Nunzio Incardona - Assolutezza e Privazione

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UNIVERSITA' DI PALERMO

P'ACOLU' DI LETTERE E FILOSOFIA


Anno Accademico 1977-78

" sm-=:ssas:spaaza=:n:w:asa:awaw
ASSOLUTEZZA E PRIVAZIONE "

Test registrato del Corso di Filosofia Teoretica


tenuto dal

PROF. mcARDONA

Baruch_in_libris

UN PARALLELO APORETICO
Si tratta non tanto di come cojlinciare ma di fare emergere,
in un certo eenao, un modo di cominciare: questo corao ai innesta
in un lungo discorso e si prospetta per altri 3iacorei. E' allo
ra un discorso di svolta, rispetto al discorso precedente e rispetto alla prospettiva successiva, anche perch dal punto di vista delle questioni non affrontate ma impostate dal punto di vista teoretico, si pu tirare un primo bilancio conclusivo che
11 seguente: in realt il pensiero, dal punto di vieta interno
al suo dinamismo speculatiTO, dato che si espresso storicamente ed divenuto o rimasto filosofia, ha concluso un ciclo in
un certo senso e in un certo modo. Per, il cielo che ha concluso non d come conclusione la fine, il termine ultimo, ma presenta come conclusione l'inizio o il principio o l'origine, per ora,
indifferentemente. Questo termine ultimo nel quale il pensiero
storicamente ai determina e si compie, dal punto di vista che interessa questo tipo di questione, appare ultimo ~a come se tosse, ultimo come , il punto di inizio dello stesso processo che
il pensiero capace di costruire prendendo, aesu:nendo il punto
finale come appiglio iniziale per riportare tutto al principio,
per ricondurre tutto all'origine. Per cogliere dunque lo e~ecula
.!!!2. del processo secolare della filosofia eepreesoei attraYereo
le varie filosofie ed i tanti filosofi, non si tratta di condannare o di approvare questa o quella filosofia, queeto o quel filosofo; non si tratta di aggrapparsi allo speculativo esplicito
che ogni filosofo esprime secondo la eua struttura concettuale.
Lo speculativo storicamente considerato, in realt, consiste nella capacit, da parte del pensiero, di concludere l'esito che lo
riguarda ripo1tandolo al principio, riuscendo a fare diTentare,

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ci che ultimo, primo; o, in altri termini, riuscendo a ricondurre tutto il processo speculativo ad tm. punto che originario,
non per nascita storica o anagrafica, ma nel senso che il pensiero la capacit, alla fine del suo ciclo conclusivo, di conoscerei originariamente; si potrebbe direr la capacit del pensiero
di stare tranquillo mh.. fatto che possiede la scienza dell'origi-

Il pensiero nella sua forza speculativa come se rischiasse di doverei rassegnare ad una sua inerzia profonda ed intrinseca perch tutto ci che il pensiero pensa, tutto ci che il pensiero riesce a sistemare come conoscenza fino alla scienza. A questo punto, il punto discriminante consiste nel fatto che la scienza alla quale il pensiero risulta ancorato, _una scienza specifica anche se una scienza che poi viene di Tolta in volta riproposta e diversificata dalle varie filosofie; la scienza specifica consiste nel fatto che il pensiero, attraverso la capacit sistematica di organizza.re la conoscenza (e quindi di stare ~locca
to su un fondamento che fa da elemento) scende fino ad una piattaforma sistematica che lo assicura poi a s stesso e che la
scienza, ma non la scienza coma tale n~ la ecienza di qualcosa
o di qualcuno ma la scienza dell'origina. Per cui, ci che di speculativo risulta, e non ci che di epeculativo ! in fondo in
ogni discorso filosofico la sua stessa necessit di apodiesi, di
- - . -- espressione compiuta fino a quel punto e fino a quel limite oltre
il quale non possibile diversa ecip,.,~~~,1i071.8 n pe::'l"'i'l::"'' 1o'\~::"'.-----------~-----------------------

&

1~ $'";}r"ir'.e~~ s~ ster;:Jn o;eM!'. fo e;! st~~f:" e h~."'1'1.'le,

1:.-i. l~.rt~:tt di

partenza :pregiudiziale, non eeconc!o c1b che ne pensa ialtro;


il pensiero necessitato ad usare quelle armi che, nel momento
in cui sono usate, ei risolvono tutte nell'uso ohe il pensiero
ne fa; in questo senso come se il pensiero riuscisse a fare ~
nello stesso tempo il nemico contro il quale qualcuno combatte
alla eteeea maniera per cui, il qualcuno ohe combatte quel nemiBaruch_in_libris

co lo steeso nemico. In altri termini, 11 peneiero combatte contro s eteaso e dunque, combattendo contro s stesso, esprimendosi speculativamente, come se necessaria.mente dovesse rimanere
inchiodato a questo euo destino interno: tutte le ermi di cui usa,
lo risolvono in modo tale che non gli ruane altra arma oltre Il
di vista lo s~culaquella che i l pensiero usa. Da quest_o~~o
---- - --- ---- - -- ---ti vo un dato intE111l_()L i l dinamismo del rapporto per i l quale
il pensiero pu dire s secondo s stesso e non secondo l'altro
che lo pensa, esprimendosi, fa si. che 11 pensiero pensi, epeculi,
organizzi tutte le conoscenze delle quali capace, in quel modo
per cui ne viene fuori un certo sistema. Ma, al di fuori di questo sistema, lo epeculatiTO di cui si pu parlare, non uno ape--~-----

--------

--

..

----------------

---

---

culati TO dinamico ?ll_a__~() __13pe_E_\l].a~~!_C>_,___ c1:1,~_!_~~--~C)Si._L statico s


un dato; ed un dato perch non qualcosa di cui il pensiero
possa assumersi una responsabilit all'esterno, estrinsecamente
al rapporto, ma qualcosa alla quale, in un certo senso, il pensiero soggiace. E' come se noi dovessimo dire: in fondo il pensiero ha una sorta di sua natura allo stesso modo come ogni cosa ha
una sua nat'ID"a. Koi possiamo parla.re, ad esempio, della natura
degli uomini perch pare che sia abbastanza !acile, avendo conosciuto la natura dell'uomo, anzi essendo l'esercizio vivente come uomo - di questa natura, perci poesia.mo pensarla in un dato modo e dunque ne parliamo. In altri ter.ninit io so, parlando
dell'uomo, che cosa dico; so, ad esempio, di non dire animale,
di non dire albero; ma, in verit, ci che sappiamo di ci che
crediamo di eapere a tal punto da poterlo dire, in fondo, quando
viene ~tarmato, Tiene pensato attraTereo 11 segno della ditteren-

!!' l'uomo ohe io so non tanto l'uomo ohe io eo quanto tutto


cib che io so di ci che uomo non .
Rispetto al pensiero, come se noi doTeeeimo tare lo

~tr

zo di oapire che 11 pensiero, nel euo stesso esprimerei, neoeeBaruch_in_libris

eitaio, in un certo senso. Pare abbastanza facile capire il vi~


re parch basta esercitarlo per capire, ci~: per finire di capi-

!!; ?er cui 11 vivere che non d 11 proble:a di capirlo in qua?J.to Tivere significa, rispetto ai problemi che pu dare, finire
capire; perch se noi doTessino 9tare fermi ai proble- ---- ----- ------ -- - ------di -doTerlo
mi, :~~er.doli a loro volta fermi rispett~ ~ ci di cui sono proble:ni (il vi vere) saremmo costretti a so s~ndere i l vi vere e sarebbe u::i modo comodo di creare 1' eternit. Ou~do allora diciamo
ohe la vita \Ul continuo carico di problni, dobbiamo dire in
verit che il carico dei problemi consiste nel fatto che finire
di es.pire i problemi una sorta di mulino che macina sempre la.
stessa farinas ogni problema d un altro problema che per viene
reso finito nel momento in cui si esprime perch il Ti.vere continua t'ascinando con e i problemi. Questo per suppone che, nel
fiume ~he scorre nella storia dell'esistenza, ci eia qualcosa o
qu.al~.mo che non muta con la storia dell'esistenza e questo l'io: so~o io secondo un dato fisso e immuta~ile del quale sono sicuro, ~el quale sono certo e l'esserne cer-to non la verit della si& Tita ma la mia stessa vita; quel TiTere cio che non ha
bisog:.~ ai estrapolarsi per diventare vero rispetto a questa certezza =a quel vivere che rimane vivere de~tro e eteeso in modo t~le da appagarsi di questa certezza. E potremmo aggiungere
che C,i.L3.ll1o i l vi vere ~o~~~~i<:a questo rap:po:::-~o con s e quando
p?"et~~~e .. che la .. C?el"~ezZ:S: ~~.!!'!J.t?- -~ri,:t~-n~s ~O?:~ le . filoeofh della TiV-, nascono cio le cattive filosofie, o anche, a secondo
-------
del ptcto di Ti.sta , le migliori filosofie. ~~econo cio i sis~-

-----~

."

viver.

tra la qertezza e la nrit


mi !__lla_. mediaz~~ne' nel
questo discorso che non interessa radicalm9nte non gi la filosofia nel suo senso teoretico, ma l'uomo. E' l'uomo a ementire
queste filosofie e non ai d il caso stor~co di dover pensare una filosofia contro queste filosofie; il TiTere, diciamo coi,

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costretto ad attraversare il prisma della certezza che lo soddisfa fino a quella sua depurazione assoluta che fa della certezza
2! o la verit, i l vinre che Tiene disincantato dalla stessa
esistenza e diviene un principio di conosoenza non eolo dell'uomo ma di tutto ci ohe poi l'uomo pensa attraverso questo principio. Da questo punto di vista tutte le filosofie che ei interessa.=io, come fi~oaofi~, della vita eia. essa sociale o individuale,
BO_!-l() tu~~tl_p;'_M;ll!~t_i~i-~ pl"~at~emi :i.!1'1~g_1, non alla filosofia,
ma all'uomo. L'uomo allora tma contraddizione vivente, senza
filosofia, di queste filosofie; basta l'uomo come capacit critica, cio come capacit pregiudiziale di non farsi catturare dal
sofisma che sta dentro queste filosofie per smantellare queste
stesse filosofia. Questo tipo di discorso interessa perch c~,
da un punto di vista storico, una sorta di tranquillit che lega
tutti gli uomini tra di loro su un fatto astratto: siamo tutti
tranquilli perch~ bene o male di noi sappiamo qualche cosa che
poi chiamiamo o natura o essenza o come voglia.mo. Quando noi cerchiamo di comprendere in ohe maniera, da questo ooaoer"fO di questioni poco questionabili, salta fuori un termine di riferimento
che usiamo chiamare pensiero e ohe, quando salta fuori, come prima cosa, scombina le mie tranquillit, ci che accade direi simultaneamente a tutta la materia da cui noi tiriaao fuori i l pensiero, ~ uno sconvolgimento da parte del pensiero di tutta questa
stessa materia. ~jxe_ a()l"a __pe_nsie;-o,_ s_igni:!ica porre in criei
ci da cui traggo questo steeeo cUre ~ns_ie_r~.~ Quando parla"f!lmo
del fatto che il Ti.vere storico dell'u91?10 si pu attesta.re su un
certo complesso di questioni che ci lasciano tranquilli, doTeTBmo dire che in realt questo fatto significa il gioco anacronistico ohe quello di non sapere di essere dentro di noi addirittura mitizzanti, (e di noi posti sull'altura del progresso storico),
come inTece non mitizzante il primitiTO il quale il suo mito
ae lo gioca esattamente peroh!S se lo gioca espl_!~i_~~.8Jl!_~ e dunBaruch_in_libris

que --non- . mitiz~te


e non . mitizzato
ma . .addirittura
maschera,
.
. - - -
--- --- --.
pz:eopon del mito, persona del mito, talmente per cui possiamo
-

ribaltare il discorso dicendo che, perei, in_oz:!~~ la persona


.! essa steesa un mito; persona del mito, maschera del gioco degli
occultamenti, dei misteri che mi servono per cercare di non capire troppo alle mie spalle a per cercare di non avventura.-mi tro:Ppo inna..~zi a me, significa che posso tranquillamente affermare
che in origine c' il m'to della persona, cio~ il mistero, il nascondimento della persona, l'occultamento di ci che pu fara da
principio, diciamo cosi, radicale, da asse sul quale e dal quale
tutto ci su cui l'uomo vive pu essere giudicato, pensato, conosciuto; mentre noi oggi, che siamo cos adulti, siamo mitizzanti
perch addirittura nel momento nel quale tentiamo di riuscire a
comprendere tutto cib che ci fa vivere, in questo, dobbiamo riconoscere, che nascondiamo qualcosa di fonda.mentale; noi cio~ mitiz,,., ...
ziamo e mitizziamo non gi qualcosa pur che sia;ftiitizziamo l'unica cosa che dobbiamo mitizzare perch l'unica cosa che pub porre in crisi tutto ci che mi ta vinre tranquillo: il pensiero.
Quando noi esercitiamo la nostra -n.ta in realt come se ci portassimo dentro un certo meccanislo che ci fa f\lllzionare ma che
non deTe esprimerei, perch esprimendosi avverte che cib che mi
fa ~zionare 11 pensiero; ci che presente nei mille modi
per cui pu anche rimanere aesente, perch fraudolentemente nascosto in tutto ci del quale aono tranquillamente certo rispetto
al mio Tivere, proprio ci che ad tm certo punto chiamiamo pensiero per dire bene o male un elemento che rieohia di rimanere
per 'tlll Terso mitico e per altro verso problematico; problematico
percM __! _il pensiero mette _in. crisi eib ehe funziona attranrso
il pensier~, dobbiamo coltivare ragioneTOlmente 11 dubbio che al------------ -lora il pensiero come se fosse questa sua capacit interna di
mettere in crisi addirittura e stesso ee capace di mettere in
crisi ci che esso stesso ta essere. Quando questo tipo di proble~

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mi, come storicamente accaduto, Tiene detto coscienza of meglio,


autocoscienza, lo sforzo concettuale si esprime nel fatto che,
ci con cui questo tipo di problemi viene detto, diviene principios diviene cio4 un'altra cosa. Pacendo questa operazione in z
realt abbiamo cercato di eliminare la difficolt perch~, quando
diciamo 11 pensiero secondo questa sua capacit di eriei interna
a s~ ma soprattutto verificabile in ci che !a essere, in ci del
quale costituisce la coscienza riflessa., quando questo ai traduce in un principio, nel principio di autocoscienza, o della coscienza consapevole di ' s~ e dunque principio perci di conoscenza, questo significa la eliminazione della difficolt speculativa perch~ come se, quel marchingegno che l'uomo , quella cosa
comodissima che l'uomo come tranquillit di e~, _!:l~ne reso principio e principio-di, cio~ principio determinato da ci ohe
chiamato a determinare. Vero che il pensiero come questa capacit di crisi riepetto a ci nei cui confronti pare tutto tranquillo, pu essere tradotto, come avvenuto storicamente, nella
tematica, ad esempio, dell'autocoscienza, ma questi modi storici
di cercare di comprendere il pensiero sono i modi storici attraTereo i quali come se lo stesso pensiero avesse tentato di eliminare la su.a stessa difficolt, il suo stesso problema in quel
modo per cui resta per ora ferma questa questione: alla stessa
maniera come il vivere mi d alcune certezze di fondo che per
sono tutte conglobate nella certezza fondamentale che io dispongo di alcune certezze, ee noi guardiamo in parallelo il pensiero,
noi potremmo dire che il pensiero dispone in un certo modo di una
sua natura propria, di una sua essenza tale perb per cui non possiamo chiederci che cosa ~ il pensiero. Il parallelo tra il TiTere e il pensare non Tale per s~ ma un parallelo di uso didattico anche ee in un senso piuttosto eingolares nel senso che l'uso
didattico, in un certo modo, suppone la sua dedicazione ad uno
dei termini del parallelo, che il pensare. Si potrebbe allora
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dire che i l parallelo tra il vivere e i l pensare un modo attraverso 11 quale come se il vivere pretendesse s6 stesso come una
scuola nella quale tutti gli scolari fanno da maestro, nella quale tutti quelli che esercitano questo mestiere del Ti.Tera (gli
scolari) fanno da maestri. Continuando la metafora, si potrebbe
dire che questa strana figura di scolaro-maestro che i l Tivere
alleT&, l'uomo cio, chiunque di noi, eia educato a non riconoscere maestri fuori dal suo essere scolaro. L'uso didattico del parallelo significa allora che cercare di comprendere i l vivere si
identifica nel fatto, interno al Tivere, secondo il quale il Tivere cerea di proporre da s/ stesso wi modo di ritagliare, di
diTidere il maestro dal suo essere scolaro, di illudere il maestro che per essere tale non ha, n aw bisogno di andare a seuola; ~ coma se i l parallelo tra Tinre e pensare, dedicato ad una
sorta di uso didattico maggiore a singolare, in realt si risolvesse in questa pretesa singolare che il Tinre pub essere proprio rispetto al pensare perch ~ come se il TiTere, toccato dal
pensare in un certo eenao, subisse il fascino del pensare, subiese il fascino di ci~ che non riesce a comprendere in modo tale
che per TOlerlo educare, non trova di meglio da insegnargli se
non cercando di insegnare a s stesso questo modo di distinguere
lo scolaro dal maestro: per cui potremmo cavarcela dicendo che,
viTendo, il vivere maggiore consiste nella capacit del magistero, nella capacit di essere maestro senza bisogno di scuola.
Possiamo anche dire che noi ragioniamo la questione a questa maniera perch siamo riusciti, dopo secoli di discorso filosofico,
a non farci catturare dal fascino ohe il Ti:nre subisce contro
il pensiero. Il Ti.vere, in un certo senso, ~ affascinato dal pe-neiero e quindi ne subisce il fascino, se non altro perch il Yi
Tera non sa che cosa eia il pensiero, indipendentemente dal pensiero stesso; 11 TiTtre non sa ohe animale (e sto pensando a Pl..atone) pensante eia il pensiero, perch il pensiero
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una sorta

di marchingegno magico che in tuUe le cose e ef'Ug88 da tutte


le cose nelle quali . Il viTere, 1eercit&ndo l'uomo ad esistere
bellamente, ha sempre nascosto a e~ eteeeo che subisce il fascino polarizzato dal pensiero, ma in aodo tale per cui questo eeeere affascinato significa risultare contro non perch i l Ti.Tert
opposto al pensare, ma perch 11 Ti nre si ritrova per un nreo trattenuto dal pensiero Terso le sue radici esistenziali e per
altro verso teso elasticamente Terso cib che invece lo trattiene.
Il pensiero in questi termini risulta non solo aagico o mitico,
ma anche cattiTO, capace di male nel senso pi radicale pereh~
~ come se il pensiero consistesse nella capacit di mantenere S
talmente termo 11 Ti.Tera a e stesso che questo gli .-rmette perb di tendere il Tinre spq_o41caaente "f'erso s stesso; per cui
nello stesso tempo nel quale il pensiero persuade il vi.Tera che
la sua migliore compagnia ~ la "f'1 ta, i l monc!o etc. e peroib lo
persuade a rimanere tel"llo a ci?> cui legato, C011e se questo
gli ser"f'isse per tendere il Ti.Tere nrso le sue regioni sublimi,
Terao le idee della stratoatera metafisica, per conTincerlo che
questa tensione bella e ~ aeguita e sofferta. Il "f'i.T9re, e non
l'esistere, il vivere come la "f'italit dell'eaistere come se
:pretendesse s stesso in modo tale da riuscire a concepire che
c' un maestro del Ti.vere oh tale soltanto perch maestro o
c' una singolarit, c' una .22.!!! indiTisa e indiTisibile che
il pensiero, la quale non pub oondi't"idere il suo inBegnare qualcosa con coloro ai quali insegna qualcosa. Si tel18& presente che
queato tipo di inizio di discorso appena il risultato di l~s
si.Jli diacorsi che abbiamo sempre o tatto o aaooltato tilosotieamente nel senso storico del termine.
In altri termini, la tensione del rtnre che per un .,.reo
tiene bloccato il Ti"f'8re su una base, 8U.i auoi principi e per altro "f'8reo tacendosi forte di oib di ou1 il Ti"fWl"e torte, cio~
la Ti tali t delle 8118 steHe radici e non la torsa delle sue raBaruch_in_libris

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dicazioni, c:erca di u_sare l'essere raiicato del vivere in modo


!'t:l.e da essere sicuro che ee la tensione sforza il vivere non
che abbiamo come risultato lo sradic~ento del vivere per cui il
Ti.Tere teso Tereo il pensiero, teso verso l'individuo (diciamo
ancora metaforicamente) che insegna senza scolari, si tro"Ya sradicato e butta in faccia contro il peneiero s stesso fino alle
eue radici perch la cert_e~~_!._del],a te~sione consiste esattamente nell.a certezza dell'imPian~~ (noi possiamo cio pensare le cose pi belle di queste mondo solo perch siamo certi che la noetra
stessa esistenza ci aaeicu:ra a questo mondo), questa tensione implica un discorso che abbiaao sempre fatto :Uloeoficamente in questi teraini: in fondo la ricer~a del ma.estro come polo singolare,
la ricerca del pensiero cose termine traente a s, come termine
che sforza la forza dell'i.lrpianto, ha per un nreo la eicurezn
dell'impianto ma per altro Terso ha la necessit di fare apparire dinrea ci\I> che essa stessa com.e tensione: in altri termini,
il Ti Tere in questa ricerca in f'ondo cerea di convincere chi Ti- '
ve che i l suo vivere, a linllo cosciente e consapevole, ~ peneie!:2. E dovremmo chiederci: pensare ~rch la tensione sforza verso un termine ohe poi rieul ta contro o pensare perch il vi Tera teso in questo sforzo documenta un certo modo di essere inizia.le del quale non si rende conto? Il Tivere pretendendo s eteeeo
in quaeti termini e dunque ixretendendo di eseere un pensare o la
capacit di pensare di pensare qualeiaei cosa, in fondo prewme questo perch apparenteaente subisce alla fine, ma realmente,
si potrebbe dire, anticamente, !~ vivere presume di essere peneiero o pensare soltanto perch la sua.. lJ.a.~ ;i_certezza cib di cui
non s1_J:".8:lld conto ed ~ _l'iJlp;~~o__ :z:~~c~_e, la :t'orza del suo impianto, la :t'orza vi tale delle eue re.dici Allora CO'llle se il TiT9re apparentemente foeee costretto a conf'essare che cib ohe lo
a!taecina, in modo :perb coni:raddittorio, il pensiero in quel
modo ~ cui il pensiero risulta quel teraine ultimo nei cui conBaruch_in_libris

fronti 11 Tivere ei eente piccolo o meno L~portante; ma in realt il fascino cht il vivere eubieee del termine di tensione un
modo attraverso il quale il Tivere naeconde che il euo presumere
di teeere congeniale al pensare di poter porsi in parallelo col
peneare, sta nel suo non potere comprendere ci ohe la sua ete~
sa forza iniziale che l'impianto delle ~ue stesse radici, la
Titalit del euo stesso inizio. Allora dovremmo capire questo fatto singolare per cui tra l'impianto iniziale radicale e l'ultimit del termine il vinre rischia di rima.nere una grosea metafora
nel eenao secondo il quale noi, Ti.vendo, non che siamo, ma ci
illudiamo di essere, perch 11 noetro essere non nel Ti-v.re,
non coneiete nel vivtres il vivere pu eesere che consista tutto
nell'esistere, un eesert-da, genericamente parlando, ma che questo esistere per ci stesso, com.e Ti.vere, aia essere, questo non
risul:ta al vi-v.re percM i l vinre pu rieolnrei tutto nell'eaistere e poi per dire che questo esistere , de-v. usare qualche
cosa ohe non n il viTere na l'esistere. La forza dell'impianto o la Titalit delle radici corrisponde al toglimento dtl problema di Ti.Teres io viTo intensamente se Tinndo non faccio problema del vinrt etesso. Potremmo dire tranquillamente, senza che
ci sia nulla da capire, che il Tinre ci impone di eeistert e noi
non pensiamo la aorte ma percM 1'11!tranqui].li. ---non perch
siamo
- - --- - ----- --posizione ohe l'esistenza di s nel TiTere, corrisponde al toglimento del problema di essere. Quando il vi-v.re attestato in
questa tensione, lo in modo tale per cui la teneione in realt
lo c!iohiara verso il termine ultillos ma eoltanto percM questa
---

---

dichiarazione corrisponde ad una aorta di 1.!lposizione dell'inizio


per cui eeeere fortemente tesi wrso qualet o qualcuno signi.:!1ca eeaere ancora pi fortemente abbarbicati alla propria forga
radicale, il Tinre che, esistendo a questo modo, giustsmente riesce a non awre come problema l'essere o coae problema, di essere, per lo stesso motiYO ha perb bisogno del pensiero; ha bisogno,
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ed ecco il parallelo, di una sorta di alibi attraTerso il quale


si giustifica il tatto fondamentale che giusto togliere, riguar-
do al Ti.Tere, il problema dell'essere o di essere.
E si potrebbe dire che i l Tinre un modo attranrso i l
quale l'esistente nasconde la paura di essere perch il Tivere
esistente in confronto all'eese~e vive un rapporto di crisi; filosoficamente, in senso storico, questo assiomaticos la stessa
definizione dell'essere, la eteesa capacit o possibilit o necessit di definire l'essere corrisponde a tutto il bisogno che l'esistente di non essere compreso in questa definizione perch
nel momento nel quale l'esistente compreso nella definizione
dell'essere o nella soluzione del problema di essere chiaro che
l'esistente come tale sparisce, cio l'esistente com tale c011prende che il suo essere compreso nella definizione di essere lo ri
sol-.. necessariamente nell'essere e lo risolTe in quel modo di
esistenza che l'esistenza dell'essere con tutte le difficolt
che il capire questo ha determinato da Parmenide in poi. La capaci t o la necessit di definire l'essere da parte dell'esistente
significa i l bisogno &f!f;IOl:uto _c_h.e l'esistente di non essere comt -da parte
preso in questa definizione~__l:-_'_~_l:ti:_~-~~~~~- n~cess~
- - "' -.
dell'esistente di com:prendere la definizione dell'essere. Il bisogno del pen21are da parte del Tinre un alibi attranrso il
quale il vivere scarica la sua tensione e attraverso il quale il
viTere scopre inavvedutamente un.a polariz~~~~one dialettica non
perch abbia la dialettica a fondamento ma perch~ la polarizE&zio-

ne dialettica per su.a disgrazia, per fat"to naturale: nella eteaea misura secondo la quale l'eietente ~ la necessit di non eesere, esso come esistente, compreso nella definizione dell'eaeere, nella stessa identica misura l'esistente per~ la necessit
di essere esso a comprendere la definizione dell'essere. E pare
che eia chiaro questo capoTOlgiaento di dieooreo dicendo che la
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capacit -~~l -~"'eJ:"e. b que~-~a _cl_i_ :r:~C:i_!ll!'~--i_l___cQ!!Sjl!'en_de!'_EI ~empr


8:~_attivo; l'eeietente ~ questa capacit sin80lare di comprendere una grandezza assoluta perch nello eteseo senso nel quale l'esistente il bisogno di non essere compreso nella definizione
dell'essere , per altrettanta forza per l'esistente comprende la
d~finizione. La polarizzazio ne dialettica, 5.1 fatt0 :Halettico
t:-a la definizione dell'essere nei cui confronti i~~3iut~nte
come questo bisogno di non essere compreso nella definizione del-

'"<;..--

------

l'essere e la stessa posizione che l'esistente rivendica per s~


secondo la quale per l'esiatente richiede di essere un comprendere quella definizione t questo fat~o per cui l'esistente il
bisogno di non essere compreso nella definizione dell'eeeere e,
nella stessa misura, di comprendere la definizione dell'eeeere ,
costituice per l'esistente un'alternat iva; il cosiddetto dramma
esistenzial e, ei di cui ci hanno ineegnato a godere come dramma
esistenzial e, non consiste in quello che per secoli abbiamo imparato a capire coma dramma esistenzial e.

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II

SIST.Q1A

E CONOSCENZA

Il drrumna esistenziale pu e~eera eeaurito in una aua sorte letteraria abbastanza plaueibil~ per il dr~a, nrn ~ei~ten
ziele, ma il dramma astratto, consiste nel f~tto che la filogofia
storic!l!llente ee n~ in qualche modo appropriato. C' '.llla tentazione nascosta, sottile che la filosofia subisce rispetto all'sist9nza ed quella tentazione che potremmo fare ricadere nell'ambito di quel discorso per cui la tensione che il vivere subisce
fino al faecino che subisce rispetto al pensiero, in realt Terifica una situazione paradossale perch ~ come se fosse necessario
riuscire a identificare una figura di maes"tro senza scolari, e
quindi di essere maestro secondo un impianto di rapporto ohe ~
un impianto tutto dovuto al pensiero stesso, un impianto ohe ~
intrinseco al pensiero. Si potrebbe dire che gli scolari che il
pensiero non ha, non gli scolari ~i cui il pensiero non ha bisogno, sono gli scolari che non hanno, in fondo, bisogno di s stessi e quindi non sono tali da costituire un termine di necessit
~er il pensiero; potre!lllllo dire che la scuola che il pensiero non
ha ~ una sorta di scuola sotterranea per cui coloro che 'TBJl?lo a
souola dal pensiero ~ come se fossero destinati a rimanere a quel
certo livello di l dal quale non pu andare, di l dal quale non
pu apparire perch gli scolari del pensiero, si potrebbe dire,
sono i suoi stessi termini fondamentali, sono le radici del pensiero. In altri termini, un modo di essere radicale proprio di
ci che }(interessa il pensiero nella sua radice pi intrinseca
costituisce l'aula, tutta confinata in s~ stessa nella quale gli
scolari del pensiero TiTOno la sorte singolarissima e paradossale di essere scolari nella misura in cui il loro essere scolari
li esaurisce tutti in questo stesso. La filosofia, allora, ai
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15

appropriata storicament e del c!ramma esistenziale per il fatto che


anche la filosofia in fondo come ee subisse, tra il Ti.vere e
il pensiero, una certa passione dei fascini che il pensiero e il
vivere si palleggiano reciprocame nte, per cui tra il Tinre e il
pensare, quest'altro termine che tutti chiamiamo filosofia in fondo non riusciamo a pensarlo anche se riusciamo a conoscerlo com11-

c?_e la_fi_~()B_()~i~ ~ ~ome sistema di conoscen2:~_j,Inp~ic::a_ nel rapporto al principio di questo rapporto una sorta di ribaltament o del discorso perch~ il sistema di conoscenza
-~~lE!__O__~pone _o 1;e()riz2la la oon()scenza del sistema; tutto cib
che filosofia in quanto sistema di conoscenza, anzi, pi pesantemente, sistema di conoscenza, cio~ conoscenza irrigi-dita, bloccata, nel compimento delle sue perfezioni interne e nel compimento dei suoi processi interni, si risolve in cib che la filosofia
come sistema di conoscenza, in realt quando poi diventa tutto
conglobato come termine riferito all'inizio, al principio che lo
risucchia a s~, il discorso si ribalta; si ribalta perch~ l'inizio che risucchia fino a s~ il sistema di conoscenza in realt
riporta al principio il sistema di conoscenza perch~ riporta al
Intendo dire che nel sistema di conoscenprincipio la conoscenza.
- --------------------------- -- -----
za la determinazio ne riguarda il soggetto stesso, il soggetto fondamentale perch~, nel sistema di conoscenza, il soggetto fondamentale la connscenza, nel senso direi classico ed elementare nel
senso secondo il quale il soggetto fondamentale come conoscenza
sta a significare che la conoscenza conoscenza di qualche cosa
o di qualunque cosa a condizione di fare essa stessa da soggetto
a cib che conosce; dunque un sistema di conoscenza, per s~ stesso, ~ una enorme implicazion e, ~ l'infinito di tutte le impl.icazioni ma in quel termine finito che il sistema. Il eietema di
conoscenza in quanto determinato o, si potrebbe dire, in quanto
---- - -determinazi one in atto, esaln"isce par e~ la determinazi one ma la
pitamente.

~tto -~;_~

..

--

~~!!_e._a.

tutte le implicazion i successive; intende


Baruch_in_libris

e~

come

~-

16

determinatio--- ma non
per s perch,-- dell'onnideterminatio,
l'onni---------------- -------tudo, ___n_o_~ riguarda s, cio la conoscenza legata al sistema, la
conoscenza gi vincolata, ma riguarda tutto ci che dalla conoscen
za 'Yiene implicato per la conoscenza stessa e cio l'infinito delle implicazioni possibili. In altri terminis ogni sistema di conoscenza ~ la finitizzazione di tutto l'infinito possibile che
implica ogni sistema di conoscenza, la finitizzazione nel rapporto iniziale, cio nel sistema di conoscenza peroh appunto nel
.s~~tema di conoscenza, il segno della finitezza sta nel sistema
perch ~~- F,incipio (nella significazione classica di ratio; il
principio come ratio cio come una aorta di sistema interno al
sistema) ~ principio di finitezza rispetto a cib che tra il sistema, il suo essere determinato determinante (la conoscenza) e cib
che viene implicato (le iJlplicazioni) fa da principio di finitizzazione rispetto alla infinit delle implicazioni; per cui potremmo anche pensare che noi possiamo avere non tanti oggetti quanti
sono gli oggetti possibili di conoscenza ma tanti oggetti quali
sono gli oggetti che, possibili di conoscenza, possono percib essere riferiti
al principio- che tinitizza s stesso,
che fa cio
.. da
sistema alla conoscenza
e cio alla determinazione di rappor..,...__ ------------- .------- --- ------- ------- ----- - -- - . to fra- la conoscenza e- gli oggetti.
Gli oggetti come tanti quan...
ti sono, interessano soltanto s stessi; o interessano dall'altra
parte del discorso, interessano se noi riuscissimo a tenere fermi in s stessi gli oggetti di conoscenza tan1i quanti sono, secondo la possibilit infinita di essere che l'essere ~ in ogni
-ente determinato; possiamo sospendere il mondo della conoscenza
al rapporto 4i tutti gli oggetti tra di loro a questo modo per
cui il rapporto degli oggetti tra di loro sta tutto vincolato al1' essere degli oggetti tra di loro ma perch' tutti sospesi, soltanto ae riuscissimo a riguardare il sistema di conoscenza, cto~
il termine di implicazione, non dalla parte dalla quale noi consideriamo le implicazioni (e dunque gli oggetti di conoscenza)
--- -

---

-------~-

~.

. .

Baruch_in_libris

17

ma dalla parte dalla quale gli oggetti di conoscenza considerano


il loro termine di implicazione. In altri termini come se noi
potessimo veramente platonizza.re il discorso filosofico perch
se noi spostiamo il discorso in termini pi storici e pi classici, potremmo dire che le idee, il sistema di conoscenza come termine di implicazione che di l dal mondo degli oggetti, eono
il mondo che permette che il mondo degli oggetti sia tenuto sospeeo in e~ stesso perch~ in qualche misura capace di essere esso
un considerare ci che lo considera, W'l implicare ci che lo implica mentre non Ticeverea; il contrario di questo discorso non
il realismo perch~ la platonizzazione di questo tipo di questioni non appartiene a Platone come Platone, ma appartiene a Platone come fisiologia dei discorsi filosofici nel senso che come
se fosse proprio della natura delle cose, nel momento nel quale
le cose Tengono considerate, conosciute, di spostare 11 loro termine, il loro modo di riferimento a ci che le conosce; intendo
di spostaconosciuta
cosa
ad una
connaturato -------fondo ----dire che in
- - ------------ --___________________
re il soggetto che la conosce al di l di s, che connaturale
.
- ------- -a ohi contemplato di ribaltare il rapporto e di pretendere di
-

---------~

essere, come contemplato, contemplante; ma, ci che come contem'


pu te.re questo
plato, presume o :pretende di essere contemplante,
perch prende il contemplare che lo riguarda e che lo fa essere
contemplato e lo sposta al di l, lo mette di l da e, rinTia
il soggetto, cio rinTia la cosa pi importante che si posea rinTiare oltretutto perch gli oggetti pretendono, essendo inalloTibili, di rimanere inaaoTibili, cio~ di rimanere come termini fissi di tutto ci che li riguarda. Allora, tr___l'.l__~~-o~tto e il aoggetto (nel seneo pi letter~ledei termini) il rapporto un raPT8de sempre l'oggetto cose caporto quasi l!l!Jllpre tragico perchi
...
---~--

- -

-----

--

----

di_ sd~pp_~a:m~to del soggetto, come capacit di reduplicazione del soggetto per cui l_._'o~tto rillane sempre quella assoluta incombenza su d eteeeo, incombenza che fa dell'oggetto una

~~-~:t

Baruch_in_libris

18
. .J J.

:i

., _::..:.

00-_.>ett .:J

so e ci che rimane veramente e soltanto reale l'oggetto, don


reale vuol dire fisso ' non spostabile da s, mentre
ci~ che riechia
- - --

cii rimanere sempre irreale

_Il.t!

i l so~:tto pe:J:'()~~-i~_ soggetto 'rie-

_CO(Jtantem~nte

sottoposto a questa operazione di reduplicazio~ per cui come se fosse una sorta di gioco magico che subisce
in questi termini per i quali nella mism-a in cui capacit di
conoscenza, questa_ c~pa,e.1 t. ___diye~ta_ pi-incipio di rinvio al di l
~~__ci che _conos~e Tutto questo accade su un piano di fisiologia
del discorso filosofico, di elementarit nattn-ale del discorso
filosofico perch naturale, non per quanto riguarda il discorso filosofico, ma nattn-ale per quanto riguarda l'oggetto: la
natura dell'oggetto tale per cui implica questa sorta di destino che il soggetto subisce contro s~ eteesos quando la filosofia

Bi:

p_!ll_to?~~~!-__ i l __~~~:t.-~C?-

-~ova

divil!o, spaccato in due. Quando


il gioco del sistema di conoscenza si svolge in modo tale per cui
dal sistema di conoscenza, l'infinito delle implicazioni si ritro"t'B condizionato ad un principio di finitizzazione che sta nel sistema, il sistema come sistema di conoscenza, doTendo ritro"f&re
nell'interno di s stesso come principio una !:!!!.2 dinrea dalla
ratio che gli appartiene Terso la conoscenza (un sistema organico diverso dal sistema organico che immanente al sistema di conoscenza, oio 11 coagulo dei principi attraTereo i quali ogni
conoscenza pretende di diTentare conoscenza come scienza) tale
che nel ~~o interno riesca a scoprire una sorta di crisi, di dubbio sulle sue ragioni interne, in quanto principio di tinitizzazione delle iaplicazioni ohe infinitamente, attraTerso la conoscenza gli st82lno da"Y&nti, =-----
evidente
necessariaaente di ..
--- ... .. . - - -che
- -cerca
..
attrarrt_Jl
.s~
per cui il principio di oonoecenma
___
-- l' illplt,cazione;
-
dal quale, per mezzo della conoecenza, nascono le implicazioni
in quanto infinite, per modo che tutti gli oggetti siano reei fiasi non in e~ stessi ma fissi rispetto a cib che 11 implica e quin.......:::-

... --~

..

Baruch_in_libris

19 -

di fissi rispetto al sistema di conoscenza, in questo senso allora il sistema di conoscenza riuscendo a scoprire questa sua interna necessit di un sietem.a diTerao dall'organis mo sistematico che
gli illlunenta, il primo gioco che ha da"Yanti quello di ribal-~
tare il discorso: il sistema di conoscenza come conoscenza del
sistema. Intendo dire che, 1!18 dalle implicazion i in quanto int'inite si pu comprendere tutto il processo che riporta al loro principio, questa traiettoria all'indietro conduce le implicazion i
ad un principio che non rillane pi principio in quanto tutto esaurito nel suo essere sistema di conoscenza. Dal sistema di conoscenza, quello che ho chiamato principio, la ~ interna per cui
la conoscenza riesce ad essere il tramite che organizza le implicazioni infinite rispetto a qualche cosa ohe tutto finito in
s stesso e che il sistema; in questi termini, dal principio
di conoscenza, a cib che sta attorno alla conoscenza, cio alle
implicazion i, la traiettoria normale che il principio in quanto ~ conoscenza e per mezzo del suo stesso essere esaurito dal
suo stesso determinars i nella conoscenza fino alle implicazion i,
Finoipio soltanto e in quanto tutto doTUto ai termini che
rendono infinito il suo oriszonte, oio l'implicazio ne; per cui,
il rimanere finito del principio non il rimanere finito del principio in quanto tale, ma i l rimanere finito del principio in
quanto aTente quella sua ~ interna ohe lo fa essere sistema
di conoscenza; ed in questo senso dico principio per dire la !:!che il conoscetio per mezzo della qual.e, conoscendo, mi-- conTinco
-
re lt il "rincolo tra un inizio ed un termine dello stesso inizio
~r ou1 ~~ siat9l1a di conoscenza finisce nell'infinit o, nell'in:tin~~~- ~~_!_1-____~Pli!azioD!_e h.ociamo i l 41soorao al contrario, e
dobbiaao :tarlo peroh~ il sistna 41 _:~~(>!Oen_~-~-quanto principio d~~~-~~-~~~_!'s_o_~o~ _c_on_c>IJ~~ __s o~e__ p.rinoipio, ma di s~ coche implica anche se, non conosoennosce 11 l!IUO finire nei termini
-- --------- --------------- ----- --------- --"----- ---conoscendo cib che eseo implica e
come principio e di
do

~~----------

--------

e'

---

--

------ -

a'

Baruch_in_libris

20

cio il suo finire nei termini infiniti della implicazione di cui


capace, sta a significare un certo dubbio interno che i l seguente: raa allora il principio ohe principio ? ~e principio
~1--~~---~~--'-' se il 19~-~~l!H':re queeto q~es_to p~ mezzo di cib
che lo finisce, che Il~ !t)_l~_ infinite> {e sono gli oggetti,

cio l'infinit delle implicazioni che attorno al sist8lla di conoscenza sono tratte a s dal principio che interno allo stesso sistema di conoscenza)? Questo dubbio basta a farci ri:tare il
discorso all'inverso, a farci cio rifare la traiettoria al contrario e allora non dal principio ai termini che lo finiscono infinitamente, per cui potremmo dire che gli oggetti in fondo sono
il modo attoraTerso il quale il principio in quanto sistema di conoecensa finisce infinitamente e basta, ma delle implicazioni al
principio,
Se segtliamo questa traiettoria, il problema :tondentale
che nasce automaticamente quello di chiedersi cosa fa da principio a questo discorso capo'fOlto, E sto ribaltando il discorso
aristotelico, semplicissimamente, sto ribaltando il discorso del11p!tean, Ricordiamo ~ non poBSo pensare di conoscere
il principio secondo s stesso perch questo secondo Aristotele
significa la fatalit dell'eia peiron, dell'andare all'infinito
alle spalle --4.H principio, Sto dicendo il con'trario, nel senso
che l'infinito non_~ta__ !'.~~!9 __~:J.._!~_~el __~~ciiio ~~~~--~~le spalle dell'oggetto; cib che fa da crinale infinito ad una sorta di
caduta necessaria nell'infinito proprio l'oggetto, il termine di implicazione per cui l'ia peiron,l'illillitato, non cU
che eta alle epalle del principio, ma cib che rischia BOltanto
di essere di l clall'ogge"tto, Allorar che cosa fa da Finoipio
per i l discorso ~so 11 sistema 41 conoscenza, cio~ ohe cosa fa
da principio nei tenaini illplicati perch l'implicazione abbia
principio come tale? Paooiam.o presto a dire di capo'fOlger 11 diaooreo dicendo che sist81la !! conoscenza significa necessa.riamenBaruch_in_libris

11

conoscenza &el sistema; ma il discorso eapovolto nel


suo stessi:, interno di~lettico e dinamico, '.}apovol to senza cono-

te

~~bito

scersi co;ne capovolto


i.mplicazione ed

~el

suo stesso andare verso il

~apov~l to

perch dal sistema. di

t~rmina

con~1;1cenza

di
C:!lla

infinit dei te:."'.':1ini 1ella implicazione, chi 'ltiaggi::., \~:l.i Bi muove vere.mante non n il sistema

-a

cono8cen.za n i

~?Tini::ii

d 1 ::tp-

plica.zione ma l' esr>ere -principi' del siste:in di C)llO<H:.:mza: chi

fa da rapporto al rapporto (chi viaggia) per cui dal

eintem~

di

conoscenza alla infinit delle implicazioni, .:!:._On -~~_!_!'apporto in


che- fa da rapporto?
, ma ci ----c'
il rapporto- . che
quanto
-- non
.
----------------- La traiettoria alla quale siamo rimasti sospesi una traiettoria
~----------------------~-----

attraverso la quale dovremo renderci conto della necessit, interna al sistema di conoscenza, di diventare conoscenza del sistema.
Questo in realt comporta l'operazione iniziale mediante la quale il sistema di conoscenza tutto come tale conglobato diventa
principio eeso stesso: e quindi abbiamo tm principio il quale non
in quanto tale, cio non in quanto principio, ma in quanto
sistema di, un principio il quale principio in quanto sistema
~e in quanto sistema di sistema di conoscenza e !!l~quanto eiprincipio dete!Mi~_ 1.ll'l.a infinit. di termi.ni __~:P):.!_catLl;\al_~~- stesso p!"L'lcipio, ':la non dallo
ateaeo principio in q~to principio, ma dallo stesso principio
.!!l:D~__ di_~ono~cen~~--d~]J.. '-~~seredel

in quanto sistema

cio~

dallo steeeo principio in

qua.~to

a sua vol-

ta termine di compimento tutto Llr'Aanente a o stesso. Per questo

l'essere principio da parte del sistema di, in qu!:\llto ota a significare un essere principio rispetto ai termini ohe vengono infini tament implicati, sta a fare internamente a s~ da principio
in quanto internamente a s termine del oompi.mento o termine
di compimento; per cui il fare da princ;p!!'..~. essere da principio
che questo modo di principio implica non
rispetto ai termini
- -- ---
-
____ -- .
-----------
un fare da principio percM ci sono i termini, n fare da prin"'"

ciJ>i~ ~.ch

o 11 terminei non un essere, da parte del ~Baruch_in_libris

22

~'

principio in quanto principio rispetto ai termini che


es20 stesso implica o che sono quello che sono dal principio di
i~plicazione, non L~ questo senso, ma in un senso ancora pi pesa:!te sl3condo i l quale b fondo i l sil!ltema di in q~t_()_ pri_ncipi_o
--_F-'i.nOipio,
perch la stessa immanenza. del te:-mine di compi.men------------------- ---- .. - --- . - - to: t le. ste2sa im':J.s.nenza di ci eh!! doi_rrebbe risultare dal suo
ess'll.'e principio non in qu!.lto sistema di, ma dal suo essere prin-

~--

-~

c;io come principio, perch

d~l

suo essere principio come princi~io significa dal suo essere questa sorta di sistema interno
a a~ steB00 per cui il principio come principio, in quanto princi~io propri~ in quanto principio termine di compimento. E noi
non possiamo continuare a dire, non possiamo continuare a pensare su questo. Il principio in quanto principio proprio perch principio immanente a s questa sorta di sistema dentro il quale
il suo essere quello che coincide con il termine di compimento,
dovremmo poter dire; ma dovremmo poter dire perch do"fremmo poter
pensare, ma noi potremmo pensare ee potessimo continuare questa
proposizione e concluderla: non la poseiamo concludere perch questa proposizione conclusa in s stessa; questa proposizione fonda.~entale identicamente non ci consente di continuare perch tutto il pensare gi continuato in quanto noi non possiamo pensare ~- com~iere _ i l princip:to _rispetto a s stesso perch ci che
possiamo pensa.re per adesso come principio esattamente il princi;;io
in--- q~to
d_entro di s compiuto. E allora noi non poseil!lmo
,__
_________
.. ....
di.re i dunque il principio in quanto princiiiic ?.Yendo dentro ee
stesso 11 termine di compimento; e cio dovremmo potere pensare
non per pensare ma per continuare a pensare: il principio dentro
'

s etesso la immanenza del termine di compimento che non pu


non essere se non il compimento di s; ma se noi dicessimo non
il compimento di e, noi radicalmente non pen8eremmo, ma ea.remmo
qualcosa che si ritrova ad eeeere pensato dal principio eteeao
come tale, nemmeno potremmo esprimere questo steeao, per cui quanBaruch_in_libris

23

do diciamo il :principio in quanto princ_!po a questo punto per


cui l'essere in quanto principio significa queat~ immanenza del
te:"llline eh_ compie il principio, quando diciamo queeto, il problema non di pensare ma di :ontinuare a pensare, i l problema
di usa;i-e questo principio, non per pensare ma per conos~~re, per
c.U continue.re a per.eare come se ste3se a significare appena
1.t::! no~ pen~are radicale perch continuare a pensare viene identifi~a to in quel suo momento nel quale il pensare non pu essere
pareggiato al suo continuare, perch non pu essere immagazzinato nel processo nel quale entra.no necessariamente in gioco categorie, elementi, condizioni che non sono ci che il pensare non
pu controllare, non sono nemmeno ci che il pensare non pu pensare, ma sono ci che il pensare consente di conoscere ~ principio, non~ principio, ~' cio ~principio in quanto il principio in questo caso l'agente metafisico di ci che conosco,
ma in -----
quanto
il
principio
--la !unzione
di ci che co-. - .
...
_._____ ---- - metafisica
---
~- ~ principio vuol dire semplicemente a partire dal :principio, e allora a partire da tutto ci che il principio diventato essendo quello che . In altri termini, qU!l?ldo noi pensiamo,
in queste parole quando pensiamo nascosta una sproporzione assoluta che consiste nella illusione che uno dei due ter.nini, il
-
.
pensare sia pareggiabile al quando, al tempo, eppure quando dicia----.. . .
mo: quando pensiamo non stiamo dicendo niente ed 9 come ee steeaL~o soltanto a far conoscere qualcosa, q controll&re u.~a rete
di rapporti che fanno scienza, per ci che , quando pensiamo significa \Dla sorta di principio dal quale tranqu~lla:nente partiaMo
per oon1irollare tm insieme di rapporti, una rete di rapporti che
fanno appunto scienza e allora quando pensiamo come se rimanes--.~--.

~--

..

..

se a fare da principio a tutto ci di cui siamo capaci come conoscenza. In altri termini ancora: conosoiamo qualcosa, qualun~ue
sia, conoscere_ qualcosa, _quz:~-~.9.~!'--~~a,_ ei~~fica rendere senza
tem~--~i_ che_ gns~nte la conoscenza di qualche cosa, perch~ coBaruch_in_libris

24

noseiamo qualcosa vuol dire che, quando pensiamo, il nostro pensare si esprime, si esaurisce, si risolve in una conoscenza e allora succede che ci che conosco rimane fisso e fermo a ci che
come conosciuto indipendentemente dal fatto che alle sue spal-

le c' qualcosa che il tempo attraverso i l quale io lfho conoeciu-r.o, che ncn sarebbe il conoscere, ma del conoscere sarebbe
und sorta di tempo i~proprio rispetto al conoscere e proprio solo di s, il pensare; per cui quando dico, quando pensiamo, ma
quando pensiamo eta a significare, nella sua stessa espressione
letterale, wia sproporzione paurosa perch in questo senso .. ~o
me se il pensare significasse l'uso del tempo perch l'uso del
tempo diventi tutto ci che pu essere senza tempo e contro il
tempo, addirittln-a l'eternit, perch in questi termini ci ohe
conosco come conosciuto eterno, ed eterno significai ~ senza
tempo. Ci
che conosco come conosciuto-- senza pensare, ci che
------- - --- --.
conosco come conosciuto senza ci che lo fa essere come conosciuto, ci che conosco come conosciuto in modo tale per oui non
f'a essere oi che lo fa essere, per~}\~_._!"_"!1.1-~~..i~. pensare senza 11
-~~~_auando, o il pensare senza ci che pare lo inglobi tutto: il
pensare
senza tempo,
e q,u,1~4i i,:J,. -~empo senza se stesso. Ecco per-,-- - -- -- --- ---- - - - ---------------ch cerco di comprendere il punto d6~ questionar il pensare che
da questo punto di vista deve riuscire a programmare una sorta
di dialettica, meglio di dialessi per ora (~ialessi per dire un
"Crooe.ss_o d.ialettico nat>.Jrale, non pensato) 'lUla sorta di dialessi
internamente a se stesso per cui il principi~ in quanto sistema
~ diventa o rischi& di diTentare il principio in quanto tale soltanto perch il principio in quanto tale immanentemente a se
il termine di compimento del quale non possiamo dire se non ci
che il principio rimane come principio. Intendo che ci non lo
~. non lo dico non significa non lo dico verbalmente, d la
proposizione, i l principio il quale in quanto tale termine,
immanentemente a s termine di compimento di se stesso; questo

...

