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Anteprima del libro
Esilio - Ada Negri
Treves.—1914
Indice
SOLITUDINI
SORELLA ANNA
XXXI DICEMBRE
PAROLE NON DETTE
LA CASA DEL SILENZIO
LA SOGLIA
LE DUE SIEPI
SERVIRE
PÀNICO
COMPRENDERE
LA COPPIA
A UN SUICIDA
IL POZZO ABBANDONATO
RIVO FRA PIETRE
CONTRASTO
IL CANTO
FRESCHEZZA
IL VOLTO
LA MORTE
IL SOGNO
IL MISTERO
ALBA
«C'ERA UNA VOLTA....»
TRASMIGRAZIONE
LÈVATI, E CAMMINA
LÈVATI, E CAMMINA
LA SERA STRANIERA
COLLOQUIO CON L'ANIMA
MEDITAZIONE
LA SOSTA
L'ARSURA
PIÙ IN ALTO
I GIARDINI
L'OASI
LIBERTÀ
L'EVASIONE
ROSE
LA SUORA
LA FONTE
COMPAGNI DI STRADA
EMIGRANTI
L'OMICIDA
IL FANALE NEL VICOLO
IL VIOLINISTA
LA FOLLA
LA PORTA SOCCHIUSA
LA FALCE
PLENILUNIO
LA MADRE
IL DONO
LA VERGINE E IL FALCO
A COLUI CHE NON È VENUTO
PONTE DI LODI
L'INFERMO
PASSIONE
L'INCANTESIMO DEI FIORI
I GIACIGLI
L'UOMO SEPOLTO
SPERANZA
NOSTALGIA
LA CERCATRICE D'ORO
CONFESSIONE
LIBERAZIONE
I SOPRAVVISSUTI
SOLITUDINI
SORELLA ANNA
Chiama chiama—ed alcun non le risponde—
la Donna prigioniera nella Trappa:
dello spiraglio ai ferri ella s'aggrappa,
livida tra le sparse ciocche bionde:
notte e giorno, alba e vespro, estate e inverno,
chiama ed attende, chiama e spera, chiama
e piange:—taglia l'aria come lama
lo stridor vano del singhiozzo eterno.
*
«Sorella Anna, tu che insonne vegli
sulla torre più alta, e conti gli astri
e le nuvole in cielo, e i vïolastri
veli dell'alba cingi a' tuoi capegli:
se è ver che la Speranza t'assomiglia
e che il tuo sguardo scorge oltre il mistero,
mira se lungi appaia un cavaliero
lanciato a corsa su disciolta briglia.
Forse or non è che un punto all'orizzonte,
solo un punto: e convien, sì, ch'ei galoppi!...
Ma è lui: verrà: l'attendo ormai da troppi
anni: verrà dal mare, o pur dal monte.
La prigion che mi serra ha sette porte,
ognuna è chiusa a sette catenacci:
Sorella Anna che lassù t'affacci,
prima ch'ei venga, ahimè, verrà la morte!
Se tu mi chiami, forse io non ti sento,
sì concitato è il rombo delle vene.
Polsi pieni di battiti, più lene
segnate, in grazia, il ritmo del tormento!
S'io mi conficco l'unghie dentro il palmo,
mi placo.... Come, là in un canto, il viscido
e cauto ragno a sè tessendo i lisci
cerchi della sua tela appar sì calmo,
io la mia tesserò, con passïone
tenace, con fibrille del mio cuore,
con sogni e sogni: e per eluder l'ore
io farò del mio pianto una canzone....
Ma ten prego, se avvien che alcun tu scorga,
agita il velo, gridagli che sproni
la corsa a volo, pria ch'io m'abbandoni,
soffocata dal sangue che s'ingorga!...»
*
.... Il tempo stilla, in fredde gocce.—È morta
l'Anima, o sul suo spasmo si rannicchia,
muta ascoltando se una nocca picchi
nel muro, o un pugno scardini una porta?...
Il tempo stilla.—Un anno? o dieci? o un'ora?...
Non chiave nelle ferree toppe stride.
Dall'alta torre che nel ciel s'incide
Sorella Anna si protende ancora.
XXXI DICEMBRE
Trentun dicembre, mille e novecento
undici, mezzanotte.—Taci e pensa,
anima.—Nella vigile ed intensa
tua fiamma, vivi; ma il Destino è spento.
Più non si specchia innanzi a te il domani.
Nulla aspetti, nè chiedi. La speranza
sparve, col sogno. Il tempo che t'avanza
sarà come la sabbia fra le mani.
Troncato è il laccio che alle creature
t'avvinse, pel tormento e per l'ebbrezza.
—Lontanissima, e sola.—Hai l'aridezza
della rinunzia sulle labbra dure.
Nella rigida notte, aspre le stelle,
simili a chiodi per martirio infissi
nelle vôlte dei cieli, entro i tuoi fissi
occhi incrociano l'iridi sorelle.
Fuor del tempo, del peso e dello spazio,
da te sôrta, in te chiusa, in te bastante,
stai. Si consunse il corpo palpitante
nelle stimmate stesse del suo strazio.
Quel che ti scosse, amore, odio, rimorso,
quand'eri carne appassionata e cuore
schiavo, e fece di te tutto un dolore
vile, in ansia di tregua o di soccorso,
or cadde: è cencio a terra, è coccio a mare.
Nuda or tu sei fra veli d'aria: forte
di te soltanto: e ignori se sia morte
o vita la tua nova alba stellare.
Vegli fra due voragini, in oblìo.
.... Vuoto di solitudini senz'orme,
rombar sordo di fiumi, alito enorme
di venti, ombre di nubi....
Ascolta.—È Dio.—
PAROLE NON DETTE
Parole che la bocca mai non disse,
per pietà, per orgoglio o per paura,
che ai labbri spinse una demenza oscura,
che un più forte volere ivi confisse:
parole non di suono ma di palpito,
miste al sangue pulsante, alla saliva
di che il tacer s'abbevera, alla viva
carne che soffre, al cuor che batte a scalpito:
han, nel profondo ove s'accolgon bieche,
(e chi dir non le volle in sè le udrà
sempre) un'allucinante fissità
di facce spente, di pupille cieche.
O creatura dalle chiuse labbra,
sulla parte di te che fu soppressa
il tuo silenzio è pari a una compressa
gelida su ferita che si slabbra.
O creatura che disìo non chiama
più, che amor più non sveglia!... Un'ora sola
a te segnava Iddio per la parola
che non dicesti: ed or dentro ti clama.
Rannìcchiati in disparte, ingoia il pianto,
avvilùppati d'ombra. È tardi adesso
per la tua verità. Tu sei già presso
la soglia eterna, ove il silenzio è santo.
LA CASA DEL SILENZIO
Casa ch'io sogno, le tue basse mura
soffoca, a spire, l'edera malvagia.
D'intorno, ove la piana ampia s'adagia,
una quiete millenaria dura.
La passïon dell'edera t'allaccia
tutta, dalle radici alla cimasa.
Tu quasi il sol più non iscorgi, o casa
bruna, nascosta in boschi senza traccia.
Attinge l'acqua con antica corda
al pozzo, e coglie l'erbe, e l'acciarino
batte, per suscitar dentro il camino
la fiamma, una schiavetta muta e sorda.
Nel focolare ardono ceppi enormi,
e le mobili lingue azzurre e gialle
s'inseguono, s'intrecciano, farfalle
e serpi, in guizzi, in fughe, in nodi informi:
l'allegrezza selvaggia della vampa
sibila, rugge,