La mano fedele del vivo non abbandona la mano del moribondo,
Contratte labbra sfiorano la fronte del moribondo:
Cessa il respiro, cessa il battito del cuore,
S’irrigidisce il cadavere sul letto, e il vivo lo guarda,
Il cadavere è palpabile, come esso il vivo è palpabile.

Il vivo guarda col suo occliio il cadavere,


Ma intanto un diverso vivente, fuor di vista, s’indugia a lungo e
gu arda cu ri osa mente

3 .

Pensale il pensiero della morte, stando immerso nel pensiero


della materia,
Pensare a tutti questi miracoli di città e di campi, e che altri li

ha tanto a cuore, e che noi non li abbiamo niente a cuore !

Pensare che noi ci affanniamo tanto a edificare le nostre case,


Pensare che altri si affanneranno proprio come noi, e che noi sa-
remo abbastanza indifferenti !

(E tale io vedo che fabbrica una casa che egli usa pochi anni, o
per settanta o ottanta anni al più,
E vedo altri che si fabbrica una casa per più lungo tempo ancora.)

Linee nere si muovono lente e strisciano sulla terra — non


finiscono mai — sono le linee dei sepolcri;

Colui che fu Presidente fu sepolto, e colui che è ora Presidente


sarà sepolto sicuramente.

4 .

Un ricordo di un destino volgare :

Un frequente esempio della vita o della morte degli operai,


Ciascuno secondo il suo stato.
PEXSAXDO AL TEMPO 42!J

Gelati spruzzi di' onde battono sullo scalo delle chiatte — fango e
ghiaccio è nel fiume — mòta mezzo gelata per le vie,
Da su gravita un cielo grigio — è l’ultimo breve giorno di di-
cembre —
Un carro f'uuebre giunge e delle vetture : è il funerale di un vec-
chio vetturino di Broadwav; il corteo è formato massimamente da
vetturini.

Si trotta al cimitero risolutamente; le campane a morto tocclieg-


giano debitamente,
Si oltrepassa la porta, si fa alto alla fossa di fresco scavata, smon-
tano i vivi, il carro funebre è dischiuso,
La bara è tratta fuori, abbassata, composta nella fossa, la frusta
è deposta sulla bara, la terra prestamente viene ammucchiata su essa,
Il monticello è spianato con vanghe — silenzio —
Un minuto — nessuno muovesi, nessuno parla — tutto è finito:
Decentemente egli è stato messo da parte — evvi qualcos’altro
da fare ?

Un buon diavolo fu egli, lingua frauea, indole irrequieta, di


non sgradito aspetto,
Pronto per la vita e la morte in favor di un amico, — amò le

donne, giocò, mangiò volentieri, bevve volentieri,


Conobbe che cosa era essere prodigo. Poi accasciossi negli ultimi
giorni,ammalò, fu soccorso per sottoscrizione,
Morì che aveva quarant’anni e questo fu il suo funerale. —
Pollice disteso, dito levato in alto, grembiule, mantellina,
guanti, cintura, impermeabile, frusta scelta con cura,
L'opera di una buoua giornata, l’opera di una giornata cattiva,
primo ad esser fuori, ultimo a star fuori, tornare a notte, ecco la su i

vita !

E pensare che tutto ciò importa tanto ed è così a cuore ad altri

vetturini e che costui non ci pensa più.

Ecco i mercati, il governo, le mercedi dell’ operaio; pensare


in qual conto noi le abbiamo, durante le nostre notti e i nostri giorni !

Pensare che altri operai avranno tutto ciò egualmente in gran


conto, e che noi ne faremo poco o nessun conto.
430 Tr. WllITMA X — FOGLIE DI ERBA

Ecco il rozzo e il raffinato, quel che tu chiami bene e quel


che male. Pensare quanto ampia differenza è tra essi,
E pensare che questa differenza continuerà per altri, e che noi
giaceremo al di là dell’indifferenza.

Pensare quanti piaceri vi sono !

Ti compiaci tu della vita delle città ? ovvero degli affari ! o di


architettar piani per una nomina od un’elezione? ovvero ti compiaci
della donna tua e della tua famiglia ?
O dellamadre o delle sorelle tue? o dell’opra casalinga? o delle
belle cure della maternità ?

Anche queste cose trapasseranno in altri : ed io e tu passeremo


anche;
Ma, a suo tempo, tu ed io avremo meno compiacimento di queste
cose.

Ecco le tue fattorie, i tuoi guadagni, le messi — pensare come


ne sei inorgoglito,

E pensare che vi saranno sempre fattorie, guadagni, messi — non-


dimeno di qual vantaggio saranno a te ?

6 .

Quel che sarà sarà bene, perchè quel che è, è bene;


Avere qualcosa a cuore è bene, e non aver a cuore nulla sarà bene.

Le gioie domestiche, le giornaliere facendo casalinghe, gli

affari, l’edificar case non sono dei fantasmi, ma hanno peso, forma,
posto;
I poderi, i guadagni, le messi, i mercati, le mercedi, il governo,
nessuna un fantasma,
di queste cose è
La differenza tra male e bene non è una delusione,
La terra non è un’eco, l’uomo e la sua vita e tutte le cose della
sua vita sono ben ponderate.

Tu non sei gittata ai venti, tu aduni con certezza, con sicu-

rezza attorno a te stesso,

Attorno a te stesso I A te stesso ! Attorno a te stesso per sempre e

sempre !

Non per fonderti in altri tu sei nato da tuo padre e da tua

madre, ma per avere una personalità,


PS KSAXDO AL TEMPO «1

E non perche tu sii irresoluto, ma perchè tu sii risoluto:


Qualche cosa, preparata da luugo tempo e informe, è giunta ed ha
preso forma iu te,
Tu sei quind’ innanzi sicuro, qualunque cosa giunga o si parta.

Le fila che furono filate, ora sono raccolte, la trama ora s’in-
crocia con l'ordito e il modello è sistematico.

Le preparazioni sono state giustificate tutte;


L'orchestra ha intonato abbastanza i suoi strumenti, la bacchetta
ha dato il segnale.
L’ospite che doveva giungere, ha indugiato a lungo, ma ora
è a casa,
Ed è uno dei belli e dei felici, uno di quelli che è una felicità il

guardarlo od esservi insieme.

La legge del passato non può essere elusa,


La legge del presente e del futuro non può essere elusa,
La legge della vita non può essere elusa è eterna — —
La legge del progresso e della trasformazione non può essere elusa,
La legge degli eroi e dei benefattori non può essere elusa,
La legge degli ubbriaconi, dei delatori, degli abbietti, non un iota
di essa, può essere elusa.

8 .

Linee tortuose, leute e nere muovonsi non interrotte su per


la terra,

Vanno verso settentrione, vanno verso mezzodì — esse sull'Atlan-


tico, esse sul Pacifico,
Ed esse, tramezzo e luugo il paese del Mississipì e sopra tutta la
terra.

Buona cosa è come procedono grandi maestri i e come il cosmo;


buona cosa come gli eroi e benefattori; i

I duci famosi c gl’inventori, i ricchi possidenti, i pii e distinti uo-


mini possono essere un bene,
Ma vi è qualcosa ili maggior conto che questo — vi è lo stretto
conto del tutt i.

432 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Non sono un nulla le orde infinite degl’ignoranti e dei malvagi.


Non un nulla i barbari di Africa e di Asia,
Le perpetue successioni dei popoli inutili non sono un nulla.

E di tutte queste cose e a tutte esse pensando.


Io lio sognato die noi non saremo mutati, nè che muteranno le
leggi che ci reggono,
Ho sognato che gli eroi e i benefattori saranno sotto la presente e
la passata legge,
E che gli assassini, gli ubbriacoui, i mentitori saranno sotto la
presente e la passata legge;
Perchè io ho sognato che la legge che li governa è sufficiente.
Ed ho sognato anche che lo scopo e l’essenza della vita conosciuta
la transitoria —
Servono a formare, a determinare l’identità per la vita sconosciuta-
la permanente.

Chè, se tutto avesse a ridursi in polvere di letame,


Se tutto dovesse essere consumato da vermi e da topi, allora aliar-
mi ! chè noi saremmo traditi,
Allora veramente sospetterei della morte.

Pensi tu che io sospetti della morte? Se sospettassi della morte,


io morirei ora,
Pensi tu che potrei camminare verso il mio annullamento, con ga-
iezza e composto ?

Eppure con gaiezza e composto io procedo. Dove io vada non


posso precisare, ma so che quel dove è buono,
L’universo intiero ci addita che esso è buono; il passato e il pre-
sente ci additati > elio è b turno.

Come belli e perfetti sono gli animali ! Come è perfetta la terra


ed ogni più piccola cosa che è sopì’ essa !

Ciò che vien chiamato buono è perfetto, e ciò che vieu chiamato
cattivo è egualmente perfetto,
Perfetti sono i minerali e i vegetali tutti, e perfetti i fluidi impon-
derabili;
Lentamente e sicuramente sono diventati coni’ essi sono, e lenta-

mente e sicuramente diventeranno altro.


PENSANDO AL TEMPO 433

9 .

Io penso, e l’ affermo con giuramento, elle nulla vi è elle non


abbia,un’anima immortale :

L’hanno gli alberi radicati nel terreno ! L’hanno le erbacce del


mare L’hanno gli animali
! !

Io penso, e l’affermo con giuramento, che nulla esiste, fuorché


l’immortalità !

Che. per essa esiste questo squisito schema dell’universo, che per
essa esiste l’ondeggiare delle nebulose, che per essa è l’aderire de-
gli atomi,
E che qualsiasi preparazione è per essa —
e l’identità è per essa
e la vita e suoi materiali sono insieme per essa.
i

W. AVhitman. — Foglie di erba. 28


SUSURRI DI MORTE CELESTIALE.

Oseresti tu, ora, o anima.

Oseresti tu, ora, o anima,


Camminare fuori cou me verso l’ignota regione,
Dove nè terra òvvi elle ci sostenga nè alcuna via da seguire ?

Non mappa òvvi, nè guida,


Nè suon di voce, nè carezza di mano umana:
Non viso di fiorente, carne, nè labbra, nò ocelli sono in quella re-
gione.

Io non la conosco, o anima,


Nè tu; tutto è vuoto innanzi a noi:
Tutto quello di cui non fu sognato aspetta in quella regione, in
quella terra inaccessibile.

Quando i nodi si allenteranno


Tutti, salvo. i nodi del Tempo c dello Spazio,
Non tenebre, allora, non gravitazione, non senso, nè altri vincoli
ci avvinceranno.

Ma allora noi sprizzeremo fuori, e fluttueremo


Nello Spazio e nel Tempo, o anima, o preparati per essi :

Eguali tutti ed equipaggiati per (0 gioia


essi al fine ! 0 premio di
tutto !), per adempiere il loro messaggio, o anima.

— 4H5 —
43H W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Susurri di morte celestiale.

Susurri di celeste morte io odo susiirrati :

Souo come un labiale ciarlìo notturno e dei sibilati corali,


Come un suon di passi che ascendano gentilmente, come brezze mi-
stiche, che soffino soavi e tenui,
Come increspamenti di fiumane invisibili, come maree di fluide cor-
renti, eternamente correnti
(Sono esse la gora delle lagrime ? le infinite acque «Ielle lagrime
umane ?).

Io veggo, veggo davvero pel cielo grandi ammassi di nuvoli,


Che tristi e lenti si girano, e silenziosi gontìansi e mesconsi;
E a tratti, fra essi, qualche offuscato e malinconico astro lontano,
Clie appare e si dilegua.

(Forse qualche parto è quello, qualche solenne nascita immor-


tale;

Lassù, sulle frontiere impenetrabili agli occhi,


Qualche anima passa.)

Cantando il divino quadrato

1.

Cauto il quadrato divino, mi avanzo fuor dell’ Uno, fuor dei


hi t ,

Fuor dell’antico e del nuovo, fuor del quadrato che è interamente


divino,
Ed è solido e con tutti e quattro i lati (nessun lato si desidera). Da
questo lato — Ieliova soli io,
10 l’antico Brama, ed io Saturno sono;
11 Tempo non mi tange, son io il Tempo, l’antico e il moderno,
come sono qualsiasi altra cosa :

Non sono accessibile alla persuasione, soli > senza pietà, eseguo i

giusti giudizi
Come la Terra, come il Padre — il bruno vecchio Crono — con
leggi
Vecchie oltre ogni computo, eppur sempre giovani : e sempre circo-

lando con queste possenti leggi,


iS USURIII DI MORTE CELESTIALE 437

Souo inflessibile, senza perdono per alcuno : — Chi pecca morrà —


io avrò la vita di queU'uonio.
Nessuno perciò aspettisi misericordia. — Hanno le stagioni, ha la

gravitazione, hanno i giorni predestinati misericordia ? Non più che


essi ne avrò io;

Ma, come le stagioni, la gravitazione, e i giorni predestinati che non


perdonano,
Così io pronuncio da questo lato giudicati inesorabili, senza il me-
nomo rimorso.

2 .

Consolatore assai benigno, io, il promesso, mi avanzo


Con la mano gentilmente distesa : il più possente Dio io sono,

Io il predetto dai profeti e dai poeti nelle loro profezie e nei loro
più ispirati poemi :

Ecco, guarda da questo lato : ecco, io sono il Signor nostro Gesù Cri-
sto che ci guata — ecco, Ermete io sono ! — Ecco, mia è la faccia

di Ercole.

Ogni dolore, ogni sofferenza, ogni travaglio io li assimilo, e li as-


sorbo in me.
Assai volte fui ributtato, perseguito, cacciato in carcere e crocifìsso,
e assai volte sarò ancora,
Tutto il mondo ho rinnegato per amore dei miei fratelli e sorelle,
e per amore dell’anima;
Volgo la mia via per alle case degli uomini, ricchi o poveri, col ba-
cio dell’affetto,
Perchè io sono l’affetto, io il Dio dall’aspetto gentile, io ho in me
ogni speranza ed ogni carità;
Io, come se a fanciulli, parlo con parole indulgenti, con parole fre-
sche, sane, e che sono mie solamente :

Giovaire e forte io passo, conscio di essere destinato ad una morte


prematura.
Ma la mia carità non conosce morte, la mia sapienza non muore,
nè tardi, nè presto,
E il mio dolce amore, lasciato in eredità qui e dovunque, non
morrà mai.

3 .

Appartato, insodisfatto, macchinando ribellioni,


Camerata di criminali, fratello di schiavi,
438 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Astato, spregiato, facchinesco, ignorante,


Con l’aspetto di un sadra (1), con cipiglio consunto e fosco, ma
nel profondo del cuore orgoglioso quant’ altri mai;
Sono ribelle, ora e sempre, contro qualsiasi che si arroghi il di-
ritto di governarmi, beffandomi,
Scontroso, pieno d’inganno, pieno di ricordi, covo tristi pensieri,
ed ho molte colpe
(Sebbene altri pensi ch’io sia schiacciato e scacciato e che le mie
colpe sien Unite, il che non sarà mai).
Provocatore io sono, io son Satana, vivo sempre, profferisco parole
sempre, fo debitamente le mie apparizioni nelle nuove terre (e nelle

antiche altresì),
E resto qui, permanente in sul mio lato, pronto alla battaglia, eguale
a chicchessia, reale come chicchessia,
E nè tempo, nè vicende muteranno me o le mie parole.

4 .

Santa Spirita ! io respiro, io vita

Sorpasso la luce, più luminoso della luce,


Sorpasso le fiamme dell’inferno, saltando gioiosamente, facilmente,
sopra l’inferno,
Sorpasso il Paradiso, che è profumato solo del mio proprio profumo,
E includo ogni vita della terra, toccando e contenendo Dio, conte-
nendo il Salvatore e Satana :

Io l’eterea forza che tutto pervade (perchè che cosa sarebbe, senza
me, il tutto ? che cosa sarebbe Dio i),

Io l’essenza delle forme, io la vita delle reali identità, io il perma-


nente, il positivo (massime dell’invisibile;,
Io la vita del gran mondo rotondo, del sole, degli astri e dell' uo-
mo, io l’anima universale.
E compiendo qui il quadrato, il solido, io il più solido.
Spiro il mio respiro, anche traverso questi canti.

(1) Sudra è la più bassa delle quattro classi desìi Hindous.


SUSUBSI DI MORTE CELESTIALE 439

Di colui che giorno e notte amo.

Di colui die giorno e notte amo sognai avere udito clic fosse
morto,
E sognai anche clic fossi andato dove avevano sepolto colui che
amo; ma ecco, in quel sito non era.
E sognai poi di aver vagato, cercando i luoghi dove si sepellisce,
per trovarlo,
Ed ecco trovai che ogni luogo era un luogo di sepolture :

Le case piene di vita erano altrettanto piene di morte (come questa


casa, ora),
Le vie, le navi, i luoghi di divertimento, Chicago, Boston, Phila-
delphia, Mannahatta erano egualmente piene di morti e di vivi,
E più piene, assai più piene di morti che di viventi :

E quel che sognai voglio, d’ ora innanzi, dire ad ogni persona e


ad ogni età;
Che anch’io resto avvinto, d’ora innanzi, a quel che sognai,
E sono risoluto di non curare i luoghi di sepolture, e passarmene
affatto;
E se i ricordi dei morti fossero posti, indifferentemente, dove che
sia, anche se nella stanza dove dormo o desino, io sarei sodisfatto;
E se il cadavere di tutti quelli che amo, o se il mio cadavere
stesso sarà debitamente triturato in polvere e sparso in mare, io sarò
sodisfatto,
E se sarà buttato ai venti, sarò sodisfatto.

Anche, anche voi, o ore di sconforto.

Anche voi, o ore ili sconforto, anche voi io conosco:


So qual peso plumbeo, quale impaccio voi siete e quali stigmate m’im-
primete sui fianchi,
E come mutate la terra in una camera di pianto ! — Odo la vostra
voce beffarda ed arrogante dire : .

La materia è conquistatrice — solo la materia trionfa e dura.

Grida ili disperazione fluttuano incessanti verso me,


L’appello del mio più caro amante scatta fuori allarmato, incerto :

Il mare su cui presto veleggerò, deh ! vieni a dirmi,


440 W. IVHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Deli! vieni a dirmi doremi condurrà. Dimmi il luogo della mia de-
stinazione.
La tua angoscia io la intendo, ma io non posso soccorrer te,

Io mi appresso a te, ti odo, miro la tua bocca triste, il tuo sguardo


fuor dell’orbita dei tuoi occhi, e intendo la tua muta domanda :

Dove vo io dal letto su cui sto disteso ! vieni e dimmelo.


La vecchiaia è allarmata e incerta — la voce di una giovane donna
m’invoca per conforto,
La voce di un giovane uomo dice : Non scamperò io !

Come se mi accarezzasse un fantasma.

Come se mi accarezzasse un fantasma,


Io pensavo di non esser solo, mentre che passeggiavo qui sulla
sponda;
Ma colui al quale pensavo era con me, mentre che passeggiavo
sulla riva; colui ch’io amava accarezzavami.
Ed or, mentre ch’io m’inchino e guardo traverso l’abbagliante luce,
ecco che colui è perfettamente svanito,
E mi appariscono quelli che mi sono odiosi e si beffano di me.

Sicurtà.

Io non ho bisogno di sicurtà, io sono un uomo preoccupato


della propria anima;
Io non dubito, che di sotto i piedi e accanto alle mani e al viso

Che conosco, non sieno altri veggenti visi che non conosco, calmi ed
attuali visi,
Non dubito che la maestà e bellezza del mondo non sieno ascose in
ogni iota del mondo,
Non dubito che io non sia senza limiti, e che senza limiti non sieno
gli universi, sebbene invano mi provi a immaginare in qual modo
sieno senza limiti,
Non dubito che i mondi e i sistemi dei mondi non facciano il loro
celere gioco per uno scopo, e che io, un dì, non sarò eletto a fare

come essi e più che essi.

Non dubito che i fatti passeggieri non si reggano su milioni e milioni

di anni,
S USER RI DI MORTE CELESTIALE 441

Non dubito che le interne cose non abbiano le loro cose interne, e
le esterne le loro cose esterne, e che la vista non abbia un’altra vi-
sta, e l’udito un altro udito, e la voce un'altra voce,
Non dubito che non sieno predestinate le morti dei giovanetti, piante
con tanta passione, e che le morti delle giovanotte e le morti dei pic-
coli fanciullinon sieno predestinate
(Penseresti forse che la Vita fu così bene provveduta, e che la

Morte, finalità di ogni Vita, non fu ben provveduta ?).

Non dubito che i naufragi che avvengono per mare, e che i loro
orrori, quali che sieno, e che l’affogare in essi di qualsiasi vita, non
importa se di moglie, di figlio, di marito o di amante ,
non sieno
prestabiliti, tino ai più minuti particolari,
Non dubito che qualunque cosa che avvenga in qualsiasi luogo e
in qualsiasi tèmpo, non sia stata prestabilita nell’essenza delle cose,
Nè penso che la Vita provveda pel tutto, così pel Tempo come
per lo Spazio, ma credo che la Celestiale Morte provveda per ogni
cosa.

Anni come sabbie ingoianti.

Anni come sabbie ingoianti mi assorbono non so dove;


Passan via i vostri schemi, le politiche, gli errori ,
i disegui; e le
sostanzialità mi betfano ed eludono;
Solo il tema ch’io canto, solo l’anima grande e fortemente posse-
duta non elude :

Il proprio essere non passa via — cioè la sostanza tinaie — essa


sola, fra tutto, è sicura —
Passate le politiche, i trionfi, le battaglie, la vita, che cosa, alla
fine, resta ?

Quando le parvenze s’infrangono, che altro fuor del proprio Essere


resta ?

Questa musica sempre attorno a me.

Questa musica che è sempre attorno a me — musica senza fine


e senza principio — perchè non insegnatami da lungo tempo, io non
T udiva,
Ma ora odo il coro, l’odo e. ne soli rapito:
442 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERRA

Un tenore gagliardo, ascendente con possanza e sanità insieme con


le gaie note dell’alba io odo;
Un soprano, ad intervalli, veleggia e cullasi sulle sommità di onde
immense;
Un chiara voce di basso trascorre voluttuosamente sotto e attra-
verso l’universo :

Il trionfale tutti (1), il funerale, che geme in dolci note di flauti e


violini, io odo. E di queste cose io mi sazio.
ISTon odo i volumi dei suoni solamente, ma sono anche commosso
dai loro significati squisiti;
Porgo l’orecchio alle differenti voci che turbinano entro e fuori,
gareggiando, contendendo con fiera veemenza, per superarsi in emo-
zione, l’una l’altra;
Non credo che gli esecutori conoscano sé stessi — ma vo pensando
che comincio a conoscerli io.

Quale nave imbarazzata in mare.

Quale è la nave imbarazzata in mare, che studiasi di precisare


la sua posizione ?

O che, entrando in porto, abbisogna di un perfetto pilota, per evitare


le sbarre e infilare il canale f

Qua, o marinaio ! qua, nave ! Prendi a bordo il più perfetto pilota:


Salutandoti, io te le offro sur un piccolo navicello, che ei spinge
su, remando.

Un ragno silenzioso e paziente.

Un ragno silenzioso e paziente


Io osservai dove sur un piccolo promontorio stava isolato: e sospeso.

E notai che, come se per esplorare il vasto vuoto intorno,


Affaticavasi a sgomitolare fuor di sè fila, fila e fila,

Annaspandole sempre, sempre, instancabilmente frettoloso.

Anche tu, o anima mia, da qui dove tu stai

Cinta, staccata, entro incommensurabili oceani di spazio.

(1) Così nel testo.


s usuimi di morte celestiale


: 443

Incessantemente fantasticando, avventurandoti, ritorcendo i tuoi fili,

cerchi le sfere per congiungerle,


Finche il ponte di che abbisogni non sia costruito, finché la dut-
tile àncora non trovi fondo,
Finché la tela di ragno che tu distendi, non si attacchi a qualche
punto, o anima.

Oh ! sempre vivente e sempre morente !

Oh ! sempre vivente e sempre morente !

Oh ! i seppellimenti del mio io nel passato e nel presente !

Ahimè mentre pur innanzi incedo materiale visibile, imperioso


!
,

come sempre,
Ahimè quello che fui per anni, ora è morto (non mi lagno però,
!

anzi ne son lieto);


Oh ! Che io mi affranchi da questi cadaveri del mio io, che io ini

volga solo a guardare dove li gettai,


E passi oltre (Vivente ! Vivente sempre !), e mi lasci i cadaveri
dietro.

Ad un moribondo.

10 t’isolo da tutti gli altri, poiché ho per te un messaggio :

Tu stai per morire — lascia pur dire agli «altri quel che vogliono
ma io non posso ingannare,
Io sono veritiero e spietato, però io ti amo — per te non vi è
scampo.

Pongo su te delicatamente la mia destra, e tu la senti appena;


Io non interrogo, chino il capo vicino a te, sicché quasi l’ascondo,
Seggo accanto a te e ti resto fedele.
Piucchè infermiere io sono per te, piucchè parente, piucchè vicino,
Io ti libero da ogni cosa, eccetto dal tuo spirituale corporeo —
questo è eterno — tu sicuramente scamperai —
Ma il cadavere che tu lascerai diventerà concime.

11 sole scoppia per direzioni che nessuno mai guardò,


Forti pensieri empiono l’anima tua di fiducia, e tu sorridi :

Tu dimentichi ili essere infermo, come dimentico io che sei infermo,


444 II'. W HIT M A X — FOGLIE DI ERBA

Tu non guardi le medicine, non curi i piangenti amici, io sono


con te,

Escludo da te gli altri — nulla vi è da compiangere —


Ed io non ti compiango, io mi congratulo con te.

Notte sulle praterie.

Notte sulle praterie :

La cena è finita, il fuoco sul terreno brucia basso,


E gli emigranti stanchi dormono avvolti nelle loro coperte.
Io passeggio solo —
mi fermo e guardo gli astri, e penso che non
li lio mai intesi come ora :

Ora assorbo immortalità e pace,


Ammiro la morte e le sue inconcusse prove.

Come abbondante Come spirituale Come ! ! riassunto !

Lo stesso vecchio uomo e la stessa anima — le stesse vecchie aspi-


razioni e lo stesso contenuto.
Io mi pensavo che fosse molto splendido il giorno, finché non vidi
quello che era mostrato da ciò che non è giorno,
Io mi pensavo che questo globo fosse sufficiente, finché, a me in-
torno, senza rumore, non soli saltati fuori miriadi di globi.

Ora, mentre i grandi pensieri di spazio e di eternità mi riem-


piono di sé, io vo’ misurarmi con essi :

E alla vista delle vite di altri globi arrivati ila così lontano tempo
come la terra,

O di quelli che aspettano per arrivare, o che passarono da più lontano


tempo che i tempi della terra,
Io, quind’ innanzi, non ignoro essi più di quanto ignori la mia
vita,
O ignori le vite della terra arrivate da così lontano come la mia. o
che aspettano per arrivare :

Vedo che la vita non può mostrare tutto a me, come il dì non può,
Vedo che dovrò aspettare quello che ini sarà mostrato dalla morte.

Pensiero.

Mentrecliè seggo con altri a ima gran festa, improvvisamente,


mentre la musica suona,
SESTE RI DI MORTE CELESTIALE 445

Innanzi alla mia anima (donde venga non so), come entro nebbia, mi
appare la visione spettrale di nn naufragio in mare :

Visione di alcune navi partite con penuoneelli svolazzanti e baciati


dalla brezza — e questa fu l’ultima partenza loro;
Visione del solenne e tetro mistero circa il fato del Presidente,
E del fiore della scienza marinara di cinquanta generazioni fa, riem-
pitosi di acqua sulla costa di Nord-est e inghiottito — ilei piroscafo
Artico inghiottito;
E la visione poi di nn velato quadro — donne sono raccolte sul ponte,
pallide, eroiche, aspettanti il momento che è così dappresso — Oh !

quel momento !
*

Un singulto immenso — un po’ di bolle — la spuma bianca che


balza su — e le donne allora spariscono,
Mentre i marosi, impassibili, si stendono su esse. Ed io ora, me-
ditando, dico : sono proprio sparite queste donne ?