..

Baruch_in_libris

25 -

lo possiamo dire, ma una espressi one 't'erbale e cior poseo dire ci senza pensare , T&r8men te.senza pensare, perch~ senza pensare vuol ~ in questo caso il principi o il quale diventan do,
in questo tipo di questio ni, in quanto tale, perch in quanto ta!!rsign ifica questa immanenza a s del termine di compimento; e
se dico del termine di compimento di se stesso, sto dicendo che
questo principi o ~ ci per mezzo del quale il pensa.re non , perch diversam ente 11 termine di compimento se del ee eteseo che
11 principi o eta a signific are che 11 principi o non pu essere
principi o di nulla se non di se stesso, il principi o in quanto
principi o perch diventan do in quanto principi o ilmaan8 Jltente
a ee in quanto principi o 'terll1lle ti coaptm.ento, ee come 1;enliPa-ne di compimento pu enm-e .oib. ,.- ais.O a.1 quale ~-,
.
re che il termine di compimento il nn110 111"1noi9io. Baliora
poBBo dire pensando 11 principi o che in quanto tal.e, diftDtaa 49
tale, immanentemente a se termine di compimento di se etessoJ
se posso dire questo dire questo signifio herebbe non dovere continuare se non rassegna ndosi al tatto che continua re signific a
continua re a pensare, quindi non pensare e conoscer e soltanto ;
quello che accade: noi continuia mo a pensare, cio~ conoscia mo,
mentre TioeTers a se noi potessim o dire non in questo modo ma in
modo diverso impegnando il pensare: 11 principi o in quanto tale
~ 1mmMntemente a s termine di compimento di se stesso, noi otterremmo come conoscen za una sola conoscen za, come scienza la co~

noscenza del princip io.


Se noi otteness imo a questo li'T9llo, come scienza, la conoscenza del principi o, pensare 11 principi o sarebbe un elnento
del principi o; come se noi rendessim o misterio so Talete, cio'
l'inizio storico, percbAS inne di anre come elemento l'acqua,
awemmo come elemento i l pensare 11 Fineipi o; ma avere come elemento il pensare il principi o signific a rendere il pensare 11 Fin~ senza l'autore proprio , senza 11 principi o suo, addiri~
Baruch_in_libris

27 -

da padre e da madre, in quanto lt nello ateaso tnpo padre e aa4re,


per originare queato pensare l'acqua a questa maniera !alate si
troT& per un nrao implicato a.che lui in quanto rapporto all'elemento, ma per altro wrso non risolto in questo rapporto in quanto lt ci che implica il rapporto stesso, in quanto per un wrao
rapp<Sto implicato rispetto all'elemento, ma per altro verso colui che rimane sempre l'autore di questa implicazione di rapporquesto rapporto l'abbiamo chiamato filosofia. Dito1 l'autore di --- co l'autore per dire colui che nasconde la parte della genaratrice1 per generare filosofia bisogna essere in due anche se sembra
poi che si in tre, perch il figlio che nasce in questo caso
~---------

, :1 ~cnmo ~~

~iuta

parecchio i .&eni.tori a Her~ geni ~O}:"i; !a-

:i..-l.....,:iimi. i
,._.. !-' .. -~-i.~:

.....

:._. '

ti cui'posliao parlare

mftDtaa.,

nure ,er -tiwn_., q,u.u.


-

peroh~ lo pe:zmio come se -scoprinimo

1D questo essere pnerato una capacit~ eqinca di generazione


che non risaarda per i l auo essere generato, perch" 11 suo essere generato rimane univoco: l'acqua l'acqua, ogni elemento non
a oaso in maniera taletiana :tu chiamato unico e solo e eolo pereh' unico e solo dunque elemento che solo interesaa il pensare
e per l'essere generato ohe per s rima:De uni-.oco in reali aign~~~_ que~ta aequincatio ~ondaaentale della generazione che
sta a fare da baae a ci che poi diwnta- filosofia, e a ci ohe
-----
--
diTUlta filosofia peroh& filosofia significa in realt riuscire
a pensare tutto questo in maniera tal.mente 11emplice da cancel.l.are tutte le cerimonie che sono state necessarie per potere arriwr a questo esito conclusins abbiamo finalmente quell'elnento unico e solo ohe permette d1 pensare e peneando di conoscere,
se questo perb pensare l'acqua, ee questo ~ pensare l'elemento
.. concio quella sua eln.entarit che rimane sempre uninca; e ato
dicen4o che rimane sempre uninca per direi che rimane un essere
uniTOco olle ha perb Tincolo alla aequiwoatio del generve. Que-

eto 41acorso, in quanto interessa per capire la filosofia che naBaruch_in_libris

28

ace a a1 stessa, b un discorso che possiamo inchiodare a questi


teraini anche abbastanza drammatici: cl9 un essere generato i l
quiLle per il 8UO essere neceesariam.ente uniwco implica l'aequiwcatio della generazione; la filosofia in questo senso nasce sem
pre equiTOcamente, e_ la sua equiwcit non e'ta tanto nel fatto
che la filosofia ha bisogno di travestillenti, perch questa semmai la fase della sua prosopopea, cio del suo apparire, la
fase de1la sua decadenza. Quando la filosofia decade non decade
perch i filosofi non pensano pi, la filosofia decade quando la
sua aequiTOcatio iniziale invece di rimanere cib che eSBa tra.... ste se stessa e, travestendo se stessa, diventa "tutto ci che
la filosofia pu UTeD..__.. attraverso 1 travestimenti che
ne fanno ,- ah9 'si oOll)tiom ~ n11a aua pell11 quando l filosofia
conteaporanea contemporanea a questa sua capacit di 1:r&Test'imento, a questa BUa capacit di inversione interna per cti. ci
che la di'Yi.de dentro di s~ come se si imponesee con questo destino di espressione tale per cui deve apparire la filosofia eesa come tale divisa in modo tale che si posea "t'8dere wramente
che divisa da se stessa ed ci che essa stessa consente di
s Allora chiaro che in questi termini i suoi travestimenti
sono tutto ci attraverso oui noi diciamo che filosofia non pi
filosofia ma psicologia 1 antropolog1a, le scienze umane,_questa
la prosopopea. Se ci f'a cronaca, c' una ragione pi profonda,
c' la prosopopea della filosofia, e queste aequivoeatio ini1iale della generazione per cui pi facile e pi semplice ohe infine iaequiTOcatio del generare si esprima nel transtimento clel11 p&:"'ti, innce che esprillersi nella durezza della 8\1& unica JMU"te eh di essere una doppia parte, peroh~ appunto ~et1 che
& fhMare_laoqa c0nte elemento unico e solo !ralete che
laaoia al1'el111ento unico e solo il suo essere univoco e quin41
questo suo Here uniwco in quanto enare generato; per l'esaere generato, in questo oaeo e da questo punto di vista, ohe riguar-

Baruch_in_libris

29

da il filosofico del rapporto di generazione un essere generato pericoloso, non un essere generato qualunque, perch quando
l'acqua viene poeta in essere nella storia come elemento unico
e solo, come ci che debbo pensare come elemento fondamentale del
conoscere, non che nasce in.:fante, non nasce infante, non nasce
senza parola, nasce parlando, nasce insegnando qualcosa a chi l'ha
fatto nascere. Il suo essere gi un insegnargli, il definire
l'acqua come elemento unico e solo anche tale dalla parte dell'acqua che tale pu essere definita.Questo l'escogitazione
'taletianas perch proprio l'acqua'? Perch ci che si ritrova
in tutte le cose, allo stato di umidit c' sempre l'acqua in tutte le cose, ecco il parlare dell'acqua, ecco la non in.:fanzia del1e,ala9nto lU:d.co e sol B dunque: l'essere generato m qaato
tipo 41 questioni un essere generato pericoloso peroh4 ai iO-
ne al suo autore, imponendosi al suo autore gli fa capire che il
suo generare equivoco, ed equivoco perch nello stesso tempo
nel quale Talete riesce a pensare l'acqua come unico elemento e
eolo, come elemento fondamentale, come principio di conoscenza,
che nello stesso tempo per oggetto dalla conoscenza fondamentale, Talete accetta che l'acqua gli insegni qualcosa di s, che
l'acqua gli si presenti in modo tale da potere essere definita
a quella maniera: non stato Talete a fare che l'acqua si potesse presentare in tal modo per cui risultava conforme a ci di cui
il pensare ha bisogno per pensare qualcosa come elemento unico
e solo. E' quella che poi diventata la dimensione cosiddetta
real.istica {non conosco l'essere come cib che esso diTenta perch
lo conosco, lo conosco come ci che eseo ma in quel modo per
cui come cib che significa anche come ci per mezzo del quale
lo posso conoscere). In questo senso l'essere generato come uniTOCO da questo punto di Tiata rispetto a chi lo genera pericoloso peroh~ si impone e peroh~ imponendosi obbliga l'autore a comprendersi doppio, obbliga l'autore a quell'unica parte che una
Baruch_in_libris

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doppia parte, il per...eare l'acqua in rapporto all'acqua come elemento unico e solo dall'acqua, dall'elemento non pu rice-rere nessuna condizione che eia propria al pensare, anche se nemmeno il
pensare pu a sua volta fabbricare, inventare, creare l'acqua, o
l'essere, l'idea semplice, o l'idea dell'essere, come ci che deve essere in quel certo modo per cui dato che in un certo modo
per ci lo penso. :tl8. questo discorso rimane tale fino a quando
l'elemento l'elemento che pu sempre diventare uno dei tanti
elementi che possono fare, che possono recitare la parte dell'essere generato com.e univoco rispetto alla aequivocatio che eta al
principio del suo stesso essere generato; questo rimane in questi
termini fino a quando l'essere generato -~- tanto l'essere generato uniTOeo perch.S U no eaear,e ~TOco ~a da termine di llDA
attestazione di aeqnwcatio cJae ~eta- 11 generare, e questo

----------------------- -------

'

--

identicamente significa che in questo tipo di rapporto tra l'e~


sere generato e il generare, tra l'essere uniTOco e la aequivocatio, c'~ una ragione per la quale non la aequivocatio e la ~
cio~ l'essere il quae - l'essere
catio, ma l'~quiyo.etio
-.
. -- - univoco:
.
.
--le non pu avere se non il nome che coincide con tutto l'essere
ehe gli serTe eia per s, sia per chi lo pensa. Infatti diciamo
acqua per dire l'ele::i.ento :tondl!Ullelltale secondo Talete perch~ l'-

___

""----~-

acqua nello stesso ~~o nel qual acqua e come acqua quello
che , nello stesso !"%po per ci che posso pensare per ci
che serTe a me in quanto la penso. Ecco allora l'univoco, l'esseche
lo - stesso
generato identioemente
re generato aa l'essare
- . --- . ------ ------------ -- --- -
-'"--. - -per cui il nome che gli d
'ef3_!3ere univoco,
del.l
J).ecessit
J.a
- -- - ----..... - il nome proprio di ci che esso anche se il nome proprio di
-

---

---

ci che a me serve

per~h~

lo possa pensare.

L'essere generato, a questo punto, l'essere 'UZliTOoo, da elemento unico e solo, d.a elemento fondamentale, da principio di conoscenza, da oggetto primo e u1 timo attra"f9reo i l quale pensare
tutti gli oggetti pos~ibili, a sua wlta come se diTentaase ~
Baruch_in_libris

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principio o un certo modo di tare da principio rispetto al suo


autore, perch dall'essere lDlivoco ohe si giustifica e si capisce l'aequiTOcatio del generare rispetto all'essere generato. Non
si comprenderebbe l'aequiTOcatio se non aTessimo il tiglio cosi
in buona salute, tutto compatto dentro di s, tutto ben cresciuto subito, se non aTeesimo questo bimbo metafisico che gi tutta la sua salute, quindi senza crescita, perch l'essere generato in quanto mi serve cOllle principio di conoscenza o come elemento unico e solo, deTe eesere istantaneamente, appena generato,,
tutta la salute che gli compete, non pu andare crescendo di salute mentre ..ado conoscendo per mezzo dell'essere generato ci
che conosco; un bambino in buona salute sin dal principio perch rimane sempre in buona salute anche se gli cambiamo i nomi,
sar l'acqga.1sar la perfezione del numero, sar l'idea, sar l'idea dell'eseere, sar il gioco dei contrari, sar il nous, sar
le cose pi raffinate di questo mondo, sar l'essere in quanto
essere, ma rimane pur e9111pre ci che '?alete ha pensato di pensare a quel liTello originerio.
L'essere univoco come l'essere ~~erato per:l.coloeo perch~
la frontiera, il limite ohe non posso valicare dal quale l'autore si tro'Y& scoperto come l'aequiTOcatio della generazione, per
cui il genere.re equiTOco, e proprio perch il generare equiTOco, cio perch tra il generare e l'essere generato l'aequivocatio significa una spaccatura, cio una parte coae doppia parte,
perci la filosofia nata, perch la filosofia nasce dalla parte del generare, non n&8ce dalla parte del non infante, nasce dalla parte del generare, non dell'eseer generato, anche se sembra
eh la filosofia sia seapre nata da quella parte, cio dell'essere generato, perch la filosofia cos'? Sapere che !l'alete ha preso la..-.a CO?le principio unico e solo, sapere che Platone ha pensato l'oggetto fondam8ll.'tale che l'idea, la filosofia cos'? E'
oi che sta dal1a parte di oi ohe la filosofia ha generato? NemBaruch_in_libris

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meno per idea, o appunto appena e soltanto per idea, e dunque E.2!!
per filosofia.
IA filosofia eta dalla parte del generare, perch~ cib che
essa genera parla; tutti i principi sono esseri parlanti, dicono
s, e impongono il loro dire s a cib che li fa nascere Allora
il contestatore varo nato in filosofia e come filosofia perch
il vero contestatore ~ il principio il quale in quanto generato
dalla filosofia gli insegna eubito se stesso, lo mette a tacere,
come il :tig1io che dice al padre: in realt tu sei qualcuno che
dipendi da me perch. ti taccio nascere sul serio io. La nra conteatazione stata sempre questa, ma questa contestazione ha acquiei to storicamente la difficolt per questo povero padre-aadre,
che la :tiloso:tia, 1a dif:t'icolt di essere intrinsecamente tale:
perch. i filoso:ti sono stati anche suggesti"IBDlente coltivati dal
dubbio che meglio morire di amore per il proprio fig1io che vivere di forza per se stessa; e quindi come se la :tiloso:tia quando morta bevendo la cicuta di Socrate, non che anva bisogno
di cicute, la prima cicuta gliel'ha data e continua a dargliela
come filosofia l'essere generato, il bambino non infante che riduce la filosofia alla coscienza di una sua infanzia forse necessaria anche per la stessa filosofia.

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III

IMPOSITIVITA' E IMPOSIZIONE

IL PRINCIPIO UTOP!CC

Il rapporto tra la filosofia e 11 prL~cipio pa.radosEale


perch tra la filosofia e il principio chi sem'brerebbe abilitata
d~lla storia di s stessa, ma anche dalla capacit di co~prP,nde
re questa storia, chi sembrerebbe abilitata a pronunciars i sul
principio la filosofia; il paradosso consiste nel fatto che secondo la storia dei problemi filosofici filosofia inizialmente ,
(non in senso storico, ma in ogni momento in cui ogni filosofia
ripete 11 momento taletiano) sembra essere qualcosa perch una
sorta di certificato di buona conoscenza del principio, del proprio principio, per cui da Talete in poi per ogni filosofia il
momento taletiano, cio il momento originario, si identificato
con il momento filosofico, perch il momento originario in quanto momento filosofico eta a significl!tre una sorta di presenza della filosofia a ci che filosoficame nte noi comprendiamo c<r.ne principio. Qui scatta il paradosso, perch la presenza della filosofia a ci che comprendiamo come principio, nel senso secondo il
quale comprendere come principio significa fare una filosofia,
produrre tm concetto originario che fa nascere la filosofia, quindi comprendere il principio in quel momento in cui compren1ere
il principio significa far naecere una filosofia, identica~en
te lo stesso che 11 principio fatto nascere o generato dalla filosofia stessa. Il paradoeso consiste nel fatto che ci che Tiene generato in fondo fa conoscere chi lo genera, e anche in questi termini abbastanza generici c' una eorta di scansione negatiT& rispetto alla origine perch c' un uso etraniesL~o del Terbo conoscere che potremmo chiamare uso iniziaL~ente laico o se
volete irreligioso , perch il verbo conoscere ha una sua interna
sostanza che significa una sorta di vincolatiTi t tra chi conosce
Baruch_in_libris

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e ci che conosciuto per cui biblicamente o secondo il linguaggio ebr_@lico_ conoscere significa possedere. Se terniamo al diecerso che interessa questo tipo di problemi e di ambientazione :problematica degli elementi originari, nel momer.to nel quale ci convinciamo che l'essere generato ci che conser.te a chi lo gene~a di ess~re conosciuto e quindi si potrebbe dire che l'essere
~~nerato

--------

ci che coneente il conoscere, evidentemente a questo

prendere atto di un fatto pri~ordiale che il s~~~ente: _il conoscere originariamente si trova i.!l crisi, si t-ova
sp~ccato ~erch la spaccatura del conoscere in ~ondo sta nella
. .
.
su.a
indecisione
tra
l'attivo
e
il
passivo;
ancora: la spaccatura
------------------------ - -- .......... -- -- . . del conoscere eta in una sua interna eresia (e uso il termine eresia in se~eo proprio), il conoscere si trova diviso tra ci che
la sua attivit e ci che di questa attivit costituisce il suo
contrario, cio il passiTo; in altri termini, l'essere generato
non corrisponde a se stesso, corrisponde al suo contrario, all'attivo, l'essere generato corrisponde al conoscere, ecco il paradosso, nel eenso secondo il quale l'essere generato in quanto principio l'ir.izio che fa da soggetto al conoscere, e allra l'essere gener~to in quanto passivo in verit ha come suo correlato
un contrario che il conoscere, ovvero che l'attivo, aa non
l'attivo diretto, non il suo atUvo, non il generare, perch potre-:uio dire anche grammaticalmente: chiaro che l'esser9
~nerato se eignifica una correlazione a ci che gli fa da contrario, sigr!i~ica quella correlazione a ci che gli fa da contrari
L'l1l!lediata:sente e naturalmente che 11 suo stesso essere atti'YO
in quanto generato, per cui se coniugo l'essere generato, il sggetto vero dell'essere generato non l'essere generato, ma il
generare; se coniugo l'essere generato, la vera coniugazione, ci
chi ha in ~a.no la carrellata dialettica, la prepulsiene del ~Ti
~ento, evidentemente non l'essere generato come tale, ma l'es}7\IDto

dob:ia~o

~--------

sere generato come non tale, come ci che non in quanto essere
generato, ~a come ci ohe in quanto generare. In altri ter:niBaruch_in_libris

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ni: l'eeeere generato per se etesso implica il generare, il passivo per il fatto stesso di essere passivo significa o implica
l'attivo; ma l'attivo dell'essere generato il conoscere, ci
che correl;tivament e a questo passivo, l'essere generato, contrario, non il suo contrario immediato, il se stesso proprie,
_ ~~~E?..E!"~~!. ~el ee etesso, non i l se stesso proprio ~erch
il se ateeso proprio il generare, ma la impropriet de: ~
stesso perch il conoscere, e 1.~propriet del se stesso perch

l'essere generato in quanto correlativeaent e legato all'essere


proprio come sua identit, dunque in quanto correlativament e legato al generare, in questa correlazione come se fosse esso steeso richiesta di una correlazione ""ntra, non di una correlazione
immediata ma di una correlazione fondata.
L'essere generato per comprendersi come se stesso deve comprenderei come generare, ma allora tra 1u1sere generato e i l generare ~ lo stesso essere generato che implica che 11 suo contrario non eia il se stesso identico a se stesso, il se stesso e~e
generare identico all'essere generato, ma che sia il contra.rio
che de""nt conquistare la su.a posizione di identit propri&, e d.'.mque il conoscere, e d\.Ul.que 11 conosc~re in questo senso per cui
possiamo dire: ma d~la parte dell'essere generato, dalla parte
del passivo, l'essere contrario non immediatamente tale, l'eesere contrario diventa contrario, non contrario, perch l'essere contrario sembrerebbe, per il !atto che l'essere generat~
quello che , sembrerebbe immediatamente qualunque ooee. po2ea
essere tale rispetto a ci che l'essere generato contro l'eeeere generato; allora contro l'essere generato significa qualunque
cosa ~-~h _n_-~-!5~~- ~sa_i'YO _come passivo l'essere generato, o
in altri termini purch riesca in qualche maniera ad abolire l'essere come questa pronuncia pesante e assoluta che l'essere ~
rispetto a ci che fa essere in un determinato modo per cui il
determinato modo in cui qualcosa secondo l'imposizione ehe ~
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l'eseere in questi ter:nini, in verit significa 11 passiTO, la


pa~eivit assoluta. Allora: qualunque cosa che rispetto all'essere ge~erato riesca ad essere contro l'essere generato; ~~r c~i
potre~o

dire che nei con.fronti dell'essere generato 11 ~~e contrario potrebbe essere chiamato classicamente la forma, ::.o:: la
:t:o~a n~l suo eeneo prJprio ma la forma nel suo senso i:::p:-oprio,
co la forma nel suo senso interna.mente platonic~ dove il ee~eo
~te:nam~nte platonico della forma sta a significare il ~ito dell'essere generato, cio il nascondimento di ci che lo f~ essere
ci che , e dunque l~, l'eidee, qualunque cosa pu essere
per essere il contrario dell'essere generato a condizione di essere qualunque cosa per ci stesso a me sembra che debba eseere
tale in questo senso, dato che l'essere generato questa passivit includente tutto ci che rientra nell'essere generato, dato
questo, il suo contrario pu essere qualunque cosa, nella ~isura
in cui qualunque cosa significa la scelta di tutti i cor.tenuti
poeeibili. In realt qualunque cosa non significa la scelts di
questo ~ontenuto o di quell'altro, ma interessa che quello o quell'altro contenuto siano inglobabili in queeto modo di essere contro l 1 e9sere generato ohe l'attivo puro e che l'attiTO ;iuro
fino a q~el punto-limite nel quale l'attivo puro non pu eesere
un attiTO pi.U"o senza s stesso, ma un attivo puro con s steeao, cio non un attivo puro per astinenzar o per capaoit di
continenza, ma._~ un_ a:ttivt) puro p_er capacit di negozio interno
~!:!:::!-~-~~~ _i_~_ entit. In questi termini come ee dalla parte dell'essere generato erompesse la necessit dell'attivo puro a questo modo cbt poi in realt corrisponde a quella che potremmo chiamare, tenendo il teI"Tlint nella sua classicit letteraria, ~
cio eidos e cio: l'occultamento in s del suo stesso eeaere generato. Se cerchiamo di leggere l'idea nel euo senso unico che
quello platonico (storicamente Platone ha pensato l'idea per
tutti coloro che poi sono tornati a pensare l'idea, per cui non
Baruch_in_libris

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possiamo pensare l'idea ee non in termini platonic i, quindi in


quieto senso un pensare assoluto ) ee cerchiam o di leggere l'idea, la definizi one platonic a di idea consiste in tma sua determinata realt che per non una realt che l'idea in quanto platonica rieerva eolo a s stessa, una realt che serve all'idea
...E.!!'~ll-~~'1dea eia ma perch da questo i l conoscer e conosca. Infatti se ci chiedess imo la definitio ne di idea che platonic a:nente
poesi!lmo leggere come la pi esaustiv a e anche congruen te del nucleo interno che l'idea platonica.~ente, che diremmo: l'idea
eterna, dovremmo dire, perenne, ma diciano eterna? Anche dio
eterno, filosofic amente parlando uno d~gli attribut i di dio l'eternit ; o l'idea non ha quella realt che ha tutto ci che non
idea, l'idea pura eo'9X'ae ensibilit ? con questo non abbiamo
definito l'idea, perch anche gli angeli, ammesso che ci siano
eon.n esseri del tutto so'9X'as ensibili, anche Dio, anche noi avremMO qualcosa di sovrase nsibile, quindi non saremmo ancora al nucleo
dell'ide a. Che co88. ha decifrat o l'idea nel suo senso pi intrinseco per cui eolo l'idea Teramen te idea e tutto ci che Tiene
definito con lo stesso termine se non idea non veramen te quello che si dice quando si dice l'intell igibile : l'idea platonic a
la intelli6 !bilit aesoluta . Teniamo presente per il discorso
nei suoi termini pi propri, l'intell igibilit assoluta ; e ae dila
ci~o intellig ibile non diciamo intellig ito, cio sto dicendo

----

....

----- -- - --- ------

------ - -

poeeibi lit di intellig ere, quindi quando abbiamo definito platonicamen te l'idea come la intellig ibilit assoluta e questo Platone, questa l'idea, dovremmo dire la intellig ibilit di che
cosa, non della idea, quindi l'intell igibile nel l'JUO senso aeeo,!_ut()__ e~ a eigi::aifi care questa incapac it di determin azione. Il
discorso anche platonic amente ~ molto pesante ed molto pesante
perch la stessa definizi one cruciale di idea, la definizi one che
raggiung e l'idea nel suo cuore teoretic o, cio nel suo nucleo costruttiv o, generati To, la definizi one che raggiung e l'idea nell'Baruch_in_libris

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elemento nel quale l'idea si fa ed quello che , dovremmo dire,


non pi tanto platonicamente, ma proprio queeta definizione dimostra che idea non pu assolvere alla funzione per la quale in quanto idea principio, perch~ quando diciamo che l'idea la intelligibilit assoluta, etia:no dicendo appena che quando penso l'idea ho gi conosciuto il mondo. Il discorso va dato nei suoi termini temporali, e non per casot quando penso l'idea; e cio il
presente attivo che mi obbliga all'idea, ed il pensa.re, questo
rapporto co~e l'unico rapporto attraverso il quale posso avere
rapporto all'idea e non conoscenza, pensare, sar poi intuire, tutt'altro discorso da vedere; potremmo dire per evitare sottilizzazioni, alla greca, theore~_ per dire pensare cio~ contemplare, nel l!UO senso platonico, E_~~c}!~_ quando penso pla toni ea:nente s~~-!~~-~--(?-~~-~-~~_p]._~~--~'ideia~ nella maniera risaputa attranreo la quale questi discorsi rissano fra di loro per conTincermi
chiaramente che si tratta di una operazione avvenuta e non di una
operazione che mitizza;

~~d? a(?~ade

questo i l quando peneo na-

-~.C:?~d~-- ~l__ suo__ no_rl:

e_ssere a~nu_t_o, che vera.men te i l mito di cib


che non aecauto ed il mito pi vuoto che si possa dare, il

mito platonico, perch~ chiaro che non perch non eia.mo pi greci riusoi~o a capire che non vero che una volta giravamo co!!le
t!l!lte belle 9.?lime disincarnate attorno ai cieli dove peneaT&mo
p9rch cor:.";entplavamo l'idea e da que!!to avremmo dovuto ricavare
il noetro

c~scere

le cose a cominciare da noi, da quella disgra-

zia metafisica che siamo noi come uomini, come questa bella cosa
pesante che non posso portare in tasca. Allora in questi termini,
in questo seneo, l'idea platonica ~ il mito pi inutile, perch
~ occultament~,

nascondim.ento di ci che non mai accaduto: que-

sto il mito pi vero, il platonil!lmo pi platonico, per cui ei


v-~ole l'abilit dei cattivi poeti i quali quando ei mettono a porre in Tersi questo tipo di problema e'Yidentemente fingono di can~are una doi:na bella perch~ le appiccicano sull~ faccia non la
Baruch_in_libris

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bellezza di Laura, la vera bellezza dell'unico poeta che in q~an


to cantore di un mito che non era tale non aveva bi~ogno di esse-

re platonico perch daTVero Petrarca. non era platonicc. 11 Petrarca pi interessato alla Laura del Trionfo della morte, q_u.anrfo anche la morte sembra bella nel bel vieo di Laura non perch Petr~r
ca stia. ~latonizzruido ma perch~ non ha bisogno di plato~izzare:
chi platonizza sono i petrarchist i evidentemen te perch avranno
bisogno di mettere in versi queeto ~ito assoluto che nasconde l ' uomo I
Non mai accaduto il contemplare l'idea, perch ce ne ricorderemmo eu1 eerio, e senza. bisogno di nessun ventilabro filosof'ico che si mette a ruotare dentro l'anima. nostra e sta l a
mettere per un verso la pula e per l'altro verso il grano e distingue tra ci che Tero e cii!> che non vero, vera l'idea e non
vera l'opinione, vero il mondo idea.le della mia infanzia a.etra.le e non vero il mondo reale degli uomini.
Tutto questo perch? Adesso converr difendere Platone,
chiaro, perch~ la vera difficolt sta in queeto traslato fondamentale: l'essere g11nerato ha questa difficolt interna del suo paesaggio all'attivo, l'essere generato implica questa sua difficolt interna di un passaggio all'attivo che sembrerebbe facile perch~ eembrer8bbe un ritorno Quando insegnAo a un be.mbL"1.o a distinguere tra attivo e paeeivo, dovendogli insegnare a coniugare, do-

------- --.

p'

--- -"

vendocli insegnare a comprendere la riunione, la dialeeei, ei potrebbe dire, la complession e del soggetto e dell'oggett o, gli insegniamo facilmente in fondo questo discorso, questo discorso che
per non deve essere inteso in un euo eeneo elementarie tico come

pu sembrare, perch i bambini sono importanti, molto pi importanti di noi, ed una lezione che epeeeo viene a noi da ri8erve
infinite di mondi conoscitiv i. Ya al bambino diciamo di tornare
al soggetto, e ri!llettere l'a~nte all'attiTO significa tornare
allo steeeo, ecco il gioco del paeeiTO, tornare allo stesso, e
Baruch_in_libris

40

allora signific a ancora pi spietatam ente; state attenti perch


tornate per modo di dire, non tornate affatto, dovete fare in modo che qua.lc\.Ulo non cambi di posto senza far-nlo ca.pire (io amo
i l mondo, i l mondo ~ amato da me) quando io voglio tornare all'attivo in realt. sto tornando a me: io all'attiv o sto i:i un certo posto, e :11 passivo stn in un altro poeto. Allora quando ineegniamo al bambino il modo migliore per fargli intender e che significhi co~iugare un verbo al passivo, in renlt che cosa inventia .m<farg li capire che signific hi coniugar e al passivo? Cerchiam o
di fargli capire che in realt poi ai tratta di tornare al eog~t
to, a ci che fa verament e da soggetto anche quando sembra che
non eia il soggetto ,perch ee poi noi facciamo la bella analisi
grammat icale della proposiz ione passiva, tutta la fatica che dobbiamo fare consiste nel comprend ere che in tutte e due i casi il
soggetto lo eteeso; e quindi sarebbe come dire: l'essere passivo un m~do di fare apparire soggetto ci ch9 soggetto non ,
f~I"'

perch quando noi diciamo che il mondo amato da me, in realt


rimane colui . che quando- detto propriam ente detto
il soggetto
-__ . ------attivame nte: io amo 11 mondo, perch la difficol t del passaggi o
del paesivo alla comprens ione del suo attivo verament e una difficolt notevole , cruciale , ed una difficol t su cui non Platone come tale, ma Platone come esemplar e, come emblema della difficolt filosofi ca, si rotto la testa, e ha escogita to una soluzione filosofi ca attraver so la quale posei'llllo dire che si registra la sconf'itt a, la resa del vero impegno teoretic o perch l',

---

--

idea, cio l'intell igibilit assoluta , in fondo mi serTe perch


mi serTe per nasconde re che non accaduto niente: non Tero che
io ho conte~plato l'idea.
In termini pi drastici s E()_J1 _l'_ ve~O che pensare contemp lare l'idea, ma non Tero attraver so l'idea: non sto facendo un
discorso c0ntro Platone; sto tentando di intender e platonic amente Platon dal punto di Tista della difficol t che l'essere geneBaruch_in_libris

41

rato di e come paesagg io all'att iTo. Il platonim no perenne di


questa questio ne consist e nella coscien za esplici ta di questa difficolt i Platone signifi ca questa pagina attraTe rso la quale la
filosof ia costre tta ad arrend ersi a una sua diffico lt fondamentale che non ia vera sua diffico lt, perch la vera sua difficolt semmai sar altra. Ma questa rimane una diffico lt, _e non
perch l'ha pensata Platone 5 Platone l'ha ricevut a come imposi zio_ne__ che il princip io, l'esser e generat o gli ha fatto per consen tirgli una filosof ia, e per consen tirgli quella filosof ia che si
glorifi cata nell'as sunto fondam entale dell'id ea, di ci che l'intelli gibilit assolut a in quanto mito di ci che non accadu to.
Filoso fia origina riamen te, in un certo senso, il subire una difficolt fondam entale. E' per utile chiarir e che la filosof ia subisce questa diffico lt fondam entale in quanto l'esser e genera to che ei impone come princip io; quindi la imposi tiTit del principio in quanto essere generat o, o la imposi tivit dell'es sere
generat o in quanto princip io costitu isce la diffico lt origina ria
della stessa filosof ia. Questo il punto che si andato indiTidua.ndo, dal punto di vista del discors o che cerca faticosa mente
il suo impiant o origins rio e abbiamo cercato di leggere questo
tipo di questio ni nella sua contes tualit elemen tare; e contest ualit elemen tare signifi cai abbiamo cercato di comprendere se filosofia , in quanto diffico lt fondam entale ohe essa median te
.l'impo sitivit del princip io, e.ncbe una sorta di coscien za di
questo stesso; per un verso una diffico lt fondam entale che la
stessa filosof ia in quanto ci ehe diffici le, per quanto riguarda la filosof ia costitu ito dalla stessa azione che il principio opera sulla filosof ia. In questo senso diffici le in filosofia non cib che non si capisce ; una filosof ia non diffici le
perch non viene capita, poich quando Wl.a filosof ia non viene
compres a come se il non essere compre sa da parte di una filosofia fosse il risulta to di una specie di coscien za della diffico lBaruch_in_libris

42

non rius cita


t fond amen tale che quel la deter mina ta filos ofia
pens are a quea rimu onre . In altr i tent ini come se potes simo
trovi amo faci le,
sto modo: se leggi amo Plato ne secondo Plato ne lo
lo rendiamo diff ima se leggi amo Plato ne secon do ques to di!co rso
rso sign ifica
cile, :!)4rch legg ere Plato ne secondo ques to disco
la filos ofia si
legg erlo secon do la diff icol t fonda ment ale che
gene rato o per mez trova ta sulle spal le per mezzo dell' esse re
il disc orso .
zo del prin cipio , allo ra ques to rende diff icile
per un Terso nel
I.a diff icol t del disco rso, dunque, sta
are da ques to
suo subir e il prin cipio e per altro verso nel ricav
cipio ; e cio~:
stess Q la cons apev olezz a di ques to subir e il prin
cipio che si impone, impouenllosi, fa nase eprin
ofica ment e - -il
filos
-- ---
filos ofia che
re -~_filosofia, ma nell a misu ra nella quale la
re ques to, il sape , 9ell4o a ques ta condi~ione, riesc e a sape
Plato ne non riure ques to fa scat tare la sua diffi colt , per cui
lette rale in real sciva a comprendere la PJUA filos ofia , il Plato ne
alla sua stes t lette rale perch riaan e in un limit e inter no
e s~plice del
sa filos ofia che cost ituit o dalla azion e pura
una sorta di
:fl?'incipio che si impone: azion e che diven ta anche
ofia facil ment e
graz ia orig inari a per ~ezzo della quale la filos
il quale gene rare
Tiene gene rata da ci~ che l'ess ere gene rato,
di vista , come
non potre bbe. L'ess ere gene rato, da ques to punto
princ ipio ad t.ma
princ ipio, come esse re gene rato, nel suo fare da
a filos ofia , ma
filos ofia finis ce per eeee re un gene rare 18 stess
orig inari a seco ngene rare che qui sign ifica una sorta di graz ia
e si trova ad
do la quale filos ofia o la filos ofia origi naria ment
etto a ques to
esser e in qualc he misu ra senza resp onsa bilit risp
scat ta quan ti:te di prob lema . La resp onsa bilit della filos ofia
all'e sser e gedo q~sto ~odo di esse re della filos ofia , risp etto
!! ques to stes nera to, il modo attra TWr so il quale la filos ofia
n pensa ) cio'
so, (eto dicen do !! non eto dicen do n cono sce,
cerc a, nei conf 'ront i
un xodo attra Ters o il quale la filos ofia
-

---

._

..

Baruch_in_libris

43

della sua stessa grazia origina ria, \Dl modo adeguat o che sia ~
ticemen te di scienza e di conoece nza, cio sapere . Se stiamo fermi al tipo di discors o lettera le, cio se stiamo fermi a quel discorso che lettera lmente cerca non gi di farci comprendere la
filosof ia nel suo aomento eTOluti vo sucoes sivo, quindi se noi stiamo fermi a questo tipo di discors o attrave rso il quale il diecorso filosof ico una sorta di inibizi one, di impedimsnto poeto alla conosce nza verso il princip io e di ribaltam ento di questo stesso limite dell'im pedime nto posto alla conosce nza verso il principio, come inizio del conosce re verso lo svilupp o success ivo; e
ancora: ee noi stiamo fermi a questo tipo di discors o che significa stare fermi a un limite, che in qualche manier a ri8Ulta dentro s stesso diTiso in due, perch un limite che impedit lce,
ma il limite che impedi sce, quando impedis ce e ee impedi sce, impedisce contro il princip io, il limite nel suo essere impedimento, quando illpedim ento impedis ce sempre per definiz ione e per
essenza sua contro il princip io: se permet te qualcos a non permet te qualco sa a causa del contrar io di s, limite in quanto se impedisc e, impedi sce non gi peroh~ il princip io non gli piace, o
perch il limite una rinunc ia in princip io di ogni discors o di
conosce nza del princip io, non per questo , ma perch appunto il
limite in quanto tale, per sua stessa costitu zione int~, se
-qualcos a , in ogni caso inizialm ente un impedi re tutto ci che
gli pu essere alle spalle, al princip io, per cui ee2pre impedimento al princip io; il suo essere tale per lo fa diTent are abi~-----------

litazio ne al process o succees iTO per cui, in quanto im~eciiraento


al princip io, per ci stesso signifi ca inizio di discors o che insegue il suo Tilupp o ulterio re e allora , da questo punto di Tii cio~ il modo atio utopioo
princip
sempre lm
limite
ata, -----il--------------- ---- ----- -------------- -traTere o il quale il princip io viene spostat o all'inf inito, Tiene sposta to in quel topoa nei cui confro nti la negazio ne non
un impegno del pe~eiero o del conosc ere della filoso fia, la nega-

---------

.-

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- .

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zione un modo di essere dello stesso luogo nella misura in cui


perb questo modo di essere dello stesso luogo impegna dentro s
eteeeo l'essere del principio e quindi lo stesso principio utopico, da questo punto di vista, come luogo privilegia to del principio nel quale per~ il principio non ; e allora riprendiam o da
principio : se noi stiamo fermi a questo limite di discorso, se
stiamo fermi al discorso letterale , cio al discorso in termini
tali per cui posso dire che questo non niente altro che il diecorso che letteralm ente ogni inizio di filosofia , se noi stiamo fermi alla modulazio ne letterale del discorso, eTidentem ente
dal punto di vista del suo impianto originario , se stiamo fermi
a questo tipo di discorso secondo 11 quale rimaniamo catturati
dalla letterali t o meglio dalla elementar it dell'impia nto, non
possiamo continuar e 11 discorso in modo tale da potere cercare
di intendere in che senso e fino a che punto un modo che la filosofia di conoscere la sua grazia originaria sta a significa re
un ribaltame nto di questo tipo letterale di discorso.
Se stiamo fermi al discorso letterale che ogni impianto originario di filosofia , in questo impianto originario di filosofia, letteralm ente, senza sprecare pensieri, ma lasciando che ogni
filosofia si espliciti nel suo dinamismo interno, letteralm ente
arriTiamo a quello che possiamo chiamare il principio utopico;
la negazione facile in quanto letteralme nte propria del luogo nel
quale 11 principio ha il privilegio di essere oonda.nnato a non
essere, perch come principio utopico il principio sempre rinviato, e, in questo seMzieo 1 questoA il discorso letterale ohe
ogni filosofia non fa ma . Quando diciamo l'idea, nel suo eenao
platonico , la diciamo idea perch siamo stati abituati a pensarma anche ideietioam ente conoscend o, a pensarla platonicam ente, .1& co.. trascende nte perch~ quando abbiamo detto che l'idea traecendente abbiamo detto ohe l'idea principio utopico e non etiamo dicendo niente di pi di quanto l'idea non eia secondo il suo
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essere pensata secondo quel suo essere interno a s stessa. Quando leggiamo il discorso originario secondo questo tipo di impianto che vale per ogni filosofia che in qualche modo riconosca di
essere originata da un suo principio o da ci che per ogni filosofia qualcosa come principio proprio di quella filosofia, da
questo punto di vista ogni filosofia in fondo come ae avesse
il suo principio come utopico. Questo tipo di discorso riguarda
l'impianto originario di ogni filosofia letteralmente lasciato
a s stesso nei confronti di quello che pi ci interessa che
quest'altro, il risultato di questo impianto originario tale
per cui esiste una sorta di grazia originaria di cui la filosofia
fruisce nei confronti del principio, nei cui confronti la filosofia rimane lo sforzo di costruire una scienza come conoscenza di
questa grazia originaria, cio lo sforzo di catturare la grazia
originaria. Questi sono i due elementi del discorso, per un verso questo impianto origina.rio, secondo questi passaggi, che corrisponde per all'impianto originario di ogni filosofia letteralmente lasciato a s stesso, nei confronti del discorso successivo o implicativo, che quello che ci interessa, secondo il quale anohe se noi lasciamo l'impianto originario che ogni filosofia
a s stesso, riusciamo alla fine a dovere per adesso solo cona
statare che in fondo poi filosofia consiste nello sforzo di catturare la grazia originaria, o meglio di catturare quel suo raPporto paradossale e vincolante al principio dal quale la filosofia ricava la facilit del suo essere posta in essere.
Prima parte della questionetnon un.a questione, perch ~
quando io dico impianto originario che ogni filosofia secondo
quei passaggi ehe fini'Yl!lno nel principio utopico, cercavo di dire che ogni filosofia nel momento nel quale riesce ad essere secondo un suo principio, riesce ad essere secondo Wl suo principio
in quanto l'essere secondo un suo principio, l'essere secondo cib

che la fa essere in un suo determinato punto di partenza sta a


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eigo.ificare da parte della filosofia letteralmente intesa, cio


lasciata a e eteasa senza essere.conosciuta o aasunta come globale oggetto di una riflessione ulteriore sulla filosofia stessa,
finisce per essere una specie di gvolgimento logico e raziona.le
del suo principio, dal principio alla fine, doTe alla fine significa il principio che diventa utopico perch ogni filosofia, nel
momento nel quale riesce ad essere, riesce ad essere perch come se poaeedesee in tutto il suo corso evolutivo sempre il 1U"incipio che la fa essere, quello ohe chiamiamo in termini correnti
la coerenza del sistema. La coerenza del sistema non eta nel !ar
--.-~---~.-~"" ...

_.

- . _ . - . - . . - . " . _ . , ~

quadrare assieme premesse e consegu9nZe, ma un discorso pi~ complicato quasi dialettico in quanto una filosofia che in qualche

riesca ad essere dal. principio che le proprio, anche


un modo per mezzo del quale il principio che le proprio lo
proprio anche per mezzo della filosofia che lo riconosce c01:1e principio. Kell'essere dato del principio come quel determinato principio c' gi la filosofia, o in qualche modo c' la filosofia
la quale riconosce che, dato quel principio, quel principio il
suo principio: ---
dove-----dire
il suo Fincipio significa dire
e~ etes----sa, e cio --------sistemarsi,
determina.raie- De. questo punto di vi.eta non possiamo mai pensare facil:!len-

_mi~1Jra

--

..

te i l rapporto tra il principio e la filosofia

perch~

il ra'P1)0r-

to t9a il principio e la filosofia naaconae in qualche misura la


presenza della filosofia al principio nei cui confronti quella
determinata filosofia quello che . Nel dato, inerente al

a~to

e quindi dentro 11 principio, in qualche modo agisce gi la !ilosofia nei cui confronti i l principio principio; questo sta a
significare 11 fatto che la filosofia in qualche modo accet'ta a1
naeoondere la sua presenza in questo momento originario, perch
solo a questa condizione possiamo dire dato un determinato principio, ne consegue una determinata filosofia.
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I1 conseguirsi della filosofia dal pz::prio principio non


coneecutiTo , ma conseguirei , il conseguirei della filoeofia
dal principio che le proprio non consecutivo , che sarebbe come dire che la coneecutivi t della filosofia nel momento che
tale, rispetto al principio, non conseoutivi t; la consecutio
pu essere temporum e non pu essere consecutio di ciQ che nel
tempo, nell'origine quel determinato che chiamiamo filoeo~a
la quale nello stesso tempo consecutiva e non al suo essere consecuti-.a rispetto al principio, non al suo essere consecutiva rispetto al principio come tale, ma al suo essere consecutiva rispetto al principio che le ~ proprio. L'essere proprio del principio
de11a filosofia in questo senso e secondo questa dimensione, perch continui ad essere proprio de11a filosofia non solo si impone originariam ente alla t'iloeo:f'ia (la grazia originaria) ma. impone anche una sorta di determinato S'YOlgimento di questa sua presenza originaria per oui il processo evolutivo della filosofia,
oi che ogni filosofia riesce ad essere secondo questo suo modo
di essere al principio, ha il problema, che non un problema ma
una necessit, ha la necessit, ha da sciogliere una questione
che riguarda questa imposizione che il principio all'orig-'...r.e
in modo tale che questa imposizione che il principio all'origi-

ne taccia da principio di imposizione alla stessa filosofia. ~el


momento nel quale noi riusciamo a comprendere , che al principio
scatta una imposizione e nel momento nel quale comprendere questo
significa comprendere che al principio scatta una imposizione che,
essendo del principio, ~ una sorta di illpositi"f'i.t per e~ considerabile, come se toesillo costret~i a riconoscere che la filosofia a sua volta ~ costretta a riconoscere questa impoaizione
dentro s eteesa, in quanio ee ei ritron. l'impoaitiTO al principio non se ne pu liberare, non pu non rioonoscere il suo principio, ma non potendo non riconoscere 11 suo principio, c~=
ae dovessimo dire che non pu non riconoscere che il euo modo 11
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un n&l!lcere obbligato, un n!l.eoere obbligato al p::-i!lcipios nascere obbligato al p:rin::!ipio come nascere obbligato L.la
1.mpositivit pi assoluta di cui la filosofia non si pub li"Otl!'are. In questo senso l'impositivit al principio diTenta ur.a i.Jlpoeizione succeesi'T& che attraTersa tutta la filoso!ia e et. non
determina tutta la filosofia come tale ad essere quella che ~,
ma determina la filosofia ad essere in un determi.n&to modo, :?ft'
cui i l :principio in quanto im:oositivit assoluta dinnta ur.a i.JDposizione continua dentro la stessa filosofia, ma in quel m~io
per~ per cui la filosofia ragionando, e ragionando non sole ielle categorie dello spazio e del tempo, dei conetti, o delle idee
innate o non, o dell'azione come principio fondament2.le o non, ma
ragionando l'intreccio di questi elementi che la coetituisecm.o
e quindi ai come se la filoeofia, ragionando il suo rtesso tt~su
to interno o ragionando 1 euoi elementi, cio cercando la ra~io
a
divents
filosofia
di questi elementi che la costituiscono, .......la
-
- --
- -...
modo- di paaroneggia.re i l principio perch la :ti!.ososua 'fOl ta . un
... . fia per potere tenere il principio dentro s stessa a quel
per cui di esso, principio, non pu negare ci che i l p:ri?lei1io
fa, l'illpoeizione, e quindi dovendo tenere il principio der.-;:ro
s stesso come cib che la costituisce a questa man.i'!!"a per ~.u
potremmo dire che i l principio l'anima di ogni fileaofia '.ei
un diseoreo comodo perch l'anima se c' veramente c' pere~~
non si Tede e ~u.indi allora in ogni filosofia il principio quel1 'essere occulto che talmente evanescente he y~~ stare d!lltro
la filosofia ma senza apparire e lasciando allora che della !ilosofia appaia tutto ci che la filosofia conosce e si~tema ran.onalmente) la filosofia conoscendo questo gioco in qualche ai!ral"B
diabolica che il principio gioca nei co~onti della stessa !ilot!ia che fa nascere, riesce in conclasione, do'T9n~o tenere fer.ao
~13-~ere

--

..

-------~~----

'

------ ..

..

"o

...

il principio, a renderlo utopico.


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In questo senso, d\Dlque, ~ principio che ogni filosofia

ha, in questa maniera, !! termine che compi ogni filosofia, la


presenza continua ad esere la presenza del principio; ma non la
presenza del principio dilapidato, esaurito per cui il principio
viene corroso da ci ohe la filosofia stessa diventa come sistema organico, poich il prinoipio rimane addirittura la sua stessa essenza fondamentale perch il principio ha quel posto, quel
luogo, cio quel topos, la cui negazione non riguarda ci che abita il luogo, cio il principio, ma riguarda il posto stesso.
Per questo quando dico p:rincipio utopico intendo dire il principio soltanto alla fine, soltanto quando un.a filosofia ha compiuto tutto il suo sistema dal suo principio, appare chiaro che il
suo principio necessariamente utopico perch l'essere utopico
del principio significa, a questo pimto, la stessa essenza del
principio posta

!!!

principio in quel modo per cui l'essenza del


principio questo vincolo della negazione a ci nel quale il principio in modo tale per cui il posto nel quale il principio ,
non come posto, perch se mai il non essere come luogo di ci
nel quale il principio , costituisce la stessa essenza del principio nel quale come essenza ha da essere tale per cui il principio non qualche cosa. Per questo motivo Platone ci ha insegnato, e malamente, ~' e idea signi~ica nella sua stessa de~ini
zione letterale principio utopico. L'ide~ ~on solo come intelligibile assoluto, ma l'idea come principio eigni~ica principio utopico poich platonicamente l'idea in quel modo per cui il suo
e88ere non in un luogo, e anzi l'essere dell'idea non ha luogo,
e non perch cerchiamo di renderci conto obbligatoriamente che
non ha posto perch il poato ohe non ha non come il poeto che
hanno le cose sensibili. Possiamo fare q~este questioni: l'essere dell'essenza che cosa ? l'eesensa di qualche cosa ha un suo
poeto? Dovremmo dire che l'essenza di qualche cosa ha un suo poeto che non il suo, ha un poeto che il posto di qualche coea
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di cui l'essenza essenza, ma un poeto suo non l'ha L'essenza


di uomo eignii'ica per tutti ci che diciamo essere l'uomo, qualunque cosa diciamo, e dove ta l'essenza di uomo? Che poeto occupa
l'uomo c:r.ne essenza? Il topoe dell'essenza di uomo l'uomo, cio
~.ci

cte la identit determinata di questa essenza, ma allora


non il ~'poe della essenza come tale, ma il posto che sono io in
quanto

e~tit

cetto?

?e~ch

determinata rispetto a quella essenza. Ma come facciamo a pensare l'essenza, cio come ci accordiamo sul fatto che
quando iiciamo che l'uomo questo, pensare che l'uomo questo
significa conoscerne l'essenza, o in altri termini, aTerne il con-

diciamo che questo concetto? Per vezzo, per necessit, per fatalit, per oonTenienza, per convenzione? E dicendo
o per conYenzione o per convinzione, ci sono convenzioni che !anno di tutto per non apparire oonTinzioni, e convinzioni che fanno di tutto per non apparire convenzioni, quindi un gioco un
p inge:~o tra convenzione e conTinzione e io accetto il gioco
tanto che potrei dire molto facilmente e molto tranquillamente
che ~a con7enzione maggiore che 11 concetto ha recitato di s stesso-- - et~to -la
convinzione
socratica; (e non ho alci.m.a difficolt
- . a ragio~!.re su questo terreno che sembra accidentato: non lo ~
affatto, una pianura molto piatta}. Allora convenzione o convinzione, ~er~ per convinione convenzionale o per convenzione convinta i~~!'tldiamo comunque qualche cosa, per cui quando diciamo
concett~ ~ essenza ci eiaao tacitamente accurdati nel dire qualche cosa ouale,che sia che crediamo di sapere tutti per,~
eteeso 3odo; e poi ai scopre che non tutti sappiamo allo steeso
modo e ~ae~iamo battaglia sui modi diverei: e non combattiamo Yeramente ~'18.ndo combattiamo IN questi modi diTerei, perch do?r911mo oombattere sull'altro, non ci interessano i modi, ci interesea ci per cui il concetto per conTenzione o per convinzione co-~-.

munque e

~oncetto.

