Nunzio Incardona - Assolutezza e Privazione
Nunzio Incardona - Assolutezza e Privazione
Nunzio Incardona - Assolutezza e Privazione
" sm-=:ssas:spaaza=:n:w:asa:awaw
ASSOLUTEZZA E PRIVAZIONE "
PROF. mcARDONA
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UN PARALLELO APORETICO
Si tratta non tanto di come cojlinciare ma di fare emergere,
in un certo eenao, un modo di cominciare: questo corao ai innesta
in un lungo discorso e si prospetta per altri 3iacorei. E' allo
ra un discorso di svolta, rispetto al discorso precedente e rispetto alla prospettiva successiva, anche perch dal punto di vista delle questioni non affrontate ma impostate dal punto di vista teoretico, si pu tirare un primo bilancio conclusivo che
11 seguente: in realt il pensiero, dal punto di vieta interno
al suo dinamismo speculatiTO, dato che si espresso storicamente ed divenuto o rimasto filosofia, ha concluso un ciclo in
un certo senso e in un certo modo. Per, il cielo che ha concluso non d come conclusione la fine, il termine ultimo, ma presenta come conclusione l'inizio o il principio o l'origine, per ora,
indifferentemente. Questo termine ultimo nel quale il pensiero
storicamente ai determina e si compie, dal punto di vista che interessa questo tipo di questione, appare ultimo ~a come se tosse, ultimo come , il punto di inizio dello stesso processo che
il pensiero capace di costruire prendendo, aesu:nendo il punto
finale come appiglio iniziale per riportare tutto al principio,
per ricondurre tutto all'origine. Per cogliere dunque lo e~ecula
.!!!2. del processo secolare della filosofia eepreesoei attraYereo
le varie filosofie ed i tanti filosofi, non si tratta di condannare o di approvare questa o quella filosofia, queeto o quel filosofo; non si tratta di aggrapparsi allo speculativo esplicito
che ogni filosofo esprime secondo la eua struttura concettuale.
Lo speculativo storicamente considerato, in realt, consiste nella capacit, da parte del pensiero, di concludere l'esito che lo
riguarda ripo1tandolo al principio, riuscendo a fare diTentare,
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ci che ultimo, primo; o, in altri termini, riuscendo a ricondurre tutto il processo speculativo ad tm. punto che originario,
non per nascita storica o anagrafica, ma nel senso che il pensiero la capacit, alla fine del suo ciclo conclusivo, di conoscerei originariamente; si potrebbe direr la capacit del pensiero
di stare tranquillo mh.. fatto che possiede la scienza dell'origi-
Il pensiero nella sua forza speculativa come se rischiasse di doverei rassegnare ad una sua inerzia profonda ed intrinseca perch tutto ci che il pensiero pensa, tutto ci che il pensiero riesce a sistemare come conoscenza fino alla scienza. A questo punto, il punto discriminante consiste nel fatto che la scienza alla quale il pensiero risulta ancorato, _una scienza specifica anche se una scienza che poi viene di Tolta in volta riproposta e diversificata dalle varie filosofie; la scienza specifica consiste nel fatto che il pensiero, attraverso la capacit sistematica di organizza.re la conoscenza (e quindi di stare ~locca
to su un fondamento che fa da elemento) scende fino ad una piattaforma sistematica che lo assicura poi a s stesso e che la
scienza, ma non la scienza coma tale n~ la ecienza di qualcosa
o di qualcuno ma la scienza dell'origina. Per cui, ci che di speculativo risulta, e non ci che di epeculativo ! in fondo in
ogni discorso filosofico la sua stessa necessit di apodiesi, di
- - . -- espressione compiuta fino a quel punto e fino a quel limite oltre
il quale non possibile diversa ecip,.,~~~,1i071.8 n pe::'l"'i'l::"'' 1o'\~::"'.-----------~-----------------------
&
1:.-i. l~.rt~:tt di
co lo steeso nemico. In altri termini, 11 peneiero combatte contro s eteaso e dunque, combattendo contro s stesso, esprimendosi speculativamente, come se necessaria.mente dovesse rimanere
inchiodato a questo euo destino interno: tutte le ermi di cui usa,
lo risolvono in modo tale che non gli ruane altra arma oltre Il
di vista lo s~culaquella che i l pensiero usa. Da quest_o~~o
---- - --- ---- - -- ---ti vo un dato intE111l_()L i l dinamismo del rapporto per i l quale
il pensiero pu dire s secondo s stesso e non secondo l'altro
che lo pensa, esprimendosi, fa si. che 11 pensiero pensi, epeculi,
organizzi tutte le conoscenze delle quali capace, in quel modo
per cui ne viene fuori un certo sistema. Ma, al di fuori di questo sistema, lo epeculatiTO di cui si pu parlare, non uno ape--~-----
--------
--
..
----------------
---
---
~tr
!!; ?er cui 11 vivere che non d 11 proble:a di capirlo in qua?J.to Tivere significa, rispetto ai problemi che pu dare, finire
capire; perch se noi doTessino 9tare fermi ai proble- ---- ----- ------ -- - ------di -doTerlo
mi, :~~er.doli a loro volta fermi rispett~ ~ ci di cui sono proble:ni (il vi vere) saremmo costretti a so s~ndere i l vi vere e sarebbe u::i modo comodo di creare 1' eternit. Ou~do allora diciamo
ohe la vita \Ul continuo carico di problni, dobbiamo dire in
verit che il carico dei problemi consiste nel fatto che finire
di es.pire i problemi una sorta di mulino che macina sempre la.
stessa farinas ogni problema d un altro problema che per viene
reso finito nel momento in cui si esprime perch il Ti.vere continua t'ascinando con e i problemi. Questo per suppone che, nel
fiume ~he scorre nella storia dell'esistenza, ci eia qualcosa o
qu.al~.mo che non muta con la storia dell'esistenza e questo l'io: so~o io secondo un dato fisso e immuta~ile del quale sono sicuro, ~el quale sono certo e l'esserne cer-to non la verit della si& Tita ma la mia stessa vita; quel TiTere cio che non ha
bisog:.~ ai estrapolarsi per diventare vero rispetto a questa certezza =a quel vivere che rimane vivere de~tro e eteeso in modo t~le da appagarsi di questa certezza. E potremmo aggiungere
che C,i.L3.ll1o i l vi vere ~o~~~~i<:a questo rap:po:::-~o con s e quando
p?"et~~~e .. che la .. C?el"~ezZ:S: ~~.!!'!J.t?- -~ri,:t~-n~s ~O?:~ le . filoeofh della TiV-, nascono cio le cattive filosofie, o anche, a secondo
-------
del ptcto di Ti.sta , le migliori filosofie. ~~econo cio i sis~-
-----~
."
viver.
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costretto ad attraversare il prisma della certezza che lo soddisfa fino a quella sua depurazione assoluta che fa della certezza
2! o la verit, i l vinre che Tiene disincantato dalla stessa
esistenza e diviene un principio di conosoenza non eolo dell'uomo ma di tutto ci ohe poi l'uomo pensa attraverso questo principio. Da questo punto di vista tutte le filosofie che ei interessa.=io, come fi~oaofi~, della vita eia. essa sociale o individuale,
BO_!-l() tu~~tl_p;'_M;ll!~t_i~i-~ pl"~at~emi :i.!1'1~g_1, non alla filosofia,
ma all'uomo. L'uomo allora tma contraddizione vivente, senza
filosofia, di queste filosofie; basta l'uomo come capacit critica, cio come capacit pregiudiziale di non farsi catturare dal
sofisma che sta dentro queste filosofie per smantellare queste
stesse filosofia. Questo tipo di discorso interessa perch c~,
da un punto di vista storico, una sorta di tranquillit che lega
tutti gli uomini tra di loro su un fatto astratto: siamo tutti
tranquilli perch~ bene o male di noi sappiamo qualche cosa che
poi chiamiamo o natura o essenza o come voglia.mo. Quando noi cerchiamo di comprendere in ohe maniera, da questo ooaoer"fO di questioni poco questionabili, salta fuori un termine di riferimento
che usiamo chiamare pensiero e ohe, quando salta fuori, come prima cosa, scombina le mie tranquillit, ci che accade direi simultaneamente a tutta la materia da cui noi tiriaao fuori i l pensiero, ~ uno sconvolgimento da parte del pensiero di tutta questa
stessa materia. ~jxe_ a()l"a __pe_nsie;-o,_ s_igni:!ica porre in criei
ci da cui traggo questo steeeo cUre ~ns_ie_r~.~ Quando parla"f!lmo
del fatto che il Ti.vere storico dell'u91?10 si pu attesta.re su un
certo complesso di questioni che ci lasciano tranquilli, doTeTBmo dire che in realt questo fatto significa il gioco anacronistico ohe quello di non sapere di essere dentro di noi addirittura mitizzanti, (e di noi posti sull'altura del progresso storico),
come inTece non mitizzante il primitiTO il quale il suo mito
ae lo gioca esattamente peroh!S se lo gioca espl_!~i_~~.8Jl!_~ e dunBaruch_in_libris
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dire che i l parallelo tra il vivere e i l pensare un modo attraverso 11 quale come se il vivere pretendesse s6 stesso come una
scuola nella quale tutti gli scolari fanno da maestro, nella quale tutti quelli che esercitano questo mestiere del Ti.Tera (gli
scolari) fanno da maestri. Continuando la metafora, si potrebbe
dire che questa strana figura di scolaro-maestro che i l Tivere
alleT&, l'uomo cio, chiunque di noi, eia educato a non riconoscere maestri fuori dal suo essere scolaro. L'uso didattico del parallelo significa allora che cercare di comprendere i l vivere si
identifica nel fatto, interno al Tivere, secondo il quale il Tivere cerea di proporre da s/ stesso wi modo di ritagliare, di
diTidere il maestro dal suo essere scolaro, di illudere il maestro che per essere tale non ha, n aw bisogno di andare a seuola; ~ coma se i l parallelo tra Tinre e pensare, dedicato ad una
sorta di uso didattico maggiore a singolare, in realt si risolvesse in questa pretesa singolare che il Tinre pub essere proprio rispetto al pensare perch ~ come se il TiTere, toccato dal
pensare in un certo eenao, subisse il fascino del pensare, subiese il fascino di ci~ che non riesce a comprendere in modo tale
che per TOlerlo educare, non trova di meglio da insegnargli se
non cercando di insegnare a s stesso questo modo di distinguere
lo scolaro dal maestro: per cui potremmo cavarcela dicendo che,
viTendo, il vivere maggiore consiste nella capacit del magistero, nella capacit di essere maestro senza bisogno di scuola.
Possiamo anche dire che noi ragioniamo la questione a questa maniera perch siamo riusciti, dopo secoli di discorso filosofico,
a non farci catturare dal fascino ohe il Ti:nre subisce contro
il pensiero. Il Ti.vere, in un certo senso, ~ affascinato dal pe-neiero e quindi ne subisce il fascino, se non altro perch il Yi
Tera non sa che cosa eia il pensiero, indipendentemente dal pensiero stesso; 11 TiTtre non sa ohe animale (e sto pensando a Pl..atone) pensante eia il pensiero, perch il pensiero
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una sorta
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fronti 11 Tivere ei eente piccolo o meno L~portante; ma in realt il fascino cht il vivere eubieee del termine di tensione un
modo attraverso il quale il Tivere naeconde che il euo presumere
di teeere congeniale al pensare di poter porsi in parallelo col
peneare, sta nel suo non potere comprendere ci ohe la sua ete~
sa forza iniziale che l'impianto delle ~ue stesse radici, la
Titalit del euo stesso inizio. Allora dovremmo capire questo fatto singolare per cui tra l'impianto iniziale radicale e l'ultimit del termine il vinre rischia di rima.nere una grosea metafora
nel eenao secondo il quale noi, Ti.vendo, non che siamo, ma ci
illudiamo di essere, perch 11 noetro essere non nel Ti-v.re,
non coneiete nel vivtres il vivere pu eesere che consista tutto
nell'esistere, un eesert-da, genericamente parlando, ma che questo esistere per ci stesso, com.e Ti.vere, aia essere, questo non
risul:ta al vi-v.re percM i l vinre pu rieolnrei tutto nell'eaistere e poi per dire che questo esistere , de-v. usare qualche
cosa ohe non n il viTere na l'esistere. La forza dell'impianto o la Titalit delle radici corrisponde al toglimento dtl problema di Ti.Teres io viTo intensamente se Tinndo non faccio problema del vinrt etesso. Potremmo dire tranquillamente, senza che
ci sia nulla da capire, che il Tinre ci impone di eeistert e noi
non pensiamo la aorte ma percM 1'11!tranqui].li. ---non perch
siamo
- - --- - ----- --posizione ohe l'esistenza di s nel TiTere, corrisponde al toglimento del problema di essere. Quando il vi-v.re attestato in
questa tensione, lo in modo tale per cui la teneione in realt
lo c!iohiara verso il termine ultillos ma eoltanto percM questa
---
---
12
ne dialettica per su.a disgrazia, per fat"to naturale: nella eteaea misura secondo la quale l'eietente ~ la necessit di non eesere, esso come esistente, compreso nella definizione dell'eaeere, nella stessa identica misura l'esistente per~ la necessit
di essere esso a comprendere la definizione dell'essere. E pare
che eia chiaro questo capoTOlgiaento di dieooreo dicendo che la
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'"<;..--
------
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II
SIST.Q1A
E CONOSCENZA
Il drrumna esistenziale pu e~eera eeaurito in una aua sorte letteraria abbastanza plaueibil~ per il dr~a, nrn ~ei~ten
ziele, ma il dramma astratto, consiste nel f~tto che la filogofia
storic!l!llente ee n~ in qualche modo appropriato. C' '.llla tentazione nascosta, sottile che la filosofia subisce rispetto all'sist9nza ed quella tentazione che potremmo fare ricadere nell'ambito di quel discorso per cui la tensione che il vivere subisce
fino al faecino che subisce rispetto al pensiero, in realt Terifica una situazione paradossale perch ~ come se fosse necessario
riuscire a identificare una figura di maes"tro senza scolari, e
quindi di essere maestro secondo un impianto di rapporto ohe ~
un impianto tutto dovuto al pensiero stesso, un impianto ohe ~
intrinseco al pensiero. Si potrebbe dire che gli scolari che il
pensiero non ha, non gli scolari ~i cui il pensiero non ha bisogno, sono gli scolari che non hanno, in fondo, bisogno di s stessi e quindi non sono tali da costituire un termine di necessit
~er il pensiero; potre!lllllo dire che la scuola che il pensiero non
ha ~ una sorta di scuola sotterranea per cui coloro che 'TBJl?lo a
souola dal pensiero ~ come se fossero destinati a rimanere a quel
certo livello di l dal quale non pu andare, di l dal quale non
pu apparire perch gli scolari del pensiero, si potrebbe dire,
sono i suoi stessi termini fondamentali, sono le radici del pensiero. In altri termini, un modo di essere radicale proprio di
ci che }(interessa il pensiero nella sua radice pi intrinseca
costituisce l'aula, tutta confinata in s~ stessa nella quale gli
scolari del pensiero TiTOno la sorte singolarissima e paradossale di essere scolari nella misura in cui il loro essere scolari
li esaurisce tutti in questo stesso. La filosofia, allora, ai
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c?_e la_fi_~()B_()~i~ ~ ~ome sistema di conoscen2:~_j,Inp~ic::a_ nel rapporto al principio di questo rapporto una sorta di ribaltament o del discorso perch~ il sistema di conoscenza
-~~lE!__O__~pone _o 1;e()riz2la la oon()scenza del sistema; tutto cib
che filosofia in quanto sistema di conoscenza, anzi, pi pesantemente, sistema di conoscenza, cio~ conoscenza irrigi-dita, bloccata, nel compimento delle sue perfezioni interne e nel compimento dei suoi processi interni, si risolve in cib che la filosofia
come sistema di conoscenza, in realt quando poi diventa tutto
conglobato come termine riferito all'inizio, al principio che lo
risucchia a s~, il discorso si ribalta; si ribalta perch~ l'inizio che risucchia fino a s~ il sistema di conoscenza in realt
riporta al principio il sistema di conoscenza perch~ riporta al
Intendo dire che nel sistema di conoscenprincipio la conoscenza.
- --------------------------- -- -----
za la determinazio ne riguarda il soggetto stesso, il soggetto fondamentale perch~, nel sistema di conoscenza, il soggetto fondamentale la connscenza, nel senso direi classico ed elementare nel
senso secondo il quale il soggetto fondamentale come conoscenza
sta a significare che la conoscenza conoscenza di qualche cosa
o di qualunque cosa a condizione di fare essa stessa da soggetto
a cib che conosce; dunque un sistema di conoscenza, per s~ stesso, ~ una enorme implicazion e, ~ l'infinito di tutte le impl.icazioni ma in quel termine finito che il sistema. Il eietema di
conoscenza in quanto determinato o, si potrebbe dire, in quanto
---- - -determinazi one in atto, esaln"isce par e~ la determinazi one ma la
pitamente.
~tto -~;_~
..
--
~~!!_e._a.
e~
come
~-
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determinatio--- ma non
per s perch,-- dell'onnideterminatio,
l'onni---------------- -------tudo, ___n_o_~ riguarda s, cio la conoscenza legata al sistema, la
conoscenza gi vincolata, ma riguarda tutto ci che dalla conoscen
za 'Yiene implicato per la conoscenza stessa e cio l'infinito delle implicazioni possibili. In altri terminis ogni sistema di conoscenza ~ la finitizzazione di tutto l'infinito possibile che
implica ogni sistema di conoscenza, la finitizzazione nel rapporto iniziale, cio nel sistema di conoscenza peroh appunto nel
.s~~tema di conoscenza, il segno della finitezza sta nel sistema
perch ~~- F,incipio (nella significazione classica di ratio; il
principio come ratio cio come una aorta di sistema interno al
sistema) ~ principio di finitezza rispetto a cib che tra il sistema, il suo essere determinato determinante (la conoscenza) e cib
che viene implicato (le iJlplicazioni) fa da principio di finitizzazione rispetto alla infinit delle implicazioni; per cui potremmo anche pensare che noi possiamo avere non tanti oggetti quanti
sono gli oggetti possibili di conoscenza ma tanti oggetti quali
sono gli oggetti che, possibili di conoscenza, possono percib essere riferiti
al principio- che tinitizza s stesso,
che fa cio
.. da
sistema alla conoscenza
e cio alla determinazione di rappor..,...__ ------------- .------- --- ------- ------- ----- - -- - . to fra- la conoscenza e- gli oggetti.
Gli oggetti come tanti quan...
ti sono, interessano soltanto s stessi; o interessano dall'altra
parte del discorso, interessano se noi riuscissimo a tenere fermi in s stessi gli oggetti di conoscenza tan1i quanti sono, secondo la possibilit infinita di essere che l'essere ~ in ogni
-ente determinato; possiamo sospendere il mondo della conoscenza
al rapporto 4i tutti gli oggetti tra di loro a questo modo per
cui il rapporto degli oggetti tra di loro sta tutto vincolato al1' essere degli oggetti tra di loro ma perch' tutti sospesi, soltanto ae riuscissimo a riguardare il sistema di conoscenza, cto~
il termine di implicazione, non dalla parte dalla quale noi consideriamo le implicazioni (e dunque gli oggetti di conoscenza)
--- -
---
-------~-
~.
. .
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---------~
- -
-----
--
----
di_ sd~pp_~a:m~to del soggetto, come capacit di reduplicazione del soggetto per cui l_._'o~tto rillane sempre quella assoluta incombenza su d eteeeo, incombenza che fa dell'oggetto una
~~-~:t
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. .J J.
:i
., _::..:.
00-_.>ett .:J
_Il.t!
_CO(Jtantem~nte
sottoposto a questa operazione di reduplicazio~ per cui come se fosse una sorta di gioco magico che subisce
in questi termini per i quali nella mism-a in cui capacit di
conoscenza, questa_ c~pa,e.1 t. ___diye~ta_ pi-incipio di rinvio al di l
~~__ci che _conos~e Tutto questo accade su un piano di fisiologia
del discorso filosofico, di elementarit nattn-ale del discorso
filosofico perch naturale, non per quanto riguarda il discorso filosofico, ma nattn-ale per quanto riguarda l'oggetto: la
natura dell'oggetto tale per cui implica questa sorta di destino che il soggetto subisce contro s~ eteesos quando la filosofia
Bi:
p_!ll_to?~~~!-__ i l __~~~:t.-~C?-
-~ova
... --~
..
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di fissi rispetto al sistema di conoscenza, in questo senso allora il sistema di conoscenza riuscendo a scoprire questa sua interna necessit di un sietem.a diTerao dall'organis mo sistematico che
gli illlunenta, il primo gioco che ha da"Yanti quello di ribal-~
tare il discorso: il sistema di conoscenza come conoscenza del
sistema. Intendo dire che, 1!18 dalle implicazion i in quanto int'inite si pu comprendere tutto il processo che riporta al loro principio, questa traiettoria all'indietro conduce le implicazion i
ad un principio che non rillane pi principio in quanto tutto esaurito nel suo essere sistema di conoscenza. Dal sistema di conoscenza, quello che ho chiamato principio, la ~ interna per cui
la conoscenza riesce ad essere il tramite che organizza le implicazioni infinite rispetto a qualche cosa ohe tutto finito in
s stesso e che il sistema; in questi termini, dal principio
di conoscenza, a cib che sta attorno alla conoscenza, cio alle
implicazion i, la traiettoria normale che il principio in quanto ~ conoscenza e per mezzo del suo stesso essere esaurito dal
suo stesso determinars i nella conoscenza fino alle implicazion i,
Finoipio soltanto e in quanto tutto doTUto ai termini che
rendono infinito il suo oriszonte, oio l'implicazio ne; per cui,
il rimanere finito del principio non il rimanere finito del principio in quanto tale, ma i l rimanere finito del principio in
quanto aTente quella sua ~ interna ohe lo fa essere sistema
di conoscenza; ed in questo senso dico principio per dire la !:!che il conoscetio per mezzo della qual.e, conoscendo, mi-- conTinco
-
re lt il "rincolo tra un inizio ed un termine dello stesso inizio
~r ou1 ~~ siat9l1a di conoscenza finisce nell'infinit o, nell'in:tin~~~- ~~_!_1-____~Pli!azioD!_e h.ociamo i l 41soorao al contrario, e
dobbiaao :tarlo peroh~ il sistna 41 _:~~(>!Oen_~-~-quanto principio d~~~-~~-~~~_!'s_o_~o~ _c_on_c>IJ~~ __s o~e__ p.rinoipio, ma di s~ coche implica anche se, non conosoennosce 11 l!IUO finire nei termini
-- --------- --------------- ----- --------- --"----- ---conoscendo cib che eseo implica e
come principio e di
do
~~----------
--------
e'
---
--
------ -
a'
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cio l'infinit delle implicazioni che attorno al sist8lla di conoscenza sono tratte a s dal principio che interno allo stesso sistema di conoscenza)? Questo dubbio basta a farci ri:tare il
discorso all'inverso, a farci cio rifare la traiettoria al contrario e allora non dal principio ai termini che lo finiscono infinitamente, per cui potremmo dire che gli oggetti in fondo sono
il modo attoraTerso il quale il principio in quanto sistema di conoecensa finisce infinitamente e basta, ma delle implicazioni al
principio,
Se segtliamo questa traiettoria, il problema :tondentale
che nasce automaticamente quello di chiedersi cosa fa da principio a questo discorso capo'fOlto, E sto ribaltando il discorso
aristotelico, semplicissimamente, sto ribaltando il discorso del11p!tean, Ricordiamo ~ non poBSo pensare di conoscere
il principio secondo s stesso perch questo secondo Aristotele
significa la fatalit dell'eia peiron, dell'andare all'infinito
alle spalle --4.H principio, Sto dicendo il con'trario, nel senso
che l'infinito non_~ta__ !'.~~!9 __~:J.._!~_~el __~~ciiio ~~~~--~~le spalle dell'oggetto; cib che fa da crinale infinito ad una sorta di
caduta necessaria nell'infinito proprio l'oggetto, il termine di implicazione per cui l'ia peiron,l'illillitato, non cU
che eta alle epalle del principio, ma cib che rischia BOltanto
di essere di l clall'ogge"tto, Allorar che cosa fa da Finoipio
per i l discorso ~so 11 sistema 41 conoscenza, cio~ ohe cosa fa
da principio nei tenaini illplicati perch l'implicazione abbia
principio come tale? Paooiam.o presto a dire di capo'fOlger 11 diaooreo dicendo che sist81la !! conoscenza significa necessa.riamenBaruch_in_libris
11
te
~~bito
~el
~apov~l to
t~rmina
con~1;1cenza
di
C:!lla
infinit dei te:."'.':1ini 1ella implicazione, chi 'ltiaggi::., \~:l.i Bi muove vere.mante non n il sistema
-a
cono8cen.za n i
~?Tini::ii
d 1 ::tp-
eintem~
di
attraverso la quale dovremo renderci conto della necessit, interna al sistema di conoscenza, di diventare conoscenza del sistema.