Si annegano e si distruggonole anime a questo modo ì

E solo la materia dunque quella che trionfa ?

L’ultima invocazione.

Al momento estremo, teneramente,


Fuor delle mura della casa potentemente fortificata,

Dalle stretture degl’intricati serrami, dalla custodia delle ben chiuse


porte,
Fa’ che io sia liberato.

Fa’ che io scivoli via, senza rumore,


Disserra i serrami con la chiave della morbidezza — con un soffio

Apri le porte, o Anima.

Teneramente — non essere impaziente, o anima


(Gagliarda è la tua presa, o mortai carne,
Gagliarda è la tua, o Amore).

Riguardando il bifolco mentre arava.

Riguardando il bifolco mentre arava,


O il seminatore che seminava m i campi, o il mietitore che mieteva,
446 W. WUITMAN — FOGLIE DI EliBA

Io vidi anche là le vostre analogie, o vita e morte;


(La Vita, la vita è la cultura, la Morte è la corrispondente messe).

Pensoso ed esitante.

Pensoso ed esitante,
Scrivo le parole, i Morti ,

Perchè i morti sono i viventi.


(Forse sono i soli viventi, le sole realtà,

Ed io l’apparizione, io lo spettro).
O TU, MADRE DALL'UGUALE FIGLIOLANZA.

O tu, madre dall'uguale figliolanza,


Tu, catena variata di differenti Stati, e nondimeno un’identità sola,

Un canto speciale io to’ cantare, sopra ogni altro, prima di partire


Per te e pel futuro.

Io vorrei per te seminare un seme d’infinita Nazionalità,


Vorrei modellare il tuo insieme, includendo la tua anima e il

corpo tuo,
Mettere in vista, fin da ora, la tua reale unione avvenire e come
essa potrà essere compiuta.

Le vie per alla casa io cerco di tracciare,


Ma lascio agli avvenire la costruzione di essa la casa.

La fede io canto e la preparazione :

Poiché la Vita e la Natura non sono grandi se riferite solo al

presente,
Ma sono più grandi sempre per quello che deve venire,
È da questa formula che io traggo il canto per te.

2.

Come un gagliardo uccello sulle libere ali,

Che gioioso, fendendo gli ampi spazi, ascende verso il cielo,


Così vorrei che si elevasse il mio pensiero di te, o America,
Così vorrei che fosse il recitativo che vorrei cantare per te.
— 447 —

448 ir. WHITMAN — FOGLIE DI EDB A

Io non vorrei arrecarti i concetti dei poeti di altre terre,


Non complimenti elle son serviti per tempo
i
così lungo,
Nè le rime, nè classici, nè il profumo delle
i corti straniere, nè il

tanfo delle chiuse librerie;


Ma l’olezzo vorrei arrecarti delle foreste di pino del Maine, ov-
vero l’alito di una prateria dell’Illinois,
Insieme con le aure aperte della Virginia e d*-lla Georgia, e del
Tennesee, o con Paure partenti dagli altipiani del Texas e dalle val-
licene della Florida;
Ovvero arrecarti la nera corrente del Saguenay, o P ampia distesa
azzurra dell’Hurou,
Che fa presentire i paesaggi di Yellowstone o di Yosemite.
E mormorando io sotto tutto questo, e pervadendo tutto, vorrei
arrecarti il fremente suono del mare,
E i suoni immensi che sorgono dai due Grandi Mari del mondo.

E per i tuoi sensi più squisiti, vorrei arrecarti più squisiti ri-

tornelli, o temuta Madre,


E preludi intellettuali che pareggiassero queste cose e te, e for-
mule spirituali che si convengano a te, e così reali, sane ed ampie
come sono queste cose e tu,
Tu ! che ascendi più sublime, o ti affondi più profondamente di
quanto noi sappiamo, o trascendentale Unione !

Per te il fatto sarà giustificato e fuso col pensiero,


Per te il parlare dell’uomo sarà giustificato e fuso con Dio :

Per mezzo della tua idea, su, ascenderemo alla realtà immortale !

Per mezzo della tua realtà, su, all’ immortale idea !

3 .

Cervello del Nuovo Mondo, quale compito è il tuo !

Tuo il compito di formulare il moderno — fruendolo dalla impa-


reggiabile grandezza del moderno,
Traendolo da te, comprendendo in esso la scienza per riplasmare
poemi, chiese, arte
(Forse riplasmarli sarà lo stesso che spazzarli via, finirla con essi
forse il compito loro è esaurito — chi lo sa ?),

E, per via di visioni, di opere di mano, di concepimenti ,


sullo

sfondo del possente passato, che è morto,


Miniare con fede assoluta il poderoso e vivo presente.

O TU, MADRE DALL'UGUALE FIGLIOLANZA 449

E nondimeno tu, vivo cervello del presente, erede del morto,


del cervello del Vecchio Mondo,
Tu, che giaci avvolto come un feto entro le sue lunghe volute,
Tu, preparato con tanta cura, per così lungo tempo, dal vecchio
forse tu non fai che svilupparlo e maturarlo soltanto,
Per effettuarlo in te — poiché l’essenza dei tempi morti è conte-
nuta in te,

Poiché i loro poemi, chiese, arti, inconsci a sè stessi, erano desti-


nati a te :

Tu, null’altro che le appiuole da così lungo e lungo tempo cre-


scenti,
Tu, il frutto di tutto il Vecchio che si matura oggi per te.

4 .

Veleggia, veleggia del tuo meglio, o nave della Democrazia,


Il tuo carico è di valore. Non è il Presente soltanto,
Anche il Passato è contenuto in te :

Tu porti non la fortuna tua solamente ,


non del solo continente
Occidentale,
L’intero résumé della terra fluttua sulla tua carena, o nave, ed è
affidato ai tuoi alberi;
Teco viaggia fiducioso il Tempo, teco nuotano o affondano le an-
tecedenti nazioni,
E con tutti i loro antichi certami, màrtiri, eroi e guerre tu porti gli
altri continenti,

E le lor cose, al pari delle tue, al trionfante porto predestinato.


Governa con mano, con circospetto occhio, o timo-
forte ed accorta
niere, tu porti grandi compagni :

La venerabile per sacerdoti Asia veleggia oggi con te,

E la regale e feudale Europa veleggia oggi con te.

5 .

Mondo leggiadro di più nuovo e superbo nascimento, che in-


nanzi ai miei occhi sorgi
Come nube di oro senza confini, che di sè empia il cielo occidentale;
Tu, emblema di universale maternità, issato più alto ili ogni altro,
Tu, forma sacra del generatore di figli e di figlie,

W. VT hitma-V. — Foglie di erba. 29



450 W. WHITMAN FOGLIE DI ERBA

È fuori del tuo grembo fecondo clie figli giganti spuntano in pro-
cessioni infinite,
E che, giungendo da una gestazione cosiffatta, prendono e danno
forza e vita continua.
O mondo del reale — mondo di due cose diventate una sola,
Mondo dell’anima, nato dal mondo reale soltanto, e condotto all'i-

dentità, al corpo, da essa l’anima,


Sebbene a te, da principio, incalcolabili masse di materiali composti
e preziosi,
Concessi dai cicli delle storie, furono da ogni nazione ,
da ogni
lingua inviati qui,
E qui adunati e preparati per costruire un più libero, più vasto,
e più elettrico mondo
(Il vero Nuovo Mondo, il mondo dell’orbica scienza, della morale,
delle letterature avvenire),
Nondimeno te, o mondo meraviglioso, non definito, non formato
ancora, neanche io ti definisco;

Perchè come posso io penetrare la impenetrabile tenebra del futuro ?

Io sento però la tua grandezza fatale, così pel bene come pel male,
Osservo il tuo avanzare che assorbe il presente, che oltrepassa il

passato,
Vedo la luce tua che illumina, e la tua ombra che offusca quasi
l’intero globo,
Ma non pretendo definir te : appena è se ti comprendo.
Onde non fo che nominarti, profetarti, come fo ora,

E semplicemente ejaculo te !

Te vedo nel tuo futuro,


Te nella tua vita che unica permane, nella tua carriera ,
nella tua
anima sempre intenta, nel tuo spirito librantesi in alto,

Te, necessario come un altro sole, radiante, abbaccinante, moven-


tesi celere e fecondante tutto,
Te, surto a possente gentilezza e gioja, ad infinita e grande ilarità :

Dissolvendola a fin di bene, tu fugasti la nuvola che da così lungo


tempo pendeva, che da tanto tempo pesava sullo spirito delFnomo.
Cioè il dubbio, il sospetto, la minaccia della graduale, certa de-
cadenza dell’uomo:
Te nella tua più ampia, più sana figliolanza di femine e maschi
te nei tuoi atleti morali e spirituali del Nord, del Sud, dell’Est e del-
l’Ovest,
O TU MADRE DALL’UGUALE FIGLIOLANZA
, 451

Te nei tuoi propri musici, cantori, artisti, non nati ancora, ma


sicuri,
Te nella tua ricchezza e civiltà morale, (a petto a cui la tua ci-

viltà materiale più superba parrà vana),


Te provveditore di tutti i culti, abbracciante tutti i culti — te, non
semplicemente ligato ad una sola lòbbia e ad un solo salvatore,
Te nei tuoi salvatori innumeri, occulti ancora in te,
Te nelle tue incessanti bibbie giacenti nel tuo seno, uguali a tutte,
e divine come qualsiasi altra

(La tua carriera ascendente e formulante te, non è nelle tue due
grandi guerre, nè nel tuo visibile crescere di un secolo,
Ma molto più è in queste foglie e cauti i cauti tuoi, o gran —
Madre !).

Te, in una educazione creata da te, te negl’insegnanti, negli studi e


negli studenti da te nati.
Te nelle democratiche feste en masse, nei tuoi splendidi e originali
festival s, nelle opere teatrali, nei conferenzieri e nei predicatori,

Te nei tuoi risultati ultimi (ora i preparativi soli son compiuti, ma


1’ edificio è su salde fondamenta),
Te nei tuoi pinnacoli, nel tuo intelletto, nel tuo pensiero, nelle cul-
minanti gioje razionali, nel tuo amore e nelle tue aspirazioni al bene,
Te nei tuoi splendidi letterati avvenire, nei tuoi oratori dagli ampi
polmoni, nei tuoi bardi sacerdotali, e nei tuoi sapienti cosmici....
Tutto cotesto ! tutto cotesto che è in te, e che certo verrà, io ti

profetizzo in questo dì.

6 .

O terra della tolleranza, che tutto accogli —e non pel bene sola-
mente — tutto il bene è per te,

Tu, nei regni di Dio, sei destinata ad essere un regno a te


stessa,
Ed essere, sotto la legge di Dio, legge a te stessa.

(Ve’, tre astri senza pari si levano qui,


Per essere i tuoi astri natali, o mio paese, Unione, Evoluzione, Li-
bertà,
Splendenti nel cielo della Legge.)

O terra di fede senza precedenti, di fede in Dio,


452 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Il tuo suolo ed anche il tuo sottosuolo sarà tutto travolto;


Tutta l’interna terra per tanto tempo così diligentemente coperta,
sarà messa a nudo per quello che è,
E scoperta da te alla luce del cielo per beneficio o distruzione.

Non pel successo solamente, non pel veleggiare fortunato e


non mai intermesso, sei tu:

La tempesta batterà la tua faccia, il fumo della guerra, e qualcosa


di peggio si distenderà sopra di te
(Fosti tu idonea per la guerra, per i suoi sforzi e le sue prove ?

Sii- anche idonea alla pace e alle sue prove,


Poiché gli sforzi e il mortale conato delle nazioni giungono, in
fine, alla prosperità della pace, non alla guerra):
Con molteplice e sorridente maschera la morte ti si accosterà per
ingannarti, e tu, fatta inferma, soffocherai,
Il cancro livido distenterà i suoi artigli odiosi, eli affonderà entro
il tuo petto, per colpirti nel cuore,
La peggiore delle consunzioni, la consunzione morale, arrossirà la
tua faccia con le tinte della tisi,

Ma tu fronteggerai le tue fortune, le tue infermità e le vincerai


tutte:
Quali che esse sieno oggi e quali che, traverso i tempi, potranno
essere,
Esse, tutte e ciascuna, si leveranno, passeranno via e cesseranno,
Mentre tu, girando le spirali del Tempo, uscendo fuor di te, stri-

gandoti sempre, e fondendoti


Equabile, naturale, mistica, o Unione (avvincendo il mortale con l’im-
mortale), tu
Volerai verso l’adempimento del futuro, tu lo spirito del corpo e

dell’intelletto,
Tu l’anima e i suoi destini.

L’anima, i suoi destini, il reale reale


(Scopo di tutte queste parvenze del reale),
Sono in te, o America, e son l’anima e i suoi destini :

Tu, il globo dei globi ! Tu mirabile nebulosa !

Da molti travagli di caldo e di freddo sconvolta (e da questi stessi

consolidata),
Tu, orbe mentale e morale — tu Nuovo, veramente nuovo, Spiri-

tuale Mondo I

Il Presente non ti tien presa. Per così ampia crescenza come la tua,

O TU, MADRE DALL'UGUALE FIGLIOLANZA 453

Per così impareggiato progredire come il tuo, per tale iìgliolanza


come la tua.
Solo il Futuro ha presa su te e può averla su te.

Un quadro a Paumanok.

Due barche con reti, che stan ferme e tranquille, lontane


dalla sponda,
Dieci pescatori che attendono — hanno visto una frotta di pesci
calano i congiunti capi della rete entro l’acqua,
Le barche si separano e remano via, ciascuna 'sulla sua rotta, a
cerchio verso la sponda, rinchiudendo i pesci.
La rete è tirata con un argano da quelli che sono a riva,
Alcuni pescatori sonnecchiano entro le loro barche, altri stanno in
acqua fino al fianco, saldi sulle nervose gambe,
E accumulati sulla spiaggia, allineati bene fuori dall’ acqua giac-
ciono i pesci, dal dorso maculato di punte verdi.
DAL MERIGGIO ALLA NOTTE STELLATA

O astro, che pieno risplendi su in alto.

O astro, elle pieno risplendi su in alto ! O fervido meriggio


di ottobre !

Di tua fulgida luce inondi il grigio banco di sabbia,


Il vicino sibilante mare colle sue spume, i suoi vasti orizzonti,
E le brune strisce e le ombre, che spezzano l’immenso azzurro,
O sole del meriggio rifulgente ! una mia particolare parola per te.

Odi me, o fulgido !

Odi me amante tuo, ine elio ti ho amato sempre;

E quando ero bambino, e quando poi, fanciullo felice, all’orlo di


qualche bosco, solitario mi scaldavo ai tuoi raggi lontani,
O quando ero maturo o giovane, o che vecchio come ora, slancio
verso te la mia invocazione.

(Tu non puoi col tuo mutismo ingannarmi,


Io so che verso l’uomo adatto tutta la Natura aspira :

Sebbene i cieli, gli alberi non rispondano con parole ,


odono la
voce di lui — e tu o Sole,
Quando per le tue doglie e per le tue perturbazioni apronsi in te
improvvise fenditure e levansi guizzi di gigantesca fiamma,
Io comprendo, io capisco bene quelle fiamme, quelle perturbazioni).

Tu che con fecondo calore e luce,


Ti spargi sopra miriadi di poderi, sopra le terre e sulle acque del
Nord e del Sud,
— 455 —
456 W. WH1TMAN — FOGLIE DI ERBA

E sull’ interminabile corso del Mississipì, sulle pianure erbose del


Texas, sui boschi del Canada,
E su tutto il globo che gira la sua faccia a te splendente nello
spazio;
Tu che, imparzialmente, abbracci tutto, e non soltanto i continenti
e i mari,
Tu che ti doni così liberalmente ai grappoli, all’ erbacce, ai piccoli
fiori selvatici,
Versati, versati su di me e le mie cose, con non altro che con un
fuggevole raggio soltanto fra i milioni che possiedi,
E penetra traverso questi canti.

E non folgorare il tuo raggio e la tua forza soltanto su questi


canti,
Ma prepara per me il mio tardo pomeriggio — prepara le mie om-
bre che si allungano,
Prepara le mie notti stellate.

Visi.

1 .

Vagando pel lastricato della città o cavalcando lungo un sen-


tiero campestre,
Dio ! quali visi !

Visi di amistà, di precisione, di cautela, di soavità, d’idealità;


Il viso spirituale e presciente, il viso ordinariamente benevolo che
è sempre gradito;
Il viso del cantante, i grossi visi dei giuristi e dei giudici nati,
così larghi alla fronte,
I visi dei cacciatori e dei pescatori dalle ciglia prominenti, i rasi

e levigati visi dei cittadini ortodossi.


II puro, stravagante, ardente, interrogante viso dell'artista.
11 brutto viso di qualche anima bella, il viso bello e pur detestato o
spregiato,
I sacri visi dei pargoli, gl’illuminati visi delle madri di molti
figli-

li viso dell’amore il viso della venerazione,


II viso evanescente come sogno, il viso immoto come roccia,
DAL MERIGGIO ALLA MOTTE STELLATA 457

Il viso senza espressione di V>ene o di male, un viso di castrone,


Un viso come di selvaggio falco, cui il tosatore abbia scorciato
le ali,

0 di stallone che abbia soggiaciuto alle funi ed al coltello del


castratore.

Così passando pel lastricato della città, o traversando sulle in-


cessanti fervi/, visi e visi e visi,
Vedo, e non ne commisero alcuno, e son contento di tutti.

Pensi tu che potrei essere contento di tutti, se io credessi che


essi sono la propria finalità ?

Or ecco questo è un viso troppo deplorevole per uomo;


:

Ei pare un abbietto pidocchio che elemosini per l’esistenza, e che


si strisci per essa,
0 uno scarafaggio annusante che benedice ciò che gli si lascia tra-
volgere al suo buco.

Questo è il grugno di un cane che rimesti fra le spazzature,

Serpi si annidano in quella bocca — io ne odo il sibilo minaccioso.

Una faccia di ghiaccio è questa, più gelata del mare Artico,


Le sue dormenti e dondolanti montagne di ghiaccio stridono avan-
zandosi.

Questo è un viso di erbe amare, questo di un emetico; essi non


han bisogno di etichetta,
E dicono più di uno scaffale di droghe, di laudanum, di cautchouc
o di lardo di maiale.

Questo è viso di epilettico, la sua lingua senza parole emette


non terrene grida,
Le vene del suo collo gonfiansi, gli occhi stravolgonsi, finché mo-
strano non altro che il bianco;
1 suoi denti stridono, le palme delle mani sono tagliate dalle unghie

che vi si affossano,
E l'uomo cade per terra convulso e pien di schiuma.
458 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Questo viso è morso da vermi e da lombrici;


E questo è uu mezzo sguainato coltello di qualche assassino.

Questo viso promette al becchino i suoi tristi guadagni,


Un’incessante campana a morto risuona in esso.

3.

O fattezze dei miei simili, vorreste voi gabbarmi con la vostra


marcia tortuosa e cadaverica ?

Bene; voi non potete gabbarmi.

10 vedo intiero il vostro incancellabile procedere,


E guardo sotto i lembi dei vostri tristi e vili travestimenti.

Avvolgetevi e svolgetevi pure come vi aggrada, frugate pure;


La museruola vi sarà strappata, certamente vi sarà strappata.

Vidi la faccia del più vischioso e bavoso idiota, che essi hanno
all’asilo,

E, per mia consolazione, conobbi ciò che non conobbero essi;

Conobbi gli agenti che esaurì vano e spezzavano questo mio fra-
tello,

Ma egli attende a sgomberare le rovine dello sconquassato possedi-


mento suo;
Ed io guarderò novellamente, da qui ad una o due ventine di età,
E incontrerò novellamente il reale padrone, perfetto e illeso; ogni
pollice di lui sarà buono come me.

4 .

11 Signore si avanza e avanza sempre,


Sempre l’ombra gli è di fronte, sempre la sua mano è distesa per
rilevare i pigri.

Dal suo viso emergono vessilli e cavalli. Superbo ! Vedo quel


che sta per venire,
Vedo gli alti cappelli dei pionieri, vedo manipoli di corridori che
sgomberano la via,
Odo i tamburi della vittoria.
DAL MERIGGIO ALLA MOTTE STELLATA 459

Questo viso è una barca (li salvataggio,


Questo è il viso barbuto ,
imperioso die non cerca le meschinità
degli altri,
Questo viso è il frutto savoroso, pronto per essere mangiato,
Questo viso di sano ed onesto fanciullo è il programma di ogni
bene.

Questi visi portano in se testimonianze, o sonneccliianti o ve-


glianti,

Essi mostrano la loro discendenza da esso il Maestro.

Dalla parola che io ho detta non eccettuo alcuno — il rosso,


il bianco, il negro, tutto vien da Dio,
In ogni casa è l’ovulo, dopo migliaia di anni esso sguscerà.

Macchie e fenditure alle invetriate non mi danno noia;


L’alto e il sufficiente sta dietro esse e mi accenna;
Io leggo la promessa e pazientemente aspetto.

Questa è la faccia di un giglio pienamente cresciuto,


Essa parla all’uomo dall’ agile fianco, che sta presso al vallo del
giardino,
Vien qua, pieno di verecondia, grida, vieni- qua,' o uomo dal fianco
agile,

Stanimi al ato, finché, quanto io possa più alto, mi appoggi a te;

Ricolmami di miele albescente, chinati su me,


Stropiccia su me la tua riscaldante barba, stropicciala sul mio seno e

per le mie spalle.

5 .

Il vecchio viso della madre di molti tigli :

Zitto ! Io sono pienamente contento.

Cullato e lento il 'fumo del mattino del Primo dì (1)


Pende basso sulle file degli alberi accanto alle siepi,
E sta sospeso e leggiero sul sassofrasso, sull’ agriotta, sulle ram-
picanti snidaci (2).

(1) I.a domenica, chiamata dalla società degli Amici il primo dì.

(2) Cat-brier o Green brier — alcune specie di Smilax.


460 ir. HITMAN
\Y — FOGLIE DI ERBA

Vidi le ricche signore in pieno abbigliamento, alla soiiée,


Udii quello che i cantanti cantarono così a lungo,
Udii colui che sprizzò in rosea giovinezza dalla bianca spuma e
dall’acqua azzurra.

Guarda una donna !

Ella occhieggia fuor dalla sua cuffia da quacchero, il viso suo è


più puro e più bello del cielo.

Siede ella sur una sedia a bracci noli, sotto l’ombreggiato por-
tico della fattoria,
E il sole le manda la sua luce proprio sul vecchio capo canuto.

L’ampia sua gonna è di filo tinto in crema;


Furono suoi nipoti che coltivarono quel filo, furono
i le sue nipoti
che lo filarono alla conocchia e al filatoio.

Questo è il melodioso carattere della terra,


Il termine, oltre cui la filosofia non può nè desidera andare,
Perciò è la giustificata madre degli uomini.

Il mistico Trombettiere.

1 .

Odi ! Un selvaggio trombettiere, un musico strauo,


Aleggiando invisibile per l’aere, vibra capricciose note alla notte.

Io ti odo, o trombettiere: porgendo vigile l’orecchio, afferro le

tue note,
Ora fluenti ed or turbinanti come tempesta che mi avvolga,
Ora basse e sommesse, ora perdentisi in lontananza.

Fammi ti più da presso, o incorporeo. Forse in te risuoua


Qualche compositore molto : forse la tua vita pensosa
Fu piena di alte aspirazioni e d’ideali non formati ancora,
Ondate, oceani musicali, caoticamente vengono levandosi.
E tu, o estatico fantasma, stretto a me, li echeggi e squilli dalla
tua tromba:
DAL MERIGGIO ALLA MOTTE STELLATA 4tìl

Tu uou li dai ad altro orecchio, fuorché al mio, ma al mio li dai

liberamente,
Acciocché io possa tradurti in parole.

3 .

Squilla alto e distinto, o trombettiere; io ti seguo.


Mentre al tuo fluente, lieto e sereno preludio
Vaniscono l’affacendato mondo, le vie, le rumorose ore del giorno,
Santa una calma, come rugiada, discende su di me :

Cammino, nella fresca e refrigerante notte, le vie del Paradiso,


Odoro le erbe, l’umidore dell’aria e le rose :

11 tuo canto dilata l’animo mio carcerato e contratto, e tu mi li-

beri e slanci
A fluttuare, a soleggiare su pel lago del cielo.

4 .

Squilla, squilla, o trombettiere ! e innanzi ai miei sensibili


occhi
Reca le antiche pompe, mostrami il mondo feudale.

Quale incantesimo la tua musica opera 1 Mi fai passare innanzi


Dame e cavalieri da gran tempo morti : baroni e cavalieri sono
nelle sale dei loro castelli: i trovatori stanno cantando;
Cavalieri armati partono per raddrizzare ingiustizie; alcuni vanno
alla ricerca del santo Graal :

Vedo il torneamento, vedo i campioni chiusi nella grave armatura,


seduti su vigorosi campeggianti cavalli:
Odo le grida, il rimbombare dei colpi e dei percossi acciari;
Vedo tumultuosi eserciti dei crociati
i — odi come i eimbali risuo-
nano —
Ve’ dove i monaci procedono all' avanguardia, portando alta la
croce.

Squilla ancora, o trombettiere ! E per tuo tenia


Prendi ora il tema che abbraccia tutto e che tutto dissolve e ras-
soda :
462 ir. WIIITMAN FOGLIE DI ERBA

Amore, che di ogni cosa è battito, sostegno e pena,


Amore, che è tutto pel cuore dell’uomo e della donna.
Nessun altro tema, fuorché dell’amore, dell’amore che annoda, con-
tiene e fonde Insieme ogni cosa. .

Oh !
gl’immortali fantasimi che mi circondano !

Vedo l’immenso distillatorio che lavora sempre, vedo e riconosco


le fiamme che riscaldano il mondo,
L’ardore, il rossore, i palpitami cuori degli amanti,
Così felici e benedetti alcuni, e così ottenebrati e silenziosi, come
se presso a morire, altri.
Amore, che sulla terra è tutto per gli amanti amore, che sfida —
il tempo e lo spazio —
Amore, che è giorno e notte —
amore, che è sole, luna ed astri —
Amore, che è purpureo, lussureggiante, malato di profumo —
No, nessun’altra parola,- fuorché la. parola amore, nessun altro pen-
siero, fuorché il pensiero di amore.

6 .

Squilla ancora, o trombettiere ! Evocami YalVarmi della guerra :

Celere al tuo incantesimo un rombo, che mette i brividi, diffondesi


rotolando come un distante tuono;
Ve’ dove gli uomini armati si avacciano — ve’ tra le nubi di pol-
vere le baionette che balenano;
Veggo le facce annerite dei cannonieri, osservo, tra il fumo, il roseo
lampo, odo lo scoppietare dei moschetti.
Nè la guerra soltanto la tua terribile musica mi arreca; mi arreca
ogni spettacolo di terrore :

Vedo le gesta di briganti senza pietà e la rapina e 1’ assassinio —


odo le grida invocanti aiuto !

Vedo l’affondarsi dei vascelli, e scorgo sul ponte e sotto il piente

dei terribili quadri.

7.

Ti sovvenga pierò, o trombettiere, che sono io ristrumento che


tu sonasti;
Tu hai fuso il mio cuore e il mio cervello — tu li hai mossi, tra-
scinati, mutati a tuo piacimento;
DAL MERIGGIO ALLA NOTTE STELLATA 463

Ed ora le tue tristi note inviano entro me tenebre,


Tu hai strappato da me ogni luce più diletta, ogni speranza :

Veggo ridotti in iscliiavitù,


i sovercdiiati, maltrattati, gli i i op-
pressi della terra iutiera,
Sento la smisurata vergogna ed umiliazione della mia razza. Ciò
diventa tutto mio;
Ma mie saranno anche le vendette dell’umanità, le ingiustizie dei
secoli, lo scherno e gli odi feudali;

Profonda sconfitta si aggrava su me — tutto è perduto — vittorioso


è il nemico
(Nondimeno, immoto fino all’estremo, come colosso, l’Orgoglio tor-
reggia fra le mine,
E fino all’estremo, la resistenza e la risolutezza).