:~ei.

ora torna il problema:

e'~

un modo originario che la

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filosofi a secondo la sua nascita origina. ria secondo il quale


la filosofi a si vendica della impoeit ivit al principi o rendendo
il principi o utopico alla fine, rendere il principi o utopico alla fine sta a signific are un modo attraver so il quale la filosofia mette in pace la sua buona o la sua cattiva coscienz a di rapporto al principi o perch in questo senso e in questo termine letterale di discorso la filosofi a pu dire che per un verso almeno,
ha rispetta to la tragedia della sua nascita . la nascita della filosofia, in questo senso, tragica ed co~e ee potessim o pensare che Te.lete el o Talete no, ci sarebbe stato comunque un altro
al posto suo a fare quello che ha fatto Talete, non perch un altro come Talete sarebbe stato capace di pescare l'elemen to unico
e eolo nell'acq ua, ma perch l'esaurim ento delle teogonie , delle
cosmogo nie, l'esaurim ento di una sorta di libert che l'uomo cercava di s stesso all'orig ine, bloccand ola nella scelta di molti
dei e nel momento nel quale questo tipo di libert molto l'!lDbigua
che l'uomo riusciva in qualche modo a capire di e signific ava
che almeno l'uomo era libero non gi di s stesso, ma libero nell'ordina mento, che poteva dare agli dei, quando questo discorso
finito, nato il discorso filosofi co, il tragico nato, (il
tragico non eolo nel senso greco, ma perenne nel senso umano, per
cui, ee il tragico greco, un tragico che appartie ne all'uomo )
quando la libert di cui l'uomo godeva molto limitata mente essendosi esaurita nel mettere in ordine gli dei, riuscend o a incasellarli nella loro genealog ia e a metterl i ordinata mente in fila
secondo la loro origine l'uno dopo l'altro, quando questo gioco
si esaurito , cio quando Orfeo ed Esiodo hanno finito il loro
tempo non eolo storico esistenz iale, ma storico in senso originale, ancestr ale, ! nato quel tragico iniziale per cui la filoeofi a
nata perch libert non ce n' stata pi_ da questo punto di Ti-

eta.
In.fattis la necessi t tutta filosofi ca che l'elemen to eia
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unico e solo, sta a significare, anche nei confronti di chi conosce questo, una aorta di carcere non a vita, ma a secoli, attraverso il quale come ee la storia avesse detto all'uomo che ha
finito di essere libero, pur pochissimo, ma in qualche modo libero, perch ha finito di mettere in ordine gli dei nella loro origine, ha finito di cercare di conoscere le origini delle cose perch finalmente qualcosa o qualcuno gli regala quell'elemento unico e eolo che lo incatena a s stesso e in quel certo senso per
cui diventa lo schiavo della sua stessa ragione, perch deve riconoscere di nascere in quanto condizionato a questa necessit
assoluta: il principio o l'elemento se non unico e solo, non
principio, non elemento e non serve all'uomo, ma se serve all'uomo, la verit che ci che serve in questi termini fa di colui al quale serve il servo migliore di tutto ci che poi la ragione : un servo non inutile, ma un servo utile perch il servo ohe utilmente ha messo in moto quel meccanismo storico attraverso il quale nata la filosofia e attraverso il quale con la
filosofia, ohe nasce a questo modo, nato il tragico originario.
Le polemiche contemporanee sul logos o sulla violenza ohe la ragione , sul fatto che una cultura che si impone, sono i risTolti anacronistici di questa questione che molto pi seria e molto pi profonda di quanto non venga resa nelle nostre attuali cronache.
Il discorso tragico al principio; ..,..ro che c' u..~ modo
attraverso il quale il nascere della filosofia ha implicato questa sorta di servit ohe l'uomo rischia di eseere rispetto alla
ragione, non perch filosofia significhi questo, ma perch~ filosofia signific all'origine questo impaccio assoluto dentro il
quale il suo nascere riuscito a cominciare a questa maniera per
cui pu sembrare che il risultato unico che ha attinto stato
di rendere l'uomo servo dell~ sua stessa ragione1 e per se l'uo~o fosse ri:nasto sul serio e razionalmente servo della sua ragioBaruch_in_libris

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ne, aarebbe stato un servo utile ma poi anche inutile rispetto


al eerTi.zio che il principio voleva fargli fare in un certo eeneo e per certi altri verei, invece, di questo, poi, la filosofia
ha fatto tutto l'uso e t-~tto il consumo storico per cui si perduta la memoria di queeto tragico ed, eseendoeene perduta la memoria nropria, allora abbiamo fatto presto a inventare per q~eeto
tragico origini diverse da quella che invece l'origine del tragico come tale.

POSSIBILITA' E PENSARE

UNA DIFFERENZA E NON

Siamo fermi in ogni modo, al principio utopico, quello che


ho definito, o meglio, quello che ei fatto definire come principio utopico; e dico a ragion veduta: non quello che ho definito come principio utopico, ma quello che ei fatto definire come principio utopico. Che significa? Forse da questo punto di vista possiamo in qualche misura e in qualche modo riprendere il
me utopico Tiene
discorso nel suo piano interno. Il principio_~Q
---------- def~_it~_ d_El.g~---~-~~ria__delle filosofie; i l principio in quanto utopico ricevelllll! questa definizione , riceve il suo es9~re de~ini
to dalla storia delle filosofie, non dell~ filoaofi~. Qlesto
------~~-

un chiarimento importante perch puntualizza. l'asse del discorso


che stiamo facendo o che etiamo cercando di fare, in quanto si
potrebbe pensare che, trattando, parlando di principio, utopieo
o non, e trattandosi di principio utopico, ei potrebbe nenaare
che siamo arrivati o che il discorso arrivato al principio. Potrei dire cio che si pu pensare che il discoreo ~ia arri~to
al prtncipio. Si pu pensare: ei pu pensare che il discorso
!'lrri V!. t::> al principio.
Baruch_in_libris

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Questo in verit una poeeibilit: noi possiamo pensare


che il diecoreo arrivato al principio; possiamo pensare che tutto ci che pensiamo come filosofia sia pervenuto al principio;
ma non nel senso secondo il quale si pu dire che arrivare al '
:principio, eia riuscire a catturare il principio. Non in questo
sen~o, ~a nell'altro senso pi dinamico per cui potremmo continuare a pensare dicendo o pensando che dunque possiemo pensare che
ci che pensiamo come
per ~ezzo della quale
ci che pensiamo come
per mezzo del quale o

filosofia ha fatto tutta una certa corsa


si blocca. Noi possiamo pensare che tutto
filosofia ha percorso tutto l'itinerario
alla fine del quale l'itinerario attinge

la sua fine o il suo termine o il euo blocco. E allora il processo storico delle filosofie corrisponde alla possibilit di pensarne ci che possiamo penssre in questi termini, dico: il processo
s~orico delle_fHc:>f!Ofie _c.orrisponde alla possibilit di penMrne

:.1-?__1!!'1e _possifJ.mo

penssrne l'.'olo in questi termini. E dico i l ~


cesso storico per dire ci che sembrerebbe impossibile in questi
te~ini; e cosi avremmo una sorta di coppia dialettica a questo
modo: per u.~ verso ci che possiamo in quanto ci che possiamo
pensare; per altro verso non ci che non possiamo, in contrapposizione, ma ci che non possibile. Quindi, da un certo punto
di vista, come se la possibilit fosse tutta e soltanto dedica---------------

-- ---

- - --

_pensare: ci che possiamo, non ci che t1o~sia


~o c?~e tale, non ci che possiamo soltanto, me ci che possi!llllo
in qu!lllto ci che possiamo pensare; non ci che possiamo nel senso L'llmediato di ci che possiamo e di ci che non possiamo, ~a
ci che possiamo soltanto in relazione al fatto che ci che posta e

1_!i_;._:_~!?_g~_ al

si!l.'Jlo oome se fosse stretta.mente legato e inerente al pensare;


ci~ che possiamo soltanto nella misura in cui ci che possia:no
~1g::.ifica, da un certo punto di Vista, per s ci che possiamo
"Densare.
?er altro verso non c' qualcosa che non poesia.mo, c' qualBaruch_in_libris

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cosa che non possibile soltanto; ed important e questa precisazione. Voglio dires la poeeibili t, da queeto punto di vista
assolutam ente pura, irrelativa mente pura, perch 1 1 ~ relazione che h! ! al pensare, da questo punto di vista, e quindi
in questo senso allora la possibili t come tale assolutam ente
pura, cio irrelativa mente pura, ovvero: l'essere irrelntiva mente puro significa ci che in relazione soltanto al pensare, e
cos la possibili t, possiamo dire, rimane assoluta.m ente pura.
Per altro verso non possiamo dire che l'impossi bilit imptll"a,
perch per altro verso non esiste l'impossi bilit, esiste ci che
non possibile ; ed come se noi potessimo dire: posso pensare
~--quanto pensare pu significa. re avere a soggetto proprio la poes~~!~~y~,. poeso pensare, in quanto pensare e cio, perora, la possibilit significa essere come ci che soggetto proprio del pensare, e quindi posso pensare in quanto il pensare ha la posaibili t come soggetto proprio, da questo punto di vista. E quindi
posso pensare in questo senso; non per un senso eventualm ente contrapposto per cui posso dire: e dunque posso anche non pensare,
perch~ nei confronti di questa poseibili t ci che non , la
stessa possibili t come tale. Nei confronti di questa possibili t, potremmo ancora dire, in senso assoluto proprio: nei confronti della possibili t ci che non questa stessa possibili t. E
dunquei nei confronti di questa possibili t, ci che non , !!,
non , !!.!. non , il pensare. ,2! non . E potremmo continuar e
dicendo: se non 1 significa , dal punto di vista della possibili t, una ipotesi che per, dal punto di vista di ci che non si
presenta o si propone o si impone come !!!.!. perch l'impossi bilit non , l'imposs ibilit non in quanto ci che non possibile , perch ci che non possibile , potremmo dire, ed fino a quel termine di s nel quale tutto ci che il pensare riesce a produrre come processo storico. In questo senso, ci che
non possibile , ,. _tutto ci che il peneare riesce a prod\ll"re;
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e a produrre fino a ci che come storia nel suo senso anche pi~
impositivo e anche pi onniavvolgente. E potremmo o dovremmo ancomprendere la tesi per comprendere che ~
un~~~~az_!_o_~!!. ~ell_'~poteei: la tesi ~ lo stesso appropriarsi dell'ipotesi; o, in altri termini, ancora pi profondi, direi,
pi radicali in questo senso, in altri termini: ci che non ~ pos~~~~t~~are

f_i?lo

_8.-

sibile l'appropriazion e della possibilit pura. Ci che non


possibile l'appropriarsi della possibilit, in quei termini per
questo fare proprio, rimane senza soggetcui questo appropriarsi,
.
.
..
-~~-'-rimane senza soggetto proprio, perch non l 'appropril!l.rsi
rispetto al suo termine proprio, l'appropriarsi rispetto al ter-

mine_ improprio, perch_ l'appropriarsi della possibilit da parte di ci ohe non n la possibilit, n la non-possibilit .
In altri termini ancora, pi chiari immediatamente: dalla
possibilit a ci che non possibile, non passiamo attraverso
la non-possibilit o attraverso l'i:npossibilit ; dalla possibilit a ci ohe non possibile, non passiamo attraverso la non-poseibili t. E quindi si potrebbe aTere questa conseguenza: ci che
non nossibile, senza impossibilit. Ma questo e, per ora, perch, dal punto di vista del discorso che stiamo cercando di fare,
in realt, questo la possibilit in quanto assolutamente pura,
e quindi in quanto inerente al pensare: nemmeno al pensare come
tale, ma al pensare come ci che , in certo modo il principio
per mezzo del quale penso la filosofia, o pe-~o ci che penso come filosofia. Non 11 pensare come tale, ma il pensare come ci
che imqualche mi8Ur& viene dato anche a s stesso dal fatto che
il pensare che in qualche modo , perch~ ci che in qualche
modo ha relazione al suo oggetto pi intrinseco, cio~ alla filosofia: cosi il pensare, da questo punto di vista, strettamente
legsto alla possibilit, in quanto il pensare che strettamente legato a ci che appartiene al pensare in senso proprio; e in
quel senso proprio nel quale il senso "Oroprio eigr.ifica senso inBaruch_in_libris

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elusivo , _p_e?' cui ci che apparti ene al pensare come possib ilit,
an~a propria del pensare tutta la possib ilit possib ile, dunque
che la non possib ilit; perch la non-po ssibilit , a eua volta.
se ,_ _:perch possib ile. La non-po eeibili t, ee , sol tanto
perch possib ile, non perch ; perch quando la non possib ilit , non essa come tale ad essere, ma ci che non possibi le. In realt questo coacerv o di elemen ti che sono intrins eci al
pensare , pur cos diffic ili o oscuri, non sono gli elemen ti intrineici al pensare come tale; sono gli elemen ti intrins eci al pensare che in qualche misura deriva da ci che il pensare riesce abbastanz a facilme nte ad essere, anche perch ci che poesie.mo
ricavar e come succo vitale ~ e ~ filosof ie. Il pensare ,
questo pensar e, questo che in realt non , questo stesso che .!:!!
verit non l'astra zione propria o non l'astra zione pura, quello che medesimo di questo addiri ttura l'astra tto ~ossibile
in quanto dispon ibile, perch ci che rende essenzi ale una filosofia , quello stesso che questo medesim o: ~i? per il quale
essenza prima di essere il conosce re eseenze
le filoso fie hanno
---- -fino a cono~term~~!!~ Il traslat o storico di questo sapere
scere che tutto questo il pensare gi vissuto , perch il pensare vissuto attrave rso ci che le filosof ie sono; ovvero il

~--=::-.--------

pensare vissuto dalle filoso fie, per cui questo pensare vissuto
dalle filoso fie in realt serve non gi per fare le filosof ie,
n per fa.re una filoso fia, ma serve per conosc ere una filosof ia
secondo essenz a e second o, evident emente , quella essenza che non
oi che quella filoso fia, o ci ohe una filoso fia fa conosce re
secondo le essenz e che quella filoso fia predica o impone o determina, ma secondo ci ohe fa pensare questa filoso fia ci che ~.
in qualche maura cio secondo il pensar e.
Questo tessuto di rappor ti sl'l!!pli ciseimo , pu sembra re
compli catissim o, ma nel suo fondo se~plice. E semplic e non significa ci ohe possiam o cercare tutti di capire come sempli ce,
Baruch_in_libris

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perch semplice non vuol dire ci che comprendiamo subito, perch


potremmo anche dire, non per l!mor di paradosso, che ci che comprendism.o subito, compreso subito perch non impegna il pensare; ci che comprendiamo subito, viene compreso subito perch la
subitaneit del euo essere compreso consiste nella eliminazione
del pensare. Comprendere subito significa un impiego calcolato
ed economico del tempo; impiego calcolato e1 economico del tempo
nel senso che debbo fare in maniera da non accorgermi che sto mettendo tempo a capire; mentre invece il tempo che sto mettendo per
capire lo impiego. Allora: l'eeigenza del capire subito, da questo punto di vista, fraudolenta , cio diabolica, calunnia l'uomo, calunnia noi, in quanto l'esigenza del capire subito sta
a significare questo fatto esistenzial e. Questa esigenza infatti
fraudolenta perch l'esigenza di capire subito in realt eta
a significare una sorta di narcosi dell'esisten za per Mezzo della quale non debbo accorgermi del tempo che sto impiegando per
fare questa operazione che si chiama capire subito; ecco il subito che vuol dire. E quando il comprendere, diciamo cosl, dedicato a questo, o condizionato da questo, in realt il comprendere l'alibi per mezzo del quale io cerco di non accorgermi che
intanto il tempo lo sto impiegando molto pi fruttuosamen te e molto pi saputamente per altre cose; per cui se capisco subito, penso ai fatti iei poi. Se debbo stare un'ora ad ascoltare cose che
capisco subito, allora il tempo lo impiego fruttuosamen te e penso ai fatti mieii e non un gioco, una cosa seria questa! Per
altro verso il pensare non ha bisogno di giocare questa partita,
di usa.re questa fraudolenza , perch il pensare sinceramente o meglio ancora ingenU8lllente il pensare di cui sto parlando per ora,
il pensare che 1n qualche misura deriY& dalla necessit che ho
di conoscere l'essenza della filosofia, nelle filosofie, il pensare at'h"aTerso il quale in qualche misura riesco a pensare come
filosofia una filosofia, quindi non il pensa.re in quanto tale per
Baruch_in_libris

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adesso, ma questo pensa.re che in qualche misura come se derivasse o come ee fosse deducibile da qualcosa, questo stesso pensa.re
non gioca la partita che gioca il conoscere, il comprendere, quando vuole essere un com~rendere subito: perch ingenuamente. E
ingenuamente vuol dire come se fosse genito dentro e stesso, come se fosse generato dentro s stesso; generato dentro s steeso,
perch ci che aiuta a comprendere le filosofie seco~do la loro
essenza appunto il pensare, che, vero che ci che in qualche misura deriva da questo stesso, ma anche ci che in qualche
misura fa assere questo stesso. E per ora lasciamo fermo questo
ambito un poco in bilico tra il pensare la filosofia e questo penee.re ci che deriva in qualche modo dalla stessa filosofia co~e
ci che fa essere per la stessa filosofia. E dunque: 11 pensare
ingenuamente, come se fosse generato dentro s stesso, e quindi,
per questo stesso, non potendo dire come se fosse senza s stes~' proprio perch, potendo dire: come se fosse generato dentro
s stesso, e quindi _per questo non potendo di~e: come se fosse
senza s stesso, perch il suo essere generato dentro s stesso
come se !lascondesse in q_u.alcne misura (e ~ui tocchiamo il p1.L"lto o un p.2.nto che poi bisogner riprendere), come se fosse in
qualche ~is:l!'a possibile dal peI"!!lesso che il pensiero o il pensare d a q-.ialcosa o a qualcuno di generarlo, e non di cre~rlo, per
cui in ~H9ti termini allora, quan1o dicor il pensare ingen'J.a'Ue!lte e d.u..'lque il pensare che ~ co!lte se fosse gener1to dentro e :steseo, ~a ~~esto non vo:endo dire identicamente d'.l.nque perci ~ il
peneare che senza s etesao, perch il p~naare che generato
dentro s_ l!~e'!eo~ ci che in qualche misura permette che eosl
_eia,_e dunque in qualche modo il pensare che in qualche modo
prima di essere generato, perci dunque generato, perch evidentemente l'essere generato suppone non chi genera, ma suppone un
certo tipo di rapporto tra il generato e il generare, per c~i il
generato in fondo c"~e se fosse implicito o come se fosse '!'?'iBaruch_in_libris

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ma, o come ee fosse in quella zona nella quale possibile che


il g!Jnerare sia. E allora e ancora: il pensare ingenuamente, ma
ingenuamente ~ui in un eig:iificato molto pesante, perch questa
ingenuit del pensare, cio questa sua ipotesi di princiuio, chiamie...~ola co~, questo suo essere in un certo modo prima di e, che
q~eeto ~o~o 1i essere i..~ quanto posRibilmente essere generato
dentro s ses20, ma no~ pe~ci essendo senza s stesso, il pensa.re i?;.genuamente (e allcra ingenua.11ente per ora eign.ifica tutto
questo) no::::i. gioca una partita fre.udolenta, ma gioca \lll.B partita
spietata, eeriesima, perch quando il pensare ingenuamente si pone in queeto rapporto, attraverso 11 quale per un verso le filosofie sono, ~a per altro verso 11 pensare non riesce ancora ad
essere tal.t:!ente da essere intrinseco a s stesso, in questo rapporto il p@::,:,.sare gioca una partita spietata,

~ ~---~'tl'.l.e

se i l

pens!lre aves~~ bisogno dell'eternit per essere.


------------ ---------- .. - -- -- -Dell' e~erni t non l'abolizione del tempo, non in questo
eenso, ma 1ell'etern1t, per dire la capacit di non avere rapporto al tel'!rno, in questo senso radicale e difficile, perch allora
pensare,
p@r il fatto stesso di eeeere ci che
in questi tenni-----..------------------------------------ .. - .. '- -.
.

ni,

in:lip~nd.entemente da ci
- ---- - -- -- -
-----~-----------

.he J.n f!Ueeta

.!'l~"l.~era

i l pensare

fa essere cc::e ci che si 'l)enea ~ Pos e:ie:iio pensare qualu..'lque eoea,

....,......--------:~a

---

-- .

il pensare, per il fatt' stesso di essere e di essere in que-

sti termi:.-:i,

come se !'oss9 una. sfida aseolute. che tanto pi

asecluta perch una sfida senza interlocutori o, ee volete,


1_;_na sfida che

11

~ iio~

Il gioco diventa davvero satanico,

non diabolico, non la calunnia nei confronti di Dio a

~ueeto

punto, che il pensare viene esercitando e viene vivendo; non


la calunnia nei confronti di Dio, cio non il pensare a quel

liTello me1io della conoscenza nel quale il pensare accett& di


ridursi appunto alla calunnia, nel quale 11 pensare accetta di
ridursi anche alla poeeibi!it per esempio di essere ateo, alla

possibilit di pensare Dio privo di s stesso. In questo senso


Baruch_in_libris

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le filosofie atee, da questo punto di vieta, e pi che atee, ateistiche poi, non ateo nel senso di questo discorso che un poco
primigenio, ma atee nel senso storico secondo il quale le filosofie atee, cio le filosofie che sono state a scuola, senza saperlo, di questo tipo di questioni e come tutti i bravi scolaretti,
che cosa hann) fatto? Hanno preso per assoluto questo modo di vivere che la filosofia in qualche modo suggerisce perch il pensare ha bisogrD di vivere l.m p comodo e, vivendo un p comodo nel
senso secondo il quale ha bisogno di ridursi a quel livello medio
delle conoscenze, nel quale appunto si pu permettere di calunniare, invece che di sfidare; a quel punto gli scolaretti, cio le
filosofie ateistiche diventano bravi scolaretti, perch come tutti gli scolaretti prendono per assoluto ci che gli si dice; e
quindi, inTece che atee, sono in realt ateistiche. Allora in questo senso le filosofie atee, quando diventano ateistiche, in realt sono l'espressione di questa caduta del pensare a quel livello medio nel quale il pensare riesce in qualche misura, diciamo
cosl, a calunniare perch ~ensa di poter sostenere in assoluto
la conoscenza di Dio come l'essere privo di s stesso; questo
l'ateismo: alla stessa maniera, potrei quasi dire hosytos, allo
stesso modo, ( !)er non lo stesso modo veramente inerente e. questo tipo di questioni: un hoeytoe U.."1 poco pi banale) alla stessa maniera del pensiero che ritiene di non cadere, perch si riduce a quel livello medio delle conoscenze, nel quale qualcosa
o qualcuno l'aiuta a non privare Dio di Dio; e sono le filosofie
teistiche. Il discorso, da questo punto di vieta, si pJtreggia direi proprio in assoluto, perch in ogni caso e in ogni modo, in
ogni caso e in ogni modo, allo stesso modo, non perch lo stesso
~ inerente a questo nodo di questioni, ma perch lo stesso
~ oltre queste questioni cio, perch l'hoeytos di l,
allo ete1ao ~odo la caduta del pensare al livello medio delle conoscenze in realt corrisponde al fatto che in qualche misura il
Baruch_in_libris

62

pensare cade non perch aiuta la filosofia ad essere atea o perch aiuta la filosofia a non essere atea, cade perch accetta di
ridurei in quel livello nel quale conoscere (ecco il punto) significa rinunciare alla sfida, rinuncia.re alla sfida che sfida assoluta, perch sfida senza interlocutore proprio, in quanto il
livello me1io del conoscere invece il livello medio nel quale
la geo~etr:a della interlocutio, la geometria del parlare fra
una

ge~metria

gi assicurata, predisposta. La caduta del pensare

al livello della conoscenza, nel quale la conoscenza pu eseer~


scienza di qualunque cosa, di Dio o del mondo, in realt sta a
significare il pensare che cade perch accetta che la interlocucos, preordinata; o, meglio: che accetta
tio gli sia, diciamo
- ..
--.::
l'interloeutio come preordinata al pensare stesso, come ordinata
pri:na del pensare. Vero anche che perci l'essere ordinata prima significa poi l'essere finalizzata anche al pensare. L'!E.!!!:locuti~ da questo punto di vista, semplicissima, perchP per
un rerso l'interlocutio fra il soggetto pensante e Dio significa
in ogni caso cn.e Dio esiste in assoluto, cio significa in ogni
~aso che Jio preordinato rispetto a ci che l'uomo nel momenlo pensa. Il suo contrario lo stesso: l'interlocutio
dell'uo~o con s stesso, (dove il s stesso significa l'abolizione 11 Jio, e quindi l'abolizione di Dio per cui ei mette al posto
ii q~esto Jio abolito il mondo o la societk o la storia, il beneseere, il bisogno, quello che si vuole insomma) lo stesso d.iscorto in

c~i

l'interlocutio preordinata, che ha come condizione fondamentale ed essenziale il fatto che ci nei cui confronti parlo, eei------- -
ate pri,ma di ~e; non eolo esiste prima di me, ma addirittura
S):

fa essere come soggetto pensante. E dico mi fa essere,


proprio in termini materiali, letterali; ~ ci che mi fa

ci ohe
mi

f!

~i

essere come soggetto pensante, perch non vero che sono stato
cr1ato solta.nto perch riesco a balbettare la creazione in aeneo
teologico o religioso, per cui dicoi io sono stato creato perch
Baruch_in_libris

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c' Dio che esiste e che, esisten do, mi ha creato; non eolo q'1eeta la creazio ne, c' anche l'altra creazio ne: io eono stato creato perch c' la societ , che mi ha creato. E io qui non sto a
vedere fino a che punto ci eia approp riazion e debita o indebit a
iel concett o di creazio ne, non ai interes sa da questo punto di
vista. Perch potrei anche dire che la miseric ordia di Dio vera.mente grande, onnipo tente, non solo onnisc iente, onnipo tente,
perch riesce a fare di un qualunq ue fabbric iattolo che opera ~~1la terra, la coscien za rifless a di ci che ~ette in moto un meccanismo assolut o di relazio ne fra soggett o creator e e ente creato. Non eolo, non che Dio mi ha usato soltant o la miseric ordia
di crearm i, mi ha anche informa to di questo . La scienza dell'in formazi one non l'ha creata la sociolo gia modern a, o la psicolo gia,
o quello che si vuole; e non la foraggi ano i settima nali di destra,
di einietr a, di centroj l& scienza dell'inf ormazi one l'ha fatta
nascere Dio, direi quasi stupida mente da un certo punto di vi.eta.
3tupida mente e non etupida .mente, perch sapeva quel che faceva,
forse; perch, quando ha creato l'uomo, lo he anche informa to di
questo, perch la rivelaz ione signifi ca questo; la rivelaz ione,
nel suo senso, direi coel, anche pi sca:ldal oeo, signifi ca proprio
questo: non solo ti creo, ma te lo faccio sapere, e te lo faccio
sapere in quel modo per cui tu, pover'u o'llo, che non avresti. mai
potuto concep ire che signifi ca creazio ne, riuscir ai non a concepire che signifi ca cre!!.zio ne, ma riuscir ai a vi vere la creazio ne
nel tuo stesso essere creato. La storia dei mieera bili pu essere
la storia dell'uom o come approp riazion e indebit a di questo discoraor 11 non riconos cere che chi ci ha creato, ci ha anche informa to di questo . E, riconos cendo questo, il non riconos cere, che perci facciam o presto a sgambe tta.re dentro il recinto di questa bella sicurez za per dire che Dio non e non ha creato: ~ la storia, la societ , il bisogno , qualcun o o qualunq ue cosa come scimmia di Dio.

Baruch_in_libris

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Questa in fondo ~ una risea; e non riguarda i l pensare.

pensare in tutto questo ha. parte nella misura L~ cui il pensiero


il responsabile di questo in quanto ha accettato di cadere ad

un liTello nel quale queste questioni sono possibili, e nel quale queste questioni sono le questioni per cui ateismo per un verso o

tei~o p~r

altro verso

u.~a

rissa tra

~3.ni

del pensiero;

e, badiamo bene, nel senso filosofico del termine, perch se

f~c

ciamo q'.1estioni di altro tipo, i l discorso ca;:bia; vorrei '.lire:


se

ries~o

a non rimanere impaniato nella dignit del pensiero,

e riesco a capire che queste questioni in fondo eono questioni


esistenziali, che mi regolo per strada, nel mondo, vivendo, laverando, esistendo, cercando di esistere sul serio, a questo liTello il discorso di"8nta molto serio e molto drammatico; a quel 11Tello appunto non ho bisogno del pensa.re n come caduta n

~ome

non cadente, perch non ho bisogno di filosofia. E cio: per rimettere Dio al suo posto nei miei confronti e per sta.re io al

~io

posto nei suoi confronti, non ho bisogno di nessuna filosofia;


alla stessa maniera come non ho bisogno di
rL~ettere

~ese'.llla

filosofia per

al loro posto i fabbriciattoli a giocherellare con

l~

incudini e i martelli perch lrasta appunto il buon senso dell'esistenza la quale,se_riesoe a vivere autenti::-amente, riesce anc!1e
------v~--

- .. --

~ __ regola.re

la ~~~-- ~t()r~a di_fficil~ Siamo ad un punto scottante


:oerc:'.1..! 'J..~1 discorso interno a.l pensare, per L"l una misur!. so~

tilissima di trasparenza del pensare, quasi o come diviso t!'a s'3


e 9, cio del pensare come diviso tra un suo essere
un suo essere intrinsecamente a s stesso che

r.o~

intri~seco,

, (dovrei di-

re: che non ancora) e da questo il suo essere pur intrinseeo,


per
~

drammatica~ente,

ragione della

espresso da ci che il pensare diventa co-

essen~a,

per cui una filosofia viene concepita

o viene ragionata, o viene conosciuta come filosofia. Il

~~are

come se fosse rimasto sospe10, letteralmente sospeso a q'J.eeta .

e\1.8., chiamiamola cos per ora, a questa sua ipotetica inter:i.a diBaruch_in_libris

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visione; ~per, per un certo vereo, malgrado questo, e per altro


verso da questo eteeso, pur sempre capace di continuare a svolgersi in quella maniera per cui il suo continua.re a evoleersi in realt significa un legittimare, un convalidare le ragioni della conoscenza per mezzo della quale non noi pensiamo, ma abbiamo pen-

C' un punto abbastanza fisso, per mobile dentro s stesso; o' un momento fisso, immobile, ma mobile dentro s stesso,
e questo il pensare: mobile dentro s stesso, perch questo punto fisso ha una sua interna mobilit dovuta a questa sua interna
spaccatura di intrinsecazione, Quindi c' questo punto fermo, fisso, che per mobile dentro s stesso, perch la sua mobilit,
(la sua attivit, ma non propriamente la sua attivit) il suo atto propr~o --(~-li~ A9D,_ si riesce ancora~pensare radicalmente), que----sta divisione per mezzo della quale, dentro il suo essere immobi---- -- - ---------
-le, il suo muo..ersi la intrinsecazione che si spacca, o la in-----------
trineecazione che divide il pensare dentro s stesso; per modo
che, per un verso, il pensare risulta ci ohe intrinsecam~nte
legato a questo suo modo di essere, non verso e, ma verso ci
che penso (e verso ci che penso, vuol dire: verso ci che perch pensato costituisce il principio di conoscenza delle ragioni per mezzo delle quali riesco a concepire una filosofia pureh~
sia) per tm verso, e per altro verso invece legato a s stesso
in quel modo per cui l'essere legato a s stesso dovrebbe potere
fare a meno di questo stesso. Il pensare puro ma non talmente puro da non dovere essere legato a qualche cosa che non sia se non
questo stesso, 11 pensare; allora in questo punto immobile, questa mobilit, questo moTimento potrebbe essere quello che possia-

mo chiamar in termini pi correnti: attivit, atto proprio, e


cosi Ti.a, che in relat sta a costituire in fondo questa esplicitazione che non riesce ad andare di l da ci nel quale , della
divisione del pensare; questa esplicitazione che non riesce ad
Baruch_in_libris

66

andare di l da ci nel quale , che costituieoe la stessa divisione del pensare per cui come se il pensare implicasse il suo
essere diViso a questo modo per cui l'implicazione che il pensare del suo essere diviso, ci che contiene la eteeea divisione.
In altri termini, cio in termL"li di giudizio storico in

qualche modo, come se potessimo chiederci: ma la differenza tra


l'atto del pensare ci che penso, o tr~ il pensare e ci che penso, da che parte sta? Sta dalla parte del pensare o sta dalla parte di ci che penso? Ed una do~~da tal.mente legittima, tal.mente legale, che una domanda radicai~ente malposta; perci legale, perci legittima, perch radicalmente mal posta. Ancora: la differenza tra il pensare e ci che penso, da che parte
eta? Questa domanda talmente legale e legittima, cio sono obbligato a fare questa domanda, perch? Perch l'obbligo a fare
questa domanda come se mi venis9e fornito da una sorta di contestazione universale di principi e di ragioni per la quale mi
sento in un tribunale nel quale debbo trovare il giudice, ma non
gi debbo trovare il giudice che

assolva dalle colpe; debbo


tro'Vt\l"e il giudice che riesca ad incolparmi sul serio, cio debbo trovare il giudice che riesca veramente da questo pi..m.to di vieta a dire qual la colpa di cui sono reo, cio qual il peccato. Se noi ragioniamo la questione in questi termini, ': veramen~i

te legale questo tipo di domanda, ~io legittimo che io ~i chieda: ma tra il pensare e ci che penso la differenza da c~e parte
sta? perch ci che penso, qualun~ue cosa sia, ci che penso
come ee fosse l'obbligo da parte di chi pensa ci che pensa di
risucchiare tutto in s il pensare, per cui appunto ci che penfondo un modo attraverso i l quale io elimino i l pensare;
ci che penso un modo attraverso il quale io elimino il pensa90 in

re. Ed elimino il pensare nel "chi" che sono io come ente pensante. Per questo: legale, oio legittimo; sono obbligato, mi
Baruch_in_libris

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sento in un certo senso, come se oscuramente ci sentissimo in


colpa, come se oscuramente ci sentissimo in colpa nel senso secondo il quale sentirsi in colpa in questo caso eta a s1-nificsre che non riusciamo ad aTere un rapporto intrinseco a ci dal
quale nasciamo fino a quel punto nel quale arriviamo come enti
pensati che pensano ci che pensa.no. Allora, sentendoci in colpa,
per questo motivo, come se noi dovessimo riconoscere : ci sentiamo in colpa perch abbiamo smarrito il senso dell'origine ; non
riusciamo a camminare sul serio per una determinata strada perch
~appiamo dove andiamo, ma non sappiamo da che cosa siamo partiti
per andare dove stiamo andando; e allora, da questo punto di vista, torna coaoda la domanda per la quale, quando la domanda
allora la differenza tra il pensare e ci che penso, e ci che
penso, e ci che pensato, da che parte sta? si intende dire se
il pensare che pone questa differenza? La questione si pu proporre in altri termini e sono i termini che potrebbero sembrare
classici e scontati: il rapporto fra soggetto e oggetto, per cui,
quando dico "il pensare" dico "soggetto", quando dico "ci che

penso", dico '' oggetto", e poic!l ho detto soggetto e oggetto,


ho risolto tutto perch evito di pensare pi di quanto questo stesso non sia gi un certo conoscere che io sto pensando. ~uesto stesso non cbe pensare, ma un certo conoscere che io sto pensando, ed essando un certo conoscere che io sto pensando, dunque perci non ho pi bisogno di pensare.
Allora torna legale la domanda, veramente legittima: ma la
differenza da che parte eta? Perch qui non comprendiamo subito,
finalmente, se pensiamo sul serio. Non comprendiamo subito perch
teaiaao qualche imbroglio. Cio: ~a conoscere di pensare non significa nascondere di avere gi pensato o di ammettere che qualcwio o qualcosa eta pensando per ~e? E non interessa che qualcuno o qualcosa eta pensando per ~e? E non interessa che qualcuno
o qualcosa sia la realt, la ree nel suo senso pi impositivo o
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sia la ~ nel suo senso pi sottile, eomWlque sempre res nel e~~
senso pi latino e pi pesante, gualche cosa, che pose:-:hiamare
col no~e proprio, qualche cosa per cui posso trovare i.m nome e
cognome, ~ualehe altra cosa per la quale ho smarrito il nome e
cognome, :Jato che il discorso in questi termini nasconde un im~'
glio, legale, veramente legale la do~anda: ma la d.ifferenz::i
tra il pensare e ci che penso (ci che pensato) da che parte
sta? La
perch
per un
rente,
stiamo
sono a

legale nella stessa misura nel.ma quale appunte


legale, mal posta. In altri termini, ee noi pensiamo
attimo sul serio alla situazione reale, non a quella appache c' in un tribunale, tra il giudice e il colpevole,
tutti tranquilli a dire che davvero, legalmente, le parti
poeto: il giudice sta da una parte, il colpevole sta daldo~anda

l'altra, cio il colpevole sta in quel posto che deve occupare


per la colpa che esso , il giudice sta in quell'altro posto che
il giudice deve occupare per il giudizio che il giudice . Quindi, legal!Dente, la situazione a posto; ma se dovess:.:no dire da
che parte sta la differenza, chi di noi troverebbe il poeto giusto tra i iue poeti di cui disponiamo? 'Ira i due posti di cui disponiamo, non ce ne sono infatti altri, se dovessimo dire: ma la
vera differenza fra il giudice e il colpevole da che p3.rte sta?
Chi potr!bbe dire: dalla p?.rte del giudice; o la parte del colpevole; p~r~~ tutti e due a questo ptL~to diventerebbero giudici
e colpevoli perch il posto che occupa l'~.;"'0 ~ tutto occupato,
non c'e~tra pi nientes tutta la colpa che il colpevole , tutto ci che occupa, non c' posto per altro,.se non per la colpa
per la q~ale il colpeTOle dove . Ed giusto; perch chi di
noi presu:nerebbe, dovendo giudicare tm ladruncolo o un a!!lsaesino
di pretendere che nel suo essere ladruncolo o assassino, L~pli
cato tutto l';.m.iverso che egli fuori da quel posto, con s s
stesso e gli altri, le eue disgrazie, i suoi amori, le ~~e passioni? ~essuno Allora giusto che il colpevole dica: nel momento

Baruch_in_libris

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nel quale sono qua, nel posto che occupo, tutto ci che io sono,
il poeto che occupo, ed la mia colpa; non posso coneent ire
che niente di pi di questo occupi ci che io occupo. E altretta nto il giudice da questo punto di vieta.
Come risolvere mo allora la question et da che parte eta la
differen za tra il pensare e ci che pensato? Perch in queeto
senso come se noi dovessim o riconosc ere che i due posti sono
due posti occlusiv i e occlude nti: chi occupa quel posto, in realt, ~ tutto occupato dal poeto che occupa. In un discorso formalistico, legalist ico, da legu1eio , che mette in pace la coscienza subito, siamo tutti a posto: c' un giudice che giudica e un
colpevo lt,che paga; e siamo a posto perch nessuno di noi oserebbe porre quella domanda: da che parte eta la differen za? Perch
porre quella domanda signific a mettere una miccia o mettere la
miccia vera della vera rivoluzi one, ma non gi per il fatto della domanda posta, ma per la capacit di porre la domanda. Allora
dobbiamo dire che in realt siamo tutti colpevo li e tutti giudici nello stesso tempo, e siamo a posto, e in questa maniera, etoricament e e socialme nte, tante cose le mettiamo a posto perch
non che io posso perdere l'eterni t o il tempo meno eterno per
dirimere queste question i: la storia non mi aspetta! Il discorso ,
fatalmen te, torna legale e giusto, la storia non aspetta, ha i
euoi appuntam enti, e l'uomo un disgrazi ato che le corre dietro,
e deve fare in maniera da correre storicam ente per non perdere
gli appuntam enti che la storia fissa. E per: possiamo fare lo
stesso di~corso, quando inTece la question e, traslata , ma non tanto traslata , sta a signific are la question e del rapporto tra 11
pensare e ci che penso, per cui qui la domanda posta vuol dire
capacit di porre questa domanda? E potremmo dire che qui sta la
differen za, come ci che fa salta.re tutto il piano storico di ogni
question e, qualunqu e essa sia, anche se, saltando il pi&no storico di ogni question e, dovremmo dire per un verso, purtropp o, ma
Baruch_in_libris

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per un altro nreo, bellamente, non salta anche l'uomo perch come UOllo rilllane &V'Viluppato dentro questa questione. Ma nel rapporto tra il pensare e ci che pensato, se noi riusciamo a porre
questa domanda, per cui ponendo questa domanda, ci rendiamo conto che dunque c' un piano legale e legittimo per cui la domanda
si deve fare, ma la realt che la domanda coel fatta mal poeta, se io capisco questo, i l mio capire questo dovere riconoscere che in realt non posso rispondere, perch quando chiedo
tra i l pensare e ci che pensato, la dif:erenza da che parte
ill in real~~-l!~o.~icen(}o che la differenza no::'.l. pu stare n dalla_ p:u-te del pensare n dalla parte di ci che pensato. Se potessi.mo sostenere infatti che la diffe~enza sta in una di queste
'?8-I'ti, co~e se \Ula di queste parti, in fondo, stesse a fare da
giudice universale per tutte ';/,le colpe dalle ~:zali bisogna assolvere il colpevole che poi non si sa di che c:-1~ colpevole, Ci
:he pensato, che colpa ha? Se ha una colna, ha il peccato platonica. Ci che pensato se colpevole 1i q'...i.elcosa, colpevole di v.n

pec~a to,

' colpevole di un pecca 't~'

(!\il

sta a signifi-

c:?.re che colpevole di una sublimazione di c~ che come pensadiventa peccato, cio questo
~~, che si chiama idea; e questo
:i ven ta i l plagio dell'assolu to religioso, :5.ell!! dimensione religiosa. Allo~a in questi termini e, direi, ~s~;:n-e, ci che penSB.to se una colpa ha o se una colpa , ha q~e:l~ colpa che il
un peccato platonico. Questo, & :~ta~trofico per mole !iloeofie, perch qualunque cosa penso, se l~ penso in questi
te~ini, e se lo penso a questo modo, in realt qualunque cosa

suo

esser~

,enso, lo penso per un peccato platonico, l~ pe:1.!!o solo per questo; i~ altri termini, come se noi dovessi:no riconoscere , come
~i h'-!:no insegnato moltissimi filosofi, che io ~on poseo pensare
delle forme che ci che per.so assume perch poseo essere pensato. ProTiamo a fare un'operazion e interna a questo
liecorso: proviamo a immaginare (e qui davvero '.Torgia diventa un
~e

non per

~ezzo

Baruch_in_libris

71

maes~o di dialettica

di pensiero}, cio proviamo aphronin, cio

pronamo a fa.re cH> che Gorgia dice quando abbiamo in testa i phronmena, ci che pensiamo; ma non alla maniera gorgiana, non alla
maniera dell'esempio gorgia.no per cui l'esempio gorgiano, (noi
possiamo pensare dei cocchi che corrano sull'acqua), significa
avere in mente qualcosa o qualuncae cosa che in realt ~on . Proviamo ad usare questo marchingegno gorgiano per questo tipo di
questione che riguarderebbe la forma in universale di ogni discorso che possiamo fare per la necessit di pensare qualcosa; e usia.~o Gorgia come uno scalpello interno, facciamo in maniera da diventare noi assieme a Gorgia delle termiti, dei tarli, dei fabbri
che riescano ad avere in mano 11 martello gorgiano, mettiamoci
dentro questa forma che include in s ci che posso pensare solo
perch ci che posso pensare lo posso pensare tn una sua forma,
cio in un suo limite che non un limite dovuto a ci che penso,
ma un limite dovuto al pensare stesso come tale. Poniamo che
noi identifichiamo questo discorso in un cerchio tondo dentro il
qu9.le ingabbiamo ci che stia.mo pensando, '!ler e!"empio l'uomo o
la terra. o l'essere o la societ o Jio o quello che vogliamo, mettiamoci dentro a scalpellare e cerchiamo di far cadere, senza ror.,.iarlo per, lascia.idolo intatto, ci) che ~acchiuso dividendolo da ci che lo racchiude;

ad

provi~~o pe~ 'L~ atti~o

i~.maginare

una si ntazion3 di questo genere per cui Be noi pensia.'!!o qualcosa,

il nostro

p~n'3are

....------~----~-=------~-..._,

qualco:os. in ;-e~l_-:;_ significa._ in c_eI'~o ~e:n3o e


___
.,_#- - - - -

'""

in ce:_:?.___~':_~:'__ _:1_:3:BC~dere -~~ m3.stice che confond~ i l limi te nel


quale ci che pensato vien~ J>_ensa to, che_ identifica i l 1:imi te,

----------- - --------------

-.

nel quale ci che pensato, pensato, a ci che ci che pensato. Proviamo a dividere questa con-fusione, proviamo a dividere questa con-fusione interna, cio questo

~-determinato

che pe-

rry deter!!linato dentroJ proviamo a dividere il limite di ci che

pensato da ci che ci che pensato, e proviamo, se ci riu-

sciamo, a

im.~aginare

che tra il

li~ite

che contiene ci che pen-

Baruch_in_libris

72

sato e ci che ci che pensato circoli qualcuno, qualcosa.