Questo in realt comporta l'operazione iniziale mediante la quale il sistema di conoscenza tutto come tale conglobato diventa
principio eeso stesso: e quindi abbiamo tm principio il quale non
in quanto tale, cio non in quanto principio, ma in quanto
sistema di, un principio il quale principio in quanto sistema
~e in quanto sistema di sistema di conoscenza e !!l~quanto eiprincipio dete!Mi~_ 1.ll'l.a infinit. di termi.ni __~:P):.!_catLl;\al_~~- stesso p!"L'lcipio, ':la non dallo
ateaeo principio in q~to principio, ma dallo stesso principio
.!!l:D~__ di_~ono~cen~~--d~]J.. '-~~seredel
in quanto sistema
cio~
qua.~to
a sua vol-
l'essere principio da parte del sistema di, in qu!:\llto ota a significare un essere principio rispetto ai termini ohe vengono infini tament implicati, sta a fare internamente a s~ da principio
in quanto internamente a s termine del oompi.mento o termine
di compimento; per cui il fare da princ;p!!'..~. essere da principio
che questo modo di principio implica non
rispetto ai termini
- -- ---
-
____ -- .
-----------
un fare da principio percM ci sono i termini, n fare da prin"'"
ciJ>i~ ~.ch
22
~'
~--
-~
d~l
suo essere principio come princi~io significa dal suo essere questa sorta di sistema interno
a a~ steB00 per cui il principio come principio, in quanto princi~io propri~ in quanto principio termine di compimento. E noi
non possiamo continuare a dire, non possiamo continuare a pensare su questo. Il principio in quanto principio proprio perch principio immanente a s questa sorta di sistema dentro il quale
il suo essere quello che coincide con il termine di compimento,
dovremmo poter dire; ma dovremmo poter dire perch do"fremmo poter
pensare, ma noi potremmo pensare ee potessimo continuare questa
proposizione e concluderla: non la poseiamo concludere perch questa proposizione conclusa in s stessa; questa proposizione fonda.~entale identicamente non ci consente di continuare perch tutto il pensare gi continuato in quanto noi non possiamo pensare ~- com~iere _ i l princip:to _rispetto a s stesso perch ci che
possiamo pensa.re per adesso come principio esattamente il princi;;io
in--- q~to
d_entro di s compiuto. E allora noi non poseil!lmo
,__
_________
.. ....
di.re i dunque il principio in quanto princiiiic ?.Yendo dentro ee
stesso 11 termine di compimento; e cio dovremmo potere pensare
non per pensare ma per continuare a pensare: il principio dentro
'
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~--
..
..
se a fare da principio a tutto ci di cui siamo capaci come conoscenza. In altri termini ancora: conosoiamo qualcosa, qualun~ue
sia, conoscere_ qualcosa, _quz:~-~.9.~!'--~~a,_ ei~~fica rendere senza
tem~--~i_ che_ gns~nte la conoscenza di qualche cosa, perch~ coBaruch_in_libris
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noseiamo qualcosa vuol dire che, quando pensiamo, il nostro pensare si esprime, si esaurisce, si risolve in una conoscenza e allora succede che ci che conosco rimane fisso e fermo a ci che
come conosciuto indipendentemente dal fatto che alle sue spal-
le c' qualcosa che il tempo attraverso i l quale io lfho conoeciu-r.o, che ncn sarebbe il conoscere, ma del conoscere sarebbe
und sorta di tempo i~proprio rispetto al conoscere e proprio solo di s, il pensare; per cui quando dico, quando pensiamo, ma
quando pensiamo eta a significare, nella sua stessa espressione
letterale, wia sproporzione paurosa perch in questo senso .. ~o
me se il pensare significasse l'uso del tempo perch l'uso del
tempo diventi tutto ci che pu essere senza tempo e contro il
tempo, addirittln-a l'eternit, perch in questi termini ci ohe
conosco come conosciuto eterno, ed eterno significai ~ senza
tempo. Ci
che conosco come conosciuto-- senza pensare, ci che
------- - --- --.
conosco come conosciuto senza ci che lo fa essere come conosciuto, ci che conosco come conosciuto in modo tale per oui non
f'a essere oi che lo fa essere, per~}\~_._!"_"!1.1-~~..i~. pensare senza 11
-~~~_auando, o il pensare senza ci che pare lo inglobi tutto: il
pensare
senza tempo,
e q,u,1~4i i,:J,. -~empo senza se stesso. Ecco per-,-- - -- -- --- ---- - - - ---------------ch cerco di comprendere il punto d6~ questionar il pensare che
da questo punto di vista deve riuscire a programmare una sorta
di dialettica, meglio di dialessi per ora (~ialessi per dire un
"Crooe.ss_o d.ialettico nat>.Jrale, non pensato) 'lUla sorta di dialessi
internamente a se stesso per cui il principi~ in quanto sistema
~ diventa o rischi& di diTentare il principio in quanto tale soltanto perch il principio in quanto tale immanentemente a se
il termine di compimento del quale non possiamo dire se non ci
che il principio rimane come principio. Intendo che ci non lo
~. non lo dico non significa non lo dico verbalmente, d la
proposizione, i l principio il quale in quanto tale termine,
immanentemente a s termine di compimento di se stesso; questo
...
..
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lo possiamo dire, ma una espressi one 't'erbale e cior poseo dire ci senza pensare , T&r8men te.senza pensare, perch~ senza pensare vuol ~ in questo caso il principi o il quale diventan do,
in questo tipo di questio ni, in quanto tale, perch in quanto ta!!rsign ifica questa immanenza a s del termine di compimento; e
se dico del termine di compimento di se stesso, sto dicendo che
questo principi o ~ ci per mezzo del quale il pensa.re non , perch diversam ente 11 termine di compimento se del ee eteseo che
11 principi o eta a signific are che 11 principi o non pu essere
principi o di nulla se non di se stesso, il principi o in quanto
principi o perch diventan do in quanto principi o ilmaan8 Jltente
a ee in quanto principi o 'terll1lle ti coaptm.ento, ee come 1;enliPa-ne di compimento pu enm-e .oib. ,.- ais.O a.1 quale ~-,
.
re che il termine di compimento il nn110 111"1noi9io. Baliora
poBBo dire pensando 11 principi o che in quanto tal.e, diftDtaa 49
tale, immanentemente a se termine di compimento di se etessoJ
se posso dire questo dire questo signifio herebbe non dovere continuare se non rassegna ndosi al tatto che continua re signific a
continua re a pensare, quindi non pensare e conoscer e soltanto ;
quello che accade: noi continuia mo a pensare, cio~ conoscia mo,
mentre TioeTers a se noi potessim o dire non in questo modo ma in
modo diverso impegnando il pensare: 11 principi o in quanto tale
~ 1mmMntemente a s termine di compimento di se stesso, noi otterremmo come conoscen za una sola conoscen za, come scienza la co~
27 -
, :1 ~cnmo ~~
~iuta
:i..-l.....,:iimi. i
,._.. !-' .. -~-i.~:
.....
:._. '
ti cui'posliao parlare
mftDtaa.,
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da il filosofico del rapporto di generazione un essere generato pericoloso, non un essere generato qualunque, perch quando
l'acqua viene poeta in essere nella storia come elemento unico
e solo, come ci che debbo pensare come elemento fondamentale del
conoscere, non che nasce in.:fante, non nasce infante, non nasce
senza parola, nasce parlando, nasce insegnando qualcosa a chi l'ha
fatto nascere. Il suo essere gi un insegnargli, il definire
l'acqua come elemento unico e solo anche tale dalla parte dell'acqua che tale pu essere definita.Questo l'escogitazione
'taletianas perch proprio l'acqua'? Perch ci che si ritrova
in tutte le cose, allo stato di umidit c' sempre l'acqua in tutte le cose, ecco il parlare dell'acqua, ecco la non in.:fanzia del1e,ala9nto lU:d.co e sol B dunque: l'essere generato m qaato
tipo 41 questioni un essere generato pericoloso peroh4 ai iO-
ne al suo autore, imponendosi al suo autore gli fa capire che il
suo generare equivoco, ed equivoco perch nello stesso tempo
nel quale Talete riesce a pensare l'acqua come unico elemento e
eolo, come elemento fondamentale, come principio di conoscenza,
che nello stesso tempo per oggetto dalla conoscenza fondamentale, Talete accetta che l'acqua gli insegni qualcosa di s, che
l'acqua gli si presenti in modo tale da potere essere definita
a quella maniera: non stato Talete a fare che l'acqua si potesse presentare in tal modo per cui risultava conforme a ci di cui
il pensare ha bisogno per pensare qualcosa come elemento unico
e solo. E' quella che poi diventata la dimensione cosiddetta
real.istica {non conosco l'essere come cib che esso diTenta perch
lo conosco, lo conosco come ci che eseo ma in quel modo per
cui come cib che significa anche come ci per mezzo del quale
lo posso conoscere). In questo senso l'essere generato come uniTOCO da questo punto di Tiata rispetto a chi lo genera pericoloso peroh~ si impone e peroh~ imponendosi obbliga l'autore a comprendersi doppio, obbliga l'autore a quell'unica parte che una
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doppia parte, il per...eare l'acqua in rapporto all'acqua come elemento unico e solo dall'acqua, dall'elemento non pu rice-rere nessuna condizione che eia propria al pensare, anche se nemmeno il
pensare pu a sua volta fabbricare, inventare, creare l'acqua, o
l'essere, l'idea semplice, o l'idea dell'essere, come ci che deve essere in quel certo modo per cui dato che in un certo modo
per ci lo penso. :tl8. questo discorso rimane tale fino a quando
l'elemento l'elemento che pu sempre diventare uno dei tanti
elementi che possono fare, che possono recitare la parte dell'essere generato com.e univoco rispetto alla aequivocatio che eta al
principio del suo stesso essere generato; questo rimane in questi
termini fino a quando l'essere generato -~- tanto l'essere generato uniTOeo perch.S U no eaear,e ~TOco ~a da termine di llDA
attestazione di aeqnwcatio cJae ~eta- 11 generare, e questo
----------------------- -------
'
--
___
""----~-
acqua nello stesso ~~o nel qual acqua e come acqua quello
che , nello stesso !"%po per ci che posso pensare per ci
che serTe a me in quanto la penso. Ecco allora l'univoco, l'esseche
lo - stesso
generato identioemente
re generato aa l'essare
- . --- . ------ ------------ -- --- -
-'"--. - -per cui il nome che gli d
'ef3_!3ere univoco,
del.l
J).ecessit
J.a
- -- - ----..... - il nome proprio di ci che esso anche se il nome proprio di
-
---
---
ci che a me serve
per~h~
lo possa pensare.
L'essere generato, a questo punto, l'essere 'UZliTOoo, da elemento unico e solo, d.a elemento fondamentale, da principio di conoscenza, da oggetto primo e u1 timo attra"f9reo i l quale pensare
tutti gli oggetti pos~ibili, a sua wlta come se diTentaase ~
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meno per idea, o appunto appena e soltanto per idea, e dunque E.2!!
per filosofia.
IA filosofia eta dalla parte del generare, perch~ cib che
essa genera parla; tutti i principi sono esseri parlanti, dicono
s, e impongono il loro dire s a cib che li fa nascere Allora
il contestatore varo nato in filosofia e come filosofia perch
il vero contestatore ~ il principio il quale in quanto generato
dalla filosofia gli insegna eubito se stesso, lo mette a tacere,
come il :tig1io che dice al padre: in realt tu sei qualcuno che
dipendi da me perch. ti taccio nascere sul serio io. La nra conteatazione stata sempre questa, ma questa contestazione ha acquiei to storicamente la difficolt per questo povero padre-aadre,
che la :tiloso:tia, 1a dif:t'icolt di essere intrinsecamente tale:
perch. i filoso:ti sono stati anche suggesti"IBDlente coltivati dal
dubbio che meglio morire di amore per il proprio fig1io che vivere di forza per se stessa; e quindi come se la :tiloso:tia quando morta bevendo la cicuta di Socrate, non che anva bisogno
di cicute, la prima cicuta gliel'ha data e continua a dargliela
come filosofia l'essere generato, il bambino non infante che riduce la filosofia alla coscienza di una sua infanzia forse necessaria anche per la stessa filosofia.
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III
IMPOSITIVITA' E IMPOSIZIONE
IL PRINCIPIO UTOP!CC
34
e ci che conosciuto per cui biblicamente o secondo il linguaggio ebr_@lico_ conoscere significa possedere. Se terniamo al diecerso che interessa questo tipo di problemi e di ambientazione :problematica degli elementi originari, nel momer.to nel quale ci convinciamo che l'essere generato ci che conser.te a chi lo gene~a di ess~re conosciuto e quindi si potrebbe dire che l'essere
~~nerato
--------
prendere atto di un fatto pri~ordiale che il s~~~ente: _il conoscere originariamente si trova i.!l crisi, si t-ova
sp~ccato ~erch la spaccatura del conoscere in ~ondo sta nella
. .
.
su.a
indecisione
tra
l'attivo
e
il
passivo;
ancora: la spaccatura
------------------------ - -- .......... -- -- . . del conoscere eta in una sua interna eresia (e uso il termine eresia in se~eo proprio), il conoscere si trova diviso tra ci che
la sua attivit e ci che di questa attivit costituisce il suo
contrario, cio il passiTo; in altri termini, l'essere generato
non corrisponde a se stesso, corrisponde al suo contrario, all'attivo, l'essere generato corrisponde al conoscere, ecco il paradosso, nel eenso secondo il quale l'essere generato in quanto principio l'ir.izio che fa da soggetto al conoscere, e allra l'essere gener~to in quanto passivo in verit ha come suo correlato
un contrario che il conoscere, ovvero che l'attivo, aa non
l'attivo diretto, non il suo atUvo, non il generare, perch potre-:uio dire anche grammaticalmente: chiaro che l'esser9
~nerato se eignifica una correlazione a ci che gli fa da contrario, sigr!i~ica quella correlazione a ci che gli fa da contrari
L'l1l!lediata:sente e naturalmente che 11 suo stesso essere atti'YO
in quanto generato, per cui se coniugo l'essere generato, il sggetto vero dell'essere generato non l'essere generato, ma il
generare; se coniugo l'essere generato, la vera coniugazione, ci
chi ha in ~a.no la carrellata dialettica, la prepulsiene del ~Ti
~ento, evidentemente non l'essere generato come tale, ma l'es}7\IDto
dob:ia~o
~--------
sere generato come non tale, come ci che non in quanto essere
generato, ~a come ci ohe in quanto generare. In altri ter:niBaruch_in_libris
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ni: l'eeeere generato per se etesso implica il generare, il passivo per il fatto stesso di essere passivo significa o implica
l'attivo; ma l'attivo dell'essere generato il conoscere, ci
che correl;tivament e a questo passivo, l'essere generato, contrario, non il suo contrario immediato, il se stesso proprie,
_ ~~~E?..E!"~~!. ~el ee etesso, non i l se stesso proprio ~erch
il se ateeso proprio il generare, ma la impropriet de: ~
stesso perch il conoscere, e 1.~propriet del se stesso perch
dire che nei con.fronti dell'essere generato 11 ~~e contrario potrebbe essere chiamato classicamente la forma, ::.o:: la
:t:o~a n~l suo eeneo prJprio ma la forma nel suo senso i:::p:-oprio,
co la forma nel suo senso interna.mente platonic~ dove il ee~eo
~te:nam~nte platonico della forma sta a significare il ~ito dell'essere generato, cio il nascondimento di ci che lo f~ essere
ci che , e dunque l~, l'eidee, qualunque cosa pu essere
per essere il contrario dell'essere generato a condizione di essere qualunque cosa per ci stesso a me sembra che debba eseere
tale in questo senso, dato che l'essere generato questa passivit includente tutto ci che rientra nell'essere generato, dato
questo, il suo contrario pu essere qualunque cosa, nella ~isura
in cui qualunque cosa significa la scelta di tutti i cor.tenuti
poeeibili. In realt qualunque cosa non significa la scelts di
questo ~ontenuto o di quell'altro, ma interessa che quello o quell'altro contenuto siano inglobabili in queeto modo di essere contro l 1 e9sere generato ohe l'attivo puro e che l'attiTO ;iuro
fino a q~el punto-limite nel quale l'attivo puro non pu eesere
un attiTO pi.U"o senza s stesso, ma un attivo puro con s steeao, cio non un attivo puro per astinenzar o per capaoit di
continenza, ma._~ un_ a:ttivt) puro p_er capacit di negozio interno
~!:!:::!-~-~~~ _i_~_ entit. In questi termini come ee dalla parte dell'essere generato erompesse la necessit dell'attivo puro a questo modo cbt poi in realt corrisponde a quella che potremmo chiamare, tenendo il teI"Tlint nella sua classicit letteraria, ~
cio eidos e cio: l'occultamento in s del suo stesso eeaere generato. Se cerchiamo di leggere l'idea nel euo senso unico che
quello platonico (storicamente Platone ha pensato l'idea per
tutti coloro che poi sono tornati a pensare l'idea, per cui non
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----
....
------ - -
poeeibi lit di intellig ere, quindi quando abbiamo definito platonicamen te l'idea come la intellig ibilit assoluta e questo Platone, questa l'idea, dovremmo dire la intellig ibilit di che
cosa, non della idea, quindi l'intell igibile nel l'JUO senso aeeo,!_ut()__ e~ a eigi::aifi care questa incapac it di determin azione. Il
discorso anche platonic amente ~ molto pesante ed molto pesante
perch la stessa definizi one cruciale di idea, la definizi one che
raggiung e l'idea nel suo cuore teoretic o, cio nel suo nucleo costruttiv o, generati To, la definizi one che raggiung e l'idea nell'Baruch_in_libris
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~~d? a(?~ade
mito platonico, perch~ chiaro che non perch non eia.mo pi greci riusoi~o a capire che non vero che una volta giravamo co!!le
t!l!lte belle 9.?lime disincarnate attorno ai cieli dove peneaT&mo
p9rch cor:.";entplavamo l'idea e da que!!to avremmo dovuto ricavare
il noetro
c~scere
zia metafisica che siamo noi come uomini, come questa bella cosa
pesante che non posso portare in tasca. Allora in questi termini,
in questo seneo, l'idea platonica ~ il mito pi inutile, perch
~ occultament~,
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re platonico perch daTVero Petrarca. non era platonicc. 11 Petrarca pi interessato alla Laura del Trionfo della morte, q_u.anrfo anche la morte sembra bella nel bel vieo di Laura non perch Petr~r
ca stia. ~latonizzruido ma perch~ non ha bisogno di plato~izzare:
chi platonizza sono i petrarchist i evidentemen te perch avranno
bisogno di mettere in versi queeto ~ito assoluto che nasconde l ' uomo I
Non mai accaduto il contemplare l'idea, perch ce ne ricorderemmo eu1 eerio, e senza. bisogno di nessun ventilabro filosof'ico che si mette a ruotare dentro l'anima. nostra e sta l a
mettere per un verso la pula e per l'altro verso il grano e distingue tra ci che Tero e cii!> che non vero, vera l'idea e non
vera l'opinione, vero il mondo idea.le della mia infanzia a.etra.le e non vero il mondo reale degli uomini.
Tutto questo perch? Adesso converr difendere Platone,
chiaro, perch~ la vera difficolt sta in queeto traslato fondamentale: l'essere g11nerato ha questa difficolt interna del suo paesaggio all'attivo, l'essere generato implica questa sua difficolt interna di un passaggio all'attivo che sembrerebbe facile perch~ eembrer8bbe un ritorno Quando insegnAo a un be.mbL"1.o a distinguere tra attivo e paeeivo, dovendogli insegnare a coniugare, do-
------- --.
p'
--- -"
vendocli insegnare a comprendere la riunione, la dialeeei, ei potrebbe dire, la complession e del soggetto e dell'oggett o, gli insegniamo facilmente in fondo questo discorso, questo discorso che
per non deve essere inteso in un euo eeneo elementarie tico come
pu sembrare, perch i bambini sono importanti, molto pi importanti di noi, ed una lezione che epeeeo viene a noi da ri8erve
infinite di mondi conoscitiv i. Ya al bambino diciamo di tornare
al soggetto, e ri!llettere l'a~nte all'attiTO significa tornare
allo steeeo, ecco il gioco del paeeiTO, tornare allo stesso, e
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--
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._
..
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della sua stessa grazia origina ria, \Dl modo adeguat o che sia ~
ticemen te di scienza e di conoece nza, cio sapere . Se stiamo fermi al tipo di discors o lettera le, cio se stiamo fermi a quel discorso che lettera lmente cerca non gi di farci comprendere la
filosof ia nel suo aomento eTOluti vo sucoes sivo, quindi se noi stiamo fermi a questo tipo di discors o attrave rso il quale il diecorso filosof ico una sorta di inibizi one, di impedimsnto poeto alla conosce nza verso il princip io e di ribaltam ento di questo stesso limite dell'im pedime nto posto alla conosce nza verso il principio, come inizio del conosce re verso lo svilupp o success ivo; e
ancora: ee noi stiamo fermi a questo tipo di discors o che significa stare fermi a un limite, che in qualche manier a ri8Ulta dentro s stesso diTiso in due, perch un limite che impedit lce,
ma il limite che impedi sce, quando impedis ce e ee impedi sce, impedisce contro il princip io, il limite nel suo essere impedimento, quando illpedim ento impedis ce sempre per definiz ione e per
essenza sua contro il princip io: se permet te qualcos a non permet te qualco sa a causa del contrar io di s, limite in quanto se impedisc e, impedi sce non gi peroh~ il princip io non gli piace, o
perch il limite una rinunc ia in princip io di ogni discors o di
conosce nza del princip io, non per questo , ma perch appunto il
limite in quanto tale, per sua stessa costitu zione int~, se
-qualcos a , in ogni caso inizialm ente un impedi re tutto ci che
gli pu essere alle spalle, al princip io, per cui ee2pre impedimento al princip io; il suo essere tale per lo fa diTent are abi~-----------
---------
.-
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- .
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essere pensata secondo quel suo essere interno a s stessa. Quando leggiamo il discorso originario secondo questo tipo di impianto che vale per ogni filosofia che in qualche modo riconosca di
essere originata da un suo principio o da ci che per ogni filosofia qualcosa come principio proprio di quella filosofia, da
questo punto di vista ogni filosofia in fondo come ae avesse
il suo principio come utopico. Questo tipo di discorso riguarda
l'impianto originario di ogni filosofia letteralmente lasciato
a s stesso nei confronti di quello che pi ci interessa che
quest'altro, il risultato di questo impianto originario tale
per cui esiste una sorta di grazia originaria di cui la filosofia
fruisce nei confronti del principio, nei cui confronti la filosofia rimane lo sforzo di costruire una scienza come conoscenza di
questa grazia originaria, cio lo sforzo di catturare la grazia
originaria. Questi sono i due elementi del discorso, per un verso questo impianto origina.rio, secondo questi passaggi, che corrisponde per all'impianto originario di ogni filosofia letteralmente lasciato a s stesso, nei confronti del discorso successivo o implicativo, che quello che ci interessa, secondo il quale anohe se noi lasciamo l'impianto originario che ogni filosofia
a s stesso, riusciamo alla fine a dovere per adesso solo cona
statare che in fondo poi filosofia consiste nello sforzo di catturare la grazia originaria, o meglio di catturare quel suo raPporto paradossale e vincolante al principio dal quale la filosofia ricava la facilit del suo essere posta in essere.
Prima parte della questionetnon un.a questione, perch ~
quando io dico impianto originario che ogni filosofia secondo
quei passaggi ehe fini'Yl!lno nel principio utopico, cercavo di dire che ogni filosofia nel momento nel quale riesce ad essere secondo un suo principio, riesce ad essere secondo Wl suo principio
in quanto l'essere secondo un suo principio, l'essere secondo cib
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_.
- . _ . - . - . . - . " . _ . , ~
quadrare assieme premesse e consegu9nZe, ma un discorso pi~ complicato quasi dialettico in quanto una filosofia che in qualche
_mi~1Jra
--
..
perch~
il ra'P1)0r-
a~to
e quindi dentro 11 principio, in qualche modo agisce gi la !ilosofia nei cui confronti i l principio principio; questo sta a
significare 11 fatto che la filosofia in qualche modo accet'ta a1
naeoondere la sua presenza in questo momento originario, perch
solo a questa condizione possiamo dire dato un determinato principio, ne consegue una determinata filosofia.
