Lezioni Di Elettrotecnica

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LEZIONI DI ELETTROTECNICA

Giovanni Miano
Universit di Napoli FEDERICO II

ii

LEZIONI DI ELETTROTECNICA
Giovanni Miano
Universit di Napoli FEDERICO II

Nate dalle dispense del Corso di Elettrotecnica, in uso da alcuni anni presso la
Facolt di Ingegneria dellUniversit di Napoli Federico II, queste Lezioni partono
dai princpi di base dellElettromagnetismo e portano lallievo a scoprire prima il
modello circuitale e poi le tecniche impiegate nellanalisi e nella progettazione dei
circuiti.
La teoria dei circuiti costituisce, oltre che un occasione per conoscere metodologie
e tecniche tipicamente ingegneristiche per lo studio di problemi complessi, anche il
momento per lapprendimento di alcuni strumenti matematici indispensabili per
comprendere e progettare, nei vari campi applicativi dellelettronica e delle
telecomunicazioni, dispositivi e circuiti elettronici per la comunicazione e
lelaborazione del segnale, sistemi di controllo e di potenza e circuiti a microonde.

Giovanni Miano professore ordinario di Elettrotecnica presso la Facolt di


Ingegneria dell'Universit di Napoli Federico II.

Napoli 10 aprile 2001

iii

Indice
Prefazione

ix

CAPITOLO 0: LE LEGGI DELL'ELETTROMAGNETISMO


0.1

Le sorgenti del campo elettromagnetico

0.2

Le leggi dell'elettromagnetismo nel vuoto

0.2.1 Le Leggi di Maxwell in forma integrale

0.2.2 Le Leggi di Maxwell in forma locale

0.3

Le leggi dell'elettromagnetismo nei mezzi materiali

0.4

Equazioni di Maxwell in regime stazionario

13

0.4.1 Propriet del modello stazionario

13

0.4.2 Modello della conduzione stazionaria

15

0.4.3 Modello dell'elettrostatica

15

0.4.4 Modello del campo magnetico stazionario

16

0.4.5 Modello del campo magnetostatico

16

Approssimazioni quasi-stazionarie delle Equazioni di Maxwell

17

0.5.1 Modello quasi-stazionario elettrico

19

0.5.2 Modello quasi-stazionario magnetico

20

0.5

CAPITOLO 1: IL MODELLO CIRCUITALE


1.1

Introduzione

23

1.2

Interazione tra i componenti: un modello di campo approssimato

25

1.3

Corrente elettrica nel terminale e tensione elettrica tra due terminali

29

1.4

Circuiti di bipoli

31

1.5

Le leggi di Kirchhoff

34

1.6

Le relazioni costitutive

38

1.7

Il resistore

39

1.7.1 Limite stazionario: un problema di campo stazionario di corrente

41

1.7.2 Cosa accade quando le grandezze variano nel tempo?

46

1.8

Il generatore di tensione costante

49

1.9

Il condensatore

51

1.9.1 Limite lentamente variabile


1.9.2 Cosa accade quando f > f C ?

52
56

1.10 L'induttore
1.10.1 Limite lentamente variabile
1.10.2 Cosa accade quando f > fI ?

57
59
63

iv
1.11 Considerazioni finali

67

CAPITOLO 2: BIPOLI ELEMENTARI


2.1

Introduzione

69

2.2

Bipoli statici

71

2.3

Bipoli dinamici

77

CAPITOLO 3: LE EQUAZIONI CIRCUITALI


3.1

Introduzione

81

3.2

Elementi di teoria dei grafi

83

3.3

Equazioni di Kirchhoff per gli insiemi di taglio

88

3.4

Matrice di incidenza e matrice di maglia

90

3.5

Equazioni di Kirchhoff indipendenti

94

3.6

Equazioni circuitali

97

3.6.1 Esempio: circuito di resistori lineari e generatori indipendenti

98

3.6.2 Esempio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un


resistore non lineare

103

3.6.3 Esempio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un


induttore lineare

107

3.6.4 Esempio: circuito composto da un resistore lineare, un generatore


indipendente, un resistore non lineare e un condensatore lineare

110

3.7

Potenziali di nodo

113

3.8

Correnti di maglia

119

3.9

Conservazione delle potenze virtuali (teorema di Tellegen)

124

CAPITOLO 4: PROPRIET ENERGETICHE DEI BIPOLI


4.1

Potenza elettrica. Conservazione delle potenze elettriche

127

4.2

Significato fisico della potenza elettrica

129

4.2.1 Bipoli statici

131

4.2.2 Bipoli dinamici

132

4.3

Energia elettrica. Bipoli passivi e bipoli attivi.

135

4.4

Propriet energetiche dei bipoli statici

136

4.5

Propriet energetiche dei bipoli dinamici lineari tempo-invarianti

139

4.6

Bipoli dinamici non lineari tempo-invarianti

142

CAPITOLO 5: PROPRIET DEI CIRCUITI DI RESISTORI


5.1

Bipolo equivalente. Connessione in serie e connessione in parallelo

145

5.1.1 Collegamento di due bipoli statici in serie

147

5.1.2 Collegamento di due bipoli statici in parallelo

149

Propriet dei circuiti resistivi lineari

154

5.2.1 Circuito resistivo lineare con un solo generatore

154

5.2.2 Sovrapposizione degli effetti

156

5.2.3 Teorema di Thvenin-Norton

159

5.3

Teoremi di reciprocit

166

5.4

Teoremi di non amplificazione

168

5.4.1 Teorema di non amplificazione delle tensioni

168

5.4.2 Teorema di non amplificazione delle correnti

170

5.2

CAPITOLO 6: ELEMENTI CIRCUITALI A PI TERMINALI


6.1

Elementi circuitali con pi di due terminali. Circuiti di N-poli

173

6.2

Potenza elettrica assorbita dal N-polo

178

6.3

Caratterizzazione di un M-porte

179

6.4

Il transistore bipolare e l'amplificatore operazionale

181

6.5

Generatori controllati lineari

186

6.6

Il giratore

189

6.7

Il trasformatore ideale

191

6.8

N-poli di resistori lineari

193

6.8.1 Caratterizzazione di un N-polo di resistori lineari

194

6.8.2 Propriet della matrice delle conduttanze

196

6.8.3 Sintesi di un N-polo resistivo lineare

200

6.8.4 La trasformazione stella-triangolo

201

M-porte di resistori lineari

203

6.9.1 Caratterizzazione di un M-porte di resistori lineari

204

6.9.2 Propriet delle matrici delle conduttanze, resistenze e ibride

209

6.9.3 Sintesi di un doppio bipolo resistivo lineare

213

6.9

6.10 Induttori accoppiati (trasformatore)

214

6.10.1 Equazioni costitutive di due induttori accoppiati

215

6.10.2 Circuiti perfettamente accoppiati e circuiti equivalenti

219

CAPITOLO 7: CIRCUITI DINAMICI LINEARI


7.1

Circuito resistivo associato e sistema fondamentale

223

7.2

Equazioni di stato e variabili di stato

225

7.3

Continuit delle variabili di stato di un circuito

232

vi
7.4

7.5

7.6

7.7

Circuiti del primo ordine

239

7.4.1 Circuito RC del primo ordine: equazione di stato

239

7.4.2 Circuito RL del primo ordine: equazione di stato

242

7.4.3 Circuiti del primo ordine tempo-invarianti

243

7.4.4 Evoluzione libera ed evoluzione forzata

245

7.4.5 Circuito dissipativo; termine transitorio e regime permanente.

245

7.4.6 Regime stazionario e regime sinusoidale

248

Circuiti del secondo ordine: equazioni di stato

255

7.5.1 Circuiti RC del secondo ordine

255

7.5.2 Circuito RL del secondo ordine

257

7.5.3 Circuito RLC del secondo ordine

258

Circuiti del secondo ordine tempo-invarianti

259

7.6.1 Propriet delle frequenze naturali

263

7.6.2 Soluzione di regime e termine transitorio

269

7.6.3 Regime stazionario e regime sinusoidale

270

7.6.4 Applicazione: Circuito RLC serie e circuito RLC parallelo e altri esempi

271

7.6.5 Applicazione: Circuito RC con amplificatore operazionale

278

Circuiti dinamici lineari tempo-invarianti di ordine qualsiasi

281

CAPITOLO 8: CIRCUITI IN REGIME STAZIONARIO E SINUSOIDALE


8.1

Circuiti in regime stazionario

285

8.2

Circuiti in regime sinusoidale: i fasori

287

8.3

Analisi dei circuiti in regime sinusoidale tramite il metodo dei fasori

289

8.3.1 Circuito di impedenze

292

Propriet delle reti di impedenze

295

8.4.1 Metodo dei potenziali di nodo e delle correnti di maglia

296

8.4

8.4.2 Potenza virtuale complessa, Teorema di Tellegen, conservazione delle potenze


elettriche complesse

296

8.4.3 Sovrapposizione degli effetti, equivalenze serie e parallelo, partitore di


tensione, partitore di corrente

297

8.4.4 Bipolo di impedenze

299

8.4.5 Generatore equivalente di Thvenin-Norton

300

8.4.6 Propriet della reciprocit e caratterizzazione di un doppio bipolo di impedenze

302

8.4.7 Diagrammi fasoriali

303

Potenza ed energia in regime sinusoidale

304

8.5.1 Propriet energetiche dei bipoli elementari in regime sinusoidale e rifasamento

306

8.5.2 Caratterizzazione di un bipolo di sole impedenze

310

8.6

Reti in regime periodico e quasi-periodico

311

8.7

Circuiti risonanti

315

8.8

Cenni sui sistemi elettrici di potenza e sulle reti elettriche trifase

321

8.5

vii
8.9

Voltmetro, amperometro e wattmetro

329

CAPITOLO 9: CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI


9.1

Introduzione

333

9.2

Integrale di convoluzione

335

9.3

Risposta all'impulso: metodi di calcolo e propriet

341

9.3.1 Soluzione di un circuito con generatori impulsivi attraverso la determinazione

9.4

9.5

9.6

delle condizioni iniziali a t = 0 +

341

9.3.2 Propriet della risposta all'impulso di Dirac

346

9.3.3 Risposta al gradino unitario

347

Trasformata di Laplace

349

9.4.1 Trasformata di Laplace bilatera

350

9.4.2 Trasformata di Laplace monolatera

360

Analisi dei circuiti in evoluzione forzata tramite la trasformata bilatera di Laplace

363

9.5.1 Circuito di impedenze operatoriali

365

9.5.2 Funzione di rete e sue propriet

367

Analisi dei circuiti in evoluzione generica tramite la trasformata di Laplace

376

9.6.1 Analisi di un circuito lineare tempo-invariante attraverso la trasformata di


Laplace monolatera

376

9.6.2 Analisi di un circuito lineare tempo-invariante tramite generatori impulsivi

379

CAPITOLO 10: RISPOSTA IN FREQUENZA DI UN CIRCUITO


10.1 Funzione risposta in frequenza

383

10.2 Propriet della funzione risposta in frequenza

388

10.3 Analisi dei circuiti attraverso la risposta in frequenza

391

10.3.1 Risposta in frequenza di circuiti del primo ordine: filtro passa-basso e filtro
passa-alto

394

10.3.2 Risposta in frequenza di un circuito RLC del secondo ordine: filtro passabanda e filtro taglia-banda
10.4 Circuiti con amplificatori operazionali e generatori controllati

399
405

CAPITOLO 11: INTRODUZIONE AI FILTRI ANALOGICI


11.1 Generalit sui filtri analogici

411

11.1.1 Filtri ideali

411

11.1.2 Condizioni di fisica realizzabilit e filtri reali

414

11.2 Filtri di Butterworth

416

11.3 Circuiti passa tutto e circuiti a fase minima

419

11.3.1 Circuito passa tutto

419

viii
11.3.2 Circuiti a fase minima
11.4 Fattorizzazione spettrale

422
424

11.4.1 Fattorizzazione spettrale per i filtri di Butterworth

425

11.4.2 Sintesi di funzioni di trasferimento a tutti poli tramite elementi passivi

427

11.5 Leggi di trasformazione

429

11.5.1 Variazione in scala della frequenza di taglio

429

11.5.2 Variazione in scala dell'impedenza

430

11.5.3 Trasformazioni di frequenza

431

11.6 Sintesi di funzioni di trasferimento tramite elementi attivi

436

APPENDICI

Appendice A
A.1 Unicit del problema di Dirichlet interno

441

A.2 Unicit del problema di Neumann interno

442

A.3 Unicit di un problema misto interno

443

B.1 Teorema di Poynting

445

Appendice B
B.2 Teorema di Poynting per i modelli approssimati delle equazioni di
Maxwell

446

B.3 Potenza assorbita da un bipolo nel limite lentamente variabile

447

Propriet della reciprocit per i circuiti accoppiati

449

D.1 Forma standard x = B x

452

D.2 Comportamento qualitativo delle soluzioni di Dx = A x

454

E.1 Definizione e rappresentazione di un numero complesso

456

E.2 Operazioni con i numeri complessi

458

Appendice C

Appendice D

Appendice E

ix

PREFAZIONE

Chi che non ha mai sentito parlare di elettricit? che non si mai avvalso delle sue
applicazioni? che non ha mai avuto a che fare coi watt e coi volt? Chi non ha mai usato un
circuito elettrico? Se non ci fosse stato limmenso progresso scientifico delle conoscenze
intorno a questo settore della fisica, e, di conseguenza, il meraviglioso sviluppo delle
applicazioni tecniche, la nostra vita quotidiana sarebbe oggi molto diversa. Soltanto, forse, la
medicina e la biologia, fra le scienze applicate, possono competere con l
per il
numero e limportanza dei loro risultati.
Queste Lezioni di Elettrotecnica partono dai princ pi di base dellElettromagnetismo e
portano l'allievo alla padronanza delle metodologie e delle tecniche che, sulla base di questi
princ pi, producono applicazioni circuitali, fino alle soglie dello studio delle stesse
applicazioni. In questo senso questo corso fa da ponte tra le materie formative del primo
biennio e quelle, altrettanto formative, ma in maniera pi specifica e applicativa, del successivo
triennio del corso di studi in Ingegneria. La prospettiva assunta, dunque, vede il Corso di
Fisica II partire dai fenomeni per giungere alle leggi, fino al loro pi alto grado di
formalizzazione espresso dalle Leggi di Maxwell, e il Corso di Elettrotecnica prendere le
mosse da queste ultime per giungere fino alle applicazioni concrete di tipo circuitale, con
lobiettivo di completare il bagaglio metodologico degli allievi.
Giovanni Miano professore ordinario di Elettrotecnica presso la Facolt di Ingegneria
dell'Universit di Napoli Federico II.
Napoli 18 aprile 2001

G. M.

AVVERTENZA
In questo testo adopereremo il Sistema Internazionale di misura (SI). Pertanto una corrente
I 0 di 10 ampre verr semplicemente indicata come I 0 = 10 , senza riportarne esplicitamente
lunit di misura. Qualora si tratti di multipli o sotto-multipli, il valore della grandezza verr
riportato insieme all'unit di misura. In tal modo, indicheremo con C = 100 nF una capacit di
10 7 F .

CAPITOLO 0

LE LEGGI DELLELETTROMAGNETISMO

0.1 Le sorgenti del campo elettromagnetico


Assumiamo nota dal corso di Fisica la nozione di carica elettrica (dei due segni), nonch la
relativa unit di misura nel Sistema Internazionale (SI) (il coulomb, (C)). Le forze con le quali due
cariche puntiformi interagiscono nel vuoto, in un riferimento inerziale, dipendono, oltre che dalla loro
posizione reciproca, anche dalle rispettive velocit 1.
La Teoria dellElettromagnetismo nel vuoto prende in considerazione un arbitrario sistema di
cariche (comunque distribuite), delle quali siano note a priori le leggi del moto (quali che siano) e
consente di valutare la forza che si esercita su ciascuna carica, in ogni punto-istante (P;t) dello
spazio-tempo occupato da essa, per effetto dell'azione di tutte le altre cariche presenti. La teoria
consente, inoltre, di valutare anche la forza e il momento (rispetto a un polo arbitrario) risultanti su
una qualsiasi parte del sistema di cariche, in ogni istante.
Cosa vuole dire assegnare le leggi del moto delle cariche?
Nell'ambito di una descrizione macroscopica dell'elettromagnetismo, le cariche possono
presentarsi sotto forma di cariche puntiformi concentrate, oppure aggregate in distribuzioni continue:
lineari, superficiali o volumetriche. Una descrizione adeguata di questi aggregati continui di cariche
ottenibile assegnando in ciascun punto della distribuzione una corrispondente densit scalare:
rispettivamente, lineare =(P;t), superficiale =(P;t), volumetrica =(P;t).
Il significato di tali grandezze chiaro: nel caso di distribuzioni volumetriche, dire che in un
generico punto P della distribuzione, la densit volumetrica ha il valore (P;t) al generico istante t,
vuole dire che in un volume elementare d centrato in P presente una carica elementare
dQ = P t d ;

(1)

analogamente, per le distribuzioni superficiali e lineari risulta, rispettivamente,


dQ = P t dS

(2)

1 A questo proposito vedi S. Bobbio e E. Gatti, Elementi di Elettromagnetismo, (Boringhieri, Torino 1984).

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

dQ = P  t d O ,

(3)

avendo indicato con dS e d O , rispettivamente, larea dellelemento superficiale e la lunghezza


dellelemento lineare centrati nel generico punto P della distribuzione. Per ogni fissato istante di
tempo il dominio di definizione di una linea, quello di una superficie e quello di un
volume dello spazio. pure ovvio che le unit di misura derivate per le tre densit, nel SI, sono
rispettivamente [] = C  m  [ ] = C  m 2  [] = C  m 3 
Assegnare, dunque, una distribuzione di cariche, in un dato istante, vuole dire assegnare le
posizioni, in quell'istante, di tutte le cariche puntiformi che ne fanno parte, nonch le funzioni
P t  (P;t) e ( P;t) , che descrivono, nello stesso istante, le distribuzioni degli aggregati continui

di cariche appartenenti al sistema. inutile dire che non sempre nel sistema sono presenti
contemporaneamente tutti i diversi tipi di distribuzioni.
Osserviamo

esplicitamente

che,

nell'ambito

di

una

descrizione

macroscopica

dell'elettromagnetismo, possibile concepire la presenza contemporanea, in una stessa regione


spaziale, di due distribuzioni di cariche di segno opposto. Cos, ad esempio, un volume elementare
d, centrato attorno a un punto P, pu essere considerato sede, nel medesimo istante, di due
distribuzioni volumetriche: una, positiva descritta da una densit + P;t , l'altra, negativa di densit
P;t . In tale caso, ovvio che la densit di carica totale (o netta) risulta pari a
P; t = + P;t + P;t .

(4)

Quando accade che P; t = + P;t , risulta P t = 0 . Considerazioni analoghe valgono anche


per gli altri tipi di distribuzioni.
importante sottolineare che, quando le cariche sono ferme nel nostro riferimento inerziale, di
solito, viene fornita la sola densit netta, e non le eventuali densit di segno opposto che la
compongono, poich gli effetti elettromagnetici risultanti dalla

presenza contemporanea delle

cariche dei due segni (considerate ferme) sono, in questo caso, pari a quelli prodotti dalla carica netta
(o totale).
Diversamente stanno le cose quando passiamo a descrivere il moto delle cariche. In questo, caso,
infatti, occorre partire dalla osservazione fondamentale che due cariche di segno opposto, che si
muovono in versi opposti (con pari velocit) producono lo stesso effetto. Ci implica che se sono
presenti due portatori di carica, con densit pari rispettivamente a + P;t e P;t , occorrer
specificare tanto la velocit media

Y+

P;t , quanto la

P;t , con cui i due portatori si muovono

nel riferimento inerziale. Ci avviene introducendo due grandezze vettoriali, dette densit di corrente,
date rispettivamente da:

P t = + P t Y + P t ,

(5)

P t = P t Y P t .

(6)

La densit di corrente totale data ovviamente da:


-

P;t = - + P;t + - P;t .

Anche in questo caso, ci che interessa, alla fine,

(7)
-

P;t .

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

bene, per, osservare esplicitamente che la densit di corrente totale

P;t non pu essere

introdotta, in generale, a partire dalla sola conoscenza della densit di carica totale P; t . Il caso pi
evidente dato da quello, diffusissimo, che si verifica nei normali conduttori (di rame, ad esempio),
nei quali la corrente elettrica dovuta al moto orientato dei soli elettroni, mentre gli ioni positivi del
metallo restano fermi. In questo caso, pure essendo P; t = + P;t e quindi P; t = 0 , risulta:

P t

(8)

P t = P t Y P t 

quindi
-

P t = P t Y P  t .

(9)

Il conduttore, in altre parole, pu essere neutro elettricamente in ogni suo punto, e ci non pertanto
essere percorso da corrente.
Come per le densit scalari di carica, anche per le densit vettoriali di corrente opportuno
introdurre grandezze diverse a seconda che a muoversi siano cariche distribuite con continuit in un
volume, oppure su una superficie o ancora su una linea. Cos, oltre alla densit di corrente
volumetrica J appena introdotta, possibile definire una densit di corrente superficiale - s , pari a:
-s

e una lineare,

-


Il campo

-s

P  t = + P t Y + P t + P  t Y P t

(10)

data da
P t = + P  t Y + P t + P t Y P t .

(11)

definito su di una superficie e la sua direzione sempre tangente a essa, e il campo

definito lungo una linea e la sua direzione sempre tangente a essa.


Nelle leggi del campo elettromagnetico in forma integrale le sorgenti compaiono attraverso
grandezze globali: la carica elettrica e l'intensit di corrente elettrica. Per distribuzioni volumetriche,
la carica elettrica totale Q = Q t che allistante t si trova nella regione vale
Q t = P t d P

(12)

(Attenzione: Q = 0 non implica = 0 in .), e l'intensit di corrente elettrica i S = iS t che


all'istante t circola attraverso la superficie orientata S (aperta o chiusa) vale:

i S t =

P t QdS P .

(13)

L'integrale nella (13) il flusso del campo di densit corrente attraverso la superficie orientata S.
(Attenzione: i S = 0 non implica J=0 su S). La corrente i S rappresenta la carica netta che nell'unit di
tempo scorre attraverso S. Il segno di i S , per una assegnata J, dipende da come viene orientata la
normale n alla superficie S. La corrente elettrica nel SI si misura in ampere (A): 1A=1C/1s e le unit
di misura per i campi di densit di corrente sono, rispettivamente:

[J ] =

C m
C m
Cm
= A  m 2  [J s ]= 2
= A  m [J ]=
= A
m3 s
m s
m s


Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

In conclusione, nellambito di una descrizione macroscopica dellelettromagnetismo, assegnare le


leggi del moto delle cariche vuole dire fornire, per ogni tipo di distribuzione, rispettivamente, la
corrispondente densit totale (scalare) di carica e la corrispondente densit totale (vettoriale) di
corrente, come funzioni del punto e del tempo. Occorre, quindi, fornire, ad esempio, per le
distribuzioni volumetriche, le funzioni = P t e

P t per ogni punto P e ogni istante t della

regione di spazio-tempo che interessa.

0.2 Le leggi dellelettromagnetismo nel vuoto


Veniamo ora alle leggi che consentono di determinare la forza agente su una carica per effetto di
tutte le altre, quando siano note le funzioni P t e - P t .
Sono possibili due approcci concettualmente distinti; entrambi fanno uso, comunque, di un fatto
fisico fondamentale: il cosiddetto Principio di sovrapposizione delle interazioni elettromagnetiche.
Ci vuole dire che la forza cui soggetta una data carica (di prova) per effetto di un sistema di altre
cariche (sorgente) pari alla somma (vettoriale) delle forze che sarebbero esercitate sulla carica di
prova da ciascuna delle cariche-sorgente, considerata agente da sola (e cio senza le altre carichesorgente).
I due approcci di cui si parlava prima possono essere cos sintetizzati. In uno si considera la forza
che viene ad agire su una data carica di prova per effetto di tutte le altre cariche-sorgente, considerate
insieme. Nell'altro si considera la forza esercitata sulla carica di prova da una singola carica-sorgente,
e si sovrappongono gli effetti. Il primo approccio largamente preferito in Letteratura, perch di
uso pi semplice. Noi seguiremo questo approccio.
In generale, la forza risultante F che agisce su una carica puntiforme q che passi, con velocit v,
per un generico punto P all'istante t, data dalla forza di Lorentz:
)

= q ( P t + qY % P  t 

(14)

nella quale, tutte le grandezze (e cio coordinate del punto P, istante di tempo t, forza F, velocit v,
carica elettrica q, etc) sono da intendersi misurate in uno stesso sistema di riferimento inerziale
(quello del laboratorio, ad esempio). Il vettore E rappresenta, per definizione, il campo elettrico
agente nel punto-istante (P;t) e B il campo magnetico (induzione magnetica) nello stesso puntoistante. La (14) consente di misurare, e quindi definire, separatamente E(P;t) e B(P;t).
Per misurare E basta mantenere la carica q ferma nel punto P e misurare la forza
queste condizioni, su q. Il rapporto
(

)0

)0 

)0

che agisce, in

q fornisce E:

(15)

Per misurare B, una volta misurato E, si attribuisca a q una velocit

Y1

, e si misuri la forza

)1

che, in

queste condizioni, si esercita su q; si ha allora:


)1

= )0 + q Y1 %

ripetiamo la misura attribuendo una nuova velocit,

(16)
Y2

(non parallela a

Y1

) a q:

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

= ) 0 + qY2 % .

)2

(17)

Le (16) e (17) consentono di individuare univocamente B. In quanto precede, si assunto,


ovviamente, che sia E che B non cambino significativamente nell'intervallo di tempo che intercorre
fra le misure di

) 0  )1

)2

. Ricordiamo che la forza nel Sistema Internazionale si misura in newton

(N) e la velocit in metro/secondo ([v]=m/s).


Il campo elettromagnetico , per definizione, la coppia ordinata di funzioni vettoriali

{( P t  % (P;t)} , definite in una assegnata regione dello spazio-tempo. Nel SI il modulo del campo
elettrico misurato in volt/metro (V/m) e quello del campo di induzione magnetica in tesla (T).
Il volt l'unit di misura della tensione elettrica. La tensione elettrica v , per definizione,


l'integrale di linea del campo elettrico lungo una curva i cui estremi sono A e B, orientata da
verso

:
v

t =

La tensione elettrica v


P  t Wd O .

(18)

rappresenta il lavoro che compirebbe il campo elettrico su una carica




puntiforme unitaria se si muovesse lungo da

verso

. L'integrale di linea di E lungo una

qualsiasi curva chiusa orientata detta circuitazione del campo elettrico (nella letteratura viene
anche denominata forza elettro motrice (f.e.m.)).
0.2.1 Le Leggi di Maxwell in forma integrale
Le leggi che governano il campo elettromagnetico nel vuoto, nella loro forma pi generale,
possono essere cos espresse (assumendo, per semplicit che siano presenti soltanto distribuzioni
volumetriche di cariche e di correnti):

dS = 1

( Q

t


d =

Q t
,
0


(19)

dS = 0 ,

(20)

% Q

t


%


t


Wdl =

% Q dS ,
t

Wdl = 0

QdS =

t


+ 0 ( Q dS = 0 I S
t

(21)
t


t + 0 0

S


t


( QdS ,
t

d ,
t

(22)
(23)

dove (t) una qualsiasi superficie chiusa contenuta nel campo, libera di muoversi e/o deformarsi
(senza lacerazioni); t la regione di spazio delimitata da (t); (t) una qualsiasi linea chiusa


contenuta nel campo, libera di muoversi e/o deformarsi (senza strappi); S




t


una qualsiasi

superficie (aperta) che abbia (t) come orlo; i versori (cio, i vettori unitari) t e n sono legati
attraverso la regola del cavatappi. Osserviamo che, nel caso in cui le linee e le superfici non si
deformino nel tempo, possibile invertire l'operatore di derivata temporale con quello di integrale (e
cio derivare sotto segno di integrale). 0 e 0 sono, rispettivamente, la costante dielettrica e la
permeabilit magnetica del vuoto e valgono nel SI

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

0 8.8542 10-12 F / m, 0 = 4 10-7 H / m ,

dove il farad (F) e lhenry (H) sono, rispettivamente, le unit di misura della capacit e
dellinduttanza nel SI: 1F=1C/1V, 1H=1Wb/1A.
Il weber l'unit di misura del flusso del campo magnetico attraverso una superficie. Il flusso del
campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie (chiusa o aperta) orientata S per definizione
l'integrale di superficie della componente normale di B:
S t =

P t QdS .

(24)

Dalla (24) si ottiene che 1Wb=1T1m2 e dall'equazione (21) si ottiene anche che 1Wb=1V1s.
Le leggi dell'elettromagnetismo appena scritte prendono il nome di Equazioni di Maxwell in forma
globale o integrale, in quanto esse legano le circuitazioni ed i flussi dei campi E e B tra di loro e
alle cariche e correnti. Le (19) e (20) sono le Leggi di Gauss per il campo elettrico e per il campo
magnetico; la (21) la legge di Faraday-Neumann, la (22) la legge di Ampre-Maxwell, la (23) la
legge di conservazione della carica elettrica. Come si vede, le sorgenti del campo elettromagnetico (e
cio i termini noti nelle (19)(23)) sono la distribuzione delle cariche P t e delle correnti - (P;t) .
Esse compaiono attraverso la carica elettrica Q e l'intensit di corrente elettrica i S .

Dall'equazione (20) si ha che il flusso del campo magnetico attraverso qualsiasi superficie chiusa
sempre uguale a zero; per tale motivo si dice che il campo magnetico conservativo rispetto al
flusso. Da questa notevole propriet discende che il flusso del campo magnetico attraverso una
qualsiasi superficie aperta dipende unicamente dalla curva chiusa che orla la superficie (cio
dall'orlo) e non da altri particolari. Siano S1 e S2 due superficie aperte che hanno lo stesso orlo
orientate concordemente. Applicando la (20) alla superficie chiusa ottenuta dall'unione delle superfici
S1 e S2 si ottiene immediatamente
t =

s1

P t Q1 dS1 =

s2

P t Q2 dS 2

(25)

Per questo motivo quando si considera il flusso del campo B attraverso una qualsiasi superficie aperta
si parla di flusso concatenato con la linea chiusa che orla la superficie e lo si indica ricordando a
pedice la linea chiusa che orla la superficie.
0.2.2 Le Leggi di Maxwell in forma locale
Le leggi fondamentali dell'elettromagnetismo possono essere espresse anche nella forma locale
o differenziale equivalente.
Si assuma che, oltre alla distribuzione volumetrica di cariche e correnti, vi sia una distribuzione
superficiale di cariche e di corrente - s sulla superficie . In questo caso bisogna distinguere le
regioni in cui il campo continuo dalle regioni in cui non lo : certamente in corrispondenza della
superficie il campo elettromagnetico presenta delle discontinuit.
Per ottenere le equazioni di Maxwell in forma locale nelle regioni in cui il campo regolare basta
applicare il teorema della divergenza alle equazioni (19), (20) e (23) ed il teorema del rotore alle

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

equazioni (21) e (22). Per ottenere le equazioni in corrispondenza della superficie di discontinuit
bisogna applicare le equazioni (19), (20) e (23) a una superficie elementare cilindrica posta a cavallo
di e far tendere poi l'altezza del cilindro a zero e le equazioni (21) e (22) a una linea chiusa
elementare a forma di rettangolo posta sempre a cavallo di e far tendere poi la larghezza del
rettangolo a zero. Cos facendo si ottengono le Equazioni di Maxwell in forma locale:
punti regolari

div ( =

punti di discontinuit

,
0

div % = 0,
%
rot ( = ,
t

rot % = 0 ( - + 0
div - =

(
),
t

,
t

(( 2 (1 ) = / 0 ,

(26)

(%2 %1 ) = 0 ,

(27)

(( 2 (1 ) =  ,

(28)

(%2 %1 ) = 0 - s ,

(29)

(- 2 - 1 ) + GLY- =

.
W

(30)

Per le distribuzioni lineari (di cariche e di correnti) e puntiformi (di cariche) possono essere date
espressioni analoghe locali, ma sono di scarso uso.
Le equazioni (26) e (28) per i punti regolari (e le equivalenti per i punti di discontinuit) sono le
due condizioni richieste dal teorema di Helmholtz

per determinare il campo elettrico E;

analogamente, le (27) e (29) per i punti regolari (e le equivalenti per i punti di discontinuit)
consentono di determinare B. Infine, le equazioni (30) costituiscono il vincolo imposto sulle sorgenti
del campo elettromagnetico dalla legge della conservazione della carica elettrica.
Osservazioni

2 Il teorema di Helmholtz assicura che, se di un campo vettoriale sono noti il rotore e la divergenza in tutti i
punti dello spazio, il campo univocamente determinato, purch esso sia regolare all'infinito.
La divergenza di un campo vettoriale A (divA) un campo scalare cos definito: si consideri una regione in
cui A definito, un dominio spaziale contenuto in e limitato da una superficie chiusa regolare orientata
con la normale rivolta verso l'esterno e sia V il volume di . Si faccia contrarre la regione attorno a un punto
fisso P . Il limite per V 0 (se esiste ed finito indipendentemente dalla forma di ) del rapporto
$ QdS  V la divergenza di A in P . In coordinate cartesiane rettangolari si ha

div$ = A x  x + Ay  y + A z  z dove A x  A y  A z sono le componenti del campo A nel sistema di


coordinate considerato. In modo analogo si definisce la divergenza superficiale divsAs di un campo vettoriale
superficiale.
Il rotore di un campo vettoriale A (rotA) un altro campo vettoriale cos definito: si consideri una regione ,
in cui A definito e sia P un punto di tale regione. Data una qualsiasi superficie aperta S passante per P , sia la
linea chiusa orientata (l'orientazione di e la normale n devono essere concordi secondo la regola del cavatappi),
che ne costituisce l'orlo. Si faccia contrarre la superficie S attorno a P mantenendo fissa la normale n a S in P .
possibile dimostrare che, al variare di n il limite per S 0 (se esiste ed finito indipendentemente dalla

forma di S e ) del rapporto $ Wdl  S corrisponde alla componente, secondo le direzione n, di un vettore
univocamente individuato. Esso il rotore di A in P . In coordinate cartesiane rettangolari si ha

rot $ = [
+\
+ ] (A x[ + A y \ + A z ] effettuando formalmente i prodotti vettoriali considerati.
y
x
x

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Le equazioni (26)(30) per i punti regolari (o le corrispondenti (19)(23) in forma integrale) non
sono tutte indipendenti. facile mostrare che, se le equazioni (26) e (27) per i punti regolari sono
verificate in un istante qualsiasi, allora dall'equazione (28) per i punti regolari si ottiene la (27), e
dalle equazioni (29) e (30) si ottiene la (26). In particolare l'equazione della conservazione della
carica (30) per i punti regolari gi scritta nelle corrispondenti equazioni (26) e (29).
Le equazioni (26)(30) (o le equivalenti in forma integrale (19)(23)), unite alle definizioni fisiche
delle grandezze che vi figurano, costituiscono l'intero quadro della teoria dell'elettromagnetismo nel
vuoto: tale teoria consente di affrontare qualsiasi problema fisico e ingegneristico che si riferisca a
situazioni nelle quali non siano presenti mezzi materiali (conduttori, dielettrici, materiali
ferromagnetici), oppure, come si vedr, siano presenti soltanto mezzi trasparenti al campo
elettromagnetico.
I problemi che pi frequentemente si incontrano nella tecnica, per ci che riguarda le situazioni
finora considerate, possono essere classificati in due grandi categorie: quelli in cui si pu assumere
che la distribuzione delle sorgenti sia nota nell'intero spazio (in questo caso bisogna imporre le
condizioni iniziali e le condizioni di regolarit all'infinito); quelli in cui la distribuzione delle
sorgenti sia nota soltanto in una regione limitata dello spazio (o, addirittura, non sia affatto nota), ma
si conoscano, in aggiunta, opportune condizioni al contorno sulla frontiera della regione nella quale
si considera il campo, nonch lecondizioni iniziali.

0.3 Le leggi dellelettromagnetismo nei mezzi materiali


Quando il campo elettromagnetico interessa mezzi

materiali

(conduttori, isolanti, materiali

magnetici, etc), le equazioni che esprimono le leggi generali dell'elettromagnetismo assumono una
forma pi complessa, poich le sorgenti del campo non si limitano pi soltanto a quelle presenti nello
spazio vuoto (delle quali sono note a priori le distribuzioni), ma comprendono anche quelle che si
generano nei mezzi materiali per effetto dell'interazione del campo elettromagnetico ivi presente. Ne
deriva che queste nuove distribuzioni svolgono allo stesso tempo il ruolo di sorgenti (e quindi - se si
vuole - cause) del campo e quello di effetto (in quanto determinate dal campo stesso). Di qui, la
maggiore complessit richiesta dalla descrizione dei fenomeni elettromagnetici in presenza di mezzi
materiali.
I fenomeni che si manifestano nei mezzi materiali, quando immersi in un campo elettromagnetico,
sono cos classificabili: conduzione elettrica, polarizzazione elettrica e polarizzazione magnetica.
Pu riscontrarsi la presenza significativa di pi d'uno di tali fenomeni, oppure la prevalenza di uno
solo (ad esempio, in un pezzo di ferro sono significativi sia il fenomeno della conduzione che quello
della polarizzazione magnetica, mentre in uno di rame significativo soltanto quello della
conduzione e in uno di plastica quello della polarizzazione elettrica).
Il fenomeno della conduzione elettrica caratterizzato dalle distribuzioni di cariche e correnti
(superficiali e volumetriche), risultante dall'azione del campo elettromagnetico sui portatori di carica
liberi di muoversi nel conduttore su dimensioni macroscopiche.

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Il fenomeno della polarizzazione elettrica caratterizzato dal campo di intensit di polarizzazione


elettrica P, che descrive la distribuzione macroscopica del momento di dipolo elettrico per unit di
volume risultante dall'azione del campo elettromagnetico complessivo sul materiale.

Infine,

il

fenomeno della polarizzazione magnetica caratterizzato attraverso il campo di intensit di


magnetizzazione M, che descrive la distribuzione macroscopica del momento di dipolo magnetico
per unit di volume indotto dal campo elettromagnetico.
Alla distribuzione di dipoli elettrici descritta da P possibile sostituire una distribuzione
equivalente di cariche (di volume e superficiali) che producono gli stessi effetti ai fini del campo
risultante. A queste cariche, che in un dielettrico polarizzato sono localizzate, in generale, sia sulla
superficie esterna, con densit superficiale p = 3 Q (n il versore normale alla superficie, diretto
verso l'esterno), sia nel volume con densit volumetrica p = div3 , si d il nome di cariche di
polarizzazione (o anche legate), per distinguerle da quelle libere presenti nei conduttori (che, ad
esempio, possiamo togliere o aggiungere alle armature di un condensatore). Analogamente alla
distribuzione di dipoli magnetici descritta da M possibile sostituire una distribuzione equivalente di
correnti (di volume e superficiali) che producono gli stessi effetti ai fini del campo risultante. A
queste correnti, che in un materiale magnetico sono localizzate in generale sia sulla superficie
esterna, con densit superficiale

- sm

= 0 Q , (anche in questo caso n il versore normale alla

superficie diretto verso l'esterno), sia nel volume con densit volumetrica

-m

= rot0 , si d il nome di

correnti di magnetizzazione (o vincolate), per distinguerle dalle ordinarie correnti di conduzione, che
seguono percorsi macroscopici definiti dai conduttori presenti, correnti che possono essere inserite o
interrotte mediante un interruttore, e misurate con un amperometro. Queste ultime vengono chiamate
correnti libere.
Va detto con chiarezza che, ove mai fosse possibile conoscere a-priori la distribuzione delle
sorgenti legate ai mezzi materiali presenti, oltre che di quelle libere, le leggi del campo
elettromagnetico potrebbero ancora essere utilizzate nella forma relativa allo spazio vuoto (come se i
mezzi materiali non esistessero), a patto, naturalmente, di fare figurare fra le sorgenti anche quelle
legate (oltre che quelle libere). Analoga situazione si ha quando i mezzi materiali presenti siano
completamente trasparenti al campo elettromagnetico: ci si verifica quando nel mezzo materiale non
vengono indotte sorgenti significative per effetto della presenza in esso del campo elettromagnetico
( il caso, ad esempio, dell'aria in condizioni usuali, nonch di altri gas).
Nelle situazioni pi frequenti che si presentano nella tecnica, le cose stanno per, come si detto,
in modo pi complicato, perch anche quando si ammetta di potere conoscere a priori la distribuzione
di tutte le sorgenti libere (come poi vedremo, quasi sempre anche esse sono incognite del problema),
non nota a priori quella delle sorgenti legate perch non noto il campo complessivo: occorre,
quindi, trovare il modo di riuscire a determinare insieme sia queste, sia il campo elettromagnetico che
esse contribuiscono a produrre. A questo scopo, le equazioni del campo elettromagnetico in presenza
di mezzi materiali assumono la forma seguente (per non appesantire le equazioni omettiamo di nuovo
di scrivere i contributi dovuti alle distribuzioni superficiali e lineari di cariche e correnti libere):

dS =

' Q


lib d


t


(31)

10

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

t dS = 0
t dl = S

(32)

% Q


% QdS ,
t
t + Wdl = S -lib + t' QdS ,

t -lib QdS = tlib d .


(

t


(33)

(34)

(35)

Come si vede, nella legge di Gauss elettrica figura a primo membro un nuovo campo vettoriale,
il vettore spostamento elettrico D (detto anche induzione elettrica) e, a secondo membro sono
presenti le sole sorgenti libere, lib . Il campo D legato al campo E e al campo P tramite la
relazione
'

= 0 ( + 3 .

(36)

Analogamente, nella legge di Ampre-Maxwell, figura a primo membro un nuovo campo vettoriale
H, (l'intensit di campo magnetico), mentre, a secondo membro, sono presenti la densit di corrente
libera

- lib

e la densit di corrente di spostamento '  t . Il campo H legato al campo B e al campo

M tramite la relazione
%

= 0 + + 0 .

(37)

La circuitazione di H lungo una qualsiasi curva chiusa orientata detta forza magneto-motrice
(f.m.m.); essa ha le stesse dimensioni della corrente elettrica. Nella legge di conservazione della
carica, infine, figurano le sole sorgenti libere. Nel Sistema Internazionale l'unit di misura del modulo
2

di D e di P C / m e l'unit di misura del modulo di H e di M A/m. Anche nei mezzi materiali il


campo magnetico B conservativo rispetto al flusso.
Le leggi generali del campo elettromagnetico (31)(35) sono indipendenti dalla costituzione fisica
dei mezzi materiali presenti. Esse non sono, di per s, sufficienti a descrivere il campo
elettromagnetico: occorrono altre relazioni, dette costitutive, che dipendono univocamente dalla
costituzione fisica dei mezzi materiali, capaci di definire le caratteristiche fisiche di tipo
elettromagnetico dei mezzi materiali presenti. Nelle normali applicazioni tecniche che pi interessano
queste lezioni, queste relazioni sono del tipo ' = 0 ( + 3 ( = ' (  % = 0 > + + 0 + @ = % + 
- lib

- ( % Y

% (  Stiamo considerando materiali dielettrici in cui il campo P in un qualsiasi

punto-istante dipende unicamente dal valore del campo elettrico nello stesso punto-istante e materiali
magnetici in cui il campo M in un qualsiasi punto-istante dipende unicamente dal valore del campo H
nello stesso punto-istante (materiali senza memoria e senza dispersione spaziale). Il campo di
corrente J in un mezzo conduttore, in un qualsiasi punto-istante, pu dipendere, oltre che dal valore
campo elettrico nello stesso punto-istante, anche dal campo magnetico B (effetto Hall), dalla velocit
del conduttore attraverso la grandezza

% (nelle dinamo e negli alternatori) e da campi di forze di

natura non elettrica, che abbiamo indicato con E* (ad esempio, il campo elettromotore di natura
chimica di una pila o il campo elettromotore di natura fotoelettrica nelle celle solari). Nei diodi e nei
transistori, se i campi variano lentamente,

- lib

dipende non linearmente da E.

Le relazioni costitutive si particolarizzano, per materiali in quiete lineari e isotropi nelle:

= (,
% = + ,
'

(38)
(39)

11

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica


-

= ( + ( 

(40)

nelle quali  e sono grandezze scalari indipendenti dai campi. Esse sono, rispettivamente, la
costante dielettrica del materiale, la permeabilit magnetica e la conducibilit elettrica e sono da
intendersi misurate nello stesso sistema di riferimento inerziale in cui vanno misurate tutte le altre
grandezze. Esse possono essere non uniformi (e cio variabili da punto a punto del materiale) e tempo
varianti (e cio variabili nel tempo). In un conduttore ohmico in quiete la (40) si riduce a
-

= ( .

(41)

Il limite 0 descrive il comportamento di un materiale isolante, come il dielettrico ideale: in


questi materiali non circola corrente pur in presenza di un campo elettrico. Invece il limite
descrive il comportamento di materiali con elevatissima conducibilit, cio il comportamento dei
conduttori ideali: in questo caso pur in presenza di correnti che circolano nel conduttore il campo
elettrico nullo. La conducibilit elettrica, nel SI, si misura in siemens (S) e la resistivit elettrica ,
definita come =1/, si misura in ohmmetro (m), quindi 1S=1/1. L'ohm () l'unit di misura
della resistenza elettrica e 1=1V/1A.
Le equazioni di Maxwell per i mezzi materiali (31)(35) possono essere espresse in forma locale,
cos come stato fatto per il caso del vuoto. In presenza di corpi materiali occorre, per, distinguere i
punti in cui le propriet dei mezzi materiali sono continue da quelli in cui sono discontinue (ci
accade in genere in corrispondenza di superfici di discontinuit dei parametri fisici caratteristici dei
materiali, come, ad esempio, la costante dielettrica, la conducibilit, etc). Operando questa
distinzione abbiamo:
punti regolari

punti di discontinuit

div ' = lib ,

'2 '1 = lib ,

(42)

(%2 %1 ) = 0 ,

(43)

(( 2 (1 ) =  ,

(44)

+2 +1 = -slib ,

(46)

-2 -1 + div s -slib =

div % = 0,
%
rot ( = ,
t
rot + = - lib +

div -lib =

'

t

lib
.
t

lib
.
t

(47)

Nelle (42), (46) e (47) lib e -slib sono, rispettivamente, distribuzioni superficiali di cariche e di
correnti libere; come poi vedremo esse possono nascere sulle superfici dei conduttori.
Il quadro completo della teoria dellelettromagnetismo in presenza di mezzi materiali lineari,
isotropi e senza memoria dunque costituito dalle equazioni di Maxwell in forma locale (42)(47)
(o equivalentemente da quelle in forma integrale (31)(35)), dalle equazioni costitutive dei mezzi
materiali (38)(40), unite alle condizioni iniziali e alle condizioni di regolarit all'infinito. Cos
come accade per le equazioni del campo elettromagnetico nel vuoto, le equazioni (42)(47) nei punti
regolari (o le equivalenti (31)(35)) non sono tutte indipendenti.

12

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Lequazione (33) (o lequivalente (44) per i punti regolari) descrive il fenomeno dellinduzione
elettromagnetica secondo il quale, in presenza di campi magnetici variabili nel tempo, la
circuitazione del campo elettrico , in generale, diversa da zero. , questo, uno dei fenomeni pi
importanti dell'elettromagnetismo: conseguenza immediata che l'integrale di linea di E, esteso a una
linea AB , (la tensione elettrica lungo AB ), in presenza di un campo magnetico variabile nel tempo,
dipende, oltre che dagli estremi A e B, anche dal cammino di integrazione. Quando in una regione
dello spazio esiste un campo magnetico variabile nel tempo, ad esso associato sempre un campo
elettrico rotazionale.
Il termine della densit di corrente di spostamento '  t nell'equazione di Ampre-Maxwell (34)
(o l'equivalente (46) per i punti regolari) descrive il fenomeno dell'induzione magnetoelettrica,
secondo il quale la circuitazione del campo magnetico lungo una linea chiusa non dipende soltanto
dal flusso di J, ma anche dal flusso della derivata di D rispetto al tempo.
L'accoppiamento tra E e H, prodotto dai fenomeni di induzione elettromagnetica e
magnetoelettrica, all'origine del fenomeno della propagazione del campo elettromagnetico 3. In
presenza di mezzi conduttori c' un altro meccanismo che accoppia il campo elettrico al campo
magnetico: un campo elettrico variabile nel tempo produce nei conduttori correnti che generano un
campo magnetico, il quale a sua volta, essendo variabile nel tempo, contribuisce al campo elettrico.
Questo accoppiamento all'origine del fenomeno della diffusione del campo elettromagnetico nei
conduttori (correnti di Foucault).
Osservazione
In tutti i sistemi elettromagnetici artificiali, cio quelli che l'uomo costruisce, le sorgenti reali
(cio quelle che possibile fissare a piacere attraverso manopole), non sono n le cariche libere, n
le correnti libere, ma i campi elettromotori, oppure le tensioni del campo elettrico tra determinate
coppie di punti e lungo certi cammini (si pensi, ad esempio, alle prese di corrente nelle nostre
abitazioni, nei laboratori, etc; in questo ultimo caso le sorgenti entrano in gioco tramite le condizioni
al contorno). Le cariche e le correnti libere che nascono nei corpi conduttori e sulle loro superfici
sono incognite del problema, assieme al campo elettromagnetico. La progettazione di un sistema
elettromagnetico si riduce, in ultima analisi, proprio alla determinazione della struttura fisica del
sistema e delle sorgenti reali che realizzino determinate configurazioni di cariche, correnti e campo
elettromagnetico.

0.4 Equazioni di Maxwell in regime stazionario


Quando il campo elettromagnetico stazionario (ci si verifica se le sorgenti sono costanti nel
tempo e i transitori si sono estinti) il modello matematico si semplifica notevolmente. Le equazioni
del campo elettrico e del campo di corrente si disaccoppiano da quelle del campo magnetico perch
tutti i termini che compaiono sotto derivata temporale nelle equazioni di Maxwell si annullano:

3 A questo proposito vedi G. Franceschetti, Campi Elettromagnetici (Boringhieri, Torino 1983).

13

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

punti regolari

punti di discontinuit

div' = lib 

rot( = 

div- lib = 0 

Q '2 '1 = lib 

Q ( 2 (1 = 

Q - 2 -1 = 0

(48)

div% = 0 

rot+ = - lib 

Q % 2 %1 = 0 

Q + 2 + 1 = - slib 

(49)

Osserviamo subito che il vettore

- lib

figura come incognita nelle (48), laddove, invece, appare

come sorgente del campo magnetico nelle (49). Come poi vedremo, le equazioni (48) consentono di
determinare il campo elettrico e il campo di corrente una volta assegnate le sorgenti, mentre le
equazioni (49) consentono di determinare il campo magnetico prodotto da quel campo di corrente.
0.4.1 Propriet del modello stazionario
Nel regime stazionario, il campo elettrico irrotazionale nelle regioni dello spazio in cui regolare
rot ( =  ,

(50)

ed conservativo rispetto alla circuitazione, cio:

Wdl = 0

(51)

per ogni curva chiusa orientata . Pertanto il campo elettrico in regime stazionario pu essere sempre
espresso attraverso il gradiente

di un potenziale scalare =(P), il cosiddetto potenziale elettrico

scalare,
(

= .

Pertanto per la tensione elettrica v


v


(52)

abbiamo

= ( Wd O = $ % ,


(53)

ed indipendente dalla linea che connette i punti

Il campo di densit di corrente stazionario solenoidale nelle regioni dello spazio in cui regolare
ed conservativo rispetto al flusso, cio:

- lib QdS =0

(54)

per ogni superficie chiusa orientata . Esso, quindi, pu essere sempre espresso attraverso il rotore di
un campo vettoriale T=T(P) (potenziale vettore elettrico)

4 Il gradiente di un campo scalare U (gradU) un campo vettoriale cos definito: si consideri una regione in

cui il campo scalare U definito, un punto P 0 di , e una generica retta orientata s passante per P 0 e un altro
punto P di essa. Si faccia tendere a zero la distanza d( P, P 0 ) tra P e P 0 . Il limite per d( P, P 0 ) 0 del rapporto
incrementale

>

U P U P 0 @  d P P 0 (se esiste ed finito), al variare di s, corrisponde alla componente,

secondo le direzione s, di un vettore univocamente individuato. Esso il gradiente di U in P 0 .

14

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica


-

lib

= rot 7 .

(55)

Il campo magnetico H irrotazionale soltanto nelle regioni prive di correnti libere, mentre non
conservativo rispetto alla circuitazione. Si ha infatti:

Wdl = i

(56)

dove una qualsiasi curva chiusa orientata e i la corrente libera che circola attraverso una
qualsiasi superficie S aperta che ha come orlo (la superficie orientata concordemente con il
verso scelto per secondo la regola del cavatappi)

i = S - lib QdS .

(57)

Sono infinite le superfici S che hanno come orlo. Quale scegliere? Una qualsiasi, poich il flusso
di - lib indipendente dalla particolare superficie scelta, essendo il campo di corrente stazionario
conservativo rispetto al flusso: i dipende unicamente dalla curva . Questo il motivo per cui si usa
l'espressione corrente (o flusso) concatenato con .
Infine il campo magnetico B, come gi abbiamo messo in evidenza, sempre conservativo rispetto
al flusso, anche quando i campi sono variabili nel tempo. Pertanto esso pu essere sempre, e non solo
nel caso stazionario, espresso attraverso il rotore di un campo vettoriale A=A(P) (potenziale vettore
magnetico)
%

= rot$ .

(58)

Per ottenere modelli matematici chiusi, alle leggi dei campi stazionari bisogna aggiungere le
relazioni costitutive dei mezzi materiali, nonch opportune condizioni al contorno. In letteratura,
vengono trattati separatamente i sistemi stazionari in cui circolano correnti e quelli in cui, pure
essendovi conduttori in presenza di campi elettrici, le correnti sono assenti.
Il primo caso descritto dal modello del campo stazionario di corrente. Esso costituito
dall'insieme di equazioni che descrivono

- lib

ed E in un sistema fisico fatto di conduttori in cui

circolino correnti e isolanti .


Il secondo caso descritto dal modello del campo elettrostatico. Esso costituito dall'insieme di
equazioni che descrivono il campo elettrico in un sistema fisico fatto ancora di materiali conduttori e
isolanti, in cui, questa volta, non vi siano correnti (le cariche sono, cio, ferme).
0.4.2 Modello della conduzione stazionaria
Il modello del campo stazionario di corrente costituito dalle equazioni:

punti regolari

punti di discontinuit

rot ( = ,

div - = 0,

(( 2 (1 ) =  ,
Q ( - - ) = 0 ,
2
1

(59)
(60)

15

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica


-

= ( + ( ,

(61)

dove E* un campo elettromotore stazionario assegnato; sia che E* sono in generale non uniformi
e discontinui.
Il rotore di J (e, con esso, la relazione tra le componenti tangenti di J sulle superfici di
discontinuit) si ottiene dalla (59) facendo uso della relazione costitutiva (61); la divergenza di E (e,
con essa, la relazione tra le componenti normali di E sulle superfici di discontinuit) si ottiene dalla
(60) ancora facendo uso della relazione costitutiva (61). Il campo J non conservativo rispetto alla
circuitazione e il campo E non conservativo rispetto al flusso. Una volta determinato E, le cariche
libere si ottengono utilizzando la legge di Gauss per il campo elettrico. Come vedremo in seguito,
queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la
distribuzione dei campi E e J (stiamo omettendo di scrivere il pedice lib).
0.4.3 Modello dellelettrostatica
Il modello dell'elettrostatica dato da:
punti regolari

punti di discontinuit

div ' = lib ,

'2 '1 = lib ,

(62)

rot ( = ,

(( 2 (1 ) =  ,

(63)

'

= (.

(64)

In questo modello le uniche sorgenti sono le cariche ferme. La costante dielettrica , in generale,
non uniforme e discontinua.
Il rotore di D (e, quindi anche, la relazione tra le componenti tangenti di D sulle superfici di
discontinuit) si ottiene dalla (63) facendo uso della la relazione costitutiva (64); la divergenza di E
(e, quindi anche, la relazione tra le componenti normali di E sulle superfici di discontinuit) si
ottiene dalla (62) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva (64). Il campo D non conservativo
rispetto alla circuitazione e il campo E non conservativo rispetto al flusso. Come vedremo in
seguito, queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la
distribuzione dei campi E e D.
Si noti che, una volta assegnato il sistema di conduttori e isolanti, nonch le sorgenti, per stabilire
se siamo in elettrostatica sufficiente verificare che il campo di corrente sia identicamente nullo.
0.4.4 Modello del campo magnetico stazionario
Il modello del campo magnetico stazionario costituito dall'insieme di equazioni che descrivono il
campo magnetico prodotto da

correnti libere assegnate in presenza di materiali con propriet

magnetiche (si pensi, ad esempio, a un elettromagnete o a un induttore su ferrite). Le leggi di questo


modello sono:

16

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

punti regolari

punti di discontinuit

(%2 %1 ) = 0 ,
Q + + = 2
1
slib ,

div % = 0,
rot + = -lib 

= + .

(65)
(66)
(67)

In questo modello le correnti libere sono le sorgenti del campo magnetico. La permeabilit magnetica
, in generale, non uniforme e discontinua.
Il rotore di B (e, con esso, la relazione tra le componenti tangenti di B sulle superfici di
discontinuit) si ottiene dalla (66) facendo uso della relazione costitutiva (67); la divergenza di H (e,
con esso, la relazione tra le componenti normali di H sulle superfici di discontinuit) si ottiene dalla
(65) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva (67). Il campo B non , in generale, conservativo
rispetto alla circuitazione e il campo H non conservativo rispetto al flusso. Come vedremo in
seguito, queste equazioni, insieme alle condizioni al contorno, sono sufficienti per determinare la
distribuzione dei campi B e H.
La relazione costitutiva lineare (67) non , in generale, sufficiente a descrivere il comportamento
dei materiali ferromagnetici: soltanto in condizioni di funzionamento molto particolari (di cui
parleremo pi avanti) possibile ignorare gli effetti dovuti ai fenomeni di isteresi magnetica e di
saturazione. In generale, la relazione costitutiva B-H isteretica e non lineare.
0.4.5 Modello del campo magnetostatico
Il modello del campo magnetostatico costituito dall'insieme di equazioni che descrivono il campo
magnetico prodotto da un sistema con magnetizzazione assegnata e in assenza di correnti libere (ad
esempio, una calamita). Le leggi di questo modello sono:
punti regolari

punti di discontinuit

(%2 %1 ) = 0 ,
Q (+ + ) =  ,
2
1

div % = 0,

rot + = 
%

La magnetizzazione

00

= 0 + + 0 0 .

(68)
(69)
(70)

non uniforme ed discontinua. In questo modello il campo H

conservativo rispetto alla circuitazione e quindi pu essere espresso tramite il gradiente di un campo
scalare (il potenziale scalare magnetico).
Come per il modello del campo magnetico stazionario, il rotore di B (e, con esso, la relazione tra le
componenti tangenti di B sulle superfici di discontinuit) si ottiene dalla (69) facendo uso della
relazione costitutiva (70); la divergenza di H (e, con essa, la relazione tra le componenti normali di H
sulle superfici di discontinuit) si ottiene dalla (68) facendo uso, ancora, della relazione costitutiva
(70). A causa della non uniformit di

00

, il campo B non conservativo rispetto alla circuitazione e

il campo H non conservativo rispetto al flusso.

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

17

La relazione costitutiva (70) descrive approssimativamente il comportamento del materiale con cui
realizzato un magnete permanente. Molto spesso non possibile ignorare gli effetti dovuti alla non
linearit e ai fenomeni di isteresi.

0.5 Approssimazioni quasi-stazionarie delle Equazioni di Maxwell


Le equazioni di Maxwell, con le opportune relazioni costitutive, le condizioni iniziali e le
condizioni al contorno, descrivono tutti i fenomeni dell elettromagnetismo macroscopico, da quelli
caratteristici del regime stazionario ai fenomeni di propagazione pi complicati. Naturalmente la
soluzione esatta di questi problemi spesso difficile e molte volte anche non necessaria. Quando i
campi sono stazionari la soluzione delle equazioni di Maxwell molto pi semplice perch i campi si
disaccoppiano.
I fenomeni descritti dalla teoria dei circuiti sono di tipo elettromagnetico e quindi i concetti e le
leggi di questa teoria devono potersi derivare dalle equazioni di Maxwell. D'altra parte esistono
fenomeni di tipo elettromagnetico previsti dalla teoria di Maxwell e che la teoria dei circuiti non
riesce a descrivere come, ad esempio, quello della propagazione del campo elettromagnetico. Di
conseguenza la teoria dei circuiti descrive una classe ristretta di soluzioni delle equazioni di Maxwell.
I concetti e le leggi della teoria dei circuiti sono molto pi vecchi delle equazioni di Maxwell. Essi
sono nati con lo studio dei campi elettrici e magnetici lentamente variabili nel tempo, quindi le
soluzioni delle equazioni di Maxwell descrivibili attraverso la teoria dei circuiti sono quelle
caratterizzate da campi elettrici e magnetici con variazioni temporali sufficientemente lente.
Sufficientemente lente rispetto a cosa? Certamente rispetto ai tempi caratteristici della propagazione
elettromagnetica, cio proprio rispetto ai tempi che caratterizzano il fenomeno che la teoria dei
circuiti non riesce a descrivere.
Molti importanti problemi di campo lentamente variabile possono essere risolti efficacemente
attraverso approssimazioni successive a partire da un modello stazionario. Il modello stazionario da
cui partire dipende dal sistema fisico in esame: esso deve coincidere con il modello stazionario che
descrive il sistema quando il campo costante nel tempo.
In principio possiamo avere tre situazioni distinte nel limite stazionario:
(a) il campo magnetico tende a zero e il campo elettrico resta diverso da zero;
(b) il campo elettrico tende a zero e il campo magnetico resta diverso da zero;
(c) sia il campo magnetico che il campo elettrico restano diversi da zero.
Nel caso (a) anche il campo di corrente tende a zero e quindi il modello di campo quello
dell'elettrostatica. In questo caso non potendo esserci un campo di corrente, pur essendoci un campo
elettrico, tra i conduttori deve essere frapposto un materiale isolante, cio del materiale con
conducibilit nulla. Un esempio di sistema di questo tipo il condensatore con dielettrico ideale.
Nel caso (b) il modello di campo quello del campo magnetico stazionario. In questo caso
dovendo esserci, per ovvie ragioni, un campo di corrente ed essendo per ipotesi il campo elettrico

18

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

nullo, la corrente deve circolare necessariamente in conduttori con conducibilit infinita. Un esempio
di sistema di questo tipo l'induttore realizzato con un conduttore ideale.
Infine, nel caso (c), evidente che il modello deve essere quello del campo stazionario di corrente
perch c' un campo elettrico in presenza di un campo di corrente. In questo caso la corrente circola
in conduttori con conducibilit finita. Ci quanto si osserva, ad esempio, in un resistore.
Cosa accade quando le grandezze variano nel tempo? Per semplicit, si supponga che tutte le
grandezze del sistema elettromagnetico di interesse varino nel tempo con legge sinusoidale, (cio la
dinamica temporale di ogni grandezza scalare e di ciascuna componente dei campi vettoriali del
tipo a 0 VLQ 2 I t + 0 ). Si supponga, inoltre, in un esperimento di pensiero di disporre di un
sistema con cui potere stabilire, a piacere, il valore da assegnare alla frequenza

. Non ci

preoccupiamo per il momento, di come ci possa essere fatto. Senza affrontare il problema del
calcolo dei campi elettrici, magnetici e di corrente per l'esempio considerato, limitiamoci qui a
riportare i risultati. L'avere supposto una dinamica di questo tipo non costituisce affatto una
limitazione, in quanto, come ben sappiamo, dinamiche temporali ben pi complesse possono essere
sempre rappresentate attraverso una opportuna somma discreta o continua di funzioni sinusoidali.
Nel caso (a), pur considerando grandezze lentamente variabili, si dimostra che gli effetti dovuti al
fenomeno dell'induzione magnetoelettrica nell'equazione di Ampre-Maxwell non possono essere
trascurati; invece possibile trascurare gli effetti dovuti al termine di induzione elettromagnetica
nell'equazione di Faraday-Neumann se la frequenza
I

em

= c  Lc ,

non supera un valore caratteristico


(71)

dove c la velocit della luce nel mezzo, c =1  (stiamo considerando un mezzo omogeneo e
tempo invariante) e L c la dimensione caratteristica pi grande del sistema. Questo modello
approssimato del campo elettromagnetico prende il nome di modello quasi-stazionario elettrico.
Prendiamo ad esempio il condensatore con dielettrico ideale. Se si ignorasse l'effetto della corrente di
spostamento, la corrente che circolerebbe in esso sarebbe sempre nulla e ci sarebbe chiaramente in
disaccordo con quanto si osserva e quanto prevedono le equazioni di Maxwell. Invece, non si
commette un grave errore considerando irrotazionale il campo elettrico se le grandezze variano
lentamente nel tempo.
Nel caso (b), pur considerando grandezze lentamente variabili, si dimostra che gli effetti dovuti al
fenomeno dell'induzione elettromagnetica nell'equazione di Faraday-Neumann non possono essere
trascurati; invece possibile trascurare gli effetti dovuti al termine di induzione magnetoelettrica
nell'equazione di Ampre-Maxwell se la frequenza I non supera il valore caratteristico I em . Il
modello approssimato di campo che ne deriva prende il nome di modello quasi-stazionario
magnetico. Prendiamo, ad esempio, l'induttore realizzato con un conduttore ideale. Se si ignorasse
l'effetto dell'induzione elettromagnetica la tensione tra i suoi terminali sarebbe sempre nulla il che
chiaramente in disaccordo con la teoria e quanto si osserva. Invece, non si commette un grave errore
considerando come unica sorgente del campo magnetico la corrente di conduzione se le grandezze
variano lentamente nel tempo.

19

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Nel caso (c), a causa dellaccoppiamento tra il campo elettrico e il campo di corrente dovuto alla
conduzione, si dimostra che esiste una frequenza caratteristica al di sotto della quale sono trascurabili
sia gli effetti dovuti allinduzione elettromagnetica che quelli dovuti allinduzione magnetoelettrica. Il
modello approssimato di campo che ne deriva quello del campo stazionario di corrente, che
abbiamo gi descritto.
0.5.1 Modello quasi-stazionario elettrico
Il modello quasi-stazionario elettrico il modello approssimato delle equazioni di Maxwell
ottenuto trascurando il termine %  t nell'equazione di Faraday-Neumann (33) (o nell'equivalente
(44)). Pertanto le equazioni di questo modello sono nella formulazione locale:
punti regolari

punti di discontinuit

div' = lib 

rot ( = 
div- lib =

'2 '1 = lib ,

(72)

( 2 ( 1 =  ,
lib
Q - 2 - 1 =
,
t

(73)

lib
t

(74)

A queste equazioni bisogna aggiungere le relazioni costitutive (38) e (40).


In questo modello l'unica legge approssimata quella della circuitazione di E: essa coincide con
quella del limite stazionario e vale, quindi, con approssimazione tanto migliore quanto pi lente sono
le variazioni dei campi. Inoltre, in questo modello le dinamiche del campo elettrico e del campo di
corrente sono indipendenti da quella del campo magnetico. Questo accoppiamento potrebbe essere
realizzato soltanto attraverso opportune relazioni costitutive.
Il campo magnetico, invece, dipende da - lib , - s e D, tramite le equazioni
punti regolari

punti di discontinuit

div % = 0,

(%2 %1 ) = 0 ,

(75)

+2 +1 = -s lib .

(76)

'

rot + = - lib +
t

Pertanto, una volta noto il campo di corrente e il campo elettrico, attraverso le equazioni (75) e (76) e
le relazioni costitutive (38) e (39), possibile determinare il campo magnetico.
0.5.2 Modello quasi-stazionario magnetico
Il modello quasi-stazionario magnetico ottenuto, invece, trascurando la densit di corrente di
spostamento nell'equazione di Ampre-Maxwell (34) (o nell'equivalente (46)). Pertanto le equazioni
in forma locale di questo modello sono:
punti regolari
%

t
div- lib = 0 ,
div% = 0
rot + = - lib 
rot ( =

punti di discontinuit
( 2 ( 1 =  ,

(77)

- 2 - 1 = 0 ,
Q %2 %1 = 0 ,
Q + 2 + 1 = - slib .

(78)
(79)
(80)

Q
Q

20

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

A queste equazioni bisogna aggiungere le relazioni costitutive (39) e (40).


Nel modello quasi stazionario magnetico la legge di circuitazione per E esatta, mentre le
equazioni del campo di corrente e del campo magnetico H sono quelle del limite stazionario e,
quindi, valgono su approssimazione tanto maggiore quanto pi lente sono le variazioni dei campi. La
dinamica del campo magnetico dipende da quella del campo elettrico se sono presenti corpi
conduttori: in essi il campo di densit di corrente dipende dal campo elettrico attraverso la relazione
costitutiva (40). A sua volta il campo elettrico dipende dalla dinamica del campo magnetico
attraverso il termine %  t .
La carica libera pu essere determinata, una volta noto E, per mezzo della relazione costitutiva
(38) e delle equazioni
punti regolari

punti di discontinuit

lib = div'

lib = Q ' 2 '1 .

(81)

Per un approfondimento dei modelli quasi-stazionari il lettore pu consultare: Hermann A. Haus e


James R. Melcher, Electromagnetic Fields and Energy (Prentice Hall, 1989); L. De Menna, G.
Miano, Linear Circuit Elements, in Encyclopedia of Electrical and Electronic Engineering, John
Wiley & Sons Inc., febbraio 1999.
Osservazioni
Diciamo subito che il funzionamento di moltissimi sistemi elettromagnetici, che sono alla base
dello sviluppo tecnologico, descritto adeguatamente, anche se in modo approssimato, da uno dei
modelli quasi-stazionari. Per individuare quale sia il modello quasi-stazionario che approssimi il
funzionamento di un dato sistema nel limite lentamente variabile basta utilizzare il criterio che
abbiamo innanzi introdotto. Si faccia funzionare il sistema nel limite

0 , cio in regime

stazionario. Se accade che il campo magnetico tende a zero e il campo elettrico resta diverso da zero,
allora il modello quasi-stazionario che ne approssima il funzionamento nel limite lentamente
variabile deve essere necessariamente quello quasi-stazionario elettrico. Se invece il campo
elettrico che tende a zero, mentre quello magnetico resta diverso da zero, allora il modello quasistazionario che ne approssima il funzionamento necessariamente quello quasi-stazionario
magnetico. Esistono casi in cui, pure essendo il campo elettromagnetico variabile nel tempo, sono
trascurabili entrambi i fenomeni di induzione e l'unico fenomeno importante quello della
conduzione. In questi casi nel limite stazionario sia il campo elettrico che il campo magnetico sono
diversi da zero. Quando ci accade, la dinamica del campo descrivibile per mezzo del modello del
campo stazionario di corrente. Ad esempio, il funzionamento di resistori, diodi, transistori pu essere
descritto in maniera molto accurata dal modello della conduzione stazionaria se le grandezze
elettromagnetiche variano lentamente.
Non tutte le parti di un sistema elettromagnetico possono essere descritte attraverso lo stesso
modello approssimato. Spesso si incontrano sistemi in cui alcune parti possono essere descritte
tramite il modello quasi-stazionario elettrico, altre tramite il modello quasi-stazionario magnetico,
altre tramite il modello del campo di corrente stazionario e altre possono richiedere il modello

21

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

completo di Maxwell perch gli effetti dovuti alla propagazione non sono trascurabili. Prima di
concludere questo capitolo, riportiamo un esempio di tali sistemi, (vedi figura 1) 5 .
Sulla collina, c' una antenna A, che trasmette segnali televisivi nella banda UHF (300MHz-3GHz;
a 300 MHz la lunghezza d'onda 1m). La distanza tra l'antenna trasmittente A e quella ricevente C
molto pi grande della lunghezza d'onda e gli effetti dovuti ai fenomeni di propagazione non possono
essere trascurati. Di conseguenza, per descrivere il campo nella regione B, bisogna ricorrere al
modello esatto delle equazioni del campo.
Il campo elettromagnetico irradiato dall'antenna A induce delle correnti sulla antenna ricevente C,
che vengono convogliate verso il televisore attraverso una linea di trasmissione costituita da un cavo
coassiale. La lunghezza del cavo pu essere uguale a molte lunghezze d'onda, e quindi anche in
questo caso gli effetti dovuti alla propagazione non possono essere ignorati.
Nel televisore il funzionamento dei transistori, E, e del tubo catodico, D, sono descritti
accuratamente dal modello del campo di corrente stazionario e dal modello quasi-stazionario
elettrico, rispettivamente. Il funzionamento dell'altoparlante, che trasforma il segnale elettrico in
segnale acustico, , invece, descritto dal modello quasi-stazionario magnetico.
Il sistema di generazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica fornisce altri esempi di
campi quasi-stazionari. Il funzionamento del trasformatore F, che in prossimit delle abitazioni
abbassa la tensione, ad esempio, da 9kV a 220V, descrivibile con il modello quasi stazionario
magnetico; e cos pure il funzionamento dell'alternatore H, che nella centrale termoelettrica trasforma
calore in energia elettrica. Analogamente, la maggior parte dell'elettronica

I (schede per

l'acquisizione dei dati, calcolatori, etc), utilizzata per controllare il funzionamento dell'intera centrale,
descritta dal modello quasi-stazionario elettrico e dal modello del campo di corrente stazionario,
come pure il precipitatore elettrostatico L, che serve per rimuovere le particelle solide dai gas di
combustione prima di essere immessi nell'atmosfera. Il sistema di trasmissione di energia elettrica
funziona ad alta tensione (centinaia di chilovolt); pertanto esso pu essere descritto tramite il modello
quasi-stazionario elettrico e cos, anche, gli isolatori G. La frequenza di rete 50Hz e quindi la
lunghezza d'onda 6000 km. La trasmissione di energia elettrica avviene su tratti la cui lunghezza
pu essere anche migliaia di chilometri. Su queste distanze, confrontabili con la lunghezza d'onda,
alcuni effetti dovuti alla velocit finita di propagazione del campo possono essere non trascurabili.

5 Questo esempio stato preso da Hermann A. Haus e James R. Melcher, Electromagnetic Fields and Energy

(Prentice Hall, 1989).

22

Figura 1 Esempi di sistemi elettromagnetici.

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

CAPITOLO 1

IL MODELLO CIRCUITALE

1.1 Introduzione
I circuiti elettrici sono sistemi fisici del tipo esemplificato schematicamente in figura 1. Essi sono
costituiti da un insieme di oggetti, detti componenti (numerati in figura da 1 a 7). Ogni componente
delimitato da una superficie chiusa, detta superficie limite, dalla quale fuoriescono due o pi
conduttori, detti terminali. I terminali sono realizzati con conduttori di elevata conducibilit elettrica
e possono essere quasi sempre considerati filiformi (la loro lunghezza molto maggiore del
diametro). I componenti sono connessi tra loro tramite i terminali per mezzo di opportune
giunzioni detti nodi 1 .

Figura 1 Esempio di circuito elettrico.


Nell'esempio proposto in figura 1, esistono tre tipi di componenti. Quelli numerati 1, 3, 4, 5, 7
hanno due soli terminali e sono, per questo motivo, detti componenti a due terminali (gli esempi pi
comuni sono una lampadina, una stufa elettrica, una batteria, una dinamo, un resistore, un
condensatore, un induttore, un diodo a giunzione pn, un generatore di segnale, un amperometro, un
voltmetro, un oscilloscopio). Il componente 2 ha, invece, tre terminali ed quindi detto componente a
tre terminali (l'esempio pi comune il transistore; ve ne sono di diversi tipi). Il componente 6 ha
1 Nella realizzazione di un circuito, spesso, necessario utilizzare ulteriori conduttori filiformi (conduttori di

collegamento) per potere connettere i componenti cos come il progetto richiede.

24

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

quattro terminali, raggruppati a due a due (l'esempio pi comune il trasformatore). Pi in generale,


in un circuito possono esistere componenti con un numero arbitrario di terminali (si pensi, a esempio,
a un circuito integrato oppure a una scheda elettronica). A essi si d il nome di componenti a n
terminali. Il singolo componente realizza funzioni elementari che dipendono dalla sua struttura
fisica, mentre il circuito progettato per realizzare funzioni pi complesse. Esempi tipici di circuiti
sono: una rete per il trasporto e la distribuzione di energia elettrica, un circuito alimentatore, un
circuito amplificatore, un modulatore, un circuito oscillante, un demodulatore, un filtro, una
memoria, un microprocessore.
In un circuito elettrico il funzionamento di ogni singolo componente (e quindi dell'intero circuito)
, in ogni istante, determinato dalla interazione tra il componente stesso e il resto della rete. In altre
parole, si pu dire che esso il frutto della interazione tra due diverse esigenze: che il componente si
comporti in modo compatibile con la sua specifica natura e che tale comportamento sia a sua volta
compatibile con quello di tutti gli altri componenti presenti nella rete.
I circuiti sono progettati e realizzati in modo tale da essere verificata con eccellente
approssimazione (in situazione di funzionamento nominale) le seguenti condizioni:

()

Il funzionamento del singolo componente descritto adeguatamente e univocamente dalle


correnti elettriche che circolano nei suoi terminali e dalle tensioni elettriche tra i suoi terminali:
le relazioni tra le tensioni e le correnti del componente dipendono unicamente dalla sua
costituzione fisica e non dal circuito in cui il componente inserito.

()

Le interazioni tra i componenti del circuito avvengono esclusivamente attraverso i terminali,


cio attraverso le correnti e le tensioni, e le leggi che le regolano dipendono esclusivamente dal
modo in cui i componenti sono collegati e non dalla loro specifica natura.

Le relazioni costitutive descrivono il funzionamento dei singoli componenti, e le leggi di Kirchhoff


ne regolano l'interazione. Le equazioni che ne derivano sono le equazioni circuitali . Esse sono
loggetto di studio di questo libro.
Osservazioni
Il termine circuito elettrico, quindi, non sta ad indicare soltanto l'oggetto fisico cui si riferisce, ma
qualcosa di pi: con esso si indica un sistema elettromagnetico che funziona in modo da verificare le
condizioni () e ( ). In seguito mostreremo, tramite alcuni esempi, come uno stesso sistema possa
verificare tali propriet oppure no, a seconda della velocit di variazione temporale delle sorgenti del
campo elettromagnetico, e cio dei generatori.
Le limitazioni () e ( ) sono di fondamentale importanza dal punto di vista tecnologico. La
condizione () assicura che le caratteristiche di un componente, in condizione di corretto
funzionamento, dipendono esclusivamente dalla sua costituzione fisica e non dal circuito in cui
inserito. Ci ne consente la costruzione indipendentemente dall'uso che poi se ne far. Si provi a
immaginare come sarebbe complicato costruire un circuito, se le leggi che governano il
funzionamento dei componenti dipendessero sensibilmente dal circuito in cui sono inseriti.
La condizione ( ) assicura che il funzionamento del circuito dipende solo dal modo in cui i
componenti sono collegati, e non dalle loro posizioni (spaziali) relative. Questo un prerequisito

25

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

fondamentale per la robustezza di un circuito (provate a immaginare cosa accadrebbe se il


funzionamento di un circuito della memoria di un calcolatore elettronico dipendesse sensibilmente
dalla distanza tra i singoli componenti.
Durante il funzionamento di un circuito, lo spazio (sia interno che esterno a ciascun componente e
a ciascun terminale), sede di campi elettrici e magnetici, di correnti elettriche, nonch di
distribuzioni di cariche. La dinamica di queste grandezze descritta dal modello costituito dalle leggi
di Maxwell e dalle relazioni costitutive dei mezzi materiali.
Sebbene, una descrizione esatta del funzionamento di un circuito richieda, almeno in principio,
la soluzione delle equazioni del campo elettromagnetico, un modello approssimato, notevolmente
semplificato e al contempo sufficientemente adeguato, disponibile. Esso il modello circuitale, ed
costituito dall'insieme delle leggi che regolano la dinamica delle correnti e delle tensioni, e cio le
leggi di Kirchhoff e le relazioni costitutive dei componenti. Queste equazioni possono essere dedotte
dalle leggi di Maxwell e dalle relazioni costitutive dei materiali, assumendo alcune limitazioni sul
funzionamento del sistema elettromagnetico, limitazioni che, come vedremo, sono caratteristiche
peculiari dei circuiti.
Per descrivere in modo non ambiguo queste limitazioni, cominciamo col distinguere le diverse
regioni in cui lo spazio fisico pu essere suddiviso per effetto della presenza del circuito. Siano:

c1 , c2 ,..., cN

le superfici chiuse -superfici limite - che delimitano i diversi componenti;

t1, t2 ,..., tr
1c ,c2 ,..., cN
1t ,t2 ,...,tr

le regioni interne alle superfici limite 1 , 2 ,..., N ;


t
t
t
le regioni interne alle superfici tubolari 1, 2 ,..., r ;

una parte limitata del restante spazio, che avvolga tutto il circuito (per definizione

le superfici chiuse e tubolari che delimitano i conduttori terminali;


c

esterno a esso), costituita da materiale isolante.


Indichiamo con ext l'unione delle regioni 1t , 2t , ..., tr e 0 e con int l'unione delle regioni
c
c
c
c
1 , 2 ,. .., N 1 e N : ext rappresenta la regione dello spazio esterna alle superfici limite, quindi la
regione esterna ai componenti. Il campo di densit di corrente di conduzione nullo nella regione
0 , perch il mezzo materiale che riempie 0 un isolante (=0). Il campo elettrico nullo nelle
t

regioni 1 ,2 ,...,r , perch, per ipotesi, i terminali sono conduttori ideali (= ). Ricordiamo che il
campo elettrico in un conduttore ideale deve essere necessariamente nullo, altrimenti si avrebbe un
campo di densit di corrente illimitato.

1.2 Interazione tra i componenti: un modello di campo approssimato


Le limitazioni da imporre, affinch la condizione () sia verificata, e quindi l'interazione tra i
componenti sia descrivibile attraverso il modello circuitale, riguardano essenzialmente il campo
elettrico e il campo di corrente nella regione ext e sono le seguenti:

26

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(I)

Il flusso del campo di densit di corrente di conduzione attraverso qualsiasi superficie chiusa
c c
c
che non tagli alcuna delle superfici limite 1 , 2 ,..., N , deve essere trascurabile in ogni
istante.

(II)

La circuitazione del campo elettrico lungo qualsiasi linea chiusa che non fori le superfici
c c
c
limite 1 , 2 ,..., N , deve essere trascurabile in ogni istante.

Diciamo subito che la prima condizione la generalizzazione della legge di Kirchhoff per le correnti
e la seconda la generalizzazione della legge di Kirchhoff per le tensioni. Naturalmente, per
attribuire un significato non ambiguo ad entrambe le condizioni, occorre specificare il significato del
termine trascurabile che in esse figura.
Per quel che riguarda la prima condizione cominciamo col notare che se la superficie chiusa non
taglia nessun conduttore terminale, allora essa verificata esattamente, perch il campo J (stiamo
omettendo il pedice lib), identicamente nullo in 0 (ricordiamo che non pu tagliare nessuna
superficie limite). Pertanto gli unici casi significativi sono quelli in cui viene tagliato almeno un
conduttore terminale. facile convincersi, inoltre che, se taglia un conduttore terminale, allora
necessariamente deve tagliare almeno un altro terminale, oppure due volte lo stesso terminale in due
sezioni diverse ( non pu tagliare alcuna superficie limite e stiamo escludendo che vi siano

terminali scollegati).
Si consideri, ad esempio, una superficie chiusa orientata che tagli due conduttori terminali,
2t in figura 2a. Si indichino con S1 e S2 le parti della superficie passanti per 1t e 2t ,

1t e

rispettivamente. Quando si dice che il flusso di J attraverso la superficie chiusa deve essere
trascurabile, si vuole dire che esso deve essere trascurabile rispetto al flusso di J attraverso ciascuna
delle superfici S1 e S2 , cio deve essere

J ndS = S J ndS + SJ ndS << SJ ndS SJ ndS .


1

(1)

Figura 2 Superficie di riferimento per la (1) (a) e linee di riferimento per la (2) (b).
Analogamente si procede per la circuitazione di E lungo la linea . innanzi tutto evidente che,
se la linea chiusa appartiene interamente a un conduttore terminale, allora la (II) verificata
esattamente, perch il campo E identicamente nullo ( non pu forare nessuna superficie limite).
Pertanto gli unici casi significativi sono quelli in cui passa, almeno in parte, per 0 . Si consideri
una linea chiusa e orientata passante in parte per 0 e in parte attraverso le giunzioni di alcuni

27

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

conduttori terminali e che non fori nessuna superficie limite, e la si suddivida, ad esempio, in almeno
due tratti orientati 1 e 2 , cos come viene descritto in figura 2b. Quando diciamo che la
circuitazione di E lungo la linea chiusa deve essere trascurabile, vogliamo dire che essa deve
essere trascurabile rispetto alle tensioni di E lungo entrambi i tratti 1 e 2 , cio deve essere

E tdl = E tdl + E tdl << E tdl E tdl .


1

(2)

Al limite, nel regime stazionario abbiamo

J ndS = 0 ,
E tdl = 0 ,

(3)
(4)

e le condizioni (I) e (II) sono verificate esattamente. Quando i campi variano nel tempo le relazioni
(1) e (2) e quindi le condizioni (I) e (II) sono senz'altro verificate se valgono, rispettivamente, le
condizioni (le superfici e linee sono ferme)
d
dt D ndS <<

SJ ndS SJ ndS ,
1

d
dt SB ndS << E tdl E tdl ,

(5)

(6)

dove S una qualsiasi superficie che ha come orlo la linea . La (3) stata ottenuta applicando la
legge di Ampre-Maxwell e la (4) la legge di Faraday-Neumann.
La condizione (5) verificata se il fenomeno dell'induzione magnetoelettrica trascurabile, cio se
sono trascurabili gli effetti della corrente di spostamento nella legge di Ampre-Maxwell rispetto alle
correnti di conduzione; la condizione (6) significa che deve essere trascurabile il fenomeno
dell'induzione elettromagnetica.
Si dimostra che, affinch entrambe le condizioni (5) e (6) siano verificate, le variazioni temporali
dei campi devono essere sufficientemente lente, tanto lente da rendere trascurabili i fenomeni di
propagazione elettromagnetica nella regione di spazio ext 2. Comunque questa solo una
condizione necessaria. Infatti, in molti sistemi elettromagnetici pu essere trascurabile il fenomeno
della propagazione, pur non essendo trascurabile il fenomeno dell'induzione elettromagnetica ( il
caso, ad esempio, degli induttori e delle macchine elettriche) e in altri sistemi pu essere ancora
trascurabile il fenomeno della propagazione pur non essendo trascurabile quello dell'induzione
magnetoelettrica ( il caso, ad esempio, dei condensatori). Ci dovuto al fatto che in un dato
sistema elettromagnetico non detto che entrambi i fenomeni di induzione siano sempre importanti.
Pertanto, affinch le (5) e (6) valgano contemporaneamente, deve essere trascurabile nella regione
ext non solo il fenomeno della propagazione, ma tutti gli effetti dovuti al solo fenomeno di
induzione elettromagnetica o al solo fenomeno di induzione magnetoelettrica.
Ora chiara la ragione per la quale abbiamo limitato la (I) alle sole superfici che non
tagliassero le superfici limite e la (II) alle sole linee che non le forassero. Ad esempio, se
2 interessante notare che la limitazione (I) e quindi la (5) sono verificate anche quando il fenomeno di

propagazione non affatto trascurabile, come ad esempio in un'antenna dipolare. Ci dovuto al fatto che pur
non essendo trascurabile il fenomeno dell'induzione magnetoelettrica, a causa delle particolari simmetrie, il
flusso di D attraverso qualsiasi superficie chiusa che non tagli l'antenna istante per istante uguale a zero.

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tagliasse la superficie limite di un condensatore, certamente la (I) non sarebbe valida, e se la linea
forasse la superficie limite di un induttore nemmeno la (II) sarebbe pi valida (ritorneremo in seguito
su questa questione).
Si dimostra che lecito ignorare gli effetti dovuti alla propagazione, se, come abbiamo gi
ricordato nel precedente capitolo, la frequenza caratteristica del campo f c molto pi piccola della
frequenza caratteristica f em = c / L c , dove c la velocit della luce nella regione ext e L c la
dimensione caratteristica del circuito, ovvero se la dimensione caratteristica del circuito molto
minore della lunghezza d'onda caratteristica del campo elettromagnetico, L c << c = c / f c .
Per potere ignorare, invece, gli effetti dovuti alla sola induzione elettromagnetica o alla sola
induzione magnetoelettrica, bisogna garantire che siano trascurabili gli accoppiamenti di tipo
induttivo tra i componenti (bisogna che siano trascurabili anche gli accoppiamenti induttivi con i
conduttori di collegamento). Non esistono criteri generale che assicurino che questi effetti siano
trascurabili. Bisogna necessariamente analizzare, utilizzando i modelli quasi-stazionari, caso per caso
gli effetti dovuti a questi accoppiamenti. Comunque, possiamo assumere che tutti i circuiti e i
componenti circuitali sono progettati in maniera tale che gli effetti degli accoppiamenti induttivi e
della propagazione siano sempre trascurabili quando i circuiti e i componenti funzionano nelle
condizioni nominali.
Osservazione
Per quanto sia piccola la derivata temporale del flusso del campo magnetico, la condizione (6) (e
quindi la limitazione (II) ) pu non essere verificata per ogni scelta possibile di . Se, ad esempio, si
scegliesse il tratto 2 (vedi figura 2b) in modo tale che una sua parte sia costituita da N spire
perfettamente sovrapposte, la differenza tra le due tensioni non sarebbe pi trascurabile per N
abbastanza grande. Nella teoria dei circuiti sufficiente richiedere che la (6) (e quindi la (II) ) siano
verificate per cammini che escludono percorsi di questo tipo, cio gli ordini di grandezza delle
lunghezze dei singoli tratti e dell'intera curva chiusa devono essere confrontabili tra loro. Ci
riferiremo a cammini di questo tipo con l'espressione cammini ragionevoli.
Da tutte queste considerazioni, discende che, i circuiti e i componenti sono progettati e realizzati in
modo tale che, in condizioni di funzionamento nominale siano verificate le condizioni (I) e (II) per il
campo elettromagnetico nella regione ext pur essendo variabile nel tempo. Allora nella regione
ext di un circuito

J ndS 0

(7)
c

per ogni superficie chiusa orientata che non tagli nessuna delle superfici limiti 1 , 2 ,..., N e

E tdl 0

(8)
c

per ogni linea chiusa orientata che non fori nessuna delle superfici limite 1 , 2 ,..., N . Si noti
che queste equazioni sono verificate esattamente nel limite stazionario.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

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Le relazioni (7) e (8) sono le leggi del campo stazionario di corrente in forma integrale nella
regione ext . Siccome ext non n a connessione lineare semplice e n a connessione superficiale
semplice, le (7) e (8) non sono, rispettivamente, equivalenti a
divJ 0

in

ext ,

(9)

rot E 0

in

ext ,

(10)

ma contengono vincoli ulteriori. Per ottenere la (7) dalla (9) bisogna imporre che la (7) sia valida
almeno per le superfici limite di tutti i componenti e per ottenere la (8) dalla (10) bisogna imporre
che la (8) sia valida almeno per tutte le curve chiuse che si sviluppano sulle superfici limite di tutti i
componenti. Pertanto la fondatezza delle condizioni (5) e (6), e quindi delle (7) e (8) anche se
riguardano superfici e linee esterne alle superfici limite, dipende, ovviamente, anche da ci che
accade all'interno delle superfici limite, e quindi dalla costituzione fisica dei singoli componenti.
Comunque ritorneremo su questa questione pi avanti, quando verr analizzato il funzionamento di
alcuni componenti canonici.
Le relazioni (7) e (8), da cui derivano, come tra poco vedremo, le leggi di Kirchhoff, garantiscono
che l'interazione tra i componenti dipende solo da come essi sono collegati e non dalla loro
costituzione fisica, e quindi assicurano che la condizione () sia verificata. Tuttavia, esse non bastano
da sole, come pi avanti vedremo, ad assicurare che sia verificata anche l'altra condizione, quella che
abbiamo chiamato ().

1.3 Corrente elettrica nel terminale e tensione elettrica tra due terminali
Le relazioni (7) e (8) descrivono le interazioni tra i diversi componenti del circuito, e come tra
poco vedremo, le leggi di Kirchhoff sono una loro diretta conseguenza. A partire da esse possibile
definire, senza nessuna ambiguit, la corrente nel generico terminale e la tensione tra due generici
terminali di un componente.
Sia S una generica sezione di un terminale di un componente. Si vede subito che il flusso di J
attraverso S , con buona approssimazione, indipendente dalla particolare sezione scelta, (basta
applicare la (7) a una superficie chiusa che interseca il terminale in due sezioni diverse). Ci vero se
sono trascurabili gli effetti delle cariche distribuite lungo i terminali, il che ampiamente verificato
se il terminale abbastanza sottile e la sua lunghezza molto pi piccola della lunghezza d'onda
caratteristica. Da ci discende la possibilit di associare a ciascun terminale, in modo univoco, la
corrente elettrica i = i(t) che in esso circola,
i = SJ ndS .

(11)

Per calcolare il flusso di J attraverso la generica sezione del terminale bisogna orientare la superficie
aperta S. Due sono le possibili scelte per il verso della normale n : indichiamo con i u la corrente
ottenuta scegliendo n uscente dalla superficie limite del componente e con i e la corrente ottenuta
scegliendo n entrante nella superficie limite. immediato che i u = i e . Le frecce che accompagnano
i simboli i u e i e in figura 3 stanno a indicare proprio i due possibili versi della normale n . A esse

30

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diamo il nome di riferimenti per il verso della corrente. Quando il riferimento per il verso della
corrente una freccia entrante nella (uscente dalla) superficie limite del componente allora la
normale n nell'integrale (11) entrante in (uscente da) essa.

Figura 3

La corrente nel terminale indipendente dalla particolare sezione. Sono possibili due
scelte per i riferimenti del verso della corrente.

Si consideri, ora, la tensione elettrica


v = PEP tdl ,
i

(12)

dove P i e P j sono due punti appartenenti ai due terminali (essi possono appartenere allo stesso
componente o a componenti diversi) e una linea che li congiunge. Per la condizione (8) v
indipendente dal cammino , purch non fori nessuna superficie limite. Si noti anche che v non
dipende nemmeno dai particolari punti P i e P j scelti nei rispettivi terminali, perch il campo
elettrico nei conduttori terminali (supposti ideali) nullo. Pertanto v la tensione elettrica tra il
terminale i e il terminale j. Le frecce che accompagnano i simboli v e v * stanno a indicare le
due possibili orientazioni di . A esse diamo il nome di riferimenti per il verso della tensione: il
riferimento per il verso della tensione una freccia che punta verso il terminale i (terminale j) se
il verso di va dal terminale i al terminale j (dal terminale j al terminale i); la tensione con il
riferimento che punta verso il terminale i uguale all'opposto di quella con il riferimento che punta
verso il terminale j, figura 4. Si osservi che la tensione tra due terminali coincide con la tensione tra
le giunzioni a cui i due terminali sono connessi.

Figura 4

La tensione tra due terminali non dipende dal percorso purch non fori nessuna
superficie limite. Sono possibili due scelte per i riferimenti dei versi.

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31

Si consideri, ora, un circuito, e si applichino le equazioni (7) e (8). In questo modo possibile
determinare le relazioni tra le correnti (applicando la (7)) e le relazioni tra le tensioni (applicando la
(8)) che regolano l'interazione tra i componenti. Facendo uso della definizione di corrente nel
terminale e di tensione tra i terminali si ottengono le relazioni

k ()i k 0 ,
h ()v h 0 .

(13)
(14)

La relazione (13) si riferisce a una qualsiasi superficie chiusa orientata che, come al solito, non
tagli alcun componente, e la (14) a una qualsiasi linea chiusa orientata che, come al solito, non fori
alcun componente. I riferimenti per i versi delle correnti e delle tensioni sono arbitrari, cos come
arbitraria la scelta del verso della normale a e il verso di percorrenza di .
Nella (13) i k la corrente del k-esimo terminale che fora la superficie . Essa deve essere
sommata con il segno + se il riferimento per il verso di i k , cio n k , concorde con il versore n della
superficie , e con il segno se il riferimento per il verso di i k discorde con n . Le correnti dei
terminali che non forano la superficie in considerazione non compaiono, ovviamente, nella
sommatoria.
Nella (14) v h la tensione lungo un tratto h di che congiunge due terminali. Essa deve essere
sommata con il segno + se il riferimento per il verso di v h , cio t k , concorde con il versore t della
curva e con il segno se il riferimento per il verso di v h discorde con t .

1.4 Circuiti di bipoli


Da ora in poi ci si limiter a considerare circuiti costituiti da soli componenti a due terminali. Un
esempio illustrato in figura 5. Risultati analoghi valgono per i circuiti costituiti anche da
componenti con pi di due terminali: per non appesantire l'esposizione affronteremo pi avanti (nel
Capitolo 6), quando occorrer, quest'ultimo aspetto.

Figura 5. Circuito elettrico costituito da soli componenti a due morsetti.


Cominciamo col descrivere le propriet caratteristiche fondamentali dei componenti a due
terminali. Dalle (7) e (8) discende subito che a ciascuno di essi possibile associare, in maniera
univoca, una corrente elettrica (figura 6a) e una tensione elettrica (figura 6b). La seconda propriet
conseguenza del fatto che il componente ha due soli terminali. La prima propriet si ottiene

32

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

applicando la (7). Si consideri una superficie chiusa che racchiuda il componente e tagli, quindi,
entrambi i terminali. Dalla condizione (7) si ha che la corrente entrante nel terminale a , con
buona approssimazione, uguale a quella uscente dal terminale b.

Figura 6 (a) e (b) approssimazioni alla base del concetto di bipolo; (c) il componente a due terminali
rappresentato da un componente ideale che il bipolo.
Dalle considerazioni svolte precedentemente, si ha che, ciascun componente fisico con due terminali
pu essere rappresentato da un componente ideale (figura 6c), anche esso con due terminali, cos
definito:
la corrente con riferimento entrante in un terminale sempre uguale a quella con riferimento
uscente dall'altro morsetto.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

33

la tensione tra i due terminali indipendente dal particolare cammino purch esso non fori
nessuna superficie limite (nemmeno quelle degli altri componenti).

Queste due propriet del componente ideale sono definite con precisione, mentre nei componenti
reali, che essi rappresentano, sono verificate approssimativamente (sono verificate esattamente solo
nel regime stazionario). Per distinguerli da quelli reali, i componenti ideali saranno chiamati bipoli.
Le due condizioni, appena enunciate, non bastano a caratterizzare completamente il concetto di
bipolo. Per la condizione (), il funzionamento di ogni componente a due terminali deve essere
descritto univocamente attraverso la corrente i e la tensione v, e la relazione tra i e v deve
dipendere unicamente dalla sua costituzione fisica (non deve dipendere, ad esempio, dal circuito in
cui il componente inserito). Questa l'altra propriet che sta alla base del concetto di bipolo. Questa
questione sar approfondita pi avanti.
In figura 6c illustrata la rappresentazione schematica di un generico bipolo; questo tipo di
rappresentazione molto utile per indicare i versi dei riferimenti della corrente e della tensione. La
corrente i la corrente nel terminale a del componente reale che il bipolo rappresenta con il verso
di riferimento entrante nella superficie limite, e la tensione v la tensione con il verso di riferimento
che punta verso il terminale a.
Osservazione
Per ciascun bipolo, possono essere fatte due possibili scelte per il verso di riferimento della
corrente, e due per quello della tensione. In totale, ne risultano quattro possibili combinazioni (vedi
figura 7). Come si vede nella figura 7, le quattro possibilit (a, b, c, d) possono essere raggruppate a
due a due: nella (a) e nella (d) la freccia associata alla tensione punta verso il terminale in
corrispondenza del quale la freccia della corrente entrante; nella (b) e nella (c) la freccia associata
alla tensione punta verso il terminale in corrispondenza del quale la freccia della corrente uscente.

Figura 7 (a) e (d) Convenzione dell'utilizzatore (o convenzione normale); (b) e (c) convenzione del
generatore.
Le scelte (a) e (d) vengono indicate dicendo che, in entrambi i casi, si fatta per il bipolo la
convenzione dell'utilizzatore o convenzione normale; nei casi (b) e (c), si dice, invece, che si
fatta la convenzione del generatore. Queste espressioni indicano soltanto i modi in cui si
liberamente deciso di effettuare le due scelte (indipendenti tra loro) per i versi di riferimento della

34

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

corrente e della tensione: esse - bene notarlo esplicitamente - non hanno alcun significato che si
riferisca alla natura fisica del bipolo considerato.
In figura 8a rappresentato il circuito di bipoli corrispondente al circuito elettrico rappresentato in
figura 5. Nel circuito di bipoli rappresentato in figura 8a stata fatta ovunque la convenzione
dell'utilizzatore. Salvo avviso contrario, in queste lezioni sar usata sempre questa convenzione. In
questo tipo di rappresentazione vengono messe in evidenza le correnti e le tensioni corrispondenti a
ogni componente e il modo in cui i componenti sono tra loro connessi. Come tra poco vedremo le
leggi fondamentali della teoria dei circuiti si basano unicamente su questi elementi. bene notare che
in questa rappresentazione non c' nessuna informazione sulla forma e dimensione dei singoli
componenti e n sulla distanza tra di essi.

Figura 8 (a) Circuito di bipoli corrispondente al circuito elettrico rappresentato in figura 5; (b), (c) e
(d) tre possibili maglie.

1.5 Le leggi di Kirchhoff


Per descrivere l'interazione tra i componenti di un circuito non c' bisogno di imporre le relazioni
(13) per ogni superficie chiusa ammissibile e le relazioni (14) per ogni curva chiusa ammissibile.
Come ora faremo vedere sufficiente considerare solo un sotto insieme finito di esse. Per individuare
questo sotto insieme necessario introdurre alcuni concetti preliminari. Ancora una volta, solo per
non appesantire l'esposizione, faremo riferimento a un circuito di soli bipoli.
Definizioni

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Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Un nodo una qualsiasi giunzione di un circuito in cui i terminali di diversi bipoli sono collegati
tra loro, oppure, al limite, un qualsiasi terminale isolato (nell'esempio riportato in figura 8a,
abbiamo 5 nodi, che sono stati etichettati con

1 ........ 5 ).

Un percorso un cammino tra i due terminali di uno stesso bipolo che non fori nessuna superficie
limite.
Una maglia un cammino chiuso di percorsi in cui due e solo due di essi incidono in ciascun nodo
(nell'esempio riportato in figura 8 abbiamo tre maglie, M1, M2 e M3).
Dalla arbitrariet della superficie chiusa cui si riferisce la (13), deriva subito che essa pu essere
applicata, in particolare, a ogni superficie chiusa che contenga al suo interno un solo nodo. Se ne trae,
allora, la legge di Kirchhoff per le correnti.
Legge di Kirchhoff per le correnti
In ogni nodo la somma algebrica delle correnti uguale a zero in ogni istante, cio

k ()ik = 0 .

(15)

Nella (15) intervengono con lo stesso segno le correnti il cui riferimento per il verso entrante nel
nodo e con il segno contrario le correnti con riferimento opposto. Ad esempio, la corrente i k deve
essere sommata con il segno + se il verso del suo riferimento uscente dal nodo e con il segno se
entrante. Si noti che per scrivere la legge di Kirchhoff per le correnti bisogna, innanzi tutto, assegnare
i riferimenti per i loro versi. La scelta dei riferimenti arbitraria.
Esempio
Applicare la prima legge di Kirchhoff al circuito illustrato in figura.

Figura 9 Nodo di un circuito


Dall'arbitrariet della linea chiusa cui si riferisce la (14), deriva subito che essa pu essere
applicata, in particolare, a ogni maglia. Se ne trae, allora, la legge di Kirchhoff per le tensioni.
Legge di Kirchhoff per le tensioni
Per ogni maglia, la somma algebrica delle tensioni dei bipoli uguale a zero in ogni istante, cio

h ( )v h = 0 .

(16)

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Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nella (16) intervengono con lo stesso segno le tensioni il cui riferimento per il verso concorde con
il verso orario e con il segno contrario le tensioni con riferimento opposto. Ad esempio, la tensione
v h deve essere sommata con il segno + se il verso del suo riferimento concorde con il verso orario
di percorrenza della maglia, e con il segno se discorde. Si noti che per scrivere la legge di
Kirchhoff per le tensioni bisogna, innanzi tutto, assegnare i riferimenti per i loro versi. La scelta di
questi riferimenti arbitraria.
Le (15) e (16) vanno, rispettivamente, sotto il nome di legge di Kirchhoff per le correnti (LKC) e
di legge di Kirchhoff per le tensioni (LKT) 3 (o equivalentemente prima legge di Kirchhoff e seconda
legge di Kirchhoff, rispettivamente). Le equazioni che si ottengono applicando le leggi di Kirchhoff
prendono il nome di equazioni di Kirchhoff.
Esempio
Applicare la seconda legge di Kirchhoff alla maglia illustrata in figura

Figura 10 Maglia di un circuito.


Osservazione
A differenza delle relazioni (13) e (14), le leggi di Kirchhoff sono definite con precisione, perch
descrivono il funzionamento di un circuito idealizzato, il circuito di bipoli. Esse costituiscono le due
(e sole) leggi fondamentali della Teoria dei Circuiti e valgono in tutte le circostanze nelle quali
valgono le limitazioni (7) e (8) (e soltanto in queste).
Le leggi di Kirchhoff descrivono le interazioni tra i diversi componenti del circuito. Esse non
dipendono n dalla natura, n dalle posizioni spaziali relative dei componenti, ma solo dal modo in
cui essi sono connessi. Dunque la condizione () ampiamente verificata.
Esempio
Si scrivano le leggi di Kirchhoff per il circuito di bipoli illustrato in figura 11 (esso rappresenta il
circuito fisico schematizzato in figura 5). In questo circuito ci sono 6 bipoli, 5 nodi e tre maglie.
3 Il modello circuitale stato ottenuto, a partire dal modello di campo, attraverso certe limitazioni e

approssimazioni. In letteratura esiste un approccio alternativo (vedi ad esempio, in G. Biorci, FONDAMENTI


DI ELETTROTECNICA Circuiti, UTET), in cui le leggi fondamentali dei circuiti vengono introdotte come
postulati. In questo contesto alle leggi fondamentali si d, spesso, il nome di Principi di Kirchhoff. Anche se un
approccio assiomatico alla teoria dei circuiti pu risultare pi agevole di quello che stiamo presentando, in
quanto il bagaglio di nozioni preliminari che lo studente deve apprendere ridotto al minimo, esso, comunque,
estremamente carente dal punto di vista della comprensione fisica. In particolare non d n gli strumenti
necessari a capire i limiti di applicabilit del modello circuitale e n le tecniche per superare questi limiti.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

37

Utilizzando la prima legge di Kirchhoff otteniamo le 5 equazioni per le correnti


nodo 1

i 1 + i6 = 0,

nodo 2

i1 + i 2 = 0,

nodo 3 i 2 + i3 = 0,
nodo 4 i 3 i 4 + i 5 = 0,
nodo 5

(17)

i 4 i5 i 6 = 0.

Figura 11 Un circuito di bipoli.


Le maglie del circuito sono:
M1 bipolo 1-bipolo 2-bipolo 3-bipolo 4-bipolo 6;
M2 bipolo 4-bipolo 5;
M3 bipolo 1-bipolo 2-bipolo 3-bipolo 5-bipolo 6.
Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alle maglie otteniamo il sistema di equazioni per le
tensioni:
M1

v1 + v 2 + v 3 v 4 v 6 = 0,

M2

v 4 + v 5 = 0,

M3

v1 + v 2 + v 3 + v5 v 6 = 0.

(18)

Le equazioni dei sistemi (17) e (18) non sono tutte indipendenti (una analisi per ispezione diretta
mostra che, possibile estrarre solo sei equazioni indipendenti, quattro dal sistema (17) e due dal
sistema (18)); questo argomento verr trattato ampiamente in seguito.
In un circuito con 6 bipoli le grandezze elettriche da determinare sono le sei correnti i1 ,..., i 6 e le
sei tensioni v 1 ,.. ., v 6 , quindi le incognite sono dodici. Il sistema di equazioni (17) e (18) contiene
solo sei equazioni indipendenti, quindi non sufficiente a determinare la soluzione del circuito, dove
per soluzione del circuito intendiamo l'insieme delle grandezze i1 ,..., i 6 , v 1 ,.. ., v 6 . Di conseguenza per
ottenere un sistema chiuso e ben posto abbiamo bisogno di altre sei equazioni tra loro indipendenti e
indipendenti anche da quelle ottenute tramite le leggi di Kirchhoff. Le equazioni che mancano sono le
sei equazioni che descrivono il funzionamento di ciascun bipolo, cio le relazioni costitutive dei sei
bipoli.
Osservazione
Le equazioni, che si ottengono dalle leggi di Kirchhoff, non sono tutte quelle che possono essere
ottenute applicando le (13) e (14) a tutte le superfici chiuse e linee chiuse ammissibili. Ad esempio,

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Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

se nel circuito rappresentato in figura 8a si applica la (13) ad una superficie chiusa che racchiude il
nodo 1 e il nodo 2 si ha i 2 + i 6 = 0 . immediato verificare che questa equazione pu essere ottenuta
combinando le equazioni per le correnti relative ai nodi 1 e 2. In generale l'equazione per le correnti
ottenuta applicando la (13) a una qualsiasi superficie chiusa ammissibile pu essere ottenuta
combinando opportunamente le equazioni di Kirchhoff per le correnti.
Si applichi, ora, la (12) al cammino chiuso (vedi figura 9), costituito dai percorsi relativi ai bipoli
1, 2 e 3 e da una linea che congiunga il nodo 1 al nodo 4 (che non fori nessuna superficie limite); si
ottiene v v 1 v 2 v 3 = 0 , dove v la tensione lungo , con il riferimento mostrato in figura 9.
Siccome la tensione v non la tensione di un bipolo, questa equazione non pu essere ottenuta come
combinazione delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni (18). Infatti la tensione v non appare n
nelle leggi di Kirchhoff per le tensioni (18) e n nelle incognite del circuito. In generale qualsiasi
altra equazione per le tensioni non pu essere ottenuta combinando le equazioni di Kirchhoff.
Comunque queste equazioni non sono fondamentali per il modello circuitale: esse servono solo a
esprimere le tensioni tra terminali non appartenenti a uno stesso bipolo in funzione delle tensioni dei
bipoli.

1.6 Le relazioni costitutive


Nei limiti dell'approssimazione del modello circuitale ciascun componente di un circuito
interagisce con gli altri componenti solo attraverso le correnti e le tensioni ai propri terminali. Le
leggi che regolano questa interazione sono le leggi di Kirchhoff. Le equazioni che ne derivano, come
abbiamo avuto modo di constatare con un semplice esempio, non riescono, per, a definire in
maniera univoca le condizioni di lavoro dei singoli elementi, cio i valori che assumono le correnti e
le tensioni. Questa indeterminazione si elimina se si tiene conto del fatto che, sempre
nell'approssimazione del modello circuitale, le tensioni e le correnti di ogni componente sono legate
tra di loro da relazioni dipendenti unicamente dalla propria costituzione fisica. Pi precisamente si
pu dire che le condizioni di lavoro di ogni singolo componente, e quindi dell'intero circuito, sono il
risultato di due distinte esigenze: che il componente si comporti in maniera compatibile con la natura
degli altri componenti, cos come essi sono collegati nella rete, e che il suo comportamento sia a sua
volta compatibile con la sua specifica natura.
Per completare il modello circuitale e quindi anche il quadro delle condizioni, cui i campi elettrici
e magnetici debbono soddisfare affinch esso risulti valido, occorre determinare (o assegnare) le
relazioni costitutive dei componenti del circuito. Ricordiamo che deve essere verificata la condizione
(): il funzionamento di ogni componente con due terminali deve essere descritto univocamente
attraverso la corrente i e la tensione v e la relazione tra i e v deve dipendere unicamente dalla
costituzione fisica del componente, e quindi deve essere indipendente dal circuito in cui inserito.
Questa l'altra propriet che alla base del concetto stesso di bipolo. Ci si verifica solo se la
tensione del bipolo, o la corrente, sufficiente a determinare univocamente il campo
elettromagnetico all'interno della superficie limite del bipolo. Diciamo subito che, in generale questa

39

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

propriet pu essere verificata solo in maniera approssimata. Come poi vedremo, solo in un caso
particolare verificata esattamente (resistori in regime stazionario).
Per analizzare questo problema c' bisogno di entrare nella fisica dei singoli componenti. In queste
lezioni non sar analizzato il funzionamento di tutti i possibili componenti elettrici; si limiter a
descrivere solo alcuni e comunque non si scender nei dettagli. Tra l'altro non questo l'obiettivo del
corso. Il problema della modellistica molto ampio e pu essere affrontato, in dettaglio, solo in corsi
pi specialistici. Comunque si cercher di mettere in evidenza quanto pi possibile gli aspetti e le
problematiche generali. I componenti che verranno descritti sono il resistore, il generatore di
tensione, il condensatore e l'induttore. Nel Capitolo 6 sar descritto l'accoppiamento mutuo tra due
circuiti.
Per determinare le relazioni costitutive bisogna risolvere il problema di campo all'interno dei
c
c
c
singoli componenti, cio all'interno delle regioni 1 ,2 ,..., N . Il modello di campo che bisogna
c

considerare all'interno della generica regione k dipende dalla costituzione fisica del componente
che occupa quella regione: ad esempio, il modello del campo stazionario di corrente per i resistori e
generatori, il modello quasi-stazionario elettrico per i condensatori, il modello quasi-stazionario
magnetico per gli induttori e trasformatori. Se volessimo analizzare il modello di un diodo, oppure di
un transistore o di un amplificatore operazionale, dovremmo utilizzare il modello del campo
stazionario di corrente se siamo in bassa frequenza, ovvero il modello quasi-stazionario elettrico se
gli effetti dinamici sono importanti. Un bipolo potrebbe essere anche una antenna: in questo caso per
caratterizzare il componente bisogna considerare il modello completo delle equazioni di Maxwell.

1.7 Il resistore
Si consideri una barretta a forma cilindrica di materiale conduttore omogeneo ed isotropo, figura
12. La barretta annegata in un materiale isolante, che oltre a proteggere meccanicamente il
conduttore, funziona anche da radiatore termico, favorendo, cos, lo smaltimento nell'ambiente
circostante del calore prodotto per effetto Joule. Si assuma che: (a) il materiale conduttore abbia un
comportamento lineare e isotropo 4; (b) la barretta abbia una resistivit uniforme. Ai due estremi
della barretta sono collegati elettricamente due conduttori con elevata conducibilit t . Entrambi i
conduttori fuoriescono dal materiale isolante: essi sono i terminali del resistore. In generale sempre
t >>1; si assumer t . Questo il modo pi semplice per realizzare un resistore.
Per caratterizzare il funzionamento elettrico di un resistore, cio per determinare il legame tra la
tensione tra i due terminali, v=v(t), e la corrente che in esso fluisce, i=i(t), bisogna pensarlo inserito
in un circuito. A tale scopo si faccia riferimento alla schematizzazione illustrata in figura 13.

4 La resistivit di un materiale conduttore dipende dalla temperatura dello stesso, la quale a sua volta dipende
dalla potenza dissipata, che, come vedremo, uguale al prodotto tra la tensione e la corrente (se si usa la
convenzione dell'utilizzatore). Pertanto non costante, ma dipende dalla tensione e dalla corrente. Comunque
possibile realizzare il componente in maniera tale che, sia garantita una resistivit quasi costante se la tensione
di lavoro non supera certi valori.

40

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 12 La schematizzazione pi semplice di un resistore


La tensione v del resistore (il riferimento per il verso mostrato in figura 13a) l'integrale di linea
di E lungo la curva orientata ab che unisce i punti P a e P b appartenenti, rispettivamente, ai terminali
a e b; la corrente i ( il riferimento per il verso mostrato in figura 13b secondo la convenzione
dell'utilizzatore) il flusso di J attraverso la superficie St che taglia il terminale a, orientata
concordemente con il riferimento scelto per i.

Figura 13
Applicando la legge di Faraday-Neumann alla linea chiusa orientata , ottenuta unendo il tratto
ab con il tratto i (il verso di percorrenza di quello concorde con il verso di ab , figura 13a), si
ottiene
d
v = E tdl dt ,

dove il flusso del campo magnetico B concatenato con ,

(19)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

= B ndSP ,

41
(20)

e una qualsiasi superficie aperta che ha come orlo (il verso della normale n deve essere scelto
in modo tale che, esso sia concorde con il verso di secondo la regola del cavatappi).
Applicando, ora, la legge della conservazione della carica alla superficie chiusa orientata ,
ottenuta unendo le superfici Sa , St e S i ( Sa la superficie di contatto tra la barretta conduttrice e il
terminale a orientata con la normale che punta verso l'esterno di e Si una superficie passante
nel mezzo isolante e nel vuoto, figura 13b), si ha

dQ
d
i = S J ndS + dt
D ndS = S J ndS + dt ,

a
a

(21)

dove Q la carica racchiusa dalla superficie .


Per determinare la relazione tra la corrente i e la tensione v, bisogna conoscere il campo
elettromagnetico all'interno della superficie limite del componente. Pertanto fondamentale la
seguente questione: il campo elettromagnetico all'interno della regione delimitata dalla superficie
limite, univocamente determinato dalla conoscenza della tensione e/o della corrente del bipolo? La
possibilit di caratterizzare il funzionamento del bipolo tramite una relazione tra la corrente i e la
tensione v, che sia praticamente indipendente dal circuito e dal posto in cui il resistore inserito (la
propriet fondamentale ()), dipende dalla risposta a questa questione.
Per rispondere alla domanda richiesto uno studio accurato del modello di campo. Purtroppo
questa strada, al livello introduttivo a cui siamo, risulta essere del tutto impraticabile. Tra l'altro
l'obiettivo di queste lezioni non quello di esaurire l'argomento della modellistica circuitale, bens
quello di introdurre i modelli di alcuni componenti circuitali fondamentali e discutere allo stesso
tempo le condizioni che assicurino la propriet . Tutto ci non pu che avvenire attraverso un
percorso che sia corretto e al tempo stesso quanto pi semplice possibile, proprio per facilitarne la
comprensione. A tale scopo il funzionamento del resistore verr studiato partendo dal limite
stazionario e considerando, poi, quello che accade quando le grandezze variano nel tempo.
1.7.1 Limite stazionario: un problema di campo stazionario di corrente
Dapprima si consideri il limite stazionario, cio tutte le grandezze elettromagnetiche siano costanti
nel tempo. In questo limite la tensione v nella (19) dipende solo dal campo E lungo i e la corrente i
nella (21) dipende solo dal campo J su Sa ,
v = E tdl ,

(22)

i = J ndS .