E' possibile? Dovremmo fare un'operazione di questo tipo in fondo: dovremmo tenere la forma legata a s stessa, inerente a s
stessa e dovremmo nello stesso tempo per~, rispetto a questa forma legata a s stessa tenere, e dico la parola classica, banale,
il contenuto dentro s stesso ma in

rap~orto

alla forma che rie-

s_c_~ .~~~e.

da limite solo a s stesso, e non da limite a ci nei


cui con.fronti la forma forma.
Possiamo provare a fare come faceva Gorgia, per cui invece
di pensare, cerchiamo di avere in mente qualcosa o, in altri termini, quando noi pensiamo qualcosa, se pensiamo qualcosa, qualtmque cosa sia ci che pensiamo, cerchiamo invece di farci prendere dalla soddisfazione di pensare qualcosa. Se usiamo lo scalpello gorgiano usare lo scalpello gorgiano significa dovere rimanere
attaccati allo stupore che ci pu prendere per il fatto che con
questo scalpello riusciamo a dividere ci che pensiamo da ci nel
qua.le ci che pensiamo pensato; e operando questa divisione,
riconosciamo o prendiamo atto del fat"':o che, malgrado questa divisione, ci che pensiamo continua ad ~ssere pensato. ~io: anche
- -- ------------------------- se riesco con lo scalpello gorgiano ad introdurre uno spazio, non
uno spazio di differenza, ma direi cos un circolo di divisione
tra il limite che contie~e qualcosa in quanto pensato e l'essere
linitato che ci che pensato, se riesco a creare diciamo cos questa corrente di aria pura fra questi due elementi, la co~
clv.sione paradossale che, malgrado questo, io continuo a pensare; come ee il limite, come se la forma formale si prendesse
-

--

gioco della capacit gorgiana di ,E_hronin, non di pensare, ma di


avere in mente, in modo tale per cui, a questa maniera, V'!'ro
che riesco a distinguere in ci che ~ pensato ci che lo limita
a s, per vero anche che con que=t9. distinzione il_Hr:iite
la capacit diabolica, calUBniatrice, di plucome -ee diventasse
- -ralizze.re s stesso, cio di suddividersi. In altri ternini coBaruch_in_libris

73

me se noi dovessimo riconoscere, e quindi potessimo renderci conto (perch il dover riconoscere non qui il discorso caauale,
significa una capacit interna) ~ come se dovessimo riconoscere
che la divisione immanente o intrinseca, in qualche maniera legittL~a, fra il l:i!l!.ite formale e il contenuto di questo limite fora
male, questa divisione significa in realt il principio di plura----~

lizzazione del limite formale, il principio di moltiplicazione


del limite o, in altri termini, come se noi dovessimo riconoscere, da questo punto di vista, che se divido a questo punto,
se divido in questi termini, dividere significa suddividere il
limite. ovvero dividere significa riconoscere che il limite il
principio della sua molteplic&zione storica per cui tutte le forme della forma hanno contenuto soltanto nella forma.
Ma a questo punto ci che penso, che fine fa?, perch ci
che penso non allora ci che , perch pu essere qual't:llque cosa, ma quel qualunque cosa che , in rapporto a che cosa?
E allora e pesantemente: tutte le forme della forma hanno
contenuto nel1a forma come tale, e quindi come se noi stessimo
dicendo che in realt dal punto di vista formale, dal punto di
vista della forma, cio~ dal punto di vista del compimento nel quale penso ci che penso, posso avere in mente quella divisione,
cio~ posso phronein, posso fare un phronumeno gorgiano per paternit storica e filologica, non gorgiano invece per intensit speculativa, posso :fare un p~onumeno che il eeguentei posso anre in mente talmente la forma da riuscire ad avere in mente non
gi la forma come tale, ma la forma come irincipio della suddi'Yisione inf'inita della forma stessa; per cui ci che divisione,
dal punto di 'Yista della torma, in realt suddivisione della
forma steeaa. A1lora, posso a-.ere in mente questo, e questo il
mio phronumeno1lra d1cale, ci che poaeo pensare come ci che

ho in mente radicalmente a questa maniera, ma questo non pensare; io posso a.,..re in mente questo, ma non penso questo. Posso
Baruch_in_libris

74

phronin eu questo punto, posso pensare in quanto phronin, posao pensare in quanto sono capace di pensare in quanto capacit
di pensare in questo limite significa la radice letterale, banale del pensare che ~ appunto anche filologica.mente, letteralmente, il verbo phrono. (J:?hrono la radice del verbo pensare, poich app'Llllto 8 la radice pi elementare). In questo senso se voglio
pensare elementarmente, debbo usare il phronin, e debbo usare
il pbronin :i:l questa misura per cui traduco letteralmente proprio
avere in mente. Dico letteralmente perch quando Socrate cerca
di convincermi al concetto, cio quando Socrate cerca d.i convincermi al fatto che il bisogno essenziale che l'uomo , di sapersi natura razionale (in questo senso posso dire: quando Socrate
cerca di convincermi al concetto) in realt Socrate cerca di farmi rendere conto di un mio phronin fondamentale che avere in
mente la mia natura razionale, per cui come se Socrate facendo
questo discorso, e facendolo astutamente perch lo fa contro Gorgia, lo usa contro il gioco sofistico, ~uando Socrate fa questo
disc()?'so, intende dire che siamo al limite,non si pu spingere
di l. Quando il mio pensa.re l'avere in mente la mia stessa natura razionale, il discorso diventa semplicissimo: di qua da questo non posso andare, cio non posso spingere oltre; questo il
limite, non il limite invalicabile, il lL~ite: cio sono io.
E il lL,ite, socraticamente vuol dire il limite sono io come dovere di conoscere; e dunque sono io come dovere di bo~t ontologica, perch io faccio il bene nella misura in cui il mio fare
il bene condizionato al mio sapere, al mio conoscere. Quando
Socrate fa questo diecorso intende dire che il limite la stessa natura razionale. Non credo che Socrate si sia reso conto della carioa storicamente, banalmente eeplosiw che aveva questa tesi; 1 giudici di Socrate non erano stupidi, storicamente era gente molto saputa, molto capace e astuta, cio capirono che significava la tesi di Socrate, perch quando la tesi di Socrate Ti.eBaruch_in_libris

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ne intesa a questa maniera per cui il limite la.;natur a razionale, come se Socrate avesse detto che l'unica religion e sulla
terra la natura razional e dell'uom o. Per il che se si vuole fare qualcosa contro, bisogna farla contro la natura razional e dell'uomo. Questo il discorso di tutte le rivoluzi oni storiche le
quali, da questo ptmto di vieta, non sono antisocr atiche, sono
con Socrate, perch quando non vogliono questo limite non lo vogliono perch riconosc ono che questo il vero.lim ite, per cui
questo bisogna fare saltare, e se si fa saltare questo, perci
si fa rivoluzi one. E rivoluzi one non soltanto nel senso banale
storico sociale o anche pesante, importan te, fondame ntale, delle
cose da fare, nel senso anche intellet tuale cultural e: voglio dire

Kie~egaard,

voglio dire anche, in un certo modo e in un certo


senso, Agostino ; cio non voglio dire per dire questo, gli irrazionalis mi, perch sarebbe banalizz are il discorso , ma ~Jtte le

cosiddet te rivoluzi oni cultural i o non che quando fanno esploere qualcosa , fanno esploder e questo limite; ma la condizio ne per
la quale questo limite pu esploder e purtropp o una: che sia riconosciu to in assoluto come ci che esso , che esattame nte ci
che Socrate voleva.
Perci Socrate morto bene da questo ptmto di vista, perch il pedaggio che ha pagato anticipa ndo ci che poi le rivoluzioni hanno fatto contro questo limite; ma, contro questo limite, o serve, straname nte, di questo limite? Dal punto di vista di
una analisi di elementi che in qualche maniera costituis cono il
rapporto che il pensare in confront o a ci che pensato, questa analisi finisce per chiarire che in fondo come se il pensare non potesse mai distrarr e e da s. Anche a cercare di conTincerci -ad un'anal isi che nel rapporto tra il pensare e ci che
pensato riesce ad individu are il pensare nel suo atto, il pensare
in quello ohe possiamo chiamare il suo atto, cio il pensare nella sua mobilit interna, nel suo essere internam ente mobile rispetBaruch_in_libris

76

to a s stesso, e il pensare in ci che ci che pene!l.to , noi


potremmo o dovremmo conclud ere che dunque in ogni caso e in ogni
senso si tratta di dovere prender e per buona una sorta di coppia
in qualche maniera tautolo gica: il pensl'l?'e e il pensare , oppure
pensare - pensare ; in altri t~rmi;li: a volere o a cercare o ad
essere cap~~i di un certo tipo ji analisi per mezzo della quale
io che analizz o sono costret to a ridurmi a questa sempli cit assoluta che il pensare che pensare - pensare , in base a que:o?to
dovrei dire che dunque in ogni caso e in ogni modo dal pensare
non, io non esco, ma dal pensa.re il pensare non esce. Infatti anche a volere ammette re che possi~~o analizz are questo tessuto di
elemen ti per ~ezzo del quale noi riusciam o a individ uare in ogni
caso il pensare nell'at to che gli proprio che il suo essere
mobile dentro s stesso, per un verso, e per altro verso il pensa.re che come questo essere mobile dentro s stesso, se qualche
movimento fa, lo fa in quanto arriva in quello che pensato , non
in quello che il pensare pensa, ma in quello che pensato ; o,
in altri termin i, se noi riusciam o, come siamo riuscit i, facilme nte, se siamo capaci di questa analisi per mezzo della quale noi
in un tessuto di elemen ti compos iti, costituti'V8.~ente compos iti,
riusciam o a individ uare il pensare e il pensare in questo senso:
il pensare in quanto il pensare dentro il suo stesso essere ~obi
le e il pensare in quanto il pensare che, direi cos, contemp la
il suo essere mobile non dentro s, perch n~n che il pensare
pensa s stesso, contemp la il suo essere mobile dentro s stesso
in qu&n.to il euo essere mobile dentro s stesso ha movimento in
quello che pensato ; alloraz ee noi riusciam o ad analizz are il
pensare e il pensare in questo senso per cui per una prima parte
noi stiamo fermi ad una coppia che ripete i euoi due termini o
stiamo fermi ad un uno duale in e eteeeo, il pensare duale in
s stesso, il pensare e il pensare , e per un altro yerso abbiamo
invece che questo signifi ca ohe l'uno duale in s stesso contemBaruch_in_libris

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pla la sua mobilit non in s ma in quello che pensa.~o, noi dovremmo concludere: tra il pensare e quello che pensato, tra il
pensa.re e quello che pensato, quale il piano di scorrimento
dal pensare, non dal pensare come atto, ~a dal pensare come soggetto tutto fermo in e stesso, {soggetto nel suo senen pi letterale) dunque il traAferimentc del p9nsa:-e da ci che esso come il suo essere posto sotto s stes~o, co~e il suo essere soggetto per s e soggetto a s, a ci che il pensare diventa in un certo modo per cui sembra soggetto diversamente da ci che esso
come soggetto letterale cio come soggetto che il pensare come
tale, starei per dire, il pensare che soggetto in quanto il
pensare come tale; ancora: il pensare da questo suo essere soggetto letteralmente per cui dal suo essere soggetto letteralmente,
perch in qualche modo e in qualche misura come se fosse il pensare stesso come tale, al suo trasferirsi d~ questo fino a un suo,
non diventare soggetto, ma a un suo essere soggetto, ma soggetto
in quanto diverso dal soggetto che esso come tale, eio dal pensare a quello che pensato, noi potrel!L'!lo dire per ragionare u.~
attimo banalmente la questione, l'infinito presente dove? Ecco
la seconda domanda. Dal pensl'U'e a quello che quello che pensato, non a quello che , che non mi interessa perch quello che
, anche se viene conosciuto per quello che , conosciuto per
quello che in quanto conoscerlo per quello che significa nascondere il fatto che stato pensato.
Bisogna pensare questo movimento: dal pensare a quello che
, in quanto quello che pensato, {e non sto dicendo 'dal pensare a quello che in quanto pensato' per dire 'che perch
l'essere che , dal pensare', cio non stiamo facendo questioni di rapporto fra essere e pensiero, tra logos, tra verbo, tra
sapienza assoluta che l'Essere o che l'Essere assoluto, e quindi oi che 11 pensare pu essere perch o ripetuto dall'essere
o in quanto poi ripetente l'essere; sono questioni, queste, che
Baruch_in_libris

non interessano radicalmente , perch sono questioni che recipr'.lcamente nascondono pur sempre il terzo escluso, cio colui o q-;a.lcosa che ~-nminietrn questo scambio delle parti tra pensiero ed
essere; questo, per dire e per chiarire una volta per tutte, c~e
questo che stiamo facend0 un discorso che non deve essere i!'.l
ness\.L1a ma:::iiera riper..sato n di". un punto di vieta classico ont".1logico, n da un pur.to di vista trascendent~le dialettico, in altri termini, non ci interessano pi a questo ptmto n Hegel n
Tommaso d'Aquino, perch a questo punto il rapporto qualunque sia,
fra essere e pensiero, in realt u...~a falsa questione speculativa, non in senso storico, ma nel senso radicale secondo cui non
una questione di principio, nel senso radicale del discorso,
cio non una questione che a livello nel quale l~ questione del principio). Da questo punto di vista allora, quando cerco
di capire la domanda dal pensare all'essere pensato, l'infinito
dove presente? una domanda che fa coppia con la domanda precedente: tra il pensare e quello che pensato, da che parte sta
la differenza? Dunque, per un certo verso, pare che al principio,
il porre una domanda significa il cercare la parte propria, ma,
badiamo bene, il porre una domanda significa cercare la parte propria di nessuno dei termini nei cui confronti la domanda viene
poeta; il che importante; tra il pensare e quello che pensato, ee io mi chiedo da che parte sta la differenza, la domanda,
ee viene intesa radicalmente , viene intesa perch mal posta,
perch la domanda che cerca la ~' la cerca per nessuno dei
due termini nei cui confronti si sta ponendo come domanda, perch
appunto: da che parte eta la differenza tra il pensare e l'essere pensato?
Ma: da che parte sta la differenza eignifica da che parte
eta la differenza del peneare rispetto all'essere pensato? o ~
ohe parte eta la differenza di quello che pensato rispetto al
pensare? Potevamo presumere di pensare cosl
Baruch_in_libris

!!!:.!r e ieri non YUol

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dire: nel passato di cui sono incapace, possiamo

chie1~rci

a '.:Hel-

la maniera per cui abbiamo chiesto, e dovremmo dire che quando


chiediamo a questa maniera per cui chiediamo da che narte sta

l~

differenza?, abbiamo chiesto, perch sappiamo che la domanda fatta in Questi termini, in realt come se fosse il principio di
una

1o~anda

seconda, cio di una domanda che in qualche meura

riesce a chiarire le veci di questa prima domanda, per cui sta


invece di questa domanda, per cui appunto chiediamo allora: fra
il pensare e quello che pensato, l'infinito dove presente?
Si potrebbe obiettare che non stiamo facendo altro che rompere l'unit verbale del pensare, l'unit

verbal~

della parola

pensare come infinito presente; e quindi pare semplicieeimo, da


questo ptmto di vista, dire: fra il pensare e quello che pensato, l'infinito dove presente? E potrei dire che in fondo un
gioco radicalmente verbale, cio dovuto al verbo, non al verbo
pensare, ma a ci che il pensare se riesce ad essere come quel
verbo vero che come se avesse la capacit, essendo veramente
verbo, di agire, di operare; e di operare come la capacit di operare talmente che noi abbiamo dimenticato e dimenticheremo sempre,
quando pensiamo, che ci che pensiamo, lo pensiamo, per la capacit di questo verbo, per la potenza del verbo, per la capacit
di questo agire, cio per il fatto che il pensare come essere mobile dentro s stesso questa capacit di contemplare il suo :novim~!::t_C)_~

~~_dentro

s stesso, ma in quello che pensa; tenendo presente per che appunto dal pensare a quello che pensato
noi:i

il soggetto cambia, pur rimanendo lo stesso, perch, dal punto


di vieta del pensare come pensa.re, il pensare , si potrebbe dire, radicalmente soggetto

perch~

tutto sottoposto a e steeso;

ma per altro verso, nel momento nel quale dal pensare andiamo a
quello che pensato, in quello ohe pensato, il pensare rimane
soggetto; ma rimane soggetto diversamente da ci che il soggetto
come tale in ci che pu essere quello che soltanto perch
Baruch_in_libris

80

c:Yne te.le; per cui diremmo, in fondo, r"el pensare come tale,
possia~o

avere il soggetto come tale, ma proprio perci da questo,


l'es~e~e di ci che come tale, pu rimanere ci che pur~
tl!l.!l'.i".l di-ve:-so, e E!! vuol dire qui malgrado e malgrado significa
p;.mto: nrourio nerch sta determran do a.ddiri ttura la
sua i.u"Goten:a; dunque: pur rimanendo lo stesso e pur perci, mal-

-:;..:.es':;)

gra'.')

'"l'le~to,

es9endo diverso; pur


so, ~- iYentare , a essere diverso;
do riesca a. produrre, a porre, ci
quello che pensato, rimanendo lo

riuscendo , rim3.nendo s stestutto q_;.esto vuol dire: malgraper cui :0'.l essere di verso in

stesso in quello che il peneare co~e ~ale; perch da. questo a quello: allora per questo il
~:'_n_~~~-~--i~ __modo attraverso i l quale ato comprenden do la ~
~; perch dal pensare come tale, che perci pu essere corrispettivo del soggetto come tale, a ci che il peneare rimane come
soggetto, essendo in quello che pensato, c' una sort~ di momento, non di potenza, ma di impotenza attraverso il quale dal pensare a quello che pensato, dal pensare nel pensare in quanto
sog~tto :;JrOprio, al pensare nell'esse re quello che , cio soggetto proprio, in quello che pensato, si passa attraverso un
momento

fonda.~entale

che il momento della differenz a; che il


momento della differenza significa che il ~omento del portare
(qui 1lSO 'differenz a' nel suo senso ancora. letterale ); differenza
fonda.-nent &lmente, prima di essere quello che , nel principio
suo il s-J.o stesso portare s stesso verso q'J.ello che ; perch,
appunto, in questo senso, come se noi stessimo dicendo: la capacit che 11 pensare di condurre, di ~ortare il suo essere diviso, di portare il suo essere duale diviso dal suo essere uno, in
modo tale per che questa divisione non ne fa due, non fa il pensa.re pi qualche altra cosa, ma lascia il pensare pi il pensare.
Allora, se noi .!2!,! chiedevam o, potevamo chiedere: la differenza
tra il pensare e quello che pensato, da che parte sta?; allora,
finalaent e poesiamo dire che questa domanda la posso fare percM
Baruch_in_libris

81

era Yere.aente poeto male; poeta male significa che questa domanda in realt eta a significare 11 fatto che non sono riuscito a
pensare la differenza, perci posso domandare coe\, cio perci
poee? chiedere la differenza da che parte eta? tenendo presente

che

~~!l!l.do

chiedo la differenza da che parte eta?, pre!Jl..zmo di pote~e :iiedere qu~lcoaa nei confronti di neeeuno, ~e~~h~ non sto
chiedendo la differenza tra il pensare e il pens'!.l'e, non sto chiede~d~ la differenza tra 11 pensare e quello che pensato, perch~
111 d1!'feren7.a tra il pensare e quello che penee.to ":'le l'hanno
~esPa in testa appena ho cominciato a far filosofia.
L~ altri termini, appena comincio a far filosofia, ee~bra
fatale sapere questa differenza, cio sembra fatale dimenticare
che la differenza il risultato di un trasporto dina~ico di cui
il pensa.re capace, prima di essere qualunque cosa essa eia per
gli altri, essendo quello che , soltanto per s; perch quello
che ~i interessa della differenza non per niente quello che intere~sa la differenza per s stessa, quello che mi interessa della di~!erenza ~ ci~ per mezzo del quale io usando la differenza,
posa~ dire che l'altro altro; percib mi serve la differenz~ e
perci, servendomi la differenza, io serTO me eteeeo; eervo me
stesso perch~ da questo punto di '1ista il gioco del verb~ se noi
l~ trasferiamo fuori dal suo ambiente radicale, ce lo giochia~o
negli ~~biti storici e contingenti per cui il gioco d~l Terbo di'~:.t~ :1 gioco delle cose, non dei verbi, e dell~ cose come no~i,
il gioco dei nomi. Per questo, appunto, la differ~nza mi serve
in quella maniera proprio perch non mi interessa per s ateeea,
mi in~ereesa soltanio perch io possa capire (si dice sempre cos) l'altro, nella misura in cui capire l'altro significa tonda.Mentalmente serTire me stesso; l'altro lo capisco e ho tanta filosofia in tasca da potere fare conferenze millenarie, cio posso impiegare mille anni, un secolo, quello che eia, per tare Wla
magnifica conferenza attraverso la quale mi conTinco, Ti oonvinco
Baruch_in_libris

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che io sono vera:nente convinto che gli altri bisog!la capirli; ta


to, capire gli altri eignifica
in

~:.ianto

fond&~entalmente

per gli l'\ltri uso tutta la

c~:paci t~

servire me etesF

di astrattezza e

stesso riser
"IO 't""~ttn la ne-:easit~ di serVizin i Cili ho bi!'1e>gn:> perch io e!'!
!"tO ;n -:ues~O s~nFo, il gioco del Ve?'-1".> ".J.'1 !;iOCO pericoloso
perch, tr~sfE"rit~ fuori da e, diventa il eioco delle cose, il
~io~o ~~~ nomi; ma in realt, n~punto, da queeto punta di v1.sta,
cc~~ E~ noi nnscessimo allA filosofia gi preconfe~ionati, gin
mo:~i; :pe:-ch :1ie;nifica nascere alla filosofia A. quE"eto moo per
i l '.\'J'llfl de!>bo <'lir.i.enticare la 1.ifferenz3.: e proprio perch la de
'bo !i.i~enticare, la differenza 'Per sf. stesea, la debb,, trovare negli essere differenti, la debbo ador~e, ~a"'1ificare, dimo9trare
negli teeeri di.ffereriti; ma la differenza per sJ non la posso ad
re.r~, di~ostra:-e, R quest~ maniera esi~te~ziale, perch la diffe
renza per ~ un gioco sottilissimo attraverso il quale allora
capi~co c~e qu~ndo mi sono chie~to, ~ua~do ieri chiedi8.111o cr~ccir
~o l~ Agr~-n.~ati~atur~ temporale, con~et~~al~ente per ftssenziale
~Ull..'1~~ ieri chiedi'U:lo, quando rim!Uli~~o !ermi, incatenati al pa~
PIBto di cui siamo incapaci, non eeaendo capaci ee non di questo,
c~iaro che ~llora l'unico presente di cui ho bisogno questo,
e ~llo~a dici~~o pur ragionevoL~ente ~ sincera.mente quando ieri
~~' pa:-ci1~ si ~o capaci di chiedere solo perch siamo sempre ~ 1~ ~~e~to punto di vista. Allo:-~t quando .!!.!:.!. chiediamo
da c:"l'! p~te ~;tA. ll'l .J.ifferenz~?, la verit che cerchiPlmo di re1
derci conto che c' qualcosa che in que~to gioco non funziona,
perci) do~ando, ~er questo faccio la domanda; TOglio aire, 4& qur
eto :?'..t..9ltO 11 vist!l, verl'llllente la domanda inf'antile, nel senso
torte della parola, la domanda ~ non-p!U'lare, la domanda a1gnit1~
ca non essere capaci di parlare, neanche di pensare, perch 41
questo non c pi~ neanche problema, perch l'infante vero ~ infante vero perch~ nessuno di noi gli pu mettere addosso 11 prodi

dialog~

di cui sono capace, mentre invece per

Baruch_in_libris

~e

83

blema di pensare o di non pensare, perch l'infant e vero non


nessun pensare possibil e perch tutto ci che il mondo perch
gli entra da tutte le parti, e perci infante veramen te; per
cui se il pensare del bambino , esso il suo respirar e assieme
a tutto il mondo che qualunqu e cosa assieme al bambino. E noi
che sia~o adulti e specialm ente oggi scienzia ti di tutte queste
question i, scienzi ati, come siamo tutti di questi tempi, di scienze u:nane, sappiamo tanta di quella psicolog ia infantil e e non,
evolutiva . e non, che potremmo metterlo a posto questo discorse tto del bambino, per cui giusta.i~ente diciamo che non possia~o chiedere ~ll'infante di pensare. la domanda ~ verament e ini'antil e perch signific a questa sorta di infanzia radicale che riguarda in
qualche modo il pensare perch l'unico modo che ho di parlare
fare l.Ula domanda per la quale non aspetto risposte ; ecco perch
la domanda verament e infantil e, per cui verament e un non-parlare, un non-dire che da questo punto di vista per questo non
deve avere risposta . E dobbiamo anche dire che da questo punto
di vis~a, se ci chiediam o: e allora (la domanda classica ) che cos' filosofi a?, o ancora: ma la filosofi a teoretic a che cos'?
Allora noi dovremmo riconosc ere a questo punto che non siamo neanche pi capaci di infanzia ; perch la realt che quando facciamo queste domande, e queste domande sono le domande capitali , e
io potrei ribatter e che sono le esecuzio ni capitali , non le domande capitali , domande capitali a questa maniera, dunque, come 'che
cos' la filosofi a', 'chi sono io', 'dove vado', 'donde vengo',
e in questo senso stiamo sempre a cercare posti, come se fossimo una specie di tregenda , non nordica, mediterr anea, e quando
la tregenda non nordica ed mediterr anea, le streghe diventano fate e i maghi sono tutti come mago Merlino, tutti buoni. Ma
allora perch in questa tregenda ci accordiam o tutti, in maniera
stranissi ma, paradoes ale, a cerc!!lre i posti? I posti, per cui chiediamoi dove sono? dove vado? donde vengo? E non ci prende il eogBaruch_in_libris

84

spetto che la faccenda banalmente comica, perch ce la immaginiamo sul serio una folla. di uomini in un universo che vive, lavora, ma..'l'l.gia, vive, ama, soffre, e mentre fa tutto questo, ha questo motivo dominante? E' un p kafkiana la faccenda (ma in Kafka
l'o'

il discorso molto pi serio). Dico perci: non unY'Comica la


faccenda per cui stiamo tutti l in folla tr~ di noi, a chiederci dove andiamo, donde veniamo e cos~ via, e L1tanto a imenticare che siamo una folla tale per cui a un certo punto ci prendiamo a spintoni, a gomitate, spariamo, impicchiamo, fuggiamo, abbiamo paura, abbie::no coraggio, e per continuiamo affannosamente a
chiederci o tutti pensano che continuiamo affannosamente a chiederci: ma dove siamo? dove anda~o? donde veniamo? E se invece
d chiederci i posti, ci chiedessimo invece: come camminiamo? Cio
se dovessimo sul serio fare do~ande, su questo piano, una domanda che io potrei capire sarebbe la seguente: dato che io sono qui,
dato che sono un ente esistente e il mio luogo la mia esistenza,
bella o brutta che sia, dato che sono qui, come ci sto? In che
modo ci sto? E io potrei capire questa domanda perch capire questa domanda significa che il ba~bino finalmente diventato adulto, ed essendo diventato adulto, ha capito ci che quali.mque ciabattino capisce quando fa sul serio bene il suo mestiere, perch
ha capito che non ha bisogno di nessuna filosofia per sapere ~
me sta, cio per sapere in che ~od.o st~ nel posto S'.lo; a meno che
non pretendiamo di mettere su tm'accademia di filosofia per i ciabattini o per i contadini o per i professori di filosofia, perch
il ciabattino che esiste ancora in un certo senso un personaggio abbastanza importante, oggi, perch le toppe che mette nelle
scarpe si vedono e non pretende di fare nient'altro che questo,
cio mettere toppe; ma se io faccio il professore di filosofia
come il ciabattino fa il suo mestiere (cercando di non fare vedere che faccio il ciabattino) io metto toppe, per non le faccio
vedere come toppe, oltretutto perch non ho la sc!l.rpa sformata
Baruch_in_libris

85

in mano, ho in testa i miei pensieri, le mie filosofie, le ~i=


storie, i miei bisogni. Se dovessimo fare doml'l.nde sul se:-io,
faremmo queste domande per cui chiediamo: come sto in quel :pos":o
che la mia esistenza? Ma fare sul serio queate domande significherebbe che riusciamo finaL~ente a capire che di filoeo~ia n~~
abbiamo bisogno, perch n ne viviamo n ne moriamo; per cui i:
discorso chiuso da questo punto di vista. Quando ~ ::l'~
!!!2_: chiedere ieri significa appu.~to questa domanda fondamenta:e
da che parte sta la differenza'? Ma questo significa comprende~e
che domandiamo in quanto questa domanda radicalmente infa~: ti:.e,
cio un non dire. E allora non debbo rispondere. O potrei c::;::!inciare a rispondere: la differenza sta dalla parte ... ; e se dove~
si concludere la risposta, dovrei dire: l~ differenza eta d~ll~
parte di s stessa. Ma quando ho risposto cos, ho eliminato ~uel
la domanda e ho cominciato a pensare; quando ho risposto coE,
ho cominciato a pensare, sapendo che intanto continuo a penEare
da secoli, continuo a pensare da prima di quando ho cominciato
a pensare, continuo a pensare mentre comincio a pensare, con tin.ter a pensare quando sono ancora fermo a cominciare a pensB.?'e. Sono una sorta di eterno cominciante a pensare, perch~ co~e se
dovessimo dire: io rimango sempre un cominciare a pensare perc:~
quella risposta a quella maniera, eio la risposta secondo la 1uale la differenza sta dalla parte di s stessa, mi inchioda, ~i
inchioda al cominciare, mi ferma nel cominciare; e starei ,~r di-
re: ~-~ fe_:ryi~--~e-~ -~~n_cipi~ al pri!':~:!-P-!?_, quasi come se dovess:i.!ll:>
cercare di continua.re a pensare diversamente da come continuo a
pensa.re sempre, in modo tale da calare questo continuare a pe~ea.
re, da tirarlo gi dai cieli delle sue scienze per ridurlo ad una
scienza fondamentale che sia quel continuare a pensa.re che den-

'------------------ ...

-~o_?:_'!__C:~~l:'.~S.:~-

_!t_ J>8n!'~8. ._

E per fare che cosa a questo punto,

per fare la scienza del principio? E la questione si dissolve subito perch la_scien~.?~1-~incipio eo::i~-!~ cio la scienz~ del
Baruch_in_libris

86

principio colui che sciente del principio, perch l'esistenza questo essere sciente del principio, non questo acire il principio, ma questo essere sciente del principio, per cui e per ora:

ma

allora~'pe~.

sente

quel che riguarda la seconda domanda, dove pre-

~.tL"lfL~ito,

dal pensare a quello che l'essere pensato l'i."lfini to dove ;prese~, si potrebbe dire che la risposta e'~,
perch :

'i~i!li to

:p:resente in quel luogo dove cl)_lui__ ~}le_ s ien-

te del nrincipio; .e... torniamo al punto i~iziale: l'esistenza, a


quel punto iniziale che fa subit~ fine, perch del mio essere sciente del principio, la fine sono io, e non come trattato scritto,

ma come scienza vissuta, cio come l'esistenza che io sono tranquillamente e quctidiana~ente in ogni momento nel quale vivo a
livello di esistenza, e quindi indipendentemen te da ci che penso e anche in certo senso, si potrebbe dire, da ci che sono.

Baruch_in_libris

ELISIONE DEL PRINCIPIO E PO'ISNZA

INO~TTUALE

Dal punto di vista del continuare a nensare, cominciare a


pensare come se fosse un punto paradossale rispetto:' al contin.H1re a vensare: nel :nomento nel quale peneia".'.lo il continuare a pe".~' infatti, come se dovessimo pi< propriamente p~nsare che
non possiamo pensare il cominciare. D'altra parte il continuare
sembra attestarsi su s stesso perch l'essere conti!mare in
qualche modo l'avere abolito il cominciare. Hel mor.lento nel quale continuiamo a pensare, e lo facciamo rispetto al punto paradossale che il cominciare a pensare, se riusciamo a pensare il ~
tinuare a pensare, abbiamo il problema elementare di comprendere
come riusciamo ad estrarre, non ad astrarre, il pensare dal continuare a pensare; cio: nel momento nel quale pensiamo il continuare a pensare, il problema comprendere da che cosa estraiamo
il pensare.

E' chiaro che continuare a pensare equivale a pensare il


continuare a pensare, per cui il problema di enucleare o di ro~
pere il siste!lla globale nel quale il contL>J.'.l!lre a pensare . J..:nc0ra: continuare a pensare significa che il pe~e r~mane, ~
1,_.tU1 oggetto :leterminRto; significa pi propriamente riu!;>cire a
conpren1ere fondamentalmente che il nensare riesce a rimanere,
non ad essere, il termine di fronteggiamento del suo stesso moVimento.
Dal punto di vista del continuare a pensare, il pensare riesce ad essere principio di un annullamento a quel livello nel quale un principio come questo riesce ad essere tale verso il pensare, per il che questo stesso starebbe al posto del pensare stesso in termini tali per i quali un principio come questo finisce
per essere principio di Wl annullamento del pensare stesso, ma

Baruch_in_libris

88

per mezzo di ci che il pensare stesso effettua.: che tutto ci':-

che il
e~so

contL~uare

a pensare effettua non

co~e

le conoscenze che

effettua ma come il sistema delle conoscenze.

Va anche chiarito che continua.re

signific~

l'esercizio dei

vincoli che legano i termini fra. di loro; i:!'l questo senso ".!_lesto
annullarr.ento del pensare esso stesso in ci

c~e

a pensare effettua come esercizio dei

vincolati "tra :ii

loro: i l pensare

te~ini

il

continua~e

dunq~~Ld!!_l __p~t<>__gj__ vii!tU_eL.Qgntinua.~e

~' pr inc iP_~_o_ di_

a P"n-

ti?_ ~nn~~~~en to di s-~~_!,'.3._E'_?__ ~l1 quello c:r.e

~s-~~~~-~-~E!~ e_ff:ttu'=-'--~ _C:~()~. ~e_J,___::;istema de :!.le cono~-~~nze.

31 tratta non gi delle conoscenze

sistema che proprio delle conoscenze,

co~e
~a

t8li e nem:ner.o del

del sistema delle

~o

noscenze in quanto proprio di s stesso: in quanto cio sinossi


~!'~2l_~iPi()_~-~~l.~~--_f'i?l!_,_~~-~tema _?Om~.!~r:n_a__ prO_E}'.'i_a del ~

nuare a pensa.re. t.ttraverso questo, per mezzo di ci che il continua.re a nensare effettua, un sistema l'annullamento del pe~
sare, per cui,
questo

co~e

scienza,

ogn_~ci~nza

annullame~t.D...._Jl.er..~si

il ter:nine al

~u~le

potrebbe anche sostenere che il

pensare annullato in ci che esso effettua come continuare, quasi a intendere che scire una necessaria di~enticanza del pe~sa
re).
Scie:!'lza nasce cos da quel termine nel quale essa stessa
arriva a se'. "'tessa dal pensare come continua.re; ci che essa ~
come la scie~za, l~ scienza vincolata, vincolata nel suo stea~o

principio in

~odo

tale per cui la scienza , perch inizia~en


te deve, perch inizial:nente doverosit (alla stessa maniera
---- --------- - - - - - - - - - - - per la quale tutte le scienze, ~oprio_ p~ch scienze, sono u.':!a~ e sono u:nane perch hanno questo inizio che le fa essere, c~e

un inizio ~

D'altra parte legare lo sviluppo delle scienze a quel m~~en


to iniziale nel quale le scienze sono perch scienza, come
ee costringesei~o le scienze ad invertire il loro progresso; per
Baruch_in_libris

89

cui il progresso delle scienze ci che le scienze storicamente


pagano in quanto, per sapersi scienza, sono costrette ad invertire il loro stesso sviluppo. In questo senso le scienze in quanto
obbligai-e ad un costume interno che le fa essere scienza, sono
obbligo che le fa essere fino al principio; e dunque il loro
costume consiste nell'obbligo della scienza che quello di prenaere atto dell'annullamento del pensare, o del pensare annullato

"J.11

in ci che esso effettua..


continuare a pensare; II - sistema delAbbiamo allora: I
le conoscenze; III - le scienze fino alla scienza. Ma questo stesso rimane fermo alla necessit di riuscire a ripercorrere il sistema delle conoscenze fino a bloccare questo percorPo all'origine in colui che sia sciente del principio. L'essere sciente del
principio come se obbligasse il chi sciente ad essere qualcocio a diventare qualcosa per ci che lo conosce. Chi sciente del principio la stessa esistenza, qualcosa come esistenza per cui: l'essere qualcosa come esistenza in quanto sciente
del principio significa che avere il principio come termine di
U."10 scire a questo modo, essere vincolati al vincolo del prin-

~'

cipio e del termine ultimo. Il chi sciente cos obbligato ad


essere qualcosa, a farsi essenza; ma questo accade solo perch
al principio c' lo sciente del principio: la scienza nasce per
lo slittamento di qualcuno verso qualcosa, del 1ualccmo verso l'essenza. La. determinazione dell'essenza, il diventare essenza non
l'essere-essenza, o l'essenza, ma diventare essenza determinare un movimento attraverso il quale l'essenza arriva a s stessa
il
mezzo del diventare, mediante un diventare
per
_______ - e_lidere
---- ---che
----------principio. In questo senso possibile conoscere l'uomo nella sua
Chi ----scienessenza soltanto mediante l'elisione del princinio.
.... -- ... -...
---~----

.,

-----

~!-~_e]:_ :P!_i?C'.iP1=_<>. ~ ~a_l tra parj;e, da~_ prllcipio non pu uscire e


p~_::_~!? E_()?! _L-~'u_omo :b-vece non che non : esiste.
Dall'essere sciente del principio al suo esistere, c' di-

Baruch_in_libris

90

stinzione? O l'esistere fa le veci dell'essere? _L'UOJ!!9__ ~~~i:;t~-~~r


ch al :prL"'lcipio della_~ua esisten_z.a c_'___ l'_l?:Li_f3ion~ _del pr~11cipio
Si esiste e. condizione della elisione del principio, anzi si potre~be

5ire: al principio c' l'elisione del principio. Evidente-

mente; el ~i~cjjl~~~--~~~1:...~?~()_l_l_!;1del ':lrincipio_dal n~_!()__ dJ yista :~ll'eaistenza. ._Ora q,uesto tipo di situazione, r0n di problema, in ve:-it una situazione che per diventa problematica, perda~

punto di vista dell'esistenza al principio c' la elieio1'e 'lel principio, come-se noi riconoscessimo che al principio l'elisione del principio la condizione necessaria per la
ch, se

quale q'ialcosa arriva all'esistenza. Questo discorso problematico perch si potrebbe aggiungere: in verit ~-'_e_eistenza per essere non ha bisogno dell'elisione del principio. Sto dicendo: l'esistenz~ per essere, non: l'esistenza per esistere; l'esistenza
per essere non ha bisogno della elisione del principio, tenendo
presente il fatto fondamentale che l'esistenza non che non ,
nel senso del di9corso fatto dal punto di vista dello sciente del
prir.cipio. Lo sciente del principio non che non , esiste. E
quinii si potrebbe dire: in fondo dall'essere sciente del principio a11esistenza come se lo 9litta.mento in un certo senso si
preoccupasse di nascondere il passaggio o il non passaggio attraverso l'essere. Allora: l'esistenza, da questo punto di vista,
per essere, non per esistere, tanto non ha bisogno(della elisione del principio) che come se avesse bisogno della elisione del
principio nel senso diremmo cos addirittura assoluto per cui questo bisogno in fondo una sorta di non necessit di ci per cui
il bisogno bisogno Se l'esistenza per essere come se avesse
bisogno della elisione del principio, per cui appunto questo avere bisogno in fondo significa questa non necessit assoluta, radicale della elisione del principio, se noi diciamo cos noi stiamo facendo divent!!.I'e o

stiam~

scoprendo come problematico ci che

problematico non perch da questo punto di vista l'esistenza

Baruch_in_libris

91

per il fatto stesso di esistere fuori problema, senza problema, anzi, tanto senza problema che il suo essere non n l'essere che riguarda l'essere, n l'essere che riguarda l'esistere,
ma il suo essere dalla elisione del principio, o meglio, il suo
essere un modo di essere attraverso il quale l'esistenza come se fosse posta al principio in quel modo per cui l'essere posta al principio significa che al principio l'elisione del principio serve all'esistenz a attraverso l'essere come essere posta
al principio dell'esisten za. Ma tutto questo diventa problematico, tutto questo ci fa scoprire qualcosa che non funziona in questo tipo di ragionamento , o meglio, tutto questo ci fa scoprire
un appiglio dissonante, una sporgenza dissonante; in questo ragiona.mento in realt sussiste un appiglio dissonante con questa trama di questioni attraverso la quale questo appiglio dissonante
significa: in questo ragionamento c' una situazione che pu diventare problematica o che pu essere problematizz ata, ed la
situazione che l'esistenza o non o e non , dal punto di
vista dell'esisten za rispetto al principio come elisione del principio; rispetto a questa situazione, rispetto a questa trama d
rapporti, di relazioni, di riferimenti, tutti coinvolti nell'esistenza c' un appiglio problematico , cio spJrrge qualcosa che in
un certo senso, diciamo cos, rompe la situazione, rompe la trama, e il qualcosa che sporge il principio; la sporgenza, da questo punto di vista, o, si potrebbe dire, il problema, che dallo
stesso punto di vista dell'esisten za pu essere unicamente e radicalmente problema, proprio il principio. E dunque, dal punto
di vista dell'esisten za, noi riusciremmo a guadagnare il principio come problema. E io vorrei dire che, dal mio punto di vista,
questo pu sembrare un grossissimo risultato, e talmente da essere inteso come risultato sensazionale da un altro punto di vista,
che il punto di vieta dell'esisten za o il punto di vieta di una,
diciamo cos, regolamentaz ione, di una organizzazio ne corrente

Baruch_in_libris

92

dei problemi filosofici per cui si potrebbe dire che sia:no riusciti a guadagnare, a conquista.re, a catturare il prL"1cipio come problema addirittura dal punto di vista dell'esistenza, ovvero, addirittura dal punto di vista di ci che per se stessa sembrerebbe non gi senza problemn ma addirittura senza proolema in rapporto a qualunque problema possa essere il principio. Questo non
~

dicicorso sensazionale, n un risultato; i:r. altri termini:


non serve che il principio venga catturato dal pu::to di vista del1 'esistenza; non serve, significa: teoreticamente, che il princi-

pio possa essere guadagnato come problema dal p.u1to di vista del1 'esistenza n serve al principio n serve in ter""!!ini radicali,
percnt> non serve addirittura nemmeno all'esistenza; perch non
che a questa maniera l'esistenza o esiste, ton che, perch
l'esistenza riesce ad essere il principio di, diciamo cos provvisoriamente, il principio di determinazione di un 9roblema o del
problema che addirittura riguarda il principio, abbiamo conquistato o abbiamo determinato radicalmente il proble~a del principio
o il principio come problema; perch in realt questo discorso
non serve ne!llllleno all'esistenza, perch stiamo conq~istando il
principio come problema, come sporgenza, come ele~ento dissonante dal punto di vista dell'esistenza, esattamente ~erch l'esisten~a

tutto ci

c~e

in modo tale per cui l'essere problema del

~rincipio

non serve all'esistenza. Anzi, si potre~be dire meglio


che in fondo attraverso il principio come problema l'esistenza

libera se stessa dalla eventualit del rapporto diretto ed immediato al principio. Questo il punto, allora: attraverso la elisione del principio, o meglio, ci che il principio nella sua
elisione, nel suo essere eliso, sta a significare questa l:l.bert.
radicale che l'esistenza dall'evento che la pu riferire al principio direttamente. Per cui, in altri termini, in fondo non pu
esserci un evento fondamentale che riguardi il principio come direttamente riferito all'esistenza; in altri termini il principio,

Baruch_in_libris

93

dal punto di vista dell'esistenza, problema esattamente perch


il euo essere problema il mezzo per mezzo del quale, il modo
per mezzo del quale l'esistenza libera s dal riferimento im:nediato al principio.
In questi termini dovremmo dire: non che per questo l'esi-

stenza. senza principio; per questo, dovremmo dire meglio, il


principio senza principio; a causa di ci, il principio senza principio; a causa di ci vuol dire: per il fatto che l'esistenza riesce ad essere allora, come.conglobamento interno dentro se
stessa, questo sistema delle cause che esso stesso una causa
fo~~e!l:~~~e

dal cui punto di vista ci che la causa fondamentale , nel fronteggiamento al principio, l'inizio di un discorso che in qualche misura comprende il principio senza principio;
perch comprendere il principio senza principio significa comprendere che l'esistenza ha quel suo principio per mezzo del quale
il principio rimane senza principio, per l'esistenza; perch ap..
punto se il principio non potesse rimanere senza principio per
l'esistenza, il principio dovrebbe ammettere di passare attraverso la causa o attraverso le cause fino all'esistenza.
L~ altri termini, tutto il discorso delle cause un discorso unico; il discorso delle cause non lo possiamo fa.re, o meglio,
il discorso delle cause non pu essere un discorso attraverso il
quale le cause sono pi di ci che la causa , attraverso il quale noi dovremno ammettere, pensare che le cause sono pi di ~
che la causa . Cio: le cause non possono essere pi di ci che
la causa . Il che significa: dunque le cause sono pi, ma sono
pi in rapporto a questa impossibilit di essere pi di ci che
la causa ; il che implica un discorso pesante,

perch~

la plura-

11 t delle cause non finita in se stessa finita nella causa,


la pluralit delle cause non ha fine nella numerazione che le eauee possono subire, anzi, al contrario, possiamo oltiplicarle al1 'infinito, le cause, ma moltiplicare all'infinito le cause vuol
Baruch_in_libris

94

dire una numer azione che ha fine non gi nella impo ssibil
it di
porre tm termin e fisso alla numer azione stessa , ma nella
impos sibilit che questo sia rispe tto a ci che la causa . Ma
allora ;
tra ci che la causa e le cause che sono pi, dentro
se stesso ,
ma appun to non potend o essere pi rispe tto a ci che la
causa ,
c' una sorta di crisi oscur a, un passag gio oscur o, per
cui potre~
mo pensa re che questo passa ggio oscuro il passag gio dal
quale
al quant o, il passa ggio dalla quali t alla quant it? E
sarebb e
il giuoc o con cui noi potremmo tranqu illame nte batte re
Arist otele con Hegel ed Hegel con Arist otele . Ricord iamo il fatto
che noi
possia mo discri minar e conce ttualm ente una impos tazion e
di disco rso filoso fico (e siamo su questo piano rispe tto al punto
di 'Vi.sta
del rappo rto alle cause nel loro disco rso fonda menta le)
batten do
l'una con l'altr a, renden do contro -legge , in senso direi
quasi
legal e, forma le, batten do contro la regola intern a del
pensa re
una impos tazion e con l'altr a a second a del fatto che noi
pensi amo la quali t prima della quant it o che abbiamo pensa
to la q'..1.antit prima della quali t; o, in altri termi ni, a secon da
del fatto della impos tazion e di carat tere trasce ndent ale hegel
iano, c~e
vuole la quali t prima dell~ quant it, invece della impos
tazion e
class ica arist oteli ca che vuole la quant it :prima della
quali t,
o megli o, che ha teoriz zato il disco rso in termi ni tali
per cui
da Arist otele in poi il disco rso classi camen te slitta
to fino
a Kant in quell a manie ra per cui appun to la quant it
prima della quali t appun to perch 1 ae le cause sono finite , l'esse
re finito delle cause che fa da quali t alla causa . Ed in questo
senso avremmo che dunqu e la causa , per saper si, si pu saper
e come
calco lo som~ario delle cause ; ed in termi ni imme diati,
icast ici:
il quent o "Princ ipio del quale . E si potreb be fare un
altro ra.-

~~~~-~to ;;;~~;str~--ll~ontrario: se l'esse re finito


delle cause che fa da quali t alla causa , ci che fa esser
e la causa causa indipe ndent eMen te dal suo esser e finito la
quali t,
Baruch_in_libris

95

dunque la qualit

il principio della quantit. E ci perj!a~o


a questo punto fra Aristotele ed Hegel? ~ cio: il disc~rso attr~
verso il quale dobbiamo renderci conto del ~odo per ~ez:J del quale l'esistenza arriva a se stessa, per mezzo del quale pe~eare
o conoscere la causa significa pensa.re o co~oscera il ~-i~~ipio
per ~ezzo del quale conosco qualcosa che , questo disco~so condannato fatalmente ad operare una navig?..zione di picc0lo ~~oo~ag
gio fra gli 0llfratti della gr-otta aristotelica e di que::a negeliana. Ma questo avere perduto i contorni reali delle questiona perch noi ondeggiamo tra qualit e qua~tit, tra Ari~t)tele
ed Hegel, nella misura in cui ondeggiare tra Aristotele ed Hegel
significa che il rapporto tra qualit e qaantit un rapporto
davvero assai problematico perch il posto che la qualit e la
quantit hanno o non hanno pare che decida in un certo se~so se
io parto dalla qualit e in un certo senso se io parto dalla quantit tanto vero che se leggiamo Hegel, leggere Hegel significa
in partenza accorgersi di questa sorta di rivoluzione radicale
che Hegel ha compiuto perch Hegel ha messo la
tura ed impostazione di discorso.

~ualit co~e

aper-

E torniamo al discorso che stiamo facendo: i ter.ni~i di questo discorso sono davvero posti sul serio, da questo punto di vista? Cio: dobbiamo ragionare la questione ~n termini tali per
cui si tratta di sceeliere il posto della q~alit e della ~uanti
t? quando il punto di partenza il seguente: le cause non possono essere pi, in rapporto a ci che la causa , non possono
essere pi di ci che la causa . Questo sta a significare che
tra la causa e la causa, non tra la causa e le cause, tra la causa e la causa, c' qualche cosa che divide la causa stessa. Perch anche nella sua formulazione direi cos letterale c' una sorta di discrasia anche formale del discorso perch se appunto possiamo dire che qualcosa che pi, tale in rapporto a ci che

ci che , come si

~one

il rapporto? Certamente non


Baruch_in_libris

co~e

altro.

Esemplific hiamo per chiarire Posso parlare di pii'.! uomini


in ra9porto a ci che l'uomo ? Qualunque cosa l'uomo sia, ci
che l'uomo rispetto al fatto che gli uomini siamo pi? Ma siamo pi come? Siamo pi di ci che siamo~ O diciamo tanti uomini
por dire i.m1ani t? E quando diciamo u."!lani t'.'t non che diciamo 1 1 uomo? Quando diciamo tm1ani t3. voglia<no dire, vogliamo conglobar e
( e sarebbe il discorso aristoteli co) le cause finite; le cause
possono essere soltanto finite non pe!'ch hanno un compiment o,
--- --- ma perch esi s~-~- un~-_p~!~~a__~;i. _.9_l'Cl~irrie11');_9_ aJ_!r-av~rso la quale
numerate, nel senso che le cause sono perfette,
-le cause vengono
----- - ---------------------------------------~--~-----------------------

---

-- - -

-------

--

e perci
cause.
---------sono
--------- Le cause hanno unt'l perfezione propria per
mezzo della quale perci fanno da principio , diversame nte la causa non avrebbe discorso filosofico , secondo Aristotel e. Allora:
quando dico umanit, invece di dire pi uomini in rapporto all'uomo, e dico umanit in rapporto all'uomo, dicendo u~anit non
sarebbe in certo senso come dire: tutti gli uomini che siamo pi,
qi_tanto :pi siamo, identicame nte siamo ci che conosciamo o pensiamo o che immaginiamo come lt111ani t? Allora dovre'!llllo dire: fra l ' uomo e l'umanit , l'U!!lanit non ci che pi (che quello che
) che pHi di ci che l 'uom0 ; per cui in un certo senso d
discorc0 ed in certi ter~L,i di conoscenza (nel senso del discorso che si interessa al principio dal P'mto di vista per ora del1' esistenza e in certi altri termini di discorso che sono invece
i termini gi esercitat i dall'esist enza stessa) per evitare questo dilem:na angoscioso tra l'uno e i molti, in fondo ce la caviamo dicendo che l'uno ci che in qualche misura significa ci
per cui ci che quello che , perch l'uno vuol dire la immol:t_iplica~ili t proJ?r~a; l'uno non vuol dire l'uno rispetto a dieci, 'YUOl dire la propria stessa immoltip licabilit. E allora l'uo~o, nel momento nel quale viene pensato come tale, sarebbe l'uno, e cio: non posso pensare le cause come ci che sono pi rispetto a ci che la causa ; perch come se stessi dicendo che
Baruch_in_libris

97

la causa la propria stessa immoltiplicabilit, dunque non ammet~


te di essere~ cause. Ma le cause, se sono e quando sono, come
fanno ad essere non ci che sono, ma la moltiplicazione di ci
che immoltiplicabile? E il discorso ei pu porre in termini tal~ente paradossali per cui non vero che il diverbio tra l'uno
e i molti; il diverbio tra __l_'~~--e 1~1:ll,l~_; la crisi (nel suo doppio senso di divisione e giudizio) la crisi, l'intervallo interno
che tale perch c' qualcosa o qualcuno che giudica e che giudicando taglia (per questo crisi e, poi, divisione) la crisi
nell'uno, direi cos, per l'uno; in altri termini la crisi nella causa per la causa stessa, perch se noi diciamo che l'uno,
per essere ci che esso , la immoltiplicabilit di se stesso,
stiamo dicendo che c' qualcosa attraverso il quale io posso non
pensare l'uno, e addirittura non qualcosa attraverso il quale io
posso non pensare l'uno come uno, bensl attraverso il quale io
posso addirittura non pensare l'uno.
in realdell'uno
la ---immoltiJ>licabilit
Allora ......__
- -- - o della causa
------ -
~------~--;_

---

------

--

t sta a significare che c' una

possib_~!-i_1; ~~tT_a__:!E!ri'lO

la quale

io :posso_non pe:risare la ca'll,sa, per cui in realt la impossibilit delle cause come pi di ci che la causa sta a significare
11'1 possibilit che io ho o che io sono di non pensare la causa
1].

come tale; e tutto il discorso si va ridimensionando in senso radicale perch la verit che io non devo scegliere tra qualit
e quantit, io non debbo scegliere tra Aristotele ed Hegel, perch il problema non quello del posto che la qualit pu avere
rispetto alla quantit o viceversa, perch se il problema del
posto noi allora dovrelll!!lo ammettere che la causa il luogo della sua interna numerazione, e la causa come il luogo della sua
interna numerazione sta a significare che

q~ando

io voglio nume-

come princima ho Selll!!lai la --causa


la causa non ho le- -- cause
rare
----- - - - - ------ ----------- -- - - - --- - ---- -pio o la causa come forma, cio io ho la causa come principio,
-

da questo punto di vista, della *1-ascendentalit in assoluto.

Baruch_in_libris

98

Il discorso un altro radicalmente: se vogliamo numerare


la causa numerare la causa significa questo interno luogo che la
causa dentro se stessa, per cui numerarla significa pensarla
~~e_!ld_? _ essa causa come principio; ed essendo essa questa causa
come principio, come forma; e come principio e come forma diciamo cos indifferentemen te, ~enz~--~~ffe_~~~; come principio e come forma, come principio e come forma, come principio che pu diventare forma, come forma che per essere forma ha bisogno di essere principio, e quindi, da questo punto di vista, come principio unico di trascendentalit ; per cui la numer.Jl.Zi.Qile__._elJ..a _causa sta P.~!--~---~.!~!.~-~ca~ -~-<:li~~~~l3Q__:;i_g_n:t;a:t;Q_,__!~--cau1:1a come rna~~-~~-L-~?.~ _rn_a_~~-:x:;~_t>:r_Q.Pr_j,.a, _.l~ ~asCI. ~-()ID! _imma~~nte !llateria proJ>I'i!!L.tanto vero che.- se noi cos non pensiamo e cos non pensando, conosciamo, il conoscere che cosa conosce? Voglio dire: se
noi non riusciamo a pensare la causa in questo suo interno luogo,
in questo suo essere internamente luogo a se stessa, per cui numerarla non significa farla diventare le cause, ma significa pro-

---------

~rio m.u~~rarla ~i~~!~~~-- ~~~~~~!.~~--.1'.1-~~~~~

internq, e significa poterla fare diventare come principio o come forma, indifferentemente, se noi non pensiamo questo, non pensare questo vuol dire
da questo punto di vista, conoscere, ma conoscere che cosa? non
la causa; soltanto e unicamente quelli che sono stati chiamati
gli effetti; e gli effetti che cosa sono? Proviamo a pensare gli
effetti senza la causa. Non possibile. E allora che ragione c'
di pensare la causa? Si potrebbe ribattere che la causa per se
stessa causa perch tale rispetto a qualche altra cosa che
sono i suoi effetti. E il discorso sembra reciproco: non possiamo conoscere gli effetti se non pensiamo la causa; e sembra che
sia cosi. Ma gli effetti non sono per caso le cause moltiplicate?
Gli effetti non sono propriamente i multipli della causa? Nello
stesso senso secondo il quale tra causa ed effetto ci deve essere un rapporto tale per cui tra causa ed effetto non posso, diciaBaruch_in_libris

99

mo cos, dividere l'uno dall'altra indipendente mente dall'uno e


dall'altra; non posso fare questa divisione mettendo l'effetto
da una parte e la causa dall'altra; direi di pi, non posso fare
questo Giudizio, perch veramente in questo caso dividere cio
giur1icare vuol dire conoscere; non posso co~'1oE:cere l'effetto; e
conoscere l'effetto qui vuol dire!: non pose::> isolare l'effetto
1a cib da cui e per cui l'e~fetto come ci~ che esso ~ come effetto,

indipenente~ente

sia dall'effetto aia dalla cauGa. DiscJrso inverso ma identico: non posso conoscere, non posso pensare
la causa senza conoscere l'effetto, perc~ che causa sarebbe la
causa senza gli effetti? Potendo ragionare in questi termini o

ammettendo questo, noi in fondo stia.-no dicendo lm'altra cosa: la


vera causa ci che ha per effetto questo ragiona.mento ; la vera
causa e cio: il principio veramente efficiente, cio qualcosa
che sta prima d un'altra cosa nel senso che stare prima significa produrre l'altra cosa.
Allora: ci che veramente causa ~ ~uesto modo di vedere
il rapporto tra la causa, e la causa per cui l'effetto quello
che abbiamo detto fino ad ora. E se noi ragioniamo fino a questo
punto noi dovremmo ragionevolme nte ammettere che dunque effetti
ne SOTIO'
non ce ~cio
i multipli
della causa
in:r~?,,lt non sono effet---------------- --- ---- --. .
--~-~! non sono conseguenze tali della causa da essere consecutivi
alla causa, 3ono invece in~r~_:r:itL~'.l._],~_<;:_f!.\3:~.~___!?j;esf3a,, per c.ti "iii
noi dovremmo potere radicalmente non distinguere tra causa ed effetto, a meno che non dobbiamo riconoscere che la distinzione tra
-

causa ed effetto non una distinzione che operiamo, una distinzione che subiamo. In altri termini: l'esistenza ci che mi fa
fare questa distinzione, e quindi dovreMio dire che l 1~_!3_i~tenza
~~~~~~l!_i~_ d_i _~i _stir:i:_z~cme ~a. causa ed ~ffetto; ed essere il
principio di distinzione tra causa ed effetto significa essere
fuori da questo rapporto, per cui l 'esistenzan on pu essere incapsulata n in una causa n in un effetto; cio l'esistenza non pu
Baruch_in_libris

100

catturer~

se stesr-R nella sua traslatio da qual~he cosa che rispe<;to all'esisten: a sta prima in 1uel modo per cui l'es~'ere prima
in u_.v1 de"';e:""J:ina to modo significa avere come effet"!.; o q_uell' effe'!:to che st".r..::.0 in un determinato modo in l'apporto ~ r:i che sta
'!Jrima. nni ~'.-,i&.:iano ei:;isten::a, appunto perchr~~~te::i'.'a___ ~ __ lina
.E':'mtuali ti'!. a:,soluta, e pro-p!'iO perc}. ~) puntuali t2. assoluta pu
.:':'a!'e r'la -;::-i::-.cipio a;_ iPtinzio:J.e f!''l. causa e:l e:fetto, ed :,, puntu<'-lli t ss;;Jluta non per virt propri<i., ma perc":', attraverso la
elisione d!l principio in fon10 l'eRiHtenza ~ eone Pe poteG~e contemplare c:.j che, facendo da punto paradossale, i. 11oro all'esistenza di <:>r-sere l'esercizio del pu..ri.to paradoss<1.le, cio le. puntualit. :.'esistenza riesce ad es~ere ci che per 0ui i8tingue
tra causa ed effetto e, possia~o dire tranquilla~ente, perci non
mi fa pen2.are, proprio perch mi fa distinguere trR causa ed effett!l pro-:;rio perci non mi fa. pensare, !)erch questa puntue.lit, questE>- contlazione globale irripetibile dentro la quale tutti gli uni '."e!'si esistono in un determinato modo che il modo attraverso il quale l'esistenza ~ l'esistenza che ~; ~a in questo
modo per C'.J.i l'essere puntu'.'ilit dell'esisten za deriva da qualche
cosa p:-opria dell'esisten za? o deriva dal fatto che l'esistenza
a questo p.L'"to si ritrova mcl to poveramente a conte:nplare, non
a pe:!1s3.11e, ::!a a gi.lardare, a f<tre da spettatore o da spettatrice
rispetto

~i

che accade nel rapporto tra ci che comincia e ci


che contin-..la. L'esistenza cos questa puntualit3. tranquillame nte metafisica, banalmente metafisica, perch in questo senso l'-

esistenza per il fatto stesso di essere puntualit puntualit


banalmente metafisica perch di qua e di l da ci nel quale
essa , l'esistenza , perch contempla il cominciare a pensare,
perch conte~pla ci nai cui confronti l'esistenza pu essere tut-

ta

conglob~ta assolut~~ente

distension~

in termini tali per cui tutta la sua


in realt non temporalizza bile perch appunto l'e-

sistenza no~ pareggia se stessa a ci0 che il pensare nel suo


Baruch_in_libris

101

essere

con~inuato,

ma pretende di andare di l da questa estensio-

ne del pensare nel suo essere continuato perch appunto ritiene


o per lo meno cerca di essere qualcosa seriamente soltanto se 11
suo essere qualcosa seriamente significa contempla.re un punto assoluto che il comincia.re a pensare o che ci che il pensare
nel suo essere cominciare a peneare.