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un n&l!lcere obbligato, un n!l.eoere obbligato al p::-i!lcipios nascere obbligato al p:rin::!ipio come nascere obbligato L.la
1.mpositivit pi assoluta di cui la filosofia non si pub li"Otl!'are. In questo senso l'impositivit al principio diTenta ur.a i.Jlpoeizione succeesi'T& che attraTersa tutta la filoso!ia e et. non
determina tutta la filosofia come tale ad essere quella che ~,
ma determina la filosofia ad essere in un determi.n&to modo, :?ft'
cui i l :principio in quanto im:oositivit assoluta dinnta ur.a i.JDposizione continua dentro la stessa filosofia, ma in quel m~io
per~ per cui la filosofia ragionando, e ragionando non sole ielle categorie dello spazio e del tempo, dei conetti, o delle idee
innate o non, o dell'azione come principio fondament2.le o non, ma
ragionando l'intreccio di questi elementi che la coetituisecm.o
e quindi ai come se la filoeofia, ragionando il suo rtesso tt~su
to interno o ragionando 1 euoi elementi, cio cercando la ra~io
a
divents
filosofia
di questi elementi che la costituiscono, .......la
-
- --
- -...
modo- di paaroneggia.re i l principio perch la :ti!.ososua 'fOl ta . un
... . fia per potere tenere il principio dentro s stessa a quel
per cui di esso, principio, non pu negare ci che i l p:ri?lei1io
fa, l'illpoeizione, e quindi dovendo tenere il principio der.-;:ro
s stesso come cib che la costituisce a questa man.i'!!"a per ~.u
potremmo dire che i l principio l'anima di ogni fileaofia '.ei
un diseoreo comodo perch l'anima se c' veramente c' pere~~
non si Tede e ~u.indi allora in ogni filosofia il principio quel1 'essere occulto che talmente evanescente he y~~ stare d!lltro
la filosofia ma senza apparire e lasciando allora che della !ilosofia appaia tutto ci che la filosofia conosce e si~tema ran.onalmente) la filosofia conoscendo questo gioco in qualche ai!ral"B
diabolica che il principio gioca nei co~onti della stessa !ilot!ia che fa nascere, riesce in conclasione, do'T9n~o tenere fer.ao
~13-~ere
--
..
-------~~----
'
------ ..
..
"o
...
49 -
!!!
50
e~tit
cetto?
?e~ch
determinata rispetto a quella essenza. Ma come facciamo a pensare l'essenza, cio come ci accordiamo sul fatto che
quando iiciamo che l'uomo questo, pensare che l'uomo questo
significa conoscerne l'essenza, o in altri termini, aTerne il con-
diciamo che questo concetto? Per vezzo, per necessit, per fatalit, per oonTenienza, per convenzione? E dicendo
o per conYenzione o per convinzione, ci sono convenzioni che !anno di tutto per non apparire oonTinzioni, e convinzioni che fanno di tutto per non apparire convenzioni, quindi un gioco un
p inge:~o tra convenzione e conTinzione e io accetto il gioco
tanto che potrei dire molto facilmente e molto tranquillamente
che ~a con7enzione maggiore che 11 concetto ha recitato di s stesso-- - et~to -la
convinzione
socratica; (e non ho alci.m.a difficolt
- . a ragio~!.re su questo terreno che sembra accidentato: non lo ~
affatto, una pianura molto piatta}. Allora convenzione o convinzione, ~er~ per convinione convenzionale o per convenzione convinta i~~!'tldiamo comunque qualche cosa, per cui quando diciamo
concett~ ~ essenza ci eiaao tacitamente accurdati nel dire qualche cosa ouale,che sia che crediamo di sapere tutti per,~
eteeso 3odo; e poi ai scopre che non tutti sappiamo allo steeso
modo e ~ae~iamo battaglia sui modi diverei: e non combattiamo Yeramente ~'18.ndo combattiamo IN questi modi diTerei, perch do?r911mo oombattere sull'altro, non ci interessano i modi, ci interesea ci per cui il concetto per conTenzione o per convinzione co-~-.
munque e
~oncetto.
:~ei.
e'~
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eta.
In.fattis la necessi t tutta filosofi ca che l'elemen to eia
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unico e solo, sta a significare, anche nei confronti di chi conosce questo, una aorta di carcere non a vita, ma a secoli, attraverso il quale come ee la storia avesse detto all'uomo che ha
finito di essere libero, pur pochissimo, ma in qualche modo libero, perch ha finito di mettere in ordine gli dei nella loro origine, ha finito di cercare di conoscere le origini delle cose perch finalmente qualcosa o qualcuno gli regala quell'elemento unico e eolo che lo incatena a s stesso e in quel certo senso per
cui diventa lo schiavo della sua stessa ragione, perch deve riconoscere di nascere in quanto condizionato a questa necessit
assoluta: il principio o l'elemento se non unico e solo, non
principio, non elemento e non serve all'uomo, ma se serve all'uomo, la verit che ci che serve in questi termini fa di colui al quale serve il servo migliore di tutto ci che poi la ragione : un servo non inutile, ma un servo utile perch il servo ohe utilmente ha messo in moto quel meccanismo storico attraverso il quale nata la filosofia e attraverso il quale con la
filosofia, ohe nasce a questo modo, nato il tragico originario.
Le polemiche contemporanee sul logos o sulla violenza ohe la ragione , sul fatto che una cultura che si impone, sono i risTolti anacronistici di questa questione che molto pi seria e molto pi profonda di quanto non venga resa nelle nostre attuali cronache.
Il discorso tragico al principio; ..,..ro che c' u..~ modo
attraverso il quale il nascere della filosofia ha implicato questa sorta di servit ohe l'uomo rischia di eseere rispetto alla
ragione, non perch filosofia significhi questo, ma perch~ filosofia signific all'origine questo impaccio assoluto dentro il
quale il suo nascere riuscito a cominciare a questa maniera per
cui pu sembrare che il risultato unico che ha attinto stato
di rendere l'uomo servo dell~ sua stessa ragione1 e per se l'uo~o fosse ri:nasto sul serio e razionalmente servo della sua ragioBaruch_in_libris
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POSSIBILITA' E PENSARE
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la sua fine o il suo termine o il euo blocco. E allora il processo storico delle filosofie corrisponde alla possibilit di pensarne ci che possiamo penssre in questi termini, dico: il processo
s~orico delle_fHc:>f!Ofie _c.orrisponde alla possibilit di penMrne
:.1-?__1!!'1e _possifJ.mo
-- ---
- - --
1_!i_;._:_~!?_g~_ al
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cosa che non possibile soltanto; ed important e questa precisazione. Voglio dires la poeeibili t, da queeto punto di vista
assolutam ente pura, irrelativa mente pura, perch 1 1 ~ relazione che h! ! al pensare, da questo punto di vista, e quindi
in questo senso allora la possibili t come tale assolutam ente
pura, cio irrelativa mente pura, ovvero: l'essere irrelntiva mente puro significa ci che in relazione soltanto al pensare, e
cos la possibili t, possiamo dire, rimane assoluta.m ente pura.
Per altro verso non possiamo dire che l'impossi bilit imptll"a,
perch per altro verso non esiste l'impossi bilit, esiste ci che
non possibile ; ed come se noi potessimo dire: posso pensare
~--quanto pensare pu significa. re avere a soggetto proprio la poes~~!~~y~,. poeso pensare, in quanto pensare e cio, perora, la possibilit significa essere come ci che soggetto proprio del pensare, e quindi posso pensare in quanto il pensare ha la posaibili t come soggetto proprio, da questo punto di vista. E quindi
posso pensare in questo senso; non per un senso eventualm ente contrapposto per cui posso dire: e dunque posso anche non pensare,
perch~ nei confronti di questa poseibili t ci che non , la
stessa possibili t come tale. Nei confronti di questa possibili t, potremmo ancora dire, in senso assoluto proprio: nei confronti della possibili t ci che non questa stessa possibili t. E
dunquei nei confronti di questa possibili t, ci che non , !!,
non , !!.!. non , il pensare. ,2! non . E potremmo continuar e
dicendo: se non 1 significa , dal punto di vista della possibili t, una ipotesi che per, dal punto di vista di ci che non si
presenta o si propone o si impone come !!!.!. perch l'impossi bilit non , l'imposs ibilit non in quanto ci che non possibile , perch ci che non possibile , potremmo dire, ed fino a quel termine di s nel quale tutto ci che il pensare riesce a produrre come processo storico. In questo senso, ci che
non possibile , ,. _tutto ci che il peneare riesce a prod\ll"re;
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e a produrre fino a ci che come storia nel suo senso anche pi~
impositivo e anche pi onniavvolgente. E potremmo o dovremmo ancomprendere la tesi per comprendere che ~
un~~~~az_!_o_~!!. ~ell_'~poteei: la tesi ~ lo stesso appropriarsi dell'ipotesi; o, in altri termini, ancora pi profondi, direi,
pi radicali in questo senso, in altri termini: ci che non ~ pos~~~~t~~are
f_i?lo
_8.-
mine_ improprio, perch_ l'appropriarsi della possibilit da parte di ci ohe non n la possibilit, n la non-possibilit .
In altri termini ancora, pi chiari immediatamente: dalla
possibilit a ci che non possibile, non passiamo attraverso
la non-possibilit o attraverso l'i:npossibilit ; dalla possibilit a ci ohe non possibile, non passiamo attraverso la non-poseibili t. E quindi si potrebbe aTere questa conseguenza: ci che
non nossibile, senza impossibilit. Ma questo e, per ora, perch, dal punto di vista del discorso che stiamo cercando di fare,
in realt, questo la possibilit in quanto assolutamente pura,
e quindi in quanto inerente al pensare: nemmeno al pensare come
tale, ma al pensare come ci che , in certo modo il principio
per mezzo del quale penso la filosofia, o pe-~o ci che penso come filosofia. Non 11 pensare come tale, ma il pensare come ci
che imqualche mi8Ur& viene dato anche a s stesso dal fatto che
il pensare che in qualche modo , perch~ ci che in qualche
modo ha relazione al suo oggetto pi intrinseco, cio~ alla filosofia: cosi il pensare, da questo punto di vista, strettamente
legsto alla possibilit, in quanto il pensare che strettamente legato a ci che appartiene al pensare in senso proprio; e in
quel senso proprio nel quale il senso "Oroprio eigr.ifica senso inBaruch_in_libris
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elusivo , _p_e?' cui ci che apparti ene al pensare come possib ilit,
an~a propria del pensare tutta la possib ilit possib ile, dunque
che la non possib ilit; perch la non-po ssibilit , a eua volta.
se ,_ _:perch possib ile. La non-po eeibili t, ee , sol tanto
perch possib ile, non perch ; perch quando la non possib ilit , non essa come tale ad essere, ma ci che non possibi le. In realt questo coacerv o di elemen ti che sono intrins eci al
pensare , pur cos diffic ili o oscuri, non sono gli elemen ti intrineici al pensare come tale; sono gli elemen ti intrins eci al pensare che in qualche misura deriva da ci che il pensare riesce abbastanz a facilme nte ad essere, anche perch ci che poesie.mo
ricavar e come succo vitale ~ e ~ filosof ie. Il pensare ,
questo pensar e, questo che in realt non , questo stesso che .!:!!
verit non l'astra zione propria o non l'astra zione pura, quello che medesimo di questo addiri ttura l'astra tto ~ossibile
in quanto dispon ibile, perch ci che rende essenzi ale una filosofia , quello stesso che questo medesim o: ~i? per il quale
essenza prima di essere il conosce re eseenze
le filoso fie hanno
---- -fino a cono~term~~!!~ Il traslat o storico di questo sapere
scere che tutto questo il pensare gi vissuto , perch il pensare vissuto attrave rso ci che le filosof ie sono; ovvero il
~--=::-.--------
pensare vissuto dalle filoso fie, per cui questo pensare vissuto
dalle filoso fie in realt serve non gi per fare le filosof ie,
n per fa.re una filoso fia, ma serve per conosc ere una filosof ia
secondo essenz a e second o, evident emente , quella essenza che non
oi che quella filoso fia, o ci ohe una filoso fia fa conosce re
secondo le essenz e che quella filoso fia predica o impone o determina, ma secondo ci ohe fa pensare questa filoso fia ci che ~.
in qualche maura cio secondo il pensar e.
Questo tessuto di rappor ti sl'l!!pli ciseimo , pu sembra re
compli catissim o, ma nel suo fondo se~plice. E semplic e non significa ci ohe possiam o cercare tutti di capire come sempli ce,
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adesso, ma questo pensa.re che in qualche misura come se derivasse o come ee fosse deducibile da qualcosa, questo stesso pensa.re
non gioca la partita che gioca il conoscere, il comprendere, quando vuole essere un com~rendere subito: perch ingenuamente. E
ingenuamente vuol dire come se fosse genito dentro e stesso, come se fosse generato dentro s stesso; generato dentro s steeso,
perch ci che aiuta a comprendere le filosofie seco~do la loro
essenza appunto il pensare, che, vero che ci che in qualche misura deriva da questo stesso, ma anche ci che in qualche
misura fa assere questo stesso. E per ora lasciamo fermo questo
ambito un poco in bilico tra il pensare la filosofia e questo penee.re ci che deriva in qualche modo dalla stessa filosofia co~e
ci che fa essere per la stessa filosofia. E dunque: 11 pensare
ingenuamente, come se fosse generato dentro s stesso, e quindi,
per questo stesso, non potendo dire come se fosse senza s stes~' proprio perch, potendo dire: come se fosse generato dentro
s stesso, e quindi _per questo non potendo di~e: come se fosse
senza s stesso, perch il suo essere generato dentro s stesso
come se !lascondesse in q_u.alcne misura (e ~ui tocchiamo il p1.L"lto o un p.2.nto che poi bisogner riprendere), come se fosse in
qualche ~is:l!'a possibile dal peI"!!lesso che il pensiero o il pensare d a q-.ialcosa o a qualcuno di generarlo, e non di cre~rlo, per
cui in ~H9ti termini allora, quan1o dicor il pensare ingen'J.a'Ue!lte e d.u..'lque il pensare che ~ co!lte se fosse gener1to dentro e :steseo, ~a ~~esto non vo:endo dire identicamente d'.l.nque perci ~ il
peneare che senza s etesao, perch il p~naare che generato
dentro s_ l!~e'!eo~ ci che in qualche misura permette che eosl
_eia,_e dunque in qualche modo il pensare che in qualche modo
prima di essere generato, perci dunque generato, perch evidentemente l'essere generato suppone non chi genera, ma suppone un
certo tipo di rapporto tra il generato e il generare, per c~i il
generato in fondo c"~e se fosse implicito o come se fosse '!'?'iBaruch_in_libris
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~ ~---~'tl'.l.e
se i l
ni,
in:lip~nd.entemente da ci
- ---- - -- -- -
-----~-----------
.!'l~"l.~era
i l pensare
....,......--------:~a
---
-- .
sti termi:.-:i,
11
~ iio~
~ueeto
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le filosofie atee, da questo punto di vieta, e pi che atee, ateistiche poi, non ateo nel senso di questo discorso che un poco
primigenio, ma atee nel senso storico secondo il quale le filosofie atee, cio le filosofie che sono state a scuola, senza saperlo, di questo tipo di questioni e come tutti i bravi scolaretti,
che cosa hann) fatto? Hanno preso per assoluto questo modo di vivere che la filosofia in qualche modo suggerisce perch il pensare ha bisogrD di vivere l.m p comodo e, vivendo un p comodo nel
senso secondo il quale ha bisogno di ridursi a quel livello medio
delle conoscenze, nel quale appunto si pu permettere di calunniare, invece che di sfidare; a quel punto gli scolaretti, cio le
filosofie ateistiche diventano bravi scolaretti, perch come tutti gli scolaretti prendono per assoluto ci che gli si dice; e
quindi, inTece che atee, sono in realt ateistiche. Allora in questo senso le filosofie atee, quando diventano ateistiche, in realt sono l'espressione di questa caduta del pensare a quel livello medio nel quale il pensare riesce in qualche misura, diciamo
cosl, a calunniare perch ~ensa di poter sostenere in assoluto
la conoscenza di Dio come l'essere privo di s stesso; questo
l'ateismo: alla stessa maniera, potrei quasi dire hosytos, allo
stesso modo, ( !)er non lo stesso modo veramente inerente e. questo tipo di questioni: un hoeytoe U.."1 poco pi banale) alla stessa maniera del pensiero che ritiene di non cadere, perch si riduce a quel livello medio delle conoscenze, nel quale qualcosa
o qualcuno l'aiuta a non privare Dio di Dio; e sono le filosofie
teistiche. Il discorso, da questo punto di vieta, si pJtreggia direi proprio in assoluto, perch in ogni caso e in ogni modo, in
ogni caso e in ogni modo, allo stesso modo, non perch lo stesso
~ inerente a questo nodo di questioni, ma perch lo stesso
~ oltre queste questioni cio, perch l'hoeytos di l,
allo ete1ao ~odo la caduta del pensare al livello medio delle conoscenze in realt corrisponde al fatto che in qualche misura il
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pensare cade non perch aiuta la filosofia ad essere atea o perch aiuta la filosofia a non essere atea, cade perch accetta di
ridurei in quel livello nel quale conoscere (ecco il punto) significa rinunciare alla sfida, rinuncia.re alla sfida che sfida assoluta, perch sfida senza interlocutore proprio, in quanto il
livello me1io del conoscere invece il livello medio nel quale
la geo~etr:a della interlocutio, la geometria del parlare fra
una
ge~metria
c~i
l'interlocutio preordinata, che ha come condizione fondamentale ed essenziale il fatto che ci nei cui confronti parlo, eei------- -
ate pri,ma di ~e; non eolo esiste prima di me, ma addirittura
S):
ci ohe
mi
f!
~i
essere come soggetto pensante, perch non vero che sono stato
cr1ato solta.nto perch riesco a balbettare la creazione in aeneo
teologico o religioso, per cui dicoi io sono stato creato perch
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c' Dio che esiste e che, esisten do, mi ha creato; non eolo q'1eeta la creazio ne, c' anche l'altra creazio ne: io eono stato creato perch c' la societ , che mi ha creato. E io qui non sto a
vedere fino a che punto ci eia approp riazion e debita o indebit a
iel concett o di creazio ne, non ai interes sa da questo punto di
vista. Perch potrei anche dire che la miseric ordia di Dio vera.mente grande, onnipo tente, non solo onnisc iente, onnipo tente,
perch riesce a fare di un qualunq ue fabbric iattolo che opera ~~1la terra, la coscien za rifless a di ci che ~ette in moto un meccanismo assolut o di relazio ne fra soggett o creator e e ente creato. Non eolo, non che Dio mi ha usato soltant o la miseric ordia
di crearm i, mi ha anche informa to di questo . La scienza dell'in formazi one non l'ha creata la sociolo gia modern a, o la psicolo gia,
o quello che si vuole; e non la foraggi ano i settima nali di destra,
di einietr a, di centroj l& scienza dell'inf ormazi one l'ha fatta
nascere Dio, direi quasi stupida mente da un certo punto di vi.eta.
3tupida mente e non etupida .mente, perch sapeva quel che faceva,
forse; perch, quando ha creato l'uomo, lo he anche informa to di
questo, perch la rivelaz ione signifi ca questo; la rivelaz ione,
nel suo senso, direi coel, anche pi sca:ldal oeo, signifi ca proprio
questo: non solo ti creo, ma te lo faccio sapere, e te lo faccio
sapere in quel modo per cui tu, pover'u o'llo, che non avresti. mai
potuto concep ire che signifi ca creazio ne, riuscir ai non a concepire che signifi ca cre!!.zio ne, ma riuscir ai a vi vere la creazio ne
nel tuo stesso essere creato. La storia dei mieera bili pu essere
la storia dell'uom o come approp riazion e indebit a di questo discoraor 11 non riconos cere che chi ci ha creato, ci ha anche informa to di questo . E, riconos cendo questo, il non riconos cere, che perci facciam o presto a sgambe tta.re dentro il recinto di questa bella sicurez za per dire che Dio non e non ha creato: ~ la storia, la societ , il bisogno , qualcun o o qualunq ue cosa come scimmia di Dio.
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un liTello nel quale queste questioni sono possibili, e nel quale queste questioni sono le questioni per cui ateismo per un verso o
tei~o p~r
altro verso
u.~a
rissa tra
~3.ni
del pensiero;
f~c
ries~o
~ome
non cadente, perch non ho bisogno di filosofia. E cio: per rimettere Dio al suo posto nei miei confronti e per sta.re io al
~io
~ese'.llla
filosofia per
l~
incudini e i martelli perch lrasta appunto il buon senso dell'esistenza la quale,se_riesoe a vivere autenti::-amente, riesce anc!1e
------v~--
- .. --
~ __ regola.re
r.o~
intri~seco,
, (dovrei di-
drammatica~ente,
ragione della
essen~a,
~~are
e\1.8., chiamiamola cos per ora, a questa sua ipotetica inter:i.a diBaruch_in_libris
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C' un punto abbastanza fisso, per mobile dentro s stesso; o' un momento fisso, immobile, ma mobile dentro s stesso,
e questo il pensare: mobile dentro s stesso, perch questo punto fisso ha una sua interna mobilit dovuta a questa sua interna
spaccatura di intrinsecazione, Quindi c' questo punto fermo, fisso, che per mobile dentro s stesso, perch la sua mobilit,
(la sua attivit, ma non propriamente la sua attivit) il suo atto propr~o --(~-li~ A9D,_ si riesce ancora~pensare radicalmente), que----sta divisione per mezzo della quale, dentro il suo essere immobi---- -- - ---------
-le, il suo muo..ersi la intrinsecazione che si spacca, o la in-----------
trineecazione che divide il pensare dentro s stesso; per modo
che, per un verso, il pensare risulta ci ohe intrinsecam~nte
legato a questo suo modo di essere, non verso e, ma verso ci
che penso (e verso ci che penso, vuol dire: verso ci che perch pensato costituisce il principio di conoscenza delle ragioni per mezzo delle quali riesco a concepire una filosofia pureh~
sia) per tm verso, e per altro verso invece legato a s stesso
in quel modo per cui l'essere legato a s stesso dovrebbe potere
fare a meno di questo stesso. Il pensare puro ma non talmente puro da non dovere essere legato a qualche cosa che non sia se non
questo stesso, 11 pensare; allora in questo punto immobile, questa mobilit, questo moTimento potrebbe essere quello che possia-
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andare di l da ci nel quale , che costituieoe la stessa divisione del pensare per cui come se il pensare implicasse il suo
essere diViso a questo modo per cui l'implicazione che il pensare del suo essere diviso, ci che contiene la eteeea divisione.
In altri termini, cio in termL"li di giudizio storico in
te legale questo tipo di domanda, ~io legittimo che io ~i chieda: ma tra il pensare e ci che penso la differenza da c~e parte
sta? perch ci che penso, qualun~ue cosa sia, ci che penso
come ee fosse l'obbligo da parte di chi pensa ci che pensa di
risucchiare tutto in s il pensare, per cui appunto ci che penfondo un modo attraverso i l quale io elimino i l pensare;
ci che penso un modo attraverso il quale io elimino il pensa90 in
re. Ed elimino il pensare nel "chi" che sono io come ente pensante. Per questo: legale, oio legittimo; sono obbligato, mi
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sia la ~ nel suo senso pi sottile, eomWlque sempre res nel e~~
senso pi latino e pi pesante, gualche cosa, che pose:-:hiamare
col no~e proprio, qualche cosa per cui posso trovare i.m nome e
cognome, ~ualehe altra cosa per la quale ho smarrito il nome e
cognome, :Jato che il discorso in questi termini nasconde un im~'
glio, legale, veramente legale la do~anda: ma la d.ifferenz::i
tra il pensare e ci che penso (ci che pensato) da che parte
sta? La
perch
per un
rente,
stiamo
sono a
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nel quale sono qua, nel posto che occupo, tutto ci che io sono,
il poeto che occupo, ed la mia colpa; non posso coneent ire
che niente di pi di questo occupi ci che io occupo. E altretta nto il giudice da questo punto di vieta.
