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Il Novelleion
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E-book157 pagine2 ore

Il Novelleion

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Info su questo ebook

In un paese della provincia romana (Monterotondo), un gruppo di avventori riuniti in una particolarissima osteria della zona, racconta le sue fantasie attraverso racconti di esperienze personali, piuttosto fantastiche. Fantasia, umorismo e tradizione.

LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2014
ISBN9781310700255
Il Novelleion
Autore

Leo Valeriano

Writer, journalist, musician, art director, actor.

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    Il Novelleion - Leo Valeriano

    IL NOVELLEION

    di

    Leo Valeriano

    Seconda edizione

    INDICE

    Prefazione

    Eretum

    Il giardino

    Memmo

    L’osteria

    La catenella

    Carlo

    La strega

    L’occhialuto

    La macchina intelligente

    La straniera

    La donnola

    La predizione

    Una storia amara

    La statua di Priapo

    La lettera

    Le arpie

    La Elfmädchen

    La sirena

    L’avamposto

    Strizzarampazzo

    Ancora nell’osteria

    Il pescatore

    La donna senza seni

    *

    PREFAZIONE

    Molti autori, per descrivere le proprie storie e magari renderle più vive, le ambientano in situazioni realmente esistenti o esistite. È lo stile che viene usato dai molti scrittori che si sono cimentati o si stanno cimentando con narrazioni ambientate in epoche passate. Seguendo questa strada e senza andare troppo lontano, ho voluto raccontare alcuni aspetti peculiari di un paese ai confini di Roma: Monterotondo. Forse, è stata proprio la difficoltà di inserire personaggi come quelli che descrivo in queste pagine in un contesto storico sociale com'è quello della cittadina sabino romana, a spingermi a farlo. Quello che credo sia importante, è che tutto quello che ho descritto, le varie manifestazioni, i monumenti o le abitazioni citate, sono reali ed esistenti ancora ai nostri giorni. In questo senso, quindi, il libro è anche una guida per chi volesse conoscere meglio questa realtà della provincia romana.

    Con il termine di fraschetta, in provincia di Roma, si è soliti identificare quelle rivendite di vino gestite dagli stessi produttori, a livello locale. Il vocabolo deriva dal fatto che, anziché servirsi di insegne, gli osti mettevano fuori della rivendita che di solito era una cantina o, comunque, un locale a livello stradale, un ramo verde ovvero una frasca, come viene chiamato ancora oggi, con un termine dialettale. In particolare, veniva messa una frasca, se il vino venduto era il classico bianco che si produce nelle varie zone della provincia; se il vino era rosso si optava per una bandierina rossa. Di questi locali, ormai, non ne esistono più moltissimi. La maggior parte di loro si sono trasformati in taverne nelle quali è possibile acquistare anche pane, cibi (spesso anche cucinati), piatti, tovaglioli e bicchieri di carta, e così via. In passato, invece, nulla veniva offerto al cliente, tranne il foglio di carta che copriva il tavolo, il vino e i bicchieri di vetro per berlo. I personaggi di cui si parla in queste pagine sono stati tratti dall'osservazione di tipi reali, anche se sono stati camuffati in modo da renderli irriconoscibili. Le leggende raccontate dai personaggi sono ormai poco conosciute e questo, soprattutto, è stato il motivo che mi ha spinto ad usarle come base per un racconto che sarebbe potuto essere anche una cronaca. Quanto c’è di vero e quanto d'inventato in questi racconti? Io devo affermare che è tutto frutto di fantasia e che non ho voluto nominare nessuna persona vivente o vissuta, in particolare. Ma se io affermo che il contenuto di questo libro è assoluta invenzione, non posso impedire che ogni lettore possa trovare da solo la propria risposta. Se girate per Monterotondo, di personaggi come quelli descritti in queste righe, ne potrete trovare diversi. Quello che è certo, è che una passeggiata nei luoghi descritti può aiutare il lettore a scoprire aspetti inediti di una zona che, tutto sommato, è ancora poco valorizzata. Infatti, nonostante le particolari attrattive a livello turistico, culturale, gastronomico, la provincia romana viene visitata pochissimo dai turisti stranieri che, ovviamente, sono maggiormente attratti dall'opulenza dell'Urbe.

    Neppure coloro che vivono a Roma conoscono in maniera apprezzabile le bellezze e le potenzialità delle zone che circondano la capitale a partire da quelle del litorale, per proseguire con le zone lacustri, montane e della campagna romana.

    Il nome dato a questo scritto, Novelleion, intende creare un umoristico collegamento con il lavoro di Petronio Arbitro: Satyricon.