Dunque: la liberazione, la libert


-----

----~----

dal prin-

dell'esisten~a

..

cip~~~si~ifica

la sua capacit di conte:nplare qualcosa che comincia, in termini tali per cui questa capacit di contemplare qualcosa che comincia come se allora ci obbligasse o rome se obbligasse il discorso filosofico a dimenticare l'esistenza. Dobbiamo in senso radicalmente filosofico dj~enticare l'esistenza perch l'esistenza che chiede di essere dimenticata; ecco perch
radicalmente non possiamo fare questioni esistenziali. La filosofia ~ all'esistenza stessa la di'.!le~tcanza esistenziale; d1.mque bene che l'esistenza metta l'essere in pace in modo tale
per cui conviene all'esistenza che sia non pensata; u...11a fOr!D.'.lla
potrebbe essere questa: ~1-!__'~?i ste~za im:p_~ns~?i!_fi!_._l!la, l' esistenza ---------talmente
__.P~n.sapi],e
__ da- - non
dovere
essere pensata; l'e------- --.
--- - -sistenza pu essere talmente pensata da non dovere essere
ta radicalmente perch il pensare non

p~

pens~

impegnare se stesso co-

me tale nei confronti dell'esistenza, non perch non ne sia capace, ma perch come se il pensare rispetto all'esistenza dovesse riuscire ad essere veramente pre-potente: notente senza oggetto proprio, o l'esercizio della potenza dovremmo dire pi assoluta che la potenza la quale quello che pur non avendo un oggetto proprio. In altri termini: il pensare in questo senso pre-potente, perch la sua potenza senza oggetto proprio, perch
~-------------------

~---

---------

non ha come oggetto di passione propria l'esistenza; addirittura


possiamo dire che il pensare non ha ne!lmleno come oggetto di passione propria o come oggetto di passione della propria potenza
neanche l'essere, e non avendo neanche l'essere a questo punto
Baruch_in_libris

102

potrem.~o

dire che non c' bisoeno di aggiungere che non ha nemme-

no come oggetto di passione della propria potenza l'esistenza.


E per do-obiamo aggiungere che non ha come oggetto di passione
della propria potenza nemmeno l'essere perch proprio dal punto i vista dell'esistenza che l'essere come se fosse te!luto
nasco~nimento

in chiss quale

proprio, perch l'esistenza arriva

all'esistenza non gi perchP 8, e quindi poi esiste, ma


perch

appu..~to

non che non , per cui non che per

pro~rio

que~to du...~-

que esiste, non che per la capacit


di
abolire l'essere
che
..
1 esistenza eioiste
---------.,
1

ma come
se fosse --------------------
per la capacit?__d_i rendere
----- -------.
--

..... --~-~-----------

l'essere una

parentesi_~ssoluta_per

~-----------------.----

----

ci l'esistenza esiste, ma perci

se stessa, esistenza, e per-

anc~e:

il pensare riesce ad es-

8ere questa pre-potenza rispetto all'esistenza per cui la difficolt in realt non dell'esistenza ma

di colui o del qualco-

sa che riesce ad essere, se ci riesce, questa pre-potenza, cio


questa potenza capace di essere

se~za

oggetto proprio.

Baruch_in_libris

103

VI
DE-TERMINAZIOUE DEL FONDAME:<Xl E Ji'ONDAMENTO ASTRATTO

. 1. -

INFDH'i'EZZA DELLA 03LIQUITA 1 :UI JN RAP?ORI10 i'L'JRIIl'!Oe

Il cominciamento del discorso sussiste perch dispo~e di


quello che risulta essere un elemento fo~damentale: fondamentale
nel senso non gi dell'essere, ma dell'essere gi o dell'esse~e
come base che l'esistenza.
Questa sussistenza per una parte dirige verso l'esistenza,
per l'altra, in quanto sussistenza del co:dnciare, dete!'!llina il
rapporto fra ci che fa da base (l'elemento) e ci che lo sovrasta e cio il pensare e la sua pre-potenza, La pre-potenza e cio:
la potenza di essere senza oggetto proprio, potenza i~oggettuale,
il qualcosa di s del pensare in quanto e ~algrado il pensare,
per la stessa inoggettuali t 21:, potenza ( cr..e non inoggett'..ialit ~ potenza, allo stesso modo secondo il quale potenza inoggettuale non !!:. potenza inoggettuale), sia senza qualcosa.
Il qualcosa di s del pensare dunque in quanto essere senza
oggetto proprio o potenza inoggettuale, un termine che riferisce il pensare stesso alla sussistenza del cominciare; ma l'elemento fondamentale la disponibilit di u..~ essere disposto per
s stesso che l'esistenza. E per la sussistenza del co~inciare
sussiste in quanto il
cominciare stesso
tiene -- ~esente
l'esisten-------------------------------
--.
za come ci~_ I?~~- ~o ~ti_cipa;. per 11 che: dall'esistenza come l'essere anticipato del cominciamento, l'anticipazione non vale per
s, ma per ci che anticipato e che anticipato proprio nei
confronti dell'esistenza.-~~-~~~ se 1~~!1!3ten~a dovesse avere
come termine i l suo confluire nell'e~e an~!__ipf!l!i~ In questi
----- --------termini 11 discorso non procede dunque verso la risoluzione del-

Baruch_in_libris

104

l'anticipnzione: dall'essere anticipato non si passa alla

anti~i

pazione dell'essere; verso l'anticipazione, proprio perch verso


l'anticipazione, il passaggio ai bloccato.
Risptto al

co~inciamento

il fare da elemento il potere

essere anticinato, e tutto questo, il fare da elemento co:ne il potere essere anticipato, l'esistenza. In questi stessi
t.1tto C!Uesto,

questo~,

ter~ini

cio l'esistenza, nel blocco di s,

si trova senza essere: questo trovarsi, non essere, senza essere,


che ~~--s~~-s~~__ ta~t~_logia inter_~a all'esist~.11-~~ costituisce l'unico termine che consente all'esistenza di essere bloccata al
principio. A questo blocco dell'esistenza al principio,

corrispo~

de il pensare come pre-potenza, capacit di essere senza oggetto


proprio.
Rispetto a questa linea di discorso fare un bilancio non
significa poter tenere in parallelo l'esistenza e il pensare, l'anticipante e l'essere anticipato, l'elemento (l'elementarit di
fondo) e ci che lo sovrasta. Parlare di parallelo, far correre
in parallelo l'esistenza e il pensare nascondere

l'~nteresse

a costruire facilmente una filosofia come conoscenza del mondo


e del sopramondo (e oltretutto il parallelo sarebbe subito doppio
perch l'esistenza non confluisce nell'essere e il parallelo dovrebbe riguardare il pensiero e l'essere). Ma il parallelo, se
possibile, non ; infatti l'esistenza non acquisisce solo come

risultato fondamentale quello di non_.~~!3~?:_"_e de-terminata all'essere, cio acquisire l'essere come origine del termine che serve
a- o~i -;~~-~ten~S::-

i essere

che posso pensare come dentro ( immanen-

temente a) ogni determinazione; in quel senso per cui non si concepisce determinazione senza essere, non perch ogni essere ente determinato ma perch l'essere della determinazione il

prL~

cipio per mezzo del quale la determinazione pu essere senza essere per s, ma per tutto ci da cui il determinato .
Sia che sia (gi), sia che sia pensata, la determinazione
Baruch_in_libris

105

serve per s o serve per altro (!lel senso pi''.'. neutro dell'altro)?
Sembrerebbe scontata la seconda ipotesi, perch sembra che pensare la determinazione significhi assumere l'ente determinato, cio
qualcosa

c~e

ha forma nella misura in cui ha rapporto alla deter-

minazione e non a s stesso, sia che si tratti dell'idos, sia


che si tratti del enomeno. 3_~--~~~~::-~~--~~!1-_t.i.a_l?_: __la :formq ha
ra~?.I!~--d~--~~ ~- rapporto al co!1tenuto. :.:a a:Llora, negli stessi
termini in cui la forma forma del coi:;. ten-..i. to, il conte,mto la
forma della forma. Quando pensiamo che la fornn f~rma e il contenuto contenuto pensiamo male, a meno di non accogliere la correzione aristotelica: la materia (il

conteu~to)

s ma per altro; il gioco fra materia e


logico.
In realt, fra fenomeno

fo~a

potenza non Der

non quello fisio-

e~

non c' differenza, non c'


contraddizione per lo stesso motivo per cui ~on c' parallelo fra
esistenza e pensare, proprio perch l'esistenza blocc~ta al principio, l'elemento come esistenza la possibilit

dell'~nti~ipa

zione in quel modo per cui poter pensare l'anticipazione non se,ve al pensare. In questi termini: l'esistenza cos conclusa:

non
si esiste
perch si , ma si esiste per la potenca dell'esse------------- -- -- -------- ---- - - --- . re anticipato che non riguar,la ci che o cohti che esiste, '!la ri-

-----

_,,

----

---

il vincolo che lega, solo da una parte, l'esistenza, o l'elemento, a ci per mezzo del quale l'esistenza pu essere con::;lobata come la potenza dell'essere anticipato. Il termine del vin~iarda

colo no~allora il pensare; ma ci per mezzo del quale il pensare


vive la sua capacit di essere potenza di essere senza oggetto
proprio; di essere, e non di esistere, a quel livello nel quale
il pensare rimane, per s, senza questione.

La potenza come po-tenza genitiva dell'essere senza oggetto proprio, il qualcosa che riguarda il pensare come questa potenza, in quanto ci che sta-prima del pensare stesso, per ci diventarL.-tlo pre-potenza, 8 determina l'impossibilit positiva di dire
Baruch_in_libris

106

che l'esistenza la potenza di essere se'1.za oggetto proprio. A


questo livello l'esistenz[, non pu essere ma dovrebbe poter esi~ senza oggetto proprio. Ma l'esisten=a non pu esistere senza oggetto proprio. L'esistenza che esiste senza oggetto proprio
l'atto di s, l'atto i ouesto stesso. La potenza di esistere
senza oggetto proprie ha co'lle struttura, co:-2e esistenz.a, l'atto

di esist<:>re come questo stesso; la potenza di esistere senza oggetto pr:iprio si chiama esistenza. _:A}}ora qui l'indifferenza fra
materia e forma, atto e potenza corrisponde alla necessit di a.nn'..lllaroento_,
dentro l'esistenza, - di quelle
che potrebbe essere il
-------------

giudizio, la crisi che rompe l'esistenza.


Per questo contro
il pensare
s stesse l'esistenza
che esi--------- --- --- -------- -- -----. .
ste non filoso~~!-~-~~ph~. La sophia~)a questo livello elementare (dove ha il problema di comprendere un oggetto non pre-costi--

-----

------- ---------

..

---

tuito), condannata alla crisi dell'oggetto perch ha un problema di distinzione fra qualcosa o qualcuno, allora essere filo-sofi,
a.miei di questo, che significa? Ghe signifir::a la potenza di un
rapporto fr~ la sophia (con il suo oggetto inglobato) e tutto ci
che le sta attorno, l dove la sophia co~e se fosse un cerchio
Onniinchi.si vo, recinto da un canale che no!l lo separa da ci che
sta fuori, ma rispetto a ci che rimane dentro? Dentro la eophia,
dentro il groviglio del ~ualcosa o qualctmo, rimane chiuso il pensare e il conoscere. Ma allora se dentro l'esistente, l'esistenza,
:.1 sHo essere determinato (l'esistenza.) significa chiudere dentro
'
~on
il pensare e il conoscere,(pensare e conoscere sono lo stesso<fra
l'uno e l'altro ma fra l'esistente e l'esistente), se io penso
e conosco, p_ensare _e conoscere smentire _l'esistente, cio smentirlo come__ ~l:l. Se questo vero, cercare attorno al soph!k
il rapporto di collegamento a ci che lo sostiene, significa per
necessit ricorrere all'aniore. L'unica cosa che l'e!!istente non
pu ffiai nascondere l'amore; rispetto all'elemento che possiede
la potenza di claustrare il pensare e il conoscere, l'unica cosa
(4) '.-.a ~er og;etto qualcos3 o 1ualcunQ?Ler."'.;:'..t'.., o l 'ente?e se la
so;;:.111,
Baruch_in_libris

107

che rimane oltre e prima di riuello che posseiia:no co.,.1e })rima, cnme ~e come dopo (che il pens<J.re e il conoscere ), l'emore.
Ci cie di se? l'esistent e non pu nascondere l'amore; si capi-

sce allora perch l '~.:nore sia facibe:::i.te :::0:idano e il pensiero


facilmente ascetL~o.
:&a tutto que.:to non che una le7tti.rB del1..'esi-: -tenn: f:~
dg_ essa ricavia'.'lo il ~oncetto li f:.lo~o:fifl., se il filo~ofo co::cepi to nP.l suo principio dall'esist ente che il f:Dosofc ~, queet'.'I
co'blusione segna la fine della filosofi:3.e ~al punto di vista dell'esistenz a, concludend o il discorso fino al concetto di filosofia, si imposta (!Uesta necessit: nc:i !)Ossia-no concepi::-e astrRttamente la filosoia perch necessita ti a tenere il coll~gamento
a una sede concreta del concetto di filosofia, cio l'~sistente.
La necessit di concepire la filosofia secon1o se stessa cio
astrattame nte sembrerebb e avere il proble'.la di rendere aBtratfo
l'esistent e o di lasciarlo concreto, ~a questo non problema.
L'esistent e che pe:'lsa qualunque cosa della filosofia c0lui che
concepisce la filosofia; c' una sort<i. di essere concepito che
c0rrispond e e.l concetto della filosofia nella misura i!', C'.l.i ha
un suo concipien te; l'esistent e; l'esistent e non ha il proolema
di ~C?_n_.<?_~2_1!:__ la ~~~~so_f_8:, ma ha i l pro'"Jle::ia di compre~,:J.ere il
co~::P~'l:'_e_l!: fi~.so_fia_! _

Dall'esser e

conce~ito dell'ess~e~te

al

con~ett0

1i ~ilosofia: 'luesto accade se::iza filoGofia; do"::bi'3.::io fare un +r::i:ol1.to:


dall'esist ente concepito al concepire filosofi; . Il passa~o rernJto dell'esist ente diventa il principio dell'i11fi nito, dall'esser e
--------~-.-~---

- ..--~

----- --- ----

-~--

concepito il concepire come futuro infinito cerca il suo nosto


proprio che anche il passato perfetto, fi:'lito, compiuto ".el quale ha sed.e l'origine . L'essere concepito da. parte dell'edst ente
se l'esistent e na co~e problema di concepire la fi.losofia , i l pr()?lema, _ fal_~o perc!1_ semnai ha proble;:;a
di concepire il conci nere. In questi te2mini il concetto di filo-

non ha problema di

s~,

Baruch_in_libris

108

Sofia ri!:mne senza fil)sofia; rie il prolJJ..cma ~ l'essere co,1ceni-,


~ 1:uesto riguarda l'esir;tente. D'alt:a pr>rte dicendo filosofia

assu,:1ia110 che dicih:no il suo concetto cl1e quel concetto che corrisponde 2J.lil filo':"ofi;:i : tessa. Questo 0~tPsso il trasl"lto de11' esistente: ~.'.e.~istentEl dal
.5'._E!~tc:.. ~~J~l?~O:'i9,

i::.e s?.piF>nte.

SUO

esc:.:ere M':Cepi to ricavs il

CC:.'l-

ci ".'"i.e 1 tesif>tnrte > Q_lil~ _.9a,p:i.en:>,a e non r:o,, :::el'l'.nr>i il c-0"'1pre:1dere il concepire f'.lo-

:!:'10~J~e~a

,;ofia, il com'l')cendere non il concPpi:re il concepire,

cio~ il nensare il co.:1ccpj.re: l'esi;3te"."'te co:ne sqpiP'lza, lall'esiste::, za ~'


esistente pass<> co'!le 3op:-da, 1' esiste01te non sapiente :n<>. ;'.> sr>pie~za;

l'esi~tente

nel---------------------rnorne~to nel quale persa filoEofia pensa


-----------

--------------------- ---

--------------~------------~

di s astrattament e, cio rPnie as~rA.tto se stesso. Ci ~he l'en-- --- ------ -- --- - ---------------- ----te Jetermir:ato , non i:- q~.iesto stesso, ma quella e?tit i qJ.est0
ente che non di questo Ante ;na del suo ren,'!ersi astratto: en-

~-

te

------------~-------

dete1~i:1ato

-----

come nece3sit di rendere aRt-ratto il suo essere

riuestr) E' l 'es_~_'.'.'ten~.:__.".-~~-'.s~_:r'e_ ~ap~enza e rion il logos, l'esi8tente scpha, l'esis+,en2R soph~n. l.e>, filosofia aMore del
traslato, "'la a"!lore ,1ui i::iv1ifica a:nante per cui J 'amore r.el t:!"aslat~ ~a

tc

:1.

biRogno dell'amante, ed l'esistente che viene tra<-lafiloso.'.i..a. l'esiste::"te ~ atto i:n atto .Jel suo pas"laggio al

traslato di f"'~ (amante): Q. 11.ef>to sarebbe il fil0sofo per cui il


.'."Jlosc"'o a-:;to in atto del s,w p::i.ssae:gio al tr:=tslato di 3. ".la
~uE:st,J !)Unt0

i vi ?t!.', non ".!b11iamo bii:;ogno del princil1io, poic'.1.o:'.

a q'J.esto r1o.o il filosof> capacit di.

esse~e

talmente col pro-

prio :pTiricipio da no:'l avere bisogno di questo: non c' bisogno


del principio per i l traslato. Il passare dell'esisten te alla sophia ha come problema di non perdere s, non come amante ma co~e
pensante, perch nel traslato dall'esisten te alla sophia ci che
passa r~dical~ente il pensare, perch radicaL~ente il pensare
si trova senz~ oggetto proprio dato che l'oggetto proprio l'esictente come tale che passando a sophia necessitato a tornare

Baruch_in_libris

109

a s come non rimanere sonhia ed essere sophn: necessitato ad


essere sapiente non di s, ma del traslato rovesciato; e questo
traslato rovesciato non pu essere in linea retta il ritorno dalla sonhia all'esistente, ma in lL"lea obliqua il movimento dalla
sophia all'esistenza.
Abbiamo cio: e8istente-sophia ed esis~enza-souhn. Il rovescia~ento del traBlato se~brerebbe il ripristino del rapporto
nor.nale come rapporto di sophia ed esistenza e di esistente e soptln. L'esistenza si ottiene per necessit dell'esistente e non
della sapienza: senza l'esistenza il sophn non sarebbe tale e
rimarrebbe fisso al traslato. L'atto in __ atto _attr:werso la sapien~~~--!~- ~iventare sophn una esistenza per cui la sophia ;~ in rap..
porto obliquo all'esistenza.
----------------..

. 2. - ESSERE CONCEPI'.ro E CONCETTO.


Rispetto a un termine, co:ie questa potenza che il pensare
ad u.'l certo li vello nel quale il pensare q_uest"i. potenza di
essere senza oggetto proprio, rispetto a questo ei potrebbe dire:
in fondo c' o abbiamo sem!)le dovuto sottintendere una potenz~
ctonia, nascosta, sotterranea c~e non l'esistenza come tale,
che non nemmeno l'esistente, ma ci che in un certo mo1o
nato fr?.. l'esistente e l'esistenza,, che ci che abbia'l!o dovuto
e continuiamo a chiamare, per ora filosofia; rispetto ad u.~a potenza del pensare che fino a questo momento rimane un teriine di
raggiungimento dal cui punto di vista dovremo continuare il discorso, rispetto a questa potenza, la potenza che manovra questo stesso fronteggiamento rispetto al pensare in real t3- una pote!lza
che in qualche modo avrebbe chiesto e chieder di tenere dentro
di s la potenza del pensare come essere senza oggetto proprio,
cio la filosofia, rispetto a questo che il pensare per ora ,
co~e

prepotenza cio capacit di essere senza oggetto proprio,


Baruch_in_libris

11 o

rispetto a questa pre-potenza del pensare, sempre sussistita,


sempre stata in atto una so~ta di potenza ancestrale, nascosta
rispetto alla pre-pctenza del pe!lsare4 che la stessa filosofia
in qua::it:i potenza nascosta tra l'esistenza e 1 1 esi2tente in quel
modo '!.Jer c-_,i se noi diciRmo filosofia in fondo dictar:io una potenza ctonil'I lma forza sotterranea tu_tta i.n+.rinseca a s~ stessa so2-tanto perc:-i,; l'essere intrinsece a ~e otesse di questa forza in
fondo s"a a significare la s~a necessit8 di tenere dent~o di s
anche la pote!'.za estranea, a.ri.cne :ma potenza estrinseca che in
o_uesto caso sarebbe la pre-poter:z'!., cio il __Jl_~;::lsare come capaci-t9. di _~:rticipare la p0ten~a o og:;.i p:"ltenza in assol,1to 1 come l!\
.--:--

--

--

----------------------------------------------------- -----------------------

... -

---~--'"

-----'

capacit di anticipare in assolut-:> ogni capacit come tale per


cui appunto questa capacit di anti~ipare ogni capacitq co~e tale
in fondo significa:

rii:iJ?~tt() __aH'an_t~c~po

un

_post-~,

un dato
_,j~~P?_J 'anticipo che l' es::> e!' e senza o~getto proprio; e questo per nei confronti di una potenza o di un::i. capacit appimto

_e~~-

ctoni"!. nelle sue sorgenti, rn~ :-_ell!!. sua superficie storica accrer'li tata talc:ente d.a essere una po"';e::za indisc1xl;ibil e che appunto la filosofia co~e capacit& ii cascere tra l'esistenza e l'esistente. Questo tipo di questio::'-i si puntualizzat o, innervato
in ;.:ia str'J.ttura di elementi e.t~averso la quale possibile fare
questo tipo di parallelo

tagli'"-~O

per i::!

obli,.,~uo

da

1.lil

rapporto

fond&11entale che il seguente: il para1leb ci1e stato fatto


risultgr ,~redossale; il parallelo ~ il rqpporto tra l'esistente e la sophia, e tra l'esiste!"lza e il sophn: l'esistente sa.pienz~, l'esistenza sophn.
Dell'essere concepito dell'esisten te: il concetto di filoso------------------

- --- ------------

- --- ---

----------

--~---

- ---------- -------

--

fi:<q questo il punto determin!!nte , cio l'essere concepito dell'esistente in 6ondo dovrebbe necessitare atl un discorso univoco,
ad un discorso univoco in senso assJluto; e l'essere concepito
dell'esisten te dovrebbe necessitare a quel discor~o univoco in
assol11to cne significa la necessit di condurre l'essere concepBaruch_in_libris

to al concepire ; dall'esser e concepito dell'esist ente noi dovreMmo potere arrivare al possesso del concepire che riguard~ l'esistente. Cio: l'esisten te, nella determina tezza che lo riguarda,
non ci che in quanto esistente , ma ci che in quanto essere concepite ; la deter'llina tezza propria che rigutrda l'esiste:: te non ci che esso , l'essere Q.'1 ente second0 la determina tezza. che gli 9 propria che di essere esistente , ma quella di
essere concepito per cui esistente in realt esistente ugual"l
ad ente concep to, oppure: esistente significa identicam ente er:~'

dove ~ significa la capacit di tenere nascosto il suo principio che il concepire , non l '~ per cui noi ;wn passiamo ."\l1 '~ all'~,dall'eesere all'ente, ~o~-p~ssiamo, per dovere co'!lprendere l'e_nt~! -~al conc__:gere all_'ente. ma se diciarn.o ente e se
------------- -pensiamo l'ente come tale, pensare l'ente come tale non significher mai dover dire l'ente in quanto ente concepito ma significher sempre avere presunto e avere diciamo cosl pensato, come
anticipate zza assoluta, il fatto che l'ente significa il concepire dentro l'ente, per cui se diciamo ente diciamo tautologic amente: i..'1. quanto concep to, o in altri termini __:?~_g_i cj,amo ente diciamo la non necessit dell'esse come estrinseco all'ente. Se dici~mo invece esistente diciaan l'ente in quanto concepito ; ma se dicendo esistente dicia~o l'ente in quanto concepito , diciamo pi

-------------- ------------- --- --------------

propriame nte: l'essere concepito da parte dell'esis tente. A questo punto, se discorso c', discorso che significa , su q_uesto punto di struttura della questione che riguarda l'a~te o che riguarda l'ente come concepito ? Che riguarda l'essere come essere concepito dell'esis tente o l'ente come ci che ha dentro di s talmente il concipere per cui ente ed essere concepito lo stesso?
Per cui: l'esisten te significa l'ente esistente , o, l'esisten te

si@!f~_<!_t'l_]_i:__t~~_"to~_c>g;~~-~!~__i_n\l_~n: __d=~~ e-~~e~~, da questo punto


di vista, perch ripete la capacit della concezion e propria dell'essere. Allora: se discorso possibile , su questo punto, il

Baruch_in_libris

112

discorso in che cosa consiste? il discorso consiste nella capacit di rendere nell'ente o nell'esistente in quanto essere concepito, di rendere nell'essere concepito l'essere
al principio dell'essere
c' da parte

con~epito.

dell'esiste~te

co~e

ci che

s~a

Se discorso possibile, se

una necessit

disti~ta

dalla necessi-

t del suo essere esisteate (in questo "'enso iJ. discorso) potre'.!l1no dire aristotelica.mente se c' una ananke, di!'ei q .lasi addirit1

tura una costrizione,

'L~a

obbligg.zione per cui questa obbligazio-

ne in quanto diversa o ;neglio questa necessit in qu'1nto distinta da quella necessit che l'esistente ', di essere co:ne ente essere concepito, se 1ue3tanecessit distinta, la distinzione
di questa necessit costituisce il discorso.
Stiamo facendo quel discorso che in realt lo stesso essere L~trinseco dell'esistente a se stesso, che non potrebbe 1iventare estrinseco se non nella

~isura

nella quale il diventare

estrinseco di questo discorso sarebbe non gi l'esistente co~e


tale m~ la parola come tale, cio il logos come tale, il verbo
co'!l.e tale, ma il verbo co!'l.e tale non distinto, il logos come tale non diverso dall'esistente, quello che in termini teologici
si chiama verbo incarnato, dove termine teologico significa una
sorta di sfasamento del livello della questione perch a questo
punto termine teologico significa la non necessit di ogni discorso che non sia questa non distinzione tra logos ed esistente, che
non interessa filosofica.mente, 9erch quello che interessa filosoficamente semmai il rintraccio della legittL~it, da parte
dell'esistente, di condurre razionalmente questo approccio o di
fare razionalmente questo cammino fino al }ogos in quanto esistente. E la questione si chiude subito. La questione invece non ai
chiude sul piano nel quale dobbiamo fare discorso; sul piano nel
quale la necessit di cogliere la distinzione, la diversione
si potrebbe dire, non la diversit, la diversione dell'esistente
da se stesso; per cui app'..lllto questa necessit di cogliere questa

Baruch_in_libris

diversion e costituisc e essa stessa diEJcorso fino a questo punto


per cui l'isolame nto di qualcosa rispetto all'esser e concepito
dell'esis tente, questo discorso; l'isolame nto di qualcosa distinto nei confronti dell'esse re concepito dell'esis tente, questo
discorso, Isolare o in altri te::r-;nini si potrebbe Qire meglio

anc'.)ra: definire; o meglio: non, porre u::1 limi te, ma ~hiuder' il


limite intorno a se stesso; per cui dal pu.'1to di '\1istr'l. dell'esse re concepito che l'esisten te

se riesco a fare discorso, riusc-ire a fare discorso significa a questo punto la definizion e in assoluto in qu.a.'lto capacit di chiudere i l limi te attorno al lbite stesso o, in altri termini, in CJ.'.1a.r.t0 capacii:3. di fare del limite in ogni momento della su::i. cle.usura, della sua :::truttura , un
principio che ha fine in se stesso, U.'l principio che fine e che
fa da fine a se stesso. E se questo, <ia ':'.uesto, a que"Jto punto
di vista,

il discorso, se fare il dis0orso significa 1 iesta


capacit di chiudere il limite attorno al limite in 1uesto modo
per cui questa chiusura significa .t.'"la apertura infinita che per
1

ha infinitame nte fine nel li~ite stesso, evidente che noi notremmo dire: ma allora dentro questo limi te i3.~..11'are discorso si esau~isce nella struttura del limite? nel li~ite come struttttra
di
s.? o si apre nel limite come struttura di ci che dentro il limite viene detto o viene pensato o viene conosciuto o viene definito? in altri termini: la definizion e, come questa capacit di
porre il limite nell'estr-e mo di se stesso, in rnodo tale per cui
la posizione del limite nel proprio estre~o significa in un certo modo il porre stesso in assoluto, ~a in s l'oggetto del proprio chiudere se stesso, limite, oppl.ll"e ha come problema di ricevere l'oggetto capace di essere diciamo cos costruito costretto
e isolato dentro il limite? Per cui in altri termini ancora potrem~o

chiederci se per avventura o per necessit questo discorso che


sta cercando di catturare il discorso nel suo momento sorgiTO possiamo dire che in questa maniera nase il concetto di essere, a

Baruch_in_libris

questo modo che riguarda la capacit del discorso come capacitq


intrinse ca al discorso stesso per c..:.i ~uesta capacit dall'ess ere concepit o dell'esi stente alle sue spalle non anticipa l'esiste nza del concepir e, ma si trova a dovere anticipa re l'essere in
sssoluto di qualcosa che fa da prin~i~io all'esse re concepit o del1 'esiste::1 te. Questo es2ere in assolu~o c'.le fa dt principi o i>ll 'essere co:wepit o dell'esi: :itenza no?~ il conciper e, chiaro, p">treQbe es~ere, da questo ~unto di vista, il concetto di essere,
:p_er cui porre il limi te com_~ __ci che fa da limi te estremo a Be
?tesso ~~~-e~_?_e ~i.@_ific_~e in fondo la _forma d':!l concetto , a.:i.cis.r.io classica mente per un attimo, la fo:o:''.:la '5.el concetto , i"l altri
termini ancora il principi o :in-imo del concetto . Ma allora: il p:rincipio primo del concetto , in questo termine i se stesso, concetto di che? E potremmo dire per esein;:iio: il concetto dell'ogg etto massi~o 4i ogni concetto possibil e c~e sarebbe l'essere e allora. diremmo: a questo punto noi avre:n:no potuto in qualche modo
~areare

di pensare non il concetto di ::i:.talcosa, ma il concetto

nel suo principi o e ci troverem mo il concetto nel suo ~rincipio


per cui noi ci troveren: no a poter rie~pire il concetto nel suo
principi o con lo svolgime nto di qualunqcle cosa possa essere concep to a questa maniera ; e diremmo a a_ctesto punto per ese:>rpio:
il concetto di essere pu~ essere qu.esto; e teniamo presente un.a
malie;ni t, cio un saper fare il rnqle 0riginar io in assoluto che
~ il seguente : in \L"l certo 2enso noi r::.uscir2m.rno :>. questo
modo
non ancora a pensare il concetto , ma e conoscer e il concetto senza per questo avere bisogno di pensarne qualcosa di determin ato;
cio noi potremm o in questo senso e in questo termine di questio ni conosce re i l concetto , noi potrem!llo avere scienza del principio che riguard a il concetto ; ma l'avere scienza del :princip io
che riguard a i l concetto non per ci stesso pensare qualcos a,
perch se fosse pensare qualcosa dovre!ll:llo dire: pensare qualcosa
a questo punto signific a pensare qualcosa per mezzo dell'ave re
Baruch_in_libris

115

scienza del :princip io che riguard a il concett o; ma ~e noi potessimo pensare in questi termini per cui pensiam o, presumi amo i
pensare qualcos a in q_ua.nto pensand o qualcos a stiamo usf'.ndo 1 'avere scienza del pri:lcip io che riguard a il concett o, in questo senso il qualcos a che stiamo pensand o tutto globalm ente lo stesso
avere scienza del princip io che rig>..larda il connett< ); o non?
E a questo punto non pensiam o niente; oppure: a c:uesto pu...-ri-

to rischiam o di pensare il niente; a questo punto nel quale noi,


se riuscia mo, riusciam o ad avere scienza del princip io che riguarda il concet to, o potremmo anche dire, e.d avere scienza del concetto . nel
suo princip
io, pensare qualcos a in r!'l.ppor to a !Juesto
- -.
-

'

--

-.~

signifi ca riuscir e a fare di queRto 1 'u..-riico qu.alcos a che possia------ - --mo pensare . ma l'unico qualcos a che possiB.!Ilo pensare , se l'avere scienza del concett o nel suo princip io, tenia~o present e,
tale del concett o nel suo princip io in quanto il concett o nel sno
princip io ha davanti a s l'esser e concep ito dell'es istente ; l'avere scienza .el concett o nel suo princip io signific a. ci che in
qualche modo fa da radice, da radi~e fronteg giante, non da ra0i-

ce sotterr anea, da radice che sta come vertice c~e situata come
estremo , che present e a, stiamo pensando~ ci che vertica l~ente present e all'ess ere concepi to dell'es istente
; in altri termini, a ci c~e a sua volta fa da princip io a tutto ci che da
q_uesto pu e2sere, e a tutto ci che da questo in q_ua non p .i0 essere perch~ da questo in qua ci che pu essere non niente altro che l'ente che ha, semmai, creato l'esser e conci::n :ito. Co:
noi non possiam o pensare l'esser e nel concett o nel momento nel
quale pensare l'esser e nel concett o in realt s risolve nel non
pensare l'esser e come tale, perch per pensare l'esser e nel concetto noi dovremmo nascond ere che stiamo pensand o quell'u nico qualcosa che in assolut o riguard a questo tipo di quest5_o ni che l 'avere scienza del concett o nel suo princip io. Allora dovrem~o dire: l'avere scienza del concett o nel suo princip io, ne l'e:->ser e,
1

(i)c .1uat cosa


pensar:~o

in questi termini in -:_uanto i::.


Baruch_in_libris

r;_ualccs !'l cr.~ stia~._ o

116

allora penso l'essere; a questa condizione pensiamo perc:h~ pensrtre a questa condizione significa pensare l'essere. Se ; che
vuol dire: se ., avere Bcienza del concetto nel _s1J.o princi-pio,
teniamo presente che

lo stesso che dire: il conoscere epostato


:i.l li:i1i te estre'.:10 dell::i. s-~a stessa. e:eni tura, il co:ros~orc spost'l.to :al limi te es-l;re:no iii qua dal qu"lle il con0scere no::. ; non
che non perch nnn esiste, non ~ p81'ch5 nel pri::~i.P') chs
~--2~~ _es~~!:_~_;

allora dico: se 8Vere scienza del concetto nel s110


principio significa in verit, potremmo dire in altri termini,
semplicemente, la conoscenza intern~ al con~etto, quella r.onoscenza che interna allo stesso concetto, o quella conosr,~nz~ che
capace di intendere in che senso e in che modo il co!:cetto quello che , concetto, allora, dico, se questo essere, ~questo
essere, noi dobbi'l!Ilo riconoscere che per potere per.s"l.!'e l'esse-

re in questi termin.i dobiamo ni:i.sco'1.dere l ' equi valenzB. fondamentale per cui avere scienza del concetto nel suo principio significa o , non soltanto essere, l'essere; nascondere, 1uesto, nn~
solo, nasconderci all'essere. C' tma doppia fraudolenza, e'~ la
fraudolenza attraverso la quale si potreb"oe pensare o ce!'c::i.re di
pensare che in questa maniera noi compiamo una operazione astratta, e se

~~tta

l'operazione si risolve nel fAtto che


a questa maniera mi sto giocando l'essere che penso,

~~

realt

,')~~e:nmo

ac-

e:ord:trci t'..l.tti facill:ie1:.te nel dire c~e bene o '.?!ale poss::e.no anche
d".l.re per scontato cne l'avere scienza del roncetto nel "'-'O principio, :3ignificando l'essere a questa maniera, a ques-t;'l ;iianiera
fa pensare e cos pensando pensare l'essere. E sono anc~e buono,
perch nascondo di avere fatto questa operazione. Na l'altra operazione, ed fraudolenza anche questa operazione, non u."l.a operazione astratta, in questo caso il conoscere, avendo bisogno di
proseguire storicamente, avendo bisogno di esprimersi storicamente, in questo caso contento della fraudolenza
J
p
l
perch in questo caso la rrau-

'E

Baruch_in_libris

, 17

dolenza gli serve per nascondere la necessit di rendersi rngione di questo che lo riguarda in principip; e quindi il conoscere
continua tranquillo per i fatti suoi, cio assicurato a un fatto fondamentale che quello per cui pensare significa pensare
l'essere e il conoscere continua tranquilla~e~te.
Per questo l'operazione rimane
astratta, possibile; ma l'altra, per

astr~tt~,
l~

~imane,

perch0

quale ci nasc<indiamo alla stes~a fraudolenza,

l'essere, nascondiamo noi all'essere, ~


ma non estratta, perch nascondere all'essere significa tenere
presente l'essere in ci che esso , qualunque cosa sia, in rapporto all'essere concepito dell'esisten te; per cui, da questo punto di vista, J'lasonderci all'essere Rignifics. in realt nascondere che l'essere concepito dell'es~stente in tanto in ~u~nto l'essere
;- e questo nascondimen to in realt significa ~olto pi
_..-------_

banalmente il fatto che a questo modo l'unico ~odo che abbiamo


per salvare l'esistente quello di non fare filosofia, necessariamente quello di non fare filosofia per nasconderci all'e~se
re, per essere tranquilli sul fatto che l'operazione af:tratta non
soltanto capace della conseguenza fondame:citale per cui penso

tranquillame nte perch penso l'essere, ma ca.pace di quell'altra


conseguenza diciamo cosl superficiale , per pi~ importante storicamente, per la quale io sono sicuro che il mio essere co~cepito
come esistente significa qualcosa che ~' no~ 1ualcosa che ,
qualcosa che io sono, per cui l'essere concepito dell'e~istente
se interessa me,mi interessa nella misura in cui il mio essere
concepito dell'esisten te il qualcosa che io sono come io. Per
potere essere tranquilli su questo piano l'op~razione non astratte., concreta, l'operazione implica una situazione originaria1na n+
te dicamo cosl deficiente, in origine; quindi non che noi abbiamo peccato per motivi diciamo cos religiosi, noi abbiamo peccato per motivi esistenziali , storici; peccare qui vuol dire le.
deficienz~, la capacit della sottrazione, noi abbia~o bisogno
Baruch_in_libris

a uu certo punto di sottrarre noi in q.ia::;.to er;istenti all'essere


come tale; per cui non tanto questione ii avere capito soltanto che in realt quando originaria nen. te ais:no cercato la no E't-ra
origine l'abbiamo cercata contro l'ente o contro Dio, perch ir.
questo senso il nhroni:'lte ,tos il calccle-:0! 'e abilissimo , nella
versio'1e biblica il serpente, colui che !."'. sefotto l'uomo, qu~m
do lo h~ sednttn a quella maniera che 9a?~~3~0 in fondo come
::;e avesse fatto un discor:::o f<lso, non ;-e:c:1 falso che noi possiamo essere come Dio (come sembra, perch~ pare che la lettera.it
di queste questioni possa ess~re, come in senso biblici:irie nte o
religiosar. iente proprio, quella pe:::'

C'..:i ~!oi

siamo sta ti ir1dotti

a. cercare l'origine assoluta, nostra, L'1 :i_uant0 abhiarr.o cata:imltato questa origine contro colui che ci ~8 originato, perch la
ase di 1.u1a invidia diciamo antica per C'Ji

~mi

sare:T':o stati, avremmo dovuto essere come Dio, avre"ll.:nn voh<to essere come Dio,
e quindi avremmo dovuto compiere questa operazione ori.gir.aria iniziale). L'essere che abbiamo t::ile per C'.li possi~rao aggiungere
ri.ualcosa, e possiamo aggiungere quel qualcosa di fondame:!'l.t ale che
9 l'essere rliciamo C08 theico, che l'essere che riguar,ia il

thes, Dio. In q_uesto calcolo surlime la "l"llizia non satanica,


u:nana, per cui dico spei-oso per convi=izi:m e !Jrofonda, n0n per
vezzo, che noi sia'llo pil.t ar>ili del iiavolo a fare, a costruire
il

sat~1is~o

che ci riguarda in proprio;

~ co~e ~e

nor. avessimo
bisogno della caduta lucif'E:::-i.n a per inventare il Ratana vero nei
confronti di Dio perch il satana vero nei confronti di Dio siamo
noi uo:nini in quel rnodo per cui nel c:;,lcolo S"J.blime .elle potenze che si scontrano fra loro, Dio e l'uomo, l'essere e gli esseri, in verit la nostra malizil\_~ _rad_~c~1:e perch la :::i.o stra malizia significa il. fatto che. noi non abbia:no voluto aggiu..'lgere qual~-

--

----- ---

cosa a noi, abbiamo voluto sottrarre noi a Dio. E' diverso, P, e


bisogna dirlo a qu_esto punto, e pu sembrare paradossa le, liberante in origine, per cui noi da questo punto di vista possiamo
d~te

Baruch_in_libris

119

che in origine noi

si~mo

stati capaci di una malizia radicale che

la seguente: noi riusciamo addirittura a conquistare

u.~a

digni-

t, quella che ci riguarda nel senso della deficienza dell'essere esistenziale, che non consiste nel fatto che siamo finiti mentre l'essere infi.ni to, e neppure nel fatto che siamo creature
mentre qualcuno creato2e, ma nell'atto sublime di un~. pro-posizione di esistenza che suona cos: in fondo per essere :iall'essere concepito dell'esistente che sono, io, ho bisogno della sottrazione di me nei suoi confronti; in altri termini: a quel livello
nel quale ogni discorso riguarda l'origine; il discorso che riguarda l'origine, sia dal punto di vista diciamo cos astratto, sia
d.a quello chiamiamolo per comodo co!lcreto, quello di questi ultimi momenti del discorso, un discorso che non riguarda l'aggiunzione di niente, ma riguarda addirittura la capacit di sottrazione nei confronti dell'esistente che sembrerebbe gi sottratto in
assoluto a se stesso perch se noi diciamo esistente dicia~o o
sembriamo dover dire, classicamente e non classic~mente, che, dicendo esistente,

dicia~o

in ogni caso l'essere sottratto alla ca-

pacit di essere da sf, che sembrerebbe significare in

parte~za

o scontatamente il fatto che se esiste un e2sere il quale in tanto in quanto sottratto alla capacit di essere da S(~, ci0 che
gli rimane da volere di togliere questa capacit. Se qualcosa
rimanesse, a questo livello, da volere e d.a pC!lsare, per s, il
'lleglio assoluto di questo consistereb1Je nel voler.e ci che gli
manca; perch se noi pensiamo appunto che al li~ite l'esiste:r:.te
significa questa capacit di essere sottratto al principio che
lo fa essere, per cui questo essere sottratto che lo fa eseere
quello che , se in questa sede l'esistente

qu~lcosa

vuole in as-

soluto, sembra scontato che debba volere il contra.rio di ri_,.le3to,


non gi di non essere sottratto alla

capacit~

che lo fa essere

in principio ci che esso .


Da un punto di vista stretta.mente filonofico o dire:!L'llO coBaruch_in_libris

120

s filosof ico-esi stenzia le, in questo senso la tentazio ne originaria. non quella dell aggiu...Dzione, come teologic amente , q'~el
lo della sottraz ione; in 1L"'1 certo senso l'esiste nte, nel suo essere concep ito, la sua origine se la trova in qualche misura dis:ponib ile perch questa diRponi bilit?:.. dell'or igine suona co:ne a_1.le8ta :::ua capacit di sott-.:.arre s all'ess ere che lo fa essere; e
quindi cor'.le questa capacit di pB.regg iare il piano di rapport o
con quell'a ltro discors o che suonava astratt o per cui quando io
presumo di. pensare l'esser e perch 1 1 essere pensato secondo se
stesso, in realt io ho fatto la stessa operazi one che faccio co:ncretame nte ~a in senso astratt o perch io in realt sto nascon:L~e
do di sottrar re l'esser e a se stesso, perch pensare l'esser e secondo il discors o fatto finora signifi ca, se signifi ca pensare
l'esser e, signifi ca che
l'esser
___________
------- e che
------- penso quel qualcos a in as-

________

.,

--

sol~IJ.o

che riguard a il conosce re all'orig ine,_:i. n origine; .:;.cne riguardan do il conosce re in origine signifi ca l'avere scienza del
concett o nel suo princip io. A q11esto punto, l 'esi~tenza nell 'es-

~--------------------

sere concep ito dell'es istente natural mente filosof a, natur~l


me11te legH.ta ad una sofia che non riguard a direttam ente l'esis~ey1te, perch la sofia che riguard a direttam ente l'esiste nte la
sofia che dovrebb e poEer essere riconos ciuta come filosof ia, me~
tre invece la sofia che riguard H direttP.m e"lte l'esiste nte sta a
signific a.re il fatto che la sofia all'e8i stente si leea proprio
per la difficolt~ che l'esiste nte di essere sofbs.
Infa.tt i: l'esiste nza e l'esist ente, il rapport o tra sofi::i.
e sofs non un rapport o che sembra archivi ato classica~ente in
ter~ini

tali per cui l'esist ente sapient e; classica Mente, normalmen te, esieten ziaLne nte, anche teologi cament e l'esiste nte par~gg

i a l 'atto in atto che esso del suo essere coll'at to in at-

to che esso e del suo sapere . Il pareggi amento dell'at to L~ atto


dell essere che riguard a 1 'esiste nte se:-.ibra determ inare necessa riament e al pareggi a.mento con l'atto in atto che riguard a la saBaruch_in_libris

1 ?.1

pienz n; per cui: t:i.nt0 esist ente altre ttant o sapie


nte; alla stessa manie ra come ~1iaE10 sempr e stati abitu a ti a penRa
re a. ricon oscere e a conos~ere cne il pareg giame nto che rigua rda
l 'esic: tenza
pu esse!' e tale in -::onf ronto e.lla sapie nza, perch
l'ess ere in
atto secon do la f o:r-m'l propr ia che l'esis tenza . rispe
tto 311' edste::i.te impli chere bbe il pareg gia:ne nto coll'e sr-ere
in atto ri:;;p ett-: i:>.lla forma propr ia che la sapie nza rispe tto
al sapie ctt'; e
avremmo: sapie nza-s apien te, esist enza -esis tente alias
tanza fa cilnente ; ma non propr iamen te perch appun to propr iamen
te il disco rso (~ molto pi comp licato da quest i ultim i ele~.1enti
di disco rsdi,
di ques tioni , perch il pa.reggia'.'."lento in realt
trn le due fra.tdolen ze oriein R:rie per mezzo delle quali cw1e se
nell'e ssere
conce pito che rigua rda l'esis tente e che qi;.ir.di rigua
rda l'ei:i4 ;
stenz a da quest o punto di vista , in quest o esser e
conce pito, la
capac it di avere scien za rigua rda il conce tto non
rigua rda l'esiste nza, perch~ la capac it di avere scienz a. nel
momento in cui
rigua rda l'esis tenza sta a signi ficar e i.l fatto -::he
l'e!:'i stenz a
nel suo esser e conce pito come e'3ist ente sottr; :.e 2<!
all'es sere alla stess a manie ra per cui l'ess ere risul ta poi sottr
atto a se ste3so astra ttame nte in quant o la. sottra zione dell' esser
e a se Gtess o
signi fica che debbo comp rende re che pensa re l'ess
ere se

reaL~~n

te tale non pensa .re l'ess ere, perch l'ess ere che
penso il
------ -- --- ------- -
.
o"J.alcosa di cui sono ca.pace in nuant o avere scien
za del conce tto
-~- ------------------------ -- - ....
.- .
nel suo princ ipio E dovrerrano allor a ri-co nosce re,
non le~.lmen
te, cio confe ssare , esser e indo tti ad amme ttere,
ma propr ia:nen te, conos cere di nuovo , dovremmo conos cere di nuovo
che noi quando diciam o avere scien za del conce tto nel suo princ
ipio dicia~o
l'ess ere e se noi doves simo ricon oscer e quest o allor
a dovrenuno
di.re che quest a quest ione non possi bile porla perch
a quest o
punto il disco rso all'in finit o: is peir on, verso
un infin ito
~enza limit e alle sue spall e perch conos
cere di nuovo in quest o

senso signi fica ricon oscer e che la novit sempr


e dovut a al pasBaruch_in_libris

122

sato, il m.:.ovo nuovo in quanto la sua origine il passato p8rch noi conosciamo di nuovo, riconosciamo;
sienific~

sue

r;1a

conoscere di nuovo

seguire la traiettoria che il conoscere subisce alle

spalle, e quindi nel suo passato, e in

vero a questo punto senza principio, a

u.."

passato che dav-

di ::on capire cf-,e

me!10

C!1H~

sto pr=.::;ci?iO viene poi :,ibaltato nel futuro, e allora il nunv)


viene proiettato davanti, ruw oper'.:'.zione storic3 poi abbastar,z<'l
chiara, l'utopia: l'utopico consiste in questa capacit di ribaltamento o !'leglio in questa capacit di sottrazione del nuovo al
passa te da_ cui nasce, per cui quando parlin;no 3.i novit no!'l ':: cr..e
f'lcciamo discorsi vecchi, conosciamo di essere :nolto vecchi, e in
riuesto senso rischiamo di

rim~ere

sorpassati dalla nostra capa-

cit di conoscere il nuovo in questi termini.

. 3. - I,A l.JE-TER::HNAZIONE DEL FONDA.M~TO E I SiJOI FOHDA.l'i7~7TI.