Come risolvere mo allora la question et da che parte eta la
differen za tra il pensare e ci che pensato? Perch in queeto
senso come se noi dovessim o riconosc ere che i due posti sono
due posti occlusiv i e occlude nti: chi occupa quel posto, in realt, ~ tutto occupato dal poeto che occupa. In un discorso formalistico, legalist ico, da legu1eio , che mette in pace la coscienza subito, siamo tutti a posto: c' un giudice che giudica e un
colpevo lt,che paga; e siamo a posto perch nessuno di noi oserebbe porre quella domanda: da che parte eta la differen za? Perch
porre quella domanda signific a mettere una miccia o mettere la
miccia vera della vera rivoluzi one, ma non gi per il fatto della domanda posta, ma per la capacit di porre la domanda. Allora
dobbiamo dire che in realt siamo tutti colpevo li e tutti giudici nello stesso tempo, e siamo a posto, e in questa maniera, etoricament e e socialme nte, tante cose le mettiamo a posto perch
non che io posso perdere l'eterni t o il tempo meno eterno per
dirimere queste question i: la storia non mi aspetta! Il discorso ,
fatalmen te, torna legale e giusto, la storia non aspetta, ha i
euoi appuntam enti, e l'uomo un disgrazi ato che le corre dietro,
e deve fare in maniera da correre storicam ente per non perdere
gli appuntam enti che la storia fissa. E per: possiamo fare lo
stesso di~corso, quando inTece la question e, traslata , ma non tanto traslata , sta a signific are la question e del rapporto tra 11
pensare e ci che penso, per cui qui la domanda posta vuol dire
capacit di porre questa domanda? E potremmo dire che qui sta la
differen za, come ci che fa salta.re tutto il piano storico di ogni
question e, qualunqu e essa sia, anche se, saltando il pi&no storico di ogni question e, dovremmo dire per un verso, purtropp o, ma
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per un altro nreo, bellamente, non salta anche l'uomo perch come UOllo rilllane &V'Viluppato dentro questa questione. Ma nel rapporto tra il pensare e ci che pensato, se noi riusciamo a porre
questa domanda, per cui ponendo questa domanda, ci rendiamo conto che dunque c' un piano legale e legittimo per cui la domanda
si deve fare, ma la realt che la domanda coel fatta mal poeta, se io capisco questo, i l mio capire questo dovere riconoscere che in realt non posso rispondere, perch quando chiedo
tra i l pensare e ci che pensato, la dif:erenza da che parte
ill in real~~-l!~o.~icen(}o che la differenza no::'.l. pu stare n dalla_ p:u-te del pensare n dalla parte di ci che pensato. Se potessi.mo sostenere infatti che la diffe~enza sta in una di queste
'?8-I'ti, co~e se \Ula di queste parti, in fondo, stesse a fare da
giudice universale per tutte ';/,le colpe dalle ~:zali bisogna assolvere il colpevole che poi non si sa di che c:-1~ colpevole, Ci
:he pensato, che colpa ha? Se ha una colna, ha il peccato platonica. Ci che pensato se colpevole 1i q'...i.elcosa, colpevole di v.n
pec~a to,
(!\il
sta a signifi-
c:?.re che colpevole di una sublimazione di c~ che come pensadiventa peccato, cio questo
~~, che si chiama idea; e questo
:i ven ta i l plagio dell'assolu to religioso, :5.ell!! dimensione religiosa. Allo~a in questi termini e, direi, ~s~;:n-e, ci che penSB.to se una colpa ha o se una colpa , ha q~e:l~ colpa che il
un peccato platonico. Questo, & :~ta~trofico per mole !iloeofie, perch qualunque cosa penso, se l~ penso in questi
te~ini, e se lo penso a questo modo, in realt qualunque cosa
suo
esser~
,enso, lo penso per un peccato platonico, l~ pe:1.!!o solo per questo; i~ altri termini, come se noi dovessi:no riconoscere , come
~i h'-!:no insegnato moltissimi filosofi, che io ~on poseo pensare
delle forme che ci che per.so assume perch poseo essere pensato. ProTiamo a fare un'operazion e interna a questo
liecorso: proviamo a immaginare (e qui davvero '.Torgia diventa un
~e
non per
~ezzo
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maes~o di dialettica
pronamo a fa.re cH> che Gorgia dice quando abbiamo in testa i phronmena, ci che pensiamo; ma non alla maniera gorgiana, non alla
maniera dell'esempio gorgia.no per cui l'esempio gorgiano, (noi
possiamo pensare dei cocchi che corrano sull'acqua), significa
avere in mente qualcosa o qualuncae cosa che in realt ~on . Proviamo ad usare questo marchingegno gorgiano per questo tipo di
questione che riguarderebbe la forma in universale di ogni discorso che possiamo fare per la necessit di pensare qualcosa; e usia.~o Gorgia come uno scalpello interno, facciamo in maniera da diventare noi assieme a Gorgia delle termiti, dei tarli, dei fabbri
che riescano ad avere in mano 11 martello gorgiano, mettiamoci
dentro questa forma che include in s ci che posso pensare solo
perch ci che posso pensare lo posso pensare tn una sua forma,
cio in un suo limite che non un limite dovuto a ci che penso,
ma un limite dovuto al pensare stesso come tale. Poniamo che
noi identifichiamo questo discorso in un cerchio tondo dentro il
qu9.le ingabbiamo ci che stia.mo pensando, '!ler e!"empio l'uomo o
la terra. o l'essere o la societ o Jio o quello che vogliamo, mettiamoci dentro a scalpellare e cerchiamo di far cadere, senza ror.,.iarlo per, lascia.idolo intatto, ci) che ~acchiuso dividendolo da ci che lo racchiude;
ad
i~.maginare
il nostro
p~n'3are
....------~----~-=------~-..._,
'""
----------- - --------------
-.
nel quale ci che pensato, pensato, a ci che ci che pensato. Proviamo a dividere questa con-fusione, proviamo a dividere questa con-fusione interna, cio questo
~-determinato
che pe-
sciamo, a
im.~aginare
che tra il
li~ite
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rap~orto
s_c_~ .~~~e.
--
73
me se noi dovessimo riconoscere, e quindi potessimo renderci conto (perch il dover riconoscere non qui il discorso caauale,
significa una capacit interna) ~ come se dovessimo riconoscere
che la divisione immanente o intrinseca, in qualche maniera legittL~a, fra il l:i!l!.ite formale e il contenuto di questo limite fora
male, questa divisione significa in realt il principio di plura----~
ho in mente radicalmente a questa maniera, ma questo non pensare; io posso a.,..re in mente questo, ma non penso questo. Posso
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phronin eu questo punto, posso pensare in quanto phronin, posao pensare in quanto sono capace di pensare in quanto capacit
di pensare in questo limite significa la radice letterale, banale del pensare che ~ appunto anche filologica.mente, letteralmente, il verbo phrono. (J:?hrono la radice del verbo pensare, poich app'Llllto 8 la radice pi elementare). In questo senso se voglio
pensare elementarmente, debbo usare il phronin, e debbo usare
il pbronin :i:l questa misura per cui traduco letteralmente proprio
avere in mente. Dico letteralmente perch quando Socrate cerca
di convincermi al concetto, cio quando Socrate cerca d.i convincermi al fatto che il bisogno essenziale che l'uomo , di sapersi natura razionale (in questo senso posso dire: quando Socrate
cerca di convincermi al concetto) in realt Socrate cerca di farmi rendere conto di un mio phronin fondamentale che avere in
mente la mia natura razionale, per cui come se Socrate facendo
questo discorso, e facendolo astutamente perch lo fa contro Gorgia, lo usa contro il gioco sofistico, ~uando Socrate fa questo
disc()?'so, intende dire che siamo al limite,non si pu spingere
di l. Quando il mio pensa.re l'avere in mente la mia stessa natura razionale, il discorso diventa semplicissimo: di qua da questo non posso andare, cio non posso spingere oltre; questo il
limite, non il limite invalicabile, il lL~ite: cio sono io.
E il lL,ite, socraticamente vuol dire il limite sono io come dovere di conoscere; e dunque sono io come dovere di bo~t ontologica, perch io faccio il bene nella misura in cui il mio fare
il bene condizionato al mio sapere, al mio conoscere. Quando
Socrate fa questo diecorso intende dire che il limite la stessa natura razionale. Non credo che Socrate si sia reso conto della carioa storicamente, banalmente eeplosiw che aveva questa tesi; 1 giudici di Socrate non erano stupidi, storicamente era gente molto saputa, molto capace e astuta, cio capirono che significava la tesi di Socrate, perch quando la tesi di Socrate Ti.eBaruch_in_libris
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ne intesa a questa maniera per cui il limite la.;natur a razionale, come se Socrate avesse detto che l'unica religion e sulla
terra la natura razional e dell'uom o. Per il che se si vuole fare qualcosa contro, bisogna farla contro la natura razional e dell'uomo. Questo il discorso di tutte le rivoluzi oni storiche le
quali, da questo ptmto di vieta, non sono antisocr atiche, sono
con Socrate, perch quando non vogliono questo limite non lo vogliono perch riconosc ono che questo il vero.lim ite, per cui
questo bisogna fare saltare, e se si fa saltare questo, perci
si fa rivoluzi one. E rivoluzi one non soltanto nel senso banale
storico sociale o anche pesante, importan te, fondame ntale, delle
cose da fare, nel senso anche intellet tuale cultural e: voglio dire
Kie~egaard,
cosiddet te rivoluzi oni cultural i o non che quando fanno esploere qualcosa , fanno esploder e questo limite; ma la condizio ne per
la quale questo limite pu esploder e purtropp o una: che sia riconosciu to in assoluto come ci che esso , che esattame nte ci
che Socrate voleva.
Perci Socrate morto bene da questo ptmto di vista, perch il pedaggio che ha pagato anticipa ndo ci che poi le rivoluzioni hanno fatto contro questo limite; ma, contro questo limite, o serve, straname nte, di questo limite? Dal punto di vista di
una analisi di elementi che in qualche maniera costituis cono il
rapporto che il pensare in confront o a ci che pensato, questa analisi finisce per chiarire che in fondo come se il pensare non potesse mai distrarr e e da s. Anche a cercare di conTincerci -ad un'anal isi che nel rapporto tra il pensare e ci che
pensato riesce ad individu are il pensare nel suo atto, il pensare
in quello ohe possiamo chiamare il suo atto, cio il pensare nella sua mobilit interna, nel suo essere internam ente mobile rispetBaruch_in_libris
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pla la sua mobilit non in s ma in quello che pensa.~o, noi dovremmo concludere: tra il pensare e quello che pensato, tra il
pensa.re e quello che pensato, quale il piano di scorrimento
dal pensare, non dal pensare come atto, ~a dal pensare come soggetto tutto fermo in e stesso, {soggetto nel suo senen pi letterale) dunque il traAferimentc del p9nsa:-e da ci che esso come il suo essere posto sotto s stes~o, co~e il suo essere soggetto per s e soggetto a s, a ci che il pensare diventa in un certo modo per cui sembra soggetto diversamente da ci che esso
come soggetto letterale cio come soggetto che il pensare come
tale, starei per dire, il pensare che soggetto in quanto il
pensare come tale; ancora: il pensare da questo suo essere soggetto letteralmente per cui dal suo essere soggetto letteralmente,
perch in qualche modo e in qualche misura come se fosse il pensare stesso come tale, al suo trasferirsi d~ questo fino a un suo,
non diventare soggetto, ma a un suo essere soggetto, ma soggetto
in quanto diverso dal soggetto che esso come tale, eio dal pensare a quello che pensato, noi potrel!L'!lo dire per ragionare u.~
attimo banalmente la questione, l'infinito presente dove? Ecco
la seconda domanda. Dal pensl'U'e a quello che quello che pensato, non a quello che , che non mi interessa perch quello che
, anche se viene conosciuto per quello che , conosciuto per
quello che in quanto conoscerlo per quello che significa nascondere il fatto che stato pensato.
Bisogna pensare questo movimento: dal pensare a quello che
, in quanto quello che pensato, {e non sto dicendo 'dal pensare a quello che in quanto pensato' per dire 'che perch
l'essere che , dal pensare', cio non stiamo facendo questioni di rapporto fra essere e pensiero, tra logos, tra verbo, tra
sapienza assoluta che l'Essere o che l'Essere assoluto, e quindi oi che 11 pensare pu essere perch o ripetuto dall'essere
o in quanto poi ripetente l'essere; sono questioni, queste, che
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non interessano radicalmente , perch sono questioni che recipr'.lcamente nascondono pur sempre il terzo escluso, cio colui o q-;a.lcosa che ~-nminietrn questo scambio delle parti tra pensiero ed
essere; questo, per dire e per chiarire una volta per tutte, c~e
questo che stiamo facend0 un discorso che non deve essere i!'.l
ness\.L1a ma:::iiera riper..sato n di". un punto di vieta classico ont".1logico, n da un pur.to di vista trascendent~le dialettico, in altri termini, non ci interessano pi a questo ptmto n Hegel n
Tommaso d'Aquino, perch a questo punto il rapporto qualunque sia,
fra essere e pensiero, in realt u...~a falsa questione speculativa, non in senso storico, ma nel senso radicale secondo cui non
una questione di principio, nel senso radicale del discorso,
cio non una questione che a livello nel quale l~ questione del principio). Da questo punto di vista allora, quando cerco
di capire la domanda dal pensare all'essere pensato, l'infinito
dove presente? una domanda che fa coppia con la domanda precedente: tra il pensare e quello che pensato, da che parte sta
la differenza? Dunque, per un certo verso, pare che al principio,
il porre una domanda significa il cercare la parte propria, ma,
badiamo bene, il porre una domanda significa cercare la parte propria di nessuno dei termini nei cui confronti la domanda viene
poeta; il che importante; tra il pensare e quello che pensato, ee io mi chiedo da che parte sta la differenza, la domanda,
ee viene intesa radicalmente , viene intesa perch mal posta,
perch la domanda che cerca la ~' la cerca per nessuno dei
due termini nei cui confronti si sta ponendo come domanda, perch
appunto: da che parte eta la differenza tra il pensare e l'essere pensato?
Ma: da che parte sta la differenza eignifica da che parte
eta la differenza del peneare rispetto all'essere pensato? o ~
ohe parte eta la differenza di quello che pensato rispetto al
pensare? Potevamo presumere di pensare cosl
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chie1~rci
a '.:Hel-
l~
differenza?, abbiamo chiesto, perch sappiamo che la domanda fatta in Questi termini, in realt come se fosse il principio di
una
1o~anda
verbal~
della parola
~~_dentro
s stesso, ma in quello che pensa; tenendo presente per che appunto dal pensare a quello che pensato
noi:i
perch~
ma per altro verso, nel momento nel quale dal pensare andiamo a
quello che pensato, in quello ohe pensato, il pensare rimane
soggetto; ma rimane soggetto diversamente da ci che il soggetto
come tale in ci che pu essere quello che soltanto perch
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c:Yne te.le; per cui diremmo, in fondo, r"el pensare come tale,
possia~o
-:;..:.es':;)
gra'.')
'"l'le~to,
riuscendo , rim3.nendo s stestutto q_;.esto vuol dire: malgraper cui :0'.l essere di verso in
stesso in quello che il peneare co~e ~ale; perch da. questo a quello: allora per questo il
~:'_n_~~~-~--i~ __modo attraverso i l quale ato comprenden do la ~
~; perch dal pensare come tale, che perci pu essere corrispettivo del soggetto come tale, a ci che il peneare rimane come
soggetto, essendo in quello che pensato, c' una sort~ di momento, non di potenza, ma di impotenza attraverso il quale dal pensare a quello che pensato, dal pensare nel pensare in quanto
sog~tto :;JrOprio, al pensare nell'esse re quello che , cio soggetto proprio, in quello che pensato, si passa attraverso un
momento
fonda.~entale
81
era Yere.aente poeto male; poeta male significa che questa domanda in realt eta a significare 11 fatto che non sono riuscito a
pensare la differenza, perci posso domandare coe\, cio perci
poee? chiedere la differenza da che parte eta? tenendo presente
che
~~!l!l.do
chiedo la differenza da che parte eta?, pre!Jl..zmo di pote~e :iiedere qu~lcoaa nei confronti di neeeuno, ~e~~h~ non sto
chiedendo la differenza tra il pensare e il pens'!.l'e, non sto chiede~d~ la differenza tra 11 pensare e quello che pensato, perch~
111 d1!'feren7.a tra il pensare e quello che penee.to ":'le l'hanno
~esPa in testa appena ho cominciato a far filosofia.
L~ altri termini, appena comincio a far filosofia, ee~bra
fatale sapere questa differenza, cio sembra fatale dimenticare
che la differenza il risultato di un trasporto dina~ico di cui
il pensa.re capace, prima di essere qualunque cosa essa eia per
gli altri, essendo quello che , soltanto per s; perch quello
che ~i interessa della differenza non per niente quello che intere~sa la differenza per s stessa, quello che mi interessa della di~!erenza ~ ci~ per mezzo del quale io usando la differenza,
posa~ dire che l'altro altro; percib mi serve la differenz~ e
perci, servendomi la differenza, io serTO me eteeeo; eervo me
stesso perch~ da questo punto di '1ista il gioco del verb~ se noi
l~ trasferiamo fuori dal suo ambiente radicale, ce lo giochia~o
negli ~~biti storici e contingenti per cui il gioco d~l Terbo di'~:.t~ :1 gioco delle cose, non dei verbi, e dell~ cose come no~i,
il gioco dei nomi. Per questo, appunto, la differ~nza mi serve
in quella maniera proprio perch non mi interessa per s ateeea,
mi in~ereesa soltanio perch io possa capire (si dice sempre cos) l'altro, nella misura in cui capire l'altro significa tonda.Mentalmente serTire me stesso; l'altro lo capisco e ho tanta filosofia in tasca da potere fare conferenze millenarie, cio posso impiegare mille anni, un secolo, quello che eia, per tare Wla
magnifica conferenza attraverso la quale mi conTinco, Ti oonvinco
Baruch_in_libris
82
~:.ianto
fond&~entalmente
c~:paci t~
servire me etesF
di astrattezza e
stesso riser
"IO 't""~ttn la ne-:easit~ di serVizin i Cili ho bi!'1e>gn:> perch io e!'!
!"tO ;n -:ues~O s~nFo, il gioco del Ve?'-1".> ".J.'1 !;iOCO pericoloso
perch, tr~sfE"rit~ fuori da e, diventa il eioco delle cose, il
~io~o ~~~ nomi; ma in realt, n~punto, da queeto punta di v1.sta,
cc~~ E~ noi nnscessimo allA filosofia gi preconfe~ionati, gin
mo:~i; :pe:-ch :1ie;nifica nascere alla filosofia A. quE"eto moo per
i l '.\'J'llfl de!>bo <'lir.i.enticare la 1.ifferenz3.: e proprio perch la de
'bo !i.i~enticare, la differenza 'Per sf. stesea, la debb,, trovare negli essere differenti, la debbo ador~e, ~a"'1ificare, dimo9trare
negli teeeri di.ffereriti; ma la differenza per sJ non la posso ad
re.r~, di~ostra:-e, R quest~ maniera esi~te~ziale, perch la diffe
renza per ~ un gioco sottilissimo attraverso il quale allora
capi~co c~e qu~ndo mi sono chie~to, ~ua~do ieri chiedi8.111o cr~ccir
~o l~ Agr~-n.~ati~atur~ temporale, con~et~~al~ente per ftssenziale
~Ull..'1~~ ieri chiedi'U:lo, quando rim!Uli~~o !ermi, incatenati al pa~
PIBto di cui siamo incapaci, non eeaendo capaci ee non di questo,
c~iaro che ~llora l'unico presente di cui ho bisogno questo,
e ~llo~a dici~~o pur ragionevoL~ente ~ sincera.mente quando ieri
~~' pa:-ci1~ si ~o capaci di chiedere solo perch siamo sempre ~ 1~ ~~e~to punto di vista. Allo:-~t quando .!!.!:.!. chiediamo
da c:"l'! p~te ~;tA. ll'l .J.ifferenz~?, la verit che cerchiPlmo di re1
derci conto che c' qualcosa che in que~to gioco non funziona,
perci) do~ando, ~er questo faccio la domanda; TOglio aire, 4& qur
eto :?'..t..9ltO 11 vist!l, verl'llllente la domanda inf'antile, nel senso
torte della parola, la domanda ~ non-p!U'lare, la domanda a1gnit1~
ca non essere capaci di parlare, neanche di pensare, perch 41
questo non c pi~ neanche problema, perch l'infante vero ~ infante vero perch~ nessuno di noi gli pu mettere addosso 11 prodi
dialog~
Baruch_in_libris
~e
83
84
spetto che la faccenda banalmente comica, perch ce la immaginiamo sul serio una folla. di uomini in un universo che vive, lavora, ma..'l'l.gia, vive, ama, soffre, e mentre fa tutto questo, ha questo motivo dominante? E' un p kafkiana la faccenda (ma in Kafka
l'o'
85
'------------------ ...
-~o_?:_'!__C:~~l:'.~S.:~-
_!t_ J>8n!'~8. ._
per fare la scienza del principio? E la questione si dissolve subito perch la_scien~.?~1-~incipio eo::i~-!~ cio la scienz~ del
Baruch_in_libris
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principio colui che sciente del principio, perch l'esistenza questo essere sciente del principio, non questo acire il principio, ma questo essere sciente del principio, per cui e per ora:
ma
allora~'pe~.
sente
~.tL"lfL~ito,
dal pensare a quello che l'essere pensato l'i."lfini to dove ;prese~, si potrebbe dire che la risposta e'~,
perch :
'i~i!li to
ma come scienza vissuta, cio come l'esistenza che io sono tranquillamente e quctidiana~ente in ogni momento nel quale vivo a
livello di esistenza, e quindi indipendentemen te da ci che penso e anche in certo senso, si potrebbe dire, da ci che sono.
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INO~TTUALE
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che il
e~so
contL~uare
co~e
le conoscenze che
signific~
l'esercizio dei
vincoli che legano i termini fra. di loro; i:!'l questo senso ".!_lesto
annullarr.ento del pensare esso stesso in ci
c~e
loro: i l pensare
te~ini
il
continua~e
a P"n-
co~e
~a
~o
nuare a pensa.re. t.ttraverso questo, per mezzo di ci che il continua.re a nensare effettua, un sistema l'annullamento del pe~
sare, per cui,
questo
co~e
scienza,
ogn_~ci~nza
annullame~t.D...._Jl.er..~si
il ter:nine al
~u~le
pensare annullato in ci che esso effettua come continuare, quasi a intendere che scire una necessaria di~enticanza del pe~sa
re).
Scie:!'lza nasce cos da quel termine nel quale essa stessa
arriva a se'. "'tessa dal pensare come continua.re; ci che essa ~
come la scie~za, l~ scienza vincolata, vincolata nel suo stea~o
principio in
~odo
un inizio ~
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"J.11
~'
.,
-----
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mente; el ~i~cjjl~~~--~~~1:...~?~()_l_l_!;1del ':lrincipio_dal n~_!()__ dJ yista :~ll'eaistenza. ._Ora q,uesto tipo di situazione, r0n di problema, in ve:-it una situazione che per diventa problematica, perda~
punto di vista dell'esistenza al principio c' la elieio1'e 'lel principio, come-se noi riconoscessimo che al principio l'elisione del principio la condizione necessaria per la
ch, se
quale q'ialcosa arriva all'esistenza. Questo discorso problematico perch si potrebbe aggiungere: in verit ~-'_e_eistenza per essere non ha bisogno dell'elisione del principio. Sto dicendo: l'esistenz~ per essere, non: l'esistenza per esistere; l'esistenza
per essere non ha bisogno della elisione del principio, tenendo
presente il fatto fondamentale che l'esistenza non che non ,
nel senso del di9corso fatto dal punto di vista dello sciente del
prir.cipio. Lo sciente del principio non che non , esiste. E
quinii si potrebbe dire: in fondo dall'essere sciente del principio a11esistenza come se lo 9litta.mento in un certo senso si
preoccupasse di nascondere il passaggio o il non passaggio attraverso l'essere. Allora: l'esistenza, da questo punto di vista,
per essere, non per esistere, tanto non ha bisogno(della elisione del principio) che come se avesse bisogno della elisione del
principio nel senso diremmo cos addirittura assoluto per cui questo bisogno in fondo una sorta di non necessit di ci per cui
il bisogno bisogno Se l'esistenza per essere come se avesse
bisogno della elisione del principio, per cui appunto questo avere bisogno in fondo significa questa non necessit assoluta, radicale della elisione del principio, se noi diciamo cos noi stiamo facendo divent!!.I'e o
stiam~
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per il fatto stesso di esistere fuori problema, senza problema, anzi, tanto senza problema che il suo essere non n l'essere che riguarda l'essere, n l'essere che riguarda l'esistere,
ma il suo essere dalla elisione del principio, o meglio, il suo
essere un modo di essere attraverso il quale l'esistenza come se fosse posta al principio in quel modo per cui l'essere posta al principio significa che al principio l'elisione del principio serve all'esistenz a attraverso l'essere come essere posta
al principio dell'esisten za. Ma tutto questo diventa problematico, tutto questo ci fa scoprire qualcosa che non funziona in questo tipo di ragionamento , o meglio, tutto questo ci fa scoprire
un appiglio dissonante, una sporgenza dissonante; in questo ragiona.mento in realt sussiste un appiglio dissonante con questa trama di questioni attraverso la quale questo appiglio dissonante
significa: in questo ragionamento c' una situazione che pu diventare problematica o che pu essere problematizz ata, ed la
situazione che l'esistenza o non o e non , dal punto di
vista dell'esisten za rispetto al principio come elisione del principio; rispetto a questa situazione, rispetto a questa trama d
rapporti, di relazioni, di riferimenti, tutti coinvolti nell'esistenza c' un appiglio problematico , cio spJrrge qualcosa che in
un certo senso, diciamo cos, rompe la situazione, rompe la trama, e il qualcosa che sporge il principio; la sporgenza, da questo punto di vista, o, si potrebbe dire, il problema, che dallo
stesso punto di vista dell'esisten za pu essere unicamente e radicalmente problema, proprio il principio. E dunque, dal punto
di vista dell'esisten za, noi riusciremmo a guadagnare il principio come problema. E io vorrei dire che, dal mio punto di vista,
questo pu sembrare un grossissimo risultato, e talmente da essere inteso come risultato sensazionale da un altro punto di vista,
che il punto di vieta dell'esisten za o il punto di vieta di una,
diciamo cos, regolamentaz ione, di una organizzazio ne corrente
Baruch_in_libris
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dei problemi filosofici per cui si potrebbe dire che sia:no riusciti a guadagnare, a conquista.re, a catturare il prL"1cipio come problema addirittura dal punto di vista dell'esistenza, ovvero, addirittura dal punto di vista di ci che per se stessa sembrerebbe non gi senza problemn ma addirittura senza proolema in rapporto a qualunque problema possa essere il principio. Questo non
~
pio possa essere guadagnato come problema dal p.u1to di vista del1 'esistenza n serve al principio n serve in ter""!!ini radicali,
percnt> non serve addirittura nemmeno all'esistenza; perch non
che a questa maniera l'esistenza o esiste, ton che, perch
l'esistenza riesce ad essere il principio di, diciamo cos provvisoriamente, il principio di determinazione di un 9roblema o del
problema che addirittura riguarda il principio, abbiamo conquistato o abbiamo determinato radicalmente il proble~a del principio
o il principio come problema; perch in realt questo discorso
non serve ne!llllleno all'esistenza, perch stiamo conq~istando il
principio come problema, come sporgenza, come ele~ento dissonante dal punto di vista dell'esistenza, esattamente ~erch l'esisten~a
tutto ci
c~e
~rincipio
libera se stessa dalla eventualit del rapporto diretto ed immediato al principio. Questo il punto, allora: attraverso la elisione del principio, o meglio, ci che il principio nella sua
elisione, nel suo essere eliso, sta a significare questa l:l.bert.
radicale che l'esistenza dall'evento che la pu riferire al principio direttamente. Per cui, in altri termini, in fondo non pu
esserci un evento fondamentale che riguardi il principio come direttamente riferito all'esistenza; in altri termini il principio,
Baruch_in_libris
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dal cui punto di vista ci che la causa fondamentale , nel fronteggiamento al principio, l'inizio di un discorso che in qualche misura comprende il principio senza principio;
perch comprendere il principio senza principio significa comprendere che l'esistenza ha quel suo principio per mezzo del quale
il principio rimane senza principio, per l'esistenza; perch ap..
punto se il principio non potesse rimanere senza principio per
l'esistenza, il principio dovrebbe ammettere di passare attraverso la causa o attraverso le cause fino all'esistenza.