8 .

Ed ora, o trombettiere, per tua musica finale,


Concedimi un ritornello più alto degli altri :

Canta per l’anima mia, rinnova la' sua languente fede e speranza,
Suscita la mia pigra fede, dammi qualche visione del futuro,
Dammi, per una volta almeno, la sua profezia e la sua gioia.

O gioioso, o esultante, o culminante canto !

Piuceliè terreno vigore è nelle tue note :

Marce di vittoria — P uomo affrancato — lui, al fine, il conqui-


statore !

Inni al Dio universale dall’uomo universale ! Tutto è gioia !

Una rigenerata razza appare — un mondo perfetto. Tutto ò gioia !

Uomini e donne vivono in sapienza, innocenza, e salute ! Tutto è


gioia !

Baccanali di risa irrefrenate empiono tutto di gioia !

La guerra, il dolore, le sofferenze son morti — purificata è la lus-


sureggiante terra ! Nulla resta fuorché la gioia !

Colmasi di gioia l’oceano ! l’atmosfera è tutta gioia !

Gioia ! Gioia ! In libertà, in culto, in amore ! Nell’estasi della vita

è gioia !

Abbastanza è il solo esistere ! Abbastanza il respirare !

Gioia 1 Gioia ! Sovra ogni cosa è gioia !


464 W. HITMAX
\Y — FOGLIE DI ERBA

Ad una locomotiva, d’inverno.

A te il mio recitativo :

A te entro la turbinante tempesta così come ora, fra la neve, men-


tre die il giorno invernale si muore,
A te nella tua panoplia, nel tuo misurato duale ansare e nel tuo
battito convulsivo,
Al tuo nero corpo cilindrico, di rame aurato e di acciaio argenteo,
Alle tue pesatiti manovelle, alle sbarre parallele e connettenti, gi-
ranti e volanti come spole, dei fianchi,
Al tuo ansare e ruggire metrico, ora gonfiantesi, ora atìievoleutesi
nella distanza,
Al tuo grande sporgente fanale inchiodatoti in fronte,
Al tuo lungo, pallido, fluttuante pennone di vapore colorato in por-
pora gentile,
Alle dense, tenebrose nubi, eruttate dal tuo fumaiolo,
Alla tua compatta forma, alle tue eliche, alle tue valvole, al tre-
mulo balenìo delle tue rote,
Al tràino dei carri ubbidiente, e lietamente seguente,
Traverso la brezza e la calma, or celere or lento, e nondimeno ga-
gliardamente corrente.
O tipo del moderno — emblema di moto e di forza — battito del
continente,
Vieni per una volta a servir la mia Musa, immergiti nel mio ver-
so, proprio così come ora ti vedo
Entro la tempesta, con colpi di vento schiaffeggiati in sul viso e
con la cadente neve;
Di giorno, la tua ammonitrice rimbombante campana, suoni le tue
note,
Di notte, vibra i tuoi silenziosi segnali di lampade.

O bellezza dalla fiera strozza !

Rotola traverso i miei canti con la tua musica senza leggi, con le
tue vibranti lampade notturne,
Col tuo folle riso fischiato, echeggiante, rombante come terremoto
e destatore di ogni cosa :

O tu, legge completa di te stesso, tu che ti attieni salda alla tua


rotaia
(Tu non hai alcuna pietosa carezza di piangente arpa, nè leziosità
di piano),
DAL MERIGGIO ALLA SOTTE STELLATA 4ii5

E i tuoi trillati stridori sono echeggiati dagli scogli e dalle colline.


Quando ti slanci su per le praterie ampie, o traverso 1 laghi,
Ai liberi ed aperti cieli, lieta e forte.

O magnetico Sud.

O magnetico Sud ! <> risplendente profumato Sud ! O mio Sud !

O agile foga, sangue ricco, impulso ed amore! Bene e male! Oh!


tutto a me caro !

Caro a me le cose dei lochi nativi — tutte le cose semoventi e gli


alberi tra cui nacqui — i grani, le piante, i tinnii;

Cari a me i miei lenti infingardi fiumi, dove essi scorrono, distan-


ti, sovra distese di argentee sabbie, o traverso pantani,
Caro a me il Koauoke, il Su vanitali, l’Altainahaw, il Pedee, il Tom-
bigbee, il Said.cc, il Coosa e il Sabine.
Ramingando io, lontano, ritorno •
pensoso con l’anima a frequen-
tare le loro sponde novellamente,
Novellamente nella Florida galleggio sui laghi trasparenti, e gal-
leggio snll’Okeeehobee, e attraverso la terra spessa di colli, o le piace-
voli radure, o le foreste fitte;
Vedo i pappagalli nei boschi, vedo l’albero Papaia (1) e il Tifi (2),

dalla gaietta pelle;


Novellamente sul ponte del mio costiero, costeggio da lungi la Geor-

gia e le Caroline,
Vedo dove la quercia semine verde cresce, vedo dove il pino giallo,
l'olezzante lauro marino, il limone e l’arancio, il cipresso e il gra-
zioso palmetto (3) crescono,
Passo i rudi scogli marini, ed entro nel Pamlico (4) e dardeggio
la mia visione all’interno.
Oh ! le piantagioni di cotone •!
Oh ! i campi floridi di riso, di zuc-
chero, di canape !

Oh ! il cacto difeso dagli spini, P albero di alloro dai grandi fiori


bianchi,

(1) Papa iv-true albero : dall’.America tropicale, appartenente all'ordine delle Passi-
jloreae.
(2) l'iti o tee-tee, specie di scinda ( Callithrix ).
(3i Così nel testo (palmito) diminutivo di pallini.

(4) Passaggio di mare detto Pamlico Sound, lungo 75 miglia, largo 20.

W. WH1TMAN. — Foglie di erba. 30


4156 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

La catena dei monti da lungi, la fecondità e la sterilità e i vecchi


boschi carichi di vischio c di ondeggiante muschio.
Oh! l’odore c l’ombra fosca dei boschi di pino, la misteriosa quiete
della natura! (qui, in questi densi pantani, il filibustiere porta il suo

fucile, e il fuggiasco lia la sua nascosa capanna.)


Oh ! il fascino strano di questi pantani mezzo sconosciuti, mezzo
inguadabili, infestati da rettili, risonanti del muggito dell’alligatore,
del triste fischio del gufo notturno, del miagolio del gatto selvatico
e del crepitìo del serpente a sonagli;
Qui l’uccello beffeggiatore, il mimo Americano, che canta tutto il

mattino, clic canta lungo le notti illuminate dalla luna,

Qui l’uccello ronzante (1), il tacchino selvatico, il raccoun (2) 1' o-


posso (3).

Oh ! i campi di frumento del Kentucliy, l’alto e grazioso frumento


dalle foglie lunghe, snello, frusciante, lucente di verde, con ciufii e

belle spighe, ciascuna bene inguauiata nel suo guscio !

O cuor mio! O pene fiere e dolci, cui io non so reggere, io partirò:

Oli ! essere un Yirginiano ! Oh ! essere un Caroliniano !

O brame irreprimibili Oh! ! io andrò indietro, al vecchio Tennessee,


e non ramingherò più mai.

Mannahatta.

Io andava cercando qualche cosa di speciale di perfetto per la

mia città,

Quand’ecco, scattò fuori il nome aborigeno.

Ora vedo che vi è un nome, una parola, liquida, sana, fuor di


ogni regola, musicale, sufficiente di per sè,

Vedo che la parola della mia città è la parola di antichi tempi.


Perchè vedo questa parola annidata nei nidi delle acque delle baie
ora che superba la mia città,

È ricca, coronata, lia d’ogni intorno navi a vela, piroscafi, un’ i-

sola, lunga sedici miglia e solida di fondamenta,

(1) Ogni uccello della famiglia dei Trochilidae.


(2) Ilaccoon, della famiglia degli orsi Procyon lotor). (

(3) Oposmìn. Ogni marsupiale Americano del genere Didelphys e Chironectcs.


DAL MERIGGIO ALLA MOTTE STELLATA 467

E strade innumerevoli affollate, alte costruzioni in ferro, slanciate,


forti, leggiere, splendidamente elevantisi verso i cieli sereni,
E maree ampie e celeri al tramonto, così care a me,
E rapide correnti marine e piccole isole, e isole più grandi ricon-
giunte, e alture e ville,
E innumeri alberi di navi, bianchi piroscafi ripuari, barche da sca-
rico, ferry boats, neri piroscafi (l’alto mare ben modellati,
E strade nella città bassa, e case di affari per i sensali, case di af-
fari per i mercanti di navi, per i banchieri e strade sulla marina,
E immigranti che arrivano, quindici o ventimila iu una settimana.
Oh ! i carri carichi di merci, oh ! la virile razza dei conduttori di
cavalli, le brune facce dei marinai,
L’aria estiva, il fiammante sole splendente, le nubi veleggianti in
alto,

Le nevi invernali, le campanelle «lei traini, il ghiaccio spezzato


sulla corrente, che passa e ripassa col flusso e riflusso,
I meccanici della città, i capi d’arte dalle belle forme, belli di viso,
che fi guardano diritto in su gli occhi,

I marciapiedi affollati, i veicoli, Broadway, le donne, i negozi, le


vetrine,
Ed un milione di popolo — maniere libere e superbe — voci chiare
ospitalità — i più coraggiosi ed amichevoli uomini.
Oh ! città di acque rapide e lucenti ! Città di pinnacoli e di al-

beri maestri !

Città annidata nelle baie ! Città mia !

Tutto è verità.

Ahimè l’uomo di scarsa fede ch’io


! fui, così a luugo,
Che mi stetti appartato, negando questo o quello, così a luugo;
Solo oggi sono consapevole della compatta verità, diffusa su tutto,
E scopro oggi, che non vi è menzogna, o forma di menzogna, e
che non ve ne può essere; ma che essa cresce su se stessa così iue-
vitabilmente come la verità su se stessa,
O come qualsiasi legge della terra, o come qualsiasi prodotto della
terra usa
(Questo è curioso e può forse non essere inteso immediatamente,
ma dovrà essere inteso,
468 ir. WHITMAN — FOGLIE DI ELBA

Io sento die io rappresento in ine la falsità egualmente olio ogni


altra cosa,
E die l'universo l’a il somigliante).
Dove mai è mancato un perfetto ritorno sia di falsità, sia «li verità?
Sulla terra, nell’acqua, o nel fuoco ? o nello spirito dell’ uomo i o
nel cibo e nel sangue ?

Meditando fra mezzo bugiardi, e raccogliendomi gagliardamente


i

in me stesso, io vedo che, realmente, non vi ha bugiardi o bugie,


dopo tutto,
E che nulla manca dei suoi perfetti ritorni e che «incile i-lie son
dette bugie sono ritorni perfetti,
E che ciascuna costi rappresenta se stessa e quello che 1’ ha pre-
ceduta.,

E che la verità abbracciti ogni cosa ed è compatta, proprio come


<> compatto lo spazio,

E che non èvvi spacco o vuoto nel complesso della verità — ma


clic tutto, senza eccezione, «'•
verità:
Onde di «itti innanzi, io andrà celebrando ogni costi che io vegga,
o che io mi sia,

E vo’ cantare e ridere, e non rinnegare alcuna cosa.

Un canto enigma.

Quello che elude questi versi e tutti i versi,

Che non è colto da alcun orecchio acuto, non rispecchiato dal più
limpido occhio o dal più sottile spirito,
Che non è fama, non erudizione, non felicità, non ricchezza,
E nondimeno è il battito incessante di ogni cuore e di ogni vita
che sia al mondo,
A cui io e tu e tutti agogniamo sempre e che non raggiungiamo
mai,
Che è aperto a tutti, ma è sempre un secreto, che è il reale del

reale ed è un’illusione,
Che è senza valore e che pur tutti comprano, sebbene nessuno lo

]
io ssegga mai,
Che invano tentano poeti i di porre in rima, e gli storici in prosa,
Che non mai fu scolpito da scultore, nè da pittore dipinto.
DAL MERIGGIO ALIA MOTTE STELLATA 46H

Che non mai i cantanti cantarono, nè gli oratori o attori pronun-


ziarono,
Questo io invoco, qui, ora, come a sfida, nel mio canto.

In mezzo al pubblico, nei ritrovi privati, nella solitudine.


Dietro le montagne e i boschi.
Compagno nelle più affaccendate vie della città o nell’ assemblee.
Dovunque, esso e le sue radiazioni costantemente s’insinuano.

Nei ricci dei leggiadri ed inconsci fanciulli,


Ovvero, stranamente, accanto al morto posto sulla bara,
O nello spettacolo dell’alba sorgente, o degli astri della notte,
Come una tenue ed evanescente tela di sogni,
Aleggia e si asconde.

Due piccioli sotti di parole lo contengono,


Due parole sole; pur tutte cose, dalla prima all’ultima, sono con-
tenute in esso.
Con che ardore si cerca !

Quante navi veleggiarono ed affondarono per esso !

Quanti viaggiatori lasciarono per esso le lor case e non tornarono


più I

Quanto genio fu francamente speso e consumato per esso !

Quale quantitàdi bellezza e di amore si gettò per esso alla ven-


tura !

Come ad esso possono riferirsi, da che il Tempo incominciò, le pili

superbe gestii ! — così sarà finché il Tempo finisca !

Come ad esso furono consacrati tutti gli eroici martìri 1

Come son giustificati da esso gli orrori, i delitti, le battaglie della

terra !

Come ha attratto, in ogni tempo e in ogni terra, gli occhi degli


nomini l’affascinante e carezzevole sua fiamma !

Ricco è esso, come un tramonto sulle coste, sul cielo, sulle isole,

e sui clivi della Norvegia,


O come le splendenti luci, inarrivabili e silenziose, delle mezze-
notti settentrionali.
Esso è l’enigma di Dio, tanto vago e pur tanto certo :

L’anima è per esso, e tutto il visibile universo è per esso,


E all’ultimo, anche il cielo è per esso.
470 ir. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Excelsior !

Olii è colui che è proceduto più innanzi ? Perchè io vorrei proce-


dere più innanzi ancora.
E chi è stato giusto ? Perchè io vorrei essere la persona più giusta
della terra.
E chi il più cauto ? Perchè io vorrei essere il più cauto di tutti.
E chi fu mai il più felice? Oli cotesto sono io — perchè io «redo
che nessuno sia stato più felice di ine.

Chi prodigò tutto il suo ? Perchè io prodigo costantemente il me-


glio ch’io ho.
Chi il più orgoglioso ? Perchè io credo di essere il più orgoglioso
dei viventi — perchè sono tiglio della città gagliarda e turrita.
E chi è stato franco e verace ? Perchè io vorrei essere il più franco
e il più verace degli esseri dell’universo.
E chi benèvolo ? Perchè io vorrei mostrare più benevolenza che
tutti gli altri.

E chi è che ha goduto l’amore di maggior numero di amici ? Per-


che io lo so che cosa è godere il passionato amore di molti amici.
E chi possiede un corpo di più perfezione ed amore ? Perchè ionon
credo che altri possegga un corpo di più perfezione o di più amore
del mio.
E chi è che pensa i più ampi pensieri? Perchè io vorrei abbrac-
ciare questi pensieri.
E chi lui composto inni convenienti alla terra ? Perchè me divora
pazzamente l’estasi di fare inni gioiosi per la terra intiera.

Oh, Voi, povertà, fughe e ritirate tristi.

Oli ! voi, povertà, fughe e ritirate tristi,


Oh ! voi, nemici, che in conflitto mi avete soverchiato
(Perchè, che altro è la vita mia ed ogni altra vita se non un con-
flitto con nemici, se non l’antica e incessante guerra?).
O lotte appassionate e piene di desideri, o voi, umiliazioni.
O bruciori di amicizie non sodisfatte (oh !
queste sono le feriti-

più dolenti di tutte),


O fatiche di pene, di articolazioni, di parlari repressi, di bassezze,
O vacui parlari da mensa (la mia lingua è più vacua di tutte),
DAL MERIGGIO ALLA NOTTE STELLATA 471

O risoluzioni infralite, o rabbiose collere, o opprimenti noie.


Io penso che non voi avrete il trionfo tinaie; l’essere mio reale ha
da venir fuori ancora,
Ed è esso clic, marcerà innanzi signoreggiando; tinche tutto giaccia
sotto ine,
Ed esso rimanga diritto, isso il soldato della vittoria tinaie.

Pensieri.

Pensieri della opinione pubblica :

Ui un calmo e freddo decreto, precoce o tardivo (oh 1 come im-


passibile ! come sicuro e definitivo !)

Del Presidente, che con viso pallido va chiedendo a sè stesso : (.'he

cosa, in fine, dirà il Popolo ?

Del Giudice frivolo — del Deputato, del Governatore, ilei inaiar

corrotti — di simil gente insomma, senza aiuti ed esposti:


Dei preti mormoranti e strillanti (presto, presto saranno disertati);
Del diminuire, anno per anno, delle venerabilità, degli apotegmi,
degli ufficiali, degli statuti, dei pulpiti e delle scuole;
Del sorgere sempre più alto e più forte e più ampio delle intui-
zioni degli uomini e delle donne, e della Stima di sè e della propria
Personalità;
Del verace Nuovo Mondo — delle De noerazie risplendenti en masse',
Della uniformità delle politiche, degli eserciti e delle armate;
Del sole clie risplende da tutte coteste cose, della luce loro inerente,
più grande che il resto,
Dell’essere abbracciato tutto ila esse, e dell’ effondersi del tutto da
esse.

Mediums.

Essi sorgeranno negli Stati,


Riaddurranno Natura, leggi, fisiologia e felicità,
Illustreranno la Democrazia e il cosmo,
Spanderanno alimento, amore, intelligenza,
Saranno uomini e donne completi; 1’ atteggiamento loro sarà ga-
gliardo ed agile, l’acqua sarà la bevanda loro, e il loro sangue sarà
puro e sano;
472 ir. ir HITMAN — FOGLIE DI ERBA

Godranno con pienezza le materialità e la vista dei prodotti, go-


dranno della vista del l>ove, del grano, del flore e della farina di
Chicago, la gran città:
Si educheranno per comparire in pubblico come oratori ed oratrici:
La loro lingua sarà gagliarda e soave, poemi e materia di poemi
diventeranno le vite loro, saranno creatori e inventori;
Da essi e dalle opere loro emergeranno divini apostoli, per appor-
tare vangeli;
Caratteri, eventi, esami retrospettivi saranno raccolti in evangeli :

gli alberi, gli animali, le acque,


La morte, il futuro, la sede invisibile, tutto vi sarà raccolto.

Tessi, o ardimentosa mia vita.

Tessi, tessi, o ardimentosa mia vita,


Tessi ancora un soldato forte e completo, per le grandi campagne
avvenire,
Infossivi dentro sangue rosso, tessivi dentro muscoli come funi, e
i sensi e la vista;
Tessi opera che duri sicura, tessi dì e notte ordito e trama, tessi
incessantemente, non istaurarti mai
(Noi ignoriamo qual ne sarà l’uso, o vita, nè sappiamo lo scopo,
nè il fine, nè altra cosa sappiamo,
Ma sappiamo che l’opera procede, che il bisogno, che le marce mor-
tali così della pace come della guerra procedono e procederanno).
Grandi campagne di pace proprio come con fili metallici son da
tessere.
Non sappiamo la causa o il fine di esse, nondimeno tessi, tessi

sempre.

Spagna nel 1873-74.

Fuor del tenebrore di pesanti nuvoli.


Fuor dei naufragi feudali, e degli ammonticchiati scheletri dei re.
Fuor di quella vecchia Europa, mucchio di rovine, di frantumi, di
buffonerie ipocrite,
Fuor delle cattedrali in mina, del tritume dei palazzi, delle tombe
dei preti,
DAL MERIGGIO ALIA MOTTE STELLATA 47 !

Ecco le freseli e e ciliare fattezze della Libertà appaiono — l’usata


faccia immortale appare
(Un barlume, come della faccia della madre tua, o Columbia,
Un lampo significativo come di spada
Che raggi verso te).
Xon pensare che noi si dimentichi te, o madre;
Hai tardato tanto ? Si ammucchieranno le nubi ancora su te I

Ah ! ma tu stessa, ci sei apparsa ora — noi ti conosciamo ora;


Tu ci hai dato una prova sicura di te, ci hai mostro una fugace
vista della tua faccia;
Tu aspettasti, come ogni altra cosa, il tuo tempo.

Sull'ampia sponda del Potomac.

Sull'ampia sponda del Potomac, di nuovo risuoni tu, o vecchia lingua i

(Gridi sempre tu. parli sempre tu, non puoi tu smétterlo cotesto
ciarlìo ?)

Di nuovo tu, vecchio cuore, così gaio; di nuovo a voi e ai vostri


sensi il flusso primaverile ritorna pienamente,
Di nuovo la freschezza e gli odori, di nuovo T estivo cielo della
Virginia, tralucente di azzurro e di argento,
Di nuovo i purpurei mattini sulle colline,
Di nuovo l’immortale erba così tacitamente verde e molle,

Di nuovo le fiorenti rose, rosse come sangue.

Profumate questo mio libro, o rose, rosse come sangue !

Lavane con le tue acque ogni riga, o Potomac !

Dammi qualcosa di te da porre fra le sue pagine, o piimavera,


prima che io la chiuda !

Oh ! qualcosa di voi, o purpurei mattini delle colline, prima che io


lo chiuda !

Oli! qualcosa di te, o erba immortale!



471 ir. \YHITMA X — FOGLIE DI ERBA

Dai lontani Canons di Dakota.


25 Giugno IS7G.

Dai lontani Canons di Dakota,


Terre dei selvaggi burroni — il fosco Sioux, le distese solitarie, il

silenzio
Forse oggi risonerà un funebre gemito, forse una nota di tromba
per gli eroi.

Il bollettino della battaglia :

L'imboscata Indiana, l’astuzia, T accerchi amento fatale,


Le compagnie ili cavalleria combattenti tino all’ estremo col più
gagliardo eroismo :

In mezzo al loro piccolo cerchio, cui i corpi degli uccisi cavalli


sono di parapetto,
Cadono Custer (1) e tutti i suoi ufficiali e soldati.

Continua ancora la vecchia, la vecchia leggenda di nostra


razza,
Il più sublime delia vita è sventolato dalla morte,
La vecchia bandiera è perfettamente tenuta alta;
O lezione opportuna, eli ! come ti do il benvenuto !

Mentre che seggo in questi dì tristi


aguzzando gli occhi fra le tenebre
Solitario, crucciato, del tempo,
per cogliere invano un raggio di luce, una speranza,
Da parti non sospettate, una prova fiera e istantanea
(Il sole è qui, nel centro, sebbene ascoso,
L’elettrica vita è sempre al centro),
Un abbagliante lampo scatta.

O tu dalla bruna finente chioma, in mezzo alla battaglia,

Testé io ti vidi con la testa eretta spingerti sulla fronte, con


una lucente spada in mano.
Tu termini bene con la tua morte, ora, la splendida febbre delle
tue gesta

(1) Custer George Armstrong. Generale americano, !S39-iG.


DAL MERIGGIO ALLA NOTTE STELLATA 475

(Non canto funebre io ti arreco, io ti arreco un lieto trionfale so-


netto),
Tu disperato e glorioso, sì, più disperato nella disfatta e più glo-
rioso.
Tu, dopo le tue molte battaglie, tu clic non cedesti mai un can-
none o una bandiera,
Lasciando di te ai tuoi soldati una dolce memoria.
Tu ora liai ceduto te stesso.

Vecchi sogni di guerra.

Nel sonuo di mezza notte molti visi di angoscia io sogno :

Da prima sembianze di feriti mortalmente (quali sembianze inde-


scrivibili !),

Poi di morti, giacenti sul loro dorso, con le braccia distese,


Io sogno, io sogno, io sogno.

Di spettacoli di Natura, di campi e di montagne,


Di cieli così belli dopo la tempesta, e, a notte, della luna, così spi-
ritualmente lucente,
Splendente soavemente, invanite i suoi raggi giù dove noi si sca-
vava le trincee, o ammucchiavamo i terrapieni,
Io sogno, io sogno, io sogno.

Da assai tempo sono passati via facce, trincee e accampamenti.


In cui, traverso il macello, io mi moveva con cuore incallito, o
scappavo dai caduti :

Inuauzi talora mi affrettavo — ma ora, a notte, le loro forme


Io sogno, io sogno, io sogno.

O Emberiza dalle penne di variato colore.

O Emberiza dai variati colori (1) O bandiera ! 1 di astri !

Ancor lunga è la tua via, o bandiera piena, di fati — lunga è an-


cora la tua via, e fiancheggiata da sangue e da morti.

(1) Bunting — Emberiza Sarebbe una specie (li fringuello dalle penne variamente
colorate.
476 T!
r
. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Ma il premio die io vedo al tuo arrivo, a capo della via, è il

mondo,
Tutte le sue navi e sponde io vedo intrecciate con i tuoi fili, o
vorace bandiera.
Sognasi ancora che pompeggino senza rivali le bandiere dei re
meglio nati ?

Oh ! affrèttati, o bandiera dell’umanità - — con sicuro e saldo piede


sorpassa le più alte bandiere dei re,
Alzati suprema fra tutte, ai cieli, o potente simbolo, corri al di
sopra di tutte le altre,

O bandiera di astri ! O Emberiza dai variati colori !

Il meglio ch’io vedo in te.

(ad U. S. G. tomolo dot suo (prò attorno al mondo)

Il meglio che io vedo in te,


Non è che tu camminasti le grandi vie della Storia.
Sempre incontaminato dagli spari guerrieri e dal lmglior della vit-
toria,
Nè che tu sedesti, dove Washington sedette, e governasti il paese
in pace,
O che tu fosti l’uomo, cui l’Europa fendale festeggiò, e attorno a

cui la venerabile Asia affollossi,


O che, ad ugual passo con i re camminasti la passeggiata attorno
al mondo;
11 meglio che io vedo in te è che nelle regioni straniere, in tutte
le tue passeggiate in compagnia dei re,
Queste sovrane praterie dall’Ovest, del Kansas, del Missouri, dell' Il-

linois,

E con esse i milioni dell’Indiana e dell’Oliio, i camerati, i coloni,


i soldati, tutti alla pari con te,

Invisibilmente teco, passeggiarono ad ugual passo con i re la pas-


seggiata attorno al mondo,
E furono tutti in questo modo giustificati.
D AL MERIGGIO ALLA MOTTE STELLATA 477

Spirito che creasti questa scena.

Scritto in riatte Canon, Culorado.

0 Spirito olle creassi questa scena,


(Queste ruiuanti cataste di rocce, orride e rosse,
Questi negletti picclii, ambiziosi del cielo,
Queste gole, queste correuti limpide e turbinose, questa nuda Ire-
scura,
Queste selvagge linee, senza forma per ragioni lor proprie,
Io ti riconosco, o spirito selvaggio. Noi abbiamo assai di comune:

Chè anche le mie linee sono cosi selvagge per ragioni lor proprie.
Sono incolpati i miei canti di aver dimenticato l’arte?
Di aver dimenticato di fondere in sè le regole precise e la delica-
tezza ?

E le misurate battute del lirico e la grazia del tempio limato e ri-

limato, e le colonne e l’arco polito ?

Ma te che ti riveli qui — o spirito che bai creato questa scena —


Te essi non hanno dimenticato.

Mentre che passo questi ampi, maestosi giorni.

Mentre che passo questi ampi, maestosi giorni di pace


(Perchè la guerra, la lotta sanguinosa è finita, o terrifico Ideale,
E tu, avendo, dovunque, gloriosamente vinto,
Tu, ora, procedi innanzi, e ancor forse in tempo, a guerre più
dense,
Pei incaggiarti, forse in tempo, in piìi terribili contese e perigli,
E in campagne e crisi più lunghe, in travagli che sorpasseranno gli
altri tutti),

Intorno a me odo questo chiasso del mondo, delle politiche, delle


produzioni,
(iliannunci di cose riconosciute, moniti della scienza,
i

E l’approvato progredire delle città, e l’ampliarsi delle invenzioni.