    Ovviamente, senza nessuna presunzione di imitarlo. Con questa edizione, ho voluto riportare il mio racconto entro i suoi giusti e naturali confini che sono quelli della Città di Monterotondo.

    Una cosa curiosa riguarda la stesura elettronica di questo volume che, in edizione cartacea, contiene diverse immagini. Sono schizzi dei dipinti di un bravo e purtroppo scomparso, artista romano: Renzo Verdone. I suoi dipinti figurano in diverse gallerie nazionali e non solo. Comunque, basta digitare il suo nome su un motore di ricerca, per vederli. Ebbene, il libro è stato respinto proprio per quelle immagini (talune delle quali ritraevano modelle a seno nudo). Mi occorrevano per illustrare alcune pagine umoristico erotiche, di questio libro. Immagino che la stessa cosa sarebbe capitata se avessi usato la Maya desnuda di Goya !!!

    Se non avete niente da fare, andate a dare un occhiata al mio sito: http://www.leovaleriano.it

    Il libro è gratuito, come avete potuto vedere. Se mi manderete una vostra opinione, mi farà piacere:

    [email protected]

    *

    ERETUM

    Monterotondo oggi è una comunità di circa 40000 abitanti, ma il suo centro storico formato da solo 300 anime è quasi un piccolo paese nell’interno di quello più grande. È un paese in vivo fermento culturale: ha una nuova e veramente funzionale biblioteca, un importante museo, alcuni teatri e così via. È proprio qui che gravitano i personaggi di questi racconti che non potrebbero, comunque, essere compresi in un contesto diverso. Spazi angusti e piccoli cieli, formano l'imprevedibilità di certe viuzze dove è quasi impossibile passare con l'automobile: sono vicoli creati per i muli e i somari che, non molto tempo fa, ancora portavano le bigonce piene d'uva alla spremitura. Come quasi tutti centri storici dei paesini intorno Roma, è un ambiente quieto, distaccato dal rumore e dal vociare continuo delle strade nuove che portano ai quartieri appena costruiti e già pieni di vite confuse e ammassate l'una sull'altra. Ma se c'è poco rumore e la presenza degli abitanti originari si è molto ridotta nel centro storico, si avverte qualcosa come un rimpianto, un rimorso, un'asprezza da ritrovare, in queste viuzze. Gli antichi volti dei contadini, cotti dal sole e incisi dalle rughe, sono stati sostituiti da visi nuovi lucidi e levigati di giovani uomini e donne che non sanno, e forse non sapranno mai, quanta vita, quanta gioia e quanto dolore sono passati per quei vicoli, nella luce soffusa del borgo. E oggi come allora, e certamente per motivi del tutto diversi, non è semplice entrare in confidenza con gli abitanti del centro storico. Una volta accadeva a causa della loro diffidenza (i contadini sono diffidenti di tutto e soprattutto delle novità) oggi accade perché i nuovi giovani sono stati abituati, dalla grande città, a vivere in solitudine. Ma potrebbe anche essere, così viene da pensare, che sia proprio la geometria di Monterotondo a creare una sorta d'isolamento, nelle persone. C’è un detto locale che riguarda questo paese e che recita così:

    Monterotonno antico - ce stai cent’anni e nun te fai n’amico

    e se te lo fai - te ne pentirai.

    Se questo proverbio corrisponda a verità è difficile a dirsi e Monterotondo, come la maggior parte dei paesi, non è un luogo che si potrebbe definire come una comunità in cui ci sia un'effettiva incapacità di crearsi degli amici, da parte dei suoi abitanti. Quello che si nota, è un esasperato senso di protagonismo, specialmente da parte delle generazioni più nuove.

    Qui il dualismo essere - avere che divide molti abitanti delle grandi città, viene spesso sostituito da un più teatrale apparire, come insegna la nostra società dell'immagine, e farsi vedere. Non importa se con un vestito nuovo, una macchina importante o un conoscente influente, ma questo è addirittura essenziale per l'appagamento delle singole personalità.

    Le origini di Monterotondo si perdono in tempi antichissimi ma la storia ce ne parla per la prima volta in epoca sabina. Allora era un piccolo villaggio latino vicino alla sabina Eretum, una roccaforte delle popolazioni che vivevano lungo il corso del Tevere, a volte confuso con lo stesso insediamento sabino. La prima citazione di quella località, comunque, la troviamo in Virgilio che nell’Eneide parla del poderoso esercito di Eretum.

    Secondo la documentazione che si possiede, Eretum doveva trovarsi mezzo miglio oltre il diciassettesimo della via Consolare. Ma qual è l'origine di questa cittadina? Qual è la sua storia? È il geografo Solino vissuto nel terzo secolo, ad informarci che dopo la disfatta di Troia, mentre Enea vagava ancora nel mar mediterraneo, un gruppo di Greci precedendolo risalì il Tevere fino a giungere in questa località dove creò Ereton, poi Eretum, dedicandola ad Era la sposa compagna del nume massimo: Jupiter.