L~ altri termini, tutto il discorso delle cause un discorso unico; il discorso delle cause non lo possiamo fa.re, o meglio,
il discorso delle cause non pu essere un discorso attraverso il
quale le cause sono pi di ci che la causa , attraverso il quale noi dovremno ammettere, pensare che le cause sono pi di ~
che la causa . Cio: le cause non possono essere pi di ci che
la causa . Il che significa: dunque le cause sono pi, ma sono
pi in rapporto a questa impossibilit di essere pi di ci che
la causa ; il che implica un discorso pesante,
perch~
la plura-
94
dire una numer azione che ha fine non gi nella impo ssibil
it di
porre tm termin e fisso alla numer azione stessa , ma nella
impos sibilit che questo sia rispe tto a ci che la causa . Ma
allora ;
tra ci che la causa e le cause che sono pi, dentro
se stesso ,
ma appun to non potend o essere pi rispe tto a ci che la
causa ,
c' una sorta di crisi oscur a, un passag gio oscur o, per
cui potre~
mo pensa re che questo passa ggio oscuro il passag gio dal
quale
al quant o, il passa ggio dalla quali t alla quant it? E
sarebb e
il giuoc o con cui noi potremmo tranqu illame nte batte re
Arist otele con Hegel ed Hegel con Arist otele . Ricord iamo il fatto
che noi
possia mo discri minar e conce ttualm ente una impos tazion e
di disco rso filoso fico (e siamo su questo piano rispe tto al punto
di 'Vi.sta
del rappo rto alle cause nel loro disco rso fonda menta le)
batten do
l'una con l'altr a, renden do contro -legge , in senso direi
quasi
legal e, forma le, batten do contro la regola intern a del
pensa re
una impos tazion e con l'altr a a second a del fatto che noi
pensi amo la quali t prima della quant it o che abbiamo pensa
to la q'..1.antit prima della quali t; o, in altri termi ni, a secon da
del fatto della impos tazion e di carat tere trasce ndent ale hegel
iano, c~e
vuole la quali t prima dell~ quant it, invece della impos
tazion e
class ica arist oteli ca che vuole la quant it :prima della
quali t,
o megli o, che ha teoriz zato il disco rso in termi ni tali
per cui
da Arist otele in poi il disco rso classi camen te slitta
to fino
a Kant in quell a manie ra per cui appun to la quant it
prima della quali t appun to perch 1 ae le cause sono finite , l'esse
re finito delle cause che fa da quali t alla causa . Ed in questo
senso avremmo che dunqu e la causa , per saper si, si pu saper
e come
calco lo som~ario delle cause ; ed in termi ni imme diati,
icast ici:
il quent o "Princ ipio del quale . E si potreb be fare un
altro ra.-
95
dunque la qualit
~ualit co~e
aper-
E torniamo al discorso che stiamo facendo: i ter.ni~i di questo discorso sono davvero posti sul serio, da questo punto di vista? Cio: dobbiamo ragionare la questione ~n termini tali per
cui si tratta di sceeliere il posto della q~alit e della ~uanti
t? quando il punto di partenza il seguente: le cause non possono essere pi, in rapporto a ci che la causa , non possono
essere pi di ci che la causa . Questo sta a significare che
tra la causa e la causa, non tra la causa e le cause, tra la causa e la causa, c' qualche cosa che divide la causa stessa. Perch anche nella sua formulazione direi cos letterale c' una sorta di discrasia anche formale del discorso perch se appunto possiamo dire che qualcosa che pi, tale in rapporto a ci che
ci che , come si
~one
co~e
altro.
---
-- - -
-------
--
e perci
cause.
---------sono
--------- Le cause hanno unt'l perfezione propria per
mezzo della quale perci fanno da principio , diversame nte la causa non avrebbe discorso filosofico , secondo Aristotel e. Allora:
quando dico umanit, invece di dire pi uomini in rapporto all'uomo, e dico umanit in rapporto all'uomo, dicendo u~anit non
sarebbe in certo senso come dire: tutti gli uomini che siamo pi,
qi_tanto :pi siamo, identicame nte siamo ci che conosciamo o pensiamo o che immaginiamo come lt111ani t? Allora dovre'!llllo dire: fra l ' uomo e l'umanit , l'U!!lanit non ci che pi (che quello che
) che pHi di ci che l 'uom0 ; per cui in un certo senso d
discorc0 ed in certi ter~L,i di conoscenza (nel senso del discorso che si interessa al principio dal P'mto di vista per ora del1' esistenza e in certi altri termini di discorso che sono invece
i termini gi esercitat i dall'esist enza stessa) per evitare questo dilem:na angoscioso tra l'uno e i molti, in fondo ce la caviamo dicendo che l'uno ci che in qualche misura significa ci
per cui ci che quello che , perch l'uno vuol dire la immol:t_iplica~ili t proJ?r~a; l'uno non vuol dire l'uno rispetto a dieci, 'YUOl dire la propria stessa immoltip licabilit. E allora l'uo~o, nel momento nel quale viene pensato come tale, sarebbe l'uno, e cio: non posso pensare le cause come ci che sono pi rispetto a ci che la causa ; perch come se stessi dicendo che
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---
------
--
possib_~!-i_1; ~~tT_a__:!E!ri'lO
la quale
io :posso_non pe:risare la ca'll,sa, per cui in realt la impossibilit delle cause come pi di ci che la causa sta a significare
11'1 possibilit che io ho o che io sono di non pensare la causa
1].
come tale; e tutto il discorso si va ridimensionando in senso radicale perch la verit che io non devo scegliere tra qualit
e quantit, io non debbo scegliere tra Aristotele ed Hegel, perch il problema non quello del posto che la qualit pu avere
rispetto alla quantit o viceversa, perch se il problema del
posto noi allora dovrelll!!lo ammettere che la causa il luogo della sua interna numerazione, e la causa come il luogo della sua
interna numerazione sta a significare che
q~ando
io voglio nume-
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98
---------
internq, e significa poterla fare diventare come principio o come forma, indifferentemente, se noi non pensiamo questo, non pensare questo vuol dire
da questo punto di vista, conoscere, ma conoscere che cosa? non
la causa; soltanto e unicamente quelli che sono stati chiamati
gli effetti; e gli effetti che cosa sono? Proviamo a pensare gli
effetti senza la causa. Non possibile. E allora che ragione c'
di pensare la causa? Si potrebbe ribattere che la causa per se
stessa causa perch tale rispetto a qualche altra cosa che
sono i suoi effetti. E il discorso sembra reciproco: non possiamo conoscere gli effetti se non pensiamo la causa; e sembra che
sia cosi. Ma gli effetti non sono per caso le cause moltiplicate?
Gli effetti non sono propriamente i multipli della causa? Nello
stesso senso secondo il quale tra causa ed effetto ci deve essere un rapporto tale per cui tra causa ed effetto non posso, diciaBaruch_in_libris
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indipenente~ente
sia dall'effetto aia dalla cauGa. DiscJrso inverso ma identico: non posso conoscere, non posso pensare
la causa senza conoscere l'effetto, perc~ che causa sarebbe la
causa senza gli effetti? Potendo ragionare in questi termini o
causa ed effetto non una distinzione che operiamo, una distinzione che subiamo. In altri termini: l'esistenza ci che mi fa
fare questa distinzione, e quindi dovreMio dire che l 1~_!3_i~tenza
~~~~~~l!_i~_ d_i _~i _stir:i:_z~cme ~a. causa ed ~ffetto; ed essere il
principio di distinzione tra causa ed effetto significa essere
fuori da questo rapporto, per cui l 'esistenzan on pu essere incapsulata n in una causa n in un effetto; cio l'esistenza non pu
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catturer~
se stesr-R nella sua traslatio da qual~he cosa che rispe<;to all'esisten: a sta prima in 1uel modo per cui l'es~'ere prima
in u_.v1 de"';e:""J:ina to modo significa avere come effet"!.; o q_uell' effe'!:to che st".r..::.0 in un determinato modo in l'apporto ~ r:i che sta
'!Jrima. nni ~'.-,i&.:iano ei:;isten::a, appunto perchr~~~te::i'.'a___ ~ __ lina
.E':'mtuali ti'!. a:,soluta, e pro-p!'iO perc}. ~) puntuali t2. assoluta pu
.:':'a!'e r'la -;::-i::-.cipio a;_ iPtinzio:J.e f!''l. causa e:l e:fetto, ed :,, puntu<'-lli t ss;;Jluta non per virt propri<i., ma perc":', attraverso la
elisione d!l principio in fon10 l'eRiHtenza ~ eone Pe poteG~e contemplare c:.j che, facendo da punto paradossale, i. 11oro all'esistenza di <:>r-sere l'esercizio del pu..ri.to paradoss<1.le, cio le. puntualit. :.'esistenza riesce ad es~ere ci che per 0ui i8tingue
tra causa ed effetto e, possia~o dire tranquilla~ente, perci non
mi fa pen2.are, proprio perch mi fa distinguere trR causa ed effett!l pro-:;rio perci non mi fa. pensare, !)erch questa puntue.lit, questE>- contlazione globale irripetibile dentro la quale tutti gli uni '."e!'si esistono in un determinato modo che il modo attraverso il quale l'esistenza ~ l'esistenza che ~; ~a in questo
modo per C'.J.i l'essere puntu'.'ilit dell'esisten za deriva da qualche
cosa p:-opria dell'esisten za? o deriva dal fatto che l'esistenza
a questo p.L'"to si ritrova mcl to poveramente a conte:nplare, non
a pe:!1s3.11e, ::!a a gi.lardare, a f<tre da spettatore o da spettatrice
rispetto
~i
ta
conglob~ta assolut~~ente
distension~
101
essere
con~inuato,
----~----
dal prin-
dell'esisten~a
..
cip~~~si~ifica
la sua capacit di conte:nplare qualcosa che comincia, in termini tali per cui questa capacit di contemplare qualcosa che comincia come se allora ci obbligasse o rome se obbligasse il discorso filosofico a dimenticare l'esistenza. Dobbiamo in senso radicalmente filosofico dj~enticare l'esistenza perch l'esistenza che chiede di essere dimenticata; ecco perch
radicalmente non possiamo fare questioni esistenziali. La filosofia ~ all'esistenza stessa la di'.!le~tcanza esistenziale; d1.mque bene che l'esistenza metta l'essere in pace in modo tale
per cui conviene all'esistenza che sia non pensata; u...11a fOr!D.'.lla
potrebbe essere questa: ~1-!__'~?i ste~za im:p_~ns~?i!_fi!_._l!la, l' esistenza ---------talmente
__.P~n.sapi],e
__ da- - non
dovere
essere pensata; l'e------- --.
--- - -sistenza pu essere talmente pensata da non dovere essere
ta radicalmente perch il pensare non
p~
pens~
me tale nei confronti dell'esistenza, non perch non ne sia capace, ma perch come se il pensare rispetto all'esistenza dovesse riuscire ad essere veramente pre-potente: notente senza oggetto proprio, o l'esercizio della potenza dovremmo dire pi assoluta che la potenza la quale quello che pur non avendo un oggetto proprio. In altri termini: il pensare in questo senso pre-potente, perch la sua potenza senza oggetto proprio, perch
~-------------------
~---
---------
102
potrem.~o
in chiss quale
appu..~to
pro~rio
que~to du...~-
ma come
se fosse --------------------
per la capacit?__d_i rendere
----- -------.
--
..... --~-~-----------
l'essere una
parentesi_~ssoluta_per
~-----------------.----
----
anc~e:
8ere questa pre-potenza rispetto all'esistenza per cui la difficolt in realt non dell'esistenza ma
se~za
oggetto proprio.
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103
VI
DE-TERMINAZIOUE DEL FONDAME:<Xl E Ji'ONDAMENTO ASTRATTO
. 1. -
Baruch_in_libris
104
anti~i
co~inciamento
essere anticinato, e tutto questo, il fare da elemento co:ne il potere essere anticipato, l'esistenza. In questi stessi
t.1tto C!Uesto,
questo~,
ter~ini
corrispo~
l'~nteresse
risultato fondamentale quello di non_.~~!3~?:_"_e de-terminata all'essere, cio acquisire l'essere come origine del termine che serve
a- o~i -;~~-~ten~S::-
i essere
temente a) ogni determinazione; in quel senso per cui non si concepisce determinazione senza essere, non perch ogni essere ente determinato ma perch l'essere della determinazione il
prL~
cipio per mezzo del quale la determinazione pu essere senza essere per s, ma per tutto ci da cui il determinato .
Sia che sia (gi), sia che sia pensata, la determinazione
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serve per s o serve per altro (!lel senso pi''.'. neutro dell'altro)?
Sembrerebbe scontata la seconda ipotesi, perch sembra che pensare la determinazione significhi assumere l'ente determinato, cio
qualcosa
c~e
conteu~to)
fo~a
e~
dell'~nti~ipa
zione in quel modo per cui poter pensare l'anticipazione non se,ve al pensare. In questi termini: l'esistenza cos conclusa:
non
si esiste
perch si , ma si esiste per la potenca dell'esse------------- -- -- -------- ---- - - --- . re anticipato che non riguar,la ci che o cohti che esiste, '!la ri-
-----
_,,
----
---
il vincolo che lega, solo da una parte, l'esistenza, o l'elemento, a ci per mezzo del quale l'esistenza pu essere con::;lobata come la potenza dell'essere anticipato. Il termine del vin~iarda
La potenza come po-tenza genitiva dell'essere senza oggetto proprio, il qualcosa che riguarda il pensare come questa potenza, in quanto ci che sta-prima del pensare stesso, per ci diventarL.-tlo pre-potenza, 8 determina l'impossibilit positiva di dire
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di esist<:>re come questo stesso; la potenza di esistere senza oggetto pr:iprio si chiama esistenza. _:A}}ora qui l'indifferenza fra
materia e forma, atto e potenza corrisponde alla necessit di a.nn'..lllaroento_,
dentro l'esistenza, - di quelle
che potrebbe essere il
-------------
-----
------- ---------
..
---
tuito), condannata alla crisi dell'oggetto perch ha un problema di distinzione fra qualcosa o qualcuno, allora essere filo-sofi,
a.miei di questo, che significa? Ghe signifir::a la potenza di un
rapporto fr~ la sophia (con il suo oggetto inglobato) e tutto ci
che le sta attorno, l dove la sophia co~e se fosse un cerchio
Onniinchi.si vo, recinto da un canale che no!l lo separa da ci che
sta fuori, ma rispetto a ci che rimane dentro? Dentro la eophia,
dentro il groviglio del ~ualcosa o qualctmo, rimane chiuso il pensare e il conoscere. Ma allora se dentro l'esistente, l'esistenza,
:.1 sHo essere determinato (l'esistenza.) significa chiudere dentro
'
~on
il pensare e il conoscere,(pensare e conoscere sono lo stesso<fra
l'uno e l'altro ma fra l'esistente e l'esistente), se io penso
e conosco, p_ensare _e conoscere smentire _l'esistente, cio smentirlo come__ ~l:l. Se questo vero, cercare attorno al soph!k
il rapporto di collegamento a ci che lo sostiene, significa per
necessit ricorrere all'aniore. L'unica cosa che l'e!!istente non
pu ffiai nascondere l'amore; rispetto all'elemento che possiede
la potenza di claustrare il pensare e il conoscere, l'unica cosa
(4) '.-.a ~er og;etto qualcos3 o 1ualcunQ?Ler."'.;:'..t'.., o l 'ente?e se la
so;;:.111,
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che rimane oltre e prima di riuello che posseiia:no co.,.1e })rima, cnme ~e come dopo (che il pens<J.re e il conoscere ), l'emore.
Ci cie di se? l'esistent e non pu nascondere l'amore; si capi-
Dall'esser e
conce~ito dell'ess~e~te
al
con~ett0
- ..--~
-~--
non ha problema di
s~,
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assu,:1ia110 che dicih:no il suo concetto cl1e quel concetto che corrisponde 2J.lil filo':"ofi;:i : tessa. Questo 0~tPsso il trasl"lto de11' esistente: ~.'.e.~istentEl dal
.5'._E!~tc:.. ~~J~l?~O:'i9,
i::.e s?.piF>nte.
SUO
CC:.'l-
ci ".'"i.e 1 tesif>tnrte > Q_lil~ _.9a,p:i.en:>,a e non r:o,, :::el'l'.nr>i il c-0"'1pre:1dere il concepire f'.lo-
:!:'10~J~e~a
l'esi~tente
--------------------- ---
--------------~------------~
di s astrattament e, cio rPnie as~rA.tto se stesso. Ci ~he l'en-- --- ------ -- --- - ---------------- ----te Jetermir:ato , non i:- q~.iesto stesso, ma quella e?tit i qJ.est0
ente che non di questo Ante ;na del suo ren,'!ersi astratto: en-
~-
te
------------~-------
dete1~i:1ato
-----
riuestr) E' l 'es_~_'.'.'ten~.:__.".-~~-'.s~_:r'e_ ~ap~enza e rion il logos, l'esi8tente scpha, l'esis+,en2R soph~n. l.e>, filosofia aMore del
traslato, "'la a"!lore ,1ui i::iv1ifica a:nante per cui J 'amore r.el t:!"aslat~ ~a
tc
:1.
biRogno dell'amante, ed l'esistente che viene tra<-lafiloso.'.i..a. l'esiste::"te ~ atto i:n atto .Jel suo pas"laggio al
esse~e
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11 o
--
--
----------------------------------------------------- -----------------------
... -
---~--'"
-----'
rii:iJ?~tt() __aH'an_t~c~po
un
_post-~,
un dato
_,j~~P?_J 'anticipo che l' es::> e!' e senza o~getto proprio; e questo per nei confronti di una potenza o di un::i. capacit appimto
_e~~-
ctoni"!. nelle sue sorgenti, rn~ :-_ell!!. sua superficie storica accrer'li tata talc:ente d.a essere una po"';e::za indisc1xl;ibil e che appunto la filosofia co~e capacit& ii cascere tra l'esistenza e l'esistente. Questo tipo di questio::'-i si puntualizzat o, innervato
in ;.:ia str'J.ttura di elementi e.t~averso la quale possibile fare
questo tipo di parallelo
tagli'"-~O
per i::!
obli,.,~uo
da
1.lil
rapporto
- --- ------------
- --- ---
----------
--~---
- ---------- -------
--
fi:<q questo il punto determin!!nte , cio l'essere concepito dell'esistente in 6ondo dovrebbe necessitare atl un discorso univoco,
ad un discorso univoco in senso assJluto; e l'essere concepito
dell'esisten te dovrebbe necessitare a quel discor~o univoco in
assol11to cne significa la necessit di condurre l'essere concepBaruch_in_libris
to al concepire ; dall'esser e concepito dell'esist ente noi dovreMmo potere arrivare al possesso del concepire che riguard~ l'esistente. Cio: l'esisten te, nella determina tezza che lo riguarda,
non ci che in quanto esistente , ma ci che in quanto essere concepite ; la deter'llina tezza propria che rigutrda l'esiste:: te non ci che esso , l'essere Q.'1 ente second0 la determina tezza. che gli 9 propria che di essere esistente , ma quella di
essere concepito per cui esistente in realt esistente ugual"l
ad ente concep to, oppure: esistente significa identicam ente er:~'
dove ~ significa la capacit di tenere nascosto il suo principio che il concepire , non l '~ per cui noi ;wn passiamo ."\l1 '~ all'~,dall'eesere all'ente, ~o~-p~ssiamo, per dovere co'!lprendere l'e_nt~! -~al conc__:gere all_'ente. ma se diciarn.o ente e se
------------- -pensiamo l'ente come tale, pensare l'ente come tale non significher mai dover dire l'ente in quanto ente concepito ma significher sempre avere presunto e avere diciamo cosl pensato, come
anticipate zza assoluta, il fatto che l'ente significa il concepire dentro l'ente, per cui se diciamo ente diciamo tautologic amente: i..'1. quanto concep to, o in altri termini __:?~_g_i cj,amo ente diciamo la non necessit dell'esse come estrinseco all'ente. Se dici~mo invece esistente diciaan l'ente in quanto concepito ; ma se dicendo esistente dicia~o l'ente in quanto concepito , diciamo pi
propriame nte: l'essere concepito da parte dell'esis tente. A questo punto, se discorso c', discorso che significa , su q_uesto punto di struttura della questione che riguarda l'a~te o che riguarda l'ente come concepito ? Che riguarda l'essere come essere concepito dell'esis tente o l'ente come ci che ha dentro di s talmente il concipere per cui ente ed essere concepito lo stesso?
Per cui: l'esisten te significa l'ente esistente , o, l'esisten te
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discorso in che cosa consiste? il discorso consiste nella capacit di rendere nell'ente o nell'esistente in quanto essere concepito, di rendere nell'essere concepito l'essere
al principio dell'essere
c' da parte
con~epito.
dell'esiste~te
co~e
ci che
s~a
Se discorso possibile, se
una necessit
disti~ta
dalla necessi-
t del suo essere esisteate (in questo "'enso iJ. discorso) potre'.!l1no dire aristotelica.mente se c' una ananke, di!'ei q .lasi addirit1
'L~a
ne in quanto diversa o ;neglio questa necessit in qu'1nto distinta da quella necessit che l'esistente ', di essere co:ne ente essere concepito, se 1ue3tanecessit distinta, la distinzione
di questa necessit costituisce il discorso.
Stiamo facendo quel discorso che in realt lo stesso essere L~trinseco dell'esistente a se stesso, che non potrebbe 1iventare estrinseco se non nella
~isura
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se riesco a fare discorso, riusc-ire a fare discorso significa a questo punto la definizion e in assoluto in qu.a.'lto capacit di chiudere i l limi te attorno al lbite stesso o, in altri termini, in CJ.'.1a.r.t0 capacii:3. di fare del limite in ogni momento della su::i. cle.usura, della sua :::truttura , un
principio che ha fine in se stesso, U.'l principio che fine e che
fa da fine a se stesso. E se questo, <ia ':'.uesto, a que"Jto punto
di vista,
ha infinitame nte fine nel li~ite stesso, evidente che noi notremmo dire: ma allora dentro questo limi te i3.~..11'are discorso si esau~isce nella struttura del limite? nel li~ite come struttttra
di
s.? o si apre nel limite come struttura di ci che dentro il limite viene detto o viene pensato o viene conosciuto o viene definito? in altri termini: la definizion e, come questa capacit di
porre il limite nell'estr-e mo di se stesso, in rnodo tale per cui
la posizione del limite nel proprio estre~o significa in un certo modo il porre stesso in assoluto, ~a in s l'oggetto del proprio chiudere se stesso, limite, oppl.ll"e ha come problema di ricevere l'oggetto capace di essere diciamo cos costruito costretto
e isolato dentro il limite? Per cui in altri termini ancora potrem~o
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scienza del :princip io che riguard a il concett o; ma ~e noi potessimo pensare in questi termini per cui pensiam o, presumi amo i
pensare qualcos a in q_ua.nto pensand o qualcos a stiamo usf'.ndo 1 'avere scienza del pri:lcip io che riguard a il concett o, in questo senso il qualcos a che stiamo pensand o tutto globalm ente lo stesso
avere scienza del princip io che rig>..larda il connett< ); o non?