Vedo le navi (esse non dureranno che pochi anni),


Vedo le fattorie vaste con i loro capi e loro operai, i

Odo l’indiiizzo di tutto cotesto e non fo a questo obiezioni.


4(8 W. IVHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ma anch’io annunzio cose solide :

Scienza., navi, politiche, città, fattorie non sono un nulla;


Esse muovono come una grande processione, che si svolga al suono
di trombe lontane, e proceda trionfalmente, spingendo a qualche cosa
di più grande già in vista,
E proclamando le realtà — Tutto è come dovrebbe essere.

Ma vi sono le realtà mie :

Qual cosa e così reale come le line realtà !

La libertà e la divina medianità degli nomini, la libertà per ogni


schiavo che è sulla faccia della terra,
Le estatiche promesse dei profetici veggenti, il mondo spirituale,
questi canti duraturi per secoli,
E le visioni nostre, le visioni dei poeti, che sono i più solidi an-
nunci di tutti.

Una limpida mezzanotte.

L’ora tua è questa, o anima; l’ora del tuo libero volo entro
il mondo senza parole,
Via dai libri, via dall’arte, or che il giorno è chiuso e la lezione

è finita;
Te che ora emergi pienamente, silenziosi, guardano ponderando i

temi che meglio amasti


La notte, il sonno, la morte e gli astri.
CANTI DELLA PARTENZA.

Or che il tempo si avvicina.

Or elle il tempo, come nube fosca, si avvicina,


Uno spavento che trascende la mia conoscenza mi ottenebra.

Io andrò via,
Traverserò gli .Stati, ma non posso dire dove e in qual tempo;
Forse presto, qualche dì o notte, mentre che sto cantando, la mia
voce improvvisamente si tacerà.

O libro, o canti ! lieve dunque ogni cosa riuscire a nuli’ altro


che a questo ?

Dobbiamo noi semplicemente arrivare a questo nostro incomincia-


mento ? E nondimeno questo è sufficiente, e anima;
O anima, noi siamo effettivamente apparsi — e questo è sufficiente.

Anni del moderno.

Anni del moderno ! Anni dell’increato !

Il vostro orizzonte si leva, io lo veggo in sul dipartirmi per più


augustidrammi :

Vedo non solo l’America, non solo la Nazione della Libertà, ma


anco le altre nazioni che si preparano,

— 479 —
480 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Vedo le terribili entrate ed uscite, le nuore combinazioni, la soli-


darietà delle razze,
Vedo questa forza che si avanza con potere irresistibile sul teatro
del mondo
(Hanno le vecchie forze, le vecchie guerre finito le loro parti f Sono
finiti gli atti che loro si convenivano f).

Vedo la Libertà, completamente armata, vittoriosa, superba, conia


Legge da un lato e con la Pace dall’altro,
Una stupenda Trinità che marcia contro l’idea di casta.
A quali storiche catastrofi ci stiamo avvicinando così rapidamente ?

Vedo milioni di uomini agitarsi rapidi in maree e contromarce.


Vedo le frontiere e i confini delle vecchie aristocrazie spezzati,
Vedo rimossi i termini posti dai re di Europa,
Vedo, in questo dì, i popoli porre i termini loro (divelti gli altri

tutti).

Non mai si proposero, come oggi, così aspre questioni,


Non mai la medianità degli uomini e l’anima loro furono più energi-
che, più simili a Dio,
Guarda, come l’uomo incalza e incalza, e non concede alle molti-

tudini requie !

Sul mare, sulla terra, ovunque, va il suo piede audace, e colo-


nizza il Pacifico, e gli arcipelaghi,
Va con i piroscafi, col telegrafo elettrico, col giornale, con tutte le
macchine da guerra,
E con questo e con le fattorie, die distendonsi per l’ampio mondo,
egli conginnge le geografie tutte e tutte le terre.

Quali susurri son questi, o terre, che odonsi correre innanzi a voi
e passano sotto i mari f

Sono a colloquio tutte le nazioni ì Sta per diventare un solo il

cm re del globo f
Si viene l’umanità formando tn maxae'? Perchè su. tremate, o ti-

ranni. impallidite, o corone,


La terra affronta ostinata un’era nuova, forse una generale guerra
divina :

Nessuno sa. quel che domani avverrà, così grandi sono i portenti
che empiono di sè i giorni e le notti.
0 anni profetici ! Lo spazio innanzi a me, mentre cammino, men-
tre mi provo a scrutarlo, è tutto pieno di fantasime;

Fatti non ancor nati, cose che presto saranno proiettano le loro

forme e mi circondano.
CANTI DELLA PARTENZA 481

Oh! questo incredibile incalzare e ardore, questa strana ed estatica


febbre di sogni, o anni !

Come profondi o anni, penetrano in me i vostri sogni ! (Io non so


se io dorma o vegli.)
L’America e 1’ Europa già formate vaniscono ritirandosi dietro
me, nella tenebra,
E il non formato ancora, più gigantesco che mai, si avanza ed
avanza sopra di me.

Ceneri di soldati.

Ceneri dei nostri soldati del Nord e del Sud,


Mentre che io vo fantasticando sui tempi trascorsi mormorando nel
mio pensiero un canto,
Rivive la guerra di nuovo, di nuovo risorgono le vostre forme,
Di nuovo riprendono ad avanzarsi gli eserciti.

Silenziosi come nebbia e vapori,


Montando dalle loro tombe alle trincee,
Dai cimiteri tutti, sparsi per la Virginia e pel Tennesee,
E da ogni [muto del quadrante sorgendo dalle innumeri tombe,
Ecco, in commosse nubi, in miriadi infinite, a squadre di due, di tre,

o isolati giungono
E silenziosi raccolgonsi a me d'intorno.

Non sonate alcuna nota, o trombettieri;


Non io sto alla testa dei miei cavalieri in rassegna su infiammati
cavalli,
Con le sciabole sguainate e lucenti, e con le carabine alle lor co-

sce. (Oh miei valorosi cavalieri


! i !

Oh ! i miei cavalieri dalle facce aduste ! Qual vita, qual gioia,


quale orgoglio,
Erano i vostri in mezzo a tutti i pericoli vostri !)

Nè voi, o tamburini, sonate la sveglia all’alba,


Nè il lungo rullo dell’fl/Z’armi nell’accampamento, nè le sorde bat-
tute del funerale;
Nulla voglio da voi in questo momento, o tamburini, che riadduca
la memoria dei tamburi di guerra.
\Y . AVhitman. — Foglie eli erba. 31
-1X2 ir. WI1ITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ma lontano io da questo, dai mercati della ricchezza e dagli affol-


lati passeggi,

Accolti intorno a me, stretti a me, invisibili a tutti, e senza voce.


Risorgano e rivivano gli uccisi, rivivano la polvere e le membra
infrante,
E si elevi questo canto della mia anima silenziosa, in nome di tutti
i morti soldati.

Pallidi visi con occhi meravigliosi, e così diletti, affollatevi


più stretti a ine,

Stringetevi a me ancor più, ma non dite parola.

O fantasmi di perduti innumeri,


invisibili a tutti, diventate, quind’innanzi, i miei compagni.

Seguitemi sempre — non mi abbandonate più, mentre che vivo.

Dolci sono le fiorenti guance dei vivi — dolci sono le musicali


voci che cantano,
Ma dolci oh ! dolci sono anche i morti coi loro occhi silenti.

Camerati diletti, tutto è passato, e da gran tempo tutto è


morto,
Ma non è passato l’arnor mio. E quale amore, o camerati !

Un profumo che surse dai campi di battaglia, sprigionatosi fuor


del loro lezzume.

Profuma il mio canto, tu, o amore, o amore immortale,


Fa che io bagni di te la memoria di tutti i soldati morti:
Avvolgili, gPimbalsama, ricoprili tutti del tuo tenero orgoglio.

Profumali tutti — fa’ salubre ogni cosa,


Fa’ che queste ceneri nutrano e fioriscano,
Disciogli tutto, o amore, fa’ fruttificar tutto con la tua chimica finale.

Fa’ che io divenga inesauribile, fammi un fonte vivo.


E che, dovunque vada, io sgorghi amore come umida rugiada pe-
renne
Sulle ceneri di tutti i morti soldati del Sud e del Nord.
CANTI DELLA PARTENZA 483

Pensieri.

l.

Di questi anni io canto,

Come essi trascorrono e soli trascorsi, traverso convulse doglie e


traverso nascimenti,
Come l’America illustra nascite, gioventù muscolare, la sua pro-
messa, l’adempimento sicuro, il successo assoluto: come, a dispetto di
certa gente, illustra il male così come il bene,

E la violenta lotta così feroce per la sua unità;


Come sono ancor tanti clic disperatamente appigliansi ai modelli
dipartiti, alla casta, ai miti, all’ubbidienza, alla violenza, e all’infe-
deltà,
Come pochi veggono i modelli che sono arrivati, gli atleti, gli Stati

Occidentali, e come pochi veggono la libertà, la spiritualità o cre-


dono nei risultati
(Ma ben io veggo gli atleti e veggo i risultati della guerra glo-
riosa e inevitabile, e che essi stanno guidando ad altri risultati).

Penso come appaiono le grandi città — come le masse Demo-


cratiche, turbolenti, superbe — così come io le amo —
Come il turbine, le contese, le lotte fra il bene ed il male, riso-

nanti c risonanti continuano sempre il loro cammino,


Come la società, ancora informe, aspetta stando tra quello che
finisce e quello che comincia,
Come l’America è il continente delle glorie e dei trionfi della li-

bertà e delle Democrazie, e dei frutti della civiltà e di tutto quello


che è cominciato,
Come gli Stati sono compleii in se — e come tutti i loro trionfi e
glorie sono completi per guidare avanti,
E come queste mie cose e quelle degli Stati saranno a lor volta
sconvolte e serviranno ad altri nascimenti e transizioni,
E come il popolo tutto, le mire, le combinazioni e anche le masse
democratiche servono —e come ogni fatto e la guerra stessa, con
tutti i suoi orrori, servono,
E come, ora e sempre, ogni cosa serve io squisito passaggio alla
morte.
484 TF. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

2.

E penso ai semi che cadono sulla terra e alle nascite a cui


danno l’aìre,

Al gagliardo concentrarsi dell’America nell’interno, e su, su alle ine-


spugnabili e numerose città,
A quello che l’Indiana, il Kentucky, 1’ Arkansas e il resto diven-
teranno,
A quello che fra un pò di anni si mostrerà nel Nebraska, nel Colo-
rado, nella Nevada e nel resto
(Ovvero più lontano, rimontando il Pacifico settentrionale tino a
Sitka o ad Aliaska).
Penso di quello che sta preparando e perchè il fogliame dell’America,
e che cosa sono e per che cosa i panorami tutti del Nord, del Sud.
dell’Est c dell’Ovest;
Penso di questa Unione, saldata col sangue, del solenne prezzo pa-
gato, delle oscure perdite sempre presenti alla mia anima,
Del temporaneo uso di materiali per amore d’identità,
Del presente, di ciò che passa, di ciò che si diparte — della futura
nomini più completi di
fiorita di ora,
Di tutte le colline, accanto a cui il liberale, fresco e paterno dona-
tore, il Mississipi, scorre,
Delle possenti città interne, non ancora uldquate e che nessuno
ancora sospetta,
Dei loro nomi nuovi e buoni, dei moderni progressi, dell’inaliena-
bile inviolabilità della casa,
Di una vita originale e libera, di una dieta semplice e sana, e di
un dolce sangue;
Della flessibilità delle membra, dei visi maestosi, degli occhi lucenti,
del fisico perfetto,
E degl’immensi risultati spirituali negli anni futuri nel lontano
Ovest;
E penso a questi canti che saranno pienamente intesi colà (poiché per
quella plaga furono composti),
Del nativo pudore, della grossolanità e dei guadagni.
(Oh ! questo sta in aguato, dì e notte, in me — e dopo tutto, qual
guadagno si ha della vita selvaggia e libera ?)

CASTI DELLA PARTENZA 485

Canto sul tramonto.

Splendore di un giorno finito che, fluttuando, di te mi riempi,


Profetica ora, ora che riassumi il passato,
E gonfi la mia gola; e te, o medianità divina,
E voi, o vita e terra, finché l’ultimo raggio splende, io canto.

La dischiusa bocca dell’anima mia versi letizia,


Gli occhi della mia anima vedano la perfezione,
Fedelmente lodi le cose la mia naturai vita,
E delle cose afforzi sempre il trionfo.

Magnificente è ogni cosa !

Magnificente quello che nomiamo spazio — sfca d’innumeri spiriti

Magnificente il mistero della mozione in tutti gli esseri — anche


dei più minuscoli insetti —
Magnificente la facoltà del parlare, e i sensi e il corpo,
Magnificente la tramontante luce — magnificente il pallido riflettersi
suo dalla nuova luna nel cielo occidentale,
Mag uificente qualunque cosa io vegga o oda o tocchi.

La bontà è in ogni cosa :

Nella sodisfazione e nella compostezza degli animali,


Nel ritorno annuale delle stagioni,
Nell’allegria della giovinezza,
Nella forza e negli impulsi della virilità,
Nella grandezza e nelle maniere squisite, della vecchiaia,
Nelle superbe idealità della morte.

Ammirando è il dipartirsi !

Ammirando è l’essere qui !

Ammirando il cuore che slancia il sangue innocente e simile in ogni


sua goccia !

Come è delizioso il respirare !

Il parlare — il camminare — il prendere qualche cosa con la mano !

L’aver coscienza così sodisfatta, così ampia del proprio corpo !

Essere questo incredibile Dio che io sono !

Ed essere andato in mezzo ad altri Dii, tra questi uomini e que-


ste donne che amo.
486 W. WHITMAN FOGLIE DI ELBA

Ammirando è come io celebro voi e me !

Ammirando questo sottil gioco dei miei pensieri all’ aspetto degli
spettacoli die mi circondano !

Ammirando questo passar silenzioso delle nuvole sovra il mio capo 1

Ammirando il roteare della terra, e il rotear del sole, della luna?


degli astri !

Ammirando è come l’acqua si trastulla e cauta (certamente essa lia


vita !)

E come gli alberi crescono e stali diritti con il loro forte tronco,
con i loro rami e con le loro foglie !

(Sicuramente in ogni albero òvvi qualche cosa più, òvvi qualche


anima vivente.)

O meraviglia delle cose — anco delle menome parti !

O spiritualità delle cose !

O accordo musicale che, fluendo traverso i secoli ed i continenti,


ora tocchi me e l’America,
Io prendo le forti tue corde, le distendo qua e colà, e graziosa-
mente le consegno ai futuri.

Cauto il sole anch’io, o nascente o al meriggio o, come ora. al


tramonto,
Anch’io palpito del cervello e della beltà della terra, e di tutto
che cresce sulla terra,
Anch’io ho sentito l’irresistibile vocazione mia.

Ed, o che navigassi già pel Mississipì


O che vagassi su per le praterie,

Mentre ch’io vissi, mentre che guardai traverso le finestre dei mici
occhi,
Mentre che uscii al mattino o guardai la luce che rompeva dal-
l’Oriente,
Mentre che mi bagnavo sulla sponda del Mare Orientale, e poi
sulla sponda del Mar di Occidente,
Quando io vagava per le vie dell’interna Chicago, o per quali che
sieno altre vie,
O per città, o per boschi silenziosi, o anche fra gli spettacoli della
guerra,
Dovunque io fui, io mi caricai di gioia e di trionfo.

Io canto infine le moderne e le antiche eguaglianze,


Canto la infinita finalità delle cose;
CANTI DELLA P ARTEXZA 487

Affermo clic la Natura continua, gloriosamente continua,


Lodo con voce elettrica,
Perché nell’universo io non vedo alcuna imperfezione,
E non vedo una sola un solo effetto deplorevole
causa, nell’ uni-
verso .

0 tramontante sole! Sebbene il tempo sia giunto.


Pur io gorgheggio sempre, se altri noi fa, sotto i tuoi raggi, la
mia adorazione non diminuita.

Mentre che anche alle tue soglie, o Morte.

Mentre che anche alle tue soglie, o morte,


Sto per entrare, e nelle sovrane, fosche e illimitate tue terre,
Alla memoria di mia madre, a quel misto di divino che è la mater-
nità,
A Lei, sepolta e dipartita, ma non sepolta per me, non dipartita
da me
(Che io la vedo ancora la sua faccia serena e benevola, la sua faccia
fresca e bella sempre,
Io seggo ancora accanto alla sua figura posta entro la bara,
Io bacio e bacio ancora entro la bara, convulsivamente, le sue soavi
e vecchie labbra, e le gote e gli occhi chiusi),
A Lei, alla donna ideale, pratica, spirituale, che già dette a me il

mio meglio in tutto sulla terra, che fu per me vita ed amore,


Prima che parta aneli’ io, incido qui una linea monumentale fra
questi canti,
E qui la colloco come una lupi ’e sepolcrale.

Il mio legato.

L’uomo di affari, colui che guadagnò assai,

Dopo assidui anni di lavoro, riscontrando i risultati, oreparaudosi


alla dipartita,
Ripartisca tra i tigli terre e case, lega provviste, merci, fondi per
una scuola o un ospedale,
E dona danaro a certi compagni, perchè si comprino ricordi ili

gemme o di oro.
Ma io, investigando tutta la mia vita, o stando per chiuderla,
,

188 ir. T VH1TMAN — FOGLIE 1)1 ERBA


7 :
j
1

Non avendo nulla a mostrare, nulla a testare di quello elle guada-


gnai negli oziosi miei anni,
Non dono terre, non case, non ricordi di gemme e di oro ai mici
amici;
Nondimeno alcune memorie della guerra per te e per quelli clic ver-
ranno dopo te,

E piccoli ricordi di accampamenti e di soldati, io, insieme col mio


amore, lego in questo mazzetto di canti, come mio lascito.

Pensosa guardando i suoi morti.

Pensosa guardando i suoi morti, io udii la ÌJadre «li Tutti


Disperata piangere sugli stracciati corpi, sulle forme clie coprivano
il campo di battaglia
(L’ultimo colpo di cannone era passato, ma il sentore del fumo
della polvere ancora aleggiava per l’aere),
E camminando a gran passi invocare la terra con dolente voce :

Assorbili bene, o Terra, essa piangeva; io ti commetto di non d'S-


sipare i miei figli, di non dissiparne un atomo solo;
E voi, correnti assorbiteli bene, prendendo il loro caro sangue,
E voi. o tratti di terra maculati, e voi, o brezze che vi agitate
lievi ed impalpabili sovr’essi,
E voi, o essenze tutte e fiorite del suolo, e voi. o profondità dei mici
fiumi
E voi, o fianchi di monti, e voi, o boschi, cui il gocciente sangue
dei miei tìgli tinse in ro so,
E voi, o alberi, assorbiteli nelle vostro radici per trasmetterli a
tutti gli alberi avvenire :

Assorbite i miei morti dii Nord e del Sud — assorbite i corpi dei

miei giovani c il loro prezioso, prezioso sangue.


Teneteli in leale deposito, per rendermeli ancora, dopo mefiti anni,
In essenze invisibili, in odori di prati e di erbe, dopo secoli:
Restituitemi allora i miei diletti, i miei immortali eroi, nelle aure
soffianti sui campi,
Esalateli per me, dopo secoli, respiratemi il loro respiio, non ne
disperdete un atomo solo.
O anni, e fosse! O aria, c terra! O miei morti, mio dolce aroma !

Esalateli i miei perennemente dolci morti, o anni, o secoli avve-

nire.
CASTI DELLA PARTESEA 489

Campi verdi.

Non solo questi accampamenti di tende bianche, o vecchi ca-


merati di guerra,
In cui, comandati di,. essere pronti, dopo una lunga marcia,
Spossati, coi piedi indolenziti, facevamo alto per la notte, appena
la luce veniva meno;
Ed allora, alcuni di noi erano così affaticati dal peso del fucilo e

dello zaino, che cadevano dal sonno, camminando,


Mentre altri piantava le piccole tende, e i fuochi accesi comincia-
vano a rilncere.
Torno, torno erano collocati, andando frale tenebre, gli avamposti,
A cui per sicurtà era data accuratamente la parola d’ordine,

Finché all’appello dei tamburini, che battevano con frastuono i

tamburi, in sul romper del giorno,


Noi si sorgeva rifatti : il sonno e la notte passavan via, e noi ri-

prendevamo la marcia,
O procedevamo alla battaglia.

Ed oh ! ora i campi delle tende verdi.


Che giorni di pace riempiono e che i giorni di guerra aneli’ essi
riempiono
Di un mistico esercito ! (Ci verrà anche ora comandato di essere
pronti ? O solamente di far alto,

Finché la notte e il sonno passino via ?)

Ora, in questi campi verdi, che con le lor tende fanno vari
i lochi del mondo,
Fra i Padri c i figli, fra i mariti e le mogli, fra essi, fra i vecchi
e i giovani,
Che dormono alla luce del sole, che dormono alla luce della luna,

contenti e silenziosi qui, finalmente,


Osserva il possente bivacco, l’accampamento che aspetta tutti,
Che aspetta i corpi, i-generali tutti, e il Presidente sui corpi e sui
generali,
E ciascuno di noi, o soldati, ciascuno e tutti delle file, in cui com-
battemmo
(Qui, senza odi, noi tutti, tutti c’incontreremo).
41)0 ir. WHITMA N — FOGLIE DI ERBA

Perché ora, o soldati, anche noi ora siamo accampati al nostro


posto, nei bivacchi dei campi verdi,
Ma non vi ha luogo a provvedersi di avamposti, nè di parola di
ordine,
Nè i tamburini batteranno la diana del mattino.

Il Singhiozzo delle campane.

( Mezzanotte-Settembre 19-20 ISSI)

Singhiozzano le campane, dovunque odonsi improvvisi annunzi


di morte,
Si sollevano i dormenti; sono la partecipazione al Popolo
(Benissimo le genti conoscono questo messaggio nella tenebra.
Benissimo i loro seni e i lor i cervelli ricambiano, ripereotono le

tristi riverberazioni)
Questo appassionato scampanìo e questo martellare— vanno da città

a città, congiungendo, rimbombando, passando,


Questi battiti del cuore di una nazione, a notte.

Or che si accostano al termine.

Or che questi canti si accostano al termine loro,


Di tutto quello che è il sottosuolo dei canti che precedono — dei di-
segni che vagheggiai in essi,
Del seme che ho cercato di spargere in essi,
Della gioja, soave gioja, che, per molti anni, ebbi da essi
(Perché per essi, per essi soli spesi la vita, e in essi adempii il

mio compito),
Delle tante aspirazioni una ne accarezzo, dei tanti un sogno ed uno
scopo :

Che, traverso lo Spazio ed il Tempo, fusi in un canto solo e nel-


l’eterna identità fluente,
lo abbia aperto all’uomo l’adito a cantare
La natura, clic abbraccia queste cose, e Dio, che abbraccia il gioio-
so ed elettrico tutto,
K il sentimento della morte, e l’accettazione esultante così della
morte come della vita;
CANTI DELLA PARTENZA 491

E che abbia riunite voi, o vite divise e diverse,


E posto un vincolo fra le montagne, le rocce, le correnti,
I venti del Nord, le foreste di quercia e ili pino,
E te, o Anima.

Letizia, o mia compagna di nave, letizia!

Letizia, o mia compagna di nave, letizia !

(Lieto, in sul morire, così dico alla mia anima.)


La vita nostra è chiusa, la vita nostra incomincia,
L’ancoraggio così lungo e lungo, ora lasciamo,
La nave è in assetto al fine, e si slancia in alto!
Celere essa corre via dalla spiaggia,
Letizia, o mia compagna di nave, letizia !

Il bisogno non detto.

Il bisogno che non fu detto mai dalla vita, nè dalla terra mai
garentito,
Ora tu, o viaggiatore, veleggia per cercarlo e trovarlo.

Porte.

Per che altro esistono queste porte del conosciuto, fuorché per
entrare ed ascendere all’Ignoto?
E per che cosa sono queste porte della vita, se non per la Morte ?

Questi canti.

Questi asanti cantati per lenire il mio '


passaggio traverso il

mondo che vedo,


Perchè li completi, io dedico al Mondo Invisibile.
PI2 ir. WLIITMAX — FOGLIE DI ERBA

Ora, finalmente alla sponda.

Ora, finalmente, alla sponda.


Ora, finalmente., addio, o terra, o vita !

Ora dipartiti, o Vintole (molto, molto è ancora in serbo per te.)

Abbastanza spesso tu ti avventurasti sovra i mari,


Incrociando cauto, studiando le carte,

E tornando poi debitamente al porto c ai legami del gherlino.


Ora poi ubbidisci al tuo segreto ed accarezzato desiderio,
Abbraccia i tuoi amici, e poni ordine a tutto;
Poiché tu non tornerai più al porto e ai legami del gherlino,
Tu parti ora per una crociera senza fine, o vecchio Marinaio

Quanto tardi !

Per conchiusione io annuncio quello elle verrà dopo me.

Io ricordo di aver detto, prima che le mie foglie avessero piena


crescenza,
Che io volevo levare la mia forte o giubilante voce, con intento
alle finalità.

Quando l’America adempirà quello che CTa promesso.


Quando per questi Stati cammineranno cento milioni di superbe
persone,
Quando gli altri verranno in cerca delle superbe persone e daranno
ad esse il loro contributo,
Quando una razza di perfettissime madri distinguerà 'P America'.
'

Allora verrà il debito godimento per me e per le mie cose.

Io ho insistito nel mio diritto;


Ho cantato il corpo e l’anima, ho cantato la pace e la guerra, ho
cantato i canti della morte e della vita,
E i canti dei nascimenti, e mostrato che i nascimenti son molti.

Ho offerto il mio stile ad ognuno, ho viaggiato con passo fi-

dente;
Ed ora, mentre che la mia sodisfazioue è completa, io susnrro :

Quanto tardi !
CANTI DULIA PARTENZA 493

E prendo la mano della giovane donna, e prendo la meno del gio


vane nomo per l’ultima volta.

Annuncio il sorgere di schiette personalità,


Annuncio la giustizia trionfante,
Annuncio la libertà e l’uguaglianza senza pericoli,
Annuncio la giustificazione del candore, e la giustificazione del-
l’orgoglio,
Annuncio che l’identità di questi Stati è una sola identità,
Annuncio che l’Unione sarà più e più compatta e indissolubile,
Annuncio splendori e maestà, che renderanno insigni beanti le an-
tecedenti politiche della terra,
Annuncio l’aderire degli uomini e dico che esso sarà illimitato e
indissolubile,
E dico che anche tu troverai l’amico che vai cercando.

Annuncio un uomo o ima donna futura — forse tu sei quel


desso — ( Quanto tardi .’)

Annuncio l’individualità grande, fluida come la Natura, casta, af-


fettuosa, piena di pietà, o intieramente armata.

Annuncio una vita che sarà abbondante, veemente, spirituale,


ardita,
Annuncio un morire che andrà, pieno di luce e di gioia, incontro
alle sue trasmigrazioni.

Annuncio miriadi di giovani belli, giganteschi e di sangue sano,


Annuncio una razza di splendidi e selvaggi vecchi.

O venturi più folti e più fìtti — (Quanto tardi /)

O folla troppo stretta a me,


Io prevedo assai pi fi — ciò significa più di quel ch’io penso,
Ed appare a me, mentre ch’io muoio.

Afflittati, o gola, e risuona per l’ultima volta,


Saluta me — saluta la luce anche una volta. Fa rimbombare anco
una volta l’antico gride.

