Racconti balsamici: 19 racconti sull'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Concorso Degustibus
Di AA. VV.
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Info su questo ebook
Un elemento gastronomico che si trasforma in elemento narrativo, raccontato in diciannove modi diversi in altrettante storie appassionanti.
La nebbia si confonde col passato, il mistero con il gusto di raccontare, e l'aceto si tinge del rosso del desiderio e del sangue, del giallo dell'omicidio e della gelosia, attirando e trasportando il lettore in una dimensione dove il profumo e il sapore creano un'atmosfera unica, avvolgente e.... balsamica.
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Anteprima del libro
Racconti balsamici - AA. VV.
Autori Vari
Racconti Balsamici
Prima Edizione Ebook 2013 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868100506
Damster Edizioni
Via Galeno, 90 - 41126 Modena
http://www.damster.it e-mail: [email protected]
Autori Vari
Racconti Balsamici
INDICE
Presentazione progetto Degustibus
Introduzione
PREFAZIONE di Roberto Valentini
BALSAMO di Ilaria Romeo
MADE IN CHINA di Valentino Sergi
LADRI di Carlo Mantovani
IL DONO DI BONIFACIO di Eliselle
IL DONO PIÙ BELLO di Anna Di Lello
LA GUERRA DEL BALSAMICO di Vittorio Torreggiani
UN COLORE CHE EMOZIONA di Relmi Rizzato
IL PALIO DI SAN GIOVANNI di Francesca Ferreri Luna
ACETO di Silvana Zanon
NONNO, CHE BELLA STORIA! di Bagni Barbara
IL CODICE BALSAMICO di Dr FullG e I.S.P.
L’AMPOLLA di Simone Covili
BALSAMICO FATALE di Erica Cristofoli
UN TESORO TRA LE BRACCIA di Poppi Cristian
RELAZIONI PERICOLOSE AL BALSAMICO di Eva Alyeni
INTRIGHI A PALAZZO di Katia Brentani
L’ACETO PER LA LIBERTÁ di Arianna e Selena Mannella
I TESORI DEL NONNO di Arturo Borciani
UNA FANTASTICA SERATA di Alessandro Greggia
Autori
Catalogo
Presentazione progetto Degustibus
Può un prodotto della tradizione gastronomica diventare un elemento narrativo in grado svilupparsi in una produzione letteraria?
È questa la sfida di DeGustibus.
Ogni edizione propone un prodotto tipico e invita scrittori, o aspiranti tali, a partecipare con un racconto nel quale l’elemento gastronomico indicato sia parte necessaria e funzionale allo sviluppo narrativo dello stesso.
I racconti, pervenuti in redazione e selezionati, sono pubblicati in un volume distribuito nelle librerie.
Un gruppo di lettori qualificati (giornalisti, scrittori, operatori della comunicazione, gastronomi) indicano i tre racconti del volume da loro preferiti. La somma dei voti porta alla definizione della classifica finale. Tutti gli autori sono invitati ad un incontro/evento nel quale si premiano i vincitori.
Le edizioni di DeGustibus hanno scadenza annuale. Tutte le notizie relative al concorso/selezione le trovate sul sito dell’editore www.damster.it, così come l’elenco dei vincitori di questa e delle prossime edizioni.
Questa edizione, sull’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, ha avuto il supporto e la promozione da parte del Consorzio Produttori ABTM e dell’AED – Associazione Esperti Degustatori – di ABTM a cui inviamo i nostri più sentiti ringraziamenti.
L’editore
Massimo Casarini
Introduzione
Racconti, storie, aneddoti, tradizioni tramandate oralmente e tanta passione, questo è il mondo dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (ABTM), il più nobile prodotto gastronomico della nostra terra. Se chiedete ad un forestiero o ad uno straniero cosa gli evochi la città di Modena; questi risponderanno immediatamente e senza esitazione: Ferrari, Pavarotti e Aceto Balsamico. Per questo sono numerosissimi i visitatori che, arrivando in Emilia Romagna, fanno tappa a Modena presso un’acetaia per conoscere e condividere con il produttore i magici segreti che la produzione del Balsamico Tradizionale racchiude.
La cosa che stupisce maggiormente i visitatori è la presenza sul territorio di una moltitudine di piccoli e piccolissimi produttori. Alcuni producono solo per autoconsumo, altri invece producono per commercializzare il nobile prodotto. Tutti, comunque, fondano le origini delle loro acetaie dalla tradizione familiare. Infatti il lungo invecchiamento, oltre 25 anni, necessario per ottenere un buon Balsamico Tradizionale Extra Vecchio, fa sì che molte delle acetaie presenti siano state avviate dalle generazioni precedenti a coloro che oggi le gestiscono e ne godono i frutti. Avviare una batteria di botti per il Balsamico Tradizionale è come piantare un nuovo albero. I tempi di crescita e maturazione per ottenere un buon Balsamico Extra Vecchio sono gli stessi che servono per potersi riparare al sole della nostra nuova pianta. Decine di anni. Non meno di venticinque. Non lo si fa per sè, o solo per sè, ma si pensa alle generazioni future, figli, nipoti, pronipoti; sono questi che potranno godere a pieno dei frutti del nostro lavoro.