E'

'l:

Otp'li modo rir.:ra?to

po~<sibile W1

parallelo tra il pe:-,-

:::ere Ciel C0"1inc:i.::i.:nento che lo riguard"i rispetto al qualcosa. di


sl:J che il suo essere senzFt oggetto, e l' esisteciza come ele-,ento che, i..r1 quanto tale, rassicura il pensare di unR sua eu'3sis-':enza in q_uanto per la sussistenz8. della quale il pensa1e ::tssic'J.rato da parte dell'esistenza non riguarda il pensare come tale
ma il cominciare del discorso.
Questo parallelo in re2lt stato in qualche modo p')sto
sotto i.'1chiesta .2.l fatto che i l discorso fatto

~opo

la proposi-

zione di Cl'.rnsto parallelo, un discorso che ha costretto l' esistenza ad u..'1a sorta di scavo intrinseco all'esistenza stessa, per
mezzo del 1uale si costituita una doppia coppia (esistente sophia; esistenza - sophn) che rimane ancora in bilico, soprattutto per il fatto che il bilico della doppia coppia dovuto alla obliquit di un rapporto fondamentale in un certo senso, che
lega o dovr legare, la sofa all'esistenza.
Baruch_in_libris

123

Tutto il discors o si sta muovendo in qua..""to ha come termine di riferim ento un termine doppio di riferim ento: il paralle lo
possib ile, la doppia coppia in bilico sul rapport o obliquo ; un
termine di riferim ento doppio a sua volta perch il paralle lo
questa doppia coppia nei cui confron ti per anco1a il discors o
andato ir.ietr o, non andato avanti; nou e'[ st~t? e non e'~,
e forse ::!on ci pu essere una progres sione d.i discors o '.'.13. tL11a s0rta di retroce ssione di discors o rispett o ai su0i stessi punti di
riferim ento; non solo per necess it metodic a, ma per necess it
intrins eca di discors o: il fatto che il termine :) i termini si
riferim ento siano tBli per cui u.!la volta toccati o 12.:nit i, toccare o lambire o in qualche misura ipotizz are il rapport o 3i termini di riferim ento signifi ca in fondo, una volta che q1J.esto 0.ccade o che questo o che questo viene pensato , in verit sentirsi respin ti, o meglio subire la necess it di sapersi o di ver'lersi respint i all'ind ietro, per cui posto che abbiamo co'!le termine
di riferim ento un paralle lo fondam entale fra pensare ed esste~
za, posto ancora che rispett o a que:::to paralle lo fond~;1ent'lle l:t
sua elemen tarit ha. scardin ato la fissit di questo paralle lo per
cui, scardin ata questa fissit , la mobilit che ne deriva non riguarda il paralle lo ma riguard a ci c)1e lo tocca, consegu e per
questo che da questo stesso abbiamo o avremmo la doppia coppia
e questa rischios amente avventu rata sul bilico del r3.pport o ohliquo fra sofa ed esisten za. Ma d questo discors o, tutto ci0 che
il discors o fino ad ora stato, stato in modo tale per cui ci
che stato il discors o non qualcos a, non qualunq ue di ci
che pu essere in quanto pensato o in quanto esisten te, perch
ci che si sta come generan do a s stesso.
Non casuale dunque ci che pure stato casuale perch
come se le circost anze obbedis sero ad una sorta di logica interna della quale le circost anze non ei rendera nno mai conto, perch
a questo punto dovremmo dire: il qualcos a del discors o che stiaBaruch_in_libris

124

mo cercando di pensare se 1ovesse e~sere conosciuto sare~be esattamente niimte; ma, niente non vuol dire niente di ci'.'J che potr
pensa:ce do:ne..ni o niente di ci?i che non eo:i.o riuscito a pensare
(~

post=:ibile pensare in assoluto.


Qi,_esto signi7.'ica c'.:e dunque, nel mo"!lento nel ;1.m:e il diRcorso riesce a claw=itrare, <- impi_~igio~?.r3, a rendere :in u~1"'- clausura assol'_<.::~ il suo movime:;.to in '.llodo tale per cui quef'to '!lovime1:ieri, ma niente di ci.. che

to :ii discorso riesce a fissare punti :fondamentali (che dovrebbero in qualche modo essere un costituire), questi costituiscono
le sue stesse forche caudine, una sorta di passaggio obbligato
nel quale e per il quale lL obbligatoriet non riguardq il overe passare attraverso, ma il dovere, passando, sottostare, il dovere passando, assoggettarsi, o meglio, sottoporre s fino al punto in cui sottoporre s.f in questo senso significa schiacciarsi
nel passaggio fi!lo a pote!'e o dovere toccare la fondazione, la
fondatezza, i fondamenti, l'origine, la stratificazione di tutto
ci che fa ~ascere il disco!'~o.
A Q'testo !>unto sare"cle pi pacifico che le forche caudine
del iscorso speculativo fossero precostituite al disco!'so speculativo 3)erch, a questo :nodo, la scolfitta del pensare sarebbe
sancita 'iall<i vittoria del principio, :perchr;; la vittoria del principio consisterebbe nella sv_a capacit di rimanere talmente congelato e di fare talmente 1a elemento a tutto ci che p~ssa sopra
il principio, per cui, anche se sopra il principio passa il funerale del pensare, la morte del pensare, la filosofia, morta a questa maniera, pu essere bellamente morta perch, passando attraverso questa obbligazione che la fa muovere attraverso i punti
fondamentali che la riguardano, finalmente cos lambisce il principio, tocca il principio: perch toccare il principio a questo
modo significherebbe non gi passare per o attraverso i punti fondamentali, passare-per, mediare come essBre mediato, pensare perch pensa.re, speculativament e significherebbe avere tutta la forBaruch_in_libris

125

zn dei concetti che possono essere schiacciati dal loro principio;


a questo modo, l'obbligazione non sarebbe tanto (!_uella di passare
attraverso due pilastri che segnano la strada e fanno i binari,
ma attraverso due pilastri che impongono di notto3~are, impo~go
~o

i passare sotto, cio impo:-igono di pass<>.re in O::'J.el modo per


cui passare significa rendere se stesso ctonio, ovvero rendere
il passare, il muoversi, il movi~1ento, il pensare c=-:e si :nuove
sotterraneo al suo principio.

Tutto questo significherebbe appena che in qu.esto nornento


il principio talmente presupposto nella sua c?.paci t di pressione, di carcerazione di ci che nasce dal principio, per c.ii finisce per essere la salvezza di ci che muore perc~e s~~iacciato
sul principio.
Allora potre:nmo anche dire che se il discorso ~ tale per
cui, attraverso due punti fonda::tentali, questi due p:;r"~i fond<t'l1entali potrebbero costituire una obbligatoriet del discorso a s;
l'obbligatoriet del discorso a questi due punti fon1amentali,
in realt non obbligazione del discorso al parallel~ ipotetico
fra pensare ed esistenza da una parte e alla coppi~ i~ bilico nel
suo rapporto obliquo dall'altra parte, per C\d ba.ster':lbbe che mettessimo a posto la questione in modo tale da potere 1ire: tra questo pilastro che il parallelo ipotetico pensare-esister..w., q<.lest'al tro pilastro, che una coppia (che una doppia coppi,,) arriechiata sulla obliquit che attraversa il s1J.o r:1:>vim~nto in '-ID
rapporto obliquo, il problema consiste nel cercare di ~ettere tutto e tutti in maniera che tutto e tutti passiamo ord:i.na1:a.T!lente
sotto i -.pilastri senza n fare cadere i due pilastri n essere
schiacciati dal passaggio; sarebbe come dire: riuscire a fare di
questo gregge metaforico che la folla di concetti che si possono far nascere attraverso il passaggio tra questi due mm.ti fonda.mentali in maniera cos ordinata e sistematica per cui una volta passati assic.i.rato il loro procedere armonico, organico uniBaruch_in_libris

126

voco, concettuale, speculativo. E uvremmo assicl.C"ata u..l'la filosofia non a s stessa, ma allR ~ua capacit di pensare qualcosa avendo conosciuto di pensare qualcoE:a 1 avendo cor~osciuto tutto c:..'J

che la riguarda i.'1 princi!liO e b. origine


La obligazi0::i.e no!l 1ue::ta. obhlignzior~.,, lf:"l''::igazi:J~.<;
l'altra, pii\ pe:::ante, pi1 :'.'1t-:llerar,te, e '~io~ la oc:::-U9zio:-.e

che non sop;,i::::ta, nor;_ "'Opportq se

~3tesso.

perch::'. 8 l<>. o'bolige.z:'.o-

cie attraverso la q'-<ale tra i due pilastri, t-.ca i due eiher:ie:viti -::11.e
in fondo tradisco:-io la loro ele"le:ntari t di base (;-pes-t0 sono ~.
realt i due pilastri:
suo essere radicnb1e:-ite

l'e~erge~za ~ella elementarit~


eler~ento

trPdita

~el

conflervato e do.rntc a se ste!"s:i,

l'e"lergenza di questi due pilastri come questa

capacit~

della ele-

mentarit di stare in piedi fino ad organ:i.zzarsi dividendosi,

.:::J.-

plicandosi in due elementi fondamentali) questi due elementi h8.r:no u.~a obbligazione intollerante la cui non sopportazione ha c0me oggetto la sua stessa obbligazion'' una obbligazione che~
sopporta se stessa, perch una =tttenzione pi1J. maligna al t'l.iscorso do'llrebbe potere pensare o do'llrebbe star pensando al fatto che
tra i due pilastri, tra i due elementi che sono questa costitutivit della elementarit che si organizza fino ad apparire cos
organizzata, tra questi due pilastri il congiungimento non c',
non c' in alto, cio alla so:nmit, al vertice, il congiungime~
to non c', il loro congiungimento G ctonio, sotterraneo; potre~
~o

dire: la elementarit che non si vede,

~uella

che non appare,

che difficile dare come conosciuta, emerge; dovremmo dire, e:l'lerge forse all'infinito.
In questo senso la doppia coppia o il parallelo ipotetico

sarebbero due sonde che vanno all'infinito, in i.ma traiettoria


la cui tangenza senza tangenti, non tocchiamo niente; in queEito
senso la obbligazione che lega i due pilastri, quella vera, in
realt l'obbligazione che lega semmai l'elementarit al suo dovere ctonio di rimanere se stessa e non di divenire ele~ento; e
Baruch_in_libris

per una volta divenuto elemento, ~~ 1ivenire elemento il costituirsi in !!lodo per cui i due eleme.::.ti finiscono per determin3.re
la strettoia, il doppio confine di l dal quale il pasRaggio no 1 ,
~ posPibile, perch~ sono possibili t~tti i passRggi posnibili,
consegue c!i.e i due ele11enti, costi L:i ti a questa manierR. 1 chie<1erebbero di an1lare all'infinito,

ci0~

con8i..ungm[,i n'.)l verti~e; etStir::1n talmente congiu.'1ti <!ll: "b<ise, ep.c)eni.o il loro 00llt;iungbi.ento dovuto al loro stesso -:J:'."i:-!cipiare, o :ll 1'.ll'O steR~O
cominciare, per ci stesso chiedere"::':e:::-".l di non congiu.nge:rsi nel
vertice; ci che co!'lti tuisce la ~>::"r;li;at.oriet ver~ lli :J.le~:to costitutivo doppio che lega la filo2o:~i:?. g_J. :':lovinc>nto uoo~Eibile cr.e
riguarda sia il pensare sia il CO:lo2c~:e, -::.lesta o't-blif;!l.toriet
sta a significare la intolleranza .i pe steirna, il non sopporta:3i nor.

re s oome se stessa, perch~ questo e:;ignii"ica i due vertici verticalmente all'infinito.


Ir1a dunque come accade che il pas2aggio implica il sottostare?
In queste forche caudine sing'.J~a~i che il pensare, il conoscere, la filosofia nel suo c0mpleE='.) 2'Ubisce, "?er li'!. no.ce'.2'sit3.
1el suo passaggio, la necePsit del :::ottostare, la nei::essit3. cio?.
di ridursi alla obbligazione non rigiar1a il passare attraverso
'11;e confini gi fissati, o prefiss3"':;:!., -na il p3.ssare attr3.verso
d1.<e confini, il pass'U'e in mezzo-a, il psssare-per, il "'!ediare
e l'essere mediato, l'essersi convi:-!t".. -:!he Tt1edi~zione significa
pur serripre mediazione fra form'l e C')=:"':;e~1'..1.t'.), d0ve ~ e conte~

sono i due pilRstri, i due

nel loro nome

ele~~~ti

diverP~mente

costituiti

impropr~o

ed univocamente riconducibili al loro nome proprio; l'obbligazione vera, la c~~ligatoriet vera che lega
il movimento del pensare a questo passaggio, non riguarda il passare come tale, il passaggio, quanto il fatto che passando, questo oassare significa sottostare, ma sottostare in fondo significa essere schiacciati fino al punto per cui passare significa in
un certo senso percepire ci ohe lega i due elementi, percepire

Baruch_in_libris

12~

il fatto fondRmentale che le due costituzioni eRterne in realt


ha:mo una loro costitutivit

interna che ci che merih di et'-

sere attraversata; per cui l'attravereare l'l costitutivit inte1na in

\.l!l

certo sensa, solo perch) qv;.esto pAnsare significa toc-

c<:<::-e, percepire, ag 0 lutin'1.r"i, inYischi3rsi cor: la r.111.teri'l stef'!o::<!


?

~e

Qei costitutivi este1ni, .ovl' riater'.9. d(:','.:1ifica


c.ue!""';.~

eee:ere i l.lue costit,lti.vi esterni:


iello ~1~ncio i~ Rlto.
3e i d.ua ele:nen"ti che

'.LT'\

:i:i~o

certo

i :'M;7i tut)yi, f;ignifi.ca tron~are 11

Figr!i!'"':.c:i ren1P.re CO!': pesa.!1i;e ci'.J

allegger5to perch
'.".ia:i.e

spRe~ato

ci chP.

stePso r>rovocn la. :~i-

u_r1i ti alla "b!lee E:opportano w, ;>as-

~ono

,.'tggi,., peeante, p3.ssare in

cauf'~,

originato verso l'infinito,

lo!':)

eh~

1alla sua

in

~i

c0rsa all' i.nfini to, ::io~

'~e'!!ZA.

i~terna

pass~re :t

'.:he coRti tuisce

il

p~sPaggio ri7?..~o.

orieine,

perch~

ri-

questo ''lodo significa

rerdere cosi peP.'J.nte ci. che :!'a da conti tu ti vo, ci0 che costit"li to, per cui ci che Gesti t ii to da ci che pa!'lsa in ci che
1

1) origina riml'lne bloccato nellY- corl:'a e anzi Remmai, dal passaggio che l'o:-igine coRtituente subisM, der5.V?. il fatto fondamen-

tale che i costituiti i.nterro:npono la corsa verso l'alto, trovan1

~ine,

si ritrovana

co~~

il

f~tto

::he a

maniera la filosofia passa e pa2sa a

~uesta

rinsecchiti nel principio; proprio ,er


q~e~to

11odo, cii Cr'e la CO!-;tituisce sparisce in qc1ar.to in questo mod?


i1

p~s!:are,

i;i.

questa m?nie?a significa fare rien+:rare nel costi-

t'..:.ire il costituito.
Allor:~

cf,~

davvero il discorso

radic~lmente

diventa pesante per-

la vera obbligatoriet questa obbligatorietq non gi al pas-

sare, come tale, ma al passare come sottostare; sottostare vuol


dire

propria~ente

~ottostare,

ridurre i costituiti a ci che li costituisce;

piegare il capo, morire, essere sconfitti, perch co-

stretti al varco, ad un varco per mezzo del quale si trovi ci


che costituisce il varco steeso (e la sconfitta vera pare sia r.on
tanto nel passare come tale, quanto nel fatto che si costretti
Baruch_in_libris

129

a riconoscere, ad ammettere, legalmente, a confessare che il varco nel quale si passa trovato, trovato perch non ho messo niente di ci che costituisce il passare nel varco stesso per fare
il varco), la sconfitta, anche ammessa nei suoi termini pi duri,
questa sconfitta. poi sconfigge il varco stesso perch passare a
questa maniera significa ridurre i costi t',<i ti al costi tu.ire, ridurre ci che costituito a ci che lo costituisce; sottostare
in questo senso e a questo modo radicale significa
determinare il fondamento,

~-terminare

radicaL~ente

il fondamento, l'hypoki-

determinare il sottostante in s, ci che Kimenon hyp,


l'essere stante, ma come l'essere stante ~' non stante in o
uer o ! ma come essere stante sotto, riuscendo a tenere se ste~
so sia stante sia ~' sia ~ sia stante, per cui sottostante
a questo modo significa l'essere fondamento; e in questo modo allora significa essere determinato, de-terminato nel suo stesso
principio per cui essere de-terminato a questo punto significa la
terminazione deg_~-~-~~~~nt~_os_t~tui_~i1 l'essere terminato degli
elementi costituiti a principio, non nella fine che non esiste

pi perch gli elementi vengono ridotti alla base, ma nel principio che la loro origine, (nel de). Perci: de-terminazione del
fondameato, perch per questo stesso motivo la terminazione 1egli
elementi che nascono dalla stessa elementarit, trova l'origine
capace di essere legata in assoluto alla terminazione stessa, trova il suo de soltanto a condizione che la determinazione eia del
fondamento e non sia determinazione come tale, ma determinazione
~

fondamento; de-terminazione del fonda.mento come se stesse

a significare: nella terminazione di tutto ci che riguarda qualunque cosa riguardi la filosofia, in
que st~__t!'Tminazione,
l' ori__;;-. -------
-

gine 11.on

- -

--

- -

ma~ costi~i1;a_ma

-- -

__ __ Be!l]_pre costituente, perch l'esse- . ..

- -- - . -

--

re costituomte da parte dell'origine significa la eua capacit e


la sua principialit di rapporto in assoluto a ogni terminazione
e quindi alla terminazione del fondamento. De-terminazione del
Baruch_in_libris

130

fondamento sta a significare che tra il ~ e la terminazione la


genitivit si sposta tutta davanti alla terminazione e perci d
il fondamento, la genitivit come ci per la quale posso dire determinazione del fondamento in-vece che e-terminazi one del fondamento; al posto di cominciare a pens<tre. la determinazio ne del
fondamento

come se stesse a significare che a questo punto di


questioni gli elemP.nti costituiti sono l'apparire, i=ono il feno-

meno, sono ci che appare della costitutivit dell'origine , o della cosaitutivit della elementarit in assoluto, perci elementi
costi t'.li ti fino a quel pm1to e per mezzo di quella possibilit
di riferimento che ha dato abbastanza a.gevolmente un parallelo
ipotetico, una coppia rischiosa nel r::tpporto obliouo.
A questo punto dovremo riordinare in qualche modo sia il
parallelo sia la coppia; dovremmo in qualche rnanie~a creare o pensare o dare per conosciuta e dunque ricrearla come contenuto da
dover pensare la logica interna a ci0 che il parallelo ipotetico e a ci che la coppia arrischiata sul limite obliquo, sulla
obliquit di un rapporto paradossale, paradossale nel suo senso
pi proprio in quanto contrario all'opinione , perch contrario
all'opinione che il rapporto tra sapienza ed esistenza sia obliquo.
Riordinare il parallelo ipotetico, la doppia coppia nel suo
rapporto obliquo paradossale fra sofia ed esistenza? Potremo farlo? fon potremo farlo? Potrei anche dire che non interessa pi
questo discorso, radicalmente o
A questo punto ogni filosofia potrebbe inventarsi, trovare,
cercare, creare una logica propria di , propria del proprio cercare, interna al parallelo ed alla doppia coppia; e vorrei anche
sfidare la moltiplicazi one del pensare speculativo al punto da
dire che qualunque esplicazione consecutiva che riguardi la logica interna del parallelo e della doppia coppia, qualunque esplicazione consecutiva consecutiva soltanto a se stessa, ma non

Baruch_in_libris

131

riesce aJ essere successiva a questo tipo di questione r'.Hhcale


in modo tale da potersi profilare co1:ie U.'l succedere-a, ci o~ come
<m potersi proporre al nosto di.
Non c', a questo p1.mto, possibili t\ ili proporn~ nente-,a::.tro al posto-di questo tipJ di questio~i per cui lR Je-te~~i~~zi~
ne del

fonda~ento,

avendo

i~ qualc~e

modo

r~Jicalizzato

il suo
stesso costituire s, pu0 reggere a t'ltte le log;ic~1e corocoecuti:.'
perch finisce per porRi co~e principio scate~ante l'i~plic~zic-

ne di ogni logica consecutiva; dove og:1i logic::i. consecutiva per---- ------ -----.-.
ch consecutiva al suo nascere d'.3.l prinr,ipio che le viene poste>
contro, posto e-entro perch l'essere po:oto contro del principio
che riguarda ogni logica con12ec'.tti va sta a sienificare che il principio dovuto ad altro, cio non dovuto alla consecutio delle
logiche, e neanche alla successione dei concetti, ma dovuto alla capacit radicale della de-terminazi one del fondamento: e no~
il principio come tale, ma il principio che serve perch qualcosa
sia tale da potere essere pensata; e ogni logica consecutiva
consecutiva in questo senso: ogni logica consecutiva perch la
consecutio sua pi intrinseca in realt c:insiste nel lasciarsi
agganciare all'intesa, all'o~ert di fondo per mezzo della quale
scambio il principio per l'essere, il princi~io con l'essere, ~a
non l'essere come tale, ma con l'essere come ogni possibile es~e
re Allora se scambio il principio dovuto ad altro, che fa da pr bcipio alla consecutio delle logiche con l'essere possibile, cio
con ogni essere che pu servire per questo sca~bio, per questa
omert di fondo, chiaro che posso conseguire tutte le logiche
che goglio, perch posso rendere conseguente ogni filosofia al
suo non essere conseguita da s. Ogni filosofia rimane e diventa
I

conseguente a se stessa fondamentalm ente perch non conseguita!


da se stessa.

L'omert di fondo tale, lo scambio di principio non pi


soltanto questione di petizione di principio, di dare per dimostra-

Baruch_in_libris

132

to un discorso chiuso in se stesso, nascosto in se stesso e perci usabile, (perci manovrnbile in modo per cui la manovra di

ci che chiuso non si pu fare da principio nascosto e pu efsere tale perch elimina, esime da ogni questione radicale sul
prir"J,;ipio)
'.'.~<9n.d0

r'.9.

flUer>ta '.W1ert. t~le nel f'eil!~O pi_L1_

(:'.r'1Ve

essn tocca 'J.'Jesto consegairl"i d.e1 la filosofia

-"l

per

CIJ

10-

'1UeRt..)

-io signi:"ic~ che la filoscifia non co:-isegui ta da se stessa

:s?r-

i:;

~i0 lQ

scaTiio che e' al princi"!'JiO ri:riane fermo anche alla fi:---~~

~erch4

lo scambio nel dinamisr110 capovolto.

0011e possibile apire un conseguente, ttn~ cap~~i t\ di --.~,)vi"len-~o

qualcu..'lo

3.a un<1. immobilit di principio? G0me si pu c!i!pire che


co:t~re

perch al suo principio c' lo stare fermo? E

tu~

tavia esistenzi~lmente in senso metafisico (cio nel senso in !..<i


questo te!'!!line
il

~er~ine

signific~

stesso, per

capacit della fraudolenza che scambia

ci~

esistenzial~ente:

non per dire qualco-

ea che riguarda l'esistenza, ma per dire ci che riguarda l'esis enza ne 1 so;.o scambio di fondo iniziale) vero che i 1 :novime::c-

tJ ha co:ne punto di p?.rtenz.a il suo contrario: lo stare fermo;


per

c~.li

ci che viene visto in movimento, viene visto in :movi-r.en-

to perch questo il frazionamento iiidefinito dello stare fer:io;


che se riuscissimo a i'lt11aginare, a pensare qu!!lcosa che corre

s~~

pre 1 un cursare eterno, rischierem:no di pensare Dio nella :maniera in cui spesso pensir:imo Dio: colui che capace di correre-rn'3.-seT.pre, in modo tale per cui questa sempit2rnit del correre significa la. sernpiternit dello stare fermo; e se riuscissimo a pe!1sare il cursore eterno: ci accadrebbe nella misura nella quale
abbiaao come passato nella sua corsa in eterno il suo averlo conosciuto nel momento nel quale il suo correre era fermo ed era
fermo non a se stesso, era fermo a me, era. fermo rispetto al mio
stare fermo.
Quando ero fermo: quando l'uomo, dunque capace di questo,
era fermo nel paradiso della delizia dell'essere e l'essere fer-

Baruch_in_libris

133

mo significava appena la capacit di tenere fermo al mio stare


fermo il cursore eterno. Si potrebbe dire: la traiettoria del peccato in fondo consiste in questa rottura non soltanto dei cerchi
o di un cerchio ma del cerchio assoluto; del cerchio assoluto che
riguarda il cursore eterno nel modo per cui il peccare nostro
perch riusciamo ad interrompere la corsa nel cursore eterno e
lo costringiamo a correre appresso a noi.
Quando appare la coscienza dell'uomo co~e identit\ di s,
prima e contemporaneame nte a questo, Dio ha interrotto la sua corsa. E' come se, frammentando il cerchio che occlude e c0nclude
il cursore eterno, avessimo costretto Dio a cadere a ~ua volta,
perch caduto vicino a noi e il suo cadere significa dovere ~
care, dovere cercare, cadendo, rispetto alla circonferenza del
suo cerchio non magico; perch non poteva essere magico, questo
cerchio, perch quando diventa tale, lo diventa perch c' chi
ha paura della caduta di Dio su di lui, (e tutti i '.niscredenti
di poco conto so~o gli stregoni di questa magia).
Se riuscissimo a pensare il cursore eterno dovre~mo, per
pensare questo, a:n.mettere di averlo, conosciuto, e conosciuto nel
momento nel quale il fronteggiamento era il fronteggiamento fra
due fissit, fra due perfezi~n.i. La d:!!tabilit del1 'e:~sere supremo, beatitudine di Dio senza corsa e la beatitudine de11 1110"(IO,
o della creatura che correva entro la tot9.li t fini t'l. per~) beata
cio tale a nor::. potere cadere fuori 01 s, e per !nter c:idere
fuori di s ha i:'lventato l 'estreaneo i l calcolatore della prePt~
zione di potenza, il serpente, stato inver::.t2to dall'uomo, perch c' stato bisogno di un estraneo per la necessit 1i cadere
che l'uomo ha avuto. Per dire: interrompo il curRore eterno e lo
faccio a mia volta cadere perch eolo cos forse mi salvo, cio
solo se costringo Dio, cadendo, a correr"lli dietro, forse solo a
questa. maniera la mia salvezza inaspettatamente possibile.

Baruch_in_libris

134

~. 4. - POSSIBILITA' DI UN FOND.~'.EN':'Q IN QUANTO DETER!.UNATO E L'ESSENZA DEL LIMITE.

La contemplazione del cursore eterno un termine sempre


possibile; ma l'atto di questo ter~ine si ritrae fino a s ste1sso e fino a ci che ne consegi~e senza termine: avre~~o cos conquistato la determinazione del fonda~ento o determinato che la
determinazione del fondamento possibile. Pi propriamente: non
possibile la possibilit della determinazione del fonda~ento,
perch la determinazione del fonda~ento talmente possibile per
cui, dal ?unto di vista del fondamento determinato, il rapporto
tra la possibilit ed il possibile sta in e sta tra la de-terminazione del fondamento; dal punto di vista del fondamento determinato (cio dal punto di vista di ci che il fondamento in quanto determinato rispetto alla sua capacit di riferimento al.
rapporto dei termini di riferimento), dal punto di vista del fondamento deter:ninato dunque,
in questo senso, la possibilit del---- la determinazione del fondamento in quanto possibile non , per-- . - . -- - - -. - ..
ch la determinazione del fondamento possibile; meglio: perch
dal punto di vista del fondamento determinato, accade o si deter~ina che il fondamento determinato fa da medio a tutto ci che
gli si prospetta davanti, a tutto ci che stato prospettato in
-~-------------------------------------------

avanti e a
to

ti~tto

determL~ato,

ci che si prospetter all'indietro; il fondameno un fondamento in quanto determinato, finisce

per costituire questo pun:o

media.~o

dal cui punto di vista tutto

ci che stato determinato, stato determinato in quanto stato determinato in avanti e tutto ci che sar determinato, sar
determinato in quanto sar determinato alle spalle. Quindi se di~iamo

deter:ninazione del fondamento in questi

dicessL~o

terini~

come se

che, dal punto di vista della determinazione del fonda-

mento, assunta secondo la sua capacit di tenersi dentro se stess3


dalla stessa de-terminazione del fondamento, come se scattasse

Baruch_in_libris

135

il fondame nto determi nato o un fondame nto in quanto determina~o;


non direttam ente e immedia tamente il fonda.mento determi nato ~a
un fondame nto in quanto determi nato; tra la determi nazione del
fondame nto e il fondame nto determi nato, tra la determi nazione 1~1
fondame nto che possibi le e il fondame nto deter.ni nato, la possibilit, che non pi della determi nazione del fonda~ento, ri~Ja~
da il fondame nto determi nato; questa possib ilit ehe riguard a il
nto i.:l.
fonda~ento determi nato d dalla determi nazione del fondame
quanto possib ile, il fondame nto determi nato in quanto possib ilit e ci in quanto possib ilit di un fondame nto in quanto determinato.
A questo punto il fondame nto determi nato qualunq ue esso sia,
perch tale fa da princip io, il fondame nto determi nato, qualun~~e
esso sia, perch tale, cio perch ~ quale esso , perci fa
da princip io, e fa da princip io nella ~isura in cui il suo fare
da princip io finisce per determi nare un fondame nto deter.ni nato
il quale, in quanto determi nato, determi nato in quanto qua:e
esso , o in quanto quale esso nella ~isura di rapport o a :i~
che il fondame nto determi nato non co~e quale se stesso, cio :ome se stesso, ma come tale, in quanto non quale esso . Potre~
mo dire: il fonde.:nento determi nato in ta.~to quale esso in :;ante un fondame nto determi nato; come se un fonda:ne nto in qua~to determi nato, non potendo pi fare da princip io, n potendo essere a princip io, (non o' neanche il proble~a di dire: n po~e~
do essere il princip io) ri~ane costitu ito come identica mente c~
stituen te il l:i::lite di contraz ione di tutti i limiti possib ili;
limite di concent razione in uno di tutti i limiti possib ili; la
concent razione di tutti i limiti in uno fa di un fonda~ento in
quanto determi nato il princip io costitu ito che costitu isce 11 processo per mezzo del quale tutto ci che stato, stato in que.!lto stato al contrar io di s, tutto ci che sar, in tanto sar,
in quanto sar al contrar io di s. Dal punto di vista di ci il

Baruch_in_libris

136

principio in quanto costituito non il principio e non neanche


principio, ma il suo essere tale quale (a questo punto il ~
~e il quale si unificano): un fondamento in quanto determinato;
~_pr~n~ipi~--~.<'~!~:t11~ t?_ i_n questi termini come se dovesse neces-

sorta di estraneit
costringere tutti i limiti
sariamente
--- a una
.------------------------------------ - ----------

~~-~~ti i _limi ti non a se stessi ma al limi te c?:ne tale; tutti


lL~iti

rimangono limitati alla loro pluralit possibile, alla


loro plurizzazione possibile, ma tutti per conosciuti nel l!lli-

te in quanto uno a questa maniera. La conclusione che i limiti


non corrispondono al li:nite, i limiti diventano inaspettatamente
il principio di ricerca del limite; i limiti, una volta posti,
in realt corrispondono in quanto posti, al loro porre la necessit di costruire, di determinare, di conoscere la ricerca del
limite come tale, non del lLmite come tale in quanto questo significa ~-R1:.~~~i_I:~~-~=-~ ~imi ti, ma. in quanto il li:ili te come tale
__significa l'identj,t c1ei li:niti1 cio quell'essere del limite come ci che congiunge il suo essere estremo al S'..lO essere al centro di s, il suo essere estremo rispetto a ci che costituisce
il centro di se stesso.
Nel ~i-~__i:ti: __ qllanto ~?.-1.e_il limi te non h!J. _limi te in s, ha
perch nel limite in quanto tale, ci che lilimite nei limiti,
----------mi ta il limite non il suo essere quello che , limite, ma la
pluralit delle sue posizioni che moltiplicano la ricerca del limite. '.IUtti i limiti possibili in realt non sono la necessit
del limite, sono la necessit della posizione del rapporto al limite; in quanto e per quanto il limite, da questo punto di vista,

------.... _
questo essere concentrico che ha sede nella sua capacit di coe-

stendere il suo essere al centro di s con tutto ci che fa estremo a questo centro stesso; ma allora il linite in quanto tale corrisponde a una sorta di superficie che dal centro alla sua periferia come se capovolgesse continuamente il rapporto fra centro
e periferia; co~e se il limite in quanto tale costituisse una

Baruch_in_libris

137

sorta di superfic ie di terminaz ione del centro, di essere finito


del centro, di essere compiuto del centro, di essere perfetto del
centro, in modo tale per cui la perfezio ne del centro non l'estremo che chiude il centro, ma il punto stesso, la puntuali zzazione dell'estr emo, il rendere l'estrem o come puntuali t assoluta di s stesso.
Per qtesto nel limite, dal centro all'estre mo, il limite costituito dalla sua capacit di moltipli care per ondate successi ve
il centro stesso, lo stesso centro come questa capacit di moltiplicaz ione di s fino al punto nel quale moltipli care s raggiunge non un confine esterno al centro, un confine dato, ma raggiunge il determin arsi del confine, cio la riflessi vit del centro
come capacit di rendere piano, solido tutto il percorso che lo
separa (e che separand olo per lo unisce), dal suo centro a ci
che il centro diventa attorno a s stesso, centro. Se a questo
punto possiamo sostener e che tutti i limiti possibi li sono in realt ~~tto ci che il limite non secondo s stesso, ma tutto ci
che il limite diventa secondo la ricerca che i limiti fanno del
limite stesso, se possiamo sostener e questo tipo d'impian to del
limite, dovremmo dire che allora il limite, in quanto avente stranamente limite a questo modo in s stesso, avendo limite in s
stesso non limita niente altro che tutto ci che dai limiti conduce al limite stesso; non limita: cio non capace di rendere
s stesso esterno alla sua identit , se non nella misura in cui
----- ----- ----rendersi esterno alla identit che il limite per s stesso e
di s stesso, signific a determin are ci per cui serva che questa
identit venga resa esterna. Se c' un ente limitato ,.l'ente li---------------~---

mitato ha principi o da ci che il limite come tale, l'ente finito, da questo punto di vista, ha principi o non nella entit che
lo fa dire ente ma nella limitati vit, ha principi o in quella che
possiamo comincia re a concepir e come la stessa essenza del limite
la cui essenza vera il fatto fondame ntale, assoluto di non ri-

Baruch_in_libris

138

guardare ci di cui essenza: il lim1'te,_ ma c 1 0' per cui l' essenza del lL~ite serve perch qualcosa sia. E' come se stessimo sostenendo che ogni ente in tanto esiste in quanto ha come principio, per sua essenza, non l'essenza che gli propria dopo, ma
l'essenza che gli propria prima di s; perch l'essenza che gli
propria prima di s stesso l'essenza che tale del limite
in quanto non fa essere il limite ma fa essere ci che in quanto
limitato, fa a sua volta da principio reduplicat o della stessa
limitativ it del limite.
Tutto ci che il limite , in quanto questa essenza, non
ha bisogno di essere continuato fino a questo punto per cui l'essere continuato da questa essenza significa che continuand o penso l'essenza -di, perch penso l'essenza e basta, cio penso, da
questo punto di vista, l'essenza in quanto tale, mentre conoscer l'essenza -di; a questo pilllto la conoscenza il futuro dell'----------------~----

----

essenza, il futtn"o dell'essen za nella stessa misura in cui questo futuro stato passato, letteralme nte: questo futuro stato
passato; tra il futuro e il passato, nello scardina~ento di tutti
i tempi che sta accadendo , chiaro che non il terryo che non
esiste pi, non esiste il presente; diremmo: non esiste ci che
ragionevol mente ha f8:tt~-~~_Pre da pr1:ncip_i?_ al t_E'_?_Po_~ Ttttta la
fatica speculativ a di questo tipo di questione e delle questioni
successive , non consiste nel rendere il tempo senza s stesso,
ma nella capacit di avere conosciuto talmente il tempo, che questo significa riuscirlo a pensare senza il proprio principio , senza il principio del tempo; per cui s riusciamo a pe~sare il tempo senza principio , il tempo non esiste pi, e questo esattamen te
perch del tempo ci che continua ad esistere il sussistere di
elementi che servono al conoscere , non al tempo; del tempo ci
che continua ad esistere la sussistenz a degli elementi servili
conodel conoscere : il passatto e il futuro; in altri termini il
-------scere si

coniu~_co:n ~ue_~empi

soltanto:

Baruch_in_libris

:pass~to

e futuro. Non

139

potr dunque mai pi dire io conosco, ma dovr sempre bilancia re


l'atto della presenza al conoscer e fra il passato e il futuro e
non potr pi dire che, nell'att o del bilancio tra il futuro e
il passato, dire io conosco signific a, presumer e e sottointe ndere
che io sono presente a ci che sto dicendo, che io sono presente
al passato e al futuro per memso dei quali io conosco, o che sono presente co::ie signore dei servi che mi servono per conoscer mi:
la signoria degli ~~~!'.:enti servili del conoscer e, la signoria del
futuro e del passato, cio la coscienz a; - non potr mai pi dire
-
che la coscienz a serva come principi o di conoscen za filosOfi ca,
se conoscer e signific a questa capacit , questa possibi lit di usare gli elementi servili che sono gli elementi servili per mezzo dei quali finia~o per comprend ere finalmen te che il tempo
-------------~~---~----~~-~~-------------------...

.--

stato reso senza la propriet del principi o.


Conoscer e a questo punto radicalm ente , potremmo dire, sapere, ma un sapere in un certo modo, sapere che il tempo senza
principi o, o meglio che il tempo stato reso senza la propriet
del principi o, non senza la propriet del principi o che gli proprio, ma senza la propriet del principi o che abbiamo sempre avuto la necessit di ri-conos cere del te~po; e il paradoss o di questa question e consiste nel fatto che abbiamo avuto la necessit
di regalare il principi o al tempo perchs solt3.Ilto a questa maniera abbiamo avuto la possibil it di concepir e il tempo; lo scarto
tra principi o e tempo in realt sta nel paesaggi o doppio dal principio al tempo, dal cui punto di vista premrno il tempo, e dal
tempo al principi o dal cui punto di vista presumo il principi o.
In questo senso, lo scarto del rapporto tra tempo e principi o e
tra principi o e tempo in realt corrisp~nde a questa
zione assoluta che starebbe a fare da sfondo a tutti
possibi li, tma volta che il principi o assicura to a
sa per mezzo del quale scatta qualche altra cosa che

Baruch_in_libris

indeterm inai principi


qualche co la tempo-

140

ralit del tempo. E' come se ci stessimo avventurando in un tipo


di impianto che significa la soluzione di tutte le questioni possibili; soluqione come scioglimento di tutti gli elementi che hanno costituito le questioni. Ma l'unico che rimane dissolto il
tempo; proprio perch l'unico a rimanere dissolto il tempo, il
ce lo potremo sempre trovare in modo tale da poterlo ricomporre; lo scioglimento degli elementi che costituiscono tutte le
questioni possibili non riguarda il tempo, riguarda gli elementi

te~po

per mezzo dei quali ho composto il tempo; e gli elementi sciolti


dal loro costituire non corrispondono allo scioglimento del tempo; costruire una filosofia non significa rinunciare alla temporalit del tempo; la temporalit del tempo continua indipendentedel
che --i-l---continuare
copvincerci_
e potremmo.. :f.i~a~en,tEi
mente; ------------.
-- --.
rapporto al tempo; tenentempo riguarda soltap.to tutto ci che ha
- --- .. - - -

-----------

~--~-----------------

do presente che per tutto ci che pu avere rapporto al tempo ho


bisogno di inventare il principio del rapporto al tempo perch
il tempo si trovato a questo punto senza principio, cio senza
la propriet del principio, senza essere il mondo astratto vuoto
di tutto, riempito dal fatto che questo mondo viene agganciato
al principio; non ad un principio ma al principio.
Questa possibilit di pensare qualcosa, qualunque essa sia,
se viene ricondotta ad una sua questione originaria, viene ricondotta nel senso e nel limite nel quale ricondurre a una questione possibile qualcosa che penso, qualunque sia, alla sua questione originaria, in fondo significa riuscire a pensa.re qualcosa nel
suo principio in modo tale per cui pensare qualcosa nel suo principio significa la capacit di tenere sempre in piedi la durata
dei rapporti che legano pensare qualcosa a tutto ci che mi fa
andare all'indietro fino al pensare qualcosa nel suo principio
e fino a quel punto nel quale si potr dire in assoluto: pensare
il principio nel suo principio. Se noi potessimo dire: la questione radicale significa, , la possibilit di pensare il principio
Baruch_in_libris

141

nel suo principio, avremmo appena radicalizzat o il tempo, cio


c~-~-!? __~_i __d~~eEI!1inare in assoluto tutti i rapporti che legano
la durata del pensare qualcosa fino a quell'istant e assoluto che
~ta a principio di questa stessa durata;_ qualunque cosa penso,
allora come se pensare significasse durare nel principio, permanere nel principio; esistere, sussistere, consistere, essere, comunque sia, tutto questo significhereb be permanere nel principio;
e questo dovrebbe regolare la strana partita tra il qoa-ieosa che
permane come se stesso e il principio che continua ad essere il
principio: permanere nel principio nella doppia partita, per la
quale qualcosa continua a permanere come se stesso nello stesso
tempo nel quale il principio continua ad essere il principio; dovremmo chiederci a questo punto: quando? non solo, dovremmo rispondere: sempre
Dovrel!1Illo cio porre una domanda limitata al tempo per dare
una risposta negante il tempo. Il permanere di qualcosa che significa la dura~c1~_1 raJlporto a ci che lo fa essere dal principio
e nel principio, per cui questa partita doppia: per un verso
- ..
.. ...
il permanere di qualcosa vuol dire il per.nanere di qualcosa secon-

--

--------~--

do come quel qualcosa , nello stesso tempo nel quale il principio


rimane se~pre il principio; e questo ci costringe a dire: ma ouan~ accade che questo sia? per dovere rispondere: sempre. Dovremm~
cio porre una do~anda per la quale sappi8.!llo in anticipo che la
risposta la nullificazio ne di questa domanda; la risposta significa negare la domanda stessa; dunque in filosofia le domande sono assurde non solo perch retoriche, come le domande considerate tradizionalm ente le dorna.nde filosofiche fondamental i (chi sono?, dove vado?), ma perch abbiamo conquistato finalmente la domanda capitale la cui risposta annulla la domanda. Abbiamo conquistato l'unica domanda che sarebbe verame~te possibile, ma proprio
quell'unica domanda che l'unica ad essere possibile, in realt
sta a significare che questa domanda, proprio perch l'unica posBaruch_in_libris

142

sibile, riceve come risposta il suo toglimento, non la sua negazione, ma il suo essere negato con la stessa posizione di s.
capitale a questo punto lo stesso che il
suo essere posto il cui essere posto l'essere negato di s: sem.E!! in risposta alla domanda: quando? significa l'essere negato
L'unica

do~anda

del quando; se rispondo sempre sto dicendo non il contrario di


quando, ma il suo svuotamento interno, per cui se rispondo semnre
il fantaE:::a di questa risposta il quando, cio il tempo, se comincio coi:. q1.iando? cio il tempo, il fantasma di questo cominciare la sua fine cio sempre. Tutto questo chiarisce come sia di
poco conto eli::linare le domande retoriche della filosofia, mentre
pesante quanto riguarda la domanda la cui risposta annulla la

domanda perch questo dura sempre, dura sempre la necessit di


eliminare l'essere posto con la identificazione del suo essere
-- ------ - ---

-------

'

negato
Sotto un diverso aspetto di questioni, per quanto riguarda
il rapporto a chi colui che pu avere il problema di dire: quando? per riS1JO~dere: sempre, da chiarire che stia~o parlando del1 'esistente co=e quell'unico che pu essere legato, uncinato a

questa scheggia del pensare che fa da uncino, che fa da chiodo


sporgente, pe~ c~i forse proprio rispetto a questo, l'esistente
come chi io so~o, pu essere perch considerantesi uncinato a questo, crocifisso senza croce, perch ferito da ci che lo sstiene.
L'e~2ere creatura, come la dimensione per mezzo della qua.di me chi io sono, questo sta a significare la
mia possibilit storica esistenziale, di ricnanere crocifisso alle io posso

di~e

l'uncino che mi crocifigge ad una sporgenza che mi ferisce nel

fa capire che tutto ci che io sono come l'esistente eh~ colui che , in realt corrisponde a t-o~tta la inanit della risposta che toglie la domanda; il se~pre rispetto al
profondo

perc~ ~i

quando. Tutto ci che mi rig-.la.rda nella profondit, nell'essere


che io sono co:te esistente, mi riguarda soltsnto nella capacit
Baruch_in_libris

143

che io sono come esistente , mi riguarda soltanto nella capacit


che io sono di rimanere appeso alla ferita che mi riguarda. Non
pi metaforic o allora il discorso delle origini che teologica mente siamD abituati a cercare di compiere cercando di far capire che non avendo capito in origine abbiamo capito dopo, perch
c' la rivelazio ne; non pi metaforic o, secondo la ragione profonda di ci che l'esisten te in quanto sempre chi, colui che
, pur essendo qualcosa dell'esse re che io sono, perch sta a significare la necessit di comprende re, di essere padrone (non come lo schiavo che riceve la ferita), di essere padrone di questa
ferita, perch la ferita vera la capacit di rimanere appeso
alla sporgenza , di rimanere appeso a questo essere uncinato in
modo tale per cui l'esisten te da questo punto di vista in tanto
qualcosa perch e la sua capacit di rima.nere appeso a questa
sporgenza assoluta nei cui con:fronti l'esisten te non ha nessun
problema, perch in questi termini come se il pensare si presentasse fatale all'esiste nte, nello stesso senso nel quale nessuno
di noi pu mettere un limite ai suoi pensieri, non alla sua fantasia, nessuno pu impedire a se stesso di pensare e niente pu
impedire a chiunque di pensare, dal punto di vista dell'esis tente come determina zione finita di s stesso. Non possibile i!ilpe~ all'esiste nte di reagire a questa sorta di capacit i~posi
tiva del pensare o del pensiero o dei pensieri, perch veramente
dif~icile dire di no al pensare dal punto di vista dell'esis tenza; l'esisten te come tale, non pu, non sa dire di no al pensare,
fonde.ment almente perch non gli pu dire radicalme nte di no, perch l'esisten te potrebbe dire di no al pensare soltanto se potesse dirlo in termini radicali; ma ee l'esisten te potesse fare questo, l'esisten te darebbe il pensare immediate. mente incarnato nella sua capacit di dire di no; e da questo punto di vista un solo esistente stato capace di questo, un eolo esistente stato,
sar, , capace, un solo esistente questa capacit di dire di
Baruch_in_libris

144

no,in quanto il suo dire di no la incarnazione del pensare stesso come tale: che si chiami ~-~s~~--~ discorso teologico, religioso, biblico, ma che aia il Logos, che sia la seconda persona della Trinit, colta nel momento nel quale tutta la sua plenitudine
di essere si espressa nel dovere dire di no al Padre (c' un
momento nel quale Cristo dice di no al Padre), questo significa
che in quel momento dire di no al Padre era dire di no a se stes---~--------~--'

so e perci al Padre. Se noi riuscissimo come esistenti a ~ire


di no a noi stessi in questi termini, non avremmo mai avuto bisogno dei padri come di birilli da far cadere con le nostre contestazioni perch il padre che ciascuno pu essere per il proprio
figlio sconta il fatto fondamentale che padre rispetto al suo
essere figlio di s come esistente perch l'esistente padre di
s, quando e se pensa, e come figlio di questo suo essere padre,
quando e se pensa, l'esistente che ogni esistente , ma senza
birilli da abbattere, cio senza potersi staccare, senza potersi
dividere, senza pcter far distinzioni tra l'esistente che , ed
essendo figlio, e il padre che questo esistente sarebbe in quanto pensante, perch il padre che l'esistente in quanto pensante

de~tro

se stesso e dunque non pu giuocare a birilli con se

stesso a questo modo.


Allo~a deve rimanere uncinato. I l ~adre che l'esistente
co~e capacit di pensiero, non chi come esistente finito, ma
il pensa.re come questa capacit assoluta per mezzo della quale

l'esistente rimane appeso alla sua capacit di essere legato al


pensare a questo modo; allora l'esistente non pu d.ire radicalmente di n~ al pensare. Si pu dire radicalmente di no al pensare ;
soltanto nel caso assoluto che

corris~onde

al1'a.nnullamento di

I.

tutti i casi perch il Piglio, il Logos non i l caso assoluto

i'

della potenza del principio per i l Padre, non un caso assoluto,'


l'assolutez~a

del rapporto al :Padre; per questo in questi ter~ini il discorso si pu fare, e il no suona assoluto I nostri

Baruch_in_libris

145

casi sono relativi, ed il caso relativo che l'esistente in


quanto relativo, da questo punto di vista, al pensa.:-e; e per il
pensare lo sostiene e lo sostiene in modo tale per cui sostenendolo cos, uncinandolo cos, ferendolo cos, in re~lt lo consegna alla storia come principio di tutte le ferite di cui l'esistente poi sar capace continuando per s e per tutto ci che poi la
storia a partire da s.

. 5. - IL CONOSCERE E L'ESSENZA DOPPIA.