E a questo punto non pensiam o niente; oppure: a c:uesto pu...-ri-
'
--
-.~
signifi ca riuscir e a fare di queRto 1 'u..-riico qu.alcos a che possia------ - --mo pensare . ma l'unico qualcos a che possiB.!Ilo pensare , se l'avere scienza del concett o nel suo princip io, tenia~o present e,
tale del concett o nel suo princip io in quanto il concett o nel sno
princip io ha davanti a s l'esser e concep ito dell'es istente ; l'avere scienza .el concett o nel suo princip io signific a. ci che in
qualche modo fa da radice, da radi~e fronteg giante, non da ra0i-
ce sotterr anea, da radice che sta come vertice c~e situata come
estremo , che present e a, stiamo pensando~ ci che vertica l~ente present e all'ess ere concepi to dell'es istente
; in altri termini, a ci c~e a sua volta fa da princip io a tutto ci che da
q_uesto pu e2sere, e a tutto ci che da questo in q_ua non p .i0 essere perch~ da questo in qua ci che pu essere non niente altro che l'ente che ha, semmai, creato l'esser e conci::n :ito. Co:
noi non possiam o pensare l'esser e nel concett o nel momento nel
quale pensare l'esser e nel concett o in realt s risolve nel non
pensare l'esser e come tale, perch per pensare l'esser e nel concetto noi dovremmo nascond ere che stiamo pensand o quell'u nico qualcosa che in assolut o riguard a questo tipo di quest5_o ni che l 'avere scienza del concett o nel suo princip io. Allora dovrem~o dire: l'avere scienza del concett o nel suo princip io, ne l'e:->ser e,
1
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allora penso l'essere; a questa condizione pensiamo perc:h~ pensrtre a questa condizione significa pensare l'essere. Se ; che
vuol dire: se ., avere Bcienza del concetto nel _s1J.o princi-pio,
teniamo presente che
re in questi termin.i dobiamo ni:i.sco'1.dere l ' equi valenzB. fondamentale per cui avere scienza del concetto nel suo principio significa o , non soltanto essere, l'essere; nascondere, 1uesto, nn~
solo, nasconderci all'essere. C' tma doppia fraudolenza, e'~ la
fraudolenza attraverso la quale si potreb"oe pensare o ce!'c::i.re di
pensare che in questa maniera noi compiamo una operazione astratta, e se
~~tta
~~
realt
,')~~e:nmo
ac-
e:ord:trci t'..l.tti facill:ie1:.te nel dire c~e bene o '.?!ale poss::e.no anche
d".l.re per scontato cne l'avere scienza del roncetto nel "'-'O principio, :3ignificando l'essere a questa maniera, a ques-t;'l ;iianiera
fa pensare e cos pensando pensare l'essere. E sono anc~e buono,
perch nascondo di avere fatto questa operazione. Na l'altra operazione, ed fraudolenza anche questa operazione, non u."l.a operazione astratta, in questo caso il conoscere, avendo bisogno di
proseguire storicamente, avendo bisogno di esprimersi storicamente, in questo caso contento della fraudolenza
J
p
l
perch in questo caso la rrau-
'E
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, 17
dolenza gli serve per nascondere la necessit di rendersi rngione di questo che lo riguarda in principip; e quindi il conoscere
continua tranquillo per i fatti suoi, cio assicurato a un fatto fondamentale che quello per cui pensare significa pensare
l'essere e il conoscere continua tranquilla~e~te.
Per questo l'operazione rimane
astratta, possibile; ma l'altra, per
astr~tt~,
l~
~imane,
perch0
C'..:i ~!oi
a. cercare l'origine assoluta, nostra, L'1 :i_uant0 abhiarr.o cata:imltato questa origine contro colui che ci ~8 originato, perch la
ase di 1.u1a invidia diciamo antica per C'Ji
~mi
sare:T':o stati, avremmo dovuto essere come Dio, avre"ll.:nn voh<to essere come Dio,
e quindi avremmo dovuto compiere questa operazione ori.gir.aria iniziale). L'essere che abbiamo t::ile per C'.li possi~rao aggiungere
ri.ualcosa, e possiamo aggiungere quel qualcosa di fondame:!'l.t ale che
9 l'essere rliciamo C08 theico, che l'essere che riguar,ia il
sat~1is~o
~ co~e ~e
nor. avessimo
bisogno della caduta lucif'E:::-i.n a per inventare il Ratana vero nei
confronti di Dio perch il satana vero nei confronti di Dio siamo
noi uo:nini in quel rnodo per cui nel c:;,lcolo S"J.blime .elle potenze che si scontrano fra loro, Dio e l'uomo, l'essere e gli esseri, in verit la nostra malizil\_~ _rad_~c~1:e perch la :::i.o stra malizia significa il. fatto che. noi non abbia:no voluto aggiu..'lgere qual~-
--
----- ---
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si~mo
u.~a
digni-
t, quella che ci riguarda nel senso della deficienza dell'essere esistenziale, che non consiste nel fatto che siamo finiti mentre l'essere infi.ni to, e neppure nel fatto che siamo creature
mentre qualcuno creato2e, ma nell'atto sublime di un~. pro-posizione di esistenza che suona cos: in fondo per essere :iall'essere concepito dell'esistente che sono, io, ho bisogno della sottrazione di me nei suoi confronti; in altri termini: a quel livello
nel quale ogni discorso riguarda l'origine; il discorso che riguarda l'origine, sia dal punto di vista diciamo cos astratto, sia
d.a quello chiamiamolo per comodo co!lcreto, quello di questi ultimi momenti del discorso, un discorso che non riguarda l'aggiunzione di niente, ma riguarda addirittura la capacit di sottrazione nei confronti dell'esistente che sembrerebbe gi sottratto in
assoluto a se stesso perch se noi diciamo esistente dicia~o o
sembriamo dover dire, classicamente e non classic~mente, che, dicendo esistente,
dicia~o
parte~za
o scontatamente il fatto che se esiste un e2sere il quale in tanto in quanto sottratto alla capacit di essere da S(~, ci0 che
gli rimane da volere di togliere questa capacit. Se qualcosa
rimanesse, a questo livello, da volere e d.a pC!lsare, per s, il
'lleglio assoluto di questo consistereb1Je nel voler.e ci che gli
manca; perch se noi pensiamo appunto che al li~ite l'esiste:r:.te
significa questa capacit di essere sottratto al principio che
lo fa essere, per cui questo essere sottratto che lo fa eseere
quello che , se in questa sede l'esistente
qu~lcosa
vuole in as-
capacit~
che lo fa essere
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s filosof ico-esi stenzia le, in questo senso la tentazio ne originaria. non quella dell aggiu...Dzione, come teologic amente , q'~el
lo della sottraz ione; in 1L"'1 certo senso l'esiste nte, nel suo essere concep ito, la sua origine se la trova in qualche misura dis:ponib ile perch questa diRponi bilit?:.. dell'or igine suona co:ne a_1.le8ta :::ua capacit di sott-.:.arre s all'ess ere che lo fa essere; e
quindi cor'.le questa capacit di pB.regg iare il piano di rapport o
con quell'a ltro discors o che suonava astratt o per cui quando io
presumo di. pensare l'esser e perch 1 1 essere pensato secondo se
stesso, in realt io ho fatto la stessa operazi one che faccio co:ncretame nte ~a in senso astratt o perch io in realt sto nascon:L~e
do di sottrar re l'esser e a se stesso, perch pensare l'esser e secondo il discors o fatto finora signifi ca, se signifi ca pensare
l'esser e, signifi ca che
l'esser
___________
------- e che
------- penso quel qualcos a in as-
________
.,
--
sol~IJ.o
che riguard a il conosce re all'orig ine,_:i. n origine; .:;.cne riguardan do il conosce re in origine signifi ca l'avere scienza del
concett o nel suo princip io. A q11esto punto, l 'esi~tenza nell 'es-
~--------------------
tali per cui l'esist ente sapient e; classica Mente, normalmen te, esieten ziaLne nte, anche teologi cament e l'esiste nte par~gg
1 ?.1
reaL~~n
te tale non pensa .re l'ess ere, perch l'ess ere che
penso il
------ -- --- ------- -
.
o"J.alcosa di cui sono ca.pace in nuant o avere scien
za del conce tto
-~- ------------------------ -- - ....
.- .
nel suo princ ipio E dovrerrano allor a ri-co nosce re,
non le~.lmen
te, cio confe ssare , esser e indo tti ad amme ttere,
ma propr ia:nen te, conos cere di nuovo , dovremmo conos cere di nuovo
che noi quando diciam o avere scien za del conce tto nel suo princ
ipio dicia~o
l'ess ere e se noi doves simo ricon oscer e quest o allor
a dovrenuno
di.re che quest a quest ione non possi bile porla perch
a quest o
punto il disco rso all'in finit o: is peir on, verso
un infin ito
~enza limit e alle sue spall e perch conos
cere di nuovo in quest o
122
sato, il m.:.ovo nuovo in quanto la sua origine il passato p8rch noi conosciamo di nuovo, riconosciamo;
sienific~
sue
r;1a
conoscere di nuovo
u.."
me!10
C!1H~
rim~ere
'l:
po~<sibile W1
~opo
la proposi-
zione di Cl'.rnsto parallelo, un discorso che ha costretto l' esistenza ad u..'1a sorta di scavo intrinseco all'esistenza stessa, per
mezzo del 1uale si costituita una doppia coppia (esistente sophia; esistenza - sophn) che rimane ancora in bilico, soprattutto per il fatto che il bilico della doppia coppia dovuto alla obliquit di un rapporto fondamentale in un certo senso, che
lega o dovr legare, la sofa all'esistenza.
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Tutto il discors o si sta muovendo in qua..""to ha come termine di riferim ento un termine doppio di riferim ento: il paralle lo
possib ile, la doppia coppia in bilico sul rapport o obliquo ; un
termine di riferim ento doppio a sua volta perch il paralle lo
questa doppia coppia nei cui confron ti per anco1a il discors o
andato ir.ietr o, non andato avanti; nou e'[ st~t? e non e'~,
e forse ::!on ci pu essere una progres sione d.i discors o '.'.13. tL11a s0rta di retroce ssione di discors o rispett o ai su0i stessi punti di
riferim ento; non solo per necess it metodic a, ma per necess it
intrins eca di discors o: il fatto che il termine :) i termini si
riferim ento siano tBli per cui u.!la volta toccati o 12.:nit i, toccare o lambire o in qualche misura ipotizz are il rapport o 3i termini di riferim ento signifi ca in fondo, una volta che q1J.esto 0.ccade o che questo o che questo viene pensato , in verit sentirsi respin ti, o meglio subire la necess it di sapersi o di ver'lersi respint i all'ind ietro, per cui posto che abbiamo co'!le termine
di riferim ento un paralle lo fondam entale fra pensare ed esste~
za, posto ancora che rispett o a que:::to paralle lo fond~;1ent'lle l:t
sua elemen tarit ha. scardin ato la fissit di questo paralle lo per
cui, scardin ata questa fissit , la mobilit che ne deriva non riguarda il paralle lo ma riguard a ci c)1e lo tocca, consegu e per
questo che da questo stesso abbiamo o avremmo la doppia coppia
e questa rischios amente avventu rata sul bilico del r3.pport o ohliquo fra sofa ed esisten za. Ma d questo discors o, tutto ci0 che
il discors o fino ad ora stato, stato in modo tale per cui ci
che stato il discors o non qualcos a, non qualunq ue di ci
che pu essere in quanto pensato o in quanto esisten te, perch
ci che si sta come generan do a s stesso.
Non casuale dunque ci che pure stato casuale perch
come se le circost anze obbedis sero ad una sorta di logica interna della quale le circost anze non ei rendera nno mai conto, perch
a questo punto dovremmo dire: il qualcos a del discors o che stiaBaruch_in_libris
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mo cercando di pensare se 1ovesse e~sere conosciuto sare~be esattamente niimte; ma, niente non vuol dire niente di ci'.'J che potr
pensa:ce do:ne..ni o niente di ci?i che non eo:i.o riuscito a pensare
(~
to :ii discorso riesce a fissare punti :fondamentali (che dovrebbero in qualche modo essere un costituire), questi costituiscono
le sue stesse forche caudine, una sorta di passaggio obbligato
nel quale e per il quale lL obbligatoriet non riguardq il overe passare attraverso, ma il dovere, passando, sottostare, il dovere passando, assoggettarsi, o meglio, sottoporre s fino al punto in cui sottoporre s.f in questo senso significa schiacciarsi
nel passaggio fi!lo a pote!'e o dovere toccare la fondazione, la
fondatezza, i fondamenti, l'origine, la stratificazione di tutto
ci che fa ~ascere il disco!'~o.
A Q'testo !>unto sare"cle pi pacifico che le forche caudine
del iscorso speculativo fossero precostituite al disco!'so speculativo 3)erch, a questo :nodo, la scolfitta del pensare sarebbe
sancita 'iall<i vittoria del principio, :perchr;; la vittoria del principio consisterebbe nella sv_a capacit di rimanere talmente congelato e di fare talmente 1a elemento a tutto ci che p~ssa sopra
il principio, per cui, anche se sopra il principio passa il funerale del pensare, la morte del pensare, la filosofia, morta a questa maniera, pu essere bellamente morta perch, passando attraverso questa obbligazione che la fa muovere attraverso i punti
fondamentali che la riguardano, finalmente cos lambisce il principio, tocca il principio: perch toccare il principio a questo
modo significherebbe non gi passare per o attraverso i punti fondamentali, passare-per, mediare come essBre mediato, pensare perch pensa.re, speculativament e significherebbe avere tutta la forBaruch_in_libris
125
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voco, concettuale, speculativo. E uvremmo assicl.C"ata u..l'la filosofia non a s stessa, ma allR ~ua capacit di pensare qualcosa avendo conosciuto di pensare qualcoE:a 1 avendo cor~osciuto tutto c:..'J
~3tesso.
cie attraverso la q'-<ale tra i due pilastri, t-.ca i due eiher:ie:viti -::11.e
in fondo tradisco:-io la loro ele"le:ntari t di base (;-pes-t0 sono ~.
realt i due pilastri:
suo essere radicnb1e:-ite
trPdita
~el
capacit~
della ele-
.:::J.-
plicandosi in due elementi fondamentali) questi due elementi h8.r:no u.~a obbligazione intollerante la cui non sopportazione ha c0me oggetto la sua stessa obbligazion'' una obbligazione che~
sopporta se stessa, perch una =tttenzione pi1J. maligna al t'l.iscorso do'llrebbe potere pensare o do'llrebbe star pensando al fatto che
tra i due pilastri, tra i due elementi che sono questa costitutivit della elementarit che si organizza fino ad apparire cos
organizzata, tra questi due pilastri il congiungimento non c',
non c' in alto, cio alla so:nmit, al vertice, il congiungime~
to non c', il loro congiungimento G ctonio, sotterraneo; potre~
~o
~uella
che difficile dare come conosciuta, emerge; dovremmo dire, e:l'lerge forse all'infinito.
In questo senso la doppia coppia o il parallelo ipotetico
per una volta divenuto elemento, ~~ 1ivenire elemento il costituirsi in !!lodo per cui i due eleme.::.ti finiscono per determin3.re
la strettoia, il doppio confine di l dal quale il pasRaggio no 1 ,
~ posPibile, perch~ sono possibili t~tti i passRggi posnibili,
consegue c!i.e i due ele11enti, costi L:i ti a questa manierR. 1 chie<1erebbero di an1lare all'infinito,
ci0~
con8i..ungm[,i n'.)l verti~e; etStir::1n talmente congiu.'1ti <!ll: "b<ise, ep.c)eni.o il loro 00llt;iungbi.ento dovuto al loro stesso -:J:'."i:-!cipiare, o :ll 1'.ll'O steR~O
cominciare, per ci stesso chiedere"::':e:::-".l di non congiu.nge:rsi nel
vertice; ci che co!'lti tuisce la ~>::"r;li;at.oriet ver~ lli :J.le~:to costitutivo doppio che lega la filo2o:~i:?. g_J. :':lovinc>nto uoo~Eibile cr.e
riguarda sia il pensare sia il CO:lo2c~:e, -::.lesta o't-blif;!l.toriet
sta a significare la intolleranza .i pe steirna, il non sopporta:3i nor.
ele~~~ti
diverP~mente
costituiti
impropr~o
ed univocamente riconducibili al loro nome proprio; l'obbligazione vera, la c~~ligatoriet vera che lega
il movimento del pensare a questo passaggio, non riguarda il passare come tale, il passaggio, quanto il fatto che passando, questo oassare significa sottostare, ma sottostare in fondo significa essere schiacciati fino al punto per cui passare significa in
un certo senso percepire ci ohe lega i due elementi, percepire
Baruch_in_libris
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\.l!l
~e
'.LT'\
:i:i~o
certo
allegger5to perch
'.".ia:i.e
spRe~ato
ci chP.
~ono
cauf'~,
lo!':)
eh~
1alla sua
in
~i
'~e'!!ZA.
i~terna
pass~re :t
il
p~sPaggio ri7?..~o.
orieine,
perch~
ri-
rerdere cosi peP.'J.nte ci. che :!'a da conti tu ti vo, ci0 che costit"li to, per cui ci che Gesti t ii to da ci che pa!'lsa in ci che
1
1) origina riml'lne bloccato nellY- corl:'a e anzi Remmai, dal passaggio che l'o:-igine coRtituente subisM, der5.V?. il fatto fondamen-
~ine,
si ritrovana
co~~
il
f~tto
::he a
~uesta
p~s!:are,
i;i.
t'..:.ire il costituito.
Allor:~
cf,~
davvero il discorso
radic~lmente
propria~ente
~ottostare,
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a riconoscere, ad ammettere, legalmente, a confessare che il varco nel quale si passa trovato, trovato perch non ho messo niente di ci che costituisce il passare nel varco stesso per fare
il varco), la sconfitta, anche ammessa nei suoi termini pi duri,
questa sconfitta. poi sconfigge il varco stesso perch passare a
questa maniera significa ridurre i costi t',<i ti al costi tu.ire, ridurre ci che costituito a ci che lo costituisce; sottostare
in questo senso e a questo modo radicale significa
determinare il fondamento,
~-terminare
radicaL~ente
il fondamento, l'hypoki-
pi perch gli elementi vengono ridotti alla base, ma nel principio che la loro origine, (nel de). Perci: de-terminazione del
fondameato, perch per questo stesso motivo la terminazione 1egli
elementi che nascono dalla stessa elementarit, trova l'origine
capace di essere legata in assoluto alla terminazione stessa, trova il suo de soltanto a condizione che la determinazione eia del
fondamento e non sia determinazione come tale, ma determinazione
~
a significare: nella terminazione di tutto ci che riguarda qualunque cosa riguardi la filosofia, in
que st~__t!'Tminazione,
l' ori__;;-. -------
-
gine 11.on
- -
--
- -
ma~ costi~i1;a_ma
-- -
- -- - . -
--
130
meno, sono ci che appare della costitutivit dell'origine , o della cosaitutivit della elementarit in assoluto, perci elementi
costi t'.li ti fino a quel pm1to e per mezzo di quella possibilit
di riferimento che ha dato abbastanza a.gevolmente un parallelo
ipotetico, una coppia rischiosa nel r::tpporto obliouo.
A questo punto dovremo riordinare in qualche modo sia il
parallelo sia la coppia; dovremmo in qualche rnanie~a creare o pensare o dare per conosciuta e dunque ricrearla come contenuto da
dover pensare la logica interna a ci0 che il parallelo ipotetico e a ci che la coppia arrischiata sul limite obliquo, sulla
obliquit di un rapporto paradossale, paradossale nel suo senso
pi proprio in quanto contrario all'opinione , perch contrario
all'opinione che il rapporto tra sapienza ed esistenza sia obliquo.
Riordinare il parallelo ipotetico, la doppia coppia nel suo
rapporto obliquo paradossale fra sofia ed esistenza? Potremo farlo? fon potremo farlo? Potrei anche dire che non interessa pi
questo discorso, radicalmente o
A questo punto ogni filosofia potrebbe inventarsi, trovare,
cercare, creare una logica propria di , propria del proprio cercare, interna al parallelo ed alla doppia coppia; e vorrei anche
sfidare la moltiplicazi one del pensare speculativo al punto da
dire che qualunque esplicazione consecutiva che riguardi la logica interna del parallelo e della doppia coppia, qualunque esplicazione consecutiva consecutiva soltanto a se stessa, ma non
Baruch_in_libris
131
fonda~ento,
avendo
i~ qualc~e
modo
r~Jicalizzato
il suo
stesso costituire s, pu0 reggere a t'ltte le log;ic~1e corocoecuti:.'
perch finisce per porRi co~e principio scate~ante l'i~plic~zic-
ne di ogni logica consecutiva; dove og:1i logic::i. consecutiva per---- ------ -----.-.
ch consecutiva al suo nascere d'.3.l prinr,ipio che le viene poste>
contro, posto e-entro perch l'essere po:oto contro del principio
che riguarda ogni logica con12ec'.tti va sta a sienificare che il principio dovuto ad altro, cio non dovuto alla consecutio delle
logiche, e neanche alla successione dei concetti, ma dovuto alla capacit radicale della de-terminazi one del fondamento: e no~
il principio come tale, ma il principio che serve perch qualcosa
sia tale da potere essere pensata; e ogni logica consecutiva
consecutiva in questo senso: ogni logica consecutiva perch la
consecutio sua pi intrinseca in realt c:insiste nel lasciarsi
agganciare all'intesa, all'o~ert di fondo per mezzo della quale
scambio il principio per l'essere, il princi~io con l'essere, ~a
non l'essere come tale, ma con l'essere come ogni possibile es~e
re Allora se scambio il principio dovuto ad altro, che fa da pr bcipio alla consecutio delle logiche con l'essere possibile, cio
con ogni essere che pu servire per questo sca~bio, per questa
omert di fondo, chiaro che posso conseguire tutte le logiche
che goglio, perch posso rendere conseguente ogni filosofia al
suo non essere conseguita da s. Ogni filosofia rimane e diventa
I
Baruch_in_libris
132
to un discorso chiuso in se stesso, nascosto in se stesso e perci usabile, (perci manovrnbile in modo per cui la manovra di
ci che chiuso non si pu fare da principio nascosto e pu efsere tale perch elimina, esime da ogni questione radicale sul
prir"J,;ipio)
'.'.~<9n.d0
r'.9.
(:'.r'1Ve
-"l
per
CIJ
10-
'1UeRt..)
:s?r-
i:;
~i0 lQ
~erch4
qualcu..'lo
tu~
~er~ine
signific~
stesso, per
ci~
esistenzial~ente:
ea che riguarda l'esistenza, ma per dire ci che riguarda l'esis enza ne 1 so;.o scambio di fondo iniziale) vero che i 1 :novime::c-
c~.li
s~~
pre 1 un cursare eterno, rischierem:no di pensare Dio nella :maniera in cui spesso pensir:imo Dio: colui che capace di correre-rn'3.-seT.pre, in modo tale per cui questa sempit2rnit del correre significa la. sernpiternit dello stare fermo; e se riuscissimo a pe!1sare il cursore eterno: ci accadrebbe nella misura nella quale
abbiaao come passato nella sua corsa in eterno il suo averlo conosciuto nel momento nel quale il suo correre era fermo ed era
fermo non a se stesso, era fermo a me, era. fermo rispetto al mio
stare fermo.
Quando ero fermo: quando l'uomo, dunque capace di questo,
era fermo nel paradiso della delizia dell'essere e l'essere fer-
Baruch_in_libris
133
Baruch_in_libris
134
avanti e a
to
ti~tto
determL~ato,
media.~o
ci che stato determinato, stato determinato in quanto stato determinato in avanti e tutto ci che sar determinato, sar
determinato in quanto sar determinato alle spalle. Quindi se di~iamo
dicessL~o
terini~
come se
Baruch_in_libris
135
Baruch_in_libris
136
sorta di estraneit
costringere tutti i limiti
sariamente
--- a una
.------------------------------------ - ----------
------.... _
questo essere concentrico che ha sede nella sua capacit di coe-
stendere il suo essere al centro di s con tutto ci che fa estremo a questo centro stesso; ma allora il linite in quanto tale corrisponde a una sorta di superficie che dal centro alla sua periferia come se capovolgesse continuamente il rapporto fra centro
e periferia; co~e se il limite in quanto tale costituisse una
Baruch_in_libris
137
mitato ha principi o da ci che il limite come tale, l'ente finito, da questo punto di vista, ha principi o non nella entit che
lo fa dire ente ma nella limitati vit, ha principi o in quella che
possiamo comincia re a concepir e come la stessa essenza del limite
la cui essenza vera il fatto fondame ntale, assoluto di non ri-
Baruch_in_libris
138
guardare ci di cui essenza: il lim1'te,_ ma c 1 0' per cui l' essenza del lL~ite serve perch qualcosa sia. E' come se stessimo sostenendo che ogni ente in tanto esiste in quanto ha come principio, per sua essenza, non l'essenza che gli propria dopo, ma
l'essenza che gli propria prima di s; perch l'essenza che gli
propria prima di s stesso l'essenza che tale del limite
in quanto non fa essere il limite ma fa essere ci che in quanto
limitato, fa a sua volta da principio reduplicat o della stessa
limitativ it del limite.