In un mondo sempre più frenetico, sempre alla ricerca di collegamenti più veloci, di accelerazione dei processi produttivi il Balsamico Tradizionale sembra anacronistico, fuori dal tempo, inadatto ai tempi moderni. Il lungo periodo d’invecchiamento, che sembra essere il suo punto di debolezza, è la sua forza, il fattore che lo protegge dalle imitazioni che provano, senza riuscirci, ad ingannare il consumatore.
In questo quadro si inserisce il Concorso Racconti Balsamici
che, da un’idea di Massimo Casarini, ha trovato il pieno appoggio e la promozione del Consorzio Produttori ABTM e dell’AED – Associazione Esperti Degustatori – di ABTM.
Per un’associazione culturale come l’AED è fondamentale sfruttare
tutto il potenziale che il Tradizionale
può esprimere andando ad evocare tutte le emozioni possibili. Così nascono il concorso per la realizzazione del manifesto del 3° Palio della Ghirlandina città di Modena – gara di qualità tra gli ABTM della tradizione familiare - rivolto agli studenti dell’Istituto Artistico Venturi di Modena, il concorso rivolto ai giovani designer per il gadget dell’ABTM organizzato con il supporto dell’Assessorato alla cultura del Comune di Modena, ed infine i concorsi Ricette Balsamiche
e il Re della Tavola
che sviluppano l’abbinamento gastronomico del nostro nobile prodotto.
Racconti Balsamici
è un po’ la sintesi di tutto questo splendido mondo che ruota intorno al Balsamico
. Basta leggere i titoli dei racconti selezionati per comprendere appieno tutta la passione che ci guida e i valori che nascono e si trasmettono in acetaia. Il nonno con i suoi tesori, gli intrighi e la guerra, l’ampolla e il balsamo, il fatalismo e l’emozione, la preziosità e il dono, i ladri e libertà, il colore dell’aceto, sono alcuni dei riferimenti che hanno ispirato gli autori e nei quali tante volte anche noi ci siamo ritrovati, durante la vendemmia, quando cuociamo il mosto, mentre nel sottotetto ripetiamo il rito dei travasi, ed infine intorno ad una tavolo d’assaggio o ad una tavola imbandita per degustare, con grande soddisfazione, dopo oltre venticinque anni di attesa, quel frutto che la nostra grande passione ha prodotto con tanto amore: l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Mario Gambigliani Zoccoli
Presidente
AED ABTM
www.aedbalsamico.com
Presidente
Consorzio Produttori ABTM
www.balsamico.it
PREFAZIONE di Roberto Valentini
È sempre difficile spiegare come nasce una storia. Spesso all’origine c’è un’immagine e il bisogno di tradurla in racconto, che poi si ramifica creandosi un passato, un presente, a volte persino un futuro. Insomma un mondo autonomo dove i personaggi, i gesti, i paesaggi devono essere conseguenti e verisimili. Non veri, attenzione: verisimili.
La prima volta che ho pensato all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena mi è venuta in mente l’alchimia. Con le sue pratiche sospese tra scienza e magia, superstizione e fede, l’antica disciplina alla ricerca della pietra filosofale ben si associava al buio, al silenzio, ai gesti lenti e sempre uguali che trasformano il mosto cotto nel prezioso condimento. Per non parlare dei rituali delle consorterie, con le loro intransigenze e i loro mantelli.
Man mano che mi documentavo, l’Aceto Balsamico acquisiva sempre più i caratteri dell’opus nigrum, un’opera al nero capace di trasformare la materia dissolvendone la forma originaria per arrivare a qualcosa di nuovo. L’uva di trebbiano, la nebbia dell’autunno, il paiolo che ribolle, l’odore di marmellata, i nugoli di moscerini… E poi i solai, il fascino delle botti antiche e dei sassi del Panaro corrosi dai vapori, ma appoggiati con eleganza su una stoffa di lino. E soprattutto quella definizione paradigmatica che ne sanciva la natura ineluttabile e l’essenza ultima: "di colore scuro, bruno carico e lucente".