Un caso relativo al pensa:-e: cos, forse, ~i~ane culunniato l'esistente, un caso relativo al pensare e il pe~sare, u..~a sorta di fatalit impositiva nei confron~i dell'esistente. Sembrerebbe che i vari piani di discorso siano pervenuti a <.I.I!?. specie di
che il pen..
rendiconto finale; perch potre:n.'!lo rlire a questo pu"'"'.to
sare e l'esistente si fronteggiano, o aL~eno si potre~be d~ un
certo punto di vista riconoscere, confessare che fi~aL~ente o il
pensare ha trovato ci che gli fa da rlirimpettnio, ci~ co~e l'esistente, o l'esistente ha trovato ~' in qualche m):l.) gli con::oente qu.esto stesso; il pensare co:ne se avesse trovato ci che gli
fa da :fronte del mi.o stesso rifiuto e L"l questa senso ~ C0'.1.e se
il pensare avesse trovato il qualc0sa che serve al qcl.e.lcos?. !"tesso per esistere, per essere qualcosa :-::a coT!le fronte C:el r:.:iuto
c~e serve al pens<l.I'e; co~e se il pen~are ~ve2se t~~vnto ci c~e
l'.) fron:lieggia ed co~e se l'esistente avesi::e trova-+;::i chi CO:l~en
te all'esistente di fare questo. 3' co~e se l'esistente avesse
trovato chi; cio come se l'esistente avesse trovato il modo
di co~prendere l'equivocit dell'esistente stesso; l'esistente
sua aequivocatio fondamentale, un suo d:.:e s stesso
d.te volte ugualmente, che consiste nel fatto che per tm ver~o l'esistente viene compreso, o visto, o in qualche ~odo tenuto fer~o come qualcosa, e per altro verso, per, da questo, l'er:iR.tenavrebbe

\Ula

Baruch_in_libris

146

te co::rprende che chi lo tiene fermo come qualcosa ci che gli


consente di potere essere visto come la possibilit di non essere qualcosa, ma di essere qualcuno, di essere l'esistente, esistente in q_uesti terraini.
?otre!:l~o

dei

~anti

anche riprendere il discorso e condurlo per

u..~o

~omento

del

sentieri che

se~bra

si vadano, in questo

discorso, determinando, generando, origir1ando, forse con una facilit~

ma a

"7.!:oppo facile, troppo felice per essere

~"'..lesto

vera~ente

felice,

punto co::ie se dentro tutto questo ci fosse un qual-

che nodo di fondo che non riesce ad apparire, o che non riesci
ad app::.l":.:e perch non ancora maturo nella determinazione di
s; non ancora maturo nel livello nel quale, tutto ci che sta
fiore::ldo attorno a questo nodo, ancora n'.lscosto, e nascosto soprat"'::utto a s stesso, sta a significare che tutto ci serve per fare
pi ~econia, se possibile, la sua nascita, nella :nisma in cui
la fecondit3. di questa nascita significa avere generato tutto ci
che :,, p::issibile ge:-:.erare fino al punto-limi te nel qiJ.:ile tutta la
gener~:ione possibile ha determinato tutto ci che possibile
gene>rm"e riel limi te estreno di tutti i principi possibili, e quindi nel l~~ite estre~o, di ogni origine che ~ deter~inato alla origine :;i:.:.:. -ossol'.lte. di s stessa, in '.'.lodo tale che se 1' origine sar3., o !?, e se..r crud::-'71ente, radical'!!ente s stessa: non sar tale per '7...ltt~' ci:':> c~e h:1 originato o :iot::- origin'.tre, n tale
per t"t:":1;:i ci) che he. originato, r.ia tale per l'atto di quella
'.l.e ter:::i:'.a::io:i.e in-::er::a che la rigua:rd'.l intrinsecarnente e talmenquale questa origine , il su.o essere la
cniu<ier L>-1 s, taL-ne:nte, per cui nella clausura dell'origine cote cfie,

::~l

:":o:nento

n~l

s dete:""Jinata e cos determinantesi come se

fi~almente

perci

il p:-i4cipio il principio, o il principio in quanto tale. Nei


ter~i.~i i i queste q'.lestioni, allora, che han..~o costretto il discorso a te-:;atizzare ele:ienti della questione stessa, anche vero
che

r~tto

questo

deter~ina

una eituazione di fondo che non appare

Baruch_in_libris

147

nella sua ootterraneit, che non nell~ cua principi~lit~, e appare in ci che fa determina.re.
Allora come se nella fatalit i~:posi ti va che i l pensare
sta scoprendo di s perch gliela scopre l'eEistente, come se
:i.slla forza imperativa del pensa.re (che il pensare sta esercitr.i.ndo r:.o:c. perch la sta eserc tando co::ie ~ensare, ma perch~ se la
esercitata dal punto di vista dell 1 eE'istente che , e cfl.e
co:'.1e ci che fronteggia il pensare), il pensare stesse maturando molto faticosa~ente la fatica ancestrale che lo rigarda nel~ov.:

costituzione interna; come se stesse maturando la fatica di costituire la sua s~essa interna co~tituzione,
per la quale dovrer:uno cominciare a dire non gi che difficile
la sua

~tessa inti~a

pensare, n che difficile pensare il pensare, ma difficile


seguire nel suo interno il movimento di costi~~zione di questo;
anche perch il movbwnto di costituzione di questo non qualche
cosa che viene eguito da altro che non sia questo ~tesso; il movimento interno di costituzione del pens~re , a queRto punto,
s stes~o, (non 3i
che
lo stesso movimento che si segue, ....
--...
- . segue
inse~~e), e seguendo se stesso dovrebbe, in aualche misur~, riusci::-e a porre quell'intervallo che gli necessario, quello :1pazio 1i cui hn bisogno per potere dire che c' tm rnovineY!to che
c-os!;ituisce il !)enf'~'-re, !Hl altrettanto c' i que!'1tO ::iovi:nento,
-~

e:~

che segue ':luesto

~~ovi::?ento

ster-so. (''P

'tL~ ir:ovi~:lenttJ

c'1e costi-

t".Jisce il pensare il quale (> seguito allo steri~o pen:-are; c'


m movi:nento che costituisce il pensare 1 ".l.."1 dina:nismo, una dinamica costituente il pensare che seguita in parallelo dallo 5tes-

1..

so pensare. Sembrerebbe che possiamo pensare che, mentre il pensare si va costituendo, il pensare segi~e questo suo andarsi costinon possiamo pens!ll'e questo, perch, per potere
pensare questo, avre'l.~10 dovuto continuare a disporre del te:r,po
~he r.ecescnrio per potere ,!)ensare a questa. maniera. Quet"to di!:'COr!'1o potrebbe rischio.re di iinire ap-::>ena i:;iziato perch potre::-:tuendo;

~entre

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148

:no cav::.::"ce'l.D. dic.:;:1do che 3i tratta di deter::iinarF il pensare ::-i.e:i.-

12 ..:.:-~:':2. cne gli propria i:i p:-..rallelo

8.

ci~ che il pe::-isare

nc,11~ successione che lo riguarda nel suo mov'i.;ns~1tc. O ancor'.3.:

c' 8 ,..._, -::e~,.,~0 del pen sat'e che no!l corri :::po?lde e.l pen~e.re s+,e ss'.l,
:-.ella :nizura nell8. qu-=\le il te:rpo del pe::r->a.:.e no!l re!lne
!Je~~n.re.

po de:.

E sare'be facile. E

~.ne ora:

e'~~

il

t.e~uo

del

p~~-

sa:e ps:- ::-.ez::o del quale il pensare costituito ?.l movi-:ie:rto


che ':i :, ;J::-oprio e per in qnesto te;;rpo il pe!12?.re !lura co:ie ,ensare, :.:. pensare il durare stesso del pen::;re, ::on esaurito 1al
te::::po c!le lo costituisce, e cio dal :novimento
:;o!:

possi~o

pi pensare a questo

~:odo

c:~e

lo fa essere.

perch c' lo ste;;-

sc pe::sare che impedisce s stesso, che 1 1 impedi:::ento, che


impedi=e~to

con s stesso, a

s~

stesso, perch il pensare a 1118-

sto p.;=.to ra.dicabiente i"':lpedir;ce s Atessa, perch lo stesi:o


pe!ls~re

nei
la

c~e

ha determinato

-::o~.:r'.l:J.ti

l:~

del tcrnpo, lo

'5i2~pp-.''.lpriRzionc

dirmppropriazio'."le 1el principio :i


ste~~so

pen;,are che h'.'. :ieter::iinat;o

del :orincipio non del

p~i:i.cipi'J

come tale,

'":!a di :;u-,llo che il principio se::ipre appar::o, 1' se:ipre


co:-::e c;r:.'.ie:1z:?. del princi;_)io, in 1ua!lto principio
ria:nF'.1.-;~ ~1

l~~to,

~tat'J,

!ieces,:t-

te::rpo. In o.nesto senso, stato c'1i:l:'r!.-ente de".,er"li-

:-.ella. -:::.::-.:::-?. in

~ui

pcn:o::re sta a sip:nificare u:::t se>1-t2 di coi:i.;~:-,e ;:;i

g?zi:-:-.i :i.c:::i.e c:ir:se,.;;u.en'.'.'.e

servon'J ,, !l?..!'tire

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1)e::s:!re,

pcmf''.lre nella 'llisura ir.. cui pe!1""a?"e ~ta e :!.... ~ . -.---------------- . -- - .. - - ---- . _fF'~-~~c~.~ ..'~~- te:::pora_liz?'lzione ci:ie usa i l p~n.s<u-e; ir. questi terr,on "Ji-'.:

-:J~3sio:.le

-------:------~----

~ini us~.ndo

--

il

--.--

.,

~empo

pensRre: in tutte le espressioni per

~ezzo

delle -:_".A:=. li "b.::iia-:io detto pensiamo, Dio, l' .10~0, i 1 pe:-1si ero, ir.
:-eal~i ::J!1

::io 'E-::o:::.o,

:i.':tia:no detto quello cte in realt .ici'!..-r:o oer::-h stias~ia.":lo

dur2.nfo in

l~

rn011ento

Baruch_in_libris

att;reve:-~o

il qu:::i.le slit-

149

del quale organizziamo una successione sistematica di tutte le


consecuzioni che ci servono per conoscere. Abbiamo sempre usato
il verbo pensare (non la parola pensare) in questi termini fondamentali, per dovere, senza volerlo, riconoscere, conoscere due
volte, che usando il pensare come verbo, dovremmo riconoscere,
che in tanto lo possiamo usare come verbo in quanto lo dobbiamo
~~8.::"_!_ __ ~~11:2';?- __co!lc::e~to, tutto ci di cui i l pensare stato capace,
al limite, tutto ci di cui il pensare capace, per mezzo dell.1uso che il pensare stesso consente di s, ci per mezzo del fatto che il pensare ha nascosto di essere ci che si concepisce,
ci che concepisce s stesso come in questo momento nel quale dura il passaggio di tutte le successioni consecutive; quando il
pensare stato questo, ha nascosto che in questo modo il pensare concepisce s stesso cos perch questo significa doversi ri-conoscere come verbo, cio dovere conoscere se stesso due volte,
ogni volta nella quale una conoscenza sistematicamente deter~i
nata, dovere conoscere s stesso due volte, cio dovere ammettere che al principio c' questo essere concepito che il pensare
in quanto concepiente s stesso a que~ta maniera. Ma questo serve
solo come principio, come punto di inizio che lascia il pensare
chiuso in s stesso, geloso di questa sua intimit imperscrutabile, e per altro verso ecco perch conoscere due volte, per mezzo
di questo, tutto ci che conosco significa l'uso del pensare.
Nel momento nel quale arriviamo in-vece al fronteggiamento
4.
tra ?ensiero~sistente, questo gioco non pi possibile, il gioco finito; perch il pensare, dovrebbe reintrodurre un principio, per continuare a questo modo, per continuare secondo questa
sua possibilit,(che tuttavia del resto permane, perch storicapotremo continuare, o continueremo, o contiueranno, a pensa.re a questa maniera, continueranno a usare il pensare a questo
modo; storicamente, anzi direi, questa possibilit l'unico at~ente

to del quale il pensare si riconosce capace, per cui assicurawa

Baruch_in_libris

150

u...~'eternit

paradossale, una perennit nella storia a tutto ci

che il pensare storicamente da questo punto di vista). Una possibilit che storica~ente possibile altrettanto per quanto speculativamente non . Nella misura in cui storica~ente il pensare
rimarr questa possibilit pura, (pura rispetto a ci che speculativa~ente, impura rispetto a ci che il pensare diventa nell'uso stesso che se ne far, o ne faranno o ne faremo se condannati a riconoscere di nuovo questo stesso riconoscere), pura e
impura poi nella sua determinazione storica, per altro verso speculativamente non ; il pensare non (non posso neanche dire non
;t
pi) perchV'fronteggia:nento che l'esistente nei suoi confronti toglie ogni partita possibile perch l'esistente rappresenta
la frontiera che il pensare non pu pi superare. Oltre questo
limite che gli fa da frontiera, il pensare non ha pi niente, anche se pu rimanere il principio di tutte le conoscenze ulteriori, di tutte le conoscenze che serviranno e continueranno a servire; dal punto di vista speculativo cio appena e soltanto dal
punto di vista del rapporto di controllo tra pensare ed esistente, come se l'esistente impedisse il pensare, p~oprio nella misura in cui l'esistente radicalmente non pu dire di no al penGare: l'esistente, in quanto sia l'esistente che (non l'esistente in assoluto) non pu dire di no radicalmente al pensare, nella
misura stessa nella quale questo il lasciare che il pensare reciti la sua parte di L~posizione, eserciti la sua fatalit; e questo significa per che l'esistente impedisce il pensare, non radicalmente, ~a elementarmente, perch come se costituisse tutto
ci che il pensare ha pensato, fino al punto che questo tutto
ci che il pensare potr pensare; e tra l'aver pensato e il pensare, esistente fB.!"e da cella della sua identit per un verso,ma
per altro verso consentire di essere estreniato,.portato fuori di
s~,

dal passato al futuro, in modo tale per cui tutto ci che il

pensare potr continuare a pensare in realt

Baruch_in_libris

~ t~tto

ci che il

151

pens:ire ha pensato.

-:o,

L'esistente impedisce il pensare, l'esistente l'i~pedi'Tien


i:npedi-:iento ~"pensare; i:i<J. l'esistente, che rir-pe<:-to alla dop-

pi.a. partite., per cui l'esiste:?:'lte non capiva il su.-, -p::.2to ri2petto

2l: 1 asistenza, 2112 son~ia, al soph~, l'esistentP, cJ~e i~pedi


co~e se dovesse cnnfeasare, ric0~02cere, co~o22re de~
':!") se stesso che 1 'unic'3. essenza c,.,e ,'?:li pY'op:ia c-:-.e 1~1ipri3.
.i s, (no:; l'essenza che pu ve:J.ire deter"!inata nei s.:.oi C'.1:-tfron-

~e~:~,

ti da ci che l'essenza risuetto a..i. lir'iite) nn l'es~'e:'.~n c'.ce


p1~ essere l'e~senza che Eli ~ ,ropri~ ~o~e ci~ e~~ lo ~a essere

dentro s stessn il suo essere

deter~inato,

~uest~ es~e~za

tale

uer cui l'esistente non esiste se non nellE :nisura in ~'.li o secondo la quale il suo esistere l'impediment o-a, non e:~iste se :?:'!on

nella misura in cui il suo esistere impedimento- a, i~p~di~ento


a ci di cui l'esistente non sa :dente, perch{ i':lp(>di"'.'lento- a in
perch~

~ssoluto,

~1 p~:-isare,

se

l'esistente
~ssere

:lel suo e:=ir-ere,

csp~~i t

che si

impedi~ento

non l'esistente che I> cAuRce rii fare

q'iesto !'luo

~"';es:--o

c~me

1'13.

in rapporto "!ialettico
per la c<i.p"!.ci ti\ li

ri~e~i~ce

~~stt1re
E~

doY~r

da

pen!Rre p-?r
f>2""'re, per

l'esse;i'.'.a che p:li ro:npf'te, per l'esr-en?:a -:-'1e ntt essp1e l'ePsen-

i-~

~.ianto

~"':t.:J

'~i

110n esiste:-ite in aua11to

de"';er~ii,..'l::i"ne

in

ci che 18. sua esi;:en'.''.3.: l'e!=dten?'!.) ; -oer -.Hi se clic1

esistente,
~i::.

esi~:tenz.~,

astr~endo

dalla

deter~inazione

finita dell'esistPn te

che lo fa ei;:sere esister.te questa esse:'."lza co-ne ci c!"!e gli

appartiene propriamente ,

costitutiva~ente

nella

ele~ent~rit~

che

lo !odera dall'interno , che lo veste, non per0 dandogli ~or~a dali'esterno per cui ci~ che indossa ci che lo fa v~dere. ma lo
Yee-te in ::iodo tale per c'..li ci che i.ndJEn::a ci che
vec~ere

:-.0:1

l'J fa

perc:i. ci;, chs lo vsste ci~ che ~oEtitni!:'ce ~l 'te~Ruto

che fa d'l li11i te inten:o a tutt:i cib cr.e lo li:"li t!l e!"~~r.H'..;ner1te;

Baruch_in_libris

152

du...~que

l'essenza

co~e

~er cui

ci

de::1tro s Ptesi:o di qualcosa

l'esistente si trova vestito

~he non

la su-:t espen:::a vera: e di-

cer:do ~ debbo dire che ::;'.Jn ;; la sw1 essenza i11nr'.lnria, perch

l'essenza vera
i~pro~~i~~~

tutto ci~ di cui l'essenza ~ capaoe so~e quella

7a c!:e lo riguard2
--~~~llq

che

de~er~ina

degli enti che

ricp~tto

C3~e

all 1ef'PB::13q

~rooriet

quella

9.ll'essenz:. che gli

~a ri~petto

vera,

del-

i".1or0pc-ia, e

c~e ~ ~uella

propria

e che ~ ~~ quella vera n~ q~~lla no~ vera per cui q~est3 ef'serza

che gli e pro~ria ci~ che lo veste dell'intBrno 2 che nn'1 appa1e, !' che du.."lque non pu" essere cono ~'ci u t"; notri:> i'1f P. t ti cono sc"re f'e'.:'.pre : 'essenz'l veri{ perch gli P, iJpropria, per,~h di ogni
ente determinato irnprapria percii) vera, e perci il pensare vie-

ne

tor~e~tato

della

te efltre-:;o 1lell<l

trR

:1el

f'U:t

indigenz"< di princinio e di

~o~ento

nel quRle rieRco

i.:. i::i;no::iriet c'lell'e:-::-enzR

il

possibile che gli

nosco due volte, sempre

ros~o

se~p~e

~oltiplicand:::lo,

li~i

perc-h i>

~uePto

confronto

vero, e 1entro

in ci) che conosco e neJ-

a ')e:.s:!re, t.1ttc ci che rief'r:e a :-ion essere

l'ePs~re

fiw~,

~l

evi:'ii:!nte-

c>:~sere-

s11 1)

ri~otto

scher~c;

hil2nciA~e

ri~'l.'1ere fi~Po

q'.le::;to cor,fronto ries')O '

~e,

1el cononcere, viene

del oor...'.lscere che gli giocn que::;to

}q p0":Enza
~ente

noten~a

ri1a~erd_n

t-..1tto

riconoscere perch lo co-

o perch lo

co~fesso.

::-.vece d'1.l ounto di vista per cui l 'esiste:1te in rapporto


sua cgo~c:t di tenersi in ~iedi co~e frontegia~Pnto rispetto al :::ie::sar~ c:::-ne e >"i o:-ropris~e ir. q.J.el la s-..1a -proprlE't. di

~lla

esse~==::-~e

.::'le :Jer:i lo

.:o"".'.e l'

coFti~uisce

i:npedi~ento

~o'lle

i;pedi-::er.tC1-a, Ll costitui-

in :tssoluto dnl cui pu:1to di vist'1 non

Baruch_in_libris

rr~~

153

non essere se non impedUlento al pensare, perch l'unico nei suoi


confronti esistente, co~e questa capacit di avere una doppia e~
senza nel cui limite di rapporto, nel cui rapporto posto al li~i
te, l'esistente chiaro c~e se dovesse scegliere sceglierebbe,
e ha scelto, e sceglier ae~pre l'essenza vera u~che Pe sa che
l'essenza i::ipropria, o -:;eglio anche se costretto a ric:m~sce
re ohe ci che l'essenz'.?. ~he gli vera, gli vera perch gli
i '!lproria, chiaro che l' asi sten te no:J. a:mnetter mai :1i avere
u.~'altra essenza il cui ente non l'esistente ma il pensare.

L'esistente come se radical~ente dovesse gi~stamente dire di


no, e non riesce, dovesse dire di no a questo perch 8igni.fica
dire di no al fatto che l'ente della sua essenza non s stesso,
non il s stesso, e non ~ neanche l'altro. Il pensRre come l'ente di questa essenza propria rispetto all'esistente diventa l'altro, anzi rimane tutta la possibilit assoluta di tutto l'al~ro
assoluto ma anche di tutta l'identit ai:isoluta, identicamente.
E' abbastanza plausibile perci capire, possibile comprendere
come il rapporto dell'esistente con ~e stesso non sia il rapporto dell'esistente con l'esi~tenza ma sia quel rapporto della pienel senso latino della sua interna, necessaria religione di
s, del suo interno neces2ario tenersi legato, stretto ~ e, ~P~.'
chi. l'unico modo che l'esis~ente di ri~anere costituito in Cl':'
c~e esso , i non pe~je~si contro il pensare; l'esi~tente

~'

vera:iente, radic<>l'!lente, cpesta paura estrema, sen7.a confini, ;:;e:-:za li::iiti, sconfinata in U.'1 !:'~W lblite sempre assoluto ri:>petto
al pensare, questa paura, ;~e~to ti~ore non panico del pensare,
un timore concentrato tutto nell'esistente. Da questo punto di
vista l'esistente proprio per il fatto di dovere eRsere costretto a pensare, proprio perch costretto al pensare, per questo eigl'lifica conoscere s ~o~e !!lpedi~ento al pensare in termini tali
per cui il suo essere ~ualcosa costitutivamente dentro s stesso,
il suo essere costituito della parte che lo riguarda nell'intrin-

Baruch_in_libris

154

seco {ed la parte che non potremo mai conoscere) in realt st~
a significare la sua possibilit infinita di dire di no al pensare senza ra.dical::iente riuscire a dire di no al pensare, per~h
-~~-e.---~--~~-=-~--J>-~?ls~_e_ ~igni~ica a~p_ena i11pedire al pensare di ne::i-

sare l'esistente.
Tutto il iscorso si ra1icali~za nel ter~ine estre~o per
cui la stessa essenza propria che l'esistente riesce a conoscere
di s, significa il suo essere fondamentaL~ente, radicai~ente questo i:npedire il pensare in modo tale che perci l'esistente non
pu essere pensato, o per questo, in altri termini, il pensare
non pu C')ntin:iare a pen~are l'e::istente tanto vero che ab~Ji':!
rno se~:??"e detto-male, male-detto l'esistente, perch abbiamo se~
pre detto sapiente!Tlente an. Talete in poi, che non pensia~o l'e~i
stente, pensia~o l'esistensa, non potre~o mai pensare l'esistente (en a."l~he coloro che hanno teoriz'.'ato il dovere di peni:>are l'esistente, hanno sempre n~Acosto il gioco per cui l'esistente che
pPnsaV<'----l!lO, era l'esistenza conosciuta).
Il f:-on tef,'gie.'.nento tra pene:are ed esistente tale er cui
per ur: verRo l'esistente P. stato posto in sq_ui1ihrio radice.le e
in un eq_u1.librio per fondamentale, ele-nentare, lo sn.uilibrio n:m
lo squilibrio dell'esi~tente rispetto al pensare, non c' scnr~o tr~ :esistent~

e il pensare,

scarto tra

l'e~istente

e l'-

le sue e:->senze, perch;, '! che til)sofic'i.11e:i-;;e p:i interessere dell'esistente la sua '!Emaci t di essere uno malgr8-J.O la doppia essenzn che lo riguR.rda 1 '!lalgrado il
e,,ir.te::.za1 tr"i ".?sistente

fatto

~he

P.

sia,o stati male atituati

pensare che non

po~so

pen-

sare l'Wlo, se non nei te!"!llini nei qaali significa pensare l' essenza c~me quell~ unit univoca, cio come quell'essere une, cui
deve corrispondere un suo

me, un suJ
l'uno

~~e

es~ere

detto, un suo P.ssere

e~sere conosciuto-co~e,

esso .

~'

facile

u.~

capi~e ~he

uen~ato-co

suo essere conosciuto

co~e

anche dicendo cos sto di-

cendo d~e, perch 1uando penso l'es~e~za come l'uno che l'esePn-

Baruch_in_libris

155

za per se stessa, perch per pensare devo pensarla ~; questo ~ indica che sto giocando l'essenz a due volte; cio sto
pensando alla doppia essenza, in altri termini non sto pensando ,
ma sto conoscen do, e perci ho bisogno di non i~pazzire, posso
anche impazzir e sul piano del pensare, sul piano del pensare pos80 correre tutti i rischi che la dialettic a corre per sua necessit di fondazio ne, e impazzir e qui signific a dovere inseguir e
la dialetti ca nel suo inseguir e s stesso, e perci rimanere di
.
. </'~
tento sani di quanto sia 1nsani,m a oltre e attorno a questo gioco interno che il pensare dentro s stes~o, il conoscer e viceversa cos non pu vivere, se il conoscer e i~paz~isse non sarebbe, (non, non consegui rebbe qualcosa ) sarebbe tutt'altr o che il
conoscer e, sarebbe tutto l'altro che il conoscer e non , snrebbe
il pensare.
Il conoscer e ha questa tentazion e origL~aria nella sua intima capacit di persuade re s stesso alla sua ~ine, cio alla
sua bella morte procacci atrice di bella vita, (il progress o delle scienze o della scienza) ; ~a il conoscer e non deve e non pu
impazzir e perch l'orizzo nte, ci che tiene fer~o il conoscer e
a s, ci che mantiene il conoscer e fisso nella sua trrrettor ia,
nel suo processo di consecuz ioni sistemat iche, questo orizzont e
C'i nel qua.le conoscer e come se dovesse se:i:pre, necessar iamente, ini:tJ.a~ente, ogni volta che conosce, rico~osce~e, conoscer e
due volte; e questo vuol dire che come se il ~onoscere dovesse
al principi o essere una sorta di sapere, ~-~.:'_do __ :,ii_ s_apere che
l'essenz a doppia,a nche se il conoscer e necessit ato a conoscere l'essenz a coroe una e non_co:ne doppia._
Dunque finalmen te in qualche ~isura, il principi o non come tale ma come ci che serve al conoscer e perch il cono~cere
stato ridotto al principi o, stato costretto a fare marcia indietro per conoscer e cib che lo fa essere al principi o. Ed questo suo essere conoscer e al principi o in quanto al principi o, dal

Baruch_in_libris

156

punto di vista del conoscere, sig:ii:ica conoscere d~e volte; non


nel senso consecutivo, ~a in un senso metaforico: co~oscere che
l'essenza donuia al limite estre~o per il quale ci che fa dopp~~~-'~-~~~r:-~z~ lo scarto tra verit3. e prouriet, per cui al vero
c3E~~~TI??de l'imuroprio non il proprio, e al proprio non corrisponde n il ;er-J n il non vero.

Ja :rJ.es"to p1.mto di vista il co::.oscere ha bisO::O che la fa-

tali t~ del pensare non riguari pi, o soltanto, l'esistente, ma


per mezzo dell'esistente, ecco la :ine, la morte dell'esistente,
per ci: che
ci

~inalmente

c~e ~ronteggia
s~~

re nella

forse l'esister.te finisce di essere come

il pensare, per

forza impositiva costituisce ci che serve

re perch il conoscere dimentichi


doppia;

ner~~ di~entichi

il conoscer-e
~o

~ez20 dell'e~ister.te

c~ia

c~e

il pensa~

conosce-

al principio l'essenza

nel suo senso pi originario, perch

da questo suo sapere che potrebbe tenerlo fer-

alla suR origine, ma in questa su9. or-igine fermo a.nche alla

sua morte ir:'.Itile; non per nel senso per cui non ci saranno le
cose rla con".l!"Cere le quali tanto continuano ad esserci che la possibili t~ delle scienze di sedere
ch le

s~l

sepolcro del con0scere poi-

sono coloro che col!Rborano HllR pe~2uasione del


st?rsene bene acco:nodat0 in un sepolcro nel quale il

~=ie~ze

conosce:-e

P..

conoscere vie::e corroso non ai ver-:i della propria ~ateria ~a


dal 'rJ.:;i:o .~l sepolcro stesso. Il C'.moscere, bloccJ'.>. to a questa
origine, '.:Jr-endo, ::i.on deposita niente di s; e questo non deposito di s ~ i~ s~o sepolcro.

Baruch_in_libris

157

S. 6. - IRRADICALITfi.' DEL MANC.;.TI E FONDA.'tiENTO

ASTRATTO.

Il conoscere non deposita niente di se stesso, non riesce


a costituire un deposito di s, nell'ambito di una struttura nella quale il conoscere rimastJ bloccato all'origine. E questo
si in qualche ~odo 1eterminato attraverso una serie di corrisponden~e pi o meno reali, cio pi~ o meno relazionabili a ternini
di rapporto, di rinvio allo stesso conoscere attraverso una serie
di corrispondenze che in realt ha.'l!lo se~pre lentamente e paradossalmente, in un certo senso e i:J. u.'1 certo modo, tematizzato u."la
sorta di compito fino ad ora o per ora nascosto che il pensare
riserva a se stesso non soltanto dal punto di vista, dicia~o cosi, del principio, ~a anche dal punto di Vista di ci che dal
principio. E dunque: la manca."lza di un deposito originario, cio
il mancare da parte di un depo~ito che pu e~sere all'origine,
se dal punto ai vista del conoscere, a questo punto ~ m~nca
re radicale, cio4 il ~~ncare di un deposito, che sia tale in una
sorta di sua co?tit~tivit inter~a o etero-costituti vit interna,
questo mancare a :;'.lesta maniera, se , coMe , -~a-~_?_t_lllt? di '\'"sta
del conoscere, 'l.."l. mancare radicale. Che siP,nifica, a questo punt~~--~-~--~~-~~re-re.iicale? Dal conoscere in avanti (non po~si?..110
pi dire dal conoscere in poi), d~lla traiettoria che il conoscere in qualche mis'.l.!'e. riesce a concepire co:'.le ci per cui il conoscere dent'a> se stes~o un subire il princi;:iio che gli serve, :i.al
punto di vista di ~-...e~ta traie-:toria, i l fatto fondamentale che
lo stesso conoscere in realt questo mancare al deponito di sa
che potrebbe riguardarlo in origine, finisce per costituire da
par~e del conoscere l.Dla sorta di s~o~~i d~lla doppiezz~ della
perch a questo punto se noi dicia110 che c' una mancanza che in origine radicale in quanto costituita da ci che
il conoscere non riesce a depo~its.re di se stesso, in realt questa mancanza lt~tl mancare.,. il 11:.cen1eptti"f 0. deld1aneare. 4l eoessen~~~-

Baruch_in_libris

158

nascere a quel ~o::eilc nel quale il conoscere dovrebbe potere i~


Qualche misura cerc~re, tentare, conoscere il uensP.re, perch dovrebbe essere il mo=ec.to nel quale il conoscere dovrebbe riuscire ad es~ere tal~e~~= presente a ci0 che gli manca co~e il depoEi to che di sP. esso :-,,:-:;. riesce ad essere, per cui, se fosse presente a questo, il CJ::Jscere in qualcr.e 'llim..ua riusci~e':::be a conoscere aL11eno di ?e::!:are, non a pensa::-e. Ancora: se questa mancanza costitutiYa, i~ questi termini cos radicali, fosse drastiC~'!lente una sort~ di ::~ite tal~ente discriminante ialla parte
del conoscere, a q.ie s-::8 punto il conoscere in qualc"ie ::iodo potrebbe essere questo co~~scere di, conoscere di pensare perch sarebbe la presenza del s~~ essere costituito nel costituire s come
conoscere di pen~a?"e, ?erch sarebbe in quP.lche '!lodo in ogni modo, il qualche !!iJdo :!a anche in ogni modo, cio in tutti i modi
possibili, sarebe i~ Og:li modo e in qualche modo, pur sempre un
in '.:'..:?.lche misura deter.nina to il. pensare, cio
nodo di rendere
- .. --. . .. .
di rendere in qua:.cte -:isu:r-a il pensare, si potreblie :lire, _!inal~e_::_J._:te __ ~gvi.!!Q_~-}___ ~_::_~:~.'::~:::e; per c'..li se i l conoscere, in qaesto punto estre::i0, come q.iec::a "!iancanza che lo costituisce cone \tn non
deponi tare niente :H r:.:, riusciP.se ad essere questo se riuscisse
-~

--~

eP3ere a cp.ie:::c-: "J..i;_-;o t"..ltto il suo essere ~ q'Jesto stesso


!~o,: se riusciP~e ~ c~Jscere q'..lesto, ~a se riuPciPse ai essere
~ ti.:.tto queste) 1 'es~~re con tutto cuesto gli darebbe :iodo di
er.sere talmente ars.~t:~'.1-:tente ider.tico a ci che lo fa essere,
che co~e se il pe~s9.:"e si trovasse deterninato a riillanere senza se stesso, ma a rL~~ere senza se stesso non gi come pensare,
o in ci che esso , ~~vunque e comunque sia, ma a rimanere sena~

za se stesso nella te~inativi. t, nel B".10 .essere _indotto, costrett' a terminare verso il conoscere (conoscere in quanto conoscere
2!,di pensare) iL modo tale che il conoscere potrebbe a questo
punto conoscere il ri~scire a fondare il pensare; a questo punto,
essere il fondare i! pensare perch riuscirebbe a costriLgere il

Baruch_in_libris

159

pensare a diventare termine, termine in quanto

termL~ativo

del

conoscere, termine in quanto terminativo non di s, ma del conoscere, e quindi in quanto termine terminativo del conoscere, ci
cui il pensare diventerebbe una terminativit senza origine
per
...... ----------_cnza r>r:h_ncipioL e o_uella terminativit c!i.~ sarebbe ~m fare ter~_
~inare il conoscere co~e ci~ che lo riceve, e quindi nn dare ~odo 31 coroscere di essere finaL~ente principio, '71a ~rincipio no~
del conoscere, ma principio di ci che termina nel co~oscere, principio di ci che termina a questo modo nel conoscere. Il conoscere sarebbe cos, se fosse a questo modo, se non fosse invece cos drastica'71ente chiuso in questa sua traietto!'ia di origine, a
questo modo il conoscere riuscire~be a costi~~ire il principio,
come principio che non serve al conoscere,

::na

come principio che

serve al pensare, cio come principio per mezzo del quale il pensare si troverebbe fondato; per mezzo del quale il pensare si troverebbe fondato perch e soltanto perch e nella misura nella quale il

conoscere riuscirebbe ad essere questo conoscere di, cono-

scere ni pensare, cio in un certo senso

que~ta

stessa mancnnza,

questo :nancare in as.soluto, che non riesce'!. '1?..ncare, :r.a questa


stessR rn'lncanza in assoluto lR cui unica

rela~ione

uossi'bile

l'essere fondato del pensare; questa JT1cmca::1z3. in assoluto, nei


cui cpnfronti, perch in assoluto, l'unica relazione possibile
sarebbe l'essere fondato del p~nsare.
Se ci potessiino rassegnare a questo,
sarebbe in

unt~ualche ~odo

essere riusciti,

strare il pensare nel mo:nento nel quale il

ra~segnarsi

~ici3~o
pe1~sare

a quest<J

cos, a incaviene germina-

to, viene fatto nascere, e viene fatto nascere in quanto il suo


venire al "~ondo", dicia~o cos, cio il suo essere secondo questo rapporto di relazione stretta a se stesso in qualche

~isura

annullerebbe tutto ci che potrebbe essere il suo passato, pro


blematico, la sua

proble~aticit

relativa alla sua stessa assolu-

tezza di principio e cos via, in modo tale per cui potremr.io ac-

Baruch_in_libris

160

conts::itarci, e qui non pi arkilogic&mente, ma archilogicamente ,


non pe~ arkilogia, non per un es~ere sufficiente che ci basta,
per u:-. essere eccedente che basta a se stesso, per cui: iL ~~e
sto se~so allora final~ente av.:-e::ip una struttura archilogica cio

~a

tma e~~-;;-~~~-~~].. __cui punto di lista sarebbe in questione l'arc::~,


2:1 pr~~~~~~io, non la su.::'ficier.:a., ma l'eccedenza, e l'eccedenza
per i=e l' a::ldare del principio oltre la sua origL-:.e in mono tP..le che si potrebbe addirittura pensare che il principio, costi~;.i
to a :::-..:.esta maniera, ci nei cui co!'l.fronti l'drigine viene d0po;
viene i::!J::> nel i::enso del posto che occupa, non nel senso del te!:lpo che :..."'.:piega, nel senso del luogo c:ie determin~., non nel senso
che impiega perch da questo punto di vista il tempo
che i-::;ii.ega. 8 sempre sufficien-=e, cio ;_, sempre a:::-kilogico, ed
quel '::'?-npo in questo senso a:-kilogico che costituisce la sufficienza ji tutte le deter~inazioni che ne nascono rispetto alla
peren::.:'.. ~ del determinare che si accontenta di questo; mentre invece i::-. ~;.e!ti tP-r:nini, avrem.~o f:'..:!.almente in qul'llc'!-:e misura sco-

del

te~po

trovato, dicia~o co~unque per ora,


l';u-ch:'..liigi,'1., cio~ una strutt'.lra t1-le per cui potrerr,.,,o sost!mere
c!le :':'..!:~:.-:ente allora il fatto c:ie il conoscere in '!Uanto conoscere 1.i ,;:l'?:1!:~re riesce a rendere te!":ili:ia ti vo il pen !:'are, n_uesto stesperto,

de~er'ninato,

pensa~o,

per fare o finisce per fare del pensa~e l'essere fondato, c~e per si esaurisce nel ~are da principio al conoscere.
:;uesto 2e il mancare in questo !:''?nso non fosse radicale. E qui
siamo ~: li~ite: ci che possie~o ottenere dalla ~ancanza ~ radicale l'eccedenza radicale. Possia.no fissarl~ cos come teore~o fir.~~~be

una ecoedenza radicale. L'eccejenza radicale sarebbe l'essere

----

-------

fondato i'?l pensare o sarebbe il pensare in quanto assere fonda.te; ra~icele, ~a eccedenza; radicale, ma eccedente. In realt l'essere ~o~dato in quanto pensara ci che travolge la mancanza

Baruch_in_libris

- 161

propr io, ci0


cio ci che defin isce 1 che costit uisce , in senso
re co-:nr eche compr ende la manca nza; per cui la ma.."lca.nza, il manca
, ma il manca so, defin ito, non il manca re limita to a se stesso
ito in que-re chiuso nel suo essere quello che , il manca re defin
sig:-ii fic:l
sto caso diven ta eccede n::a; e diven tn eccede nza perch
to, nel :!lO::ie::-:in realt il manca re nel ::io-:iento nel quale defin
e1tro se
to nel quale compr eso, nel mor.;ento nel quale tenuto
quest iostesso , non pi questi ane di ci che esso , ma rimane
di cii che
ne di ci che diven ta; hcin pu essere pi questi one
eso non p'.10
esso , per cui il manca re defin ito, il manc~e cornpr
:!lanca re di c~e
essere sottom esso a questa questi one: ma allora il
il manca cosa? Non possia mo dire; doobia mo ire il rnAncare cioP,
, potrel-rnO
re nemmeno di se stesso , il ~ancare in quanto se stesso
in questo
anche dire il manca re oo:ne t3.le; il manca re come tale,
perch0 in C'lansenso , ~ radi cale, perc!'l non radic ale, e propr io
bi Pogno de 1to :.1anca re in quanto tale, per cui co:ne se avesse
base intrin la radic alit, cio come :':'e avesse bisogn o della sua
e quind i ~
seca. come base che si estrin ::ieca nel manca re ste:':'s o;
che lo fa
come se avess e bisogn o di essere sicuro che tutto ci
cli in l.'<eessere :nanca re tutto ci'.i c:ie r:1a;-ica q se stess o. Per
per defin iziosto 8enso e da questo pu."lto di vista , potrern.rno dire
re no~ ~ai
ne defin ita,no n per defi7l izione co~e tale: il ~anca.
m2i radiraiic ale; non solo non ~ ~~i rRdic~le, non che non
in quel punto
cale, ~a non radic ale solts.n to in quel momento e
non ~ai n
nel quale come manca re e opo e prima del quale
i e in questo senso :
co~e manca re, n come niente altro . E quind
cio, per cui
il manca re, da quest o pi.mto di vista , non radic ale
fa essere co~e
ci che lo fa esser e, !JI'Opr io perch ci che lo
e come manca questo che , manca re, eviden temen te per farlo esser
perch del
re, lo fa esser e perch il fonda: nento del manca re,
a s, ~a ~an
manca re, manca a se stesso ; non che il manca re
se ci che
ca a se stess o, e ~a.ncando a se stesso come se tenes

Baruch_in_libris

162

fa essere il mancar~, la mancanza in questa irradicalit fondata,


non fonda.r:ientale, :Jndata, per cui per questo questa mancanza,
in quanto non radi:ale (e dovremmo dire nn c' altra mancanza
che non sia questa, non c' eltro mancare che non sia q_uesto, e
quindi non c' !!ia..."1.care che non sia non radicale), i:i. Q'.lesto senso allo:::.~a quest ::i -::'1::.c'ire, in quanto non radicale, nel mo:nento :::el
0

quale, diciamo cos:.., aderisce fo:ndarr.entalmente a s, intrin:::ecamente a s, per ,,ezzo di q'.lesta operazione stranissi~a per mezzo
della q_.iale i suoi .:o:lda:nenti sono i l mancare a se stessi, perch
sia il ~ance.re, per ~ezzo di questo il mancare in quanto non radicale, se

prod~ce

~ualcosa,

produce una eccedenza

raji~ale.

Pro-

duce una ecceden::'.! radicale: il '.:!anca.re in quanto chi ~180 dentro


se stesso, se pu~ avere attorno a s (qui non interessa per ora
precisa.re), se pu avere da s, se pu avere di ~ qunlche cosa,
soltanto ci che eccede questo, ed ci che eccede questo in
cos in ci.ualche modo assoluta, per cui
1 1 eccedenza rariic?..le perch-? eccedenza per 11ezzo ella quale
i l :"l~care viene 3..:-i::ora ar'I eE"!'"ere pi ~ r"ldica.le di quanto gi
questa misura,

chi;:>~11iP.mola

essere ~ ~ radicale quel :ne!1o che


ottier..e 12. :nduta :iel ~ e la nascita del radicale. :: quel pi
~ radic3.le c:ie ili venta quel ~' il cui essere mer::i la cadur.on sia, perch il

t>'..lO

ta del nor:, e c.ui11di -::on la caduta del non anche, dicia'.!lo cos,
la di?soluzione .e l pii'.1 e allora 1' emergenza del ra.:'l i cale, per
cui u.r.a ~ancan~a ~on redi.cale in questi termini e per questo verso di questioni per '!lezzo del meno che gli proprio a questo pw.to, proprio perch a questo punto in quanto eccedenza pi non
quel meno di s che lo fa rRdicale, che fa
l'eccedenza radicale. E fa l'eccedenza radicale, che sig??ifica
appena, appena l'es~ere fondato del pensa.re; o se vogliamo, che
radicale,

deter~i.~a

fa l'essere

fonia~o

in ~uanto pensare, quindi non l'essere fonda-

to che appartiene al pensare, cio l'essere fondato del pensare


in modo tale per cui possia::io dire, dunque la seconda ter?Dina-

Baruch_in_libris

163

tivit del pensare, alla stessa maniera come poc'anzi poteva esserci il conoscere come conoscere di pensare, potrebbe esserci
~')'>erci
.
conoscere come conoscere di pensare, potrebbevquello che il
conoscere potrebbe essere se fosse, diciamo cosi, drastica~ente

legato alla mancanza, se non mancasse a questo stesso mancare,


quindi dico, secondo questo tipo di questioni, proprio perch dal
punto di vista di questa drasticit che il conoscere non , tenetelo presente, non , ('*utto questo che a questo modo, non
dal punto di vista del conoscere che ci:~interessa per ora), ma
se fosse, cio se il conoscere fosse radicalmente legato al mancare non radicale, noi avrem.~o l'eccedenza radicale. Questo il
tema, questo il punto per ora. Quindi dico, tenuto presente questo, se questo fosse i..~ questi termini, avremmo un secondo terminare del pensare; il pensare sarebbe una seconda terminativit
di se stesso, perch~ la prima sarebbe la terminativit del pensa-

r_:_

_c?n?_scere, in quel modo per cui questa ter.ninatiirvi t--fa del conoscere capace di essere conoscere di pensare il
principio, o un principio, o quel principio che serve perch il
conoscere riesca ad essere nella struttura pi sistematica di ~e
stesso, a condizione che l'essere fondato in quanto pensare non
significa l'essere fondato del pensare (per cui appunto avremmo
diversa~ente il pensare in quanto seconda terminativit del pen!~_~_!t_o__a_!_

sare) : ma significa -~~-~-~_f:)e:r::e f_>!}d!3,_t_o P0!3:1;~_ ..l'.l_~_lla .. di visione del


rapporto che lo---.lega... e - ci_.. ~~~J>t.t___e_si.?e~L~l_~er_'!l_i~~. -di questa
L'essere fondato postm nella divisione del raPstessa divisione.
--------------------- --
porto che lo lega. al termine che pu essere il termine di questa
divisione, che il pensa.re. In altri termini; dunque il pensare

--------~--------~

si troverebbe, da questo punto di vista, ~~~-ad essere determinato, _rn~-- ~i ~_c>verebbe ad essere teI"!Dinato,_ cio si troverebbe ad
essere, dicia.~o cos, sottoposto alla mancanza del principio, perch appunto non determinato, ma terminato, in modo tale per cui,
se il pensare a questo punto riuscisse ad essere questo termine

Baruch_in_libris

164

dell'essere fondato, in modo tale per cui l'essere termine dell'essere fondato non avreobe bisogno di dire, di giustificarsi, in
qualche misura di stare attento a considerare che vuol dire essere fondato del pensare, cio essere fondato in quanto pensare,
te~ine

se il pensare fosse
di risultasse

ter~inativit

dell'essere fondato

co~e

tale, e

QUL~

dell'essere fondato, sa!"ebbe due vol-

te terminativit, non solo rispetto al conoscere, ~a anche ri~pet


to all'essere fondato, in modo tale per cui noi non potremmo a
questo punto, ottenuto il pensare nell'essere fondato, pensare.
Questa la concluEione, il risultato, per cui si potrebbe dire
paradossaL~ente:

allor!l. l'eccedenza radicale non

~a

diciamo ancora pi

forte~ente:

~i

serve.

l'eccedenza radicale non serve.

Ma non serve nella misu::-a in cui il suo non servire i:nplica un


suo essere costituito; o in altri termini: quando pensi&~o, non
qundo pensiamo qualcbsa, m!l. quando pensiamo, il principio di q_uesto, dell'essere che

sia~o

quando pensiamo, il !'I'incipio di que-

sto, che cos'? Il principio di questo, che cos'? significa il


principio che stato espropriato, cio il principio che stato
espropriato dalla see nella a_usle poteva sembrare che il principio stesse sici.tro di se stesso, e quindi in modo tale .a non poterci mai fare penFe..re il principio, ma sempre il principio di,
al liriite anche il principio del principio; e non ~ c~e c1~bia
gioco se invece di dire :;rincipio dell'essere, o il !'I'incipio el
pensare, o i l principio di quello che volete, o il principio del
mondo noi dicessimo: facciamo questione radicale perch

ri~scia

mo a dire il principio del principio. Sarebbe la tautologia pi


superba e anche inutile, dato che il principio si trovato a
volta espropriato, perch si

1eter~inata

una

~~a

disa~~OJll"iazione

del principio, per cui il te~po non possiamo pi dire ri:nasto


principio, per cui il tempo non possiamo pi dire ri~asto sena
principio, dobbiamo dire i l te::npo ri.-nasto e rimarr. senza principio, e potremmo anche aggiung9re: il presente di
Baruch_in_libris

q~esto

pro-

165

prio il principio per

U..'1

verno e:>prcpri.nto, per un alt?':) ve:-c;o

di~&:)pro9ria to, o '9er ~l tro verso ( pctre1:1no ~.:10ne ire pi J~;:ili

gn!ll!lente) disappro'9riat:>, perch i:ra~queote caso _e in questo senso


ci che rimane is<'-pp~-cciriato i l tempo, no:r;. il principio: cic.4,
ci che ::a da ter~'er.:-: lellP. di ~'3:;i_;;ropriazio:1e il

t:'ci:;:-:i

tP"'.!!,lO,

ci che ri:nane ~;enZ'.'. i: prourio di s ;, i. te'~::Jo, 1)n il nri:r.:-i"?i(1, :::.nc::::e ~ercr"5 i l :::>Ti:-"cipio es"Pr0nri'lto ::::ig.,ifi()a il p1incipic

es::iro"!)!'iato in qu'"'.nto or:i.nci:,iio de::. te"1po; e ad\Te:ri"."'o :?.gsiur.r:e!e,


in

qnar~t0

::on lo

questo s"':;e::-s:> 2ta a !?ig:1iflr,-..re che dunque il ")'.lrinci"".'io

~cbbiar110

r.:::?.i pe:12a-:o e non lo no tremo mai -per..s"l.rt:!, se ::o:::

co1:1e principio in 8.f;'S.Jl;.to, il c!:e 'nJ.ol dire: p!'incipia in Rssoluto soltanto ,e:i:c:13 il suo es!'ere u:in()ipio

e!-~

L.! rel:>zio:1e
sclt4~~o

lo costi tui Ree co:::e p"?"i::'!cipio; principio i:i assoluto .,..perc.i<-i"' 'Ile
9ensi~mo

la relazio::ie costi tu ti va; -:ia la relazione costi tu ti va

del principio il +,e:::.p'.J, per c.1.i in ques"ti ter-,ini l"'on e.vre"!:"JO


neanche bisogno di

di~e

il princi'l'io del, il

pri~cipio

del

t~~po,

basterebbe dire il principio, (con tutta le necessit di chi.:>.::::-i::-e -poi che si tratt3. :ii i::-cizio, di co"lincia"'.lento, 1i pu_11to ir:izi::.le, di mo'nento x, J.i origi..""le.
Quando pensiano, d:!l p1mto di vista di questo essere cos-:itui to del pensare ::_n 'J.".18.!lto essere fondato in quanto

pe~sare,

:io pensiamo, il :;,rrinc::;>i::> ci1e cos'?, di:i. questo ;J'l.!lto


ci11 f!Uando
~ere

pen~ia~o 8. ~"J.')sto

che l' e osere fonde. i;;'J in

r~i

qt:.F.::-

V::.sta,

r:()do, a questo r.io1o ,,~r cui ~.t0 e~. . ~~ua:-. to

pen ~are sia; e.ddi::::'i tt--rrs ne"'-

so !l.rri va:re a dire -:::rn 1 1 eccedenza radicale, ci cr.e nasce d"i 0_'..l.esta r.iancanza non radice.le, l' ottenb1ento del me."lo per mezzo del
quale la caduta del non l. la radicalitq, di ci che eccede, e
perci

a;

il pensare, 1:pesto non ci che noi

pend?~"lo

nel mo!"''9?:-

to nel quale penoare non ;" pensare ll_ui:tlcof;a., ma pens::.re in

2q-

soluto senza prin<'ipio? Pensare in assoluto_ :;i_el!_za o!'inc_ipio: la


ca'Pacit~-

del

pe~1sare

d.i fgre da strumento di relazione

rifer~~enti ~o~Giili

che nascono dalla

Baruch_in_libris

necessit~

'3.

tutti

di un rappor-

166

--... ~_. ~r -~-o


A_. '''1 r~:__
to t~Lnente t~ f-!-:: :-: 1--~ to da no"".a e .~!'-"':e.~
prO!JO!libilP fuori
- ,.,_
.._
:li ~~d, che il .::''!;:>Orto a1 9ri:J.cinio, Jer cui in qneDti ter":~ini

!>en;:;a:re in as~o~~1-:j co ~e se fosse l'o-~"'i:.;.,_r:.rla a.:i.'7li.1ist:razi0ne


del pzni::.are: ci::> :-.oi i~1 re8lt &_~ -:Je~L"ia:ilo, pe!1da;no ques';o.
:..1 c:.l?..lco~~~ c 11e pe:lSi"--~~ P. q_uer<t(i. I:1 rell t:! ni0r-

~::w:i;-:d.c pensi3..-:::>:

te di <.?.te.:--r1in2":~1e:1te d.et?r:ninatc, se:~~--- .::_,;es':;o f tto :onda:nen1

t::.le ~-~1e ?.."9pu.:11: : ~ ~~- 3.mo penf:;and.o; v.::rre:. .-:::'..1"'e, Atia-:10 p~!1.sandtl

.12

af'soluto, sc:.ssi dalla etessa relazio:-ie che ci pu legare assolutamente, !'.ell.:i stesso ae1rno e nel s;.-:i ~.e.eniml') f'lens1 cont!''.lrio per .il l!U'il~ ::--~-~~tD str. :3~0 s0 crn t. i "":3.r::.~: t~, e i r"_1ti l';icnte s':~
per~

:e'J'.'e sen::::a se::-:2::-; e


'.'.'ifica ci0Gsibil2 .ii
cooa

c~e

per mezzo di

::el2.~ioni

pri~cipio

nel su

che si ri.:-e::-iscono tutt"'


rifari~~le

nnn

non a se

~-;gsso

vuol dire: se non

' cn:"le questo

P.2S~:::-e

in asf:'oluto, in

:3~

p~r'ch

tutto do,-..:i.;o

3.

~z~~ ettilOsi t~,

38

1i 'cUl2. .rs~

:'jm~.lc!:e

non n se stesso;

:_J.e!'Jto che il pens:1.re

u_"l ~i::'io

se i:>tesso. In q11es::.

el tutto originale,

ter~1ini.

il

~ensare

con.e se fos8e, :1.i::i"l'.!lO cod., in qualche -,:iio 0:'.'1nit:\.VVOle:ente; onniavvolc;ente -p<:?::--c:: co!'!e se fosse oue2t:;. ~<!.pi:>. ci tP. di attu::>re
l.l"l.8.

l~.

sort"l di r8._':.:?.t-;la nella '.:uale il


non si vee, :-.0n

~',

perr.hi:!