Tutto ci che il limite , in quanto questa essenza, non
ha bisogno di essere continuato fino a questo punto per cui l'essere continuato da questa essenza significa che continuand o penso l'essenza -di, perch penso l'essenza e basta, cio penso, da
questo punto di vista, l'essenza in quanto tale, mentre conoscer l'essenza -di; a questo pilllto la conoscenza il futuro dell'----------------~----
----
essenza, il futtn"o dell'essen za nella stessa misura in cui questo futuro stato passato, letteralme nte: questo futuro stato
passato; tra il futuro e il passato, nello scardina~ento di tutti
i tempi che sta accadendo , chiaro che non il terryo che non
esiste pi, non esiste il presente; diremmo: non esiste ci che
ragionevol mente ha f8:tt~-~~_Pre da pr1:ncip_i?_ al t_E'_?_Po_~ Ttttta la
fatica speculativ a di questo tipo di questione e delle questioni
successive , non consiste nel rendere il tempo senza s stesso,
ma nella capacit di avere conosciuto talmente il tempo, che questo significa riuscirlo a pensare senza il proprio principio , senza il principio del tempo; per cui s riusciamo a pe~sare il tempo senza principio , il tempo non esiste pi, e questo esattamen te
perch del tempo ci che continua ad esistere il sussistere di
elementi che servono al conoscere , non al tempo; del tempo ci
che continua ad esistere la sussistenz a degli elementi servili
conodel conoscere : il passatto e il futuro; in altri termini il
-------scere si
coniu~_co:n ~ue_~empi
soltanto:
Baruch_in_libris
:pass~to
e futuro. Non
139
.--
Baruch_in_libris
140
te~po
-----------
~--~-----------------
141
--
--------~--
142
sibile, riceve come risposta il suo toglimento, non la sua negazione, ma il suo essere negato con la stessa posizione di s.
capitale a questo punto lo stesso che il
suo essere posto il cui essere posto l'essere negato di s: sem.E!! in risposta alla domanda: quando? significa l'essere negato
L'unica
do~anda
-------
'
negato
Sotto un diverso aspetto di questioni, per quanto riguarda
il rapporto a chi colui che pu avere il problema di dire: quando? per riS1JO~dere: sempre, da chiarire che stia~o parlando del1 'esistente co=e quell'unico che pu essere legato, uncinato a
di~e
fa capire che tutto ci che io sono come l'esistente eh~ colui che , in realt corrisponde a t-o~tta la inanit della risposta che toglie la domanda; il se~pre rispetto al
profondo
perc~ ~i
143
144
no,in quanto il suo dire di no la incarnazione del pensare stesso come tale: che si chiami ~-~s~~--~ discorso teologico, religioso, biblico, ma che aia il Logos, che sia la seconda persona della Trinit, colta nel momento nel quale tutta la sua plenitudine
di essere si espressa nel dovere dire di no al Padre (c' un
momento nel quale Cristo dice di no al Padre), questo significa
che in quel momento dire di no al Padre era dire di no a se stes---~--------~--'
de~tro
corris~onde
al1'a.nnullamento di
I.
i'
del rapporto al :Padre; per questo in questi ter~ini il discorso si pu fare, e il no suona assoluto I nostri
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145
\Ula
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146
dei
~anti
u..~o
~omento
del
sentieri che
se~bra
si vadano, in questo
ma a
~"'..lesto
vera~ente
felice,
che nodo di fondo che non riesce ad apparire, o che non riesci
ad app::.l":.:e perch non ancora maturo nella determinazione di
s; non ancora maturo nel livello nel quale, tutto ci che sta
fiore::ldo attorno a questo nodo, ancora n'.lscosto, e nascosto soprat"'::utto a s stesso, sta a significare che tutto ci serve per fare
pi ~econia, se possibile, la sua nascita, nella :nisma in cui
la fecondit3. di questa nascita significa avere generato tutto ci
che :,, p::issibile ge:-:.erare fino al punto-limi te nel qiJ.:ile tutta la
gener~:ione possibile ha determinato tutto ci che possibile
gene>rm"e riel limi te estreno di tutti i principi possibili, e quindi nel l~~ite estre~o, di ogni origine che ~ deter~inato alla origine :;i:.:.:. -ossol'.lte. di s stessa, in '.'.lodo tale che se 1' origine sar3., o !?, e se..r crud::-'71ente, radical'!!ente s stessa: non sar tale per '7...ltt~' ci:':> c~e h:1 originato o :iot::- origin'.tre, n tale
per t"t:":1;:i ci) che he. originato, r.ia tale per l'atto di quella
'.l.e ter:::i:'.a::io:i.e in-::er::a che la rigua:rd'.l intrinsecarnente e talmenquale questa origine , il su.o essere la
cniu<ier L>-1 s, taL-ne:nte, per cui nella clausura dell'origine cote cfie,
::~l
:":o:nento
n~l
fi~almente
perci
r~tto
questo
deter~ina
Baruch_in_libris
147
nella sua ootterraneit, che non nell~ cua principi~lit~, e appare in ci che fa determina.re.
Allora come se nella fatalit i~:posi ti va che i l pensare
sta scoprendo di s perch gliela scopre l'eEistente, come se
:i.slla forza imperativa del pensa.re (che il pensare sta esercitr.i.ndo r:.o:c. perch la sta eserc tando co::ie ~ensare, ma perch~ se la
esercitata dal punto di vista dell 1 eE'istente che , e cfl.e
co:'.1e ci che fronteggia il pensare), il pensare stesse maturando molto faticosa~ente la fatica ancestrale che lo rigarda nel~ov.:
costituzione interna; come se stesse maturando la fatica di costituire la sua s~essa interna co~tituzione,
per la quale dovrer:uno cominciare a dire non gi che difficile
la sua
~tessa inti~a
e:~
~~ovi::?ento
ster-so. (''P
'tL~ ir:ovi~:lenttJ
c'1e costi-
1..
so pensare. Sembrerebbe che possiamo pensare che, mentre il pensare si va costituendo, il pensare segi~e questo suo andarsi costinon possiamo pens!ll'e questo, perch, per potere
pensare questo, avre'l.~10 dovuto continuare a disporre del te:r,po
~he r.ecescnrio per potere ,!)ensare a questa. maniera. Quet"to di!:'COr!'1o potrebbe rischio.re di iinire ap-::>ena i:;iziato perch potre::-:tuendo;
~entre
Baruch_in_libris
148
8.
c' 8 ,..._, -::e~,.,~0 del pen sat'e che no!l corri :::po?lde e.l pen~e.re s+,e ss'.l,
:-.ella :nizura nell8. qu-=\le il te:rpo del pe::r->a.:.e no!l re!lne
!Je~~n.re.
po de:.
E sare'be facile. E
~.ne ora:
e'~~
il
t.e~uo
del
p~~-
possi~o
pi pensare a questo
~:odo
c:~e
lo fa essere.
con s stesso, a
s~
nei
la
c~e
ha determinato
-::o~.:r'.l:J.ti
l:~
del tcrnpo, lo
'5i2~pp-.''.lpriRzionc
p~i:i.cipi'J
come tale,
l~~to,
~tat'J,
!ieces,:t-
:-.ella. -:::.::-.:::-?. in
~ui
servon'J ,, !l?..!'tire
:i~l
1)e::s:!re,
pcmf''.lre nella 'llisura ir.. cui pe!1""a?"e ~ta e :!.... ~ . -.---------------- . -- - .. - - ---- . _fF'~-~~c~.~ ..'~~- te:::pora_liz?'lzione ci:ie usa i l p~n.s<u-e; ir. questi terr,on "Ji-'.:
-:J~3sio:.le
-------:------~----
~ini us~.ndo
--
il
--.--
.,
~empo
~ezzo
delle -:_".A:=. li "b.::iia-:io detto pensiamo, Dio, l' .10~0, i 1 pe:-1si ero, ir.
:-eal~i ::J!1
::io 'E-::o:::.o,
dur2.nfo in
l~
rn011ento
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att;reve:-~o
il qu:::i.le slit-
149
Baruch_in_libris
150
u...~'eternit
che il pensare storicamente da questo punto di vista). Una possibilit che storica~ente possibile altrettanto per quanto speculativamente non . Nella misura in cui storica~ente il pensare
rimarr questa possibilit pura, (pura rispetto a ci che speculativa~ente, impura rispetto a ci che il pensare diventa nell'uso stesso che se ne far, o ne faranno o ne faremo se condannati a riconoscere di nuovo questo stesso riconoscere), pura e
impura poi nella sua determinazione storica, per altro verso speculativamente non ; il pensare non (non posso neanche dire non
;t
pi) perchV'fronteggia:nento che l'esistente nei suoi confronti toglie ogni partita possibile perch l'esistente rappresenta
la frontiera che il pensare non pu pi superare. Oltre questo
limite che gli fa da frontiera, il pensare non ha pi niente, anche se pu rimanere il principio di tutte le conoscenze ulteriori, di tutte le conoscenze che serviranno e continueranno a servire; dal punto di vista speculativo cio appena e soltanto dal
punto di vista del rapporto di controllo tra pensare ed esistente, come se l'esistente impedisse il pensare, p~oprio nella misura in cui l'esistente radicalmente non pu dire di no al penGare: l'esistente, in quanto sia l'esistente che (non l'esistente in assoluto) non pu dire di no radicalmente al pensare, nella
misura stessa nella quale questo il lasciare che il pensare reciti la sua parte di L~posizione, eserciti la sua fatalit; e questo significa per che l'esistente impedisce il pensare, non radicalmente, ~a elementarmente, perch come se costituisse tutto
ci che il pensare ha pensato, fino al punto che questo tutto
ci che il pensare potr pensare; e tra l'aver pensato e il pensare, esistente fB.!"e da cella della sua identit per un verso,ma
per altro verso consentire di essere estreniato,.portato fuori di
s~,
Baruch_in_libris
~ t~tto
ci che il
151
pens:ire ha pensato.
-:o,
pi.a. partite., per cui l'esiste:?:'lte non capiva il su.-, -p::.2to ri2petto
~e~:~,
deter~inato,
~uest~ es~e~za
tale
uer cui l'esistente non esiste se non nellE :nisura in ~'.li o secondo la quale il suo esistere l'impediment o-a, non e:~iste se :?:'!on
~ssoluto,
~1 p~:-isare,
se
l'esistente
~ssere
csp~~i t
che si
impedi~ento
q'iesto !'luo
~"';es:--o
c~me
1'13.
in rapporto "!ialettico
per la c<i.p"!.ci ti\ li
ri~e~i~ce
~~stt1re
E~
doY~r
da
pen!Rre p-?r
f>2""'re, per
l'esse;i'.'.a che p:li ro:npf'te, per l'esr-en?:a -:-'1e ntt essp1e l'ePsen-
i-~
~.ianto
~"':t.:J
'~i
de"';er~ii,..'l::i"ne
in
esistente,
~i::.
esi~:tenz.~,
astr~endo
dalla
deter~inazione
finita dell'esistPn te
appartiene propriamente ,
costitutiva~ente
nella
ele~ent~rit~
che
lo !odera dall'interno , che lo veste, non per0 dandogli ~or~a dali'esterno per cui ci~ che indossa ci che lo fa v~dere. ma lo
Yee-te in ::iodo tale per c'..li ci che i.ndJEn::a ci che
vec~ere
:-.0:1
l'J fa
che fa d'l li11i te inten:o a tutt:i cib cr.e lo li:"li t!l e!"~~r.H'..;ner1te;
Baruch_in_libris
152
du...~que
l'essenza
co~e
~er cui
ci
~he non
l'essenza vera
i~pro~~i~~~
7a c!:e lo riguard2
--~~~llq
che
de~er~ina
ricp~tto
C3~e
all 1ef'PB::13q
~rooriet
quella
~a ri~petto
vera,
del-
i".1or0pc-ia, e
c~e ~ ~uella
propria
e che ~ ~~ quella vera n~ q~~lla no~ vera per cui q~est3 ef'serza
che gli e pro~ria ci~ che lo veste dell'intBrno 2 che nn'1 appa1e, !' che du.."lque non pu" essere cono ~'ci u t"; notri:> i'1f P. t ti cono sc"re f'e'.:'.pre : 'essenz'l veri{ perch gli P, iJpropria, per,~h di ogni
ente determinato irnprapria percii) vera, e perci il pensare vie-
ne
tor~e~tato
della
te efltre-:;o 1lell<l
trR
:1el
f'U:t
indigenz"< di princinio e di
~o~ento
il
ros~o
se~p~e
~oltiplicand:::lo,
li~i
perc-h i>
~uePto
confronto
vero, e 1entro
l'ePs~re
fiw~,
~l
evi:'ii:!nte-
c>:~sere-
s11 1)
ri~otto
scher~c;
hil2nciA~e
ri~'l.'1ere fi~Po
~e,
}q p0":Enza
~ente
noten~a
ri1a~erd_n
t-..1tto
o perch lo
co~fesso.
~lla
esse~==::-~e
.::'le :Jer:i lo
.:o"".'.e l'
coFti~uisce
i:npedi~ento
~o'lle
i;pedi-::er.tC1-a, Ll costitui-
Baruch_in_libris
rr~~
153
~'
vera:iente, radic<>l'!lente, cpesta paura estrema, sen7.a confini, ;:;e:-:za li::iiti, sconfinata in U.'1 !:'~W lblite sempre assoluto ri:>petto
al pensare, questa paura, ;~e~to ti~ore non panico del pensare,
un timore concentrato tutto nell'esistente. Da questo punto di
vista l'esistente proprio per il fatto di dovere eRsere costretto a pensare, proprio perch costretto al pensare, per questo eigl'lifica conoscere s ~o~e !!lpedi~ento al pensare in termini tali
per cui il suo essere ~ualcosa costitutivamente dentro s stesso,
il suo essere costituito della parte che lo riguarda nell'intrin-
Baruch_in_libris
154
seco {ed la parte che non potremo mai conoscere) in realt st~
a significare la sua possibilit infinita di dire di no al pensare senza ra.dical::iente riuscire a dire di no al pensare, per~h
-~~-e.---~--~~-=-~--J>-~?ls~_e_ ~igni~ica a~p_ena i11pedire al pensare di ne::i-
sare l'esistente.
Tutto il iscorso si ra1icali~za nel ter~ine estre~o per
cui la stessa essenza propria che l'esistente riesce a conoscere
di s, significa il suo essere fondamentaL~ente, radicai~ente questo i:npedire il pensare in modo tale che perci l'esistente non
pu essere pensato, o per questo, in altri termini, il pensare
non pu C')ntin:iare a pen~are l'e::istente tanto vero che ab~Ji':!
rno se~:??"e detto-male, male-detto l'esistente, perch abbiamo se~
pre detto sapiente!Tlente an. Talete in poi, che non pensia~o l'e~i
stente, pensia~o l'esistensa, non potre~o mai pensare l'esistente (en a."l~he coloro che hanno teoriz'.'ato il dovere di peni:>are l'esistente, hanno sempre n~Acosto il gioco per cui l'esistente che
pPnsaV<'----l!lO, era l'esistenza conosciuta).
Il f:-on tef,'gie.'.nento tra pene:are ed esistente tale er cui
per ur: verRo l'esistente P. stato posto in sq_ui1ihrio radice.le e
in un eq_u1.librio per fondamentale, ele-nentare, lo sn.uilibrio n:m
lo squilibrio dell'esi~tente rispetto al pensare, non c' scnr~o tr~ :esistent~
e il pensare,
scarto tra
l'e~istente
e l'-
le sue e:->senze, perch;, '! che til)sofic'i.11e:i-;;e p:i interessere dell'esistente la sua '!Emaci t di essere uno malgr8-J.O la doppia essenzn che lo riguR.rda 1 '!lalgrado il
e,,ir.te::.za1 tr"i ".?sistente
fatto
~he
P.
po~so
pen-
sare l'Wlo, se non nei te!"!llini nei qaali significa pensare l' essenza c~me quell~ unit univoca, cio come quell'essere une, cui
deve corrispondere un suo
me, un suJ
l'uno
~~e
es~ere
e~sere conosciuto-co~e,
esso .
~'
facile
u.~
capi~e ~he
uen~ato-co
co~e
cendo d~e, perch 1uando penso l'es~e~za come l'uno che l'esePn-
Baruch_in_libris
155
za per se stessa, perch per pensare devo pensarla ~; questo ~ indica che sto giocando l'essenz a due volte; cio sto
pensando alla doppia essenza, in altri termini non sto pensando ,
ma sto conoscen do, e perci ho bisogno di non i~pazzire, posso
anche impazzir e sul piano del pensare, sul piano del pensare pos80 correre tutti i rischi che la dialettic a corre per sua necessit di fondazio ne, e impazzir e qui signific a dovere inseguir e
la dialetti ca nel suo inseguir e s stesso, e perci rimanere di
.
. </'~
tento sani di quanto sia 1nsani,m a oltre e attorno a questo gioco interno che il pensare dentro s stes~o, il conoscer e viceversa cos non pu vivere, se il conoscer e i~paz~isse non sarebbe, (non, non consegui rebbe qualcosa ) sarebbe tutt'altr o che il
conoscer e, sarebbe tutto l'altro che il conoscer e non , snrebbe
il pensare.
Il conoscer e ha questa tentazion e origL~aria nella sua intima capacit di persuade re s stesso alla sua ~ine, cio alla
sua bella morte procacci atrice di bella vita, (il progress o delle scienze o della scienza) ; ~a il conoscer e non deve e non pu
impazzir e perch l'orizzo nte, ci che tiene fer~o il conoscer e
a s, ci che mantiene il conoscer e fisso nella sua trrrettor ia,
nel suo processo di consecuz ioni sistemat iche, questo orizzont e
C'i nel qua.le conoscer e come se dovesse se:i:pre, necessar iamente, ini:tJ.a~ente, ogni volta che conosce, rico~osce~e, conoscer e
due volte; e questo vuol dire che come se il ~onoscere dovesse
al principi o essere una sorta di sapere, ~-~.:'_do __ :,ii_ s_apere che
l'essenz a doppia,a nche se il conoscer e necessit ato a conoscere l'essenz a coroe una e non_co:ne doppia._
Dunque finalmen te in qualche ~isura, il principi o non come tale ma come ci che serve al conoscer e perch il cono~cere
stato ridotto al principi o, stato costretto a fare marcia indietro per conoscer e cib che lo fa essere al principi o. Ed questo suo essere conoscer e al principi o in quanto al principi o, dal
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156
~inalmente
c~e ~ronteggia
s~~
re nella
il pensare, per
ner~~ di~entichi
il conoscer-e
~o
~ez20 dell'e~ister.te
c~ia
c~e
il pensa~
conosce-
al principio l'essenza
sua morte ir:'.Itile; non per nel senso per cui non ci saranno le
cose rla con".l!"Cere le quali tanto continuano ad esserci che la possibili t~ delle scienze di sedere
ch le
s~l
~=ie~ze
conosce:-e
P..
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157
ASTRATTO.
Baruch_in_libris
158
--~
za se stesso nella te~inativi. t, nel B".10 .essere _indotto, costrett' a terminare verso il conoscere (conoscere in quanto conoscere
2!,di pensare) iL modo tale che il conoscere potrebbe a questo
punto conoscere il ri~scire a fondare il pensare; a questo punto,
essere il fondare i! pensare perch riuscirebbe a costriLgere il
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159
termL~ativo
del
conoscere, termine in quanto terminativo non di s, ma del conoscere, e quindi in quanto termine terminativo del conoscere, ci
cui il pensare diventerebbe una terminativit senza origine
per
...... ----------_cnza r>r:h_ncipioL e o_uella terminativit c!i.~ sarebbe ~m fare ter~_
~inare il conoscere co~e ci~ che lo riceve, e quindi nn dare ~odo 31 coroscere di essere finaL~ente principio, '71a ~rincipio no~
del conoscere, ma principio di ci che termina nel co~oscere, principio di ci che termina a questo modo nel conoscere. Il conoscere sarebbe cos, se fosse a questo modo, se non fosse invece cos drastica'71ente chiuso in questa sua traietto!'ia di origine, a
questo modo il conoscere riuscire~be a costi~~ire il principio,
come principio che non serve al conoscere,
::na
serve al pensare, cio come principio per mezzo del quale il pensare si troverebbe fondato; per mezzo del quale il pensare si troverebbe fondato perch e soltanto perch e nella misura nella quale il
que~ta
stessa mancnnza,
rela~ione
uossi'bile
unt~ualche ~odo
essere riusciti,
ra~segnarsi
~ici3~o
pe1~sare
a quest<J
~isura
proble~aticit
tezza di principio e cos via, in modo tale per cui potremr.io ac-
Baruch_in_libris
160
~a
del
te~po
de~er'ninato,
pensa~o,
per fare o finisce per fare del pensa~e l'essere fondato, c~e per si esaurisce nel ~are da principio al conoscere.
:;uesto 2e il mancare in questo !:''?nso non fosse radicale. E qui
siamo ~: li~ite: ci che possie~o ottenere dalla ~ancanza ~ radicale l'eccedenza radicale. Possia.no fissarl~ cos come teore~o fir.~~~be
----
-------
fondato i'?l pensare o sarebbe il pensare in quanto assere fonda.te; ra~icele, ~a eccedenza; radicale, ma eccedente. In realt l'essere ~o~dato in quanto pensara ci che travolge la mancanza
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- 161
Baruch_in_libris
162
quale, diciamo cos:.., aderisce fo:ndarr.entalmente a s, intrin:::ecamente a s, per ,,ezzo di q'.lesta operazione stranissi~a per mezzo
della q_.iale i suoi .:o:lda:nenti sono i l mancare a se stessi, perch
sia il ~ance.re, per ~ezzo di questo il mancare in quanto non radicale, se
prod~ce
~ualcosa,
raji~ale.
Pro-
chi;:>~11iP.mola
t>'..lO
ta del nor:, e c.ui11di -::on la caduta del non anche, dicia'.!lo cos,
la di?soluzione .e l pii'.1 e allora 1' emergenza del ra.:'l i cale, per
cui u.r.a ~ancan~a ~on redi.cale in questi termini e per questo verso di questioni per '!lezzo del meno che gli proprio a questo pw.to, proprio perch a questo punto in quanto eccedenza pi non
quel meno di s che lo fa rRdicale, che fa
l'eccedenza radicale. E fa l'eccedenza radicale, che sig??ifica
appena, appena l'es~ere fondato del pensa.re; o se vogliamo, che
radicale,
deter~i.~a
fa l'essere
fonia~o
Baruch_in_libris
163
tivit del pensare, alla stessa maniera come poc'anzi poteva esserci il conoscere come conoscere di pensare, potrebbe esserci
~')'>erci
.
conoscere come conoscere di pensare, potrebbevquello che il
conoscere potrebbe essere se fosse, diciamo cosi, drastica~ente
r_:_
_c?n?_scere, in quel modo per cui questa ter.ninatiirvi t--fa del conoscere capace di essere conoscere di pensare il
principio, o un principio, o quel principio che serve perch il
conoscere riesca ad essere nella struttura pi sistematica di ~e
stesso, a condizione che l'essere fondato in quanto pensare non
significa l'essere fondato del pensare (per cui appunto avremmo
diversa~ente il pensare in quanto seconda terminativit del pen!~_~_!t_o__a_!_
--------~--------~
si troverebbe, da questo punto di vista, ~~~-ad essere determinato, _rn~-- ~i ~_c>verebbe ad essere teI"!Dinato,_ cio si troverebbe ad
essere, dicia.~o cos, sottoposto alla mancanza del principio, perch appunto non determinato, ma terminato, in modo tale per cui,
se il pensare a questo punto riuscisse ad essere questo termine
Baruch_in_libris
164
dell'essere fondato, in modo tale per cui l'essere termine dell'essere fondato non avreobe bisogno di dire, di giustificarsi, in
qualche misura di stare attento a considerare che vuol dire essere fondato del pensare, cio essere fondato in quanto pensare,
te~ine
se il pensare fosse
di risultasse
ter~inativit
dell'essere fondato
co~e
tale, e
QUL~
~a
diciamo ancora pi
forte~ente:
~i
serve.
sia~o
ri~scia
1eter~inata
una
~~a
disa~~OJll"iazione
q~esto
pro-
165
U..'1
t:'ci:;:-:i
tP"'.!!,lO,
ci che ri:nane ~;enZ'.'. i: prourio di s ;, i. te'~::Jo, 1)n il nri:r.:-i"?i(1, :::.nc::::e ~ercr"5 i l :::>Ti:-"cipio es"Pr0nri'lto ::::ig.,ifi()a il p1incipic
qnar~t0
::on lo
~cbbiar110
co1:1e principio in 8.f;'S.Jl;.to, il c!:e 'nJ.ol dire: p!'incipia in Rssoluto soltanto ,e:i:c:13 il suo es!'ere u:in()ipio
e!-~
L.! rel:>zio:1e
sclt4~~o
lo costi tui Ree co:::e p"?"i::'!cipio; principio i:i assoluto .,..perc.i<-i"' 'Ile
9ensi~mo
di~e
il princi'l'io del, il
pri~cipio
del
t~~po,
basterebbe dire il principio, (con tutta le necessit di chi.:>.::::-i::-e -poi che si tratt3. :ii i::-cizio, di co"lincia"'.lento, 1i pu_11to ir:izi::.le, di mo'nento x, J.i origi..""le.