Si doveva intitolare così il mio noir sulla gastronomia modenese, poi alla fine abbiamo optato per Nero Balsamico un titolo meno implicito che ha avuto una discreta fortuna. Dopo la cultura dei distretti esemplificata nelle ceramiche di Sassuolo, dopo il mito meccanico della Ferrari, cercavo uno sfondo per raccontare un’altra eccellenza del nostro territorio, e nulla meglio dell’Aceto Balsamico Tradizionale la poteva rappresentare.
Paradossalmente anche per un modenese come me, l’Aceto Balsamico Tradizionale era qualcosa di sconosciuto, relegato alla cantine dei nonni, forse dato per scontato, forse da dimenticare. E così ho dovuto documentarmi, ho studiato, frequentato acetaie e persone preziose. E man mano che mi addentravo nel buio dei solai una cosa mi era sempre più chiara: a differenza dell’alchimia, che l’oro non lo aveva mai trovato, il Balsamico era divenuto esso stesso oro, l’oro nero di Modena, come ormai quasi tutti i produttori scrivono sulle loro confezioni.
Il suo successo globale nasce da un cuore locale: non si produce aceto balsamico se non si ama il proprio territorio, la propria cultura e se non la si vuole preservare nel modo più semplice: raccontandone la storia e tramandandola alle generazioni che verranno.
Perché questo alimento sublimato, denso di passato e forte di futuro, ha ancora molte storie da raccontare. E questo libro ne è una prova notevole.
I racconti
BALSAMO di Ilaria Romeo
Sulla moquette azzurra le impronte di piedi nudi, formavano improbabili disegni. Dita lunghe e callose, rami intrecciati di orme e passi attutiti. In alcuni punti, l’azzurro si scuriva fino a diventare blu. Chiazze blu. Colore confuso. Dalla finestra aperta della stanza, attraverso svolazzanti e leggeri tendaggi di raso, si poteva intravedere la città di Modena. L’ombra della Ghirlandina si stagliava fiera al centro della Piazza Grande, illuminata dalla luna.
Sul letto della stanza 234, le lenzuola attorcigliate alla coperta sottile, sembravano fuse in un ultimo abbraccio. La donna giaceva nuda e languida, sdraiata a pancia in giù, immobile e pallida. Dalla sua bocca semiaperta scorreva un rivolo rosso. Sangue. Sulla schiena gocce di un liquido scuro e liquoroso formavano una scritta: RIPOSA.
Il Commissario spense il cellulare preso dal comodino, con uno scatto violento. Le tre del mattino. Orario insolito per svegliarsi, anche per un uomo di legge.
Inforcò gli occhiali, senza i quali aveva serie difficoltà di messa a fuoco, e accarezzò i capelli di sua moglie, che dormiva accanto a lui. Dalle sue labbra femminili e morbide affiorò un mugolìo sommesso, segno che stava per aprire gli occhi. Splendidi occhi dei quali si era innamorato parecchi anni prima. Il commissario Ferri le mandò un bacio appoggiandosi alla porta della camera da letto, e uscì.
Per fortuna in auto aveva quello che lui definiva il kit di sopravvivenza: una specie di scatola nascosta nel vano portaoggetti, nella quale salviettine umidificate e spray per l’alito stavano in bella mostra, come compagni fedeli. Compagni che sapevano essere utili al momento del bisogno. E ultimamente aveva dovuto utilizzarli più sovente del previsto. Telefonate notturne e tempestive sembravano essere all’ordine del giorno. Meglio, della notte.
Sulla scena del delitto il Ris stava già effettuando i primi rilievi. Anche dopo tanti anni di lavoro, il Commissario non era ancora riuscito ad abituarsi a scene come quella che gli si parava davanti. La vittima sembrava ancora più indifesa, attorniata dagli agenti della scientifica: come tante api operaie alla ricerca del miele nascosto. Peccato che l’ape regina non potesse più regnare.
L’agente della scientifica Viglino lo vide entrare e si fece da parte per farlo passare. Buonasera, Commissario
. Frase inutile, seguita da un sorriso a trentadue denti. Ferri l’aveva sempre considerato un arrivista che tentava di compiacere tutti i suoi superiori. No, proprio non gli andava a genio.
Ci trovi qualcosa di buono in una sera come questa?
Il Commissario spense la sigaretta, prima di varcare la soglia. Viglino si chinò ammutolito, ricominciando a cercare indizi. Questa volta l’attenzione degli agenti era rivolta alle lenzuola. Per ora, l’unica cosa certa era la causa della morte della donna: una profonda ferita alla gola.
Qualche novità?
Il Commissario fece la domanda in piedi, dietro la spalla del fotografo della scientifica. L’uomo spostò la macchina fotografica dal suo occhio alla mano, guardandolo.
Forse. C’è qualcosa che devo farle vedere. Vedere e non toccare, però.