(23)

Sa

La conoscenza della tensione v e/o della corrente i sufficiente a determinare univocamente i campi
J ed E ?

42

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il campo di corrente nella regione ( la regione del conduttore con resistivit ) descritto
R

dal modello del campo stazionario di corrente:

rotE = 0 ,
divJ = 0 ,
E = J .

(24)
(25)
(26)

Sulla superficie (di separazione)

che delimita la regione

le leggi del campo di corrente

sono:

n (E 2 E1 ) = 0 ,
n (J2 J1 ) = 0 ,

(27)
(28)

dove n il versore normale a R (con verso arbitrario). La superficie R l'unione di tre parti
(figura 14): Sa base superiore (regione di contatto con il terminale a), Sb base inferiore (regione di
contatto con il terminale b) e Sl superficie laterale (regione di contatto con l'isolante).
Il campo elettrico irrotazionale, quindi pu essere espresso attraverso il gradiente della funzione
potenziale scalare =(P), cio
E = grad ,

(29)

e la componente tangente continua ovunque; invece il campo di corrente J solenoidale e la


componente normale continua ovunque.
Siccome la resistivit uniforme, dalle equazioni (25) e (26) si ottiene che anche il campo elettrico
ha divergenza nulla in ,
R

divE = 0

in

R
.

(30)

In questo caso non esistono cariche libere all'interno del conduttore (se la resistivit fosse non
uniforme, potrebbero esserci cariche libere in ): le cariche sono solo superficiali. Esse sono
R

dislocate sulle superfici in corrispondenza delle quali la resistivit discontinua, e cio sulle superfici
di contatto con i terminali e la superficie di contatto con l'isolante. Combinando le equazioni (31) e
(32) si ottiene per il potenziale scalare (l'unica incognita del problema) 5
2 = 0

in

.
R

(31)

L'equazione (31) l'equazione di Laplace. Essa ha infinite soluzioni e tra tutte le possibili bisogna
cercare quella o quelle che verificano ulteriori condizioni: le condizioni al contorno sulla superficie
.
R

I terminali sono realizzati con conduttori ideali, quindi in essi il campo elettrico nullo. Dalla
continuit della componente tangente del campo elettrico attraverso qualsiasi superficie, si ottiene
che essa nulla sia su Sa che su Sb . Quindi su ognuna di queste superfici la funzione potenziale deve
essere necessariamente uniforme (se non lo fosse avremmo certamente una componente tangente di E
diversa da zero). Si ha pertanto,
5 Il laplaciano 2 , per definizione, l'operatore che si ottiene applicando l'operatore divergenza al gradiente
2
di una funzione scalare, () div [grad()] .

43

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

= Va,

su

Sa

= Vb ,

su

Sb

(32)

dove V a e V b sono, rispettivamente, i valori costanti che il potenziale elettrico assume nei terminali
a e b, (i potenziali dei rispettivi terminali). I potenziali V a e V b sono legati alla tensione v del
resistore (si sostituisca al campo elettrico l'espressione nell'integrale di linea lungo (22)),
tramite la relazione
v = Va Vb ,

(33)

(il riferimento per il verso di v indicato in figura 13a).


Siccome nell'isolante il campo di densit di corrente nullo (pure essendovi un campo elettrico
diverso da zero, la conducibilit dell'isolante uguale a zero), dalla continuit della componente
normale di J, si ottiene che J n nulla sulla superficie laterale S l . Pertanto, combinando le (26), (28)
e (29) si ottiene che la derivata normale della funzione potenziale (la derivata normale della funzione
potenziale su S l la componente del gradiente normale a S l ) deve essere nulla su S l , cio

= n grad = 0
n

su

l .

(34)

possibile dimostrare (vedi Appendice A) che l'equazione di Laplace (31) ha una sola soluzione che
verifica le condizioni al contorno (32) e (34). Si noti che fino a questo momento l'impostazione del
problema stata del tutto generale, non stato mai fatto riferimento alla particolare geometria
considerata.

Figura 14
La soluzione dell'equazione (31) con le condizioni al contorno (32) e (34) in generale non pu
essere calcolata per via analitica, possibile determinarla solo per via numerica attraverso tecniche
approssimate. Nel caso particolare in esame possibile risolvere analiticamente il problema. La
geometria della struttura e le condizioni al contorno suggeriscono di cercare una soluzione uniforme
su ogni sezione circolare della barretta cilindrica, cio una soluzione dipendente solo dalla coordinata

44

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

z (si faccia riferimento a un sistema di coordinate cilindriche con l'asse z coincidente con l'asse di
simmetria della barretta conduttrice e con l'origine sulla base inferiore, figura 14)
= (z )

in

.
R

(35)

Una funzione potenziale di questo tipo pu verificare la condizione al contorno (32) imponendo che
(z = 0) = V b ,
(z = l) = Va .

(36)

La condizione al contorno (34) verificata perch il potenziale non dipende dalla coordinata radiale
(sulla superficie cilindrica la derivata normale della funzione potenziale uguale alla derivata
parziale rispetto a r); la condizione di simmetria di rotazione verificata perch non dipende dalla
coordinata azimutale. Sostituendo la (35) nell'equazione di Laplace, si ottiene 6
2

d
2 = 0.
dz

(37)

L'integrale generale della (37)


(z ) = Az + B ,

(38)

dove A e B sono due costanti arbitrarie. Esse devono essere determinate imponendo le condizioni al
contorno (38). Immediatamente si ottiene
v
(z) = z + Vb per 0 z l ,
l

(39)

dove, ricordiamo, v la tensione del resistore e l la lunghezza della barretta. Per come stata
costruita la (39), essa certamente una soluzione dell'equazione di Laplace che verifica le condizioni
al contorno (32) e (34). Per la propriet di unicit, non possono essercene altre e quindi la funzione
potenziale (39) la soluzione del nostro problema.
La funzione potenziale nota univocamente se si conoscono i valori dei due potenziali V a e V b .
Se nota solo la loro differenza, cio la tensione v, allora la funzione potenziale nota a meno di una
costante arbitraria. Invece il campo elettrico essendo, a meno del segno, il gradiente della funzione
potenziale, univocamente determinato quando assegnata la sola differenza di potenziale. In
questo caso il campo elettrico vale
v
E = z ,
l

(40)

e il campo di densit di corrente


J = z

v
.
l

(41)

2
2
2
6 In coordinate cartesiane rettangolari (x,y,z) l'espressione del laplaciano 2 = + + , mentre in
2
2
x y z2
2
2
1
1
2
coordinate cilindriche (r,,z) =
+
+ 2 .
r
z
r r r r 2 2

45

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dunque, nel limite stazionario il campo elettrico e il campo di corrente all'interno del resistore
dipendono solo dalla tensione applicata al resistore. Essi sono indipendenti dal modo e dal circuito in
cui il resistore inserito. Questa propriet indipendente dalla particolare geometria scelta. Essa
una propriet generale ed diretta conseguenza dell'unicit della soluzione.
Sostituendo la (41) nella (23), si ottiene:
i = J n a dS = J z dS =
Sa

Sa

S
v,
l

(42)

dove S l'area della sezione trasversale della barretta; il verso della normale n a a Sa in accordo con
la convenzione dell'utilizzatore (figura 13b). La (42) la relazione costitutiva del resistore e pu
essere cos riscritta

v = Ri

i = Gv,

(43)

l
1
e G= .
S
R

(44)

dove

R=

Le due relazioni (43) esprimono in due modi diversi la legge di Ohm. Il parametro fisico R prende il
nome di resistenza del resistore e G prende il nome di conduttanza. Le relazioni (43) sono relazioni
lineari tra la corrente e la tensione perch la resistenza R indipendente sia dalla corrente che dalla
tensione. Questa una diretta conseguenza della linearit delle leggi di Maxwell e della linearit della
relazione costitutiva (26) del materiale conduttore con cui realizzato il resistore.
Osservazione
A seconda dell'applicazione, variano sia le geometrie (resistori a filo, resistori a film, etc), che
i materiali (leghe metalliche, semiconduttori, polimeri, etc), con cui si realizzano i resistori. La
resistenza elettrica di un resistore un parametro che pu essere definito per qualsiasi geometria,
purch il materiale conduttore, di cui esso costituito, sia lineare.
In generale, indipendentemente dalla geometria, possiamo definire la resistenza elettrica di un
resistore nel modo seguente
Definizione: resistenza elettrica
La resistenza elettrica di un resistore il rapporto tra la tensione del resistore e la corrente (i versi di
riferimento sono scelti in accordo alla convenzione dell'utilizzatore):

R v / i = (Va Vb ) / Sa J n a dS .

(45)

Questo rapporto indipendente dalla tensione e dalla corrente se la relazione costitutiva del
conduttore lineare e dipende unicamente dalla geometria e dalla resistivit. Esso positivo se la
resistivit positiva. La resistenza elettrica descrive completamente il funzionamento del resistore in
regime stazionario, indipendentemente dal modo e dal circuito in cui inserito.

46

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La resistenza elettrica si misura nel SI in ohm (): 1=1V/1A (sottomultipli e multipli di uso
comune: 1m=10-3 (milli ohm), 1k=103 (chilo ohm), 1M=106 (mega ohm)). L'unit di
misura della conduttanza elettrica G nel SI il siemens (S): 1S=1/1.
Sulla superficie R che delimita la barretta c' una carica libera superficiale. Essa nasce a causa
della brusca variazione nella resistivit del materiale. Ad esempio, in corrispondenza della superficie
di base Sa la componente normale del campo elettrico nulla dalla parte del terminale ed , invece,
diversa da zero dalla parte della barretta se nel terminale circola una corrente. Di conseguenza ci deve
essere una carica libera di tipo superficiale. Queste cariche sono le uniche sorgenti del campo
elettrico in regime stazionario.7
1.7.2 Cosa accade quando le grandezze variano nel tempo?
Per semplicit, si supponga che tutte le grandezze varino nel tempo con legge sinusoidale, (cio la
dinamica temporale di ogni grandezza scalare e di ciascuna componente dei campi vettoriali del
tipo a 0 sin(2 f t + 0 ) ). Si supponga, inoltre, di disporre di un sistema con cui potere stabilire, a
piacere, il valore da assegnare alla frequenza f . Non ci preoccupiamo per il momento, di come ci
possa essere fatto.
Senza affrontare il problema del calcolo dei campi elettrici, magnetici e di corrente per l'esempio
considerato, limitiamoci qui a riportare i risultati.
innanzi tutto di per s evidente che, la rapidit di variazione nel tempo dei fenomeni
elettromagnetici che si verificano nel circuito fissata dal valore che noi decidiamo volta per volta di
assegnare alla frequenza f . I risultati della soluzione del problema possono essere cos
sommariamente riassunti:
-

Fino a che la frequenza f abbastanza bassa (diciamo 0 f < f R ), il campo della densit di
corrente ancora distribuito in modo abbastanza uniforme ed diretto lungo z: gli effetti dovuti ai
fenomeni di induzione elettromagnetica e magnetoelettrica prodotti dalla corrente e dalle cariche
del resistore sono trascurabili (modello del campo stazionario di corrente). Nelle relazioni (19) e
(21) continuano a essere trascurabili, rispettivamente, i termini d / dt e dQ / dt . In queste
condizioni, se sono trascurabili anche gli effetti dovuti ai fenomeni di induzione prodotti dalle
correnti e dalle cariche degli altri componenti, (questa condizione quasi sempre verificata) il
funzionamento del resistore dipende solo dalla tensione tra i suoi morsetti (continua a essere
indipendente dal modo e dal circuito in cui inserito) e la corrente i = i(t) e la tensione v = v(t)
obbediscono ancora alla legge di Ohm (43).
Al di sopra della frequenza caratteristica f R il funzionamento del componente pu dipende
ancora dalla sola tensione e corrente, se gli effetti dovuti agli accoppiamenti induttivi e
propagativi con gli altri componenti sono trascurabili, ma il legame tra la corrente e la tensione

7 In regime stazionario, in corrispondenza di una superficie S di discontinuit della resistivit (ad esempio,

sull'interfaccia tra due conduttori con diverse conducibilit), la continuit della componente normale di J
impone che sia 1 E n1 = 2 E n 2 . Pertanto la componente normale di E certamente discontinua, quindi deve
esserci su S una densit di carica libera di tipo superficiale.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

47

dipendente dalla frequenza e quindi non pi di tipo statico, cio del tipo definito dalla relazione
(43).
Quanto vale la frequenza caratteristica f R ? Per determinarla bisogna considerare gli effetti dovuti
ai fenomeni di induzione e di propagazione. possibile stimare questa frequenza ragionando nel
modo seguente.
Quando si aumenta di poco il valore della frequenza potrebbe accadere che: (a) il fenomeno di
induzione elettromagnetica non pi trascurabile, mentre quello di induzione magnetoelettrica lo
ancora; (b) prevale il fenomeno dell'induzione magnetoelettrica; (c) entrambi i fenomeni di
-

induzione non sono pi trascurabili.


Nel caso (a) il campo elettrico non pi irrotazionale e nella relazione (19) il termine d / dt
non pi trascurabile, mentre il campo di corrente continua a essere con buona approssimazione
ancora solenoidale. La frequenza caratteristica f ind , al di sopra della quale, nella (19), l'effetto
dell'induzione elettromagnetica confrontabile con quello della conduzione, data da
f ind R / L0 ; L 0 un coefficiente (detto coefficiente di autoinduzione), che lega il flusso
alla corrente i(t) (sul significato di questo coefficiente ritorneremo pi avanti, quando
illustreremo il bipolo induttore).
A causa dell'induzione elettromagnetica accade, anche, che il campo di corrente si distribuisce in
modo non uniforme, addensandosi nella regione esterna del conduttore e indebolendosi in quella
centrale (si presenta, cio, un nuovo fenomeno, noto come effetto pelle; esso un caso particolare
del fenomeno della diffusione del campo magnetico). La frequenza caratteristica f d , in
corrispondenza della quale l'effetto pelle si manifesta in maniera molto pronunciata, cresce quasi
linearmente al crescere della resistivit e pressoch come 1 / r 20 al decrescere del raggio r 0 della
barretta. Una stima di f d data dalla relazione f d ( 0 r 20 ) (si assuma che la barretta
conduttrice abbia permeabilit magnetica 0 ). Utilizzando l'espressione della resistenza elettrica
(44), si ottiene f d R ( 0 l) 106 ( R / l) . Nella maggior parte dei casi (R / l) 1 / cm e quindi
f d 100 MHz , ed essendo L 0 0 l si ha f ind f d .

Nel caso (b) il campo elettrico continua a essere con buona approssimazione ancora irrotazionale,
ma il campo di corrente non pi conservativo nel flusso e nella relazione (21) il termine
dQ / dt non pi trascurabile. In questo caso la corrente di spostamento nel resistore
confrontabile con quella di conduzione. La frequenza caratteristica f r (in corrispondenza della
quale questo fenomeno si manifesta in maniera molto pronunciata), data da f r 1 ( 0 ) (1 / f r
il tempo caratteristico di rilassamento delle cariche nei corpi conduttori). Anche in questo caso
il legame tra la tensione e la corrente dipendente dalla frequenza e il funzionamento del
componente dipende dalla sola tensione, se gli effetti dovuti agli accoppiamenti induttivi
(induzione elettrica) con gli altri componenti sono trascurabili.

Nel caso (c) gli effetti di entrambi i fenomeni di induzione non sono trascurabili e nelle relazioni
(13) e (14) non sono pi trascurabili i termini d / dt e dQ / dt : non possono essere pi
trascurati gli effetti dovuti alla propagazione del campo elettromagnetico. Il componente pu
irradiare in misura significativa energia (confrontabile con quella dissipata per effetto Joule) nello
spazio circostante sotto forma di onde elettromagnetiche coerenti. Esso diventato, in sostanza,
una vera e propria antenna. La frequenza caratteristica di propagazione f p (in corrispondenza

48

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

della quale questo fenomeno si manifesta in maniera molto pronunciata), inversamente


proporzionale alla lunghezza caratteristica del componente e vale f p c / l = 1/ (l 0 0 ); per

l =1cm, f p vale circa 30 GHz.


Abbiamo, quindi, quattro frequenze caratteristiche. Osserviamo subito che f d , f r e f p non sono
tra loro indipendenti, ma sono legate dalla relazione notevole (l / r0 )f p = fd f r , cio la frequenza
caratteristica di propagazione la media geometrica tra quella di diffusione e quella di
rilassamento. Dalle espressioni di f r e f d si vede subito che
f d > (l / r0 )fp > fr

se

R > R0

f r > (l / r0 )fp > f d

se

R < R0

dove R 0 = 0 / 0 377 . Pertanto la frequenza caratteristica di propagazione non pu essere


mai la pi piccola, e quindi f R la pi piccola tra f r e f ind f d .
Cosa accade se la tensione v(t) e la corrente i(t) non sono sinusoidali? Se sono verificate alcune
condizioni, che non sono affatto restrittive dal punto di vista applicativo, sempre possibile
rappresentare qualsiasi funzione tramite una somma discreta o continua di opportune funzioni
sinusoidali con diverse frequenze. Pertanto, se le frequenze delle sinusoidi significative, che
compongono le funzioni del tempo rappresentative della tensione e della corrente, verificano la
condizione 0 f < f R , il funzionamento del resistore obbedisce ancora alla relazione costitutiva
(43).
Possiamo cos riassumere. Se 0 f < f R , il funzionamento del resistore descritto abbastanza
accuratamente dal modello del campo stazionario di corrente e quindi la (43) la relazione tra la
corrente i = i(t) e la tensione v = v(t) provvedendo che gli accoppiamenti induttivi con gli altri
componenti siano trascurabili. Un resistore viene progettato e realizzato in maniera tale che
l'intervallo di frequenze (0, f R ) sia quanto pi ampio possibile. Usando particolari geometrie
possibile realizzare resistori con f R 100MHz .
A questo punto possiamo introdurre il modello del resistore ideale, cio il bipolo resistore. La
relazione caratteristica del bipolo resistore
v(t) = Ri(t) .

(46)

La relazione (46) lineare 8 e di tipo istantaneo, cio la tensione di un resistore in un generico istante
t dipende solo dal valore della corrente in quell'istante (e viceversa) e non dalla storia precedente,
tramite una relazione di diretta proporzionalit. Il simbolo del bipolo resistore illustrato in figura
15.

8 La relazione f(x) si dice lineare se, comunque si scelgano x e x e le costanti e si ha


1
2
1
2

f ( 1x1 + 2 x 2 ) = 1f (x1 ) + 2 f (x 2 ) ; la funzione Kx lineare (K una costante), mentre Kx+h, x2, ... non sono
lineari.

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49

Figura 15 Simbolo del bipolo resistore ideale.

1.8 Il generatore di tensione costante


Il componente fisico, a cui si d il nome di generatore di tensione costante (ad esempio, una pila),
pu essere schematizzato tramite una barretta a forma cilindrica (come nel caso del resistore), figura
16. La relazione costitutiva del materiale conduttore con cui realizzata la barretta

E + E* = J ,

(47)

dove la resistivit del materiale ed E* un campo elettromotore noto, indipendente sia da E che
da J (ad esempio, in una pila di natura chimica). La barretta annegata in un materiale isolante. Per
semplicit si assuma E* uniforme nella barretta e diretto lungo l'asse di simmetria del cilindro. Come
nel resistore, ai due estremi della barretta sono connessi elettricamente due conduttori con elevata
conducibilit.

Figura 16 Rappresentazione schematica di una pila.


L'analisi di questo componente , in sostanza, identica a quella svolta per il resistore e le leggi del
campo sono le stesse. In particolare il potenziale elettrico deve verificare ancora l'equazione di
Laplace nella barretta, perch sia che E* sono uniformi e quindi la divergenza di E nulla. Inoltre
deve verificare le stesse condizioni al contorno sulle interfaccia tra la barretta e i terminali e sulla
superficie laterale di contatto con l'isolante (quest'ultima deriva dal fatto che, avendo assunto il
campo elettromotore E* diretto come l'asse del cilindro, la componente normale di E* sulla
superficie laterale nulla). Pertanto sia la funzione potenziale che il campo elettrico hanno la stessa
espressione ottenuta per il resistore (vedi la (39) e la (40)). L'espressione del campo J sar diversa

50

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

perch diversa la relazione costitutiva. Sostituendo la (47) nella (40), si ottiene (l la lunghezza
della barretta)
J=

1 v
*
+ E z ,

(48)

quindi, la corrente i vale


i=

S
*
v E l .
l

(49)

La (49) pu essere riscritta nella forma


v = R g i + V0 ,

(50)

dove

Rg =

l
,
S

(51)

V 0 = E l.
Alla grandezza R g si d il nome di resistenza interna del generatore (la resistenza che si avrebbe se
fosse E*=0) e a V 0 il nome di tensione a vuoto (la tensione che si ha quando la corrente nulla). La
relazione (50) la relazione caratteristica del generatore reale di tensione. Come nel caso del
resistore, essa descrive adeguatamente il funzionamento di un generatore di tensione costante se le
frequenze delle armoniche pi significative, che compongono le funzioni del tempo rappresentative
della tensione e della corrente, verificano la condizione 0 f < f G ; f G una frequenza caratteristica
che ha una struttura simile a quella introdotta nel caso del resistore.

Figura 17

(a) Il simbolo del generatore ideale di tensione; (b) circuito equivalente del generatore di
tensione reale.

Ogni generatore realizzato ed fatto funzionare in modo tale che gli effetti della resistenza
interna siano trascurabili. Una generatore di tensione caratterizzato da una resistivit molto piccola,
al limite tendente a zero. La caratteristica del generatore ideale di tensione (R g = 0 )

v = V0 .

(52)

La tensione di un generatore ideale di tensione, quindi, non dipende dalla corrente che in esso circola.
In figura 17a viene mostrato il simbolo del generatore di tensione ideale. Il contrassegno + sta a

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

51

indicare il riferimento per il verso della tensione a vuoto. Un generatore di tensione reale pu essere
rappresentato attraverso un bipolo generatore ideale di tensione V 0 in serie con un resistore di
resistenza R g , figura 17b.
La tensione di un generatore di tensione pu anche variare nel tempo, come ad esempio negli
alternatori o nei generatori di segnale.

1.9 Il condensatore
Il componente, a cui si d il nome di condensatore, pu essere schematizzato tramite due armature
(due corpi conduttori), tra le quali interposto un dielettrico (figura 18) con costante dielettrica
relativa abbastanza pi grande di uno. Sia le armature che i terminali hanno elevatissima
conducibilit elettrica. Si assuma che il dielettrico sia perfettamente isolante, lineare, omogeneo ed
isotropo e che i conduttori abbiano conducibilit infinita.

Figura 18 Schematizzazione di un condensatore.

Figura 19

52

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Per caratterizzare il funzionamento del condensatore bisogna determinare la relazione tra la


tensione v(t) e la corrente i(t), cos come abbiamo fatto per il resistore e il generatore (si suppone
sempre che il componente in esame sia inserito in un circuito). La regione occupata dal dielettrico
indicata con (figura 19); si noti che in qualsiasi condizione di funzionamento J=0 in .
C

La tensione v del condensatore (il riferimento per il verso mostrato in figura 19a) l'integrale di
linea di E lungo la curva orientata ab che unisce i punti P a e Pb appartenenti, rispettivamente, ai
terminali a e b; la corrente i (con il riferimento per il verso mostrato in figura 19b) il flusso di J
attraverso la superficie S t , che taglia il terminale a, orientata concordemente con il riferimento
scelto per i, secondo la convenzione dell'utilizzatore.
Applicando, come nel resistore, la legge di Faraday-Neumann alla linea chiusa orientata ,
ottenuta unendo il tratto ab con il tratto i (il verso di percorrenza di quello concorde con il
verso di ab , figura 19a), si ottiene
d
v = E tdl dt ,

(53)

dove il flusso del campo magnetico B concatenato con .


Applicando, ora, la legge della conservazione della carica alla superficie chiusa orientata ,
ottenuta unendo le superfici Sd , St e Si ( Sd una superficie aperta che taglia il dielettrico e Si
una superficie passante per il vuoto, figura 19b), si ha
d D ndS = dQ ,
i = dt

dt

(54)

dove Q la carica libera all'interno di ; il flusso di corrente attraverso Sd nullo perch nel
dielettrico J=0. In un dielettrico ideale non ci sono cariche libere, perch inizialmente abbiamo
lib = 0 e in ogni istante successivo /t = divJ = 0 . Pertanto Q uguale alla sola carica libera
di tipo superficiale, che si trova sull'armatura a del condensatore, e quindi:
dQ
i(t) = dt a .

(55)

Qual il legame tra la carica Q a = Q a (t) e la tensione v=v(t)?


1.9.1 Limite lentamente variabile
Per descrivere il funzionamento del condensatore non possibile trascurare gli effetti dovuti alla
corrente di spostamento, altrimenti dalla (54) avremmo sempre i=0. In condizione di funzionamento
lentamente variabile ( 0 f < f C , dove f C una frequenza caratteristica del condensatore; in
seguito vedremo quanto vale), invece, possono essere trascurabili i fenomeni di induzione
elettromagnetica,
v E tdl P .

(56)

Pertanto, il funzionamento del condensatore nel limite lentamente variabile descritto abbastanza
accuratamente dal modello quasi-stazionario elettrico. Il campo elettrico nella regione ( la
C

53

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

regione riempita di dielettrico con costante dielettrica ) descritto dalle equazioni (abbiamo gi
visto che nel dielettrico assente la carica libera):
E = 0,

(57)

D = 0,

(58)

D = E .

(59)

Come per il resistore, il campo elettrico irrotazionale, quindi

E = dove =(r) il

potenziale scalare. Siccome la costante dielettrica uniforme, dalle equazioni (58) e (59) si ottiene
che anche il campo elettrico ha divergenza nulla in . Da queste considerazioni si ha
C

immediatamente
2

=0

in

(60)

Allo scopo di determinare le condizioni al contorno, si decomponga il contorno di in tre


parti: Sa base superiore (regione di contatto armaturaa - dielettrico); Sb base inferiore (regione di
C

contatto armaturab - dielettrico); Sl superficie laterale (interfaccia dielettrico-vuoto).


Le armature sono realizzate con conduttori ideali, quindi in essi il campo elettrico nullo.
Utilizzando la continuit della componente tangente del campo elettrico attraverso qualsiasi
superficie, si ottiene che essa nulla sia su Sa che su Sb e quindi su ognuna di queste superfici la
funzione potenziale deve essere necessariamente uniforme. Possiamo porre, pertanto,
= Va

su

Sa ,

= Vb

su

Sb ;

(61)

V a e V b sono, rispettivamente, i potenziali elettrici dei terminali a e b, e sono legati alla tensione

del condensatore dalla relazione:


v = Va Vb ,

(62)

(il riferimento per il verso di v segnato in figura 19a).


Siccome su Sl non c' carica superficiale libera (essa inizialmente assente e in ogni istante
d
v
successivo / t = n l (J J ) = 0 perch J=0), sull'interfaccia dielettrico-vuoto bisogna

imporre la continuit della componente normale di D. Pertanto la derivata normale della funzione
potenziale data da
0 v
= En
n

su

Sl ,

(63)

dove 0 la costante dielettrica del vuoto. Si assuma 0/<<1. In questo limite ragionevole operare
la seguente approssimazione

0
n

su

Sl .

(64)

Con questa approssimazione le condizioni al contorno per la funzione potenziale sono le stesse del
caso del resistore. Si noti che fino a questo momento l'impostazione del problema stata del tutto
generale (non stato mai fatto riferimento alla particolare geometria considerata).

54

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nel caso particolare in esame anche la geometria la stessa di quella considerata per il resistore.
Pertanto si ha

v
z + Vb per 0 z d ,
d
v
E = z ,
d
(z) =

(65)
(66)

dove d la distanza tra le due armature; si sta utilizzando il sistema di riferimento usato nel caso del
resistore.
Ora bisogna determinare la carica sull'armatura a (sull'interfaccia armaturaa - dielettrico si ha
una carica superficiale libera perch nell'armatura metallica c' una corrente di conduzione). Essa
determinata applicando la legge
D nd Dna = a ,

(67)

all'interfaccia armaturaa - dielettrico; a la densit di carica superficiale e la normale n deve


puntare verso il dielettrico. Il campo elettrico nel dielettrico dato dalla (66), invece il campo
elettrico nell'armatura nullo, quindi si ha
a =

v;
d

(68)

si noti che n = z . Siccome la densit di carica uniforme su Sa , la carica sull'armatura a vale

Qa = S v .
d

(69)

In questo ultimo passaggio stata fatta un'ulteriore approssimazione, cio stata ignorata la carica
che eventualmente si trova sulla restante parte dell'armatura (nella (69) stata tenuta in conto solo la
carica sull'interfaccia armatura-dielettrico; il contributo ignorato trascurabile se 0/<<1).
Osservazione
Come nel caso del resistore, il campo elettrico all'interno del condensatore dipende solo dalla
tensione v(t) ad esso applicata. Ricordiamo, per, che nel caso del condensatore questa propriet
una conseguenza dell'approssimazione (64), invece nel resistore verificata esattamente. Essa
sarebbe verificata esattamente solo se fosse 0 / 0 , ad esempio dovrebbe essere nulla la costante
dielettrica del vuoto oppure infinita la costante dielettrica del dielettrico (in un mondo immaginario,
dove fosse 0 =0, non si avrebbe propagazione).
Cosa accadrebbe qualora l'approssimazione (64) non fosse valida? In questo caso continua a valere
la (63); la difficolt che il termine E vn nella (63) non noto. Per determinarlo bisogna calcolare il
campo nella regione esterna al condensatore. Esso, in linea di principio, dipender da tutto ci che
all'esterno della sua superficie limite. Quindi, se l'approssimazione (64) non fosse valida, il campo
elettrico nel condensatore non dipenderebbe solo dalla tensione sul condensatore ma anche dalla
restante parte del circuito. Ad esempio, non sarebbero trascurabili gli effetti dovuti ai fenomeni di
induzione elettrostatica che nascerebbero dall'interazione con gli altri corpi conduttori (alcuni di
questi effetti potrebbero essere schematizzati attraverso capacit parziali che dipenderebbero dalla

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

55

distanza tra i componenti). evidente che in questo caso verrebbe meno l'ipotesi () e non avrebbe
pi significato il concetto di bipolo. In realt, pur non essendo verificata la (64), gli effetti dovuti
all'accoppiamento con le altre parti metalliche del circuito sono praticamente insignificanti per come
sono realizzati i condensatori e per le distanze minime tra i componenti imposte dalla loro stessa
dimensione. Allora, se gli effetti dovuti all'accoppiamento con le altre parti del circuito sono
trascurabili, il problema esterno alla superficie limite anch'esso descritto dall'equazione di Laplace,
con condizioni di regolarit all'infinito per il potenziale. Per calcolare il potenziale in tutto lo spazio
bisogna imporre sull'interfaccia dielettrico-vuoto, oltre alla continuit della componente normale di
D, anche la continuit della funzione potenziale (questa continuit garantisce la continuit della
componente tangente del campo elettrico). Questo calcolo non pu essere svolto analiticamente, ma
solo per via numerica attraverso tecniche approssimate. Con queste approssimazioni, cio o vale la
(64), oppure sono trascurabili gli effetti dovuti all'accoppiamento con le altre parti metalliche del
circuito, il condensatore un sistema isolato. Di conseguenza le cariche sulle due armature non

possono che essere, in ogni istante, uguali in valore assoluto ed opposte in segno, cio
Qa = Q b (il condensatore supposto inizialmente scarico), e quindi la carica totale deve
essere nulla (condensatore a induzione completa). In queste condizioni di funzionamento la relazione
(7), applicata a una qualsiasi superficie chiusa che contenga il condensatore, non che una esatta
conseguenza della legge della conservazione della carica. In particolare si ha i a = i b = i ( i a la
corrente entrante nel terminale a e i b la corrente uscente dall'altro terminale). Nel caso in cui
l'approssimazione di condensatore a induzione completa non valesse, bisognerebbe considerare il
contributo alla carica dovuto a tutti gli altri conduttori presenti nel circuito. Ci pu essere realizzato
tramite le capacit parziali.
La (69) la relazione costitutiva del condensatore e pu essere cos riscritta

Qa = Cv ,

(70)

S
C= .
d

(71)

dove

Il parametro fisico C prende il nome di capacit del condensatore.


Osservazione
A seconda dell'applicazione, variano sia le geometrie (condensatori a multi strato, film
metallizzati, etc ), che i materiali (elettroliti, mica, tantalio, etc), con cui si realizzano i condensatori.
La capacit un parametro che pu essere definito per qualsiasi tipo di forma del condensatore,
purch il dielettrico sia lineare e il condensatore sia, con buona approssimazione, a induzione
completa. Come per i resistori, per geometrie complesse bisogna ricorrere ai metodi numerici per
determinare il campo elettrico all'interno del dielettrico.

Definizione: Capacit

56

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La capacit C di un condensatore (a induzione completa) il rapporto tra la carica Q a accumulata su


un'armatura e la tensione v = V a V b tra le armature (la freccia di riferimento per la tensione deve
puntare verso l'armatura sulla quale si considera la carica),

C Qa / v = E ndS / (Va V b ) .

(72)

Questo rapporto indipendente dalla tensione e dalla carica perch la relazione costitutiva del
dielettrico lineare e si suppone che il condensatore sia a induzione completa. La capacit positiva
perch la costante dielettrica positiva.
La relazione (70), tramite questo parametro, descrive completamente il funzionamento del
condensatore, indipendentemente dal modo e dal circuito in cui inserito; essa dipende solo dalla
geometria e dalla costante dielettrica del materiale. L'unit di misura della capacit il farad (F):
1F=1C/1V; molto frequente l'uso dei sottomultipli 1mF=10-3 F (milli farad), 1F=10-6 F (micro
farad), 1nF=10-9 F (nano farad), 1pF=10-12 F (pico farad).
Nel caso stazionario la corrente nel condensatore nulla come si vede dall'equazione (54): il
condensatore si comporta come un resistore con resistenza infinita, cio per ogni valore di tensione la
corrente identicamente nulla. Ci dovuto al fatto che il dielettrico ideale ha conducibilit elettrica
nulla. In realt se si portassero in conto gli effetti della piccolissima conducibilit di un dielettrico
reale, nel limite stazionario il condensatore si comporterebbe come un resistore, con una resistenza
elettrica elevatissima R c = c / C , dove c la resistivit del dielettrico reale.
1.9.2 Cosa accade quando f > f ?
C

Al crescere del valore della frequenza (diciamo, per f > f ), il fenomeno dell'induzione
C

elettromagnetica diventa non pi trascurabile, il campo elettrico non pu essere pi ritenuto


irrotazionale e nella (53) non pi trascurabile il termine d / dt . La relazione tra la carica e la
tensione comincia a dipendere dalla frequenza. La frequenza caratteristica f , al di sopra della
i

quale ci avviene, inversamente proporzionale al raggio r 0 dell'armatura e la costante di


proporzionalit la velocit di propagazione della luce nel dielettrico, f cd / r0 dove
i

c d = 1 / 0 . Poi, man mano che la frequenza cresce ancora, comincia a non essere pi

trascurabile il fenomeno della propagazione del campo elettromagnetico. Il componente pu


irraggiare in misura significativa energia nello spazio circostante sotto forma di energia
elettromagnetica. Esso diventa, in sostanza, una vera e propria antenna.
Un'altra limitazione in frequenza dovuta al dielettrico: esistono frequenze caratteristiche
nell'intorno delle quali la costante dielettrica varia al variare della frequenza e quindi la relazione
costitutiva (59) non pi valida. La frequenza caratteristica f la pi piccola tra queste
C

frequenze. Al di sopra della frequenza f il funzionamento del componente dipende ancora dalla
C

sola tensione e corrente, se gli effetti dovuti agli accoppiamenti induttivi e propagativi con gli altri
componenti sono trascurabili, ma il legame tra tensione e carica elettrica dipendente dalla
frequenza e quindi non pi di tipo statico come quello definito dalla relazione costitutiva (70).
In conclusione possiamo dire che, se le tensioni e le correnti variano lentamente (cio le frequenze
delle sinusoidi significative che compongono v(t) e i(t) verificano la condizione 0 f < f C ), il

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

57

funzionamento del condensatore descritto abbastanza accuratamente dal modello quasi-stazionario


elettrico e la (70) insieme alla (54) descrivono la relazione tra la corrente e la tensione, provvedendo
che siano trascurabili gli effetti dovuti al fenomeno di induzione elettrostatica. Un condensatore
viene progettato e realizzato in maniera tale che l'intervallo di frequenze (0, f C ) sia quanto pi
ampio possibile. Usando particolari geometrie e dielettrici possibile realizzare condensatori con
f C 100MHz .
Per distinguere il modello del condensatore dal componente reale, si usa il simbolo mostrato in
figura 20. Il funzionamento del bipolo condensatore ideale descritto da
dQ
i=

dt
Q = Cv

(73)

se si adotta la convenzione dell'utilizzatore. Se la capacit costante nel tempo si ottiene


i =C

dv
.
dt

(74)

La (74) la relazione costitutiva di un condensatore lineare e tempo invariante. Questa relazione di


tipo dinamico, a differenza di quanto accade per il resistore: in un condensatore la corrente in un
generico istante dipende dal valore della derivata della tensione in quell'istante, e quindi dalla storia
della tensione in un intorno di quell'istante. Dall'equazione (74) si ottiene la relazione costitutiva in
forma integrale, cio
1 t i( )d .
v(t) = v(t 0 ) + C
0

(75)

Dalla (75) ancora pi evidente il fatto che il legame tra la tensione e la corrente di un condensatore
di tipo dinamico: la tensione all'istante t dipende dalla tensione all'istante t 0 e dalla storia della
corrente nell'intervallo (t 0 , t) .

Figura 20 Simbolo del bipolo condensatore ideale lineare e tempo-invariante.

1.10 L'induttore
Un induttore costituito da un avvolgimento di molte spire (figura 21), realizzato con conduttore
filiforme (la superficie del conduttore smaltata con vernice isolante) di elevata conducibilit
elettrica. Il supporto materiale, sul quale avvolto il filo conduttore, pu avere diverse forme (ad
esempio, cilindrica, toroidale) e pu essere fatto di materiale con permeabilit magnetica
confrontabile con quella del vuoto (come, ad esempio, la plastica) oppure di materiale
ferromagnetico (come, ad esempio, il ferro dolce, la ferrite, etc).

58

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si assuma che le propriet magnetiche del supporto siano descrivibili tramite una relazione
costitutiva B-H lineare, omogenea e isotropa (i fenomeni di saturazione, di isteresi e di anisotropia
vengono ignorati qualora il supporto fosse fatto di materiale ferromagnetico). Inoltre si assuma
infinita la conducibilit del conduttore.

Figura 21 Rappresentazione schematica di un induttore.


Per caratterizzare il funzionamento dell'induttore bisogna determinare la relazione tra la tensione
v=v(t) e la corrente i=i(t); come al solito, si supponga che l'induttore sia inserito in un circuito (figura
22). Si noti che in qualsiasi condizione di funzionamento E=0 all'interno del conduttore.
La tensione v dell'induttore (con il riferimento per il verso mostrato in figura 22a) l'integrale di
linea di E lungo la curva orientata ab che unisce i punti P a e P b appartenenti, rispettivamente, ai
terminali a e b (in generale i terminali sono realizzati con lo stesso filo conduttore con cui
realizzato l'avvolgimento). La corrente i (con il riferimento per il verso mostrato in figura 22b) il
flusso di J attraverso la superficie St , che taglia il terminale a, orientata concordemente con il
riferimento scelto per il verso di i.
Applicando la legge di Faraday-Neumann alla linea chiusa orientata , ottenuta unendo il tratto
ab con il tratto c interno al conduttore (il verso di percorrenza di coincide con quello di ab ,
figura 22a), si ottiene
d
v = dt ,

(76)

dove il flusso del campo magnetico B concatenato con (il contributo del tratto c alla
circuitazione di E nullo).
Applicando la legge della conservazione della carica alla superficie chiusa orientata ottenuta
unendo le superfici Sc , St e S v ( Sc una generica sezione orientata dell'avvolgimento con la normale
che punta verso l'esterno di e Sv una superficie passante per il vuoto, figura 22b), si ha
d D ndS .
i = S J ndS + dt

Qual il legame tra il flusso = ( t) e la corrente i=i(t)?

(77)

59

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 22

1.10.1 Limite lentamente variabile


Per descrivere il funzionamento dell'induttore non possibile trascurare gli effetti dovuti
all'induzione elettromagnetica, altrimenti dalla (76) avremmo sempre v=0. In condizione di
funzionamento lentamente variabile (ovvero per 0 f < f I , dove f I una frequenza caratteristica
dell'induttore; in seguito vedremo quanto vale), invece, sono trascurabili i fenomeni di induzione
magnetoelettrica e quindi gli effetti della corrente di spostamento,

i(t ) Sc J(P;t) ndSP .

(78)

Il funzionamento dell'induttore nel limite lentamente variabile descritto in modo abbastanza


accurato dal modello quasi-stazionario magnetico.
Nel modello quasi-stazionario magnetico il campo magnetico nella regione ( la regione
I

racchiusa dalla superficie limite dell'induttore) descritto dalle equazioni (in questo caso risulta
conveniente utilizzare la formulazione integrale delle leggi del campo magnetico):

B ndS = 0 ,
H tdl = SJ ndS ,

(79)

B = H .

(81)

(80)

Sulla superficie limite bisogna imporre la continuit della componente normale di B e della
I

componente tangente di H.

60

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nel funzionamento stazionario il campo di corrente solenoidale, quindi il flusso di J attraverso


qualsiasi sezione Sc dell'avvolgimento uguale alla corrente i; di conseguenza la corrente uniforme
lungo l'avvolgimento.
I campi B e H sono indipendenti dalla coordinata azimutale perch la struttura assi- simmetrica
(le spire di conduttore filiforme sono serrate). Le equazioni (79)-(81) consentono di calcolare in
maniera molto semplice il campo H e quindi B all'interno del solenoide cilindrico (figura 23) se si
assume che il campo anche uniforme lungo l'asse. Questa ipotesi sarebbe esattamente verificata se
il solenoide avesse lunghezza infinita. Comunque il campo di un solenoide di lunghezza illimitata
approssima abbastanza bene il campo all'interno di un solenoide lungo, cio un solenoide la cui
lunghezza molto pi grande del raggio.
Si cerchi la soluzione delle equazioni (79)-(81) nella forma
H = rH r (r) + H ( r) + z Hz (r ) ,
B = rB r (r ) + B ( r) + zBz (r) .

(82)
(83)

Prima di tutto si dimostrer che le componenti radiali sono identicamente nulle. A tale scopo si
applichi la legge della conservazione del flusso (79) alla superficie chiusa orientata ( costituita
dall'unione delle due superfici di base S1 e S2 e dalla superficie laterale S3 ) a forma di cilindro
mostrata in figura 23; si ha

S B n1dS + S
1

B n 2 dS +
2

S B n3dS

=0.

(84)

immediato verificare che, essendo il campo B indipendente da z, il flusso di B attraverso S1


uguale all'opposto del flusso attraverso S2 (l'orientazione di S1 discorde con quella di S2 ). Pertanto
dalla (84) si ha che il flusso attraverso la superficie cilindrica S3 deve essere identicamente nullo per
ogni possibile S3 , cio

S B n3dS

=0.

(85)

Figura 23

indica che il riferimento per la corrente uscente dal foglio, mentre


entrante.

indica che

Siccome la normale a S3 diretta radialmente e il campo indipendente dalla coordinata


azimutale, la componente radiale di B deve essere identicamente nulla; la (81) implica che anche la
componente radiale di H deve essere nulla ovunque.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

61

Anche la componente azimutale del campo H identicamente nulla. Per dimostrarlo basta
applicare la legge di Ampere (80) alla curva 1 mostrata in figura 23a. Essa una circonferenza di
raggio r con l'asse coincidente con quello del solenoide; quindi il versore t a essa tangente coincide
con il versore fondamentale e la circuitazione vale

H tdl = 2rH
1

(r ) .

(86)

Siccome 1 non concatena nessuna corrente, dalla (86) si ha che H (r ) = 0 e quindi dalla (81)
B (r ) = 0 .

Infine bisogna determinare la componente H z . Per determinarla basta applicare la legge di


Ampere alla curva orientata 2 ; si ottiene

abH tdl + bcH tdl + cdH tdl + daH tdl = n i ,

(87)

dove n il numero di spire concatenate dalla curva 2 . I termini relativi ai tratti b-c e d-a sono nulli
perch il campo non ha componente radiale. Quindi si ha

abH tdl = n i cdH tdl .

(88)

Il termine relativo al tratto c-d dipende dal campo all'esterno del solenoide. Questo campo, nel
limite di solenoide lungo, non dipende dalle correnti che circolano nel solenoide: esso dipende solo
da eventuali altre correnti presenti nello spazio circostante. Pertanto, il campo magnetico in

dipende sia dalla corrente che circola nell'induttore, sia dalle correnti che circolano nelle altre parti
del circuito (anche se queste correnti non compaiono nell'equazione (80), il loro effetto entra tramite
le condizioni al contorno su I ). possibile progettare e realizzare il circuito e il componente in
modo tale che questa influenza non abbia effetti importanti (nei casi pi difficili si possono utilizzare
degli schermi magnetici). Si assuma che gli effetti delle altre correnti siano trascurabili, quindi l'unica
sorgente del campo magnetico B presente nel solenoide sia la corrente circolante nell'avvolgimento.
Allora abbiamo

cdH tdl 0,

n
H z (r) i,
h

(89)
(90)

dove h la lunghezza del tratto a-b. ragionevole assumere che il filo conduttore sia avvolto in
maniera (N/ l ) uniforme. In questo caso (n/ h) il numero di spire per unit di lunghezza ed uguale
a dove N il numero di spire dell'avvolgimento e l la lunghezza del solenoide. Si noti che H z
indipendente da r, quindi il campo uniforme. Utilizzando la relazione costitutiva (81) si ha
N
B = z i .
l

(91)

Il campo magnetico all'interno del supporto materiale dell'avvolgimento dipende solo dalla corrente
dell'induttore, nel resistore e nel condensatore il campo elettrico dipende solo dalla tensione
applicata. Ricordiamo, per, che questa propriet una conseguenza dell'approssimazione (89); in
questo modo vengono ignorati gli effetti dovuti alle correnti circolanti nella parte restante del

62

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

circuito. Anche nel condensatore la corrispondente propriet era il risultato di una approssimazione,
l'approssimazione (64); in quel caso venivano ignorati gli effetti dovuti alle cariche presenti sugli altri
corpi conduttori del circuito. Cosa accadrebbe qualora questa approssimazione non fosse valida? In
questo caso il campo magnetico B all'interno del solenoide dipenderebbe sensibilmente dalle correnti
che circolano negli altri componenti.
Ora bisogna determinare il flusso concatenato con la curva chiusa . Esso la somma di due
contributi. Il primo, che anche quello pi rilevante, il flusso concatenato con le N spire
dell'avvolgimento; il secondo il flusso attraverso la striscia ST mostrata in figura 22a. Questo
secondo termine trascurabile, sia perch il campo all'esterno del solenoide trascurabile e sia
perch la sua area molto pi piccola dell'area equivalente a quella delle N spire. Siccome il campo
B uniforme ed diretto normalmente al piano della spira, il flusso concatenato con una spira vale
(si ricordi che la singola spira deve essere orientata concordemente con il verso di )
S
= N i .
l

(92)

Pertanto dato da
=

S 2
N i.
l

(93)

Nella letteratura si definisce il flusso concatenato con un circuito (il flusso dell'induttore)
orientando la normale concordemente al riferimento scelto per il verso della corrente i; invece
definito orientando la normale concordemente al riferimento scelto per la tensione. Quando si usa la
convenzione dell'utilizzatore le due orientazioni sono discordi, invece quando si usa la convenzione
del generatore sono concordi. In queste lezioni si user sempre la convenzione dell'utilizzatore, e
quindi vale la relazione
= ,

(94)

e il flusso dell'induttore vale


S 2
= N i ,
l

(95)

e la (76) diventa

.
v = ddt

(96)

La (95) la relazione caratteristica dell'induttore lineare, che riscriviamo nel modo seguente

= Li ,

(97)

S 2
L = N .
l

(98)

dove

Il parametro fisico L prende il nome di induttanza dell'induttore o coefficiente di autoinduzione.


Osservazione

63

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

A seconda dell'applicazione, variano sia le geometrie (solenoide cilindrico corto, solenoidi


toroidali, etc), che i materiali (ferro dolce, ferriti, materiali non magnetici, etc), con cui si realizzano
gli induttori.
L'induttanza di un induttore un parametro che pu essere definito per qualsiasi geometria, purch
il comportamento del materiale sia lineare e gli effetti degli accoppiamenti, dovuti all'induzione
elettromagnetica, con le altre parti del circuito siano trascurabili. Per geometrie complesse bisogna
ricorrere ai metodi numerici per il calcolo dei campi.
Definizione: Induttanza
L'induttanza L di un induttore il rapporto tra il flusso del campo B concatenato con
l'avvolgimento prodotto dalla corrente che in esso circola e la corrente stessa ( S una qualsiasi
superficie orientata che ha come orlo l'avvolgimento, con la normale orientata concordemente al
riferimento scelto per il verso della corrente),

L / i = B ndS / i .
S

(99)

L'induttanza un parametro indipendente dalla corrente e dal flusso perch: (a) la relazione
costitutiva del materiale magnetico lineare; (b) l'induttore non accoppiato ad altri parti del
circuito. Inoltre L positiva perch la permeabilit magnetica positiva. La relazione (97), tramite
questo parametro, descrive completamente il funzionamento dell'induttore, indipendentemente dal
modo e dal

circuito in cui inserito; essa dipende solo dalla geometria e dalla permeabilit

magnetica del materiale. Nel caso in cui l'approssimazione (89) non valesse, bisognerebbe
considerare il contributo al flusso dovuto alle altre correnti presenti nel circuito. Ci pu essere fatto
tramite i coefficienti di mutua induzione.
L'induttanza nel SI si misura in henry(H): 1H=1Wb/1A; molto frequente l'uso dei sottomultipli
1mH=10-3 H (milli henry), 1H=10-6 H (micro henry), 1nH=10-9 H (nano henry).
Nel caso stazionario la tensione dell'induttore nulla come si vede dall'equazione (96): l'induttore
si comporta come un resistore con resistenza nulla, cio per ogni valore di corrente la tensione
identicamente nulla. In realt se portassimo in conto gli effetti dovuti alla piccola resistivit del
conduttore con cui realizzato l'avvolgimento, la tensione sarebbe diversa da zero.
1.10.2 Cosa accade quando f > f I ?
Al crescere della frequenza (diciamo, per

f I < f ), si osserva che il fenomeno dell'induzione

magnetoelettrica non pi trascurabile, nella relazione (77) non pi trascurabile il termine di


corrente di spostamento e il campo di corrente non pu essere pi ritenuto solenoidale. La
relazione tra il flusso e la corrente comincia a dipendere dalla frequenza. La frequenza
caratteristica f I inversamente proporzionale al raggio delle spire; la costante di proporzionalit
la velocit di propagazione della luce nel supporto materiale dell'avvolgimento. Poi, man mano
che la frequenza cresce, comincia a non essere pi trascurabile il fenomeno della propagazione di
onde elettromagnetiche. Il componente pu irraggiare in misura significativa energia nello spazio

64

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

circostante sotto forma di energia elettromagnetica. Esso diventa, in sostanza, una vera e propria
antenna.
In conclusione possiamo dire che, se le tensioni e le correnti variano lentamente (cio le frequenze
delle sinusoidi significative, che compongono v(t) e i(t), verificano la condizione 0 f < f I ), il
funzionamento dell'induttore descritto abbastanza accuratamente dal modello quasi-stazionario
magnetico e la (96) insieme alla (97) descrivono la relazione tra la corrente e la tensione,
provvedendo che siano trascurabili gli effetti dovuti ai fenomeni di accoppiamento mutuo con gli
altri conduttori del circuito. Un induttore viene progettato e realizzato in maniera tale che l'intervallo
di frequenze (0, f I ) sia quanto pi ampio possibile (anche per gli induttori in aria e in ferrite
possibile arrivare fino a frequenze dell'ordine di 100 MHz).
Per distinguere il modello dell'induttore dal componente reale, si usa il simbolo mostrato in figura
24. La relazione caratteristica del bipolo induttore ideale
d

v=

dt
= Li

(100)

con la convenzione dell'utilizzatore. Se il coefficiente di autoinduzione costante nel tempo si ha


v=L

di
.
dt

(101)

La (101) la relazione costitutiva dell'induttore lineare e tempo-invariante. Essa una relazione


lineare di tipo dinamico come quella dellinduttore: per un induttore la tensione in un generico istante
dipende linearmente dal valore della derivata della corrente in quell'istante, e quindi dalla storia della
corrente in un intorno di quell'istante. Dall'equazione (101) si ottiene la relazione costitutiva in forma
integrale, cio
1
i(t) = i(t 0 ) + L

0 v()d .

(102)

Dalla (102) ancora pi evidente il fatto che il legame tra la tensione e la corrente di un induttore
di tipo dinamico: la corrente all'istante t dipende dalla corrente all'istante t 0 e dalla storia della
tensione nell'intervallo (t 0 , t) .

Figura 24 Simbolo del bipolo induttore lineare tempo-invariante.


Esempio Un circuito semplice di tipo statico
Un circuito costituito da un generatore reale di tensione e un resistore detto circuito semplice
statico. Un arbitrario circuito siffatto pu essere rappresentato come illustrato in figura 25a, dove con

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

65

G si indicato il generatore di tensione ( E 0 la tensione a vuoto e R 0 la resistenza interna del


generatore di tensione) e con R il resistore (di resistenza R).

Figura 25 (a) un circuito semplice di tipo statico; (b) un circuito semplice di tipo dinamico.
Applicando la prima legge di Kirchhoff a uno dei due nodi che connettono il generatore G al
resistore R, si ottiene
iG + iR = 0 ,

(103)

e applicando la seconda legge di Kirchhoff all'unica maglia del circuito si ottiene:


vG vR = 0 .

(104)

Applicando le leggi di Kirchhoff sono state ottenute due equazioni indipendenti in quattro incognite.
Abbiamo bisogno di altre due equazioni indipendenti: esse sono le relazioni costitutive dei due
bipoli. Usando la convenzione dell'utilizzatore si ha
per il generatore
per il resistore

vG = E 0 + R 0i G ,
v R = Ri R .

(105)

Combinando le equazioni (103)-(105) si ottiene la soluzione del circuito:


i G = i R =

E0
,
R0 + R

vG = vR = E 0

R
.
R0 + R

(106)

Se la resistenza interna del generatore reale di tensione tende a zero, la soluzione del circuito
E0
,
R
vG = vR = E 0.
i G = i R =

(107)

Esempio Un circuito semplice di tipo dinamico


Un circuito costituito da un generatore reale di tensione e un induttore detto circuito semplice
dinamico. Un arbitrario circuito siffatto pu essere rappresentato come illustrato in figura 25b, dove
con I si indicato l'induttore (di induttanza L).
Applicando le leggi di Kirchhoff e le equazioni costitutive, si ottiene il sistema di equazioni
algebriche-differenziali

66

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

LKC

i G + iL = 0,

LKT

v G v L = 0,

generatore

v G R 0 iG = E0 ,

induttore

vL L

(109)

di L
= 0.
dt

Combinando queste equazioni si ottiene per la corrente nell'induttore i=i(t)


L

di
+ R 0 i = E0 .
dt

(110)

La soluzione pi generale possibile dell'equazione differenziale (110) (quella che le contiene tutte)
i(t) = Ke

t/

E0
,
R0

(111)

dove K una costante arbitraria e = L / R . Per determinare la costante K (e quindi l'andamento


temporale della corrente che circola nel circuito), c' bisogno di un'ulteriore informazione, non
contenuta n nelle leggi di Kirchhoff e n nelle relazioni costitutive: il valore della corrente
nell'induttore in un istante di tempo. Si assuma di conoscere il valore della corrente all'istante t=0 e lo
si indichi con I 0 . Allora si ottiene:
K = I0

E0
,
R0

(112)

quindi
i(t) = I 0 e

t/

+ (1 e

t/

E0
.
R0

(113)

facile verificare che nel limite R 0 0 si ha

i(t ) = I 0 +

E0
t.
L

(114)

Esempio Circuito illustrato in figura 5


Si scrivano le equazioni del circuito illustrato in figura 5. Le equazioni che possibile ottenere
applicando le leggi di Kirchhoff, sono gi state determinate (vedi l'esempio svolto a pagina 37). Le
equazioni che descrivono il funzionamento dei singoli bipoli sono
bipolo 1 v1 = e(t),

bipolo 4 Cdv 4 / dt i4 = 0,

bipolo 2 v2 = E0 ,

bipolo 5

g( v5 ) i 5 = 0,

(115)

bipolo 3 v 3 Ri 3 = 0, bipolo 6 v6 Ldi 6 / dt = 0.


Il componente 1, cio il generatore di segnale, pu essere modellato attraverso un generatore di
tensione ideale con tensione variabile nel tempo e il componente 2, cio il diodo, attraverso un
legame non lineare tra i valori istantanei della corrente e della tensione. In seguito descriveremo in
dettaglio anche le relazioni caratteristiche di questi componenti.
L'insieme di equazioni (115) costituito da equazioni tutte indipendenti tra loro, cio non
possibile in alcuna maniera ottenere una di esse a partire dalle altre cinque. Ci conseguenza del

67

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

fatto che una generica grandezza, sia essa una tensione, sia essa una corrente, compare solo e soltanto
in una sola equazione.
L'insieme di equazioni ottenuto applicando le leggi di Kirchhoff costituito da 8 equazioni (il
sistema di equazione (17) pi il sistema di equazione (18)). Queste equazioni non sono tutte
indipendenti tra loro, come una semplice analisi per ispezione mostra, cio alcune di esse possono
essere ottenute tramite opportune combinazioni lineari delle restanti. Da questo insieme possibile
estrarre solo sei equazioni indipendenti; ad esempio quelle che si ottengono applicando la prima
legge di Kirchhoff ai nodi 1, 2, 3 e 4 e la seconda legge di Kirchhoff alle maglie M1 e M2. Unendo a
queste l'insieme (115) si ottiene un sistema di 12 equazioni nelle 12 incognite i1 ,...,i 6 , v1 ,...,v6 (in
questo caso l'insieme, cos ottenuto, costituito da equazioni che sono tutte indipendenti tra loro):
i1 + i 6 = 0,

i1 + i 2 = 0,

i2 + i 3 = 0,

i3 i 4 + i5 = 0,

v1 + v 2 + v 3 v 4 v 6 = 0,

v 4 + v 5 = 0,

v1 = e(t),

v2 = E0 ,

v3 Ri 3 = 0,

Cdv 4 / dt i 4 = 0,

g(v 5 ) i 5 = 0,

v6 Ldi6 / dt = 0.

(116)

Questo il sistema di equazioni che bisogna risolvere; in seguito mostreremo che bisogna conoscere
i valori della tensione del condensatore e della corrente dell'induttore in un istante, per potere
determinare la soluzione del circuito da quell'istante in poi.
Il sistema di equazioni (116) abbastanza complicato: ci sono equazioni differenziali, equazioni
algebriche lineari e equazioni non lineari. Lo scopo fondamentale della teoria dei circuiti : (a)
studiare le propriet del sistema di equazioni del circuito; (b) formulare metodi di soluzione semplici
e robusti che sfruttino al meglio tutte le propriet delle equazioni circuitali.

1.11 Considerazioni finali


Il funzionamento dei componenti che abbiamo appena descritto stato studiato utilizzando modelli
approssimati delle equazioni di Maxwell. Alla base del funzionamento del resistore e del generatore
di tensione costante c' il modello del campo stazionario di corrente, alla base del condensatore c' il
modello quasi-stazionario elettrico e alla base dell'induttore c' il modello quasi-stazionario
magnetico9 .
Utilizzando questi modelli possibile descrivere anche il funzionamento di tanti altri componenti.
Il funzionamento di un diodo, di un transistore, di un amplificatore operazionale descrivibile
nell'ambito del modello del campo stazionario di corrente se siamo in bassa frequenza, ovvero del
modello quasi-stazionario elettrico se gli effetti dinamici sono importanti. Invece, il funzionamento di
un trasformatore, di un motore elettrico, di un alternatore o di un altoparlante descrivibile

9 Per un approfondimento dei modelli quasi-stazionari il lettore pu consultare: Hermann A. Haus e James R.

Melcher, Electromagnetic Fields and Energy (Prentice Hall, 1989); L. De Menna, G. Miano, Linear Circuit
Elements, in Encyclopedia of Electrical and Electronic Engineering, John Wiley & Sons Inc., febbraio 1999.

68

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

nell'ambito di un modello quasi-stazionario magnetico (in questi ultimi tre casi c' bisogno delle
equazioni della meccanica). Il modello quasi-stazionario magnetico riveste un ruolo fondamentale nei
sistemi di potenza e il modello quasi-stazionario elettrico lo riveste nei sistemi in cui vengono
elaborati i segnali.
Osservazione
La relazione funzionale che caratterizza il funzionamento dell'induttore pu essere anche realizzata
tramite un sistema fisico completamente diverso da un filo conduttore avvolto su di un cilindro.
Come poi vedremo, connettendo in modo opportuno amplificatori operazionali, resistori e un
condensatore possibile realizzare un induttore. Cos anche le relazioni costitutive del resistore, del
generatore di tensione costante e del condensatore possono descrivere il funzionamento di altri
sistemi fisici completamente diversi dai resistori, generatori di tensione costanti e condensatori. Le
relazioni costitutive che abbiamo trovato analizzando i componenti fondamentali dei circuiti lineari
sono anche i mattoni elementari con cui rappresentare il funzionamento di tanti altri sistemi elettrici,
ben pi complessi dei componenti da cui siamo partiti.
Prima di terminare questo argomento, utile fare un breve cenno al modo in cui potremmo
valutare, seppure in modo approssimato, l'errore commesso utilizzando il modello circuitale.
Si supponga di avere determinato la soluzione del circuito, attraverso il modello circuitale. Una
volta note tutte le tensioni e le correnti, possibile valutare i campi elettrici e magnetici utilizzando le
equazioni di Maxwell. Siccome tutte le correnti e le cariche sono note, seppure in maniera
approssimata, questo calcolo estremamente pi semplice (anche nel caso in cui volessimo risolvere
le equazioni di Maxwell complete) di quello che sarebbe necessario se volessimo risolvere il circuito
utilizzando direttamente le equazioni di Maxwell. Si ricordi che nel modello di campo di partenza le
correnti e le cariche sono anche esse incognite del problema: sono noti solo i campi elettromotori.
Note le distribuzioni dei campi possibile verificare in dettaglio la correttezza delle approssimazioni
alla base del modello circuitale. Ad esempio, se l'effetto dell'accoppiamento magnetico tra due
induttori influenza il corretto funzionamento del circuito, possibile proporre degli aggiustamenti
che eliminino questo problema (ad esempio, allontanando i due induttori, oppure, se ci non
possibile, utilizzando opportuni schermi). Queste problematiche sono oggetto di studio del corso di
Compatibilit Elettromagnetica.

CAPITOLO 2

BIPOLI ELEMENTARI

2.1 Introduzione
Spesso nel linguaggio tecnico si fa uso dello stesso termine per indicare sia il componente
che concretamente realizza una certa relazione costitutiva, sia il componente ideale che
ritroviamo negli schemi circuitali. Naturalmente, mentre nel primo caso, la relazione
costitutiva da intendersi come approssimazione che descrive in maniera soddisfacente il
comportamento del componente in un certo insieme dei parametri, nel secondo caso essa
una legge esatta che descrive completamente il comportamento di un componente ideale
opportunamente estrapolato da quello reale. Anche se questa ambiguit di linguaggio non pu
comportare confusione, in quanto sono sempre ben chiari i limiti del modello entro cui si
intende operare, importante mentre si sta costruendo una teoria operare la distinzione tra il
componente fisico e il componente ideale che lo rappresenta nel modello che si sta costruendo. Per
questa ragione chiameremo elemento circuitale il componente ideale.
L'elemento circuitale solo un modello e ogni modello costituisce una approssimazione. A
seconda dell'applicazione, lo stesso componente pu essere rappresentato da diversi elementi
circuitali. Il modello di un componente pu essere, in generale, anche un oggetto complesso costituito
da pi elementi circuitali. D'altronde, uno stesso elemento circuitale pu rappresentare il
funzionamento di componenti diversi tra loro.

Il rapporto tra componente e elemento circuitale pu essere interpretato da due opposti


punti di vista. Si pu pensare di partire dal componente, individuarne la relazione costitutiva magari sperimentalmente oppure risolvendo un modello di campo cos come abbiamo fatto
nel Capitolo precedente - e quindi costruire per estrapolazione il corrispondente elemento
circuitale che lo rappresenta. Viceversa anche possibile immaginare una determinata
relazione costitutiva - di cui magari si sente una esigenza per una particolare applicazione - in
base alla quale definire un nuovo elemento circuitale e successivamente, se possibile,
costruire un componente che ne approssima adeguatamente il comportamento. Dal punto di
vista storico si pu dire, evidentemente, che entrambe le strade sono state percorse: la prima
per i componenti cosiddetti elementari e la seconda per quelli pi complessi. Anche noi ci

70

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

riserveremo per opportunit didattica, la possibilit di introdurre i diversi elementi circuitali


secondo i due distinti punti di vista cominciando, naturalmente, dagli elementi circuitali elementari
con due terminali.
Gli elementi circuitali a due terminali, cio i bipoli, rivestono un ruolo fondamentale nella teoria
dei circuiti. Nel precedente Capitolo abbiamo illustrato come sia possibile modellare alcuni
componenti a partire dalla loro costituzione fisica, utilizzando le equazioni di Maxwell. Cos facendo
siamo giunti al concetto di bipolo resistore, generatore costante di tensione, condensatore e induttore.
In questo Capitolo oltre a completare la descrizione dei bipoli elementari, ci soffermeremo su quelle
che sono le loro propriet fondamentali.
Una prima classificazione fondamentale dei bipoli li distingue in lineari e non lineari.
Evidentemente lineare un bipolo la cui relazione costitutiva sia di tipo lineare. Una seconda
classificazione dei bipoli, che conveniente introdurre, quella che li distingue in bipoli statici e
bipoli dinamici. I primi sono bipoli caratterizzati da un legame tra la tensione e corrente di tipo
algebrico. I bipoli dinamici sono invece caratterizzati da un legame tra tensione e corrente pi
complesso nel quale presente, ad esempio, la derivata di una delle due grandezze elettriche. Questi
bipoli, quando presenti, introducono equazioni differenziali ordinarie nelle equazioni circuitali,
ampliando notevolmente la complessit del comportamento della rete elettrica.
Cominciamo con il distinguere i bipoli in due grandi classi, i bipoli statici (detti, anche, bipoli
senza memoria) e i bipoli dinamici (detti, anche, bipoli con memoria).
Definizione: bipolo statico e bipolo dinamico
Un bipolo si dice statico se il valore della corrente nel generico istante dipende solo dal valore
della tensione in quell'istante (e viceversa), cio la corrente e la tensione verificano la relazione
I

dove

v i = 0 ,

(1)

v i una funzione delle due variabili v e i; in generale la funzione f pu dipendere

esplicitamente dal tempo, che in questo caso svolge solo il ruolo di un parametro.
Un bipolo si dice dinamico se il valore della corrente (della tensione) nel generico istante t
dipende dalla storia della tensione (della corrente), cio da tutti i valori (o almeno da una parte di
essi) che la tensione v(t) (la corrente i(t)) assume per t t . In un bipolo dinamico la corrente e la


tensione verificano una relazione del tipo


F[v(), i()]=0,

(2)

dove F un funzionale non lineare; con v() e i() stiamo indicando, rispettivamente, le funzioni
che descrivono la tensione e la corrente nell'intervallo di tempo in cui sono definite (le storie
temporali) e con v(t) e i(t) i valori che esse assumono al generico istante t.
Pi in generale, il funzionamento di un elemento circuitale statico descritto da una relazione tra i
valori istantanei delle tensioni e delle correnti, mentre il funzionamento di un elemento circuitale
dinamico descritto da una relazione che coinvolge la storia delle tensioni e delle correnti.

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

71

2.2 Bipoli statici


Il simbolo che useremo per indicare un generico bipolo statico non lineare mostrato in figura 1a.

In generale non sempre possibile esprimere la relazione costitutiva di un bipolo non lineare
attraverso combinazioni di funzioni elementari. Questa difficolt pu essere superata
osservando che la relazione costitutiva (1) pu essere rappresentata graficamente nel piano
Y L (oppure nel piano L Y ). La curva che cos si ottiene la curva caratteristica o
caratteristica del bipolo. I punti di tale curva rappresentano le possibili condizioni di
funzionamento del bipolo, figura 1b.

Figura 1 Simbolo per il generico bipolo statico (a); una possibile curva caratteristica (b).
La curva caratteristica di un bipolo in generale non simmetrica, figura 1b. Ci implica che la
funzione che descrive la relazione tra i e v diversa da quella che descrive la relazione tra

i e v ( dove i = i e v = v ). Questo il motivo per cui nel simbolo che rappresenta


il bipolo c' quel tratto in nero in basso: esso serve a distinguere i due terminali.

Figura 2 Bipolo statico simmetrico (a); bipolo statico tempo-variante (b).


Definizione: bipolo statico simmetrico
Un bipolo statico si dice simmetrico se, per ogni punto (i,v) appartenente alla curva caratteristica
si ha che anche il punto (i,v) appartiene alla curva caratteristica.

72

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Un bipolo simmetrico ha una curva caratteristica simmetrica rispetto allorigine del piano i-v, figura
2a.
In generale la curva caratteristica di un bipolo statico pu variare nel tempo, figura 2b.
Definizione: bipolo statico tempo invariante
Un bipolo statico si dice tempo invariante se la curva caratteristica non dipende dal tempo.
L'equazione (1) definisce un legame implicito tra la tensione e la corrente. Non sempre possibile
esplicitare questo legame nelle forme i=g(v) e/o v=r(i) dove g() e r() sono funzioni a un solo valore.
Definizione: bipolo statico controllato in tensione e bipolo statico controllato in corrente
Un bipolo statico si dice controllato in tensione se per ogni valore ammissibile di tensione esiste
uno ed un solo valore di corrente che verifica la (1), figura 3a.
Un bipolo statico si dice controllato in corrente se per ogni valore ammissibile di corrente esiste
uno ed un solo valore di tensione che verifica la (1), figura 3b.
Per un bipolo statico controllato in tensione la (1) pu essere esplicitata nella forma
i=g(v),

(3)

dove g() una funzione a un solo valore; in generale la funzione g() pu essere non invertibile.
Invece per un bipolo statico controllato in corrente la (1) pu essere esplicitata nella forma
v=r(i),

(4)

dove r() una funzione a un solo valore; in generale la funzione r() pu essere non invertibile. Se il
bipolo statico controllato sia in tensione che in corrente, allora la funzione g() l'inversa della
funzione r() e viceversa, figura 3c.

Figura 3 Bipolo statico controllato in tensione (a), in corrente (b), in tensione e in corrente (c).
Ora descriveremo le caratteristiche dei bipoli statici pi significativi.
Generatori indipendenti
Il generatore indipendente di tensione il bipolo che ha la seguente relazione costitutiva
v=e(t),
dove e(t) una funzione del tempo assegnata, indipendente dalla corrente che in esso circola.

(5)

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

73

Il generatore indipendente di corrente il bipolo che ha la seguente relazione costitutiva


i=j(t),

(6)

dove j(t) una funzione del tempo assegnata, indipendente dalla tensione.

Figura 4 Simbolo del generatore indipendente di tensione (a), del generatore indipendente di corrente
(b), del resistore tempo invariante (c) e del resistore tempo-variante (d).
Il simbolo del generatore indipendente di tensione illustrato in figura 4a e quello del generatore
indipendente di corrente illustrato in figura 4b. Le rispettive curve caratteristiche sono illustrate in
figura 5a e 5b per il caso stazionario.
I generatori di tensioni sono controllati soltanto in corrente, mentre quelli di corrente sono
controllati soltanto in tensione. Inoltre per il generatore di tensione l'unico valore ammissibile di
tensione e(t) e per il generatore indipendente di corrente l'unico valore ammissibile di corrente
j(t). I generatori indipendenti sono bipoli non simmetrici. La relazione costitutiva dei generatori
indipendenti non verifica la propriet di linearit.

Figura 5 Caratteristica del generatore indipendente di tensione (a), del generatore indipendente di
corrente (b), del resistore lineare (c), del corto circuito (d) e del circuito aperto (e).
Resistore lineare
Il resistore lineare definito dalla relazione costitutiva lineare 1
v=Ri,
dove la resistenza R (R 0 e R

(7)
), che in generale pu essere variabile nel tempo, una grandezza

indipendente sia da i che da v. Il resistore lineare un bipolo simmetrico ed controllato sia in


tensione che in corrente. Se R indipendente dal tempo il resistore tempo invariante. La resistenza
1

La relazione f{x}, che pu essere anche di tipo funzionale, si dice lineare se, comunqe si scelgano x 1 e x 2 e le
costanti 1 e 2 si ha f ^ 1x1 + 2 x 2 ` = 1f ^ x1 ` + 2 f ^ x2 ` ; la funzione Kx lineare (K una costante), mentre
Kx+h, x2, ... non sono lineari.

74

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

R pu essere anche negativa (poi faremo vedere come possibile realizzare bipoli resistori con
resistenza negativa). In figura 4c illustrato il simbolo del resistore lineare tempo-invariante e in
figura 4d il simbolo del resistore lineare tempo variante. In figura 5c rappresentata la curva
caratteristica di un resistore tempo-invariante .
Corto circuito e circuito aperto
Il corto circuito definito dalla relazione costitutiva
v=0 per qualsiasi valore di i ,

(8)

cio per qualsiasi valore della corrente i la tensione nulla. Il simbolo di questo bipolo illustrato

in figura 6a e la sua curva caratteristica in figura 5d. Esso pu essere il modello di un tratto di
conduttore con elevata conducibilit (al limite infinita). Di tale natura, per esempio,
immaginiamo i collegamenti tra i diversi bipoli in un circuito. Naturalmente un buon
conduttore reale pu al pi approssimare tale comportamento, e l'approssimazione sar tanto
migliore quanto pi corto sar il tratto di conduttore; ci giustifica anche il nome corto
circuito dato al bipolo. La caratteristica di un generatore indipendente di tensione coincide con
quella del corto circuito quando e(t)=0 (cio quando il generatore spento) e cos anche quella del
resistore nel limite R0.
Il circuito aperto definito dalla relazione caratteristica
i=0 per qualsiasi valore di v,

(9)

cio per qualsiasi valore della tensione v la corrente che in esso circola nulla. Un tale bipolo si

potrebbe realizzare frapponendo tra i morsetti un materiale perfettamente non conduttore,


cio un isolante ideale. Per questo motivo il bipolo prende il nome di circuito aperto. Il
simbolo del bipolo circuito aperto illustrato in figura 6b e la sua curva caratteristica in figura
5e. Si osservi che la caratteristica di un generatore ideale di corrente coincide con quella del circuito
aperto quando la corrente j(t)=0 (cio quando spento e cos anche quella del resistore nel limite
R).

Figura 6 Simbolo del bipolo corto circuito (a), del bipolo circuito aperto (b); simbolo
dell'interruttore: si chiude a t = t1 (c) e si apre a t = t 2 (d).
Il corto circuito controllato soltanto in corrente e l'unico valore ammissibile di tensione v=0,
mentre il circuito aperto controllato soltanto in tensione e l'unico valore ammissibile di corrente
i=0; entrambi questi bipoli verificano la propriet di linearit.

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

75

Interruttore
L'interruttore un bipolo statico tempo-variante, il simbolo illustrato in figura 6c e 6d. Quando
l'interruttore aperto, la corrente zero indipendentemente dal valore della tensione, mentre quando
chiuso, la tensione zero indipendentemente dal valore della corrente. Negli istanti di tempo in cui
l'interruttore aperto la sua curva caratteristica coincide con quella del circuito aperto; negli istanti in
cui chiuso la sua curva caratteristica coincide con quella del corto circuito. Il bipolo interruttore
lineare.
Interruttore periodico
L'interruttore periodico un bipolo statico, tempo-variante e lineare. Il simbolo illustrato in
figura 7. Per 0t<t1, l'interruttore aperto, la corrente zero, e la caratteristica coincide con quella
del circuito aperto. Per t1t<T, l'interruttore chiuso, la tensione zero, e la caratteristica coincide
con quella del corto circuito. Dopo un intervallo di tempo T l'interruttore ripete l'operazione.

Figura 7 Interruttore periodico.


Diodo
Il diodo ha la caratteristica descritta in figura 8. Questo elemento non lineare, non simmetrico,
tempo invariante, controllato sia in tensione che in corrente. Esso rappresenta il diodo a giunzione pn
nel funzionamento lentamente variabile.

Figura 8 Simbolo del diodo (a) e curva caratteristica (b).


Diodo Tunnel

76

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Il diodo tunnel il bipolo statico non lineare descritto dalla curva caratteristica rappresentata in
figura 9. Esso un bipolo controllabile solo in tensione. Per i1 < i < i2 il bipolo non pu essere
controllato in corrente. Infatti per i appartenente a questo intervallo esistono tre possibili valori di
tensione che verificano la relazione costitutiva.

Figura 9 Simbolo del diodo tunnel (a), e curva caratteristica (b).

Figura 10 Simbolo del tiristore (a) e curva caratteristica con il terminale di gate sconnesso (b).

Tiristore con terminale di gate sconnesso


Il tiristore con il terminale di gate sconnesso (il modello a bassa frequenza del diodo a quattro
strati) il bipolo statico con la caratteristica illustrata in figura 10. Esso, a differenza del
diodo tunnel, controllato in corrente per ogni valore di corrente ed controllato in tensione
solo per v < v1 e v > v 2 .
Nullatore e noratore
Completiamo la panoramica dei bipoli statici introducendo altri due bipoli ideali le cui
caratteristiche sono invero molto singolari. La loro utilit, che pu non essere chiara a prima
vista, risiede nel fatto che essi consentono di costruire modelli di componenti complessi. In
seguito verr illustrato un esempio.
Il primo il nullatore e cio un bipolo ideale, il cui simbolo illustrato in figura 11a,
definito dalla relazione costitutiva
v = 0,
i = 0.

(10)

Esso, a differenza di un bipolo corto circuito, impone tensione nulla con una corrente nulla.
Con un simile bipolo possibile imporre che due nodi di un circuito abbiano lo stesso

77

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

potenziale senza alterare la distribuzione delle correnti. Nel piano

L  Y

la caratteristica del

nullatore si riduce a un punto, lorigine degli assi.


Laltro bipolo il noratore e cio un bipolo ideale, il cui simbolo illustrato in figura 11b,
che al contrario non impone alcun vincolo tra la tensione e la corrente: la tensione e la
corrente possono assumere valori qualsiasi. Il noratore, a differenza di un bipolo circuito
aperto, consente il passaggio di una qualsiasi corrente per una qualsiasi tensione. Con un
simile bipolo possibile connettere diverse parti di un circuito senza alterare la distribuzione
delle tensioni.

Figura 11 Simbolo del nullatore (a) e del noratore (b).

2.3 Bipoli dinamici


I bipoli dinamici fondamentali sono il condensatore e linduttore.
Il condensatore il bipolo dinamico definito dalle equazioni
dq
i= 

dt
q = Q(v; t),

(11)

dove q la carica del condensatore e Q(v; t) una funzione non lineare di v. In figura 12a
illustrato il simbolo del condensatore non lineare e in figura 12b quello del condensatore lineare.
Nel condensatore il valore della corrente in un generico istante t dipende dalla storia della carica q
in un intorno di quell'istante e quindi dalla storia della tensione. L'insieme dei punti (v,q) nel piano vq prende il nome di curva caratteristica del condensatore. I concetti di condensatore simmetrico e
tempo invariante sono simili a quelli introdotti per i bipoli statici.

Figura 12 Simbolo del condensatore non lineare (a) e del condensatore lineare (b).
Condensatore lineare

78

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

Il condensatore lineare definito dalla relazione costitutiva


q=Cv,

(12)

dove la capacit C indipendente sia da q che da v e potrebbe dipendere dal tempo. Il condensatore
lineare simmetrico. Se la capacit costante nel tempo il condensatore tempo invariante.
Varactor
Il varactor un condensatore non lineare definito dalla relazione caratteristica
1.5C V 1 v / V 2 /3
0 0(
0)
q =
0

v V0
v V0

(13)

dove C 0 e V 0 sono due parametri caratteristici. Il varactor descrive un componente (il diodo varactor)
che per v>V0 si comporta prevalentemente come un diodo (prevale la corrente di conduzione rispetto
a quella di spostamento). Pertanto un modello realistico del diodo varactor pu essere ottenuto
collegando un diodo in parallelo a un varactor.
L'induttore il bipolo dinamico il cui funzionamento descritto dalle equazioni

d
v=


dt
= i t 

(14)

dove il flusso e (i; t) una funzione non lineare di i. In questo bipolo il valore della tensione
in un generico istante t dipende dalla storia del flusso in un intorno di t e quindi dalla storia della
corrente. In figura 13a illustrato il simbolo dellinduttore non lineare e in figura 13b quello
dellinduttore lineare.
L'insieme dei punti (i,) nel piano i- prende il nome di curva caratteristica dell'induttore. I
concetti di induttore simmetrico e tempo invariante sono gli stessi che abbiamo illustrato per gli altri
bipoli.

Figura 13 Simbolo dell'induttore non lineare (a) e simbolo dell'induttore lineare (b).
Induttore lineare
L'induttore lineare definito dalla relazione caratteristica
=L i,

(15)

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

79

dove il coefficiente di autoinduzione (o induttanza) L indipendente dal flusso e dalla corrente; esso
potrebbe dipendere dal tempo. L'induttore lineare simmetrico. Quando l'induttanza costante,
l'induttore tempo invariante.

Induttore saturabile
L'induttore saturabile l'induttore non lineare descritto dalla caratteristica grafica illustrata in
figura 14. Esso pu rappresentare il modello di un avvolgimento realizzato su di un nucleo di
materiale ferromagnetico (in questo modello viene ignorato il fenomeno dell'isteresi magnetica).

Figura 14 Curva caratteristica dell'induttore saturabile


Giunzione Josephson
La giunzione Josephson l'induttore non lineare descritto dalla relazione
i = I0

VLQ

k 0 ,

(18)

dove I0 e k0 sono due parametri caratteristici. Esso controllato solo in flusso e ammette solo i valori
di corrente appartenenti all'intervallo [I0, I0].

80

Giovanni Miano - Lezioni di Elettrotecnica

CAPITOLO 3

LE EQUAZIONI CIRCUITALI

3.1 Introduzione
Il quadro della intera Teoria dei Circuiti , a questo punto, completo. Essa cos costituita (per il
momento, ci riferiremo a circuiti di soli bipoli):

Concetti fondamentali (primitivi, in una impostazione assiomatica):


- corrente nel bipolo,
- tensione ai morsetti del bipolo;

Leggi fondamentali (assiomi, in una impostazione assiomatica):


- equazioni di Kirchhoff per le correnti,
- equazioni di Kirchhoff per le tensioni;

Relazioni costitutive (caratteristiche, in una impostazione assiomatica; b il numero di


bipoli del circuito, )k una funzione per i bipoli statici e un funzionale per i bipoli
dinamici):
)

{v k (),i k ()}= 0

k =1,2,...,b.

Tutto ci che d'ora in avanti si dir sar stretta conseguenza di questo quadro. Quindi in una rete
elettrica, o circuito elettrico, il funzionamento di ogni singolo elemento , in ogni istante, determinato
dalla interazione tra l'elemento stesso e il resto della rete. In altre parole, si pu dire che esso il
frutto della interazione tra due diverse esigenze: che l'elemento si comporti in modo compatibile con
la sua specifica natura e che tale comportamento sia a sua volta compatibile con quello di tutti gli
altri elementi presenti nella rete. Le relazioni costitutive descrivono il funzionamento dei singoli
elementi, e le leggi di Kirchhoff ne regolano l'interazione. Le equazioni che ne derivano sono le
equazioni circuitali . Esse sono loggetto del nostro studio.
Dal modo stesso in cui sono state enunciate le leggi fondamentali della Teoria dei Circuiti,
discende che esse non fanno alcun riferimento alla struttura interna dei diversi componenti (basta
pensare che le linee e le superfici cui le leggi si riferiscono non debbono forare o tagliare gli

82

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

involucri (le superfici limite) dei componenti: ne segue che le leggi di Kirchhoff non contengono,
di per s, informazioni sulla natura degli elementi circuitali). Le equazioni che si ottengono
imponendo le leggi di Kirchhoff dipendono solo da come sono connessi gli elementi circuitali.
Da questa semplice constatazione deriva che, per scrivere le equazioni di Kirchhoff non occorre
fare riferimento specificamente al sistema fisico che costituisce il circuito, ma sufficiente riferirsi a
una struttura astratta di tipo geometrico (vedremo poi, che non occorre neppure questa
caratteristica) che contenga soltanto i nodi (tutti) del circuito e i loro collegamenti realizzati dai
bipoli.
Con riferimento, ad esempio, alla figura 1, si consideri la rete di bipoli disegnata in figura 1a e il
corrispondente schema geometrico di figura 1b. Questo schema rappresenta un grafo1. Come si
vede, nel grafo i bipoli sono scomparsi, mentre tutti i nodi sono presenti: al posto dei bipoli
compaiono delle linee detti lati del grafo che collegano tra loro i nodi allo stesso modo che nel
circuito di partenza.
Ora, immediato constatare che, se i bipoli di figura 1a vengono orientati per ci che riguarda le
correnti in un modo qualsiasi (come, ad esempio, in figura 1c), e, allo stesso tempo, lo schema
corrispondente orientato, lato per lato, allo stesso modo, (figura 1d), per scrivere le equazioni di
Kirchhoff per le correnti per ciascuno dei nodi del circuito sufficiente riferirsi al grafo orientato,
piuttosto che al circuito di partenza.
inoltre evidente che anche la scrittura delle equazioni esprimenti le leggi di Kirchhoff per le
tensioni pu essere effettuata basandosi esclusivamente sul grafo orientato (senza bisogno di ricorrere
alla rete di partenza). La cosa di per s ovvia quando si stabilisca, una volta per tutte, di fare per
ogni bipolo del circuito, ad esempio, la convenzione dell'utilizzatore. Quando si faccia questa scelta,
non occorre orientare ulteriormente il grafo (per le tensioni): sufficiente averlo orientato per le
correnti.

Figura 1 Circuito (a), grafo corrispondente (b); circuito orientato (c) e grafo orientato corrispondente
(d).
Si noti che se, in luogo del grafo di figura 1b, se ne sceglie un altro che differisca dal primo per il
fatto che ciascuno dei lati sia stato deformato ad arbitrio (purch senza lacerazione), le equazioni di
Kirchhoff per le correnti e per le tensioni conservano ancora la stessa forma. Per questo motivo, si
1 Eulero scrisse il primo lavoro sulla teoria dei grafi nel 1736; in questo lavoro Eulero tratt il problema del
ponte di Knigsberg. Nel 1847 Kirchhoff ha fondato la teoria dei grafi, cos come nota oggi, nei suoi studi sui
circuiti elettrici. La maggior parte delle propriet topologiche dei circuiti elettrici sono state trovate da Kirchhoff
e da Maxwell (1892). L'applicazione sistematica dei grafi allo studio dei circuiti elettrici pi recente (1957).

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

83

soliti dire che il grafo di una rete non ha significato geometrico (il che implicherebbe la
conservazione di distanze e angoli rispetto al circuito di partenza), bens soltanto significato
topologico (il che implica soltanto la conservazione dei collegamenti fra i diversi nodi).

3.2 Elementi di teoria dei grafi


Come abbiamo appena visto le connessioni di un circuito possono essere rappresentate tramite un
oggetto astratto, il grafo del circuito. In questo paragrafo daremo quegli elementi della Teoria dei
Grafi che possono essere di aiuto nello studio delle propriet delle equazioni che si ottengono
applicando le leggi di Kirchhoff.
Definizioni: grafo, grafo orientato, sottografo

Un grafo G(N,L) l'insieme di nodi N={1,2,...,n}, di lati L={1,2,...,b} e la relazione


(relazione di incidenza) che a ogni lato fa corrispondere la coppia di nodi a cui il lato
connesso.

Se ogni lato del grafo orientato (ad esempio, tramite una freccia), il grafo si dice orientato.
Si consideri un grafo G(N,L). Il grafo G1(N1,L1) si dice sottografo di G, se N1 un
sottoinsieme di N, L1 sottoinsieme di L e la relazione di incidenza tra i nodi di N1 e i lati di
L1 la stessa del grafo G.
In figura 2a illustrato un grafo non orientato, e in figura 2b illustrato lo stesso grafo ma

orientato. L'orientazione del grafo di un circuito pu essere fatta, ad esempio, concordemente ai versi
di riferimento per le correnti. La relazione di incidenza assegnata graficamente attraverso elementi
geometrici (punti e archi di linee).

Figura 2 Grafo G={N,L} (a); una possibile orientazione di G (b).


In figura 3 illustrato un grafo orientato, insieme con tre suoi sottografi. Un sottografo una parte
di un grafo, e quindi corrisponde a una parte del circuito.

84

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 3 Grafo e sottografi (orientati).


Un concetto fondamentale nella teoria dei grafi quello di grafo connesso.
Definizione: grafo connesso
Un grafo si dice connesso se ogni nodo collegato a qualsiasi altro nodo attraverso uno o pi lati.
In figura 4a illustrato un grafo connesso e in figura 4b illustrato un esempio di grafo non
connesso: non esiste nessun collegamento tra i due sottografi.

Figura 4
I circuiti di bipoli di interesse nelle applicazioni sono tutti connessi, e quindi considereremo solo
grafi connessi. Un grafo connesso pu contenere sottografi non connessi (si consideri, ad esempio, il
grafo G illustrato in figura 3 e il sottografo G3).
Il concetto di maglia che stato introdotto nel Capitolo 1, un concetto fondamentale della teoria
dei grafi. Riprendiamo di nuovo questo concetto utilizzando i concetti propri dei grafi.
Definizione: maglia

Sia dato un grafo connesso G. Una maglia di G un sottografo connesso in cui in ciascun nodo
incidono due e solo due lati.
Osserviamo che ogni maglia forma un cammino chiuso, proprio perch essa deve essere un

sottografo connesso in cui a ogni nodo sono collegati due e due soli lati. Questa la propriet
fondamentale di ogni maglia. In generale in un grafo ci sono pi maglie. In figura 5 illustrato un
grafo G insieme a due possibili maglie, G1 e G2; i sottografi G3 e G4 non sono maglie perch nel
nodo 1 di G3 incidono quattro lati e nei nodi 1 e 4 di G4 incidono tre lati e un lato,
rispettivamente.

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85

Figura 5 Grafo G e due possibili maglie di G; (G1 e G2); G3 e G4 non sono maglie.
Oltre alle maglie, ci sono altri sottografi che hanno propriet interessanti e che vengono utilizzati
nella teoria dei circuiti: essi sono gli alberi e i coalberi di un grafo.
Definizione: albero e coalbero

Sia dato un grafo connesso G. Un albero A di G un suo sottografo connesso costituito da tutti
i nodi del grafo e che non contiene maglie.

Il coalbero CA di G, corrispondente all'albero A, l'insieme dei lati complementare all'albero:


l'unione dei lati dell'albero e del coalbero coincide con l'insieme di tutti i lati di G.
In generale un grafo possiede pi di un albero. Due possibili alberi A1 e A2, e i relativi coalberi

CA1 e CA2 del grafo illustrato in figura 5, sono illustrati in figura 6; il sottografo G1 non un albero
perch contiene una maglia, e il sottografo G2 non un albero perch non connesso.
Propriet fondamentali dell'albero e del coalbero
La propriet fondamentale dell'albero che esso costituito da n-1 lati, se n il numero di nodi del
grafo, indipendentemente dal numero di lati e dalla relazione di incidenza.
La dimostrazione di questa propriet semplice. Si parta da un qualsiasi nodo dell'albero.
possibile raggiungere, camminando lungo l'albero, qualsiasi altro nodo. Ogni volta che si raggiunge
un altro nodo si percorre un nuovo lato; pertanto il numero totale di lati distinti che bisogna
percorrere per raggiungere tutti i nodi n-1, cio uguale al numero di nodi meno uno (quello di
partenza).

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La propriet fondamentale del coalbero che esso costituito sempre da b-(n-1) lati se b sono i lati
del grafo. Essa deriva direttamente dal fatto che il coalbero il complemento all'albero, cio la
somma dei lati dell'albero e del coalbero deve essere uguale al numero dei lati del grafo.

Figura 6 Esempi di alberi A1 e A2 e coalberi CA1 e CA2 del grafo G illustrato in figura 5; G1 e G2
non sono alberi.
Un altro concetto importante nello studio delle propriet delle equazioni ottenute applicando le
leggi di Kirchhoff per le tensioni quello di maglia fondamentale.
Definizione: maglia fondamentale
Si consideri il sottografo che si ottiene aggiungendo all'albero di un grafo un qualsiasi lato di
coalbero: esso contiene una e una sola maglia (essa si ottiene eliminando tutti i lati appesi, cio
tutti quei lati che non appartengono al cammino chiuso). Una maglia ottenuta in questo modo prende
il nome di maglia fondamentale.
evidente, allora, che aggiungendo volta per volta tutti i lati di coalbero possibile costruire b-(n1) maglie fondamentali distinte. Questo insieme prende il nome di insieme delle maglie fondamentali
del grafo. La propriet di questo insieme che ogni lato di coalbero appartiene a una e una sola
maglia fondamentale, e quindi ogni maglia dell'insieme delle maglie fondamentali ha almeno un lato
in esclusiva. A seconda dell'albero che si sceglie si avr un diverso insieme di maglie fondamentali.

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87

Figura 7 Grafo G e un albero A ; un insieme di maglie fondamentali {MF1, MF2} del grafo G; la
maglia M (unione delle maglie MF1, MF2) non fondamentale.
Si consideri ora un insieme di maglie fondamentali. Si pu verificare che una qualsiasi altra maglia
del grafo pu essere rappresentata tramite l'unione di maglie fondamentali, se la regola dell'unione
prevede che i lati comuni siano eliminati. Si osservi che dall'unione di due maglie fondamentali
possibile costruire un'altra maglia del grafo se e solo se le due maglie hanno almeno un lato in
comune. In figura 7 illustrato un grafo e un possibile insieme di maglie fondamentali: MF3 la
maglia fondamentale ottenuta aggiungendo all'albero A il lato 3 e MF4 quella ottenuta aggiungendo
il lato 4; la maglia M ottenuta unendo MF3 a MF4.
I circuiti che vengono considerati in queste lezioni per esemplificare propriet, metodi e
applicazioni hanno grafi che possono essere rappresentati sul piano senza che nessuna coppia di lati si
intersechi. In generale ci non sempre verificato.
Definizione: grafo planare

Un grafo si dice planare se pu essere tracciato su di un piano senza che nessuna coppia di lati
si intersechi in un punto che non sia un nodo.

Tra tutte le possibili maglie di un grafo planare, rivestono particolare interesse quelle che nel grafo
non contengono nessun lato al loro interno (solo per i grafi planari ogni maglia partiziona il piano in
due parti, quella interna al cammino chiuso e quella esterna).
Definizione: anello

Un anello una maglia di un grafo planare che non contiene nessun lato al suo interno.

88

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possibile dimostrare che un grafo planare connesso con b lati e n nodi ha b-(n-1) anelli distinti,
cio anelli che hanno almeno un lato diverso. L'insieme di tutti gli anelli di un grafo planare ha la
stessa propriet dell'insieme di maglie fondamentali, cio qualsiasi altra maglia del grafo planare pu
essere ottenuta dall'unione di due o pi anelli, dove l'unione realizzata con la stessa regola (cio i
lati in comune devono essere eliminati). Si noti che, in generale, l'insieme degli anelli di un circuito
non coincide con nessun insieme di maglie fondamentali.
In figura 8a illustrato un grafo planare e i suoi tre anelli, mentre in figura 8b illustrato un
esempio di grafo non planare. Se si prova a distenderlo su di un piano, il lato che congiunge il nodo
3 al nodo 8 necessariamente interseca almeno un altro lato in un punto diverso dai nodi.

Figura 8 Grafo planare e anelli corrispondenti (a); un esempio di grafo non planare (b).

3.3 Equazioni di Kirchhoff per gli insiemi di taglio


Un altro importante concetto della teoria dei circuiti l'insieme di taglio. La legge di Kirchhoff per
le correnti, per come stata formulata, impone un legame alle correnti dei lati incidenti in uno stesso
nodo. possibile formularla anche per le correnti dei lati di un insieme diverso da quelli che incidono
nei nodi.
Definizione: insieme di taglio

Si consideri un grafo connesso G(N,L). Un sottoinsieme T dei lati L del grafo, si dice insieme
di taglio se: (a) la rimozione dal grafo di tutti i lati dell'insieme di taglio conduce a un grafo
non connesso; (b) la rimozione di tutti i lati dell'insieme di taglio, eccetto uno arbitrario, lascia
connesso il grafo G. Se il grafo orientato, l'insieme di taglio si dice orientato.

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89

In figura 9 si considera un grafo e vengono illustrati i possibili insiemi di taglio (T1, T2, T3 e T4).
I lati di T2 sono tutti quelli che incidono nel nodo 2 e i lati di T3 sono tutti quelli che incidono nel
nodo 3; invece i lati degli insiemi T1 e T4 non incidono in uno stesso nodo.
L'insieme di taglio crea una partizione dell'insieme dei nodi del grafo G in due sottoinsiemi, il
sottoinsieme N+ e il sottoinsieme N. Ciascun insieme di taglio pu essere orientato scegliendo
arbitrariamente un verso, ad esempio quello che va dal sottoinsieme di nodi N+ al sottoinsieme N.

Figura 9 Grafo G e possibili insiemi di taglio.


A questo punto possiamo formulare la legge per le correnti di un insieme di taglio.
Legge di Kirchhoff per gli insiemi di taglio
La somma algebrica delle correnti di un qualsiasi insieme di taglio uguale a zero in
ogni istante.
Nella legge di Kirchhoff per l'insieme di taglio intervengono con lo stesso segno le correnti il cui
riferimento per il verso concorde con l'orientazione dell'insieme di taglio (scelta in modo del tutto
arbitraria), e con il segno contrario le correnti con riferimento opposto. Ad esempio, la corrente i k
deve essere sommata con il segno + se il suo riferimento per il verso va dal sottoinsieme di nodi N+
al sottoinsieme N e con il segno se va al contrario.
La dimostrazione di questa nuova formulazione della legge di Kirchhoff per le correnti semplice.
Ogni insieme di taglio partiziona l'insieme di nodi nei due sottoinsiemi N+ e N. Scrivendo le
equazioni di Kirchhoff per le correnti per ciascun nodo del sottoinsieme N+ e sommandole membro a
membro si ottiene l'equazione dell'insieme di taglio. Nella somma si eliminano tutte le correnti
relative ai lati che collegano i nodi del sottoinsieme N+ e restano solo le correnti relative ai lati che
collegano i nodi di N+ ai nodi di N. Tutte le correnti i cui riferimenti per i versi vanno dal
sottoinsieme N+ al sottoinsieme N intervengono nella somma con lo stesso segno e con il segno

90

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

contrario le correnti con riferimento opposto. (Si noti che quando N+ contiene un solo nodo, e ci
accade quando i lati dell'insieme di taglio incidono tutti in un solo nodo, l'equazione per l'insieme di
taglio si riduce a quella per il nodo).
Si determinino le equazioni degli insiemi di taglio illustrati in figura 9.
insieme di taglio T 1

i2 + i4 i5 = 0, insieme di taglio T 2

i 2 i3 = 0;

insieme di taglio T 3

i3 + i 4 i 5 = 0, insieme di taglio T 4

i1 i 3 + i 5 = 0.

3.4 Matrice di incidenza e matrice di maglia


Fino a questo momento la relazione di incidenza di un grafo orientato (la relazione che associa i
lati ai nodi) stata rappresentata graficamente attraverso elementi geometrici. possibile assegnare
la relazione di incidenza, e quindi definire un grafo, utilizzando una tabella ordinata costituita da n
righe (quanto sono i nodi) e b colonne (quanti sono i lati). Questa tabella pu essere rappresentata da
una matrice rettangolare nb (in un circuito sempre bn); a essa si d il nome di matrice di
incidenza del grafo ed indicata con Aa.
Si ordinino i nodi e i lati del grafo orientato associando a ciascuno di essi un numero naturale. La iesima riga della matrice di incidenza corrisponda al i-esimo nodo del grafo e lo j-esimo elemento di
questa riga corrisponda al j-esimo lato del grafo. Sia a ij l'elemento di Aa appartenente alla riga i e
alla colonna j. La matrice di incidenza Aa cos definita:
+1

a ij = 1

se il lato j esce dal nodo i,

i =1, 2, ... , n
se il lato j entra nel nodo i,
j = 1, 2, .. ., b
se il lato non tocca il nodo i,

(1)

La i-esima riga di Aa indica quali sono i lati che incidono nell i-esimo nodo del grafo e la j-esima
colonna indica quali sono i due nodi (sono solo due) ai quali il lato j collegato.
Si consideri il grafo orientato illustrato in figura 10 e si costruisca la matrice di incidenza. In
questo caso Aa ha 4 righe (i nodi sono quattro) e 5 colonne (i lati sono cinque),

Aa =

1
1

1
0

0
0

0 1
1 0

0 0 1 1
0 1 1 0

1
0

( nodo 1)
( nodo 2)
( nodo 3)
( nodo 4)

(2)

C' una corrispondenza biunivoca tra il disegno illustrato in figura 10 e la matrice di incidenza (2):
essi sono solo una diversa rappresentazione di uno stesso oggetto.
Siccome ogni lato incide in soli due nodi, solo due elementi di ciascuna colonna sono diversi da
zero: uno di essi vale +1 (corrispondente al nodo da cui il lato esce) e l'altro vale 1 (corrispondente
al nodo in cui il lato entra). Dunque in ogni colonna della matrice di incidenza abbiamo un solo +1,
un solo 1 e gli altri elementi sono tutti nulli. Ne consegue che la somma di tutte le righe della
matrice di incidenza sempre una riga identicamente nulla (cio una riga con tutti zeri) e quindi le

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

91

righe di Aa sono linearmente dipendenti 2 : quindi il rango di Aa minore di n. Ad esempio, l'ultima


riga della matrice (2) pu essere ottenuta (senza ispezionare il grafo) a partire dalle altre tre righe,
imponendo che la somma di tutte e quattro le righe dia una riga nulla.

Figura 10 Circuito di bipoli orientato (a) e grafo orientato corrispondente (b).


La matrice di incidenza un modo molto efficace per rappresentare in maniera sintetica la
relazione di incidenza di un grafo e quindi il modo in cui i bipoli di un circuito sono collegati tra loro.
La met degli elementi della matrice (2) sono nulli. In generale il numero di elementi diversi da zero
uguale a 2b, mentre il totale degli elementi nb, quindi il numero degli elementi uguali a zero
(n-2)b. Se n>>1, la maggior parte degli elementi della matrice sono nulli, e quindi sono in un certo
senso ridondanti. In questi casi si dice che la matrice sparsa. Operare con matrici sparse
vantaggioso dal punto di vista computazionale: memorizzando solo gli elementi diversi da zero si
possono ottenere notevoli risparmi di memoria e di operazioni.
La matrice di incidenza ha una propriet molto interessante che enunceremo ma non
dimostreremo. I lati corrispondenti a n1 colonne di Aa linearmente indipendenti formano un albero.
Questa propriet utilizzata per realizzare procedure automatiche per la costruzione degli alberi di un
grafo.
La matrice di maglia Ba una tabella ordinata che ha tante righe quante sono le maglie distinte del
grafo e tante colonne quanti sono i lati; si indichi con m il numero di maglie distinte (sar sempre
m<b), le si ordinino associando a ciascuna di esse un numero naturale e le si orientino assegnando (in
maniera arbitraria) un verso di percorrenza (orario o antiorario). La i-esima riga della matrice di
maglia corrisponda alla i-esima maglia e la j-esima colonna corrisponda al j-esimo lato. Il generico
elemento b ij di Ba cos definito:
+1 lato j appartiene alla maglia i e i riferimenti sono concordi;
i = 1, 2, ..., m

b ij = 1 lato j appartiene alla maglia i e i riferimenti sono discordi;


j = 1, 2, .. ., b

0 se il lato j non appartiene alla maglia i.

(3)

2 Le righe di una matrice sono linearmente dipendenti se almeno una riga della matrice pu essere espressa
come combinazione lineare delle altre. Il rango di una matrice A il massimo numero di colonne di A
linearmente indipendenti; il massimo numero di colonne indipendenti di A uguale al massimo numero di righe
linearmente indipendenti.

92

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si consideri di nuovo il grafo illustrato in figura 10 e si costruisca la matrice di maglia. Prima di


tutto bisogna individuare le maglie. In questo grafo le maglie distinte sono tre e sono illustrate in
figura 11. La matrice Ba ha 3 righe (quante sono le maglie) e 5 colonne (quanti sono i lati),

1 1 1 0

Ba = 1 0 0
0 1 1

1
0

maglia M1

1
1

maglia M2 .
maglia M3

(4)

C' una corrispondenza biunivoca tra i sottografi illustrati in figura 11 e la matrice di maglia (4).

Figura 11 Maglie del grafo illustrato in figura 10.


Scriviamo ora le equazioni di Kirchhoff per il circuito di figura 10. Faremo vedere come esse
possono essere riscritte utilizzando le matrici che abbiamo appena introdotto. Per le correnti si ha
l'insieme di equazioni
i1 +
nodo 1
nodo 2 i1 +
nodo 3 0 i1 +

i2 +

0 i3 +

0 i 4 + (1) i5 = 0,

0 i2 +
0 i3 +
i4 +
0 i 2 + ( 1) i3 + ( 1) i 4 +

nodo 4 0 i1 + (1) i 2 +

i3 +

0 i4 +

0 i5 = 0,
i5 = 0,

(5)

0 i5 = 0,

e per le tensioni si ha linsieme delle equazioni


maglia M1

(1) v 1 +

maglia M2
maglia M3

v1 +
0 v1 +

v2 +

v3 + ( 1) v 4 +

0 v 2 + 0 v3 +
v2 +
v3 +

v4 +
0 v4 +

0 v 5 = 0,
v 5 = 0,
v 5 = 0.

(6)

Si introduca, ora, il vettore colonna rappresentativo delle correnti i = ( i1 , i2 , i 3 , i 4 , i 5 )T . La prima


equazione del sistema (5) pu essere ottenuta moltiplicando la prima riga della matrice di incidenza
(2) per il vettore colonna i e imponendo, poi, che tale prodotto sia zero; la seconda equazione pu
essere ottenuta moltiplicando la seconda riga della matrice di incidenza per il vettore colonna i e
imponendo ancora che il prodotto sia zero, e cos via. Quindi il sistema (5) pu essere ottenuto
moltiplicando la matrice di incidenza Aa data dalla (2) per il vettore colonna i e imponendo che il
prodotto sia il vettore nullo (con cinque elementi).
Si consideri ora un generico circuito con b lati e n nodi e si introduca il vettore i = ( i1 , i2 , ..., i b ) T
rappresentativo di tutte le correnti. Il prodotto tra la riga i-esima della matrice Aa e il vettore i
uguale alla somma algebrica delle correnti nel nodo i (i=1, 2, ..., n). Quindi applicando la legge di

93

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Kirchhoff per le correnti a ogni nodo si ottiene lequazione matriciale (il prodotto da intendersi
come il prodotto riga per colonna)
Aa i = 0 .

(7)

Dunque la conoscenza della matrice di incidenza consente di scrivere immediatamente tutte le


equazioni di Kirchhoff per le correnti.
Si consideri ora l'insieme delle equazioni (6) ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le
tensioni e si introduca il vettore colonna rappresentativo delle tensioni

= v 1  v 2  v 3  v 4  v 5 T . La

prima equazione del sistema (6) pu essere ottenuta moltiplicando la prima riga della matrice di
maglia (4) per il vettore colonna v e imponendo, poi, che tale prodotto sia zero; la seconda equazione
pu essere ottenuta moltiplicando la seconda riga della matrice di maglia per il vettore colonna v e
imponendo ancora che il prodotto sia zero, e cos via. Quindi il sistema (6) pu essere ottenuto
moltiplicando la matrice di maglia Ba data dalla (4) per il vettore colonna v e imponendo che il
prodotto sia il vettore nullo (con tre elementi).
Y

Si consideri ora un generico circuito con b lati e m maglie e si introduca il vettore


= v 1  v 2   v b T rappresentativo di tutte le tensioni. Il prodotto tra la riga i-esima della matrice Ba

e il vettore v uguale alla somma algebrica delle tensioni nella maglia i (i=1,2, ..., m). Quindi
applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a ogni maglia si ottiene l'equazione matriciale (il
prodotto da intendersi sempre come il prodotto riga per colonna)
%a Y

= .

(8)

Dunque la matrice di maglia consente di rappresentare sinteticamente tutte le equazioni di Kirchhoff


per le tensioni.
A differenza della matrice di incidenza, la costruzione della matrice di maglia in generale molto
onerosa dal punto di vista computazionale perch bisogna individuare tutte le maglie del grafo.
Un insieme di maglie fondamentali pu essere descritto tramite una matrice rettangolare con
(bn+1) righe (ogni riga corrisponde a una maglia fondamentale) e b colonne (ogni colonna
corrisponde a un lato). Questa matrice prende il nome di matrice di maglia fondamentale e la si indica
con B; la matrice B una sottomatrice della matrice di maglia Ba.
Se si numerano i lati in modo tale che i primi (bn+1) siano quelli di coalbero e si orientano le
maglie fondamentali concordemente con le orientazioni dei lati di coalbero, allora la matrice di
maglia fondamentale ha una particolare struttura. Si consideri, ad esempio, il grafo di figura 10. Un
possibile albero quello costituito dai lati 3, 4 e 5, e quindi i lati di coalbero sono 1 e 2. Si
considerino le due maglie fondamentali corrispondenti. La matrice di maglia fondamentale

B=

1 0

1 0 1

1 1

(9)

La matrice B costituita dalla sottomatrice matrice identit di ordine 2 (quanti sono i lati di coalbero)

Il =

1 0
0 1

e dalla sottomatrice rettangolare 2 3 (3 sono i lati di albero)

(10)

94

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Bt =

1 1

1 0 1

(11)

La sottomatrice Il rappresenta i lati di coalbero e la sottomatrice Bt rappresenta i lati di albero.


In generale qualsiasi matrice di maglia fondamentale B pu essere rappresentata nella forma

B = Il

Bt ,

(12)

dove Il la matrice identit di dimensione (bn+1) e Bt una matrice (bn+1)(n1), costituita da


+1, 1 e 0. La presenza della matrice di identit Il dovuta al fatto che ciascuna maglia
fondamentale contiene uno ed un solo lato di coalbero e i riferimenti di questi sono concordi con le
orientazioni delle maglie fondamentali. Da queste considerazioni segue che le righe di una matrice di
maglia fondamentale sono indipendenti e quindi il suo rango uguale a (bn+1). Siccome B una
parte della matrice di maglia Ba, la matrice di maglia Ba ha almeno (bn+1) righe indipendenti e
quindi il suo rango maggiore o al pi uguale a (bn+1).
3.5 Equazioni di Kirchhoff indipendenti
I sistemi di equazioni (7) e (8) insieme alle relazioni costitutive dei bipoli costituiscono il modello
circuitale. Le equazioni di Kirchhoff sono lineari, algebriche e omogenee, mentre le equazioni
caratteristiche sono, in generale, non lineari, di tipo algebrico-differenziale e non omogenee. Il
sistema cos ottenuto ben posto?
Un sistema di equazioni si dice ben posto se ammette una e una sola soluzione, comunque siano i
termini noti (e le eventuali condizioni iniziali). Condizione necessaria, affinch un sistema sia ben
posto, che le equazioni indipendenti 3 siano tante quante sono le incognite del problema, n di pi e
n di meno. Inoltre non deve mai accadere che due o pi equazioni siano tra loro incompatibili
((x + y) = 1 e (x y)=0 sono un esempio di due equazioni incompatibili). Se il sistema costituito
da un numero di equazioni indipendenti pi grande del numero di incognite o da equazioni
incompatibili, il problema in generale non ammette soluzioni. Invece se il sistema ha un numero di
equazioni indipendenti (tra loro compatibili) pi piccolo del numero di incognite, in generale
ammette infinite soluzioni.
L'insieme delle equazioni costitutive sono certamente indipendenti e compatibili tra loro (ogni
equazione caratteristica ha due incognite in esclusiva). L'insieme delle equazioni ottenute applicando
le leggi di Kirchhoff sono indipendenti? Sono tra loro compatibili?
Dapprima si considerino le equazioni di Kirchhoff per le correnti.
Ad esempio, immediato verificare che le equazioni (5), ottenute applicando la legge di Kirchhoff
per le correnti al circuito rappresentato in figura 10, non sono tra loro linearmente indipendenti 4. Ad
3 Le equazioni (algebriche, differenziali, integrali, ...) di un sistema sono dipendenti se almeno una di esse pu

essere ottenuta combinando le altre (o almeno una parte). Si dice che le equazioni del sistema sono indipendenti
se e solo se le equazioni non sono dipendenti.
4 L'equazione f ( x , x , ...,x ) = 0 si dice lineare se f ( x , x , ...,x ) una funzione lineare nelle variabili
1 2
n
1 2
n
x 1 ,x 2 ,..., x n .
Si
consideri
l'insieme
delle
m
equazioni
lineari
e
omogenee

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

95

esempio, la quarta equazione pu essere ottenuta sommando membro a membro le altre tre, cio la
quarta equazione una combinazione lineare delle prime tre (tutte le informazioni contenute
nell'ultima equazione sono gi presenti nelle precedenti). ovvio, a questo punto, che una qualsiasi
delle (5) pu essere eliminata, senza che il sistema ne risenta in alcun modo.
In generale le n (n il numero di nodi) equazioni di Kirchhoff per le correnti (7) sono linearmente
dipendenti, comunque sia il grafo del circuito. Ci pu essere dimostrato ricordando che la somma di
tutte le righe della matrice di incidenza la riga nulla. Da questa propriet segue immediatamente
che, se si sommano membro a membro le n equazioni del sistema (7), si ottiene l'identit 0=0 (e non
pi un'equazione) 5. Questo risultato in accordo con il fatto che il rango della matrice di incidenza
Aa minore di n.
Quante e quali sono le equazioni di Kirchhoff alle correnti linearmente indipendenti?
Propriet di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti
Per un circuito con grafo connesso e con n nodi, le equazioni di Kirchhoff per le correnti
relative a n1 nodi (scelti in maniera arbitraria tra gli n possibili) sono linearmente
indipendenti.
Ad esempio, si consideri di nuovo linsieme delle equazioni di Kirchhoff (5) per le correnti del
circuito di figura 10. L'insieme costituito dalle prime tre equazioni un insieme di equazioni
linearmente indipendenti. Infatti le prime due equazioni non possono essere dipendenti perch, ad
esempio, i5 compare solo nella prima e non nella seconda. (Condizione sufficiente, affinch una
equazione di un certo insieme sia indipendente dalle altre, che nell'equazione vi sia almeno una
incognita in esclusiva). Ci pu essere dedotto sia ispezionando le due equazioni, sia osservando che,
se si considera l'insieme dei nodi 1 e 2 e l'insieme dei restanti nodi (cio 3 e 4), il lato 5
collega un nodo del primo insieme a un nodo del secondo (il grafo connesso) e quindi la corrente in
quel lato comparir soltanto in una sola delle prime due equazioni e quindi non pu essere eliminata.
Lo stesso ragionamento vale per l'insieme costituito dalla prima e dalla terza equazione e per
l'insieme costituito dalla seconda e dalla terza equazione. Ora bisogna mostrare che la prima
equazione indipendente dalle altre due (la seconda e la terza). Il lato 2 connette il nodo 1
appartenente all'insieme dei nodi 1, 2 e 3, al nodo 4 e quindi la corrente di quel lato
comparir soltanto in una sola delle prime tre equazioni.
Dimostrazione. La propriet di indipendenza pu essere dimostrata in generale procedendo in questo
modo: si parte negando la tesi e si dimostra che ci da luogo a risultati che contraddicono le ipotesi.
Questa la classica dimostrazione per assurdo.

f j ( x1 ,x 2 ,...,x n )= 1x 1 + 2 x 2 +...+ n x n = 0 j=1,2,...,m . Le equazioni di questo insieme si dicono linearmente


dipendenti se e solo se esiste un insieme k1 ,k 2 ,...,k m di costanti (almeno due di esse devono essere diverse da
zero) tali che: mj=1 k jf j ( x1 ,x 2 ,...,x n ) = 0 per ogni x1 , x 2 , ...,x n . Lequazioni di questo insieme si dicono si dicono
linearmente indipendenti se e solo se non sono linearmente dipendenti.
5 Luguaglianza f ( x , x , ...,x ) = 0 una identit se essa verificata per qualsiasi ennupla x ,x ,..., x ; invece,
1 2
n
1
2
n
se verificata solo per alcuni valori di x 1 ,x 2 ,..., x n (l'insieme di questi valori pu essere finito oppure infinito),
allora essa un'equazione.

96

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si considerino solo (n1) equazioni delle n equazioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff per
le correnti e si assuma, senza perdere di generalit, che un sottoinsieme di h equazioni delle (n1)
f 1 (i1 , i2 , ..., i b ) = 0,
f 2 ( i1 , i2 , ..., i b ) = 0,

(13)

......... ........... ...


f h (i1 , i 2 ,..., i b ) = 0,

siano linearmente dipendenti. Quindi esistono h costanti k1, k2, ..., k h , tutte diverse da zero, tali che

ih=1 k i f i (i1, i2 ,...,i b ) = 0

per ogni i1 ,i 2 ,..., i b .