Quando pensiano, d:!l p1mto di vista di questo essere cos-:itui to del pensare ::_n 'J.".18.!lto essere fondato in quanto
pe~sare,
pen~ia~o 8. ~"J.')sto
r~i
qt:.F.::-
V::.sta,
so !l.rri va:re a dire -:::rn 1 1 eccedenza radicale, ci cr.e nasce d"i 0_'..l.esta r.iancanza non radice.le, l' ottenb1ento del me."lo per mezzo del
quale la caduta del non l. la radicalitq, di ci che eccede, e
perci
a;
pend?~"lo
nel mo!"''9?:-
2q-
del
pe~1sare
rifer~~enti ~o~Giili
Baruch_in_libris
necessit~
'3.
tutti
di un rappor-
166
~::w:i;-:d.c pensi3..-:::>:
t::.le ~-~1e ?.."9pu.:11: : ~ ~~- 3.mo penf:;and.o; v.::rre:. .-:::'..1"'e, Atia-:10 p~!1.sandtl
.12
af'soluto, sc:.ssi dalla etessa relazio:-ie che ci pu legare assolutamente, !'.ell.:i stesso ae1rno e nel s;.-:i ~.e.eniml') f'lens1 cont!''.lrio per .il l!U'il~ ::--~-~~tD str. :3~0 s0 crn t. i "":3.r::.~: t~, e i r"_1ti l';icnte s':~
per~
c~e
per mezzo di
::el2.~ioni
pri~cipio
nel su
nnn
non a se
~-;gsso
P.2S~:::-e
in asf:'oluto, in
:3~
p~r'ch
tutto do,-..:i.;o
3.
38
1i 'cUl2. .rs~
:'jm~.lc!:e
non n se stesso;
u_"l ~i::'io
se i:>tesso. In q11es::.
el tutto originale,
ter~1ini.
il
~ensare
con.e se fos8e, :1.i::i"l'.!lO cod., in qualche -,:iio 0:'.'1nit:\.VVOle:ente; onniavvolc;ente -p<:?::--c:: co!'!e se fosse oue2t:;. ~<!.pi:>. ci tP. di attu::>re
l.l"l.8.
l~.
~',
perr.hi:!
::--~.gr::o
11e::2i~-:':10?
o diciamo questo
i?ia.rno, :possin:no
,~i:-e
re2.l."".lente quan1o
c~-:e
;:iensia:~.J
o credo di potere
~apire
~'
tll'l.
atto che
lo fa fuori di s una specie di fatto ci1e il pensl'!.re pu contel'!l.plare; e allora il fatto che il pensare P'..t~ contempla.re come que-
Baruch_in_libris
167
sta capacit di deduzione da s, ci che si esprime quando diciamo: qu0J'ldo pensiamo. E' come se il pensare avesse la necessi-
pensia~o?
Baruch_in_libris
168
posso interrom pere l'essere i~ assoluto el pensare, proprio perch l'essere interrot to c' co~e principi o della interruz ione che
posso sca:-ica.r e sul pensare, ~' e sono io. E sono io vuol dire,
sono quel caso relativo , e sono q~ell'unico caso relativo ; allora
sono .'llpo::-tante come e si sten te pe:- questo, qui sta r:;uella che si
chi2.:na :::..2 .igni t ontologi ca, che :::lon signific a niente, nerch
ia questo :;,unto di vista ogni e:: te determin ato, ner il fei tt:) ste sso di es2ere ente deternin ato, ignit ontologi ca. Al li!!i.ite:
una struttur a organizz ata di ele~enti che regolano in maniera storica~ente 'e:'fetta , per quanto possibil e storicam ente, i rappo~
~i del da:--e e dell'ave re, ~ 3.igni t:\ ontologi ca; per cui :.Iarx
ha sfondato le porte aperte. ?fon signific a niente dignit ontologica per ci~ di cui sono capace come storia, di qualunqu e tipo,
::;pciale: c;j.tto l'accats starsi dei fatti econo:iic i che ri~ce a or'.l.i!lare iT" :-:o.0 tale da costrnir e per mezzo di q_J.esto 12. perfezio r..e dell 1 "J.o:=') sulla terra; :na ne::-...":1eno le cataste delle a.nirne, che
riesco a :re::i.ere cos perfette nella loro vita. intrinse ca dentro
se
stess~,
q_~1esto
:riesco
3.
"'.lettere su
'-ID
ma-
gazzino di perfezio ni enormi che ":1 portano verso Dio, alla stessa maniera co:ne q_uell' altro :nagazzin o mi porta verso il suo dio.
C' un' e coc:.o::iia del !Ilondo e e' ..m' e coJ:1.0:nia de 1 sov:ra:no"'!do, '.'la
di fare la
~i gioco se~pre la partita nel senso ragionie ristico
-:Utti i suoi bilanci, consu..~tivi e preventi vi in maniera che tutto torni bene dal -p::'incipi o alla fine; in q1.1esti am::assi che :-i.esco a fare secondo 1ue2ti coTllpimenti di perfezio ne
per mezzo .J.ei quali regolo i niei rapport;i storici rispetto al
mio dio e ai miei dei, in questa maniera cos perfetta , questo
signific a avere dignit ontologi ca, anzi questo signific a spremepartita
co~
Baruch_in_libris
169
tirizzare al
~ontrario,
poteva accadere) perch le uniche cope che ontologicamente sono degne sono le cose, e allora ~i batto c0ntro gli
uomini, perc:'l4 gli uomini abbiano le cose che hanno digri.i t ontooggi (ieri
no~
logica'
Non c' pi interesse per quanto riguarda il ca~o relativo
al pensare, perch dal punto di vista del caso relativo al pensare, dal punt' di vista dell'esist ente, l'esistent e come essere interrotto in realt a questo punto si trova a dovere vivere l'interruzione che lo divide e, in qualche misura, anche lo unisce al
pensare; e quindi da questo punto in poi, che l'esistent e sia,
e sia come sia, e che essendo come sia, sia pensante, ed essendo
pensante sia conoscente , o non, o che sia sciente, e che debba
Baruch_in_libris
170
ft
re?:t~
~el e~J
l'esistente
compito di
co~e
cos~ruire
ne o di
LUla
ruzione in av:o.::1ti; e quindi dall'essere interrotto in poi l'esiplu1to, per tutta la capacit che di costruire
un principio con il quale ribaltare tutto se stesso contro il pensare, in reclt rimane principio d tutte le crisi che lo riguarstente, a
ques~o
:u~to
~on reciproc~~ente
te e
all'e~iste~te,
final~ente
liber~rsi
dell'esisten-
ani::or:t
aggi',~,ii;eY"e
(e
to
ci~
sce il
~er
~er
Baruch_in_libris
171
vive~te
della
-------------~-----
come se a questo
~ode
_q1Je~~o
originariet~
--- -
--
---
no~
mancare;
~~esto
abt~rota.nza
si potrebbe spiegare
facil~ente
e per
Abbie~o
1 esis~ente,
1
Baruch_in_libris
172
me se l'esistente, posto in essere, vivesse la sua autentica, vera caduta; o come se 1 1 eeistente, da questo punto di vista, fosse posto nella necessit~i concepire, come prima, la caduta che
viene dopo; di concepire co~e prima quella caduta che lo riguarda, a condizione che sia la caduta che vi.ene dopo, o a condizione
che sia la caduta che viene dopo tutte le vere cadute, perch da
qu~sto
stessa, ovvero il
~ancare
?1'9
Baruch_in_libris
co~incia
dallo pseudo-
173
~ancare
Baruch_in_libris
174
cato del mancare a se stesso, in modo tale per cui il E.2!! che lo
riguarda nella sua stessa radice il
co~e
mancare; il E,2!! del suo essere radicale, coma non diviso, come
intrinsecamente identico a tutto ci che tutto questo assieme .
Per questo (il mancare da questo punto di vista non mai radicale, meglio: il mancare non radicale, senza mai; il mancare non
radicale sta a significare: il mancare come tale, talmente
radicato in s come mancare, che radicato al suo stesso ~'
che lo stesso mancare), non possiamo~ il manca.re radicale,
se non a condizione che questo dire sia radicai~ente pensare il
mancare radicale; noi non possiamo dire il mancare radicale, se
non nella misura in cui dire il mancare radicale pensare il mance.re radicale, ma quando diciamo il mancare radicale, il mancare
non radicale; quando diciamo il mancare radicale, non che non
pensiamo, il pensare coincide con questa capacit di intrinseca.zione del mancare a s, che esprime lo stesso pensare, o che esprimendolo costringe il pensare al ~' ma all'unico .!!2!! a cui pu
essere costretto il pensare, che il non del pensare; in termini
tali per cui il non del pensare obbliga a dire, obbliga a esprimere: il non del pensare al pensare obbliga, costringe a esprimere, ma se costringe a esprimere, in realt si continua a pensare.
E cio: in realt penso auando sto pensando ci che dico, voglio
dire, quando sto pensando in quanto sto dicendo mancare, ma dicendo ~ancare debbo dire mancare ~ radicale, se dico: in termini
tali per i quali, se il pensare arriva a questa capacit del non
che lo riguarda, in realt il pensare arriva alla capacit di isolare, di identificare, di individuare l'hypthema, l'hy-Jlthema
non del penso.re, ma del mancare, arriva a identificare l'hypothematicit del mancare, che la SU.a stessa irradicalit. In realt
l'hypothe~a che cos'? l'hypothema che cos', nel suo doppio sen-
Baruch_in_libris
175
la
irradicalit~
letteraL~ente,
fonda~ento,
potrebbe essere abbastanza f9.cilmente riuscire a pensarne qualcosa, qualunque sia. Ma possi~~o fare l'ipotesi dell'hypothe~a? l'ipotesi nel senso storico, dire; cos, l'ipotesi che interessa l'esistente, (questo esistente cos lontano ornai), perch l'ipotesi che interessa l'esistente, riguardo all'hypothema, in questo
ca~po
di questioni, in
fond~,
~erch
~ate,
per mez-
zo delle quali posso stare certo del fatto che l'hypothema veramente hypothema, l'hypothema veramente base, veramente fondamento. E se dovessimo invece dire che quando dico ipotesi dico
hypothesis, senza traslitterare, non solo grammaticalmente, senza traslitterare concettualmente, rimanendo fermi concettualmente al fatto che se dico
hypothe~a
Baruch_in_libris
176
damento al mancare stesso, E di q_uesto l'ipotesi, qual ? l'ipotesi nel senso non traslitterato, e di questo il fondamento, qual
? Del fon1amento che riguara il mancare, ed la sua irraica-
D~l
~principio
lo
~ostruito,
e questo principio la identit del fonda"ento alla fondatezza; dal pm1to di vista del 1lancare, un principio
lo abbia110 deterriin'ito, nella -iisura in C'..ti, o sec'ln:Jo questo tipo di que'tione originaria per la o_uale identico la fondatezza
principio ci dal cui essere identico nasce per esso stesso. Il principio a questo punto sta tra fondatezza e fonda'!lento,
ma come ci che in realt non diversamente da ci che fondatezza e fond3.'llento sono come l'identico l'uno dell'altro. Ma"questo
Baruch_in_libris
177
Baruch_in_libris
es~ere
non ci
178
che fa irradicale il mancare, ma ci che fa radicale la irradicqlit, ma questa possibilit l'ipotesi, ci che f~ radicale la
irradicalit, questa la hypothesis, voglio dire, questo il
fondamento senza fondatezza, potremmo dire, questo il
fo~da~e!1-
to astratto, cioP. la hypotheticit, che, ave!1do come base la hypothematicit, ha carne base quel suo concreto per mezzo 1el quale il suo essere astratta il suo rimanere fundamento senza foc:datezz'3.. E i:: questi ter11ini il fond3.mento senza fondatezza ci'.l
che costituisce la hypothesis, non pi~ l'ipotesi della hypothematici t, ma la hypothesis dell'hypothema, della hypothe~aticitit~,
la hypothesi dell'identico che la fondatezza e il fonda~ento sono
per mezzo del principio che sta in mezzo a loro, in modo tale per
cui la astrazione da questo significa il fondamento astratto perch mancante, mancante di qualche cosa:il fondamento astratto,
perch final::nente il fondamento determinato per mezzo dell'atto
stesso del 'llancare, che non pu corri spandere al mancare :!ooe tale, ria d-eve essere del mancare rispetto a ci che pu essere per
termine del "nancare; quello che il mancare radicale, il "ancare
in quanto radicale, il
~ancare
radicale che ha
av~to
come svilup-
manc~re
tz
. . .
~anca.nte
Baruch_in_libris
179
sto punto che abbia:no cRpi to che il fondamento di questo e di c_'..lest' altro, perci non
Il
p~~
~-il
qui~
di, se il conoscere mancasse talmente da non potere mancare a questo mancare, per cui sarebbe presente,
avre~mo,
re abbiamo il conoscere di pensare, cio abbiamo la hypthematicit, ovvero la irradicalit come tale del mancare, per la quale
e dalla quale abbiamo: ~ L'ipotesi del mancare perch l'ipotesi del mancare la sua non radicalit, perch questa ipotesi
Baruch_in_libris
180
questo che esso , quando il non depositare niente di s, avremmo il conosceee di pensare, cio avremmo quel non mancare al mancare, che sarebbe il mancare in assoluto, che stato il mancare
in assoluto: ci0 che nella sua intrinsecit , nella sua intrinseca zione toglie la sua stessa ipotesi come for:nale, toglie il~
E allora:'i.Jil conoscere fosse presente a ci0 che esso come non
deposi tare :1iente di s all 1 origine, questo ci che fP. dare,
che fa deter::iinare quel principio per mezzo del quale abbiamo l'identit tra fondatezza e fondamento, e dal quale abbiamo il fondamento astratto, cio dal quale abbiamo il fondamento come fondamento astratto, il fondamento come fonda:1ento mancante, e non
rnancPnte di. In questo modo si determina la capacit operativa
del
~ancare:
il mancare manca a se stesso, ~a talmente profondamente e talmente radicalmente per cui il m~nca.re del mancare a
se stesso produce, fa essere, determina il fondamento, e determina il fondEJ.mento come astratto.
_ma conclusicme che in verit non conclude la seg-.lente:
il mancare del ~a~cnre a se stess0 determina il fona~ento astratto. Il mance.re, in o:-ianto mancante a se stesso, e in quanto come
tale determinante il fondamento astratto, ~ co~e se fosse una sorta di metafora di ci che il mancare stesso nasconde; in termini
per i quali noj non possiamo dire, o non possiamo pensare il fondamento co~e fonda~ento di, se non nella misura in cui pensare
il fondamento come fondamento di.,
-----~
JD9IS. _ . . . .
. - . ,..._
~~=- S
significa riuscire a pensare il fondamento in quanto determinato. Si potrebbe in realt pensare che il non pensare il fondamento di, il non pensare il fondamento se non in quanto determinato, a sua volta fondamento
Baruch_in_libris
181
._ al fondamento in quanto determinato. Abbiamo cos una situazione che pu sembrare paradossale, in questi termini: c' una determinazione del
fonda~ento,
del
za da parte del
pu.~to
:o~damento
fonda~ento
il cerchio
c~iuso
minazione del fonda.mento, in quanto determina il fondamento, determina in realt del fondamento la potenza di non, o ~potenza
di non determinazione; e quindi in questo senso potremmo sostenere che il fondamento astratto potenza ii~ dete~1inazione.
In termini
pun~.iali,
stratto potenza di non determinazione. Ma potenza di non determinazione come fonda.mento aotratto, in quanto il fondamento
astratto riferibile, o se il fondamento astratto g riferibile
al fondamento in qua::to determinato. Quindi abbiamo il fonda'Ilento come potenza di non determinazione, il quale in ~uanto astratto tale (questa potenza) in quanto per riferibile al fonda'Ilento in quanto determinato. Allora, la riferibilit del fondamento
a che cosa dovuta?
~io,
fonda~ento
fondatezza. E allora questa riferibilit si potrebbe anche in qualche misura comprendere come ci che comprende il fondamento nel
Baruch_in_libris
182
suo doppio essere: il fondamento in TA.a.J,to de LPnninat0 e il fondamento in quanto astratto; ma dovre!":l.'lO dire: il fonda:1ento in
quanto deterl!linato e il fondamento "-st:::rtto; per c:i:i la riferibili t dell'uno all'altro non la riferibili t r'l.e l fo'.'ldamento al
fondamento, la riferibilit dell'a-~~~t~o Rl deter-i'.'lnto. Cib
qualcosa per cui questo qualcosa
il :'onda...11ento ir, quanto
pu~ ess~re
deter,~inatJ.
riferito
ci~
che
sare che allora possibile riferir'3 :'.J. deteT"'lJ'.Rtc co..,e tale al1 'as~atto co'.:le tale, ma dobbiamo pe"1s:.re c;,e pos3i':co riferire
l'as-';ratto non co!!le tale, ma co;,:ie rJ.F<!l ::_J8.lc0f'n
mento, in quanto questo qualcosa del
:o~a~,ento,
c'l:~
:.
FL
""~~a
~~el
fonda-
volta,
:o~ia!!lento
cis che il
f'':J:~iame"".tale
0,
in altri
tra
po~s~bili~~
di
riferi~ento,
ma
nel senso del riferimento in atto dopo se stesso), la riferibilit del fonda"T.ento astratto al fonda::-.e::to in 1u2nto determinato 1
proprio perch se:?J.za principio, e
pro'.'J~io
za principio, non determinante il princi?i_o di rj_feri,1ento, co".!le De potesse diventare a sua volta
r"..f"':rir~er.to
S'.13
~::>1'1e
i;
del urin:'.)ipio;
se Dotesse diven-
in 2lt.ri ter::iini,
come se potesse diventare a sua volta la struttura Gi relazione del lJI'incipio che si trova ad essere tra il
fond~me:?J.to
e la
fondatezza; per cui, proprio perch il fon~~~ento ~ senza principio (nella sua riferibilit, non come tale; in quanto riferibile
a ci che fondanento in quanto deter;:iinato), coma se nel raJ>porto tra fondamento in quanto
fondamento che
determL~ato
e quel
~ualcosa
del
porto il fondamento diventasse allora i!J. questo sengo i l riferimento del principio.
Baruch_in_libris
183
Quindi avremmo: fondamento in quanto determinato, fondamento astratto e riferimento del principio: dove riferimento del principio sta a significare il fatto che in realt il fondamento, non
in quanto determinato e astratto (e in quanto astratto), ma in
quanto ~ l'uno, n l'altro, non in quanto ~ determinato in quanto non astratto, oa in quanto n l'uno (fondamento in quanto determinato), n l'altro (fondamento astratto), come se diventasse la struttura delle relazioni per mezzo delle quali possibile
privare il principio di se stesso, per mezzo delle quali possibile privare il principio del principio come forma contingente
della privazione come tale; per cui la privazione del principio
di se stesso, cio, da parte del fondamento, il fatto che il fondamento priva il principio di ci che il principio in quanto
stante tra fondamento e fondatezza, come se riuscisse, da questo punto di vista, a conquistare una struttura di relazioni, per
mezzo delle quali il fondamento non n soltanto in quanto determinato, n soltanto in quanto astratto, n l'uno n l'altro,
Wla diventa la struttura del riferimento del principio, nei termini per puntuali per mezzo dei quali, a questo punto, la privazione soltanto perch forma rispetto al principio. La privazione
soltanto perch ci per mezzo del quale posso pensare l'unico
E!
per mezzo della privazione della privazione; per cui in realt la privazione della privazione non interessa per s, la stessa
privazione non interessa per s, la privazione interessa nel limite nel quale interessa verso il principio 1 e, naturalmente , verso il principio
Baruch_in_libris
184
privazione in quanto privazione unicamente soltanto perch mancante di s; e soltanto perch mancante di s significa:
soltanto perch privazione della privazione nella stessa misura
fonda~ento
4~
rife"U:lento; quin-
di come se fosse la materia prima di ci che ~ principio diventa come materia di riferimento; materia prima, per dire semplicemente a questo punto che ci che la privazione in quanto doppia,
non pu essere se non in termini assoluti, cio la privazionenon
pu essere tale, o di qualcosa che non sia tale in senso assoluto,
o che non sia tale in quel senso in cui il senso del rapporto alla privazione significa la capacit di relazione di tutti i riferL~enti
185
minazione della entit propria della potenza di non-determinazio ne, la capacit della determinazione della entit propria della
potenza ~ ~-determinazione; per cui la potenza di non-d.eter~i
nazione a questo punto, come se dovesse necessariamente diventare in un certo ~odo il contenuto sistematico ~er mezzo del quale in tm qualche modo il princi:;;iio , o in un q_i.alche mo1lo il principio in quanto principio; in un qualche modo, cne non pu essere u.~ qualtL~aue modo, ma l'unico modo per mezzo del quale il
principio
In verit questi termini di riferimento sono i termini del-
, 86
fondamental~e!1te
e appena
soltanto, riusci-
~odo
pe~sare
pensare,
~incpio
alla con-
il prin::iipio come, da parce del principio, sua :ontenza di deter:::inazi::J!'.l.e verso il pensare; perc:1 come se noi potessimo prefigurare, per quando sar, se sar, una situazione di questo genere, a questo punto: della potenza di non-determinazione alla deter~iC!azione
se~
pensia~o
co"7!e es;:.: e::te senza principio, per, malgrado q ;_e sto, in qualche
mis".lra, in U.'1 certo r!lodo, possibile del principio, non ha iih p!'in1
~ pri~cipio, ~a
potre~o
non
dicia~o
Baruch_in_libris
137
s~
que~'to
:!)OS~dano
verso il pensare,
~'.!quanto
eppunto
pensa i l principio al principio; perch se dovessi~o dire che il posto del ~rincipio unico ed l'essere al principio, il luogo del principio tL~ico ed al pri~
cipio, l'essere al !)rincipio come posto del pri:icipio E<ign.ific!'le~
rebbe il principio coincidente assolutamente con se steE<so; l'esRere al principio da parte del principio signiica assolutar,1ente
la coincidenztl del principio con se stesso; e quin5.i in questo
senso se noi dicia~o che il pensa.re co~incia in quanto il suo cominciare
come se stes-
simo dicendo anche che in realt questo stesso signi:'ica Wl pri:i.cipio fondamentale della dialettica, perch a questo punto la dialettica allora comincia (nel senso speculativo assoluto, cio~ h~
principio}, la dialettica ha principio i-. questa capacit che i l
pensare di non pensare il pensare al principio. 3}pi facibe~
te: in fondo la dialettica comincia, nella stessa misura nella
Baruch_in_libris
188
dire 18. crisi del principio; per un verso; e per altro verso, contemporanea~ente, ma non simultaneame nte, abbiamo la struttura del
pensare come pensare il principio. Quindi: per un rapporto il pensare il prin~ipio, per altro rapporto il ~ pensa:!"e il principio
al principio. Fondamentale , a questo punto, diventa il rapuorto
del pe:::stre alla dialettica; ma non in qua!lto la di8.lettica sia
(~
i::i. nessun senso: sia gi, o sia stata, o sar), :na in qua.r1to
la di3.lettica sia determinate. come dialettica, e sia. determinata
come dialettica nel principio che essa ha mediante il pensare,
non ~eiiante se stessa, ma mediante il pensrue; nello stesso sen~o :;:ier c.ti, viceversa, non potre:no dire che il pensare pensa il
rrinci:;:iio per ~ezzo di ci~ che la dialettica ~; qYindi, nella niS'Jra i:'_ cui la dialettica in quanto ha principio '1ediante i l pensare, non ~ lo stesso della dialettica per cui la dialettica ~ cib
per mezzo di cui il pensare pensa il principio. Ma il pensare pensa il prL~cipio, cio: il pensare come pensare, possiamo dire soltanto cos a questo punto, il pensare come pensare, non il pensare
come
pe~sare
Baruch_in_libris
188
senso
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sa il
prL~cipio,
cio: il pensare come pensare, possiamo dire soltanto cos a questo punto, il pensare come pensare, non il pensare
co~e pe~sare
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III.-
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il principio utopico.
v. -
VI. -
De-ter~inazi~ae
del fonda.mento e
~onda~ento
Il
Il
33
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53
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87
astratto.
S.4.-
134
145
s.6.-
157
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