Levando un elettrico grido, che consumi l’atmosfera,


Girando a caso lo sguardo, assorbendo ciascuna cosa di quello che
io noto,
Curiosi e inviluppati messaggi affidando all’aere,
491 ir. WHLTMAN — FOGLIE VI ERBA

Spandendo scintille ardenti ed eterei semi tra la polve,


Non conoscendo me, ubbidendo alla mia missione, non osando in-
terrogarla mai,
Lasciando per la crescenza il seme ai secoli dai secoli,
Alle truppe che si levano in guerra affidando la promulgazione degli
intendimenti da me promulgati,
Legando alle donne certi susurri miei, mentre il loro affetto mi
rende sempre più comprensibile,
Offrendo ai giovani i miei problemi, Io, il muscolo tentatore dei
loro cervelli,
Passo. Passo, per poco tempo ancora vocale, visibile, ostile:
Dopo, sarò un’eco melodiosa, affettuosamente appassionata (la morte
mi larà realmente immortale),
Il meglio di me, allorquando non sarò più visibile, sarà per quello

che son venuto preparando, senza cessar mai.

Che resta ancora perchè io mi giaccia e sosti e mi appiatti


disteso con la bocca dischiusa ?

Èvvi ancora un semplice ed ultimo addio f

I miei canti cessano, io li abbandono;

Da dietro lo schermo da cui sono nascosto, personalmente, solo, mi


avanzo verso te.

Camerata, questo non è un libro,


Chi tocca esso, tocca un uomo
(È egli notte? siamo noi due qui soli e insieme?),
Ecco sou io che afferro te, sei tu che afferri me,
Io salto da queste pagine fra le tue braccia — la morte mi chiama
a sè.

O come mi assopiscono le tue dita !

Il tuo alito spaiulesi intorno a me come rugiada, e le tue pulsa-

zioni cullano i timpani dei miei orecchi,


Mi sento immerso dalla testa ai piedi
In un mare di delizia : basta.

Basta, o gesta improvvisa e secreta,


Basta, o presente fulgido —
basta, o passato riassunto.

O amico diletto, chiunque tu sii, prendi questo bacio :

Specialmente a te io lo do, uon ti scordar di me.


CANTI DELLA DA ETENZA 49Ó

Io mi sento ora come uomo che abbia finita l’opera della sua gior-
nata e si ritiri un tratto,
Accetto ancora una delle mie molte trasformazioni ascendendo nelle
mie arature, mentre altre senza dubbio mi aspettano.

Una sfera ignota, più reale -di quel che sognai, più diretta, sia
glia i suoi destanti raggi a me d’intorno, Quanto tardi !

Tieni a mente le mie parole, io posso tornar di nuovo,


Io ti amo, io mi diparto dalla materia,
Io sono già incorporeo, trionfante, morto.
GRANELLI DI SABBIA A SETTANTA ANNI

PRIMA AGGIUNTA
(Edizione 1900)

W. "Whitman. — Foglie di erba. 32


GRANELLI DI SABBIA A SETTANTA ANNI.

Mannahatta.

Della mia città ecco il nome che essa ha riassunto, nome adat-
to, nobile;
L'eletto nome aborigeno, di meravigliosa bellezza e significato:
Un'isola rocciosa — sponde su cui sempre, lietamente, frangonsi, ve-
nendo e tornando indietro, rapide le onde.

Paumanok.
Bellezza del mare ! Distesa soleggiata !

Da un lato la bagna l’interno oceano, ampio, e così copioso di com-


merci, di piroscafi e di velieri;
Dall’altro la carezza il fiero e gentile vento dell’ Atlantico — pos-
senti scafi di navi muovonsi lentamente in distanza.
Isola dei dolci ruscelli di acqua pura, aere e suolo salubri !

Isola della salata sponda e della brezza e dell’acqua marina.

Da Montauk Point (1).

Io sto come nel becco di un’aquila possente,


Assorbendo il mare verso est, e guardando null’altro fuorché mare

e cielo,
Le acque moventisi, la spuma, le navi lontane,

(1) Così chiamasi Test-rema limita orientale di Jjony Islcnid.


500 W. W RITMA X — FOGLIE DI ERBA

L’irrequietezza selvaggia, nevosa — e questo irrefrenato ed irre-


frenato impulso delle onde,
Gire cercano sempre la spiaggia.

A quelli che non riuscirono.

A quelli elle non riuscirono nelle loro vaste aspirazioni,


Ai tanti soldati senza nome, che caddero in prima fila guidando,
Agl’ingegneri calmi e devoti — ai viaggiatori ardenti — ai piloti
delle loro navi,
Vorrei innalzare un monumento ricoperto di alloro,
Alto, alto più di ogni altro : sì, ai recisi innanzi tempo,
Posseduti da qualche strano spirito di fuoco,
Spenti da morte prematura.

Un canto in sul chiudere i sessantanove anni.

Un canto in sul chiudere i sessantanove anni — un resumé —


una ripetizione:
Continuano sempre gli stessi, in gioia e speranza, i miei versi,
I versi di voi, o Dio, o Vita, o Natura, o Libertà, o Poesia,
Di te, o mia Terra — dei tuoi fiumi, praterie e Stati — di te. o
stellata bandiera ch’io amo,
Del tuo aggregato rimasto intatto, del nord, del sud. dell’ orien-
te, dell’occidente, di tutte le tue parti.
E di me stesso —
il cui cuore giocondo ancor batte nel mio seno,

Mentre che il corpo è naufragato, vecchio, impoverito e paralizza-


to —e una strana inerzia, cadendomi addosso, mi cinge come cappa.
Bruciano i fuochi giù per l’impigrito sangue non ancora spento.
E la fede non è scemata — nè i gruppi degli amorosi amici.

I più valorosi soldati.

Valorosi, valorosi furono i soldati ("il loro nome suona alto

oggi) che sopravvissero alla pugna;


Ma i più valorosi sono quelli che, sospinti al fronte, caddero in-
nominati, ignoti.
GRANELLI DI SABBIA A SETTANTA A \ SI 501

Sedendo e scrivendo.

Mentre che seggo e scrivo qui, inalato e vecchio,


Non ultimo peso è il pensare che la pesantezza degli anni, le que-
rimonie,
La tristezza sgraziata, i dolori, la letargia, la costipazione, la pian-
gente ennui,
Possano infiltrarsi nei miei canti quotidiani.

Il mio canarino.

Tenemmo noi in gran conto, o anima, il penetrare i temi dei


-libri possenti,

Assorbendo profondamente e con abbondanza dai pensieri, dagli


spettacoli, dalle meditazioni?
Ma ora la faccènda sta da me a te, o ingabbiato augellino : l’udire
il tuo gioioso gorgheggio
Riempir l'aria, la solitaria stanza, nel lungo mattino,
Non è egli altrettanto grande, o anima?

Domande al mio settantesimo anno.

Or che ti appressi, e che così curioso ti avvicini,


O fosco, incerto spettro — apporti tu vita o morte ?

Forza, debolezza, cecità, più paralisi o più sollievo ?

O cieli placidi e- sole ? Si agi terranno ancora le acque?


Mi spazzeranno via a fin di bene ? o mi lasceranno qui, come ora,
Pesante, ad arpeggiare e stridere con. voce chioccia, come un vec-
chio pappagallo ?

I martiri di Wallabout.

(In Brooklyn, entro un’antica muda, senza alcun segno . di riconosci-


mento, giacciono ammassati in questo momento i resti, indubbiamente au-
tentici, degl’ imperterriti primi rivoluzionari patrioti, morti nelle prigioni
delle nari brittanniche o nelle carceri ( nei tempi corsi dal 1776 al 1783)
. —

502 W. WIUTUAN — FOGLIE DI ERBA

e sepolti dentro o attorno New- York e per tutta la superficie di Long


Jsland. Originariamente, molte migliaia di essi furono sepeltiti in fosse
scavate nelle arene di IVallahoui)

Più grande che la memoria di Achille o di Ulisse,


Son per te, e più, assai più che la tomba di Alessandro,
Questi carri carichi delle ceneri di mi vecchio cimitero, di teschi

e di frantumi di ossa muffite,


Un tèmpo viventi uomini — un tempo coraggio, aspirazione, forza.
Pietre di passaggio per giungere a te, all’oggi, qui, o America.

Il primo Dandelion (1)

Semplice e fresco e bello, sul finir dell’inverno emergendo,


Come se nessuno artificio di moda o di faccende o di politiche fosse
esistito mai,
Fuor del suo soleggiato cantuccio protetto dall’erba — innocente,
dorato, calmo come Pallia,

Il primo dandrlìon della primavera mostra la sua confidente faccia.

America.

Centro di eguali figlie e di eguali figli.

Di tutti, di tutti egualmente amati, cresciuti o non cresciuti, gio-

vani o vecchi,
Tu forte, ampia, bella, tenace, capace, ricca,
Perenno come la Terra, in compagnia della Libertà, della Legge,
dell’Amore,
Una grande, sana, torreggiautè, maestosa Madre,
Intronata nell’adamante del Tempo, tu sei.

Memorie.

Come dolce il silenzioso ritorno al passato !

Il vagare come in sogno — il meditare sui vecchi tempi percorsi


sui loro amori, gioie, persone, viaggi.

(1) Una pianta ben nota. Volgarmente chiamasi Dente di leone. ( Taraxacum op-
cinale).
GRANELLI DI SABBIA A SETTANTA ANNI 503

Oggi e Tu.

I predestinati vincitori di un gioco a lungo durato :

Il corso del Tempo e delle Nazioni — l’Egitto, l’ India, la Grecia,


Roma,
Tutto il passato con tutti i suoi eroi, storie, arti, esperimenti,
Le sue provviste di canti, le invenzioni, i viaggi, gl’insegnanti, i

libri,

Tutto fu conservato per oggi e per te. —


Pensare di questo !

E che l’eredità di ogni cosa si è adunata in te !

Poiché lo splendore del giorno.

Poiché lo splendore del giorno è svanito,


Solo la tenebrosa, tenebrosa notte rivela ai miei occhi gli astri;
Dopo il clangore dell’organo maestoso, o del coro, o della iierfetta
banda,
Silenziosa, attraverso la mia auima, passa la sinfonia vera.

Abramo Lincoln, nato il 12 febbraio 1809.

Oggi, a tutti e a ciascuno un alito di preghiera — un palpito


del pensiero
Alla memoria di Lui — al dì natale di Lui.
(Pubblicata il 12 febbraio 1888).

Le elette mostre di maggio.

Appiuole di orti, alberi ricoperti intierameute di fiori,


Campi di frumento, tappeto di vivo smeraldo verde, da vicino e
da lungi,
E con questo la freschezza eterna, inesauribile di ogni primo mat-
tino,
E il giallo dorato, il trasparente vapore del caldo sole pomeridiano,
E gli odorati cespugli di lilla con i profusi fiori purpurei o bianchi.
504 TI'. WHITMAX — FOGLIE DI ERBA

Giorno di pace.

Non da fortunato amore soltanto.


Non da ricchezza, nè da onorata età mediana, non da vittorie di
politica o di guerra,
Ma mentre la vita va dileguandosi e che le turbolente passioni
calmami,
Quando vistose, vaporose, silenti tinte coprono il serotino cielo,
Quando mollezza, tranquillità, sicurezza, riposo diffoudonsi pel
corpo, come aere più fresco e più balsamico,
Quando i giorni tingonsi di più mite luce e che Tappinola pende
alfine, realmente compiuta, e matura, indolente dall'albero,
Allora sono per i fecondi i dì più lieti e più felici di tutti !

Allora sono i prolifici benedetti giorni di pace !


FANTASIE A NAVESINK (1).

Il pilota entro la nebbia.

Disc-emlcndo sul piroscafo le rapide settentrionali (una vec-


chia. reminiscenza eli San Lorenzo questa,
Improvviso il baleno di un ricordo rivive, io non so perché,
Mentre che qui aspetto il levar del sole, guardando da questa
collina),
Novellamente sono proprio al mattino — un vapore pesante con-
trasta lo scoppiar della luce,
Di nuovo la nave tremante, affaticata mi travolge — io mi appog-
gio alle rocce cosparse di spuma e che quasi mi toccano,
Di nuovo vedo a poppa il piccolo, esile timoniere Indiano,
Che, tra la nebbia, appare offuscato col suo guardo intento e con
la governante mano.

Se io avessi la scelta.

Se io avessi la scelta di pareggiare i più grandi bardi,


Di miniare i loro ritratti gagliardamente 'e bene, e di emularli a
volontà,
Di pareggiare Omero con tutte le sue guerre e guerrieri. Ettore,
Achille, Aiace,

(1) Naveìink — una collina a fianco al mare, la più bassa entrando nella baia di
New-York:
— 505 —
506 ir. WHITMAN - VOCIAK ])T ERBA

O di Shakspere il plasmato di dolore Amleto o il Ite Lear, o Otel-


lo —o di Teunyson le belle signore,
O avere il metro e lo spirito loro nel loro meglio, o la capacità di
scegliere concetti da trattare con rima perfetta — delizia dei cantori;
Queste cose, questo cose, o Mare, tutte queste cose io lietamente
baratterei,
Se tu, in cambio, volessi trasferire in me una sola ondulazione di
una tua sola ondata con tutti i suoi giochi,
O respirare un solo respiro tuo entro il mio verso,
E lasciar in esso la tua fragranza.

Voi, maree che incessanti vi gonfiate.

Voi, maree che incessanti vi gonfiate ! tu, possanza che pro-


vochi quest’opera !

Tu. invisibile forza, centripeta, centrifuga, traverso la distesa dello


spazio,
Che manifesti la possa del sole, della luna, della terra e di tutte le
costellazioni,
Che cosa sono i messaggi che vengouci per mezzo tuo dai distanti
astri ? quale il messaggio di Sirio ? quale di Capello ?

Qual centrai cuore —e tu sei il suo battito —vivifica tutto? quale


l’infinito aggregato del tutto?
Quale sottile influenza indiretta e siguifieanza è in te ? qual filo è

il tuo per rispetto al tutto? quale fluida e vasta identità


Stringe l’universo con ditte le sue parti in un tutto solo — come
se veleggiasse sur uua nave ?

Ultimo riflusso e morente luce del giorno.

Ultimo riflusso e morente luce del giorno.


Tu, aumentando l’olezzo delle alghe e del sale, adduci verso terra
l’odorata brezza marina,
Insieme a molle voci, appena udite, inviate su dai gorghi,
Insieme a molte confessioni indistinte —a molti singulti e snsurrate
parole,
Come di gente che parli da lontano e nascosta.
FAXTAS/E .4 XA VESIXK 307

Come esse diffondonsi gin e attorno ! Come mormorano !

Son poeti senza fama — artisti, più grandi di ogni altro, con i loro
accarezzati sogni perduti,
Parole non corrisposte di amore — nn coro dei rimpianti di un se-

colo — P ultime parole della speranza,


Qualche disperato grido di suicida, l'io, al tic-serto senza confini, e

senza tornar più mai.

Su, all’oblio dunque !

Su, su, e fa la parte tua, o vorticosa marea sepellitrice 1

Su, per tutta la vostra durata, o furiosi sbocchi.

Eppure non te solo.

Eppure non te solo, o sepellitore e crepuscolare riflusso,


Non voi, non soli voi, o sogni perduti — non gl’ insuccessi e le
aspirazioni io so,
10 conosco anche, o divini inganni, le vostre parvenze inganna-
trici;

A suo tempo iter voi e da voi, surgerà la marea e la luce di nuovo


—a suo tempo i cardini rigireranno.
A suo tempo le necessarie parti discordi, germogliando, si fonde-
ranno,
Iutessendo da voi, dal Sonno, dalla Notte, dalla Morte stessa,
11 ritmo della Nascita eterna.

Orgogliosamente il riflusso viene.

Orgogliosamente il riflusso' viene, balzando, spumando, avan-


zando,
E lungamente tiensi alto, con seno ampio e rigonfiantesi;
Tutto palpita, dilatasi — le fattorie, i boschi, le vie delle città —
gli operai in sul lavoro;
Vele di maestra, vele di gabbia, flocchi appaiono al largo, e pen-
nacchi di fumo di piroscafi sotto il sole antimeridiano;
Ed ecco, carichi ili umano vite, i vascelli gaiamente pronti alla
partenza, gaiamente pronti all’arrivo,
Mentre fluttua su molte aste la bandiera che io amo.
510 ir. IVHITMAX — FOGLIE DI ERBA

E dai bassi tuoni ruggenti come di un lione distante


(Rimbombante, appellante almuto orecchio del cielo — ma ora riec-

cheggiato per una volta


A me, un fantasma nella notte e tuo confidente per una volta).
Ed ora tu, o prima ed ultima confessione del globo,
Sorgendo e mormorando dagli abissi della tua anima,
11 racconto della passione degli elementi cosmici
Tu hai narrato ad un’anima gemella.

Morte del Generale Grant.

Come, l’uno dopo l’altro, ritiransi i superbi attori

Del gran dramma dall’eterna scena della storia,


Così questo lurido e parziale atto di guerra e di pace — di vecchia
o nuova contesa,
Combattuta fra la collora, le paure, i foschi abbattimenti e i molti
e lunghi indugi
Tutio passa — e poi innumeri fosse lontananti, dileguanti,
Di chi vinse e di chi fu vinto — di Lincoln e di Lee. Ed ora tu
con essi,

Tu, l’uomo dei possenti giorni — e l’uguale di essi giorni !

Tu, venuto dalle praterie — Involuta, molteplice, dura è stata la


tua parte,
E rappresentata fino all’ammirazione.

Giacchetta Rossa (Dall'alto).

(Improvvisato presso il monumento della città di Buffalo, sepel-


lendo di nuovo il vecchio oratore Irochese, Ottobre 9,1884.)

Su questa scena, su questa vista,


Acquisita oggi alla moda, alla ricchezza, alla dottrina
(Nè per solo capriccio — alcuni granelli di assai profondo signifi-

cato vi sono anche),


Forse, in alto (chi sa ?), da mezzo rimescolate forme di lontane nu-
vole del cielo,
Nella parvenza di un qualche vecchio albero, o di scoglio o di rupe,
compenetrata del suo spirito,
FASTASIE -1 XAVL'SIXIC 511

Una torreggiante forma umana, prodotto del sole, della Natura, de-
gli astri, della terra,

In camicia da caccia di pelle, armato di carabina, con le labbra


curvato ad un riso mezzo ironico,
Al pari di uno spettro di Ossian, guarda in basso.

Monumento a Washington
( Frbhraio Ì885.)

Ab ! non questo marino morto e freddo :

Lontano dalla sua base e colonna spandendoti — le rotonde zone


cingendo, abbracciando,
Tu, o Washington, sei di tutto il mondo, degl’ intieri continenti.
Non è tuo solo, o America,
Ma delTEuropa anche e di ogni sua parte, del castello del Signore
e della capanna dell’operaio,
Del gelido Nord, e dell’ infocato Sud — dell’ Africano — dell’ A-
rabo nella sua tenda,
E anche la vecchia Asia col suo venerabile sorriso, seduta in mezzo
alle sue rovine è qui
(Complimenta l’antico eroe il nuovo? Egli è sempre lo stesso — l’e-
rede legittimo e continuato sempre,
Sempre l’indomito cuore e braccio — sempre le stesse prove, in non
mai spezzata linea,
Di coraggio, di vigilanza, di fede — è proprio lo stesso — non di-

sfattonemmanco nella disfatta, proprio lo stesso).


Dovunque una nave veleggi, o una casa sia edificata sopra la terra,
o di giorno o di notte,
Traverso le affollate vie dello città, entro o fuori casa, nelle fat-
torie, nei poderi,

Dovunque sia Libertà, controbilanciata dalla Tolleranza, dominata


dalla Legge,
Surge o è per sorgere il tuo vero monumento.
512 11 '.
WIIfTMAX FOGLIE FI Filli A

Di questa tua gioiosa gola.

(A più che S.'l (/radi Xord, l’ esploratore G redi) udì il canto di un so-
Ungò uccello di nere, lietamente risonane fra quella desolazione.)

Di questa tua gioiosa gola, elle si ode nell’ artico argenteo e


bianco,
lo ricorderò la lezione, o uccello solitario — Lascia anche a me dare
il benvenuto ai gelanti sprazzi della vira.

Sempre il gelo diventa più profondo, come ora — il polso è torpido, il

cervello snervato,
La terra della vecchiaia è rinchiusa nella sua baia, invernale (fred-
do, freddo, oh ! come freddo !),

Nevosi sono i capelli, il braccio è fiacco, i piedi gelati.


Ed è per tutto questo che vien la tua fede : io accetto tua lezione,
e la incido nel mio finire.

Non le sole zone estive — non i cauti della giovinezza, nè le calde


maree del mezzodì solamente,
Ma quello che è rattenuto dai torpidi massi di ghiaccio, che è im-
paccato nel ghiaccio nordico, il cumulo degli anni,
Questo con gaio cuore to’ cantare anch'io.

Broadway.

Quali Celeri maree umane, di dì o di uotte !

Quali passioni, guadagni, perdite, ardori nuotano per le tue acque !

Quali turbini di male, di benedizione e di dolore ti veleggiano !

Quali curiosi sguardi interroganti : occhiatine di amore !

E guardo bieco, invidia, offesa, spregio, speranza, aspirazione !

Tu, porta tu, arena — tu, una delle miriadi delle lunghe linee e

gruppi !

(Sol che il lastricato tuo. i tuoi paracarri, le facciate tue potessero


narrare i loro inimitabili racconti
E le ricche vetrate, e gl'immani alberghi —e i tuoi ampi mar-
ciapiedi !)

Tu dagl’infiniti scivolanti, affettati, striscianti piedi !

Tu. variegata di colori come il mondo stesso, come un’infinita, fe-


conda, beffante vita !

Tu, mascherata, vasta, indicibile mostra e lezione.



FANTASIE A NAVESINK 513

Ad intendere il finale spirito ritmico dei canti.

Ad intendere il tinaie spirito ritmico dei canti,


A penetrare l’intima lezione dei poeti —a conoscere i potenti
Giobbe, Omero, Eschilo, Dante, Sliakespere, Tennyson, Emerson;
A diagnosticare le cangianti dedicate tinte dell’amore, dell’orgoglio
e del dubbio —a intendere veramente,
E a vagliar queste cose, l’ultima acuta facoltà e il prezzo dell’en-
trata,
Stanno nella vecchiaia, e in ciò che essa porta seco da tutte le sue
passate esperienze.

Il vecchio Salt Kossabone.

Assai tempo fa, mio congiunto dal lato materno,


Visse il vecchio Salt Kossabone. Voglio dirvi com’ei morì.
(Fu marinaio tutta sua vita — aveva quasi 90 anni — viveva con
la pronipote maritata, Jenny;
La casa era sulla collina, con vista sulla vicina baia.
Sul distante promontorio, e sulla distesa dell’aperto mare.)
Nei tardi pomeriggi, nelle ore della sera, per molti anni, fu sua
costante abitudine,
Sedere nella sua grande sedia a bracciuoli, accanto alla finestra,
(talora, in vero, per la metà del giorno),
E guardando l’arrivo e la partenza delle navi, mormorava poi tra
sè : Ed ora tutto sta per finire.
Un dì un brig lottava per la partenza, non riuscendo per molto
tempo — contro marea andava assai male
Finché, al fine, sul cader della notte, prese la brezza per diritto,
cogliendo l’intiero vento,
E doppiò sveltamente il promontorio. Le tenebre superbamente
entrarono e lo avvolsero mentre ei guatava :

Esso è libero
« —
ei va al suo destino » queste furono — le sue ul-
time parole: e quando Jenny venne, egli sedeva morto,
Egli, il Danese Kossabone, il vecchio Salt, mio congiunto dal lato
materno, assai tempo fa.

\V. Whitman. — Foglie di erba.


514 ir. WTILTMAX — FOGLIE DI ERBA

Il morto tenore.

Come se tu discendessi per la scena novellamente,


Col piumato cappello spagnuolo e l’inimitabile portamento,
10 dall’evanescente scena del passato vorrei rievocarti, per dirti
e confessarti
Quanto mi venne da te! Oli! la rivelazione della cantante voce che
venia da- te !

(Così calda — così fluente era, e carezzevole ! — Di nuovo odo quel


tremulo, virile timbro !

La perfetta voce cantante — la più profonda di ogni lezione per me


— esperimento e prova di tutto.)
Che diventavo io, tra que’ distillati accordi come le rapite orecchie !

e la mia anima li assorbivano !

11 cuor di Fernando l’appassionato grido di Manrico, o di Emani,


,

o il dolce grido di Gennaro,


Io assorbii in me qui, o procurai di assorbire, trasformandoli, en-
tro i miei canti,
Come un fluente cantabile di Libertà, di Amore e di Fede
(Quasi corrispondenza di profumo, di colore, di luce, di sole) :

Da queste cose, per esse e con esse, una frettolosa linea, o morto
tenore,
Un’autunnale foglia affidata al vento, piova entro la chiudentesi
tua fossa, entro la scavata terra :

Alla memoria tua io la consacro.

Continuità.

(I)a una conversazione che ultimamente ebbi con uno spiritualista tedesco i.

Nulla è mai realmente perduto, o può esser perduto,


Nè nè identità, nè forma
nascita, nessun oggetto del mondo, —
Nè nè alcuna visibile cosa;
vita, nè forza,
L’apparenza non deve opprimerti, nè una mutata sfera confondere
il tuo cervello.
Ampi sono il tempo e lo spazio — ampi i campi della Natura,
Il corpo è ora impigrito, vecchio, freddo — restano però le ceneri
degli antichi fuochi,
.

F A WASTE A XA VESTXK 515

E la luce degli ocelli, divenuta fosca, flammeggerà <li nuovo a suo


tempo;
Il side ora basso ad occidente, si leverà sempre per i mattini e per
i mezzodì;
Alle zolle gelate ritornerà sempre l’invisibile legge della primavera,
Con l’erbe, con i fiori, con gli estivi frutti e col frumento.

Yonnondio.

(La parola significa per gli aborigeni lamento. È ini vocabolo Irochese
e(l è stato usato come nome personale)

Un canto, un poema
.

in sè stesso — la parola stessa è un canto


funebre
Fra questi deserti, questi scogli, questa notte tempestosa e inver-
nale,
Ed è così misteriosa per me : strani quadri risvegliano le sue sil-

labe.
Yonnondio! Veggo da lontano, ad occidente o a settentrione, un
precipizio senza confini, con pianure e montagne nere,
E sciami di gagliardi capi, di medici e di guerrieri,
Mentre che volan via, come nubi di spettri, e passano ed entrano
nel crepuscolo
(Razze delle libere campagne, e delle cascate
di boschi, !

Non non poema, non scritto vi trasmetterà al futuro.)


dipinto,
Yonnondio Yonnondio Senza lasciar memoria essi spariscono;
! !

Oggi cedono il luogo e vaniscono. — Le città, le ville, le fattorie


vaniscono,
E un represso sonoro suono, una gemente parola è nata traverso
l’aria per un momento.
Poi tutto è vuoto, finito, silenzioso e profondamente perduto.

Vita.

Sempre la non isco raggiata mai, risoluta, combattente anima


dell’uomo.
(Sono i primi eserciti caduti f Ebbene ne invieremo dei nuovi, e
ancora dei nuovi);
51(5 W. W/IITMAN — FOGLIE DI ERBA

Sempre l’inviluppato mistero delle vecchie e nuove età della terra:


Sempre gl’intenti occhi, gli urrà, le mani che danno il ben ve-
nuto, l’alto applauso;
Sempre la insodisfatta anima curiosa, non convinta mai,
Che lotta oggi, sempre, al modo stesso, che si batte al modo stesso.

Andando in qualche parte.

La mia dotta arnica, la più nobile delle mie amiche (1)


(Ora è sepolta in una tomba in Inghilterra —
e questa foglia è una

memoria per lei),

Finì così il nostro conversare: — « La somma, concludendo tutto


ciò che noi conosciamo delle vecchie e nuove dottrine, e delle pro-
fonde intuizioni,
« Di tutte le Geologie — Storie — di tutta 1’ Astronomia — della
Evoluzione e di tutte le Metafisiche,
«È che noi tutti andiamo innanzi, innanzi, camminando lentamen-
te, ma sicuramente migliorando;
« La vita, la vita è una marcia infinita, un esercito infinito (nes-

suna sosta che non passi debitamente) :

«Il mondo, la razza, l’anima e nello spazio — e nel tempo gli Uni-
versi ,

« E tutte le cose stringonsi nei vincoli convenienti a ciascuna di

esse — e tutte sicuramente vanno in qualche parte ».