(14)

Si partizioni l'insieme dei nodi del grafo in due parti, quella corrispondente alle h equazioni, Nh, e
l'altra relativa ai restanti nodi, Nn-h. Poich il grafo connesso, esiste almeno un lato che collega un
nodo dell'insieme Nh a un nodo dell'insieme Nn-h. Pertanto la corrente di quel lato compare in una e
una sola equazione dell'insieme (13), per cui non pu essere eliminata nella somma dell'identit (14).
Ci vero per ogni sottoinsieme di h equazioni delle (n1) equazioni considerate con hn1. Tale
contraddizione mostra che per hn1 non possibile avere un insieme di equazioni linearmente
dipendenti. Quindi, le n1 equazioni considerate sono linearmente indipendenti.
Se si elimina dalla matrice di incidenza Aa la riga corrispondente all'equazione che non viene
utilizzata, si ottiene una matrice detta matrice di incidenza ridotta, A: essa ha n1 righe e b lati.
Allora le n1 equazioni indipendenti per le correnti possono essere espresse come

Ai = 0 .

(15)

Il rango di A n1, cio essa una matrice a rango massimo.


Si considerino, ora, le equazioni di Kirchhoff per le tensioni. Ad esempio, immediato verificare
che le equazioni (6), ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni al circuito rappresentato
in figura 10, non sono tra loro linearmente indipendenti. Ad esempio, la terza equazione pu essere
ottenuta sommando membro a membro le altre due, cio la terza equazione una combinazione
lineare delle prime due (tutte le informazioni contenute nell'ultima equazione sono gi presenti
nelle precedenti). ovvio, a questo punto, che una qualsiasi delle (6) pu essere eliminata, senza che
il sistema ne risenta in alcun modo.
In generale le m (m il numero di maglie) equazioni di Kirchhoff per le tensioni (8) sono
linearmente dipendenti. Quante e quali sono le equazioni di Kirchhoff alle tensioni linearmente
indipendenti?
Propriet di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni
Per un circuito con grafo connesso con n nodi e b lati, le b(n1) equazioni di Kirchhoff per le
tensioni, relative a un qualsiasi insieme di maglie fondamentali, sono linearmente indipendenti.
Ad esempio, si consideri linsieme (6) delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni relativo al
circuito di figura 10. L'insieme costituito dalle prime due equazioni un insieme di equazioni
linearmente indipendenti. Infatti le due maglie M1 e M2 un insieme di maglie fondamentali:

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

97

ognuna di esse ha almeno un lato in esclusiva, e quindi le relative equazioni per le tensioni hanno
almeno una tensione incognita in esclusiva. Lo stesso ragionamento vale per gli altri insiemi
fondamentali.
Dimostrazione. La propriet di indipendenza pu essere dimostrata in generale e semplicemente
ricordando che ogni maglia di un insieme di maglie fondamentali ha almeno un lato in esclusiva e
quindi l'equazione di Kirchhoff corrispondente ha almeno una tensione (incognita) in esclusiva (il
rango di una qualsiasi matrice di maglia fondamentale uguale a b(n1)).
L'insieme delle equazioni per le tensioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff a un insieme di
maglie fondamentali il pi grande insieme di equazioni linearmente indipendenti per le tensioni
(cio un sottoinsieme massimale e linearmente indipendente delle equazioni (4))?
La risposta s. Tali equazioni corrispondono a un insieme minimo di maglie che contengono
tutte le informazioni concernenti le equazioni di Kirchhoff per le tensioni del intero circuito. Infatti se
si considera una maglia M non fondamentale, essa pu essere sempre ottenuta attraverso l'unione di
almeno due maglie fondamentali (nell'esempio di figura 7 la maglia non fondamentale M pu essere
ottenuta dall'unione di MF1 e MF2). Pertanto l'equazione per M si ottiene combinando linearmente le
equazioni relative alle maglie fondamentali di cui M l'unione (si noti che le tensioni relative ai lati
in comune alle maglie fondamentali vengono eliminate).
Se si eliminano dalla matrice di maglia Ba tutte le righe corrispondenti a maglie superflue (restano
solo le righe relative alle maglie dell'insieme fondamentale scelto) si ottiene la matrice di maglia
fondamentale B; essa ha b(n1) righe e b lati. Allora le b(n1) equazioni indipendenti per le
tensioni possono essere espresse come

Bv = 0 .

(16)

Il rango di B b(n1), cio essa una matrice a rango massimo.


Nel caso in cui il grafo planare, un sottoinsieme massimale di equazioni indipendenti per le
tensioni pu essere ottenuto applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni agli anelli del grafo. Gli
anelli in un grafo planare con n nodi e b lati sono b(n1) e ogni anello ha almeno un lato in
esclusiva; inoltre qualsiasi altra maglia che non sia un anello, pu essere ottenuta unendo opportuni
anelli.

3.6 Equazioni circuitali


Si consideri un circuito connesso con n nodi e b bipoli. Le equazioni circuitali sono costituite da
(n1) equazioni indipendenti alle correnti ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le correnti a
(n1) qualsiasi nodi del circuito, (bn+1) equazioni indipendenti alle tensioni ottenute applicando la
legge di Kirchhoff per le tensioni a (bn+1) maglie fondamentali del circuito (agli anelli se il grafo
del circuito planare) e b equazioni costitutive:

Ai = 0,

Bv = 0,

(17)

98

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

F1 {v1 (),i1 ()}= 0,


F2 {v2 (),i 2 ()}= 0,

....................

Fb {v b (),i b ()} = 0.

(18)

Alle b equazioni dellinsieme (17) diamo il nome di equazioni di interconnessione perch


dipendono solo da come gli elementi circuitali sono tra loro collegati. Esse sono lineari e omogenee;
inoltre sono tutte linearmente indipendenti perch nell'insieme di equazioni indipendenti Ai = 0
compaiono solo le correnti e nell'insieme di equazioni indipendenti Bv = 0

compaiono solo le

tensioni (e quindi sono anche compatibili).


Le equazioni costitutive possono essere sia di tipo algebrico che di tipo differenziale, a seconda
della natura del bipolo. Se il circuito costituito da soli bipoli di tipo resistivo, le equazioni circuitali
sono di tipo algebrico. Se nel circuito ci sono anche bipoli di tipo dinamico, allora le equazioni
circuitali sono di tipo algebrico-differenziale.
L'insieme delle equazioni di interconnessione e delle equazioni costitutive un sistema di 2b
T
T
equazioni nelle 2b incognite i = (i1 ,i 2 ,..., i b ) e v = (v1 ,v 2 ,...,v b ) . Esso un insieme di
equazioni indipendenti? 6 Le equazioni circuitali sono tutte compatibili tra loro? Nella maggior parte
dei casi e in quelli pi significativi le equazioni circuitali sono tutte indipendenti e compatibili.
Tuttavia esistono casi in cui le 2b equazioni non sono indipendenti e anche casi in cui non sono
compatibili. Possono esistere anche casi in cui la soluzione non unica o addirittura non esiste.
Torneremo brevemente su queste questioni negli esempi che ora svolgeremo.
Ora vengono esaminati quattro circuiti, ognuno dei quali esemplifica una classe di circuiti di
particolare rilievo teorico e applicativo. Gli obiettivi di queste esemplificazioni sono molteplici.
Innanzitutto cominciare a familiarizzare con la soluzione delle equazioni di un circuito, partendo da
un caso semplice e poi, man mano, proseguendo con circuiti sempre pi difficili da risolvere. In
questo modo faremo una prima rassegna delle difficolt intrinseche nel modello circuitale e dei
metodi matematici che si utilizzano per la soluzione delle equazioni circuitali. Coglieremo
l'occasione per illustrare anche i principi dei metodi di soluzione numerica su cui si basano simulatori
circuitali, come, ad esempio, PSpice.
3.6.1 Esempio: circuito di resistori lineari e generatori indipendenti.
Si consideri il circuito illustrato in figura 12. Esso costituito dai resistori lineari con resistenze
R 1 =1, R 2 = 2, R 3 = 2

e da due generatori indipendenti uno di tensione, con tensione

e( t) = sin( 21000t) e uno di corrente, con corrente j(t) = 1 . Si determinino tutte le correnti e le

tensioni.
Il circuito costituito da 5 bipoli. Si fissino i riferimenti per i versi delle correnti come indicato
in figura 12b e si assuma per ciascun bipolo la convenzione dell'utilizzatore (la prima operazione che

6 Siano E ed E due insiemi di equazioni, ciascuno dei quali costituito da sole equazioni indipendenti. In
1
2

generale, le equazioni ottenute dallunione di E1 con E2 non sono indipendenti.

99

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

bisogna fare quando si imposta la soluzione di un circuito assegnare i riferimenti per i versi delle
correnti e delle tensioni). Le incognite del problema sono le 5 correnti i1 , i2 , . .., i 5 e le 5 tensioni
v 1 , v 2 , .. ., v 5 (in realt la tensione del generatore di tensione e la corrente del generatore di corrente

non sono delle vere incognite, anche se formalmente e per il momento conviene considerarle come
tali).
Ora bisogna scrivere le equazioni circuitali. Si considerino prima le equazioni di interconnessione.
A tale scopo utile riferirsi al grafo orientato riportato in figura 12c.

Figura 12 Circuito resistivo lineare (a), circuito orientato (b) e grafo orientato corrispondente (c).
Il grafo del circuito in questione ha tre nodi (i nodi "1, 2 e 3), quindi possibile scrivere solo
due equazioni di Kirchhoff per le correnti linearmente indipendenti (si scelgano le equazioni relative
ai nodi 1 e 2)
nodo 1

i1 i 5 = 0,

nodo 2

i1 i2 i3 + i 4 = 0.

(19)

Ora bisogna scrivere le equazioni di Kirchhoff per le tensioni. A tale scopo si costruisca un insieme
di maglie fondamentali. In figura 13 illustrato un albero del grafo di figura 12c, insieme ai lati del
coalbero e alle tre maglie fondamentali (relative all'albero che stato scelto). Applicando la legge di
Kirchhoff per le tensioni alle maglie fondamentali M1, M2 e M3 si ottiene l'insieme di equazioni
linearmente indipendenti
maglia M1

v1 + v 2 + v 5 = 0,

maglia M2

v 2 + v 3 = 0,

maglia M3

v 2 v 4 = 0.

(20)

Utilizzando le equazioni costitutive si ottiene un altro insieme di equazioni linearmente indipendenti,


costituito dalle 5 equazioni
resistore 1

v1 R1 i1 = 0,

resistore 2

v 2 R 2 i 2 = 0,

resistore 3

v 3 R3 i 3 = 0,

geneneratore corrente i 4 = j,
generatore tensione v 5 = e.

(21)

100

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 13 Un albero del grafo di figura 12c,, coalbero e insieme di maglie fondamentali.
Unendo gli insiemi (19), (20) e (21), si ottiene il sistema completo delle equazioni circuitali relative
al circuito in esame. Esso costituito da 10 equazioni e da 10 incognite ed
i1 i5 = 0,

i1 i2 i 3 + i4 = 0.

v1 + v 2 + v 5 = 0,

v 2 + v 3 = 0,
v v = 0.
2
4

v1 i1 = 0,

v 2 2i 2 = 0,

v 3 2i3 = 0,
i = 1,
4
v = sin(21000t).
5

(22)

Si introduca il vettore x cos definito, x = (i1 , i2 ,. .., i5 , v1 , v 2 ,..., v5 )T ; allora il sistema (22) pu
essere rappresentato sinteticamente attraverso l'equazione vettoriale lineare
Lx = d ,

(23)

dove L una matrice quadrata 1010 e d un vettore noto di dimensione 10 dipendente solo dalle
sorgenti. La maggior parte degli elementi della matrice L sono nulli, e quindi sparsa.
Le equazioni di un qualsiasi circuito, costituito da soli resistori lineari e generatori indipendenti (e
pi in generale da elementi lineari di tipo resistivo), possono essere sempre poste nella forma (23): L
una matrice quadrata 2b2b (b sono i bipoli del circuito), x e d sono due vettori di dimensione 2b.
Pertanto il modello matematico di un circuito resistivo lineare (con questa espressione intendiamo un
circuito di resistori lineari e generatori indipendenti) costituito da un sistema di equazioni
algebriche lineari.
Il sistema (23) ha una e una sola soluzione se e solo se il sistema omogeneo associato
Lx = 0 ,

(24)

che descrive il funzionamento del circuito quando i generatori sono spenti, ha solo la soluzione x=0.
Questa condizione verificata se e solo se le equazioni del sistema omogeneo associato sono
linearmente indipendenti, cio se il rango della matrice L uguale a 2b. Ci accade se e solo se le

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

101

equazioni del sistema completo (23) sono indipendenti e compatibili tra loro. Nel caso in esame
questa condizione verificata (anche se non immediato provarlo).
I metodi di soluzione per i sistemi algebrici lineari vengono, usualmente, divisi in due
raggruppamenti. I metodi diretti sono i metodi che in assenza di errori di arrotondamento danno la
soluzione esatta in un numero finito di operazioni. I metodi iterativi sono metodi in cui la soluzione
ottenuta come limite di una successione di soluzioni di problemi pi semplici. Nel seguito faremo
un breve accenno ai soli metodi diretti.
I metodi diretti classici sono: la regola di Cramer, mediante la quale le soluzioni vengono espresse
come quozienti di determinanti di ordine 2b (2b l'ordine del sistema), e il metodo di eliminazione di
Gauss 7 (o metodo della riduzione per sostituzione).
Per valutare il costo computazionale richiesto dai due metodi si considera il numero di
moltiplicazioni coinvolte nei rispettivi algoritmi. Naturalmente, vi sono anche altri tipi di operazioni,
come le addizioni, ma solitamente ci si riferisce alle moltiplicazioni, in quanto in generale pi
onerose computazionalmente. Il numero di moltiplicazioni necessarie per risolvere il sistema
attraverso la regola di Cramer (2b+1)(2b-1)(2b)!, mentre nel metodo di Gauss il numero di
moltiplicazioni dell'ordine di 8b3. Per b=5 (l'ordine del sistema (22) 10) il metodo di Gauss
richiede all'incirca mille moltiplicazioni, mentre la regola di Cramer ha bisogno all'incirca di 3.6 106
moltiplicazioni; per b=10 il metodo di Gauss ha bisogno di circa 8000 moltiplicazioni mentre la
regola di Cramer richiede all'incirca 2.4 1018 moltiplicazioni. Usando un calcolatore in grado di
realizzare 108 moltiplicazioni al secondo (che utilizza, ad esempio, un processore RISC o ALPHA)
si hanno i seguenti tempi di calcolo:
Regola di Cramer 3 105 anni,
Metodo di Gauss 8 10-5 secondi.
Anche per sistemi di modeste dimensioni il metodo di Cramer si rivela, quindi, impraticabile. Al
contrario, il metodo di Gauss permette di risolvere in tempi ragionevoli sistemi di grosse dimensioni.
Sfruttando la natura particolare delle matrici, quali ad esempio la sparsit e la simmetria, possibile
ridurre ulteriormente sia la quantit di memoria richiesta, sia il numero di operazioni.
Il sistema (22) sar risolto utilizzando il metodo di Gauss. L'idea centrale del metodo di Gauss la
riduzione della dimensione del sistema, cio del numero di equazioni, per eliminazione. Essa consiste
nel ricavare da una fissata delle 2b equazioni una particolare incognita e nella sua sostituzione nelle
equazioni rimanenti (eliminazione in avanti). La sostituzione fa cos diminuire di pari passo sia il
numero di equazioni che il numero di incognite e quindi diminuisce la dimensione del problema:
2b2b1. Iterando il procedimento, si riduce il problema originario a un problema a una sola
equazione in una sola incognita. Determinata tale incognita, le altre incognite sono successivamente
ottenute mediante una procedura di sostituzione all'indietro.
Operando in questo modo, dopo l'eliminazione in avanti, il sistema (22) trasformato nel sistema

7 Questo metodo attribuito comunemente a Gauss, anche se nel libro di Valeriano Comincioli, Analisi

Numerica edito dalla McGraw-Hill (1990), si accenna a un esempio 33 contenuto in un manoscritto cinese
datato pi di 2000 anni.

102

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i 4 = 1,

v 5 = sin(21000t),

v1 = i1 ,

v 2 = 2i 2 ,

v 3 = 2i3 ,

i 5 = i 1,

i 3 = i 2 ,

2i 2 = sin(21000t) i1 ,
2i = sin(21000t) 1.
1

(25)

La soluzione del circuito si ottiene dalle (25) attraverso l'eliminazione all'indietro. Cos facendo si
ottiene
i1 = 0. 5[ sin(21000t) 1], i 2 = 0. 5[ sin(21000t) + 1]
i 3 = 0. 5[sin(2 1000t) +1], i 4 = 1
i 5 = 0. 5[sin( 21000t) 1],
v 1 = 0.5[sin(21000t) 1], v2 = sin(21000t) + 1,
v 3 = sin(21000t) +1,

v 4 = sin(21000t) 1,

v 5 = sin(21000t).

Figura 14

Esempi di modelli circuitali mal posti.

Prima di passare allo studio di un circuito con un bipolo statico non lineare, interessante fare
qualche considerazione sull'esistenza e unicit della soluzione di un circuito di resistori lineari e
generatori indipendenti. A questo scopo si considerino i due circuiti illustrati in figura 14 e si
scrivano le rispettive equazioni, (il sistema (26a) per il circuito di figura 14a e il sistema (26b) per il
circuito di figura 14b)
i1 + i2 + i 3 = 0,

v1 v 3 = 0,

v1 v 2 = 0,

v1 = E 1 ,

v2 = E 2 ,

v 3 Ri 3 = 0,

(26a)

i1 + i4 = 0,

i 2 + i3 i 4 = 0,

v 2 v 3 = 0,

v1 v 3 v 4 = 0,

v1 = E,

i 2 = J,

v 3 Ri 3 = 0,
v + Ri = 0.
4
4

(26b)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

103

Nel primo circuito (figura 14a) abbiamo un resistore e due generatori di tensione in parallelo; nel
secondo circuito abbiamo un resistore con resistenza negativa R e uno con resistenza positiva +R.
Nel primo sistema di equazioni (26a) la terza equazione incompatibile con la quarta e la quinta (le
equazioni del sistema omogeneo associato non sono tutte indipendenti). Nel secondo sistema di
equazioni (26b) la seconda equazione incompatibile con le ultime cinque (anche in questo caso le
equazioni del sistema omgeneo aassociato non sono tutte indipendenti). Quindi entrambi i sistemi, in
eneoralo, non ammettono soluzioni. Nel primo caso si hanno infinite soluzioni se E1=E2 (le equazioni
del sistema completo sono compatibili ma non sono pi indipendenti), mentre nel secondo caso si
hanno infinite soluzioni se E=0 e J=0.
Queste situazioni patolgeiche non si vorificano se si assume che: (a) tutte le resistenze sono
positivo; (b) non esistono maelie costituite da soli generatori di tensione e corto circuiti; (c) non
esistono insiemi di taeli costituiti da soli generatori di corrente e circuiti aperti. Comunque, qualora si
vorificassoro, basta introdurre deeli opportuni resistori per ottenere un modello circuitalo ben
posto. Ad esempio, se nel circuito di figura 14a si introduce un resistore in serie a uno dei due
generatori, il problema non pi mal posto (bisgena sempre tenere presente che il modello circuitalo
che si sta analizzando un modello dell'oegetto fisico, ma non l'oegetto fisico). Un modello mal
posto quando non rappresenta in maniera adeeuata l'oegetto fisico, perch sono stati trascurati effetti
di fenomeni che non possono essorlo.
3.6.2

Esompio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un resistoro non


lineare

Assoenato un problema qualunque, si interessati a determinare una soluzione. Per alcuni


problemi la soluzione unica. Per altri problemi possono esistere pi soluzioni, o addirittura nessuna
soluzione (pur essondo tutte le equazioni indipendenti). Ci accade per circuiti contenenti resistori
non lineari. L'esempio che seeue illustra talo possibilit. Si consideri il circuito di figura 15. Il
resistore non lineare controllato in tensione, cio la sua equazione caratteristica del tipo
i 3 = g(v 3 ) dovo g() una funzione a un solo valore.
Le equazioni del circuito sono
i1 i2 i 3 = 0,

i1 + i4 = 0,

v1 + v 2 v 4 = 0,

v 2 v 3 = 0,

v1 R1 i1 = 0,

v 2 R 2 i2 = 0,

i 3 g(v 3 ) = 0,
v = E.
4

(27)

Il sistema di equazioni (27) non lineare (la penultima equazione non lineare); esso costituito da
equazioni tutte indipendenti tra loro.

104

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 15 Esempio di circuito resistivo non lineare e grafo corrispondente.


La soluzione del sistema (27) pu essere determinata riducendo l'insieme delle equazioni lineari a
una sola equazione, utilizzando il metodo di Gauss; in questa equazione devono comparire solo le
incognite i3 e v3. Sostituendo le espressioni delle tensioni v1, v2 e v4, che si ottengono dalla quinta,
sesta e ottava equazione del sistema (27), nella terza e nella quarta, e utilizzando poi la prima, si
ottiene il sistema
v 4 = E,

i 4 = i1 ,

i1 = v1 / R1 ,

i 2 = v2 / R 2 ,

v1 = v 2 E,
v = v ,
3
2

i 3 + (1 / R1 +1 / R 2 )v 3 = E / R1 ,

i 3 g(v 3 ) = 0.

(28)

La funzione g() non lineare. Pertanto la soluzione delle equazioni circuitali (27) ricondotta alla
soluzione del sistema non lineare

v3
E
,
i 3 + * =
R
R1

i 3 g(v 3 ) = 0.

(29)

dove 1 / R * = 1 / R1 +1 / R 2 . Anche se un metodo analitico generale per risolvere il sistema (29) non
esiste, esso pu essere risolto approssimativamente attraverso metodi che ora descriveremo
brevemente.
Il sistema (29) pu essere sempre risolto per via grafica. Il metodo grafico per la ricerca della
soluzione consiste nel riportare la retta descritta dall'equazione lineare del sistema (29) sul piano v3i3 che descrive la caratteristica grafica del resistore non lineare. Le intersezioni delle due curve
individuano dei punti, detti punti di lavoro. I valori corrispondenti di v3 e i3 sono le soluzioni del
sistema (29). In figura 16 sono riportate le soluzioni (per via grafica) relative a tre diversi casi: nel
primo caso il resistore non lineare ha una caratteristica monotona e strettamente crescente (essa
potrebbe essere la caratteristica di un diodo), figura 16a, nel secondo caso la curva caratteristica non
monotona e ha un massimo e un minimo relativi in un intervallo limitato (essa potrebbe rappresentare
la caratteristica di un diodo tunnel), figura 16b, mentre nel terzo la caratteristica monotona
decrescente, figura 16c. Nel primo caso si ha sempre una e una sola intersezione e quindi una e una

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

105

sola soluzione, nel secondo caso, invece, ci sono dei valori di E per cui si hanno tre intersezioni e
quindi tre soluzioni, mentre nel terzo caso non esiste nessuna intersezione e quindi nessuna soluzione.

Figura 16 Soluzione per via grafica del sistema (29) per tre diverse curve caratteristiche del
resistore non lineare.
Che significa un circuito con pi soluzioni o con nessuna soluzione? Dal punto di vista matematico
normale che un'equazione abbia pi di una soluzione oppure nessuna soluzione (le equazioni che
ammettono una e una sola soluzione sono un caso molto particolare). Dal punto di vista fisico
potrebbe sembrare un assurdo che il circuito abbia, ad esempio, pi soluzioni stazionarie. Il circuito
fisico, che il modello circuitale descrive, ha un comportamento deterministico, cio una volta che
sono stati assegnati tutti gli ingressi e le condizioni iniziali, il funzionamento univocamente
determinato.
Per poter determinare quale soluzione stazionaria si realizza nel circuito quando le soluzioni sono
pi di una, bisogna considerare gli effetti dovuti alle parti a memoria che in ciascun componente sono
presenti e che sono stati trascurati in fase di modellamento. Il caso riportato in figura 16b potrebbe,
ad esempio, descrivere la dinamica di un circuito con diodo tunnel. Un modello pi raffinato del
componente diodo tunnel si ottiene introducendo in parallelo al resistore non lineare un
condensatore lineare di capacit molto piccola. Questo elemento porta in conto gli effetti dinamici
dovuti alla carica che si accumula sulle due giunzioni del dispositivo. Nell'esempio discusso in 3.6.4
faremo vedere che, in un circuito siffatto, la soluzione stazionaria che si instaura dipende dalla
condizione iniziale per la tensione del condensatore in parallelo al diodo tunnel.
Il metodo grafico precedentemente illustrato pu fornire soltanto soluzioni approssimate. Per
ottenere soluzioni pi accurate necessario ricorrere a metodi numerici. Il metodo di NewtonRaphson rappresenta il metodo numerico pi comunemente usato per risolvere le equazioni di circuiti
statici non lineari. Di seguito sono riportati i concetti essenziali applicandolo al circuito in esame
dopo aver ridotto il sistema (29) alla sola equazione non lineare.
F(v 3 ) = g( v 3 ) +

v3
E

= 0,
R* R1

(30)

106

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il metodo di Newton-Raphson8 un metodo iterativo. Esso pu essere descritto tramite una


interpretazione geometrica, figura 17. Partendo da una stima iniziale della soluzione v 03 (spesso una
soluzione di tentativo pu essere determinata ignorando i termini non lineari dell'equazione), si
genera una successione v n3 , approssimando, per ogni n, la curva y = F(v 3 ) mediante la tangente
nel punto

v n3 , F(v n3

{}

) e calcolando v n3 come l'intersezione della tangente con l'asse delle v 3 .

All'equazione (30) si sostituisce, quindi, un'equazione lineare la cui soluzione


v n3 +1 = v n3

F(v n3 )
.
F (v n3 )

(31)

Figura 17 Illustrazione grafica del metodo di Newton-Raphson.


Il metodo di Newton-Raphson corrisponde a sostituire alla funzione lo sviluppo in serie arrestato ai
termini di primo grado nell'intorno di un punto di lavoro di tentativo. Questa procedura applicata
n
ripetutamente finch il residuo F(v 3 ) dell'equazione non uguale a un prefissato valore. In
principio l'iterazione dovrebbe essere continuata fino a quando il residuo si annulla; in pratica ci
irrealizzabile perch sono necessarie un numero infinito di iterazioni. Anche se ci fosse possibile
sarebbe praticamente inutile, perch nelle applicazioni sufficiente conoscere le grandezze di
interesse con una precisione limitata.
Si consideri il circuito resistivo non lineare in esame con R1=R2=1, E=1 e g(v 3 ) = v 3 + 9v 33 . In
3

questo caso la funzione F vale F(v) = 9v3 + 3v3 1 . Si scelga per v 03 il valore che si ottiene
0

ignorando il termine non lineare, cio v 3 = 1 / 3 . I risultati dell'iterazione sono illustrati in Tabella I.
L'iterazione converge rapidamente verso la soluzione.

8 Isaac Newton introduce lidea (1666) per risolvere lequazione: x 3 2x 5 = 0 ; lidea fu trasformata in un

algoritmo da Raphson (1690).

107

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Tabella I Sequenza ottenuta applicando il metodo di Newton-Raphson allequazione


9v33 + 3v3 1 = 0 .
n

v n3

F(v n3 )

1/3

1/3

5/18

0.0262...

0.272616...

0.0001985...

0.272577...

0.000000011...

La convergenza del metodo di Newton-Raphson assicurata quando la funzione F strettamente


crescente; nel caso illustrato in figura 18 (potrebbe corrispondere a un circuito con un diodo tunnel)
la convergenza dipende dal punto iniziale dell'iterazione.

Figura 18 Il metodo di Newton-Raphson non converge con v 03 come condizione iniziale.


3.6.3 Esempio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un induttore
lineare
I circuiti costituiti da un induttore (o da un condensatore), da resistori e da generatori indipendenti
sono detti circuiti del primo ordine. In questo paragrafo il circuito del primo ordine illustrato in figura
19 viene studiato. L'induttore lineare e tempo invariante.
Le equazioni circuitali sono

i1 i 2 = 0,
i1 + i 3 = 0,
v1 + v2 v3 = 0,

v1 Ri1 = 0,
di 2
L dt v2 = 0,
v = e(t).
3

Figura 19 Un circuito dinamico del primo ordine.

(32)

108

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il sistema (32) costituito da equazioni algebriche lineari e da un'equazione differenziale lineare


del primo ordine a coefficienti costanti. In questo caso conviene ridurre l'intero sistema a una sola
equazione nell'incognita che compare sotto l'operatore di derivata, cio i2. Per fare ci bisogna ridurre
la parte algebriche del sistema (32) a una sola equazione algebrica nelle incognite v2 e i2. Sostituendo
nella terza equazione del sistema (32) le tensioni v1 e v3, che si ottengono dalla quarta e dall'ultima
equazione, e utilizzando poi la prima (eliminazione in avanti), si ottiene il sistema

v3 = e(t)
i1 = i 2 ,
i 3 = i 2 ,

v1 = Ri 2 ,
v2 = Ri2 + e(t),
di
2
v2 = 0.
L
dt

(33)

Si noti che tutte le tensioni e le correnti del circuito sono legate attraverso una relazione puramente
algebrica alla corrente nell'induttore (le prime cinque equazioni del sistema (33)), e quindi il valore di
ogni tensione e di ogni corrente del circuito al generico istante t dipende solo dal valore che la
corrente dell'induttore assume in quell'istante, oltre che dalla tensione e(t) del generatore.
Combinando la penultima equazione del sistema (33) con l'equazione costitutiva dell'induttore
lineare e tempo-invariante, si ha l'equazione cercata
L

di 2
+ Ri 2 = e( t) .
dt

(34)

La (34) una equazione differenziale ordinaria del primo ordine, lineare, a coefficienti costanti e
non omogenea. Essa ha infinite soluzioni. Per determinare quella che si realizza nel circuito fisico
in esame bisogna conoscere il valore della corrente che circola nell'induttore in un istante, ad
esempio, nell'istante iniziale t 0 dell'intervallo temporale di osservazione (qui sceglieremo t 0 = 0
come istante iniziale). Infatti, se noto il valore di i2 all'istante t=0, l'equazione (34) d il valore della
derivata di i2 allo stesso istante, e quindi il valore che la corrente assume all'istante
t = t (con t 0) , cio dopo un intervallo infinitesimo. Una volta determinato il valore di i2

all'istante

t = 2t , utilizzando di nuovo l'equazione (34) si calcola il valore della corrente al

successivo istante e cos via. Le informazioni riguardo le condizioni iniziali non sono contenute nelle
equazioni circuitali, sono condizioni ulteriori che vanno aggiunte ad esse. Come gi abbiamo fatto
notare, in generale, per completare il modello circuitale bisogna assegnare le condizioni iniziali per le
correnti degli induttori e per le tensioni dei condensatori.
L'equazione differenziale (34) sar risolta con la condizione iniziale
i 2 (t = 0) = I0 .

(35)

La soluzione generale dell'equazione (34) (ricordiamo ancora una volta che la soluzione generale per
definizione rappresenta tutte le possibili soluzioni dell'equazione) pu essere ottenuta sommando alla

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

109

soluzione generale dellequazione omogenea associata (lequazione del circuito quando sono spenti
tutti i generatori, cio del circuito in evoluzione libera)
L

di 0
+ Ri 0 = 0 ,
dt

(36)

una soluzione particolare i p ( t) dell'equazione completa,


i 2 (t) = i 0 (t) + ip (t) .

(37)

La soluzione generale dell'equazione (36) dato da


i 0 (t) = Aexp (t) ,

(38)

dove A una costante arbitraria e la radice del polinomio caratteristico p() associato alla (36). Il
polinomio p() costituito dalla somma di tanti monomi in quanti sono i termini dell'equazione
(36): al termine in cui compare la derivata prima corrisponde il monomio di grado uno e con lo stesso
coefficiente della derivata prima, cio L, e al termine senza derivate corrisponde il monomio di
grado zero con lo stesso coefficiente che moltiplica la funzione incognita, cio R. Quindi
soluzione dell'equazione algebrica di primo grado
L + R = 0 .

(39)

L'integrale generale dell'equazione (34) dunque


i 2 (t) = Aexp (t / ) + i p (t) ,

(40)

dove = L / R la costante di tempo del circuito. Si assuma, ora, per semplicit che il generatore di
tensione abbia una tensione costante, e(t)=E. In questo caso un integrale particolare della (34) la
funzione costante, cio
i p ( t) = I* .

(41)

Sostituendo la (41) nella (34) (la derivata di una costante uguale a zero), si ottiene
i p ( t) =

E
.
R

(42)

Sostituendo la (42) nella (40) e imponendo la condizione iniziale (35), si ottiene finalmente
i 2 (t) = [I0 E / R] exp(t / ) + E / R .

(43)

Si assuma che R e L siano entrambe positive. In questo caso >0 e il primo termine nella (43)
tende esponenzialmente a zero, qualunque sia il valore iniziale della corrente, con costante di tempo
(figura 20); a questo termine si d il nome di termine transitorio. Pertanto, per t la corrente
nell'induttore tende asintoticamente al valore stazionario E/R. A questo termine si d il nome di
termine permanente. Il grafico illustrato in figura 20 stato ottenuto con I0=0, E=1, R=1 e L=1mH.
La (43) in questo caso diventa i 2 (t) = exp(1000t) +1 .
Le forme d'onda esponenziali possono essere tracciate sfruttando le seguenti osservazioni:
la tangente in t=0 passa per i punti (0, I0) e (,E/R).

110

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dopo un intervallo di tempo pari alla costante di tempo , la distanza tra i2(t) e E/R diminuisce
approssimativamente del 63% rispetto alla distanza iniziale I0 E / R .

Dopo un intervallo pari a cinque costanti di tempo, i2(t) raggiunge praticamente il valore
stazionario E/R (e50.007).
1,2

i2 (A)

1,0
0,8
0,6
0,4
0,2

t (s)

0,0
0

0,002

0,004

0,006

0,008

0,01

Figura 20 La soluzione tende alla soluzione stazionaria per t .


3.6.4 Esempio: circuito composto da un resistore lineare, un generatore indipendente, un
resistore non lineare e un condensatore lineare
Si consideri ora il circuito illustrato in figura 21. Il generatore di tensione stazionario e il
condensatore lineare e tempo invariante. Le equazioni circuitali sono
i1 i2 i 3 = 0,

i1 + i4 = 0,

v1 + v 2 v 4 = 0,
v v = 0,
3
2
v1 R1 i1 = 0,

i 2 g( v 2 ) = 0,

dv3

= 0,
i 3 C
dt

v 4 = E.

(44)

La funzione g() non lineare. Il sistema (44) trasformato nel sistema


v 4 = E,

i 4 = i1 ,

v1 = Ri1 ,
i = i + i ,
1 2 3
i 2 = g( v 2 ),

v2 = v3 ,

i 3 + v 3 / R + g(v 3 ) E / R = 0,

i C dv3 = 0,
3
dt

(45)

111

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

applicando la tecnica dell'eliminazione in avanti alla parte algebrica del sistema di equazioni. Dalla
penultima e ultima equazione del sistema (45) si ottiene l'equazione differenziale del primo ordine
C

dv3 E v 3
=
g( v3 ) .
dt R

(46)

L'equazione (46) d il valore della derivata di v3 all'istante t quando noto il valore della tensione
v3 in quell'istante. Essa un'equazione non lineare per la presenza del termine g(v 3 ) e ha il termine
noto costante. Questa equazione ha infinite soluzioni. Per determinarne una sola (quella che si
realizza nel circuito), bisogna assegnare la condizione iniziale per la tensione del condensatore,
v 3 (t = 0) = V0 .

(47)

Figura 21
L'equazione (46) non pu essere risolta, in generale, per via analitica a causa della presenza del
termine non lineare g(v 3 ) . Nella maggior parte dei casi essa pu essere risolta solo numericamente.
Nell'Appendice B descriveremo i metodi numerici pi semplici per la risoluzione delle equazioni di
un circuito dinamico. Qui ci limiteremo a studiare le propriet delle soluzioni utilizzando un metodo
grafico.

Figura 22
Sul piano v3-y si tracci la curva caratteristica

*

del bipolo non lineare rappresentativa

dell'equazione y = g( v 3 ) ; verranno analizzati i tre casi illustrati in figura 22 (questi sono gli stessi che
abbiamo considerato in 3.6.2). Sullo stesso piano si riporti la retta

5

rappresentativa dell'equazione

y = (E - v 3 ) / R .

Nel caso in cui la curva caratteristica del bipolo non lineare crescente (figura 22a), la retta

interseca la curva * solo nel punto P. Il punto P un punto di equilibrio per il circuito perch in
corrispondenza di esso dv3/dt=0: v3=V l'unica soluzione stazionaria del circuito. A sinistra del

112

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

punto P i punti appartenenti alla retta


curva

sono sempre al di sopra dei relativi punti appartenenti alla

, mentre a destra di P accade il contrario. Quando il punto di

, corrispondente a un

assegnato valore di v3, al di sopra del corrispondente punto di *, si ha (E - v3 ) / R > g(v 3 ) . Pertanto
dv3/dt sempre minore di zero alla destra di P, cio per v3>V. Invece nel caso contrario si ha
(E - v3 ) / R < g(v 3 ) , e quindi dv3/dt sempre maggiore di zero alla sinistra di P, cio per v3<V. Da
queste considerazioni si ha che, se il valore iniziale della tensione V0 maggiore di V, la tensione v3
decresce fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Invece se V0 minore di V, v3 cresce
fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Pertanto la soluzione stazionaria del circuito
stabile: comunque si scelga un intorno di V, per ogni condizione iniziale appartenente a tale intorno,
il circuito evolve in modo tale da riportarsi definitivamente nel punto di equilibrio P: si dice che il
punto di equilibrio P l'attrattore del circuito.
Si consideri, ora, il caso in cui la caratteristica * non monotona (figura 22b) e interseca la retta
5

in tre punti distinti, P1, P2 e P3 (se la retta 5interseca la curva * in un solo punto la dinamica ha le

stesse caratteristiche descritte nel caso precedente). I punti di 5, corrispondenti a un assegnato valore
di v3, a sinistra di P1 o compresi tra P2 e P3 sono sempre al di sopra dei corrispondenti punti di

pertanto dv3/dt sempre maggiore di zero per v 3 < V1 o per V 2 < v 3 < V3 . Invece i punti di 5,
corrispondenti a un assegnato valore di v3, compresi tra P1 e P2 a destra di P3 si trovano sempre al di
sotto di quelli corrispondenti della curva *, quindi dv3/dt sempre minore di zero per V1 < v3 < V2 o
per v 3 > V3 . Pertanto l'evoluzione temporale della tensione v3 dipende dalla condizione iniziale per
la tensione del condensatore. Le dinamiche possibili sono descritte qui di seguito:
se V 0 < V1
se V 0 = V1
se V1 < V 0 < V 2
se V 0 = V 2
se V 2 < V 0 < V3
se V 0 = V 3
se V 0 > V 3

dv 3
>0
dt
dv3
=0
dt
dv 3
<0
dt
dv3
dt = 0
dv3
>0
dt
dv3
=0
dt
dv 3
<0
dt

v 3 (t) V1 per t ;
v 3 ( t) = V1 ;
v 3 (t) V1 per t ;
v 3 (t) = V2 ;
v 3 ( t) V3 per t ;
v 3 (t) = V3 ;
v 3 (t) V3 per t .

I due punti di equilibrio P1 e P3 sono punti di equilibrio stabili, mentre il punto di equilibrio P2
instabile: comunque si scelga una condizione iniziale V0 vicina al valore V2, il circuito evolve in
maniera tale da raggiungere il punto P1 se v 3 < V2 o il punto P3 se v 3 > V2 : i punti di equilibrio P1 e
P3 sono gli attrattori del circuito.
Si consideri, infine, il caso in cui la caratteristica * non interseca mai la retta

(figura 22c). Nel

caso considerato i punti di 5, corrispondenti a un assegnato valore di v3, sono sempre al di sopra dei
relativi punti di * , e quindi dv3/dt sempre maggiore di zero. Non esiste nessun punto di equilibrio
e la tensione v3 cresce con legge monotona nel tempo e quindi diverge per t . Una curva
caratteristica * di questo tipo non pu essere realizzata fisicamente.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

113

3.7 Potenziali di nodo


Le equazioni di interconnessione possono essere riformulate attraverso lintroduzione dei
potenziali di nodo e delle correnti di maglia. Queste grandezze ausiliarie sono alla base di due
metodi classici di analisi circuitale.
Dato un qualsiasi circuito con n nodi, si associ a ogni nodo una grandezza ausiliaria: alla grandezza
associata al nodo i (i=1,2,...n) si dia il nome di potenziale del nodo i e la si indichi con ei (figura
23). Si orientino i lati del circuito in base ai riferimenti per i versi delle correnti e si faccia su ciascun
bipolo la convenzione dell'utilizzatore.

Figura 23
Si assuma ora che la tensione di ciascun lato possa essere espressa come differenza tra il potenziale
del nodo da cui il lato orientato (in base al riferimento per il verso della corrente) esce e il potenziale
del nodo in cui il lato entra (figura 23b), cio
vs = e p e q ,

per

s = 1, 2,... , b .

(48)

immediato verificare che, se tutte le tensioni del circuito sono rappresentate attraverso la relazione
(48), allora esse verificano la seconda legge di Kirchhoff indipendentemente dai valori dei potenziali
di nodo.

Figura 24
Si consideri, ad esempio, la maglia del grafo di figura 23a costituita dai lati 1, 2, 3, 4 e 7, e si
applichi a essa la legge di Kirchhoff per le tensioni, figura 24. Si ottiene l'equazione:
v 1 + v 2 v3 v 4 v 7 = 0 .

Si esprimano le tensioni dei lati 1, 2, 3, 4 e 7 attraverso i potenziali di nodo secondo la (48),

(49)

114

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

v 1 = e 5 e1 , v2 = e1 e2 , v 3 = e3 e2 , v 4 = e4 e3 , v7 = e5 e 4 .

(50)

Sostituendo le (50) nella (49) si ottiene:


(e 5 e1 ) + (e1 e 2 ) ( e3 e2 ) (e 4 e3 ) (e5 e 4 ) = 0 .

(51)

L'uguaglianza (51) l'identit 0 = 0 , cio essa vale indipendentemente dai valori che i potenziali di
nodo assumono, quindi le tensioni v 1 , v 2 , v 3 , v 4 e v 7 espresse attraverso le (50) verificano sempre
l'equazione di Kirchhoff (49).
Questa una propriet generale, indipendente dal circuito e dalla maglia considerata nel circuito.
Ogni maglia definisce un cammino chiuso, pertanto nella somma algebrica delle tensioni il potenziale
di ogni nodo della maglia compare due volte, una volta con il segno + e una volta con il segno .
Propriet I
Se le tensioni di un circuito sono espresse attraverso la relazione (48), allora esse verificano
naturalmente la legge di Kirchhoff per le tensioni.
La propriet I ha significato solo se possibile esprimere le tensioni di un qualsiasi circuito
attraverso i potenziali di nodo. Si consideri un circuito con n nodi e b lati e siano v1 ,v2 ,...,v b le sue
tensioni compatibili con la legge di Kirchhoff per le tensioni. possibile determinare n potenziali di
nodo e1 ,e 2 ,...,e n in modo tale che per ogni lato sia verificata la (48)?
La risposta s, e perch le tensioni verificano la seconda legge di Kirchhoff.
Propriet II
Esiste uno e un solo insieme (a meno di una costante arbitraria) di potenziali di nodo

e1 ,e 2 ,...,e n che verifica la (48).


La dimostrazione di questa seconda propriet molto semplice; essa una diretta conseguenza del
fatto che le tensioni di un circuito verificano la seconda legge di Kirchhoff. Si prenda, ad esempio, il
grafo orientato illustrato in figura 23 e si consideri un albero, ad esempio quello illustrato in figura
25. L'insieme dei potenziali di nodo e1 , e 2 ,..., e 5 pu essere costruito secondo la seguente procedura:

si inizi assegnando un valore arbitrario e0 (potenziale di riferimento) al potenziale e5 del nodo


5 (nodo di riferimento), e 5 = e0 ;

si passi al nodo 4, contiguo al nodo 5 e si scelga il potenziale e4 in modo tale che sia
verificata la (48), e 5 e4 = v 7 ;

si considerino ora i nodi contigui al nodo 4 e si scelgano i potenziali e1, e2 ed e3 in modo


tale che sia verificata ancora la (48), e 4 e1 = v 6 , e 4 e2 = v5 , e 4 e3 = v 4 .

L'insieme di equazioni cos costruito costituito da 5 equazioni linearmente indipendenti (perch


ogni equazione ha una incognita in esclusiva) nei 5 potenziali incogniti e1 , e 2 ,..., e 5 , che ha una e una
sola soluzione per ogni scelta (arbitraria) del potenziale di riferimento e0.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

115

In generale, per un grafo con n nodi, il sistema di equazioni per i potenziali di nodo si ottiene
considerando tutti i nodi dell'albero e quindi sar costituito da n equazioni linearmente indipendenti.
Anche in questo caso la soluzione dipender dal valore del potenziale di riferimento e0, che resta
arbitrario (spesso il valore del potenziale di riferimento viene scelto uguale a zero). La scelta del
nodo di riferimento arbitraria.
A questo punto resta da dimostrare che le tensioni dei lati di coalbero possono essere espresse
attraverso la relazione (48). Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alle tre maglie
fondamentali corrispondenti all'albero illustrato in figura 25, si ottiene
v 1 = v 6 + v 7 = (e 4 e1 ) + (e 5 e4 ) = e 5 e1 ,
v 2 = v 5 v 6 = (e 4 e 2 ) ( e4 e1 ) = e1 e2 ,

(52)

v 3 = v 5 v 4 = (e 4 e2 ) (e 4 e3 ) = e3 e 2 .

Figura 25
In generale se il grafo ha n nodi e b lati, applicando la legge di Kirchhoff alle b-(n-1) maglie
fondamentali possibile esprimere le tensioni di coalbero in funzione delle sole tensioni di albero.
Ora se si esprimono queste ultime in termini di potenziali di nodo, si ha immediatamente che ogni
tensione di coalbero verifica la relazione (48). Infatti ogni maglia fondamentale costituita da un
solo lato di coalbero e i restanti lati sono solo di albero. Inoltre nella somma algebrica delle tensioni
di albero di una qualsiasi maglia fondamentale, i potenziali dei due nodi ai quali il lato di coalbero
collegato compaiono una sola volta, mentre i potenziali degli altri nodi compaiono due volte, una
volta con il segno + e una volta con il segno .
Osservazione
C' uno stretto legame tra la rappresentazione delle tensioni di un circuito attraverso i potenziali di
nodo e la rappresentazione del campo elettrico nel modello quasi-stazionario attraverso il gradiente
di una funzione potenziale scalare. In entrambi i casi introducendo una grandezza ausiliaria si riesce
a imporre automaticamente la conservazione di una circuitazione: nel modello quasi-stazionario
elettrico, esprimendo il campo elettrico attraverso il gradiente del potenziale elettrico (scalare), si
impone naturalmente l'irrotazionalit. In realt c' un legame pi profondo tra questi due
rappresentazioni: il potenziale di ogni nodo di un circuito coincide, a meno di una costante arbitraria,
con il potenziale elettrico della giunzione metallica che il nodo schematizza.

116

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La relazione tra le tensioni e i potenziali di nodo di un circuito pu essere espressa, in generale,


attraverso la matrice di incidenza. Si introduca a questo proposito il vettore dei potenziali di nodo
e a = (e1 , e2 , ..., e n )T . La relazione tra il vettore delle tensioni v ed e a data da
v = Aa T ea ,

(53)

dove Aa T la matrice trasposta della matrice di incidenza. La j-esima riga (j=1,2, ...,b) di Aa T
corrisponde al j-esimo lato del grafo e coincide con la j-esima colonna di Aa . Essa contiene le
informazioni sui nodi che incidono nel j-esimo lato: l'elemento della riga corrispondente al nodo da
cui il j-esimo lato orientato esce uguale a +1, l'elemento della riga corrispondente al nodo in cui il jesimo lato orientato entra uguale a 1 e gli altri elementi sono tutti nulli. Pertanto il prodotto della
j-esima riga di Aa T con il vettore colonna e a uguale alla differenza tra il potenziale del nodo da
cui il lato orientato j esce e il potenziale del nodo in cui entra.
Si assuma come riferimento per il potenziale quello del nodo n, lo si ponga uguale a zero,
e n = 0 , e si introduca il vettore dei potenziali ridotto e = (e1 ,e 2 ,... ,e n 1 )T . In termini del vettore e la

(53) diventa

v = AT e ,

(54)

dove A la matrice di incidenza ridotta ottenuta eliminando dalla matrice di incidenza Aa la riga
corrispondente al n-esimo nodo (cio l'ultima).
Il sistema di equazioni (54) assolutamente equivalente al sistema di equazioni Bv = 0 . Pertanto
le equazioni circuitali possono essere cos formulate

Ai = 0,

v Ae = 0,
F1 {v1 (),i1 ()}= 0,
F2 {v2 (),i 2 ()}= 0,

....................

Fb {v b (),i b ()} = 0.

(55)

(56)

Il sistema costituito dalle equazioni di interconnessione (55) e dalle equazioni costitutive (56) prende
il nome di sistema di equazioni di tableau (sono 2b+n1 equazioni in altrettante incognite). La
caratteristica fondamentale delle equazioni di tableau che le equazioni di interconnessione sono
formulate utilizzando la sola matrice di incidenza ridotta, non c' bisogno di costruire una matrice di
maglia fondamentale. Le equazioni di tableau sono alla base di numerosi simulatori numerici per
circuiti.
In molti casi le equazioni di tableau possono essere ridotte, tramite eliminazione per sostituzione, a
un sistema di equazioni di dimensione notevolmente pi bassa. Il primo passo nella procedura di
riduzione consiste nel rappresentare tutte le tensioni attraverso i potenziali di nodo, poi sostituirle
nelle equazioni costitutive e infine imporre le equazioni di Kirchhoff per le correnti (le equazioni di
Kirchhoff per le tensioni non devono essere imposte).
Esempio Circuito composto da resistori lineari e generatori indipendenti .

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

117

Per mostrare una applicazione del metodo dei potenziali di nodo e la procedura di riduzione delle
equazioni di tableau, si consideri il circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti illustrato
in figura 26; si assumano i seguenti parametri E = 10, J = 1, R1 = R 2 = 1, R 3 = 2.
Rappresentando tutte le tensioni attraverso i potenziali di nodo e sostituendole nelle equazioni
costitutive otteniamo (quattro equazioni in cinque incognite; abbiamo posto e 3 = 0 ):
e1 = E,

e1 = 10,

e1 e2 = R 1i1 = i1 , i1 = e1 e2 ,
e 2 = R2i 2 = i 2 ,

i2 = e 2 ,

e 2 = R 3 i3 = 2i 3 ,

i3 = 0. 5 e2 .

(57)

Cos facendo, le correnti di tutti i resistori (che sono controllati in tensione) sono state espresse in
funzione dei potenziali di nodo; inoltre stato determinato il valore del potenziale e1 . Per ridurre
questo sistema ad un sistema in cui compaiano come incognite i soli potenziali di nodo c' bisogno di
un'altra equazione. Questa equazione si ottiene imponendo la legge di Kirchhoff per le correnti al
nodo 2,
i1 i2 i3 + J = 0 (e1 e 2 ) e2 0.5 e2 +1 = 0 .

(58)

Sostituendo il valore di e1 dato dalle (57) si ottiene l'equazione per il potenziale e2,
2.5 e2 =11 .

Quindi abbiamo

(59)

e1 = 10 V ed e 2 = 4, 4 V. A questo punto possibile calcolare tutte le altre

grandezze incognite.

Figura 26
Le equazioni di Kirchhoff per le correnti al nodo 1 e al nodo 3 non possono essere utilizzate
per determinare l'equazione per il potenziale e2, perch in essa compare la corrente i4 del generatore
di tensione ideale. Il generatore di tensione ideale controllato solo in corrente (la sua relazione
costitutiva non impone nessuna relazione tra la corrente e la tensione), e quindi non possibile
esprimere la corrente in funzione dei relativi potenziali. L'equazione di Kirchhoff al nodo 1 (o
quella al nodo 3) serve solo per determinare la corrente nel generatore di tensione, una volta note le
altre correnti.
Come si procede nella riduzione se nel circuito ci sono pi generatori indipendenti di tensione? Ad
esempio, a ogni nodo connesso almeno un generatore indipendenti di tensione. Si consideri il
circuito di figura 27 (i parametri sono quelli del circuito di figura 26).

118

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 27
Rappresentando le tensioni attraverso i potenziali di nodo, e utilizzando le equazioni costitutive si
ottengono le equazioni (cinque equazioni in sei incognite)
e1 = 10,
e 4 e2 = 10,
i1 = e1 e 2 ,

(60)

i 2 = e2 ,
i 3 = 0. 5 e 4 .

Per ridurre questo sistema ad un sistema in cui compaiano come incognite i soli potenziali di nodo
abbiamo bisogno di unaltra equazione. Le equazioni di Kirchhoff per le correnti ai nodi non sono
utilizzabili direttamente, perch a ogni nodo collegato almeno un generatore di tensione, e quindi
non possibile esprimere quella corrente in funzione dei relativi potenziali di nodo. L'equazione
mancante deve essere una equazione che deriva dalla legge per le correnti, in cui non devono
comparire le correnti dei generatori di tensione. Questa equazione pu essere ottenuta considerando
un insieme di taglio del circuito privo di generatori di tensione. Nel caso in esame un insieme di
taglio di questo tipo costituito dai resistori 1, 2 e 3 e dal generatore di corrente. Per questo
insieme di taglio l'equazione per le correnti
i1 i2 i3 + J = 0 .

(61)

Questa l'equazione mancante per i potenziali. Anche in questo caso le equazioni di Kirchhoff ai
nodi servono solo per determinare le correnti nei generatori di tensione, una volta note tutte le altre.
La difficolt che abbiamo appena incontrato nasce perch vogliamo ridurre il sistema di equazioni
di tableau alle sole equazioni per i potenziali di nodo; se risolvessimo direttamente le equazioni di
tableau non incontreremmo nessuna difficolt di questo tipo. Per risolvere questo problema non
bisogna ricorrere necessariamente agli insiemi di taglio: sufficiente, nella procedura di riduzione,
conservare come incognite, oltre ai potenziali di nodo, anche tutte le correnti dei bipoli controllati
solo in corrente (ad esempio, in un circuito di resistori lineari, generatori di tensione e generatori di
corrente indipendenti, le correnti dei generatori di tensione). In questo modo otteniamo un sistema di
(n 1) + p equazioni (p il numero di bipoli controllati solo in corrente) nelle (n 1) + p incognite
costituite dagli (n 1) potenziali di nodo e dalle p correnti nei bipoli controllati solo in corrente: le
equazioni sono ottenute aggiungendo alle (n 1) equazioni di Kirchhoff per le correnti le p

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

119

equazioni costitutive dei bipoli controllati solo in corrente. Questa procedura di riduzione prende il
nome di metodo dei potenziali di nodo modificati.

3.8 Correnti di maglia


Le equazioni circuitali possono essere riformulate in modo tale che le leggi di Kirchhoff per le
correnti sono imposte naturalmente. Il metodo si fonda sullintroduzione di (b-n+1) variabili
ausiliarie, dette correnti di maglia, che saranno indicate con J 1 , J 2 ,... , J b n +1 .
Si consideri un circuito, il grafo corrispondente, e un insieme di maglie fondamentali (figura 28).
A ogni maglia fondamentale si associ una corrente di maglia e a ciascuna corrente di maglia si
assegni un riferimento per il verso concorde con lorientazione (arbitraria) della maglia.

Figura 28

Un grafo, un albero (lati a tratto spesso) e le correnti di maglia corrispondenti alle maglie
fondamentali associate allalbero scelto.

Si assuma, ora, che la corrente di ciascun lato possa essere espressa come somma algebrica di tutte
le correnti di maglia che circolano in quel lato. Diciamo che la corrente di maglia circola nel lato
se quel lato appartiene alla maglia fondamentale a cui la corrente di maglia associata, cio
i k = h ()J h .

(62)

La somma algebrica estesa a tutte le maglie alle quali il lato appartiene: le correnti di maglia con
riferimento per il verso concorde con il riferimento della corrente di lato compaiono con il segno +,
mentre quelle con verso discorde compaiono con il segno .
Si consideri, ad esempio, il grafo di figura 28. stato scelto un albero (lati a tratto spesso) e sono
indicate le correnti di maglia J 1 ,J 2 ,J 3 associate alle maglie fondamentali corrispondenti all'albero
scelto. Le correnti di lato sono espresse tramite le correnti di maglia nel seguente modo
i1 = J1 ,
i 2 = J2 ,
i 3 = J 3,
i 4 = J3 ,
i 5 = J 2 J3 ,
i 6 = J1 + J 2 ,
i 7 = J1 .

(63)

120

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

immediato provare che le correnti espresse attraverso le (62) verificano la prima legge di
Kirchhoff, indipendentemente dai valori delle correnti di maglia. A ogni nodo sono collegati due lati
di ogni maglia fondamentale a cui il nodo appartiene e ogni corrente ausiliaria circola nella maglia
fondamentale corrispondente. Di conseguenza ogni corrente di maglia compare due e due sole volte
in ogni equazione di Kirchhoff per le correnti, una volta con il segno positivo e una volta con il segno
negativo. Pertanto le correnti espresse attraverso le (62) verificano identicamente la legge di
Kirchhoff per le correnti. Si consideri, ad esempio, l'equazione di Kirchhoff per il nodo 1 del grafo
di figura 28, a cui sono collegati i lati 1, 6 e 2. La corrente di maglia J1 entrante nel nodo quando
circola nel lato 1, mentre uscente quando circola nel lato 6; la corrente di maglia J2 entrante
quando circola nel lato 6 ed uscente quando circola nel lato 2. Di conseguenza utilizzando le (63)
l'equazione di Kirchhoff per il nodo 1, i1 i 2 + i 6 = 0 diventa l'identit J 1 J 2 + ( J 1 + J 2 ) = 0 .
Propriet I
Se le correnti di un circuito sono espresse attraverso le correnti di maglia secondo la relazione
(62), allora esse verificano naturalmente la legge di Kirchhoff per le correnti.
La propriet I ha significato solo se sempre possibile esprimere le correnti di lato di un qualsiasi
circuito attraverso correnti di maglia. Si consideri un circuito con n nodi e b lati e siano i1 , i2 ,. .., i b le
sue correnti. possibile determinare (b-n+1) correnti di maglia J 1 , J 2 ,... , J b n +1 in modo tale che per
ogni lato sia verificata la (62)?
La risposta si, e il perch sta nel fatto che le correnti (di lato) verificano la prima legge di
Kirchhoff.
Propriet II
Siccome le correnti i1 , i2 ,. .., i b verificano la prima legge di Kirchhoff, allora esiste almeno un
insieme di correnti di maglia J 1 , J 2 ,... , J b n +1 tali che sia verificata la (62) per ogni lato.
La dimostrazione di questa propriet molto semplice. Si prenda ad esempio il grafo orientato
illustrato in figura 28. Si assumano come correnti di maglia J 1 , J 2 , J 3 le correnti dei lati di coalbero (i
lati 2, 6 e 7), cio
J1 = i 7 ,
J2 = i2 ,

(64)

J3 = i4 .

A questo punto facile mostrare, applicando la legge di Kirchhoff per le correnti, che anche le
correnti dei lati di albero possono essere espresse attraverso la relazione (62). Infatti dall'equazione di
Kirchhoff per le correnti, applicata all'insieme di taglio costituito dai lati 2, 6 e 7, otteniamo:
i 6 = J1 + J 2 ;

applicando le equazione di Kirchhoff per le correnti all'insieme di taglio 1 e 7, si ottiene

(65)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i1 = J1 ,

121
(66)

allinsieme di taglio costituito dai lati 2, 4 e 5 si ottiene


i 5 = J 2 J 3 ,

(67)

e infine allinsieme di taglio costituito dai lati 3 e 4 si ottiene


i 3 = J3.

(68)

In generale se il grafo ha n nodi e b lati, applicando la legge di Kirchhoff per le correnti agli
insiemi di taglio costituiti da un solo lato di albero e lati di coalbero possibile esprimere la corrente
di albero in funzione di quelle di coalbero e quindi di maglia.
Osservazione
C' uno stretto legame tra la rappresentazione delle correnti di un circuito attraverso le correnti di
maglia e la rappresentazione del campo di densit di corrente di conduzione nel limite stazionario
attraverso il rotore di un potenziale vettore (in questo modello sempre J = 0 ). In entrambi i casi
introducendo una grandezza ausiliaria si riesce a imporre automaticamente la legge fondamentale
riguardante la conservazione di un flusso.
La relazione tra le correnti di lato e le correnti di maglia pu essere espressa attraverso la trasposta
della matrice di maglia fondamentale. Si introduca a questo proposito il vettore delle correnti di
maglia J = (J 1 , J 2 ,... , J b n +1 )T . La relazione tra il vettore delle correnti i e J data da
i = BT J ,

(69)

dove BT la matrice trasposta della matrice di maglia fondamentale. La j-esima riga (j=1,2, ...,b) di
BT corrisponde al j-esimo lato del grafo e coincide con la j-esima colonna di B . Essa indica le

maglie fondamentali alle quali il j-esimo lato appartiene: gli elementi della riga corrispondenti alla
maglie fondamentali, alle quali il j-esimo lato orientato appartiene, sono uguali a +1 se il riferimento
del lato concorde con l'orientazione delle maglie e sono uguali a 1 se il riferimento del lato
discorde; gli altri elementi sono tutti nulli.
Il sistema di equazioni (69) assolutamente equivalente al sistema di equazioni Ai = 0 . Pertanto
le equazioni circuitali possono essere cos riformulate
i B T J = 0,

Bv = 0,
F1 {v1 (), i1 ()}= 0,

F 2 {v 2 (), i 2 ()} = 0,

. .......... .........

F b {v b (), i b () }= 0.

(70)

(71)

Il sistema costituito dalle equazioni di interconnessione (70) e dalle equazioni costitutive (71)
perfettamente il duale del sistema di equazioni di tableau.

122

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La formulazione basata sulle correnti di maglia poco vantaggiosa rispetto a quella basata sui
potenziali di nodo, a causa dell'elevato costo computazionale richiesto per la costruzione della
matrice di maglia fondamentale.
Le correnti di maglia, nel caso di un grafo planare, possono essere definite anche per i (b-n+1)
anelli. La corrente di ciascun lato pu essere espressa attraverso la somma algebrica delle correnti di
anello che circolano nel lato (lambiscono il lato).
Esempio Circuito composto da resistori lineari e generatori indipendenti .
Per mostrare una applicazione del metodo delle correnti di maglia e la procedura di riduzione, si
consideri di nuovo il circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti considerato nell'esempio
precedente e illustrato in figura 29.
Il primo passo consiste nel rappresentare tutte le correnti di lato attraverso le correnti di maglia
J 1 ,J 2 ,J 3 corrispondenti ai tre anelli del circuito (in questo caso i tre anelli sono anche un insieme di
maglie fondamentali). Sostituendo queste espressioni nelle equazioni costitutive dei bipoli si ha (un
sistema di quattro equazioni in sei incognite)
J 1 = J,

J1 = 1,

J 3 = v1 / R1 = v1 ,

v1 = J 3 ,

J2 J 3 = v2 / R 2 = v2 ,

v 2 = J2 J 3 ,

J 3 = v 3 / R 3 = 0. 5v 3 ,

v 3 = 2J 3 .

(72)

Figura 29
Cos facendo abbiamo espresso le tensioni di tutti i resistori (essi sono controllati in corrente) in
funzione delle correnti di maglia; inoltre stato determinato il valore della corrente di maglia J1. Per
determinare le altre due correnti di maglia bisogna imporre la legge di Kirchhoff per le tensioni. Si
applichi la seconda legge di Kirchhoff agli anelli corrispondenti alle correnti di maglia J2 e J3 (non
possibile usare l'anello in cui c' il generatore di corrente, perch la tensione del generatore
indipendente dalla corrente J); si ottengono le equazioni
v 1 + v 2 = E = 10 J 3 J 2 J 3 = 10 J 2 + 2J 3 = 10,
v 2 v3 = 0

J 3 J 2 2J 3 = 0 J2 + 3J 3 = 0.

(73)

Risolvendo il sistema di due equazioni nelle due incognite J 2 e J3 si ha


J 2 = 30,
J 3 = 10.

(74)

123

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

A questo punto possibile calcolare tutte le altre grandezze incognite. L'equazione di Kirchhoff per
l'anello che contiene il generatore di corrente serve per determinare la tensione del generatore.
Come si procede se nel circuito ci sono pi generatori indipendenti di corrente, ad esempio, se in
ogni anello c' almeno un generatore indipendente di corrente (si consideri, ad esempio, il circuito di
figura 30)?
Rappresentando le correnti attraverso le correnti di maglia, dalle equazioni caratteristiche si ottiene
J 1 = J,

J1 = 1,

J 2 J 3 = J,

J 2 J 3 = 1,

J 3 = v1 / R1 = v1 ,

v1 = J 3 ,

J 3 = v 3 / R 3 = 0. 5v 3 ,

v 3 = 2J 3 .

(75)

Per determinare le correnti di maglia c' bisogno di un'altra equazione. Le equazioni di Kirchhoff per
le tensioni agli anelli non sono utilizzabili direttamente, perch in ogni anello c' un generatore di
corrente ideale.

Figura 30
L'equazione mancante per le correnti di maglia deve essere una equazione che deriva dalla legge
per le tensioni. Essa pu essere ottenuta considerando una maglia che non contiene nessun generatore
di corrente. Nel caso in esame una di queste maglie quella costituita dal generatore di tensione e dai
due resistori (essa non un anello). Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a questa maglia,
si ottiene
v 1 + v 3 = E =10 .

(76)

Da essa si ottiene l'equazione mancante per le correnti di maglia. Anche in questo caso le equazioni
di Kirchhoff agli anelli servono solo per determinare le tensioni dei generatori di corrente, una volta
determinate tutte le altre.

3.9 Conservazione delle potenze virtuali (teorema di Tellegen)


Si considerino due circuiti che hanno lo stesso grafo orientato
diversi. Il grafo
correnti).

*

(figura 31) e, in generale, bipoli

ha b lati (i lati sono stati orientati concordemente ai versi di riferimenti per le

124

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il primo circuito indicato con N' e il secondo con N". Si usi in entrambi i circuiti e su ciascun lato
la convenzione dell'utilizzatore. Siano i1 , i2 ,. .., ib le correnti e v 1 , v 2 ,... , vb le tensioni del circuito N'
e i"1 , i2" , ..., i"b le correnti e v 1" , v "2 ,.. ., v"b le tensioni del circuito N". Le matrici di incidenza dei due
circuiti sono uguali perch hanno lo stesso grafo

. Si indichi con A la matrice di incidenza ridotta

del grafo (non considerata la riga corrispondente al nodo n).


Per ora si considerino le correnti del circuito N' e le tensioni del circuito N". Per il k-esimo lato
(k=1,2, ..., b) del grafo * (figura 31), si definisce la potenza virtuale assorbita dal lato come
Pk = ik v"k .

(77)

Alla grandezza cos definita si d il nome di potenza perch essa dimensionalmente omogenea
con una potenza. Nel Sistema Internazionale la potenza si misura in watt (W): 1 W=1V 1 A .
L'aggettivo virtuale sta a indicare che la grandezza definita non ha nessun significato fisico, perch
le correnti sono del circuito N' e le tensioni sono del circuito N" e tra esse non intercorre alcuna
relazione; l'aggettivo assorbita sta a indicare che il prodotto tra una tensione e una corrente i cui
riferimenti per i versi sono scelti con la convenzione dell'utilizzatore. Se si usa la convenzione del
generatore, allora al prodotto tra la tensione e la corrente

P k = ik v "k ,

(78)

si d il nome di potenza virtuale erogata. L'aggettivo erogata sta a indicare che i versi di riferimenti
della tensione e della corrente sono scelti in base alla convenzione del generatore. Siccome
v "k = v"k ,

(79)

si ha la seguente relazione tra la potenza virtuale assorbita dal k-esimo lato e la potenza erogata
= P .
P
k
k

(80)

Figura 31
Si osservi che il segno della potenza virtuale assorbita e della potenza virtuale erogata non dipendono
dalla particolare scelta del riferimento per il verso della corrente.

125

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 32
Le potenze virtuali possono essere definite anche considerando le tensioni del circuito N e le
correnti del circuito N" (al limite le tensioni e le correnti dello stesso circuito).
Teorema di Tellegen (o teorema della conservazione delle potenze virtuali)
Si considerino due circuiti N e N" che hanno lo stesso grafo orientato
consideri linsieme delle correnti

i1 , i2 ,. .., ib

correnti) e linsieme delle tensioni

con b lati. Si

di N (esse verificano la legge di Kirchhoff per le

v "1 , v "2 ,.. ., v"b

di N" (esse verificano la legge di Kirchhoff per

le tensioni); allora la somma delle potenze virtuali assorbite (erogate) da ciascun lato del grafo
uguale a zero, cio
b

ik v "k = 0 .

(81)

k=1

Si introduca il vettore colonna i = ( i1 , i 2 ,... ,i b )T rappresentativo delle correnti e il vettore colonna


v = (v 1 , v 2 ,... , v b )T rappresentativo delle tensioni. La somma delle potenze virtuali assorbite pu

essere cos rappresentata


b

v"k ik = v"T i

(82)

k=1

(la somma delle potenze virtuali assorbite uguale al prodotto del vettore riga v" T con il vettore
colonna i, secondo la regola righe colonne).
L'insieme delle tensioni v "1 , v "2 ,.. ., v"b deve verificare la seconda legge di Kirchhoff, quindi
possibile esprimerle come

v"= AT e" ,

(83)

dove A la matrice di incidenza ridotta del grafo * ed e" il vettore dei potenziali di nodo (il nodo n
il nodo di riferimento). Sostituendo la (83) nella (82), si ha:
b

v"k ik = v"T i = (AT e")

k=1

( ) i= e"

i= e"T A T

( Ai) = 0 ;

(84)

nell'ultimo passaggio si applicata la legge di Kirchhoff per le correnti Ai= 0 , l'identit matriciale

(CD)T = DT C T e la propriet associativa relativa al prodotto tra matrici.

126

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

L'equazione (84) di particolare interesse: tra i' e v" non sussiste alcuna relazione, se non quella di
far riferimento allo stesso grafo orientato e soddisfare indipendentemente le leggi di Kirchhoff (il
teorema di Tellegen una conseguenza delle sole leggi di Kirchhoff).
Se si considerano le correnti i" del circuito N" e le tensioni v' del circuito N' si ha vT i" = 0 .
possibile considerare anche correnti e tensioni appartenenti allo stesso circuito. In questo caso si ha
vT i= 0 per il circuito N' e v" T i" = 0 per il circuito N".

Le leggi fondamentali della teoria dei circuiti sono le due leggi di Kirchhoff. Da queste leggi
discende il teorema di Tellegen. interessante notare che una delle due leggi di Kirchhoff, unita al
teorema di Tellegen, implica l'altra legge. Il lettore dimostri che
-

se per ogni v soddisfacente la legge di Kirchhoff per le tensioni v T i = 0 , allora i soddisfa la


legge di Kirchhoff per le correnti;

se per ogni i soddisfacente la legge di Kirchhoff per le correnti v T i = 0 , allora v soddisfa la


legge di Kirchhoff per le tensioni.

CAPITOLO 4

PROPRIET ENERGETICHE DEI BIPOLI

4.1 Potenza elettrica. Conservazione delle potenze elettriche.

Si consideri un circuito N con b bipoli e siano i1  i2   i b le correnti e v 1  v 2   v b le tensioni; per
ogni bipolo i riferimenti per i versi della corrente e della tensione siano scelti in base alla
convenzione dellutilizzatore (figura 1a).
Per il k-esimo bipolo (k=1,2, ..., b) del circuito, si definisce la potenza elettrica assorbita come
S

t = ik t v k t = ik t 
v k t .

(1)

Alla grandezza, cos definita, si da il nome di potenza elettrica perch, come poi vedremo, essa ha
un significato fisico preciso: descrive lo scambio di energia tra il k-esimo bipolo e la parte restante
del circuito. Nel Sistema Internazionale la potenza si misura in watt (W): 1W=1V1A. L'aggettivo
assorbita sta solo ad indicare che il prodotto tra la tensione vk ( v k ) e la corrente ik ( ik ) scelte
con la convenzione dell'utilizzatore.

Figura 1 Convenzione dell'utilizzatore (a) e convenzione del generatore (b).


Se si usa la convenzione del generatore, allora al prodotto tra la tensione v k =vk (vk) e la corrente
ik (ik =ik)
t = ik t 
v k t = ik t v k t


S

(2)

128

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

si d il nome di potenza elettrica erogata; l'aggettivo erogata sta solo a indicare che il prodotto tra
la tensione 
v k e la corrente ik scelte con la convenzione del generatore. Siccome
v k = 
v k e ik = ik ,

(3)

si ha tra la potenza elettrica assorbita e la potenza elettrica erogata dallo stesso bipolo
t = S t 

(4)


S

Si osservi che il segno della potenza elettrica assorbita e della potenza elettrica erogata non dipende
dalla particolare scelta del riferimento per il verso della corrente.
La potenza elettrica un caso particolare di potenza virtuale. Il teorema di Tellegen, presentato nel


precedente Capitolo, applicabile anche quando l'insieme delle correnti i1  i2   i b e l'insieme delle


tensioni v 1  v 2   v b appartengono allo stesso circuito, e quindi verificano oltre alle equazioni di
Kirchhoff, anche le equazioni costitutive. In questo caso la potenza virtuale assorbita (erogata) dal kesimo lato coincide con la potenza elettrica assorbita (erogata) dal k-esimo bipolo. Applicando il
teorema di Tellegen si ha che, la somma delle potenze elettriche assorbite da tutti i bipoli di un
circuito elettrico in ogni istante uguale a zero.
Conservazione delle potenze elettriche
Si consideri un circuito elettrico. La somma delle potenze elettriche assorbite (erogate) da tutti i
bipoli del circuito uguale a zero, cio
b

i kv k = 0 .

(5)

k=1

Esempio
Si consideri il circuito di figura 2a (per ogni bipolo stata fatta la convenzione dell'utilizzatore) e
si scriva la conservazione delle potenze. Si ha
v 1i 1 + v 2 i 2 + v 3 i 3 + v 4 i 4 + v 5 i 5 = 0

(6)

evidente che i termini della (6) non possono avere lo stesso segno (a meno che non siano tutti nulli;
ci certamente impossibile se nel circuito circolano correnti): quindi alcuni termini sono positivi e
altri negativi. Pertanto in un circuito elettrico la potenza assorbita da alcuni bipoli positiva mentre
quella assorbita dagli altri negativa.

129

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 2
possibile scrivere la conservazione delle potenze elettriche anche quando su alcuni bipoli si fa la
convenzione dell'utilizzatore e su altri la convenzione del generatore, (figura 2b). Partendo dalla (6) e
v 5 = v 5 , si perviene a:
osservando che v3 = v 3  v4 = v 4 e 
v 3 i 3 + 
v 4 i 4 + 
v5i 5
v 1i 1 + v 2 i 2 = 

S1

 +
+ S2 = S
3


S
4

+ 
S
5,

(7)

cio la somma delle potenze assorbite dal resistore e dal condensatore uguale alla somma delle
potenze erogate dal generatore ideale di tensione, dall'induttore e dal diodo.
In generale in circuito la somma delle potenze assorbite da un certo insieme di bipoli uguale,
istante per istante, alla somma delle potenze erogate dalla restante parte dei bipoli, cio

Si


Sj

(8)

j = +1

i =1

4.2 Significato fisico della potenza elettrica


Cosa rappresenta la potenza elettrica assorbita (o erogata) da un bipolo? Nel limite quasistazionario per la potenza elettrica assorbita p(t) (erogata p ) dal generico bipolo inserito in un
circuito vale la relazione approssimata (vedi Appendice B)
t = vi

dove

+ QdS (o

t = 
vi


S

dS dove
+ Q


Q

= Q )

(9)

= ( + il vettore di Poynting e la superficie limite del componente di cui il bipolo

il modello (figura 3); il verso della normale n rivolto verso l'interno della superficie limite. Nella
(9) la relazione tra la potenza elettrica assorbita (erogata) e il flusso del vettore di Poynting di
eguaglianza approssimata: ignorata la potenza elettromagnetica irradiata. Quando le grandezze
elettromagnetiche (e quindi le tensioni e le correnti) variano lentamente nel tempo, quest'ultima
generalmente trascurabile.

Figura 3 convenzione dell'utilizzatore (a) e convenzione del generatore (b).

130

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il flusso del vettore di Poynting attraverso la superficie limite

legato al campo
c

elettromagnetico all'interno del componente (della regione delimitata da ), dalla relazione


(teorema di Poynting, vedi Appendice B)

+ QdS =

-d +

' d +
t

% d ,
t

(10)

e quindi
t

- d +

' d +
t

% d .
t

(11)

Se consideriamo mezzi materiali lineari, isotropi e tempo-invarianti con costante dielettrica e


permeabilit magnetica , la (11) diventa (abbiamo supposto anche che la frontiera di c sia
costante nel tempo)
t

d
dt

- d +

/ 2 d +

2 d .

(12)

Quale il significato fisico dei tre termini che compaiono a secondo membro della (12)?
-

Il termine
: =

- d dt

(13)

pu essere interpretato come lavoro compiuto dal campo elettrico sulle cariche libere in moto
c

nella regione nell'intervallo di tempo elementare dt (il moto di queste cariche d luogo al
campo di densit di corrente di conduzione J).
-

La grandezza
U e t =

2 d

(14)

la parte di energia immagazzinata nello spazio c associata al campo elettrico; U e positiva


perch >0.
-

La grandezza
U m t =

2 d

(15)

la parte di energia immagazzinata nello spazio c associata al campo magnetico; U m


positiva perch >0.
Allora la (12) pu essere riscritta moltiplicando tutti i termini per dt, nella forma seguente:
pdt = : + dU em ,

(16)

U em = Ue + U m

(17)

dove

l'energia immagazzinata nello spazio c associata al campo elettromagnetico.


Riassumendo abbiamo:

131

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La legge della conservazione delle potenze (5) descrive il legame tra le potenze elettriche
assorbite dai diversi bipoli del circuito; infatti essa diretta conseguenza delle sole leggi di
Kirchhoff.

L'equazione (12) esprime la potenza elettrica assorbita dal singolo bipolo come somma di tre
contributi: (a) il lavoro, per unit di tempo, compiuto dal campo elettrico sulle cariche in moto
all'interno del componente di cui il bipolo il modello; (b) la variazione, per unit di tempo,
dell'energia immagazzinata associata al campo elettrico all'interno del componente; (c) la
variazione, per unit di tempo, dell'energia immagazzinata associata al campo magnetico
all'interno del componente. Quale termine sia prevalente nella (12) dipende unicamente dalla
costituzione fisica del componente e quindi dalla relazione costitutiva del bipolo.

4.2.1 Bipoli statici


Nei componenti statici, cio resistori, generatori, diodi, ..., la potenza istantanea assorbita nel
dU em
regime stazionario uguale a ( -d . Nel limite lentamente variabile anche se
0,

dt
questo termine continua ad essere trascurabile rispetto a ( -d perch gli effetti prodotti
c

dall'induzione magnetoelettrica ed elettromagnetica sono trascurabili rispetto a quelli prodotti dalla


conduzione (vedi Appendice B). Di conseguenza la potenza assorbita dai bipoli statici nel limite
lentamente variabile data da
t

- d ,

(18)

(la (18) esatta solo nel limite stazionario): la potenza elettrica assorbita uguale al lavoro, per unit
di tempo, compiuto dal campo elettrico sulle cariche libere in moto all'interno del componente di
cui il bipolo il modello.
- Resistore
La potenza elettrica assorbita dal resistore lineare pu essere espressa in funzione della sola
corrente i(t) o della sola tensione v(t) attraverso la relazione costitutiva. Si ottiene
t = Ri 2 t =

v2 t
,
R

(19)

dove R la resistenza del resistore; la potenza elettrica assorbita da un resistore lineare positiva se
R>0.
Consideriamo ora un resistore lineare realizzato con un conduttore di tipo ohmico. Il lavoro
compiuto dal campo elettrico per unit di tempo in questo componente dato da

-d = - d ,
c

(20)

dove la resistivit elettrica del conduttore; esso positivo perch >0. Sostituendo la (20) nella
(18) e utilizzando la (19) si ha:
2

t = Ri 2 t = - d .

(21)

132

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Daltra parte sappiamo dal primo principio della termodinamica che il lavoro compiuto dal campo
elettrico in un mezzo conduttore si trasforma completamente in energia termica (effetto Joule): parte
di questa energia uscir dalla superficie limite sotto forma di calore e la restante parte dar luogo a un
incremento dell'energia interna del conduttore e quindi a un innalzamento della sua temperatura. In
conclusione Ri 2 t (o v 2 t  R ) rappresenta l'energia termica, per unit di tempo, prodotta per
effetto Joule all'interno del resistore. Questo risultato del tutto generale e vale anche per bipoli
resistori che modellano sistemi pi complessi del componente resistore.
Anche in un diodo, in un diodo tunnel, in un tiristore la potenza elettrica assorbita uguale
all'energia termica prodotta per unit di tempo. Per ognuno di questi bipoli, come poi vedremo,
S t =
( -d sempre maggiore di zero.
c

- Generatore ideale di tensione


Utilizzando l'equazione caratteristica, la potenza elettrica assorbita dal generatore ideale di
tensione (e(t) la tensione impressa dal generatore e i(t) la corrente), pu essere espressa
attraverso la relazione
t = e t i t .

(22)

Il lavoro, per unit di tempo, compiuto dal campo elettrico all'interno del componente dato da

-d =

(m

- d ,

(ricordiamo che in un generatore ideale di tensione

(23)
(

+ ( m =  ), cio esso uguale all'opposto del

lavoro, per unit di tempo, compiuto sulle cariche libere dal campo elettromotore Em. Pertanto
abbiamo:
t = e t i t =

In una pila

(m

(m

- d .

(24)

- dv uguale a una frazione dell'energia di legame, che per unit di tempo, si

libera nelle reazioni chimiche che sono alla base del suo funzionamento (il rendimento di questi
sistemi minore di uno a causa di fenomeni dissipativi di diversa natura fisica). In una dinamo o in
un alternatore ( m - dv uguale al lavoro compiuto, nell'unit di tempo, dal sistema meccanico
c

che muove il rotore.


La potenza assorbita da un generatore ideale di tensione pu essere sia positiva che negativa: il
segno dipende dal circuito in cui il componente inserito. Ad esempio, in un accumulatore sotto
carica positiva, mentre negativa quando lo stesso accumulatore, una volta caricato, fa funzionare
un calcolatore portatile (almeno fino a quando non si scarica); negativa in una pila che alimenta una
radio. In un alternatore positiva in alcuni istanti e negativa in altri; comunque il valore medio (su un
intervallo di tempo opportuno) negativo. Considerazioni analoghe possono essere sviluppate per il
generatore ideale di corrente.
4.2.2 Bipoli dinamici

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

133

Nei bipoli che modellano i componenti dinamici (condensatore e induttore) il lavoro, per unit di
tempo, compiuto dal campo elettrico sulle cariche libere in moto identicamente nullo (il dielettrico
di un condensatore ideale ha conducibilit nulla e il filo conduttore di un induttore ideale ha
conducibilit infinita). Pertanto per essi abbiamo
p t =

dU em
.
dt

(25)

- Condensatore lineare tempo-invariante


Utilizzando l'equazione costitutiva del bipolo condensatore (si assuma che il condensatore sia
lineare e tempo-invariante), si ottiene per la potenza assorbita
S

d 1 Cv2 ;
= dt

(26)

essa positiva negli istanti in cui la tensione del condensatore cresce in valore assoluto ed negativa
negli istanti in cui decresce se C>0.
Nel condensatore ideale il campo di corrente, e quindi il campo magnetico, sono identicamente
nulli nel limite stazionario. Di conseguenza, l'energia immagazzinata nello spazio c associata solo
al campo elettrico, mentre quella associata al campo magnetico nulla. Nel limite lentamente
variabile, pur essendo il campo magnetico e U m diversi da zero, U m trascurabile rispetto a U e ,
perch predominano gli effetti dovuti all'induzione magnetoelettrica su quelli dovuti all'induzione
elettromagnetica (vedi Appendice B). Pertanto si ha
t

d
dU e
( 2  2 d =
.

dt
dt
c

(27)

Dalle equazioni (26) e (27) si ha:


d
U e t 12 Cv 2 t = 0 .
dt

Dovendo essere

(28)

=  per v = 0 (siamo nel modello quasi-stazionario elettrico), dalla (28) segue

necessariamente
U e = 12 Cv2 ,

e quindi

1
2

(29)

Cv2 rappresenta proprio l'energia immagazzinata nel condensatore associata al campo

elettrico quando la tensione tra le armature v .


- Induttore lineare tempo-invariante
Utilizzando l'equazione costitutiva del bipolo induttore (si assuma che l'induttore sia lineare e
tempo-invariante), si ottiene per la potenza assorbita

d Li
= dt

(30)

essa positiva negli istanti in cui la corrente nell'induttore cresce in valore assoluto ed negativa
negli istanti in cui decresce se L>0.

134

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In un induttore ideale il campo elettrico identicamente nullo nel limite stazionario, e quindi
l'energia immagazzinata associata solo al campo magnetico. Nel limite lentamente variabile, pur
essendo il campo elettrico e la parte di energia immagazzinata ad esso associata diversi da zero, la
parte di energia immagazzinata associata al campo elettrico trascurabile rispetto a quella associata
al campo magnetico, U m >> Ue , perch sono predominanti gli effetti dovuti all'induzione
elettromagnetica rispetto a quelli dovuti all'induzione magnetoelettrica (vedi Appendice B). Pertanto
si ha
p t

d
dt

(
c

2 d =

dU m
.
dt

(31)

Dalle equazioni (30) e (31) si ha:

d
U m (t) 12 Li 2 (t) = 0 .
dt
Dovendo essere

(32)

=  per i = 0 (siamo nel modello quasi-stazionario magnetico), dalla (32) segue

necessariamente
U m = 12 Li2 ,

quindi

1
2

(33)

Li2 rappresenta proprio l'energia immagazzinata nell'induttore associata al campo

magnetico, quando la corrente che circola nell'avvolgimento i .


Osservazione
Come poi vedremo, le relazioni costitutive dei bipoli induttore e condensatore possono anche
descrivere il funzionamento di componenti la cui costituzione fisica completamente diversa da
quelle dei componenti induttore e condensatore che abbiamo introdotto nel Capitolo 2. Ad esempio,
possibile realizzare un induttore utilizzando un condensatore e un elemento statico particolare, il
giratore, come faremo vedere nel Capitolo 7. In questo caso l'energia U immagazzinata nel bipolo
non pi associata al campo magnetico, ma al campo elettrico ed immagazzinata nel condensatore
(il giratore un elemento statico e quindi non in grado di immagazzinare energia).
Esempio
Si consideri il circuito di figura 2a. Dalla conservazione delle potenze (6), utilizzando le relazioni
costitutive, si ottiene
e t i5 = Ri12 + v 3 g v 3 +

d 1 2 1 2
Li 4 + Cv2 ;

dt 2
2

(34)

e(t) la tensione del generatore (il riferimento per il verso indicato in figura 2), R, L e C sono,
rispettivamente, la resistenza, l'induttanza e la capacit del resistore, induttore e condensatore e
i 3 = g(v 3 ) la caratteristica del diodo. In questo circuito, dunque, la potenza elettrica erogata dal
generatore ideale di tensione uguale alla somma della potenza assorbita dal resistore, dal diodo,
dall'induttore e dal condensatore.

135

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Utilizzando i risultati appena illustrati, il bilancio delle potenze elettriche espresso attraverso la
(34) pu essere formulato nel seguente modo. Il lavoro compiuto, durante l'intervallo di tempo dt, dal
campo elettromotore agente sui portatori di carica presenti nel generatore uguale alla somma: 1)
della quantit di calore uscente, durante l'intervallo di tempo dt, dal resistore e dal diodo (nei
conduttori di collegamento, nel condensatore e nell'induttore non ci sono fenomeni dissipativi; nella
realt ci sono, ma sono trascurabili); 2) della variazione dell'energia interna totale. La variazione
dell'energia interna totale somma della variazione dell'energia interna della materia e della
variazione dell'energia interna del campo elettromagnetico. La variazione dellenergia interna
della materia , a sua volta, uguale alla somma della variazione dell'energia interna, di tipo termico,
del pezzo di conduttore con cui realizzato il resistore e dei pezzi di semiconduttore con cui
realizzato il diodo, che si manifesta in un innalzamento della temperatura, e della variazione
dell'energia interna di polarizzazione del dielettrico con cui realizzato il condensatore e dell'energia
interna di magnetizzazione del materiale magnetico con cui realizzato l'induttore ( stato
implicitamente assunto che le temperature del dielettrico e del materiale magnetico fossero costanti).
Nel modello circuitale viene ignorata l'energia elettromagnetica che, durante l'intervallo di tempo dt,
scambiata per irradiazione tra i componenti e l'energia elettromagnetica irradiata verso l'infinito.
In conclusione la potenza elettrica assorbita (erogata) dal bipolo, e quindi il flusso del vettore di
Poynting attraverso la superficie limite del componente, corrisponde a un vero e proprio termine di
energia, che nell'unit di tempo, attraversa la superficie limite: se positiva, il flusso di energia dal
circuito (in cui il bipolo inserito), verso il bipolo; se, invece, negativa il flusso di energia dal
bipolo verso la parte restante del circuito. Quindi l'integrale definito tra t1 e t2 della potenza elettrica
assorbita rappresenta l'energia assorbita dal bipolo nell'intervallo di tempo (t1,t2).

4.3 Energia elettrica. Bipoli passivi e bipoli attivi.


L'energia elettrica assorbita

t t da un bipolo (inserito in un circuito) nell'intervallo di tempo

: 

t t ( t un istante di tempo assegnato),

t t = p d ,

: 

(35)

dove p(t) la potenza elettrica assorbita dal bipolo. Nel Sistema Internazionale l'unit di misura
dell'energia il joule1 (J): 1J=1W1s. Pertanto la potenza assorbita dal bipolo uguale alla derivata
(rispetto al tempo t) dell'energia assorbita,
t =

d
: t  t .
dt

(36)

1 Nella produzione e distribuzione dell'energia elettrica si usa come unit di misura dell'energia il kilowattora
(kWh): essa l'energia assorbita da un bipolo in un'ora quando la potenza assorbita costante ed uguale a 1kW;
1kWh=3.6 MJ.

136

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Lenergia elettrica erogata


: 

t t , in un assegnato intervallo di tempo, l'integrale definito della

potenza elettrica erogata p = p t .




Prima di proseguire, c' bisogno di stabilire un'altra convenzione. Con l'espressione potenza
assorbita (energia assorbita) si intende il prodotto tra la tensione e la corrente del bipolo scelte con la
convenzione dell'utilizzatore, mentre con l'espressione potenza erogata (energia erogata) si intende
il prodotto tra la tensione e la corrente scelte con la convenzione del generatore: queste grandezze, a
seconda del bipolo e della dinamica circuitale, possono essere, in generale, positive in alcuni istanti e
negative in altri. Invece con l'espressione il bipolo assorbe energia elettrica (potenza elettrica) si
deve intendere che si sta considerando una condizione di funzionamento, in cui l'energia assorbita (la
potenza assorbita) positiva e con l'espressione il bipolo eroga energia elettrica (potenza elettrica)
si deve intendere che si sta considerando una condizione di funzionamento, in cui l'energia erogata (la
potenza erogata) positiva.
Un bipolo pu erogare energia elettrica in alcuni intervalli di tempo e assorbirla in altri. Ci sono
bipoli che non possono mai erogare pi energia elettrica di quella assorbita in precedenza e bipoli
che, invece, possono. I bipoli (cos come tutti gli altri elementi circuitali) vengono classificati in due
tipi, i bipoli attivi e i bipoli passivi, a seconda se possono erogare pi energia elettrica di quella
assorbita in precedenza o possono erogare una quantit di energia elettrica al pi uguale a quella
assorbita prima.
Definizione: bipolo passivo e bipolo attivo
Un bipolo si dice passivo se, per ogni condizione di funzionamento, non pu erogare pi energia
elettrica di quanto ne abbia assorbita in precedenza.
Se esiste almeno una condizione di funzionamento in cui il bipolo eroga pi energia elettrica di
quanto ne abbia assorbita in precedenza 2 , allora esso si dice attivo.

4.4 Propriet energetiche dei bipoli statici


I bipoli statici sono caratterizzati da un legame istantaneo tra tensione e corrente: il valore della
tensione in un generico istante dipende solo dal valore della corrente in quell'istante e viceversa. Per
questi bipoli il segno della potenza assorbita dipende solo dai quadranti del piano v i per i quali la
curva caratteristica passa.
Si considerino i bipoli statici che hanno la curva caratteristica passante solo per il primo e il terzo
quadrante del piano v i (figura 4a; i bipoli sono caratterizzati usando la convenzione
dell'utilizzatore). La potenza assorbita da questi bipoli sempre positiva o al pi uguale a zero; essa
non pu essere mai negativa. evidente, allora, che per questi bipoli l'energia assorbita in un
qualsiasi intervallo di tempo sempre positiva, cio
2 In questo caso lenergia elettrica erogata dal componente fisico, di cui il bipolo rappresenta un modello,
ottenuta trasformando un'energia di natura diversa da quella elettrica (ad esempio, energia chimica o meccanica),
in energia elettrica.

137

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


t

t  t = S d 0 t > t

(37)

e per ogni t*. Pertanto essi non possono mai erogare energia e quindi sono passivi. Questi bipoli non
possono mai restituire, nemmeno in parte, lenergia elettrica assorbita. Un resistore con resistenza
positiva, un diodo a giunzione pn sono esempi di bipoli passivi; lenergia elettrica che essi assorbono
viene trasformata interamente in energia termica.

Figura 4 Bipolo passivo (a) e bipolo attivo (b).

Figura 5

Un circuito semplice costituito da un bipolo attivo e da uno passivo (a) e caratteristica


del generatore di tensione (b).

Quando la curva caratteristica passa anche per il secondo e/o quarto quadrante del piano v-i (figura
4b), la potenza assorbita pu essere negativa (anche in intervalli di tempo illimitati). Ad esempio, si
consideri il circuito illustrato in figura 5. Esso consiste di un generatore ideale di tensione collegato a
un resistore lineare con resistenza R positiva. Si assuma, come ipotesi di lavoro, che la tensione E del
generatore sia positiva; quindi abbiamo
ig =

E
<0 .
R

(38)

Il punto di lavoro del generatore di tensione si trova nel quarto quadrante del piano vg-ig (figura 5), e
la potenza assorbita dal generatore S g = Eig in ogni istante negativa; quindi l'energia assorbita in un
qualsiasi intervallo di tempo dal generatore di tensione sempre negativa, cio
t

S d < 0 t > t


(39)

138

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

e per ogni t*. Pertanto si pu concludere che il generatore di tensione un bipolo attivo (si
arriverebbe alla stessa conclusione se il generatore indipendente di tensione fosse tempo variante).
Nell'esempio considerato il generatore di tensione produce l'energia elettrica che viene assorbita
dal resistore: il generatore di tensione trasforma, ad esempio, energia di natura chimica o di natura
meccanica in energia elettrica, invece il resistore trasforma l'energia elettrica assorbita in energia
termica.
Osservazione
Un generatore pu anche funzionare in modo tale da assorbire potenza. Si consideri, ad esempio, il
circuito illustrato in figura 6, e si determinino le potenze assorbite dai due generatori di tensione.

Figura 6
La potenza assorbita dal generatore di tensione 1 p1 = E1 E1 E 2  R e la potenza assorbita
dal generatore 2 p2 = E2 E 1 E 2  R . Se E 1 > E 2 , la potenza assorbita dal generatore 1
negativa, mentre quella assorbita dall'altro generatore 2 positiva; dunque un generatore eroga
energia (il generatore 1), mentre l'altro l'assorbe (il generatore 2).
Propriet energetiche dei bipoli statici
Un bipolo statico con la caratteristica passante, solo per il primo e il terzo quadrante del piano
v-i passivo.
Un bipolo statico con la caratteristica passante anche per il secondo e/o quarto quadrante
attivo.
Il resistore lineare con resistenza maggiore di zero, il cortocircuito, il circuito aperto, il nullatore,
l'interruttore, il diodo a giunzione pn, il diodo zener, il diodo tunnel e il tiristore (con il terminale di
porta scollegato) sono tutti bipoli passivi. Il generatore ideale e il generatore reale di tensione, e il
generatore ideale e il generatore reale di corrente e il noratore sono bipoli attivi.
Definizione: bipolo strettamente passivo
Un bipolo statico passivo si dice strettamente passivo se
-

la potenza assorbita sempre maggiore di zero quando la tensione e la corrente sono diverse da
zero;

la potenza assorbita uguale a zero se e solo se la tensione e la corrente sono


contemporaneamente uguali a zero.

139

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il bipolo corto circuito e il bipolo circuito aperto sono passivi ma non sono strettamente passivi. Il
resistore passivo, il diodo a giunzione pn, il diodo zener, il diodo tunnel e il tiristore sono bipoli
strettamente passivi. La stretta passivit implica che se la potenza assorbita nulla allora la tensione e
la corrente sono entrambe nulle.
Esercizio
Il lettore dimostri che: (a) in un circuito costituito da soli bipoli strettamente passivi tutte le
correnti e tutte le tensioni sono nulle; (b) la massima potenza che in grado di erogare un generatore
reale di tensione o di corrente limitata.

4.5 Propriet energetiche dei bipoli dinamici lineari tempo-invarianti


Allo scopo di illustrare le caratteristiche energetiche fondamentali dei bipoli dinamici lineari
tempo-invarianti si consideri, ad esempio, un condensatore lineare e tempo-invariante.
Lenergia W(t0,t) assorbita nellintervallo (t0,t) dal condensatore vale (C la capacit del
condensatore)
:

t0

t0

t 0  t = p d =

d
1
1
Cv2  2 d = Cv2 t Cv2 t 0 .
d
2
2

(40)

Essa non dipende dalla storia della tensione nell'intervallo (t0,t), ma solo dai valori che v(t) assume
negli estremi dell'intervallo: dal valore della tensione v(t0) nell'istante iniziale e dal valore della
tensione v(t) nell'istante finale. Quando la tensione nell'istante finale v(t) uguale a quella nell'istante
iniziale v(t0), allora l'energia assorbita dal condensatore identicamente nulla, indipendentemente
dalla sua forma d'onda. Un bipolo con questa propriet si dice conservativo.

Figura 7
Si consideri, ad esempio, un condensatore con una capacit di 1 F e si assuma che la forma d'onda
della tensione del condensatore sia quella illustrata in figura 7. L'energia assorbita dal condensatore
nell'intervallo (0, 2) uguale a zero: nell'intervallo (0, 1) assorbe 0.5 J, e nell'intervallo (1, 2) la
restituisce interamente al circuito a cui collegato (l'energia erogata nell'intervallo (1, 2) uguale a
0.5 J).

140

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Analogamente per linduttore lineare e tempo invariante si ha che, lenergia W(t0,t) assorbita
nellintervallo (t0,t) vale (L l'induttanza dell'induttore)
:

t0

t0

t 0  t = p d =

d
1
1
Li 2  2 d = Li 2 t Li 2 t 0 .
d
2
2

(41)

Essa non dipende dalla storia della corrente nell'intervallo (t0,t), ma solo dai valori che essa assume
negli estremi dell'intervallo: dal valore della corrente i(t) nell'istante iniziale e dal valore della
corrente i(t0) nell'istante finale. Quando la corrente nell'istante finale i(t) uguale a quella nell'istante
iniziale i(t0), allora l'energia assorbita dall'induttore identicamente nulla, indipendentemente dalla
sua forma d'onda.
In conclusione i condensatori e gli induttori lineari tempo-invarianti sono bipoli conservativi:
l'energia che assorbono viene immagazzinata. L'energia immagazzinata pu essere restituita in parte
o tutta al circuito in cui sono inseriti.
Il condensatore e l'induttore sono bipoli passivi o sono bipoli attivi?
Si consideri dapprima il condensatore con capacit positiva, C>0. L'energia W(t0,t1) assorbita dal
condensatore nell'intervallo di tempo (t0,t1) dipende sia dalla tensione iniziale v(t0) che dalla tensione
finale v(t1). Fissata la tensione finale v(t1)=V (siccome C>0), il valore massimo dell'energia
assorbita W(t0,t1) si ottiene quando la tensione iniziale nulla. Questo massimo uguale a CV 2  2
ed esso rappresenta la massima energia che il condensatore in grado di assorbire quando la tensione
finale V. Se, invece della tensione finale si fissa la tensione iniziale v(t0)=V (siccome C>0) il
valore minimo di W(t0,t1) si ottiene quando la tensione finale nulla. Questo minimo uguale a
CV 2  2 , e rappresenta, in valore assoluto, la massima energia che il condensatore pu erogare

quando la tensione iniziale V. Pertanto se l'energia immagazzinata nel condensatore al generico


istante T CV 2  2 , l'energia che il condensatore pu erogare per t > T non pu essere pi grande
di CV 2  2 , e quindi non pu essere pi grande dell'energia che stata assorbita per t<T. Di
conseguenza il condensatore con C>0 un bipolo passivo. Se la capacit fosse minore di zero
(sempre con la convenzione dell'utilizzatore), allora il bipolo sarebbe attivo.
Per l'energia elettrica assorbita dal condensatore passivo vale la propriet
t
1
t t = p d = Cv 2 t 0
t
2

: 

t > t ,

(42)

dove t* un istante in cui la tensione del condensatore uguale a zero.


Risultati analoghi valgono per l'induttore: se L>0 l'induttore passivo (il lettore lo dimostri). Per
l'energia elettrica assorbita dall'induttore passivo vale la propriet
t

t t = p d =

: 

1 2
Li t 0
2

t > t ,


(43)

dove t* un istante in cui la corrente nell'induttore uguale a zero.


Le (40) e (41) non valgono se il condensatore e l'induttore sono tempo-varianti (cio quando la
capacit e l'induttanza variano nel tempo). In questi casi si ha

141

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

d
[C t v] d 1 C t v 2 ,

dt
dt 2

d 1
d
i [L t i] L t i 2 .

dt 2
dt

(44)

(45)

In generale i condensatori e gli induttori tempo-varianti non sono passivi.

Figura 8
Osservazione
I bipoli statici non sono conservativi. In essi lenergia assorbita in un dato intervallo di tempo (t0,t)
dipende dalla intera storia della corrente (o della tensione) in quellintervallo di tempo. Si consideri,
ad esempio, lenergia assorbita da un resistore lineare con resistenza R=1, nellintervallo di tempo (0,
2), e la si valuti per le due forme donda della corrente illustrate in figura 8. Pur avendo le due forme
donda gli stessi valori iniziali e finali, si ha

0 i12

d i 22 d .
0

Lenergia che assorbe un bipolo statico passivo, a differenza di quanto accade in un bipolo
conservativo, trasformata interamente in energia termica, e quindi, non pu mai essere restituita
(nemmeno in parte) sotto forma di energia elettrica in modo spontaneo (violerebbe il secondo
principio della termodinamica). Per questo motivo i bipoli statici passivi vengono detti bipoli
dissipativi.
Esempio
Si consideri il circuito illustrato in figura 9. Il generatore di corrente fornisce una corrente costante
diversa da zero nell'intervallo di tempo (0, 1); la forma d'onda della corrente imposta illustrata in
figura 9a. La tensione sul condensatore nell'istante t = 0 nulla e l'interruttore resta aperto fino a t=1;
nell'istante t=1 l'interruttore si chiude. Nell'intervallo di tempo (0, 1), siccome l'interruttore aperto,
si ha i(t)=j(t), e quindi
v t =

1 t
j d ;
C 0

(46)

pertanto la tensione sul condensatore vale


v t = t

per

0 t 1 .

(47)

In questo intervallo di tempo il generatore di corrente eroga potenza e l'energia assorbita dal
condensatore uguale 0.5 mJ: all'istante t=1 questa energia tutta immagazzinata nel condensatore

142

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(sotto forma di energia interna del campo elettrico e di energia interna di polarizzazione del
dielettrico).
Per t >1 il generatore di corrente spento, l'interruttore chiuso, e quindi i=v/R=v. Pertanto si
ha per la tensione v
dv
+10 3 v = 0 ,
dt

(48)

v t = 1 = 1 .

(49)

Figura 9 Carica e scarica di un condensatore.


La soluzione dell'equazione (48) con la condizione iniziale (49)
v(t) = H( t1) /10

( t 1) .

(50)

Per t >1 nel circuito, pur non essendovi generatori accesi, fluisce una corrente, a causa dell'energia
che stata immagazzinata nel condensatore per t<1: l'energia, che nell'istante t=1 immagazzinata
nel condensatore, viene dissipata interamente nel resistore nell'intervallo di tempo (1, + ).

4.6 Bipoli dinamici non lineari tempo-invarianti


Si consideri, ora, un condensatore non lineare e tempo-invariante, controllato in carica e sia
v=h(q) la relazione algebrica tra la carica e la tensione (in questo caso tempo invarianza significa che
la funzione h=h(q) non dipende esplicitamente dal tempo). L'energia assorbita W(t0,t) nell'intervallo
di tempo (t0,t) vale
:

dove

: T

t0

t0

t 0  t = p d =

d
{:e > q @}d = : e > q t @ : e > q t 0 @ ,
d

(51)

una primitiva della funzione h=h(q), cio


d :e
= h q .
dq

(52)

Come nel caso lineare, se la caratteristica del condensatore tempo invariante, l'energia assorbita dal
condensatore non lineare nell'intervallo di tempo (t0,t) dipende unicamente dal valore iniziale q(t0) e

143

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dal valore finale q(t) della carica e non dalla storia intermedia. Pertanto anche un condensatore non
lineare e tempo-invariante un bipolo conservativo.

Figura 10 Esempi di caratteristiche non lineari.


La primitiva

:e

:e

q della funzione h=h(q) determinata univocamente a meno di una

costante additiva. Se la curva caratteristica h=h(q) del condensatore del tipo illustrato in figura 10,
cio solo un tratto finito di essa passa per il secondo e/o quarto quadrante, allora sempre possibile
determinare una primitiva tale che
:e

q 0 .

(53)

Figura 11
Se invece la curva caratteristica h=h(q) del condensatore del tipo illustrato in figura 11, cio un
tratto non limitato di essa passa per il secondo e/o quarto quadrante, allora non esiste nessuna
primitiva di h=h(q) che verifica la (53).
Si assuma che la (53) sia verificata e si indichi con Q* il valore della carica per cui

:e

=0 .

Potendo esprimere l'energia elettrica assorbita dal condensatore nell'intervallo (t0,t1) come
:

t 0  t 1 = : e > q t1 @ :e > q t 0 @ ,

Q > 0 rappresenta la massima energia che il condensatore


pu assorbire quando la carica finale Q (la carica iniziale Q*); (b) : e Q > 0 rappresenta la

ed essendo

:e

q 0 , si ha che: (a)

(54)

:e

massima energia che il condensatore in grado di erogare quando la carica iniziale Q (e la carica
finale Q*). Pertanto se solo un tratto finito della caratteristica del condensatore passa attraverso il

144

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

secondo e/o il quarto quadrante del piano q-v, allora il condensatore non pu erogare pi energia
elettrica di quanta ne abbia assorbita in precedenza, e quindi passivo; invece il condensatore con la
caratteristica illustrata in figura 11 (sempre con la convenzione dell'utilizzatore), attivo.
Cos come nel caso lineare, alla grandezza :
: (q) si d il nome di energia immagazzinata
e
H

nel condensatore. Per il condensatore con la caratteristica illustrata in figura 10a

e (q)

uguale

all'energia elettrica che bisogna fornire al condensatore, a partire dalla condizione iniziale q=0, per
realizzare la configurazione di campo elettrico corrispondente al valore di tensione v=v(q). Invece per
il condensatore con la caratteristica illustrata in figura 10b, :e (q) uguale all'energia elettrica che
bisogna fornire al condensatore a partire dalla carica iniziale Q*.
Pertanto, per un condensatore passivo non lineare esiste un istante di tempo t* (finito) tale che
verificata la propriet
t

t t = p d = : > q t @ 0

Z 

t > t


(55)

dove t* l'istante in cui q=Q*.


Il caso dell'induttore non lineare e tempo-invariante (in assenza di fenomeni isteretici)
completamente duale.
Alla luce dei risultati fin qui descritti, il concetto di passivit potrebbe essere riformulato, in questo
modo: un bipolo passivo se per qualsiasi condizione di funzionamento esiste almeno un istante di
tempo t* 3 (finito) tale che
t

p d 0

t > t .


(56)

Se esiste almeno una condizione di funzionamento per la quale la relazione (56) non verificata (cio
non esiste nessun istante di tempo t* per cui la (56) verificata), allora il bipolo attivo.
La relazione (56) non implica che non vi possano essere degli intervalli di tempo (nell'intervallo
(t*,t)) in cui l'energia elettrica assorbita dal bipolo non possa essere negativa. Possono esistere degli
intervalli di tempo in cui il bipolo eroga energia elettrica, solo che essa non pu mai essere di pi di
quella assorbita in precedenza. Ad esempio, l'energia assorbita nell'intervallo (t1,t) pu essere
negativa, per in valore assoluto non pu essere pi grande dell'energia assorbita nell'intervallo
(t*,t1).
facile convincersi che questa nuova formulazione del concetto di passivit del tutto equivalente
a quella precedente, fatta eccezione che per un caso. Infatti secondo la (56) sarebbe passivo anche un
bipolo che in un intervallo




t t , precedente a

t  t , ha sempre erogato energia elettrica.

Comunque questo caso non si verifica mai per i bipoli fondamentali che vengono presi in
considerazione in queste lezioni.

3 Per il componente circuitale, di cui il bipolo rappresenta un modello, t* potrebbe rappresentare l'istante in
cui esso stato costruito, o un istante successivo opportuno (potrebbe anche accadere che t ). In letteratura
t

la passivit , spesso, espressa attraverso la condizione p d 0 t .

CAPITOLO 5

PROPRIET DEI CIRCUITI DI RESISTORI

Nel presente Capitolo, verr introdotto il concetto di equivalenza tra bipoli statici e verranno
enunciati e dimostrati alcuni teoremi (propriet) generali sui circuiti di resistori. L'uso del concetto di
equivalenza e delle propriet, che verranno descritte, spesso portano a una drastica semplificazione di
problemi altrimenti molto difficili da risolvere. Essi rappresentano anche inestimabili strumenti
mediante i quali, in seguito, si ricaveranno un gran numero di risultati. In particolare saranno proposti
metodi che consentono di determinare la soluzione di un circuito senza dovere scrivere
esplicitamente le equazioni circuitali.

5.1 Bipolo equivalente. Connessione in serie e connessione in parallelo


Un concetto fondamentale nella teoria dei circuiti elettrici quello di equivalenza. In generale pu
accadere che, due bipoli, che rappresentano componenti di diversa costituzione fisica, hanno la stessa
relazione caratteristica.
Definizione: bipoli statici equivalenti
Due bipoli statici si dicono equivalenti se e solo se le loro relazioni costitutive coincidono.
Tramite l'equivalenza tra bipoli possibile ridurre un circuito di resistori e generatori ideali a un
circuito semplice, costituito da due soli bipoli fondamentali: un generatore ideale e un resistore.
Dopo avere risolto il circuito semplice, tutte le grandezze del circuito in esame possono essere
ricostruite tramite delle semplici regole.
La prima fase della procedura (la riduzione al circuito semplice) corrisponde esattamente alla
riduzione del sistema di equazioni circuitali a una sola equazione in una sola incognita tramite la
procedura dell'eliminazione in avanti per sostituzione nel metodo di Gauss e la seconda parte
corrisponde alla procedura dell'eliminazione all'indietro. In questo paragrafo saranno esaminate le
caratteristiche di bipoli composti costituiti da bipoli statici elementari (resistori lineari e
generatori ideali) collegati in serie, in parallelo e in serie-parallelo.

146

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Definizione: bipoli collegati in serie


I bipoli B1 e B2 sono collegati in serie se:
(i)

sono connessi a uno stesso nodo (figura 1);

(ii)

le correnti nei due bipoli sono uguali (se si scelgono dei riferimenti opportuni, come, ad
esempio, quelli mostrati in figura 1).

Figura 1 B1 e B2 sono collegati in serie (a) e B3 e B4 non sono collegati in serie (b).
Definizione: bipoli collegati in parallelo
I bipoli B1 e B2 sono collegati in parallelo nei nodi 1 e 2, se i loro terminali sono connessi
ai nodi 1 e 2 (cos come illustrato in figura 2).

Figura 2 I bipoli B1 e B2 sono collegati in parallelo.

Figura 3 Due resistori connessi in serie insieme col resto del circuito N.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

147

5.1.1 Collegamento di due bipoli statici in serie


Si consideri il circuito illustrato in figura 3, in cui i bipoli statici R1 e R2 sono collegati in serie. Ai
nodi 1 e 3 connesso il resto del circuito, denotato con N (esso potrebbe essere costituito anche
da bipoli non lineari e dinamici). Si vuole ottenere la relazione caratteristica del bipolo costituito
dalla serie dei due bipoli R1 e R2.
Applicando la prima legge di Kirchhoff ai nodi 1 e 2, si ottiene:
i = i1 = i 2 ;

(1)

applicando la seconda legge di Kirchhoff, si ottiene


v = v1 + v2 .

(2)

Si assuma, ora, che i due bipoli statici siano controllati in corrente, cio:
v 1 = r 1 (i1 ) = r 1 (i), v 2 = r2 (i 2 ) = r 2 (i) .

(3)

Sostituendo le (3) nella (2), si ottiene la relazione caratteristica del bipolo equivalente serie:
v = r1 (i) + r 2 (i) = r eq (i) .

(4)

Sebbene qualsiasi connessione costituita da due resistori non lineari (controllati in corrente), in serie
possa essere rappresenta tramite un opportuno bipolo equivalente, ora analizzeremo solo le
connessioni serie fondamentali che si incontrano nei circuiti costituiti da resistori lineari e generatori
ideali; a questa classe di circuiti si d il nome di circuiti resistivi lineari.
- Due resistori lineari in serie
Si considerino due resistori lineari, con resistenze R1 e R2, collegati in serie. In questo caso si ha
v 1 = r 1 (i) = R1 i, v 2 = r2 (i) = R 2 i ,

(5)

e la (4) diventa
v = (R 1 + R 2 )i ,

(6)

cio il bipolo resistore con resistenza


R eq = (R 1 + R 2 ) ,

(7)

equivalente al bipolo costituito dal resistore con resistenza R1 in serie con il resistore di resistenza
R2, figura 4.

148

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 4 Due resistori collegati in serie.


Esiste una semplice relazione tra la tensione su ogni resistore della serie (v1 e v2) e la tensione v
della serie. facile dimostrare che (formule del partitore di tensione)
v1 = v

R1
R2
, v2 = v
;
R1 + R2
R1 + R2

(8)

i riferimenti per i versi delle tensioni sono quelli illustrati in figura 3.


La sostituzione di due resistori collegati in serie con il resistore equivalente, corrisponde alla
riduzione del sistema di equazioni circuitali attraverso l'eliminazione per sostituzione; la
ricostruzione delle tensioni su ogni resistore, una volta nota la tensione sulla serie, attraverso le
formule del partitore, corrisponde all'eliminazione all'indietro nell'algoritmo di Gauss.
immediato verificare che nel caso di m resistori in serie R 1 , R 2 , .. ., R m , la resistenza del bipolo
serie equivalente vale
m

R eq = R 1 + R 2 + . .. + R m = R i .

(9)

i =1

La tensione vi del i-esimo resistore legata alla tensione v della serie tramite la relazione
v i = ()v

Ri

j =1 R j
m

(10)

nella (10) deve essere considerato il segno positivo se le frecce che indicano i riferimenti delle due
tensioni sono equi verse o, in caso contrario, il segno negativo.
- Due generatori di tensione ideali in serie
Si considerino due generatori di tensione ideali, con tensioni E1 e E2, collegati in serie (figura 5a).
In questo caso si ha
v 1 = E 1 , v 2 = E2 ,

(11)

quindi la (4) diventa


v = E1 + E2 ;

inoltre la corrente i indipendente dalla tensione v.

(12)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

149

Figura 5 Generatori collegati in serie


Pertanto il bipolo generatore di tensione ideale con tensione
E eq = ( E1 + E2 )

(13)

equivalente al bipolo costituito dal generatore di tensione con tensione E1 in serie con il generatore
di tensione E2.
- Un generatore ideale di tensione in serie con un generatore ideale di corrente
Si consideri un generatore di tensione ideale, con tensione E1, connesso in serie con un generatore
ideale di corrente con corrente J2, (figura 5b).
In questo caso la tensione della serie non nota, e la corrente uguale a J2 per qualsiasi valore
della tensione. Pertanto la serie tra un generatore di corrente ideale e un generatore di tensione ideale
equivalente a un generatore ideale di corrente.
Non significativo il caso di due generatori ideali di corrente in serie, perch da luogo a un
modello incompatibile (a meno che le due correnti non siano eguali e in tal caso il bipolo equivalente
ancora un generatore di corrente con la stessa corrente dei due generatori)
- Un resistore in serie con un generatore di tensione ideale
Si consideri un generatore di tensione ideale, con tensione E connesso in serie con un resistore
lineare di resistenza R, (figura 6). La caratteristica del bipolo equivalente

v = E + Ri .

(14)

Essa la caratteristica del generatore reale di tensione; i riferimenti sono quelli illustrati in figura
6. Il generatore reale di tensione un bipolo attivo

Figura 6 Bipolo equivalente al generatore reale di tensione (a) e curva caratteristica (b).
Infine un generatore di corrente ideale con corrente J collegato in serie a un resistore equivalente
a un generatore di corrente ideale.
5.1.2 Collegamento di due bipoli statici in parallelo

150

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si consideri il circuito di figura 7, in cui due bipoli statici R1 e R2 sono collegati in parallelo tra
loro ai nodi 1 e 2. Anche in questo caso la natura del circuito N irrilevante se si vuole ottenere
solo la caratteristica del bipolo equivalente al parallelo di R1 con R2.

Figura 7 Due resistori connessi in parallelo insieme col resto del circuito N.
Applicando la seconda legge di Kirchhoff, si ha che le tensioni v1 e v2 sono eguali, cio

v = v1 = v2 ;

(15)

applicando la prima legge di Kirchhoff, si ottiene

i = i1 + i2 .