::--~.gr::o

disp:e'.'."!':O ir. tutti i fil:i di cui


:.~.:.-c.r.'.io,

cio quando pen-

11e::2i~-:':10?

o diciamo questo

ca'!)nce, per "':e:se::-e questa r'tenatela.

i?ia.rno, :possin:no

,~i:-e

re2.l."".lente quan1o

!)c,r- la co:ipdi th :5.i dire,

c:le t'=sse la ragnate-

Cl.i non dire

c~-:e

pensia:no sempre in as-

SG'.'l!J!'e in assolu.to att:-<:.ve:i=:o tutto ci per


ne::zo del quale il ~3nsare per si defi!'lisce seMpre, cio si li'llita se':!pre, 9er ~ui li!Il.i tarsi sempre significa che posso capire,
soluto, e

;:iensia:~.J

o credo di potere

~apire

q'..lesto, soltanto se dico quando pensia-

perch non posso dire noi pensiamo i~ assoluto; nella stessa


"!lisura in cui noi :;Jensi~mo in :"1.ssoluto, ::i.o:rl possiamo, diciamo :!O-

~'

:, derlurre il pe:isare in assoluto da !':e <::tesRo in

tll'l.

atto che

lo fa fuori di s una specie di fatto ci1e il pensl'!.re pu contel'!l.plare; e allora il fatto che il pensare P'..t~ contempla.re come que-

Baruch_in_libris

167

sta capacit di deduzione da s, ci che si esprime quando diciamo: qu0J'ldo pensiamo. E' come se il pensare avesse la necessi-

t, per potere dire qualcosa di s, di dirlo a questo modo, o per


lo meno di esprimersi in quel ~odo per cui, diciamo cos, banalmente, deve farsi capire, e certamente, si fg capire quando dice:
quando pensiamo, che cosa

pensia~o?

si fa capire, perch tutti

corriamo subito a dire o a dare le mille risposte; ma le mille


risposte sono la copertura, il mito del rapporto all'origine, del
rapporto che sta all'origine, cio il mito, ci che nasconde, il
fatto fondamentale ~~--q__~~!lP:.Q. r,l~i1~mo quando :oensiamo, in realt
s-~~~"!l~-d~c-~:ri_d_o_ stiamo pensando in assoluto, in questo modo per
cui tutte le relazioni che il pensare riesce ad istituire per la
possibilit di tutti i riferimenti che servono a questo istituire le relazioni, sono ci che nasce da un principio fondamentale
che corrisponde al rapporto in origine che i l pensare a questo
tipo di rapporto che lo lega a se stesso e che non pu andare fuori di s, in modo tale per cui non possiamo allora realmente dire, meglio, non nossiamo pensare: quando pensiamo. La proposizione doppia: non possiamo nensa.re quando pensiamo; non possiamo
fare del quando pensiamo, ci che il pensare tira fuori da se stesso, per un verso, non possia.-:io interrompere il pensare nel suo
essere in assoluto, per altro verso, ~d quello che interessa;
non possiamo interrompere il pensare nel suo essere in assoluto,
anche se pu essere che poi il caso relativo al pensare sia proprio questa interruzione, non in quanto interruzione, ma in quan~
to essere interrotto: l'esistente. Cio: l'essere interrotto pet''
mezzo del quale posso costruire il principio dell'interruzion e;
ed quel principio dell'interruzion e che cerco di scaricare o
di ribaltare sul pensare. Allora dico, non possiamp pensare quan2.2, pensiamo, in qu-esta misura drastica, assoluta per la quale
pensiamo in assoluto; e pensiamo in assoluto in modo tale per cui
(ed il verso della questione ce interessa radical~ente) non

Baruch_in_libris

168

posso interrom pere l'essere i~ assoluto el pensare, proprio perch l'essere interrot to c' co~e principi o della interruz ione che
posso sca:-ica.r e sul pensare, ~' e sono io. E sono io vuol dire,
sono quel caso relativo , e sono q~ell'unico caso relativo ; allora
sono .'llpo::-tante come e si sten te pe:- questo, qui sta r:;uella che si
chi2.:na :::..2 .igni t ontologi ca, che :::lon signific a niente, nerch
ia questo :;,unto di vista ogni e:: te determin ato, ner il fei tt:) ste sso di es2ere ente deternin ato, ignit ontologi ca. Al li!!i.ite:
una struttur a organizz ata di ele~enti che regolano in maniera storica~ente 'e:'fetta , per quanto possibil e storicam ente, i rappo~
~i del da:--e e dell'ave re, ~ 3.igni t:\ ontologi ca; per cui :.Iarx
ha sfondato le porte aperte. ?fon signific a niente dignit ontologica per ci~ di cui sono capace come storia, di qualunqu e tipo,
::;pciale: c;j.tto l'accats starsi dei fatti econo:iic i che ri~ce a or'.l.i!lare iT" :-:o.0 tale da costrnir e per mezzo di q_J.esto 12. perfezio r..e dell 1 "J.o:=') sulla terra; :na ne::-...":1eno le cataste delle a.nirne, che
riesco a :re::i.ere cos perfette nella loro vita. intrinse ca dentro
se

stess~,

per cui per :nezzo di

q_~1esto

:riesco

3.

"'.lettere su

'-ID

ma-

gazzino di perfezio ni enormi che ":1 portano verso Dio, alla stessa maniera co:ne q_uell' altro :nagazzin o mi porta verso il suo dio.
C' un' e coc:.o::iia del !Ilondo e e' ..m' e coJ:1.0:nia de 1 sov:ra:no"'!do, '.'la
di fare la
~i gioco se~pre la partita nel senso ragionie ristico
-:Utti i suoi bilanci, consu..~tivi e preventi vi in maniera che tutto torni bene dal -p::'incipi o alla fine; in q1.1esti am::assi che :-i.esco a fare secondo 1ue2ti coTllpimenti di perfezio ne
per mezzo .J.ei quali regolo i niei rapport;i storici rispetto al
mio dio e ai miei dei, in questa maniera cos perfetta , questo
signific a avere dignit ontologi ca, anzi questo signific a spremepartita

co~

re la dignit come l'unico succo di cui sono capace, come ci che


mie mani,
l~ ~ateria in quamto degna di essere spremuta dalle
e non ha i~portanza che la materia sia l'anLua o il regola.ue nto
dei rapporti econpmi ci per cui nessuno pi deve morire di fame,

Baruch_in_libris

169

o tutti dobbiamo essere perfetti, non come il padre nostro che


nei cieli, ma perfetti co:ne i padri piccoli, e pochi, che sono
sulla terra. Se diciamo dignit ontologica da questo punto di vista la dignit consiste nel succo che riesce a spremere dalla materia che ritengo degna di essere toccata dalle mi.e mani, siccome le mie ::e.a.lii sono le mani dell'uomo, e come ma!li dell'~w:110 0orio
le mano dell'ente che , e che essendo e dRll'esser e, per ;,;"~zo
dell'esser e,chiamat elo come volete, dunque il proprietar io dell'onticit, pi~t quell'amme nnicolo che la sua ragione, per cui l'onticit diventa l'ontologi c*, facilmente , e allora questa materia, toccata dalle mie mani come Mida, diventa per ci degna ontologicam ente. Dopo di che: tutte le cose hanno dignit ontologica, tranne l'uomo, che la conclusion e pratica dei nostri giorni,
di quarulo oggi sta accadendo: dobbiamo riconoscer e che tutto ci
che accade una sorta di ratifica stranissim a, paradossal e di
questo tipo di questioni; le cose sono degne ontologica mente, l'uomo no, ta~to vero che l'uomo lo posso azzoppare, lo pospo maral contrario, non martirizza re Pul serio,
cio lo posso rendere martire contro la sua capacit di :11artirio,
che forse la cosa peggiore che possa accadere a nn cristiano,

tirizzare al

~ontrario,

poteva accadere) perch le uniche cope che ontologicamente sono degne sono le cose, e allora ~i batto c0ntro gli
uomini, perc:'l4 gli uomini abbiano le cose che hanno digri.i t ontooggi (ieri

no~

logica'
Non c' pi interesse per quanto riguarda il ca~o relativo
al pensare, perch dal punto di vista del caso relativo al pensare, dal punt' di vista dell'esist ente, l'esistent e come essere interrotto in realt a questo punto si trova a dovere vivere l'interruzione che lo divide e, in qualche misura, anche lo unisce al
pensare; e quindi da questo punto in poi, che l'esistent e sia,
e sia come sia, e che essendo come sia, sia pensante, ed essendo
pensante sia conoscente , o non, o che sia sciente, e che debba

Baruch_in_libris

170

anche rieq'.J.ilir)ra.re l'obliquit di un certo tipo di rapporto che


lo lega, o :r.:ir. lo lega all'esistenza, alla sofia e al sofi':m e cos via, tutto questo

ft

questo p1rnto non interessa perch~ il disco!"-

so molto pi cogente, molto ~i necessitante su 1utto quanto


l'esistente, iiciamn cosi, non riesce ad interrompere; in questo
senso; in
cato

re?:t~

~el e~J

l'esistente

compito di

co~e

cos~ruire

es8ere interrotto rimane blocil principio della interruzione.

Da questo ::u.::-t:o di vista, t'.<tto ci che riesce in qu::i.lche Misura


~d

essere 9:rincipio costruito, fatto, costituito della interruzio-

ne o di

interruzione un discorso che interessa dalla inter-

LUla

ruzione in av:o.::1ti; e quindi dall'essere interrotto in poi l'esiplu1to, per tutta la capacit che di costruire
un principio con il quale ribaltare tutto se stesso contro il pensare, in reclt rimane principio d tutte le crisi che lo riguarstente, a

ques~o

dano a partire ia s stesso. E quindi a questo punto e in questo


senso: quell:i che filosofia , bene o ~ale, in questo limite di
questioni,

:u~to

~on reciproc~~ente

te e

cib dal quale l'esistente libera se stesso;


tutto ci che riesce a

all'e~iste~te,

final~ente

liber~rsi

dell'esisten-

ma tutto ci dal quale l'esistente riesce

a liberare se stesso, in ter:iini tali per cui l'essre

liberato dell'e2istente tutta la st0ria di cui l'esistente poi


~

capace in "..:.."': suo '.'lodo, o nei suoi modi multipli. E si potrebbe

ani::or:t

aggi',~,ii;eY"e

(e

non una aggiunta casuale): nella stessa

c:::::ur."'. nella -, l?.le l'esistente riesce a lib0rare se stesso da ti_tt-

to

ci~

sce il

che no" tY"ova la sua definizione


princip~o

~er

il fatto che costitui-

di liberazione dell'esistente, per il fatto che

l'esistente riesce ad identificare se stesso per questo suo essersi liberato, e

~er

questo suo liberare sempre se stesso (che poi

un modo astratto di credere che nella storia che lo riguarda,

la libert c0incida con la liberazione; pare concreto e invece


un modo ~olto astratto di confondere liberazione e libert; e
anche questo r.on ci interessa); ma nella misura stessa nella qua-

Baruch_in_libris

171

le l'esistente riesce a liberare se stesso da tutto ci che in


qualche modo filoeofia, o riesce ad essere, o riesce a rimanere
filosofia, in realt?. l'esistente a questo !!!Odo verifica la latitudine del mancare originario, in
l'esperinento
-

vive~te

della

-------------~-----

come se a questo

~ode

_q1Je~~o

:nodo l'_esi_stente diventa

originariet~

--- -

--

del mancare, perch


-.

---

l'esistente fosse :Jetretto a

no~

mancare;

ed c:-:ie se fosse co"Otretto a non ma::1c2.re nel termine assoluto


nel quale questa costrizione del non mancare lo puJ riguardare,
che significa non mancaire a se stesso, 7~ realt, cos tutto ci
che il nancare , cci~cide con tutta la capacit di origine determinata che riguarda il mancare, in quell?. :nisura e secondo quel
tipo, direi cos, di espansione del mancare stesso, al cui confine l'esistente co~e se si trovasse buttato in avanti, in modo
tale da non potere ~e:J:meno essere mancare a tutto ci che il
mancare, ma in modo tale per cui bisognerebbe dire che 19. liberazione dell'esistente in fondo coincide con il fatto fondamentale
che il :na."'lcare ~ ra_ice non lo riguarda. '.fon difficile comprendere questo, perch
un attL"'.10 solo e

~~esto

abt~rota.nza

si potrebbe spiegare

facil~ente

e per

sbrigativamente, tenendo presente che

se noi vogliamo concepire che l'esistente qualche cosa, tanto


non lo ~oncepiamo ~ispetto al mancare, perch lo concepiamo rispetto all'essere.
non conoscere

Abbie~o

bisogno di impegnare l'essere per potere

1 esis~ente,
1

ma per potere concepire l'esistente

corr.e essere concepi":'). !fa tra il mancare e l'esistente, in fondo,


l'essere che vuol dire? o che significhere-obe? o che c0sa ha significato sempre? Ha significato sempre il toglimento del mancare,
il toglimento nel senso adialettico, banale; ha significato sempre
la cancellazione, l'abrasione del mancare, attraverso i giochi
del nulla e dell'essere nel loro rapporto. Quindi dico a questo
punto come se dal p'.lilto di vista del mancare, dal punto di vista cio della difficolt che lega ancora il mancare a se stesso,
come se l'esistente vivesse la sua autentica caduta, cio co-

Baruch_in_libris

172

me se l'esistente, posto in essere, vivesse la sua autentica, vera caduta; o come se 1 1 eeistente, da questo punto di vista, fosse posto nella necessit~i concepire, come prima, la caduta che
viene dopo; di concepire co~e prima quella caduta che lo riguarda, a condizione che sia la caduta che vi.ene dopo, o a condizione
che sia la caduta che viene dopo tutte le vere cadute, perch da
qu~sto

pu."lto di vista la caduta che r:.g-..:.arda l'esistente a questo

pu.."lto e in questi termi:l.i il suo sape:-si liberare: questa la


sua caduta, il cadere dal mancare, no~ solo; ma il cadere dal
mancare ~ l'unica c~.duta, che in q~'3.!lto dal mancare, fa da principio alle sue cadute; e fa da principio alla sua caduta storica,
o fa da principio alla ~~a storia. Og;ii cadere nella storia, o
il cadere nella storia in realt ha un primo principio che primo soltanto perch viene dopo, viene dopo tutto ci che sta prima di questo ancora; soltanto perch :J".:-::upa un posto, che non
il posto che sta ancora prL~a di quest~ stesso posto; e in questi
ter:nini potremmo dire subito che dunque il discorso ri~ane paradossale, l'essere umano co:ne esistente ri~ane sublima~ente singolare,
p~::-::h -::apace di essere da ~ principio che non principio, da
un principio che non pri~o, perch capace di essere da una caduta che prima in quanto "Orima dopo, in quanto prima, ~a dopo le vere cadute; in qua~to prima, ~erch legata a quel cadere ~al ~ancare che, rispetto all'esiste~te, offre come ~roblema all'esistente il fatto che 1uesto ma.~ca:e ~~non radicale. Ci che
arriva all'esistente della ~ancanza la non radicalit della manc~za

stessa, ovvero il

~ancare

non radicale; quel mancare non

radicale che perci in questi termini costituisce il problema,


la sporgenza, dal cui punto di vista l'esistente cade, e cadendo,
a questo punto noi diciamo, se

?1'9

va per i fatti suoi, cadendo,

a questo punto, vive la sua storia, o anzi, fa essere tutto ci


che la storia , e per nel limite nel quale tutto ci che la storia comincia non dal falso comincie=ento,

Baruch_in_libris

co~incia

dallo pseudo-

173

-principio, comincia da un principio pseudo, dove principio pseudo


non vuol dire principio falso, vual dire principio secondo, princ~_ "'lio secondo come primo, letteralmente, principio secondo come
primo, quindi pseudo-principio. A questo punto semplicissimo
?::dere come il fare storia cignifichi, in qualche modo, cercare di mettere assieme il principio secondo come primo, o in qualche misura cercare di rendere la pseudicit di questo principio
una pseudicit vera, uno pseudo principio che sia veramente tale,
e non interessa pi il discorso. Quello che interessa invece ancora la questione che rimane ferma a questo punto.
Il mancare non radicale come ci che costituisce il confine
attorno al quale eta la storia, e attorno al quale sta la storia
in quel modo per cui la storia non comprende questo confine, anzi,
in quel modo per cui semmai la storia come se cercasse in questo confine tutte le riemergenze attraverso le quali pu essere
riassorbita in un principio primo, non in un principio primo come
secondo (altra questione) il mancare non radicale in questi termini, possiamo dire meglio, il mancare in quanto non radicale a questo punto il mancare-~ radicale, non eolo in quanto da questo
abbiamo avuto l'eccedenza radicale (il pensare in quanto essere
fondato) ma fonda.mentalmente in quanto ci che fa da ipotesi a
quello che possiamo chiamare per ora il suo contrario; il mancare
non radicale l'ipotesi, cio~ l'bypthema del mancare radicale;
e, nei termini nei ~uali nell'ultima lezione il discorso stato
fatto in modo tale per cui ci che chiaro non era, era esattamente il fatto che il manca.re non radicale costituisse l'hypthema
del mancare radicale; se volete, la irradicalit del mancare in
fondo costituisce l'hypothematicit dello stesso mancare: la irra.dicalit del mancare, ci per il quale il mancare talmente tale,
per cui radicato nel ~ che lo riguarda tutto intrinsecamente;
11

~ancare

tal.I!1ente tale, per cui intrinsecato al non che lo

riguarda nella sua stessa radice; e quindi questo essere intrinse-

Baruch_in_libris

174

cato del mancare a se stesso, in modo tale per cui il E.2!! che lo
riguarda nella sua stessa radice il

E.2!! della sua stessa radi-

ce, il !!2!! del suo stesso essere intrinseco, il ~ del suo


essere radicale, non diversamente da ci che tutto questo

co~e

mancare; il E,2!! del suo essere radicale, coma non diviso, come
intrinsecamente identico a tutto ci che tutto questo assieme .
Per questo (il mancare da questo punto di vista non mai radicale, meglio: il mancare non radicale, senza mai; il mancare non
radicale sta a significare: il mancare come tale, talmente
radicato in s come mancare, che radicato al suo stesso ~'
che lo stesso mancare), non possiamo~ il manca.re radicale,
se non a condizione che questo dire sia radicai~ente pensare il
mancare radicale; noi non possiamo dire il mancare radicale, se
non nella misura in cui dire il mancare radicale pensare il mance.re radicale, ma quando diciamo il mancare radicale, il mancare
non radicale; quando diciamo il mancare radicale, non che non
pensiamo, il pensare coincide con questa capacit di intrinseca.zione del mancare a s, che esprime lo stesso pensare, o che esprimendolo costringe il pensare al ~' ma all'unico .!!2!! a cui pu
essere costretto il pensare, che il non del pensare; in termini
tali per cui il non del pensare obbliga a dire, obbliga a esprimere: il non del pensare al pensare obbliga, costringe a esprimere, ma se costringe a esprimere, in realt si continua a pensare.
E cio: in realt penso auando sto pensando ci che dico, voglio
dire, quando sto pensando in quanto sto dicendo mancare, ma dicendo ~ancare debbo dire mancare ~ radicale, se dico: in termini
tali per i quali, se il pensare arriva a questa capacit del non
che lo riguarda, in realt il pensare arriva alla capacit di isolare, di identificare, di individuare l'hypthema, l'hy-Jlthema
non del penso.re, ma del mancare, arriva a identificare l'hypothematicit del mancare, che la SU.a stessa irradicalit. In realt
l'hypothe~a che cos'? l'hypothema che cos', nel suo doppio sen-

Baruch_in_libris

175

Ao appunto, perch;'. dovre:n:no dire: se lo penso, l'hypothe:na che


cos'? se lo raddoppio, l'hypothema che cos'? ee faccio l'~
si dell'hypothema l'ipotesi dell'hypothema che cos'? Cosa posso
ipotizza.re dell 'h~'pothe:na? Che c1Jsa posso catturare come paradosso dell'hypothe11a, non che cosa l'hypothema , (l'hypothema irradicalit~,

la

irradicalit~

del mancare) che ipotesi posso fa-

re di questo? Cio: che paradosso posPo fare dell'hypotherna? Che


cosa posso dire di contrario all'opinione c;rn ho di ogni hypotherna?, che cosa posso dire di contrario

letteraL~ente,

che cosa pos-

so dire di contrario all'opinionP. che ho dell'hypotherna'? In altri


termini: che cosa posso dire di contrario alla base, 81 fondamento?, all'opinione, cert3-:.ente: che cosa. posso dire di contrario
all'opinione che ho del fonda.:nento? (perci paradosso). E sarebbe facile rispondere: posso dire di contrario all'opinione che
ho del fondamento, nella '.!!isur=:i. in cui ne pen!.'o qualcosa; per cui,
dire qualcosa di contrario all'opinione che ho del

fonda~ento,

potrebbe essere abbastanza f9.cilmente riuscire a pensarne qualcosa, qualunque sia. Ma possi~~o fare l'ipotesi dell'hypothe~a? l'ipotesi nel senso storico, dire; cos, l'ipotesi che interessa l'esistente, (questo esistente cos lontano ornai), perch l'ipotesi che interessa l'esistente, riguardo all'hypothema, in questo
ca~po

di questioni, in

fond~,

q tutto ci di cui debbo essere si-

curo senza la costruzione interna del pensare, tutte le certezze


che posso dare per vero,

~erch

tali mi sono state

~ate,

per mez-

zo delle quali posso stare certo del fatto che l'hypothema veramente hypothema, l'hypothema veramente base, veramente fondamento. E se dovessimo invece dire che quando dico ipotesi dico
hypothesis, senza traslitterare, non solo grammaticalmente, senza traslitterare concettualmente, rimanendo fermi concettualmente al fatto che se dico

hypothe~a

sto dicendo che la irradicali-

t del mancare hypothema, la irradicalit del mancare la sua


hypothematicit, la irradicalit del mancare ci che fa da fon-

Baruch_in_libris

176

damento al mancare stesso, E di q_uesto l'ipotesi, qual ? l'ipotesi nel senso non traslitterato, e di questo il fondamento, qual
? Del fon1amento che riguara il mancare, ed la sua irraica-

lit. E' chiaro che dicendo fonda~ento sto dicendo fondatezza;


perch hypothe-na, da questo -:yi..-ito di vista, sigr:ifica d:=tvvero,
letteral'Jente -possiamo tradurre, ci cri.e sta sotto, ma ci1' c'ie
sta sotto seco:lr.o la strutti.,_ca determinata, che st3. dentro ci
che sta 2Jtto; per cui ci che determina ci che Rta sotto, non
sta sotto ci che sta sottJ; ci che determina ci che sta sotto,
non ci~ che sottoposto (che ~ a sua volta ancora hypok~imenon)
a ci che eta sotto; ma ci che ste sotto al manc:=tre pretende di
essere la struttura che limita al suo stare sotto, ci che sta
dentro, ci che sta in. Per cui: da questo punto di vista ls hypothematicit come fonda~ento ~ in realt, fondamentalmente, fondatezza.
abbia::io

D~l

pi.mto di vista del mancare, allora,

~principio

lo

~ostruito,

e questo principio la identit del fonda"ento alla fondatezza; dal pm1to di vista del 1lancare, un principio
lo abbia110 deterriin'ito, nella -iisura in C'..ti, o sec'ln:Jo questo tipo di que'tione originaria per la o_uale identico la fondatezza

e il fond"!.--,ento, l'identico stesso, tra fondatezza e fonds-nento


il loro essere l'identico; e quindi in questo senso un principio
l'avremmo gi. ttia appunto per questo: se in que3ti ternini abbiamo la hypothematicit del mancare, tale per cui in questo senso
noi non poesia.mo fare ipotesi, se non nel senso della hypothesis,
e nel senso rella hypothesis per dire che tra fondatezza e fo:'.'ld::tmento, il principio, identificato, non identifica se stesso, il
principio non identifica il principio, qui; il principio identifica ci cie lo pone come principio. Ma ci che pone il principio
co~e

principio ci dal cui essere identico nasce per esso stesso. Il principio a questo punto sta tra fondatezza e fonda'!lento,
ma come ci che in realt non diversamente da ci che fondatezza e fond3.'llento sono come l'identico l'uno dell'altro. Ma"questo

Baruch_in_libris

177

pwito identicamente il principio sia ci che fa identico fo~da


tezza e fonda~ento, sia ci che posto in questi ter~ini da ci
che l'identico che esso fa. Per cui come se in realt n questo pwito il principio dipende (di-pende) da ci che fa, cio~ il
principio dipende da ci che sono fondatezza e fondamento, cio
l'identico; con la differenza che, mentre ci che fa il principio
qualcosa, ci~ che il principio in quanto posto, non q~alco
sa, perch non principio di. Infatti: noi potremmo ire di avere costruito un principio; e qual questo principio?, la identit di fondatezza e fondamento; e perch principio? perch ci
per mezzo del quale foruiatezza e fondamento non possono andare
al di sotto di s, n al di sopra di s; principio, questo, perch per mezzo di questo essere posto che pone, fondatezza e fondamento non possono andare n di qua, n di l; e, non possono
andare n di qua, n di l, vuol dire: in realt, ci che sta,
diciamo cos, per ora, genericamente, da eaggetto relativo, non
pu essere sottoposto al principio, perch ci che fa da soggetto relativ~, nel suo essere sottoposto, ~ sottoposto a s~ per ~ez
zo di ci che il suo principio. Tutto ci0 che identico, in
realt l'essere sottoposto a se stesso; questo l'identico,
l'identico cio determinatamente tale; ~a non per mezzo di s,
ecco perch non pu essere concepito un principio di identit;
speculativa~ente parlando, non posso pensare il principio di identit, dovrei pensare il principio di fondatezza, nel senso secondo il quale, pensare il principio di fondatezza, significa conoscere il fonda~ento. ~e fermo questo punto, per ora, fondamentale: ci che ~ principio a questo punto-limite, un principio .!!:!: fra fondatezza e fondamento, cio un principio tra ci
che l'irradicalit come, in un certo senso, differenza da se
stessa, ci che la irradicalit come possibilit di non tenere
il E-2!! tutto intrinseco a se stesso, talmente per cui il non, tutto intrinseco a se stesso in assoluto, finisce per

Baruch_in_libris

es~ere

non ci

178

che fa irradicale il mancare, ma ci che fa radicale la irradicqlit, ma questa possibilit l'ipotesi, ci che f~ radicale la
irradicalit, questa la hypothesis, voglio dire, questo il
fondamento senza fondatezza, potremmo dire, questo il

fo~da~e!1-

to astratto, cioP. la hypotheticit, che, ave!1do come base la hypothematicit, ha carne base quel suo concreto per mezzo 1el quale il suo essere astratta il suo rimanere fundamento senza foc:datezz'3.. E i:: questi ter11ini il fond3.mento senza fondatezza ci'.l
che costituisce la hypothesis, non pi~ l'ipotesi della hypothematici t, ma la hypothesis dell'hypothema, della hypothe~aticitit~,
la hypothesi dell'identico che la fondatezza e il fonda~ento sono
per mezzo del principio che sta in mezzo a loro, in modo tale per
cui la astrazione da questo significa il fondamento astratto perch mancante, mancante di qualche cosa:il fondamento astratto,
perch final::nente il fondamento determinato per mezzo dell'atto
stesso del 'llancare, che non pu corri spandere al mancare :!ooe tale, ria d-eve essere del mancare rispetto a ci che pu essere per
termine del "nancare; quello che il mancare radicale, il "ancare
in quanto radicale, il

~ancare

radicale che ha

av~to

come svilup-

po il suo contrario, che ha avuto come suo sviluppo il mancare


non radicale, cio che ha avuto come suo sviluppo il mancare in
qimnto la mancan.za non radicale. Ed tale dal 11ancare ra1icaale. Il

manc~re

radicale il fondamento senza fondatezza, o il

fondamento mancant della fondatezza, e quindi, se volete ancora,


il fondamento hypothetico, su quella base fondamentale che la
stessa hypothematicit del mancare; ed il mancare radicale che
da questo pilllt~ di vista ~ a principio, rispetto a ci che
lo stesso principio come l'essere posto che pone, rispetto al principio come l'essere posto che pone; per cui, rispetto al principio come l'essere posto che pone, il fondamento, in quanto astratto, lo stesso che il fondamento in quanto mancante, o, in altri
termini, il fondamento in quanto determinato ad essere mancante;
e, determinato ad essere

tz

. . .

~anca.nte

di ci nei cui fonfronti il fon-

Baruch_in_libris

179

damento pu essere fondamento. Il fondamento, se di qualcosa pu::


~ancare,

pu mancare di ci che lo riguarda in intrinseco, non

pu mancare di niente altro; per cui, non si tratta di dire a c_..:.e-

sto punto che abbia:no cRpi to che il fondamento di questo e di c_'..lest' altro, perci non
Il

p~~

essere fondamento di.

pensare qualcosa del fondamento, pensare il fondR-

mento come tale; perch il non pensare qualcosa del fondamento


pensarlo mancante dell'unica cosa per cui lo posso pensare ~an
cante, che la sua fondatezza, e perci astratto; e allora in
questo senso, non: pe::rno il fondamento astratto, ma: penso iJ. fcr..dru:iento. E penso il fonda~ento nell'unico modo in cui posso pensare il fondamento, che di pensarlo astratto, dove pensarlo astratto significa pensarl~ mancante della sua fondatezza, ~ens?.r
lo mancante di ci che il suo concreto (la hypothernaticit).
E allora non: se il conoscere manca al corrispettivo, a quello
che fa da corrispettivo al suo mancare rispetto al deposito originario. Il conoscere non deposita niente di s in origine; da
questo punto di partenza sono nate due traiettorie di discorso,
che sono la stessa a questo punto: in qua."l.ro il conoscere non deposita niente di s in origine, il conoscere mancare; ma

~-il

conoscere fosse presente a questo mancare (e nasce il mancare non


radicale) se il conoscere fosse presenta a questo mancare, e

qui~

di, se il conoscere mancasse talmente da non potere mancare a questo mancare, per cui sarebbe presente,

avre~mo,

oggi dobbia"lb di-

re abbiamo il conoscere di pensare, cio abbiamo la hypthematicit, ovvero la irradicalit come tale del mancare, per la quale
e dalla quale abbiamo: ~ L'ipotesi del mancare perch l'ipotesi del mancare la sua non radicalit, perch questa ipotesi

addirittura hypothematica, e allora questo principio, questo


che fa da principio, tra fondamento e fondatezza, che mi fa dire,
direi qllasi che, in vece di pensare, che al poeto del pensare,
pur penoando, mi fa dire: se il conoscere non fosse presente a

Baruch_in_libris

180

questo che esso , quando il non depositare niente di s, avremmo il conosceee di pensare, cio avremmo quel non mancare al mancare, che sarebbe il mancare in assoluto, che stato il mancare
in assoluto: ci0 che nella sua intrinsecit , nella sua intrinseca zione toglie la sua stessa ipotesi come for:nale, toglie il~
E allora:'i.Jil conoscere fosse presente a ci0 che esso come non
deposi tare :1iente di s all 1 origine, questo ci che fP. dare,
che fa deter::iinare quel principio per mezzo del quale abbiamo l'identit tra fondatezza e fondamento, e dal quale abbiamo il fondamento astratto, cio dal quale abbiamo il fondamento come fondamento astratto, il fondamento come fonda:1ento mancante, e non
rnancPnte di. In questo modo si determina la capacit operativa
del

~ancare:

il mancare manca a se stesso, ~a talmente profondamente e talmente radicalmente per cui il m~nca.re del mancare a
se stesso produce, fa essere, determina il fondamento, e determina il fondEJ.mento come astratto.
_ma conclusicme che in verit non conclude la seg-.lente:
il mancare del ~a~cnre a se stess0 determina il fona~ento astratto. Il mance.re, in o:-ianto mancante a se stesso, e in quanto come
tale determinante il fondamento astratto, ~ co~e se fosse una sorta di metafora di ci che il mancare stesso nasconde; in termini
per i quali noj non possiamo dire, o non possiamo pensare il fondamento co~e fonda~ento di, se non nella misura in cui pensare
il fondamento come fondamento di.,

-----~

JD9IS. _ . . . .

. - . ,..._

~~=- S
significa riuscire a pensare il fondamento in quanto determinato. Si potrebbe in realt pensare che il non pensare il fondamento di, il non pensare il fondamento se non in quanto determinato, a sua volta fondamento

di dete!";!linazio ne: il riuscire a non pensare il forulamento di,


in fondo una sorta di capacit di pensare il fondamento in quanto
astratto, perch il fondamento in quanto astratto non soltanto
il fonda~ento ~fondatezza, ma .ilftondame nto che va riferito a:i : :;::~~er.'t::i i.:. -luanto sterrd.nato ;il .:."o!; .:&::lento astratto - .
"ta rif' eri ~o

Baruch_in_libris

181

._ al fondamento in quanto determinato. Abbiamo cos una situazione che pu sembrare paradossale, in questi termini: c' una determinazione del

fonda~ento,

ma la determinazione del fondamento de-

termina del fonda'Ilento la sua potenza di non deter::iinazione, la


dete~inazione

del

za da parte del
pu.~to

:o~damento

fonda~ento

il cerchio

c~iuso

determina del fondamento la poten-

di non determinazione. Quindi a questo


su questo asse fondamentale: la deter-

minazione del fonda.mento, in quanto determina il fondamento, determina in realt del fondamento la potenza di non, o ~potenza
di non determinazione; e quindi in questo senso potremmo sostenere che il fondamento astratto potenza ii~ dete~1inazione.
In termini

pun~.iali,

assoluti e radicali: il fonda.mento a-

stratto potenza di non determinazione. Ma potenza di non determinazione come fonda.mento aotratto, in quanto il fondamento
astratto riferibile, o se il fondamento astratto g riferibile
al fondamento in qua::to determinato. Quindi abbiamo il fonda'Ilento come potenza di non determinazione, il quale in ~uanto astratto tale (questa potenza) in quanto per riferibile al fonda'Ilento in quanto determinato. Allora, la riferibilit del fondamento
a che cosa dovuta?

~io,

la riferibilit del fondamento da che


cosa nasce? tenendo presente che la riferibilit del fonda~ento
senza principio, necessariamente senza principio, perch principio, per quanto riguarda il fondamento, ci che rimane ingabbiato tra fondamento e fondatezza, ci che rimane determinato
tra fondamento e fondatezza: quindi la riferibilit del fondamento astratto al fondarn.ento in quanto determinato senza principio;
ed senza principio nell'unico senso nel quale essere senza principio significa che senza principio in rapporto a ci che principio dal punto di vista del fondamento; senza principio ~
rapporto a ci che principio in quanto stante :era

fonda~ento

fondatezza. E allora questa riferibilit si potrebbe anche in qualche misura comprendere come ci che comprende il fondamento nel

Baruch_in_libris

182

suo doppio essere: il fondamento in TA.a.J,to de LPnninat0 e il fondamento in quanto astratto; ma dovre!":l.'lO dire: il fonda:1ento in
quanto deterl!linato e il fondamento "-st:::rtto; per c:i:i la riferibili t dell'uno all'altro non la riferibili t r'l.e l fo'.'ldamento al
fondamento, la riferibilit dell'a-~~~t~o Rl deter-i'.'lnto. Cib
qualcosa per cui questo qualcosa
il :'onda...11ento ir, quanto

pu~ ess~re

deter,~inatJ.

riferito

ci~

che

::; :n.on possia:c.o ''.Uindi pen-

sare che allora possibile riferir'3 :'.J. deteT"'lJ'.Rtc co..,e tale al1 'as~atto co'.:le tale, ma dobbiamo pe"1s:.re c;,e pos3i':co riferire
l'as-';ratto non co!!le tale, ma co;,:ie rJ.F<!l ::_J8.lc0f'n
mento, in quanto questo qualcosa del

:o~a~,ento,

riferibile, o soltanto riferibile,

c'l:~

:.

FL

""~~a

~~el

fonda-

volta,

:o~ia!!lento

cis che il

di s in quanto determinato; !!la ques"ca rif ribi1i t in realt sta


0

a significare pitt propriamente il f=<tt0

f'':J:~iame"".tale

damento e fondamento non c' principio,

0,

in altri

cr_e tra fonter~ini,

tra

fonda.-nento e fon:iamento non c' prinrcipio di riferi11c::J.to; per cui,


la riferibilit (non nel senso di

po~s~bili~~

di

riferi~ento,

ma

nel senso del riferimento in atto dopo se stesso), la riferibilit del fonda"T.ento astratto al fonda::-.e::to in 1u2nto determinato 1
proprio perch se:?J.za principio, e

pro'.'J~io

perc1_;, in ci.1?..nto sen-

za principio, non determinante il princi?i_o di rj_feri,1ento, co".!le De potesse diventare a sua volta

r"..f"':rir~er.to

in quanto senza principio di riferi:o:ent1J


tare a

S'.13

~::>1'1e

volta riferimento del prir.;i?i0;

i;

del urin:'.)ipio;
se Dotesse diven-

in 2lt.ri ter::iini,

come se potesse diventare a sua volta la struttura Gi relazione del lJI'incipio che si trova ad essere tra il

fond~me:?J.to

e la

fondatezza; per cui, proprio perch il fon~~~ento ~ senza principio (nella sua riferibilit, non come tale; in quanto riferibile
a ci che fondanento in quanto deter;:iinato), coma se nel raJ>porto tra fondamento in quanto
fondamento che

determL~ato

e quel

~ualcosa

del

il suo essere astratto, co:ne se in questo rap-

porto il fondamento diventasse allora i!J. questo sengo i l riferimento del principio.

Baruch_in_libris

183

Quindi avremmo: fondamento in quanto determinato, fondamento astratto e riferimento del principio: dove riferimento del principio sta a significare il fatto che in realt il fondamento, non
in quanto determinato e astratto (e in quanto astratto), ma in
quanto ~ l'uno, n l'altro, non in quanto ~ determinato in quanto non astratto, oa in quanto n l'uno (fondamento in quanto determinato), n l'altro (fondamento astratto), come se diventasse la struttura delle relazioni per mezzo delle quali possibile
privare il principio di se stesso, per mezzo delle quali possibile privare il principio del principio come forma contingente
della privazione come tale; per cui la privazione del principio
di se stesso, cio, da parte del fondamento, il fatto che il fondamento priva il principio di ci che il principio in quanto
stante tra fondamento e fondatezza, come se riuscisse, da questo punto di vista, a conquistare una struttura di relazioni, per
mezzo delle quali il fondamento non n soltanto in quanto determinato, n soltanto in quanto astratto, n l'uno n l'altro,
Wla diventa la struttura del riferimento del principio, nei termini per puntuali per mezzo dei quali, a questo punto, la privazione soltanto perch forma rispetto al principio. La privazione
soltanto perch ci per mezzo del quale posso pensare l'unico

contenuto assoluto della privazione, che il principio; nella


misura in cui l'unico contenuto assoluto della privazione, che
il principio, il principio in quanto il principio a questo
punto si trova a dovere essere in qualche misura determinato, non
per mezzo di e, n nei confronti del fondamento, ma riSl)etto a

E!

per mezzo della privazione della privazione; per cui in realt la privazione della privazione non interessa per s, la stessa
privazione non interessa per s, la privazione interessa nel limite nel quale interessa verso il principio 1 e, naturalmente , verso il principio

principio; per cui, se dico a questo punto


privazione della privazione, come se stessi dicendo, o come

Baruch_in_libris

184

se potessimo dire, pi propriamente, ma anche pi~ icasticamente, i


privazione doppia; in altri termini, ci che stato il mancare,
ci che il mancare o la mancanza rimane in quanto irradicabit
propria, in realt non ci che il mancare co~e tale, oa ci
che il mancare come doppia privazione, o cl cne il mancare
come necessa:tiamente privazione in quanto doppia, o come .necessaria~ente

privazione in quanto privazione unicamente soltanto perch mancante di s; e soltanto perch mancante di s significa:
soltanto perch privazione della privazione nella stessa misura

nella quale privazione della privazione non signifi~a priv-are la


privazione della privazione, privare la privazione di s, ma privare, attraverso la privazione in questo senso se~pre doppia, ur:icamente doppia, privare il qualcosa o privare ci cie pu essere
l'unico qualcosa nei cui].confronti la privazione -;:ru~ essere esercitata come se stessa, cowe pr-pria, come pr~pria di s; ma come
propria di s nella misura in cui, o secondo il se~so per cui l'essere propria della privazione significa in realt il suo essere
impropriamente privazione di s, perch nel momento ~el quale la
privazione priva s di s, in realt la privazione priva qualcosa dell'unico qualcosa che pu essere tale in riferimento alla
privazione stessa. E quindi: a questo Modo il fonda~ento non
soltanto in quanto determinato, n il fondamento astratto, ma
il

fonda~ento

in un certo senso la materia prima di ci che 2!!!.

principio diventa, come a sua volta materia

4~

rife"U:lento; quin-

di come se fosse la materia prima di ci che ~ principio diventa come materia di riferimento; materia prima, per dire semplicemente a questo punto che ci che la privazione in quanto doppia,
non pu essere se non in termini assoluti, cio la privazionenon
pu essere tale, o di qualcosa che non sia tale in senso assoluto,
o che non sia tale in quel senso in cui il senso del rapporto alla privazione significa la capacit di relazione di tutti i riferL~enti

possibili. In altri termini, in un certo senso: la deterBaruch_in_libris

185

minazione della entit propria della potenza di non-determinazio ne, la capacit della determinazione della entit propria della
potenza ~ ~-determinazione; per cui la potenza di non-d.eter~i
nazione a questo punto, come se dovesse necessariamente diventare in un certo ~odo il contenuto sistematico ~er mezzo del quale in tm qualche modo il princi:;;iio , o in un q_i.alche mo1lo il principio in quanto principio; in un qualche modo, cne non pu essere u.~ qualtL~aue modo, ma l'unico modo per mezzo del quale il
principio
In verit questi termini di riferimento sono i termini del-

la impostazione di un discorso successivo, successivo ma non a


se stesso, perch come se noi dovessimo a questo punto cercare
di essere in modo tale da riuscire ad esistere in modo tale da
riuscire a pensare consecutivament e tutte le successioni.1pos sibili; noi dovremmo in un certo senso da questo punto di vista cercare di fare violenza, in un qualche modo, al nostro modo di essere cos come siamo, che tutto ci che conoscia~o, non tutto ci che pensiamo, tutto ci che riusciamo a conoscere, in o_uel
modo per cui, pur essendo ci che siamo e co'.lle siamo pur ri:'lanel.!do ci che siamo come siamo, in questo come se noi dovessimo
forzare il pensiero a quel limite estremo di se stesso attraverso
il quale e per mezzo del q~ale il pensiero riesce a costituire,
a rendere entico, dicia~no cos nalamente per ora questa stessa
sua capacit che lo costituisce come pensare in 9.ssoluto, qu:3.lu."1que cosa poi si pensi percn sia conosciuta, ma perch costituito cos in principio al :principio, questo dovrebbe riuscire a fare del pensare questa capacit di costruire la struttura per mezzo della quale posso consecutivament e pensare le successioi assolute, posso pensare in maniera consecutiva le successioni assolute; in quel modo per cui, da questo punto di vista, dovremmo
r:i.uscire a pensare il principio, a questo punto, o da questo punto ii poi; quindi non tanto ~iuscire a determinare il principio
Baruch_in_libris

, 86

del pensare, quanto,

fondamental~e!1te

e appena

soltanto, riusci-

re a pensare il principio, cio riuscire a pens&.re talmente o rhlscire a pensare nell'unico

~odo

radicale nel quale pensare pen-

sare, per cui questo modo radicale, per cui

pe~sare

significa pensare il principio; ma pensare il


di~io:1e

pensare,

~incpio

alla con-

di questa consecutivi t rlelle successio::.i che interessa.'lo

il prin::iipio come, da parce del principio, sua :ontenza di deter:::inazi::J!'.l.e verso il pensare; perc:1 come se noi potessimo prefigurare, per quando sar, se sar, una situazione di questo genere, a questo punto: della potenza di non-determinazione alla deter~iC!azione

di una potenza di determinazione; per cui, nel limi-

te nel quale pensare pensare il principio, o pensare (pi


plice~ente)

se~

pensare, in questo limite pensare sta a significare

allora a sua volta questa capacit di mediatezza per mezzo della


quale il ~rincipio a sua volta pu essere la de~ermL'lazione verso
il pensare; per cui se noi pensiamo il principio; non soltanto
perc~ iisponiamo del fonda~ento, ma anche e fo~da~ental~ente
soprat':"utto per il fatto che dal fondamento per :Jezzo del quale
riuscia~o a determinare una strut~..lI'a di rapporti dalla quale penil principio, a sua volta il principio
tale ~er cui deter:nina s verso il pensare. Ma a pensare il principio, sig:li:ica che a principio il pensare stesso come se fos3e senzE. pr::.ncipio; non solo, :na a principio il pe:isare stesso,
sia:no, e pensando

pensia~o

co"7!e es;:.: e::te senza principio, per, malgrado q ;_e sto, in qualche
mis".lra, in U.'1 certo r!lodo, possibile del principio, non ha iih p!'in1

cipio; il pensare come ci che possibile


al priP-cipio; negli stessi termini per cui

~ pri~cipio, ~a
potre~o

non

dire che que-

sto essere possibile del pensa.re in quanto possibile del princip~o,

in realt ci che il pensare

principio, come poten-

za della determinazione del principio verso il pensare. E ancora:


il pensare come ci che I come tale, il possibile del principio, in quanto questo dal principio, quindi, ci
quando

dicia~o

Baruch_in_libris

137

che in quanto l'essere possibile del principio co~e pensare,


ma in ciuunto tale dal principio, in quanto il principio coc:e potenza del determinare
mo che allora a
principio non

s~

que~'to

:!)OS~dano

verso il pensare,

eone se ::10i dicessi-

9unto tra il pensare e i l prin:ipio, i l


neanche pi pensare d.Jve sia; f. qctest') !-P.L'!-

t0 dovremmo dire, e dobiamo dire radicHlmente: a r_-J.esto P'-L'l~o


non possia'.llo pEt pensare ~ sia il principio; e Ellora ?Otre-1mo concludere che proprio per ci non neanche pi c!-te co:ninc:.amo a pensare, ma per questo pensiamo; perch'~, per questo pen!?i'.l.mo, significa qu.esta possibilit, finalmente, di riut>cfre H 'IO::J.
pensare .!!.2Y! sta il principio; ma non perch sia stato a::i...'!'J.ulle. to
il posto del principio, n perch siano stati resi plato~ici ~J.t
ti i posti possibili del principio, ma perch tra i l pensa.re e
il principio il rapporto tale per cui la dialettica el rapporto tra il pensare e il principio e tra il principio e il pens~re
tale per cui pensare a questo punto in quantJ co~incia dal
~ pensare il principio R.l principio; :.ie!u,are i":i. quanto corrincia,

~'.!quanto

eppunto

pensa i l principio al principio; perch se dovessi~o dire che il posto del ~rincipio unico ed l'essere al principio, il luogo del principio tL~ico ed al pri~
cipio, l'essere al !)rincipio come posto del pri:icipio E<ign.ific!'le~

rebbe il principio coincidente assolutamente con se steE<so; l'esRere al principio da parte del principio signiica assolutar,1ente
la coincidenztl del principio con se stesso; e quin5.i in questo
senso se noi dicia~o che il pensa.re co~incia in quanto il suo cominciare

B non pensare il principio al principio,

come se stes-

simo dicendo anche che in realt questo stesso signi:'ica Wl pri:i.cipio fondamentale della dialettica, perch a questo punto la dialettica allora comincia (nel senso speculativo assoluto, cio~ h~
principio}, la dialettica ha principio i-. questa capacit che i l
pensare di non pensare il pensare al principio. 3}pi facibe~
te: in fondo la dialettica comincia, nella stessa misura nella
Baruch_in_libris

188

quale il suo cominciare la crisi assoluta del principio; una


c2isi assoluta che, per quanto riguarda la dialettica, nella sua
necessit di fondazione, avr la soluz.ione che pu avere rispetto
alla dialettica, per qu:;i.nto riguarda il pensare evidente che
non p-c.t avere soluzione, perch1 per 1u2.nto riguard2. il pensare
si@:nifica :-he la crisi del principio in renl t Yion i!:nedisce al
pen:::a!"s di 't)e,1sare il principio, P1entre impedisce al pe!lsare di
pe~1Sare il prb.c i pio al principio, per cui il binar io in questo
senso

doppio, ancora una volta perch per un ver '.'30 abbiamo la


fonda::ione della dialettica, e fondazione delle. dialettica vuol
c:

dire 18. crisi del principio; per un verso; e per altro verso, contemporanea~ente, ma non simultaneame nte, abbiamo la struttura del
pensare come pensare il principio. Quindi: per un rapporto il pensare il prin~ipio, per altro rapporto il ~ pensa:!"e il principio
al principio. Fondamentale , a questo punto, diventa il rapuorto
del pe:::stre alla dialettica; ma non in qua!lto la di8.lettica sia
(~

i::i. nessun senso: sia gi, o sia stata, o sar), :na in qua.r1to
la di3.lettica sia determinate. come dialettica, e sia. determinata
come dialettica nel principio che essa ha mediante il pensare,
non ~eiiante se stessa, ma mediante il pensrue; nello stesso sen~o :;:ier c.ti, viceversa, non potre:no dire che il pensare pensa il
rrinci:;:iio per ~ezzo di ci~ che la dialettica ~; qYindi, nella niS'Jra i:'_ cui la dialettica in quanto ha principio '1ediante i l pensare, non ~ lo stesso della dialettica per cui la dialettica ~ cib
per mezzo di cui il pensare pensa il principio. Ma il pensare pensa il prL~cipio, cio: il pensare come pensare, possiamo dire soltanto cos a questo punto, il pensare come pensare, non il pensare
come

pe~sare

il principio, il pensare come pensare co~e se fosae,


o come se dovesse essere tutto doV'~to a se stesso, in un certo senso senza dialettica, ma iden~icamente, per mezzo di questo, con
la di~lettica, non per il pensare, ma per la dialettica.

Baruch_in_libris

188

a_ulle il suo cominciare la crisi assoluta del p:dncipio; 1.ma


crisi assolut'3. che, per quanto rit:,uarda la dialettica, nelle. sua
necet::si t di fondazione, avr la soluz.ione che pu avere rispetto
alla dialettica, per quanto riguarda il pensare evidente che
non pa avere soluzione, perch per 1u2.nto riguard2. il pensare
significg. ::-he la crisi del principio in reo.1-!:; non imiedisce "il
pensa~s
pe~1sare

senso

di uensare il principio, mentre impedisce al pensare di


il pri!'lcipio al principio, per cui il binario in questo

;~

do:;ipio, ancora una volta perch per un verso abbiamo la


:onda::ione della dialettica, e fondazione delle dialettica vuol
dire la crisi del principio; per un verso; e per 8ltro verso, contemporanea~ente, ma non sL~ultaneamente, abbiamo la struttura del
pensare come pensare il principio. Quindi: per un rapnorto il pensare il prin0ipio, per altro rapporto il~ pensar-e il principio
al principio. Fondamentale , a questo punto, diventa il rapnorto
del pe::sare alla dialettica; ma non in quanto la dialettica sia
(~

i::i. nessuJ1 senso: sia gi, o sia stata, o sar), ma in quanto


la di'llettica sia determinate. come dialettica, e si9. determinata
come dialettica nel principio che essa ha mediante il pensare,
non ~eiiante se stessa, ma mediante il pensare; nello stesso sen20 :?er c'Ji, viceversa, non potremo dire che il pensare pensa il
~rinci?iO

per ~ezzo di ci~ che la diale~tica ; quindi, nella ~i


ir. cui la dialettica in quanto ha principio ~ediante il pensare, non ~ lo stesso della dialettica per cui la dialettica ci
per mezzo di cui il pensare pensa il principio. wa il pensare pen~ra

sa il

prL~cipio,

cio: il pensare come pensare, possiamo dire soltanto cos a questo punto, il pensare come pensare, non il pensare
co~e pe~sare

il principio, il pensare co:ne pensare co~e se fosse,


o co:ne se dovesse essere tutto doV'~to a se stesso, in un certo senso senza -iialettica, ma identicament e, :per mezzo di questo, con
la diqlettica, non per il pensare, ma per la dialettica.

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N D I

C E

=============~==

r.

l_i>t

I!.-

Si8tema e cori.rsce.n:f-l ., ,

III.-

L~~oRitivit

pq::;--,.._lelc:

IV - :?o!:osi"oili t'.i. e

ap...,r~tico...........................

i~nosi~ione:

"!)~nsare:

pi:i.,~.

il principio utopico.

u.11a differenza e non ....

v. -

3lisio'1e del principio e potenzl'l inctettuale......

VI. -

De-ter~inazi~ae

del fonda.mento e

~onda~ento

Il

Il

33

Il

53

"

87

astratto.

.1.- Infinitez3s. della obliquit di un r~ppo.!'to plurimo " 103


.?.-Essere concepito e concetto " 109
~.3.- L~. de-te~~:i~az.ione

S.4.-

del fondar!\ento e i suoi :ond.amenti.122

Fossi'::llit di u.n fonda!'lento in quan.:to !leter:~innto e

l'essenza del liMite"

134

.5.- Il cnnc~~e~e e 1 1 Asse~za doppiR"

145

s.6.-

157

l:radic?.lit :lel .-~a..""!c&.re e il fondre:tento ar:itratto "

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