Tenue il tema del mio Canto.

(DalVEdiz. di Foglie di Erba del JStìT)

Tenue il tema del mio Canto e nondimeno il più grande —


cioè, Il proprio io — una semplice separata persona. Questo pel Nuovo
Mondo io canto.
La completa tisiologia dell’uomo, dai capelli al dito grosso del piede
io canto. Non la tìsouomia sola, non il solo cervello sono degni della

(1) Mrs. Anne Gilclmst


FANTASIE .-1 AM VESTIR 517

Musa; io affermo ciré tuttala Forma completa è assai più degna. La


Femminile egualmente che la Maschile io canto.
Nè finii col tema del proprio io. Io parlai la parola del moderno,
la parola En-Masse.
I miei Giorni e le mie Terre io cantai —
con l’intermezzo che io co-
nobbi di una disgraziata Guerra
(O amico, chiunque tu sii, che giungi alfine qui per cominciare, io
sento, traverso ognuna di queste foglie, la stretta della tua mano e
la ricambio;
E così per tutto il nostro viaggio, calcando a piedi la via e più
che una volta, andremo innanzi annodati insieme).

Veri conquistatori.

Sono i vecchi coloni, viaggiatori, operai (non importa come


impoveriti e oppressi),
j

I vecchi marinai, scampati da molti perigliosi viaggi, tempeste e


naufragi,
I vecchi soldati scampati dalle campagne, con le loro ferite e ci-
catrici :

Abbastanza è che essi sieno sopravvissuti a tutto,


Scampati dalle loro lotte, prove e battaglie — l’essere emersi su
tutto e per questo solo,
I veri conquistatori campeggiano su tutto il resto.

Gli Stati Uniti ai critici del Vecchio Mondo.

Qui, prima i doveri dell’oggi, le lezioni del concreto,


Eicchezza, ordine, viaggio, asilo, prodotti, abbondanza;
Qui s’impara come si costruisce un variato, vasto, perpetuo edificio,
Da cui sorgano, inevitabili nel tempo, i torreggianti tetti, i fari,

Le torri solidamente piantate, alte, spingenti si agli astri.


5 PS ir. WilITMAE — FOGLIE DI ERBA

Il pensiero che acqueta tutto.

In questo affannarsi — quali elle sienole speculazioni umane—


Fra le cangianti scuole, teologie o filosofie,

Fra le strombazzate presentazioni nuove e vecchie,

Silenti, della rotonda terra le vitali leggi e i fatti e i modi con-


tinuano.

Ringraziamenti nella vecchiaia.

Ringraziamenti nella vecchiaia — ringraziamenti prima di par-


tire —
Per la sanità, pel sole di mezzodì, per F impalpabile aria, per la
vita, semplicemente per la vita.
Per le preziose memorie che durano sempre (la tua, o madre mia
cara, la tua, o padre, le vostre, o fratelli, o sorelle, o amici),
Per tutti i miei giorni — non per quelli ili pace soltanto, ma per i

giorni di guerra anche,


Per le parole gentili, per le carezze, per i doni da straniere nazioni,
Per l’ospitalità, pel vino e per l’alimento, per la dolce approva-
zione
(Della vostra, o lontani, ignoti ed oscuri, giovani o vecchi innumeri,
non specificati lettori diletti :

Noi non c’incontrammo mai, e non mai c’ incontreremo: e nondi-


meno le nostre anime si abbracciano strette e a lungo);
Per i singoli esseri, per i gruppi, per l’amore, per i fatti, per le

parole, per i libri, per i colori, per le forme,


Per tutti gli uomini forti e valorosi — devoti ed arditi uomini —
che son saltati avanti iu soccorso della libertà, in tutti i tempi e
nazioni,
E per i più valorosi, i più forti e i più devoti uomini. (Una spe-
ciale rama di alloro prima che io parta per gli eletti alla guerra
della vita,
Per i cannonieri del canto e del pensiero — i grandi artiglieri — i

primi guidatori, i capitani dell’anima.)


lo, come soldato reduce dalla guerra — come un vintone delle
miriadi di viatori, alla lunga processione retrospettiva,

F. 1 V TA S IE V I T ' Es EX K 51!)

Dico : grazie : allegri ringraziamenti, ringraziamenti di un snidato,


di un viatore.

Vita e Morte.

I due vecchi e semplici problemi sono sempre allacciati tra


loro,
E vivono in una sola dimora, elusivi, presenti, scherniti, afferrati.
In ogni successiva età rimasti insolubili, sono passati
Ai nostri giorni; e anche noi passeremo del pari.

La voce della pioggia.

E chi sei tu ; chiesi alla pioggia che lievemente cadeva:


Ed essa, strano a dire, mi dette una risposta, che io (pii traduco :

Io sono il Poema della Terra, disse la voce della pioggia:


Eterna io mi levo, impalpabile, fuor della terra e del mare senza
fondo
Su al cielo; donde, vagamente formata, cangiata, e pur sempre la

stessa,
Discendo a bagnare le siccità, gli atomi, gli strati di polvere del
globo,
E tutto quello in essi, che, senza me, sarebbero semi soltanto, la-
tenti. non nati:
Così, sempre, di e notte, io rivivo nella mìa origine e la fo pura
e beatifico
(Perchè un canto del luogo natale, dopo che ha fatto il suo com-
pito, e clic abbia vagato,
Curato o non curato che sia, ritorna, a suo tempo, con amore).

Presto l'inverno verrà meno.

Presto l'inverno verrà meno;


Presto queste stretture di ghiaccio discioglierausi e fonderanuosi
Ancora un picei ol tempo,
E aria, suolo, acqua saranno cosparsi di mitezza, di fiori e di cre-
scenza: migliaia di forme sorgeranno,
520 W. WBTTMA .V FOGLIE 1)1 FU DA

Da queste morto zolle frerlde, come <la basse fosse ili sepolcri;
I tuoi ocelli, le tue orecchie, tutti i tuoi migliori attributi, tutto
ciò che prende cognizione della bellezza della natura,
Sveglierannosi e ti riempiranno. Tu avvertirai le semplici mostre,
i delicati miracoli della terra,
Le bocche di leone, il trifoglio, T erba di smeraldo, gli olezzi e i

fiori primaticci,
La pianta di fragola sotto i piedi, il verde-giallo del salice, il

fiorente susino e la ciriegia;


E con essi il pettirosso e il tordo cantanti i loro canti e F agile
uccello azzurro;..
Per tutte queste scene l’annuale spettacolo ritorna.

Mentre che il passato non è ancor dimenticato.

Mentre che il passato non è ancor dimenticato,


Oggi, al fine, ogni contesa si è spenta, la pace, la fraternità sono
rinate;
Come segno reciproco, le nostre mani del Nord e del Sud
Posarono sulle fosse dei nostri morti soldati del Nord e del Sud
(E non pel solo passato, per voto del futuro anche)
Corone di rose e rame di palma.
(l'ubblicato nel maggio 1888 ).

Il veterano moribondo.

(Un evento eli Long Island — prima parte del secolo presente).

Fra questi giorni di ordine, di agio, di prosperità.

Fra i correnti canti di beltà, pace, decoro,


Io rievocouna reminiscenza (probabilmente essa vi offenderà,
mia fanciullezza). Più che una generazione addietro,
Io l’udii nella
Uno strano selvaggio vecchio, un guerriero, che fu proprio sotto
gli ordini di Washington

(Grande, valoroso, pulito sempre, di caldo sangue, non ciarliero,


pi u t.tosto spiritualista,
Aveva combattuto in ordinanza — combattuto bene — era stato in
tutta la guerra della rivoluzione).
FANTASIE A JSTAVESINK 521

Giace moribondo — i tigli e le figlie, i diaconi della chiesa aff'ettuo-


samente l’ assistono,
E aguzzano i loro sensi e le loro orecchie verso il suo mormorare,
appena colto :

Ch’io ritorni ancora ai miei giorni di guerra,


Agli spettacoli suoi e alle sue scene — al formarsi della linea di
battaglia,
Agli esploratori avanzati per riconoscere.
Ai cannoni, alla fiera artiglieria,

Ai galoppanti aiutanti che portavano gli ordini,


Ai feriti, ai caduti, al calore, ai momenti di sosta,
Al forte sentore, al fumo, all’assordante schiamazzo :

Via, con la vostra vita di pace, con le vostre gioie di pace !,

Datemi ancora la mia vecchia, selvaggia vita di guerra !

Le più gagliarde lezioni.

Avete voi imparato solo le lezioni di quelli che vi ammiravano ed


erano affezionati e che stettero al fianco vostro ?

Non avete voi imparato le grandi lezioni di quelli che vi rinne-


garono, e unironsi contro voi ? O che vi trattarono con disprezzo, o
vi contesero il passo?

Un tramonto nella prateria.

Dardi d’oro, di color marrone e violetto, di fulgente argento,


di smeraldo o fulvi rifulgono;
L’ampiezza tutta della terra e la multiforme possanza della Natu-
ra, è affidata per una volta ai colori;

La luce, l’aria tutta è occupata da essi; sono, colori finora scono-


sciuti,

Senza limite, senza confine : non il solo cielo occidentale, ma l’alto

meridiano — il Nord, il Sud, tutto,


È un puro, luminoso colore elio combatte le silenti ombre.
522 ir. WJJITMAN — FOGLIE DI ERBA

Venti anni.

Giù, nell’antico porto, sull’arena, io siedo ciarlando con un.


nuovo venuto :

Egli s’ imbarcò come mozzo, e veleggiò via (presa qualche affret-


tata, violenta nozione del suo viaggio);
Poi venti e più anni si volsero e si rivolsero ancora,
Mentre clic egli correva il globo in giro, in giro, ed ora è ritor-
nato :

Come è cangiato il sito, tutti i vecchi segui della regione sono spa-
riti — i genitori son morti
(Sì, egli torna per stare iti porto a fin di baie — per stabilirvisi — ha
una borsa ben fornita e nessun cantuccio della terra, fuor di questo);
Il piccolo battello da un remo, su cui si scostò dal Cutter, ora
Sta legato,
Io odo le sbattenti onde, l'irrequieta carena, il suo dondolìo sulla
sabbia,
Vedo la fiasca da marinaro, il sacco di canovaccio, la rassetta cerchiata
di rame.
Guato la sua faccia bruna e barbuta — la grossa vigorosa statura.
Vestita di abito rossiccio, di buon panno scozzese :

Ma poi, quale è la narrata storia di questi venti anni ? quale la

storia dell’avvenire?

Bocciuoli di arancio trasportati dalla Florida

con treno postale.

(Voltaire conchiuse un argomento famoso, proclamando che una naie da


guerra e la « Grand Opera » erano prove su fficienti per dimostrare la

civiltà della Francia ai suoi dì.)

Una più piccola prova che quella del vecchio Voltaire, e non-
dimeno più grande,
Prova il tempo presente, te, e la tua ampia estensione, o Ame-
rica :

Alla capanna del mio pianeggiante Xord. mentre he fuori òvvi


neve e nuvole,
FA X T A $HE A X. I VESrXK

Trasportato con sicurtà, per maro o per terra, per migliaia di miglia,
Un tre giorni dopo da elio sul proprio suolo germogliava vivace,
Or «pili la sua soavità per la mia stanza diffonde
Un mazzo di boccinoli di arancio, elle per treno postale mi venne
dalla Florida.

Crepuscolo.

Le molli, voluttuose, narcotiche ombre,


Il sole appena tramontato, la luce viva è scacciata (presto tramon-
terò e sarò scacciato anch'io) :

Una nebbia e poi nirvana (1), riposo e notte — oblìo.

O voi, mie sparse foglie tardive.

O voi, mie sparse foglie tardive, attaccate a rami già prossimi


all’inverno,
Anch’io sono uno scapezzato albero di campo, o di viale di orto;
Voi, qualità diminuite, sparite (non piu il succhio di maggio ora,
o il tior di trifoglio di giugno, nè il frumento di ag isto ora),
Voi, consunte aste di bandiera — voi, pennoni senza valore — voi
vinte dal tempo,
E voi nondimeno le foglie più care della mia anima, quelle che con-
fermano tutto il resto,
Voi le piìi tìde, le più ardite, le ultime.

Non soltanto rami stenti e assopiti.

Non soltanto rami stenti e assopiti, voi, o miei Canti (sca-


gliosi e nudi come tali ni di aquile),
Ma forse (chi sa 1

?), in qualche soleggiato dì, in qualche futura pri-

mavera. in qualche altra està scoppierete fuori

(1) Vel sistema religioso Buddista nirvana è la finale emancipazione dell’ anima
dalle trasmigrazioni, e per conseguenza un beatifico atttancamenlo dai mali dell' esi-
stenza terrena, quasi per annientamento o assorbimento nella divinità.
524 ir. \YII IT MAN — FOGLIE DI EDII A

In foglie verdeggianti, o in meriggiante ombra, per nutrir frutti,


Appiuole e grappoli, emergendo in robusti tronchi di alberi
All’amore, alla fede e come olezzanti rose fiorendo.

Il morto Imperatore (1).

Oggi, chini il capo e gli occhi anche tu, o Columbia :

Non per la potente corona, giaci tu bassa e addolorata, nou per


l'Imperatore
Hai respirata la tua verace condoglianza, e inviatala per tante mi-
glia del salso mare,
Ma, piangeudo un buon vecchio, un fedele pastore, un patriota.

(Pubblicata il 10 marzo 1888).

Come la fiamma-segnale dei Greci.

,
Ver l’ ottantesimo natalizio di Tl’hittier (2) dicembre 17, 1887 .

Come la tiamina-seguale dei Greci, secondo gli antichi ricordi,


Si elevava dalle vette dei colli, quasi applauso e gloria,
Dando il benvenuto della fama a qualche speciale veterano od eroe,
E infiammando di rosea tinta la terra che egli aveva servita;
Così io, da su la sponda di Manuahatta, allegra di navi,
Levo in alto un acceso tizzo per te, o vecchio Poeta.

La nave smantellata.

In qualche infrequentata laguna, in qualche baia senza nome,


Su onde pigre e solitarie, ancorata presso la sponda,
I na vecchia, disalberata, grigia, demolita nave, inabilitata, disfatta.

(1) Guglielmo I.

(2) Uno dei quattro poeti americani del secolo scorso, n. 1S0T m. 1892.
K

FANTASIE A NA VESTA’

Dopo liberi viaggi su tutti i mari della terra, trascinata alfine e


attaccata al gherlino,
Giace arrugginendo, disfacendosi in polvere.

Ora, o precedenti canti, addio.

Ora, o precedenti canti, addio; a ciascuno di voi, chiamandovi per


nome, dico addio,
(O voi. treni di una via barcollante e procedente in molte strane

processioni e carri,
Or rilevautisi or deprimentisi — • ad intervalli — surti dagli anui
della maggior vecchiaia, della mezza età e della giovinezza) :

O tu « Entro navi con cabine », o « A te, vecchia causa», o «Poeti


dell’avvenire »,
O « Paumanok », o « Il mio canto », o « Calamus », o « Adamo »
O «Battete! Battete! Tamburi ! », o «Al fecondato suolo che essi
calcarono »,

0 «Capitano ! mio Capitano o « Kosmos », o « Anni come sabbie


ingoianti », o « Pensieri »,
Ovvero « Tu, madre con la tua Eguale Figliolanza », e molti molti
più, non specificati.
Voi nasceste dalla fibra del mio cuore — dalla mia gola e dalla mia
lingua (caldo pulsante sangue della mia vita, foste voi,
Impulso personale e forma per me, non mera carta, ed automatici,
caratteri e inchiostro);
Ogni mio canto — ogni mia espressione nel passato — ciascuno ha
la sua luuga, lunga storia
Di vita o di morte, o di soldato ferito, di perdita o di salvazione
del paese.
(O cielo ! come è abbagliante e infinito il treno del tutto, compa-
rato a questo !

Qual misero frusto anche comparato ad essi, è il meglio di tutti

questi canti !
526 ir. W HIT MA X — FOGLIE DI ERBA

Un sollievo a sera.

Dopo mia settimana di tisica angoscia.


D’irrequietezza, di pena o di febbrile calore,
In sul finire di un dì, una calma e un sollievo vengono.
Tre ore di pace e di ristorante riposo del cervello (1).

Picchi oscillanti della vecchiaia

Il tocco della fiamma — T illuminante fuoco — il più elevato


sguardo alfine
Sulla città, sulle passioni, sul mare — sopra la prateria, sul bosco
— su essa la terra tutta;
La consistenza dell’aere è diversa, cangiano quando il crepuscolo
giunge, le tinte di tutte le cose,

Degli oggetti, dei gruppi, dei portamenti, delle facce, dei ricordi:
La vista è più calma, il dorato tramonto, chiaro ed ampio.
Quanti più sono nell’atmosfera i punti di vista e le situazioni da
cui noi indaghiamo,
Tanti più appaiono da sè (forse i migliori) i punti inavvertiti pei
lo innanzi;
Le vere luci vengono da essi, dagli oscillanti picchi della vec-
chiaia.

Dopo la cena e la ciarla.

Dopo la cena e la ciarla, poiché la giornata è finita,

Sono come amico, che differisca la sua ultima separazione dall’ a-

niico,
Addio e addio ripetendo con commosse labbra

(1) Questo cauto e il precedente furono scritti con gran travaglio, durante un jh>-

meriggio del giugno del 1888. nel mio settantesimo anno, in una critica tregua della
mia malattia. Naturai mente nessun lettore, e probabilmente nessun essere umano
avrà mai tali fasi di emozione, come quelle die ora mi avvolgono. Io sento in esse
il terminare e il chiudersi di ogni cosa.
FA XTASIE A XAVESLXK

(È tanto tristo per le sue mani l’abbandinare quelle maui, non s’in-
contreranno più,
Non più comunione di gioia e di dolore, di gioventù o di vecchiaia,
Un assai lungo viaggio lo aspetta — per non tornare mai più),
Evitando, differendo la divisione, cercando di respingere 1’ ultima
parola sempre così breve;
Anche in sull’ uscio si rivolge a rievocare superflui incarichi, an-
che in sul discendere le scale

Cercando qualche cosa, per aggiungere un minuto ancora. E, men-


tre che le ombre della notte salgono,
E clic gli addio e i messaggi diminuiscono, più foschi il viso e la
figura del partente diventano :

Del partente, che presto si perderà per sempre entro la tenebra.


Oh ! odioso, oli ! come odioso è il dipartirsi !

E pur egli è così garrulo, fino all’estremo.


ADDIO, FANTASIA.

SECONDA AGGIUNTA

Wr . Whitman. — Foglie di erba. 34


VELEGGIA PER BENE, O NAVE D’IDOLI.

Salpa l’ancora subito !

Drizza l’albero maestro e il fiocco — governa e avanti,


O piccolo battello bianco; ora tu parti per acque realmente pro-
fonde
(Io non chiamerò questo il nostro ultimo viaggio,
Che la nostra, ora, è una i>artenza ed un’ entrata a quanto vi ha
di più vero, di meglio e di più maturo).

Partiti, partiti dalla solida terra, per non tornar più a queste
spiagge.
Ora, affrontando per sempre la nostra infinita, libera ventura,
Causando tutti i porti già sperimentati e i mari e i gherlini noti e
le densità e la gravitazione,
Veleggia via per bene, o mia nave d’idoli.

Le ultime gocce tardive.

E da dove e perchè venite voi ?

Noi non sappiamo da dove (fu la risposta),


Sappiamo solo che qui fummo sospinte con le altre,

Che, tardive e rattenute, fummo al fine cacciate dal vento, e ora


siamo qui,
Per essere le gocce conclusive dell’acquazzone.
— 539 —
530 li' WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Addio, o mia fantasia.

Addio, o mia fantasia ! (Io ho da dirti ancora una parola,


Ma questa non. è proprio l’ora. La miglior parola o detto di un
uomo,
È quella che arriva al suo più proprio luogo —e pel suo inten-
dimento
Io riserbo la mia, fino all’ estremo.)

Su, al modo stesso, o gioconda coppia.

Su, al modo stesso, o gioconda coppia !

Su, voi, o vita e recitativi miei, che contenete nascita, giovinezza


e gli anni della mezza età,
Che bizzarri, come lingue di fiamma dai vari colori, siete intrec-
ciati e fusi in unità, che armonizzate
La mia anima individua, e gli scopi, le conferme, gl’insuccessi, le

gioie. Nè un’anima individua solamente


Ma la rappresentazione decisiva della mia Nazione io canto (dell’A-
merica e forse dell’umanità) — la glande prova, la vittoria grande
Ed un eclaircissvment strano di tutte le masse del passato. Al mondo
orientale, al mondo antico, al medievale,
Qui, qui, mentre tornano dal loro divagare, dai loro deviamenti,
dalle lezioni loro, dalle guerre, dalle disfatte, qui, nell’occidente, per
esse una voce di trionfo — una voce che giustifichi tutto,
Un grido lieto e sonoro — un canto, per una volta sola, di pro-
fondo orgoglio e sodisfazione.
Io canto il comun ceppo, la generale mediana orda — nè il meglio
suo, piucchè il suo peggio. E canto ora anche la vecchia età
(I miei versi furono già scritti pel mattino della vita e per la di-
stesa dell’estate e dell’autunno,
Ed ora che io passo, lo stesso sempre, dai capelli bianchi come neve,
do i battiti stessi al ghiacciato inverno),

E qui, in trascurato gorgheggio, io e i miei recitativi, con fede,


con amore,
Veleggiamo ad altra opra, a canti ignoti, a nuovo stato :

Su, su, o voi, gioconda coppia, continuate sempre gli stessi.


ADDIO, FANTASIA 531

Il mio settantunesimo anno.

Dopo aver sorpassato tre ventine rii anni e dieci,

Con tutti i loro casi, cangiamenti, perdite e dolori,


Dopo la morte dei miei genitori e i vagabondaggi della mia vita,
le molte mie laceranti passioni e la guerra del '63 e ’64,
Come un soldato affranto dopo una marcia calda, lunga, spossante,
o forse dopo una battaglia,
Oggi, in sul tramonto, zoppicando, all’ appello della mia compa-
gnia con voce vitale rispondo presente
E vado ancora a rapporto, e, sopra tutto, saluto ancora l’Ufficiale.

Apparizioni.

Pende una nebbia vaga torno torno, fino a mezzo delle pagine
(Come è chiaro, ed è strauo, talora, all’anima.
Che tutte queste solide cose non sono veramente altro che appari-
zioni, concetti, non realtà !).

La corona scolorita.

Questa qualche cosa che io non posso buttar via, sebbene sia
funerea,
Lasciatela dunque sospesa al suo chiodo,
Con i suoi garofani, col suo azzurro e giallo, mentre il bianco è
diventato grigio e cinereo.
Questa rosa, or disseccata, io posi qui per te, o amico diletto;

Ma non perciò obblio te. Sei tu dunque svanito ?

Si è l’odore dileguato? Sono i colori e la vitalità morti?


No; finché le memorie fanno il loro sottil gioco, il passato è vivido
come sempre,
Perciò non più lungi che l’ultima notte, io mi svegliai, e in quel
cerchio spettrale rividi te,
Il tuo sorriso, gli occhi, la faccia, te calmo, silenzioso, amoroso
come sempre :

Onde resti la corona sospesa sempre, alla portata del mio sguardo,
- Essa non è ancor morta per me, nemmanco scolorita.
532 II'. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Una giornata compiuta.

La sodisfatta sanità e la gaiezza del sentirci finire;


La magnificenza, la vorticosa, lucente lotta, la vivace attività sono
finite;

Trionfo ora ! trasformazione ! giubilo !

Navi di antica età.

Da oriente e da occidente, traverso l’ estremo lembo dell’oriz-


zonte,
Due possenti imperiosi vascelli velieri giungono furtivi su noi :

Faremo noi una corsa sui mari — una contesa di battaglia an-
cora !

(Oh! le nostre gioie di lotta e di ardite gesta, al fine!)


Poni sulla vecchia nave tutta la sua potenza oggi !

Aumenta le vele di trinchetto, di parrocchetto e le più leggiere


di sussidio;
Su, la provocazione e la sfida — vessilli e svolazzanti pennoni sieno
aggiunti;
Quando prenderemo il largo, governa verso•
le acque più pro-
fonde e più libere.

All’anno in corso.

Non ho io un’arma di parole per te — qualche messaggio re-

ciso e fiero t

(Sono io veramente uscito di combattimento, è finita la mia bat-


taglia ?) Non resta alcun colpo
Per tutte le tue affettazioni, balbettìi, disprezzi e molteplici scioc-
chezze f

Nè per me — pel mio ribelle spirito in te ?

Giù, giù, gorga superba ! — anche se tu abbia a soffocarti:

Dà la tua barbuta strozza e l’altezzosa tua fronte alle rughe;


China basso il tuo collo ai donativi dell’elemosina.
ADDIO, FAX TASTA 533

La cifra Shakspere — Bacone.


Io non dubito dunque più, niente più;
In ogni antico canto ereditato — in ogni nobile pagina o testo
(Differente qualche cosa è, non compresa innanzi — qualche non
sospettato autore),
In ogni oggetto, montagna, albero od astro — in ogni nascita e in
ogni vita,
Come parte di ciascuna cosa — evoluta da ciascuna — vm signiiì-

cato è riposto dietro l’apparente,


Una mistica cifra vi si appiatta involuta.

Dopo lungo, lungo tempo da ora.

Dopo un lungo, un lungo corso di centinaia di anni, e di rinne-


gazioni,
Dopo accumulazioni, dopo aver suscitato amore, e gioia e pensiero,
Speranze, desideri, aspirazioni, meditazioni, vittorie e miriadi di
lettori,

Dopo incrostazioni di secoli e secoli,


Allora solamente questi canti daranno la sodisfazione che hanno
in sè.

Bravo ! Esposizione di Parigi !

Alla tua mostra, prima di chiuderla, o Francia,


A tutto il resto, che è visibile e concreto, ai templi, alle torri, alle
merci, alle macchine, ai minerali,
Aggiungi il nostro affetto, che si eleva da molti milioni di cuori
palpitanti, etereo ma solido
(Noi pronipoti e bisnipoti non dimentichiamo i nostri antenati).
Da cinquanta Nazioni e da nebulose Nazioni compatte, ti è inviato,
sovra il mare oggi
L’applauso dell’America, l’amor suo, le sue memorie, la sua bene-
volenza.
534 W. WEITMAN — FOGLIE DI ERBA

Suoni interpolati.

[Il generale Filippo Sheridan fu sepellito nella cattedrale, Washington


D. C, agosto 1888, con tutta la pompa, la musica e le cerimonie del
servizio Romano Cattolico.']

Sopra e traverso il canto mortuario,


Sopra l’organo, la solenne funzione, il sermone e gl’ inchini dei
preti,
A me, non in mezzo a quella pompa, vengono suoni interpolati :

verso me solamente si affollano discendendo dalla navata e dalla fi-

nestra.
Suoni di vorticosi ed aspri rimbombi d’improvvisa battaglia — l’or-
rido gioco della guerra nella sua intensità giunge al mio orecchio ed
occhio;
La scolta richiamata — il generale a cavallo con gli aiutanti at-
torno, l’ultima informazione portata, i concitati ordini,
Lo scoppiettìo delle carabine — il sordo rombo del cannone — il

precipitarsi dei soldati fuori le tende;


Lo scalpitare della cavalleria — la celerità strana nel formar le ri-

ghe — la lenta nota della tromba;


E il risonare de’ zoccoli dei cavalli partenti, delle selle, delle ar-
mi, dei finimenti.

Alla brezza del tramonto.

Oli ! sussultante, su ! dammi qualche cosa ancora, o invisibile.


Tu che qui, sul tardi di questo affocato giorno, entrasti la mia fi-

nestra e la porta,
Tu che inondi, che temperi tutto, che rinfreschi, che gentilmente
ridoni vitalità
A me, vecchio, solingo, malato, infiacchito, bagnato e consumato
di sudore;
Tu che ti annidi e che abbracci stretta e ferma e nondimeno de-
licatamente, tu sei miglior compagna che il conversare, l’arte, il libro !