(16)

Si assuma, ora, che i due bipoli siano controllati in tensione, cio:

i1 = g1 (v1 ) = g1 (v), i 2 = g2 (v 2 ) = g2 (v) .

(17)

Sostituendo le (17) nella (16), si ottiene la relazione caratteristica del bipolo equivalente al parallelo:

i = g1 (v) + g2 (v) = g eq (v) .

(18)

Sebbene il bipolo equivalente parallelo possa essere costruito da due resistori non lineari (controllati
in corrente), qui noi considereremo solo le connessioni in parallelo fondamentali, che si incontrano
nei circuiti resistivi lineari.
- Due resistori lineari in parallelo
Si considerino due resistori lineari, con resistenze R1 e R2, collegati in parallelo. Si ha

1
1
i =
v,
+
R1 R 2

(19)

cio il bipolo resistore con conduttanza

Geq = (G1 + G2 )

(20)

equivalente al bipolo costituito dal resistore con conduttanza G1=1/R1 in parallelo al resistore di
conduttanza G2=1/R2, figura 8. Se invece della conduttanza equivalente si considera la resistenza
equivalente, si ha

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

R eq =

R1R 2
.
R1 + R 2

151
(21)

Figura 8 Due resistori collegati in parallelo.


Esiste una semplice relazione tra la corrente in ogni resistore del parallelo (i1 e i2) e la corrente i
del parallelo. facile dimostrare che (formule del partitore di corrente)

i1 = i

G1
G2
, i2 = i
;
G1 + G2
G1 + G2

(22)

i riferimenti per i versi delle correnti sono quelli illustrati in figura 8. Se si usano le resistenze, esse
diventano:

i1 = i

R2
R1
, i2 = i
.
R1 + R2
R1 + R2

(23)

La sostituzione di due resistori in parallelo con il resistore equivalente, corrisponde di nuovo alla
riduzione del sistema di equazioni circuitali attraverso l'eliminazione per sostituzione; la
ricostruzione delle correnti in ogni resistore, una volta nota la corrente del parallelo, attraverso le
formule del partitore, corrisponde all'eliminazione all'indietro nell'algoritmo di Gauss.
immediato verificare che nel caso di m resistori in parallelo R1 , R 2 , ..., Rm la conduttanza del
bipolo parallelo equivalente vale

Geq =

m 1
1
1
1
+
+ ... +
= .
R1
R2
R m i=1 Ri

(24)

La corrente ij del j-esimo resistore legata alla corrente totale del parallelo dalla relazione

i j = ()i

Gj
m
h =1 Gh

(25)

nella (25) deve essere considerato il segno positivo se le frecce che indicano i riferimenti delle due
correnti sono equi verse o, in caso contrario, il segno negativo.
- Due generatori di corrente ideali in parallelo
Si consideri il caso in cui due generatori di correnti ideali, con correnti J1 e J2 sono collegati in
parallelo. Il bipolo generatore di corrente ideale con corrente

J eq = (J 1 + J2 )

(26)

equivalente al bipolo costituito dalla serie del generatore ideale di tensione con tensione J1 con il
generatore di tensione J2, figura 9a.

152

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 9 Generatori collegati in parallelo.


- Un generatore ideale di tensione in parallelo con un generatore ideale di corrente
Si considerino un generatore di tensione ideale, con tensione E1, connesso in parallelo con un
generatore ideale di corrente con corrente J2, (figura 9b). La corrente del parallelo non nota e la
tensione uguale a E2 per qualsiasi valore della corrente. Pertanto questo bipolo equivalente a un
generatore di tensione ideale.
Non significativo il caso di due generatori ideali di tensione in parallelo, perch da luogo a un
modello incompatibile (a meno che le due tensioni non siano eguali e in tal caso il bipolo equivalente
ancora un generatore di tensione con la stessa tensione dei due generatori).

Figura 10 Circuito equivalente al generatore reale di corrente (a) e curva caratteristica (b).
- Un resistore in parallelo con un generatore di corrente ideale
Si consideri un generatore di corrente ideale, con corrente J, connesso in parallelo con un resistore
lineare di resistenza R e quindi conduttanza G=1/R. La caratteristica del bipolo equivalente

i = J + Gv .

(27)

Essa la caratteristica del generatore reale di corrente; i riferimenti sono quelli illustrati in figura
10. Il generatore reale di corrente un bipolo attivo.
Infine il parallelo tra un generatore di tensione ideale con tensione E e un resistore equivalente a
un generatore di tensione ideale.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

153

Esempio
Si consideri il circuito rappresentato in figura 11. Esso pu essere ridotto utilizzando le
equivalenze serie e parallelo a un circuito semplice costituito dal generatore ideale di tensione e da
un resistore lineare. Le regole del partitore di tensione e di corrente consentono, poi, di ricostruire
tutte le tensioni e le correnti del circuito.

Figura 11
Il generatore di tensione in serie con il resistore di resistenza R1 e il resistore di resistenza R3 in
serie con il resistore di resistenza R4. Se fosse nota la corrente i1, attraverso le regole del partitore di
corrente si potrebbero determinare le altre due correnti e quindi, anche, le tensioni su ogni resistore.

Figura 12
La corrente i1 pu essere determinata riducendo il circuito a un circuito semplice costituito dal
generatore e da un solo resistore. La procedura di riduzione descritta in figura 12. La corrente i1
vale
i1 =

E
(3) = 2 .
R eq

Utilizzando la formula del partitore di corrente possibile calcolare le correnti i2 e i3 (i resistori


(1)
con resistenze R2 e R eq sono in parallelo nel circuito N1). Si ottiene

154

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i2 =

Req(1)
R2 + R

(1)
eq

= i1 e i3 =

R2
= i1 .
R2 + Req(1)

Infine le tensioni dei resistori valgono

v1 = R1i1 = 5, v 2 = R2 i2 = 5, v 3 = R3i3 = 3, v 4 = R4 i4 = 2.
Questo esempio mostra come si pu risolvere un circuito con un solo generatore senza utilizzare
esplicitamente le equazioni circuitali (le equazioni di Kirchhoff e le equazioni costitutive). La
procedura descritta equivalente alla soluzione del sistema di equazioni circuitali con il metodo di
Gauss: la riduzione del circuito avviene per ispezione ed guidata dalle propriet del grafo.
Tutti i circuiti resistivi con un solo generatore possono essere risolti in questo modo? Purtroppo
la risposta no. Si consideri, ad esempio, il circuito illustrato in figura 13. In questo caso non
possibile individuare n collegamenti in parallelo n collegamenti in serie. ancora possibile
determinare un resistore equivalente al bipolo di resistori N. La resistenza del resistore equivalente
pu essere determinata attraverso degli strumenti di analisi che saranno introdotti in seguito. Per ora
il lettore calcoli la corrente i che circola nel resistore con resistenza R usando il metodo dei potenziali
di nodo.

Figura 13

5.2 Propriet dei circuiti resistivi lineari


In questo paragrafo, saranno enunciate e dimostrate alcune propriet generali dei circuiti resistivi
lineari, ovvero il teorema della sovrapposizione degli effetti, il teorema di Thvenin-Norton. Essi
costituiscono utili strumenti di analisi per i circuiti resistivi lineari.
5.2.1 Circuito resistivo lineare con un solo generatore
Si consideri un circuito costituito da resistori lineari e un solo generatore ideale, ad esempio un
T
T
generatore ideale di tensione (figura 14). Siano i = (i1 ,i 2 ,..., i b ) e v = (v1 ,v2 ,...,vb ) le correnti
e le tensioni del circuito. I lati sono stati ordinati in modo tale che il generatore di tensione ideale
corrisponda al lato b. Gli altri (b1) lati sono resistori lineari; la resistenza del k-esimo resistore
indicata con R k (1kb1).

155

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 14 Circuito resistivo lineare con un solo generatore.


Le equazioni circuitali sono

Ai = 0,
Bv = 0,
v R Ri R = 0,
v b = E;

(28)

A e B sono, rispettivamente, una matrice di incidenza ridotta e una matrice di maglia fondamentale
T
T
del circuito, i R = (i1 ,i 2 ,...,i b1 ) e v R = (v1, v2 ,..., vb1 ) sono le correnti e le tensioni dei (b 1)
resistori e R la matrice diagonale

R = diag(R1 ,R2 ,...,R b1 ) . L'equazione matriciale

v R Ri R = 0 rappresenta l'insieme delle equazioni costitutive v k R k i k = 0 dei (b1) resistori


(1k(b1)).
Siano

i = H ,
j
j

v j = K j

1 j b ,

(29)

le correnti e le tensioni del circuito per E=1. Siccome il sistema di equazioni (28) lineare (perch le
equazioni caratteristiche dei resistori sono lineari), la sua soluzione data da

i j = H jE, v j = K j E

1 j b.

(30)

A causa della linearit ogni corrente e ogni tensione direttamente proporzionale alla tensione del
generatore di tensione (oppure alla corrente del generatore di corrente nel caso in cui nel circuito vi
fosse un solo generatore di corrente indipendente). I fattori H j , omogenei con una conduttanza, e i
fattori adimensionali K j sono costanti dipendenti unicamente dai parametri circuitali (e non dalla
tensione E del generatore).
La corrente i nel terminale 1 del bipolo N vale

i = E / R eq ,

(31)

dove R eq = 1 / H b . Dunque un qualsiasi bipolo N costituito da soli resistori lineari (senza


generatori) pu essere sempre rappresentato da un bipolo resistore equivalente con resistenza R eq .
Se i resistori che costituiscono il bipolo N sono passivi, allora per R eq vale la relazione

R eq 0.
(la dimostrazione semplice, si usi la conservazione delle potenze elettriche).

(32)

156

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

5.2.2 Sovrapposizione degli effetti


Si consideri, ora, un circuito costituito da resistori lineari e da pi generatori ideali, ad esempio, un
circuito con un generatore ideale di tensione e uno di corrente (figura 15). La propriet che verr
dimostrata indipendente dal numero e dal tipo di generatori ideali presenti; soltanto per semplificare
la notazione ne sono stati considerati solo due.

Figura 15 Circuito resistivo lineare con due generatori indipendenti.


T

Siano i = (i1 ,i 2 ,..., i b ) e v = (v1 ,v2 ,...,vb )

le correnti e le tensioni del circuito. I lati sono

stati ordinati in modo tale che: al generatore di tensione ideale corrisponda il lato b e al generatore
di corrente ideale il lato b1. Gli altri (b2) lati sono resistori lineari e la resistenza del k-esimo
resistore indicata con R k (1kb2).
Le equazioni circuitali sono

Ai = 0,
Bv = 0,
v R Ri R = 0,
i b-1 = J,

(33)

v b = E;
T

in questo caso i R = (i1 ,i 2 ,...,i b 2 ) e v R = (v1 ,v 2 ,...,v b2 )

sono le correnti e le tensioni dei

(b2) resistori e R la matrice diagonale R = diag(R1 ,R2 ,...,R b2 ) . L'equazione matriciale

v R R i R = 0 rappresenta l'insieme delle equazioni caratteristiche v k R k i k = 0 dei (b2) resistori


(1k(b2)).
Si considerino ora i due problemi ausiliari, cos definiti:

problema N'

problema N"

157

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

A i = 0,
B v = 0,

A i = 0,
B v = 0,

v R R i R = 0,

v R R i R = 0,

i b-1 = J,

i b-1
= 0,

v b = 0;

v b = E.

Siccome il sistema (33) lineare, la sua soluzione pu essere espressa come

i = i + i,
v = v + v .

(34)

(Si implicitamente assunto che il sistema (33) e i due problemi ausiliari ammettano una e una sola
soluzione).

Figura 16
Le equazioni del problema N' sono le equazioni circuitali del circuito N quando si spegne il
generatore di tensione (spegnere un generatore di tensione equivale a sostituirlo con un bipolo corto
circuito), e quindi sono le equazioni del circuito ausiliario di figura 16a, mentre le equazioni del
problema N" sono le equazioni circuitali del circuito N quando si spegne il generatore di corrente
(spegnere un generatore di corrente equivale a sostituirlo con un bipolo circuito aperto) e quindi sono
le equazioni del circuito ausiliario di figura 16b.
Le (34), ovvia conseguenza della linearit delle equazioni del circuito, si prestano a questa
interpretazione circuitale.
Propriet della sovrapposizione degli effetti
La generica corrente (tensione) in un circuito di resistori lineari e di generatori ideali, la somma
delle correnti (tensioni) che ciascuno dei generatori ideali produrrebbe se agisse da solo, essendo gli
altri spenti.

158

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Una immediata conseguenza della propriet della sovrapposizione e delle (29), (30) e (34) che
qualsiasi corrente i j (1 j b ) del circuito N di figura 15 data da una espressione del tipo (cio
una combinazione lineare delle sorgenti),

i j = H jE + Qj J ,

(35)

e qualsiasi tensione v j (1 j b ) data da una espressione del tipo

v j = K j E + P jJ ,

(36)

dove i fattori H j , K j , P j , Q j sono costanti dipendenti unicamente dai parametri circuitali e non dai
generatori ideali.
Esempio
Si consideri il circuito rappresentato in figura 17 e si determini la potenza assorbita dal resistore
R1. Essa vale
2
2
p1 = R1i1 = i1 .

Per determinare la corrente i1 si pu usare la sovrapposizione degli effetti, le equivalenze serie e


parallelo e le regole del partitore di tensione e di corrente.

Figura 17 Circuito resistivo lineare con due generatori indipendenti.


Applicando la sovrapposizione degli effetti, la corrente i pu essere espressa come

i1 = i1 + i1
dove i1 la corrente nel resistore R1 quando spento il generatore di corrente ed acceso quello di
tensione e i1 la corrente nel resistore R1 quando spento il generatore di tensione ed acceso
quello di corrente.
- Calcolo di i1 .
Il generatore di tensione in serie con il resistore di resistenza R1 e il resistore di resistenza R3 in
serie con il resistore di resistenza R4 (figura 18); inoltre la serie R3_R4 in parallelo con R2. La
corrente i1 pu essere determinata riducendo il circuito N' a un circuito semplice costituito dal
generatore di tensione e da un solo resistore. La procedura di riduzione descritta in figura 18. Allora
la corrente i1 vale

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i1 =

159

E
3 = 10 .
R (eq )

Figura 18

Figura 19
- Calcolo di i 2 .
La corrente i 3 nel circuito N" (figura 19) pu essere calcolata usando la formula del partitore di
( 2)
corrente ( R 4 e R eq sono in parallelo); applicandola si ottiene

i3 = J

R4
= 16.67 .
R4 + Req2

A questo punto, essendo nota la corrente i 3 , la corrente i1 nel circuito N (figura 19) pu essere
calcolata usando, ancora, la formula del partitore di corrente ( R1 e R 2 sono in parallelo);
applicandola si ottiene

i1 = i3

R2
= 8.33 .
R1 + R2

Allora corrente la corrente i1 vale i1 = i1 + i 1 = 16.25 e quindi la potenza assorbita dal resistore di
resistenza R1 vale p1 264.1 .
5.2.3 Teorema di Thvenin-Norton

160

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nella prima parte di questo capitolo stato dimostrato che ogni bipolo resistivo lineare senza
generatori pu essere rappresentato da un resistore equivalente lineare.
Si consideri, ora, un circuito costituito da un bipolo NL, composto da resistori lineari e generatori
indipendenti e da un bipolo N non necessariamente lineare o resistivo (esso pu essere anche di tipo
dinamico), figura 20. Il bipolo resistivo NL pu essere rappresentato tramite un bipolo equivalente
che ha la stessa caratteristica i-v. Infatti, per quanto riguarda N, la soluzione dipende esclusivamente
dalla caratteristica del bipolo NL ( del tutto insignificante conoscere quali elementi all'interno di NL
realizzino tale caratteristica).

Figura 20

Circuito costituito da un bipolo resistivo lineare con generatori indipendenti e un bipolo


non necessariamente lineare o resistivo.

Figura 21 Caratterizzazione su base corrente (a) e su base tensione (b) del bipolo NL.
Per costruire la caratteristica i-v di NL e quindi il bipolo equivalente, bisogna determinare la
relazione tra la corrente i e la tensione v per tutti i valori di corrente e di tensione ammissibili. Ci
pu essere fatto attraverso un esperimento concettuale (figura 21), in cui si impone la corrente i
attraverso un generatore di corrente indipendente e si determina la tensione v (caratterizzazione su
base corrente del bipolo), oppure si impone la tensione v attraverso un generatore indipendente di
tensione e si determina la corrente i (caratterizzazione su base tensione del bipolo). Le due
caratterizzazioni sono equivalenti, fatta eccezione di due casi molto particolari.
Si consideri la caratterizzazione su base corrente. Bisogna determinare la relazione che lega la
tensione v alla corrente imposta i. Si assuma che il circuito di figura 21a abbia una e una sola
soluzione per ogni valore di i. Siccome il circuito lineare, la relazione cercata pu essere
determinata attraverso la sovrapposizione degli effetti. A tale scopo si considerino i due circuiti
ausiliari rappresentati in figura 22. Il primo stato ottenuto spegnendo nel circuito di figura 21a tutti
i generatori di NL mentre il secondo stato ottenuto spegnendo solo il generatore di corrente
ausiliario di valore i.

161

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 22
Il bipolo N' costituito da soli resistori lineari, circuiti aperti (corrispondenti ai generatori di
correnti spenti) e corto circuiti (corrispondenti ai generatori di tensione spenti). Esso pu essere
rappresentato tramite il resistore equivalente. Sia R eq la resistenza equivalente di N'; allora la
tensione v' vale

v = Req i .

(37)

Nel circuito illustrato in figura 22b le sorgenti sono solo quelle interne al circuito NL (i"=0). Si
indichi con E* la tensione di NL quando la corrente i uguale a zero (la cosiddetta tensione a
circuito aperto o a vuoto). La tensione a vuoto indipendente dalla corrente i, dipende solo dalla
struttura interna del bipolo resistivo NL. Utilizzando la sovrapposizione degli effetti si ha

v = v + v ,
cio

v = R eq i + E * .

(38)

La (38) la caratteristica del bipolo NL. Essa coincide con la caratteristica del generatore reale di
tensione.
Si consideri ora la caratterizzazione su base tensione e si assuma che il circuito di figura 21b
ammetta una e una sola soluzione per ogni valore di v. Il lettore dimostri, applicando la
sovrapposizione degli effetti, che la relazione tra la corrente i e la tensione v vale

i = G eq v + J * ,

(39)
*

dove G eq la conduttanza equivalente del bipolo NL quando tutti i generatori sono spenti e J la
corrente nel terminale 1 quando il bipolo NL collegato a un corto circuito.
Quando R eq 0 e G eq 0 le relazione (38) e (39) sono invertibili e quindi il bipolo pu essere
caratterizzato sia in tensione che in corrente e valgono le relazioni

R eq =

1
E*
, J* =
.
G eq
R eq

(40)

Utilizzando la seconda delle (40) possibile determinare la resistenza equivalente di Thvenin dalla
*

tensione a vuoto E * e dalla corrente di corto circuito J . Questo un risultato assai interessante dal

162

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

punto di vista pratico, perch consente di determinare il circuito equivalente di un sistema elettrico
assimilabile a un bipolo attraverso due misure (la misura della tensione vuoto e la misura della
corrente di corto circuito).
Il lettore provi a individuare dei casi in cui R eq = 0 o G eq = 0 ; pu anche accadere che
*
*
E = 0 e / o J = 0 , pur essendovi dei generatori.

Teorema di Thvenin-Norton
Si assuma che il circuito ottenuto collegando il bipolo resistivo lineare NL a un generatore
ideale di corrente ammetta una e una sola soluzione. Allora NL pu essere rappresentato
attraverso il generatore (reale) equivalente di tensione

dove:

R eq , detta resistenza equivalente di Thvenin, la resistenza equivalente del bipolo NL,


dopo avere spento tutti i generatori ideali all'interno di NL;
E*, detta tensione di circuito aperto, (o tensione a vuoto), la tensione fra i terminali 1 e
2 di NL quando esso collegato a un circuito aperto.
Si assuma che il circuito ottenuto collegando il bipolo resistivo lineare NL a un generatore
ideale di tensione ammetta una e una sola soluzione. Allora NL pu essere rappresentato
attraverso il generatore (reale) equivalente di corrente

dove:

Geq , detta conduttanza equivalente di Norton, la conduttanza equivalente del bipolo NL,
dopo avere spento tutti i generatori all'interno di NL;
J*, detta corrente di corto circuito, la corrente nel terminali 1 di NL quando esso
collegato a un corto circuito.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

163

In conclusione possiamo sostituire qualsiasi parte di un circuito, assimilabile a un bipolo resistivo


lineare con generatori indipendenti, con due soli elementi circuitali, o un generatore reale di tensione
oppure un generatore reale di corrente, senza influenzare la soluzione della restante parte del circuito.
Esempio
2

Si determini nel circuito illustrato in figura 23a la potenza assorbita dal resistore R4, p4 = R 4 i 4 .
In questo caso la corrente i4 non pu essere determinata solo attraverso le equivalenze serie e
parallelo e le formule dei partitori, perch vi sono delle connessioni tipo triangolo o tipo stella.

Figura 23 Circuito in esame (a) e circuito equivalente ottenuto applicando Thvenin (b).

Figura 24

Bipolo resistivo lineare NL (a) e bipolo resistivo lineare NL con il generatore spento
(b).

Il calcolo di i4 pu essere semplificato notevolmente se si usa il generatore equivalente di tensione


per rappresentare la parte del circuito racchiusa dalla linea tratteggiata in figura 23a. In figura 23b
rappresentato il circuito equivalente ottenuto applicando Thvenin. Bisogna determinare i parametri
E* e Req.
- Calcolo di E*
Per calcolare E* bisogna risolvere il circuito di figura 24a. Questo circuito pu essere risolto con
l'equivalenza serie e parallelo e le formule dei partitori. Il resistore R3 in serie con R5; la serie
R3_R5 a sua volta in parallelo con R1; questo parallelo , infine, in serie con R2. Quindi la
resistenza equivalente R, che vede il generatore E, vale

164

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

R=

R1 (R 3 + R 5 )
+ R 2 = 6. 4 .
R1 + R3 + R5 )

La corrente i data da i = E / R = 1. 5625 . Per determinare E* basta conoscere la corrente i5. Infatti
*
applicando la seconda legge di Kirchhoff si ottiene E = E R 5 i5 . La corrente i5 pu essere
determinata utilizzando il partitore di corrente. Si ottiene
i5 = i

R1
= 0.625 .
R1 + R3 + R 5

Quindi abbiamo E * = E R 5 i5 = 7. 5 .
- Calcolo di Req.
Per calcolare Req si possono applicare le equivalenze serie e parallelo al bipolo illustrato in figura
24b. Il resistore R1 in parallelo con R2; il parallelo R1_R2 a sua volta in serie con R3; questa serie
, infine, in parallelo con R5. Quindi la resistenza equivalente Req vale

R eq

RR

R 5 1 2 + R 3
R1 + R 2

=
= 2.
R1 R 2
R5 +
+ R3
R1 + R 2

Ora possibile calcolare la corrente i4. Si ha


*

i4 =

E
1. 875.
R eq + R 4

La potenza assorbita dal resistore R4 vale p 4 = R 4 i 24 7. 0 .


Il lettore determini la potenza erogata dal generatore di tensione del circuito effettivo,
rappresentato in figura 23a. Essa non coincide con quella erogata dal generatore di tensione del
circuito equivalente rappresentato in figura 23b. Perch?
Esempio
Si determini nel circuito illustrato in figura 25 la tensione del diodo.

Figura 25

165

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il calcolo di v pu essere semplificato notevolmente se si usa di nuovo il generatore equivalente di


tensione per rappresentare la parte del circuito racchiusa dalla linea tratteggiata in figura 25a. In
figura 25b rappresentato il circuito equivalente ottenuto applicando Thvenin.

Figura 26
La tensione a vuoto e la resistenza equivalente valgono E * = 3 , R eq = 20 . Pertanto la tensione v
deve verificare l'equazione non lineare

v + 20g(v) = 3 ;
9

si assuma per il diodo la caratteristica g(v) = 10 [exp(v / 0.05) -1] , (diodo esponenziale).
L'equazione non lineare pu essere risolta per via grafica (figura 27): y = (3 v ) / 20 la
caratteristica del bipolo resistivo lineare (la retta di carico), e y = g(v) l'equazione costitutiva del
diodo. La soluzione v 0.9 e i 0.1. Il lettore risolva l'equazione non lineare utilizzando, anche, il
metodo di Newton-Raphson.

0,20

0,15

(A) 0,10

0,05

0
0
Figura 27

0,2

0,4 v (V) 0,6

0,8

166

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

5.3 Teoremi di reciprocit


Esistono tre forme diverse della propriet di reciprocit.
Prima forma della propriet di reciprocit
Si consideri un circuito resistivo lineare e due lati a e b. Di questo circuito si considerino due
versioni distinte, il circuito N', in cui il lato a un generatore di tensione con tensione E a e il lato
b un corto circuito e l'altro N", in cui il lato b un generatore di tensione E b e il lato a un
corto circuito (figura 28; su ogni bipolo stata fatta la convenzione dell'utilizzatore). Nel
rettangolo rappresentata la parte del circuito costituita da soli resistori lineari: essa la stessa per
entrambi i circuiti, cio i resistori sono gli stessi resistori e sono collegati allo stesso modo; si indichi
con NR il numero di resistori.

Figura 28
Allora vale la relazione

i b
i
= a .
E a E b

(41)

Dimostrazione
I circuiti N' e N" hanno lo stesso grafo, quindi possibile applicare la conservazione delle potenze
virtuali. Si considerino le potenze virtuali ottenute prendendo le tensioni del circuito N' e le correnti
del circuito N". Per esse si ottiene
NR

E a i a + vj i j = 0 ,

(42)

j=1

perch la potenza virtuale v b i b assorbita dal lato b uguale a zero. Si considerino, ora, le potenze
virtuali ottenute prendendo le correnti del circuito N' e le tensioni del circuito N". Per esse si ottiene
NR

E bi b + vji j = 0 ;
j=1

(43)

167

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

la potenza virtuale v ai a assorbita dal lato a uguale a zero.


NR

NR

j=1

j=1

I termini vji j e vji j rappresentano le potenze virtuali assorbite dai resistori. Essi sono eguali
perch i resistori sono lineari. Infatti, utilizzando le equazioni costitutive dei resistori lineari, si ha

v j = R j ij e v j = R ji j ,

(44)

e quindi si ha l'identit
NR

NR

NR

NR

j=1

j=1

j=1

j=1

vji j = R j i j i j = R j iji j = vji j .

(45)

Dalle (42), (43) utilizzando la (45) si ottiene immediatamente la (41).


Alla propriet (41) possibile dare questa interpretazione. Nel circuito N' possibile considerare
la tensione E a del generatore di tensione collegato ai nodi 1 e 1' come causa e come effetto la
corrente i b nel corto circuito collegato ai nodi 2 e 2'; invece nel circuito N" si ha una situazione
completamente duale. Allora il rapporto tra effetto e causa nel circuito N' uguale al rapporto tra
effetto e causa nel circuito N".
Osservazione
La relazione (45) non vale quando i resistori sono non lineari; ad esempio, per resistori non lineari
controllati in tensione si ha, in generale, g( vi ) vi g( vi ) vi . La (45) non vale nemmeno se i bipoli
sono lineari e dinamici. Ad esempio se nel lato k-esimo c' un condensatore si ha

Ci

dvi
dv
v i Ci i vi .
dt
dt

Seconda forma della propriet di reciprocit

Figura 29

Si consideri, ora, il caso in cui il lato a del circuito N' un generatore di corrente con corrente
J a e il lato b un circuito aperto; invece nel circuito N" il lato b un generatore di corrente J b

168

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

e il lato a un circuito aperto (figura 29; su ogni bipolo stata fatta sempre la convenzione
dell'utilizzatore). Allora vale la relazione

v b v a
.
=
J a J b

(46)

I lettore dimostri la (46) utilizzando, ancora, la conservazione delle potenze virtuali.


Terza forma della propriet di reciprocit
Si consideri, ora, il caso in cui il lato a del circuito N' un generatore di tensione con tensione
E a e il lato b un circuito aperto; invece il lato b del circuito N" un generatore di corrente con
corrente J b e il lato a un corto circuito (figura 30; su ogni bipolo stata fatta sempre la
convenzione dell'utilizzatore).

Figura 30
Allora vale la relazione

vb
i
= a .
E a
Jb

(47)

I lettore dimostri la (47) utilizzando sempre la conservazione delle potenze virtuali.

5.4 Teoremi di non amplificazione


5.4.1 Teorema di non amplificazione delle tensioni
Si consideri un circuito costituito da un solo bipolo attivo e da resistori strettamente passivi (i
resistori possono essere non lineari). Allora, la tensione dell'unico bipolo attivo , in valore
assoluto, la pi grande tra tutte le tensioni del circuito.

Dimostrazione

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

169

Innanzi tutto si scelga il riferimento per la tensione va dell'unico bipolo attivo in modo tale che
essa sia positiva e si indichino i nodi ai quali esso collegato cos come indicato in figura 31a
(questa solo un'ipotesi di lavoro). Si consideri un generico nodo del circuito (diverso dai nodi 1 e
n) e lo si indichi con s. Si scelgano i riferimenti per i versi delle correnti dei bipoli collegati con
il nodo s come quelli illustrati in figura 31b: il riferimento per il verso di i js quello che va dal
nodo j al nodo s. La scelta di questi riferimenti per i versi delle correnti anche essa un'ipotesi di
lavoro (la tesi del teorema non dipende dai riferimenti scelti; se si scelgono i riferimenti in questo
modo pi semplice dimostrarla).

Figura 31
Applicando la prima legge di Kirchhoff al nodo s si ha

i js = 0 ,

(48)

dove la sommatoria estesa a tutti i lati connessi al nodo s. Dalla (48) segue necessariamente che:
(i) o tutte le correnti sono nulle;
(ii) oppure alcune sono positive, altre sono negative e altre nulle.
Escludiamo per ora la prima possibilit. Allora si ha almeno una corrente positiva e un'altra negativa
con i riferimenti scelti per i versi delle correnti; si assuma

i ls > 0,
i ms < 0 .

(49)
(50)

Siccome tutti i bipoli collegati al nodo s sono statici e strettamente passivi, si ha

pls = i ls vls > 0,


pms = v ms i ms > 0 .

(51)
(52)

Dalle (49)-(52) si ottiene

v ls = e l e s > 0,
v ms = e m e s < 0 ,

(53)
(54)

dove e m ,e s ed el sono i potenziali dei nodi m, s e l. Dalle relazioni (53) e (54) si ottiene che
il potenziale del nodo s non n il pi grande e n il pi piccolo dell'insieme dei potenziali nodali
e1 ,e 2 ,...,e n del circuito. Se invece tutte le correnti che interessano il nodo s fossero nulle, essendo

170

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i bipoli strettamente passivi, avremmo che tutte le tensioni sarebbero nulle. Anche in questo caso il
potenziale del nodo s non n il pi grande e n il pi piccolo dell'insieme dei potenziali nodali
e1 ,e 2 ,...,e n del circuito. Ci vale per ogni nodo interno al circuito di resistori strettamente passivi.
L'insieme dei potenziali e1 ,e 2 ,...,e n un insieme finito e limitato. Pertanto esso deve ammettere
necessariamente un massimo e un minimo. Siccome il potenziale di qualsiasi nodo diverso da 1 e
n non pu essere n il massimo e n il minimo, allora e1 il potenziale massimo ed e n il
potenziale minimo (perch si assunto

e1 e n = v a 0 ). Quindi possibile ordinare i nodi in

modo tale da avere per i potenziali la relazione d'ordine

e1 e2 ... e n-1 e n .

(55)

Dunque la tensione sull'unico bipolo attivo la pi grande, in valore assoluto, tra tutte quelle del
circuito.
Osservazione
La relazione (55) potrebbe non valere se ad uno stesso nodo fossero collegati solo bipoli passivi (e
non strettamente passivi), come, ad esempio, circuiti aperti. Qualora ci accadesse si potrebbero
avere tensioni sui bipoli circuito aperto, in valore assoluto, pi grandi di quella dell'unico bipolo
attivo. L'esempio pi semplice costituito da due condensatori in serie in funzionamento stazionario
(ricordiamo che il condensatore in funzionamento stazionario si comporta come un circuito aperto).
La relazione (55) non vale neanche per i bipoli dinamici passivi. Ad esempio per un condensatore
con capacit positiva, pur essendo passivo, il segno della potenza assorbita pu essere in alcuni istanti
positivo e in altri negativo, a seconda se sta aumentando o diminuendo l'energia in esso
immagazzinata.
5.4.2 Teorema di non amplificazione delle correnti
Si consideri un circuito costituito da un solo bipolo attivo e da resistori strettamente passivi (i
resistori possono essere non lineari). Allora, la corrente dell'unico bipolo attivo , in valore
assoluto, la pi grande tra le correnti del circuito.
Dimostrazione
Innanzi tutto si assuma, come ipotesi di lavoro, positiva la corrente nell'unico bipolo attivo (con il
riferimento e il verso indicato in figura 32a, cio

ia > 0.

(56)

Poi si scelgano i versi di riferimento delle correnti nei resistori passivi in modo tale che siano
orientati dal nodo a potenziale pi alto a quello a potenziale pi basso. Si consideri, ad esempio, un
circuito con il grafo orientato illustrato in figura 32.
Si consideri la corrente ik che circola nel k-esimo resistore strettamente passivo. facile verificare
che esiste sempre un insieme di taglio cos costituito: il lato attivo, il k-esimo lato strettamente
passivo e lati corrispondenti ad altri bipoli strettamente passivi. Si indichi con ih la corrente che

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

171

circola nel generico resistore di questo secondo insieme di bipoli. L'insieme di taglio, cos definito,
partiziona i nodi i due sottoinsiemi: l'insieme dei nodi in alto e l'insieme dei nodi in basso.
Applicando a esso la prima legge di Kirchhoff, si ottiene

ia = ik + ih .

(57)

Figura 32
Ad esempio applicando la (57) al grafo illustrato in figura 32, si ha:
- per l'insieme di taglio costituito dal lato attivo e dai lati 1, 2 e 3

i a = i1 + i 2 + i 3 ;

(58)

- per l'insieme di taglio costituito dal lato attivo e dai lati 4, 5 e 6

ia = i4 + i5 + i6 ;

(59)

- per l'insieme di taglio costituito dal lato attivo e dai lati 4, 7 e 8

ia = i4 + i7 + i8 .

(60)

Per costruzione, i potenziali dei nodi in alto sono pi grandi dei potenziali dei nodi in basso,
quindi per le tensioni sui resistori passivi si ha
vk 0

k =1, 2, ... .

(61)

Siccome tutti i resistori sono strettamente passivi, deve essere


pk = vk i k > 0

k =1, 2,.. . ;

(62)

la potenza assorbita nulla solo quando sia la tensione v k che la corrente i k sono nulle. Dalla (61) e
(62) segue immediatamente che, la corrente in ogni lato strettamente passivo non pu mai essere
negativa, cio deve essere
ik 0

k = 1,2,. .. .

(63)

172

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Siccome nella (57), (e nelle (58), (59) e (60)), tutti i termini a destra sono non negativi, deve valere la
relazione
ia ik 0

k = 1, 2, ... .

(64)

Osservazione
La relazione (64) stata ottenuta assumendo che i resistori siano strettamente passivi. Cosa accade,
se, ad esempio, nel circuito vi sono anche corto circuiti? La potenza assorbita da un corto circuito
sempre uguale a zero, pur essendo la corrente diversa da zero e quindi non strettamente passivo. Si
assuma, ad esempio, che il lato 5 del circuito rappresentato in figura 32 sia un corto circuito. Se il lato
6 strettamente passivo, allora la corrente i6 uguale a zero. Inoltre dalla (60) segue che la corrente
i4 minore, al pi uguale a ia. Quindi dalla (59) si ha che anche la corrente che circola nel corto
circuito i5 minore, al pi uguale a ia.
Si assuma, ora, che vi siano due corto circuiti in parallelo, ad esempio il lato 5 e il lato 6. In questo
caso i5 e i6 potrebbero essere pi grandi, in valore assoluto, di ia; nella maglia costituita dai bipoli 5
e 6 potrebbe circolare una corrente arbitraria (l'esempio pi semplice costituito da due induttori in
parallelo in funzionamento stazionario).

CAPITOLO 6

ELEMENTI CIRCUITALI A PI TERMINALI

6.1 Elementi circuitali con pi di due terminali. Circuiti di N-poli


Sebbene i bipoli siano gli elementi circuitali pi comuni, esistono numerosi elementi circuitali con
N terminali (ad esempio, quelli che rappresentano i transistori, l'amplificatore operazionale, il
trasformatore, figure 1a, 1b e 1c). Un elemento a N terminali pu essere anche un circuito costituito
da soli bipoli, ad esempio da resistori (figura 1d). Il funzionamento di questi elementi verr descritto
in questo capitolo.

Figura 1

Transistore npn (a), amplificatore operazionale (polarizzato) (b), induttori accoppiati


(trasformatore) (c) e quadripolo di resistori (d).

In questo paragrafo vengono affrontati questi due problemi:


(a) come si estendono le leggi di Kirchhoff a un circuito costituito anche da elementi con pi di due
terminali?
(b) come si caratterizza un elemento con N terminali?
A un elemento con N terminali si d il nome di N-polo. Il funzionamento di un N-polo descritto,
come nel caso del bipolo, attraverso le relazioni tra le storie temporali delle tensioni tra i terminali e
delle correnti nei terminali. Merita tuttavia una breve discussione il modo in cui possono essere scelte
tali correnti e tali tensioni. Per non appesantire l'esposizione si faccia riferimento all'esempio
descritto in figura 2: esso rappresenta un circuito elettrico costituito da due bipoli e da un componente
con tre terminali (a un elemento con tre terminali si d il nome di tripolo).

174

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Un componente con tre terminali caratterizzato dalle tre correnti i1  i2 e i 3 e dalle tre tensioni
v13  v21 e v23 , e il funzionamento descritto dalle relazioni tra le storie temporali delle

v13  v21 e v23 e delle i1  i2 e i 3 . Queste relazioni dipendono tutte dalla costituzione fisica del
componente? La risposta no. Ora verr mostrato che le tre correnti i1  i2 e i 3 non sono tra loro
indipendenti, e cos anche le tre tensioni v13  v21 e v23 .
Come per i circuiti costituiti da soli componenti a due terminali, valgono (in forma approssimata)
nella regione esterna alle superfici limite di ogni componente le leggi

- QdS = 0 ,
( Wdl = 0 ,

(1)
(2)

dove e siano, rispettivamente, una superficie e una linea chiuse, che non taglino nessuna
superficie limite. Si applichi la (1) a una superficie chiusa che racchiuda il componente a tre
terminali. Si ottiene ( i h la corrente nel terminale h e il riferimento per il verso la freccia che
punta verso la superficie limite):

i1 + i 2 + i 3 = 0 .

(3)

Come nel caso dei componenti a due terminali, le tre correnti i1  i2 e i 3 non sono tra loro
indipendenti: solo due lo sono (nel caso di un componente a due terminali solo una corrente
indipendente).

Figura 2 Un circuito costituito da due bipoli e un tripolo.


Si applichi, ora, la (2) a una linea chiusa che passi per i morsetti del tripolo. Si ottiene ( v ij la
tensione tra il terminale i e il terminale j e il riferimento per il verso la freccia che punta verso
il terminale i)

v13 + v21 v 23 = 0 .

(4)

Quindi anche le tre tensioni v13  v21 e v23 non sono indipendenti: solo due lo sono (il componente a
due terminali caratterizzato da una sola tensione).
Allo scopo di individuare un insieme di correnti e tensioni indipendenti, tra tutti i terminali del
componente se ne scelga uno di riferimento; nell'esempio considerato viene scelto il terminale 3
come terminale di riferimento. A esso si attribuisca il nome di terminale comune. Si considerino le
correnti i1  i2 negli altri 2 terminali. Esse sono indipendenti, cio nessuna di esse deducibile dalle
altre mediante la legge per le correnti (1). Esse inoltre soddisfano la condizione di completezza.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

175

Considerata infatti la corrente nel terminale comune, essa pu essere espressa in funzione delle altre
due attraverso la relazione

i 3 = i1 i 2 .

(5)

Si considerino, poi, le tensioni tra ciascuno dei terminali diversi da quello comune e quest'ultimo,
orientate secondo le frecce che procedono da quello comune agli altri terminali. Esse sono
indipendenti, cio nessuna di esse deducibile dalle altre mediante la legge per le tensioni (2). Esse
inoltre soddisfano la condizione di completezza. La tensione tra due terminali diversi da quello
comune pu essere espressa in funzione delle altre due attraverso la relazione

v 21 = v23 v13 .

(6)

Tenendo conto dei vincoli imposti dalle (5) e (6), il tripolo completamente descritto dalle due
correnti i1  i2 e dalle due tensioni v13 , v23 . Le correnti i1  i2 sono le correnti descrittive del
componente e le tensioni v13 , v23 sono le tensioni descrittive (l'insieme delle correnti e delle
tensioni descrittive dipende dalla scelta del terminale comune). L'unione di questi due insiemi di
grandezze in grado di caratterizzare univocamente il componente e consente, inoltre, la
determinazione di tutte le altre: esso costituisce un insieme minimo fondamentale. (Un bipolo ha una
sola corrente e una sola tensione descrittiva).
Il funzionamento di un tripolo descritto attraverso due relazioni indipendenti tra le correnti e le
tensioni descrittive: solo esse dipendono dalla costituzione fisica dell'oggetto e costituiscono le
relazioni costitutive del componente. Nei paragrafi successivi verranno descritte le relazioni
costitutive di alcuni N-poli.
Si consideri, ora, un componente con N terminali (figura 3). Per la legge delle correnti (1) solo
(N1) correnti del N-polo sono indipendenti: la restante corrente legata alle altre attraverso la (1).
Le tensioni di un N-polo sono N N 1 . Per la legge delle tensioni (2) solo (N1) tensioni sono
indipendenti, le altre sono legate a quelle indipendenti attraverso la (2). Si ordinino (ad arbitrio) i
terminali attraverso i numeri naturali che vanno da 1 a N e, si scelga il terminale N come terminale
comune. Allora le correnti e le tensioni descrittive sono, rispettivamente,

i1 , i2  ..., i N-1 ,
v1N , v2N  ..., vN-1N ;

i h la corrente nel h-esimo terminale e v hN la tensione tra il terminale h e il terminale comune


N. La corrente i N nel terminale comune vale
N1

iN = ih ,

(7)

h=1

e la tensione v hk tra il terminale h e il terminale k (con h e k diversi da N) vale

v hk = v hN vkN .

(8)

176

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il funzionamento di un N-polo descritto da (N1) relazioni tra le correnti e le tensioni descrittive,


che dipendono solo dalla costituzione fisica del componente che l'elemento rappresenta. L'insieme di
queste relazioni costituiscono le relazioni costitutive dell'N-polo.

Figura 3

Caratterizzazione dell'N-polo attraverso le correnti e le tensioni descrittive; N il


terminale comune.

Una volta scelto il terminale comune e quindi l'insieme delle correnti e delle tensioni descrittive,
possibile associare a questo insieme un grafo orientato. Si consideri dapprima il tripolo illustrato in
figura 2 e si scelga il terminale 3 come terminale comune (figura 4a). Si costruisca il grafo a stella
ottenuto collegando i morsetti 1 e 2 a quello comune 3; i due lati sono orientati in modo tale
che le frecce confluiscano nel morsetto comune e quindi siano concordi con i riferimenti per i versi
delle correnti descrittive. A ogni lato si associno la corrente e la tensione descrittive, corrispondenti.
La freccia dell'arco riferita alla corrente e gli estremi dell'arco alla tensione. Si pu dare una
immagine concreta a queste correnti e tensioni, pensandole come le correnti e le tensioni di bipoli
fittizi collegati ai morsetti secondo gli archi del grafo (su ogni lato viene fatta la convenzione
dell'utilizzatore). In questa rappresentazione non compaiono la corrente nel terminale comune e la
tensione tra i terminali 1 e 2. Ricordiamoci che esse possono essere determinate dalle correnti e
tensioni descrittive attraverso le (3) e (4).

Figura 4 grafo del tripolo (a), dell'N-polo (b) e del circuito di figura 2a.

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177

Ogni volta che in un circuito figurino uno o pi componenti con N terminali, il grafo del circuito pu
essere costruito operando al solito modo per ci che riguarda i bipoli, e sostituendo al componente
con N terminali uno schema del tipo riportato in figura 4b; il terminale N stato scelto come
terminale comune (eliminando con ci la corrente nel terminale comune e le tensioni tra le coppie di
terminali diversi da quello comune). In figura 5c riportato il grafo del circuito rappresentato in
figura 2.
A questo punto possiamo estendere le leggi di Kirchhoff a un circuito costituito da bipoli e Npolo.
Equazioni di Kirchhoff per un circuito costituito da N-poli
Si consideri un circuito elettrico costituito da N-poli e si costruisca il grafo orientato
corrispondente. Le correnti descrittive del circuito devono verificare la legge di Kirchhoff per
le correnti per ogni nodo del grafo e le tensioni descrittive devono verificare la legge di
Kirchhoff per le tensioni per ogni maglia del grafo.
La legge di Kirchhoff per le correnti discende dalla (1) e quella per le tensione discende dalla (2).
Per un circuito costituito da N-poli valgono tutte le propriet delle equazioni di Kirchhoff che sono
state illustrate fino ad ora. Le equazioni di Kirchhoff possono essere espresse attraverso la matrice di
incidenza e la matrice di maglia fondamentale. Per un circuito costituito da N-poli possibile
introdurre i potenziali di nodo e le correnti di maglia cos come stato fatto per i circuiti di soli
bipoli e in particolare vale la conservazione delle potenze virtuali (a ciascun lato del grafo dell'Npolo associata una potenza virtuale assorbita).
Esempio
Si scrivano le equazioni di Kirchhoff del circuito illustrato in figura 2.
Un'insieme massimale di equazioni indipendenti per le correnti si ottiene applicando la prima
legge di Kirchhoff ai nodi 1 e 2. Invece un insieme massimale di equazioni indipendenti per le
tensioni si ottiene applicando la seconda legge di Kirchhoff ai due anelli del grafo del circuito (figura
2). Allora si ha
L

+ L4 = 0,

L5 = 0,

13

23

+ Y5 = 0,
Y4 = 0.

A queste equazioni bisogna aggiungere le equazioni costitutive dei due bipoli e le due equazioni
caratteristiche che descrivono il funzionamento del tripolo. In questo modo si ottengono otto
equazioni indipendenti nelle otto incognite i1  i2 , i 4  i 5  v13  v 23 v4 e v 5  Osserviamo ancora
una volta che la corrente i3 e la tensione v12 non appaiono direttamente; esse possono essere
determinate attraverso le relazioni (5) e (6) da quelle descrittive.

178

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

6.2 Potenza elettrica assorbita dallN-polo


Per l'N-polo possibile definire la potenza elettrica assorbita cos come stato fatto per il bipolo
(su ogni lato del grafo associato all'N-polo viene fatta la convenzione dell'utilizzatore). Si scelga il
terminale comune, ad esempio il terminale N. La potenza elettrica assorbita dall'N-polo definita
(attraverso le correnti e le tensioni descrittive), come:
N 1

p = i h v hN .

(9)

h =1

Questa espressione si riduce alla potenza assorbita dal bipolo per N=2.
particolarmente interessante mostrare che la potenza assorbita dall'N-polo indipendente dalla
scelta del terminale comune. Si consideri l'espressione della potenza assorbita che si ottiene
scegliendo un altro terminale come terminale comune, ad esempio il terminale 1. In questo caso si
ha
N
(
p = i h v h1 .

(10)

h =2

Le tensioni descrittive v 21 v 31   vN1 possono essere rappresentate attraverso le tensione
descrittive v1N  v2N    v N-1N . Si ha, allora,

v h1 = v hN v1N

h = 2, 3, ..., N ,

(11)

dove v NN 0 . Sostituendo la (11) nella (10), si ottiene


N
N
N
(
p = i h v hN v1N = i h vhN v1N i h .
h =2

h= 2

(12)

h= 2

Utilizzando la corrispondente della (7) per il terminale comune 1 ( i1 = i h ) e ricordando che


h =2

v NN 0 , si ottiene
N
N1
(
p = i h v hN + i1v1N = i h vhN = p .
h =2

(13)

h=1

Una immediata conseguenza del teorema della conservazione delle potenze virtuali la
conservazione delle potenze elettriche nei circuiti di N-poli.
Conservazione delle potenze elettriche
Per un circuito costituito da N-poli la somma delle potenze elettriche assorbite uguale a zero.
Cosa rappresenta la potenza elettrica assorbita da un N-polo? Nel limite quasi-stazionario la
potenza elettrica assorbita dal N-polo , con buona approssimazione, uguale al flusso del vettore di
Poynting attraverso la superficie limite del componente che l'N-polo rappresenta. Applicando il
teorema di Poynting (vedi Appendice B), si ha (la normale n a punta verso l'interno):

' dv + + % dv .
p = N1
h=1 i h vhN ( + QdS = ( -dv + (

t
t

(14)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

179

A seconda della costituzione fisica del componente prevale un termine piuttosto che un altro nella
(14), come nel caso dei bipoli. Per ogni N-polo, che verr introdotto, saranno descritte le propriet
energetiche.

6.3 Caratterizzazione di un M-porte


Collegando un N-polo ad altri elementi circuitali, le correnti negli N terminali di esso e le tensioni
tra le coppie dei suoi morsetti assumeranno particolari valori. Pu accadere, nel caso in cui N sia
pari, che le correnti indipendenti siano N/2 se l'N-polo collegato soltanto a bipoli o a circuiti che, ai
morsetti, equivalgano a bipoli. In figura 6 vengono illustrati due circuiti in ciascuno dei quali c' il
quadripolo di soli resistori descritto in figura 1d.
Nel circuito descritto in figura 6a le tre correnti i1  i2  e i 3 del quadripolo di resistori sono
indipendenti, mentre nel circuito in figura 6b solo le due correnti i1 e i 2 (o i 3 e i 4 ) sono
indipendenti. Viene allora spontaneo affermare che il quadripolo di resistori nel circuito di figura 6b
un elemento con due porte o doppio bipolo, nel senso che a esso sono collegati due distinti
bipoli (il bipolo un elemento circuitale a una porta).
Le grandezze necessarie a descrivere il funzionamento del doppio bipolo sono le due correnti di
porta i1 e i 2 e le due tensioni di porta v13 e v24 (convenzione dell'utilizzatore per il doppio bipolo).
Il funzionamento del quadripolo di resistori nel circuito di figura 6a pu essere descritto attraverso tre
relazioni indipendenti tra le tre correnti e le tre tensioni descrittive (una volta scelto un terminale
comune). Quando il quadripolo funziona, invece, da doppio bipolo si ha (vedi figura 6b)

i1 = i 3 e i 2 = i 4 .
In questo caso le relazioni costitutive basate sulle correnti e tensioni descrittive (si scelga il terminale
4 come terminale comune), utilizzando la condizione i1 = i 3 , danno due relazioni indipendenti
tra le due correnti i1 e i2 e le due tensioni v1 e v2 di porta.

Figura 6
Definizione: doppio bipolo

180

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Un doppio bipolo un elemento circuitale con quattro terminali, associati a due a due, in modo tale
da costituire due porte (figura 7a). Ogni porta caratterizzata dalla corrente e dalla tensione di porta.
Un doppio bipolo ha due correnti e due tensioni di porta. Il funzionamento di un doppio bipolo
descritto attraverso due relazioni indipendenti tra le due correnti e le due tensioni di porta.
Definizione: M-porte
Un M-porte un elemento con 2M terminali messi in evidenza, associati a due a due, in modo tale
da costituire M porte (figura 7b). Le grandezze che caratterizzano l'M-porte sono le M correnti e le M
tensioni di porta.
Il funzionamento di un M-porte descritto attraverso M relazioni indipendenti tra le correnti e le
tensioni di porta.

Figura 7

M-porte con M=2 (doppio bipolo) (a) e con M=4 (b) e relativi grafi.

Ci sono componenti che funzionano intrinsecamente come un doppio bipolo, cio per essi
possibile raggruppare i 4 terminali in 2 coppie, per ciascuna delle quali la somma delle correnti
zero, indipendentemente dal modo in cui inserito in un circuito; un esempio molto importante il
trasformatore.
Il grafo di un doppio bipolo pu essere rappresentato da due lati e quattro nodi come illustrato in
figura 7a; in figura 7b riportato il grafo di un M-porte con M=4: esso ha 4 lati e otto nodi. Il grafo
di un doppio bipolo, e pi in generale di un M-porte, consta di lati non connessi; ci implica che le
tensioni e le correnti di porta non sono correlate tra loro attraverso le equazioni di interconnessione,
ma tramite le equazioni costitutive. Pertanto i circuiti con M-porte hanno grafi non connessi.

181

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La potenza elettrica assorbita da un M-porte data da


M

p = ihv h ,

(15)

h =1

cio uguale alla somma delle potenze assorbite da ciascuna porta (su ogni porta viene fatta la
convenzione dell'utilizzatore). La (15) discende direttamente dall'espressione della potenza elettrica
assorbita dall'elemento a 2M terminali, definita dalla (9), e dalle relazioni tra le correnti descrittive
imposte dalla condizione di funzionamento che caratterizza l'M-porte. Si ordinino i terminali in modo
tale da avere

i h = i h+ M h = 1, 2, ..., M ,

(16)

e si scelga il terminale 2M come terminale comune. Allora la potenza elettrica assorbita dall'2Mpolo vale (si ponga v 2M2 M 0 ):
2M 1

h=1
M 1

h =1

p = i h vh2M = i h vh2M +

2M 1

i h vh2M
h =M +1

=
M

(17)

i h v h2M v h+ M2M + iM v M2M = i h vh2M v h+ M 2M 

h=1

h =1

Ricordando che le tensioni di porta vh sono legate alle tensioni descrittive attraverso la relazione

v h = vh2M v h+ M2M ,

(18)

si ottiene la (15).

6.4 Il transistore bipolare e lamplificatore operazionale


Esistono numerosi elementi circuitali con pi di due terminali che sono di estrema importanza
nella creazione di modelli e nella rappresentazione di propriet particolari dei dispositivi fisici. Gli
elementi circuitali di tipo statico sono quegli elementi il cui funzionamento descritto attraverso
relazioni di tipo istantaneo tra le correnti e le tensioni descrittive o tra le correnti e le tensioni di
porta. In questo paragrafo illustreremo brevemente le relazioni costitutive del transistore bipolare e
dell'amplificatore operazionale. Nei prossimi paragrafi verranno descritti i generatori controllati, il
trasformatore ideale e il giratore e infine verranno caratterizzati gli N-poli e gli M-porte costituiti da
soli resistori lineari e generatori ideali (i cosiddetti N-poli e M-porte resistivi).
Negli N-poli statici sono trascurabili gli effetti dovuti ai fenomeni di induzione magnetoelettrica e
elettromagnetica rispetto a quelli dovuti alla conduzione elettrica. Quindi vale la relazione
(approssimata):
N1

p t = i h v h = c ( -d Y ,

(19)

h=1

cio la potenza elettrica assorbita uguale al lavoro per unit di tempo compiuto dal campo elettrico
E sulle cariche in moto, che danno luogo al campo di corrente J. Negli N-polo passivi statici questo

182

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

lavoro si trasforma in energia termica (parte uscir dalla superficie limite sotto forma di calore e la
restante parte d luogo a un incremento dell'energia interna del componente e quindi a un
innalzamento della temperatura) e la potenza assorbita sempre positiva. Negli N-polo attivi statici il
lavoro del campo elettrico , almeno in parte, uguale all'opposto del lavoro del campo elettromotore e
quindi la potenza assorbita pu essere negativa.
- Il transistore bipolare
Il transistore bipolare ideale un tripolo (cio un elemento a tre terminali), statico non lineare e
tempo invariante. In figura 8 viene illustrato il simbolo del transistore bipolare npn e del transistore
bipolare pnp. In questa breve descrizione del transistore bipolare si far esplicito riferimento a quello
di tipo npn. Al momento opportuno verranno messe in evidenza le differenze sostanziali tra i due tipi.
Ogni terminale del transistore ha un nome, che ricorda la parte del dispositivo fisico (del quale il
tripolo in esame il modello) a cui il conduttore terminale collegato.

Figura 8 Simbolo del transistore bipolare npn (a) e pnp (b).

Figura 9
Per caratterizzare il funzionamento del transistore bisogna scegliere un terminale comune. Sono
possibili tre scelte: caratterizzazione a base comune (il terminale comune il terminale di base),
caratterizzazione a emettitore comune (il terminale comune il terminale di emettitore) e
caratterizzazione a collettore comune (il terminale comune il terminale di collettore). Qui il
transistore verr caratterizzato attraverso la caratterizzazione a emettitore comune (figura 9).
Questo tripolo pu essere caratterizzato su base tensione (cio considerando le due tensioni
descrittive v be  vce come variabili indipendenti e le due correnti descrittive i b  i c come variabili

183

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dipendenti), o su base corrente (cio considerando le due correnti descrittive i b  i c come variabili
indipendenti e le due tensioni descrittive v be  vce come variabili dipendenti), oppure su base ibrida
(cio considerando, una corrente e una tensione descrittiva, ad esempio, i b  vce , come variabili
indipendenti e l'altra tensione e corrente descrittiva v be  i c come variabili dipendenti).
In pratica i dati misurati sui dispositivi che, l'elemento circuitale in esame rappresenta, sono
solitamente espressi in termini della rappresentazione ibrida

v be = vbe i b  vce 

(20)

i c = i c i b  v ce 
Inoltre, per tradizione, di solito si traccia la caratteristica nel piano
parametro, e nel piano

vce  i c con

vbe  i b con v ce come

i b come parametro, (in figura 10 mostrata una

approssimazione lineare a tratti delle curve caratteristiche).

Figura 10 Approssimazione lineare a tratti delle caratteristiche a emettitore comune di un transistore


npn.
Per ottenere le caratteristiche di un transistore pnp bisogna cambiare il segno delle grandezze
descrittive.
La potenza elettrica assorbita dal transistore bipolare vale

p = i b v be + i c vce .

(21)

Le caratteristiche sia nel piano vbe  i b che nel piano vce  i c passano solo attraverso il primo e
terzo quadrante, quindi le potenze assorbite da ciascuna porta i b v be e ic vce sono positive o
uguali a zero, quindi ciascuna porta si comporta, dal punto di vista energetico, come se fosse un
bipolo passivo. Di conseguenza l'energia elettrica assorbita dal transistore bipolare sempre positiva
e viene trasformata in calore attraverso un effetto simile all'effetto Joule che si osserva nei resistori.
Pertanto il transistore un bipolo passivo e dissipativo.
In un circuito che contiene un solo generatore, bipoli statici passivi e transistori vale ancora la non
amplificazione delle tensioni e delle correnti. Quando in un circuito sono presenti transistori non vale
n la propriet della sovrapposizione degli effetti, n la propriet della reciprocit.
- Lamplificatore operazionale

184

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Lamplificatore operazionale un dispositivo a semiconduttore estremamente complesso.


Per le applicazioni a basse frequenze si comporta come un elemento statico non lineare con
quattro terminali, il cui funzionamento pu essere descritto dalle relazioni approssimate
(figura 11)

i = I 
i+ = I + 
v u = f vi ,

(22)
(23)

dove

E sat
E
f vi = sat vi
E
sat

v i 
v i 

(24)

v i 

e I e I + sono due costanti.

Figura 11

Simbolo dellamplificatore operazionale polarizzato (a) e caratteristica (b).

Commento
Il dispositivo fisico che prende il nome di amplificatore operazionale non coincide con
l'elemento circuitale amplificatore operazionale definito prima. Innanzi tutto il dispositivo fisico ha
pi di quattro terminali. Inoltre, affinch esso funzioni da amplificatore operazionale, cos come
descritto dalla relazione caratteristica (23), deve essere correttamente alimentato (polarizzato)
tramite generatori di tensione costanti; a tale scopo sono previsti due appositi terminali (figura 12).
Oltre ai cinque terminali indicati nella rappresentazione di figura 12, ci possono essere nel dispositivo
fisico terminali aggiuntivi, per consentirne il controllo. Dopo il collegamento alle alimentazioni e al
circuito di controllo, solo tre terminali restano disponibili, pi un quarto terminale connesso al
circuito di alimentazione, cos come illustrato in figura 12. Il dispositivo fisico, cos polarizzato,
rappresentato tramite il simbolo illustrato in figura 11a) e il suo funzionamento descritto dalle
relazioni (22)-(24).

185

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 12

Il dispositivo fisico amplificatore operazionale con i generatori di polarizzazione.

Le correnti I e I + sono tipicamente inferiori a 0.1 mA; ad esempio per il A740 I e I + sono
uguali a 0.1 mA, mentre per il A741 sono uguali a 0.1 nA. In considerazione dei valori tipici di
I e I + , la precisione si riduce di poco assumendo

I = I + = 0

(25)

L'amplificatore operazionale, con l'assunzione (25), un elemento che funziona intrinsecamente


come un doppio bipolo: la corrente della porta di ingresso nulla e quella della porta di uscita
indipendente dalle tensioni di ingresso v i e di uscita v u . La porta di uscita si comporta come se fosse
un generatore di tensione controllato dalla tensione della porta di ingresso. La potenza elettrica
assorbita dall'amplificatore operazionale vale ( possibile trascurare la potenza assorbita dalla porta
di ingresso) p = i u v u . Essa pu essere positiva o negativa, a seconda del circuito in cui
l'amplificatore inserito. Pertanto l'amplificatore operazionale polarizzato un doppio bipolo
attivo. Si ricorda che l'amplificatore operazionale non polarizzato un componente passivo; questa
la ragione per cui la tensione di uscita dell'amplificatore operazionale polarizzato non pu essere, in
valore assoluto, pi grande della tensione di alimentazione.
Per un amplificatore operazionale il parametro A = Esat  , detto guadagno di tensione in anello
aperto, vale tipicamente almeno 100000 (200000 per il A741), quindi la tensione sulla porta d'uscita
molto pi grande della tensione sulla porta di ingresso. La tensione di saturazione E sat vale
tipicamente 2V in meno della tensione di polarizzazione dell'amplificatore operazionale.

In considerazione dei valori tipici di I  I+ e $ la precisione si riduce di poco se si


assume I = I + = 0 e $ = . Tale assunzione semplificativa alla base del modello di
amplificatore operazionale ideale definito dalle equazioni caratteristiche
i = 0
i+ = 0
v u = Esat sgn v i
vi = 0

vi 0

(regioni di saturazione)

- Esat < v u < +Esat ( regione lineare)

(26)

186

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Se l'amplificatore operazionale nel circuito in cui inserito funziona nella regione lineare,
cio la tensione di uscita soddisfa la relazione Esat < v u < +Esat , le relazioni caratteristiche
diventano:
L

=0

=0
= 0

(27)

Di conseguenza, si pu pensare al modello lineare dell'amplificatore ideale come a un doppio


bipolo costituito da un nullatore e da un noratore: la porta in ingresso di un amplificatore
operazionale lineare si comporta come se fosse un nullatore, cio nulla sia la corrente che la
tensione, mentre la porta di uscita si comporta come se fosse un noratore perch la corrente e
la tensione possono essere qualsiasi. Il modello lineare dell'amplificatore operazionale un
doppio bipolo non reciproco e attivo.

6.5 Generatori controllati lineari


Finora si sono incontrati generatori di tensione e di corrente indipendenti (per i quali le tensioni e
le correnti sono, rispettivamente, assegnate). Ora saranno introdotti altri tipi di generatori, detti
generatori pilotati (o controllati): i generatori pilotati lineari. Si tratta di doppi bipoli ideali, statici
e lineari, nei quali una delle grandezze - tensione o corrente - ad una delle due porte funzione

- nel caso lineare direttamente proporzionale - di una delle grandezze all'altra porta.
Considerando tutte le possibili combinazioni si hanno i seguenti elementi.
Generatore di tensione controllato in tensione
Il generatore di tensione controllato in tensione un doppio bipolo lineare definito dalle relazioni
costitutive (figura 13a)
i1=0,

(28)

v2=v1,

(29)

dove una costante detta rapporto di trasferimento di tensione. La porta 1 equivalente a un


circuito aperto e la porta 2 equivalente a un generatore di tensione che impone una tensione

dipendente linearmente dalla tensione sulla porta 1.


Generatore di tensione controllato in corrente
Il generatore di tensione controllato in corrente un doppio bipolo lineare definito dalle relazioni
costitutive (figura 13b)
v1=0,

(30)

v2=ri1,

(31)

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187

dove r una costante, che prende il nome di transresistenza. La porta 1 equivalente a un corto
circuito e la porta 2 equivalente a un generatore di tensione che impone una tensione

dipendente linearmente dalla corrente che circola nella porta 1.

Figura 13

Simboli dei quattro tipi di generatori pilotati lineari.

Generatore di corrente controllato in tensione


Il generatore di corrente controllato in tensione un doppio bipolo lineare definito dalle relazioni
costitutive
i1=0,

(32)

i2=gv1,

(33)

dove g una costante, che prende il nome di transconduttanza. La porta 1 equivalente a un


circuito aperto e la porta 2 equivalente a un generatore di corrente che impone una corrente

dipendente linearmente dalla tensione della porta 1.


Generatore di corrente controllato in corrente
Il generatore di corrente controllato in corrente un doppio bipolo lineare definito dalle relazioni
costitutive
v1=0,

(34)

i2=i1,

(35)

dove una costante, che prende il nome di rapporto di trasferimento di corrente. La porta 1
equivalente a un corto circuito e la porta 2 equivalente a un generatore di corrente che impone

una corrente dipendente linearmente dalla corrente che circola nella porta 1.
La potenza elettrica assorbita dai generatori controllati pu essere negativa, quindi sono doppi
bipoli attivi. Quando in un circuito ci sono generatori controllati lineari, continua a valere la propriet
della sovrapposizione degli effetti, ma non vale pi la propriet della reciprocit. Il lettore verifichi
questa affermazione.

188

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Anche se i generatori pilotati sono da ritenersi componenti ideali immaginati per


semplificare la rappresentazione circuitale di componenti pi complessi come il transistore o
l'amplificatore operazionale, pur vero che proprio utilizzando lo stesso amplificatore
operazionale possibile realizzare componenti le cui relazioni costitutive approssimano in
maniera soddisfacente i diversi generatori pilotati. Di conseguenza tali dispositivi vengono
spesso utilizzati nei circuiti reali per ottenere effetti particolari. Ad esempio, attraverso un
generatore di tensione controllato in tensione possibile collegare due doppi bipoli in cascata
in modo tale che il funzionamento del primo non risenta della presenza del secondo. Tale
tecnica di separazione un importante strumento nella progettazione dei circuiti elettronici.
Esempio
Consideriamo il doppio bipolo illustrato in figura 14; Ra e Rb sono le resistenze dei due resistori
lineari. Il terminale di uscita dell'amplificatore operazionale collegato a quello invertente
attraverso il resistore di resistenza Ra (questa la cosiddetta configurazione a retroazione negativa).
Si assuma che la tensione di uscita dell'amplificatore operazionale sia, in valore assoluto, inferiore
alla tensione di saturazione. In questa condizione di funzionamento l'amplificatore operazionale si
comporta come se fosse lineare e la relazione tra la tensione di uscita e quella di ingresso (per il
momento assumeremo un guadagno ad anello aperto elevato ma finito)

v u = Avi .

(36)

Siccome la corrente della porta di ingresso dell'amplificatore nulla, nel resistore di resistenza R a
fluisce la corrente i1 e nel resistore di resistenza R b fluisce la corrente i 2 (i riferimenti per i versi
sono illustrati in figura 14). Allora applicando la seconda legge di Kirchhoff si ottengono le seguenti
equazioni
maglia porta 1 _ resistore R b _ porta ingresso AO v1 + R b i2 + vi = 0 ,

(37)

v1 Ra i1 vu = 0 ,
v i + v 2 + R ai 1 = 0 .

(38)

maglia porta 1 _ resistore R a _ porta uscita AO


maglia porta ingresso AO _ porta 2_resistore R a

Figura 14
Sostituendo la (36) nelle (37)-(39) ed eliminando v i , si ottengono le relazioni

(39)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

1
v R i 
1
a 1
A
1
R b i 2 = v1 + v1 Ra i1 
A
Ga v 2 = i1 +

189
(40)
(41)

(dove G a = 1  Ra ). Nel limite di A , le (40) e (41) danno 1

Ga v 2 = i1 
R b i 2 = v1 

(42)
(43)

Se il resistore di resistenza R b un corto circuito ( R b = 0 ), dalle (42) e (43) si ottiene

v1 = 0 v2 = i1  Ga .

(44)

Le (44) sono le equazioni costitutive del generatore di tensione controllato in corrente; in questo caso
r = 1  Ga . Il segno del coefficiente r pu essere cambiato invertendo i terminali di una porta.
Se il resistore di conduttanza G a un circuito aperto, dalle (42) e (43) si ottiene

i1 = 0 i 2 = v1  R b .

(45)

Le (45) sono le equazioni costitutive del generatore di corrente controllato in tensione; in questo caso
g = 1  R b . Il segno del coefficiente g pu essere cambiato invertendo i terminali di una porta del
doppio bipolo.
Il lettore dimostri che, connettendo in maniera opportuna un generatore di corrente controllato in
tensione e un generatore di tensione controllato in corrente, possibile realizzare gli altri due tipi di
generatori controllati.

6.6 Il giratore
Il giratore un doppio bipolo statico lineare, definito dalle seguenti relazioni

i1 = Gv2 
i 2 = Gv1 

(46)

dove la costante G detta conduttanza di girazione; il simbolo del giratore illustrato in figura 15.
La potenza elettrica assorbita dal giratore uguale a zero in qualsiasi condizione di funzionamento,
quindi un doppio bipolo globalmente passivo che non dissipa e n immagazzina energia. Per questo
doppio bipolo non vale la non amplificazione delle tensioni e delle correnti pur essendo globalmente
passivo. Pertanto deve essere costituito necessariamente da elementi attivi. Se in un circuito
1 Le (42) e (43) si ottengono anche quando il terminale di uscita dell'amplificatore operazionale collegato

al terminale di ingresso non invertente (questa la cosiddetta configurazione con retroazione positiva); basta
sostituire nelle (40) e (41) A con -A e poi considerare il limite A . possibile dimostrare che nel caso di
retroazione positiva le (41) e (43) sono una soluzione instabile, quindi fisicamente irrealizzabili, a differenza di
quando accade nella configurazione con retroazione negativa. Nella configurazione con retroazione positiva le
soluzioni stabili possono essere ottenute solo se si utilizza la caratteristica non lineare dell'amplificatore
operazionale.

190

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

presente un giratore, continua a valere la sovrapposizione degli effetti; invece la propriet della
reciprocit non pi valida. Il lettore dimostri queste propriet.

Figura 15 Simbolo del giratore.

Figura 16 Un giratore terminato alla porta 2 con un condensatore equivalente a un induttore.


La propriet pi importante del giratore pu essere illustrata considerando il circuito illustrato in
figura 16 (sulla porta 2 del giratore connesso un condensatore lineare tempo-invariante con
capacit C). In questo caso si ha

v1 =

i 2 C dv 2
C di
=
= 2 1.
G G dt
G dt

(47)

Ovvero, quando alla porta di uscita di un giratore collegato un condensatore lineare e tempo
invariante di capacit C, la porta di ingresso si comporta come se fosse un induttore lineare e tempo
2

invariante di induttanza C  G . Pertanto il giratore consente di realizzare bipoli induttori a partire da


un condensatore. Vale anche la propriet duale: tramite un giratore possibile realizzare un
condensatore a partire da un induttore.
Abbiamo gi accennato al fatto che uno stesso bipolo pu descrivere il funzionamento di
componenti e sistemi elettrici completamente diversi. Ad esempio, il bipolo induttore descrive sia il
funzionamento del componente induttore studiato nel Capitolo 2, sia il funzionamento del circuito di
figura 16.

Figura 17

Realizzazione di un giratore attraverso generatori di corrente controllati in tensione.

191

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il lettore dimostri che se in uscita al giratore connesso un resistore lineare di resistenza R allora
la porta di ingresso si comporta come un resistore lineare di resistenza 1/(RG2); inoltre, il lettore
dimostri che se in uscita al giratore collegato un bipolo controllato in tensione (corrente), allora la
porta di ingresso si comporta come se fosse un resistore controllato in corrente (tensione).
Sono disponibili commercialmente, sotto forma di circuiti integrati, dispositivi che approssimano il
funzionamento di un giratore. Un giratore pu essere realizzato attraverso due generatori di corrente
controllati in tensione (cos come illustrato in figura 17) e quindi attraverso amplificatori
operazionali.

6.7 Il trasformatore ideale

Il trasformatore ideale un doppio bipolo statico lineare definito dalle seguenti relazioni

v1 = nv2 
i 2 = ni1 

(48)

dove la costante n detta rapporto di trasformazione; il simbolo del trasformatore illustrato in


figura 18.

Figura 18 Simbolo del trasformatore ideale.


La potenza elettrica assorbita dal trasformatore ideale uguale a zero in qualsiasi condizione di
funzionamento, quindi un doppio bipolo globalmente passivo che non dissipa e n immagazzina
energia. Per questo doppio bipolo non vale la non amplificazione delle tensioni e delle correnti pur
essendo globalmente passivo, perch pu essere n>1 o n<1. Se in un circuito presente un
trasformatore, continua a valere la sovrapposizione degli effetti e la propriet della reciprocit (il
lettore dimostri quest'ultima affermazione).
La propriet pi importante del trasformatore pu essere illustrata considerando il circuito
illustrato in figura 19 (sulla porta 2 del trasformatore connesso un resistore lineare con resistenza
R). In questo caso si ha

v1 = nv2 = nRi 2 = n 2 Ri1 .

(49)

Ovvero, quando alla porta di uscita di un trasformatore collegato un resistore lineare di resistenza
2

R, la porta di ingresso si comporta come se fosse un resistore lineare di resistenza n R (n

192

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

adimensionale). Pertanto il trasformatore consente di variare la resistenza di un resistore senza


alterarne la costituzione fisica.
Il lettore dimostri che, quando alla porta di uscita collegato un induttore lineare di induttanza L
(condensatore lineare di capacit C), la porta di ingresso si comporta come se fosse un induttore di
2

induttanza n L (condensatore di capacit C  n ).

Figura 19

Un trasformatore terminato alla porta 2 con un resistore equivalente a un resistore.

Un trasformatore ideale pu essere realizzato attraverso un generatore di corrente controllato in


corrente e un generatore di tensione controllato in tensione (cos come illustrato in figura 20).

Figura 20

Realizzazione di un trasformatore ideale attraverso generatori controllati.

Applicazione: adattamento in potenza


Si consideri il circuito illustrato in figura 21. La tensione E e la resistenza Ri sono fissate. Si valuti
il valore della resistenza Ru che rende massima la potenza assorbita dal resistore.
La potenza pu assorbita dal resistore di resistenza R u vale

pu R u  R i = E

Ru  Ri

(1+ Ru

Ri )

(50)

Il massimo della funzione pu = pu Ru  Ri si ha per R u  R i = 1 . Dunque la potenza pu assorbita


dal resistore di resistenza R u massima quando

R u = Ri .

(51)

Il generatore di tensione E in serie con il resistore di resistenza R i potrebbe rappresentare, ad


esempio, il circuito equivalente secondo Thvenin (con tensione a vuoto E e resistenza interna R i ) di
un amplificatore di potenza. Il resistore di resistenza R u potrebbe rappresentare la resistenza

193

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

equivalente di un utilizzatore (ad esempio l'altoparlante in una sala 2). Al fine di massimizzare la
potenza del segnale sonoro irradiato dall'altoparlante bisognerebbe realizzare la condizione (51).
Molto spesso essa non pu essere realizzata a causa della costituzione fisica dei due sistemi. Cosa
possibile fare in questi casi? evidente che serve a poco aggiungere un altro resistore in serie, come
illustrato in figura 21a (la potenza assorbita in pi sarebbe in parte dissipata dal resistore che viene
aggiunto alla serie).

Figura 21
possibile modificare la resistenza dell'utilizzatore senza alterarne la costituzione fisica e senza
dissipare potenza utilizzando un trasformatore ideale. Si interponga tra

l'amplificatore e

l'altoparlante un trasformatore ideale cos come illustrato in figura 22. In questo caso la potenza
2
assorbita dal resistore R u (la resistenza equivalente alla porta 1 vale R u  n e la potenza elettrica
assorbita dal trasformatore ideale uguale a zero) vale

pu R u  n 2 R i = E2

R u  n 2R i

[1 + R u

n Ri

(52)

e quindi la potenza assorbita dall'altoparlante massima se

n=

Ru
.
Ri

(53)

Tipicamente R u > R i , quindi c' bisogno di un trasformatore con n>1.

6.8

N-poli di resistori lineari

Si consideri un circuito arbitrario costituito da un n-polo NL, a sua volta costituito da resistori
lineari passivi e generatori ideali (e indipendenti) e da un n-polo N non necessariamente lineare o
2 Anche se l'altoparlante completamente diverso dal componente resistore, in prima approssimazione il suo
funzionamento pu essere schematizzato attraverso un bipolo resistore. Allora come si definisce la resistenza
2
equivalente R i ? Essa potrebbe essere definita in modo tale che R i i t rappresenti l'energia elettrica che nello
intervallo t trasformata in energia acustica (energia cinetica del mezzo materiale che supporta le onde
acustiche). In realt il circuito equivalente di un altoparlante molto pi complicato e dovrebbe contenere anche
induttori.

194

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

resistivo (figura 22). Per studiare questo circuito con il metodo dei potenziali di nodo, conviene avere
una caratterizzazione in termini di potenziali di nodo, piuttosto che in termini di tensioni descrittive.
Si osservi che, sottraendo a ogni potenziale di nodo delln-polo il potenziale del terminale comune, si
ottengono le tensioni descrittive.

Figura 22

Circuito costituito da un N-polo di resistori lineari e generatori indipendenti collegato a


un altro N-polo.

6.8.1 Caratterizzazione di un n-polo di resistori lineari


Si scelga un nodo di riferimento (ad esempio il nodo 0) e si ponga uguale a zero il potenziale di
esso. Per formulare le equazioni del circuito in termini di potenziali di nodo bisogna esprimere le
correnti degli elementi controllati in tensione in funzione dei potenziali nodali.

Figura 23
In questo paragrafo viene caratterizzato un n-polo resistivo NL, utilizzando come variabili
indipendenti i potenziali di nodo e1  e2  ..., e n dei morsetti dell'n-polo e come variabili dipendenti
le correnti nei terminali i1  i2  ..., i n . Dapprima si consideri il caso in cui l'n-polo sia costituito da
soli resistori lineari (all'interno dell'n-polo non vi sono generatori indipendenti). La caratterizzazione
pu essere fatto attraverso un esperimento concettuale (figura 23a), in cui si impongono i potenziali
di nodo e1  e2  ..., e n e si determinano le correnti i1  i2  ..., i n (caratterizzazione su base
potenziale dell'n-polo). Si osservi che la caratterizzazione su base corrente non pu essere realizzata
assegnando ad arbitrio le correnti: solo n-1 sono indipendenti. Si assuma che il circuito di figura
23a abbia una e una sola soluzione per ogni valore di e1  e2  ..., e n . Siccome il circuito lineare, la
relazione cercata pu essere determinata attraverso la sovrapposizione degli effetti. A tale scopo si

195

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

consideri il circuito che si avrebbe se il generatore e h agisse da solo, essendo gli altri spenti, figura
23b. Sia i kh la corrente nel terminale k quando acceso solo il generatore e h . Per la linearit del
circuito e per la presenza di un solo generatore, si ottiene

i kh = G khe h k = 1, 2, ..., n ,

(54)

dove G kh sono costanti che hanno dimensioni di una conduttanza. Esse dipendono unicamente dai
parametri circuitali e non dalla tensione e h del generatore: G kh la corrente nel terminale k
quando e h =1 e tutti gli altri generatori sono spenti. La definizione del coefficiente G kh pu essere
rappresentata, anche, in questo modo

G kh =

ik
.
e h e = 0 i h
i

(55)

Utilizzando la sovrapposizione degli effetti si ottiene

i1 = G11e1 + G12 e 2 +  +G1n e n 


i 2 = G 21e1 + G22 e2 +  +G2n e n 

(56)

        

i n = Gn1e1 + G n2 e 2 +  +Gnn e n 
La (56) pu essere espressa in forma sintetica attraverso la matrice nn delle conduttanze
L

dove

= *H,

= i 1 i2   i n T e

= Gij
(57)

= (e1 ,e 2 ,..., e n )T sono, rispettivamente, i vettori rappresentativi delle

correnti e dei potenziali dell'n-polo. La matrice G prende il nome di matrice delle conduttanze dell'npolo. Gli elementi appartenenti alla diagonale principale prendono il nome di conduttanze proprie,
mentre gli altri elementi prendono il nome di conduttanze mutue.
possibile esprimere la potenza elettrica assorbita dall'n-polo attraverso i potenziali di nodo. Si
scelga come terminale comune il terminale n; v hn la tensione tra il terminale h e il terminale
n. Allora la potenza assorbita vale
n 1

n1

n1

n 1

h =1

h=1

h=1

h =1

h =1

p = i h v hn = i h e h e n = i h e h e n i h = i h e h .

(58)

La (58) stata ottenuta esprimendo le tensioni descrittive attraverso i potenziali di nodo e utilizzando
la relazione (5) per la corrente nel terminale comune scelto. La potenza assorbita pu essere espressa
attraverso la matrice delle conduttanze G. Utilizzando i vettori dei potenziali e delle correnti, si
ottiene
n

p = ehih =

h =1

Utilizzando la (57), si ha per la potenza assorbita dall'n-polo

(59)

196

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

p=H

*H

= Gkh e k e h .

(60)

h =1 k=1

(L'espressione (60) simile a quella della potenza assorbita da un resistore con conduttanza G
sottoposto a una tensione v). L'espressione

*H

prende il nome di forma quadratica associata alla

matrice G; questa denominazione deriva dal fatto che essa costituita da termini quadratici, del tipo

G khe k e h .
Osservazione
Se nella (56) poniamo e n = 0 e1  e 2  ..., e n-1 rappresentano le tensioni descrittive dell'n-polo
rispetto al terminale comune n. La matrice, che lega le correnti e le tensioni descrittive ottenuta
eliminando dalla matrice G l'ultima colonna e l'ultima riga. Questa matrice in generale invertibile.
6.8.2 Propriet della matrice delle conduttanze
La matrice delle conduttanze ha delle propriet generali indipendenti dal modo in cui i resistori
sono connessi all'interno dell'n-polo: esse dipendono solo dalla linearit e passivit dei resistori.
(a)

Le conduttanze proprie sono positive o uguali a zero, G hh 0 .


L'elemento G hh definito attraverso la relazione

G hh =

ih
i
= hh .
e h e =0 ih e h
i

(61)

Esso rappresenta, quindi, la conduttanza equivalente vista dal generatore e h quando tutti gli
altri sono spenti. Siccome i resistori sono tutti passivi, essa non pu essere mai minore di zero
(si sta utilizzando la convenzione dell'utilizzatore). Qualora alcuni resistori fossero attivi, le
conduttanze proprie potrebbero essere minori di zero.
(b)

Le conduttanze mutue G kh sono negative o uguali a zero, G kh 0 k h .

Figura 24
Si assuma come ipotesi di lavoro e h > 0 . Per la non amplificazione della tensione e per la
passivit dei resistori che costituiscono l'n-polo, la corrente i kh non pu essere positiva (vedi
la figura 24). Il terminale k, che a potenziale zero, connesso attraverso dei resistori

197

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

passivi ad altri nodi, interni alln-polo. I potenziali di questi nodi (nellesempio di figura
e p e e q ) sono maggiori di zero per la non amplificazione della tensione (il potenziale pi
grande e quello pi piccolo si trovano ai morsetti dell'unico bipolo attivo). Quindi per la
passivit dei resistori segue che i kh 0 . Siccome

G kh =

i
ik
= kh ,
e h e = 0 i h e h
i

(62)

si ha G kh 0 per ogni k h .
(c)

Le conduttanze mutue

G kh sono, in valore assoluto, minori o uguali di G hh ,

Gkh G hh k e h.
Questa propriet diretta conseguenza della non amplificazione della corrente in un circuito
costituito da resistori passivi e un solo generatore. Infatti si ha (vedi figura 24)

G hh =

i hh
i
e Gkh = kh
eh
eh

(63)

e per la non amplificazione della corrente i hh i kh .


(d)

La matrice delle conduttanze simmetrica, G kh = Ghk .

Figura 25
Questa una immediata conseguenza della propriet di reciprocit, che vale per i resistori
lineari. Infatti si ha

G kh =

i kh
i

G hk = hk 
eh
ek

(64)

Poi applicando la prima forma della propriet di reciprocit (vedi figura 25; nel circuito N' la
causa e h e l'effetto i kh , mentre nel circuito N" la causa e k e l'effetto i hk ), si ottiene

i kh i hk
.
=
eh
ek
Infine combinando le (64) e (65) si ha G kh = Ghk .

(65)

198
(e)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La somma degli elementi di ciascuna colonna di G (e quindi anche la somma degli elementi di
n

ciascuna riga ) uguale a zero, G kh = 0

h = 1, 2, ...., n .

k=1

La somma delle correnti i1  i2  ..., i n deve essere uguale a zero per la legge delle correnti (1).
Allora si ha
n

h=1

k=1

0 = i k = G khe h = e h G kh .
k =1

k=1 h=1

(66)

La (63) deve essere verificata indipendentemente dai valori che i potenziali di nodo assumono.
Ci possibile se e solo se
n

G kh = 0

h = 1, 2, ...., n .

(67)

k=1

A causa di questa propriet il determinante della matrice G uguale a zero e quindi G non
invertibile. Il rango della matrice G in generale uguale a n1. Questo significa che non
possibile una rappresentazione in cui le correnti i1  i2  ..., i n siano le variabili indipendenti e
i potenziali le variabili dipendenti. Invece possibile una rappresentazione in cui vengono
imposte n1 correnti (la restante deve essere compatibile con la prima legge di Kirchhoff). In
questo caso non possibile determinare univocamente i potenziali: essi sono determinati a
meno di una costante additiva arbitraria.
(f)

La matrice delle conduttanze semi definita positiva,

*H

0.

Siccome i resistori sono passivi, per la conservazione della potenza elettrica, la potenza
T
assorbita dalln-polo p = H * H deve essere maggiore o uguale a zero indipendentemente dai
valori che i potenziali di nodo assumono; quindi deve essere
H

*H

0 H.

Pertanto la forma quadratica

(68)
H

*H

semi definita positiva 3. Questa propriet potrebbe essere

dimostrata a partire da quelle illustrate in precedenza.


Per i circuiti contenenti n-poli di resistori lineari continuano a valere sia la propriet della
sovrapposizione degli effetti che quella di reciprocit.
La caratterizzazione dell'n-polo dipende dalla scelta del nodo di riferimento per i potenziali di
nodo? La risposta no. Se si sceglie un altro nodo di riferimento per i potenziali, il legame tra le
correnti i1  i2  ..., i n (che sono indipendenti dal nodo di riferimento scelto per i potenziali) e i nuovi
potenziali e1  e2  ..., e n ( e h = e h e ) espresso attraverso la stessa matrice G, cio la matrice G
non dipende dal particolare nodo di riferimento scelto (per i potenziali). Questa propriet diretta
conseguenza della simmetria della matrice delle conduttanze e della propriet (e).

3 Una forma quadratica DT

/ D si dice definita positiva se e solo se maggiore di zero D  ed uguale a


zero solo se D =  ; in questo caso la matrice L si dice definita positiva. Una forma quadratica si dice semi
definita positiva se pu essere uguale a zero anche per D  , comunque non deve mai assumere valori negativi;
in questo caso la matrice L si dice semi definita positiva.

199

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Gli elementi indipendenti della matrice delle conduttanze sono n n  2 a causa della propriet
(d) di simmetria e della propriet (e) relativa alla somma degli elementi di una colonna di G. Gli
elementi della parte triangolare alta (TA in figura 26) sono uguali a quelli della parte triangolare
bassa (TB in figura 26) a causa della simmetria della matrice; gli elementi della parte triangolare alta
sono tra loro indipendenti. Invece gli elementi della diagonale principale (DP in figura 26) dipendono
da quelli della parte triangolare alta a causa della propriet (e) (relazione (67)).

Figura 26
Esempio
Si consideri il quadripolo illustrato in figura 27a e si determini la matrice delle conduttanze. Per
quanto appena detto basta determinare la parte triangolare alta della matrice, cio
G12  G13 G14  G 23 G24 e G34 .

Figura 27
L'elemento G 12 cos definito G 12 = i1  e 2 e =e =e =0 . Per calcolarlo basta riferirsi al circuito
1
3
4
illustrato in figura 27a. Le correnti nei resistori R13 e R14 sono nulle, perch le tensioni tra i due
terminali 1 e 3 e tra i due terminali 1 e 4 sono uguali a zero. Pertanto la corrente i12
uguale (a meno del segno) a quella che circola nel resistore con resistenza R12 ; per essa si ha
i12 = e 2  R12 e quindi G12 = 1  R12 . evidente, allora, che in generale per G ij con i j si
ottiene G ij = 1  R ij .
Si consideri, ora, il caso di un n-polo NL di resistori lineari e generatori indipendenti (figura 28).
Applicando la sovrapposizione degli effetti si ha

200

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


L

= *H + L ,

(69)

dove:
* la matrice delle conduttanze dell'n-polo, quando tutti i generatori all'interno di NL sono spenti;
i* (le correnti di corto circuito) il vettore delle correnti nei terminali di NL, quando essi sono
collegati al nodo 0 attraverso corto circuiti. La (69) l'estensione del teorema di Norton a un npolo resistivo lineare.

Figura 28
6.8.3 Sintesi di un n-polo resistivo lineare
Il circuito equivalente di un n-polo di soli resistori lineari pu essere costruito considerando un
polilatero completo di resistori lineari con n vertici: comunque si scelgano due nodi esiste un
resistore che li connette direttamente (in figura (29) mostrato un quadrilatero completo).

Figura 29

Quadrilatero completo.

Si indichi con R ij la resistenza del resistore che connette il nodo i al nodo j. immediato
2

verificare che il numero di resistori in un polilatero completo n n  2 , (per ogni coppia di nodi
c' un solo resistore). Allora si ha la relazione

R ij =

1
.
Gij

(70)

La formula (70) pu essere usata per costruire l'n-polo di resistori corrispondete a una assegnata
matrice delle conduttanze (purch la matrice verifichi le propriet innanzi descritte).
Osservazione
La matrice di un n -polo con n > 3 non pu essere, in generale, sintetizzata attraverso una
configurazione a stella con n resistori. La matrice di un tripolo pu essere sintetizzata sia attraverso

201

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

una configurazione a triangolo (polilatero completo con n=3) e sia con una configurazione a stella
con tre resistori.
6.8.4 La trasformazione stella-triangolo
Un circuito costituito da tre resistori connessi a stella pu essere sempre rappresentato con uno
in cui i resistori sono connessi a triangolo e viceversa. Si sta estendendo il concetto di equivalenza al
caso di elementi circuitali con pi di due terminali.
Per determinare la relazione di equivalenza, cio la relazione tra le resistenze della configurazione
a stella (R1 ,R 2 , R3 ) e le resistenze della configurazione a triangolo (R12 , R23 ,R 31) , bisogna
imporre che, comunque si scelgano le tre correnti i1 ,i 2 ,i 3 (purch sia verificata la condizione
T
i1 + i 2 + i 3 = 0 ), le tensioni della configurazione a triangolo (v12
,v T23, vT31 ) coincidano con quelle
S

della configurazione a stella (v12 ,v 23, v31 ) , figura 30.


Le regole di trasformazione possono essere determinate imponendo che la matrice delle
conduttanze della configurazione a stella sia uguale a quella della configurazione a triangolo. Noi qui
troveremo le regole di trasformazione usando la sovrapposizione degli effetti. Si considerino i due
circuiti illustrati in figura 30. Ognuno di essi ha tre terminali ed costituito da tre resistori. In figura
30a i resistori sono connessi in modo tale da ricordare una stella (connessione a stella), mentre in
figura 30b sono connessi in modo tale da ricordare un triangolo (connessione a triangolo) .
Per determinare il legame tra (R1 ,R 2 , R3 ) e (R12 , R23 ,R 31) conviene, allo scopo di ridurre la
complessit di calcolo, imporre l'equivalenza per delle terne particolari di correnti. Si imponga
l'equivalenza per la terna

i1 = I 1  i 2 = I

Figura 30

i3 = 0 .

(71)

Tre resistori connessi a stella (a) e connessi a triangolo (b).


S

Le tensioni v 31 e v31 valgono (vedi figura 30)

v S31 = R1I(1) ,
v T31 =

R12R 31
I(1) .
R12 + R 23 + R 31

(72)

202

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


S

Imponendo v 31 = v31 , si ottiene la relazione

R1 =

R12

R12 R31
.
+ R23 + R31

(73)

Imponendo, ora, lequivalenza per le due terne indipendenti

i 3 = I

i 2 = 0 i 3 = I

i1 = 0 i 2 = I
i1 = I

3


2


(74)

si ottengono le altre due relazioni

R2 =

R12 R23

R12 + R 23 + R31

(75)

R 23 R31
R3 =

R12 + R23 + R 31

Figura 31
T

Il lettore verifichi che, dalle (73) e (75), si ottiene anche v12 = v12 e v23 = v23 . Le relazioni (73) e
(75) sono state ottenute imponendo l'equivalenza per tre particolari terne di correnti. Per la propriet
della sovrapposizione degli effetti l'equivalenza assicurata per qualsiasi altra terna di correnti (il
lettore dimostri che sempre possibile scomporre una terna arbitraria di correnti nella
sovrapposizione di tre terne del tipo (71) e (74)).
Formule per la trasformazione triangolostella

R1 =

R12

R12 R31

+ R23 + R31

R12 R 23

R12 + R 23 + R 31
R 23R31
R3 =

R12 + R23 + R31
R2 =

(76)

La trasformazione inversa descritta dalle relazioni (formule della trasformazione


stellatriangolo)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

R12 = R1 + R2 +

203

R1R 2

R3

R 2 R3

R1
R R
R 31 = R1 + R3 + 1 3 
R2
R 23 = R2 + R3 +

(77)

Il lettore determini le relazioni (76) e (77) imponendo che la matrice delle conduttanze della
configurazione a triangolo e della configurazione a stella siano uguali.
Esempio
La soluzione del circuito illustrato nella figura 13 del Capitolo 5 pu essere semplificata
notevolmente se si sostituisce il triangolo costituito dai resistori di resistenze R1 R3  R 5 con la
stella equivalente (R a ,R b ,R c ) :

Ra =

R1 R5
= 1
R1 + R 3 + R 5

R3 R5
= 1
R1 + R3 + R 5
R1 R3
Rc =
= 1
R1 + R 3 + R 5
Rb =

Cos facendo si ottiene il circuito equivalente Neq illustrato in figura 32. Esso pu essere risolto
attraverso l'equivalenza serie e parallelo e le formule dei partitori. Il lettore determini la corrente i che
circola nel resistore R in questo modo e la confronti con quella ottenuta applicando il metodo dei
potenziali di nodo.

Figura 32

6.9 M-porte di resistori lineari


Nel precedente Capitolo un generico bipolo costituito da resistori lineari e generatori ideali stato
caratterizzato attraverso il generatore equivalente di Thvenin-Norton. Nel precedente paragrafo un
generico n-polo di resistori lineari e generatori indipendenti stato caratterizzato attraverso l'uso dei
potenziali di nodo attraverso la matrice delle conduttanze e il vettore delle correnti di corto circuito.

204

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Un generico doppio bipolo, e pi in generale un M-porte, costituito da resistori lineari e generatori


ideali pu essere caratterizzato allo stesso modo, utilizzando la propriet della sovrapposizione degli
effetti.

Figura 33

Circuito costituito da un doppio bipolo di resistori lineari e generatori indipendenti


collegato a due bipoli.

Si consideri, ora, un circuito arbitrario costituito da un doppio bipolo lineare resistivo NL e da due
bipoli N1 e N2 non necessariamente lineari o statici (figura 33). Il funzionamento del circuito alle due
porte (ovvero le tensioni v1 e v 2 e le correnti i1 e i2 ), dipende solo dalle equazioni costitutive dei
due bipoli e dalla caratteristica del doppio bipolo NL.
6.9.1 Caratterizzazione di un m-porte di resistori lineari
Il doppio bipolo resistivo lineare NL pu essere caratterizzato in diversi modi:
(a)

caratterizzazione su base tensione: le tensioni v1 e v 2 sono le variabili indipendenti e le


correnti i1 e i2 sono le variabili dipendenti;

(b)

caratterizzazione su base corrente: le corrente i1 e i2 sono le variabili indipendenti e le


tensioni v1 e v 2 sono le variabili dipendenti;

(c)

caratterizzazione ibrida: ad esempio, la tensione v1 e la corrente i2 sono le variabili


indipendenti e la corrente i1 e la tensione v2 sono le variabili dipendenti.

- Caratterizzazione su base tensione

Figura 34 Caratterizzazione su base tensione di un doppio bipolo.


Per costruire la caratteristica del doppio bipolo NL su base tensione (e quindi il doppio bipolo
equivalente), c' bisogno di determinare la relazione tra le tensioni v1 e v 2 e le correnti i1 e i2 per
tutti i valori di tensione ammissibili. Ci pu essere fatto attraverso un esperimento concettuale
(figura 34), in cui si impongono le tensioni v1 e v 2 attraverso due generatori di tensione ideali e si

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

205

determinano le correnti i1 e i2 . Si assuma che il circuito di figura 34 abbia una e una sola soluzione
per ogni coppia v1 e v 2 .
Siccome il circuito lineare, la relazione cercata pu essere determinata attraverso la
sovrapposizione degli effetti. A tale scopo si considerino i due circuiti ausiliari rappresentati in
figura 35. Il primo, N, stato ottenuto spegnendo nel circuito di figura 34 tutti i generatori di NL
mentre il secondo, N*, stato ottenuto spegnendo i due generatori di tensione ausiliari di valore

v1 e v 2 .

Figura 35
Caratterizzazione del doppio bipolo N
Il doppio bipolo N costituito da soli resistori lineari pu essere caratterizzato usando, di nuovo, la
sovrapposizione degli effetti. Si considerino i due circuiti rappresentati in figura 36; nel circuito N1 ,
v2=0 (figura 36a), mentre nel circuito N2 v1=0 (figura 36b).
Siccome nel circuito N1 c' un solo generatore e i resistori sono tutti lineari, le correnti i11 e i 21
sono direttamente proporzionali alla tensione v1; allora i11 e i 21 possono essere espresse tramite le
relazioni

i11 = G11v1  i 21 = G21v1 ,

(78)

dove G11 e G21 sono due costanti che hanno la dimensione di una conduttanza. Il fattore G 11
(conduttanza propria) rappresenta la conduttanza del resistore equivalente visto dal generatore di
tensione v1 quando v2=0.

Figura 36

206

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Anche il circuito N2 ha un solo generatore e i resistori sono tutti lineari; quindi le correnti i12 e i 22
sono direttamente proporzionali alla tensione v2; allora i12 e i 22 possono essere espresse tramite le
relazioni

i12 = G12 v2  i 22 = G22 v2 ,

(79)

dove G12 e G22 sono due costanti che hanno sempre la dimensione di una conduttanza. Il fattore
G22 (conduttanza propria) rappresenta la conduttanza del resistore equivalente visto dal generatore
di tensione v2 quando v1=0. Utilizzando la sovrapposizione degli effetti si ottiene


i1 = G11v1 + G12 v2 

(80)

i2 = G 21v1 + G22 v2

La (80) la relazione caratteristica del doppio bipolo N di resistori lineari quando i generatori sono

i1 
i2
spenti. Essa pu essere rappresentata in forma matriciale. Posto L= 

e Y = (v1 ,v 2 )T , la (80)

diventa

L

= *Y ,

(81)

dove la matrice quadrata G 22 data da


*

G11

G12

G21

G22

(82)

Alla matrice G si da il nome di matrice delle conduttanze del doppio bipolo. Gli elementi
appartenenti alla diagonale principale sono le conduttanze proprie; gli altri elementi prendono il
nome di conduttanze mutue.
La potenza assorbita dal doppio bipolo vale

p = i1 v1 + i 2 v2 = YTL.

(83)

Utilizzando la (81), si ha

p = YT * Y .

(84)

Le stessa matrice pu essere introdotta per caratterizzare un M-porte di resistori lineari. La matrice
delle conduttanze di un M-porte una matrice quadrata MM e il generico elemento
G kh (k,h = 1,2,...,M) cos definito

G kh =

ik
.
vh v = 0 j h
j

(85)

Cos come accade per l'n-polo, la matrice delle conduttanze di un doppio bipolo lineare e passivo e
pi in generale di un M-porte, ha delle propriet generali indipendenti dalla particolare struttura.

207

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Caratterizzazione del doppio bipolo N*


Nel circuito illustrato in figura 35b le sorgenti sono solo quelle interne al circuito NL ( Y =
indichi con

= i1  i 2 il vettore delle correnti di NL quando le tensioni

). Si

= v1  v 2 sono uguali

a zero (le cosiddette correnti di corto circuito). Le correnti di corto circuito


indipendenti dalle tensioni

= i1  i 2 T sono

= v1  v 2 T , dipendono solo dalla struttura interna del bipolo resistivo

NL.
Utilizzando, ora, la sovrapposizione degli effetti, si ha per il doppio bipolo NL
L

Il vettore

= *Y + L .

(86)

= i 1 i2 T rappresenta le correnti del doppio bipolo NL. La (86) la caratteristica del

doppio bipolo NL. Essa rappresenta la generalizzazione del teorema di Norton ai doppi bipoli resistivi
lineari.
evidente che la relazione (86) vale anche quando l'elemento circuitale ha un numero di porte
maggiore a due e quindi per un qualsiasi M-porte: l'unica ipotesi che bisogna fare che l'M-porte sia
costituito da resistori lineari e generatori ideali.
- Caratterizzazione su base corrente
Si consideri ora la caratterizzazione su base corrente e si assuma che il circuito ammetta una e una

= i 1 i2 T , figura 37. Il lettore dimostri, applicando la


T
T
sovrapposizione degli effetti, che la relazione tra la tensione Y = v1  v 2 e la corrente L = i 1 i2

sola soluzione per ogni valore di

vale
Y

5L

+Y ,

(87)

dove R la matrice delle resistenze vista dalla coppia di generatori di corrente

= i 1 i2 T (una

matrice quadrata MM per un M-porte) quando i generatori interni al doppio bipolo sono spenti e

= v1  v 2 T sono le tensioni sulle due porte quando esse sono collegate a due circuiti aperti (le
cosiddette tensioni a vuoto). Il generico elemento R ij della matrice delle resistenze dato da

R ij =

Figura 37

vi
ij

.
*

i h = 0 h j e Y = 

Caratterizzazione su base corrente.

(88)

208

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La (87) l'estensione ai doppi bipoli e agli M-porte del teorema di Thvenin.


- Caratterizzazione ibrida

= v1  i 2 T sono le variabili indipendenti


T
(rispettivamente, la tensione sulla porta 1 e la corrente della porta 2), e \ = i1  v2
Si consideri ora la caratterizzazione ibrida, dove

(rispettivamente, la corrente della porta 1 e la tensione sulla porta 2), sono le variabili dipendenti,
figura 38. Il lettore dimostri, applicando la sovrapposizione degli effetti, che la relazione tra
[

= v1  i 2 T e
\

= i1  v2 T

+[

+\ ,

(89)

dove H la matrice ibrida vista dalla coppia di generatori

= v1  i 2 T (una matrice quadrata

MM per un M-porte) quando i generatori interni al doppio bipolo sono spenti e


= i1  v2 T rappresenta la corrente nella porta 1 quando collegata a un corto circuito e la


tensione sulla porta 2 quando collegata a un circuito aperto. Gli elementi della matrice ibrida
sono

h11 =

i1
v1

v
h 21 = 2
v1

i2 = 0


i2 = 0

h12 =
h22

i1
i2

v1 = 0

v
= 2
i2

(90)

v1 = 0

Figura 38 Caratterizzazione ibrida.


L'elemento h11 rappresenta la conduttanza vista dal generatore v1 quando la porta 2 collegata
a un circuito aperto e l'elemento h 22 rappresenta la resistenza vista dal generatore i 2 quando la porta
1 collegata a un corto circuito. Gli elementi fuori diagonale h12 e h 21 sono numeri puri: h 21
rappresenta il rapporto tra la tensione della porta 2 e la tensione della porta 1, quando la porta
2 collegata a un circuito aperto; h12 rappresenta il rapporto tra la corrente della porta 1 e la
corrente della porta 2, quando la porta 1 collegata a un corto circuito.
La potenza elettrica assorbita dal doppio bipolo pu essere espressa attraverso la matrice ibrida; si
ha

p = v1i1 + v 2 i2 = [T + [ .

(91)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

209

6.9.2 Propriet delle matrici delle conduttanze, resistenze e ibride


Ora studieremo le propriet delle matrici delle conduttanze, resistenze e ibride di un doppio
bipolo e pi in generale di un M-porte.
- Propriet della matrice delle conduttanze
(a)

Le conduttanze proprie sono maggiori o uguali a zero, Gii 0 .


Questa una immediata conseguenza della passivit (su ogni porta del doppio bipolo si sta
utilizzando la convenzione dell'utilizzatore). Qualora alcuni resistori fossero attivi, le
conduttanze proprie potrebbero essere minori di zero.

(b)

Le conduttanze mutue possono essere positive o negative, a seconda dei versi di riferimento
per le tensioni.
Si assuma, ad esempio, che nel circuito N1 (figura 36a), la conduttanza mutua G21 sia positiva.
Si consideri, ora, lo stesso circuito ma con i terminali 2 e 2' scambiati. Per la nuova
(
conduttanza mutua G 21 si ha

(
(
i
i
G21 = 21 = 21 = G21 < 0 .
v1
v1
(c)

(92)

Se tutti i resistori che costituiscono il doppio bipolo sono passivi, allora vale la propriet

Gkh G hh h, k.
Questa propriet diretta conseguenza della non amplificazione della corrente in un circuito
costituito da resistori passivi e un solo generatore. Sia i kh la corrente nella porta k quando il
generatore di tensione v h sulla porta h acceso e tutti gli altri sono spenti (un generatore di
tensione spento si comporta come se fosse un corto circuito). Allora si ha

G hh =

i hh
i
e Gkh = kh ,
vh
vh

(93)

e per la non amplificazione della corrente

i hh i kh .
(d)

(94)

La matrice delle conduttanze simmetrica, G kh = Ghk 


Questa una immediata conseguenza della propriet di reciprocit, che vale per circuiti
costituiti da resistori lineari. Infatti si ha

G hk =

i hk
i kh
,
 G kh =
vk
vh

e per la reciprocit (la prima forma)

(95)

210

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i hk i kh
.
=
vk vh

(96)

(Nel circuito di figura 36a la causa v1 e l'effetto i 21 , mentre nel circuito di figura 36b la
causa v 2 e l'effetto i12 ).
(e)

La matrice delle conduttanze semi definita positiva,

*Y

0.

Siccome i resistori sono passivi, per la conservazione della potenza elettrica, la potenza
assorbita dal doppio bipolo

*Y

deve essere maggiore o uguale a zero indipendentemente

dai valori che le tensioni di porta assumono; quindi deve essere


Y

*Y

0 Y.

Pertanto la forma quadratica

(97)
Y

*Y

deve essere semi definita positiva. A differenza di quanto

accade nell'n-polo, la matrice delle conduttanze pu essere definita positiva. Essa certamente
definita positiva se nel doppio bipolo non ci sono corto circuiti e/o circuiti aperti, ma solo
resistori con resistenze diverse da zero e limitate. Quando G definita positiva, il suo
determinante diverso da zero e quindi invertibile. Questa propriet pu essere dimostrata a
partire da quelle discusse in precedenza.
- Propriet della matrice delle resistenze
La matrice delle resistenze ha le stesse propriet della matrice delle conduttanze; si ha (il lettore le
dimostri):

R ii 0
R ij 0 o Rij 0
R ii R ji 

(98)

R ij = R ji 
L

5L

0

Per dimostrare la simmetria della matrice R bisogna utilizzare la seconda forma della propriet di
reciprocit.
Se il doppio bipolo pu essere caratterizzato sia in corrente che in tensione, allora si ha
5
L

= *1 
= 5 1 Y

(99)


- Propriet della matrice ibrida


Consideriamo ora la matrice ibrida.
(a)

Gli elementi h11 e h 22 sono maggiori o uguali a zero.


Questa una immediata conseguenza della passivit (su ogni porta del doppio bipolo si sta
utilizzando la convenzione dell'utilizzatore).

211

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(b)

Gli elementi h12 e h 21 possono essere positivi o negativi.


La dimostrazione simile a quella svolta per la matrice G.

(c)

Gli elementi h12 e h 21 verificano la condizione h kh 1.


Questa propriet diretta conseguenza della non amplificazione della tensione e della corrente
in un circuito costituito da resistori passivi e un solo generatore.

(d)

La matrice ibrida anti-simmetrica, cio h12 = h21


Questa una immediata conseguenza della terza forma della reciprocit, che vale per circuiti
costituiti da resistori lineari. Infatti dalla terza forma della reciprocit si ha

h 21 =

v 21
i
= 12 = h12 ,
v1
i2

(100)

dove v 21 la tensione sulla porta 2 quando i 2 = 0 e i12 la corrente nella porta 1 quando

v1 = 0 .
(e)

La matrice ibrida semi definita positiva,

+[

0.

Siccome i resistori sono passivi, per la conservazione della potenza elettrica, la potenza
T
assorbita dal doppio bipolo [ + [ deve essere maggiore o uguale a zero:
[

+[

0 [.

(101)

La (101) pu essere ottenuta direttamente dalle propriet (a) e (d).

Infatti a causa

dell'antisimmetria della matrice H, si ha

p = [ T + [ = h11v12 + h 22i 22 ;

(102)

per la propriet (a) , h11 e h 22 sono positivi o nulli e quindi p0.


A differenza delle matrici delle resistenze e delle conduttanze, non pu esserci nessuna relazione tra
gli elementi della diagonale principale della matrice ibrida H e quelli fuori della diagonale.
Prima di passare al problema della sintesi di un doppio bipolo vogliamo soffermarci sulla
caratterizzazione ibrida di un M-porte con M>2 e sulle propriet della matrice.
Si consideri un M-porte di resistori lineari e passivi con M>2 e lo si caratterizzi alimentando le
prime m e porte con generatori di tensioni e le restanti m j con generatori ideali di corrente
( m e + m j = M ), figura 39.
Siano

= v1  v2   v m e

= i1  i 2   i m e , rispettivamente, le tensioni e correnti

relative alle porte caratterizzate in tensione, e

= vm e +1    vM

= i m e +1   i M ,

rispettivamente, le tensioni e correnti relative alle porte caratterizzate in corrente. Per la linearit, la
relazione caratteristica dell'M-porte

212

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


L

ej

je

(103)

nella relazione (103) compare una matrice a blocchi.


Il blocco *e rappresenta la matrice delle conduttanze (una matrice quadrata m e m e ) vista dai
generatori di tensione (rappresentati da

e ),

quando i generatori di corrente (rappresentati da L j ),

sono spenti; essa, quindi, ha le propriet della matrice delle conduttanze descritte in precedenza.
Il blocco 5j rappresenta la matrice delle resistenze (una matrice quadrata m j m j ) vista dai
generatori di corrente quando i generatori di tensione sono spenti; essa, quindi, ha le propriet della
matrice delle resistenze descritte in precedenza.
Il blocco 6ej (una matrice rettangolare m e m j di elementi adimensionali) descrive il contributo
dei generatori di corrente alle correnti nei generatori di tensione (quando i generatori di tensione sono
spenti) e il blocco 6 je (una matrice rettangolare m j m e di elementi adimensionali) descrive il
contributo dei generatori di tensione alle tensioni nei generatori di corrente (quando i generatori di
corrente sono spenti). Tra gli elementi della matrice 6ej non c' nessuna relazione, e cos anche tra gli
elementi di

6 je

. Invece c' una semplice e interessante relazione tra 6ej e

6 je

. Applicando la terza

forma della propriet di reciprocit, si ottiene


6

ej

= 6 je .

(104)

Inoltre per la non amplificazione delle tensioni e delle correnti gli elementi di

ej

sono, in valore

assoluto, minori di uno. Nel caso M=2, la (104) d la propriet illustrata precedentemente.
A causa della (104), la potenza elettrica assorbita dall'M-porte vale
T

p = Ye

+ Lj

j j.

5 L

(105)

In un circuito costituito da M-porte resistivi lineari continua a valere sia la propriet della
sovrapposizione degli effetti, che quella di reciprocit.

Figura 39 Caratterizzazione ibrida di un M-porte (con M>2).

213

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

6.9.3 Sintesi di un doppio bipolo resistivo lineare


Ogni rappresentazione (R, G e H) di un doppio bipolo di soli resistori caratterizzata da tre
parametri indipendenti, quindi sono necessari (e anche sufficienti) tre resistori per costruire un
doppio bipolo equivalente o per realizzare un doppio bipolo di resistori corrispondente a una
assegnata matrice (R, G e H).
Il circuito equivalente di un doppio bipolo di soli resistori lineari pu essere costruito considerando
un doppio bipolo del tipo illustrato in figura 40: alla configurazione rappresentata in figura 40a si d
il nome di configurazione a T, invece a quella rappresentata in figura 40b si d il nome di
configurazione a . Conviene rappresentare la matrice delle resistenze tramite la configurazione a
T e la matrice delle conduttanze tramite la configurazione a .

Figura 40 Configurazione a T (a) e configurazione a (b).


- Matrice delle resistenze della configurazione a T.
Per il doppio bipolo di figura 40a si ottiene la matrice delle resistenze

R11 =

v1
i1

R 22 =

v2
i2

= Ra + Rc 

i2 = 0

= R b + Rc 

i1 = 0

R 21 = R12 =

v1
i2

i1 = 0

(106)

= R c

Allora per i resistori della configurazione a T si ha

R a = R11 R12 
R b = R22 R12 
R c = R12 

(107)

Se R12 negativo, bisogna invertire la coppia di terminali di una delle due porte per ottenere una
resistenza R c positiva.
I parametri ibridi della configurazione a T sono:

214

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

h11 =

i1
= R a + R c 1 
v1 i =0
2

h 22 =

v2
R a Rc

= Rb +
i 2 v =0
Ra + Rc
1

h12 = h21 =

(108)

v2
Rc

=
v1 i =0 R a + R c
2

- Matrice delle conduttanze della configurazione a .


Per il doppio bipolo di figura 40b si ottiene la matrice delle conduttanze

G11 =

i1
v1

G22 =

i2
v2

v2 = 0
v1 = 0

G21 = G12 =

i1
v2

= Gx + G y
= G y + Gz 

v1 = 0

(109)

= Gy 

Allora per i resistori della configurazione a si ha

G x = G11 + G12 
G y = G12 

(110)

Gz = G22 + G12
Se G 12 fosse positivo, allora bisognerebbe invertire la coppia di terminali di una delle due porte per
ottenere una conduttanza G y positiva.

6.10 Induttori accoppiati (trasformatore)


Se un induttore viene posto nelle immediate vicinanze di un altro elemento analogo,
accade che il flusso concatenato con le spire di ognuno dei due dipende sia dalla corrente che
circola nel primo avvolgimento che da quella che circola nel secondo. Siamo in presenza,
quindi, di un doppio bipolo che chiameremo accoppiamento mutuo.
Gli induttori mutuamente accoppiati sono diffusamente impiegati nei circuiti di
comunicazione, nelle apparecchiature di misura e nei sistemi di potenza. I trasformatori che si
utilizzano nelle reti di potenza che trasmettono e distribuiscono l'energia elettrica sono
induttori accoppiati. Anche i motori e i generatori elettrici possono essere rappresentati
tramite induttori accoppiati tempo-varianti. Ci limiteremo a descrivere il caso pi semplice,
ma non per questo meno significativo, in cui ci sono due avvolgimenti e l'accoppiamento
mutuo tempo-invariante.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

215

6.10.1 Equazioni costitutive di due induttori accoppiati


Si consideri un toro costituito da materiale ferromagnetico: tipicamente ferrite o lamine sottili di
acciaio speciale. Si avvolgano su tale toro due bobine (avvolgimenti di filo conduttore smaltato con
vernice isolante), come illustrato in figura 41; si ottiene un doppio bipolo. A esso si d il nome
induttori accoppiati o circuiti mutuamente accoppiati.

Figura 41

Due circuiti, avvolti attorno a un nucleo toroidale, accoppiati magneticamente.

La caratteristica di funzionamento di questo doppio bipolo pu essere ricavata applicando il


modello quasi stazionario magnetico (in questo componente gli effetti dovuti alla corrente di
spostamento elettrico sono trascurabili nel limite lentamente variabile). Dalla legge di FaradayNeumann si ottengono le due equazioni (sono le stesse equazioni che sono state scritte per l'induttore
nel Capitolo 2)

d1

dt
d
v2 = 2 
dt
v1 =

(111)

dove 1 e 2 sono, rispettivamente, i flussi concatenati con la bobina 1 e la bobina 2 del campo
magnetico prodotto dalle correnti i1 e i 2 che circolano nelle due bobine. Il flusso del campo
magnetico concatenato con la bobina j (j=1, 2) vale

j = S j % Q jds ,

(112)

dove S j una qualsiasi superficie che ha come orlo la linea chiusa j costituita dal conduttore
filiforme della j-esima bobina e dal segmento che unisce i due terminali della bobina stessa, e il verso
della normale Q j deve essere concorde, secondo la regola del cavatappi, con il riferimento scelto per
il verso della corrente i j . Abbiamo supposto che la conducibilit del conduttore con cui sono
realizzati i due avvolgimenti sia infinita.
Si assuma che l'anello toroidale sia costituito da un materiale magnetico ideale (isotropo), in cui
siano trascurabili gli effetti dovuti ai fenomeni non lineari (come la saturazione e l'isteresi magnetica

216

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

) e con permeabilit magnetica molto grande rispetto a quella del vuoto; allora la relazione costitutiva
del materiale magnetico lineare ( 0 la permeabilit magnetica del vuoto),
%

= + 

>> 0 .