Al Commissario piaceva quell’agente dai modi distaccati e poco ossequiosi. L’agente Rotondi lo sapeva, lo sentiva e la simpatia era reciproca.
Vede quel liquido sulla schiena della vittima? Oltre alla scritta che riusciamo a distinguere anche da questa distanza, c’è qualcos’altro di interessante: il liquido ha tutta l’aria di essere aceto, aceto balsamico per la precisione.
Il commissario Ferri si aggiustò gli occhiali. Un gesto incontrollato che riaffiorava ogni qualvolta aveva la netta sensazione di essere di fronte a qualcosa di importante.
Aceto balsamico? Ne sei sicuro?
Sicuro no, ma ci stiamo lavorando Commissario.
L’agente Rotondi perse interesse per la conversazione e ricominciò a fotografare dettagli apparentemente insignificanti.
Il Commissario uscì dalla stanza, dopo aver ricordato ai suoi uomini l’importanza della segretezza dell’indagine. Niente stampa, per favore. Un albergo di fama nazionale stava vivendo un momento terribile: un omicidio all’interno di una delle sue stanze, non era certo il miglior biglietto da visita.
Alcuni poliziotti di guardia all’esterno della stanza 234 lo salutarono al suo passaggio. Ricambiò con un gesto veloce della testa, mentre si accendeva una sigaretta.
Il corridoio dell’albergo si snodava verso l’ascensore e le porte antincendio. Ferri si avvicinò al primo, per controllare eventuali segni di un passaggio dell’assassino. Niente. Apparentemente, nessun indizio. La sua attenzione venne attirata dalla porta antincendio a sinistra. Era leggermente accostata. Si accovacciò a terra e scoprì una piccola bottiglietta scura tra la porta e il battente: la causa dell’apertura forzata della porta.
Con i guanti raccolse l’oggetto, intenzionato a portarlo alla scientifica. Stava per compiere il percorso inverso, quando lo sguardo cadde su un pezzo di etichetta rimasta attaccata al vetro: MICO
. La carta era stata strappata con forza, ma un angolo era rimasto aggrappato.
Un naufrago al pezzo di legno.
Il Commissario lasciò l’indizio nelle mani di un agente della scientifica. Tornò all’uscita antincendio, varcandola. Fu subito investito dalla semioscurità, rischiarata appena dalle lampade di emergenza appese al soffitto. Decise di seguire la rampa delle scale fino all’uscita sul cortile.
L’aria fresca della primavera gli venne incontro festosa, ignara del vero motivo della presenza del commissario in quel cortile. Ferri si guardò intorno, prima di notare delle siepi schiacciate accanto ad un lato del muro di cinta. Probabili testimoni, muti e profumati, della fuga dell’assassino. O forse no.
Agente Rotondi, quando avete finito di sopra, dovete farvi un giretto nel cortile. Passate dalla porta antincendio di sinistra. E già che ci siete, controllate anche l’interno dell’ascensore. Aspetto i risultati dei referti per domani pomeriggio. No, oggi pomeriggio.
I colori dell’alba modenese lo accompagnarono fino all’entrata principale dell’albergo. Il rosa tenue si scioglieva nel lilla, stemperandosi nell’azzurro. Azzurro come il colore della moquette della stanza 234. L’ultimo colore che gli occhi della giovane vittima avevano potuto vedere...
Il portiere di notte aveva l’aria scocciata di chi capisce che non potrà chiudere occhio. Il trambusto della polizia mescolato alla curiosità degli altri clienti, creava i presupposti per una serata insonne.
Polizia. Sono il commissario Ferri. Avrei qualche domanda da farle.
Il portiere appoggiò le mani al bancone della hall, spingendosi per alzarsi dalla sedia. Anche da quella posizione era molto più basso di Ferri.
Dica, dottore. Cosa vuol sapere?
Intanto, il nome della donna della camera 234. Ce l’ha un nome, no?
L’uomo basso e pelato iniziò a sfogliare un registro. Le dita grassocce e sudate scorrevano lente, fino ad arrivare alla pagina corrispondente.
Qui risulta che la camera è stata prenotata telefonicamente da un club che si occupa di corsi culinari.
Pausa, in cui l’omino aprì un altro registro con dei tabulati telefonici.
Ecco, Commissario. Il numero è questo. E questo è il nome della donna.
Gli porse il foglio in maniera da rendere visibile anche ai suoi occhi, ciò di cui stava parlando. Il commissario Ferri scoprì così il nome dell’ape regina: Vittoria Devizi. Certo, in quella circostanza un nome così appariva fuori luogo. Vittoria.
Grazie, lei mi è stato molto utile.
Fece per andarsene, prima di aggiungere: "Ovviamente, lei sa che nessuno può entrare