(0 Natura ! O elementi ! voi avete sussurri pel mio cuore, superiori


a quelli che avete per altri —e questo è uno.)
ADDIO. FANTASIA 535

Come soave è il respirare il tuo savore primitivo — il sentire le tue


carezzanti dita per la mia faccia e le mie mani,
O magica messaggiera, strana confortatrice del corpo e dell’ ani-

ma mia !

(Frustrate le distanze — occulte medicine penetranmi dal capo ai


piedi.)
E sento il cielo, le praterie ampie — sento i possenti nordici laghi.
Sento l’oceano e la foresta — qualcosa io sento del globo stesso
che celere nuota nello spazio;
Tu, già respirata da labbra tanto amate ed ora dipartite — forse dalle
infinite provvigioni, da Dio
(Perchè tu sei spirituale, o Divina, più di ogni cosa nota al mio
senso),
Tu vieni per parlare a me, qui ed ora, per dire a me qualche parola
non detta mai e che non può dirsi.

Non sei tu la distillazione del concreto universale f L’ultimo raffi-

namento Legge e di tutta l’Astronomia ?


della
Hai tu un’anima? Non posso io conoscerti, identificarti?

Vecchi canti.

Recitando e terminando un vecchio canto.


Guardando una volta verso te, o Madre di Tutti,
Fantasticando, in cerca di temi convenienti per te,

Accetta per me, dicesti, le più antiche ballate,


E. prima che ti diparta, nomina per me tatti gli antichi poeti

(Fra i molti incalcolabili debiti


Del nostro Nuovo Mondo, il principale debito suo è verso i vecchi
poemi.)

Sempre nel così remoto passato, preludiando te, o America,


I vecchi canti, i preti Egiziani, e quelli di Etiopia,
Le epiche Indiane, le Greche, le Chinesi, le Persiane,
I libri della Bibbia, i profeti e i profondi idilli del Nazareno,
L'Iliade, l'Odissea, gl’intrighi le gesta e il vagare di Enea,
Esiodo, Escliilo, Sofocle, Merlino, Arturo,
II Cid, Rolando a Roueisvalle, i Nibelungen,
536 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

I trovatori, i menestrelli, i tedeschi cantori di amore (1), gli epici


rapsodi scandinavi (2).

Chaucer, Dante, schiere di uccelli cantori,


Le morte ballate, i racconti feudali, le dissertazioni, gli spetta-
coli,

Shakspere, Schiller, Walter Scott, Tennyson,


Come infinite, mirabili parvenze di un magico sogno,
Ti si affollarono attorno in grandi ombrosi gruppi,
Dardeggiando i loro possenti occhi imperiosi su te.
Tu, o America, col c ollo e col capo chino come ora, con mano e
parola cortese, ascendendo,
Indugiandoti un istante, abbassando gli occhi su essi ,
ripiena della
loro musica,
Assai compiaciuta accettando tutto quello che per te fu eia essi

preparato,
Tu entrasti le tue arcate del porticato.

Un complimento di Natale.

(Da una costellazione settentrionale ad una meridionale. 1889-90)

Sii il benvenuto, o fratello Brasiliano — il tuo ampio loco è

pronto;
Una mano affettuosa — un sorriso dal Nord — un soleggiato, pre-
muroso saluto !

(Lascia al futuro la cura di sè stesso, e al tempo in cui esso mo-


strerà i turbamenti suoi e i suoi impedimenti;
Nostra, nostra è la presente doglia generatrice, la democratica mira,
T accettazione e la fede.)
A te, oggi, il nostro braccio soccorritore, a te il nostro collo è ri-

volto, a te da noi l’occhio che aspetta.


O, libero gruppo di astri ! tu, brillante e fulgente ! tu che hai
bene imparato

(1)Minnesinger. Vedi pag. 396.


(2)Scald nel testo. Un poeta e storiografo di Scandinavia; nuo clie recitava e can-
tava poemi di elogio fra i Normanni; più raramente un bardo di qualche tribù teu-
tonica.
ADDIO. FANTASIA 537

La vera lezione della luce di una nazione nel cielo,

(Più risplendente della Croce tu, più della Corona),


A te l’altezza per diventare una superba umanità.

Suoni invernali.

Suoni invernali anche,


Splendore di sole sui monti —
molte lontane canzoni
Dal gradito treno della ferrovia, dal campo, dal granaio, dalla casa
più vicini;
Ecco la susurrante aria — anche dei muti ricolti falciati, delle am-
massate appiuole, del frumento,
Delle donne e dei fanciulli i variati accordi — e il ritmo dei molti
coloni e del correggiato;
E, fra tutto il resto, le garrule labbra di un vecchio dicono : Pensa
che noi non abbiavi ciato giù ancora,
E, fuor di questi nevosi capelli, noi teniamo ancor su la nostra vita-
lità.

Un canto del crepuscolo.

Mentre che seggo, nell’ultimo crepuscolo, solitario accanto al-


l’ondeggiante fiamma di quercia,
Ripenso alle scene della lunga guerra passata, agl’ innumeri se-
polti soldati sconosciuti,
Ai nomi vacui come di suono non capito di vento o di mare, di

quelli che non tornarono più,


Alla breve tregua dopo la battaglia, con le orride squadre di bec-
chini e con le profonde trincee ricolme,
Ai morti ammassati da tutta l’ America, dal Nord, dal Sud, dal-
l’Est, donde essi eran venuti,
dall’Ovest,
E dal boscoso Maine e dai poderi della Nuova Inghilterra e dalla
fertile Pensilvania, dall’ Illinois, dall’ Ohio,
Ovvero dall’incommensurabile Occidente, dalla Virginia, dal Sud,
dalle Caroline, dal Texas
(Anche qui, nell’ombra della mia stanza, fra questa mezza luce,
innanzi alle silenziose ondeggianti fiamme,
-

538 W. WHITMAN —FOGLIE DI ERBA

Di nuovo veggo le superbe file di soldati mareianti, moventisi —


odo il ritmico calpestìo degli eserciti).
A voi, milioni tutti di nomi non scritti —a voi, oscura eredità di
ogni guerra,
Un verso speciale per voi : un lampo di un dovere a lungo trascu-
rato. La mistica lista dei vostri nomi si è qui, stranamente, raccolta,
E ciascuno dei nomi die ho rievocati dalla tenebra e dalle ceneri
di morte
Starà, quind’inuanzi, prò fondamente dentro il mio memore cuore,
per molti futuri anni :

Completa la mistica lista dei nomi ignoti, del Nord ovvero del Sud.
Sia ora imbalsamata di amore, in questo canto del crepuscolo.

Quando il poeta pienamente cresciuto venne.

Quando il poeta pienamente cresciuto venne,


Compiaciuta la Natura parlò (il tondo, impassibile globo con tutte
le sue sfoggiate mostre notturne e diurne), dicendo : Egli è mio;
Ma parlò anche l’anima dell’ uomo, orgogliosa, gelosa, irreconci-
liabile : Xo, egli è mio soltanto.
Allora il pienamente cresciuto Poeta stette fra le due, e prese cia-

scuna per mano:


Ed oggi e sempre starà così, come per congiungerle, per unirle; e
terrà saldamente strette le lor mani,
Nè le rilascerà più, finche non riconcilii le due,

E interamente e lietamente non le fonda in uno.

Osceola.

(Quando io, quasi nella virilità, era in Brooklyn, Xeic-Tork, ( metà del
1838), incontrai uno dei marinai tornati dal forte ìloultrie, S. C., con

cui ebbi lunghi colloqui; fu da lui che appresi la sotto descritta morte
di Osceola. Questi, un bravo e giovane capo Seminolo (1) nella guerra

(1) I Seminoli furono una tribù Indiana della Florida. Ancora sopravvivono alcuni
rappresentanti di questa razza.
ADDIO. FASTA SIA 53H

citila Florida in quel tempo, si arrese alle nostre truppe e alla lettera

morì di cuore spezzato nel forte Moultrie. Ammalatosi pel suo impri-
gionameli lo, il dottore e gli ufficiali gli fecero ogni concessione e genti-

lezza possibile : poi tenne la fine.)

Quando l’ora della sua morte venne,


Egli lentamente da sè surse dal letto e discese sull’impiantito;
Trasse fuori il suo abbigliamento di guerra, la camicia, le uose, e
cinse la cintura attorno al petto;
Fece recarsi la sua tintura vermiglia (il suo specchio era tenuto
innanzi a lui),

Dipintesi mezza la faccia e il collo, i polsi e il dorso delle mani,


Pose il coltello da scotennare accuratamente nella cinta, poi giac-
que giù e riposò un istante:
Surse di nuovo, mezzo a sedere, sorrise, porse in silenzio le sue
mani distese a ciascuno e a tutti,
Cadde languidamente sull’impiantito (afferrando stretto il manico
del tomahawk),
E al line tìssò lo sguardo sulla moglie e sui piccoli tigli

(Questa è una linea in memoria del suo nome e della sua morte).

Una voce della morte.

(Il cataclisma eli Jolili stOM'u Demi, 31 maggio, 1889)

Una voce dalla morte, solenne e strana, in tutta la sua am-


piezza e possanza :

Con colpo improvviso, indescrivibile — città annegate — uomini


uccisi a migliaia,
La vantata opera del risparmio, le merci, le abitazioni, la fucina,
la strada, il ponte di ferro,

Furono spazzati, travolti da quel colpo — però la vita continuò


sempre
(Fra l’altro, in quell’urto, in quel turbine selvaggio ili frantumi
Una donna in travaglio di parto fu salvata, un bambino nacque a
salvamento).
« Sebbene io giunga, e, senza essere annunciata, fra gli orrori e
l’angoscia,
540 Il . WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

« E versi ondate e fuoco sconvolgendo tutti gli elementi » (questa


voce così solenne e strana risonò)
«Nondimeno anch’io sono una ministra della Divinità».

Sì, o morte, noi chiniamo le nostre facce, veliamo i nostri


occhi innanzi a te,

Noi piangiamo il vecchio, piangiamo il giovane intempestivamente


tratto a te,
Piangiamo il hello, il forte, il buono, il capace,
La famiglia naufragata, il marito e la moglie, il fabbro inghiottito
nella sua fucina,
I corpi sepolti nell’acqua e nel fango,
I mille riuniti in funebri monti ei mille non trovati nè riuniti mai;
Poi, dopo aver sepellito e pianto i morti
(Fedele ai ritrovati e ai non ritrovati, non obliando, sopportando
il passato e qui di nuovo fantasticando),
Un dì —per un fuggitivo momento o un’ora — essa l’America s’in-

china
Silenziosa, rassegnata, sommessa.

La guerra, la morte, un cataclisma come questo, o America,


Scendono profondamente entro il tuo orgoglioso prospero cuore.

Ed, ora, proprio mentre canto, ecco ! dalla morte, dalla melma
e dal limo,
I fiori rapidi fioriscono: la simpatia, l’aiuto, l’amore,
Accorrono dall’Occidente, dall’Oriente, dal Settentrione, dal Mez-
zodì, da sovra il mare,
E spronato gagliardamente il suo cuore e le sue mani, 1’ umanità
in aiuto degli commuove. umani si

Da dentro poi ecco ancora un pensiero e una lezione.

Tu, o sempre dardeggiante Globo, traverso l’Aria e lo Spazio !

Tu con le acque che ci circoscrivono !

Tu in tutta la nostra vita e morte, nell’azione o nel sonno !

Tu con le leggi invisibili che permeano essi e tutto !

Tu, che, in tutto e sopra tutto, e traverso e sotto tutto sei in-

cessante !

Tu ! tu ! vitale, universale, irresistibile forza gigantesca, insonne,


calma,
,

ADDIO, FASTA SIA 541

Tu elle tieni l’Umanità sulla tua aperta mano, come un eternerò


giocattolo,
Come è male il dimenticarti sempre !

Perchè anch’io ho troppo dimenticato


(Avvolto in queste piccole potenze di progresso, di politica, di cul-
tura, di ricchezza, d’invenzioni, di civiltà),
Ed ho smarrito la conoscenza della vostra sempre dominante pos-
sanza, o voi, potenti doglie degli elementi,
In cui e sopra cui noi fluttuiamo e ognuno di noi galleggia.

Una lezione persiana.

Per la sua culminante e ultima lezione, il grigio barbuto Sufi (1)


Nel fresco olezzo del mattino, all’aperta aria,
Sul declivio di un Persiano aprico giardino di rose,
Sotto un vecchio albero di nocciuolo, che largo spandeva i suoi
ram i

Così parlò ai giovani preti e scolari :

« Finalmente, o figli miei, per abbracciare ciascuna parola e


ciascuna parte di ogni cosa,
Allah è tutto, tutto, tutto, ed è immanente m ogni vita ed oggetto;
Forse ha molti e molti cangiamenti — nondimeno Allah, Allah,
Allah è ivi ».

« Ha vagato lontano lo smarrito ? Sono la ragione e il perchè stra-


namente nascosti ?

Volete voi sondare giù l'irrequieto oceano di tutto il mondo ?

Volete voi conoscere lo scontento ? l’impulso e lo sprone di ogni


vita ?

Quel qualche cosa che non fu mai distillato, non mai interamente
fluito? L’invisibile bisogno di ogni seme?»

« Un centrale impulso è in ogni atomo,


(Spesso incosciente, spesso malevolo, decaduto),
Che vuol tornare alla sua divina sorgente ed origine, comunque
distante.

(1) Sufi clmmansi i componenti di un ordine religioso in Persia.


542 W. W HITMAN — FOGLIE DI ERBA

Ed è latente al modo stesso nel soggetto e nell’ oggetto, senza al-


cuna eccezione ».

L'ordinario.

Io canto l’ordinario :

Come, a buon mercato è la sanità ! Come a buon mercato la no-


biltà !

Canto 1’ astinenza, non la falsità, non la ghiottoneria, non la vo-


luttà;
Canto l’aria aperta, la libertà, la tolleranza
(Ritieni questa come la più chiara lezione — m< no attinta dai libri —
meno dalle scuole),
L’ordinario dì e notte — l’ordinaria terra ed acqua,
Il tuo podere — il tuo lavoro, il tuo commercio, la tua occupa-
zione,
E la sottostante saviezza democratica, come solido terreno per ugni
cosa.

Lo sferico catalogo divino completo.

Domenica — ...Andai questa mattina a chiesa. Un professore di collegio,

il Rer. Dr..., ci regalò un dotto sermone, durante il quale io colsi

le parole suddette; ma il ministro incluse nello sferico catalogo, lettera


e spirito, solamente le cose estetiche, e mostrò d’ ignorare interamente
quello che io nomino nel seguente canto, cioè :

Il diabolico e il tenebroso, il moribondo e il malato,


Gl’innumerevoli (i diciannove ventesimi) vili e cattivi, crudeli e
selvaggi,
L’oppresso, i prigionieri in carcere, l’orribile, l’esuberante, il ma-
ligno,
L’infezione e il fango, i serpenti, i voraci scrocconi, i mentitori, il

dissoluto
(Quale è la parte che il tristo e lo stomachevole portano entro l’ ur-

bico schema della terra?),


I ramarri, le cose striscianti nella belletta e nel fango, i veleni,
II suolo sterile, i cattivi uomini, il rifiuto e l’odiosa putrefazione.
ADDIO, FANTASIA 543

Miraggi.

(Riferita a parola una conversazione, dopo una cena all’aperto nella Ne-
vada, con due vecchi minatori).

Maggior numero di esperienze e di spettacoli, o straniero, di

quanto tu pensi;
Più volte, talora più precisamente dopo la levata o prima del tra-

monto del sole,


Talora in primavera, più spesso in autunno, tempo perfettamente
sereno e aperta la vista,
Campi lontani o vicini, affollate vie di città, e mostre di magaz-
zini
(Fanne stima o no — tienilo in credito o no — ciò è tutto vero,
E il mio socio qui può dirti lo stesso — noi ne abbiam discorso
assieme spesso),
E popoli e scene, animali, alberi, colori e linee, evidenti, certi,
Poderi e vestiboli di abitazioni, vie fiancheggiate da sedili, dei lilla

agli angoli,
Nozze in chiesa, desinari di ringraziamento, ritorni di figli da
lungo tempo assenti,
Tristi funerali, la madre e le figlie velate di crespo nero,
Processi nei tribunali, giuri e giudici, P accusato nella gabbia,
Contendenti, battaglie, folle, ponti, porti,
E qua e colà, facce con segni di dolore o di gioia,
(Io potrei additarle in questo momento, se le vedessi ancora),
Apparirono a me, ben dall’alto, o a dritta sul lembo estremo del
cielo,

O chiaramente qui, a sinistra, sulle vette delle colline.

Scopo delle Foglie di erba.

Non ad escludere e a distinguere o a trar fuori i mali dalle


loro formidabili masse (anche se per esporli),
Ma per aggiungere, fondere, completare, estendere — e per cele-
brare l’immortale e il bene nacquero queste foglie.

tV. tV hitman. — Foglie di erba. 35


544 W. WHITMAN — FOGLIE LI ERBA

Superbo questo canto nelle parole e nello scopo,


Intese a distendere regni, vasti per spazio e tempo.
L’evoluzione — il cumulativo — i progressi e le generazioni.

Cominciato nella gioventù matura e fortemente continuato,


Vagando, guardando, indugiandomi con ogni cosa assorbendo —
guerra e pace, giorno e notte,
Non abbandonando mai, nemmeno per breve ora, il mio compito,
Lo finisco ora qui, malato, povero, vecchio.

Canto la vita; nondimeno, nel pensiero, ho presente la morte :

Ed oggi, piena di ombre, la morte sta sulla traccia dei miei passi:
e insediatasi in me, e da anni,
Si stringe, talora, a me, quasi faccia contro faccia.

Ciò che non è ancor detto.

Come osare di dir questo ?


Dopo i cicli, poemi, icantori, i gli spettacoli
Glorificati della Ionia e dell’ India — Omero, Sliakespere — dopo le
aree e le vie da lungo e lungo tempo, continuamente additate,
Dopo le splendenti costellazioni e le Vie Lattee degli astri, dopo i

maturati battiti della Natura,


Dopo tutte le passioni ìetrospettive, gli eroi, la guerra, 1’ amore,
l’adorazione,
Dopo tutti i piombini discesi alla loro più alta profondità,
Dopo tutte le vite limane, gole, desideri, cervelli e i suggerimenti
di tutte le esperienze,
Dopo gl’innumerevoli cauti, o lunghi o corti, di tutte le lingue e di
tutte le nazioni,
Sempre qualche cosa vi lia di non detto nella poesia vocale o stam-

pata, — qualche cosa che manca sempre


(Chi sa? il meglio è ancora non espresso e manca).
ADDIO. FAX TASIA 5-15

Grande è il visibile.

Grandi sono il visibile e la luce per me — grandi sono il cielo


e gli astri,
Grande è la terra, grandi sono il tempo e lo spazio eterni,
E grandi le loro leggi, così multiformi, enigmatiche, evolutive;
Ma di gran lunga più grande è l’invisibile anima mia, che abbrac-
cia e dà pregio a tutto,

Che illumina la luce, il cielo e gli astri, scava la terra, naviga il

mare
(Che sarebbero cotesto cose, senza te, o invisibile anima ? di quale
importanza senza te ?).

Piìi evolutiva, più vasta, più enigmatica sei tu, o anima mia !

Più multiforme di gran lunga — più diuevole tu che le visibili

cose.

Germogli invisibili.

Invisibili germogli, infiniti, ben nascosti


Sotto la neve e il ghiaccio, sotto la tenebra, in ogni pollice qua-
drato o cubico,
Germinali, squisiti, di delicato ricamo, microscopici, non nati,
Come nascituri entro l’utero, sono latenti, avviluppati, compatti,
dormenti;
Bilioni di bilioni e trilioni di trilioni di essi aspettano
(Nella terra e nel mare — nell’ universo — negli astri che sono in
cielo),

E spingonsi lentamente, sicuramente innanzi, prendendo forme


senza numero,
E sempre altri più aspettano, sempre più addietro.

Addio, o mia Fantasia.

Addio, o mia Fantasia !

Stai bene, o compagna cara, o caro amore !

Io sto andando via, e non so dove,


546 W. WHITMAN — FOGLIE DI ERBA

Nè a qual ventura, nè se potrò vederti ancora :

E così, Addio, o mia Fantasia !

Ora per l’ultima volta — • fa’ che io guardi indietro, un istante :

Il piò lento e debole tintinnire dell’oriuolo è in me,


L’attore va via, la notte viene, e presto il sommesso battito del
cuore si arresterà.

A lungo abbiam vissuto, gioito, e ci siamo accarezzati insieme;


Fu delizioso ! Ora ecco la separazione. Addio, o mia Fantasia.

Nondimeno permetti che io non sia troppo frettoloso;


A lungo, per verità, noi abbiam vissuto, dormito, e ci siamo pu-
rificati assieme, e diventati un essere solo,
Perciò, se morremo, morremo insieme (sì, resteremo un essere solo):
Se andremo in qualche loco, andremo insieme a incontrare quello
che ci avverrà,
Forse, lungi di qui, staremo meglio, saremo più lieti, e impareremo
qualche altra cosa;
Forse sei proprio tu, che ora, realmente mi suggerisci i veraci canti
(chi sa ?),

Forse sei tu il tumore mortale che realmente mi distruggi, e trasfor-


mi. E così, dunque, Addio e salve, o mia Fantasia !
Una nota del diario dell’esecutore testamentario, 1892.

Oggi ho detto a W. W. « Sebbene tu abbia compiuto le tue cor-


rezioni alle « Foglie » ,
e dato ad esse il tuo addio, tu vivrai
ancora un anno o due e scriverai nuovi poemi. La domanda è :

che ordini tu che si faccia di questi poemi, quando verrà il giorno


di fissare il loro posto nel volume?». — «Che cosa farne? Io non
sono impreparato. Io ho pensato anche a questo caso. Ho in serbo
il titolo : « Echi della Vecchiaia », applicandolo non tanto alle cose*
quasi ad echi di cose, ma come ad un secondo ricolto di erbe».
— « Tu bai posto assai canti nelle differenti edizioni, così da farne
un volume. Un giorno il mondo chiederà che sieno posti insieme
in qualche modo». — « Pensi così tu? » « Certamente. Vuoi tu —
ripudiarli ?» —
« Perchè dovrei ? Come potrei ? Per quanta tu po-
trai commetto che qualsiasi cosa possa
avere autorità in questo, io ti

essere aggiunta alle essere come supplemento,


« Foglie », dovrà
dichiarato come tale, lasciando il volume così completo come lo
lasciai io le aggiunte debbono porsi in seguito, al punto in cui la-
:

sciai il volume, segnando sempre una linea di divisione che non

permetta equivoci. A lungo andare il mondo farà ciò che vorrà


del libro. Io sono risoluto a far conoscere al mondo quello che io
volevo ».

Non vi ha poi ragione per dubitare che « Un pensiero di Colombo »


con cui si chiudono gli « Echi della Vecchiaia », sia F ultimo deli-
berato componimento di W. W. Ha la data di dicembre 1891. (W. W.
morì nel 1892, 25 marzo.)

— 547 —
"
ECHI DELLA VECCHIAIA.

(aggiunte postume)
ECHI DELLA VECCHIAIA.

Elevarsi in libertà e in pienezza di forze.

Io non lio gareggiato molto con gli uccelli elle cantano musi-
calmente,
Io mi sono abbandonato alle fughe ed agli ampi periodi musicali,
Lo sparviero, il gabbiano hanno posseduto me più che il canarino
e l’uccello motteggiatore;
Io non ho mirato al gorgheggio e al trillo, comunque dolci,
Io ho mirato ad elevarmi in libertà e in pienezza di forza, di gioia,
di volere.

Allora comprenderai.

Quando in benevolenza, in languore, in fioritura e crescenza,


I tuoi occhi, i tuoi orecchi, ogni tuo senso, ogni tua più alta dote,
e tutto quello che prende cognizione della bellezza,
Si sveglieranno in te e ti riempiranno, allora tu comprenderai.

Le poche stille conosciute.

Di eroi, di storia, di grandi eventi, di antecedenti, di miti, di


poemi,
Le poche stille conosciute devono attestare gli oceani di ciò che
è ignoto;
— 551 —
552 W. WHITMAJY — FOGLIE DI ERBA

Sa questa bella e così densamente popolata terra, un qualche spe-


cimen posto qua e là per ricordo,
Un po’ di Greci e di Romani, un po’ di canzonette Ebree, un po’
di odore mortifero, come di sepolcri, dall’Egitto,
Che cosa sono, rispetto alla lontana e copiosa retrospettiva anti-
chità ? -

Un pensiero sempre in prima riga.

Un pensiero sempre in prima riga,


Questo : che sulla Divina Nave, il Mondo, il quale riposa sul seno
del Tempo e dello Spazio,
Tutti i popoli del globo navigano insieme, veleggiano al medesimo
viaggio, sono congiunti pel medesimo destino.

Mentre dietro tutto, saldo ed eretto.

Dietro tutto, saldo ed eretto come sempre,


Non isgomentato in mezzo alle rapide — in mezzo all’irresistibile e

mortale impulso,
Sta un timoniere, con la fronte alta, e la mano gagliarda.

Un bacio alla sposa.

( Matrimonio di Xelly Grani, maggio 21, 1874).

Sacro, gioioso, spontaneo,


Con le benedizioni dell'Est e dell’Ovest,

E con i saluti del Nord e del Sud,


Per mezzo mio, veracemente, oggi, un milione di cuori e di mani,
Solleva un milione di amori, un milione di preghiere sentite dal-
l’anima :

— Affettuoso e verace resti il braccio che ti protegge !

Dolci venti empiano le vele della nave che ti conduce !

Limpido sole il dì e lucenti astri la notte risplendano su te,

Cara fanciulla ! Per mezzo mio, anco l’antico privilegio:


ECHI DELLA VECCHIAIA 553

A nome del Nuovo Mondo, pei 1


mezzo mio, l’antica e antica con-
gratulazione nuziale :

O giovinezza e salute ! O dolce rosa del Missouri ! O leggiadra


sposa,
Porgi le tue gote rubiconde, le tue labbra, oggi,
All ’ajnor<'so bacio di una Nazione.

Sì, non parlarmi oggi della pubblicata onta.

(Inverno del 1873, il Congresso in sessione).

Sì, non parlarmi oggi della pubblicata vergogna,


Non leggermi oggi la fìtta pagina del giornale,
Nè le relazioni spietate, che improntano marchi d’infamia su fronti
e fronti,

Nè la rea colonna, che segue la rea colonna.

Oggi a me che ributto il racconto,


Che rivolgo da esso gli occhi — che rivolgo gli occhi dal bianco
Campidoglio,
Lungi da queste gonfiate cupole, culminate di statue,
Più infinite, giubilanti, vitali visioni levansi,
Non pubblicate, non riferite.
Traverso tutte le vostre quiete vie, o Nord o Sud, o voi, Eguali
Stati, o voi, oneste fattorie,
Le vostre milioni eli virili e sane vite oscure, o Est o Ovest, in
città o in campagna,
Le vostre tranquille madri, sorelle, mogli, incoscienti di lor bene,
La vostra massa di abitazioni, nè povere, nè ricche, sorgono in
visione — (anche le eccellenti povertà vostre).
L’essere vostro, che distilla incessante, virtù, abnegazioni, grazie,
La vostra infinita base d’integrità dentro voi, timida ma certa,
Le vostre benedizioni con fermezza impartite, sicure come la luce
e calmo
(Immergendomi in esse come un risoluto palombaro entro le pro-
fonde e nascoste acque),
Queste, queste io, oggi, accarezzo; su queste rifiutando ogni altra,
voglio meditare,
A queste dar oggi udienza.
554 TI'. WJITTMAN — FOGLIE DI ERBA

Ore suppletive.

Sane, randagie, negligenti ore,


Sane, facili, culminanti ore,
Ecco venite al riapparire della vigoria della mia vita, nella mia estate
diana (1).