(113)

Inoltre, si assuma che siano trascurabili anche gli effetti delle correnti indotte nell'anello toroidale a
causa della variazione nel tempo del campo magnetico (un materiale magnetico pu essere un buon
conduttore di corrente elettrica).
Sotto queste ipotesi: (a) vale la sovrapposizione degli effetti; (b) solo le correnti di conduzione
nelle due bobine producono campo magnetico; (c) la relazione tra i flussi e le correnti di tipo
statico. La relazione di tipo statico perch si suppone che siano trascurabili i fenomeni di isteresi
magnetica e gli effetti delle correnti indotte nel nucleo e perch nel modello quasi-stazionario
magnetico il legame tra le correnti e il campo H di tipo statico (legge di Ampere). Allora per i
flussi 1 e 2 si ha

1 = 11 + 12 = L 1i1 + M12 i 2 
2 = 21 + 22 = M21i1 + L 2 i 2 

(114)

L 1 L 2 , M12 e M21 sono quattro parametri costanti nel tempo e indipendenti dalle due
correnti i1 e i 2 . Il flusso 11 = L 1i1 il flusso concatenato con la prima bobina quando la corrente
i2 nella seconda bobina uguale a zero, e 22 = L 2 i 2 il flusso concatenato con la seconda bobina
quando la corrente i1 nella prima bobina uguale a zero. Quindi L 1 e L 2 sono, rispettivamente, i

dove

coefficienti di autoinduzione della bobina 1 e della bobina 2. Se le due bobine sono realizzate in
modo tale da poter essere schematizzate come dei solenoidi lunghi, per i due coefficienti L 1 e L 2 si
hanno le espressioni approssimate

N12 S

L1 =
h

(115)

N2 S
L2 = 2 
h

Si assunto che i due solenoidi cilindrici hanno la stessa lunghezza h e la stessa sezione S; N1 e N2
sono, rispettivamente, i numeri di spire degli avvolgimenti 1 e 2.

I coefficienti

12

21

sono detti coefficienti di mutua induzione:

12

rappresenta il

flusso del campo magnetico concatenato con la bobina 1 prodotto da una corrente unitaria
che circola nella bobina 2 quando L1 = 0 , mentre 0 21 rappresenta il flusso del campo
magnetico concatenato con la bobina 2 prodotto da una corrente unitaria che circola nella
bobina 1 quando L2 = 0 .
Se si definiscono i flussi medi di auto e mutua induzione
11m =

L1i1
M12 i 2
M i
L i
 12 m =

21m = 21 1  22 m = 2 2 ,
N1
N1
N2
N2

(116)

si pu affermare che
1d = 11 m 21 m , 2 d = 22 m 12 m

(117)

217

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

sono i flussi medi di dispersione al primario e secondario, rispettivamente. In pratica se


l'accoppiamento perfetto c' da aspettarsi che 1d e 2 d siano nulli. In altri termini c' da
aspettarsi che una corrente circolante nel primo avvolgimento produca, mediamente, lo stesso
flusso concatenato per spira sia nel primo che nel secondo avvolgimento. Si dimostra
facilmente che tale condizione comporta che

L 1L 2 = M12 M21 .

(118)

I coefficienti di autoinduzione sono intrinsecamente positivi (con la convenzione dellutilizzatore),


mentre quelli di mutua induzione possono essere positivi o negativi. Consideriamo il flusso 12 . Esso
dato da 12 =

S 1

%2

Q1 dS dove S una qualsiasi superficie aperta che ha come orlo il primo


1

avvolgimento e Q1 il verso della normale orientata concordemente, secondo la regola del cavatappi,
con il verso di riferimento della corrente i1 . Nei due circuiti accoppiati illustrati in figura 41 il verso
orario se i 2 positiva e il verso di Q1 orario, e quindi 12 e il
coefficiente di mutua induzione sono positivi. Se si sceglie, ad esempio, il riferimento opposto per il
del campo magnetico

verso di i 2 (deve essere cambiato anche il riferimento per il verso della tensione v 2 perch si scelta
la convenzione dell'utilizzatore su ciascuna porta), allora il segno del coefficiente di mutua induzione
negativo. Considerazioni simili valgono per 21 .
Per i flussi del campo magnetico e le correnti esiste una propriet di reciprocit analoga a quella
che esiste in un circuito resistivo per le tensioni e le correnti. Si considerino i due induttori accoppiati
con i1 0 e i2 = 0 : la corrente i1 nella bobina 1 pu essere considerata come causa e il flusso

12 = M12 i 2 , concatenato con la bobina 2, come effetto. Dualmente si considerino i due induttori
accoppiati con i 2 0 e i1 = 0 . In questo caso la corrente i 2 nella bobina 2 pu essere considerata
come causa e il flusso M 12i 2 , concatenato con la bobina 1, come effetto. possibile dimostrare,
utilizzando le equazioni del modello quasi stazionario magnetico (Appendice C), che il rapporto tra
la causa e l'effetto nei due circuiti accoppiati con i 2 = 0 uguale al rapporto tra causa ed effetto nei
due circuiti accoppiati con i1 = 0 , quindi

M12 = M21 = M .

(119)

Il coefficiente di mutua induzione stato indicato con M e si misura in henry [H], come i coefficienti
di autoinduzione.

Figura 42

Simbolo degli induttori accoppiati con nodi contrassegnati: se i due riferimenti per i
versi delle correnti sono entrambi concordi o discordi con il contrassegno, allora M
positivo.

Allora le equazioni costitutive dei due circuiti accoppiati sono (in questo corso sono presi in
considerazione solo induttori accoppiati tempo-invarianti)

218

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

di1
di
+M 2 
dt
dt
di
di
v 2 = M 1 + L2 2 
dt
dt
v1 = L1

(120)

(Queste equazioni non valgono nel caso in cui M fosse variabile nel tempo). Due induttori accoppiati
costituiscono un doppio bipolo dinamico: il valore delle due tensioni v1 e v2 nel generico istante t
non dipende solo dal valore delle due correnti in quellistante, ma anche dai valori che esse assumono
in un intorno di t.
Osservazione
I motori e i generatori elettrici (dinamo e alternatori) possono essere rappresentati da induttori
accoppiati tempo-varianti (cio con coefficienti di mutua induzione variabili nel tempo).
Applicando la relazione (14) e ricordando che possibile trascurare i fenomeni di induzione
magnetoelettrica, si ottiene per la potenza elettrica assorbita dai due induttori accoppiati

p t = i1v1 + i 2 v2 =

dW m
,
dt

(121)

dove

W m i 1 i 2 =

1
1
L1 i12 + Mi1i 2 + L 2 i22 = %2  d Y 0
2
2

(122)

l'energia immagazzinata nel componente associata al campo magnetico; essa positiva. Pertanto
l'energia W t 0  t che il doppio bipolo assorbe nell'intervallo di tempo t 0  t vale

W t 0  t = W m[i1 t  i 2 t ] W m [i1 t 0  i 2 t 0 ] .
La potenza assorbita da due induttori accoppiati una forma differenziale

(123)
(cio espressa

attraverso derivate), perch il doppio bipolo di tipo dinamico. Inoltre la potenza elettrica assorbita
un differenziale esatto (cio una forma differenziale esprimibile attraverso la derivata di una
funzione delle correnti, W m i 1 i 2 ) perch i due coefficienti di mutua induzione M 12 e M21 sono
uguali. Pertanto l'energia assorbita in un intervallo di tempo t 0  t dipende solo dai valori che la
funzione W m i 1 i 2 assume negli istanti iniziale t 0 e finale t , e quindi solo dai valori iniziali e
finali delle due correnti i1 e i 2 e non dalla loro storia. Quando i valori delle correnti nell'istante
finale i1 t  i 2 t sono uguali ai valori che esse assumono negli istanti iniziali i1 t 0  i 2 t 0 , allora
l'energia assorbita dai due induttori accoppiati uguale a zero, comunque sia la forma d'onda delle
correnti nell'intervallo t 0  t . (Questa propriet non valida quando M varia nel tempo).
Osservazione
Se fosse possibile avere M 12 M 21 , non sarebbe possibile esprimere la potenza assorbita come
la derivata di una funzione delle correnti e quindi l'energia assorbita dipenderebbe dalla storia
temporale delle correnti.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

219

Lenergia W(t0,t1) assorbita dai due induttori accoppiati nellintervallo di tempo (t0,t1) dipende dai
valori delle correnti nellistante iniziale i1 t 0  i 2 t 0 , e nellistante finale i1 t1  i 2 t1 . Fissati i
valori delle correnti nellistante iniziale, i1 t 0 = I1 e i 2 t 0 = I 2 , siccome W m i 1 i 2 >0, il valore
minimo di W(t0,t1) si ottiene quando i1 t1 = 0 i2 t1 = 0 . In questo caso il massimo del valore
assoluto di W(t0,t1) uguale a W m I1  I 2 e rappresenta la massima energia che i due induttori sono
in grado di erogare quando le correnti iniziali sono i1 t 0 = I1 e i 2 t 0 = I 2 . Se, invece delle
correnti iniziali si fissano quelle finali, i1 t1 = I1 e i 2 t 1 = I2 , siccome W m i 1 i 2 >0, il valore
massimo di W(t0,t1) si ottiene quando le correnti iniziali sono nulle. Il massimo di W(t0,t1) uguale
ancora a W m I1  I 2 , e rappresenta la massima energia che i due induttori accoppiati possono
assorbire per raggiungere la condizione finale i1 t1 = I1 e i 2 t 1 = I2 . Pertanto due induttori
accoppiati tempo invarianti non possono erogare pi energia elettrica di quanta ne abbiano assorbita
in precedenza, e quindi sono un doppio bipolo passivo.
Gli induttori accoppiati

immagazzinano l'energia elettrica che assorbono; essa pu essere

restituita, completamente, sotto forma di energia elettrica al circuito in cui sono inseriti: due induttori
accoppiati sono un doppio bipolo passivo e conservativo. Alla grandezza definita positiva
W m i 1 i 2 si d il nome di energia immagazzinata negli induttori accoppiati.
Il coefficiente di mutua induzione spesso espresso in funzione del coefficiente daccoppiamento
k definito da

M
.
L1L 2

(124)

Il coefficiente di accoppiamento non pu assumere un qualsiasi valore, esso deve verificare la


relazione

k 1,

(125)

ovvero impossibile ottenere un coefficiente di accoppiamento maggiore di uno. Quando k=0, si ha


M=0, cio non esiste interazione tra i due induttori (questa la condizione che stata invocata tra gli
induttori di un circuito quando sono stati introdotti i bipoli induttori).
La relazione (125) una diretta conseguenza del fatto che l'energia immagazzinata semi definita
positiva. L'energia immagazzinata pu essere riscritta nel modo seguente
2
1
M
1
M 2 2
W m i 1 i 2 = L1 i1 +
i 0.
i2 + L2
2
L1
2
L1 2

(126)

Siccome L 1 e L 2 sono maggiori di zero, se fosse ammissibile k > 1 , sarebbe possibile avere una
energia immagazzinata minore di zero con la coppia di correnti i1 = M  L1 i2  i 2 .
6.10.2 Circuiti perfettamente accoppiati e circuiti equivalenti
Si consideri il caso limite k = 1 ; in questo caso si ha l'accoppiamento pi forte e si dice che
l'accoppiamento perfetto. Un trasformatore progettato e realizzato in modo tale da essere quanto

220

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

pi possibile vicino alla condizione di accoppiamento perfetto. Quando l'accoppiamento perfetto,


dalla (126) si ha
2
M
1
i
0.
W m i 1 i 2 = L1 i1 +
L 1 2
2

(127)

In questo caso se

i1 = M  L1 i2 ,

(128)

l'energia immagazzinata uguale a zero pur essendo i1 0 i 2 0 . Perch ci accada, il campo


magnetico prodotto dalle due correnti deve essere uguale a zero in ogni punto dello spazio, cio il
campo prodotto dalla corrente i1 deve cancellare il campo dovuto alla corrente i 2 in ogni punto dello
spazio. Ci chiaramente impossibile da realizzare in pratica, per possibile avvicinarsi a questa
condizione usando un toro di materiale ferromagnetico a elevata permeabilit magnetica, >> 0 .
Quando verificata questa condizione le linee di campo di B sono praticamente confinate nel toro di
materiale magnetico: il toro si comporta come se fosse un tubo di flusso per il campo B, cio si pu
ritenere che, la componente normale di B alla superficie limite del toro nulla. ( immediata
l'analogia con il campo di corrente che si instaura in un toro conduttore con conducibilit elettrica
molto pi grande dello spazio materiale in cui immerso).
Si assuma che il toro di materiale magnetico sia un tubo di flusso per B; in questo caso il flusso del
campo magnetico attraverso qualsiasi sezione del toro costante. Con questa ipotesi semplice
calcolare il coefficiente di mutua induzione. Si consideri il flusso 21 = M21i1 concatenato con la
bobina 2 del campo magnetico prodotto dalla corrente i1 che circola nella bobina 1, quando

i 2 = 0 . Il flusso 21 uguale a N 2 volte il flusso 21 concatenato con una singola spira della
bobina 2. D'altronde il flusso 21 coincide con il flusso di B1 (B1 il campo prodotto dalla
corrente i1), attraverso una qualsiasi sezione trasversale del toro, e quindi con il flusso 11
concatenato con una singola spira della bobina 1. Il flusso 11 = L1 i1 uguale a N1 volte il flusso

11 . Da queste considerazioni segue che

12 = N2 12 = N 2 11 =

N2
N
11 = 2 L1 i1 .
N1
N1

(129)

Allora, utilizzando la (129) e la prima delle (115) si ottiene per M

M=

N1N2 S
.
h

(130)

I due coefficienti di autoinduzione dati dalla (115) e il coefficiente di mutua induzione (130)
verificano la condizione di accoppiamento perfetto. In realt il toro di materiale magnetico non un
tubo di flusso perfetto e quindi k, in valore assoluto, minore di uno, anche se il suo valore resta
prossimo a tale numero.
Due induttori perfettamente accoppiati hanno una notevole propriet. Le equazioni costitutive
(120) possono essere cos riscritte

221

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

di
M di 2
v1 = L1 1 +

dt L1 dt

(131)

L di
di
v2 = M 1 + 2 2 
dt M dt
Nel caso limite di accoppiamento perfetto L 1  M = M  L 2 , quindi dalla (131) si ottiene

v1 L1
.
=
v2 M

(132)

Questa relazione ricorda quella del trasformatore ideale con costante di trasformazione

n=

L1
.
M

(133)

- Circuito equivalente di due induttori accoppiati perfettamente.


Il doppio bipolo costituito da due induttori accoppiati perfettamente equivalente a un doppio
bipolo costituito da un trasformatore ideale e da un induttore, cos come illustrato in figura 43.
Si consideri il circuito di figura 43a. Applicando la relazione caratteristica del trasformatore ideale,
si ottiene proprio la relazione costitutiva di due induttori accoppiati,
di 1
d(i1 i1 )
= L1 ( 1 +
dt n
dt
M
di
M
v
v2 = 1 =
v1 = M( 1 +
n L1
dt L1
v 1 = L1

Figura 43

di
M
di 2
) = L 1( 1 +
dt L1
dt
di
L
di 2
) = M( 1 + 2
dt M
dt

di 2
),
dt
di 2
).
dt

(134)

Doppi bipoli equivalenti a due induttori accoppiati perfettamente: n = L 1  M .

- Circuito equivalente di due induttori accoppiati: accoppiamento non perfetto ( k < 1 ).


Il doppio bipolo costituito da due induttori accoppiati non perfettamente equivalente a un doppio
bipolo costituito da un trasformatore ideale e da due induttori, cos come illustrato in figura 44.

Figura 44

Doppio bipolo equivalente a due induttori accoppiati con k < 1 .

222

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si considerino due induttori accoppiati non perfettamente, cio M < L1L 2 . Assegnata una
qualsiasi terna L 1 L 2 e M , sempre possibile rappresentare L 1 come

L 1 = L1 + L1 ,

(135)

M2
,
L2

(136)

dove

L1 =

L1 = L1

M2
.
L2

(137)

Queste considerazioni giustificano il circuito equivalente di un accoppiamento non perfetto


illustrato in figura 44. Linduttanza L1 legata ai flussi dispersi: essa descrive il contributo
al flusso concatenato con la prima bobina dovuto alle linee di campo di % che non
concatenano l'altro avvolgimento; per k 2 1 L1 0 . L1 detta induttanza magnetizzante:
essa tiene conto del flusso comune a entrambe le bobine.
Se in un circuito ci sono due induttori accoppiati continua a valere la propriet della
sovrapposizione degli effetti; non valgono la propriet di non amplificazione e la propriet della
reciprocit, perch il doppio bipolo di tipo dinamico.

interessante osservare che un trasformatore progettato e costruito per ottenere le migliori


prestazioni possibili tende ad essere un trasformatore ideale. Infatti perch l'accoppiamento
sia perfetto occorre che le due bobine siano strettamente avvolte su di un nucleo di materiale
ferromagnetico ad elevata permeabilit relativa, r =  0 >>1 . In tali condizioni, infatti,
L1 0 e k 2 1 . Inoltre nel limite r si ha L 1 e quindi la corrente magnetizzante
che circola nell'induttore di induttanza L1 deve tendere a zero e di conseguenza il circuito


equivalente di figura 44 si riduce al solo trasformatore ideale.

CAPITOLO 7

CIRCUITI DINAMICI LINEARI

7.1 Circuito resistivo associato e sistema fondamentale


I Capitoli 6 e 7 sono stati dedicati esclusivamente (ad eccezione del paragrafo sugli induttori
accoppiati) ai circuiti costituiti da resistori e generatori. (Si noti che in quel caso resistore va
inteso in senso ampio, comprendendo generatori pilotati lineari, giratori, trasformatori ideali,
amplificatori operazionali). In questo Capitolo, invece, studieremo i circuiti dinamici lineari, cio
quei circuiti costituiti da elementi statici e dinamici lineari e da generatori indipendenti, con
particolare riferimento a quelli costituiti da condensatori, induttori e resistori lineari tempoinvarianti.
Si consideri un circuito N costituito da n C condensatori e n L induttori lineari e tempo-invarianti,
da n R resistori, in generale, lineari e tempo-varianti, e da n e generatori ideali di tensione e n j
generatori ideali di corrente (figura 1a). Le equazioni, che ne governano la dinamica, sono

Ai = 0,

Bv = 0,
dv
Ck k - ik = 0
k =1, 2, ..., n C ,
dt
di
L k k - vk = 0
k = n C +1, ..., n C + n L ,
dt
v k - R k (t)i k = 0
k = n C + n L +1, ..., n C + n L + n R ,
k = n C + n L + n R + 1,..., n C + n L + n R + n e ,
v k = e k (t)
i = j (t)
k = n C + n L + n R + n e + 1,..., n C + n L + n R + n e + n j ,
k
k

(1)
(2)
(3)
(4)
(5)

dove i = (i1 ,i 2 ,...,i b )T e v = (v1 , v 2 ,..., v b )T sono i vettori rappresentativi delle correnti e delle
tensioni del circuito, b = (n C + n L + n R + n e + n j ) , A e B sono, rispettivamente, una matrice di
incidenza ridotta e una matrice di maglia fondamentale, C k , L k e R k = R k (t) ( C k e L k sono
costanti nel tempo) sono, rispettivamente, le capacit, le induttanze e le resistenze del circuito,

e k = e k (t) e jk = jk (t) sono, rispettivamente, le tensioni dei generatori di tensione e le correnti


dei generatori di corrente indipendenti.

224
Il sistema di equazioni (1)-(5) un sistema di equazioni algebriche-differenziali costituito da
[2b - (n C + n L )] equazioni algebriche e (n C + n L ) equazioni differenziali del primo ordine.
Un'equazione differenziale del primo ordine esprime un legame tra la derivata di almeno una
delle funzioni incognite e le incognite stesse. Nel nostro caso l'operazione di derivazione
applicata alle funzioni incognite che rappresentano le tensioni dei condensatori v1 , ..., v n C e le
correnti negli induttori i n C +1 , ..., i n C +n L . Il sistema di equazioni (1)-(5) lineare, tempo-variante
e non omogeneo (perch tutte le equazioni che vi compaiono sono lineari, R k variabile nel
tempo e vi sono tensioni e correnti assegnate tramite i generatori indipendenti).

Figura 1

Circuito dinamico costituito da bipoli lineari e generatori indipendenti (a) e circuito


resistivo associato (b).

Il sistema algebrico-differenziale (1)-(5) di dimensione 2b pu essere ridotto alla forma


canonica in cui compaiono soltanto le tensioni dei condensatori e le correnti degli induttori come
incognite. Il sistema cos ridotto consiste di sole equazioni differenziali del primo ordine .
evidente che il numero di equazioni differenziali uguale a m = (n C + n L ) . anche evidente che
conviene ridurre il sistema originario a un sistema in cui le incognite siano le tensioni dei
condensatori v1 , ..., v n C e le correnti negli induttori i n C +1 , ..., i n C +n L .

Che ci sia possibile evidente dalle seguenti considerazioni: se supponiamo di assegnare le


tensioni dei condensatori e le correnti degli induttori in un determinato istante - e cio m variabili
- il sistema complessivo di equazioni (1)-(5) pu essere interpretato come un sistema di 2b
equazioni in altrettante incognite nel quale, per, hanno assunto il ruolo di incognite le derivate
delle tensioni dei condensatori al posto delle tensioni stesse dei condensatori e le derivate delle
correnti degli induttori al posto delle correnti stesse degli induttori. Un tale sistema pu essere
risolto fornendo cos i valori delle derivate delle tensioni dei condensatori e delle correnti degli
induttori in quel determinato istante, in altri termini possibile esprimere le derivate delle
tensioni dei condensatori e delle correnti degli induttori in funzione delle tensioni dei
condensatori e delle correnti degli induttori stesse, nonch dei generatori, il che costituisce il

225

sistema in forma canonica cui si faceva riferimento (sistema fondamentaledel circuito


dinamico).
Operativamente la riduzione del sistema (1)-(5) alla forma canonica appena descritta pu
essere ottenuta nella maniera seguente.
Attraverso le [2b - (n C + n L )] equazioni algebriche (1), (4) e (5) si esprimano le correnti nei
condensatori i1 , ..., i n C e le tensioni degli induttori v n C +1 , ..., v n C +n L in funzione delle n C
tensioni v1 , ..., v n C dei condensatori e delle n L correnti i n C +1 , ..., i n C +n L negli induttori. Ci
equivale a risolvere un circuito resistivo ottenuto dal circuito dinamico in esame sostituendo a
ciascun condensatore un generatore di tensione con tensione pari a quella del condensatore e a
ciascun induttore un generatore di corrente con corrente pari a quella dell'induttore (figura 1b) . A
questo circuito ausiliario si d il nome di circuito resistivo (poich costituito da soli resistori e
generatori) associato al circuito dinamico. La soluzione del circuito resistivo associato (che
supponiamo esistere ed essere unica), d quella del circuito dinamico in esame, una volta note le
tensioni sui condensatori e le correnti negli induttori.
Il sistema di equazioni (algebriche-lineari) che descrive il circuito resistivo associato

Ai = 0,

Bv = 0,

(6)

v k = v k (t)

k =1, ..., n C ,

(7)

i k = i k (t)

k = n C +1, ..., n C +n L ,

(8)

vk - R kik = 0
v k = e k (t)
i = j (t)
k
k

k = n C +n L +1, ..., n C +n L +n R ,
k = n C +n L + n R + 1,..., n C +n L + n R + n e ,
k = n C +n L + n R + n e + 1,..., n C +n L + n R + n e + n j .

(9)
(10)

Le equazioni (6)-(10) si ottengono dal sistema (1)-(5) sostituendo all'equazione costitutiva di


ogni condensatore quella di un generatore di tensione ideale con tensione uguale a quella del
condensatore e all'equazione costitutiva di ogni induttore un generatore ideale di corrente con
corrente uguale a quella dell'induttore.

7.2 Equazioni di stato e variabili di stato


La soluzione del circuito resistivo associato d le espressioni delle correnti nei condensatori e
delle tensioni degli induttori in funzione delle tensioni dei condensatori e delle correnti negli
induttori. Il sistema fondamentale in forma canonica di m equazioni differenziali nelle m
incognite v1 , ..., v n C , i n C +1 , ..., i n C +n L si ottiene sostituendo le espressioni delle correnti nei
condensatori e delle tensioni degli induttori cos ottenute, rispettivamente, nelle equazioni (2) e (3)
del sistema di equazioni circuitali.
Per la linearit del circuito resistivo associato, ogni tensione e ogni corrente esprimibile
attraverso una combinazione algebrica lineare delle tensioni dei generatori di tensione di
sostituzione (le tensioni dei condensatori) e dei generatori di tensione effettivi e delle
correnti nei generatori di corrente di sostituzione (le correnti negli induttori) e dei generatori

226
di corrente effettivi. Pertanto, i valori delle correnti in condensatori, resistori e generatori di
tensione e delle tensioni su induttori, resistori e generatori di corrente all'istante generico t
dipendono solo dai valori delle tensioni dei condensatori e dei generatori di tensione e dai valori
delle correnti negli induttori e nei generatori di corrente in quell'istante, attraverso relazioni
algebriche lineari. In particolare per le correnti dei condensatori e per le tensioni degli induttori si
ottiene:
nC

n C +n L

i=1

k =n C +1

- i1 = h1i v i +

*
h1k i k + j1 (t),

(11)

........
nC

n C +n L

i=1

k =n C +1

- i n C = h n C i vi +
- v n C +1 =

nC
i=1

h n C +1i v i +

h n C k i k + j*n C (t),

nC +nL

h n C +1k i k + e*n C +1 (t),

k =n C +1

........
- vn C + n L =

(12)
nC
i=1

h n C + n L i vi +

nC +nL

h n C + n L k i k + e*n C + n L (t),

k =n C +1

dove i coefficienti h ij sono indipendenti dalle tensioni e dalle correnti (essi dipendono solo dai
resistori del circuito) e le funzioni j*h (t) e e*k (t) descrivono l'effetto dei generatori indipendenti
del circuito; i coefficienti h ij dipendono dal tempo se i resistori sono tempo-varianti.
evidente che i coefficienti h ij sono proprio gli elementi della matrice ibrida H del
(n C + n L ) -porte resistivo lineare (con la convenzione dell'utilizzatore su ogni porta) di figura 1b,
quando i generatori del circuito dinamico sono spenti, e j*h (t) e e*k (t) sono, rispettivamente, la
corrente di corto circuito nella porta h e la tensione a vuoto nella porta k (sempre con la
convenzione dell'utilizzatore per ogni porta), quando i generatori di sostituzione sono spenti e
i generatori indipendenti effettivi sono in funzione. Pertanto le (11) e (12) possono essere riscritte
nella forma matriciale

y = - H(t)x - g(t) ,

(13)

dove x = (v1 ,..., v n C , i n C +1 ,..., i n C + n L )T , y = (i1 ,..., i n C , v n C +1 ,..., v n C + n L )T , H(t) la matrice ibrida
del

(n C + n L ) - p o r t e

corrispondente

g(t) = ( j1* (t),..., j* n C (t), e* n C +1 (t),..., e* n C + n L (t))T .

al

circuito

resistivo

associato

(In generale, un circuito dinamico pu essere

considerato come un (n C + n L ) -porte resistivo lineare, a cui sono collegati n C condensatori e


n L induttori (figura 1a)).
Sostituendo le (11) nelle (2) e le (12) nelle (3) si ottiene il sistema fondamentale

227
dv
C1 1 = dt

nC

nC +nL

h1i v i -

h1i i k - j1* (t),

k =n C +1

i=1

........
CnC

dv n C
dt

L n C +1

=-

di n C +1
dt

nC
i=1

=-

h n C i vi -

nC
i=1

nC +nL

h n C k i k - j*n C (t),

(14)

k =n C +1

h n C +1i v i -

nC +nL

h n C +1k i k - e*n C +1 (t),

k =n C +1

........
LnC +nL

di n C + n L
dt

=-

nC
i=1

h n C + n L i vi -

nC +nL

h n C + n L k i k - e*n C + n L (t).

k =n C +1

Se le correnti e le tensioni del circuito verificano le equazioni circuitali (1)-(5), allora le tensioni
dei condensatori v 1 = v1 (t), ..., v n C = v n C (t) e
le
correnti
negli
induttori

in

+1

= in

+1 (t),

..., i n

+ nL

= in

+ n L (t)

verificano il sistema (14). Per converso, se le tensioni nei

condensatori e le correnti negli induttori verificano il sistema (14), allora esiste una e una sola
soluzione del circuito in esame con queste tensioni e queste correnti. Le altre grandezze elettriche
del circuito si ottengono, una volta note le tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori,
risolvendo il circuito resistivo associato.
Il sistema (14) prende il nome di sistema di equazioni di statoe le tensioni dei condensatori

v1 , ..., v n C e le correnti negli induttori i n C +1 , ..., i n C +n L sono le variabili di stato del circuito.
L'ordine del sistema di equazioni di stato (l' ordine del circuito) uguale al numero di equazioni di
stato e quindi al numero di elementi dinamici presenti nel circuiti m = (n c + n L ) .
In qualsiasi istante
t , lo stato in t e i valori delle tensioni dei generatori indipendenti di tensione
e delle correnti dei generatori indipendenti di corrente in quell'istante, determinano univocamente
i valori delle tensioni di induttori, resistori e generatori indipendenti di corrente e i valori delle
correnti in condensatori, resistori e generatori indipendenti di tensione allo stesso istante, attraverso
le equazioni del circuito resistivo associato. Il risultato ottenuto molto significativo: le grandezze

non di stato sono esprimibili in ogni istante in funzione delle sole grandezze di stato e dei
generatori indipendenti attraverso relazioni puramente algebriche, quindi di tipo istantaneo . Il
risultato giustifica il nome di grandezze di stato dato a queste variabili; la loro conoscenza in un
determinato istante infatti implica la conoscenza di tutte le altre grandezze nello stesso istante e
quindi determina univocamente lo stato del circuito.
Il sistema (14) pu essere riscritto nella forma matriciale

D x = - H(t)x - g(t) ,

(15)

dove x = (v1 ,..., v nC ,i nC +1 ,...,i nC + n L )T il vettore rappresentativo delle grandezze di stato, vettore
di stato, e D = diag(C1 ,...,C n C ,L n C +1 ,...,L n C +n L ) una matrice diagonale m m .
Il sistema (14) un sistema di m equazioni differenziali ordinarie lineari del primo ordine. I
sistemi di equazioni differenziali, in generale, ammettono infinite soluzioni (questa propriet
stata gi evidenziata quando abbiamo studiato la dinamica di circuiti semplici costituiti da un solo

228
induttore o da un solo condensatore), a differenza dei sistemi lineari puramente algebrici (come
quelli che descrivono il funzionamento dei circuiti resistivi lineari).
Per individuare tra tutte le soluzioni ammissibili, quella che governa il circuito in esame,
bisogna assegnare ulteriori condizioni, che non sono contenute n nel sistema fondamentale, n
nelle equazioni circuitali. possibile prevedere l'andamento temporale delle tensioni e delle
correnti di un circuito per t > t 0 , ( t 0 detto istante iniziale, e pu essere tipicamente l'istante
iniziale dell'intervallo di osservazione oppure l'istante in cui il circuito inizia a funzionare), se si
conoscono all'istante t = t 0 le tensioni dei condensatori (condizioni iniziali per le tensioni sui
condensatori):

v1 (t 0 ) = V1 ,
...
v n C (t 0 ) = V n C ,

(16)

e le correnti negli induttori (condizioni iniziali per le correnti negli induttori):

i n C +1 (t 0 ) = I1 ,
...
i n C +n L (t 0 ) = I n L .

(17)

Le condizioni iniziali (16) e (17) non sono contenute nel sistema (1)-(5); esse dipendono solo
dalla storia del circuito precedente all'istante t = t 0 .
La soluzione del sistema di equazioni differenziali (14) con le condizioni iniziali (16) e (17)
prende il nome di Problema di Cauchy. Dalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie 1 si ha
la seguente propriet:
Propriet 1: esistenza e unicit della soluzione
Esiste una e una sola soluzione del sistema di equazioni(14) che verifica le
condizione iniziali(16) e (17).
(Questa propriet cos forte dovuta alla linearit del sistema di equazioni.) Di conseguenza una
volta assegnato il valore dello stato del circuito all'istante iniziale t = t 0 , lo stato per t > t 0
univocamente determinato dalle equazioni di stato.
Esempio

Per rendere pi chiaro il discorso utile far riferimento ad un circuito concreto del tipo
mostrato in figura 2a. Tutte le tensioni e le correnti sono state ordinate secondo la convenzione
che abbiamo precedentemente adottato. Le equazioni che descrivono la dinamica del circuito
sono

1 Vedi, ad esempio, in C.Miranda, Lezioni di Analisi Matematica, Liguori Editore, Napoli 1976.

229

C dv1 = i ,
1

didt
L 2 = v2 ,
dt

0 = i1 + i 2 + i 3 ,
0=i - i ,
3
4

0 = v1 - v 2 ,

0 = v 2 - v3 - v 4 ,
0 = v 3 - R 3i 3 ,

0 = v 4 - e(t).

(18)

(19)

Il sistema di equazioni circuitali (18), (19) costituito da 8 equazioni in 8 incognite: le prime


due equazioni, cio le (18), sono equazioni differenziali lineari del primo ordine e le restanti, cio
le (19), sono equazioni algebriche lineari. Le equazioni (18) esprimono, rispettivamente, le
relazioni costitutive del condensatore e dell'induttore, le prime quattro del sistema (19)
costituiscono l'insieme massimale di equazioni di Kirchhoff linearmente indipendenti e le
restanti due equazioni sono le equazioni costitutive dei bipoli statici presenti nel circuito:
resistore e generatore ideale di tensione.

Figura 2

Circuito dinamico in esame (a) e circuito resistivo associato (b).

Per ridurre il sistema algebrico differenziale (18), (19) alla forma canonica basta ricavare dalle
(19) l'espressione della corrente i 1 del condensatore e della tensione v 2 dell'induttore in
funzione delle sole grandezze di stato e del generatore, cio in funzione di v1, i 2 ed e(t). Allo
scopo sufficiente considerare la tensione v 1 e la corrente i 2 come assegnate e interpretare le
equazioni (19) come un sistema di 6 equazioni nelle 6 incognite i1 , v 2 ,i 3 , v3 ,i 4 , v 4 , ovvero come
la soluzione del circuito resistivo associato ottenuto sostituendo al condensatore un generatore di
tensione e all'induttore un generatore di corrente (figura 2b). La soluzione del circuito resistivo
associato :
e(t) - v1 (t)
- i 2 (t),
R
v 2 (t) = v1 (t),
v (t) - e(t)
i 3 (t) = i 4 (t) = 1
,
R
v3 (t) = v1 (t) - e(t).
i1 (t) =

(20)

(21)

230

Sostituendo le espressioni (20) nel sistema di equazioni differenziali (18) si ottiene il sistema
di equazioni di stato
dv1 = - v1 - i 2 + e(t) ,
dt
RC C RC
di
v2
2
= .

L
dt

(22)

Esempio
Si consideri, ora, il circuito dinamico illustrato in figura 3a. I due resistori sono tempo-varianti.
In figura 3b illustrato il circuito resistivo associato, ottenuto sostituendo al posto dei due
condensatori, due generatori di tensione ideali con tensione v1 (t) e v 2 (t) (le tensioni dei
condensatori), e al posto dell'induttore un generatore di corrente ideale con corrente i 3 (t) , (la
corrente nell'induttore).
Il circuito resistivo associato ha una ed una sola soluzione. Risolvendolo si ottiene:

i1 = i2 =

v1
v
+ 2 + i 3 (t),
R 4 (t) R 4 (t)
v2
v1
,
R 4 (t) R 4 (t)

v3 = - v1 (t) - R 5 (t)i 3 (t) + e(t),

(23)

v 4 = v1 - v2 ,
v5 = R 5 (t)i 3 (t).
Le relazioni algebriche (23) esprimono le grandezze circuitali in funzione delle tensioni
v1 (t) e v2 (t) dei due condensatori, della corrente i 3 (t) nell'induttore e della tensione e(t) del
generatore di tensione effettivo.
Per ridurre le equazioni circuitali al sistema fondamentale possiamo ragionare anche in un altro
modo. La parte statica del circuito dinamico in esame rappresentata attraverso il 3-porte resistivo
lineare N 3 : alle porte 1 e 2 sono collegati i due condensatori e alle porta 3 collegato
l'induttore. Il 3-porte N 3 caratterizzato assegnando le tensioni v1 (t) e v2 (t) sulle porte 1 e
2 e la corrente i 3 (t) nella porta 3 (caratterizzazione ibrida); su ogni porta stata fatta la
convenzione del generatore. La relazione che lega le correnti i1 (t) e i 2 (t) nei due condensatori e
la tensione v3 (t) dell'induttore alle tensioni dei due condensatori e alla corrente nell'induttore,
pu essere espressa tramite la matrice ibrida H del 3-porte. Si ottiene, cos,

i1
v1 0
i 2 = - H(t) v2 + 0 .
v3
i3 e
H = H(t) la matrice ibrida del 3-porte quando e(t)=0 e vale

(24)

231

H=

G
- ST

S
.
R

(25)

Figura 3 Circuito dinamico in esame (a) e circuito resistivo associato (b).


La (25) una matrice a blocchi. Il blocco G (2 2) la matrice delle conduttanze vista dai
due condensatori quando al posto dell'induttore c' un circuito aperto ed e(t)=0,

G=

1 / R 4 (t) - 1 / R 4 (t)
.
- 1 / R 4 (t) 1 / R 4 (t)

(26)

Il blocco R (1 1) la matrice delle resistenze vista dall'induttore (la resistenza equivalente)


quando al posto dei condensatori ci sono corto circuiti ed e(t)=0,

R = R 5 (t) .

(27)

Infine il blocco S (2 1) descrive il contributo alle correnti nei condensatori dovuto alla corrente
nell'induttore,

S=

- 1
,
0

(28)

e il blocco - S T (1 2) descrive il contributo alla tensione sull'induttore dovuto alle tensioni sui
condensatori. Le (24)-(28) si ottengono direttamente dalle prime tre equazioni dell'insieme (23).
Le equazioni di stato del circuito sono

C dv1 = 1 dt

dv 2
=
C2
dt

L di 3 = 3 dt

v1
v
+ 2 + i3 ,
R 4 (t) R 4 (t)
v1
v2
,
R 4 (t) R 4 (t)
v1 (t) - R 5 (t)i 3 (t) + e(t).

Il sistema di equazioni (29) pu essere posto nella forma matriciale (15).

Osservazione: rappresentazione geometrica dell'evoluzione di un circuito dinamico

(29)

232

La struttura delle equazioni circuitali (1)-(5) mette chiaramente in luce che i bipoli dinamici e
quelli statici giocano due ruoli diversi nel meccanismo che determina l'evoluzione temporale del
circuito: in particolare le equazioni costitutive dei bipoli statici giocano un ruolo simile a quello
svolto dalle equazioni di Kirchhoff. Infatti, in analogia con la meccanica, la parte algebrica delle
equazioni circuitali pu essere considerata come un insieme di vincoli olonomi, in generale
variabili nel tempo, sulle tensioni e le correnti del circuito in esame, mentre le equazioni
differenziali che esprimono le equazioni costitutive degli elementi dinamici ricordano le
equazioni del moto. Per meglio approfondire questo parallelo utilizzeremo una rappresentazione
geometrica.

7.3 Continuit delle variabili di stato di un circuito


Le funzioni h ij (t) , e*h (t) e j*k (t) possono essere generalmente continue, cio, possono avere
delle discontinuit di prima specie 2, (figura 4). Ad esempio nel circuito illustrato in figura 3a le
forme d'onda delle resistenze R 4 = R 4 (t) e R 5 = R 5 (t) dei resistori tempo-varianti e della
tensione del generatore di tensione e=e(t) possono avere delle discontinuit di prima specie.
Utilizzando, ancora, la teoria delle equazioni differenziali ordinarie si ha:
Propriet 2: continuit delle variabili di stato
Le soluzioni del sistema di equazioni(21) sono continue e limitate se h ij (t) ,

e*h (t) e j*k (t) , pur essendo generalmente continue, sono funzioni
limitate 3.
Questa propriet, detta propriet di continuit delle variabili di stato
, molto importante e per
questo merita di essere approfondita. Essa pu essere dimostrata attraverso un ragionamento che
allo stesso tempo semplice e rigoroso. Per fare questo abbiamo bisogno di alcuni risultati
intermedi.
Prima di tutto si considerino le seguenti propriet.
Propriet 3
(a)

(b)

Se la forma d'onda della correntei c = i c (t) in un condensatore lineare tempoinvariante si mantiene limitata, allora la forma d'onda della tensione
v c = v c (t) del
condensatore continua: per qualsiasi istante
t si ha v c (t - ) = v c (t + ).
Dualmente, se la forma d'onda della tensionev L = v L (t) di un induttore tempoinvariante si mantiene limitata, allora la correntei L = i L (t) nell'induttore una
funzione continua: per qualsiasi istante
t si ha i L (t - ) = i L (t + ).

2 Una discontinuit di prima specie di una funzione reale f(t) un punto t =


t tale che f (t + ) e f (t - ) esistono

(finiti) e f(t + ) f (t - ); la differenza f (t + ) - f (t - ) il salto di discontinuit di f a t = t . f(t) si dice generalmente


continua in un intervallo I se e solo se f(t) continua in I eccetto che in un numero finito di punti in cui ha
discontinuit di prima specie.
3 Una funzione f=f(t) limitata se esiste una costante positiva M finita tale che f(t) M " t.

233
Si dimostrer soltanto (a) poich (b) segue per dualit.
Si consideri la relazione caratteristica del condensatore tempo-invariante,

ic = C

dv c
.
dt

(30)

e si integrino ambo i membri della (30) sull'intervallo (


t-e

,t + e ) , dove e una parametro

positivo e piccolo a piacere. Si ha

v c (t + e ) =

1 t +e
i c (t )dt + v c (t - e ) .

C t - e

Se la corrente i c = i c (t) limitata, l'integrale tende a zero per e 0 ,

(31)
e quindi per ogni

t si ha v c ( t ) = v c ( t ).

Figura 4

Esempi di funzioni generalmente continue.

Se la tensione del condensatore e la corrente nell'induttore sono continue, allora sia l'energia
elettrica immagazzinata nel condensatore

W C (t) = Cv2C (t) / 2 , che l'energia magnetica

immagazzinata nell'induttore W L (t) = Li 2L (t) / 2 sono funzioni continue e la potenza elettrica


assorbita da questi bipoli limitata.
Osservazione
Le Propriet 3 non valgono se il condensatore (l'induttore) tempo-variante e la funzione che
descrive la forma d'onda della capacit (dell'induttanza) una funzione generalmente continua. In
generale la carica (il flusso dell'induttore) nel condensatore che continua se la corrente (la
tensione dell'induttore) limitata. In corrispondenza di un punto di discontinuit di prima specie
della capacit (del coefficiente di autoinduzione), la tensione del condensatore (la corrente
nell'induttore) discontinua.
Pu mai essere discontinua la tensione del condensatore, pur essendo la capacit costante nel
tempo? Si assuma che la tensione v c = v c (t) abbia all'istante t =
t una discontinuit di prima
specie come mostrato in figura 5a. sempre possibile riscrivere la funzione v c = v c (t) come

v C (t) = vC (t) + Vu(t - t) ,

(32)

C (t) una funzione ovunque continua e derivabile (figura 5b) e u=u(t) la funzione
dove v
gradino unitario (funzione di Heaviside) definita come (figura 6a)

234

0 t < 0,

u(t) = non definita in t = 0,


1 t > 0.

(33)

Figura 5

Figura 6

Funzione gradino unitario (funzione di Heaviside) (a); un approssimante della


funzione gradino unitario (b); impulso rettangolare (un approssimante dell'impulso di
Dirac) (c).

Il limite sinistro di u(t) in t=0 uguale a 0, mentre il limite destro uguale a 1. In effetti la
funzione gradino unitario non una funzione derivabile nel senso classico, e pertanto, a stretto
rigore, non ha significato sostituire la (33) nell'equazione (30). Tuttavia, possibile pensare al
gradino unitario come limite della successione ottenuta facendo tendere il parametro D a zero
nella funzione SD (t) , cos definita (figura 6b)

t -D / 2,
0
(2t + D )
SD (t) =
- D / 2 t D / 2,
2D
1
D / 2 t.

(34)

SD (t) una funzione approssimante il gradino unitario per D 0

. Utilizzando la (34)

possibile costruire un approssimante della (32) del tipo:

v c D (t) = vc (t) + XSD (t - t)

per D

0.

(35)

Sostituendo la (35) nell'equazione (30), si ottiene

VP
D

1
dvC
(t - t) = i c (t) ,
C
dt

(36)

235
dove la funzione P D (t) (impulso rettangolare) definita come (figura 6c)

(t) = D
0

2
D
t <-

2
=

D
D
e <t
2
2

<t<

D
D

u t + 2 - u t - 2 .

(37)

La funzione impulso rettangolare P D (t) uguale alla derivata della funzione SD (t) ,

(t) =
D

d
SD (t) .
dt

(38)

Prima di proseguire con la nostra analisi, ricordiamo brevemente la definizione dell'impulso di


Dirac. Si consideri la successione di funzioni P D (t) quando D0.
evidente che P D (t) gode
delle seguenti propriet per D0

- nulla per qualsiasi t, eccetto che in t=0;


- non ha valore finito in t=0.
- Inoltre il suo integrale definito nell'intervallo (- D
D

0 -D

lim

+D

P
D

La forma d'onda limite

, D ) vale uno per ogni valore di D , quindi

(t )dt = 1.
D

lim P
0

(39)

(t) detta impulso unitarioo funzione impulsiva di Dirace

viene indicata con d (t). Pi esattamente, una funzione illimitata definito impulso unitario se, e
solo se, essa soddisfa le due seguenti propriet:

non limitata
0

d (t) =
-e

2
1

d (t )dt = 1

t = 0,
t 0;

per ogni e

(40)

>0 ee

> 0.

(41)

L'impulso di Dirac viene indicato con una freccia in grassetto, come illustrato in figura 7a,
perch uguale a zero per t 0 ed illimitato nell'origine.

Figura 7

Impulso di Dirac app licato in t=0 (a) e impulso di Dirac applicato in t=T (b).

La relazione
t

d (t )dt = u(t) ,

suggerisce la relazione inversa

(42)

236

d (t) =

du
.
dt

(43)

La relazione (43) pu essere considerata come il limite per D0

della (38). Nella teoria dei

circuiti si usa considerare adimensionale la funzione gradino unitario; di conseguenza la funzione


impulsiva unitaria ha le dimensioni di [s -1] nel Sistema Internazionale.
Una propriet notevole dell'impulso di Dirac la cosiddetta propriet di campionamento
, cio
per ogni funzione continua j = j

j (t )d (t - t

)dt = j

(t) vale la propriet


(t) .

(44)

Dopo questo breve intermezzo ritorniamo all'equazione (36). Quando D0,

il termine a primo

membro dell'equazione (36) diventa non limitato in un intorno dell'istante t =


t : esso tende a un

impulso di Dirac traslato di t (la derivata di v C (t) limitata). Allora, affinch la (36) sia verificata
in ogni istante, deve essere necessariamente o V=0, cio la tensione ai capi del condensatore deve
essere continua, oppure la corrente nel condensatore deve contenere un impulso di Dirac applicato
di ampiezza opportuna applicato all'istante in cui la tensione discontinua. (Affinch la tensione
del condensatore abbia una discontinuit di prima specie non basta che la corrente sia illimitata; si
potrebbe avere una corrente non limitata e una tensione continua).
Se la corrente nel condensatore impulsiva (ad esempio, il condensatore alimentato tramite
un generatore di corrente impulsivo)

i c (t) = Qd (t - t) ,

(45)

(la funzione d (t) ha le dimensioni di s-1 e quindi l'ampiezza Q dell'impulso deve essere
dimensionalmente omogenea con una carica elettrica), la tensione del condensatore data da

v c (t) = v c (t - ) +

Q t
d (t C t
+

t)dt ,

(46)

quindi vale

Q
v c (t) = v c (t - ) + u(t - t) ,
C
dove Q rappresenta la carica fornita dal

(47)
generatore impulsivo di correnteal condensatore

nell'intervallo infinitesimo centrato in


t . In questo caso l'energia immagazzinata nel condensatore
ha un salto di discontinuit e quindi il condensatore assorbe una potenza, che anch'essa
impulsiva (i generatori impulsivi possono erogare e gli interruttori possono assorbire potenze
elettriche non limitate).
Per l'induttore vale il duale. Se la tensione sull'induttore

v L (t) = dF

(t - t) ,

(48)

237
(in questo caso l'ampiezza dell'impulso deve essere dimensionalmente omogenea con un flusso
magnetico), la corrente nell'induttore data da

F
i (t) = i (t - ) +
L

t +

L t
-

d (t -

t)dt ,

(49)

e quindi vale

F
i (t) = i (t - ) + u(t - t) ,
L
L

dove F

(50)

rappresenta il flusso fornito dal

generatore impulsivo di tensioneall'induttore

nell'intervallo infinitesimo centrato in


t . In questo caso l'energia immagazzinata nell'induttore ha
un salto di discontinuit e quindi l'induttore assorbe una potenza, che anch'essa impulsiva.
Possiamo riassumere questi risultati nel modo seguente.
Propriet 4
(a)

La tensione del condensatore generalmente continua se la corrente che in esso


circola contiene impulsi di Dirac; in particolare un impulso unitario di corrente
(positivo) d un incremento di tensione pari 1/C.
a

(b)

Dualmente, la corrente nell'induttore generalmente continua se la tensione a esso


applicata contiene impulsi di Dirac; in particolare un impulso unitario di tensione
(positivo) d un incremento di corrente pari 1/L.
a

Per sapere, ora, sotto quali condizioni le grandezze di stato sono continue, bisogna dare risposta
alle seguenti domande:
- Quando in un circuito le correnti nei condensatori e le tensioni sugli induttori sono limitate
?
- E quando, invece, contengono impulsi di Dirac
?
Dalle equazioni (11) e (12) segue immediatamente che, se le funzioni h ij (t) , e*h (t) e j*k (t) e le
grandezze di stato sono limitate, allora le correnti nei condensatori e le tensioni degli induttori
sono anche esse limitate (le h ij (t) , e*h (t) e j*k (t) possono essere generalmente continue). Ad
esempio, nel circuito illustrato in figura 3a, se la forma d'onda della conduttanza 1 / R 4 (t) e della
resistenza R 5 (t) dei resistori tempo-varianti e della tensione del generatore di tensione e=e(t)
sono limitate, (possono presentare delle discontinuit di prima specie), allora le correnti nei
condensatori e la tensione dell'induttore sono anche esse limitate, purch lo siano le grandezze di
stato. Si supposto, nel ragionamento che abbiamo sviluppato, che le grandezze di stato siano
limitate, cio, ad esempio, che non contengano esse stesse impulsi di Dirac. Questa ipotesi non
affatto limitativa. Affinch le grandezze di stato contengano degli impulsi di Dirac, le correnti nei
condensatori e le tensioni degli induttori dovrebbero contenere derivate dell'impulso di Dirac 4 (le
correnti nei condensatori e le tensioni degli induttori devono contenere termini pi irregolari

4 La derivata dell'impulso di Dirac una funzione (nel senso della teoria delle distribuzioni) che viene indicata

con d

(1)

=d

(1)

(t) . Essa vale zero per

t 0 , non limitata in t=0 e

t
- d

(1)

(t )dt = d (t) .

238
degli stessi impulsi di Dirac) e quindi, a maggior ragione, le funzioni h ij (t) , e*h (t) e j*k (t) devono
essere non limitate.
Si dimostra che le funzioni h ij (t) sono limitate se non ci sono maglie costituite da soli
condensatori, generatori di tensione e interruttori che si chiudono e insiemi di taglio costituiti da
soli induttori, generatori di corrente e interruttori che si aprono. Le funzioni e*h (t) e j*k (t) sono
limitate se le tensioni dei generatori di tensione e le correnti dei generatori di corrente sono
limitate (generatori limitati). Nell'esempio riportato in figura 3a, R 4 = R 4 (t) deve essere sempre
maggiore di zero (non deve mai diventare un corto circuito), R 5 = R 5 (t) deve essere limitata
(non deve mai diventare un circuito aperto) e e=e(t) non deve contenere impulsi di Dirac.
Le correnti nei condensatori e le tensioni negli induttori possono contenere impulsi di Dirac se:
(a)

i generatori del circuito dinamico contengono impulsi di Dirac (nel circuito ci sono
generatori impulsivi);

(b)

ci sono interruttori che si chiudono in parallelo ai condensatori e interruttori che si aprono


in serie a induttori e pi in generale maglie costituite da soli condensatori, generatori di
tensione e interruttori che si chiudono e insiemi di taglio costituiti da soli induttori,
generatori di corrente ideali e interruttori che si aprono. Ad esempio, nell'istante in cui un
interruttore in serie a un induttore si apre, la corrente nell'induttore forzata a annullarsi
istantaneamente, e quindi nasce una tensione impulsiva sia sull'induttore che
sull'interruttore; dualmente per il condensatore.

Ricapitolando, le propriet delle grandezze di statoin un circuito con condensatori e induttori


lineari e tempo-invarianti sono:
Per qualsiasi istante t 0 , lo stato in t 0 e gli andamenti delle tensioni dei generatori di
tensione e delle correnti dei generatori di corrente (supposti noti dall'istante
t 0 in poi)

(i)

determinano univocamente lo stato per ognit > t 0 , attraverso le equazioni di stato


.
(ii)

Lo stato all'istante t, e le tensioni dei generatori di tensione e le correnti dei generatori di


corrente, determinano univocamente il valore all'istante t di ogni variabile del circuito
attraverso un legame di tipoalgebrico.

(iii) In un circuito dinamico con induttori e condensatori tempo-invarianti le grandezze di stato


sono funzioni continue se: (a) i generatori sono limitati; (b) non ci sono maglie costituite
da soli condensatori, generatori di tensione e interruttori che si chiudono e insiemi di taglio
costituiti da soli induttori, generatori di corrente e interruttori che si aprono.
Osservazioni
Non necessario scegliere come variabili di stato le correnti negli induttori e le tensioni dei
condensatori; si potrebbero anche scegliere i flussi degli induttori e le cariche dei condensatori. In
effetti, per il caso di induttori e condensatori non lineari e/o tempo-varianti, procedere in questo
modo presenta il vantaggio che continua a essere valida la propriet di continuit

239
(precedentemente stato messo in evidenza che sono, rispettivamente, le cariche e i flussi che sono
sempre continui, se le correnti nei condensatori e le tensioni degli induttori sono limitate).
Anche altre grandezze circuitali potrebbero essere utilizzate per ridurre le equazioni circuitali,
ad esempio, le correnti nei condensatori, le tensioni degli induttori e le tensioni dei resistori. Per
esse sarebbero ancora verificate le propriet (i) e (ii) appena enunciate. Invece la propriet di
continuit non sarebbe verificata, in generale. Infatti se le forme d'onda dei generatori e delle
resistenze dei resistori tempo-varianti sono generalmente continue, le correnti nei condensatori, le
tensioni degli induttori e le tensioni dei resistori possono essere discontinue. Questa la ragione
fondamentale della scelta fatta per le variabili di stato. Come poi vedremo, la propriet di
continuit dello stato molto utile nello studio dei circuiti dinamici tempo-varianti.
Tutti i risultati che abbiamo ottenuto valgono anche quando il circuito contiene anche altri
elementi lineari (come, ad esempio, amplificatori operazionali, giratori, trasformatori ideali,
generatori controllati, induttori accoppiati).

7.4 Circuiti del primo ordine


I circuiti costituiti da un solo condensatore (o da un solo induttore) e da elementi statici
(resistori, trasformatori ideali, amplificatori operazionali, generatori controllati, generatori
indipendenti, etc) sono circuiti del primo ordine. Per determinare l'equazione di stato di un
circuito siffatto, pu essere conveniente rappresentarlo come illustrato in figura 8, dove con il
bipolo NS rappresentata la parte del circuito costituita da soli elementi statici lineari e generatori
indipendenti.
7.4.1 Circuito RC del primo ordine: equazione di stato
Applicando il teorema di Norton al bipolo statico lineare N S e usando l'equazione caratteristica
del condensatore, si ottiene :

dv
= i,
dt
i = - G eq v + j* (t) ,

(51)
(52)

dove G eq la conduttanza equivalente del bipolo statico quando i generatori al suo interno sono
stati spenti e j* = j* (t) la corrente di corto circuito (si sta assumendo che il bipolo N S
controllabile in tensione). La corrente di corto circuito dipende dalle forme d'onda dei generatori
indipendenti presenti all'interno del circuito: per la linearit

j* = j* (t) una combinazione lineare

delle tensioni dei generatori di tensione e delle correnti dei generatori di corrente indipendenti. Le
equazioni (51) e (52) sono le equazioni del circuito equivalente RC illustrato in figura 9a.

240

Figura 8

Circuito RC del primo ordine lineare (a) e circuito RL del primo ordine lineare (b).

Figura 9

Circuito equivalente del circuito di figura 8a (a) e del circuito di figura 8b (b).

L'equazione caratteristica del condensatore (51), impone tra la tensione v e la corrente i una
relazione di tipo dinamico, invece l'equazione caratteristica del bipolo N S (52) impone una
relazione di tipo algebrico, (sul bipolo N S stata fatta la convenzione del generatore). Dunque il
bipolo statico impone attraverso la (52) che la corrente nel condensatore all'istante generico
t
dipenda solo dai valori che la tensione v e la corrente di corto circuito j* assumono in
quell'istante. Combinando le equazioni (51) e (52), si ottiene

dv G eq (t)
j* (t)
+
v=
.
dt
C
C

(53)

La (53) l'equazione di stato per il generico circuito RC del primo ordine. Assegnata un'arbitraria
condizione iniziale

v(t = t 0 ) = V ,

(54)

esiste una ed una sola soluzione che verifica l'equazione (53) e la condizione iniziale (54). Una
volta determinata la tensione v, possibile determinare le altre variabili del circuito risolvendo il
circuito resistivo associato ottenuto sostituendo il condensatore con un generatore di tensione
ideale con tensione v=v(t).
Per il circuito RC la corrente di corto circuito j* (t) limitata se le tensioni dei generatori di
tensione e le correnti dei generatori di corrente sono limitate e se non ci sono generatori di
tensione in parallelo al condensatore. La conduttanza equivalente G eq (t) si mantiene limitata se
in parallelo al condensatore non c' n un interruttore che si chiude, n un generatore di tensione.
In queste condizioni la tensione del condensatore una funzione continua del tempo, pur potendo
essere la conduttanza equivalente G eq (t) e la corrente di corto circuito
generalmente continue (ma limitate).

j* (t) funzioni

241
Anche se abbiamo gi discusso abbondantemente la propriet della continuit delle grandezze
di stato, utile rivederla quando i circuiti sono particolarmente semplici, per capirne meglio il
significato. A tale scopo ne viene proposta un'altra dimostrazione, che si basa su un ragionamento
per assurdo.

t.
Si assuma che la tensione del condensatore sia limitata, ma possa essere discontinua all'istante
possibile, allora, rappresentarla come

v(t) = v(t) + Vu(t - t) ,

(55)

(t) una funzione limitata e derivabile e V il salto di discontinuit. Sostituendo la (55)


dove v
nella (53), si ottiene

dv G eq (t)
j* (t)
Vd (t - t) = [ v + Vu(t - t)] +
.
dt
C
C

(56)

Se G eq (t) e j* (t) sono limitate nell'intorno dell'istante


t , l'equazione (56) pu essere verificata se
e solo se il salto di discontinuit V uguale a zero. In questo caso la corrente nel condensatore si
mantiene limitata.
Esempio
Si consideri il circuito del primo ordine rappresentato in figura 10a e si scriva l'equazione di
stato per la tensione del condensatore v, utilizzando il teorema di Norton. In figura 10b
rappresentato il circuito equivalente di Norton. Bisogna determinare la corrente di corto circuito

j* = j* (t) (figura 11b), e la conduttanza equivalente (figura 11c), G eq del bipolo statico NS.
La corrente di corto circuito e la conduttanza equivalente valgono

G eq =

3 *
E
, j (t) = + j(t).
16
8

(57)

L'equazione di stato

E
dv 3 10 6
+
v = 10 6 + I sin(w t) .
16
dt
8

(58)

Essa deve essere risolta con la condizione iniziale v(0)=V 0 . Una volta che stata determinata la
tensione v=v(t) per t>0, per determinare tutte le altre grandezze del circuito bisogna risolvere il
circuito resistivo associato illustrato in figura 11a.

242

Figura 10 Circuito dinamico in esame (a) e circuito equivalente di Norton (b).

Figura 11

Circuito resistivo associato del circuito dinamico illustrato in figura 10a (a) e
caratterizzazione i-v del bipolo NS tramite il teorema di Norton (b) e (c).

Esempio
Si consideri il circuito del primo ordine rappresentato in figura 12a e si scriva l'equazione di
stato per la tensione del condensatore v utilizzando il teorema di Norton. L'interruttore si apre
all'istante t=0. Il grafico dell'andamento temporale della corrente di corto circuito

j* = j* (t)

rappresentato in figura 12b, e il grafico dell'andamento temporale della conduttanza equivalente


G eq rappresentato in figura 12c.

Figura 12 Circuito dinamico tempo-variante (l'interruttore si apre all'istante t=0).

7.4.2 Circuito RL del primo ordine: equazioni di stato

243
Applicando il teorema di Thvenin al bipolo statico lineare N S (figura 8b) e usando l'equazione
caratteristica dell'induttore, si ottiene:

di
= v,
dt
v = - R eq i + e* (t) ,

(59)
(60)

dove R eq la resistenza equivalente del bipolo statico quando i generatori al suo interno sono
stati spenti e e* = e* (t) la tensione a vuoto (si sta assumendo che sia possibile caratterizzare il
bipolo NS su base corrente). Le (59) e (60) sono le equazioni del circuito equivalente RL illustrato
in figura 9b.
L'equazione caratteristica dell'induttore (59) impone tra la tensione v(t) e la corrente i(t) una
relazione di tipo dinamico, invece l'equazione caratteristica del bipolo statico N S (60) impone una
relazione di tipo statico. Dunque il bipolo statico impone attraverso la (60) che la tensione
dell'induttore all'istante generico
t dipenda solo dai valori che la corrente i e la tensione a vuoto
e* assumono in quell'istante. Combinando le equazioni (59) e (60), si ottiene

di R eq (t)
e* (t)
+
i=
.
dt
L
L

(61)

La (61) l'equazione di stato per il circuito RL. Assegnata un'arbitraria condizione iniziale

i(t = t 0 ) = I ,

(62)

si deve determinare la soluzione dell'equazione (61) che verifica la condizione (62). Essa esiste ed
unica. Una volta determinata tale soluzione, possibile determinare le altre variabili del circuito
risolvendo il circuito resistivo associato, ottenuto sostituendo all'induttore un generatore di
corrente con corrente i=i(t).
Nel circuito RL la resistenza equivalente R eq (t) si mantiene limitata se non c' in serie
all'induttore un interruttore che si apre in un istante assegnato. La tensione a vuoto

e* (t) limitata

se le tensioni dei generatori di tensione e le correnti dei generatori di corrente sono limitate. In
queste condizioni la corrente nell'induttore una funzione continua del tempo, anche quando la
resistenza equivalente e la tensione a vuoto sono generalmente continue (il lettore provi ad
applicare il ragionamento sviluppato per il circuito RC per dimostrare la continuit della corrente
nell'induttore). Si osservi, anche, che in questi casi la tensione dell'induttore si mantiene limitata .
7.4.3 Circuiti del primo ordine tempo-invarianti
In questo paragrafo vengono discussi e risolti i due circuiti equivalenti rappresentati in figura 9,
quando la conduttanza e la resistenza equivalenti sono costanti nel tempo. Le equazioni di stato
(53) e (61) sono del tipo

dx
+ a x = b(t) .
dt

(63)

244
La (63) una equazione differenziale ordinaria, del primo ordine, lineare, a coefficienti costanti
e non omogenea. Essa ha infinite soluzioni. Per determinare quella che si realizza nel circuito in
esame, bisogna imporre la condizione iniziale
x(t0 ) = X 0 .

(64)

La soluzione generale dell'equazione (63) (la soluzione generale, per definizione, contiene tutte
le possibili soluzioni dell'equazione) uguale alla somma della soluzione generale x o = x o (t)
dell'equazione omogenea associata, (cio l'equazione che si ottiene ponendo b(t)=0 nella (63)),
dx o
+ a xo = 0 ,
dt

(65)

e di una soluzione particolare x p (t) dell'equazione completa (63),


x(t) = x o (t) + x p (t) .

(66)

La soluzione generale dell'equazione (65)


x o (t) = A exp [ l (t - t 0 )] ,

(67)

dove A una costante arbitraria e l la soluzione dell'equazione caratteristica

l+a =

(68)

associata all'equazione differenziale omogenea (65). L'equazione algebrica (65) ottenuta


costruendo il polinomio caratteristico

p(l ) = l + a

(69)

associato alla (65) e poi imponendo che sia uguale a zero. In questo caso il polinomio p( l )
costituito dalla somma di due monomi in l : al termine della (65) in cui compare la derivata prima
corrisponde il monomio in l di grado uno, con lo stesso coefficiente della derivata prima, cio 1, e
al termine senza derivate corrisponde il monomio di grado zero, con lo stesso coefficiente che
moltiplica la funzione incognita, cio a . Un circuito del primo ordine descritto da una
equazione di stato del primo ordine e quindi il polinomio caratteristico corrispondente di primo
grado. Le radici del polinomio caratteristico prendono il nome di frequenze naturalidel circuito:
un circuito del primo ordine ha una sola frequenza naturale.
Allora l'integrale generale dell'equazione (63)

x(t) = A exp[ - (t - t 0 ) / t ] + x p (t) ,


dove la costante di tempo t=1/l

e vale

t = C / G eq = R eq C
per il circuito RC e

(70)

(71)

245

t = L / R eq = G eq L

(72)

per il circuito RL.


La costante di integrazione A deve essere determinata imponendo la condizione iniziale (64).
Cos facendo si ottiene
A = X 0 - x p (t 0 ),

(73)

quindi la soluzione
x(t) = [X 0 - x p (t 0 )]exp[ - (t - t 0 ) / t ] + x p (t).

(74)

La funzione che descrive la soluzione particolare dipende dalla forma della funzione b=b(t) e
quindi dalla forma d'onda dei generatori indipendenti.
7.4.4 Evoluzione libera ed evoluzione forzata
Nella (74) c' un termine dipendente unicamente dalla condizione iniziale (indipendente
dall'integrale particolare e quindi dai generatori) e due termini dipendenti solo dall'integrale
particolare e quindi dai generatori (indipendenti dalla condizione iniziale).
Il termine dipendente unicamente dalla condizione iniziale prende il nome di termine di
evoluzione libera del circuito e il termine dipendente unicamente dai generatori prende il nome
di termine di evoluzione forzatadel circuito.
x(t) = X 0 exp[ - (t - t 0 ) / t

+ {- x p (t 0 ) exp[ - (t - t 0 ) / t ] + x p (t)}

termine di
evoluzione libera

termine di
evoluzione forzata

Per la linearit del circuito sempre possibile decomporre qualsiasi soluzione in un termine di
evoluzione libera e in uno di evoluzione forzata.
Il termine di evoluzione libera la soluzione che si avrebbe se tutti i generatori fossero spenti;
esso rappresenta il contributo dovuto al valore iniziale dello stato. Si dice che un circuito in
evoluzione liberase i generatori indipendenti che contiene sono tutti spenti (o se ne privo). Nel
circuito RC (nel circuito RL) con tensione iniziale V (con corrente iniziale I), un'energia uguale a

CV 2 / 2 (uguale a LI 2 / 2 ) immagazzinata nel condensatore (nell'induttore). questa l'energia


che viene messa in gioco nell'evoluzione libera.
Il termine di evoluzione forzata la soluzione che si avrebbe se il valore dello stato iniziale del
circuito fosse uguale a zero (V=0 nel circuito RC e I=0 nel circuito RL). Si dice che un circuito
in evoluzione forzatase le grandezze di stato del circuito all'istante iniziale sono tutte nulle.
evidente che in questo caso c' bisogno di generatori indipendenti per sollecitare il circuito.
7.4.5 Circuito dissipativo; termine transitorio e regime permanente

246
Siccome le frequenze naturali di un circuito non dipendono dai generatori indipendenti, ma
solo dagli elementi lineari presenti in esso, tutte le loro propriet possono essere messe in evidenza
considerando il circuito in evoluzione libera.
La frequenza naturale di un circuito del primo ordine una grandezza reale e pu essere, come
vedremo, positiva, uguale a zero o negativa.
Quando la frequenza naturale negativa, la costante di tempo positiva, e lo stato del circuito in
evoluzione libera tende a zero con legge esponenziale per t + . Se la frequenza naturale zero,
l'evoluzione libera una costante uguale al valore iniziale della grandezza di stato. L'evoluzione
libera diverge esponenzialmente se la frequenza naturale maggiore di zero (costante di tempo
negativa).
Da queste considerazioni risulta evidente che il segno della frequenza naturale caratterizza
fortemente la dinamica di un circuito. Sarebbe interessante poterne prevedere il segno senza dover
risolvere il circuito. Analizziamo un attimo questa questione.
Consideriamo un circuito RC del primo ordine (considerazioni analoghe possono essere svolte
per il circuito RL). Siccome la capacit del condensatore positiva (stiamo evidentemente
considerando un condensatore passivo), la frequenza naturale minore di zero quando la
conduttanza equivalente positiva, G eq > 0 , ed maggiore di zero quando G eq < 0 ; la frequenza
naturale nulla quando G eq = 0 . Allora, quando G eq > 0 la tensione del condensatore decresce
nel tempo, quando G eq = 0 la tensione resta costante, invece quando G eq < 0 la tensione del
condensatore cresce nel tempo. Queste propriet possono essere dedotte anche a partire dal
bilancio energetico per il circuito in evoluzione libera
t

1 2
1
Cv (t) = - G eq v 2 (t )dt + Cv 2 (t 0 ) ,
2
2
t

(75)

che, nel caso del circuito RL diventa


t

1 2
1
Li (t) = - R eq i 2 (t )dt + Li 2 (t 0 ) .
2
2
t

(76)

In entrambe le equazioni il termine integrale rappresenta la potenza assorbita dalla parte statica
del circuito. Quando il circuito RC costituito da soli elementi strettamente passivi, la potenza
assorbita dalla parte statica del circuito

strettamente maggiore di zero e quindi anche la

conduttanza equivalente vista dal condensatore (nei circuiti RL la resistenza equivalente vista
dall'induttore) strettamente maggiore di zero. In un circuito siffatto l'energia immagazzinata
inizialmente nel condensatore (nell'induttore) viene completamente dissipata dagli elementi statici
durante l'evoluzione libera.
La potenza assorbita dalla parte statica e quindi la conduttanza equivalente vista dal
condensatore nel circuito RC (dall'induttore nel circuito RL) pu essere nulla quando gli elementi
statici non sono tutti strettamente passivi. Ci accade, ad esempio, quando il condensatore
collegato in serie a un circuito aperto (l'induttore collegato in parallelo a un corto circuito). Il
circuito aperto e il corto circuito sono elementi passivi ma non strettamente passivi. In questo caso

247
l'energia immagazzinata negli elementi dinamici si conserva. Il circuito aperto in serie al
condensatore e il corto circuito in parallelo all'induttore possono essere, rispettivamente, un
generatore di corrente indipendente spento e un generatore di tensione indipendente spento
(ricordiamoci che stiamo analizzando l'evoluzione libera del circuito, quindi i generatori
indipendenti sono tutti spenti).
Infine, la potenza assorbita dalla parte statica e quindi la conduttanza equivalente (la resistenza
equivalente nel circuito RL) pu essere minore di zero se il circuito in evoluzione libera contiene
elementi attivi (come, ad esempio, amplificatori operazionali, generatori controllati, resistori con
resistenza negativa). Quando ci accade l'energia immagazzinata nel condensatore (nell'induttore)
cresce indefinitamente nel tempo.
Dunque l'evoluzione libera di un circuito del primo ordine passivo o tende a zero o al pi si
mantiene costante per t +,
e quindi tutte le grandezze circuitali si mantengono limitate nel
tempo.
A questo punto possiamo introdurre il concetto di circuito dissipativo. Un circuito si dice
dissipativo se nell'evoluzione libera l'energia immagazzinata nell'elemento dinamico tende
asintoticamente a zero per t . evidente che un circuito del primo ordine dissipativo se e solo
se la frequenza naturale strettamente minore di zero (cio la costante di tempo strettamente
maggiore di zero). In un circuito dissipativo in evoluzione libera l'energia immagazzinata
all'istante iniziale viene completamente assorbita dai resistori, e quindi dissipata in energia termica.
Si osservi che un circuito di soli elementi passivi potrebbe non essere dissipativo. Ci quanto si
verifica quando in serie al condensatore c' un circuito aperto e in parallelo all'induttore un corto
circuito (il generatore indipendente di corrente si comporta da circuito aperto e il generatore
indipendente di tensione si comporta da corto circuito quando vengono spenti). In questi casi la
tensione del condensatore e la corrente nell'induttore si mantengono costanti nell'evoluzione
libera. Circuiti di questo tipo vengono detti conservativi.
Si consideri ora un circuito in evoluzione generica, si supponga che esso sia dissipativo e si
faccia tendere l'istante iniziale t 0 a - ( come se il circuito iniziasse a funzionare all'istante
remoto t= -) . La grandezza di stato in un generico istante vale
lim x(t) = lim {[X 0 - x p (t 0 )]exp[ - (t - t 0 ) / t ]} + x p (t) = x p (t).

t0 -

t0 -

(77)

La dinamica dello stato per t finito non dipende dalla particolare condizione iniziale (si persa
ogni traccia di essa), ma dipende unicamente dalla soluzione particolare e quindi dalla forma
d'onda delle tensioni imposte dai generatori di tensione e delle correnti imposte dai generatori di
corrente. In questi casi si dice che il funzionamento del circuito in regime permanentee alla
soluzione particolare si d il nome di soluzione di regime permanenteo semplicemente regime.
Si consideri ora il caso in cui l'istante iniziale t 0 sia al finito. Il termine esponenziale tende
asintoticamente a zero per t +

, indipendentemente dal valore che lo stato e l'integrale

.
particolare assumono all'istante iniziale t 0 . A questo termine si d il nome di termine transitorio

248
l = -t <

terminetransitorio:

x tran [X 0 - x p (t 0 )]exp[ - (t - t 0 ) / t

terminedi regime:

x reg (t)

lim x(t) = x p (t)

t0 -

Il termine transitorio pu essere tracciato graficamente (figura 13) sfruttando le seguenti


osservazioni:
-

la tangente in t= t 0 alla curva, che rappresenta x tran (t) , passa per i punti [t 0 , X 0 - x p (t 0 )] e

[t 0 + t ,0];
-

dopo un intervallo di tempo pari alla costante di tempo t , l'ampiezza (in valore assoluto) del
termine transitorio circa il 37% del valore iniziale X

- x p (t 0 ) ;

dopo un intervallo pari a cinque costanti di tempo, x tran (t) praticamente uguale a zero
( e-

@ 0,007 ). In pratica si pu assumere che il funzionamento di regime si instaura dopo

un intervallo di tempo pari all'incirca a cinque costanti di tempo.


1,2
1,0

x tran (t)

0,8
0,6
0,4
0,2
t
0,0
0

0,5

1,5

2,5

3,5

Figura 13 (L'istante iniziale t 0 =0 e t =0.5)


Quando la frequenza naturale del circuito uguale a zero, il termine transitorio non si
estingue ma si mantiene costante nel tempo. In questo caso il comportamento asintotico del
circuito (a ogni t finito per t 0 -
o per t +
a partire da un istante iniziale finito) dipende
anche dalla condizione iniziale e quindi non c' pi un funzionamento di regime. Un circuito di
questo tipo detto conservativo. Quando la frequenza naturale del circuito maggiore di zero, il
termine transitorio addirittura diverge con legge esponenziale per

t +

ed , quindi, quello

predominante (come poi vedremo in quasi tutti i casi la soluzione particolare limitata se le
correnti imposte dai generatori di corrente indipendenti e le tensioni imposte dai generatori di
tensione indipendenti sono limitate).
In conclusione il funzionamento di regime pu essere realizzato se e solo se il circuito
dissipativo (non basta la sola passivit; in realt, la condizione di passivit oltre a essere non
sufficiente, non nemmeno necessaria).
Propriet 5

249
L'evoluzione di un circuito RC (o RL) del primo ordine
dissipativo tende
asintoticamente alla soluzione di regime indipendentemente dal valore iniziale della
grandezza di stato.
7.4.6 Regime stazionario e regime sinusoidale
Il termine di regime dipende, oltre che dai parametri caratteristici del circuito, anche dalla
forma d'onda dei generatori. Per ora verranno discussi due casi di notevole interesse: circuiti con
generatori costanti (o stazionari) e circuiti con generatori sinusoidali.
- Regime stazionario
Si consideri un circuito RL o RC del primo ordine con soli generatori stazionari (cio
costanti nel tempo)

e k (t) = E k ,
jk (t) = J k .

(78)

In questo caso anche la tensione a vuoto e* (t) e la corrente di corto circuito j* (t) sono funzioni
costanti,

e* (t) = E* ,
j* (t) = J* ,

(79)

e quindi anche il termine noto dell'equazione (63) una funzione costante, b(t)=B. Allora un
integrale particolare dell'equazione (63) la funzione costante

x p (t) = X .

(80)

Imponendo che la (80) verifichi la (63), si ottiene

x p (t) = X = B / a .

(81)

Propriet 6: regime stazionario


Quando i generatori sono stazionari, il regime di funzionamento che si instaura nel
circuito anche esso stazionario, se il circuito dissipativo.
In figura 13 viene riportato l'andamento dello stato per due condizioni iniziali diverse
quando i generatori sono costanti. Per t>15 la soluzione in entrambi i casi ha raggiunto,
praticamente, il regime stazionario.

250
6,0
5,0

x(t)

4,0
3,0
2,0
1,0

t
0,0
0

10

15

20

Figura 13 Per t>15 entrambe le soluzioni, relative a due condizioni iniziali diverse, raggiungono
il valore di regime.
Osservazione
La soluzione di un circuito RC (o RL) in regime stazionario pu essere ottenuta anche per
ispezione diretta. Quando il circuito funziona in regime stazionario, la tensione dell'induttore e la
corrente nel condensatore sono costanti, quindi il condensatore si comporta come se fosse un
circuito aperto e l'induttore come se fosse un corto circuito. Pertanto per calcolare la soluzione
stazionaria di un circuito dinamico, si pu risolvere il circuito resistivo ottenuto considerando al
posto del condensatore un circuito aperto e al posto dell'induttore un corto circuito.
- Regime sinusoidale
Si consideri un circuito RL o RC del primo ordine con soli generatori sinusoidali
isofrequenziali (le frequenze, e quindi le pulsazioni, dei generatori sinusoidali sono uguali):

e k (t) = E k cos(w t + j
jk (t) = J k cos(w t + f

k ),
k ).

(82)

Una funzione sinusoidale definita attraverso tre parametri: la frequenzao pulsazione,


l'ampiezza massimae la fase. La pulsazione w legata alla frequenza f attraverso la relazione

w = 2p f .

(83)

Nel Sistema Internazionale l'unit di misura della frequenza l' hertz (Hz): 1Hz=1s -1 ; la
pulsazione si misura in rad/s: 1rad/s=(2 p )Hz. La funzione sinusoidale una funzione periodica
con periodo T ( e k (t) = e k (t + T), jk (t) = jk (t + T) per ogni t), dato da

T=

1 2p
=
.
w
f

(84)

E k e J k sono le ampiezze massime delle funzioni sinusoidali (82) e sono grandezze definite
positive; j k e f h sono le cosiddette fasi (i valori che assumono gli argomenti delle funzioni
coseno all'istante t=0). I valori degli argomenti delle funzioni sen() e cos() sono numeri puri;

251

E k e J k , invece, sono omogenei dimensionalmente con una tensione e una corrente,


rispettivamente.
Nel caso in esame, anche la tensione a vuoto e* (t) e la corrente di corto circuito j* (t) sono
funzioni sinusoidali con pulsazione w (esse sono combinazioni lineari delle tensioni dei generatori
di tensione e delle correnti dei generatori di corrente indipendenti),

e* (t) = E* cos(w t + j

),

(85)

j* (t) = J * cos(w t + f * ),
e quindi il termine noto b(t) dell'equazione (63) anche esso una funzione sinusoidale,

b(t) = Bcos(w t + g ) .

(86)

In questo caso un integrale particolare della (63) una funzione sinusoidale con la stessa
pulsazione del termine noto,

x p (t) = X cos(w t + y ) .
L'ampiezza X e la fase iniziale y

(87)

devono essere determinate imponendo che la (87) verifichi la

(63). Sostituendo la (87) nella (63) si ottiene l'equazione trigonometrica:

-w

X sin(w t + y ) + a X cos(w t + y ) = Bcos(w t + g ) .

(88)

Per determinare X e a basta imporre che l'equazione trigonometrica sia verificata in due istanti di
tempo che non differiscano di un multiplo intero del periodo T. Conviene imporre la (88) per

w t + y = 0,

(89)

e per

w t+y =p

/ 2.

(90)

Cos facendo si ottiene il sistema di equazioni

a X = Bcos(y - g
-w

),

X = Bcos(g - y + p

(91)
/ 2) = Bsin(g - y

).

(92)

Dalle (91) e (92) si ha immediatamente (a =1/ t )

X=
a=g-

,
+1/ t 2
arctg(wt ).
2

(93)

Propriet 7: regime sinusoidale


Quando i generatori sono sinusoidali e isofrequenziali, il regime di funzionamento
che si instaura nel circuito anche esso sinusoidale con la stessa pulsazione dei
generatori, se il circuito dissipativo.

252
In figura 14 viene riportato l'andamento dello stato per due condizioni iniziali diverse quando i
generatori sono sinusoidali e isofrequenziali. Per t>5 entrambe le soluzioni raggiungono,
praticamente, il regime sinusoidale che si instaura nel circuito.
1,0
0,5

x(t)

0,0
-0,5
-1,0
-1,5
t

-2,0
0

Figura 14

10

15

20

Per t>10 entrambe le soluzioni, relative a due condizioni iniziali diverse, hanno
praticamente raggiunto il funzionamento di regime.

Osservazione
Se nel circuito vi fossero generatori costanti e generatori sinusoidali con diverse pulsazioni,
l'integrale particolare potrebbe essere determinato utilizzando la sovrapposizione degli effetti
(l'equazione differenziale (63) lineare): la soluzione particolare la somma delle soluzioni
particolari che si avrebbero se ciascun generatore agisse da solo, essendo tutti gli altri spenti.
Esempio
Si consideri il circuito rappresentato in figura 10. Si determini la tensione sul condensatore
quando v(0)= - 1V, E=3V, I=0.1A e w =10 5 rad/s. Il circuito descritto dall'equazione di stato

dv 3 10 6
+
v = 10 6 3 / 8 + 0.1sin(10 5 t) .
dt
16

(94)

L'integrale generale dell'equazione (94) :

v(t) = A exp( - t / t ) + v p (t) ,


dove t @ 5 .33m

(95)

s (1m s=10 -6 s) e vp (t) un integrale particolare; la costante A deve essere

determinata imponendo la condizione iniziale v(0)= - 1.


L'integrale particolare della (94) pu essere ottenuto applicando la sovrapposizione degli effetti.
Cos facendo si ottiene
v p (t) @ 2.0 + 0.9 cos(10 5 t - 2.1).

(96)

Il primo termine l'integrale particolare quando agisce solo il generatore di tensione stazionario e
il secondo termine l'integrale particolare quando agisce solo il generatore di corrente
sinusoidale.

253
Sostituendo la (96) nella (95) e imponendo la condizione iniziale, si ottiene A=- 2.5 e quindi la
soluzione del problema

v(t) @ -

2.5exp( - t / t ) + [2.0 + 0.9cos(10 5 t - 2.1)] .

(97)

In questo caso si ha un regime periodico, costituito dalla sovrapposizione di un termine costante e


di uno sinusoidale con periodo T@ 62.8m s (figura 15).
3,0
2,5

v(t) [V]

2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5

t [m s]

-1,0
0

10

15

20

Figura 15

Esempio
Si consideri il circuito descritto in figura 12. Esso, pur essendo tempo variante, pu essere
analizzato usando le tecniche appena descritte. Ci possibile perch nell'intervallo ( -,0) (prima
dell'apertura dell'interruttore) e nell'intervallo ( 0,+) (dopo l'apertura dell'interruttore), il circuito
tempo-invariante. La conduttanza equivalente del bipolo statico vale

G eq (t) =

3
t < 0,
8R
1
t > 0,
3R

(98)

e la corrente di corto circuito data da

E t < 0,
4R
j* (t) =
E t > 0.
3R

(99)

L'equazione di stato per t (- , )

dv G eq (t)
j* (t)
+
v=.
dt
C
C

(100)

254
Per t<0 il circuito tempo-invariante ed alimentato con un generatore stazionario e l'equazione
di stato

dv
3
E
+
v=
4RC
dt 8RC

(t < 0) .

Per t<0 il circuito in regime stazionario, perch dissipativo e l'istante iniziale


l'istante remoto ( t 0 -

v(t) =

2E
3

(101)

t 0 coincide con

). Pertanto la soluzione vale

t <0 .

(102)

Figura 16 Circuito equivalente in regime stazionario per t<0 (a) e circuito equivalente in regime
stazionario per t>0 (b).
La (102) pu essere ottenuta cercando la soluzione costante della (101), oppure per ispezione
diretta del circuito di figura 16. Quando il circuito in regime stazionario la tensione del
condensatore costante e quindi la corrente che in esso circola uguale a zero. Pertanto il
condensatore si comporta come se fosse un circuito aperto (nel circuito aperto la corrente
uguale a zero per qualsiasi valore di tensione). Si consideri, ora, il circuito equivalente ottenuto
sostituendo al condensatore un circuito aperto (figura 16). La tensione v del condensatore pu
essere calcolata usando il partitore di tensione; cos facendo si ottiene di nuovo l'espressione
(102).
Per t>0 il circuito ancora tempo-invariante e alimentato con un generatore stazionario.
L'equazione di stato vale

dv
1
E
+
v=
dt 3RC
3RC

(t > 0) .

(103)

La soluzione dell'equazione (103) deve verificare la condizione iniziale

v(0 + ) = v(0 - ) ;

(104)

v(0 - ) il valore che assume la tensione sul condensatore nell'istante immediatamente precedente
all'apertura dell'interruttore e v(0 + ) il valore che assume nell'istante immediatamente successivo
La (104) una conseguenza della propriet di continuit della tensione sul condensatore (nel caso
in esame la corrente di corto circuito e la conduttanza equivalente hanno un punto di discontinuit
di prima specie in t=0, ma sono sempre limitate). Pertanto deve essere

v(0 + ) =

2E
.
3

(105)

255
L'equazione (103) deve essere risolta con la condizione iniziale (105). L'integrale generale

v(t) = Ae -

t /(3RC)

+ E.

(106)

Per t>0 la soluzione stazionaria pu essere ottenuta per ispezione diretta del circuito illustrato in
figura 16b. La costante A deve essere determinata imponendo la condizione iniziale (105). Cos
facendo si ottiene

v(t) = -

E e
3

t /(3RC)

+ E t 0.

(107)

1,5

v(t) [V]

1,0

0,5

t[m s]

0,0
-5

10

15

20

Figura 17 Evoluzione della tensione del condensatore con E=1 e RC=1.


Riassumendo, la soluzione del circuito tempo-variante illustrato in figura 12 vale

2E

v(t) = 3
1
- Ee 3

t 0,
t /(3RC)

+E

t 0.

(108)

In figura 17 viene illustrato il grafico della tensione del condensatore per E = 1 e RC = 1.


Osservazione
La tensione del condensatore del circuito illustrato in figura 18a e la corrente nell'induttore del
circuito illustrato in figura 18b valgono, rispettivamente:

v(t) = v(t 0 ) +
i(t) = i(t 0 ) +

1 t
j(t )dt ,
C t0

1 t
e(t )dt .
L t0

(109)
(110)

Entrambi i circuiti hanno costante di tempo uguale a infinito, t = , cio frequenza naturale
uguale a zero. Pertanto il termine dipendente dal valore iniziale dello stato non svanisce, ma
permane indefinitamente in entrambi i circuiti. A causa dell'assenza di bipoli dissipativi i termini

256
di evoluzione libera non tendono asintoticamente a zero per t +

, ma restano costanti nel

tempo (ricordiamo che nell'evoluzione libera il generatore di corrente indipendente si comporta


come un circuito aperto e il generatore di tensione indipendente si comporta come un corto
circuito). In questi casi il comportamento asintotico dei due circuiti dipende anche dal valore
iniziale dello stato e quindi non ha pi senso parlare di regime.

Figura 18

7.5 Circuiti del secondo ordine: equazioni di stato


Qualsiasi circuito lineare contenente due bipoli dinamici pu essere schematizzato con una delle
tre configurazioni illustrate in figura 19; N denota un doppio bipolo costituito da elementi statici
lineari e generatori indipendenti. I condensatori e gli induttori sono lineari.
Per risolvere questi circuiti bisogna prima determinare le equazioni di stato. Noi ora le
determineremo, distinguendo i tre casi possibili.
7.5.1 Circuiti RC del secondo ordine
Si consideri il circuito di figura 19a. Le equazioni caratteristiche dei due condensatori
impongono la relazione di tipo differenziale tra le due correnti i1 e i 2 e le due tensioni v1 e v2 (i
condensatori sono tempo-invarianti, mentre gli elementi statici possono essere tempo-varianti;
stata fatta la convenzione del generatore sui condensatori e quindi quella dell'utilizzatore sulle due
porte del doppio bipolo):

dv1
= - i1 ,
dt
dv
C2 2 = - i 2 .
dt
C1

(111)

Per ottenere le equazioni di stato, bisogna esprimere le correnti i1 e i 2 in funzione delle grandezze
di stato v1 e v2 (in questo caso esse sono le variabili di stato).

Figura 19 Le tre possibili configurazioni per i circuiti del secondo ordine.

257
La parte statica del circuito, che pu essere schematizzato come un doppio bipolo lineare,
impone un altro vincolo, di tipo algebrico, tra le correnti

i1 e i 2 e le grandezze di stato v1 e v2 .

Poich il doppio bipolo contiene solo resistori lineari e generatori indipendenti, esso pu essere
caratterizzato su base tensione, cos come stato illustrato nel precedente Capitolo,

i1 = G11 (t)v1 + G12 (t)v2 + j1* (t),


i 2 = G 21 (t)v1 + G 22 (t)v2 + j*2 (t),

(112)

dove Gij sono gli elementi della matrice delle conduttanze del doppio bipolo statico lineare (una
volta che sono stati spenti tutti i generatori al suo interno) e j1* (t) e j*2 (t) sono, rispettivamente, le
correnti nella porta 1 e 2 quando sono entrambe collegate a due corto circuiti e sono in
funzione i generatori indipendenti.

Figura 20 Circuiti resistivi associati per ricavare le equazioni di stato.


Combinando le (111) e (112) si ottiene il sistema di equazioni di stato

C dv1 = - G (t)v - G (t)v - j* (t),


11
1
12
2
1
1 dt

dv
C 2 2 = - G 21 (t)v1 - G 22 (t)v 2 - j*2 (t),
dt

(113)

che pu essere riscritto nella forma

dv
= - G(t)v - j* (t) ,
dt

(114)

dove C = diag(C1 ,C 2 ), v = (v 1, v 2 )T , j* = ( j1* , j*2 )T e G la matrice delle conduttanze del doppio


bipolo resistivo. Anche le equazioni di stato di un generico circuito lineare costituito da N C
condensatori ed elementi statici sono del tipo (114): l'ordine del sistema di equazioni e la
dimensione delle matrici e dei vettori sono uguali a N C.
Le grandezze di stato v1 (t) e v2 (t) sono continue se: (a) i generatori del circuito dinamico in
esame sono limitati; (b) in parallelo ai due condensatori non vi sono interruttori che si chiudono.
Quando quest'ultima condizione verificata, allora sono certamente limitati gli elementi della
diagonale principale della matrice delle conduttanze G; se il doppio bipolo passivo (i generatori
indipendenti sono spenti) sono limitati anche gli altri elementi, a causa delle propriet di G. Di
conseguenza le correnti nei condensatori sono limitate (si potrebbe ripetere lo stesso
ragionamento fatto per il circuito RC del primo ordine, per dimostrare la continuit dello stato).
Il sistema del secondo ordine (113) deve essere risolto con le condizioni iniziali

258

v1 (t 0 ) = V1 ,
v 2 (t 0 ) = V2 .

(115)

7.5.2 Circuito RL del secondo ordine


Si consideri il circuito di figura 19b. Anche le equazioni caratteristiche dei due induttori
impongono un legame di tipo dinamico tra le correnti i1 e i 2 e le tensioni v1 e v2 (gli induttori
sono tempo-invarianti, mentre gli elementi statici possono essere tempo-varianti; stata usata di
nuovo la convenzione del generatore)

di1
= - v1 ,
dt
di
L 2 2 = - v2 .
dt

L1

Per ottenere le equazioni di stato, bisogna esprimere le tensioni

(116)

v1 e v2 in funzione delle

grandezze di stato i1 e i 2 . Ci pu essere fatto utilizzando il vincolo imposto dalla parte statica del
circuito. Impiegando un procedimento duale a quello descritto precedentemente, si sostituiscano i
due induttori di figura 19b con due generatori di corrente con correnti uguali a quelle che
circolano nei due induttori. Cos facendo si ottiene il circuito di figura 20b. Poich il doppio
bipolo contiene solo elementi lineari e generatori indipendenti, esso pu essere caratterizzato su
base corrente, cos come stato illustrato nel precedente Capitolo,

v1 = R11 (t)i1 + R12 (t)i 2 + e1* (t),


v2 = R 21 (t)i1 + R 22 (t)i 2 + e*2 (t),

(117)

dove Rij sono gli elementi della matrice delle resistenze R del doppio bipolo resistivo lineare (una
volta che sono stati spenti tutti i generatori al suo interno) e e1* (t) e e*2 (t) sono, rispettivamente, le
tensioni della porta 1 e 2 quando sono entrambe collegate a due circuiti aperti e sono in
funzione i generatori indipendenti.
Combinando le (116) e (117) si ottiene
L di1 = - R (t)i - R (t)i - e* (t),
11
1
12
2
1
1 dt

di
L 2 2 = - R 21 (t)i1 - R 22 (t)i 2 - e*2 (t),
dt

(118)

che pu essere riscritto nella forma

di
= - Ri - e* (t) ,
dt

(119)

dove L = diag(L1 ,L 2 ), i = (i 1,i 2 )T , e* = (e1* ,e*2 )T e R la matrice delle resistenze del doppio
bipolo resistivo. Anche le equazioni di stato di un generico circuito costituito da N L induttori ed
elementi statici ha la forma (119); l'ordine del sistema di equazioni e la dimensione delle matrici e
dei vettori sono uguali a N L.

259
Le grandezze di stato i1 (t) e i 2 (t) sono continue se: (a) i generatori del circuito dinamico in
esame sono limitati; (b) in serie agli induttori non vi sono interruttori che si aprono. Quando
questa condizione verificata, allora sono certamente limitati gli elementi della diagonale
principale della matrice delle resistenze R; se il doppio bipolo passivo (i generatori indipendenti
sono spenti) sono limitati anche gli altri elementi, a causa delle propriet di R. Di conseguenza le
tensioni dei due induttori sono limitate.
Il sistema del secondo ordine (118) deve essere risolto con le condizioni iniziali

i1 (t 0 ) = I1 ,
i 2 (t 0 ) = I 2 .

(120)

7.5.3 Circuito RLC del secondo ordine


Si consideri il circuito di figura 19c. Le equazioni caratteristiche del condensatore e
dell'induttore impongono un legame di tipo dinamico tra le correnti i1 e i 2 e le tensioni v1 e v2
(l'induttore e il condensatore sono tempo-invarianti, mentre la parte statica pu essere tempovariante; stata usata di nuovo la convenzione del generatore su entrambi i bipoli dinamici)

dv1
= - i1 ,
dt
di
L 2 2 = - v2 .
dt

C1

Per costruire le equazioni di stato, bisogna esprimere, ora, la corrente nel condensatore

(121)

i1 e la

tensione dell'induttore v 2 in funzione delle grandezze di stato (cio della tensione del
condensatore v1 e della corrente nell'induttore i 2 ) utilizzando il vincolo imposto dalla parte
statica del circuito. Si sostituisca il condensatore con un generatore di tensione v1 e l'induttore con
un generatore di corrente i 2 . Cos facendo si ottiene il circuito di figura 20c. Poich il doppio
bipolo contiene solo elementi lineari e generatori indipendenti, esso pu essere caratterizzato su
base ibrida, cos come stato illustrato nel precedente Capitolo,

i1 = H11 (t)v1 + H12 (t)i 2 + j1* (t),


v2 = H 21 (t)v1 + H 22 (t)i 2 + e*2 (t),

(122)

dove Hij sono gli elementi della matrice ibrida del doppio bipolo resistivo lineare (una volta che
sono stati spenti tutti i generatori al suo interno) e j1* (t) e e*2 (t) sono, rispettivamente, la corrente
nella porta 1 e la tensione della porta 2 quando, la porta 1 collegata a un corto
circuito e la porta 2 a un circuito aperto e sono in funzione i generatori indipendenti.
Combinando le (121) e (122) si ottiene
C dv1 = - H (t)v - H (t)i - j* (t),
11
1
12
2
1
1 dt

di
L 2 2 = - H 21 (t)v1 - H 22 (t)i 2 - e1* (t),
dt

che pu essere riscritta nella forma

(123)

260

dx
= - H x - g(t) ,
dt

(124)

dove D = diag(C1 ,L 2 ), x = (v 1 ,i 2 )T , g = ( j1* ,e*2 )T e H una matrice ibrida del doppio bipolo.
Anche le equazioni di stato di un generico circuito costituito da N C condensatori, da N L induttori
ed elementi statici hanno la forma della (124); l'ordine del sistema di equazioni e la dimensione
delle matrici e dei vettori sono uguali a (N C+N L). La struttura della matrice ibrida H , nel caso pi
generale, descritta nel Capitolo 6.
Le grandezze di stato v1 (t) e i 2 (t) sono continue se: (a) i generatori del circuito dinamico in
esame sono limitati; (b) in parallelo al condensatore non c' un interruttore che si chiude e in serie
all'induttore non c' un interruttore che si apre. Quando questa condizione verificata, allora sono
certamente limitati gli elementi della diagonale della matrice ibrida H; se il doppio bipolo
passivo (i generatori indipendenti sono spenti) gli altri elementi della matrice H sono in modulo
minori di uno. In questo caso la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore sono
limitate.
Il sistema del secondo ordine (123) deve essere risolto con le condizioni iniziali

v1 (t 0 ) = V1 ,
i 2 (t 0 ) = I 2 .

(125)

7.6 Circuiti del secondo ordine tempo-invarianti


Si considerino, ora, circuiti tempo-invarianti del secondo ordine, costituiti da generatori
indipendenti ed elementi lineari passivi, cio induttori, condensatori, resistori e trasformatori ideali.
La passivit degli elementi lineari implica che: (a) le capacit e le induttanze sono positive; (b) gli
elementi della diagonale principale delle matrici R, G e H sono non negativi; (c) gli elementi fuori
diagonale delle matrici G e R sono, in modulo, minori o al pi uguali a quelli della diagonale
principale e gli elementi fuori diagonale della matrice H sono in modulo minori di uno
(ricordiamo che H12 e H 21 sono grandezze adimensionali). Inoltre vale la reciprocit: questa
propriet implica che R e G sono simmetriche e H anti-simmetrica ( H12 = - H 21 ). Infine L e C
e le matrici R, G e H sono costanti nel tempo perch abbiamo supposto che tutti gli elementi siano
tempo-invarianti.
Le equazioni di stato per questi circuiti sono del tipo

D dx1 = - a x - a x - g (t)
11 1
12 2
1
1 dt

dx
D 2 2 = - a 21x1 - a 22 x 2 - g 2 (t)
dt

dove

(126)

261

RC

RL

x = (v1 , v 2 )T

x = (i1 ,i 2 )T

x = (v1 ,i 2 )T

D = diag(C1 ,C 2 )

D = diag(L1 ,L 2 )

D = diag(C1 ,L 2 )

A=G

A= R

A=H

g=

( j1* , j*2 )T ,

g=

(e1* ,e*2 )T ,

RLC

g = ( j1* ,e*2 )T .

Il sistema (126) pu essere riscritto nella forma vettoriale

dx
= - A x - g(t) .
dt

(127)

Le equazioni (126) devono essere risolte con la condizione iniziale

x(t 0 ) = x 0 = (x10 ,x 20 )T .

(128)

Il sistema lineare, a coefficienti costanti, del secondo ordine (126) pu essere risolto in diversi
modi. Ora ne descriveremo soltanto due. Il primo consiste nel ridurre il sistema (126) a una
equazione scalare del secondo ordine e poi risolverla utilizzando la tecnica che gi abbiamo
utilizzato per l'equazione del primo ordine. L'altro metodo consiste nel risolvere direttamente il
sistema di equazioni di stato, calcolando gli autovalori e gli autovettori della matrice dinamica del
sistema. Noi qui useremo il primo metodo; il secondo sar illustrato brevemente in Appendice D.
Si scelga di ridurre il sistema (126) a una equazione scalare nell'incognita

x1 = x1 (t) . Dalle

equazioni (126) si ottiene per x1 = x1 (t) l'equazione differenziale scalare lineare del secondo
ordine:

d 2 x1
dx1
+w
2 + 2a
dt
dt

2
0 x1

= f(t) ,

(129)

dove

1 a11 a 22
+
,

2 d1 d 2

a
w

2
0

f(t)

1
(a11a 22 - a12a 21 ),
d1d 2

(130)

a 22
a12
a dg
g1 (t) g 2 (t) - 11 1 .
d1d 2
d1d 2
d1 dt

Si osservi che a causa della passivit, i parametri a e w 20 non possono mai assumere valori
negativi, a 0, w

2
0

0 ; (nel caso di un circuito con un induttore e un condensatore bisogna

usare, anche, la propriet a12 = - a 21) .


L'equazione scalare del secondo ordine (129) deve essere risolta con le condizioni iniziali

x1 (t 0 ) = x10 ,
dx1

= x10
,
dt t =t
0

dove

(131)

262

1
[a 11x10 + a12 x 20 - g1 (t = t 0 )].
d1

x10
=-

(132)

La condizione iniziale per la derivata prima di x1 (t) stata ottenuta utilizzando la seconda
equazione del sistema di equazioni di stato (126) e le condizioni iniziali per lo stato. Una volta
determinata la soluzione del problema di Cauchy definito dalle (129) e (131), usando la prima
equazione del sistema (126) possibile ottenere la grandezza di stato x 2 (t) attraverso delle
semplici operazioni algebriche e di derivazione.
L'integrale generale dell'equazione scalare (129) dato da
x1 (t) = x o (t) + x p (t),

(133)

dove x p (t) una soluzione particolare dell'equazione (129) e x o (t) l'integrale generale
dell'equazione omogenea associata alla (129),
d2x o
dx o
+w
2 + 2a
dt
dt

2
0x o

= 0.

(134)

L'equazione (134) un'equazione differenziale ordinaria del secondo ordine, lineare, a


coefficienti costanti e omogenea. Si consideri il polinomio caratteristico dell'equazione
differenziale (134),

p(l ) = l

2
0.

+ 2al + w

(135)

Il polinomio caratteristico di un circuito del secondo ordine di grado due, ed costituito dalla
somma di tre monomi in l : al termine della (134) in cui compare la derivata seconda corrisponde
il monomio in l di grado due con lo stesso coefficiente della derivata seconda, cio l 2; al termine
in cui compare la derivata prima corrisponde il monomio in l di grado uno con lo stesso
coefficiente della derivata prima, cio 2 a l

infine al termine non derivato corrisponde il

monomio di grado zero, con lo stesso coefficiente che moltiplica la funzione incognita, cio w 20 .
Le radici del polinomio sono le frequenze naturalidel circuito e, in questo caso, sono due e
valgono:

l
l

+
-

= -a a

-w

2
0

(136)

Ovviamente esse non dipendono dai generatori.


Dalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie lineari si appreso che l'integrale generale
dell'equazione omogenea associata (135) ha la forma (bisogna distinguere i casi in cui le radici
del polinomio caratteristico sono distinte dal caso in cui sono coincidenti)
K + e l + (t - t 0 ) + K - e l
[A + B(t - t 0 )]e l (t -

x o (t) =

(t - t 0 )

t0 )

se l
se l

+
+

l
=l
-

=l

(radici distinte)
(radici coincidenti)

dove K + e K - (rispettivamente, A e B), sono due costanti arbitrarie.

(137)

263
(t - t )

(t - t )

0
0
Quando le radici sono distinte, K + e +
e K- e sono due soluzioni linearmente
indipendenti dell'equazione omogenea e facendo variare nella (137) sia K + che K - (in generale,

nell'insieme dei numeri complessi), si ottengono tutte le possibili soluzioni della (134). Invece
quando le radici sono coincidenti, Ae

-a

(t - t 0 )

e B(t - t 0 )e

-a

(t - t 0 )

sono due soluzioni

linearmente indipendenti dell'equazione (134).


L'integrale generale dell'equazione (129)
l (t - t )
+ K - el
K + e
la
[A + B(t - t 0 )]e

x1 (t) =

(t - t 0 )
-

(t - t 0 )

+x p (t)
+x p (t)

se l
se l

+
+

l
=l

,
-

(138)

=l .

L'integrale generale (138) dipende: (a) dall'integrale particolare x p(t) dell'equazione completa
(122); (b) dalle costanti di integrazione K + e K - (rispettivamente, A e B); (c) dalle frequenze
naturali l + e l - . L'integrale particolare dipende dal termine noto f=f(t) dell'equazione (129), il
quale a sua volta dipende dalle forme d'onda dei generatori indipendenti di tensione e di corrente
presenti nel circuito. Le due costanti di integrazione K + e K - (rispettivamente, A e B) devono
essere determinate imponendo che la (138) verifichi le condizioni iniziali (131), quindi K + e K (rispettivamente, A e B) dipendono dallo stato iniziale del circuito. Le frequenze naturali l + e l sono, invece, grandezze caratteristiche del circuito, che non dipendono dai generatori indipendenti
e dallo stato iniziale.
Anche per i circuiti del secondo ordine possibile, a causa della linearit, decomporre il
funzionamento in condizioni generiche in due contributi: l'evoluzione libera x lib = x lib (t) e
l'evoluzione forzata x for = x for (t) . Nel circuito in evoluzione libera i generatori sono spenti e
quindi il termine noto dell'equazione differenziale (129) uguale a zero: l'evoluzione libera la
soluzione dell'equazione omogenea associata che verifica le condizioni iniziali (131). Invece
l'evoluzione forzata la soluzione dell'equazione completa (129) che verifica condizioni iniziali
nulle.

x1 (t) = x lib (t) + x for (t)


d 2 x lib
dx lib
+w

2 + 2a
dt
dt
x lib (t 0 ) = x10
x (t ) = x
10
lib 0

2
0 x lib

=0

d 2 x for

+ 2a

dt
x lib (t 0 ) = 0
x (t ) = 0
lib 0

dx for
dt

+w

2
0 x for

= f(t)

7.6.1 Propriet delle frequenze naturali


Abbiamo gi visto (nei circuiti del primo ordine) che il comportamento qualitativo di un
circuito dipende dalle sue frequenze naturali, e quindi importante studiarne le propriet. Le
propriet delle frequenze naturali di un circuito del secondo ordine dipendono dalle propriet
delle matrici D e A e quindi da propriet strutturali del circuito.

264
Innanzi tutto bisogna mettere in evidenza che essendo le matrici A e D reali (i parametri fisici
del circuito sono espressi tramite grandezze reali), i coefficienti del polinomio caratteristico
p=p( l ) sono anch'essi reali. Pertanto le due radici l + e l - sono reali se a w
0 (in questo caso il
discriminante dell'equazione di secondo grado p( l )=0 non negativo),

= -a a

d,

(per a w

(139)

0)

dove

-w

2
0,

(140)

oppure sono complesse e coniugate se a < w

(il discriminante dell'equazione di secondo grado

p(l )=0 in questo caso negativo),

= -a

iw

d,

-a

(per a < w

0)

(141)

dove

2
0

(142)

nella (142) i rappresenta l'unit immaginaria, i = - 1 . Le due radici sono reali e coincidenti
quando a = w
0 (il discriminante dell'equazione di secondo grado p( l )=0 in questo caso uguale
a zero)

= -a

(per a = w

0 ).

(143)

Come al solito facciamo riferimento al circuito in evoluzione libera, perch le frequenze


naturali non dipendono dai generatori indipendenti presenti nel circuito. Siccome gli elementi del
circuito in evoluzione libera sono passivi, i parametri a e w 20 non possono mai assumere valori
negativi (nel caso di un circuito con un induttore e un condensatore bisogna usare anche la
propriet della reciprocit). Infatti, il parametro a non minore di zero perch gli elementi della
diagonale principale delle matrici G, R e H sono sempre non minori di zero per doppi bipoli
passivi. Il parametro w 20 non minore di zero, perch per la matrice delle conduttanze, resistenze
e ibrida valgono, rispettivamente, le relazioni

G11G 22 G12 G 21 ,
R11R 22 R12 R 21 ,

(144)

H12 = - H 21.
Le prime due sono una conseguenza della passivit, l'ultima si ottiene dalla propriet di
reciprocit. Di conseguenza quando le due radici sono reali esse non sono mai positive o quando
sono complesse coniugate la parte reale non mai positiva.
Propriet 8:

265
Si assuma che il circuito in evoluzione libera sia passivo. Allora la parte reale delle
frequenze naturali non pu essere positiva, e quindi l'evoluzione libera una funzione
limitata per ogni t > t 0 (se i valori delle condizioni iniziali sono limitati).

passivit fi

Re{l } 0

Infatti, in un circuito in evoluzione libera passivo del secondo ordine si ha

dW
= - P R (t) 0 ,
dt

(145)

dove P R la potenza assorbita da tutti gli elementi statici e W l'energia totale immagazzinata
negli elementi dinamici; ad esempio, se il circuito costituito da un condensatore e un induttore
essa vale

W(t) = Cv12 (t) / 2 + Li12 (t) / 2 .

(146)

Pertanto l'energia immagazzinata al generico istante

t > t 0 non pu mai essere pi grande di

quella immagazzinata all'istante iniziale t = t 0 e quindi le grandezze di stato si mantengono


limitate nel tempo. Come poi mostreremo, questa propriet generale e non dipende dall'ordine
del circuito.
Quando la potenza assorbita dalla parte statica positiva per ogni condizione di funzionamento
ed uguale a zero solo quando il circuito a riposo (cio quando le grandezze di stato, e quindi
tutte le grandezze del circuito, sono uguali a zero), dalla (145) si ha che l'energia immagazzinata
diminuisce continuamente fino a quando non diventa nulla (W definita positiva) e quindi il
circuito dissipativo. In questo caso la parte reale delle frequenze naturali minore di zero e
l'evoluzione libera tende asintoticamente a zero per t + ,
indipendentemente dal valore delle
condizioni iniziali. Se le frequenze naturali sono reali, l'evoluzione libera costituita da due
termini che tendono asintoticamente a zero con legge esponenziale. Anche quando le frequenze
naturali sono complesse coniugate l'evoluzione libera tende asintoticamente a zero, perch
l'espressione

K +el

+ (t -

t0 )

+ K - el
-

(t - t 0 )

= e-a

tende a zero con legge esponenziale per t +

(t - t 0 )

[K + ei w

d (t -

t0 )

+ K- e-

iw

d (t -

t0 )

].

(147)

(la costante di tempo 1/a) .

L'evoluzione libera non tende asintoticamente a zero ma resta limitata, quando la parte reale
delle frequenze naturali o almeno una di esse uguale a zero. Ci pu verificarsi quando: (a) il
circuito privo di elementi dissipativi; (b) ci sono due condensatori in serie o due induttori in
parallelo; (c) quando in serie al condensatore c' un circuito aperto e/o in parallelo all'induttore un
corto circuito, come nei circuiti del primo ordine. In questi casi la potenza assorbita dalla parte
statica del circuito pu essere uguale a zero anche quando le grandezze di stato sono diverse da
zero. Ritorneremo in seguito su questa questione.
Osservazione

266
Se nel circuito vi fossero anche elementi attivi, come, ad esempio, amplificatori operazionali,
giratori, generatori controllati, la soluzione sarebbe ancora del tipo (138), ma le frequenze naturali
potrebbero essere a parte reale maggiore di zero e la soluzione divergerebbe con legge
esponenziale per t +

(nei circuiti reali di questo tipo, a causa di fenomeni di natura non

lineare, nascono meccanismi di saturazione che non consentono alle grandezze di crescere
illimitatamente).
Dopo avere discusso il segno della parte reale delle frequenze naturali, bisogna capire quando
esse sono reali e quando, invece, possono essere complesse. Il discriminante D dell'equazione di
secondo grado (135) vale:

D=a

-w

2
0

1 a
a
= 11 - 22
4 d1 d 2

a12a 21
.
d1d 2

(148)

(i) Circuito con due condensatori (rispettivamente, due induttori)


Si consideri il circuito con due condensatori (due induttori). In questo caso la matrice A
uguale alla matrice delle conduttanze G (alla matrice delle resistenze R) del doppio bipolo
resistivo lineare. La matrice delle conduttanze G (la matrice delle resistenze R) simmetrica,
perch il circuito resistivo costituito da resistori lineari e trasformatori ideali, e quindi

a12 = a 21 .

Di conseguenza il discriminante (148) non pu essere mai negativo e le frequenze naturali sono
sempre reali.
x1
Im{l }

K-1/t
-

-1/t

Re{l }
+

K+

t
-

Figura 21
Propriet 9: evoluzione libera di circuiti RC (o RL)
L'evoluzione libera di un circuito costituito da soli condensatori (rispettivamente, soli
induttori), resistori lineari e trasformatori ideali descritta dalla somma di due
funzioni esponenziali decrescenti, con costanti di tempo

= - 1/ l

+,

t
-

= - 1/ l
-

(149)

Quando l'evoluzione libera descritta dalla somma di due esponenziali smorzati, (figura 21; le
frequenze naturali sono state rappresentate sul piano complesso), si dice che aperiodica o sovra-

267
smorzata. Al crescere di a , lo smorzamento diventa pi forte e il circuito in evoluzione libera
raggiunge prima lo stato di riposo.
Osservazione
In questi circuiti pu accadere che w 20 = 0 e quindi l + = 0 . Ci si verifica quando i due
condensatori sono in serie o i due induttori sono in parallelo (figura 22). In questi casi
l'evoluzione libera costituita da un esponenziale smorzato con costante di tempo uguale a 1/(2 a )
e da un termine costante. Essa non tende a zero per t +

, ma tende asintoticamente a una

costante dipendente dallo stato iniziale. In questultimo caso, l'energia immagazzinata all'istante
iniziale nei due condensatori (rispettivamente, nei due induttori) non viene completamente
assorbita dai resistori (e quindi trasformata in energia termica). Ad esempio, nel circuito di figura
22a la tensione sulla serie costituita dai due condensatori tende a zero (rispettivamente, la corrente
totale del parallelo costituito dai due induttori di figura 22b), ma le tensioni sui due condensatori
tendono a valori costanti, diversi da zero e opposti, di modo che la loro somma sia uguale a zero
(rispettivamente, le correnti nei due induttori tendono a due valori costanti, diversi da zero e
opposti). evidente allora che la potenza assorbita dal resistore, in entrambi i casi, pu essere zero
pur continuando a esserci energia immagazzinata nei bipoli conservativi.
Propriet 10
Un circuito costituito da soli condensatori (rispettivamente, soli induttori), resistori
lineari e trasformatori ideali dissipativo se i due condensatori non sono in serie
(rispettivamente, i due induttori non sono in parallelo).

Figura 22 Esempi di circuiti passivi non dissipativi.


Le frequenze naturali l + e l - coincidono se a12 = a 21 = 0 . Ci si verifica solo se i due
condensatori (i due induttori) non sono tra loro collegati in nessuna maniera: ad esempio, due
circuiti RC (RL) del primo ordine non interagenti tra loro (figura 23) con R 1 C 1 =R 2 C 2 (con
L1 /R1 =L 2 /R2 ). , allora, evidente che in questi casi non sar mai possibile eccitare forme
d'onda del tipo B(t - t 0 )e

-a

(t - t 0 )

268
Figura 23 Due circuiti RC del primo ordine.
Osservazione
Se il circuito con due condensatori (con due induttori) contenesse un amplificatore
operazionale o un giratore la matrice delle conduttanze (la matrice delle resistenze), potrebbe non
essere pi simmetrica. In questo caso si potrebbero avere frequenze naturali complesse e
coniugate (pi avanti faremo un esempio di questo caso).
(ii) Circuito con un condensatore e un induttore
Quando il circuito dinamico costituito da un condensatore e da un induttore (questi circuiti
sono denominati circuiti RLC), la matrice A la matrice ibrida del doppio bipolo, e quindi
a12 = - a 21. Innanzi tutto, in questo caso, non pu mai essere w 0 = 0 , e quindi non mai
possibile avere una radice reale e uguale a zero, cos come accade nei circuiti con soli
condensatori (rispettivamente, solo induttori). Come poi si vedr, invece, pu accadere che a =0.
Inoltre il discriminate (148) pu essere sia positivo che negativo e al limite nullo. In particolare si
ha
H11R 20 - H 22 > 2 H12 R 0 fi a > w

fi D >

0,

H11R 20 - H 22 = 2 H12 R 0 fi a = w

fi D =

0,

H11R 20 - H 22 < 2 H12 R 0 fi a < w

fi D <

0,

dove la grandezza caratteristica R

(150)

una grandezza omogenea con una resistenza, data da

R 0 = L 2 / C1 .

(151)

utile ricordare che H 11 rappresenta la conduttanza equivalente vista dal condensatore


quando al posto dell'induttore c' un circuito aperto e H 22 la resistenza equivalente vista
dall'induttore quando al posto del condensatore c' un corto circuito.
Quando D >0 ( a > w
0 > 0 ), le frequenze naturali l + e l - sono reali, e quindi le due costanti di
integrazione A + e A - sono reali. L'evoluzione libera la somma di due funzioni esponenziali
smorzati ed , quindi, caratterizzata da una dinamica aperiodica, (figura 24).
Quando il discriminante uguale a zero (caso critico a = w 0 ), la forma d'onda dell'evoluzione
libera descritta da

x1 (t) = [A + B(t - t 0 )]e - a

(t - t 0 )

(152)

Questo tipo di evoluzione prende il nome di evoluzione criticao criticamente smorzata


, (figura
24).