    Sotto i decemviri, nella Sabina meridionale, i Romani subirono una cocente sconfitta che li costrinse a fuggire presso le vicine località di Fidene e Crustumerium, zone che si trovavano fra Roma ed Eretum. Si giunge infine alla seconda guerra punica, quando Annibale dopo la vittoria del Trasimeno, sostò per qualche tempo in questo territorio, non osando attaccare direttamente Roma. Fu allora che i cartaginesi saccheggiarono il Tempio della dea Feronia, che si trovava in territorio capenate sull'altra sponda del Tevere e che allora era considerato il più ricco della zona. Probabilmente fu anche in seguito a tutte queste vicende che la maggior parte del popolo eretino si trasferì nelle immense boscaglie che circondavano tutta la zona, e soprattutto verso questo colle che in seguito sarebbe stato chiamato Monterotondo.

    La storia di questo nucleo continuò, nel tempo, a mantenersi molto simile a quella di tante altre località della provincia romana fino a tempi piuttosto recenti. L’afflusso di forestieri iniziò durante l’era fascista, quando nel Lazio i posti di lavoro si cominciarono a trovare con maggiore facilità in seguito alla politica del regime. Infatti, poiché trovare un’abitazione nella capitale era molto dispendioso, i nuovi arrivati cominciarono a cercarla nei paesi vicini. Anche Monterotondo era compreso nell'immediata fascia che avvolgeva Roma e anche qui vennero ad insediarsi i nuovi arrivati. Ben presto si amalgamarono nel tessuto sociale preesistente e non trovarono difficoltà ad adottare le semplici usanze locali, pur non dimenticando le proprie. Quindi fu il dopoguerra a portare nuovi afflussi di persone che cominciarono a costruire le loro case al di fuori della cinta urbana. Il numero degli abitanti aumentò di colpo e Monterotondo divenne la cittadina più importante tra quelle a nord della capitale. Da allora molte cose sono cambiate ma non il centro storico. E la sua caratteristica è rimasta, per lungo tempo, quella di una popolazione in cui era possibile trovare i tratti più interessanti di tutte le genti italiche: schiva ma orgogliosa, resistente alla fatica e agli scontri con la vita, ambiziosa e con un'inarrestabile voglia di protagonismo. Ed è proprio il protagonismo in tutte le sue forme, l’elemento che caratterizza i personaggi principali di questo racconto. Costoro sono quasi degli esemplari, nel loro genere. Uomini induriti dalle esperienze e soli per scelta. Gente che nell’osteria della fraschetta ha creato quasi un club esclusivo fatto di persone fiere e solari. Come esclusivo e solare è il vino che il proprietario mesce loro.

    È un vino particolare che egli non vende a nessun altro. I normali avventori possono sempre avere un vino ottimo, ma non quel vino. Quello, la cui produzione è limitatissima, è riservata a coloro che frequentano abitualmente la fraschetta della Bandierina.

    In questi racconti, una figura particolare è Gerardo, un palestrinese dotato di un senso dell’umorismo tutto particolare, che il gruppo ha praticamente adottato. Ci sono poi Giuliano il cestaio, il Professore, Aldo il marinaio, Salvatore, il vecchio Alfredo, Cosolo il fabbro, Domenico il geometra, Alfiero il falegname, Ermete detto il romano, Memmo che dirige un circolo ippico, Sor Giacomo che con sua figlia gestisce l’osteria, e Carlo.

    *

    IL GIARDINO

    Si era sentito forte e giovane, in quella bella mattinata di sole di tanti anni prima: giovane, forte e quietamente, orgogliosamente infelice e povero. Sentiva che era cominciata la grande congiura del mondo contro di lui, quella congiura che si ripete ciclicamente a ogni generazione, contro i giovani e contro tutto quello i giovani vogliono o che immaginano di volere, e lui camminava per le strade sassose del paese con i pugni stretti sulla rabbia dei suoi anni verdi. Era affascinante il centro storico, con i suoi vicoletti, le mura di pietra, l'antico selciato e quell'aria morbida che sembrava avvolgere tutto il paese. Eppure non c'era nulla che gli piacesse singolarmente, non c'era un fatto, un muro, una casa, una persona, un angolo o un ricordo, che gli piacesse veramente. Eppure, in un certo senso, quel posto gli sembrava che fosse fatto per essere amato in quel modo aspro, scontroso, che somigliava all'odio o forse era odio, ma appassionato e violento,

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