Lungi dai Libri — lungi dall'Arte — dopo avere imparata e ripas-


sata la lezione),
Deliziato, bagnandomi, in esse ore iminergen domivi tutto, il sano
il magnetico sieno in me ora per il giorno e per la notte— nell'aria
apei ta,
Nei campi, nelle stagioni, negl’insetti, negl’ alberi, nella pioggia e
la neve,
Sieno là dove le api selvatiche, svolazzando, ronzano,
Dove agosto matura i verbaschi, dove, d’inverno, i fiocchi di neve
cadono,
O dove gli astri nei cieli gironsi —
Il silenzioso sole e gli astri.

Il ricordo di molte ribalderie.

Pieno di tristizia io, ricordando molte ribalderie — di azioni peg-

giori capace —
Nondimeno guardo composto la natura, bevo dì e notte le gioie

della vita, e aspetto la morte con perfetta equanimità,


A cagione del mio tenero e illimitato amore per colui che amo, e

a cagione del suo illimitato amore per me.

(X) Indian summer nell’America del Nord è dilaniato un periodo di tempo caldo
sul finire dell’autunno, caratterizzato per solito da un cielo sereno e da una vaporosa
apparenza dell’atmosfera, specialmente presso l’orizzonte, il detta estate Indiana, per-
chè gl’indiani approfittano di questo periodo di tempo, per raccogliere le loro prov-
viste invernali.
ECHI DELLA VECCHIA LA 555

Esistere sopra tutto.

(Cfr. Stanza 27 del Canto del proprio Io, pag. 54).

Esistere sopra tutto, che cosa è meglio di questo ì

Io peuso che se non vi fosse altra cosa più sviluppata, il mollusco


nella sua callosa conchiglia, entro la sabbia, sarebbe abbastanza
augusto.
Ma io non sono in una callosa conchiglia;
Io sono incastrato in duttili conduttori; tutt’ attorno
Essi prendono ogni oggetto per mano e l’adducono dentro me;
Sono migliaia, ciascuno con la sua entrata per sè;

Stanno sempre in guardia con i loro piccoli occhi, dal mio capo
ai miei piedi;
Uno che non è più che un punto, fa entrare in me ed uscire da
me tale benedizione e grandezza,
Che io penso che potrei sollevare l’architrave della casa, se esso
fosse tra me e la cosa che desidero.

La valle della morte.

( Per accompagnare un quadro « La Falle dell' Ombra della morte » di-


pinto da Giorio Inness).

Sì, non è un sogno, o fosco disegnatore,


Tu hai dipinto con finitezza l’intero tuo tema;
Io, sebbene tardi, accanto a questa valle, accanto ai suoi termini,
in grado di darle delle occhiate,
Entro qui volentieri con te, reclamando il mio diritto di addive-

nire un simbolo.
Perchè io ho visto morire molti soldati feriti,
Dopo terribili sofferenze —
ho visto le loro vite passar via sor-
ridenti;
Ed ho vegliato le ore di morte del vecchio, ed ho visto morire
l’infante,
E il ricco con tutte le sue assistenti e i suoi dottori,
E poi il povero in magrezza e povertà :
556 ir. WRITMA A — FOGLIE DI ERBA

Ed io stesso, per lungo tempo, o morte, lio respirato ogni mio re-
spiro
Nella tua vicinanza e pensando a te, silenzioso.

E fuori di queste cose e di te,


Io traggo una scena, un canto (non Irò paura di te,
Nè dei tuoi precipizi tristi, nè della desolazione, nè della tenelira,
poiché tu non mi sgomenti;
Nè celebro la lotta, o la contorsione o il nodo saldamente stretto),

Dell’ampia luce benedetta e della perfetta aria, con i prati, con le


increspantisi maree e con gli alberi o i fiori e l’erba,
Col sommesso susurro della vivente brezza nel cui centro è la bella
eterna mano diritta di Dio,
E canto te, o la piti santa ministra del cielo, te, messaggiera, an-
nuuziatrice, guida finale di ogni cosa,
Te, o ricca, o florida, che disciogli le strette del nodo che cliiaman
vita,
Didce, pacifica, benvenuta morte.

Sullo stesso dipinto.

( Riferito alla prima starna di « Traile della Morte-»)

Sì, lo so bene, è spettrale il discendere in questa valle :

Predicatori, musici, poeti, pittori, sempre la ritraggono,


E i filosofi T utilizzano. Il campo di battaglia, la nave in mare, le

miriadi di letti, tutte le terre.


Tutto tutto il passato è in essa entrato, e la più antica umanità
che noi conosciamo
Di Siria, d’india, di Grecia, «li Roma;
Finché ora, sottessi i nostri occhi, distendendosi al modo stesso,

oggi.
Orrida, pronta al modo stesso, oggi, per l’entrata tua e mia,
Qui, qui sta miniata.

Un pensiero di Colombo.

Il mistero dei misteri, la fiera, turbinosa, incessante fiamma,


spontanea, che sostiene sè stessa.
L’immenso, rotondo, concreto mondo 1
ECHI DELLA VECCHIAIA 557

Un soffio della Divinità come se di là il grave mondo si svi-

luppi !

I molti cicli uscenti dal loro precedente minuto !

Le ere dell’anima, iniziantisi in un’ora,


Forse le più ampie, le più lontane evoluzioni del mondo e del
l’uomo.

Migliaia di migliaia di miglia da qui, ed ora son quattro se


coli,

Un impulso mortale agitò la cassa del suo cervello,


Cosciente o incosciente, la nascita non poteA'a essere differita più
a lungo :

Fu il fantasma di un momento, mistico, dignitoso nell’incesso, im-


provviso,
Solo un silente pensiero, ma precipitante rumoroso più che mura
di rame o di pietra
(Un fluttuare al margine della tenebra, come secreta, vicina rive-
lazione dell’antico Tempo e Spazio).

Un pensiero ! un defluito pensiero affermautesi in forma precisa.


Quattrocento anni si svolgono :

II rapido cumulo — commercio, navigazione, guerra, pace, demo-


crazia si svolgono:
Gl’irrequieti eserciti e le flotte del tempo seguono il loro duce, gli
antichi accampamenti dei secoli son piantati su aree più nuove, più
ampie,
L’impacciato e a lungo differito eclaircissemevt dell’ umana A' ita, e
le speranze cominciano audacemente a rompere i loro Aincoli.
Come dove cresce il Mondo Occidentale.
qui, oggi,
(Ancora una aggiunta al mio canto, o antico
parola ScoA'ritore,
tale che non fu mai iin-iata ad alcun figlio della terra :

Se tu odi ancora, odi me


Gridare corno ora fo : terre, razze, arti applaudono a te;
Sulla lunga Aia che mena a te, Aiene un Ar asto consenso, ven-
gono il nord, il sud, l’est, l’oA-est,

E anima clic applaudente! Acclamazione! Echi reverenti


la loro ì

Moltiplico, immensa è la tua memoria oceani e terre ! !

11 mondo moderno viene te e al tuo pensiero.)

F I XE .
.

I2sT DICE.
Prefazione
Iscrizioni
..... Pag-.
»
VII

Me
Mentre
io canto
io
......
meditava in silenzio
»
»
ivi

ivi
1

Alle Nazioni estere ....


Entro navi con cabine, in mare

.....
»
»
2
3
Ad uno
A te,
storico
vecchia causa .... »
»
ivi
ivi

Idoli
Per
Quando
lui io
io
canto
leggo
....il libro .
»
»
» ivi
4
8

Cominciando
Gli iniziatori
Agli Stati
.....
i

......
miei studi »
»
»
ivi
ivi
9
Viaggiando per gli Stati . » ivi

Ad una
Io imperturbabile
Savantismo
....
certa cantante

.....
»
»
»
10
ivi
ivi

La partenza della nave » 11


Odo l’America cantare » ivi

Qual piazza è assediata ? . » ivi

Calmo, sebbene l’uno io canti . » ivi

Non chiudete
Poeti dell’avvenire
le

....
vostre porte . »

»
12
ivi

A Te
Tu, o lettore
Partendo da Paumanok
..... »
»

»
ivi
ivi

13
Il Canto del Proprio io.
Figli di Adamo .... — .

— 559
»

»
27
89

W. W hitman. — Foglie di erba. 36


.

5 60 INDICE

Al Paradiso il ......
mondo
.... Pag. 89

Io canto il .....
Dalle correnti chiuse e lancinanti

......
corpo elettrico
»
»
ivi

91
Una donna
Spontaneo me ........
aspetta

Un’ora alla pazzia e alla gioia


me

....
»
»
»
100
101
103
Fuor della massa del fluttuante oceano » 101
Ere ed ere che ritornate ad intervalli » 105
Noi due, come a lungo fummo trattati da folli » ivi
O Hymen ! O Hymenee ! . » 106

Momenti
Una
nativi. .......
10 sono colui che spasima di amore

volta traversavo una città popolosa


»
»

»
ivi

ivi

107
Udii voi, o solenni e dolci canne dall’organo . » ivi
Volgendo
fornia.
la fronte

........
ad occidente dalle sponde

....
della Cali-
» 108
Come se Adamo
Calamus ........
di buon mattino

.......
»

»
ivi

109
Per vìe non calcate
Erbaggio profumato del mio seno .... »

»
ivi

110

Per te, o Democrazia


Cantando queste cose
......
Chiunque tu sii che mi tieni per mano

.... in primavera
. »

*
111
113
ivi

Non il solo affannare del mio costolato petto . » 115


Del terribile dubbio delle apparenze » ivi

11

Memori
Quando
età future
udii la sera di
.......
fondamento di tutta la metafisica

.... un giorno
»

»
116
117
ivi

Sei tu la nuova persona attratta verso me ? » 118


Solamente radici e foglie son queste » 119
Non
Goccialate, o stille .......
calore .fiammeggia e

........
consuma . »

»
ivi

ivi

Città di orgie
....
Guarda questa faccia abbronzata
»
»
120
ivi

Ad uno
scere .........
Vidi già nella Luisana una sempre verde quercia

.......
straniero
cre-
»
»
121
ivi

Mesto e
......
pensoso in questo momento
Io odo che fui accusato
Fendendo l’erbe .....delle praterie
»
»
»
122
ivi

123
Quando io leggo la gloria acquistata » ivi
INDICE 561

Noi due fanciulli insieme avvinti .....


....... Pag. 123
Una promessa
Queste paiono le ....
alla California

......
più fragili foglie mie »
124
ivi

Non macchina che risparmi lavoro


Uno sguardo ..........
.......
ivi

125
Una foglia da mano a mano
O Terra, a me somigliante
Io sognai in
.......
........
un sogno
ivi

ivi

126
Per che cosa pensi tu che
All’Est e all’Ovest .........
.......
io prenda la mia penna ? . » ivi
ivi

Talora con qualcuno che


Ad un fanciullo di Occidente ....... amo 127
ivi

O saldamente ancorato, eterno amore


Fra la moltitudine ......... ! . . » ivi
ivi

0 tu, a cui spesso e silenzioso io


Quest’ombra a me somigliante.
Pieno di vita ora
......
.........
vengo. . . . » 128
ivi

ivi

Salut au monde ! » 129


Il

Il
canto della pubblica strada
Traversando in chiatta il Brooklyn
canto del veggente
.... »

»
»
141
1.53

161
Il nostro antico fogliame » 167
Un canto di tripudi » 173
Il canto della scure 181
Il

Il
canto dell’Esposizione
canto dell’albero dal legno rosso.
Un canto per le occupazioni
...» »

»
193
205
211
Un canto della rotante terra
Gioventù, giorno, vecchiaia e notte. .... »
»
219
225

O
Uccelli di passo
Canto dell’universale
Pionieri !
........
!.......»
Pionieri
» 227
ivi

229
A te
Francia
.

(
. .

....
..........
.

l’anno 18 degli Stati Uniti)


. . . . . . »
»
233
235
Io e
Anno
i miei
di meteore .......
.........
( 1859-60 )
236
238
Con i

Una rassegna
Spruzzi Marini
precedenti
a .......
Broadway
239
243

Fuor della culla che dondolava incessante


Quando io rifluiva con l’Oceano della vita
...»
...»
» 247
247
253
.

562 INDICE

Lagrime ....... Pag. 256


All’uccello della nave da guerra
A bordo presso
Di notte sulla spiaggia
al timone ....
....
»

»
»
257
258
ivi

Il mondo sotto l’acqua salsa . » 259


Solo, di notte, sulla spiaggia . * 260
Canto per tutti i mari, per tutte le navi. » ivi

Facendo
Dietro la nave in mare
Da sul marciapiede
....
la ronda a

....
Barnegat . »
»
»
261
262
263
Una ballata di Boston {1854) .
» ivi

Europa
Uno specchio a ....
{negli anni

....... mano
’72 e ’73 di questi Stati) »
»
265
267
Iddìi.
Germi
Pensieri
.......
.......
»

»
ivi

268
ivi

Quando
Perfezioni .......
udii il dotto astronomo >

»
269
ivi

O me
Risposta
! o vita
.......
!

.....
»

»
ivi

270
Ad un
Seggo e guardo.
Presidente
.....
.....
»
»
ivi

ivi

271
Ai ricchi donatori
La carezza delle aquile .... »
» ivi
272
Un ....
Di pensiero in pensiero {Dopo aver

.....
quadro di fattoria
letto Hegel) »

» ivi

Stupore di fanciullo
Il corridore ......
......
»
»
ivi

ivi

Donne
Madre
belle
e .....
.......
bambino
»
»
ivi
273
Pensiero
Mascherata ......
.......
»
»
ivi

ivi

Pensiero
Strisciando su tutto ..... »
»
ivi

ivi

È mai venuta
Pensiero .......
......
sopra di te un’ora
»
274
ivi

Alla Vecchiaia
Locazioni e tempi
Offerte
.....
.......
»

»
»
ivi

ivi

274
Agli Stati {per identificare la 16 a 1 7 a o la 18' Presidenza). » ivi
.

INDICE 563

Colpi di tamburo
Prima, o miei canti, mi preludio
Anno mille ottocento sessantuno
......
......
Pag. 277
ivi

279
Battete ! Battete ! Tamburi ! . . . . » 280
Partendo da Pautnanok
Cauto della bandiera all’alba
io
.......
volo come un uccello

...»
. . » 281
282

Yirginia-l’Ovest
Città di navi
.........
Levatevi, o giorni dagl’informi abissi vostri

..........
288
291
ivi

Il racconto del Centenario ( Volontario del 1861-62, al

11 Centenario ........
Washington Park, Brooklyn, assistendo al centenario .

»
» 292
293
296
Terminus .

Cavalleria attraversante
. . .

un guado
.

....
.

....
. .

»
»
297
Bivacco sul tianco della
Un corpo di esercito in marcia
montagna
.... »
»
ivi

298
Accanto all’incerta fiamma del bivacco
Yien su dai campi,
Una strana vigilia
o
io
padre
feci, una
.....
notte, al campo
»
»

»
ivi

ivi

300
Una marcia tra le file affret-tantisi e per via sconosciuta » 301
Quel che vidi nel campo
un giorno ........ al grigio e fosco spuntare di
» 303
Quando affaticato vagavo per
Non il pilota ........ i boschi della Virginia »
»
ivi

304
Anno che tremava
L’assistente dei feriti
A
......e barcollava sotto me. »
»
ivi
ivi

Dammi
lungo, troppo a lungo, o America
lo splendido silenzioso sole
Canto funebre per due veterani
....
.... »
308
ivi

310
311
Sopra la strage surse una voce profetica
Vidi assediato un vecchio generale
La visione dell’artigliere
....
......
»
»
»
312
ivi

Etiopia che saluta la nostra bandiera » 314


Non
Bazza
la giovinezza
di veterani .......si

....
appartiene a me » ivi

315
O abbronzato
Guarda
Riconciliazione
.....
figlio della prateria

........
giù, leggiadra luna
»
»
ivi

ivi

316
Quanta sollennità, mentre che ad una ad una. » ivi

Gruppo gentile ........


Mentre che poso il mio capo sul tuo seno, o camerata »
»
ivi

317
564 INDICE

Ad
Su
ira pacifico cittadiuo
alle vette, o Vincitrice
... ...
........ Pag. 317
ivi

O Spirito, la cui opera è


Addio ad un soldato .........
.........
compiuta . . . . » ivi

313
Rivolgiti, o libertà
Al fecondato suolo che
Memorie
...... essi

Presidente Lincoln
calcarono
320
ivi

Quando
del
gli ultimi ...»
.......
lilla fiorivano nella corte
» 323
ivi

O Capitano, mio capitano


......
.......
Silenzioso sia oggi l’accampamento
Questa polvere fu già un uomo
» 332
333

Travolgimenti
....
..........
Sulla sponda dell’Ontano azzurro »
ivi

335
351

Come
Rivoli autunnali
derivati, etc. .........
.........
. » 353
ivi

Il ritorno degli eroi


....
..........
Ei vi era un fanciullo che uscia fuori
Vecchia Irlanda
»
354
360
362
La ...
..........
casa della morte nella città . . » 363
Questo composto
Ad un ......
.......•»
rivoluzionario Europèo vinto
364
366
Terre senza nome.
11 canto della prudenza ........ 367
369


Il cantore in carcere
Gorgheggio per
Schizzi per
......
........
.

la stagione del lilla


una tomba.
. . . . . . » 371
373
375
Da dietro questa maschera ( Guardando un ritratto) . . » 377
Vocalismo . . . . . . . . . » 378
A 379
O
colui che fu crocifisso
...»
........
voi criminali, innanzi alla corte di giustizia
. . . . ,
. »
380
Leggi per
Ad una ........
le creazioni

......•»
prostituta comune
» 381
i T1

Pensiero
Miracoli
....••••••*
Indagai per lungo tempo 382

383

Ad uno .........
Scintille sprizzanti dalla rota
scolaro
......•»
. . • . • . »
*
ivi

384

Dopo
Cosmos
......
Sviluppato fuor dei viluppi

...........
tutto, che cosa sono io '>

*
385
i''
-
*

Altri può lodare quel che gli piace . . . . » ivi


INDICE 565

Verità esemplari
La torcia
.....
Chi impara tutta la mia lezione

......
? Pag. 386
»

»
388
ivi

O Astro di Francia (
1870-71 ) » ivi

Il domatore di animali bovini » 390


Pensiero di un vecchio maestro di scuola ( Per la inaligli-

razione di una pubblica scuola. Camiden, New Jersey 18 74) » 391


Passeggiando di mattina » 392
Musica italiana Dakota (La banda del decimo-settimo.
in
«
Con tutti tuoi doni i

La mia galleria di pittura


....
La più perfetta banda da me udita »)

.
»

»
393
ivi
ivi

Gli Stati delle Praterie. 394


Superba musica della tempesta . » 395
Passaggio all’India » 403
La preghiera di Colombo » 413
1

Trasposizioni
Pensando
dormienti

al
.....
tempo
»
»

»
417
426
427
Susurri di morte celestiale » 435
Oseresti tu, ora, o anima » ivi

Susurri di morte celestiale . » 436


Cantando il divino quadrato » ivi

Di colui che giorno e notte amo . » 439


Anche, anche voi, o ore di sconforto . » ivi

Sicurtà .......
Come se mi accarezzasse un fantasma

Anni come sabbie ingoianti .


. A

»
»
440
ivi

441
Questa musica sempre attorno a me » ivi
Quale nave imbarazzata in mare . » 442
Un ragno silenzioso e paziente » ivi

Oh sempre vivente
1

Ad un moribondo. ....
....
e sempre morente !

»
» 443
ivi
Notte sulle praterie
Pensiero
L’ultima invocazione
......
.... »
»

»
444
ivi
445
Eiguardaudo
Pensoso ed esitante
0 tu, madre dall’uguale
....
il bifolco mentre arava

figliolanza
. »
»
»
ivi

446
447
Un quadro a Paumanok » 453
Dal meriggio alla notte stellata . » 455
. .

566 INDICE

0
Visi
Il
........
astro che pieno risplendi su in alto

.....
mistico trombettiere
Pag. 455
»
»
456
460

......
Ad una locomotiva,

......
0 magnetico Sud
d’inverno »
»
464
465
Mannahatta
......
......
Tutto è verità
»

»
466
467
Un
Excelsior .......
cauto enigma »
»
468
470
Oh, Voi
Pensieri
Medi ums
.......
! povertà, fughe e ritirate tristi

.......
»

»
»
ivi
471
ivi
Tessi, o ardimentosa
Spagna nel 1873-74
Sull’ampia sponda dal Potomac
.....
mia vita

.
»
»
>
472
ivi

473
Dai lontani Canons di Dakota
Vecchi sogni di guerra
0 Emberiza dalle penne di svariato colore
.... .
»

>
474
475
ivi

Il meglio ch’io vedo in te . » 476


Spirito, che creasti questa scena » 477

Una limpida mezzanotte


Canti della Partenza
....
Mentre che passo questi ampi, maestosi giorni

....
»

»
ivi

478
479
Or che il tempo si avvicina.
Anni del moderno ..... *

»
ivi

ivi

Ceneri di soldati
Pensieri
Canto sul tramonto
.......
.
-

. . ; .
" '
'
»
>>_

»
481
483
485

Il mio legato ......


Mentre che alle tue soglie, o morte "
. »
»
487
ivi

Campi verdi
Il singhiozzo delle
.........
Pensosa guardando i suoi morti .

campane. (Mezzanotte- Settembre


»
»
488
489

19-20 1881 ) » 490


Or che si accostano al termine . » ivi

Letizia, o
Il .....
mia compagna

........
bisogno non detto
di nave, letizia ! . »
»
491
ivi

Porte
Questi canti.......
....
»
»
ivi

ivi

Quanto !......
Ora finalmente
tardi
alla sponda »
»
492
ivi
.

INDICE 567

PRIMA AGGIUNTA.
( Edizione 1900).

Paumanok
....
Granelli di sabbia a settant’anni
Mannahatta
....
Pag. 199
»

»
ivi

ivi

Da Montauk Poiut » ivi

A quelli cko non riuscirono. » 500


Un cauto in sul chiudere i sessanta nove anni » ivi

I più valorosi soldati


Sedendo
II mio canarino
e scrivendo ....
.....
. »
»
»
ivi

501
ivi

Domande al mio settantesimo anno » ivi

II primo Dandelion ....


I martiri di Wallabout

......
»
»
ivi

502
America
Memorie
Oggi e tu
...... »
»

»
ivi
ivi

503
Poiché lo splendore del giorno . » ivi

Abramo Lincoln, nato il 12 febbraio 1809 » ivi

Le elette mostri » ivi

Giorno di pace
Fantasie a Navesink ....
....
»

»
501
505
Il

Se
pilota entro la nebbia
io avessi la scelta .....
Voi, maree che incessanti vi gonfiate .
»
»
»
ivi

ivi

506
Ultimo riflusso e luce morent del giorno . » ivi

Eppure non te solo . . . . •


. » 507
Orgogliosamente il riflusso viene » ivi

Da
Poi il finale di tutto
Giorno di elezioni
.....
questa lunga contemplazione di onde

— Novembre 1881 .
»

»
»
508
ivi
ivi

....
Quali rauche e suberbe labbra, o mare
Morte del generale Grant
Giacchetta rossa. (Dall’alto)
»
»
»
509
510
ivi

Monumento

Broadway
a
....
Washington,

.......
Di questa tua gioiosa gola
(febbraio 1885). »

»
511
512
ivi
Ad
Il
intendere
....
il

vecchio Salt Kossabone


finale spirito ritmico dei canti »
»
513
ivi
568 INDICE

Il morto tenore .........


.......... Pag. 514
Continuità
Yonnondio
...... ...........
....
ivi

515
Vita
........
.......
Andando in qualche parte
» ivi

516

.........
Tenue il tema del mio canto
Veri conquistatori
...»
ivi

517

Il .......
Gli Stati Uniti ai critici del vecchio

.......
pensiero che acqueta tutto
mondo ivi

518

Vita e Morte ..........


Ringraziamenti alla vecchiaia

.........
ivi

519
La voce
.......
della pioggia
Presto l’inverno verrà
...» meno
ivi

ivi

Mentre che
Il .........
il passato non è ancor dimenticato

........
veterano moribondo
520
ivi

Le più gagliarde
Un ........ lezioni

...........
tramonto nella prateria
Venti anni
521
ivi

522

postale ...........
Bocciuoli di arancio trasportati dalla Florida con treno

........... ivi

Crepuscolo
O ......
......
voi mie sparse foglie tardive »
523
ivi

Non
Il morto Imperatore.........
soltanto rami stenti ed assopiti

Come la fiamma-segnale ...» dei Greci .


ivi
524
ivi

La nave smantellata . . . . . • » ivi

Un .........
Ora, o precedenti canti, addio
sollievo a sera
.......
. . . . » 525
526

Dopo ........
Picchi oscillanti della vecchiaia
la cena e la ciarla
ivi

ivi

SECONDA AGGIUNTA.
Addio, o Fantasia
Veleggia per bene, o nave d’idoli ......
........
» 528
529

Addio, o mia Fantasia.........


Le ultime gocce tardive ivi

530
Su, al
Il
modo
........
stesso, o

..........
mio settantunesimo anno
gioconda coppia . » ivi

531
Apparizioni
La corona .........
scolorita
$ ivi
ivi
INDICE 569

Una giornata compiuta .......


......... Pag. 532
Nave di antica età
All’anno in corso.

.........
.......
ivi

ivi

La cifra Shakespeare Bacone


.......
.......
Dopo lungo lungo tempo da ora
533
ivi

Bravo !

Suoni interpolati ..........


Esposizione di Parigi

........
ivi

534
Alla brézza del tramonto
Vecchi canti. ..........
........
ivi

535
Un complimento
Suoni invernali
Un
..........
di Natale

........
536
537

Quando
canto del crepuscolo
il ...»
...........
poeta pienamente cresciuto venne
ivi

538
Osceola.
Una voce dalla Morte .........
.........
ivi
539
Una lezione persiana
L’ordinario ...........
......
541
542
Lo
Miraggi ...........
sferico catalogo divino

........
completo ivi

543
Scopo delle foglie
Ciò che non è ancor detto ........
di erba

.........
ivi

544
Grande è
Germogli
il

.........
visibile

........
invisibili
Addio, o mia Fantasia.
545
ivi

ivi

Una nota del diario J ol1 ’esecutore testamentario . . » 547

AG>_. w i. - POSTUME.
Echi della Vecchiaia
....
........
Elevarsi in libertà e in pienezza di forze
Pag. 551
» ivi

Allora comprenderai
Le poche gocce conosciute ........
......
» ivi

ivi
Un

Un
pensiero sempre ia prima riga
......
.........
Mentre dietro tutto, alto ed eretto
552
ivi

Sì,
bacio alla sposa
non parlarmi oggi ...»
..........
della pubblicata onta
ivi

553
Ore suppletive
Il .......
......,.»
ricordo di molte ribalderie
554
ivi

Esistere sopra tutto


La valle della morte .........
.........
555
ivi
Sullo stesso dipinto
Un pensiero di Colombo ........ 556
ivi

ERBATA CORRIGE

XV. 32 delle della


57 16 incorporeo incorporo
77 nota I stuks sticks
101 rigo 6 non do ascolto e preghiera -—non do ascolto a pregi
3 05 2 noi siamo, o Natura, assai--noi siamo Natura; da
185 31 per essi — per esse
186 23 eletti eletti — eletti
194 ultimo intelligibili — inintelligibili
196 2 perchè — per che
220 3 per virtù queste — per virtù di queste
220 26 accascarvi accasciarvi
251 ultimo animo. animo
257 11 svegliali ti svegliandoti
298 ultimo figlio diletto, tìglio diletto.

305 33 di sogni. di sogni,


330 17 risono risonò
332 Dota rimane rimano
373 rigo 28 canterà. canterà
442 24 isolato: e sospeso isolato e sospeso:
457 7 fervi/ ferry ,

487 28 Bipartisca Ripartisce


494 4 dai dei
533 titolo 1 Shakspere Shakespaere
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