(a > w
Evoluzione libera smorzata
x1 (t) = K + e

+t

+ K- e

l
-

0
t

> 0)

Evoluzione libera critica(a = w

x1 (t) = (A + Bt)e

-a

0
t

> 0)

269
x1

x1

Im{l }

K- 1 /t

- 1 /t

t
-

Aexp(-a t )

dt

cos(w

1/ a

Evoluzione libera
oscillante smorzata(w 0 > a > 0)

x1 (t) = Ke - a

Re{l }

-a

Re{l }

K+

Im{l }

Btexp(-a t )

Evoluzione libera
oscillante(w 0 > 0,a = 0)

+J )

x1 (t) = K cos(w

0t

+J )
Im{l }

x1

x1

Im{l }
2p / w

Kcos(J )

iw
d

-a

Kexp(-a t)

Kcos(J )

Re{l }
-iw

iw
2p /w

-iw

Re{l }

-Kexp(-a t)

Figura 24 Possibili risposte in evoluzione libera per un circuito RLC.


Quando D <0 ( w 0 > a > 0 ), le frequenze naturali l + e l -

sono complesse coniugate.

Imponendo le condizioni iniziali, si ottiene (stiamo considerando solo l'evoluzione libera)

K + + K - = x10 ,
l

+K+ + l
-

(153)

k - = x10
.

evidente che le due costanti di integrazione K + e K - sono, in questo caso, complesse coniugate,

perch x10 e x10


sono grandezze reali. Pertanto possibile riscrivere la soluzione nella seguente
forma

x1 (t) = Ae - a

(t - t 0 )

cos[w

d (t

- t0 ) + J ],

(154)

dove

A = 2 A+ ,
J = arg(A + );

(155)

A il modulo e arg(A + ) la fase (valore principale) del numero complesso K + . L'andamento


dell'evoluzione libera dato da una oscillazione sinusoidale di pulsazione w d , con ampiezza che
si smorza con legge esponenziale con costante di tempo 1/a ; al parametro w d si d il nome di
pulsazione propria del circuito. Una evoluzione libera di questo tipo prende il nome di evoluzione
oscillatoria smorzata, (figura 24).

270
Un circuito RLC sempre dissipativo se contiene resistori (stiamo escludendo che vi sia un
generatore indipendente di corrente in serie al condensatore e/o un generatore indipendente di
tensione in parallelo all'induttore). Mantenendo costante w 0 e riducendo a al di sotto del valore
critico a = w 0 , si ottiene una forma d'onda sinusoidale con ampiezza che decade esponenzialmente
nel tempo. Nel caso limite a =0, la forma d'onda diventa una sinusoide pura, con pulsazione
uguale a w 0 e l'evoluzione libera non tende pi a zero per t , (

figura 24). Ci si verifica se e

solo se gli elementi della diagonale della matrice ibrida sono entrambi uguali a zero, cio il
circuito non contiene resistori. In questo caso la potenza elettrica P R (t) assorbita dal doppio
bipolo resistivo uguale a zero in qualsiasi condizione di funzionamento, e quindi l'energia totale
W(t) immagazzinata nell'induttore e nel condensatore si mantiene costante nel tempo: l'energia
viene scambiata continuamente tra il condensatore e l'induttore, senza mai essere dissipata. Questo
un circuito conservativo e deve essere necessariamente come quello illustrato in figura 25; esso
prende il nome di circuito LC.

Figura 25 Circuito LC.


7.6.2 Soluzione di regime e termine transitorio
Si consideri ora un circuito del secondo ordine dissipativo (quindi Re{l } < 0 ) in condizione
di funzionamento generico e si faccia tendere l'istante iniziale t 0 a - (il funzionamento del
circuito ha inizio all'istante remoto t 0 = - ).

La generica grandezza di stato in un generico

istante finito data da

lim [K + e l

lim x1 (t) =

t 0 -

t 0 -

t 0 -

+ (t -

t0 )

+K - e l

lim [A +B(t - t 0 )e

-a

(t - t 0 )

(t - t 0 )

] + x p (t)

] + x p (t)

= x p (t) .

(156)

Pertanto, la dinamica dello stato, e quindi dell'intero circuito, per t finito non dipende dalla
condizione iniziale (si persa ogni traccia dello stato iniziale), ma dipende unicamente dalla
soluzione particolare e quindi dalla forma d'onda delle tensioni dei generatori di tensione e delle
correnti dei generatori di corrente: il circuito funziona in regime. La soluzione di regime uguale
alla soluzione particolare ed indipendente dallo stato. Ritroviamo quanto abbiamo gi visto nei
circuiti del primo ordine.
Si consideri ora il caso in cui l'istante iniziale t 0 sia al finito. Il termine dipendente dalle
costanti di integrazione K + e K - tende asintoticamente a zero per t + ( indipendentemente dai
valori delle costanti di integrazione ); esso il termine transitoriodella risposta. Le costanti di
integrazione K + e K - sono combinazioni lineari dei valori dello stato e dell'integrale particolare
all'istante iniziale t 0 .

271

termine di regime: x reg (t) lim x1 (t) = x p (t)


t0 -

K + e l (t - t ) +K - e l (t - t ) a > w 0 > 0 ( l

termine transitorio: x tran (t) [A +B(t - t0 )]e - a (t - t )


a =w 0 >0
Ke - a (t - t ) cos(w t + J )
w 0 > a >0
d

el
-

reali)

Se il circuito in evoluzione libera passivo ma non dissipativo, le frequenze naturali sono a


parte reale uguale a zero o almeno una di esse nulla. In questo caso il termine transitorio non
tende a zero per t + , ma rimane limitato. Se il circuito contiene elementi lineari attivi (un
circuito che, ad esempio contiene amplificatori operazionali, generatori controllati, giratori e
resistori con resistenza negativa), le frequenze naturali potrebbero avere parte reale maggiore di
zero e il termine transitorio divergerebbe per t + .
Propriet 11
L'evoluzione di un circuito del secondo ordine dissipativo tende asintoticamente alla
soluzione di regime per +t , indipendentemente dal valore iniziale dello stato
.
L'evoluzione libera tende asintoticamente a zero con legge esponenziale e l'evoluzione
forzata tende asintoticamente alla soluzione di regime.

7.6.3 Regime stazionario e regime sinusoidale


Il termine di regime dipende, oltre che dai parametri caratteristici del circuito, anche dalla
forma d'onda dei generatori. Verranno discussi i soliti due casi: circuiti con generatori costanti (o
stazionari) e circuiti con generatori sinusoidali.
- Generatori costanti (stazionari)
Si consideri un circuito con soli generatori stazionari. Il termine noto dell'equazione
differenziale, che descrive l'evoluzione del circuito, una funzione costante, e quindi una
funzione costante soluzione dell'equazione differenziale. Essa pu essere ottenuta sostituendo
nell'equazione differenziale (129) la funzione

x p (t) = X ,

(157)

e determinando poi la costante X che la verifica.


Propriet 12
Quando i generatori sono stazionari, il regime di funzionamento che si instaura nel
circuito anche esso stazionario, se il circuito dissipativo. La soluzione stazionaria
pu essere ottenuta risolvendo direttamente il circuito resistivo ottenuto sostituendo ai
condensatori circuiti aperti e agli induttori corto circuiti.

272
Per provare quanto affermato sufficiente ricordare che in regime stazionario la corrente nei
condensatori e le tensioni sugli induttori sono uguali a zero.
- Generatori sinusoidali isofrequenziali
Si consideri, ora, un circuito con soli generatori sinusoidali (isofrequenziali) con pulsazione
w . Il termine noto dell'equazione differenziale (129) una funzione sinusoidale con pulsazione
w . Anche in questo caso una funzione sinusoidale con pulsazione w

soluzione dell'equazione

differenziale. Essa pu essere determinata sostituendo nell'equazione differenziale una funzione


del tipo

x p (t) = X cos(w t + y ) ,

(158)

e determinando l'ampiezza X e la fase y , in modo tale che la (129) sia verificata (cos come
abbiamo operato con i circuiti del primo ordine).
La soluzione particolare (158) non esiste se il circuito non dissipativo e la pulsazione dei
generatori uguale alla frequenza naturale del circuito. In questo caso si dice che il circuito in
risonanza. Ad esempio, nel circuito RLC del secondo ordine ci accade se, a =0 e w = w
d = w 0.
In questo caso, facile verificare che una soluzione particolare una funzione sinusoidale con
pulsazione w e ampiezza crescente linearmente nel tempo 4. Il fenomeno della risonanza non pu
mai verificarsi in un circuito RL o RC, se esso costituito da soli elementi statici reciproci.
Propriet 13
Quando i generatori sono sinusoidali e isofrequenziali, il regime di funzionamento
che si instaura nel circuito anche esso di tipo sinusoidale con la stessa pulsazione
dei generatori, se il circuito dissipativo.
In questi casi la soluzione di regime pu essere ottenuta direttamente utilizzando il metodo
fasoriale. Questo metodo sar illustrato nel prossimo Capitolo.
Se nel circuito ci sono generatori costanti e generatori sinusoidali con diverse pulsazioni, allora
l'integrale particolare pu essere determinato utilizzando la sovrapposizione degli effetti
(l'equazione differenziale lineare perch il circuito del quale essa descrive la dinamica lineare).
La soluzione particolare la somma delle soluzioni particolari che ciascuno dei generatori
produrrebbe se agisse da solo, essendo gli altri spenti.

7.6.4 Applicazione: Circuito RLC serie e circuito RLC parallelo e altri esempi

4 Si consideri l'equazione x + w

2
0x

= cos(w 0 t) . Questa l'equazione che descrive l'evoluzione di un circuito LC


con forzamento sinusoidale alla stessa frequenza della frequenza naturale del circuito. In questo caso non esiste un
integrale particolare sinusoidale con pulsazione w 0 . facile verificare che, un integrale particolare
x(t) = [ t sin(w 0 t)] / 2w 0 .

273
Si consideri il circuito RLC serie rappresentato in figura 26a. Il circuito in evoluzione
libera; lo stato all'istante iniziale t=0 vale

v c (t = 0) = V 0 , i L (t = 0) = I 0 .

(159)

Figura 26 Circuito RLC serie (a) e circuito RLC parallelo (b).


Le equazioni caratteristiche dei bipoli a memoria sono

dv c
= ic ,
dt
di
L L = vL .
dt

(160)

Per determinare le equazioni di stato bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione
dell'induttore in funzione delle grandezze di stato v c e i L . In questo caso tutto ci pu essere fatto
per ispezione diretta del circuito. Immediatamente si ha

dv c
= iL ,
dt
di
L L = - v c - Ri L .
dt

(161)

Sostituendo la prima equazione di stato nella seconda, si ottiene l'equazione scalare per la tensione
del condensatore

d 2 v c R dv c
1
+
vc = 0 .
2 +
L dt
LC
dt

(162)

L'integrale generale della (162) assume, come noto, tre forme diverse a seconda che

0t

> 1, w

0t

< 1ow

2L
,w
R

0t

= 1 , dove sono state fatte le posizioni


0

1
.
LC

(163)

Quando w 0 t < 1 l'evoluzione libera aperiodica, quando w 0 t > 1 l'evoluzione libera oscillante
e smorzata; invece quando w 0 t = 1 si ha il caso critico. Il parametro adimensionale Q(w 0t / 2)
prende il nome di fattore di qualit o fattore di merito del circuito.
Si assuma che nel circuito in esame l'evoluzione sia di tipo oscillante smorzato. Allora si ha

v c (t) = Ae -

t /t

cos(w t + q ) ,

dove la pulsazione w data da

(164)

274

w=w

1 - 1 / (w

0t

)2 ,

(165)

e t la costante di tempo dell'esponenziale smorzato che descrive l'ampiezza dell'oscillazione;


quando R0

la costante di tempo tende all'infinito e la pulsazione w

tende a quella caratteristica

1 / LC . In questo limite il funzionamento del circuito tende a quello di un oscillatore LC ideale.


Le due costanti A e q devono essere determinate imponendo le condizioni iniziali a t=0, cio

v c (0) e dv c / dt t =0 . La derivata della tensione del condensatore si ottiene imponendo le


condizioni iniziali per lo stato (159) utilizzando la prima equazione del sistema (161). Cos
facendo si ottiene

dv c / dt t =0 = I 0 / C .

(166)

Si consideri, ora, il circuito RLC parallelo rappresentato in figura 26b. Il circuito in


evoluzione libera; lo stato all'istante iniziale t=0 dato dalle (159). Le equazioni caratteristiche dei
bipoli a memoria sono ancora le (160). Per determinare le equazioni di stato bisogna esprimere,
come al solito, la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle
grandezze di stato v c e i L . Anche ci pu essere fatto ancora per ispezione diretta del circuito
rappresentato in figura 26b. Si ha

dv c
v
= - c - iL ,
dt
R
di
L L = vc .
dt

(167)

Sostituendo la seconda equazione di stato nella prima, si ottiene l'equazione scalare per la corrente
nell'induttore

d2i L
1 di L
1
+
iL = 0 .
2 +
RC dt LC
dt

(168)

Anche l'integrale generale della (168) assume tre forme diverse a seconda che w 0 t > 1, w 0 t < 1 ,
o w 0 t = 1 dove questa volta la costante di tempo caratteristica t vale

t=

2
.
RC

(169)

Le costanti di integrazione devono essere determinate imponendo le condizioni iniziali in t=0,


cio i L (0) e di L / dt t =0 . La derivata della corrente nell'induttore si ottiene imponendo le
condizioni iniziali per lo stato (159) e la seconda equazione del sistema (167). Cos facendo si
ottiene

di L / dt t =0 = V 0 / L .

(170)

Esempio
Si consideri il circuito rappresentato in figura 27. Il circuito alimentato con un generatore
a gradino. Determinare l'andamento della corrente nel condensatore.

275
Conviene sempre formulare il problema in termini di variabili di stato. In questo caso
particolare viene prima determinata la tensione del condensatore e poi, usando la sua caratteristica,
si determina la corrente.
Le equazioni caratteristiche dei bipoli a memoria sono

dv c
= ic ,
dt
di
L L = vL .
dt

(171)

Per determinare le equazioni di stato bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione
dell'induttore in funzione delle grandezze di stato v c e i L . Anche in questo caso ci pu essere
fatto per ispezione diretta del circuito, applicando la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo
1, e la seconda legge di Kirchhoff alla maglia costituita dal condensatore, dall'induttore e dal
resistore di resistenza R 2. Cos facendo si ottiene

v
E
dv c
= - c - i + 0 u(t),
R1
R1
dt
L

(172)

di
= vc - R 2 i ,
L
dt
L

dove E 0 = 600.

Figura 27

Circuito in evoluzione forzata.

Il sistema (172) definito per - <

t < + . Per t<0 il generatore di tensione spento, quindi il

circuito nello stato stazionario di riposo (il circuito dissipativo). La tensione del generatore
limitata, e quindi lo stato continuo in ogni istante ed in particolare in t=0. Pertanto si ha

v c (0 + ) = v c (0 - ) = 0,

(173)

i L (0 + ) = i L (0 - ) = 0.

Essendo noto lo stato del circuito all'istante t = 0 + , bisogna risolvere il sistema (172) per t 0 + ;
per t 0 + la funzione di Heaviside u=u(t) costante ed uguale a uno. Dovendo calcolare la
corrente nel condensatore, conviene ridurre il sistema (172) a una equazione scalare del secondo
ordine nella funzione incognita v c = v c (t) . Derivando ambo i membri della prima equazione di
stato rispetto al tempo e usando la seconda, si ottiene

d 2 vc R 2
1 dv c
1
R2
1 R2
+
+
+
1
+
E0

vc =
2
LC
LC R1
R1
dt
L R1C dt

per t 0 + .

(174)

276
L'integrale generale dell'equazione (174) costituito dalla somma di un integrale particolare
dell'equazione completa e dell'integrale generale dell'omogenea associata.
Come integrale particolare si pu assumere senz'altro la tensione in regime stazionario (essendo
per t 0 + il generatore costante):

R2
= 510 .
R1 + R 2

vp = E0

(175)

(In regime stazionario il condensatore si comporta come se fosse un circuito aperto e l'induttore si
comporta come se fosse un corto circuito; la (175) stato ottenuta usando il partitore di tensione.)
Il polinomio caratteristico
2

p(l ) = l

R2
1
1
R2
+
l+
.
1+
LC
R1
L R1C

(176)

Gli zeri del polinomio caratteristico sono nel caso in esame

= - 10, l

= - 30 .

(177)

L'integrale generale dell'equazione (174) vale

v c (t) = K1e -

10t

+ K2e-

30t

+ 510

per t 0 + .

(178)

Per determinare le due costanti di integrazione K1 e K 2 c' bisogno di v c (0 + ) e dv c / dt t =0 + . Il


valore iniziale della tensione noto. Il valore iniziale della derivata prima si determina usando la
prima equazione di stato e le condizioni iniziali per lo stato. Cos facendo si ha

dv c
dt

=
t =0 +

1 v c (0 + )
E u(t = 0 + )
E
-
- i (0 + ) + 0
= 0 = 4800 .

C
R1
R1
R1C

(179)

Imponendo alla (176) le condizioni iniziali per v c (0 + ) e dv c / dt t =0 + , si ottiene il sistema


algebrico lineare

K1 + K 2 = - 510,

(180)

K1 + 3K 2 = - 480.

Risolvendo il sistema (180) si ottengono le due costanti di integrazione; quindi si ha, in definitiva,

v c (t) = - 525e -

10t

+ 15e -

30t

+ 510 u(t) .

(181)

La corrente nel condensatore vale

i c (t) = C

dv c
= 525e dt

( 10t = (525e - 10t -

)u(t) + (40e - 30t )u(t).


40e -

30t

525e -

10t

+ 15e -

30t

+ 510 d (t) =

(182)

277
L'impulso di Dirac ha ampiezza nulla perch la tensione del condensatore nulla in t=0. Si noti
che la corrente nel condensatore discontinua in t=0. Gli andamenti della tensione e della
corrente nel condensatore sono riportati in figura 28.
600,0
500,0

v c(t)[V]

ic(t)[A]
v c(t)

400,0
300,0
200,0

ic(t)

100,0
0,0
-100

t[ms]
0

100

200

300

400

Figura 28
Esempio
Valutare l'andamento della v(t) nella rete di figura 29 supposta a riposo prima della chiusura
dell'interruttore. La v(t) pu essere determinata una volta nota la variabile di stato i 2 = i 2 (t) .

Figura 29

Figura 30 Circuito equivalente del trasformatore.

Figura 31 Circuito equivalente del circuito dinamico illustrato in figura 29.


Il trasformatore non ad accoppiamento perfetto perch L1L 2 < M 2 . Un possibile circuito
equivalente del trasformatore rappresentato in figura 30. Le induttanze L' e L" valgono

278
L'=0.5mH, L"=1.5mH e il rapporto di trasformazione vale n=L'/M=0.5. Usando il circuito
equivalente del trasformatore, si ottiene il circuito equivalente dinamico illustrato in figura 31,
dove L eq = L + L" = 5.5mH .
Le variabili di stato del circuito equivalente sono la corrente i = i (t) e la corrente i 2 = i 2 (t) .
Nel circuito in esame le variabili di stato sono le due correnti del trasformatore e la corrente
nell'induttore L. In realt sono solo i = i (t) e i 2 = i 2 (t) , perch la corrente i 2 nell'induttore L
uguale a quella che circola nella porta 2 del trasformatore e la corrente
i1 legata alla
corrente i 2 e alla corrente iattraverso la relazione algebrica

i1 = 0.5(i- i 2 ) .

(183)

La corrente i
2 uguale a - 2 i1 , perch il rapporto di trasformazione uguale a 0.5.
Per potere scrivere le equazioni di stato del circuito equivalente di figura 31, si parta dalle
equazioni caratteristiche dei due induttori; esse sono:

di
L = v,
dt
di
L eq 2 = - v.
dt

(184)

Poi bisogna esprimere le tensioni ve v L in funzione delle variabili di stato ie i 2 . Applicando la


seconda legge di Kirchhoff alla maglia comprendente il generatore di tensione, le equazioni
caratteristiche del trasformatore ideale e la prima legge di Kirchhoff al nodo a cui collegato
l'induttore L', si ha

2v= v1 = E - R1i1 = E +

R1
R
i 2 = E + 1 (- i+i 2 )
2
2

t 0+ .

(185)

Invece applicando la seconda legge di Kirchhoff alla maglia comprendente L eq , R 2 e L, si ha:

v = v+R 2 i 2 = -

R1
R
E
i+( 1 + R 2 )i 2 +
t 0+ .
2
4
4

Pertanto le equazioni di stato sono per

(186)

t 0+

R
E
di R
L = - 1 i+ 1 i 2 + ,
2
4
4
dt
di 2 R1
R1
E
L eq
=
i- ( + R 2 )i 2 .
2
dt
4
4

(187)

Il sistema (187) deve essere risolto con le condizioni iniziali

i(0 + ) = i(0 - ) = 0,

(188)

i 2 (0 + ) = i 2 (0 - ) = 0.
Con i valori assegnati, si ottiene dal sistema (187) l'equazione scalare per la corrente

i2

279

di
5
d 2 i 2 16
103 2 + 10 6 i 2 = 0
2 +
11
dt 11
dt

t 0+ .

(189)

L'integrale generale dell'equazione (189) :

i 2 (t) = k1e l

+ k 2el

1t

2t

(190)

dove

= - 1000, l

=-

10 3
10 @ 22

454,5 ,

(191)

sono le frequenze naturali del circuito. Per determinare le costanti di integrazione bisogna
imporre le condizioni iniziali per i 2 (t) e di 2 / dt a t = 0 + . Il valore iniziale di i 2 nullo; invece il
valore iniziale di di 2 / dt dato dalla seconda equazione del sistema (189), imponendo che
all'istante iniziale sia nulla anche i ,

di 2
dt

t =0 +

= - 6000[A / s].

(192)

Imponendo queste due condizioni si ottiene il sistema di equazioni lineari e algebriche in due
incognite

k1 + k 2 = 0,
l 1k1 + l

2k2

(193)

= - 6000.

Risolvendo il sistema (193) e sostituendo nell'integrale generale, si ottiene

i 2 (t) = 11(e l

1t

- el

2t

)u(t) ,

(194)

e quindi

v L (t) = (44e l

1t

- 20e l

2t

)u(t) .

(195)

In figura 32 sono diagrammati gli andamenti della i 2 (t) e della v(t).


8,0
6,0
4,0

v(t)/4[V]

2,0
0,0

i2 (t)[A]

-2,0

t[ms]

-4,0
0

Figura 32
7.6.5 Applicazione: Circuito RC con amplificatore operazionale

10

280
Si consideri il circuito del secondo ordine con due condensatori e un amplificatore
operazionale illustrato in figura 33a. Si valutino le equazioni di stato e si discutano i tipi di
evoluzione libera che possono presentarsi.
Si assuma che il circuito funzioni in modo tale che la tensione in uscita all'amplificatore
operazionale sia, in valore assoluto, inferiore a quella di saturazione; quindi l'amplificatore
operazionale funziona nella regione lineare della caratteristica. Inoltre si assuma che A ;
in
questo limite, se la tensione di uscita deve essere inferiore a quella di saturazione e quindi
limitata, deve essere necessariamente

vd = 0 .

(196)

Figura 33 Circuito dinamico in esame (a) e circuito resistivo associato (b).


Per le correnti in ingresso all'amplificatore deve essere

I+ = I- = 0 .

(197)

(Questo il modello dell'amplificatore operazionale ideale).


Per costruire le equazioni di stato, bisogna prima scrivere le equazioni caratteristiche dei due
elementi dinamici; esse sono:

dv1
= i1 ,
dt
dv
C2 2 = i 2 .
dt

C1

(198)

Ora bisogna esprimere le correnti i1 e i 2 nei due condensatori in funzione delle variabili di stato.
Ci pu essere fatto usando il circuito resistivo associato illustrato in figura 33b. Applicando la
prima legge di Kirchhoff si ha ( v3 e v 4 sono le tensioni sui due resistori, scelte con la
convenzione dell'utilizzatore):

i1 = - i 3 - i 4 = -

v3 v 4
,
R1 R 2

v
i2 = - i4 - I + = - i4 = - 4 ;
R2
le tensioni v3 e v 4 valgono (si deve applicare la seconda legge di Kirchhoff)

(199)

281

v3 = v1 - v2 + v d = v1 - v2 ,
v 4 = v d + v1 = v1.

(200)

Sostituendo le (200) nelle (199), e sostituendo, poi, le correnti i1 e i 2 cos ottenute nelle (198), si
ottengono le equazioni di stato del circuito:

1
1
v2
+

v1 +
R1 .
R1 R 2
v1
R2

dv1
=dt
dv
C2 2 = dt

C1

(201)

La matrice G del doppio bipolo statico lineare visto dai due condensatori vale, in questo caso:

1
1
+
R2
R
G = 11
R2

1
R1

(202)

Essa non simmetrica , perch l'amplificatore operazionale un elemento non reciproco. Inoltre,
essendo l'amplificatore operazionale attivo, c' un elemento della diagonale principale che pi
piccolo degli elementi fuori diagonale. Per i circuiti che contengono amplificatori operazionali, in
generale, non vale pi la propriet della reciprocit e la propriet di non amplificazione.
Il sistema (201) pu essere ridotto all'equazione scalare del secondo ordine, nella funzione
incognita v1 = v1 (t) ,

d 2 v1 R1 + R 2 1 dv1
1
+
v1 = 0 .

2 +
dt
R1R 2 C1 dt R1R 2 C1C 2

(203)

Il polinomio caratteristico di questa equazione :

p(l ) = l

R1 + R 2 1
1
l+
.

R1R 2 C1C 2
R1R 2 C1

(204)

Siccome i coefficienti del polinomio caratteristico hanno tutti lo stesso segno, i suoi zeri devono
essere necessariamente a parte reale minore di zero. Pertanto, pur essendovi nel circuito un
elemento attivo, il circuito asintoticamente stabile (prevalgono, per come l'amplificatore
operazionale collegato, gli effetti dissipativi dei resistori).
Si calcoli, ora, il discriminante D del polinomio (204). Si ottiene:

D=

(R1 + R 2 )2 C1
1
.
4C12 R1R 2
R1R 2
C 2

(205)

evidente che sempre possibile scegliere i parametri R1 , R 2 , C1 e C 2 in modo tale da avere un


discriminante positivo, nullo oppure negativo. Dunque, possibile con due condensatori e un
amplificatore operazionale avere anche frequenze naturali complesse coniugate (a parte reale
minore di zero). Questo un risultato molto importante, perch, come abbiamo visto

282
precedentemente, ci non pu mai accadere se gli elementi statici lineari sono solo resistori e
trasformatori ideali. come se l'amplificatore operazionale, a causa della sua caratteristica non
reciproca, cambiasse la natura di uno dei due condensatori, trasformandolo in un induttore. In
realt in questo caso non possibile individuare quale dei due condensatori si comporta da
induttore. Questi tipi di circuiti sono alla base degli oscillatori e dei filtri attivi.

7.7 Circuiti dinamici lineari tempo-invarianti di ordine qualsiasi


A conclusione di questo Capitolo estenderemo i concetti e le propriet introdotti per i circuiti
dinamici del primo e del secondo ordine lineari e tempo-invarianti ai circuiti di ordine N qualsiasi.
L'equazione per una generica grandezza di stato (ad esempio, la tensione di un condensatore o
la corrente di un induttore ) del tipo
dNy
+ aNdt N

d N - 1y
dy
+ a 0 y = f (t) ;
1
N - 1 +... +a1
dt
dt

(206)

i coefficienti a i sono reali e costanti e la funzione f=f(t) una combinazione lineare delle tensioni
dei generatori di tensione e delle correnti dei generatori di corrente e di loro derivate fino
all'ordine (N-1). Essa si ottiene riducendo il sistema di equazioni di stato (14) ad un'unica
equazione in un'unica incognita.
L'integrale generale della (206)
y(t) = y o (t) + y p (t),

(207)

dove y p (t) una soluzione particolare e y o (t) l'integrale generale dell'equazione omogenea
(l'equazione che si ottiene ponendo f(t)=0 nella (206)).
Per determinare l'integrale generale dell'equazione omogenea associata bisogna determinare gli
zeri del polinomio caratteristico

p(l ) = l

+ a N- 1l

N- 1

+...+a1l + a 0 .

(208)

Nell'ipotesi che le radici di p(l ) siano tutte distinte (questa ipotesi ha solo lo scopo di semplificare
la notazione), y o (t) assume la forma
y o (t) =

Kiel

i (t -

t0 )

(209)

i=1

Le costanti di integrazione (che possono essere reali o complesse) si determinano imponendo le


condizioni iniziali per la y(t) e per le sue derivate fino all'ordine (N-1) all'istante t = t 0 . Esse si
ottengono imponendo il valore delle grandezze di stato del circuito all'istante iniziale t = t 0 ,
usando le equazioni di stato (14).
Un circuito di ordine N possiede N frequenze naturali (reali e/o complesse); le frequenze
complesse sono a due a due coniugate perch i coefficienti del polinomio caratteristico sono reali.
Se l i reale, il termine e

l i (t - t 0 )

una funzione con andamento esponenziale, decrescente al

283
crescere di t se l i minore di zero, crescente se invece l i >0. Come caso limite intermedio, al
valore l i =0 corrisponde una costante.
Se invece l i complesso, cio esprimibile come

=s

+ iw

i,

(210)

con s i e w i reali, la combinazione dei due termini K i e


termine del tipo

A ies

i (t -

t0 )

cos[w

i (t

- t0 ) + J

l i (t - t 0 )

e K*i e l

*
i (t -

t0 )

d luogo a un

i ].

(211)

La (211) una funzione oscillante sinusoidale con ampiezza crescente o decrescente a seconda
del segno di s i ; per s i =0 la (211) si riduce a una funzione sinusoidale con pulsazione w

i.

Propriet 14
I circuiti costituiti da soli condensatori (rispettivamente, induttori), resistori lineari e
trasformatori ideali hanno solo frequenze naturali reali, qualunque sia l'ordine.
Questa propriet strettamente connessa alla simmetria della matrice delle conduttanze che
caratterizza i circuiti RC e della matrice delle resistenze che caratterizza i circuiti RL (vedi
Appendice D) con resistori lineari e trasformatori ideali. Invece circuiti con induttori e
condensatori possono avere anche frequenze naturali complesse, essendo la matrice ibrida non
simmetrica .
In generale i circuiti dinamici possono essere classificati in asintoticamente stabili, stabili
e instabili.
Un circuito si dice stabile se l'evoluzione libera si mantiene limitata uniformemente rispetto al
tempo, comunque siano i valori iniziali dello stato. Le frequenze naturali si trovano nel semipiano
sinistro del piano complesso (piano di Gauss) e tutto al pi sull'asse immaginario; non possono
trovarsi nel semipiano destro. Un circuito si dice instabile se l'evoluzione libera diverge per t ;
almeno una frequenza naturale ha parte reale maggiore di zero e quindi si trova nel semipiano
destro del piano di Gauss. Un circuito si dir asintoticamente stabilese stabile e se l'evoluzione
libera tende asintoticamente a zero per t , indipendentemente dai valori iniziali dello stato; le
frequenze naturali devono avere tutte parte reale minore di zero: non ci sono frequenze naturali
sull'asse immaginario e si trovano tutte nel semipiano sinistro del piano di Gauss.
Propriet 15
Un circuito in evoluzione libera passivo stabile e quindi le frequenze naturali non
possono mai trovarsi nel semipiano destro del piano di Gauss.
Questa propriet pu essere dimostrata in questo modo. Si consideri il circuito in evoluzione
libera e si applichi a esso la conservazione delle potenze elettriche. Si ottiene

284

dW
= - P R (t) ,
dt

(212)

dove W=W(t) l'energia globalmente immagazzinata nel circuito al generico istante t, e vale
NC 1

W(t) =

i=12

C i v2i (t) +

N C +N L

1
L k i 2k (t),
2
k =N C +1

(213)

e P R (t) la potenza assorbita globalmente dalla parte statica del circuito (la potenza assorbita dai
trasformatori ideali uguale a zero),

P R (t) = R h i 2h (t) .

(214)

Avendo supposto che tutti i resistori sono passivi, la potenza P R (t) non pu essere mai negativa, e
quindi la derivata dell'energia immagazzinata non pu mai essere positiva. Di conseguenza si ha

0 W(t) W(t 0 ) per ogni t t 0 ,

(215)

dove W(t 0 ) l'energia immagazzinata nel circuito all'istante iniziale t 0 . Pertanto l'energia
immagazzinata e quindi tutte le grandezze di stato rimangono limitate (perch le capacit e le
induttanze sono positive) e le frequenze naturali non possono trovarsi nel semipiano destro del
piano di Gauss.
Se nel circuito non ci sono elementi dissipativi (la parte statica costituita da soli corto circuiti,
circuiti aperti e trasformatori ideali), in qualsiasi condizione di funzionamento si ha P R (t) =0. In
questi casi l'energia immagazzinata si mantiene costante: i circuiti di questo tipo sono detti
conservativi.
Se il circuito contenesse, invece, amplificatori operazionali e/o generatori controllati, la potenza

P R (t) potrebbe essere minore di zero, e quindi il circuito potrebbe avere evoluzioni libere
divergenti. Pertanto un circuito con elementi attivi pu essere instabile. I circuiti instabili sono
usati negli oscillatori.
Si supponga, ora, che il circuito sia dissipativo. In questo caso l'energia che in esso
immagazzinata nell'istante iniziale, viene completamente assorbita dai resistori durante l'evoluzione
libera. Pertanto tutte le frequenze naturali devono avere necessariamente parte reale minore di
zero.
Propriet 16
Se il circuito dissipativo, tutte le frequenze naturali hanno parte reale minore di
zero, e quindi il circuito asintoticamente stabile.
Pi di una volta abbiamo osservato che la passivit dei componenti dinamici e la presenza di
resistori passivi condizione necessaria ma non sufficiente affinch il circuito sia dissipativo.
Propriet 17

285

Un circuito costituito da generatori indipendenti e resistori, induttori e condensatori


passivi dissipativo, se nel circuito in evoluzione libera non esisten un insieme di
taglio e n una maglia senza almeno unresistore (con resistenza limitata e maggiore
di zero); questa una condizione riguardante il grafo del circuito ed sufficiente, ma
non necessaria.
Non dimostreremo questa propriet. Comunque utile commentarla considerando dei casi in
cui non verificata. A tale scopo si considerino i tre circuiti illustrati in figura 35 (i primi due
circuiti sono stati gi considerati precedentemente).
Nel circuito illustrato in figura 35a esiste un insieme di taglio di soli condensatori, nel circuito
illustrato in figura 35b esiste una maglia di soli induttori e nel circuito illustrato in figura 35c
esistono insieme di taglio e maglie costituite da soli induttori e condensatori.
Nel circuito illustrato in figura 35a, siccome i due condensatori sono in serie, pu verificarsi
che v = v1 + v 2 = 0 , v1 = V 0 e v 2 = - V . In questo caso la potenza P R (t) = v 2 / R uguale a
zero pur essendo diversa da zero l'energia immagazzinata nel circuito. Pertanto si ha

W(t) = (C1 + C 2 )V 2 / 2 = costante , quindi pur essendo il circuito passivo esso non dissipativo.
Nel circuito illustrato in figura 25b siccome i due induttori sono in parallelo, pu verificarsi che

i = i1 + i 2 = 0 , i1 = I 0 e i 2 = - I dove I=c o s t a n t e. Anche in questo caso la potenza


P R (t) = Ri 2 uguale a zero pur essendo diversa da zero l'energia immagazzinata nel circuito.
Pertanto si ha W(t) = (L1 + L 2 )I 2 / 2 = costante come nel caso precedente.
Infine nel circuito illustrato in figura 35c, se L1C1 = L 2 C 2 = 1 / w 20 , facile verificare che
possibile una evoluzione libera con

v = v1 - v2 = 0,
v1 (t) = v2 (t) = V cos(w

0t

+ J ).

(216)

( come se vi fossero due circuiti LC non interagenti). In questo caso la potenza P R (t) = v 2 / R
uguale a zero pur essendo diversa da zero l'energia immagazzinata nel circuito.

Figura 35 Esempi di circuiti passivi ma non dissipativi.


Osservazione

286
evidente che, n condensatori in parallelo di capacit C 1 , C 2 ,..., C n , equivalgono a un solo
condensatore di capacit equivalente C

eq

n
C
i=1 i

e, dualmente, m induttori in serie di

induttanza L 1 , L 2 ,..., L m equivalgono a un solo induttore di induttanza L eq =


entrambi i casi, pur avendo pi elementi dinamici, abbiamo una sola grandezza di stato.

m
L
i=1 i

. In

CAPITOLO 8

CIRCUITI IN REGIME STAZIONARIO E


SINUSOIDALE

Nel presente Capitolo si considerano esclusivamente circuiti lineari in regime stazionario e in


regime sinusoidale (la maggior parte del Capitolo dedicata ai circuiti in regime sinusoidale).
In un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo, dopo l'esaurimento del transitorio, le tensioni
e le correnti sono costanti nel tempo se tutti i generatori sono costanti nel tempo (circuiti in regime
stazionario).
In un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo alimentato da uno o pi generatori sinusoidali
tutti con la stessa pulsazione , dopo l'esaurimento del transitorio, tutte le tensioni e le correnti sono
sinusoidali alla stessa pulsazione (circuiti in regime sinusoidale).
Molti circuiti operano in regime stazionario o in regime sinusoidale. Come si vedr in seguito, se
nota la risposta di un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo ad un ingresso costante e ad un
ingresso sinusoidale di frequenza arbitraria, allora possibile calcolare la risposta ad un segnale
arbitrario.

8.1 Circuiti in regime stazionario


Si consideri un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo N (figura 1), alimentato da soli
generatori costanti e si supponga che esso sia in regime stazionario (il transitorio si estinto), quindi
tutte le tensioni e tutte le correnti sono costanti nel tempo. In questo caso le equazioni del circuito
diventano

$a , = 

%a 9 = 
dV k
I k = Ck
=0
dt
dI
Vk = Lk k = 0
dt
V k R k Ik = 0

(1)

k = 1, 2, ..., n C ,

(2)

k = nC +1,..., n C + nL ,

(3)

k = n C + n L +1,..., n C + n L + n R ,

(4)

286

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

V k = E k = FRVW 

I k = J k = FRVW
dove

T
= I1  I2   I b e

k = nC + n L + n R + 1  n C + nL + n R + n e 
k = n C + n L + nR + ne + 1   n C + nL + n R + n e + n j

(5)

= V1  V 2   Vb T sono i vettori rappresentativi delle correnti e delle

tensioni del circuito (useremo le lettere maiuscole per indicare correnti e tensioni che sono costanti
nel tempo), b = nC + n L + n R + n e + n j , $a e %a sono, rispettivamente, la matrice di incidenza e
una matrice di maglia, C k  L k e R k sono, rispettivamente, le capacit, le induttanze e le resistenze
del circuito, E k e J k sono, rispettivamente, le tensioni dei generatori di tensione e le correnti dei
generatori di corrente indipendenti ( E k e J k sono costanti nel tempo).

Figura 1

Circuito lineare, tempo invariante e dissipativo in regime stazionario (a) e circuito


resistivo equivalente (b).

Le correnti che circolano nei condensatori sono uguali a zero, perch le tensioni su di essi sono
costanti, e anche le tensioni degli induttori sono uguali a zero perch le correnti che in essi circolano
sono costanti. Pertanto, ogni volta che bisogna analizzare il funzionamento in regime stazionario di
un circuito dinamico, possibile considerare il circuito resistivo equivalente Neq ottenuto
sostituendo nel circuito N a ogni condensatore un circuito aperto e a ogni induttore un corto circuito.
Il circuito resistivo equivalente pu essere analizzato utilizzando i metodi illustrati nel Capitolo 5.
Per semplicit abbiamo considerato circuiti di soli condensatori, induttori, resistori e generatori
indipendenti; queste considerazioni valgono anche quando i circuiti contengono trasformatori ideali,
amplificatori operazionali, generatori controllati, giratori e pi in generale elementi statici non
lineari. In quest'ultimo caso il circuito resistivo equivalente Neq non lineare.
Procedura per la soluzione di un circuito in regime stazionario
(a)

Si sostituisca a ogni condensatore un circuito aperto e a ogni induttore un corto circuito.

(b)

Si risolva la rete di resistori, circuiti aperti, corto circuiti e generatori cos ottenuta.

Esempio
Si consideri il circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo descritto in figura 2a. Esso in
regime stazionario. Determinare le correnti I L e I che circolano, rispettivamente, nell'induttore L 1 e
nel resistore R 2 e la tensione V c del condensatore. I dati del problema sono

287

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

E = 10 R = 2  R1 = 4  R2 = 6 L = 1 H L 1 = 10 H C = 50 F.
Il circuito resistivo equivalente rappresentato in figura 2b. Questo circuito stato ottenuto
sostituendo al posto dei due induttori un corto circuito e al posto del condensatore un circuito aperto.
La soluzione del circuito resistivo equivalente pu essere ottenuta utilizzando le regole dei partitori e
delle equivalenze. Operando in questo modo si ottiene I = 25  27 I = 100  91 e V c = 4 4 . La
L

soluzione stazionaria indipendente dai valori delle induttanze e delle capacit!

Figura 2 Circuito in regime stazionario (a) e circuito resistivo equivalente (b).

8.2

Circuiti in regime sinusoidale: i fasori

Si consideri, ora, un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo N, pilotato da soli generatori


sinusoidali, tutti con pulsazione (ossia con frequenza f = / 2 ), e si supponga che esso sia in
regime sinusoidale, quindi tutte le tensioni e tutte le correnti sono funzioni sinusoidali del tempo con
la stessa pulsazione dei generatori (il transitorio si estinto). Il resto di questo Capitolo dedicato
allo studio dei circuiti in regime sinusoidale.
In un circuito in regime sinusoidale ogni corrente e ogni tensione una funzione sinusoidale del
tempo, cio del tipo

a(t) = Am cos(t + ) ,

(6)

dove l'ampiezza Am , la fase e la pulsazione sono costanti reali (la fase dipende dal riferimento
scelto per la coordinata temporale). L'ampiezza Am assunta positiva. possibile cambiare il
segno della a(t) attraverso la fase ; immediato verificare che

Am cos(t + + ) = a(t) .

(7)

Per = / 2 la (6) diventa la funzione Am sin(t) ; in generale si ha:

Am sin(t + ) = Am cos(t + / 2) .

(8)

La pulsazione misurata nel Sistema Internazionale in rad/s e la frequenza f in Hz (hertz):


1Hz=1/(1s). La funzione (6) una funzione periodica con periodo

T = 2 /
( immediato verificare che a(t + T) = Am cos[ (t + T) + ] = Am cos(t + ) = a(t) ).

(9)

288

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Una volta che stata fissata la pulsazione (che imposta dai generatori), ogni tensione e ogni
corrente sinusoidale caratterizzata da due e solo due grandezze, l'ampiezza Am e la fase . Per
questo motivo alla funzione sinusoidale (6) possibile associare il numero complesso A (per un
breve richiamo sui numeri complessi vedi Appendice E), detto fasore rappresentativo della
funzione sinusoidale a = a(t) , secondo la regola:

A Am e i .

(10)

Il punto cruciale che questa regola produce una corrispondenza biunivoca tra l'insieme delle
funzioni sinusoidali di pulsazione {a(t) = Am cos(t + ) }1 definite dalla (6) e l'insieme dei
i

fasori rappresentativi {A = Am e

} definiti dalla (10). La sinusoide specificata dalla a(t) definisce

univocamente il fasore rappresentativo A ; d'altra parte il fasore A identifica univocamente la


funzione sinusoidale a(t) tramite la formula:

a(t) = Re{ A ei t } = Re{Amei (t +) } = Am cos(t + ) .

(11)

Questa corrispondenza biunivoca pu essere illustrata attraverso l'espressione

{a(t) = Am cos(t + )}

{ A = Am e i }.

(12)

Tutte le correnti e tensioni di un circuito in regime sinusoidale possono essere rappresentate


tramite i fasori. Si dimostrer che l'analisi del circuito si pu, allora, ricondurre alla risoluzione di
sole equazioni algebriche lineari (e non pi equazioni algebriche e differenziali lineari), a coefficienti
complessi in cui le incognite sono i fasori rappresentativi (quindi numeri complessi e non funzioni
del tempo). Una volta determinati i fasori rappresentativi, attraverso la (12) si ricostruiscono le
funzioni sinusoidali nel dominio del tempo che descrivono l'andamento delle correnti e delle tensioni.
Questo il metodo dei fasori detto, anche, metodo simbolico. Il metodo dei fasori si basa sulle
seguenti propriet.
1. Propriet di unicit
Due funzioni sinusoidali a(t ) = Am cos(t + ), b(t) = Bm cos(t + ) sono uguali se e solo se
sono uguali i relativi fasori rappresentativi A = Am e

a(t) = b(t)

, B = Bm ei ,

A =B.

(13)

Questa propriet una immediata conseguenza del fatto che la regola che associa alla funzione
sinusoidale il fasore rappresentativo d luogo a una corrispondenza biunivoca tra l'insieme delle
funzioni sinusoidali a pulsazione e l'insieme dei numeri complessi.
2. Propriet di linearit
Il fasore C che rappresenta la combinazione lineare

c(t) = a(t) + b(t)


1 Qui il simbolo {} indica un insieme.

(14)

289

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

delle funzioni sinusoidali a(t) = Am cos(t + ) e b(t) = Bm cos(t + ) , dove e sono


coefficienti costanti reali, uguale alla stessa combinazione lineare

C = A+ B
dei fasori A = Am e
Questa

(15)

e B = Bm e i che rappresentano le rispettive funzioni sinusoidali.

propriet

una

immediata
conseguenza
del
fatto
che
Re{1 A1 + 2 A2 } = 1 Re{ A1 }+ 2 Re{ A2 } se 1 e 2 sono numeri reali. Una corrispondenza
biunivoca, per la quale vale la propriet di linearit, prende il nome di isomorfismo lineare.
3. Regola di derivazione

A = Am e i il fasore rappresentativo della funzione sinusoidale a(t) = Am cos(t + ) se e solo


se

B = i A = Am e i(+ /2 )

(16)

il fasore rappresentativo della derivata prima di a(t) ,

b(t) =

da d
= [ Am cos(t + )] .
dt dt

(17)

Questa propriet una immediata conseguenza del fatto che

d
[ Am cos(t + )] = Am sin(t + ) = Am cos(t + + / 2) .
dt

8.3

(18)

Analisi dei circuiti in regime sinusoidale tramite il metodo dei fasori

Si consideri un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo in regime sinusoidale, con n nodi e


b lati. Volendo studiare il suo funzionamento si considerino, in primo luogo, le equazioni che
esprimono le leggi di Kirchhoff. Esse sono:

h ()i h (t) = 0 per ogni nodo,


k ()v k (t) = 0 per ogni maglia,

oppure
oppure

Aa i(t) = 0 ,
Ba v(t) = 0 ;

(19)
(20)

Aa la matrice di incidenza, Ba una matrice di maglia, i = (i 1,...,i b )T il vettore rappresentativo


T
delle correnti del circuito e v = (v1 ,..., vb ) il vettore rappresentativo delle tensioni. Le correnti e
le tensioni sono funzioni sinusoidali del tempo

i h (t) = Imh cos(t + h ) h = 1, 2, ..., b ,


v h (t ) = V mh cos(t + h ) h = 1, 2, ..., b .

(21)
(22)

Siano ( h = 1,2,...,b )

Ih = Imh e i ,
V h = Vmh ei ,
h

(23)
(24)

290

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i fasori rappresentativi delle correnti e delle tensioni, rispettivamente (essi sono le correnti e le
tensioni del circuito nel dominio simbolico). Utilizzando la propriet di linearit, dalle (19) e (20) si
ottengono le equazioni:

h ( ) Ih = 0 per ogni nodo,

oppure

A I = 0,

(25)

k ( )V k = 0 per ogni maglia,

oppure

B V = 0;

(26)

I = (I1,...,I b )T un vettore con b componenti complesse rappresentativo dei fasori delle correnti e
V = (V1 ,...,V b )T un vettore con b componenti complesse rappresentativo dei fasori delle tensioni.
Pertanto i fasori rappresentativi delle correnti e delle tensioni verificano le leggi di Kirchhoff.
Il modulo e cos anche la parte reale e la parte immaginaria del fasore rappresentativo della
corrente sono omogenei dimensionalmente a una corrente e quindi si misurano in ampere; il modulo
e cos anche la parte reale e la parte immaginaria del fasore rappresentativo della tensione sono
omogenei dimensionalmente a una tensione e quindi si misurano in volt.
evidente che, l'insieme dei fasori delle correnti I1 ,..., Ib (delle tensioni V1 ,...,V b ), verifica le
equazioni di Kirchhoff per le correnti (25) (le equazioni di Kirchhoff per le tensioni (26)), perch
l'insieme delle correnti i1 (t),...,i b (t) , (delle tensioni v1 (t),...,v b (t) ), verificano la prima legge di
Kirchhoff (20), (la seconda legge di Kirchhoff (21)). Per la propriet di unicit si ha che, le correnti
i1 (t),...,i b (t) , (le tensioni v1 (t),...,v b (t) ), verificano la prima legge di Kirchhoff (20), (la seconda
legge di Kirchhoff (21)), se l'insieme dei fasori delle correnti I1 ,..., Ib , (delle tensioni V1,...,V b ),
verifica l'equazione di Kirchhoff per le correnti (25), (l'equazione di Kirchhoff per le tensioni (26)).
Si considerino ora le equazioni costitutive degli elementi costituenti il circuito. Per semplicit si
assuma che il circuito sia costituito solo da bipoli; ovviamente il metodo fasoriale vale anche se nel
circuito ci sono elementi lineari a pi terminali, come i trasformatori ideali, i generatori controllati,
gli amplificatori operazionali (modello lineare), i giratori e gli induttori accoppiati.
Le equazioni costitutive dei bipoli lineari e tempo-invarianti sono:

v k (t) Ri k (t) = 0
dv k
i k (t) = 0
dt
di
v k (t) L k = 0
dt
C

resistori,
condensatori,

(27)

induttori,

e quelle dei generatori indipendenti sono:

v k (t) = Emk cos(t + k )

generatore ideale di tensione sinusoidale,

i h (t) = J mh cos(t + h )

generatore ideale di corrente sinusoidale.

(28)

Applicando le propriet dei fasori, dalle (27) e (28) si ottengono ulteriori equazioni (tante quanti
sono i bipoli) per i fasori rappresentativi delle correnti e delle tensioni. Per i bipoli lineari e tempoinvarianti esse sono

291

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

V k R Ik = 0

resistori,

i CV k Ik = 0

condensatori,

V k i L I k = 0

induttori,

(29)

e per i generatori indipendenti esse sono

V k = E = Emk ei k
Ih = J = Jmh e

i h

generatore ideale di tensione simbolico,

(30)

generatore ideale di corrente simbolico.

Per converso, le (29) e (30) implicano, grazie alla propriet di unicit e alla regola di derivazione,
rispettivamente, le (27) e (28).
A questo punto possiamo riassumere attraverso il quadro descritto in Tabella I. In questa tabella
sono riportate le equazioni circuitali nel dominio del tempo e nel dominio simbolico. Il simbolo
sta a indicare che le equazioni nel dominio del tempo implicano quelle nel dominio simbolico e
viceversa.
Tabella I Formulazione delle equazioni di un circuito lineare, tempo-invariante e dissipativo in
regime sinusoidale tramite i fasori.

dominio del tempo

dominio simbolico

i(t) = (i1 (t),...,i b (t))T

I = (I1,...,I b )T

v(t) = (v1 (t ),...,vb (t))T

V = (V1 ,...,V b )T

A i(t) = 0

Bv(t) = 0
vk R k i k = 0
C k dvk / dt i k = 0
v L di / dt = 0
k
k k

equazioni di Kirchhoff

AI = 0

BV = 0

equazioni caratteristiche
V R k Ik = 0
bipoli lineari tempo-invarianti k

(i C k )V k Ik = 0
V (i L )I = 0
k
k k

equazioni caratteristiche
generatori ideali
vk = e k (t) = Emk cos(t + k )

i h = j h (t) = Jmh cos(t + h )

V k = Ek = Emk e i k

i
I h = J h = J mh e h

Le equazioni circuitali corrispondenti nel dominio dei fasori sono lineari e algebriche. evidente,
allora, che conviene trasformare le equazioni circuitali del dominio del tempo nelle corrispondenti
del dominio simbolico, risolvere le equazioni algebriche del dominio simbolico e ricostruire, quindi,
la soluzione nel dominio del tempo attraverso la (12). La propriet di unicit assicura che la
procedura fornisce la soluzione del problema originale.

292

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

8.3.1 Circuito di impedenze


Le equazioni circuitali nel dominio simbolico di un circuito in regime sinusoidale sono analoghe a
quelle di un circuito resistivo lineare. Si osservi che, le equazioni caratteristiche dei bipoli lineari nel
dominio simbolico sono tutte dello stesso tipo, cio sono tutte riconducibili alla forma

V = ZI ,

(30)

dove la grandezza Z indipendente dal fasore della corrente e dal fasore della tensione, e vale

per il resistore di resistenza R,


R
1
Z =
per il condensatore di capacit C,
iC
iL per l' induttore di induttanza L;

(31)

Z prende il nome di operatore di impedenza o semplicemente impedenza del bipolo


corrispondente, (Tabella II). Linverso dellimpedenza Y = 1 / Z prende il nome di ammettenza del
bipolo. Si noti che il valore dellimpedenza, e quindi anche dellammettenza, dipende, in generale, dal
valore della pulsazione .
Tabella II Impedenze dei bipoli lineari tempo invarianti elementari.

In generale limpedenza Z di un bipolo lineare e tempo-invariante funzionante in regime


sinusoidale il rapporto tra il fasore rappresentativo della tensione e il fasore rappresentativo della
corrente (con la convenzione dell'utilizzatore),

V
Z = .
I

(32)

Per la linearit l'impedenza Z indipendente sia dal fasore della tensione che da quello della
corrente. L'impedenza , in generale, un numero complesso: la parte reale e la parte immaginaria, e

293

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

quindi anche il modulo, sono omogenei dimensionalmente con una resistenza e quindi si misurano in
ohm.
Osservazione
I fasori sono numeri complessi che rappresentano correnti e tensioni sinusoidali con una
pulsazione assegnata. Le impedenze, invece, sono numeri complessi che rappresentano le relazioni
tra le correnti e le tensioni dei bipoli quando esse variano nel tempo con legge sinusoidale alla
pulsazione . Per questa ragione all'impedenza si d anche il nome di operatore di impedenza.
Le equazioni circuitali nel dominio simbolico possono essere interpretate come le equazioni di un
circuito ausiliario di natura simbolica cos definito:

il grafo del circuito simbolico coincide con il grafo del circuito in regime sinusoidale in esame;

a ogni bipolo lineare corrisponde un bipolo simbolico con impedenza corrispondente


definita in base alle (31);

a ogni generatore di tensione indipendente sinusoidale con tensione e k (t) corrisponde un


generatore di tensione simbolico indipendente, con fasore Ek , e a ogni generatore di
corrente indipendente sinusoidale con corrente j k (t) corrisponde un generatore di corrente
simbolico indipendente, con fasore J h .

Il circuito simbolico

cos definito prende il nome di rete di impedenze, (Tabella III). Esso

pu essere inteso come il corrispondente nel dominio simbolico del circuito in regime sinusoidale in
esame nel dominio del tempo. Il modello matematico delle reti di impedenze analogo a quello delle
reti di soli elementi statici lineari e generatori indipendenti, quindi possono essere risolte utilizzando
le metodologie descritte nel Capitolo 5.
Tabella III Rete di impedenze.

AI = 0

BV = 0
V k Zk Ik = 0
V k = Ek

Ih = J h

equazioni di Kirchhoff
resistore
R
equazioni caratteristiche Zk (i) = 1 / (i C) condensatore
impedenze operatoriali
i L
induttore

equazioni caratteristiche
generatori indipendenti

294

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Procedura per la soluzione di un circuito N in regime sinusoidale


(a)

si costruisca la rete di impedenze

corrispondente;

(b)

si risolva la rete di impedenze

(c)

delle tensioni;
la soluzione della rete N in regime sinusoidale data nel dominio del tempo da

: siano Ik , V k

k = 1, 2, ..., b i fasori delle correnti e

i k (t) = Re{Ik e i t }, v k (t ) = Re{Vk ei t } k = 1, 2, ..., b .


Se nel circuito in regime sinusoidale ci sono anche elementi lineari a pi terminali, come i
trasformatori ideali, i generatori controllati, gli amplificatori operazionali (modello lineare), i giratori
e gli induttori accoppiati, il metodo, che stato appena illustrato, resta ancora valido. Le equazioni
caratteristiche nel dominio simbolico degli elementi statici sono le stesse del dominio del tempo. Le
equazioni caratteristiche degli elementi dinamici bisogna ricavarle applicando la regola della
derivazione. Ad esempio, le equazioni caratteristiche nel dominio simbolico del doppio bipolo che
descrive due circuiti accoppiati (trasformatore) sono:

V1 = i L1 I1 + iM I2

(33)

V1 = i M I1 + i L 2 I2

dove L 1, L 2 e M sono, rispettivamente, i coefficienti di autoinduzione del circuito 1, del circuito


2 e il coefficiente di mutua induzione.
Ora illustreremo questa procedura attraverso un esempio.
Esempio
Si consideri il circuito in regime sinusoidale rappresentato in figura 3a. Applicheremo il metodo
simbolico per determinare la corrente i L (t) che circola nell'induttore. I dati del problema sono

j(t) = 2 sin(1000 t), R = 2, L = 2 mH, C = 0.25 mF . La pulsazione della corrente j(t) del
generatore di corrente 1000 , l'ampiezza massima della corrente 2, e la fase uguale a / 2
(perch j(t) = 2 sin(1000 t) = 2 cos(1000 t / 2) ).

Figura 3

Rete in regime sinusoidale (a) e rete di impedenze corrispondente (b).

Si costruisca la rete di impedenze


(i)
(ii)

corrispondente (figura 3b), operando nel seguente modo:

ha lo stesso grafo orientato della rete in esame;


ad ogni bipolo lineare della rete in regime sinusoidale corrisponde una impedenza secondo la
tabella II;

295

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(iii) al generatore indipendente di corrente corrisponde il generatore simbolico di corrente


caratterizzato dal fasore rappresentativo della corrente.
i /2

Il fasore J rappresentativo della j(t) J = 2 e

= 2i . Le impedenze ZR , ZL , ZC ,

rappresentative, rispettivamente, del resistore, dell'induttore e del condensatore sono date da


ZR = 2, ZL = 2 i, ZC = 4i .
Dopo avere costruito la rete di impedenze, bisogna risolverla. Siccome interessa calcolare la
corrente i L (t) nell'induttore, basta determinare la corrente simbolica IL che circola nell'impedenza

ZL .
La rete di impedenze descritta da un modello matematico identico a quello delle reti di soli
elementi statici lineari e generatori indipendenti. Quindi pu essere risolta utilizzando le stesse
metodologie. Siccome le tre impedenze ZR , ZL , ZC sono in parallelo con il generatore di corrente
simbolico J , la corrente IL pu essere determinata applicando la regola del partitore di corrente al
circuito simbolico

. Operando in questo modo si ottiene

Zeq
IL = J
,
Z eq + ZL

(34)

dove Zeq l'impedenza equivalente del parallelo costituito da ZR e ZC e vale

Z ZC
8i
8 4i
4 i arctan(0.5)
.
Zeq = R
=
=
=
e
ZR + Z C
2 4i
5
5

(35)

Pertanto si ha (tutte i calcoli sono stati svolti troncando dopo le prime due cifre significative)

Zeq
1.79e i 0.46 3.58e i 2.03
i 2.67
IL = J
=
2i
=
= 1.79e
.
i 0.64

4i
Z eq + ZL
2e
+ 2i
5

(36)

Dopo avere risolto il circuito di impedenze (in questo caso stato calcolato il fasore rappresentativo
della corrente i L (t) ) bisogna costruire la funzione reale corrispondente nel dominio del tempo
attraverso la (12). La propriet di unicit assicura che la procedura fornisce la soluzione del problema
originale. Applicando la (12) si ottiene la corrente i L (t) nel dominio del tempo

IL = 1.79e i 2.67 i L (t) = 1.79cos(1000t 2.67) .

(37)

Operando in questo modo possibile determinare tutte le altre grandezze. Il lettore determini la
corrente nel resistore e la tensione sul condensatore.

8.4 Propriet delle reti di impedenze


Il modello matematico di un circuito di impedenze
, corrispondente a un circuito in regime
sinusoidale N, lo stesso modello che descrive un circuito resistivo lineare (in esso non vi sono
operazioni di derivazione). Pertanto per le reti di impedenze valgono molte propriet illustrate per le
reti resistive lineari (teorema di Tellegen, sovrapposizione degli effetti, teorema di Thevnin-Norton,

296

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

teorema della reciprocit). Inoltre sono estensibili i concetti di equivalenza, e le regole del partitore
di corrente e di tensione e il concetto di N-polo e M-porte con le relative matrici di rappresentazione
e alcune propriet.
8.4.1 Metodo dei potenziali di nodo e delle correnti di maglia
L'insieme dei fasori rappresentativi delle tensioni verifica le equazioni di Kirchhoff per le tensioni,
e quindi possibile rappresentare il fasore corrispondente alla tensione del generico lato (bipolo o
porta) come differenza dei fasori rappresentativi dei potenziali dei due nodi a cui il lato connesso,
V q = Er Es . Pertanto si ha

BV = 0

V = AT E ,

(38)
T

dove E il vettore colonna complesso (E1 , E2 , ..., E n1 ) ed Ek il fasore rappresentativo del


potenziale del k-esimo nodo (n sono i nodi del circuito e si posto En = 0 ).
L'insieme dei fasori rappresentativi delle correnti verifica le equazioni di Kirchhoff per le correnti,
e quindi possibile rappresentare il fasore della corrente del generico lato (bipolo o porta) come
somma algebrica dei fasori rappresentativi delle correnti di maglia che circolano in quel lato,
Ik = () Jh . Pertanto si ha
h

AI = 0

I = BT J ,

(39)
T

dove J il vettore colonna complesso (J1 , J 2 , ..., J b( n1) ) ed J k il fasore rappresentativo


della corrente di maglia della k-esima maglia fondamentale (le maglie fondamentali sono b-(n-1)).
8.4.2 Potenza virtuale complessa, Teorema di Tellegen, conservazione delle potenze elettriche
complesse
Si considerino due reti di impedenze
l'insieme dei fasori delle correnti della rete
rete

che hanno lo stesso grafo orientato. Sia I1,..., Ib

e V1,...,
V b l'insieme dei fasori delle tensioni della

. Si definisce la potenza virtuale complessa Sk assorbita dal k-esimo lato come

Sk

1
V kI k ;
2

(40)

possibile definire anche altre potenze virtuali complesse, come, ad esempio, V kIk , come poi

vedremo, ma quella definita attraverso la (40) quella che ha un significato fisico. Il simbolo I
indica che si considera il numero complesso coniugato del numero complesso
i

I = a + i b = Im e , allora I = a i b = Im e

(vedi Appendice E).

Teorema di Tellegen
La somma delle potenze virtuali complesse assorbite da un circuito uguale a zero,

I : se

297

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

1
V k I k = 0.
k=1 2

S k =

k=1

(41)

Per dimostrare la (41) basta osservare che anche i fasori Ik (k=1, 2, ..., b), complessi coniugati dei

fasori Ik delle correnti, verificano le equazioni di Kirchhoff per le correnti, cio

( )Ik = 0 ( ) I
k = 0 oppure A I = 0 A I = 0 .
k

(42)

Se le due reti di impedenze

sono identiche, cio esse hanno le stesse impedenze e gli

stessi generatori e gli elementi sono collegati allo stesso modo, gli insiemi dei fasori delle correnti
I1,..., Ib e delle tensioni V1,...,
V b appartengono allo stesso circuito N. In questo caso al prodotto
definito dalla (40) si d il nome di potenza elettrica complessa assorbita dall'elemento e si indica con

Pk

1
V k Ik .
2

(43)

(Abbiamo eliminato e perch non c' pi bisogno di distinguere tra i due circuiti). In seguito
discuteremo il significato della potenza elettrica complessa (43). La potenza complessa in una rete di
impedenze si conserva.
Teorema della conservazione delle potenze elettriche complesse
La somma delle potenze elettriche complesse assorbite dagli elementi di una rete di impedenze
uguale a zero,
b

1
Vk Ik = 0 .
k=1 2

Pk =

k=1

8.4.3

(44)

Sovrapposizione degli effetti, equivalenze serie e parallelo, partitore di tensione,


partitore di corrente.

La propriet della sovrapposizione degli effetti vale per le reti di impedenze, perch il modello
matematico che le descrive costituito da sole equazioni lineari.
Se una rete di impedenze con pi generatori indipendenti ammette una e una sola soluzione, i
fasori delle correnti e delle tensioni sono uguali alla somma dei fasori dovuti a ciascun generatore
indipendente agente da solo.
Il concetto di equivalenza introdotto per le reti resistive pu essere esteso alle reti di impedenze
senza nessuna limitazione.
- Equivalenza serie
Le due impedenze Z1 e Z2 siano collegate in serie, (figura 4). Il bipolo simbolico di impedenza

Zeq = Z1 + Z2 ,
equivalente alla serie delle impedenze Z1 e Z2 .

(45)

298

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 4 Serie di impedenze.


- Partitore di tensione
Sia V il fasore della tensione sulla serie delle due impedenze Z1 e Z2 (figura 4). Il fasore delle
tensione V1 del bipolo di impedenza Z1 e il fasore della tensione V 2 del bipolo di impedenza Z2
sono (i riferimenti per i versi delle tensioni sono quelli di figura 4)

Z
Z
V1 = V 1 , V2 = V 2 .
Z1 + Z 2
Z1 + Z2

(46)

- Equivalenza parallelo
Le due impedenze Z1 e Z2 siano collegate in parallelo, (figura 5). Il bipolo simbolico di impedenza

Z Z
Zeq = 1 2 ,
Z1 + Z2

(47)

ovvero di ammettenza

Yeq = Y1 + Y2 ,

(48)

equivalente al parallelo delle impedenze Z1 e Z2 , dove Y1 = 1/ Z1 , Y2 = 1 / Z2 .

Figura 5

Parallelo tra due impedenze.

- Partitore di corrente
Sia I il fasore della corrente che circola nel parallelo delle due impedenze Z1 e Z2 (figura 5). Il
fasore della corrente I1 del bipolo di impedenza Z1 e il fasore della corrente I2 del bipolo di
impedenza Z2 sono (i riferimenti per i versi delle correnti sono quelli di figura 5)

299

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Z
Z
I1 = I 2 , I2 = I 1 .
Z1 + Z2
Z1 + Z2

(49)

I casi in cui ci sono serie e paralleli che contengono anche generatori indipendenti si trattano allo
stesso modo di quelli considerati nel Capitolo 6. Inoltre possibile trasformare qualsiasi triangolo di
sole impedenze in una stella equivalente e viceversa, utilizzando le formule introdotte per i resistori
nel Capitolo 5.
8.4.4 Bipolo di impedenze
Si consideri un bipolo

composto da sole impedenze (non ci sono generatori indipendenti),

(figura 6). La relazione tra il fasore della tensione V e il fasore della corrente I lineare,

V = Zeq I ovvero

I = Yeq V ,

(50)

dove Yeq = 1/ Zeq . Per la linearit l'impedenza equivalente Zeq un numero complesso
indipendente sia da V che da I : Zeq dipende solo dalle impedenze che costituiscono

e da

costituito da sole impedenze pu


come sono connesse tra loro. Pertanto un qualsiasi bipolo

essere rappresentato da un solo bipolo equivalente di impedenza Zeq .

Figura 6

Bipolo di impedenze

Per ottenere le impedenze di bipoli costituiti da elementi circuitali elementari, spesso sufficiente
applicare le regole del parallelo, della serie e le trasformazioni stella-triangolo.
Esempio
Si consideri il bipolo in regime sinusoidale costituito da un resistore di resistenza R, un induttore
di induttanza L e un condensatore di capacit C collegati in serie (bipolo RLC serie), (figura 7a).

Figura 7

Circuito RLC serie (a) e circuito RLC parallelo (b).

L'impedenza Zs del bipolo

Zs = R + i[L 1/ (C)] .

(51)

300

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La parte reale di Zs maggiore di zero se R>0, mentre la parte immaginaria cambia segno al variare
della pulsazione .
L'ammettenza Yp di un bipolo in regime sinusoidale costituito da un resistore di resistenza R, un
induttore di induttanza L e un condensatore di capacit C collegati in parallelo (bipolo RLC
parallelo, figura 7b),

Y p = 1/ R + i[C 1 / (L)] ,

(52)

e l'impedenza Zp = 1 / Yp . La parte reale di Yp maggiore di zero se R>0, mentre la parte


immaginaria cambia segno al variare della pulsazione . Il lettore verifichi che anche la parte reale
di Zp maggiore di zero se R>0.
In generale l'operatore di impedenza Z corrispondente a un bipolo lineare in regime sinusoidale
rappresentato da un numero complesso con parte reale e parte immaginaria diverse da zero,

Z = R + iX .

(53)

Alla parte reale R si d il nome di resistenza e alla parte immaginaria X il nome di reattanza.
L'impedenza del resistore ha solo parte reale diversa da zero ed uguale alla resistenza del resistore,
mentre quelle del condensatore e dell'induttore hanno solo parte immaginaria diversa da zero. La
reattanza del condensatore data da

Xc =

1
,
C

(54)

ed negativa se la capacit positiva (con la convenzione dell'utilizzatore), e la reattanza


dell'induttore data da

X L = L ,

(55)

ed positiva se l'induttanza positiva (sempre con la convenzione dell'utilizzatore).


La reattanza di un generico bipolo si dice di tipo induttivo se X maggiore di zero, e di tipo
capacitivo se X minore di zero. Poi verificheremo che la parte reale dell'impedenza di un bipolo
costituito da resistori, induttori e condensatori passivi sempre positiva, se si adotta la convenzione
dell'utilizzatore.
8.4.5 Generatore equivalente di Thvenin-Norton
Si consideri, ora, un bipolo

composto da impedenze e generatori indipendenti, (figura 8). Si

assuma che la rete di impedenze ottenuta collegando il bipolo

a un generatore ideale di corrente

( sempre un generatore simbolico) ammetta una e una sola soluzione. Allora

pu essere

rappresentato attraverso il generatore equivalente di tensione (generatore equivalente di Thvenin,


figura 8)

301

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 8

V = Zeq I + E0 ,

(56)

dove:

Zeq , detta impedenza equivalente di Thvenin, l'impedenza equivalente del bipolo

dopo

avere spento tutti i generatori ideali all'interno di esso;

E0 , detto fasore della tensione a vuoto, la tensione fra i terminali 1 e 2 di

quando

esso collegato a un circuito aperto.


Si assuma, ora, che la rete di impedenze ottenuta collegando il bipolo
di tensione ammetta una e una sola soluzione. Allora

a un generatore ideale

pu essere rappresentato attraverso il

generatore equivalente di corrente (generatore equivalente di Norton, figura 9)

Figura 9

V+ J ,
I=Y
eq
0

(57)

dove:

Y eq , detta ammettenza equivalente di Norton, l'ammettenza equivalente del bipolo

dopo avere spento tutti i generatori ideali all'interno di esso;

J0 , detto fasore della corrente di corto circuito, il fasore della corrente del bipolo
quando esso collegato a un corto circuito.
0 si ha Z = 1 / Y
e J = E / Z , e quindi la caratterizzazione
Quando Zeq 0 e Y
eq
eq
eq
0
0
eq

secondo Thvenin completamente equivalente a quella secondo Norton.


Esempio
Si consideri il circuito in regime sinusoidale illustrato in figura 10a. I parametri del circuito sono
e(t ) = 10cos(100t + / 4), L = 10mH, C = 10mF, R = 1. Determinare la corrente i(t) nel
resistore utilizzando il teorema di Thvenin.
In figura 10b rappresentato il circuito di impedenze corrispondente e in figura 11 rappresentato
il circuito equivalente di Thvenin. Bisogna determinare la tensione a vuoto, cio la tensione tra i

302

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

nodi 1 e 2 dopo che stato sconnesso il resistore e l'impedenza equivalente dopo avere spento il
generatore di tensione.
La tensione a vuoto E (vedi circuito figura 10c)

E = 10(1 i) = 10 2 e i /4 ,

(58)

e l'impedenza equivalente (vedi circuito figura 10d)

i
i+

2 i
1 i

=
= 1+ 2i .
Z=
i
i
i+
+i
1 i

(59)

Pertanto la corrente I vale

I=

E
10 2 e i /4
=
= 5 2 e i /2 ,

R+Z
1 + 1 + 2i

quindi i(t ) = 5 2 sin(100t) .

Figura 10

Circuito in esame e circuito nel dominio simbolico.

Figura 11

Circuito equivalente di Thvenin.

8.4.6 Propriet della reciprocit e caratterizzazione di un doppio bipolo di impedenze

(60)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

303

Per una rete di impedenze corrispondente ad un circuito in regime sinusoidale costituito da


resistori, induttori, condensatori e trasformatori valgono le tre forme della propriet di reciprocit
illustrate nel Capitolo 5 per i circuiti resistivi lineari. Le relazioni (42), (46) e (47) del Capitolo 5
valgono per i fasori rappresentativi delle corrispondenti grandezze sinusoidali. Questa propriet
continua a non valere se la rete contiene elementi non reciproci come il giratore, l'amplificatore
operazionale, i generatori controllati.
Si consideri, ora, un doppio bipolo di impedenze, cio una rete di sole impedenze con quattro
terminali, associati a due a due, in modo tale da costituire due porte. Si assuma che il doppio bipolo
possa essere caratterizzato su base corrente. La relazione tra la coppia dei fasori delle tensioni di
porta V1, V 2 e la coppia dei fasori delle correnti di porta I1 , I 2

V1 = Z11I1 + Z12 I 2 ,
21I1 + Z22 I 2 ,
V2 = Z

(61)

dove Z hk , h=1, 2 e k=1, 2, sono operatori di impedenza, in generale complessi, indipendenti dai
fasori delle tensioni e delle correnti. Essi sono gli elementi della matrice delle impedenze del
doppio bipolo. Se il doppio bipolo caratterizzato su base tensione, il legame tra i fasori delle
,
correnti e delle tensioni di porta descritto dalla matrice delle ammettenze Y
ij

V +Y
V ,
I1 = Y
11 1
12 2
21V1 + Y
22 V2 .
I2 = Y

(62)

In generale possibile caratterizzare un M-porte e un N-polo di impedenze cos come si


caratterizzano un M-porte e un N-polo di resistori lineari.
Propriet della matrice delle impedenze e delle ammettenze
(i) La matrice delle impedenze (ammettenze), se invertibile, l'inversa della matrice delle
ammettenze (impedenze). Se si escludono casi molto particolari, privi di importanza, le matrici delle
impedenze e delle ammettenze sono sempre invertibili.
(ii) Le matrici delle impedenze e delle ammettenze sono simmetriche se il circuito di impedenze
contiene elementi simbolici reciproci. Questa propriet diretta conseguenza della propriet della
reciprocit.
(iii) Non c' nessuna relazione tra gli elementi appartenenti alla diagonale principale e gli elementi
fuori diagonale perch per le reti di impedenze, in generale, non vale nessuna propriet di non
amplificazione.
8.4.7 Diagrammi fasoriali
Alla funzione sinusoidale a(t) = Am cos(t + ) associato il fasore rappresentativo

A = Ame i = a+ ib . possibile rappresentare il numero complesso A nel piano complesso (piano


di Gauss) come un vettore congiungente l'origine con il punto di coordinate rettangolari (a,b) o
coordinate polari (Am ,) , (figura 12).

304

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Le equazioni di Kirchhoff per i fasori delle correnti e delle tensioni e le equazioni di lato possono
essere rappresentate graficamente tracciando i vettori corrispondenti ai fasori rappresentativi delle
correnti e delle tensioni. In figura 13 sono rappresentati i diagrammi fasoriali per la tensione e la
corrente di un resistore, un induttore e un condensatore.

Figura 12

Rappresentazione grafica del fasore A rappresentativo della funzione sinusoidale a(t) .

Figura 13

Rappresentazione delle caratteristiche del resistore, induttore e condensatore tramite i


diagrammi fasoriali.

8.5 Potenza ed energia in regime sinusoidale


Si consideri una rete N in regime sinusoidale. La potenza elettrica istantanea assorbita dal
generico bipolo della rete

p(t) = i(t)v(t) = I m V m cos(t + )cos(t + ) ;

(63)

la corrente e la tensione del bipolo sono i(t ) = Im cos(t + ), v(t) = V m cos(t + ) ,


rispettivamente, e i loro riferimenti per i versi sono scelti in accordo alla convenzione
dell'utilizzatore. Applicando l'identit 2cos xcos y = cos(x + y) + cos(x y) si ottiene:

p(t) =

1
1
Im V m cos( ) + Im V m cos(2t + + ) .
2
2

(64)

La potenza elettrica istantanea assorbita da un generico bipolo di una rete in regime sinusoidale la
somma di un termine sinusoidale a pulsazione 2 e un termine costante, quindi una funzione
periodica di periodo T/2 (oscilla due volte nel periodo T=2/).
La potenza media in un periodo T (il valore medio della p(t) su un periodo T), data da

Pm =

1T
1
p()d = ImV m cos( ) .
T0
2

(65)

305

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Essa uguale al termine costante dell'espressione (64). Il valore medio del termine fluttuante della
potenza istantanea uguale a zero perch esso una funzione sinusoidale di periodo T/2.
L'energia assorbita dal bipolo in regime sinusoidale nell'intervallo di tempo (0,t ) pu essere
espressa attraverso la relazione
t

nT

w(0,t ) = p()d = (n T) Pm + p()d ,

(66)

dove il numero intero n tale che t = nT + t , con t < T (esso rappresenta il numero di periodi T
contenuti nell'intervallo di tempo (0,t ) ). Se n >> 1 il contributo all'energia assorbita nell'intervallo
di tempo (0,t ) dovuto al termine fluttuante della potenza istantanea pu essere trascurabile rispetto a
quello dovuto al termine costante. In questi casi si ha

w(0,t ) (n T)Pm t Pm .

(67)

Osservazione
La potenza media dipende non solo dalle ampiezze massime delle sinusoidi v() e i(), ma anche
dalle relative differenze di fase ( ) : poi verificheremo che questa differenza indipendente sia
da che da , dipende solo dalla costituzione fisica del bipolo e cio dall'argomento del impedenza
ad esso corrispondente. Il fattore cos( ) , detto fattore di potenza, di estrema importanza
nell'ingegneria dei sistemi di potenza che funzionano in regime sinusoidale.
Ora siamo in grado di illustrare il significato fisico della potenza elettrica complessa, assorbita dal
bipolo,

P=

1
VI
2

(68)

introdotta nel paragrafo precedente. I fasori rappresentativi della corrente e della tensione del bipolo
sono, rispettivamente,

I = I m ei ,
V = Vm ei ,

(69)

quindi la potenza elettrica complessa assorbita il numero complesso

P=

1
1
1
Im V m ei( ) = I m V m cos( ) + i Im V m sin( ) = Pm + iQ , (70)
2
2
2

1
Im Vm sin( ) .
2

dove

(71)

La parte reale della potenza complessa P uguale alla potenza elettrica media assorbita dal
bipolo,

Re{ P } =

1
Im Vm cos( ) = Pm .
2

(72)

306

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La parte immaginaria di P prende il nome di potenza reattiva assorbita e si denota con la lettera
Q. La potenza reattiva, a differenza della potenza media, non ha nessun significato fisico.

Al

modulo della potenza complessa si d il nome di potenza apparente, A P . Per la potenza


apparente si ha

A=

1
V m Im =
2

Pm2 + Q2 .

(73)

La potenza media e la potenza reattiva assorbite da un bipolo possono essere espresse come

Pm = A cos( ) ,
Q = A sin( ) .

(74)
(75)

L'unit di misura nel SI della potenza elettrica media la stessa unit di misura della potenza
istantanea, cio il watt. Invece l'unit di misura della potenza reattiva il VAr (volt-ampere
reattivo) e l'unit di misura della potenza apparente il VA (volt-ampere).
Pur non avendo la potenza reattiva assorbita da un bipolo in regime sinusoidale nessun significato
fisico, essa ha una propriet molto importante.
Conservazione delle potenze medie e delle potenze reattive
Si consideri una rete in regime sinusoidale.
La somma delle potenze elettriche medie assorbite dagli elementi della rete uguale a zero,
b

Pm h = 0 .

(76)

h =1

La somma delle potenze reattive assorbite dagli elementi della rete uguale a zero,
b

Qh = 0 .

(77)

h =1

Queste due propriet sono una immediata conseguenza della conservazione della potenza elettrica
complessa in una rete di impedenze. Pertanto la conservazione della potenza elettrica complessa non
solo d la conservazione della potenza media, ma anche quella della potenza reattiva. Quindi se un
certo elemento di una rete assorbe potenza reattiva, allora ci devono essere altri elementi del circuito
che devono produrla (generatori indipendenti o altri elementi). Questo risultato d'importanza
fondamentale nell'ingegneria delle reti elettriche di potenza.
La potenza apparente, essendo una grandezza definita positiva, non pu verificare nessuna
propriet di conservazione.
8.5.1 Propriet energetiche dei bipoli elementari in regime sinusoidale e rifasamento
- Resistore
Si consideri un resistore di resistenza R percorso dalla corrente i(t ) = Im cos(t + ) ; il fasore
i
rappresentativo I = I m e . Dalla relazione caratteristica del resistore V = R I (convenzione
dell'utilizzatore), si ha che il fasore V = Vm e

rappresentativo della tensione in fase con quello

307

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

della corrente I , cio = , e quindi il fattore di potenza cos( ) uguale a 1, (figura 13). Di
conseguenza la potenza complessa assorbita dal resistore ha parte immaginaria uguale a zero, e
quindi la potenza reattiva nulla. La potenza media assorbita data da

Pm =

Vm Im R Im2 V m2
=
=
;
2
2
2R

(78)

essa positiva se il bipolo passivo.


La potenza istantanea assorbita dal resistore data da

p(t) =

2
R Im
[1 + cos(2t + )] ;
2

(79)
2

essa una funzione periodica di periodo T/2 che oscilla tra 0 e R Im , ed ha quindi valore medio
diverso da zero sul periodo T.
- Condensatore
Si consideri un condensatore di capacit C percorso dalla corrente i(t ) = Im cos(t + ) ; il
i
fasore rappresentativo I = I m e . Dalla relazione caratteristica del condensatore V = i Xc I
(convenzione dell'utilizzatore), dove

XC = 1 / (C) , si ha che il fasore V = Vm e i

rappresentativo della tensione sfasato di 90 in ritardo rispetto al fasore della corrente I (la
capacit C maggiore di zero), cio = / 2 , e quindi il fattore di potenza cos( )
uguale a 0. Di conseguenza la potenza complessa assorbita dal condensatore ha parte reale uguale a
zero e quindi la potenza media assorbita dal condensatore uguale a zero; la potenza reattiva
assorbita negativa (la reattanza del condensatore passivo minore di zero) e vale

V m Im Xc Im2
V m2
.
QC =
=
=
2
2 Xc
2

(80)

La potenza istantanea assorbita dal condensatore data da (la tensione del condensatore

v(t) = V m cos(t + ) )
p(t) =

2
CV m
cos[2(t + + / 4)] ;
2

(81)

2
2
2
essa una funzione periodica di periodo T/2, che oscilla tra 12 CVm e 12 CV m ; 12 CV m il

valore massimo dell'energia immagazzinata nel condensatore. Il valore medio su un periodo della
potenza istantanea assorbita dal condensatore nullo, come previsto, perch non c' dissipazione di
energia: il condensatore un bipolo conservativo.
- Induttore
Si consideri un induttore di induttanza L percorso dalla corrente i(t ) = Im cos(t + ) ; il fasore
i
rappresentativo I = I m e . Dalla relazione caratteristica dell'induttore V = iXL I (convenzione
i

dell'utilizzatore), dove X L = L , si ha che il fasore V = Vm e rappresentativo della tensione


sfasato di 90 in anticipo rispetto al fasore della corrente I (l'induttanza L maggiore di zero), cio

308

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

= + / 2 , e quindi il fattore di potenza cos( ) di nuovo uguale a 0. Di conseguenza la


potenza complessa assorbita dall'induttore ha parte reale uguale a zero, come nel caso del
condensatore, e quindi la potenza media assorbita dall'induttore uguale a zero. La potenza reattiva
positiva (la reattanza dell'induttore passivo maggiore di zero) e vale

V m I m X L Im2
Vm2
.
QL =
=
=
2
2 XL
2

(82)

La potenza istantanea assorbita dall'induttore data da

p(t) =

L Im2
cos[ 2(t + + / 4)] ;
2

(83)

2
2
2
anch'essa una funzione periodica di periodo T/2, che oscilla tra 12 L Im e 12 L I m ; 12 L Im il

massimo dell'energia immagazzinata nell'induttore. La potenza media assorbita dall'induttore


calcolata su un periodo nulla, come previsto, non essendoci dissipazione di energia: l'induttore,
come il condensatore, un bipolo conservativo.
- generatori indipendenti
Si consideri un generatore indipendente di tensione e(t ) = E m cos(t + ) ; il fasore
i
rappresentativo E = E m e ed indipendente da quello della corrente. La corrente che in esso
circola dipende dal circuito a cui il generatore connesso. Di conseguenza non possibile dire niente
circa la potenza complessa assorbita (e quindi la potenza media e la potenza reattiva), dal generatore
di tensione senza specificare il circuito a cui esso collegato. Le stesse considerazioni valgono per il
generatore indipendente di corrente sinusoidale. Se i generatori erogano energia, allora la potenza
media erogata positiva.
- Applicazione: rifasamento
Si consideri il circuito rappresentato in figura 14a. Esso in regime sinusoidale. Determinare la
potenza media e la potenza reattiva erogate dal generatore di tensione sinusoidale
e(t ) = E m cos(t + ) .

Figura 14 Circuito da rifasare (a) e circuito rifasato (b).


Il fasore rappresentativo della tensione

E = E m e i , mentre quello della corrente

i(t ) = Im cos(t + ) I = I m e i . Siccome l'impedenza equivalente della serie costituita dal


resistore e dall'induttore Zeq = R + iL , il fasore I dato da

309

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

E
E ig
I= =
e ,
Zeq Z eq

(84)

Zeq = Z eq e i = R + iL, Z eq = R 2 + (L) 2 , = arctg(L / R) .

(85)

dove

Il fasore della corrente I in ritardo di un angolo rispetto a quello della tensione E del
generatore. La potenza complessa erogata dal generatore di tensione

= E I = Em Im (cos + i sin ) ,
P
2
2

(86)

pertanto la potenza media erogata dal generatore


2
= Re{ P } = Em Im cos = Em cos ,
P
m
2Z eq
2

(87)

e la potenza reattiva erogata

E I
E2
Q = Im{ P } = m m sin = m sin .
2
2Z eq

(88)

Essendo 0 < < / 2 , la potenza media e la potenza reattiva erogate dal generatore sono entrambe
positive, cio il generatore in questo circuito eroga potenza elettrica media e potenza reattiva. Questo
risultato in accordo con quanto si potrebbe prevedere applicando la conservazione delle potenze
medie e delle potenze reattive. Siccome la potenza media assorbita dall'induttore uguale a zero, la
potenza media che assorbe il resistore deve essere erogata necessariamente dal generatore. Inoltre,
siccome la potenza reattiva assorbita dal resistore uguale a zero, la potenza reattiva che assorbe
l'induttore deve essere erogata necessariamente dal generatore.
Si consideri ora il circuito di figura 14b. Esso stato ottenuto dal circuito illustrato in figura 14a,
aggiungendo un condensatore in parallelo alla serie costituita dal resistore e dall'induttore. evidente
che la corrente nella serie RL la stessa che si ha nel circuito di figura 14a, mentre la corrente del
generatore diversa. Essa data da

Ig = I + IC = + i C E .
Z eq

(89)

Per determinare la potenza media e la potenza reattiva erogate dal generatore per questa nuova
configurazione non necessario determinare la corrente Ig del generatore. possibile applicare
direttamente la conservazione della potenza media e della potenza reattiva. Immediatamente si ha
2
= E m cos ,
P
m
2Z eq
1
E2
Q =
sin C m .
Z eq
2

(90)
(91)

310

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Ovviamente la potenza media erogata uguale a quella erogata nel circuito di figura 14a, mentre la
potenza reattiva diversa a causa della potenza reattiva assorbita dal condensatore. Siccome il
condensatore eroga potenza reattiva, c' un valore di capacit, per fissata pulsazione, in
corrispondenza della quale la potenza reattiva che eroga il condensatore uguale a quella che assorbe
l'induttore, e quindi la potenza reattiva erogata dal generatore uguale a zero, pur restando inalterata
la potenza media da esso erogata.
Questo il principio su cui si basa il rifasamento di un bipolo costituito da resistori e induttori.
Rifasare un bipolo di tale genere significa introdurre una capacit in parallelo a esso in modo tale da
ridurre la potenza reattiva erogata dal generatore e lasciare inalterata la potenza media. Il
condensatore inserito in parallelo e non in serie perch in questo modo la tensione sul bipolo da
rifasare resta inalterata. La potenza apparente messa in gioco dal generatore nel circuito di figura 14b
pi piccola di quella messa in gioco dallo stesso generatore nel circuito di figura 14a. Pertanto, a
parit di potenza media erogata, il valore massimo della corrente del generatore pi grande nel
circuito di figura 14a. Il bipolo equivalente al condensatore in parallelo alla serie RL ha un fattore di
potenza pi grande di quello della sola serie RL.
8.5.2 Caratterizzazione di un bipolo di sole impedenze
Si consideri un bipolo lineare tempo-invariante in regime sinusoidale costituito da resistori,
induttori, condensatori, trasformatori, etc ; il bipolo , ad esempio, alimentato da un generatore
indipendente di corrente sinusoidale. Siano I e V i fasori rappresentativi della corrente e della
tensione, rispettivamente. L'impedenza del bipolo

V
Z = .
I

(92)

Siano:

Pm = somma delle potenze medie assorbite dagli elementi statici


Q = somma delle potenze reattive assorbite dagli induttori e dai trasformatori
Q = somma delle potenze reattive erogate dai condensatori
L

Si ha allora che:

)
P
P + i(Q Q
Z = R + iX = 2 2 = 2 m
,
Im
I 2m
L

(93)

ovvero

R =2

Pm
2 ,
Im

X=2

)
(Q Q
.
I2m
L

(94)
C

(95)

La (93) si ottiene applicando la conservazione della potenza complessa al circuito costituito dal
bipolo di sole impedenze e dal generatore di tensione. La dimostrazione la si lascia al lettore. Come
2
previsto Z = 2P / I m , dove P la potenza complessa totale assorbita dal bipolo: maggiore la

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

311

potenza media assorbita dal bipolo (maggiore la dissipazione se il bipolo passivo), pi grande la
parte reale dell'impedenza; maggiore il valore assoluto della potenza reattiva assorbita dal bipolo,
pi grande la parte immaginaria dell'impedenza.
Se il bipolo costituito da sole induttanze, capacit, circuiti accoppiati e giratori, allora
l'impedenza ha solo parte immaginaria. La parte immaginaria maggiore di zero se la potenza
reattiva assorbita dagli induttori maggiore di quella erogata dai condensatori (comportamento
prevalentemente induttivo) ed minore di zero nel caso contrario (comportamento prevalentemente
capacitivo).
Se il bipolo costituito da soli elementi statici l'impedenza ha solo parte reale. La parte
immaginaria dell'impedenza pu essere nulla anche quando nel bipolo ci sono induttori, condensatori
e circuiti accoppiati: ci accade se la potenza reattiva assorbita dagli induttori uguale a quella
erogata dai condensatori (circuiti risonanti).
Si assuma, ora, che gli elementi del bipolo siano tutti passivi. La potenza media assorbita dai
resistori positiva, quindi

R0.

(96)

i
Pertanto l'argomento dell'impedenza, Z = Ze , deve verificare la condizione

/ 2 / 2 .

(97)

Se il bipolo costituito da soli resistori e/o induttori (circuito RL) la parte immaginaria
dell'impedenza sempre maggiore di zero,

X 0

0 / 2.

(98)

In questo caso il fasore V della tensione in anticipo rispetto a quello della corrente I .
Se il bipolo costituito da soli resistori e/o condensatori (circuito RC) la parte immaginaria
dell'impedenza sempre minore di zero,

X 0

/ 2 0.

(99)

In questo caso il fasore V della tensione in ritardo rispetto a quello della corrente I .
Se il bipolo costituito da resistori, condensatori, induttori, giratori, trasformatori, ed elementi
attivi, come, ad esempio, amplificatori operazionali e generatori controllati, allora il punto
rappresentativo dell'impedenza nel piano complesso pu trovarsi in qualsiasi quadrante, e quindi non
c' alcun vincolo per .

8.6 Reti in regime periodico e quasi-periodico


- Sovrapposizione di un regime stazionario e di un regime sinusoidale
Si consideri un circuito N lineare, tempo-variante e dissipativo pilotato, ad esempio, da due
generatori indipendenti, uno sinusoidale a pulsazione e l'altro stazionario, (figura 15). I due
generatori impongono un regime dato dalla sovrapposizione dei regimi che ciascun generatore

312

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

imporrebbe se agisse da solo: il regime stazionario imposto dal generatore stazionario e il regime
sinusoidale a pulsazione imposto dal generatore sinusoidale.
Si considerino i due circuiti ausiliari ottenuti spegnendo un generatore per volta. Il circuito
ausiliario N' in regime stazionario e il circuito ausiliario N" in regime sinusoidale a pulsazione .
La soluzione di regime del circuito N data da (k=1, 2, ..., b)

i k t = i k t + i k t 
v k t = vk t + vk t 

(100)

dove

i k t = Ik  vk t = V k ,

(101)

sono le soluzioni del circuito N' in regime stazionario, e

i k t = ,mk FRV t + k 
v k t = 9mk

FRV

t + k 

(102)

sono le soluzioni del circuito N" in regime sinusoidale. Pertanto la soluzione di regime del circuito N
(k=1, 2, ..., b)

i k t = I k + ,mk FRV t + k 
v k t = Vk + 9 mk FRV t + k 

(103)

Questo regime non pi sinusoidale, ma periodico: il periodo quello imposto dal generatore
sinusoidale, T = 2 / .
Il circuito N' in regime stazionario pu essere risolto con la tecnica illustrata nel 1, mentre il
circuito in regime sinusoidale N" pu essere risolto con il metodo fasoriale.

Figura 15
La potenza istantanea pk (t) assorbita dal k-esimo bipolo vale

pk (t) = vk (t)i k (t) = [ Vk + Vmk cos(t + k )][ Ik + I mk cos(t + k )] .

(104)

Per la potenza istantanea non vale la propriet della sovrapposizione degli effetti: l'espressione (104)
non la somma delle potenze istantanee assorbite dal k-esimo bipolo nel circuito N' e nel circuito
N".

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

313

La potenza istantanea pk (t) data dalla (104) una funzione periodica con periodo T = 2 / . Si
consideri il suo valore medio Pmk sul periodo T. Si ottiene:

Pmk

1
1T
p k ()d = Vk I k + V mk I mk cos( k k ) .
2
T0

(105)

La potenza media Pmk uguale alla somma delle potenze medie assorbite dal k-esimo bipolo nel
regime stazionario del circuito N' e nel regime sinusoidale del circuito N". Come si vedr, tale
risultato di validit generale.
- Sovrapposizione di regimi sinusoidali
Si consideri un circuito N lineare, tempo-invariante e dissipativo, pilotato, ad esempio, da due
generatori indipendenti sinusoidali che funzionano, rispettivamente, alle pulsazioni 1 e 2 con
1 2 , (figura 16). I due generatori impongono un regime dato dalla sovrapposizione dei regimi
che ciascun generatore imporrebbe se agisse da solo: il regime sinusoidale a pulsazione 1 imposto
dal generatore sinusoidale a pulsazione 1 e il regime sinusoidale a pulsazione 2 imposto
dall'altro generatore sinusoidale.

Figura 16
Si considerino i due circuiti ausiliari ottenuti spegnendo un generatore per volta. Il circuito
ausiliario N' in regime sinusoidale a pulsazione 1 e il circuito ausiliario N" in regime
sinusoidale a pulsazione 2 . La soluzione di regime del circuito N data da (k=1, 2, ..., b)

i k (t) = ik (t) + i k (t)


v k (t) = v k (t) + v k (t)
dove

i k (t) = Imk
cos(1t + k )
v k (t) = V mk
cos( 1t + k )

sono le soluzioni del circuito N' in regime sinusoidale, e

(106)

(107)

314

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i k (t) = Imk
cos( 2 t + k )

(108)

v k (t) = V mk
cos( 2 t + k )

sono le soluzioni del circuito N" in regime sinusoidale. Pertanto la soluzione di regime del circuito N
(k=1, 2, ..., b)

i k (t) = Imk
cos(1t + k ) + I mk
cos( 2 t + k )

(109)

v k (t) = V mk
cos( 1t + k ) + Vmk
cos( 2 t + k )

Il regime che si instaura nel circuito N non sinusoidale, perch 1 2 .


Il circuito N' in regime sinusoidale a pulsazione 1 e il circuito N" in regime sinusoidale a
pulsazione 2 possono essere risolti con il metodo fasoriale. Attenzione: le impedenze
corrispondenti al circuito N' sono diverse da quelle corrispondenti al circuito N", perch le
pulsazioni di funzionamento sono diverse!
sempre possibile porre

1 = r 2 ,
dove

un numero reale positivo. Se

(110)
U

un numero razionale, cio

pu essere espresso come

rapporto tra due numeri interi,


U

(111)

allora le due sinusoidi hanno un periodo comune

T c = Q1

2
2
.
= Q2
1
2

(112)

In questo caso le correnti e le tensioni descritte dalle (109) sono funzioni periodiche di periodo T c , e
quindi il regime periodico di periodo T c . Il caso pi semplice quando 2 = P 1 con P intero
(positivo). Se

2  ,

H  OQ

un numero irrazionale, cio non esprimibile come rapporto tra interi, (per esempio

2, ... ), allora le espressioni date dalle (109) non sono periodiche e il regime non

periodico: in questo caso il regime si dice quasi-periodico.


La potenza istantanea pk t assorbita dal k-esimo bipolo vale

pk t = vk t i k t
= >9mk FRV 1 t + k + 9mk
FRV 2 t + k @> ,mk
FRV 1t + k + ,mk
FRV 2 t + k @

(113)

Per la potenza istantanea, come nel caso analizzato in precedenza, non vale la propriet della
sovrapposizione degli effetti. L'espressione (113) non la somma delle potenze istantanee assorbite
dal k-esimo bipolo nel circuito N' e nel circuito N".
Si assuma che

sia un numero razionale. La potenza istantanea pk t una funzione periodica

con periodo T c . Allora, il suo valore medio sul periodo T c ,


3

k,

vale:

1 Tc
1
1

,mk
FRV k k .
p k d = Vk I k FRV k k + 9mk
Tc 0
2
2

(114)

315

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


3

La potenza media

uguale alla somma delle potenze medie assorbite dal k-esimo bipolo nel

circuito N' e nel circuito N" se r un numero razionale, cio alla somma delle potenze medie
assorbite se i generatori agissero uno alla volta. Attenzione !!!: la (114) non vale se 1 = 2 , cio
se r=1.
La (114) stata ottenuta utilizzando l'integrale definito notevole
2

FRV

1  2 se m = n
mx FRV nx dx =
se m n
0

(115)

dove m e n sono due numeri interi.


Se U non un numero razionale, non esiste un periodo comune, e la potenza media non pu essere
definita come nella (114). Per un regime quasi-periodico si definisce la potenza media 3 k come
P

1 T
pk d .
T T 0

OLP

(116)

Sostituendo le (109) nella (115) si ottiene ancora (i calcoli sono un p lunghi, ma semplici)

Pmk =

1
1
Vk Ik cos( k k ) + V mk
I mk
cos( k k ) .
2
2

(117)

Propriet: sovrapposizione delle potenze medie


Si consideri una rete lineare, tempo-invariante in regime permanente con due generatori sinusoidali
indipendenti che funzionino con due pulsazioni diverse. La potenza media assorbita dal generico
bipolo uguale alla somma delle potenze medie assorbite dal bipolo se i generatori agissero uno alla
volta.
Questa propriet si estende immediatamente al caso di M generatori sinusoidali indipendenti con
M pulsazioni diverse.

8.7 Circuiti risonanti


I circuiti risonanti sono di grande importanza: (a) essi sono impiegati nelle apparecchiature di
misura, nei circuiti di comunicazione (filtri passa-banda, oscillatori, sincronizzatori, ...), nei circuiti
convertitori da continua a continua, e cos via; (b) esso costituisce un esempio del fenomeno fisico
generale della risonanza.

316

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 17

Circuito RLC serie pilotato con un generatore sinusoidale.

Noi studieremo in dettaglio il circuito risonante RLC serie, figura 17a, costituito dalla serie di un
resistore di resistenza R, di un condensatore di capacit C e di un induttore di induttanza L,
alimentato da un generatore di tensione sinusoidale e t = ( m FRV t . Considerazioni analoghe
possono essere svolte per quello RLC parallelo. Si assuma che il resistore, il condensatore e
l'induttore siano passivi.
Si consideri il funzionamento in regime sinusoidale del circuito in esame (esso dissipativo solo

se R 0 ); in figura 17b illustrato il circuito di impedenze corrispondente. Il fasore , = , m e


L

rappresentativo della corrente i t = ,m FRV t + dato da


,

dove

(

(


=

(118)

= ( m il fasore rappresentativo della tensione del generatore e


& = R + i
Z
eq

1
,
&

(119)

l'impedenza equivalente della serie. Il valore massimo della corrente


,

1 2

R + L

(120)

e la fase iniziale

R .
= DUFWJ L

(121)

Si consideri, ora, l'andamento dell'ampiezza della corrente i(t) e della fase iniziale al variare di
( possibile concepire un esperimento in cui l'ampiezza del generatore sinusoidale fissata e la
pulsazione, invece, viene cambiata). immediato verificare che la funzione ,m = , m definita
dalla (120) tende a zero per 0 e e assume il massimo in corrispondenza della
pulsazione caratteristica del circuito 0 data da (figura 18),

0 =

1
.
LC

(122)

La pulsazione 0 prende il nome di pulsazione di risonanza del circuito.


Per 0 il modulo dell'impedenza


=

tende all'infinito perch tende all'infinito il modulo della

reattanza del condensatore e per il modulo di


=

tende di nuovo all'infinito perch ora la

reattanza dell'induttore che tende all'infinito. Alla pulsazione di risonanza la parte immaginaria
dell'impedenza Z uguale a zero, perch la reattanza del condensatore l'opposta di quella
dell'induttore, e quindi il modulo di Z assume il valore minimo. Quando la pulsazione del
generatore uguale alla pulsazione di risonanza si dice che il generatore in risonanza con il

317

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

circuito. Si osservi che la pulsazione di risonanza coincide con la frequenza naturale del circuito
quando R=0.
Alla risonanza lampiezza della corrente vale

Em
.
R

Im ( 0 ) =

(123)

Il valore della corrente alla risonanza uguale alla corrente che si avrebbe se nel circuito vi fosse
solo il resistore. Alla risonanza la tensione del condensatore V C l'opposto di quella dell'induttore

VL ,
V C ( 0 ) + VL ( 0 ) = 0 ,

(124)

e quindi la tensione sul resistore uguale a quella del generatore. La (124) conseguenza del fatto
che la reattanza dell'induttore positiva e quella del condensatore negativa (l'induttore assorbe
potenza reattiva e il condensatore la eroga).

Im()
Em/R

0
Figura 18

Diagramma dell'ampiezza Im () .

/2

()

/2
0
Figura 19

Diagramma della fase () .

318

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Landamento della fase () al variare della pulsazione del generatore illustrato nel diagramma
di figura 19. Per 0 la fase iniziale positiva, cio il fasore della corrente in anticipo rispetto
a quello della tensione applicata (prevale il comportamento capacitivo): per 0, / 2 . Per
0 la fase iniziale negativa, cio il fasore della corrente in ritardo rispetto a quello della

tensione applicata (prevale il comportamento induttivo): per , / 2 . Per 0 = la


corrente in fase con la tensione applicata, perch l'impedenza equivalente Z ha solo parte reale.
Si consideri la tensione sull'induttore alla risonanza. Essa data da

V L = iE

0L
.
R

(125)

Pertanto il valore massimo V mL della tensione dell'induttore alla risonanza

V mL = QEm ,
dove

Q=

(126)

0L
.
R

(127)

Il parametro adimensionale Q prende il nome di fattore di qualit del circuito risonante serie. Esso
pu essere maggiore o minore di uno, a seconda dei parametri del circuito.
Dalla (126) si ha che in un circuito risonante RLC serie il valore massimo della tensione
sull'induttore pi grande del valore massimo della tensione del generatore se il fattore di qualit del
circuito maggiore di uno: in questo circuito c' l'amplificazione del valore massimo della
tensione.
Per evidenziare la dipendenza del fasore della corrente dal fattore di qualit e da , si consideri la
grandezza

H(i )

I
,
I0

(128)

dove I0 = Em / R il valore massimo dell'ampiezza della corrente. La funzione complessa H(i )


della variabile reale adimensionale e il valore massimo del modulo uguale a uno. immediato
verificare che

H(i ) =

1
.
1 + i Q[( / 0 ) ( 0 / )]

(129)

Posto

A( / 0 ) = H(i )

(130)

( / 0 ) = arg[ H(i)]
si ha

A() =

1
2

1 + Q [ ( / 0 ) ( 0 / )] 2

() = arctg{Q[ ( / 0 ) ( 0 / )] }.

(131)

319

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nelle figure 20 e 21 sono illustrate i grafici dellampiezza A(/0) e della fase (/0) al crescere
del fattore di qualit. Quanto pi alto il fattore di qualit tanto pi stretta la regione nell'intorno di
/0=1 in cui l'ampiezza A(/0) vicina al valore massimo e tanto pi brusco il cambiamento di
pendenza della curva della fase iniziale nell'intorno della risonanza.

1
A(/0)
0,8

Q=5

0,6

Q=20

0,4
0,2
Q=40
0
0,8
Figura 20

0,9

1,1

/
0
1,2

Diagramma di A(/0).

2
/2

(/ )
0

Q=20

Q=40

Q=5

0,5
0
-0,5
-1
/2

-2

0,8
Figura 21

0,9

1,1

1,2

Diagramma di (/0).

Osservazione
Il fenomeno della risonanza, appena descritto, dovuto alla presenza nel circuito dell'induttore e
del condensatore, cio di un elemento che assorbe potenza reattiva e di un altro che la eroga. Questo
fenomeno non si osserva se nel circuito ci sono soli induttori, ad esempio, in un circuito RL serie. In
questo caso il fasore rappresentativo della corrente

I=

E
,
R + iL

(132)

320

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

quindi lampiezza della corrente vale

Im ( ) =

Em
2

R + 2 L2

(133)

L'ampiezza della corrente una funzione decrescente della pulsazione: essa ha il valore massimo in

= 0 , Im ( = 0) = Em / R , e tende asintoticamente a zero per . A differenza del circuito


serie RLC, il modulo dell'impedenza equivalente una funzione strettamente crescente della
pulsazione. Inoltre l'ampiezza della tensione del resistore e l'ampiezza della tensione dell'induttore
sono minori dell'ampiezza della tensione del generatore, a differenza di quanto pu accadere nel
circuito risonante RLC serie.
Il lettore provi a dimostrare che in un circuito costituito da soli induttori (o soli condensatori),
resistori e un solo generatore vale la propriet di non amplificazione per i valori massimi delle
correnti e delle tensioni. Si noti che la propriet di non amplificazione non vale, invece, per i valori
istantanei. Infatti, a causa degli sfasamenti, negli istanti di tempo in cui la tensione (o la corrente)
dell'unico generatore zero, le tensioni sugli altri bipoli sono diverse da zero. In questi istanti alcuni
elementi conservativi erogano potenza elettrica.
Cosa accade nel circuito RLC serie quando R 0 ? Quando la resistenza diminuisce l'ampiezza
della corrente cresce: alla risonanza essa cresce come 1 / R e quindi diverge per R 0 . Per R=0
(circuito LC serie), il circuito ancora passivo ma non pi dissipativo. Pertanto il circuito LC serie,
pilotato con un generatore sinusoidale di tensione, non ha un regime. facile verificare che
l'equazione differenziale per la corrente i(t) del circuito

d2 i
i
1 de
Em
=
=
sin(t) .
2 +
dt
LC L dt
L

(134)

L'integrale generale della (134)

i(t ) = K cos( 0 t + ) + i p (t) ,

(135)

dove K e sono due costanti arbitrarie, che bisogna determinare assegnando le condizioni iniziali e
i p (t) una soluzione particolare della (134).
L'integrale particolare della (134) una funzione sinusoidale con la stessa pulsazione del
forzamento se e solo se 0 . facile verificare che
i p ( t) =

Em
2L

2
2
sin(t)
20
tcos( t)

per 0

(136)

per = 0

Per 0 la funzione i(t), descritta dalla (135), la somma di due funzioni sinusoidali con
pulsazioni diverse, e quindi, in generale, una funzione quasi-periodica che dipende dallo stato
iniziale dell'induttore e del condensatore (anche per t + ). Questa funzione limitata per ogni
istante di tempo. Invece per = 0 la (135) la somma di una funzione sinusoidale ad ampiezza

321

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

costante e di una funzione sinusoidale con unampiezza che cresce linearmente nel tempo; per

t + lampiezza della corrente diverge.


In figura 22 illustrata la forma d'onda della corrente quando lo stato iniziale dell'induttore
quello di riposo e la tensione iniziale del condensatore uguale a E m / 2 ,
i(t) =

Em
t cos( 0t)
2L

(137)

Quando non ci sono perdite e il generatore di tensione in risonanza con il circuito, l'azione del
generatore sincrona con l'oscillazione naturale del circuito. Ci rende possibile un continuo
trasferimento di energia dal generatore al circuito. Nel caso illustrato in figura (22) la potenza
istantanea erogata dal generatore di tensione

pe (t) =

2
Em
t[cos( 0 t)]2 0 .
L

(138)

Essa sempre positiva e la sua ampiezza cresce linearmente nel tempo: l'energia fornita dal
generatore immagazzinata nell'induttore e nel condensatore.

i(t)

Figura 22

Andamento temporale della corrente i(t) nel circuito risonante LC serie per condizioni
iniziali nulle.

Per esercizio, il lettore descriva il fenomeno della risonanza nel circuito RLC parallelo illustrato in
figura 23.

Figura 23

Circuito risonante parallelo: j(t) = J m cos(t + ) .

8.8 Cenni sui sistemi elettrici di potenza e sulle reti elettriche trifase
Nell'ingegneria dei sistemi elettrici di potenza funzionanti in regime sinusoidale (come quelli che
producono energia elettrica e poi la distribuiscono per essere utilizzata nelle abitazioni, negli uffici,

322

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

nei laboratori, nelle industrie, ...) si usa definire il fasore rappresentativo di una generica grandezza
sinusoidale usando come modulo il valore efficace della grandezza sinusoidale al posto del valore
massimo.
Il valore efficace X eff (valore quadratico medio) di una grandezza periodica x(t) di periodo T
cos definito

X eff

1T 2
x (t)dt ;
T0

(139)

quindi il valore efficace della grandezza sinusoidale a(t) = Am cos(t + ) dato da

A eff

A
1T
2
[A m cos(t + )] dt = m .
2
T0

(140)

Il fasore rappresentativo della grandezza sinusoidale a(t) = Am cos(t + ) pu essere, allora,


definito usando il valore efficace della grandezza sinusoidale come modulo, cio

a(t) = Am cos(t + ) A = Aeff e i .

(141)

immediato verificare che la potenza media assorbita da un generico bipolo in regime sinusoidale
(non c' pi il fattore 1/2)

Pm =

1T
p()d = I eff V eff cos( ) = I eff Veff cos() ,
T0

(142)

dove abbiamo posto = ( ) (la corrente i(t ) = Im cos(t + ) e la tensione


v(t) = V m cos(t + ) ). La potenza media assorbita dal resistore (essa ricorda l'espressione del
caso stazionario)

2
Veff
2
Pm = R Ieff =
.

(143)

La potenza complessa definita come (non c' pi il fattore 1/2 perch il modulo del fasore
rappresentativo della tensione il valore efficace della tensione e il modulo del fasore
rappresentativo della corrente il valore efficace della corrente)

P = V I.

(144)

L'espressione della potenza reattiva assorbita da un bipolo diventa

Q = Ieff V eff sin( ) = Pm tan .

(145)

Ad esempio, nelle abitazioni, la societ per l'energia elettrica fornisce l'alimentazione a 220 volt in
regime sinusoidale, dove 220 il valore efficace della tensione sinusoidale; la frequenza della
tensione sinusoidale 50 Hz. Pertanto la tensione istantanea 220 2 cos(2 50t + )
( V m = 220 2 311 volt, = 2 50 314 rad / s , la fase iniziale dipende dalla scelta
dell'origine per la coordinata temporale).

323

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nei sistemi di potenza i valori nominali di tensione e di corrente che assicurano il corretto
funzionamento del bipolo utilizzatore

(ad esempio, una lampada elettrica, un televisore, un

computer, un motore elettrico monofase, ...) sono espressi tramite i valori efficaci.
In generale la caratteristica di un bipolo utilizzatore pu essere specificata attraverso: (a) il valore
efficace V eff della tensione di funzionamento; (b) la potenza media nominale Pm assorbita dal
bipolo (oppure la potenza apparente); (c) il fattore di potenza cos ; (d) e il segno della potenza
reattiva assorbita. Da queste grandezze possibile ricavare tutte le altre, ad esempio, il valore
efficace nominale della corrente e l'impedenza del bipolo, utilizzando le relazioni (essendo R 0
per i bipoli passivi)

Pm
, = sgn(Q)arccos(cos ) ,
V eff cos
2
V eff
2

cos , X = Im{Z} = R tan .


R = Re{Z} =
Pm
I eff =

(146)
(147)

- Applicazione: trasmissione dellenergia elettrica


Si consideri il circuito rappresentato in figura 24. Esso in regime sinusoidale. Determinare la
potenza media e la potenza reattiva assorbita dal bipolo di impedenza ZL . Il bipolo utilizzatore U
caratterizzato dal valore efficace nominale V u della tensione, dalla potenza media assorbita Pu e
dal fattore di potenza cos u (si assuma che la potenza reattiva da esso assorbita sia positiva).
Pertanto fissato il valore efficace nominale della corrente Ieff u dell'utilizzatore e il ritardo del
fasore della corrente rispetto a quello della tensione. Il circuito alimentato con un generatore di
tensione ( E il fasore rappresentativo della tensione).
Nel circuito sono presenti due trasformatori ideali con rapporto di trasformazione n ( n > 1). Il
primo trasformatore eleva il valore efficace della tensione di un fattore n , il secondo lo abbassa dello
stesso fattore. Questo circuito il pi semplice modello del sistema di trasmissione dell'energia
elettrica: l'impedenza ZL porta in conto gli effetti dovuti ai conduttori delle linee elettriche con i
quali viene trasmessa l'energia elettrica dalle centrali di produzione ai luoghi dove deve essere
utilizzata (queste linee possono essere lunghe parecchie centinaia di chilometri, anche migliaia di
chilometri).

Figura 24

Modello semplificato di un sistema per la trasmissione dell'energia elettrica.

Posto ZL = R L + i X L , (la parte reale legata alle perdite per effetto joule nei conduttori che
trasportano l'energia elettrica e la parte immaginaria legata al valore medio dell'energia del campo
magnetico immagazzinata nella regione di spazio attorno ai conduttori), la potenza media e la
potenza reattiva assorbite dal bipolo di impedenza ZL sono, rispettivamente,

324

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

2
PL = R L Ieff
L

(148)

2
QL = XL Ieff
L.

Usando le equazioni caratteristiche del trasformatore ideale, si ottiene

V
Vu = 2
n
I
IL = u
n

V1 = n E
(149)

Ig = n I L.

Pertanto la potenza attiva e la potenza reattiva assorbite da ZL sono

1
2
PL = 2 R L Ieff
u ,
n

1
2
QL = 2 XL Ieff
u .
n

(150)

Allora tra la tensione del generatore di tensione e la tensione del bipolo utilizzatore c' la relazione
( Zu l'impedenza dell'utilizzatore):

1 Z
V u E = 2 ZL Iu = 2 L V u .
n
n Zu

(151)

Un filo di rame con la sezione di 1 cm e lungo 1 km ha una resistenza elettrica di circa 0.2 (alla
temperatura ambiente); pertanto un collegamento (realizzato con due fili) di 100 km caratterizzato
da una resistenza elettrica di circa 40 .
La resistenza equivalente di un'utenza domestica non supera il valore di 10 , quella di un
condominio molto pi piccola perch l'equivalente di tanti resistori equivalenti in parallelo, e
cos via. Allora chiaro che la resistenza del collegamento e cos anche la reattanza possono essere
molto pi grandi di quelle dell'utilizzatore. Se n fosse uguale a uno, il che equivalente ad un sistema
senza trasformatori, avremmo che, la maggior parte della potenza prodotta dal generatore sarebbe
assorbita dal conduttore di collegamento e la tensione sull'utilizzatore sarebbe molto diversa da quella
del generatore. La cosa pi grave sarebbe che la tensione dell'utilizzatore dipenderebbe sensibilmente
dalla sua impedenza (ad esempio, se il vicino di casa accendesse in questo istante la lavatrice o il
forno elettrico la tensione potrebbe ridursi in modo tale da non potere far funzionare il computer con
cui sto scrivendo). , allora, evidente che se si utilizzano due trasformatori, cos come descritto in
figura 24, con un rapporto di trasformazione n molto elevato (n pu essere anche dell'ordine di 1000),
si riduce drasticamente la potenza assorbita dai conduttori di collegamento (essa deve essere molto
pi piccola di quella realmente utilizzata) e la tensione sull'utilizzatore si discosta di poco dalla
tensione del generatore, perch viene ridotto drasticamente il valore efficace della corrente nei
conduttori di collegamento rispetto alla corrente dell'utilizzatore. In questo modo, dovendo restare
inalterata la potenza elettrica assorbita dal bipolo utilizzatore, viene aumentato notevolmente il valore
efficace della tensione tra i conduttori di collegamento (si raggiungono valori dell'ordine delle
centinaia di kV). Siccome non possibile realizzare generatori di tensione sinusoidale di potenza con
valori efficaci cos elevati, c' bisogno del trasformatore T1 che eleva la tensione. Tipicamente in
una stazione di potenza la tensione prodotta da un generatore in alternata varia tra 10 e 30 kV. Viene,

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

325

poi, aumentata fino a centinaia di kV per trasmissioni a lunga distanza e infine diminuita per le
fabbriche, per i laboratori, gli uffici, le case ... .
Le perdite lungo la linea si riducono, anche, mantenendo il fattore di potenza dellutilizzatore
quanto pi possibile prossimo a uno (vedi esempio sul rifasamento). Per ridurre il fattore di potenza,
a parit di potenza media assorbita, basta collegare un condensatore in parallelo all'utilizzatore se
l'utilizzatore assorbe potenza reattiva (vedi l'esempio del rifasamento).
Un sistema di potenza con tensioni sinusoidali, quindi, pi conveniente di un sistema con
tensioni costanti poich con esso pi facile aumentare e diminuire la tensione con trasformatori
(questi trasformatori devono essere necessariamente realizzati con induttori accoppiati perch le
grandezze elettriche in gioco sono molto elevate). Inoltre i generatori di tensioni sinusoidali
(alternatori) sono pi facili da costruire rispetto alla apparecchiature che producono tensioni costanti
(generatori in continua o dinamo), perch gli avvolgimenti ad alta tensione e quindi ad elevate
correnti sono sulla parte fissa dell'apparecchiatura (statore), invece che sulla parte rotante (rotore)
come in una dinamo.
- Reti elettriche trifase
Alla fine di questo Capitolo spiegheremo il motivo per cui i generatori e pi in generale i circuiti
trifase sono impiegati nei sistemi di potenza.
Un bipolo generatore di tensione sinusoidale di un sistema di potenza prende il nome di
generatore monofase. Oltre ai generatori monofase, nei sistemi di potenza in regime sinusoidale
sono molto diffusi i generatori trifase.

Figura 25
Si consideri un tripolo G e lo si caratterizzi attraverso i potenziali di nodo, figura 25 (il nodo di
riferimento per il potenziale all'interno del tripolo G). Si assuma che i tre potenziali
e1 = e1 (t), e 2 = e 2 (t), e3 = e3 (t) siano indipendenti dalle tre correnti i1 = i1 (t), i2 = i 2 (t),

i 3 = i3 (t) . Questo un tripolo generatore indipendente di tensione. In figura 25b illustrato un


circuito equivalente a stella costituito da tre bipoli generatori indipendenti di tensione ( possibile
anche considerare un circuito equivalente a triangolo). Ai potenziali di nodo e1 (t), e 2 (t), e 3 (t) si
d il nome di tensioni stellate del generatore (esse sono proprio le tensioni su ciascun bipolo
generatore del circuito equivalente a stella di figura 25b). Alle tre tensioni v12 (t), v23 (t), v31 (t) si
d il nome di tensioni concatenate. Per esse si ha

326

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

v12 = e1 e2
v 23 = e 2 e3
v 31 = e3 e1.

(152)

Le tre tensioni stellate sono tra loro indipendenti, invece le tre tensioni concatenate non sono
indipendenti tra di loro: per la legge di Kirchhoff per le tensioni la loro somma deve essere uguale a
zero

v12 + v23 + v31 = 0 .

(153)

Il tripolo G prende il nome di generatore sinusoidale trifase simmetrico di tensione se

e1 (t) = E m cos(t + )
e 2 (t) = E m cos(t + 2 / 3)
e 2 (t) = E m cos(t + 4 / 3).

(154)

I fasori rappresentativi delle tensioni stellate sono

E1 = Eeff e i
E2 = Eeff ei (2 /3)

(155)

E3 = Eeff e i( 4 /3) ,
dove

Eeff =

Em
.
2

(156)

Si Noti che per linsieme delle tensioni stellate vale la relazione

E1 + E2 + E3 = 0 ,

(157)

e1 (t) + e 2 (t) + e 3 (t) = 0 .

(158)

e quindi

I fasori rappresentativi delle tensioni concatenate sono

V12 = E1 E2 = 3 E1e i /6 = 3 Eeff ei ( /6)


V 23 = E2 E3 = 3 E2e i /6 = 3 Eeff ei (5 /6)

(159)

V31 = E3 E1 = 3 E3e i /6 = 3 Eeff e i(3 /2 ) .


Il diagramma fasoriale delle tensioni stellate e delle tensioni concatenate illustrato in figura 26. Sia
per le tensioni stellate che per quelle concatenate i fasori rappresentativi formano una terna
simmetrica diretta (l'aggettivo diretta sta a indicare che il fasore E1 (V12 ) in ritardo rispetto al
fasore E2 (V 23 ) e cos il fasore E2 (V 23 ) in ritardo rispetto al fasore E3 (V 31 ) ).

327

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 26 Diagramma fasoriale delle tensioni stellate e concatenate di un sistema trifase simmetrico
diretto.
Si supponga di avere un generatore che produca tensioni sinusoidali trifase, come specificato
dallequazione (154). Si connetta al tripolo G un tripolo utilizzatore U rappresentabile, ad esempio,
attraverso una configurazione a stella di tre bipoli con le tre impedenze Z1, Z2 , Z3 (in figura 27
rappresentato il circuito di impedenze corrispondente); possibile considerare anche una



rappresentazione equivalente a triangolo attraverso le impedenze =
12  =23 =31 (queste impedenze
sono legate a quelle della rappresentazione a stella attraverso le relazioni di trasformazione stellatriangolo che valgono per i resistori).

Figura 27
Applicando il metodo dei potenziali di nodo si ottiene
1=

,

dove

(
Q

(

(
Q


=

2 =

,

(


=

(
Q

3=

,

(

(
Q


=

(160)

il potenziale del centro stella dell'utilizzatore. Dovendo essere


1 + ,2 + ,3 = 0 ,

,

(161)

utilizzando le (160) si ottiene l'espressione per il potenziale


(

(
Q


=

= 11


=

(
Q

(
(
+ 2 + 3

=


=


=

3
1 .

(162)


=

Se le tre impedenze Z1, Z2 , Z3 sono diverse tra di loro, non c' nessuna relazione particolare tra i
fasori rappresentativi delle tre correnti (in questo caso si dice che le tre correnti sono squilibrate e
l'utilizzatore squilibrato).
Si consideri ora il caso in cui le tre impedenze siano uguali,

Z1 = Z2 = Z3 = Z.

(163)

328

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In questo caso, essendo E1 + E2 + E3 = 0 , si ottiene dalla (162)

EQ = 0 ,

(164)

E
E
E
I1 = 1 , I2 = 2 , I3 = 3 .
Z
Z
Z

(165)

Z = Zei u ,

(166)

e quindi

Posto

dalle (165) si ha

I1 =

Eeff i( u )
Eeff i ( u 2 /3)
Eeff i( u 4 /3)
e
, I2 =
e
, I3 =
e
,
Z
Z
Z

(167)

e quindi le correnti nel dominio del tempo sono

E
i1 (t) = m cos(t + u )
Z
E
i 2 (t) = m cos(t + u 2 / 3)
Z
E
i 3 (t) = m cos(t + u 4 / 3).
Z

(168)

Quando le tre impedenze sono uguali, le tre correnti costituiscono anche esse una terna simmetrica
diretta. In questo caso si dice che il sistema trifase equilibrato nelle correnti e si dice che
l'utilizzatore un carico equilibrato. Si osservi che le tre correnti (168) (o (167)) sono le stesse che
si avrebbero se i due centri stella fossero collegati con un corto circuito (cio con un conduttore
ideale).
Si calcoli ora la potenza istantanea fornita dal generatore trifase G all'utilizzatore U quando esso
equilibrato. Si ottiene

p(t) = i1(t)e1 (t) + i 2 (t)e 2 (t) + i 3 (t)e3 (t)


=

E 2eff
[cos u + cos(2t + 2 u )]+
Z
2

E eff
[cos u + cos(2t + 2 u 4 / 3)]+
Z

(169)

E 2eff
[cos u + cos(2t + 2 u 8 / 3)].
Z
facile verificare, tramite il calcolo diretto, che la somma dei tre termini sinusoidali a pulsazione 2
identicamente nulla (anche ad essi corrisponde una terna simmetrica di fasori rappresentativi), e
quindi la potenza istantanea erogata dal generatore trifase costante nel tempo ed

p(t) = 3

2
Eeff

cos u .

(170)

Pertanto la potenza erogata da un generatore trifase, quando il sistema delle correnti equilibrato
(carico equilibrato), costante in regime sinusoidale. Di conseguenza la coppia meccanica richiesta

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

329

dall'alternatore trifase anche essa costante nel tempo (di conseguenza non si hanno vibrazioni
nell'intero sistema meccanico che fornisce l'energia che l'alternatore trasforma in energia elettrica). In
questi casi la potenza istantanea uguale a quella media e quindi uguale alla parte reale della
potenza complessa assorbita dal tripolo utilizzatore. Invece, negli alternatori monofase la coppia
variabile nel tempo perch la potenza istantanea varia periodicamente.
Nelle industrie, nei laboratori, ... la societ per l'energia elettrica fornisce un'alimentazione trifase
con una tensione concatenata a 380 volt e quindi una tensione stellata a circa 220 volt (380 e 220
sono i valori efficaci e la frequenza sempre 50 Hz).
Per i carichi equilibrati i valori nominali di tensione e di corrente che assicurano il corretto
funzionamento (ad esempio, un motore trifase, l'alimentatore di un sistema di calcolo o di un
impianto di telecomunicazione, ...) sono espressi tramite i valori efficaci. In generale la caratteristica
pu essere specificata, allo stesso modo del caso monofase, cio attraverso il valore efficace della
tensione concatenata V eff (o della tensione stellata), la potenza media nominale Pm assorbita dal
carico (oppure la potenza apparente), il fattore di potenza cos e il segno della potenza reattiva
assorbita. Da queste grandezze possibile ricavare tutte le altre, come nel caso dell'utilizzatore
monofase. Per il valore efficace nominale delle correnti, per lo sfasamento del fasore della corrente
rispetto a quello della tensione stellata corrispondente e per l'impedenza del bipolo equivalente nella
rappresentazione a stella si hanno le seguenti formule (essendo R 0 per gli elementi passivi)
I eff =

Pm
, = sgn(Q) arccos (cos ) ,
3 Veff cos

R = Re{Z} =

2
3 V eff
2
cos , X = Im{Z} = R tan .
Pm

(171)
(172)

8.9 Voltmetro, amperometro e wattmetro


La misura delle grandezze elettriche di un circuito fondamentale nella fase di realizzazione di un
circuito, nello studio sperimentale del suo comportamento e nel controllo del suo funzionamento. Noi
qui faremo solo dei brevi cenni agli elementi circuitali ideali che modellano gli strumenti di misura
fondamentali: il voltmetro, l'amperometro e il wattmetro. Il voltmetro, in generale, misura la tensione
tra due nodi di un circuito, l'amperometro misura la corrente che circola nel terminale di un dato
elemento e il wattmetro misura la potenza assorbita da un elemento.

330

Figura 28

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Simbolo del voltmetro (a), inserzione del voltmetro (b), simbolo dellamperometro (c) e
inserzione dellamperometro (d).

- Voltmetro
Il voltmetro ideale un bipolo (il simbolo illustrato in figura 28a), che inserito in un circuito,
come illustrato in figura 28b, misura la tensione tra i due nodi a cui collegato. Per misurare la
tensione di un bipolo bisogna collegare il voltmetro in parallelo ad esso: in figura 28b il voltmetro
misura la tensione del bipolo B.
Il voltmetro ideale si comporta da circuito aperto, cio la corrente che circola in esso sempre
uguale a zero, qualunque sia il valore della tensione ad esso applicato. Di conseguenza la sua
inserzione non altera il funzionamento del circuito.
In regime stazionario il voltmetro misura il valore della tensione; il contrassegno + sta a indicare
il riferimento per il verso della tensione indicata dallo strumento. Lo strumento indica la tensione che
ha come verso di riferimento quello che punta verso il morsetto contrassegnato con +. Ad esempio,
in figura 28b il voltmetro indica la tensione v.
In regime sinusoidale il voltmetro indica il valore efficace della tensione sinusoidale che si sta
misurando. In questo caso, essendo il valore efficace una grandezza definita positiva, non c' nessun
morsetto di riferimento. Nel simbolo, ovviamente, viene omesso il contrassegno +. Ovviamente la
costituzione fisica dello strumento per la misura della tensione costante diversa, almeno in parte,
dalla costituzione fisica dello strumento per la misura del valore efficace della tensione sinusoidale.
possibile misurare una tensione variabile nel tempo con una forma d'onda arbitraria: in questo
caso il voltmetro d l'evoluzione temporale della tensione in esame. Uno strumento che fa questo
l'oscilloscopio. Attraverso opportuni sistemi anche possibile convertire le tensioni rivelate in una
sequenza di bit e poi memorizzarli ed eventualmente elaborarli tramite un calcolatore (transient
recorder).
- Amperometro
L'amperometro ideale un bipolo (il simbolo illustrato in figura 28c), che misura la corrente che
circola nel terminale a cui collegato, (figura 28d). Per misurare la corrente che circola in un bipolo
bisogna collegare l'amperometro in serie ad esso: in figura 28d l'amperometro misura la corrente che
circola nel bipolo B.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

331

Lamperometro ideale si comporta da corto circuito, cio la tensione tra i suoi terminali sempre
uguale a zero, qualunque sia il valore della corrente che in esso circola. Di conseguenza la sua
inserzione, come nel caso del voltmetro ideale, non altera il funzionamento del circuito.
In regime stazionario l'amperometro misura il valore della corrente. Il contrassegno + sta a
indicare il riferimento per il verso della corrente indicata dallo strumento: lo strumento indica la
corrente che ha come verso di riferimento quello che punta verso il morsetto contrassegnato con +.
Ad esempio, in figura 28d l'amperometro indica la corrente i.
In regime sinusoidale l'amperometro indica il valore efficace della corrente sinusoidale che si sta
misurando. Anche in questo caso non c' nessun morsetto di riferimento, e quindi nel simbolo viene
omesso il contrassegno +. La costituzione fisica dello strumento per la misura della corrente
costante diversa, almeno in parte, dalla costituzione fisica dello strumento per la misura del valore
efficace della corrente sinusoidale.
Si osservi che, inserendo in serie a un bipolo la porta di controllo di un generatore di tensione
controllato in corrente, possibile misurare la corrente che in esso circola attraverso un voltmetro
collegato alla porta di uscita, senza alterare il funzionamento di un circuito. In questo modo possiamo
misurare, ad esempio, una generica corrente variabile nel tempo utilizzando un oscilloscopio o un
transient recorder.
- Wattmetro
Il wattmetro ideale un doppio bipolo (il simbolo illustrato in figura 29a), che misura la potenza
assorbita da un bipolo se inserito come mostrato in figura 29b. Per misurare la potenza assorbita dal
bipolo bisogna collegare la porta voltmetrica in parallelo al bipolo e la porta amperomaterica in serie.
La porta voltmetrica rileva la tensione e la porta amperometrica la corrente. Se l'inserimento del
wattmetro fatto in modo tale che i due contrassegni per i versi di riferimento della porta voltmetrica
e della porta amperometrica sono in accordo con la convenzione dell'utilizzatore, allora il wattmetro
indica la potenza assorbita, altrimenti indica la potenza erogata. In figura 29b il wattmetro misura la
potenza assorbita dal bipolo B.
La porta voltmetrica di un wattmetro ideale si comporta da circuito aperto e quella amperometrica
da corto circuito. Di conseguenza la sua inserzione, come nel caso del voltmetro e dell'amperometro
ideale, non altera il funzionamento del circuito.
In regime stazionario il wattmetro misura la potenza assorbita dal bipolo, invece in regime
sinusoidale il wattmetro misura la potenza media assorbita dal bipolo. Anche in questo caso la
costituzione fisica dello strumento per la misura della potenza nel regime costante diversa dalla
costituzione fisica dello strumento per la misura della potenza media del regime sinusoidale.

332

Figura 29

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Simbolo del wattmetro: 1A 1A morsetti porta amperometrica, 2 V 2 V morsetti porta


voltmetrica (a), inserzione del wattmetro per la misura della potenza assorbita.

Cosa indica il wattmetro quando la porta amperometrica connessa in serie a un bipolo diverso da
quello a cui collegata la porta voltmetrica? In questo caso il wattmetro indica il prodotto tra la
tensione rivelata dalla porta voltmetrica e la corrente rivelata dalla porta amperometrica se le
grandezze sono costanti nel tempo, cio

W = VI .

(173)

Se le grandezze variano sinusoidalmente, allora il wattmetro indica


*

W = Re{ VI },

(174)

dove V e I sono, rispettivamente, i fasori della tensione e della corrente sinusoidali rivelate dalla
porta voltmetrica e dalla porta amperometrica (definiti in base ai valori efficaci). In entrambi i casi i
versi di riferimento per la tensione e la corrente sono concordi con i due contrassegni +.

CAPITOLO 9

CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI

9.1 Introduzione
Nel capitolo precedente sono stati studiati i circuiti lineari e tempo-invarianti in regime
stazionario, sinusoidale, periodico e quasi-periodico. Nel presente capitolo si studiano ancora i
circuiti lineari e tempo-invarianti, ma in condizioni di eccitazione generali. Ritornando al problema
generale della soluzione di un circuito dinamico tempo-invariante, va detto che i metodi illustrati nel
Capitolo 7 non sono gli unici possibili. Esistono altre tecniche che consentono di risolvere circuiti
con forzamenti generici in maniera rapida e diretta: esse sono lintegrale di convoluzione, la
trasformata di Laplace e lanalisi in frequenza. Le prime due saranno illustrate in questo Capitolo,
lanalisi in frequenza nel successivo.
La dinamica di un generico circuito lineare, a partire da un istante t 0 in cui le grandezze di stato
sono note, pu essere decomposta, per la propriet della sovrapposizione degli effetti, in due termini:
l'evoluzione libera e l'evoluzione forzata. Il termine di evoluzione libera la soluzione del circuito
che si avrebbe se, tutti i generatori indipendenti fossero spenti e il valore iniziale dello stato fosse
quello assegnato. Il termine di evoluzione forzata la soluzione del circuito che si avrebbe se il
valore dello stato iniziale fosse identicamente nullo e i generatori indipendenti fossero tutti accesi.
Per determinare l'evoluzione libera bisogna calcolare l'integrale generale di un'equazione
differenziale ordinaria di ordine N omogenea (oppure di un sistema di N equazioni differenziali
ordinarie del primo ordine omogenee) e poi imporre i valori iniziali delle grandezze di stato. Per
determinare l'integrale generale bisogna calcolare le radici del polinomio caratteristico associato
all'equazione differenziale omogenea.
Per calcolare l'evoluzione forzata bisogna determinare, oltre all'integrale generale dell'equazione
omogenea associata, anche un integrale particolare dell'equazione completa, e poi imporre, attraverso
le equazioni di stato, che lo stato iniziale sia zero. Questo modo di procedere pu essere impraticabile
se la forma d'onda del termine noto non riconducibile, in maniera semplice, a forme d'onda
stazionarie e/o sinusoidali.

334

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Gran parte di questo capitolo dedicata ai metodi generali di calcolo per l'evoluzione forzata di un
generico circuito lineare tempo-invariante: l'integrale di convoluzione e la trasformata di Laplace. In
particolare sono considerati circuiti in evoluzione forzata con un solo generatore indipendente. Il caso
pi generale di circuiti in evoluzione forzata con pi generatori indipendenti pu essere risolto
usando la sovrapposizione degli effetti. Infine, verr illustrato come determinare la soluzione di un
circuito in evoluzione generica (ed, in particolare, in evoluzione libera), usando ancora la trasformata
di Laplace.
Si consideri un circuito in evoluzione forzata (ad esempio, il circuito di figura 1), sia t 0 l'istante
iniziale e si assuma che i generatori siano in funzione dall'istante t 0 . Qualora nel circuito in
esame l'istante iniziale fosse al finito, dovendo essere le grandezze di stato in t = t 0 nulle, possibile
prolungare le grandezze circuitali e quindi anche le tensioni e le correnti dei generatori indipendenti,
in modo tale che siano identicamente nulle per t < t 0 , figura 2.

Figura 1

Figura 2

L'istante iniziale al finito (a) e un possibile prolungamento per t < t 0 (b).

335

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

9.2 Integrale di convoluzione


Si consideri un circuito lineare tempo-invariante N in evoluzione forzata, costituito da elementi
lineari e tempo-invarianti e con un solo generatore indipendente. Lo si consideri, per descriverne il
funzionamento, come un sistema ingresso-uscita, vale a dire che, si sceglie una coppia di morsetti da
cui alimentare il circuito con, ad esempio, un generatore di tensione indipendente, e sia , ad esempio,
la tensione di un determinato lato, la grandezza di uscita di interesse, figura 3. La tensione e=e(t)
imposta dal generatore svolge il ruolo di ingresso, mentre la v=v(t) quello di uscita: la tensione v la
risposta forzata (risposta con stato zero) del circuito al segnale e(t) applicato in ingresso.
Il circuito di figura 3 pu essere considerato come un doppio bipolo. Il generatore indipendente
rappresenta una tensione applicata alla porta di ingresso e prodotta da un altro circuito. Il pi delle
volte esso un segnale che deve essere elaborato. A sua volta, la tensione della porta di uscita va
a sollecitare un altro circuito.

Figura 3

Il circuito N sollecitato dal generatore di tensione e(t) e v(t) l'uscita di interesse (a);
relativo schema a blocchi (b).

Si consideri la funzione e = e t data dalla seguente espressione

e t = e t k t t k ,

(1)

k=

dove t la funzione impulso rettangolare

t =
0

<t <
1
u t ,
2
2
=
u
t
+

2
2
t < e < t

2
2

(2)

e t k = k con k intero. La funzione e t un approssimante della funzione di ingresso e(t). La (1)


stata ottenuta partizionando l'intervallo di definizione della e(t) in tante parti uguali di ampiezza ,
e in ognuno di questi intervalli e(t) viene approssimata con un impulso rettangolare di ampiezza pari
al valore che la funzione assume al centro dell'intervallo, cos come mostrato in figura 4. Infatti, dalla
(1) si ha :

e t k = e t k .

(3)

Si consideri, ora, la (1) per valori di sempre pi piccoli. Si intuisce immediatamente che quanto
pi piccolo , tanto meglio e t approssima la funzione e=e(t). Quando 0 , e t tende, in

qualche modo, alla funzione e(t). Infatti, dalla (1) si ottiene, passando al limite 0 , (la

336

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

sommatoria di infiniti termini infinitesimi si tramuta in un integrale e la funzione impulso


rettangolare diventata un impulso di Dirac 1):

e t e t dt = e t ;

(4)

nella (4) stata usata la propriet di campionamento della funzione impulsiva di Dirac.
L'idea, che alla base dell'integrale di convoluzione, sostanzialmente questa: determinare la
risposta del circuito quando applicato l'ingresso e t , (approssimante l'ingresso vero e(t)), e poi

considerarne il limite 0 . La risposta a e t viene determinata usando la sovrapposizione degli


effetti.

Figura 4
- Risposta allimpulso rettangolare
Si indichi con h = h (t ) la risposta forzata del circuito, quando in ingresso agisce un impulso
rettangolare (t) . Essa viene denominata risposta all'impulso rettangolare. Esaminiamo alcune
propriet della funzione h = h (t ) , implicite nella sua definizione.
Innanzi tutto, si noti che 2 :

h (t) = 0 per t <

,
2

(5)

perch, in questo caso, l'ingresso identicamente nullo per t < / 2 e il circuito a riposo
all'istante remoto t 0 = . Inoltre per la linearit del circuito la risposta forzata all'ingresso

(t) deve essere h (t) . Si noti che, questa propriet non sarebbe verificata se il circuito non
fosse inizialmente a riposo. Si supponga, ora, che l'ingresso sia un impulso rettangolare traslato di k
nel tempo (t k ) . Allora per l'ipotesi di tempo-invarianza del circuito, la risposta forzata
quella che si otterrebbe traslando di k nel tempo la risposta all'impulso (t) , e quindi si ha

h (t k ) . Se il circuito fosse tempo-variante tale propriet non sarebbe valida, in quanto la forma
d'onda della risposta dipenderebbe anche dall'istante di applicazione dell'ingresso. In questo caso la
risposta all'impulso sarebbe del tipo h (t; k ) . Si noti che la possibilit di traslare l'uscita, per avere
la risposta a un ingresso traslato non dipende affatto dalla linearit. Si assuma ora un ingresso del
tipo k (t k ) + h (t h ) . Per la linearit e per le propriet della funzione h (t k )

1 Unanalisi rigorosa di questo problema richiede luso della teoria delle distribuzioni.
2 Questa propriet in letteratura viene, spesso, denominata propriet di causalit.

337

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

appena descritte, la risposta forzata del circuito vale k h (t k ) + h h (t h ) . Tutte queste


propriet sono riassunte in figura 5.

Figura 5
Usando la risposta all'impulso rettangolare h (t) e le sue propriet, possibile determinare la
*
risposta forzata v (t) all'ingresso e (t) dato dalla (1): essa rappresenta un approssimante della
risposta forzata del circuito all'ingresso e(t). Pertanto, in virt della linearit e della tempo-invarianza
del circuito, la funzione v (t) approssimante la risposta forzata del circuito v(t) all'ingresso e(t),
data da

v (t) = e(t k )h (t t k ) .

(6)

k =

Al tendere di a zero, l'impulso rettangolare (t) tende all'impulso di Dirac (t), e (t) tende
all'ingresso e(t), la risposta all'impulso rettangolare h (t) tende alla risposta h(t), che si avrebbe se
in ingresso vi fosse un impulso di Dirac, la v (t) tende all'uscita v(t) e la somma (6) si trasforma
nell'integrale

v (t)

e()h(t )d ,

(7)

e quindi 3

3 Il problema della convergenza di h ( t) alla risposta allimpulso di Dirac h(t), di v ( t) alla v(t) e della

somma (6) all'integrale (7), per 0 , non viene affrontato in queste lezioni. Comunque le condizioni che

la assicurano sono cos ampie da poterle ritenere sempre verificate nei casi di interesse.

338

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

v(t) = e()h(t )d .

(8)

La funzione h=h(t) la risposta forzata del circuito quando l'ingresso l'impulso di Dirac (t). Una
volta stabiliti l'ingresso e l'uscita del circuito, h(t) dipende solo dai parametri degli elementi che
costituiscono il circuito e da come sono connessi.

Figura 6
La (7) mostra che il valore di v all'istante t un integrale - nella variabile - calcolato
nell'intervallo (, +) , del prodotto h(t )e() : v() la convoluzione della risposta
all'impulso h() con l'ingresso e() 4.
Riassumendo, per i circuiti lineari tempo-invarianti in evoluzione forzata e con un solo generatore
indipendente si ha:

Risposta Risposta

=
{ingresso}
forzata allimpulso
(Al simbolo (f1f 2 ) si d il nome di prodotto di convoluzione). Se vi fossero pi generatori,
possibile applicare la sovrapposizione degli effetti: in generale a ingressi diversi corrisponde una
diversa risposta all'impulso.
La risposta h(t) all'impulso di Dirac uguale a zero per t minore di zero:

h(t ) = 0 per t 0 ;

(9)

la (9) si ottiene direttamente dalla (5) per 0 . Usando la propriet (9), l'integrale (8) diventa
t+

v(t) = e()h(t )d .

(10)

Il problema della convergenza dell'integrale improprio (10) verr affrontato in seguito; per ora si
assuma che esso converga. Nel caso in cui l'ingresso identicamente nullo per t < t 0 , l'integrale (10)
diventa 5
t+

v(t) = t e()h(t )d .

(11)

4 Siano f ( t) e f ( t) due funzioni definite in


2
1

(, +) : la convoluzione delle funzioni del tempo

f 1 ( t) e f 2 ( t) una nuova funzione del tempo denotata con ( f 1


+

(f1

f 2 ) (t ) e definita, per ogni t, da:

f 2 ) (t ) = f 1 (t ) f 2 ( )d .

5 I limiti di integrazione sono appositamente selezionati come t e t + perch h(t) e/o e(t) potrebbero avere
0

un impulso di Dirac all'istante t 0 .

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

339

( sempre possibile traslare l'origine del riferimento per il tempo in modo tale da farlo coincidere con
l'istante iniziale t 0 se t 0 finito, e quindi porre t 0 = 0 ).
L'integrale di convoluzione (10) (oppure la versione particolare (11)) d la risposta forzata del
circuito a qualsiasi ingresso e(t), a condizione che si conosca la funzione h(t), cio la risposta
all'impulso. Questo risultato , in effetti, del tutto generale: la risposta forzata di un sistema lineare e
tempo-invariante ad una sollecitazione impulsiva, applicata nell'istante t=0, contiene tutte
informazioni necessarie a caratterizzare il sistema stesso. A questo punto la soluzione del problema
ricondotta allo studio della risposta all'impulso di Dirac.
Prima di passare a descrivere i metodi di calcolo e le propriet della risposta impulsiva, utile
illustrarne il significato attraverso un'applicazione.
Esempio
Si consideri il circuito di figura 7 e si determini la risposta all'ingresso illustrato in figura 7b
usando l'integrale di convoluzione (si assuma come uscita la tensione del condensatore). Si determini
la risposta all'impulso unitario come limite della risposta all'impulso rettangolare per 0 figura
7a.

Figura 7
Il circuito in esame del primo ordine e l'equazione di stato :

t < / 2
0
dh
R
+ h = 1 / / 2 < t < / 2 ;
dt
0
/2 <t

(12)

R =RC la costante di tempo del circuito. La tensione del condensatore h (t) continua perch il
generatore di tensione limitato.
Per t < / 2 il circuito a riposo, quindi la tensione del condensatore uguale a zero all'istante
t = / 2 . Pertanto h (t) nell'intervallo / 2 < t < / 2 deve essere soluzione del problema di
Cauchy:

1
dh h
+
=
,
R R
dt
h (t = / 2) = 0.

(13)

La soluzione del problema (13) vale (per / 2 < t < / 2 )

h (t) =

1
[1 e ( t+ /2)/ R ] .

Siccome la tensione del condensatore continua, si ha

(14)

340

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

h (t = / 2) =

1
(1 e / R ) .

(15)

Per t > / 2 il circuito in evoluzione libera, quindi si ha

h (t) =

1
(1 e / R )e ( t /2) / R .

(16)

Riassumendo, la risposta h (t) del circuito illustrato in figura 7a vale

1 [1 e ( t + /2) /R ]
t</2

.
h (t) = u(t + / 2)
1
/ R ( t /2)/ R
(1

e
)e

/
2
<
t

(17)

Cosa accade quando 0 ? Facendo il limite si ha

h (t ) = h(t) = u(t ) e t / R .
R

(18)

Nel limite 0 la (18), e quindi la tensione del condensatore, presenta un salto di discontinuit
a t=0. Pur essendo per 0 la durata dell'applicazione della sollecitazione sempre pi piccola,
l'intensit di quest'ultima cresce come 1/ (l'impulso rettangolare ha area unitaria per qualsiasi ), e
quindi in grado di modificare istantaneamente lo stato del circuito, figura 8. Per t>0 il circuito in
evoluzione libera.
immediato verificare che la (18) coincide con la risposta forzata che si avrebbe nel caso in cui
l'ingresso fosse un impulso di Dirac unitario applicato all'istante t=0. Infatti, l'impulso di tensione
produce un impulso di corrente (t) / R nel circuito, che carica istantaneamente il condensatore alla
+

tensione v(0 ) = 1/ R . Come gi abbiamo visto, per t 0 il circuito in evoluzione libera.


1,0
0,8
0,6
h (t)
0,4

=0.2
0

0,2

0,0
-0,5

Figura 8

0,5

1,5

2,5

Andamento di h (t) con R = 1 e per =0.2 e 0 .

Ora bisogna determinare la risposta nel caso in cui l'ingresso il segnale descritto in figura 7b. La
sua espressione analitica

341

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

0
e(t ) = t / T
0

t 0,
0 t T,
t > T.

(19)

Sostituendo la (18) nellintegrale di convoluzione (11) si ottiene per t0:

v(t) = e

t / R t /R
e()d ;
0 e

(20)

sostituendo, ora, la (19) nella (20) e integrando si ha

e t / R t /
t /

0 (e R )d = R [ Re R + (t R )]
v(t) = T
e t / R T / R
T/
t /

)d = R [ R + e R (T R )]e R
(e
T 0

0 t T
.

(21)

t T

9.3 Risposta all'impulso: metodi di calcolo e propriet


Per determinare la risposta all'impulso possibile utilizzare diversi metodi. Il metodo
fondamentale consiste nel risolvere direttamente un circuito in evoluzione forzata con generatore
impulsivo.
9.3.1 Soluzione di un circuito con generatori impulsivi attraverso la determinazione delle
condizioni iniziali a t = 0 +
Si consideri la risposta forzata di un circuito lineare tempo-invariante a un generatore impulsivo
applicato all'istante t=0, ad esempio, il circuito di figura 9; si assuma la tensione del condensatore
come uscita. Nel caso in cui la grandezza di uscita non coincida con una grandezza di stato, conviene
ricondurre la soluzione del circuito alla soluzione delle equazioni di stato. Una volta determinato lo
stato si calcola la grandezza di interesse (non di stato), usando il circuito resistivo associato.

Figura 9

Un esempio di circuito in evoluzione forzata con generatore impulsivo di corrente.

Per t<0 il circuito nello stato di riposo (tutte le grandezze sono nulle e quindi anche le grandezze
di stato). All'istante t=0 applicata una corrente (o tensione) impulsiva attraverso un generatore di
corrente (rispettivamente, un generatore di tensione) impulsivo. Di conseguenza, le correnti che
circolano nei condensatori e le tensioni degli induttori possono essere impulsive all'istante t=0 e le
tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori (cio le grandezze di stato del circuito), possono
essere discontinue in quell'istante: le grandezze di stato pur essendo identicamente nulle per t<0,
+

possono essere diverse da zero all'istante t = 0 . Per t 0 il circuito in evoluzione libera, perch

342

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

il generatore impulsivo si spegne immediatamente dopo listante di applicazione t=0. Se si


+

conoscessero le tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori allistante t = 0 , la soluzione


del problema potrebbe essere ottenuta risolvendo il circuito in evoluzione libera a partire dallistante

t = 0+ .
Per determinare il salto di discontinuit delle tensioni dei condensatori e delle correnti negli
induttori all'istante t=0, bisogna usare le loro relazioni caratteristiche. Per esemplificare, si consideri
il circuito rappresentato in figura 9. Le equazioni caratteristiche dei bipoli dinamici sono:

dv c
= ic ,
dt
di
L L = v L.
dt

(22)

I valori delle grandezze di stato sono noti all'istante t = 0 , e sono:

v c (0 ) = 0, i L (0 ) = 0.

(23)
+

Per determinare i valori che esse assumono all'istante t = 0 , bisogna considerare l'integrale definito,

nel dominio (0 ,0 ) , di ambo i membri delle equazioni (22). Operando in questo modo e usando le
(23), si ottiene:

1 0+
i ()d,
C 0 c
1 +
i L (0+ ) = 00 v L ()d.
L

v c (0 + ) =

Figura 10

(24)

Circuito resistivo associato al circuito dinamico di figura 8 (a) e circuiti ausiliari per la
soluzione del circuito resistivo associato tramite la sovrapposizione degli effetti (b) e (c)
.

Ora bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle
grandezze di stato e della corrente del generatore impulsivo. A tale scopo utile considerare il
circuito resistivo associato, cio il circuito ottenuto sostituendo in quello in esame, al posto del
condensatore un generatore di tensione con tensione pari a v c e al posto dell'induttore un generatore

343

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

di corrente con corrente pari a i L , figura 10a. Si pu risolvere il circuito resistivo associato usando la
sovrapposizione degli effetti. Operando in questo modo si ha per i c e v L :

i c = i + i ,

(25)

v L = v + v,

dove i e v sono, rispettivamente, i contributi del generatore impulsivo alla corrente nel
condensatore e alla tensione dell'induttore e i e v sono i contributi dei generatori di sostituzione:
i e v sono soluzione del circuito che si ottiene spegnendo i generatori di sostituzione e lasciando
acceso solo quello impulsivo (figura 10b), e quindi sono certamente funzioni impulsive; i e v sono
soluzione del circuito che si ottiene spegnendo il generatore impulsivo e lasciando accesi solo quelli
di sostituzione (figura 10c).
Se si esclude il caso molto particolare e anche poco significativo in cui generatori impulsivi di
tensione sono in parallelo ai condensatori o generatori impulsivi di corrente sono in serie agli
induttori, le grandezze di stato si mantengono limitate per ogni t, pur presentando dei punti di
discontinuit di prima specie. Di conseguenza la soluzione del circuito di figura 10c limitata e
quindi sono limitate anche i e v . immediato, allora, che qualunque siano i valori (limitati) di

i e v nell'intorno di t=0, essi non danno nessun contributo agli integrali nelle equazioni (24).
L'unico contributo diverso da zero pu venire dai termini i e v . Pertanto si ha
1 0+
i ()d,
C 0
1 +
i L (0+ ) = 00 v ()d.
L
v c (0 + ) =

(26)

Risolvendo il circuito di figura 10b si ottiene:

i = (t), v = R(t);

(27)

dopo avere sostituito le (27) nelle (26), si ha:

v c (0 + ) =

1
R
, i L (0 + ) = .
C
L

(28)

A questo punto bisogna risolvere un circuito in evoluzione libera con le condizioni iniziali (28) per
+

lo stato. Per determinare le equazioni di stato per t 0 , bisogna esprimere la corrente nel
condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle grandezze di stato v c e i L . Ci pu essere
fatto risolvendo il circuito di figura 10c. In questo modo si ottiene per t 0

dv c
v
= c iL ,
dt
R
di L
L
= vc Ri L .
dt
C

(29)

Il sistema (29) omogeneo. Dovendo calcolare la tensione del condensatore, conviene ridurlo a
una equazione scalare del secondo ordine nella funzione incognita v c (t) . Derivando ambo i membri
della prima equazione di stato rispetto al tempo e usando la seconda, si ottiene

344

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

d 2 vc R
1 dv c
2
+
+
v =0
2 +

dt
L RC dt LC c

per t 0 + .

(30)

L'integrale generale dell'equazione (31)

v c (t) = K +e + t + K e t ,

(31)

dove + e sono le due pulsazioni naturali del circuito (si assuma che siano distinte), soluzioni
dell'equazione algebrica:

1
2
R

+
=0,
2 + +
L RC
LC

(32)

e K + e K sono le due costanti di integrazione, che bisogna determinare imponendo le condizioni


iniziali
+

K + + K = v c (0 ) =
dv
+K + + K = c
dt

1
,
C
t = 0+

(33)

1 1
R
=
+ .

C RC L

La seconda delle (33) stata ottenuta usando la prima equazione del sistema (29) e le condizioni
iniziali per lo stato (28). Pertanto, la risposta all'impulso del circuito in esame vale:

h(t ) = (K +e

+t

+ K e

)u(t) .

(34)

Si assumano, ora, i seguenti valori per i parametri del circuito R=1, C=1F, L=1H. Le radici
dell'equazione algebrica caratteristica sono in questo caso complesse coniugate e valgono
6

= 10 ( 1 i) ,

(35)

e l'integrale generale dell'equazione (30) pu essere posto nella forma


6

v c (t) = Ae 10 t cos(106 t + )
Per

determinare

due costanti
v c (0 ) e dv c / dt t= 0 + . Esse valgono
+

le

v c (0 ) = 10 ,

dvc
dt

di

( t 0+ ) .
integrazione

12

= 2 10 .

(36)

Ae

c'

bisogno

di

imporre

(37)

t= 0

Imponendo alla (36) le condizioni iniziali (37), si ottiene il sistema di equazioni per le due costanti di
integrazione A e ,

A cos() = 106 ,
A cos() + A sin() = 210 6 .

(38)

Risolvendo il sistema (38), si ha:


6

A = 210 , = / 4.

(39)

345

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In definitiva, la risposta allimpulso di Dirac di ampiezza unitaria vale, per il caso in esame:
6 10 6 t

h(t ) = [ 210 e

cos(10 t + / 4)]u(t ) .

(40)

Se la grandezza di uscita fosse diversa da quelle di stato, ad esempio la corrente nel condensatore
oppure la corrente nel resistore che collega il condensatore allinduttore, allora, bisognerebbe
determinare prima levoluzione delle grandezze di stato e poi usando il circuito resistivo associato
determinare la grandezza di interesse. Ad esempio si assuma come grandezza di uscita la corrente
i=i(t) che circola nel resistore (figura 9). Applicando la prima legge di Kirchhoff si ha

i(t ) = i L (t) (t) .

(41)

La corrente che circola nell'induttore uguale a zero per t<0 e per t>0 legata alla tensione del
condensatore tramite l'equazione

i L = C

dv c vc

.
dt
R

(42)

La (42) stata ottenuta dalla prima equazione del sistema (29). Sostituendo nella (42) l'espressione
(31), si ottiene:

i L = (C + +

1
1
)K+ e + t (C + )K e t per t > 0 .
R
R

(43)

Pertanto la risposta all'impulso vale:

h(t ) = [ (C + +

1
1
)K +e + t + (C + )K e t ]u(t) (t) .
R
R

(44)

Quando l'uscita non una variabile di stato, la risposta all'impulso pu contenere un impulso di
Dirac, applicato all'istante t=0.
La procedura che stata descritta generale e pu essere usata per qualsiasi circuito. Si consideri
un circuito con N c condensatori e N L induttori (quindi l'ordine del circuito n = N c + N L ).
Procedura per determinare la risposta impulsiva di un circuito
Passo 1.

Si determini il contributo del generatore impulsivo alle correnti nei condensatori e alle
tensioni degli induttori, risolvendo il circuito resistivo ottenuto sostituendo a ogni
condensatore un corto circuito e a ogni induttore un circuito aperto.

Passo 2.

Si determinino i valori delle tensioni dei condensatori e delle correnti negli induttori
+

all'istante t = 0

usando le loro equazioni caratteristiche e i risultati del passo 1 (le

tensioni dei condensatori e le correnti negli induttori sono identicamente nulle per

t 0 ).
Passo 3.

Si risolva il circuito in evoluzione libera a partire dall'istante t = 0 con le condizioni


iniziali per le grandezze di stato determinate al passo precedente.

9.3.2 Propriet della risposta all'impulso di Dirac

346

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Se la grandezza di uscita una variabile di stato, allora la risposta all'impulso h(t) non contiene
funzioni singolari, invece dh/dt pu contenere un impulso applicato all'istante t=0, come richiesto
dalle equazioni circuitali. Per t>0 la risposta all'impulso soluzione dell'equazione omogenea, e
quindi pu essere espressa attraverso gli n modi naturali di evoluzione del circuito. Supponendo, per
semplicit (e anche perch il caso pi significativo), che tutte le frequenze naturali del circuito
siano distinte, si ha
n

ht

h(t ) = Kh e
h =1

t > 0.

(45)
+

Le costanti K h dipendono dal valore delle grandezze di stato all'istante t = 0 . Poich, per t<0 il
circuito nello stato di riposo, e poich h(t) non include funzioni singolari, si pu scrivere (per ogni
t)

n
t
h(t ) = Kh e h u(t) .
h=1

(46)

Nel caso in cui l'uscita non sia una grandezza di stato, la risposta all'impulso potrebbe includere un
impulso applicato nell'origine,

n
t
h(t ) = Kh e h u(t) + k 0(t) .
h=1

(47)

dove k0 una costante. La risposta all'impulso include anche un impulso del primo ordine quando
l'ingresso la tensione del condensatore (rispettivamente, la corrente dell'induttore) e l'uscita la
corrente nel condensatore (rispettivamente, la tensione dell'induttore).
Si assuma che l'uscita del circuito sia una grandezza di stato. Allora facile verificare che, esiste
sempre una costante K positiva tale che:

h(t) Ket

0 t < + (per t < 0 h(t) = 0) ,

(48)

dove la costante data da

= max (Re{ h }) .
h=1,n

(49)

Se il circuito passivo, tutte le frequenze naturali sono a parte reale non positiva, 0 e la
risposta all'impulso limitata per ogni t. Se il circuito contenesse elementi lineari attivi, il circuito
potrebbe avere frequenze naturali a parte reale positiva e quindi >0; in questi casi la risposta
all'impulso divergerebbe con legge esponenziale per t . Invece la risposta impulsiva di un
circuito dissipativo limitata per ogni t e tende asintoticamente a zero per t , perch tutte le
frequenze naturali sono a parte reale minore di zero (e quindi deve essere <0).
Osservazione
Da queste propriet si intuisce che l'integrale improprio (10) certamente convergente se il
circuito dissipativo e l'ingresso limitato; nel caso in cui il circuito fosse stabile ma non
asintoticamente stabile, allora la convergenza assicurata solo nel senso delle distribuzioni.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

347

Se luscita non fosse una grandezza di stato, la risposta allimpulso potrebbe contenere funzioni
impulsive applicate nell'origine e la (48) potrebbe non essere verificata in t=0; in questi casi la (48)
verificata per t 0 .
9.3.3 Risposta al gradino unitario
Si consideri un circuito lineare inizialmente a riposo, sollecitato con una sorgente (di tensione o di
corrente) a gradino unitario applicata all'istante zero. La risposta del circuito a un ingresso di questo
tipo prende il nome di risposta al gradino unitario e viene indicata con g=g(t).
Per la linearit e la tempo-invarianza del circuito, la risposta h (t) all'impulso rettangolare

(t) si pu esprimere come


h (t) =

g(t + / 2) g(t / 2)
.

(50)

Considerando, ora, il limite per 0 della (50), si ottiene 6

h(t ) =

dg
,
dt

(51)

ovvero la risposta alla funzione impulsiva unitaria coincide con la derivata della risposta alla
funzione gradino unitario.
Esempio
Si calcoli la risposta all'impulso unitario del circuito rappresentato in figura 11a, utilizzando la
risposta al gradino unitario. L'ingresso la corrente imposta dal generatore di corrente e l'uscita la
corrente h(t) che circola nel condensatore. Per determinare h(t) attraverso la relazione (51), bisogna
determinare la risposta alla funzione a gradino unitario. Per questo motivo bisogna risolvere il
circuito in evoluzione forzata rappresentato in figura 11b. Si assumano i seguenti valori per i
parametri del circuito: R=10, C=1F, L=1H.

Figura 11
Le equazioni caratteristiche dei bipoli a memoria sono

dv c
= g,
dt
di
L L = v L.
dt
C

6 In questo caso loperazione di derivata va intesa nel senso della teoria delle distribuzioni.

(52)

348

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Per determinare le equazioni di stato del circuito di figura 11b, bisogna esprimere la corrente nel
condensatore e la tensione dellinduttore in funzione delle grandezze di stato v c e i L . In questo caso
ci pu essere fatto per ispezione diretta del circuito. Si ha per < t < +

dv c
v
= c i L + u(t),
dt
R
di
L L = vc .
dt
C

(53)

Per t<0 le grandezze di stato sono tutte nulle. Essendo il generatore a gradino limitato, le grandezze
di stato sono continue nell'intorno di t=0 e quindi si ha:
+

v c (0 ) = 0,

(54)

i L (0 ) = 0.
+

Per t 0 , le equazioni di stato (53) diventano:

dv c
v
= c i L + 1,
dt
R
di L
= vc .
L
dt

(55)

Le (55) devono essere risolte con le condizioni iniziali (54). Siccome bisogna calcolare la corrente
nel condensatore, conviene ridurre il sistema (55) all'equazione scalare per la tensione del
condensatore

d 2 vc
1 dvc
1
+
vc = 0 .
2 +
dt
RC dt
LC

(56)

Le frequenze naturali, nel caso in esame, sono complesse coniugate e valgono

5 10 4 i106 ,

(57)

e l'integrale generale
4

v c (t) = Ae 510 t cos(106 t + )

( t 0+ ) .

(58)
+

Per determinare le due costanti di integrazione A e bisogna imporre v c (0 ) e dv c / dt t= 0 + . Esse


valgono
+

v c (0 ) = 0,
dv c
6
= 10 .
dt t =0

(59)

La seconda delle (59) stata ottenuta utilizzando la prima delle (55) e le condizioni iniziali per lo
+

stato all'istante t = 0 . Imponendo alla (58) le condizioni iniziali (59), si ottiene il sistema di
equazioni per le due costanti di integrazione A e

A cos() = 0,
5 10 4 A cos() + 10 6 A sin() = 10 6 ,

(60)

349

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

e quindi deve essere

A = 1,
= / 2.

(61)

Poich per t<0 il circuito nello stato di riposo, si pu scrivere (per ogni t)
4

v c (t) = u(t)e 410 t sin(106 t) .

(62)

La risposta g(t) al gradino unitario vale:

g(t) = C

dvc
,
dt

(63)

cio
4

g(t) = e410 t [ cos(10 6 t) 4 102 sin(106 t ) ]u(t ) + e 410 t sin(10 6 t)(t)


4

= e 410 t [ cos(10 6 t) 4 102 sin(106 t )]u(t).

(64)

Pertanto la risposta all'impulso vale

h(t ) =

dg d 410 4 t
= {e
[cos(106 t) 4 10 2 sin(10 6 t)]u(t )},
dt dt

(65)

e dopo qualche manipolazione si ottiene


6

h(t ) [10 e

410 4 t

sin(10 t)]u(t) + (t) .

(66)

In questo caso la risposta all'impulso contiene un impulso di Dirac centrato nell'istante t=0.
Sostituendo la (66) nell'integrale di convoluzione (10) si ottiene:
t+

6 410 4 (t )

v(t) j(){10 e
=

sin[10 (t )] + (t )}dt

4
t+
10 6 j(){e 410 ( t ) sin[106 (t )] }dt +

(67)

j(t)

Al termine impulsivo della risposta all'impulso corrisponde il termine j(t) nella risposta v(t).

9.4 Trasformata di Laplace


La trasformata di Laplace una generalizzazione del concetto di fasore che abbiamo introdotto nel
Capitolo precedente. La trasformata di Laplace associa una funzione di variabile complessa, F(s), ad
un'assegnata funzione del tempo f(t). La variabile s una variabile complessa; indichiamo con la
parte reale e con la parte immaginaria,

s = + i .

(68)

La variabile s pu essere rappresentata sul piano complesso: la coordinata lungo l'asse reale e
la coordinata lungo l'asse immaginario.

350

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il metodo fasoriale consente di ricondurre lanalisi di un circuito in regime sinusoidale alla


risoluzione di equazioni algebriche lineari. Si dimostrer che l'analisi di un circuito lineare e tempoinvariante, in una generica condizione di funzionamento, pu essere ricondotta, ancora, alla
risoluzione di un sistema di equazioni algebriche (e lineari) se si usa la trasformata di Laplace.
La trasformata di Laplace d'importanza cruciale nella relazione tra il comportamento nel
dominio del tempo ed il comportamento nel dominio della frequenza dei circuiti lineari e tempoinvarianti.
9.4.1 Trasformata di Laplace bilatera
Nello studio dei circuiti in evoluzione forzata, (le grandezze circuitali sono definite naturalmente
per < t < + ), possibile usare la trasformata bilatera di Laplace per algebrizzare le
equazioni circuitali.
- Definizione
Sia assegnata una funzione del tempo f(t) definita per < t < + ; si formi il prodotto f(t)e

s t

e si integri da < t < + ,


+

F(s) = f(t)e

st

dt .

(69)

Nell'integrale (69) t la variabile di integrazione e la funzione f(t)e

s t

integrata tra

e + ; l'integrale dipende esclusivamente dalla funzione del tempo f(t) e dal valore della
variabile complessa s. La funzione F(s) definita dalla (69) detta trasformata di Laplace bilatera
della funzione del tempo f(t); s detta pulsazione complessa.
L'operazione definita dalla (69) pu essere indicata sinteticamente in questa maniera:
LII

F(s) = LII {f(t)} , ovvero con il simbolo f(t) F(s) .

(70)

Come si discuter in seguito, l'operazione inversa (antitrasformata di Laplace), che consente di


ottenere la funzione f(t) nel dominio del tempo a partire dalla corrispondente funzione nel dominio s,
indicata con:

LII1

f(t) = LII {F(s)} , ovvero con il simbolo F(s) f(t) .

(71)

- Propriet di convergenza
L'integrale (69) un integrale improprio. L'insieme dei valori di s per cui l'integrale (69) converge
si dice regione di convergenza di F(s). Non tutte le funzioni definite per < t < + ammettono
una trasformata di Laplace bilatera: per esempio, e

t2

cresce cos rapidamente per t che non

esiste alcun valore di s per cui l'integrale (69) sia finito.


La regione di convergenza della trasformata bilatera di una funzione f(t) per la quale esistono
delle costanti reali M>0, t* (t* deve essere finito) e tali che

M exp(t) t t * ,
f(t)
*
Mexp(t) t t ,

(72)

351

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

l'insieme S dei valori di s per i quali 7

Re{s } > e Re{s } < .

(73)

Infatti, possibile scrivere


+

F(s ) = f(t)e
t*

L'integrale e

( )t

s t

dt f(t) e

t*

( )t

dt M e

( )t

dt + t * e

dt .

(74)

dt converge se = Re{s } < e l'integrale t* e ( ) t dt converge se

= Re{s } > , quindi i valori di s per i quali entrambi i termini convergono sono quelli che
verificano la relazione (73).
Le principali propriet di convergenza della trasformata di Laplace bilatera sono le seguenti:
-

Se , la regione di convergenza l'insieme vuoto e l'integrale (69) non converge, figura


12a;

se < , la regione di convergenza una striscia verticale del piano complesso (figura 12b e
12c), delimitata a destra dalla retta parallela all'asse immaginario passante per Re{s } = , e a
sinistra dalla retta parallela all'asse immaginario passante per Re{s } = ;

se la funzione f(t) uguale a zero per t<t* (figura 13a), allora = + e la regione di
convergenza il semipiano a destra della retta parallela all'asse immaginario e passante per
Re{s } = ;

se f(t) uguale a zero per t>t* (figura 13b), allora = e la regione di convergenza il
semipiano a sinistra della retta parallela all'asse immaginario e passante per Re{s } = ;

se f(t) uguale a zero all'esterno di un intervallo di tempo finito (figura 13c) e l'integrale (69)
converge per almeno un valore di s, allora la regione di convergenza coincide con l'intero
piano complesso;

nella regione di convergenza la funzione di variabile complessa F=F(s) analitica 8, cio non
contiene singolarit al suo interno 9, ma solo sulla frontiera.

Osservazione
La trasformata bilatera di Laplace di una funzione f(t) deve essere intesa come la funzione di
variabile complessa F(s) unitamente alla regione di convergenza dell'integrale (69), che per brevit
denoteremo con la sigla ROC (ROC sta per region of convergence).
7 Linsieme S pu essere indicato usando la notazione S = {s :Re{s} > e Re{s} < } .
8 Una funzione complessa di variabile complessa derivabile in tutti i punti di un dominio G del piano

complesso e con derivata continua in questo dominio, si dice analitica (regolare o olomorfa) nel dominio
G. Condizione necessaria e sufficiente per l'analiticit della funzione F ( s)= U(,)+i V( , ) nel dominio G
sono: (a) l'esistenza e la continuit in questo dominio delle derivate parziali delle funzioni U(,) e V(,);
(b) che siano verificate le condizioni di Cauchy-Riemann, cio U / = V / e U / = V / .
9 Un punto s di G si dice punto regolare della funzione F ( s) se esiste una serie di Taylor convergente,
0
che in un intorno di s 0 converge alla funzione F ( s) . I punti che non sono punti regolari della funzione F ( s) ,
si dicono suoi punti singolari. Evidentemente, se F ( s) analitica in una regione G, tutti i punti interni di
questo dominio sono punti regolari della funzione F ( s) ; alcuni punti della frontiera di G possono essere
singolari per F ( s) . Un punto singolare si dice isolato se nell'intorno di esso la funzione F ( s) a un solo
valore e analitica.

352

Figura 12

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In questi esempi stato assunto t*=0.

353

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 13 In questi esempi stato assunto t*=0.


- Esempi di trasformate
1. Sia

f(t) = e at u(t ) ,

(75)

con a costante complessa. Allora

1
+ (as)t
,
F(s) =
e
u(t)dt = 0+ e (as )t dt =
s a

ROC = {s: Re{ s } > Re{ a} }.

(76)

Se a=0, f(t) la funzione gradino unitario, la trasformata di Laplace vale 1/s e la ROC Re{s}>0.
2. Sia

f(t) = e at u(t) ,

(77)

con a costante complessa. Allora


+ (as)t
0 (a s )t
F(s) =
e
u(t)dt =
e
dt =

1
,
s a

ROC = {s: Re{ s } < Re{ a} }.(78)

Se a=0, f(t), a meno del segno, la funzione gradino unitario ribaltata, la trasformata di Laplace vale
1/s e la ROC Re{s}<0.
at

at

Si osservi che le trasformate di e u(t) e e u( t) differiscono solo per la regione di


convergenza. La funzione F(s) = 1 / (s a) analitica in tutto il piano complesso, eccetto nel punto

s = a , dove singolare: questo tipo di singolarit prende il nome di polo 10 della funzione F(s) . Per
Re{s }> Re{a}, 1 / (s a) la trasformata della (75), invece per Re{s }> Re{a}, 1 / (s a) la
trasformata della (77). Il polo s = a si trova sulla retta che separa le due possibili ROC di

1 / (s a) .
3. Sia

f(t) = e

k t

(79)

con k reale e positivo. Allora

4. Sia
Allora

5. Sia

10

2k
+ k t st
F(s) =
e
e dt = 2 2 ,
k s
f(t) = (t) .

ROC = {s: k < Re{s } < k }.

(80)
(81)

+
F(s) =
(t )e s t dt =1, ROC s .

(82)

f(t) = (t) .

(83)

I punti singolari isolati possono essere di tre tipi. Un punto singolare s 0 si dice punto singolare
eliminabile se, la funzione limitata nell'intorno del punto singolare isolato: lo sviluppo in serie di Laurent di
F ( s) nell'intorno di s 0 non contiene potenze negative di ( s s0 ) . Un punto singolare s 0 si dice polo della
funzione F ( s) se, nel tendere a un punto singolare la funzione tende, in modulo, all'infinito
indipendentemente dal modo in cui il punto s tende a s 0 : lo sviluppo in serie di Laurent di F ( s) nell'intorno
di s 0 contiene un numero finito di termini con potenze negative di ( s s0 ) . Un punto singolare s 0 si dice
punto singolare essenziale della funzione F ( s) se, al tendere al punto singolare la funzione non ha limite
(scegliendo diverse successioni di punti convergenti al punto s 0 , si ottengono successioni di valori della
funzione F ( s) convergenti a limiti diversi): lo sviluppo in serie di Laurent di F ( s) nell'intorno di s 0 contiene
un numero infinito di termini con potenze negative di ( s s0 ) .

354
Allora

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


+

F(s) = (t)e

s t

dt =

+ /2

/2

(t)e

st

dt = (e

s /2

s /2

) /s,

ROC s .

(84)

Le ultime due trasformate sono analitiche in tutto il piano complesso. Nella tabella I sono riportate le
trasformate di Laplace bilatere di funzioni elementari.
Tabella I. Trasformate di Laplace bilatere di funzioni elementari

f(t)

Trasformata L{f(t)}

ROC

(t)

1
1
s
1
s
1

u(t)
u(t)
t n 1
u(t)
(n 1)!
n 1
t

u( t)
(n 1)!
e a tu(t)
at

e u(t)

s
1
sn
1
sa
1
sa
1

t n 1 a t
e u(t)
n
(n 1)!
(s a)
n 1
1
t
e a t u( t)

(n 1)!
(s a)n
(t T)
e sT
s
[ cos( 0 t)]u(t)
2
s + 20
s
[cos( 0 t)]u(t)
2
s + 20
0
[ sin( 0 t)]u(t )
s 2 + 20
0
[sin( 0 t)]u(t)
2
s + 20
s
t
[ e cos( 0 t)]u(t)
(s )2 + 20
0
t
[ e sin( 0t)]u(t)
(s )2 + 20

Re{ s } > 0
Re{ s } < 0
Re{ s } > 0
Re{ s } < 0
Re{ s } > Re{ a}
Re{ s } < Re{ a }
Re{ s } > Re{ a}
Re{ s } < Re{ a}
s
Re{ s } > 0
Re{ s } < 0
Re{ s } > 0
Re{ s } < 0
Re{ s } >
Re{ s } >

Tabella II. Trasformate di Laplace nellambito della teoria delle distribuzioni.

355

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

f(t)

Trasformata L{f(t)}

2(is)

(is 0 )

(is 0 ) + (is+ 0 )

i 0 t

cos( 0 t)

ROC

-Legame con la trasformata di Fourier


Se la regione di convergenza include al suo interno l'asse immaginario, cio <0 e >0, allora

F(s = i ) esiste ed uguale alla trasformata di Fourier della funzione f(t),


+

F(s = i ) = F() = f(t)e

it

dt .

(85)

Questa corrispondenza potrebbe non essere vera, qualora l'asse immaginario fosse sulla frontiera
della regione di convergenza. Infatti, la trasformata di Laplace di u(t) uguale a 1/s con ROC
Re{s}>0; la trasformata di Fourier di u(t) uguale a () + 1 / i 11 .
Nell'ambito della teoria delle distribuzioni esistono, anche, le trasformate di Laplace bilatere delle
i t
funzioni f(t) = 1, f(t) = e 0 e f (t) = cos( 0 t) , definite sull'intervallo (, +) , se Re{s } = 0 ,
Tabella II.

In questi casi la regione di convergenza si riduce al solo asse immaginario e la

trasformata bilatera di Laplace coincide con la trasformata di Fourier.


- Antitrasformata di Laplace
possibile dimostrare che la trasformata inversa di Fourier

12,

opportunamente modificata, d un

integrale nel piano complesso con un cammino di integrazione lungo una retta r parallela all'asse
immaginario (cammino di

Bromwich), che esprime f(t) in funzione di F(s); la retta

deve

appartenere alla regione di convergenza di F(s). In particolare si ha che, se F(s) la trasformata di


Laplace di una funzione regolare a tratti f(t), con regione di convergenza < Re{s }< , allora

f(t) =

1 0 +i
st
F(s)e ds
2 i 0 i

< 0 < .

(86)

L'integrale (86) prende il nome di integrale di Bromwich e il suo valore indipendente dal valore
scelto per 0 , purch sia nella regione di convergenza della trasformata. (L'integrale (86) converge
alla funzione f(t) solo nei punti di continuit di questa funzione.) Pertanto, per potere antitrasformare
bisogna assegnare non solo la funzione F(s), ma anche la sua regione di convergenza, altrimenti la
f(t) non univocamente determinata 13.

11

La trasformata di Fourier di u(t) esiste solo nel senso della teoria delle distribuzioni.

12

La trasformata inversa di Fourier della funzione F() f ( t) =

1 +
i t
F() e d . Questa problematica
2 i

trattata nel corso di Metodi Matematici per l'Ingegneria.


13 Se la funzione F ( s)0 per s indipendentemente dalla direzione, ed analitica ovunque eccetto che
in un numero finito di punti singolari isolati s 1, s2 , ..., sm d a destra della regione di convergenza di F(s) e
s md +1 , sm d +2 , ..., smd + m s a sinistra della regione di convergenza, allora l'integrale (86) pu essere calcolato

356

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Nelle applicazioni circuitali di interesse non necessario ricorrere all'integrale (86) per
determinare l'antitrasformata, ma sufficiente l'uso della Tabella I.
-Propriet della trasformata bilatera di Laplace
1. Propriet di unicit della trasformata bilatera
La trasformata di Laplace definita dalla (69) stabilisce una corrispondenza biunivoca tra
le funzioni del tempo f(t), definite nellintervallo (, +) , e le funzioni di variabile
complessa F(s) con le loro regioni di convergenza.
Infatti, se fosse LII {f 1 (t) } = F(s) s D1 , LII {f 2 (t)} = F(s) s D2 e le due regioni di
convergenza avessero una parte in comune D ( D1 D2 = D ), si avrebbe LII {f 1 (t) f 2 (t)} = 0
in D. Allora usando lintegrale di Bromwich con un cammino r D , si avrebbe f 1 (t) = f 2 (t)
dappertutto, eccetto che in un numero finito di punti. possibile avere f 1 (t) f 2 (t) , pur essendo

LII {f 1 (t) } = F(s) e LII {f 2 (t) } = F(s) , se le regioni di convergenza delle due trasformate hanno
intersezione vuota ( D1 D2 = ). Nella tabella I sono riportati molti esempi di questo tipo; ad
esempio, 1/(s-a) pu essere la trasformata di Laplace bilatera di due funzioni del tempo distinte, a
seconda della regione di convergenza.
Questa propriet fondamentale ed di estrema utilit: essa consente di trasformare un problema
nel dominio del tempo in un problema nel dominio s, di risolverlo nel dominio s e di riportare quindi
la soluzione nel dominio del tempo. L'unicit assicura che la procedura fornisce la soluzione del
problema originale: la funzione f(t) che ha la trasformata bilatera di Laplace F(s) con

ROC = {s: < Re{s} < }, ottenuta risolvendo il problema nel dominio s, unica, ed la
soluzione del problema nel dominio del tempo.
2. Propriet di linearit
Siano

L II { f 1 (t )} = F1 (s)

s D1 ,

(87)

L II { f 2 (t)} = F2 (s) s D2 ,
allora per qualsiasi coppia di costanti (reali o complesse) c1 e c2 si ha

LII {c1f 1 (t ) + c 2 f 2 (t )} = c1 F1 (s) + c2 F 2 (s) s D D1 D2 .

(88)

La dimostrazione semplice ed basata sulla propriet di linearit dell'integrale (69).


3. Regola di derivazione

st

attraverso i residui Res[ F( s) es t ,s k ] della funzione analitica F ( s)e nei punti singolari isolati s k di F(s). Si ha
md
m +m s
Res [F (s) e s t ,s h ] + u(t ) h=dm d +1
Res [F ( s)e s t ,sh ] .
f ( t) = u( t) h =1
I punti singolari isolati a destra della ROC determinano landamento della f(t) per t<0, mentre quelli a sinistra
determinano l'andamento della f(t) per t>0. A questo punto evidente l'importanza della regione di
convergenza nelle operazioni di antitrasformazione.

357

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Sia

LII {f(t)} = F(s)

s D,

(89)

allora
L II {df / dt} = sF(s) s Dd D .

(90)

Impiegando lintegrazione per parti si ha


+

+ s f(t)e s t dt = s F(s ) ;
LII { df / dt } = (df / dt)e s t dt = lim f(t)e s t
T
T

il termine lim f(t)e


T

st T
T

(91)

uguale a zero se s appartiene alla regione di convergenza della F(s) .

4. Teorema della convoluzione


Siano

L II { f 1 (t )} = F1 (s) s D1 ,
L II { f 2 (t)} = F 2 (s) s D2 .

(92)

Allora la trasformata del prodotto di convoluzione data da

LII {f 1 (t)f 2 (t)} = F1 (s) F 2 (s) s D D1 D2 .

(93)

Pertanto, l'operazione di convoluzione nel dominio del tempo tra due funzioni equivale alla
moltiplicazione tra le rispettive trasformate nel dominio s. Il prodotto ordinario a destra della (93)
non dipende dall'ordine dei due fattori, dal momento che F 1 (s) F2 (s) = F 2 (s) F1 (s) ; di
conseguenza l'operazione di convoluzione nel dominio del tempo commutativa.
Esistono altre propriet della trasformata di Laplace bilatera; esse sono richiamate nella Tabella
III.
Tabella III. Propriet della trasformata di Laplace bilatera

358

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

f (t )

L II {f ( t}

ROC

x ( t)

X (s )

x1( t )
x 2 ( t)

X 1 ( s)
X 2 ( s)

D1
D2

a 1x 1 ( t) + a 2 x 2 ( t )
x (t t 0 )

a 1X 1( s) + a 2 X 2 (s ) D1 D 2
e st 0 X ( s)
D

es0 t x( t )

X (s s 0 )
1 s
X
a a

( s s 0 ) D

X 1 ( s) X 2 (s )

D1 D 2

sX ( s)

x ( at)

( s / a ) D

x 1 ( ) x 2 ( t ) d

dx
dt
tx ( t )
t

x ( ) d

x * ( t)

dX
ds
1
X (s )
s
X * ( s)

D
D{ Re{ s} > 0}
D

- Poli, zeri di una funzione razionale; decomposizione in fratti semplici.


Lanalisi di un circuito in evoluzione forzata attraverso la trasformata di Laplace conduce, come si
vedr, alla trasformata della variabile di uscita. Il passo successivo consiste nel passare dalla
trasformata di Laplace alla funzione del tempo corrispondente.
Nei circuiti a parametri concentrati le funzioni F(s) di interesse sono, come poi si vedr, tutte
quelle esprimibili come rapporti di polinomi a coefficienti reali. (le funzioni di interesse sono
meromorfe 14 in tutto il piano complesso.) Per antitrasformare queste funzioni sufficiente il metodo
della decomposizione in fratti semplici e l'uso delle Tabelle I, II e III.
Si supponga che F 0 (s) , sia la funzione razionale N 0 (s) / D 0 (s) , dove N 0 (s) e D 0 (s) sono
polinomi a coefficienti reali. Si fa inoltre l'ipotesi che N 0 (s) e D 0 (s) non abbiano fattori in comune.
A meno di un fattore di scala il polinomio a numeratore e quello a denominatore possono essere
specificati dalle rispettive radici. Le radici del polinomio N 0 (s) prendono il nome di zeri di F 0 (s) ,
perch in corrispondenza di esse F 0 (s) nulla; le radici del polinomio D 0 (s) sono i poli di F 0 (s) .
In generale si ha

14 Una funzione di variabile complessa F ( s) si dice meromorfa nel dominio D se, gli unici punti di
singolarit che possiede in D sono i soli poli. Le funzioni meromorfe in tutto il piano complesso sono le
funzioni algebriche razionali, esprimibili attraverso il rapporto di due polinomi.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

F 0 (s) =

N0 (s )
(s z1 )(s z 2 )...(s z m )
,
=k
D0 (s)
(s p1 )(s p2 )...(s pn )

359
(94)

dove m ed n sono, rispettivamente, il grado del numeratore e del denominatore, k una costante, e
z i i =1,...,n, pi i =1,...,m sono, rispettivamente, gli zeri e i poli di F 0 (s) . Pertanto F 0 (s) pu
essere assegnata, a meno del fattore costante k, mediante il diagramma degli zeri e dei poli nel piano
s.
Esempio
Si consideri la funzione razionale

F 0 (s) =

s 1
.
s(s + 3)

(95)

I poli di F 0 (s) sono p1 = 0 e p 2 = 3 ; c' un solo zero in s=1. Il diagramma poli-zeri illustrato in
figura 14. La funzione F 0 (s) analitica nel semipiano Re{s }< 3 , nella striscia 3 < Re{s } < 0
e nel semipiano Re{s }> 0 , quindi le possibili regioni di convergenza per F 0 (s) sono tre e sono
quelle indicate in figura 15 (la regione di convergenza non pu mai contenere la retta Re{s}=0 e/o la
retta Re{s}=3). A seconda della scelta della ROC si hanno altrettante possibili antitrasformate.
Per trovare tutte le possibili antitrasformate sviluppiamo F 0 (s) in fratti semplici

F 0 (s) =

1/3
4/ 3
+
,
s
(s + 3)

(96)

e poi antitrasformiamo termine a termine con il vincolo che la ROC di ciascun termine abbia
intersezione non vuota con la ROC della F 0 (s) .
Il fratto semplice 1/s ha due possibili regioni di convergenza: Re{s }> 0 o Re{s } < 0 , (in s=0 c'
un polo). Il fratto semplice 1/(s+3) ha, anch'esso, due possibili regioni di convergenza:

Re{s }> 3 o Re{s } < 3 , (in s=3 c' un polo).


Si assuma come regione di convergenza della F 0 (s) la regione ROC1; utilizzando la propriet di
linearit e la Tabella I si ha

1
4
f 1 (t) = u(t) + e 3t u(t) ;
3
3

(97)

assumendo come regione di convergenza la regione ROC2 si ha

1
4
f 2 (t) = u(t) + e 3t u(t) ,
3
3

(98)

e assumendo come regione di convergenza la regione ROC3 si ha

f 3 (t) =

1
4
u( t) e 3 t u(t) .
3
3

(99)

Allora l'antitrasformata univocamente determinata solo se assegnata la regione di convergenza


della funzione F 0 (s) : la regione di convergenza di una data funzione o un dato o essa stessa
soluzione del problema in esame.

360

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 14

Diagramma poli (indicati con il simbolo ) e zeri (indicati con il simbolo ) di


F 0 (s) .

Figura 15

Possibili ROC per F 0 (s) .

Nel precedente esempio si fatto uso dello sviluppo in fratti semplici, della propriet di linearit e
della Tabella I per antitrasformare F 0 (s) . Tale tecnica certamente pi conveniente della procedura
di antitrasformazione diretta basata sull'integrale di Bromwich.
La procedura di antitrasformazione di una funzione F 0 (s) del tipo (94) , nel caso generale, la
seguente:
Si esprime F 0 (s) come somma di un polinomio e di una funzione razionale propria (cio il

1.

grado del denominatore maggiore del grado del numeratore):

F 0 (s) =

N0 (s )
R (s)
,
= Q0 (s) + 0
D0 (s)
D0 (s)

Q0 (s) il polinomio
( grado{R0 (s)} < grado{D 0 (s)} ).
dove

(100)
quoziente

R 0 (s )

il

polinomio

resto

La parte propria R 0 (s ) / D 0 (s) si sviluppa in fratti semplici, (si sta assumendo, per semplicit,
che tutti i poli di F 0 (s) siano distinti 15), cio

2.

n
R0 (s)
R (s)
Ai
=k n 0
=
,
D0 (s)
i=1 (s p i ) i =1(s pi )

(101)

dove i coefficienti dello sviluppo sono


15

Se, ad esempio, il polo p1 avesse molteplicit m 1 , si avrebbe la seguente decomposizione

n
R 0 (s) m1 A 1j
Ai
+
=
F 0 (s) =
j
D 0 (s) j=1 (s p 1 )
i= 2 (s p i )
1
d m1 j
m
A 1j =
[ (s p1 ) 1 F 0 ( s) ] s= p .
1
( m1 j) ! ds m1 j

dove

coefficienti

dello

sviluppo

sono

361

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Ah = k
3.

R0 (ph )
.
n
i=1 (p h pi )
i h

(102)

Si antitrasformano Q 0 (s) e i singoli fratti semplici. Lantitrasformata di Q 0 (s) unica, perch


il polinomio Q 0 (s) analitico in tutto il piano complesso: la regione di convergenza di Q 0 (s)
coincide con tutto il piano complesso (ed , quindi, l'unica possibile). Il generico termine di
Q0 (s) del tipo b h s h e si trasforma in un impulso di Dirac di ordine h di ampiezza b h ; in
particolare il termine costante si trasforma in un impulso di Dirac. Quando si antitrasforma il
generico fratto semplice 1/(spi) bisogna scegliere, fra le due possibili regioni di convergenza,

Re{s }> Re{pi } o Re{s } < Re{pi } , quella che non ha intersezione vuota con la ROC di
F 0 (s) .
9.4.2 Trasformata di Laplace monolatera
La trasformata di Laplace monolatera viene introdotta per studiare l'evoluzione di circuiti con
valori iniziali delle grandezze di stato diverse da zero. Per convenzione si assuma come istante

iniziale l'istante t = 0 (i circuiti che stiamo considerando sono tempo-invarianti).


- Definizione

Sia assegnata una funzione del tempo f(t) definita per 0 < t < + , si formi il prodotto f(t)e
e si integri da 0

s t

a + ,
+

F(s) = f(t)e s t dt .

(103)

La funzione F(s) definita dalla (103) detta trasformata di Laplace monolatera della funzione del
tempo f(t). L'operazione di trasformata di Laplace monolatera denotata con il simbolo LI , per cui si
scrive:
LI

F(s) = LI {f(t)} , ovvero con il simbolo f(t) F(s) .

(104)

L'operazione inversa , che consente di tornare alla funzione f(t) nel dominio del tempo a partire dalla
corrispondente trasformata di Laplace monolatera, indicata con:
LI 1

f(t) = LI {F(s)} , ovvero con il simbolo F(s) f(t) .

(105)

- Propriet di convergenza
Anche l'integrale (103) un integrale improprio. Come nel caso della trasformata bilatera, non

tutte le funzioni definite per 0 < t < + ammettono una trasformata di Laplace monolatera. La
regione di convergenza della trasformata monolatera di Laplace delle funzioni f(t), per le quali
esistono delle costanti reali M>0 e , tali che

f(t) M exp( t) t 0 ,

(106)

362

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

data da

Re{s } > .

(107)

La regione di convergenza della trasformata di Laplace monolatera sempre un semipiano a destra


di una retta parallela all'asse immaginario.
Le trasformate di Laplace monolatere delle funzioni elementari sono riportate nella Tabella IV. Si
osservi che, esse coincidono con quelle che si hanno applicando la trasformata bilatera alle funzioni
ottenute prolungando la funzione f(t) in modo tale che sia identicamente nulla per t<0.
Per la trasformata monolatera valgono ancora le propriet di unicit e di linearit.
Propriet di unicit della trasformata monolatera
La trasformata di Laplace definita dalla (103) stabilisce una corrispondenza biunivoca

tra la funzione del tempo f(t), definita nellintervallo (0 ,+ ) , e la corrispondente


trasformata di Laplace F(s).
Se fosse LI {f 1 (t) } = LI {f 2 (t)} = F(s) , allora per il teorema di Lerch dovrebbe essere

necessariamente 0 f 1 (t) f 2 (t) dt = 0 , cio f 1 (t) = f 2 (t) ovunque, eccetto che in un numero
finito di punti. Questa propriet garantisce l'unicit della antitrasformata monolatera. Pertanto, per
antitrasformare possibile usare direttamente la tabella delle trasformate IV.
La propriet di linearit identica a quella illustrata per la trasformata bilatera.
evidente che in questo caso per antitrasformare non c' bisogno di conoscere la regione di
convergenza. Per determinare l'antitrasformata di funzioni razionali si usano: lo sviluppo in fratti
semplici, le propriet della trasformata monolatera, in particolare quella di unicit e linearit, e la
Tabella IV.
Tabella IV Trasformate di Laplace monolatere di funzioni elementari.

363

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

f(t)

Trasformata LI{f(t)}

(t)

1
1
u(t)
s
n1
t
1
n
(n 1)!
s
1
ea t
s a
n1
t
1
ea t
n
(n 1)!
(s a)
(t T)
e sT
s
cos( 0 t)
2
2
s + 0
0
sin( 0 t)
2
s + 20
s
t
e cos( 0 t)
(s )2 + 20
0
e t sin( 0 t )
2
2
(s ) + 0
- Regola della derivazione
La regola della derivazione diversa da quella illustrata per la trasformata bilatera.
Sia
allora

LI {f(t)} = F(s ) Re{s }> ,

(108)

LI {df / dt } = sF(s) f(0 ) Re{s } > .

(109)

Infatti, impiegando l'integrazione per parti, si ha


+

LI { df / dt } = (df / dt)e s t dt = lim f(t)e s t + s f(t)e st dt = s F(s) f (0 ) .


0
0

Il termine lim f(T)e


T

s T

(110)

uguale a zero se s appartiene alla regione di convergenza della F(s) .

Solo quando f(0 ) = 0 , la propriet di derivazione della trasformata monolatera coincide con quella
della trasformata bilatera.
Per quanto riguarda il teorema di convoluzione, ricordiamo che il prodotto di convoluzione non

pu essere definito se entrambe le funzioni sono definite solo nell'intervallo (0 ,+ ) .

Se la funzione f(t) nulla per t = 0 , tutte le propriet della trasformata monolatera LI {f(t)}
coincidono con quelle della trasformata bilatera LII { f(t)} e si ha

LI {f(t)} = LII {f(t)} = L{f(t)} ,

(114)

364

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove la trasformata bilatera fatta prolungando la f(t) in modo tale da essere identicamente nulla per
t<0. Pertanto la trasformata bilatera di una funzione identicamente nulla per t 0

coincide con la

trasformata monolatera (queste funzioni vengono dette causali).

9.5 Analisi dei circuiti in evoluzione forzata tramite la trasformata bilatera di Laplace
Si consideri, ora, un circuito in evoluzione forzata, con n nodi e b lati, costituito da elementi
circuitali lineari e tempo-invarianti e da generatori indipendenti. Volendo studiare il suo
funzionamento nell'intervallo (, +) , si scrivano in primo luogo le equazioni che esprimono le
leggi di Kirchhoff. Esse sono:

h ()i h (t) = 0 per ogni nodo,


k ( )vk (t) = 0 per ogni maglia,

oppure
oppure

Ai(t) = 0 ,
B v(t) = 0 ;

(115)
(116)
T

A una matrice di incidenza ridotta, B una matrice di maglia fondamentale, i = (i 1,...,i b ) il


T

vettore rappresentativo delle correnti del circuito e v = (v1 ,..., vb ) il vettore rappresentativo delle
tensioni.
Supponiamo che ciascuna corrente e ciascuna tensione, naturalmente definite nell'intervallo

(, +) , siano trasformabili secondo Laplace

I h (s) = L II {i h (t)} h = 1, 2, ..., b ,


V h (s) = L II {v h (t)} h = 1, 2, ..., b .

(117)
(118)

Si noti che le regioni di convergenza delle trasformate delle correnti e delle tensioni non sono note a
priori, ma sono esse stesse incognite del problema. Per il momento si assuma che la loro intersezione
sia non vuota; tale ipotesi sar verificata a posteriori. Utilizzando la propriet di linearit della
trasformata di Laplace, dalle (115) e (116) si ottengono le equazioni:

h ()Ih (s) = 0 per ogni nodo,


oppure A I(s) = 0 ,
k ( )Vk (s) = 0 per ogni maglia, oppure B V(s) = 0 ;

(119)
(120)

I(s) = (I1 (s),...,I b (s))T il vettore rappresentativo delle correnti e V(s) = (V1 (s),...,Vb (s))T il
vettore rappresentativo delle tensioni nel dominio s.
evidente che, l'insieme delle trasformate delle correnti I1 (s),...,I b (s) , (rispettivamente, delle
tensioni V 1 (s),...,V b (s) ), verifica le equazioni di Kirchhoff per le correnti (119) (rispettivamente,
le equazioni di Kirchhoff per le tensioni (120)), perch l'insieme delle correnti i1 (t),...,i b (t) ,
(rispettivamente, delle tensioni v1 (t),...,v b (t) ), verifica la prima legge di Kirchhoff
(rispettivamente, la seconda legge di Kirchhoff). Inoltre per la propriet di unicit della trasformata
bilatera si ha che, le correnti i1 (t),...,i b (t) , (rispettivamente, le tensioni v1 (t),...,v b (t) ), verificano
la prima legge di Kirchhoff (115), (rispettivamente, la seconda legge di Kirchhoff (116)), se l'insieme
delle trasformate delle correnti I1 (s),...,I b (s) , (rispettivamente, delle tensioni V 1 (s),...,V b (s) ),
verifica le equazioni di Kirchhoff per le correnti (119), (rispettivamente, le equazioni di Kirchhoff
per le tensioni (120)).

365

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si considerino ora le equazioni caratteristiche degli elementi costituenti il circuito. Per semplicit
si assuma che il circuito sia costituito da solo bipoli; il metodo di analisi che verr descritto vale
anche se nel circuito ci sono elementi lineari a pi terminali, come i trasformatori ideali, i generatori
controllati, gli amplificatori operazionali (modello lineare), i giratori e gli induttori accoppiati.
Le equazioni caratteristiche dei bipoli lineari e tempo-invarianti sono:

v k (t) Ri k (t) = 0
dv k
i k (t) = 0
dt
di
v k (t) L k = 0
dt
C

resistori,
condensatori,

(121)

induttori,

e quelle dei generatori indipendenti sono:

v k (t) = e k (t)
i k (t) = j k (t)

generatore ideale di tensione,


generatore ideale di corrente.

(122)

Applicando le propriet della trasformata di Laplace bilatera, dalle (121) e (122) si ottengono
ulteriori equazioni per le trasformate delle correnti e delle tensioni (tante quanti sono i bipoli). Per i
bipoli lineari e tempo-invarianti esse sono

V k (s) RI k (s) = 0

resistori,

sCV k (s) Ik (s) = 0 condensatori,


V k (s) sLI k (s) = 0 induttori,

(123)

e per i generatori indipendenti esse sono

V k (s) = E k (s) = LII {e k (t )}


I k (s) = Jk (s) = LII {j k (t)}

generatore ideale di tensione,


generatore ideale di corrente.

(124)

Per converso, le (123) e (124) implicano, grazie alla propriet di unicit della trasformata,
rispettivamente, le (121) e (122). Le regioni di convergenza delle trasformate E k (s) delle tensioni
dei generatori indipendenti di tensione e delle trasformate J k (s) delle correnti dei generatori
indipendenti di corrente, determinano, come poi si vedr, la regione di convergenza di tutte le
correnti e le tensioni del circuito.
A questo punto utile riassumere attraverso il quadro descritto in Tabella V. In questa tabella sono
riportate le equazioni circuitali nel dominio del tempo e nel dominio s. Il simbolo sta a indicare
che le equazioni nel dominio del tempo implicano quelle nel dominio s e viceversa.
Le equazioni circuitali corrispondenti nel dominio s sono lineari e algebriche. Pertanto conviene
trasformare le equazioni circuitali lineari di tipo algebrico-differenziale del dominio del tempo nelle
corrispondenti del dominio s, risolvere le equazioni lineari algebriche nel dominio s e riportare
quindi la soluzione nel dominio del tempo, attraverso l'operazione di antitrasformata. L'unicit della
trasformata di Laplace bilatera assicura che la procedura fornisce la soluzione del problema
originale. L'unicit assicurata se e solo se nota la regione di convergenza delle trasformate delle
correnti e delle tensioni. La questione di come determinare tale regione, viene affrontata dopo.

366

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Tabella V Formulazione delle equazioni di un circuito lineare e tempo-invariante, in evoluzione


forzata, tramite la LII - trasformata.

dominio del tempo


i = (i1 ,...,i b )

dominio s

I = (LII {i1 (t )},..., LII {i b (t)})T

v = (v1 ,...,vb ) T

V = ( LII {v1 (t)},...,LII {v b (t) })T

A i(t) = 0

Bv(t) = 0

equazioni di Kirchhoff

vk R k i k = 0
C k dv k / dt i k = 0
v L di / dt = 0
k
k k

equazioni caratteristiche
bipoli lineari tempo-invarianti

equazioni caratteristiche
generatori ideali

vk = e(t)

i k = j(t)

Ai(s) = 0

B v(s) = 0
Vk (s) R k I k (s) = 0
(sC k )V k (s) I k (s) = 0
V (s) (sL )I (s) = 0
k
k k
Vk = E k (s)

I k = J k (s)

9.5.1 Circuito di impedenze operatoriali


Le equazioni circuitali nel dominio s ricordano il modello matematico di un circuito resistivo
lineare o di un circuito di impedenze (metodo simbolico). Si osservi che, le equazioni caratteristiche
dei bipoli lineari nel dominio s sono tutte dello stesso tipo, cio sono tutte riconducibili alla forma

V(s) = Z(s)I(s) ,

(125)

dove la grandezza Z=Z(s) indipendente sia dalla corrente I(s) che dalla tensione V(s), e vale

R per il resistore di resistenza R,


1
Z(s) =
per il condensatore di capacit C,
s
C
s L per l' induttore di induttanza L;

(126)

Z(s) prende il nome di impedenza operatoriale (o operatore di impedenza) del bipolo


corrispondente, Tabella VI.
Le equazioni circuitali trasformate possono essere interpretate come le equazioni di un circuito
analogo cos definito: (a) il grafo del circuito analogo coincide con il grafo del circuito in
evoluzione forzata in esame; (b) a ogni bipolo lineare corrisponde un bipolo analogo con impedenza
operatoriale corrispondente definita in base alla (126); (c) a ogni generatore di tensione indipendente
con tensione e k (t) corrisponde un generatore di tensione indipendente, con tensione E k (s) , e a
ogni generatore di corrente indipendente con corrente j k (t) corrisponde un generatore di corrente
indipendente, con corrente J k (s) . Il circuito analogo cos costruito prende il nome di circuito di
impedenze operatoriali; esso pu essere inteso come il corrispondente nel dominio s del circuito in
evoluzione forzata in esame nel dominio del tempo.
Tabella VI. Impedenze operatoriali dei bipoli elementari.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

367

Il modello matematico di un circuito di impedenze operatoriali, corrispondente a un circuito in


evoluzione forzata N, lo stesso modello che descrive il circuito di impedenze corrispondente al
circuito N allorch esso in regime sinusoidale, Tabella VII. Pertanto per le reti di impedenze
operatoriali valgono tutte le propriet illustrate per le reti di impedenze (teorema di Tellegen,
sovrapposizione degli effetti, teorema di Thevnin-Norton, teorema della reciprocit). Inoltre i
concetti di equivalenza, e le regole del partitore di corrente e di tensione e il concetto di N-polo e Mporte con le relative matrici di rappresentazione e propriet, sono estensibili senza alcuna difficolt.
Non valgono le propriet di non amplificazione e le propriet che da queste derivano.
L'impedenza operatoriale Z(s) di un generico bipolo lineare tempo-invariante, in evoluzione
forzata, il rapporto tra la trasformata della tensione V(s) e la trasformata della corrente I(s),

Z(s) =

V(s)
.
I(s)

(127)

L'impedenza dei bipoli lineari tempo-invarianti elementari sono date dalle (126). Per ottenere le
impedenze di bipoli costituiti da elementi circuitali elementari, spesso sufficiente applicare le
regole del parallelo, della serie e le trasformazioni stella-triangolo. L'inverso dell'impedenza
Y(s)=1/Z(s) prende il nome di ammettenza operatoriale del bipolo.
Tabella VII Rete di impedenze operatoriali.

368

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

AI = 0

BV = 0

equazioni di Kirchhoff

resistore
R
Vk Zk (s)I k = 0 equazioni caratteristiche Z k = 1 / sC condensatore
impedenze operatoriali
sL
induttore
V k = E k (s)

I k = J k (s)

equazioni caratteristiche
generatori indipendenti

9.5.2 Funzione di rete e sue propriet


Siccome vale la sovrapposizione degli effetti per i circuiti di impedenze operatoriali,
conveniente analizzarli considerando acceso un solo generatore per volta. In questo modo la
soluzione del problema ricondotta allo studio di un circuito in evoluzione forzata con un solo
generatore.

Figura 16

Il circuito in esame: l'ingresso E(s) e l'uscita V k (s) .

Si consideri un circuito di impedenze pilotato da un solo generatore indipendente, ad esempio di


tensione, come illustrato in figura 16. Per la linearit, qualsiasi corrente I j(s) (1 j b ), pu essere
rappresentata attraverso una espressione del tipo:

I j (s) = Yj (s)E(s) ,

(128)

e qualsiasi tensione V j (s) (1 j b ), attraverso una espressione del tipo:

V j (s) = K j (s)E(s) ,

(129)

dove Y j (s) , (grandezze omogenee con una ammettenza) e K j (s) (grandezze adimensionali), sono
indipendenti da E(s): esse dipendono solo dalle impedenze operatoriali del circuito e dal modo in cui
sono collegate. Per questa ragione Y j (s) e K j (s) sono dette funzioni di rete. La funzione di rete

Y1 (s) l'ammettenza equivalente vista dal generatore di tensione.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

369

Senza perdere di generalit, si supponga di essere interessati, ad esempio, al calcolo della sola
tensione V k (s) : la tensione E(s) pu essere considerata come grandezza d'ingresso e la tensione di
interesse V k (s) come grandezza d'uscita. Il rapporto tra l'ingresso V k (s) e l'uscita E(s)
indipendente dall'ingresso e dipende solo dal circuito N.
Questo rapporto detto funzione di trasferimento della tensione ed una particolare funzione di
rete. Da ora in poi si adotter la seguente definizione di funzione di rete o funzione di trasferimento:

funzione LII { risposta forzata }


,

di rete
LII { ingresso}

(130)

e verr indicata con H(s); nel caso in esame H(s) data da

H(s) =

Vk (s)
.
E(s)

(131)

Siccome H(s) non dipende dall'ingresso, essa pu essere interpretata, nel dominio s, come l'uscita
del circuito quando l'ingresso vale 1. Un ingresso unitario nel dominio s corrisponde ad un ingresso
impulsivo di ampiezza unitaria nel dominio del tempo, e quindi la funzione di rete H(s) proprio la
trasformata di Laplace della risposta all'impulso. D'altronde, applicando l'integrale di convoluzione
al circuito in esame, si ha
+

v k (t) = h(t )e()d ,

(132)

dove h(t) la risposta all'impulso di Dirac unitario, e(t) la tensione del generatore di tensione e
v k (t) la grandezza di uscita nel dominio del tempo. Applicando, ora, il teorema della
convoluzione all'integrale (132), si ottiene proprio la (131), dove

H(s) = LII {h(t)}.

(133)

La regione di convergenza di V k (s) contenuta nella regione del piano complesso ottenuta
dall'intersezione della regione di convergenza della funzione di rete H(s) con la regione di
convergenza della tensione E(s), che un dato del problema.

risposta funzione
LII

=
allimpulso di rete
Il risultato, che stato appena ottenuto, fondamentale per lo studio delle propriet della funzione
di trasferimento di un circuito. In particolare, questo risultato consente di risolvere il problema della
determinazione della regione di convergenza del circuito di impedenze, cio la regione di
convergenza delle trasformate delle correnti e delle tensioni del circuito in esame.
Nel 9.2 stato mostrato che la risposta impulsiva di un circuito , in generale, del tipo (per
semplificare la notazione si escluso che vi siano pulsazioni naturali coincidenti)

n
t
h(t ) = Kh e h u(t) + k 0(t) ,
h=1

(134)

370

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove 1  2  ..., n sono le frequenze naturali del circuito. Ricordiamo che, 1  2  ..., n
dipendono solo dai parametri dei bipoli lineari e da come sono connessi: esse non dipendono da quali
sono le grandezze di uscita. Al variare delle grandezze di ingresso, variano solo i coefficienti Ki per
i=0,1,..., n. Il coefficiente k0 uguale a zero se l'uscita una grandezza di stato. (Non stato preso in
considerazione il caso in cui l'ingresso coincida proprio con una grandezza di stato del circuito, ad
esempio, la corrente in un induttore o la tensione di un condensatore; in questo caso h(t) potrebbe
contenere anche un impulso di Dirac del primo ordine.) Trasformando la (134), si ottiene
+

( V) =


=1 V

+ N0 .

(135)

La regione di convergenza della funzione di rete H(s) l'intersezione delle regioni di convergenza
dei singoli termini della (135). La regione di convergenza del termine impulsivo coincide con tutto il
piano complesso; invece la regione di convergenza del generico termine

K he

ht

u t ,

(136)

s ` > 5H^ k `. Si ordinino le frequenze naturali in modo tale che


5H^ ` 5H^ `   5H^ ` , allora la regione di convergenza della funzione di rete H(s) il
1
2
n

il semipiano

5H^

semipiano del piano complesso definito da


5H^

s`>

PD[ 5H^

k =1 n

k ` = 5H^ 1 ` .

(137)

Pertanto, la regione di convergenza della funzione di rete di un generico circuito il semipiano a


destra della retta parallela all'asse immaginario e passante per il polo a parte reale pi grande.
52&

{H V } = ^s

5H^ V `

> PD[ 5H^ h ` = 5H^ 1 ` `


h =1 n


Dalla (135) segue che:


(a)

La generica funzione di rete di un circuito una funzione razionale (quindi meromorfa in tutto
il piano complesso)

H(s) =

N(s)
,
D(s)

(138)

dove N(s) e D(s) sono polinomi a coefficienti reali (si faccia l'ipotesi che N(s) e D(s) non
abbiano fattori in comune). Il polinomio D(s), a meno di un fattore moltiplicativo, coincide
con il polinomio caratteristico del circuito.
(b)

A meno di un fattore moltiplicativo, ogni funzione di rete pu essere assegnata attraverso i


suoi zeri e i suoi poli: i poli di una generica funzione di rete di un circuito sono uguali alle
pulsazioni naturali del circuito. In generale possibile esprimere H(s) come

H(s) =

N(s)
(s z1 )(s z 2 )...(s z m )
,
=k
D(s)
(s p1 )(s p2 )...(s p n )

(139)

dove

pi = i per i = 1,2,... n

(140)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(c)

371

e k una costante reale.


facile verificare che grado{N(s) } grado{D(s)} se k0 0. Nei casi in cui k0=0, si ha

grado{N(s) }< grado{D(s)}, e quindi le funzioni di rete sono funzioni razionali proprie
ogni volta che l'uscita coincide con una grandezza di stato del circuito. Nel caso in cui
l'ingresso coincida con una grandezza di stato, si ha grado{N(s) } [grado{D(s)} + 1] .
Osservazione
Ogni polo di H(s) una frequenza naturale, ma pu accadere che non tutte le frequenze naturali
siano poli della H(s), a causa delle cancellazioni zeri-poli. L'interpretazione fisica della
cancellazione la seguente. Per il circuito in esame pu accadere che: (a) il modo di evoluzione con
pulsazione naturale eccitabile dall'ingresso prescelto, ma non osservabile all'uscita prescelta; (b)
il modo non eccitabile dall'ingresso prescelto ma osservabile all'uscita prescelta; (c) il modo non
eccitabile dall'ingresso prescelto e non osservabile all'uscita prescelta.
- Regione di convergenza di un circuito di impedenze
La regione di convergenza di una funzione di rete non dipende dalla particolare uscita prescelta se
si escludono le cancellazioni zeri-poli. Pertanto, in un circuito di impedenze operatoriali con un solo
generatore, tutte le grandezze circuitali hanno la stessa regione di convergenza. Essa delimitata a
sinistra dalla retta parallela all'asse immaginario e passante per il polo di H(s) a parte reale pi
grande, e a destra dalla frontiera di destra della regione di convergenza di E(s), figura 17
(ovviamente stiamo supponendo che l'intersezione non l'insieme vuoto).
Se il circuito in esame dissipativo esso asintoticamente stabile, e quindi le pulsazioni naturali e
i poli di H(s) sono a parte reale negativa. In questo caso la regione di convergenza di H(s) contiene
l'asse immaginario. Invece nei casi in cui il circuito passivo ma non dissipativo, esso stabile (ma
non necessariamente asintoticamente stabile), e quindi alcuni poli di H(s), (al limite tutti), potrebbero
trovarsi sull'asse immaginario. In questo caso la regione di convergenza di H(s) il semipiano a
destra dell'asse immaginario e l'asse immaginario ne costituisce la frontiera. Nel caso in cui il
circuito fosse conservativo, tutti poli di H(s) si troverebbero sull'asse immaginario. Infine, se il
circuito contenesse elementi attivi, esso potrebbe essere instabile. In questo caso H(s) avrebbe poli a
destra dell'asse immaginario e la regione di convergenza un semipiano che non contiene l'asse
immaginario ed alla sua destra. In figura 18 sono illustrati degli esempi di diagrammi di poli di un
circuito asintoticamente stabile, figura 18a, di un circuito stabile, figura 18b, di un circuito
conservativo, figura 18c e di un circuito instabile, figura 18d.

372

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 17

Regione di convergenza della funzione di trasferimento(a), regione di convergenza


dellingresso (b) e regione di convergenza della risposta del circuito (c).

Figura 18

Esempi di diagramma di poli: circuito asintoticamente stabile (a), circuito stabile (b),
circuito conservativo (c) e circuito instabile (d).

Esempio
Si consideri il circuito in evoluzione forzata descritto in figura 19; il generatore di tensione
impone una tensione costante per t<0 uguale a 1 [V] e si spegne allistante t=0. Si determini la
tensione v(t) del condensatore usando il metodo della trasformata di Laplace.

Figura 19

Circuito in esame (a) e circuito di impedenze operatoriali corrispondente (b).

Prima di tutto bisogna costruire il circuito di impedenze operatoriali corrispondente. La


trasformata della tensione del generatore di tensione vale (si consulti la Tabella I):

E(s) =

1
s

ROC: Re{ s } < 0 .

(141)

373

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Al resistore corrisponde limpedenza Z=R, allinduttore corrisponde limpedenza Z=sL e al


condensatore corrisponde l'impedenza Z=1/(sC). Il circuito di impedenze illustrato in figura 19b.
L'incognita la tensione V(s) del impedenza operatoriale corrispondente al condensatore. Siccome le
tre impedenze operatoriali sono in serie e la tensione ai capi della serie nota, possibile applicare la
regola del partitore di tensione per calcolare V(s). Cos facendo, si ottiene:

1
(1 / LC)
sC
V(s) = E(s)
= E(s)
.
1
1
R

2
R + sL +
s+
s +
L
sC
LC

(142)

La regione di convergenza di V(s) contenuta nella regione ottenuta dall'intersezione della regione
di convergenza di E(s) con la regione di convergenza della funzione di rete

H(s) =

(1/ LC)
,
1
2 R
s +
s+
L
LC

(143)

che nel caso in esame vale:

2 1012
2 1012
,
=
H(s) = 2
s + 210 6 s + 2 1012 (s p+ )(s p )

(144)

p = 106 (1 i) .

(145)

dove:

La regione di convergenza di H(s) data da

Re{s }> Re{p + } = 106 .

(146)

Allora la regione di convergenza di V(s) la striscia del piano complesso definita da

106 < Re{s }< 0 .

(147)

Una volta determinata la regione di convergenza di V(s), per antitrasformare (usando la Tabella
I), c' bisogno di decomporre V(s) in fratti semplici. Nel caso in esame V(s) ha tre poli, due sono
p = 106 (1 i) e l'altro il polo nell'origine dovuto a E(s). Decomponendo in fratti semplici, si
ottiene:

V(s) =

2 1012
A
A+
A
,
= +
+
s(s p+ )(s p ) s s p+ s p

(148)

dove

A = 1, A+ = (1 i) / 2 =

2 i /4
2 i /4
e
, A = A*+ = (1 + i) / 2 =
e . (149)
2
2

Ora bisogna antitrasformare i singoli termini della (148) usando la Tabella I, prestando attenzione
alla scelta della regione di convergenza. Il fratto 1/s ha due possibili regioni di convergenza, Re{s}<0
o Re{s}>0. Tra queste due bisogna scegliere quella che ha intersezione non vuota con la regione di

374

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

convergenza di V(s) data dalla (147), e quindi deve essere Re{s}<0. Pertanto lantitrasformata del
termine 1/s

L1
II {1 / s } = u(t ) .

(150)

A + / (s p+ )
ha
due
possibili
regioni
di
convergenza,
Re{s }> Re{p + } oppure Re{s } < Re{p+ }. Tra queste due bisogna scegliere quella che ha
intersezione non vuota con la regione di convergenza di V(s) e quindi Re{s }> Re{p + } . Pertanto
l'antitrasformata del termine A + / (s p+ )

Il

fratto

p+t
u(t ) .
L1
II {A + / (s p+ )} = A + e

(151)

Analogamente per il fratto A / (s p ) , l'antitrasformata vale


pt
L1
II {A / (s p )} = A e u(t) .

(152)

La tensione del condensatore nel dominio del tempo si ottiene combinando le (150), (151) e (152);
essa vale

v(t) = u(t) + 2u(t )e

106 t

cos(10 t / 4) .

(153)

v(t) continua ovunque, perch una grandezza di stato e il generatore limitato.


Esempio
interessante considerare, ora, il caso in cui nel circuito di figura 19 la tensione e(t) vale

e(t ) = u(t) ; per t<0 il circuito nello stato di riposo e all'istante t=0 viene applicata una tensione
costante pari a 1. La trasformata della tensione applicata

L II { e1(t)} =

1
ROC = { s: Re{s } > 0} .
s

(154)

L'espressione analitica della V(s) la stessa del caso precedente, cambia solo la regione di
convergenza: V(s) data ancora dalla (148) e i coefficienti dell'espansione dalla (149). In questo
caso essa l'intero semipiano a destra dell'asse immaginario, e quindi l'antitrasformata vale

v1 (t) = u(t) + 2u(t )e

106 t

cos(10 t / 4) ;

(155)

la tensione del condensatore uguale a zero per t<0 e tende asintoticamente a 1 per t . Nel caso
precedente era uguale a 1 per t<0 e tendeva asintoticamente a zero per t . L'esempio appena
svolto fa capire come sia importante determinare correttamente la regione di convergenza del
circuito di impedenze operatoriali in esame.
Esempio
Si consideri, ora, il circuito del primo ordine in evoluzione forzata descritto in figura 20; il
generatore di tensione impone una tensione costante per t<0 uguale a 1, e una tensione sinusoidale
per t>0 con ampiezza uguale a 1 e pulsazione uguale a 1000. Si determini la tensione v(t) del
condensatore usando il metodo della trasformata di Laplace.

375

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 20

Circuito in esame (a) e circuito di impedenze operatoriali corrispondente (b).

Prima di tutto bisogna costruire il circuito di impedenze operatoriali corrispondente. In questo


caso la tensione applicata attraverso il generatore di tensione costituita da due termini. La
trasformata del termine u(-t) vale (si consulti la Tabella I):

E1 (s) =

1
s

ROC = { s: Re{ s } < 0 },

(156)

e la trasformata del termine u(t)sin(1000t) vale

E 2 (s) =

1000
2

(s + 10 )

ROC = {s: Re{ s } > 0 }.

(157)

Figura 21
Siccome le regioni di convergenza di E 1 (s) e E2 (s) non si intersecano, i loro contributi
dovrebbero essere determinati separatamente, considerando i due circuiti di impedenze operatoriali
illustrati in figura 21. In realt ci non necessario, basta solo mantenere distinti i due contributi
nell'espressione della tensione V(s) da determinare.
Applicando il partitore di tensione al circuito di impedenze operatoriali illustrato in figura 20b, si
ottiene

103
1 / RC
=
.
V(s) = E1 (s)H(s) + E 2 (s)H(s), H(s) =
s + 1/ RC s + 103

(158)

La regione di convergenza della funzione di rete H(s)

Re{s }> 103 ,

(159)

e quindi le regioni di convergenza dei termini V1 (s) = E 1 (s)H(s) e V2 (s) = E 2 (s)H(s) sono:

V1(s) ROC1 = {s:10 3 < Re{s } < 0 },


V2 (s) ROC2 = {s: 0 < Re{s }}.

(160)

376

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Per antitrasformare bisogna decomporre V1 (s) e V2 (s) in fratti semplici,

V1(s) =

1
1
103
=

+
,
s (s + 103 )
s(s+ 10 3 )

1 103 s
1
106
.
=

V2 (s) =
(s+ 103 )(s 2 + 10 6 ) 2 (s 2 + 106 ) (s+ 103 )

(161)

Antitrasformando le (161) con le regioni di convergenza (160), si ottiene la tensione v(t)

v(t) = u(t) +

1
u(t)[3e 1000t cos(1000t) + sin(1000t)] .
2

(162)

La tensione del condensatore costante per t<0 ed uguale a 1. Per t>0 c' un transitorio dovuto
alla modifica della sorgente avvenuta all'istante t=0. Per t+ il circuito in regime sinusoidale.
I precedenti esempi e le considerazioni fin qui svolte suggeriscono un algoritmo per la soluzione
di un circuito arbitrario in evoluzione forzata.
Procedura per la soluzione di un circuito in evoluzione forzata tramite la LIItrasformata
Passo 1.

Si costruisce la rete di impedenze operatoriali corrispondente al circuito N.

Passo 2.

Si risolve la rete di impedenze operatoriali applicando la sovrapposizione degli effetti e


le altre tecniche tipiche delle reti resistive lineari (equivalenze serie e parallelo, regole
dei partitori, ...). Allora qualsiasi corrente di lato I k = I k (s) , o qualsiasi tensione di lato

V k = Vk (s) data da un'espressione del tipo


e

H1 (s)E1 (s)+...+H (s)E (s) + H1 (s)J1 (s)+...+H (s)J (s) ,


e

dove H1 (s), ..., H (s), H1 (s), ..., H (s)

(163)

sono funzioni di rete del circuito,

corrispondenti alla stessa uscita e agli ingressi definiti, rispettivamente, dai generatori di
tensione indipendenti E 1 (s), ..., E (s) , e dai generatori di corrente indipendenti
J 1 (s), ..., J (s) .
Passo 3.

Bisogna determinare la regione di convergenza di ciascun termine della (163), e


e
e
J
J
decomporli in fratti semplici. H1 (s), ..., H (s), H1 (s), ..., H (s) hanno la stessa
regione di convergenza (stiamo assumendo che non ci sono cancellazioni zeri-poli);
invece le regioni di convergenza di E 1 (s), ..., E (s) , J 1 (s), ..., J (s) sono, in
generale, distinte (potrebbero anche avere intersezione vuota).

Passo 4.

Infine, per determinare le grandezze nel dominio del tempo bisogna antitrasformare i
singoli termini (utilizzando le Tabelle), prestando la massima attenzione alle regioni di
convergenza di ciascuno di essi.

9.6 Analisi dei circuiti in evoluzione generica tramite la trasformata di Laplace

377

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In questo paragrafo vengono illustrati due metodi di analisi per circuiti in evoluzione generica
basati sulla trasformata di Laplace. Si consideri un circuito lineare e tempo-invariante e si supponga
che esso sia in evoluzione generica a partire dallistante iniziale t 0 : le grandezze di stato allistante
iniziale sono diverse da zero e nel circuito, in generale, ci sono generatori indipendenti. sempre

possibile scegliere un riferimento per la coordinata temporale in modo tale che sia t 0 = 0 (la

scelta di 0 come istante iniziale solo una convenzione; in questo modo gli eventuali generatori
impulsivi applicati all'istante iniziale sono centrati in t=0).
immediato che, un problema di questo tipo non pu essere studiato applicando la trasformata
bilatera di Laplace, perch le grandezze circuitali non sono definite per t<0 e non possibile
nemmeno prolungarle per t<0 imponendo che siano identicamente nulle. Se le grandezze circuitali
fossero prolungate assumendole identicamente nulle per t<0, le grandezze di stato sarebbero
discontinue in t=0 e quindi non sarebbero compatibili con le equazioni circuitali. possibile, invece,
applicare la trasformata monolatera di Laplace.
9.6.1 Analisi di un circuito lineare tempo-invariante attraverso la trasformata di Laplace
monolatera
Si consideri un circuito in evoluzione generica, con n nodi e b lati, costituito da elementi circuitali

lineari e tempo-invarianti. Volendo studiare il suo funzionamento nell'intervallo (0 ,) , bisogna


scrivere le equazioni circuitali, cio le leggi di Kirchhoff e le equazioni caratteristiche, e risolverle
con le condizioni iniziali assegnate per le grandezze di stato. In forma sintetica possibile esprimere
tali equazioni con il seguente formalismo:

A i(t) = 0

Bv(t) = 0

per t 0

vk R k i k = 0
per t 0
vk = e(t)
i = j(t)
k

C k dv k / dt i k = 0
v k (0 ) = v k0

.
per t 0 e

i k (0 ) = i k 0
vk L k di k / dt = 0

(164)

(165)

Come per i circuiti in evoluzione forzata, le equazioni circuitali corrispondenti nel dominio s,
ottenute applicando la trasformata monolatera di Laplace, sono algebriche e ovviamente lineari.
Pertanto conviene trasformare le equazioni circuitali del dominio del tempo nelle corrispondenti del
dominio s, risolvere le equazioni algebriche-lineari del dominio s e riportare quindi la soluzione nel
dominio del tempo, attraverso l'operazione di antitrasformata. L'unicit della trasformata di Laplace
monolatera assicura che la procedura fornisce la soluzione del problema originale. Si fa osservare
che, in questo caso non necessario conoscere la regione di convergenza della trasformata
monolatera per antitrasformare.
Si supponga che ciascuna corrente e ciascuna tensione, naturalmente definite nell'intervallo
(0 ,+ ) , siano trasformabili secondo Laplace,

I h (s) = L I {i h (t)} h = 1, 2, ..., b ,

(166)

378

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

V h s = L I ^ v h t ` h = 1, 2, ..., b .

(167)

Le regioni di convergenza delle trasformate delle correnti e delle tensioni hanno in comune il
semipiano 5H^ s ` > c , dove c soluzione del problema ( c dipende dai generatori e dai
parametri del circuito). Utilizzando la propriet di linearit della trasformata di Laplace, dalle
equazioni (164) si ottengono le equazioni:

$ , s = 

% 9 s = 
V k s R k Ik s = 0
V k s = E s
I = J s
k

(168)

dove

E h s = L I ^ e h t `,
J k s = L I ^ j k t `

(169)

Le (168) sono le stesse equazioni che si avrebbero se fosse possibile usare la trasformata bilatera.
Si considerino ora le trasformate monolatere delle equazioni caratteristiche dei bipoli dinamici,
cio dei condensatori e degli induttori. Applicando alle (165) la regola della derivazione della
trasformata di Laplace monolatera, si ha

I k s = sCk V k s Cv k0
V k s = sL k I k s L k i k 0

FRQGHQVDWRUL 
LQGXWWRUL

(170)

La prima equazione delle (170) ricorda la caratteristica di un generatore reale di corrente, mentre
la seconda la caratteristica di un generatore reale di tensione. Anche in questo caso le equazioni
circuitali trasformate possono essere interpretate come le equazioni di un circuito di impedenze
operatoriali cos definito: (a) il grafo del circuito analogo coincide con il grafo del circuito in
esame; (b) a ogni bipolo resistore con resistenza R k corrisponde un bipolo analogo con impedenza
operatoriale Z k = R k , a ogni generatore di tensione indipendente con tensione e k t corrisponde
un generatore di tensione indipendente, con tensione E k s , e a ogni generatore di corrente
indipendente con corrente j k t corrisponde un generatore di corrente indipendente, con corrente

J k s .
A differenza di quanto accade per i circuiti in evoluzione forzata, per un circuito in evoluzione
generica si ha che:
(i)

a ogni condensatore corrisponde nel dominio

un generatore reale di corrente con

impedenza interna uguale all'impedenza operatoriale che si avrebbe se il condensatore fosse in


evoluzione forzata, Z s = 1  sC e corrente di corto circuito data da C k v k0 , figura 22a;
(ii)

a ogni induttore corrisponde nel dominio

un generatore reale di tensione con impedenza

interna uguale all'impedenza operatoriale che si avrebbe se l'induttore fosse in evoluzione


forzata, Z s = sL , e tensione a vuoto data da L k i k0 , figura 22b.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

379

Figura 22
Esempio
Si consideri il circuito descritto in figura 23; il generatore di tensione impone una tensione
costante per t>0 uguale a E0 e le grandezze di stato allistante t=0 valgono

v(0 ) = v0 ,

i(0 ) = i 0 .

(171)

Si determini la tensione v(t) del condensatore usando il metodo della trasformata di Laplace.
Prima di tutto bisogna costruire il circuito di impedenze operatoriali corrispondente. La
trasformata della tensione del generatore di tensione vale (si consulti la Tabella IV):

E(s) =

E0
.
s

(172)

Al resistore corrisponde limpedenza Z=R, allinduttore un generatore reale di tensione con


impedenza interna sL e tensione a vuoto Li 0 e al condensatore un generatore reale di corrente con
impedenza interna 1/(sC) e corrente di corto circuito Cv 0 . Il circuito di impedenze illustrato in
figura 23b. L'incognita la corrente I(s).

Figura 23

Circuito in esame (a) e circuito di impedenze operatoriali corrispondente (b).

Usando la sovrapposizione degli effetti, le equivalenze serie-parallelo e la regola del partitore di


corrente si ha immediatamente,

380

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

I(s) =

E 0 / s + Li 0
1 / sC
1 (E 0 v 0 )C + LCi0 s
Cv 0
=
.
R + sL + 1/ (sC)
R + sL + 1 / (sC) LC s 2 + (R / L)s + 1 / (LC)

(173)

Applicando, ora, la decomposizione in fratti semplici, si ottiene:

I(s) =

1 (E 0 v0 )C + LCi 0 s
A+
A
,
=
+
(s p+ ) (s p )
LC (s p + )(s p )

(174)

dove

1 (E 0 v 0 )C + LCi0 p +
,
(p+ p )
LC
1 (E 0 v 0 )C + LCi0 p
A =
.
LC
(p+ p )
A+ =

(175)

Usando la tabella IV, si ottiene lantitrasformata della I(s),

i(t ) = A +e p + t + A e p t

t 0.

(176)

9.6.2 Analisi di un circuito lineare tempo-invariante tramite generatori impulsivi


In questa sezione viene illustrato un metodo di analisi dei circuiti in evoluzione generica, a partire
dall'istante t=0, che si basa sull'introduzione di generatori impulsivi fittizi, e che consente di
ricondurre il problema all'analisi di un circuito in evoluzione forzata. stato gi osservato che, se le
grandezze circuitali fossero prolungate assumendole identicamente nulle per t<0, le grandezze di
stato sarebbero discontinue in t=0 e quindi non sarebbero compatibili con le equazioni circuitali. Ci
certamente vero, a meno che non si introducano degli opportuni generatori impulsivi centrati in t=0,
in grado di supportare tali discontinuit (in realt, tra gli infiniti modi possibili in cui si pu
realizzare quello stato, si sta scegliendo quello pi semplice).
Si consideri, ad esempio, il circuito N del secondo ordine in evoluzione libera illustrato in figura
24a. In figura 24b illustrato il circuito Na in evoluzione forzata, ottenuto inserendo in serie
all'induttore un generatore impulsivo di tensione

e(t ) = Li0 (t) ,

(177)

e in parallelo al condensatore un generatore impulsivo di corrente

j(t) = Cv 0(t) .

(178)

Il circuito di figura 24b nello stato di riposo per t<0. Ora dimostreremo che lo stato del circuito Na
+

all'istante t = 0 coincide con quello del circuito N in esame, e quindi un problema di evoluzione
libera ricondotto a uno di evoluzione forzata.

381

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 24

Circuito in evoluzione libera (a) e circuito in evoluzione forzata ausiliario (b).


+

Per determinare lo stato del circuito Na allistante t = 0 , possibile operare come stato descritto
in 9.2. Per il circuito Na lo stato iniziale vale:

v(0 ) = 0,
i(0 ) = 0.

(179)

Integrando ambo i membri delle equazioni caratteristiche del condensatore e dell'induttore nel
+
dominio (0 ,0 ) e imponendo le (179), si ottiene:

1 0+
i ()d,
C 0 C
1 +
i(0 + ) = 00 vL ()d.
L

v(0 + ) =

(180)

Ora bisogna esprimere la corrente nel condensatore e la tensione dell'induttore in funzione delle
grandezze di stato e dei generatori impulsivi. Essendo le grandezze di stato limitate, solo il termine
i della corrente nel condensatore e il termine v della tensione dell'induttore, dovuti ai generatori
impulsivi, contribuiscono agli integrali nelle (180). Per determinare i e v sufficiente considerare
il circuito resistivo ottenuto sostituendo nel circuito di figura 24b al condensatore un corto circuito e
all'induttore un circuito aperto, figura 25, ( i e v sono soluzione del circuito che si ottiene
spegnendo i generatori di sostituzione e lasciando acceso solo quelli impulsivi ).

Figura 25
Il circuito resistivo illustrato in figura 25 di facile soluzione. immediato convincersi che la
tensione v* e la corrente i* sono necessariamente uguali a zero (ovviamente stiamo escludendo il
caso privo di significato in cui in parallelo al condensatore c' un corto circuito e in serie all'induttore
c' un circuito aperto). Pertanto si ha

v = Li 0 (t),
i = Cv 0(t).

(181)

382

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dalle (181) si ottiene:

1 0+
i ()d = v0 ,
C 0
1 +
i(0 + ) = 00 v ()d = i 0 ,
L
v(0 + ) =

(182)

e quindi la soluzione del circuito in evoluzione forzata Na coincide con la soluzione del circuito in
+

evoluzione libera N per t 0 . Questo risultato si otterrebbe anche se il circuito N avesse dei
generatori, cio fosse in una evoluzione generica.
Se ne conclude, in maniera del tutto generale, che un circuito in evoluzione generica a partire dallo
stato iniziale

v k (0 ) = v k0

i k (0 ) = i k0

k = 1,2,...,n c
k = n c + 1, nc + 2,..., nc + n L

(183)

pu essere visto come lo stesso circuito inizialmente scarico, (cio con tensioni dei condensatori e
correnti negli induttori iniziali nulle), dove in parallelo al k-esimo condensatore c' un generatore
impulsivo di corrente di ampiezza pari a C k v k0 ( C k la capacit e C k v k0 la carica iniziale del kesimo condensatore) e in serie al k-esimo induttore c' un generatore impulsivo di tensione di
ampiezza pari a L k i k0 ( L k l'induttanza e L k i k0 il flusso del k-esimo induttore). Nel caso in cui
vi fossero condensatori in parallelo o induttori in serie si considerino direttamente i bipoli
equivalenti. Per quanto riguarda i riferimenti si ha che: (a) le frecce che indicano i versi di
riferimento delle correnti dei generatori di corrente impulsivi devono essere concordi con le frecce
che indicano i versi di riferimento delle tensioni dei corrispondenti condensatori; (b) le frecce che
indicano i versi di riferimento delle tensioni dei generatori di tensione impulsivi devono essere
concordi con le frecce che indicano i versi di riferimento delle correnti dei corrispondenti induttori.
In questo modo un circuito in evoluzione generica a partire dallo stato iniziale (183) ricondotto allo
studio di un circuito in evoluzione forzata. Ad esempio pu essere risolto usando la trasformata di
Laplace bilatera oppure con la sovrapposizione degli effetti e l'integrale di convoluzione.

CAPITOLO 10

RISPOSTA IN FREQUENZA DI UN CIRCUITO

10.1 Funzione risposta in frequenza


Si consideri un circuito lineare tempo-invariante in evoluzione forzata da t = , del tipo
illustrato in figura 1. Il circuito costituito da un generatore, ad esempio, un generatore di tensione
e=e(t), resistori, induttori, condensatori, trasformatori ideali, generatori controllati, amplificatori
operazionali (modello lineare), giratori e induttori accoppiati. Il generatore di tensione rappresenta
l'ingresso, ad esempio, un segnale da elaborare e v(t) la grandezza di interesse - la cosiddetta
uscita-, cio il segnale elaborato. Sia h=h(t) la risposta all'impulso e si assuma che il circuito sia
dissipativo. Allora il circuito asintoticamente stabile, e quindi la regione di convergenza della
funzione di trasferimento H(s) = LII {h(t)} contiene l'asse immaginario.

Figura 1 Circuito in esame (a) e schema a blocchi (b).


Si consideri il segnale rappresentato dalla somma discreta (e finita)

e(t ) = E1 cos(1 t + 1 )+...+E h cos( h t + 1 )+...= h E h cos( h t + h ) ,


di funzioni sinusoidali con pulsazioni h

e definito per < t < + ; E h e h

(1)
sono,

rispettivamente, l'ampiezza e la fase delle singole armoniche che costituiscono il segnale. Il generico
termine della (1) pu essere espresso come

cos( ht + h ) =

1 i( ht + h ) i ( h t +h )
+e
[e
],
2

e di conseguenza la (1) pu essere cos riscritta:

(2)

384

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

i
e(t ) = h c h e ht + c.c. , con

ch =

1
i
Eh e h
2

(3)
iht

dove c.c. sta a indicare il complesso coniugato del termine h c h e

. In particolare, se

h = h 0 , con h intero ,

(4)

e(t) una funzione periodica di periodo

T=

2
,
0

(5)

cio e(t)=e(t+T) per ogni valore di t.


La somma data dalla (1) (oppure dalla (3)) pu essere costituita da un numero finito o infinito di
termini. Quando il numero di termini infinito ed verificata la (4), la (1) (oppure la (3)) una serie
di Fourier.
Una funzione periodica con periodo T pu essere rappresentata attraverso la serie di Fourier

e(t ) =

c n e i n t , dove c n =
0

n =

se esiste l'integrale definito

T /2

1
f (t ) e i n t dt
T T/ 2

(6)

T/ 2

f(t) dt ( cio se la funzione periodica f=f(t) assolutamente

T/2

integrabile). I coefficienti c n sono complessi e verificano la condizione c n = c n perch f=f(t)


una funzione reale di variabile reale.
Ci sono funzioni che possono essere rappresentate solo tramite una somma continua di funzioni
sinusoidali, cio attraverso l'integrale di Fourier

e(t ) =

1 +
i t
E()e d ,
2

(7)

dove E=E() la trasformata di Fourier della funzione e(t)


+

E() = e(t)e i t dt .

(8)
+

La trasformata di Fourier esiste se l'integrale definito e(t) dt esiste, cio se la funzione e=e(t)

assolutamente integrabile. La trasformata di Fourier E() una funzione complessa della variabile
*
reale e verifica la condizione E() = E () perch e=e(t) una funzione reale di variabile
reale. (In queste lezioni non ci soffermeremo su tutta la problematica connessa con la convergenza
della serie e dell'integrale di Fourier).
Il circuito in esame lineare, e quindi vale la sovrapposizione degli effetti. Pertanto per
determinare la risposta forzata del circuito a un ingresso espresso attraverso la somma (discreta o
continua) di funzioni sinusoidali, basta conoscere la risposta all'ingresso elementare, non
fisicamente realizzabile,

e (t ) = e it .

(9)

385

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La risposta v (t) all'ingresso elementare e (t ) , pu essere calcolata utilizzando l'integrale di


convoluzione,

~
v(t) =

h(t

2 H

d2 .

(10)

Operando il cambiamento di variabili

= t ,

(11)

si ottiene
+

i
d = h()e i(t ) d = e it h()e i d .
h(t )e

(12)

Siccome la regione di convergenza della funzione di trasferimento H(s) = LII {h(t)} contiene l'asse
immaginario, il terzo integrale nella (12), (a partire da sinistra), la trasformata di Laplace bilatera
della risposta all'impulso h(t) valutata per s = i , e quindi la trasformata di Fourier della risposta
impulsiva,
+

H(i ) = h(t)e i tdt = h(t)e i t dt .

(13)

Pertanto si ha
+

i
d = H(i)e i ,
h(t )e

(14)

e, quindi, la risposta all'ingresso elementare e (t ) vale


i t
v (t) = H(i )e .

(15)

Osservazione
i t

L'equazione (14) sta indicare che e


un'autofunzione 1 del sistema ingresso-uscita in esame
(rappresentato schematicamente in figura 2), quando in evoluzione forzata da e H(i ) il
corrispondente autovalore. immediato verificare che, in generale, e

st

l'autofunzione e H(s) il

corrispondente autovalore, purch s appartenga alla regione di convergenza della funzione di


trasferimento.

Figura 2

1 L'integrale di convoluzione + h( t )x( ) d = l{ x( t)} un operatore lineare l{} che opera sulle

funzioni x=x(t). L'autofunzione di un operatore lineare l{} una funzione u=u(t) tale che l{u(t )} = u (t) , dove
una costante opportuna che prende il nome di autovalore dell'operatore.

386

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La funzione H = H(i ) prende il nome di funzione risposta in frequenza o risposta armonica


del circuito. Essa una funzione a valori complessi e di solito viene rappresentata attraverso la
rappresentazione polare
i ( )

H(i ) = A()e

(16)

dove:
A() il modulo della funzione complessa H(i ) , A() = H(i) ;

() la fase della funzione complessa H(i ) , (il valore principale, definito nell'intervallo
(,) ), () = arg[ H(i )] .

Alla funzione A() si d il nome di risposta in ampiezza e alla funzione ( ) il nome di risposta
in fase del circuito. La funzione risposta in ampiezza A() , per costruzione, definita positiva.
La risposta in frequenza pu essere descritta anche attraverso la rappresentazione cartesiana:

H(i ) = R() + i X() ,

(17)

R() = A()cos(),
X() = A() sin().

(18)

dove

(La scelta dei simboli per rappresentare la parte reale e la parte immaginaria della risposta in
frequenza del tutto casuale; in generale esse non sono dimensionalmente omogenee a una
resistenza).
Osservazione
La regione di convergenza di H(s) include l'asse immaginario. Pertanto H(s) analitica nell'intorno
dell'asse immaginario, e quindi la parte reale R() e la parte immaginaria I() di H(i ) devono
essere funzioni continue per < < + ; anche la risposta in ampiezza deve essere una funzione
continua di , essendo A() =

R 2 () + X2 () . Invece, la risposta in fase pu presentare

discontinuit di prima specie, con salti pari a multipli interi di 2.


- Diagrammi di Bode
Spesso la risposta in ampiezza A() e la risposta in fase () vengono rappresentate
graficamente usando come variabile indipendente la grandezza adimensionale

x = log( / c ) ,

(19)

dove log() il logaritmo in base 10 e c una pulsazione caratteristica (pu essere introdotta solo
per rendere adimensionale l'argomento della funzione log() ). Spesso x viene espresso in decadi:
una decade corrisponde all'intervallo di frequenze (, 10) ; infatti si ha

log(10 / c ) log( / c ) = log(10) = 1 .

(20)

387

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La grandezza x pu essere espressa anche in ottave 2. Un ottava (oct) la lunghezza dell'intervallo


( , 2 ) . Siccome
log(2 / c ) log( / c ) = log(2) 0. 3 ,

(21)

1 ottava 0.3 decadi .

(22)

si ha che

Nel diagramma di Bode il grafico della risposta in ampiezza costruito riportando in ordinata la
grandezza

y = 20log A() = 10log A2 () .


L'unit di misura di y il decibel

(23)

(dB): A( 2 ) e A(1 ) differiscono di un decibel se

2
0 .1 2
2
20log A( 2 ) 20log A(1 ) = 1, cio se A ( 2 ) = 10 A (1 ) 1.26A (1 ) e quindi se

A( 2 ) 1.12 A(1 ) .

(24)

Nel diagramma di Bode la fase () viene espressa sia radianti che in gradi.
Esempio
Si consideri il circuito del primo ordine illustrato in figura 3. Si determini la risposta in frequenza
considerando la tensione v(t) del resistore come grandezza di uscita.

Figura 3

Circuito dinamico in esame (a), circuito di impedenze operatoriali corrispondente (b) e


circuito nel dominio della frequenza (c).

La funzione di trasferimento del circuito in esame uguale a (il resistore in serie all'induttore)

H(s) =

R
,
R + sL

(25)

e quindi la risposta in frequenza vale

H(i ) =

,
+ i

(26)

dove = R / L l'opposto della pulsazione naturale del circuito. L'ampiezza e la fase sono date da

A() =

+ 2

, () = arctan( / ).

(27)

2 L'ottava l'unit di misura adottata in musica: due note distano di un'ottava se il rapporto delle loro
frequenze uguale a due.

388

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In figura 4 rappresentata graficamente la risposta in frequenza (26), usando in figura 4a la


descrizione cartesiana, in figura 4b quella polare e in figura 4c la descrizione di Bode. La riposta in
ampiezza assume il valore massimo per =0, A(0)=1. Per = si ha A( ) = 1 / 2 ; in decibel,

A( ) = 1 / 2 vale 20log A( ) = 20log(1 / 2) 3 : in corrispondenza della pulsazione


caratteristica si ha una attenuazione di 3dB dell'ampiezza. Per questo motivo prende il nome di
pulsazione di taglio a 3dB del circuito.
/2

A()

R()

0.707

0
0

X( )
0.5

(a)
-2

0
10

/2
2

rad

dB

()

/4
(b)

100

10

log( /)

20logA( )

-10

/4
-20
()
-30

/2

(c)

-40

Figura 4

Descrizione cartesiana (a), descrizione polare (b) e diagramma di Bode (c).

10.2 Propriet della funzione risposta in frequenza


- Propriet 1.
La funzione risposta in frequenza H(i ) verifica la propriet
*

H (i ) = H( i ) .

(28)

Pertanto la risposta in ampiezza A() una funzione pari di ,

A() = A() ,

(29)

e la fase ( ) una funzione dispari di ,

( ) = ( ) .

(30)

389

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dimostrazione.
Questa propriet una immediata conseguenza del fatto che la risposta all'impulso di Dirac di un
circuito una funzione reale. Essendo h(t) una funzione reale, segue che
+

H* (i) = h(t)e it dt = h(t)e i( )t dt = H(i ) ,

(31)

H* (i ) = H( i ) .

(32)

e quindi

Dalle (16) e (32) si ha anche

H* (i) = A()e i ( ) = H( i ) = A()e i( ) .

(33)

e quindi dalle equazioni (33) seguono immediatamente le (29) e (30).


Dalle (18), (29) e (30) si ottiene anche che la parte reale di H(i ) una funzione pari della
pulsazione, mentre la parte immaginaria una funzione dispari,

R( ) = R( ),
X( ) = X( ).

(34)

- Propriet 2
Si assuma che l'ingresso sia il segnale sinusoidale

e (t ) = cos(t ) ;

(35)

allora il segnale di uscita vale

v (t ) = A( )cos[ t + ( )] .

(36)

Dimostrazione.
Essendo

cos(t) =

1 it
(e + e it ) ,
2

(37)

utilizzando la sovrapposizione degli effetti e la propriet (17), si ottiene

1
[ H(i)e i t + H( i)e i t ]
2
1
1
= [H(i)e it + H* (i)e i t ] = A()e i[t+ () ] + c.c.
2
2

v(t) =

(38)

Dalla (38) segue immediatamente la (36).


Osservazioni
(i)

La risposta in frequenza di un circuito pu essere interpretata come il rapporto tra il fasore

rappresentativo della grandezza sinusoidale in uscita e il fasore rappresentativo della grandezza

390

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

sinusoidale in ingresso, al variare della pulsazione . Quindi essa pu essere determinata anche
attraverso il metodo fasoriale: si consideri il circuito di impedenze corrispondente nel dominio
simbolico (basta porre s = i nelle impedenze operatoriali) e si assuma come ingresso il fasore (di
tensione o di corrente, a seconda del tipo di segnale) di modulo unitario e fase nulla. Il fasore
corrispondente alla grandezza di uscita d la risposta in frequenza. Ad esempio, la risposta in
frequenza (26) del circuito di figura 3 pu essere ottenuta risolvendo il circuito di impedenze nel
dominio simbolico illustrato in figura 3c.
(ii) possibile misurare la risposta in frequenza di un circuito (dissipativo) applicando in ingresso
un generatore sinusoidale, misurando la grandezza di uscita quando il circuito in regime
sinusoidale, cio dopo che il transitorio si esaurito, e ripetendo le misure per diversi valori delle
frequenze del generatore.
- Propriet 3.
2
2
Il quadrato della risposta in ampiezza A () = H(i) di un circuito (a parametri
2

concentrati) una funzione razionale di ,

A 2 () =

x(2 )
,
y(2 )

(39)

2
2
2
dove x( ) e y( ) sono due polinomi in .

Dimostrazione.
Nel precedente capitolo stato mostrato che la funzione di trasferimento di un circuito a parametri
concentrati una funzione razionale di s del tipo:

N(s)
hm=1 (s z h )
.
=k n
H(s) =
h=1 (s ph )
D(s)

(40)

I polinomi N(s) e D(s) sono a coefficienti reali e quindi gli zeri z1 ,..., z m e i poli p1 ,..., pn sono reali
e/o complessi coniugati.
Usando la propriet (28), il quadrato della risposta in ampiezza pu essere espresso nel modo
seguente:

A 2 () H(i )H* (i ) = H(i)H( i ) .

(41)

Usando la (40), si ottiene

A 2 () = k 2

2
2
m (i
m
x( 2 )
zh ) m
h=1
2 h=1 ( + z h )
h=1 ( i zh )
k
. (42)
=
=
n (i
h=1
p h ) nh=1 ( i p h )
nh=1 (2 + p2h ) y( 2 )

- Propriet 4
Il quadrato della risposta in ampiezza verifica la relazione

1 + 2
2
A ( )d = h (t )dt .

2
0

(43)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

391

2
La (43) si ottiene applicando il teorema di Parseval. La funzione A () prende il nome di densit

spettrale di energia. La risposta in frequenza H(i ) si dice a energia finita se


+

2
A ()d < .

(44)

Un circuito dissipativo ha una risposta armonica a energia finita se l'uscita una grandezza di stato;
questa propriet diretta conseguenza della (43) e del fatto che la risposta all'impulso, in questo caso,
limitata ovunque e tende a zero con legge esponenziale per t .
- Propriet 5
La risposta in ampiezza deve verificare la condizione
+

ln A()
d < .
1+ 2

(45)

La (45) una conseguenza di una propriet notevole delle funzioni analitiche, nota con il nome di
condizione di Paley-Wiener.
- Condizione di Paley-Wiener
Tutte le funzioni F(s) analitiche nel semipiano immediatamente a destra dell'asse immaginario e a
energia finita sull'asse immaginario, verificano la condizione
+

ln F(i)

1 + 2

d < .

(46)

La funzione di trasferimento di un circuito dissipativo analitica nel semipiano immediatamente a


destra dell'asse immaginario ed a energia finita sull'asse immaginario.
La condizione

(45) oltre a essere la condizione necessaria affinch una data funzione sia

l'ampiezza della risposta in frequenza di un circuito asintoticamente stabile anche una condizione
sufficiente affinch, per una assegnata funzione reale A(), esista almeno una funzione H(s) analitica
nel semipiano a destra dell'asse immaginario e a energia finita sull'asse immaginario di cui A() il
modulo per s = i .
Infine tra la parte reale R() e la parte immaginaria X() della risposta in frequenza, cos come
tra il modulo A( ) e la fase ( ) , esistono legami molto stretti dovuti alla natura razionale a
coefficienti reali della funzione di trasferimento.

10.3 Analisi dei circuiti attraverso la risposta in frequenza

In queste Lezioni non viene dimostrata la condizione di Paley-Wiener (per ulteriori


approfondimenti si consulti A. Papoulis, Signal Analysis, McGraw-Hill).

392

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La risposta in frequenza uno strumento di analisi molto potente. Come poi si vedr, essa anche
un potente strumento di sintesi.
Innanzi tutto la risposta in frequenza di un circuito pu essere usata per determinare la risposta di
un circuito quando l'ingresso rappresentabile tramite una somma (discreta o continua) di armoniche.
Si supponga, ad esempio, che

e(t ) = nh=1 c h e i ht + c.c.

(47)

gi noto che la risposta al generico termine e

i h t

i h t

H(i h )e

. Pertanto, utilizzando la

sovrapposizione degli effetti, si ha

v(t) = nh=1 c h H(i h )e i ht + c.c.

(48)

Una somma di funzioni del tipo (47) e (48) pu essere rappresentata graficamente attraverso una
sequenza di segmenti verticali, dove la lunghezza di ciascun segmento uguale all'ampiezza
dell'armonica corrispondente, figura 5.
|c i|

1
2

A( )

Ingresso

1
2

|c i|( i)

Risposta in frequenza

1
2

Uscita

Figura 5
Esempio
Si consideri il circuito di figura 6. I parametri circuitali sono R = 8k, C = 0.1F . La tensione in
4

ingresso vale e(t ) = 10 + 8cos 0 t e 0 = 10 . La funzione di trasferimento del circuito

R / sC
V(s)
1 / sC = 1 / RC ,
H(s) =
= R +R
/ sC
(2 / RC + s)
E(s) R +
R + 1 / sC

(49)

e quindi la risposta in frequenza nel caso in esame vale:

H(i ) =

,
2 (i + )

(50)

dove = 2 / RC = 2.5 10 . Ancora una volta osserviamo che, la risposta in frequenza (50) pu
essere ottenuta direttamente considerando il circuito di impedenze nel dominio simbolico con un
fasore di ampiezza unitaria e fase zero in ingresso.
La risposta in ampiezza vale:

A() =

,
2
2 + 2

e la risposta in fase vale:

(51)

393

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

() = arctan( / ).

(52)

In questo caso la pulsazione di taglio a 3dB = 2 / RC = 2500 .


L'ingresso costituito da due termini, uno costante e l'altro sinusoidale a pulsazione 0 . Per
determinare l'uscita corrispondente bisogna calcolare H(0) e H(i 0 ) ; essi valgono:

H(0) =

1
1
1 i 1.32...
, H(i104 ) =
e
.
=
2
2 + i8
68

(53)

La risposta del circuito vale:

8
cos( 0 t 1.32...) .
68

v(t) = 5 +

(54)

interessante notare che la risposta in ampiezza introduce alla pulsazione = 0 una


attenuazione molto pi forte di quella introdotta a pulsazione zero; ci dovuto al fatto che la
pulsazione del termine sinusoidale otto volte la pulsazione a 3dB . Questo l'esempio pi
semplice di filtro. Il circuito introduce un ritardo temporale nel termine sinusoidale in uscita dato da
r = ( 0 ) / 0 0.13ms .
20

10

e(t) [V]

15

10

v(t) [V]

R
r

8
6

R R v(t)

e(t)

2
t [s]

0
-0,0005

0,0005

0,001

0,0015

t [s]
0
-0,0005

0,002

0,0005

0,001

A( )

[V]

0,0015

0,002

[V]

0.5
10
8

[rad/s]
-2 10

-10

10

(a)
Figura 6

2 10

0.97

[rad/s]
-2 10

-10

10

(b)

2 10

-2 10

-10

0.97
0

10

[rad/s]
2 10 4

(c)

Segnale di ingresso e corrispondente contenuto armonico (a); circuito in esame e risposta


in ampiezza (b); segnale in uscita e contenuto spettrale (c).

Lo studio del comportamento qualitativo della risposta in ampiezza e della risposta in fase, al
variare della pulsazione, pu essere facilitata se H(i ) espressa attraverso la forma fattorizzata:

H( i ) = k

(i z1 )(i z2 )...(i z m )
.
(i p1 )(i p2 )...(i p n )

L'ampiezza A ( ) data da:

(55)

394

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

A() = k

i z1 i z 2 ... i z m
i p1 i p 2 ... i pn

=k

(M1L)(M 2L)...(M mL)


,
(N1L)(N2 L)...(Nn L)

(56)

e la fase ( ) data da:

( ) = [ arg(i z1 ) + arg(i z2 ) +... + arg(i z m )]


.
[arg(i p1 ) + arg(i p2 ) +... + arg(i p n )]
= [1 ( ) + 2 ( ) +... + m ( )] [1 ( ) + 2 ( )+ ... + n ( )]

(57)

Nella (56) (M i L) rappresenta la lunghezza del segmento orientato applicato nello zero z i e che
termina nel punto L dell'asse immaginario corrispondente a i , e (N iL) rappresenta la lunghezza
del segmento orientato applicato nel polo pi e che termina nel punto L dell'asse immaginario
corrispondente a i , Figura 7. Nella (57) arg(a) rappresenta l'argomento principale (definito
nell'intervallo (,) ), del numero complesso a , e i , i sono, rispettivamente, gli angoli che i
e
formano con l'asse reale. Pertanto, per determinare la risposta in
segmenti orientati
ampiezza basta fare il prodotto delle lunghezze dei segmenti orientati a numeratore e dividere per il
prodotto delle lunghezze dei segmenti orientati a denominatore. La risposta in fase eguale alla
somma degli angoli dei segmenti orientati

meno la somma degli angoli dei segmenti orientati

Figura 7
10.3.1 Risposta in frequenza di circuiti del primo ordine: filtro passa-basso e filtro passa-alto
Si consideri un circuito del primo ordine (cio con un solo bipolo dinamico) e si supponga che la
funzione di trasferimento H(s) non abbia zeri (per esempio, i due circuiti di figura 8 in cui l'uscita la
tensione sul condensatore nel circuito RC e la tensione sul resistore nel circuito RL). In questi casi
H(s) ha un solo polo ed del tipo

H(s) =

k
s+

e quindi H(i) =

k
.
i +

(58)

L'ampiezza e la fase valgono, rispettivamente:

A() =

A( 0)

A( 0)
,
( NL )

2 + 2
( ) = arctan( / ) = ( ) .

(59)
(60)

395

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In questo caso la distanza tra il polo s1 = e il punto s = i cresce con legge monotona
allorch cresce da zero all'infinito, figura 9a. Di conseguenza, A() assume il valore massimo per
=0 e decresce con legge monotona al crescere della pulsazione, in valore assoluto. Si noti che per
= , (NL) = 2 . In corrispondenza di questa pulsazione si ha
2

A ( ) = A (0) / 2 ,

(61)

e quindi la pulsazione di taglio a 3dB nel diagramma di Bode: la differenza, in decibel, tra il
valore dell'ampiezza per =0 e quello per = uguale a 3dB. In figura 10 rappresentata la fase.
La spiegazione dell'andamento qualitativo della risposta in ampiezza dei circuiti rappresentati in
figura 3 molto semplice. Nel circuito RC in figura 3b per 0 l'impedenza del condensatore
tende all'infinito e quindi la tensione in uscita proprio quella impressa dal generatore e per
l'impedenza del condensatore tende a zero e quindi l'uscita tende anche essa a zero. Nel circuito RL in
figura 3b per 0 l'impedenza dell'induttore tende a zero e quindi la tensione in uscita proprio
quella impressa dal generatore, mentre per l'impedenza tende all'infinito e quindi la tensione
sul resistore tende a zero.

Nel circuito RC = 1 / RC e nel circuito RL = R / L (a); circuiti di impedenze


corrispondenti nel dominio simbolico (b).

Figura 8

L=i

(a)

s =

N
s 1 =

1/2

/2

1
)/A(0)

Figura 9

Diagramma dell'ampiezza e della fase della risposta armonica (58).

- Filtro passa-basso

/2
()

396

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Un circuito con una risposta in ampiezza del tipo (58) l'esempio pi semplice di filtro passabasso. La sua funzione quella di sopprimere tutte le componenti ad alta frequenza di un segnale,
cio tutti i termini sinusoidali con pulsazioni al di sopra di una pulsazione di taglio caratteristica
( > la banda oscura del filtro passa-basso), consentendo il passaggio di tutte le armoniche con
pulsazioni inferiori ( 0 < la banda passante del filtro passa-basso); ad esempio, potrebbe
essere due o tre volte la pulsazione di taglio a 3dB .
Osservazione
Si consideri il circuito del secondo ordine con due condensatori illustrato in figura 10 e si assuma
come grandezza di uscita la tensione V(s) sul condensatore di capacit C2 .

Figura 10

Circuito RC del secondo ordine.

In questo caso la funzione di trasferimento

H(s) =

k
,
(s + 1 )(s + 2 )

(62)

dove 1 e 2 sono grandezze reali e positive (il lettore calcoli 1, 2 e k ). La risposta in frequenza
ha un andamento simile a quella che si ha per un circuito del tipo illustrato in figura 9. In particolare
la risposta in ampiezza vale

A() =

k
( 2 + 12 )( 2 + 22 )

k
.
( N1 L)(N2 L)

(63)

1,2
A()/A(0)
1,0
0,8

(b)

(s+1)
0,6

s 2 = 2

s 1 = 1 0

0,2
)/A(0)

N2

0,4
N1
1
(s+1)(s+5)

0,0
-10

-5

10

397

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 11

A() = 1 / [(NL1 )(NL 2 )] e confronto tra la risposta in ampiezza di un circuito RC

del primo ordine e un circuito RC del secondo ordine.

Siccome (N1 L ) e (N2 L) crescono con legge monotona al crescere di , in valore assoluto, essi
assumono il valore minimo in =0, vedi figura 11. Pertanto A() ha il massimo in =0 e decresce
con andamento monotono al crescere del valore assoluto della pulsazione. Il grafico della risposta in
ampiezza ha una forma a campana, simile a quella ottenuta considerando il circuito RC del primo
ordine. L'unica differenza sostanziale che, l'introduzione di un altro polo pu rendere pi rapida la
transizione dalla regione in cui la risposta in ampiezza massima a quella in cui praticamente
uguale a zero, figura 11.
Il circuito RC di figura (10) si comporta anche esso da filtro passa-basso: la regione di transizione
tra la banda passante e la banda oscura pi netta. Infatti per 0 le impedenze di entrambi i
condensatori tendono all'infinito e quindi la tensione in uscita uguale a quella del generatore. Invece
per le impedenze di entrambi i condensatori tendono a zero e quindi la tensione in uscita
tende a zero; la tensione in uscita tende a zero per pi velocemente della tensione in uscita
che si ha nel circuito di figura (8).

Figura 12

L'uscita la corrente I(s); = 1 / RC .

Se nel circuito RC di figura 8a si assume la corrente nel condensatore come grandezza di uscita
(figura 12), si ha la funzione di trasferimento:

H(s) = C

s
s+

e quindi

H(i) = C

i
.
i +

(64)

La funzione di trasferimento (64) ha gli stessi poli della (58) (in generale i poli non dipendono da
quali grandezze sono considerate come uscita), ma, a differenza della (58), ha uno zero nell'origine.
A causa di ci la risposta in frequenza ha un andamento completamente diverso da quello appena
descritto.
La risposta in ampiezza data da

A() = C

2 + 2

= C

(M1L)
,
(N1L)

(65)

e la risposta in fase vale:

() =

sgn() arctan( / ) = () () .
2

(66)

398

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In questo caso, a causa della presenza dello zero nell'origine, la risposta in ampiezza uguale a
zero per =0 (questo anche il valore minimo); A() cresce con legge monotona al crescere della
pulsazione (in valore assoluto). Il valore massimo della risposta in ampiezza A() = C . Si noti
che per = ,

A 2 () = A 2 () / 2 .

(67)

Anche in questo caso = la pulsazione di taglio a 3dB nel diagramma di Bode, perch la
differenza, in decibel, tra il valore massimo dell'ampiezza (che si ha per ) e quello per =
uguale a 3dB, figura 13a. La fase discontinua in =0, figura 13b.

N1

M1

s 1=

z1=0

1/2

A()/A( )

(a)

L
N
1
s =
1

/2

M1

z =0
1

/2 ()

(b)
Figura 13

Risposta in ampiezza (65) (a) e risposta in fase (66) (b).

L'andamento qualitativo della risposta in ampiezza si spiega facilmente in questo modo: per

0 l'impedenza del condensatore tende all'infinito e quindi la corrente tende a zero mentre per
l'impedenza tende a zero e l'ampiezza della corrente tende ad assumere il massimo valore.
- Filtro passa-alto
Un circuito con una risposta in ampiezza del tipo (65) l'esempio pi semplice di filtro passaalto. La sua funzione quella di sopprimere tutte le componenti a bassa frequenza di un segnale, cio
tutti i termini sinusoidali con pulsazioni al di sotto di una pulsazione di taglio caratteristica , (ad
esempio, potrebbe essere uguale a un terzo della pulsazione di taglio a 3dB), consentendo il
passaggio di tutte le armoniche con pulsazioni superiori. In questo caso, l'insieme dei valori di , tali

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

399

che 0 < , la banda oscura del filtro passa-alto, mentre l'insieme complementare la banda
passante.
Possiamo concludere che, il circuito RC illustrato in figura 8 si comporta come un filtro passabasso quando la grandezza di uscita la tensione del condensatore, invece si comporta come filtro
passa alto quando la grandezza di uscita la corrente nel condensatore, ovvero la tensione del
resistore. Il circuito RL, illustrato sempre in figura, si comporta come un filtro passa-basso se l'uscita
la tensione del resistore (ovvero la corrente nell'induttore) e come un filtro passa-alto se la
grandezza di uscita la tensione dell'induttore (il circuito RC e il circuito RL hanno comportamenti
duali). Il filtro passa-alto caratterizzato da uno zero nell'origine mentre il filtro passa-basso ha uno
zero all'infinito.
10.3.2

Risposta in frequenza di un circuito RLC del secondo ordine: filtro passa-banda e


filtro taglia-banda

Si consideri ora un circuito RLC del secondo ordine (cio con un condensatore e un induttore) e si
assuma che la funzione di trasferimento non abbia zeri, cio sia del tipo

H(s) =
dove =

1
1
.
= 2
(s + )(s ) (s + 2s + 20 )

(68)

2 20 . La (68) , a meno di un fattore costante, la funzione di trasferimento del

circuito illustrato in figura 14, dove la grandezza di uscita la tensione del condensatore. Infatti
applicando il partitore di tensione si ottiene:

V(s)
1
1
.
=
E(s) LC s 2 + R s + 1
L
LC

(69)

In questo caso i parametri e 0 valgono = R / (2L), 0 = 1 / LC .

Figura 14

Circuito RLC serie.

Se > 0 > 0 , la funzione di trasferimento ha due poli reali e negativi, p1 = 1 e p 2 = 2 ,


dove 1 e 2 sono numeri reali positivi, come nel circuito RC del secondo ordine descritto in
precedenza. In questo caso il circuito RLC di figura (14) si comporta da filtro passa-basso; la regione
di transizione tra la banda passante e la banda oscura pi netta rispetto a quella che si ha in un
circuito RC del primo ordine.
2
2
2
Per 0 > > 0 i poli sono complessi coniugati. Posto 0 = + , la funzione di
trasferimento pu essere cos riscritta:

400

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

1
1
,
=
2
2
(s + ) +
(s + + i)(s + i)

H(s) =

(70)

e la risposta in ampiezza vale:

A() =

1
2
2 2
2 2
( 0 ) + 4

1
.
(N1 L )(N2 L )

(71)

La risposta in ampiezza rappresentata in figura 15 per diversi valori di

20
=
1.

(72)

Il comportamento di A() dipende da come varia (N1 L )(N2 L ) quando il punto L si sposta lungo
l'asse immaginario.
Se , (N1 L )(N2 L ) cresce con legge monotona e quindi A() decresce con legge
-

monotona per , figure 15a e 15b.


Se > , allora (N1 L )(N2 L ) prima decresce, raggiunge un minimo in corrispondenza di

m = 2 2 = 20 22 ,

(73)

e poi cresce con andamento monotono per , figure 15c e 15d. In questo caso A() ha
un minimo per =0, il massimo per = m e poi tende asintoticamente a zero per

. L'ampiezza massima vale


A( m ) =

1
,
2

A( m ) 1
= ( + ).
A(0)
2

(74)

=0.5

N1

N1

0
)/A(0)

N2

N2

(a)

(b)
=2

N1

N1

N2

(c)

(d)

Risposta in ampiezza (71) per diversi valori di .

10

A( )/A(0)

1.25

A( )/A(0)

N2

Figura 15

=20

A( )/A(0)

401

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Gli andamenti illustrati in figura 15 possono essere dedotti, almeno per quanto concerne l'aspetto
qualitativo, nel modo di seguito riportato. L'ampiezza A() pu essere rappresentata come
A ( ) = A1 ( ) A 2 ( ) ,

dove

(75)

1
1
,
=
i +
( )2 + 2
1
1
A 2 () =
.
=
i
( +)2 + 2
A1 () =

(76)
(77)

La funzione A 1 () assume il valore massimo in corrispondenza di = , e la funzione A 2 ()


assume il valore massimo in corrispondenza di = , (se i due poli fossero reali, il massimo si
troverebbe nell'origine per entrambe le funzioni), figura 16.

()

()
A ()

Figura 16
Per + , si ha

1
A ( )
1
1.
2 A1 ()

(78)

Pertanto, si pu assumere che, 2 rappresenti, in qualche modo, l'ampiezza dell'intervallo delle


pulsazioni, centrato in = , in cui A 1 () assume valori significativamente diversi da zero:
questo intervallo potrebbe essere definito come la banda passante di A 1 () ; analogamente per
A 2 () , solo che, ora, la banda passante + ed centrata in = . Quando

, gli

intervalli

(, + ) e ( ,)

contengono

l'origine,

si

sovrappongono

completamente e il grafico di A() ha le forme descritta in figura 15a e 15b. In questi casi A() ha il
massimo nell'origine. Invece per > gli intervalli (, + ) e ( ,) non contengono
l'origine, non si sovrappongono e il massimo di A() si trova a = m ( m = 0 quando = ).
- Filtro passa-banda

402

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il circuito del secondo ordine in esame si comporta come un filtro anche quando le frequenze
naturali sono complesse. Se il circuito si comporta ancora da filtro passa basso, vedi le figure
15a, 15b e 15c. Invece se ( / ) >> 1 il circuito si comporta come un filtro passa-banda. Si ha:

m = 2 2 = 20 2 0 ,

(79)

m 0.

(80)

cio

Nell'intorno di m , i p2 = i( + ) + circa uguale a 2 i , e quindi la risposta in frequenza


pu essere approssimata nel modo seguente:

H(i) =

1
1
.

(i p1 )(i p2 ) 2i[ + i( )]

(81)

Pertanto, la risposta in frequenza, nell'intorno della pulsazione m 0 , coincide, a meno di un


fattore di scala, con quella di un circuito con un solo polo, traslata in frequenza della pulsazione 0 .
La risposta in ampiezza nell'intorno di m 0 vale, quindi,

A( )
e

le

frequenze

1
1
,
2 ( )2 + 2

(82)

di

taglio inferiore e superiore a 3dB sono, rispettivamente,


= 0 e + = 0 + (per > le pulsazioni di taglio a 3dB del circuito sono due, perch
il massimo di A() si trova in corrispondenza di m 0 ); nel limite ( / ) >> 1 si ha

0 . La riposta in ampiezza normalizzata al valore massimo A() / A( m ) circa uguale


a 1 nell'intorno di 0 di ampiezza 2, ed uguale all'incirca a 2 / all'esterno di questo intorno.
Un filtro passa-banda ha la funzione di sopprimere tutte le componenti armoniche di un segnale
con pulsazioni all'esterno di una banda baricentrata nell'intorno di una frequenza diversa da zero,
lasciando praticamente inalterate le ampiezze delle armoniche con pulsazioni all'interno di quella
banda. Nel caso in esame le ampiezze delle armoniche con pulsazioni esterne alla banda
( 0 , 0 + ) centrata in 0 (banda oscura del filtro passa-banda), vengono notevolmente
attenuate, rispetto alle ampiezze delle armoniche con pulsazioni appartenenti a ( 0 , 0 + ) ,
(banda passante del filtro passa-banda); 2 la larghezza della banda passante del filtro.
Generalmente si sceglie uguale a due o tre volte ; 2 prende il nome di larghezza di banda a
3dB del filtro passa banda. La larghezza di banda a 3dB tende a zero per ( / ) .
Un circuito con una risposta in ampiezza di questo tipo un circuito risonante alla pulsazione
0 ; la pulsazione 0 la pulsazione di risonanza del circuito ( 0 / 2 la frequenza di
risonanza del circuito). In corrispondenza della pulsazione di risonanza l'impedenza equivalente
della serie costituita dall'induttore e dal condensatore nulla e quindi il modulo dell'impedenza
equivalente vista dal generatore minima (il fenomeno della risonanza in un circuito RLC serie
stato descritto nel Capitolo 8).
Il fattore di merito del circuito risonante dato da

Q=

0 0
L,
=
2
R

(83)

403

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

e quindi per / >>1 si ha

2 2 Re{ + }

(84)

Il circuito risonante serie funziona da filtro passa-banda se il fattore di merito molto pi grande di
uno, cio se i due poli complessi coniugati sono molto vicini all'asse immaginario e molto distanti
dall'asse reale. Al crescere del fattore di merito diventa sempre pi stretta la regione in cui la risposta,
(normalizzata in ampiezza) all'incirca uguale a 1 e quindi diminuisce la banda passante.
In figura 17 sono riportati due esempi di risposta in fase.
/2

()
=20

=1

/2

Figura 17

Risposta in fase per 0 = 10 (in unit arbitrarie) del circuito RLC di figura 13 per due
diversi valori di .

Si consideri, ora, la corrente I(s) come grandezza di uscita del circuito RLC descritto in figura 13.
In questo caso la funzione di trasferimento vale:

H I (s) =

I(s)
1
1
s
,
=
=
R
2
E(s) Z eq (s) L s + s + 1
L
LC

(85)

1/2

)/A( )

Q=1
Q=5
Q=10

Figura 18

404

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La funzione di trasferimento (85) ha, ovviamente, gli stessi poli di quella ottenuta considerando
come uscita la tensione del condensatore e in pi ha uno zero nell'origine. La risposta in ampiezza
vale:

A I () =

1
2
R 2 + 2 L2 1 02

(86)

dove 0 = 1 / LC . In questo caso la risposta in ampiezza assume il valore massimo per = 0 ,


ed uguale a zero per =0 (a causa dello zero nell'origine) e tende asintoticamente a zero per

, figura 18, e quindi il circuito si comporta, per qualsiasi valore di , da filtro passa-banda.
La frequenze di taglio a 3dB valgono (1 1 / 2Q) 0 nel limite Q>>1 (la larghezza della banda
passante a 3dB inversamente proporzionale al fattore di merito del circuito).
Se si assume come uscita la tensione dell'induttore, la funzione di trasferimento data da

V L (s)
s2
H L (s) =
.
=
E(s) s2 + R s + 1
L
LC

(87)

In questo caso la funzione di trasferimento ha uno zero doppio nell'origine e la risposta in ampiezza
tende asintoticamente a 1 per : il circuito pu funzionare da filtro passa-alto se < e da
filtro passa banda se >>
Infine si consideri il circuito del secondo ordine descritto in figura 19. Si assuma come uscita la
tensione del resistore. In questo caso la funzione di trasferimento

H(s) =

s 2 + 20
V(s)
,
=R 2
s + 2s + 20
E(s)

(88)

e la risposta in ampiezza vale:

A( ) = R

2 20
2
2 2
2 2
( 0 ) + 4

(89)

dove 0 = 1 / LC e 2 = 1/ RC . La funzione di trasferimento possiede due zeri sull'asse


immaginario, z = i 0 , e quindi la risposta in ampiezza uguale a zero per = 0 ; inoltre
A(0)=R e A() R per .
- Filtro taglia-banda
Questo circuito si comporta come un filtro taglia-banda. Un filtro taglia-banda ha la funzione di
sopprimere tutte le componenti armoniche di un segnale con pulsazioni all'interno di una certa banda
e lasciare inalterate le ampiezze di tutte le armoniche con pulsazioni all'esterno di quella banda. Nel
caso in esame le ampiezze delle armoniche con pulsazioni interne a un intorno ( 0 , 0 + ) di

0 (banda oscura del filtro taglia-banda), vengono notevolmente ridotte, rispetto alle ampiezze delle
armoniche con pulsazioni esterne a ( 0 , 0 + ) , (banda passante del filtro taglia-banda); 2
la larghezza della banda oscura del filtro. La larghezza della banda oscura a 3dB vale all'incirca 2

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

405

per 0 >> . La risposta in ampiezza normalizzata al valore massimo A() / A(0) circa uguale a
0 nell'intorno di 0 di ampiezza 2, ed uguale all'incirca a 1 all'esterno di questo intorno.
Un circuito con una risposta in ampiezza di questo tipo un circuito anch'esso risonante alla
pulsazione 0 . Questo circuito ha un comportamento duale a quello del circuito risonante RLC serie
con pulsazione 0 . Nel circuito risonante illustrato in figura 19 alla pulsazione di risonanza
l'ammettenza equivalente al parallelo tra l'induttore e il condensatore uguale a zero e quindi
uguale a zero la tensione sul resistore. Invece per 0 e l'impedenza del parallelo LC
tende a zero e quindi la tensione sul resistore uguale a quella in ingresso.

Figura 19

Circuito RLC anti-risonante.

10.4 Circuiti con amplificatori operazionali e generatori controllati


Ora analizzeremo, attraverso esempi, la risposta in frequenza di circuiti (del primo e del secondo
ordine) che utilizzano amplificatori operazionali e generatori controllati. In particolare vogliamo
mettere in evidenza due propriet dell'amplificatore operazionale, che sono fondamentali nelle
applicazioni circuitali.
Ricordiamo che l'amplificatore operazionale un doppio bipolo attivo, non reciproco, che alla
porta di uscita si comporta come un generatore di tensione controllato in tensione. Si assuma che, il
circuito funzioni in modo tale che l'amplificatore operazionale non vada mai a funzionare in
saturazione (la tensione in uscita all'amplificatore operazionale deve essere inferiore a quella di
saturazione).
- Un circuito del primo ordine
Si consideri il circuito rappresentato in Figura 20; esso pu essere considerato come un doppio
bipolo. L'ingresso la tensione della porta 1 e l'uscita la tensione della porta 2. Bisogna
determinare la funzione di trasferimento

H(s) =

V(s)
.
E(s)

(89)

Nel dominio s il funzionamento dell'amplificatore operazionale caratterizzato dalla relazione


caratteristica (per il momento consideriamo un guadagno a ciclo aperto finito)
I + (s) = I (s) = 0,
V(s) = AV0 (s),

(90)

406

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove A il guadagno dell'amplificatore.


La corrente I 0 (s) data da:

I0 =

E + V0
,
R0

(91)

ed uguale alla corrente totale che circola nel parallelo costituito dal resistore di resistenza R e dal

del parallelo vale


condensatore. Pertanto la tensione V
=I
V
0

R
.
RCs + 1

(92)

Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alla maglia costituita dalla porta di uscita 2, dal
parallelo R//(1/sC) e dalla porta di ingresso dell'amplificatore operazionale, si ottiene:

+ V = 0.
V +V
0

(93)

Figura 20
Usando la (92) e la (93) e la seconda delle (90), si ha il sistema:

R / R0

R / R0
V+
E,
+ 1 V0 =
RCs + 1

RCs + 1
V AV 0 = 0.

(94)

Risolvendo il sistema (94), si ottiene

1
R / R0
R / R0
V (s ) =
E.
1 +
RCs + 1
RCs + 1 A

(95)

Nel limite A , la (95) diventa:

H(s) =
dove

k=

1
V(s)
,
=k
s+
E(s)
1

R 0C

, =

1
.
RC

(96)

(97)

407

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Pur avendo il circuito in esame un elemento attivo, il polo della funzione di trasferimento
negativo. Gli effetti dei resistori passivi compensano quelli dell'elemento attivo e globalmente il
circuito dissipativo. Pertanto, il circuito ha una risposta armonica del tipo descritta in 3. Si
osservi, innanzi tutto, che possibile, scegliendo opportunamente R 0 , R e C , realizzare, almeno in
principio, una risposta in frequenza con una ampiezza massima e una pulsazione a 3dB arbitrarie.
Il circuito considerato, nel caso limite A pu essere rappresentato attraverso il doppio bipolo
equivalente illustrato in figura 21: esso si comporta alla porta 1 come se fosse un resistore di
resistenza R 0 , (nel limite A , V 0 0 e quindi I 0 = E / R 0 ), e alla porta 2 come se fosse
un generatore di tensione controllato in tensione (la tensione della porta 2 indipendente dalla
corrente di uscita). La tensione di controllo quella applicata in ingresso e la costante di
proporzionalit la funzione di trasferimento.

Figura 21
Si considerino, ora, due circuiti del primo ordine, connessi cos come descritto in figura 22
(questo tipo di connessione prende il nome di connessione in cascata).

Figura 22

Connessione in cascata di due blocchi del tipo illustrato in figura 20.

Siccome il circuito N1 si comporta alla porta 2 come un generatore di tensione controllato dalla
tensione V 1 , il suo funzionamento indipendente da ci che connesso alla porta 2 (cio a
destra), e quindi

V2 (s) = H1 (s)V1 (s) ,


dove

H1 (s) = k1

1
1
, k1 = 1 , 1 = 1/ R1C1 .
s + 1
R 0 C1

(98)
(99)

La relazione tra V 2 e V3 data da:

V3 (s) = H2 (s)V 2 (s) ,

(100)

408

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove

H2 (s) = k 2

1
1
, k2 = 2 , 2 = 1 / R2 C 2 .
R 0 C2
s + 2

(101)

Combinando le (98) e (100) si ha la funzione di trasferimento dei due blocchi in cascata:

H(s) =

V3
= H1 (s) H2 (s) .
V1

(102)

Allora la funzione di trasferimento dei due blocchi in cascata uguale al prodotto delle funzioni di
trasferimento dei singoli blocchi della cascata. Connettendo m circuiti del primo ordine, del tipo
appena descritto, in cascata, possibile realizzare funzioni di trasferimento con m poli reali e
negativi qualsiasi.
Osservazione
Si considerino i due circuiti RC illustrati in figura 23a e 23b. Le loro funzione di trasferimento sono

H1(s) = 1

k1
k2
, H2 (s) = 2
,
s + 1
s + 2

(103)

dove 1 = 1 / R1C1 e 2 = 1 / R2 C2 . Si consideri ora il circuito rappresentato in figura 23c ottenuto


collegando la porta 2-2' del circuito N1 alla porta 1-1' del circuito N2. Quanto vale la sua funzione di
trasferimento H (s) = V 3 (s ) / V 1(s ) ? Questa volta il funzionamento del circuito N1 dipende da cosa
collegato alla porta 2, e quindi evidente che H(s) H1 (s)H 2 (s) .

Figura 23
Interponendo tra il circuito N1 e il circuito N2 un generatore di tensione controllato in tensione,
come illustrato in figura 24, si ottiene

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

409

H(s) = H1 (s)H2 (s) ,

(104)

dove:

H i (s) =

i
, i = 1 / R i Ci i =1,2 .
s + i

(105)

Figura 24
La presenza del generatore di tensione controllato in tensione fa si che: (a) la porta 2-2' del circuito
N1 non caricata dalla porta 1-1' del circuito N2; (b) la tensione sulla porta 1-1' del circuito N2
direttamente proporzionale alla tensione sulla porta 2-2' del circuito N1. In questo caso il generatore
controllato oltre alla funzione di cambiare il guadagno, ha anche la funzione di disaccoppiare i due
circuiti di modo che la funzione di trasferimento globale il prodotto delle funzioni di trasferimento
dei singoli blocchi.
- Un circuito del secondo ordine
Si consideri, ora, il circuito del secondo ordine rappresentato in Figura 25: i bipoli dinamici sono
due condensatori. Anche questo circuito pu essere considerato come un doppio bipolo: l'ingresso
la tensione della porta 1 e l'uscita la tensione della porta 2. Bisogna determinare la funzione di
trasferimento

H (s ) =

V(s )
.
E (s )

(106)

Figura 25
Si assuma fin da ora che il guadagno dell'amplificatore operazionale sia infinito (A ); in questo
limite si ha (amplificatore operazionale ideale):
V0 (s) = 0 .

(107)

Applicando la seconda legge di Kirchhoff si ha che, la tensione V(s) uguale alla tensione V 2 del
condensatore di capacit C 2 e la tensione V R del resistore di resistenza R 2 uguale a V 1 (in

410

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

entrambi i casi stata usata la (107)). Inoltre, applicando la prima legge di Kirchhoff si ottiene
I = I1 + IR e I 2 = I R . Pertanto si ha:

V1 =

R 2 / sC1
1
1 V1
1
R2 / sC1
I, V =
I2 =
I.
=
sC2
sC2 R2 sR2 C2 R 2 + 1/ sC1
R 2 + 1 / sC1

(108)

Applicando di nuovo la seconda legge di Kirchhoff si ha:

R 2 / sC1
R2 / sC1
1
I+
R 2 + 1 / sC1
R2 + 1/ sC1 sR 2 C2 .
= [ R1R 2 C1C 2s 2 + (R1 + R2 )C 2s + 1]V(s)

E = R1I + VR + V2 = R1I +

(109)

Allora la funzione di trasferimento del circuito in esame

H(s) =

1
,
1 s
s
+
+1

Q
2

(110)

dove:

2 = 1 / (R1 R2 C1C 2 ), Q = R1R 2C1C2 / [( R1 + R 2 )C2 ].

(111)

Il parametro adimensionale Q pu essere sia maggiore che minore di uno, ma sempre positivo.
Essendo il circuito del secondo ordine, la funzione di trasferimento ha due poli. I due poli sono
certamente a parte reale minore di zero, perch il parametro Q maggiore di zero. I poli della
funzione di trasferimento (110) sono complessi coniugati se Q>1, invece sono reali se Q<1; per Q=1
sono reali e coincidenti. Pertanto il circuito in esame, pur avendo solo elementi dinamici della stessa
natura, pu avere poli ovvero pulsazioni naturali complesse coniugate. Ci possibile perch
l'amplificatore operazionale un elemento non reciproco; questa questione stata affrontata gi nel
Capitolo 8. Quando i due poli sono complessi coniugati il parametro Q dato dalle (109) coincide con
il fattore di merito della coppia di poli; per Q>>1 il circuito di figura 25 risonante.
Il circuito di figura 25 pu essere rappresentato dal circuito equivalente illustrato in figura 26.
L'impedenza Z 0 (s) data da

1
R2
Z 0 (s) = R1 + 1 +
.
sR 2 C2 R 2C1s + 1

(112)

Figura 26 Circuito equivalente del doppio bipolo di figura 25.


Considerando m circuiti di questo tipo in cascata, si realizza la funzione di trasferimento

H(s) = H1 (s)...Hm (s) ,

(113)

dove la generica funzione H i (s) del tipo (110) (ognuna di esse sar caratterizzata da un particolare
valore di Q e di ).

CAPITOLO 11

INTRODUZIONE AI FILTRI ANALOGICI

11.1 Generalit sui filtri analogici


Il legame ingresso-uscita di un circuito lineare tempo-invariante e dissipativo mette in evidenza
che essi possono comportarsi come sistemi selettivi in frequenza. Grazie alla dipendenza funzionale
della H(i ) dalla frequenza, alcune componenti frequenziali dellingresso sono soppresse mentre
altre restano inalterate: tale propriet viene denominata capacit di filtraggio, e viene utilizzata, in
fase di progetto, per separare un segnale voluto a partire da una miscela di segnale voluto e uno o
pi segnali non voluti (ad esempio, disturbi, rumore).
Nel seguito viene considerato il caso pi semplice, ma abbastanza comune, che segnale voluto e
non voluto non si sovrappongano in frequenza, per cui l'operazione di filtraggio idealmente si riduce
a far passare in maniera indisturbata il segnale voluto e nel sopprimere completamente il non voluto.
Ci si ottiene con i filtri ideali di figura 1, classificati sulla base dell'intervallo di frequenze (useremo
spesso la frequenza f invece della pulsazione =2f), all'interno del quale il filtro agisce come
sistema non distorcente (banda passante) in passa-basso (LPF sta per low pass filter), passabanda (BPF sta per band pass filter), passa-alto (HPF sta per high pass filter) e tagliabanda (RBF sta per reject band filter).
11.1.1 Filtri ideali
Le caratteristiche di un filtro ideale sono:
(a) risposta in ampiezza costante in banda passante e nulla al di fuori, nella banda oscura;
(b) fase lineare nella banda passante;
(c) transizione brusca dalla banda passante a quella oscura.
Il filtro passa-basso ideale e il filtro passa-alto ideale sono caratterizzati dalla frequenza di taglio
f t : la banda passante del filtro passa-basso ideale l'intervallo (0,f t ) , mentre quella del filtro passaalto l'intervallo (f t ,) . Il filtro passa-banda ideale e il filtro taglia-banda ideale sono caratterizzati
dalla frequenza di taglio inferiore f 1 e da quella superiore f 2 : la banda passante del filtro passa-

412

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

banda ideale l'intervallo (f1 ,f 2 ) , mentre quella del filtro taglia-banda l'intervallo

(0,f1 ) (f 2 ,) . La banda oscura l'insieme delle frequenze complementare all'insieme che


definisce la banda passante.

Figura 1

Risposta in ampiezza e fase dei filtri ideali (a), simboli dei filtri ideali (b) e risposta in
ampiezza dei filtri reali (c).

Osservazione
Prima di proseguire, merita un approfondimento la specifica riguardante l'andamento della fase
nella banda passante. Si consideri un segnale costituito da tre funzioni sinusoidali:

x(t) = X0 cos(2f 0 t ) + Xa cos(2f a t) + Xb cos(2f b t) ,

(1)

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

413

e si supponga che

x n (t) = X 0 cos(2f 0 t) ,

(2)

sia il segnale indesiderato presente nel sistema fisico di interesse. Il segnale voluto :

x (t) = Xa cos(2 f a t) + X b cos(2 f b t) .

(3)

Si assuma che f 0 > f b > f a . Essendo la risposta in ampiezza del filtro passa-basso ideale

1 0 < f < f t ,
A(2f) =
0 f t < f,

(4)

il segnale non voluto pu essere eliminato usando un filtro passa-basso ideale con frequenza di
taglio f t tale che:

f a < f b < ft < f0 .

(5)

(Quando f a f b e f a >> (f b f a ) conveniente usare un filtro passa-banda piuttosto che uno


passa-basso).
La (5) garantisce che il segnale non voluto non presente in uscita. Essa garantisce, anche, che il
segnale voluto sia restituito senza alterazioni? Le uniche alterazioni ammissibili sono: (a) modifica
dell'ampiezza del segnale voluto nel suo complesso, senza alterarne la forma; (b) un ritardo
dell'intero segnale, possibilmente riducendolo al minimo necessario. Pertanto, l'uscita u(t) del filtro
deve valere:

u(t) = kx (t r ) ,

(6)

dove k e r sono due costanti (deve essere r > 0 perch i circuiti sono sistemi causali): k descrive
l'attenuazione ( k 1 ) o l'amplificazione ( k > 1 ) del segnale voluto (nel suo complesso) e r il
ritardo.
Usando la risposta in frequenza del filtro passa-basso ideale, si ha per u(t)

u(t) = Xa cos[ 2f a t + (2f a )] + X b cos[2f b t + (2f b )] .

(7)

La (7) verifica la condizione (6) solo se:

(2f a ) = 2 r f a ,
(2f b ) = 2r f b ,

(8)

cio se la risposta in fase (2f ) del tipo

(2f ) = 2 r f .

(9)

In questo caso si ha

u(t) = Xa cos[ 2 f a (t r )] + X b cos[2 f b (t r )] = x(t r ) .


Se fosse:

(10)

414

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

a =

(2f a )
(2f b )
,
b =
2f a
2f b

(11)

si avrebbe:

u(t) = Xa cos[ 2f a (t a )] + Xb cos[2f b (t b )] ,

(12)

e il segnale in uscita avrebbe una forma diversa da quello in ingresso perch ogni armonica avrebbe
un ritardo temporale diverso dal ritardo delle altre. Solo se la risposta in fase lineare, la forma
d'onda del segnale voluto non distorta, ma semplicemente ritardata.
11.1.2 Condizioni di fisica realizzabilit e filtri reali
immediato constatare che i filtri ideali non sono realizzabili con i circuiti dissipativi a parametri
concentrati fin qui analizzati. Ricordiamo che la funzione di trasferimento H(s) (o di rete) di un
circuito dissipativo a parametri concentrati ha le seguenti caratteristiche:
(a)

H(s) una funzione razionale di s a coefficienti reali, cio esprimibile tramite il rapporto di
due polinomi a coefficienti reali;

(b)

i poli di H(s) sono tutti a parte reale minore di zero.

Da queste propriet si ha che H(s) analitica sull'asse immaginario, e quindi la risposta in


ampiezza deve essere una funzione continua di , ovvero di 2f. Pertanto non ci pu essere una
transizione brusca tra la banda passante e la banda oscura. Inoltre la risposta in ampiezza non pu
essere uguale a zero in un intervallo di frequenze di ampiezza non nulla, altrimenti non sarebbe
verificata la condizione di Paley-Wiener.
Con le reti elettriche possibile realizzare filtri che possono solo approssimare quelli ideali (filtri
reali, figura 1c). Essi sono caratterizzati dall'avere:
(i)

una risposta in ampiezza e derivata della fase (rispetto alla frequenza) in banda passante
compresi entro margini prefissati;

(ii)

una risposta in ampiezza inferiore ad un prefissato minimo in banda oscura;

(iii)

una transizione tra banda passante e banda oscura che impegna uno o pi intervalli di
frequenza di ampiezza non nulla (bande di transizione).

Osservazione
In generale le specifiche sulla risposta in ampiezza e in fase non possono essere assegnate
indipendentemente, dato che per potere essere realizzati tramite un circuito a parametri concentrati
devono essere, rispettivamente, il modulo e la fase di una funzione espressa attraverso un rapporto di
polinomi a coefficienti reali. Nel seguito vengono considerate solo le specifiche sulla risposta in
ampiezza, che il caso di maggior interesse. Qualora il profilo della fase del circuito progettato in
base alle sole specifiche sull'ampiezza non sia soddisfacente, sar necessario correggerlo ricorrendo a
opportuni circuiti (su questa problematica si ritorner in seguito).

415

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

L'assegnazione delle specifiche, che costituisce il primo passo della sintesi, pu essere fatta
graficamente dando la cosiddetta maschera che fissa i margini entro cui approssimare il filtro
ideale.
In figura 2 illustrata la maschera di riferimento per un filtro passa-basso: precisamente in
figura 2a illustrata l'andamento della risposta in ampiezza A() (la risposta in ampiezza
normalizzata in modo tale che il suo valore massimo sia uguale a 1), e in figura 2b viene illustrata
l'andamento della funzione attenuazione cos definita:

1
2
= 20log A(2f ) = 10log[A (2f )] .
(f) = 20log
A(2f)

(13)

Le specifiche sono date assegnando le frequenze estreme della banda passante e della banda oscura,
nonch i margini entro cui deve essere compresa l'attenuazione in ogni banda. Per il filtro passa-basso
occorre assegnare i seguenti parametri:
-

fp

frequenza di taglio della bande passante;

fs
p

frequenza di taglio della banda oscura;


massima attenuazione (in dB) nella banda passante;

minima attenuazione (in dB) nella banda oscura.

Figura 2

Maschera di un filtro passa basso reale: risposta in ampiezza (a) e funzione di


attenuazione (b).

Il parametro LPF f s / f p prende il nome di rapporto di transizione del filtro passa-basso reale
ed sempre maggiore di uno. Alla massima attenuazione nella banda passante corrisponde il
parametro

nella maschera per A():

la misura del massimo scostamento ammissibile, in

banda passante, dalla risposta in ampiezza del filtro ideale. Invece, alla minima attenuazione nella
banda oscura corrisponde il parametro 1 / As : 1 / As il massimo valore ammissibile della risposta
in ampiezza nella banda oscura. Nel filtro passa-basso ideale f s = f p = f f , p = 0, s = .
La maschera per la funzione attenuazione di un filtro passa-alto caratterizzata da grandezze
simili: in questo caso il rapporto di transizione definito come HPF f p / f s ed maggiore di uno.
Invece per la maschera di un filtro passa-banda (o taglia-banda) oltre alla massima attenuazione in
banda passante e a quella minima in banda oscura, bisogna assegnare le due frequenze estreme
f 1p e f 2 p (f1p < f 2p ) della banda passante e le due frequenze estreme f 1s e f 2s (f1s < f 2s ) della

416
banda

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

oscura.

In

BPF = (f 2 s f1s ) / (f 2p

questo

caso il rapporto di transizione definito come


f 1p ) ed maggiore di uno. Per il filtro taglia-banda il rapporto di

transizione definito come RBF = (f 2 p f 1p ) / (f 2 s f 1s ) ed ancora maggiore di uno. Nel filtro


passa-banda (o taglia-banda) ideale f 1s = f 1p = f1 , f 2s = f 2p = f 2 , p = 0 e s = . Il rapporto
di transizione in tutti i filtri ideali sempre uguale a 1.
Il secondo passo nella procedura di sintesi consiste nel determinare l'espressione analitica della
risposta in ampiezza che soddisfa le specifiche di progetto: occorre, in altri termini, approssimare
l'andamento costante a tratti del filtro ideale come una funzione A() scelta in una certa classe e
secondo un opportuno criterio, in modo tale che verifichi le specifiche imposte dalla maschera. Per la
2

propriet (a) la funzione A () deve essere una funzione razionale di a coefficienti reali (questa
un'altra condizione di fisica realizzabilit).

Figura 3

Confronto tra criterio massima piattezza (a) e minima piattezza (b).

Per quanto riguarda il criterio di approssimazione pu essere usato un criterio che richieda che
l'errore

(2f )
e(f ) = A(2f) A

(14)

(2f) la risposta in ampiezza


sia nullo ad una particolare frequenza f 0 , con alcune sue derivate; A
ideale da approssimare e A(2f) la risposta in ampiezza approssimante. In questo modo l'errore
risulta essere piccolo in un intorno di f 0 , la cui ampiezza dipende dall'ordine della prima derivata
non nulla in f 0 . Questo il criterio della cosiddetta massima piattezza. Pu essere usato anche un
criterio che imponga che il massimo errore assoluto sia minimo in uno o pi intervalli, figura 3b. Ci
in genere d luogo ad un andamento oscillante dell'errore, e quindi della risposta in ampiezza,
nell'intervallo di frequenze considerate. Questo il criterio della minima piattezza.
Nel seguito delineeremo la procedura di sintesi per i filtri a massima piattezza sia in banda
passante che in banda oscura (filtri di Butterworth). La procedura riguarder i soli filtri passa-basso,
dal momento che la sintesi degli altri tipi pu essere condotta in termini di un filtro passa-basso
prototipo, che mediante opportune trasformazioni della variabile indipendente f, ( oppure s) genera
il filtro desiderato.

11.2 Filtri di Butterworth

417

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

I filtri di Butterworth sono caratterizzati dallavere risposta in ampiezza massimamente piatta in


banda passante e in banda oscura. Per essi la funzione densit spettrale di energia
2

A () =

k2
2n ,

1+

(15)

dove k e sono due costanti e n un numero intero, (la (15) una funzione razionale di per ogni
n intero). Il massimo di A() in =0 ed uguale a k; l'intero n detto ordine del filtro di
Butterworth e la pulsazione di taglio a 3 dB del filtro. La risposta in ampiezza inizia da 20log(k)
(in corrispondenza di =0) e decade monotonamente di 3dB (per ogni n) alla pulsazione .
Sviluppando la (15) in serie di Taylor nell'intorno di =0, si ha:

A 2 () = 1

2n

4n

... ;

(16)

la prima derivata non nulla nell'intorno di =0 quella di ordine 2n, il che prova la massima
piattezza della funzione densit spettrale di energia nell'intorno di =0; in modo analogo si pu
verificare che a massima piattezza anche in banda oscura per .
L'andamento di A() monotono ed illustrato in figura 4 per alcuni valori di n; si osservi che per

n , l'approssimazione di Butterworth tende alla caratteristica del filtro passa-basso ideale.


A()/A(0)
1
1/2
0.5

n=1

n=10
0

Figura 4

n=3

n=2

Risposta in ampiezza del filtro di Butterworth al variare dell'ordine.


100,0
(f)
80,0

n=10

60,0

n=3

40,0

n=2

20,0

n=1

0,0

Figura 5

n=

log(f/f )
t

0,1

10

Diagramma di Bode della funzione di attenuazione del filtro di Butterworth al variare


dell'ordine.

418

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In figura 5 riportato il diagramma di Bode per la funzione attenuazione corrispondente

(f) = 20log[1 / A(2f )] = 10log[1 + (2f / )2n ]


f << ( / 2 )
0

20nlog[ f / ( / 2)] f >> ( / 2)

(17)

ottenuto approssimando (f) con i suoi asintoti per f 0 e f . Si osservi che per f>>/2,
l'attenuazione cresce di 20 dB/ decade.
La costante k deve essere determinata in base al valore dell'ampiezza massima richiesta, mentre
l'ordine del filtro n e la frequenza di taglio a 3dB

f t = / 2 ,

(18)

devono essere determinate sulla base delle specifiche assegnate in termini di f p , f s , p e s .


Imponendo queste specifiche si hanno le due disequazioni:

10log[1 + (f p / f t )2n ] p ,

(19)

10log[1 + (f s / f t ) 2n ] s ,

nelle due incognite f t e n . Con qualche semplice manipolazione delle (19) si ottiene per l'ordine del
filtro n

n int [ln() / ln( )] + 1 ,

(20)

dove il rapporto di transizione del filtro, = f s / f p , e

10 s /10 1
=
/10
10 p 1

A2s 1
.

(21)

Per la frequenza di taglio a 3dB f t si ha la disuguaglianza:

fp

1
2n

p /10

10

f t f s 2n

1
10s /10 1

(22)

Si osservi che sempre f p f s . In genere per n si prende il numero intero pi piccolo che verifica
la (20); una volta determinato l'ordine, attraverso la (22) viene determinata la frequenza di taglio f t
e quindi la pulsazione di taglio .
Esempio
Determinare il filtro di Butterworth che verifica le seguenti specifiche

(f ) p = 0.1 dB

f fp = 3MHz,

(f ) s = 60 dB

f fs = 12MHz.

Sostituendo i valori assegnati nelle (21) si ha = 4, = 6553 , e sostituendo i valori cos ottenuti
nella (20) si ottiene che l'ordine deve verificare la condizione n 7 . Assumendo n 7 , per la
frequenza di taglio a 3dB si ha 3.92MHz f t 4.47MHz .

419

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

I filtri di Butterworth, avendo una funzione di attenuazione monotona sia in banda passante che in
banda oscura, soddisfano le specifiche con un margine crescente man mano che la frequenza aumenta
in banda passante e diminuisce in banda oscura. Un approccio pi efficiente quello di distribuire
l'approssimazione in modo uniforme in banda passante (Chebischev del primo tipo) o in banda oscura
(Chebischev del secondo tipo) imponendo che la risposta in ampiezza oscilli con ampiezza costante
in banda passante o in banda oscura. I filtri di Chebischew (filtri ellittici) sono caratterizzati da una
risposta in ampiezza oscillante sia in banda passante che in banda oscura.

11.3 Circuiti passa tutto e circuiti a fase minima


11.3.1 Circuito passa tutto
Si definisce circuito passa tutto un circuito asintoticamente stabile che ha risposta in ampiezza
costante:

H(i ) = k .

(23)

Il diagramma poli-zeri di un circuito passatutto ha la seguenti propriet:


-

a ogni polo pi corrisponde uno zero z i che la sua immagine rispetto all'asse immaginario,

z i = p*i .

(24)

Dall'esame della figura 6 risulta che, il contributo della coppia pi e z i = pi (e quindi anche della

coppia pi e z i = pi ) al modulo di H(i ) vale 1 per , e quindi:

i (i + p i )
*

A() = H(i) = k

i (i pi )

=k

i [ i + i( i )]
= k.
i [ i + i( i )]

(25)

Figura 6
Una conseguenza della propriet di simmetria appena descritta che, la fase () della risposta in
frequenza decresce monotonamente.

Si consideri dapprima il contributo della coppia di zeri z i e z i . La fase i () del fattore i z i


decresce monotonamente dal valore / 2 , che assume per = , al valore che assume per
= i (vedi figura 6). Per = +i la fase di i z*i + e poi decresce, di nuovo
monotonamente, al valore + / 2 che assume per = + .

420

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La fase i () del fattore i z i decresce monotonamente dal valore / 2 , che assume per

= , al valore che assume per = i (vedi figura 6). Per = +i la fase di i z i


+ e poi decresce, di nuovo monotonamente, al valore + / 2 che assume per = + .
Osservazione
Le funzioni i () e i () sono discontinue, rispettivamente, in = i e in = i dove
i

i i

hanno un salto pari a 2. Queste discontinuit sono eliminabili, poich le funzioni e i e e sono
periodiche di periodo 2. immediato verificare che gli andamenti descritti per i () e i () sono
equivalenti a: le fasi i () e i () decrescono con legge monotona e con continuit dal valore

3 / 2 , che assumono per = , al valore + / 2 , che assumono per = + .

Si consideri ora il contributo dei due poli pi e p i . Sia la fase i () del fattore i pi , che la
i () del fattore i pi , crescono con legge monotona e con continuit dal valore / 2 ,
fase
che assumono per = , al valore + / 2 , che assumono per = + .
Si consideri la determinazione delle fasi i () e i () che d funzioni continue. Il contributo
*

alla fase globale () della coppia z i = pi e pi e della coppia z i = p i e pi

i ()],
i () = i () + i () [ i () +

(26)

decresce con continuit da 4 a 0 per crescente da a + ; in =0 vale 2 , figura 7. La


funzione i () continua ma non dispari. In figura 8 illustrata un'altra possibile determinazione
della fase,

i () 4 < 0,
i () =
> 0.
i ()

(27)

La funzione i () dispari, ma non continua in =0.

Figura 7

i i () ovunque continua e decresce da 2N a 0 quando


va da a + , essendo N il numero di poli. Invece () = i i () decresce da 0 a per
Allora la fase (globale) () =

crescente da a 0 ; in =0 ha un salto pari a 2N e poi decresce da + a 0 per crescente da

0+ a + .

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

421

Figura 8
Osservazione
I circuiti passa-tutto sono usati per modificare la fase della risposta in frequenza di un dato
circuito, ad esempio un circuito che realizza un filtro passa-basso. Essi prendono il nome di circuiti
equalizzatori. Tali sistemi sono di estrema importanza nella sintesi dei filtri, poich consentono, in
fase di progettazione, di separare il problema della sintesi della risposta in ampiezza da quello della
sintesi della risposta in fase.

Figura 9

Circuito passa-tutto.

Un circuito che realizza un filtro passa-tutto illustrato in figura 9; i due bipoli rappresentati con le
due scatole sono costituiti da soli induttori e condensatori. La funzione di trasferimento di questo
circuito :

H(s) =

V(s) V r V1
I (R Z1 )
.
=
= (R Z1 ) =
E
E(s)
E (R + Z1 )

(28)

Siccome ogni blocco rappresentato da una scatola corrisponde a un bipolo costituito da soli bipoli
dinamici (induttori e condensatori), si ha Z 1 (i ) = i X() (l'impedenza operatoriale per s = i
coincide con l'impedenza introdotta nell'analisi di un circuito in regime sinusoidale con il metodo
fasoriale), e quindi

422

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

H(i ) =

R i X()
.
R + i X()

(29)

Dalla (29) si ha immediatamente:

A( ) = H(i ) =

R i X( )
= 1 .
R + i X( )

(30)

Osservazione
Nella realt non esistono condensatori e induttori ideali, cio sia l'impedenza del condensatore che
quella dell'induttore hanno una parte reale diversa da zero per s = i , a causa delle perdite nel
dielettrico, nei conduttori e nei materiali magnetici. Essa, sebbene sia molto piccola, non pu mai
essere uguale a zero. Pertanto non possibile realizzare un filtro passa-tutto ideale, cos come stato
definito. Comunque, scegliendo in maniera opportuna i componenti possibile realizzare dei circuiti
che approssimano molto bene un circuito passa-tutto.
11.3.2 Circuiti a fase minima
Definizione
Un circuito (e pi in generale un sistema lineare) con tutti poli a parte reale negativa si dice a
fase minima se tutti gli zeri hanno parte reale negativa.
Se un sistema (o circuito) a fase minima e H(s) la sua funzione di trasferimento, allora la
funzione analitica U(s), ottenuta invertendo H(s),

1
,
H(s)

U(s) =

(31)

ha tutti poli a parte reale minore di zero.


La derivata della fase = () rispetto a , cambiata di segno, prende il nome di ritardo di
gruppo del circuito ( = () la determinazione della fase che da luogo a una funzione continua e
derivabile ovunque),

d
,
d

(32)

()

(33)

mentre la grandezza

prende il nome di ritardo di fase del circuito.

423

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Che significato hanno i ritardi di gruppo e di fase? Se il segnale in ingresso x(t) lentamente
variabile nel tempo se confrontato con la risposta impulsiva del sistema, allora la risposta del circuito
, con buona approssimazione, data da1

u(t) A(0)f[ t g (0)] .

(34)

In questo caso il ritardo di gruppo rappresenta il ritardo con il quale viene trasferito il segnale
dall'ingresso all'uscita. Si consideri, ora, in ingresso al circuito un segnale di questo tipo:

x(t) = a(t)cos( 0 t) ;

(35)

se l'inviluppo a(t) varia lentamente nel tempo rispetto alla portante cos( 0 t) , l'uscita
approssimativamente data

u(t) A( 0 )a[ t g ( 0 )] cos[ 0 (t p ( 0 )] .

(36)

In questo caso il ritardo di gruppo rappresenta il ritardo con il quale viene trasferito dall'ingresso
all'uscita l'inviluppo e il ritardo di fase il ritardo con il quale viene trasferita la fase della portante.
Un circuito a fase minima ha la seguente propriet:
sia H(s) la funzione di trasferimento di un circuito arbitrario con poli tutti a parte reale minore di zero
e zeri tutti a parte reale maggiore di zero. Se la risposta in ampiezza H(i ) uguale a quella di un
circuito a fase minima con funzione di trasferimento H m (s) ,

H(i ) = Hm (i ) ,

(37)

allora il ritardo di gruppo d / d di H(i ) pi grande del ritardo di gruppo dm / d di

H m (i ) .
La dimostrazione di questa propriet semplice. Si consideri la funzione

H 0 (s) =

H(s)
.
Hm (s)

(38)

Dalle (37) e (38) segue che, il modulo di H 0 (i) uguale a uno per ogni valore della pulsazione.
Inoltre i poli di H 0 (s) sono tutti a parte reale minore di zero, perch essi sono i poli di H(s) e gli zeri
di H m (s) . Pertanto H 0 (s) la funzione di trasferimento di un circuito passa-tutto e la fase 0 () di
H 0 (i) decresce con legge monotona al crescere della pulsazione. Di conseguenza deve essere

d 0
<0;
d

(39)

usando la relazione 0 () = () m () , si ottiene

dm
d
<
.
d
d

Vedi in A. Papoulis, Signal Analysis, McGraw Hill.

(40)

424

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

In conclusione, tra tutti i possibili circuiti che possono avere una assegnata risposta in ampiezza
quello a fase minima introduce un ritardo di gruppo minimo.

11.4 Fattorizzazione spettrale


Il problema della fattorizzazione spettrale quello di determinare la funzione di trasferimento, o
equivalentemente la risposta impulsiva, di un circuito (o pi in generale di un sistema lineare tempoinvariante), quando assegnata la sola risposta in ampiezza A=A().
Innanzi tutto A() deve verificare la condizione di Paley-Wiener discussa nel capitolo precedente.
Tuttavia se la condizione di Paley-Wiener soddisfatta, la soluzione del problema non unica. Ad
esempio, lo spostamento di uno zero nella posizione immagine non altera la risposta in ampiezza, e
altrettanto vero per lo spostamento di un polo nella sua posizione immagine. Per se si impongono
le condizioni aggiuntive che il sistema sia asintoticamente stabile e a fase minima, allora la soluzione
del problema unica.
Siccome A() in corrispondenza biunivoca con la funzione densit di energia, il problema della
2
fattorizzazione pu essere equivalentemente posto assegnando la funzione A () . La funzione

A 2 () deve essere necessariamente una funzione razionale di 2 , affinch possa essere la densit
spettrale di energia di una funzione risposta in frequenza di un circuito (a parametri concentrati),

G( 2 ) = A2 () = H(i) H* (i ) = H(i ) H( i ) ,

(41)

dove G( ) la funzione densit spettrale di energia assegnata. Dunque in termini della variabile
complessa s dalla (41) si ha

H(s) H(s) = G(s2 ) ;

(42)

G(s2 ) il prolungamento analitico di G( 2 ) a tutto il piano complesso.


2
facile mostrare che il diagramma poli-zeri di G(s ) simmetrico sia rispetto all'asse reale che
2
2
rispetto all'asse immaginario. Siccome, per ipotesi, G( ) una funzione razionale di a
2
2
coefficienti reali, anche G(s ) una funzione razionale, a coefficienti reali, di s e quindi di s.
2
Pertanto i poli e gli zeri di G(s ) sono o reali o complessi coniugati, e di conseguenza simmetrici
2
rispetto all'asse reale. D'altra parte se z h e p k sono, rispettivamente, uno zero e un polo di G(s ) ,
2
allora anche zh e p k sono, rispettivamente, uno zero e un polo di G(s ) .
Il caso di zeri immaginari pu essere trattato tramite un ragionamento al limite, cio considerare la
quaterna { + i h , i h , + i h , i h } e poi far tendere a zero. Pertanto gli zeri
immaginari hanno necessariamente molteplicit due, o multipla di due (poli immaginari non c' ne
sono, perch si considerano solo sistemi asintoticamente stabili).

425

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Sulla base di tali propriet, il problema della fattorizzazione spettrale viene risolto con la seguente
procedura.

Passo 1

G( 2 ) = H(i) 2 si prolunga alla restante parte del piano complesso con la


2

sostituzione formale s = i e cos si ottiene G(s ) .


2

Passo 2

Si determinano i poli e gli zeri di G(s ) .

Passo 3

Si sceglie il sottoinsieme {z i } degli zeri e il sottoinsieme {pi } dei poli di G(s ) a


parte reale negativa, di modo che il sistema risulta essere asintoticamente stabile e a fase

minima.
Passo 4

Si pone

(s z k )

H(s) = k

zk {z h }

(s pk )

(43)

p k { p h }

Passo 5

Si determina la costante k imponendo H(0)=G(0).


2

La procedura innanzi descritta pu essere semplificata scrivendo G(s ) in termini di fattori biquadratici del tipo

[(s + )2 + 2 ][(s )2 + 2 ] = s 4 + As2 + B,

(44)

originati dalla quaterna di poli ( i) ( 0 e 0) , dove

A = 2 2 4 2 ,

(45)

B = ( 2 + 2 )2 .
Il corrispondente fattore per H(s)

dove

2
2
2
(s + + i )(s + i ) = s + 2s + 0 ,

(46)

02 = 2 + 2 .

(47)

Esempio
2

)(
)
+ 9 ). Il fattore a fase minima corrispondente a ( s2 + 4 )
4

Si consideri la funzione G( ) = + 4 / + 10 + 9 . Ad essa corrisponde la funzione

)(

analitica G(s ) = s + 4 / s 10s


2

(s+2) dato che ( s + 4 = (s + 2)(s + 2) . Il fattore s + 2s + 0 corrispondente a

s 4 10s 2 + 9 , secondo le formule (44)-(47), s 2 + 4s + 3 . Allora la H(s) di un circuito


asintoticamente

a fase minima, con densit spettrale di energia


H(s) = (s + 2) / s + 4s + 3 . Essa ha uno zero in s=2, e due poli in s=1 e s=3.

stabile
2

G, vale

426

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

11.4.1 Fattorizzazione spettrale per i filtri di Butterworth


Si consideri, ora, un filtro di Butterworth. Esso completamente determinato una volta assegnata
l'ampiezza alla pulsazione =0, la pulsazione di taglio a 3dB e l'ordine n. Si ha
2

G( ) =

k2
2n ,

1+

(48)

e quindi

G(s2 ) =

k2
s2 n
1 + 2

(49)

Dalla (49) segue immediatamente che, il filtro di Butterworth non ha zeri al finito e che i poli sono le
soluzioni a parte reale minore di zero dell'equazione
n

s2

+ 1 = 0.
2

(50)

Risolvendo la (50), si ottiene per le radici a parte reale minore di zero:

s
s
s1

3
2n 1
= iexp i , 2 = i exp i ,..., n = iexp i
.
2n
2n

n 2

(51)

Le radici dell'equazione (50) sono uniformemente distribuite lungo la circonferenza di raggio 1 a


partire dalla radice reale s=1 se n dispari e dalla radice complessa s = cos( / 2n) + i sin( / 2n)
2

se n pari. In tabella I sono riportati i poli a parte reale minore di zero di G( s ) per =1 e
n=1,2,...,6.
Tabella I. Posizione dei poli del filtro di Butterworth di ordine n per =1.
n

n dispari

n pari

s1 = 1 + i 0

s1 = 0.707 + i 0.707
s2 = 0.707 i 0.707

s1 = 0.500 + i 0.866 4
s2 = 0.500 i 0.866
s 3 = 1 + i 0

s1 = 0.924 + i 0.383
s2 = 0.924 i 0.383
s 3 = 0.383 + 0.924i
s4 = 0.383 0.924i

s1 = 0.809 + i 0.588 6
s2 = 0.809 i 0.588
s 3 = 0.309 + i 0.951

s1 = 0.966 + i 0.259
s2 = 0.966 i 0.259
s 3 = 0.707 + i 0.707

s4 = 0.309 i0.951
s 5 = 1 + i 0

s4 = 0.707 i 0.707
s 5 = 0.259 + 0.966i
s 6 = 0.259 0.966i

427

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La funzione di trasferimento associata con una funzione di Butterworth di ordine n con k=1 e =1
data da (filtro passa-basso di Butterworth normalizzato):

H(s) =

s + b n1s

1
,
+...+b1s + b0

(52)

n1

dove i coefficienti b 0 , b1, ..., bn1 sono elencati in Tabella II per n=1,2,...,6. Poich H(s)
nell'equazione (52) non ha zeri, una funzione di trasferimento siffatta denominata funzione a tutti
poli.
Tabella II. Coefficienti del polinomio D(s) di H(s) per k=1 e =1.
n b0

b1

b2

b3

b4

b5

1 1.000
2 1.000

1.414

3 1.000

2.000

2.000

4 1.000

2.613

3.414

2.613

5 1.000

3.236

5.236

5.236

3.236

6 1.000

3.864

7.764

9.142

7.464

3.864

La funzione di Butterworth la funzione pi semplice in grado di approssimare la risposta in


ampiezza di un filtro passa-basso ideale, con un grado di precisione arbitrario. Esistono, comunque,
classi di funzioni pi sofisticate, tramite le quali possibile ottenere un approssimazione migliore per
un dato ordine n. La loro descrizione non rientra negli scopi di queste Lezioni introduttive alla
problematica dei filtri analogici. Baster dire, comunque, che le funzioni di trasferimento ad esse
corrispondenti sono a tutti poli e quindi del tipo (52). I coefficienti corrispondenti si trovano elencati
nei manuali di progettazione dei filtri, per varie classi di funzioni approssimanti, compresa la
funzione di Butterworth, fino a valori di n piuttosto elevati.
11.4.2 Sintesi di funzioni di trasferimento a tutti poli tramite elementi passivi
La sintesi di un filtro consta di due passi fondamentali: (a) sintesi della funzione di trasferimento
che ha la risposta in ampiezza desiderata; (b) la sintesi del circuito che realizza la funzione di
trasferimento determinata al passo precedente.
In questo paragrafo non viene sviluppata la teoria della sintesi dei circuiti. Ci si limiter solo a
ricordare alcuni risultati di questa teoria, attraverso delle esemplificazioni.
Un risultato fondamentale della sintesi, che usa elementi passivi, dovuto a S. Darlington. Si
consideri un circuito passivo del tipo illustrato in figura 10, costituito da un doppio bipolo passivo
costituito da soli induttori e condensatori e da un resistore (il segnale di ingresso potrebbe essere
anche la corrente). Con un circuito di questo tipo possibile realizzare qualsiasi funzione di
trasferimento

H(s) =

V(s) N(s)
=
E(s) D(s)

(53)

428

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

che verifichi le seguenti condizioni:


(a) il grado del numeratore al pi uguale al grado del denominatore aumentato di 1;
(b) i poli sono tutti a parte reale minore di zero.

Figura 10

Filtro del primo ordine, H(s) =

1
s+1

Filtro del secondo ordine, H(s) = 2


s +

1
2s + 1

Filtro del terzo ordine, H(s) = 3


s + 2s 2 + 2s + 1
Figura 11

Reti a scala che realizzano filtri di Butterworth con n=1,2 e 3.

Si considerino, ora, i filtri di Butterworth di ordine 1, 2 e 3 normalizzati, cio con pulsazione di


taglio a 3dB = 1 e ampiezza massima uguale a 1. Essi possono essere realizzati cos come
illustrato in figura 11. Queste realizzazioni prendono il nome di reti a scala. Il numero degli elementi
attivi pari al numero dei poli del circuito e quindi all'ordine del filtro. Esistono degli abachi che
riportano le reti che realizzano i filtri di Butterworth di ordine qualsiasi.
Osservazione

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

429

Il circuito descritto in figura 12 si ottiene da quello illustrato in figura 10 sostituendo al generatore


di tensione sulla porta 1 del doppio bipolo LC un corto circuito e inserendo in serie al resistore R0
connesso alla porta 2 il generatore di tensione.

Figura 12
Applicando la prima forma della propriet della reciprocit ai circuiti di figura 9 e 13, si ottiene per la
funzione di trasferimento Hr(s) del circuito di figura 13

I (s) H(s)
,
H r (s) 1 =
E(s) R 0

(54)

cio la funzione di trasferimento del circuito di figura 12 , a meno di un fattore costante, uguale a
quella del circuito di figura 10. Pertanto nei circuiti illustrati in figura 11 se al posto dei generatori di
tensione si sostituiscono dei corto circuiti e i generatori di tensione si inseriscono in serie ai resistori
di resistenza unitaria si ottengono ancora dei filtri di Butterworth di ordine 1, 2 e 3 rispettivamente.
Considerazioni duali valgono per i circuiti con i generatori ideali di corrente. Questo risultato molto
interessante dal punto di vista applicativo, perch qualsiasi sorgente reale di segnali elettrici deve
essere schematizzata necessariamente con un generatore ideale di tensione (o di corrente) e un
resistore in serie (rispettivamente, in parallelo).

11.5 Leggi di trasformazione


Le reti a scala appena illustrate possono essere usate per realizzare o filtri passa-basso dello stesso
ordine, ma con pulsazione a 3dB e ampiezza massima qualsiasi, o filtri di altro tipo, utilizzando le
trasformazioni in frequenza che appresso illustreremo.
11.5.1 Variazione in scala della frequenza di taglio
Si consideri un circuito N0 (circuito prototipo) con risposta in ampiezza

A 0 = A0 () .

(55)

Moltiplichiamo tutte le capacit e tutte le induttanze del circuito N0 per la grandezza adimensionale

( / ) dove = 1 [ rad / s ] e una grandezza dimensionale omogenea con una pulsazione.


Allora la riposta in frequenza del circuito N1, cos ottenuto, data da

A1 = A0

(56)

430

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dimostrazione
La dipendenza funzionale di A 0 = A 0 () dai parametri circuitali C k , L h e dalla pulsazione
del tipo:

L ; 1 .
A0 = A
0
h
C k

(57)

Pertanto la risposta in ampiezza del circuito N1 data da:

L h ; = A .
A1 = A
0
0

C k

(58)

Quando moltiplichiamo le capacit e le induttanze per l'unico fattore adimensionale ( / ) nella


funzione di trasferimento bisogna sostituire s con ( s/ ) .
Si assuma, ora, che la risposta in ampiezza A 0 () sia quella di un filtro passa-basso di
Butterworth normalizzato (prototipo). Allora la forma della risposta in ampiezza resta inalterata,
restano inalterati i margini p e s e resta inalterato il rapporto di transizione = f p / f s . Invece le
frequenze di taglio della banda passante e della banda oscura scalano come f s 0 / e f p0 / ,
dove f s 0 e f p0 sono le frequenze di taglio del prototipo.
11.5.2 Variazione in scala dellimpedenza
Si consideri un circuito N0 (prototipo) con risposta in ampiezza

A 0 = A0 () ;

(59)

si moltiplichi ogni resistenza e ogni induttanza per un fattore adimensionale K e si divida ogni
capacit per lo stesso fattore K. Allora la riposta in ampiezza del circuito N2, cos ottenuto, data da

A 2 = Kh A0 () ,

(60)

dove h prende, rispettivamente, i valori 1, 1, 0 e 0 a seconda se A 0 () un'impedenza, una


ammettenza, un rapporto tra tensioni o un rapporto tra correnti. Si lascia al lettore la dimostrazione.
Esempio
In figura 13a illustrato il circuito che realizza il filtro passa-basso di Butterworth del terzo ordine
con pulsazione a 3dB uguale a 1 e ampiezza massima uguale a 1: l'uscita la tensione del resistore
con resistenza R0=1. In figura 13b illustrato il circuito che realizza lo stesso filtro, ma con
pulsazione di taglio a 3dB uguale a 106 e ampiezza massima uguale a 1. In figura 13c illustrato il
circuito che realizza un filtro passa basso con pulsazione di taglio a 3 dB uguale a 106 e ampiezza
massima uguale a 1, quando la resistenza del resistore R0 1000. Se l'uscita fosse la corrente nel

431

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

resistore R0, si avrebbe una ampiezza massima uguale a 10-3 con R0=1000 e una ampiezza massima
uguale a 103 con R0=1m.
A ()

Figura 13

A ()

A 1()

106

10

Prototipo del filtro di Butterworth del terzo ordine (a), realizzazione con ampiezza
massima unitaria e pulsazione a 3dB uguale a 106 per R0=1 (b) e R0=1000 (c).

11.5.3 Trasformazioni di frequenza


Come gi accennato, mediante opportune trasformazioni possibile convertire un filtro passabasso (prototipo) in un altro tipo di filtro. Un primo esempio di queste trasformazioni stato appena
descritto.
Sia A 0 = A 0 () la risposta in ampiezza del filtro passa-basso di Butterworth di ordine n con
ampiezza massima unitaria e pulsazione a 3dB uguale a 1 (filtro prototipo); si indichi con N0 il
circuito prototipo che realizza la risposta in ampiezza A 0 () . La dipendenza funzionale di A 0 ()
dai parametri circuitali C k , L h e dalla pulsazione del tipo:

L ; 1 .
A0 = A
0
h C k

(61)

- Trasformazione LPF HPF


Si sostituisca nel circuito N0 al posto del generico induttore di induttanza L h un condensatore con
capacit Ch = 1/ (L h ) e al posto del generico condensatore di capacit Ch un induttore con
induttanza L h = 1 / (C h ) , dove = 1 e una grandezza dimensionale omogenea con una
pulsazione. Allora la risposta in frequenza del circuito N', cos ottenuto, data da

L h ; = A .
A () = A
0
0

Ck

(62)

A () tende a 1 quando e tende a zero quando 0 ; per = il valore che A ()


assume uguale a 1 / 2 . Di conseguenza, A = A () rappresenta la risposta in ampiezza di un
filtro passa-alto con pulsazione a 3dB uguale a . Le frequenze di taglio della banda passante e della

432

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

banda oscura scalano come / e i margini p e s restano inalterati, cos come resta inalterato il
rapporto di transizione HPF = f p / f s = LPF = f S / f P .
La trasformazione LPF HPF , appena descritta, equivalente a sostituire nella funzione di
trasferimento corrispondente s con ( / s) .
Esempio
Il circuito in figura 14a realizza un filtro passa-basso con pulsazione di taglio a 3dB uguale a 1/RC.
Il circuito di figura 14b, ottenuto operando la trasformazione LPF HPF , realizza un filtro passaalto con pulsazione di taglio a 3dB uguale a 1/RC, se L = 1/ (C ) . In figura 15 sono illustrate le
relative risposte in ampiezza.

Figura 14

Prototipo passa-basso (a) e filtro passa-alto ottenuto attraverso la trasformazione (b).


1,2
1,0
0,8

A()

0,6
0,4

()

0,2

0,0

Figura 15

-4

-2

La risposta del filtro passa-basso di figura 14a massima quando l'impedenza del condensatore
infinita, e ci accade per = 0 , ed minima quando l'impedenza zero, e ci accade per .
Sostituendo il condensatore con l'induttore, il massimo della risposta in ampiezza si ha quando
l'impedenza dell'induttore infinita, e ci, in questo caso, accade per , e il minimo della
risposta in ampiezza si ha quando l'impedenza dell'induttore uguale a zero, e ci, in questo caso,
accade per = 0 . In questo modo si ha l'inversione della risposta in ampiezza del filtro passabasso e si ottiene il filtro passa-alto.
- Trasformazione LPF BPF
Si sostituisca nel circuito N0 al posto del generico induttore di induttanza L k un induttore con
2
induttanza L k = (L k ) / in serie con un condensatore con capacit Ck = 1 / ( 0 L k ) , e al posto
del generico condensatore di capacit C h un condensatore con capacit Ck = (C k ) / in parallelo

433

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica


2

a un induttore con induttanza L k = 1 / ( 0C k ) . Allora nella (61) al posto della reattanza L k c' la
reattanza

Lk

20
1
2

al

posto

della

reattanza

1 / (C k )

c'

la

reattanza


2
2 . In questo caso la risposta in frequenza del circuito N", cos ottenuto, data
C k 1 0 /
da
2

1
20
L 1 0 ;

=
A
A () = A
1

0
0 k
2
2
2 C
2 . (63)

k
0

A () tende a 1 quando 0 e tende a zero quando 0 e . Pertanto


A = A () rappresenta la risposta in ampiezza di un filtro passa-banda. Quando largomento di
A () uguale a 1 si hanno, rispettivamente, le pulsazioni di taglio a 3dB inferiore e superiore,
= 2f 1 e + = 2f 2 . Esse valgono

1 02 = 1 0
se
<< 1 .

0

2

(64)

La banda passante del filtro passa banda centrata alla pulsazione 0 e la larghezza a 3dB

+ . In questo caso stata traslata in frequenza di un intervallo 0 la risposta in ampiezza


del filtro passa-basso.
La trasformazione LPF BPF , appena descritta, equivalente a sostituire nella funzione di
2
2
trasferimento corrispondente s con ( / )[ (s + 0 ) / s] .

Figura 16

Prototipo passa-basso (a) e filtro passa-banda ottenuto attraverso la trasformazione


LPF BPF (b).

Esempio
Il circuito in figura 16a realizza un filtro passa-basso con pulsazione di taglio a 3dB uguale a R/L.
Il circuito di figura 16b, ottenuto operando la trasformazione LPF BPF , realizza un filtro passa-

R
se
2L
0 >> R / L ; in questo limite la banda passante a 3dB (R / (2L) + 0 ,R / (2L) + 0 ) . In

banda con pulsazione di taglio a 3dB superiore e inferiore uguali, rispettivamente, a 0

figura 17 sono illustrate le relative risposte in ampiezza.


La risposta del filtro passa-basso di figura 16a massima quando l'impedenza dell'induttore zero,
e ci accade per = 0 , ed minima quando l'impedenza infinita, e ci accade per .
Sostituendo l'induttore con la serie LC, il massimo della risposta in ampiezza si ha quando
l'impedenza equivalente della serie LC uguale a zero, e ci, in questo caso, accade per

434

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

= 0 = 1 / LC (condizione di risonanza), e il minimo della risposta in ampiezza si ha quando


l'impedenza della serie LC infinita, e ci, in questo caso, accade per = 0 e . In questo
modo viene traslata la risposta in ampiezza del filtro passa-basso, e si ottiene il filtro passa-banda.
1,2
1,0
0,8

A"()

0,6
A

0,4

()

0,2

0,0
-10

-5

10

Figura 17
- Trasformazione LPF RBF
Si sostituisca nel circuito prototipo N0 al posto del generico induttore di induttanza L k un
condensatore con capacit Ck = 1 / (L k ) in parallelo a un induttore con induttanza

L k = 1 / (20C k) , e al posto del generico condensatore di capacit C h un induttore con induttanza


L k = 1 / (Ck ) in serie a un condensatore con capacit Ck = 1 / ( 20 L k) . Allora si deve sostituire


1
nella (61) alla reattanza L k la reattanza L k
2
2 e alla 1 / (C k ) la reattanza
1 0 /
2
0
. In questo caso la risposta in frequenza del circuito N"', cos ottenuto, data da
1
C k 2



20

1
1

. (65)
A () = A 0 L k
1
;
=
A
0
2
2
2
2
2

0
0
k

A () tende a 0 quando 0 e tende a 1 quando 0 e . Pertanto


A = A() rappresenta la risposta in ampiezza di un filtro taglia-banda. Quando largomento di
A () uguale a 1 si hanno, rispettivamente, le pulsazioni di taglio a 3dB superiore e inferiore,
= 2f 1 e + = 2f 2 . Esse valgono
= 0

se
<< 1 .
2
0

(66)

Il filtro taglia-banda centrato alla pulsazione 0 e la larghezza della banda oscura + .


La trasformazione LPF RBF , appena descritta, equivalente a sostituire nella funzione di
2
2
trasferimento corrispondente s con ( )[s / (s + 0 )] .

435

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Figura 18

Prototipo passa-basso (a) e filtro taglia-banda ottenuto attraverso la trasformazione

LPF RBF (b).


Esempio
Il circuito in figura 18a realizza un filtro passa-basso con pulsazione di taglio a 3dB uguale a R/L.
Il circuito di figura 18b, ottenuto operando la trasformazione LPF RBF , realizza un filtro tagliabanda con pulsazioni di taglio a 3dB inferiore e superiore uguali a 0 R / (2L) se 0 >> R / L ;
in questo limite la banda oscura a 3dB (R / (2L) + 0 ,R / (2L) + 0 ) . Le corrispondenti
risposte in ampiezza sono riportate in figura 19.
1,2
A()

1,0
0,8
0,6

0,4

()

0,2

0,0
-10

-5

10

Figura 19
La risposta del filtro passa-basso di figura 18a massima quando l'impedenza dell'induttore zero,
e ci accade per = 0 , ed minima quando l'impedenza infinita, e ci accade per .
Sostituendo l'induttore con il parallelo LC, il massimo della risposta in ampiezza si ha quando
l'impedenza equivalente del parallelo LC uguale a zero, e ci, in questo caso, accade per = 0 e

, e il minimo della risposta in ampiezza si ha quando l'impedenza del parallelo LC infinita,


e ci, in questo caso, accade per = 0 = 1 / LC (condizione di risonanza RLC parallela). In
questo modo viene invertita e traslata la risposta in ampiezza del filtro passa-basso, e si ottiene il
filtro taglia-banda.
Per le trasformazioni LPF BPF e LPF RBF le frequenze di taglio della banda passante
f 1p e f 2 p e della banda oscura f 1s e f 2s scalano come e i margini p e s restano inalterati, cos
come resta inalterato il rapporto di transizione.

436

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Tabella III. Regole di trasformazione ( = 1): t , + e sono le pulsazioni di taglio a 3dB.


Reattanze LPF LPF LPF

LPF HPF

LPF BPF

LPF RBF

A 0 ()

Lk

L*k = (L k ) / C = 1 / (L )
k
h L = (L ) / Ck = 1 / (L h )
k
h
L kCk = 1 / 20
L kCk = 1 / 20

Ch

C*h = (C h ) / L h = 1 / (C h ) C = (C ) /
h
h
L hCh = 1 / 20
= 0 / 2
t=
t=
+ = 0 + / 2
A ( ) = 1
A* (0) = 1

t=1

A 0 (0) = 1

A ( 0 ) = 1 .

L h = 1 / (C h )
L hCh = 1 / 02
= 0 / 2
+ = 0 + / 2
A (0) = 1,
A ( ) = 1.

In Tabella III riassumiamo le regole di trasformazione che abbiamo esposto. Dalle specifiche su

, p e s - che, come gi osservato, sono le stesse per il prototipo e per il filtro da realizzare
attraverso le trasformazioni - possibile determinare A 0 = A 0 () e quindi il circuito prototipo N0.
Una volta determinato il prototipo, applicando le trasformazioni riportate in Tabella III, si determina
il circuito che realizza il filtro voluto. Le trasformazioni appena descritte possono essere applicate
direttamente alla funzione di trasferimento del prototipo e ottenere, cos, la funzione di trasferimento
del filtro desiderato.

11.6 Sintesi di funzioni di trasferimento tramite elementi attivi


In questo paragrafo illustreremo un procedimento semplice e di vasta applicabilit per la
progettazione di circuiti con funzioni di trasferimento di interesse applicativo.
La realizzazione di poli complessi con elementi passivi richiede l'uso di induttori e condensatori.
Gli induttori per molte ragioni sono da evitare nella progettazione di filtri. Ad esempio, per realizzare
filtri passa-basso con frequenze di taglio basse c' bisogno di induttori con induttanze elevate e quindi
con dimensioni che possono essere incompatibili con la moderna tecnologia dei circuiti integrati (in
un filtro passa basso del secondo ordine con una frequenza di taglio di 1kHz c' bisogno di induttanze
dell'ordine del mH; induttori con queste induttanze hanno dimensioni caratteristiche dell'ordine della
decina di centimetri). stato gi mostrato che, usando un amplificatore operazionale e due
condensatori possibile realizzare funzioni di trasferimento con due poli complessi coniugati.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

437

Circuiti di questo tipo sono alla base della sintesi attiva. Il limite di questi circuiti che gli
amplificatori operazionali (intesi come componenti fisici), sono essi stessi dei filtri passa-basso, con
frequenze di taglio che non superano le centinaia di kHz.
Il blocco funzionale di base nella progettazione di un filtro attivo il cosiddetto filtro di SallenKey, illustrato in figura 20; Y 1 (s), Y 2 (s), Y 3 (s) e Y 4 (s) sono quattro ammettenze da assegnare.
facile mostrare che la tensione V(s) legata alla tensione V 4 (s) attraverso la relazione

V = kV4 ,

(67)

dove

k=

Ra + R b
.
Rb

(68)

La corrente nell'ammettenza Y 2 uguale a quella che circola nell'ammettenza Y 4 , perch la


corrente nel morsetto non invertente dell'amplificatore operazionale uguale a zero; pertanto si ha

V4 =

Y2
Va .
Y2 + Y4

(69)

Applicando, ora, la prima legge di Kirchhoff al nodo al quale sono collegate le ammettenze

Y1 (s), Y2 (s) e Y4 (s) , si perviene all'equazione


(E Va )Y1 = V4 Y 4 + (Va V)Y3 .

(70)

Combinando le (67), (69) e (70) si ottiene:

H(s) =

V(s)
kY1Y 2
.
=
E(s) Y 4 (Y1 + Y2 + Y3 ) + Y1Y2 + (1 k)Y2 Y3

(71)

Il circuito esaminato si comporta in uscita come un generatore di tensione controllato in tensione.


Se Yi = 1 / R i o Y i = sC i , allora possibile realizzare una funzione di trasferimento con al pi
una coppia di poli, sia reali che complessi coniugati e uno zero doppio nell'origine del piano
complesso.

Figura 20

Blocco funzionale di Sallen-Key.

Scegliendo le ammettenze Y 1 (s), Y 2 (s), Y 3 (s) e Y 4 (s) e le resistenze R a e R b in modo


opportuno possibile realizzare diversi tipi di funzioni di trasferimento.

438

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Amplificatore ideale con guadagno k

Y1 = , Y2 = , Y3 = 0, Y4 = 0 H(s) = k ,

(72)

( Y = 0 l'ammettenza di un circuito aperto e Y = l'ammettenza di un corto circuito.)


Filtro passa-basso del primo ordine

Y1 = , Y2 = R 1 , Y3 = 0, Y4 = sC H(s) =

k
,
1+ s /

(73)

dove = 1 / RC .
Filtro passa-alto del primo ordine

Y1 = , Y2 = sC, Y3 = 0, Y4 = R 1 H(s) = k

s/
,
1 +s /

(74)

dove = 1 / RC .
Filtri passa-basso del secondo ordine ( Q 1 )
-

Y1 = R1 1 ,Y2 = R 2 1 , Y 3 = sC1 , Y 4 = sC 2 , R a = 0, R b =

1
H(s) =
2
(s / ) + (1 / Q)(s / ) + 1
dove = 1 / R1R 2C1C 2 e Q = (R1 + R 2 )C 2 /

(75)

R1R 2 C1C 2 ;

Y1 = R 1 ,Y2 = R1 , Y3 = sC, Y4 = sC

H(s) =

k
,
(s / ) + (1 / Q)(s / ) + 1
2

(76)

dove = 1 / RC e Q = 1 / (3 - k) .
Filtro passa-alto del secondo ordine ( Q 1 )

Y1 = sC,Y2 = sC, Y3 = R 1 , Y4 = R 1

k(s / )2
H(s) =
,
(s / )2 + (s / )(1 / Q) + 1

(77)

dove = 1 / RC e Q = 1 / (3 - k) .
Questi blocchi possono essere usati per progettare un filtro passa-basso (ad esempio, di
Butterworth) o un filtro passa-alto, di qualsiasi ordine. Si noti che la funzione di trasferimento di un
filtro passa-alto pu essere vista come la funzione di trasferimento di un filtro passa basso dove al
posto di s c' (1 / s) .

439

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Il primo passo per realizzare un filtro passa-basso di ordine assegnato consiste nel decomporre la
funzione di trasferimento del filtro nella forma

H(s) =

Vo (s)
= H0 H1 (s) H2 (s)...Hm (s) ,
Vi (s)

dove

H k (s) =

k
s + k

k > 0 ,

(78)

(79)

per ciascun polo reale s = k , oppure:

H k (s) =

k
s + 2 ks + ( 2k + 2k )
2

k > 0 e k > 0 ,

(80)

per ciascuna coppia di poli complessi coniugati s = k i k ;

H 0 = H(0) ,

(81)

una costante uguale al guadagno in continua. A questo punto la funzione di trasferimento (78) pu
essere sintetizzata da una configurazione di (m+1) blocchi di Sallen-Key in cascata, cos come
illustrato in figura 21, in cui ogni doppio bipolo denominato con H k (s) , un blocco di Sallen-Key
con una funzione di trasferimento del tipo (73) o (75). Il doppio bipolo all'estrema destra denota un
amplificatore ideale. In modo del tutto analogo possibile realizzare un filtro passa-alto di ordine
qualsiasi, utilizzando i blocchi corrispondenti alle funzioni di trasferimento (74) e (77).

Figura 21

Realizzazione in cascata di H(s) = H 0 H 1 (s) H 2 (s)...H m (s) .

I filtri passa-banda e taglia-banda possono essere realizzati usando blocchi di Sallen-Key del
secondo ordine con elevati fattori di merito, Q >> 1 (blocchi risonanti).
Un filtro passa-banda pu essere realizzato anche connettendo in cascata un filtro passa-basso con
pulsazione di taglio + e un filtro passa-alto con pulsazione di taglio e imporre che sia

+ > ; la banda passante del filtro passa banda all'incirca ( , + ) . Un filtro taglia-banda pu
essere realizzato anche connettendo in parallelo un filtro passa-basso con un filtro passa-alto e
imponendo che sia + < ; la banda oscura del filtro all'incirca ( + , ) .

440

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

441

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

APPENDICE A

A.1 Unicit del problema di Dirichlet interno


Una funzione scalare V = V(r) , continua con le sue derivate prime in un dominio spaziale fin
sulla sua frontiera e dotata di derivate seconde limitate, si dice armonica in se verifica
l'equazione di Laplace
2

V = 0.

(1)

Il Problema di Dirichlet interno consiste nel determinare la funzione armonica V in che


verifica la condizione al contorno
V = f ( r)

su

(2)

dove f (r ) una funzione nota. Ora vogliamo dimostrare che questo problema ammette una sola
soluzione. 1
Dimostrazione. Supponiamo che esistano due funzioni armoniche V1 e V 2 che verificano la
condizione al contorno (2). Posto
= V V ,
V
1
2

(3)

si ha che in ogni punto di


= 0,
2 V

(4)

e
=0
V

su

(5)

Consideriamo ora l'identit ottenuta applicando il teorema della divergenza (o teorema di Gauss)
gradV
)d ,
all'integrale div( V

div( V gradV )d = V (n gradV )dS = V n dS .

(6)

Ricordando poi che

1 L'esistenza delle soluzioni assicurata da condizioni poco restrittive, che sono sempre verificate nella quasi
totalit dei casi di interesse fisico.

442

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

gradV
)=V
2V
+ (grad V
)2 ,
div( V

(7)

e applicando la (4) si ottiene dalla (6) la relazione integrale

(gradV ) d = V n dS .

(8)

nulla sulla frontiera della regione , l'integrale a secondo membro


Essendo la funzione differenza V
nullo, e cos pure nullo quello a primo membro. Dovendo risultare
2

(gradV ) d = 0 ,

(9)

deve essere necessariamente


=0
grad V

in

(10)

e quindi
= K = cost.
V

in

(11)

, continua in fin
La costante K deve essere necessariamente uguale a zero perch la funzione V
sulla sua frontiera, nulla su (poich V1 e V 2 , per ipotesi, sono uguali su ). Di conseguenza
si ha ovunque, in
= 0,
V

(12)

V1 = V2 .

(13)

e quindi

A.2 Unicit del problema di Neumann interno


Il Problema di Neumann interno consiste nel determinare la funzione armonica V in che
verifica la condizione al contorno
V
= g( r)
n

su

(14)

dove g( r ) una funzione nota. Ricordiamo che questo problema ammette soluzione solo se la
funzione g( r ) verifica la condizione di compatibilit (con l'equazione di Laplace),

g dS = 0 .

(15)

Ora vogliamo dimostrare che questo problema ammette una sola soluzione a meno di una costante
additiva arbitraria.

443

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Dimostrazione. La dimostrazione immediata. Supponiamo che esistano due funzioni armoniche V1


e V 2 che verificano la condizione al contorno (14). Posto di nuovo
= V V ,
V
1
2

(16)

armonica e
si ha che in ogni punto di V

V
=0
n

su

(17)

vale la relazione (8) (essa solo una conseguenza


Anche in questo caso per la funzione differenza V
armonica in ). Essendo la derivata normale di V
nulla sulla frontiera di ,
del fatto che V
l'integrale a secondo membro nella (8) nullo, e quindi vale ancora la relazione (9) e di conseguenza
la relazione (10). Pertanto abbiamo
V1 V2 = cost

in

(18)

A.3 Unicit di un problema misto interno


Consideriamo ora il problema misto interno cos definito: determinare la funzione armonica V in
che verifica la condizione al contorno tipo Dirichlet su una parte di che indichiamo con Sd ,
V = f ( r)

su

Sd ,

(19)

e la condizione al contorno tipo Neumann sulla restante parte di che indichiamo con
Sn ( = Sd Sn ) ,
V
(20)
= g(r) su Sn ;
n
f (r ) e g( r) sono due funzioni note. Questo problema, come quello di Dirichlet, ammette una sola
soluzione.
Dimostrazione. La dimostrazione immediata. Supponiamo ancora che esistano due funzioni
armoniche V1 e V 2 che verificano le condizioni al contorno (19) e (20). Posto
= V V ,
V
1
2

(21)

armonica e
si ha che in ogni punto di V
= 0 su S ,
V
(22)
d

V
(23)
= 0 su Sn .
n
vale la relazione (8). Essendo V
nulla su S e
Anche in questo caso per la funzione differenza V
d

la sua derivata normale nulla sulla restante parte della frontiera, l'integrale a secondo membro nella
(8) nullo, e quindi vale ancora la relazione (9) e di conseguenza la relazione (10). Pertanto abbiamo
di nuovo
V1 V2 = K = cos t.

in

(24)

444

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

La costante K, anche in questo caso, deve essere necessariamente uguale a zero perch la funzione

V , continua in fin sulla sua frontiera, nulla su Sd . Di conseguenza si ha ovunque, in


V1 = V2 .

(25)

Tutti e tre i teoremi di unicit che abbiamo dimostrato si estendono facilmente al caso in cui il
dominio costituito dalla regione spaziale esterna a una superficie chiusa , a patto che, oltre ad
assegnare i valori di V e/o di V / n sui punti di , si richieda che V abbia un comportamento
regolare all'infinito.

445

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

APPENDICE B

B.1 Teorema di Poynting


Si considerino le equazioni di Maxwell

rotE = B / t,
rotH = D / t + J .

(1)
(2)

Moltiplichiamo scalarmente la prima equazione per H e la seconda per E e si sottragga la seconda


espressione cos ottenuta dalla prima. Utilizzando l'identit vettoriale

div(A C) = C rotA A rotC ,

(3)

integrando sul volume e utilizzando il teorema di Gauss si ottiene:

(E H) ndS = H t

+E

D
d + E Jd ,

(4)

dove la superficie chiusa che delimita e n la normale con il verso entrante in . Questa
l'espressione del teorema di Poynting e il campo vettoriale

S = E H,

(5)

prende il nome di vettore di Poynting,


Se le propriet dielettriche e magnetiche del mezzo sono lineari, isotrope, tempo-invarianti e
non dispersive la (4) diventa:

(E H) ndS = dt (B

/ 2 + E / 2 d + E Jd .

(6)

Secondo la (6) il lavoro compiuto (per unit di tempo) sulle cariche in moto dal campo elettrico
uguale alla somma di tre termini: (i) il flusso entrante attraverso la frontiera di del vettore di
Poynting; (ii) la variazione per unit di tempo di un termine che, a meno del segno, corrisponde
all'energia immagazzinata in associata al campo magnetico

U m (t) = B2 / 2 d ;

(7)

(iii) la variazione per unit di tempo di un termine che corrisponde, a meno del segno, all'energia
immagazzinata in associata al campo elettrico,

446

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

U e (t) = E2 / 2 d .

(8)

B.2 Teorema di Poynting per i modelli approssimati delle equazioni di Maxwell


Enunceremo ora tre forme approssimate del teorema di Poynting, cio quelle che si ottengono
considerando il modello quasi-stazionario magnetico, il modello quasi-stazionario elettrico e il
modello della conduzione stazionaria.
- Modello quasi-stazionario magnetico
Si considerino le equazioni del modello quasi-stazionario magnetico

rot E = B / t,
rot H = J .

(9)
(10)

Moltiplichiamo scalarmente la prima equazione per H e la seconda per E e si sottragga la seconda


espressione cos ottenuta dalla prima, come abbiamo fatto in precedenza. Utilizzando l'identit
vettoriale (3), integrando sul volume e utilizzando di nuovo il teorema di Gauss si ottiene (abbiamo
considerato direttamente il caso di interesse, in cui il comportamento del mezzo lineare, isotropo,
tempo-invariante e non dispersivo):

(E H) ndS = dt (B

/ 2 d + E Jd .

(11)

La (11) diversa dalla (6) perch manca il termine dU e / dt , che porta in conto il contributo
dell'energia immagazzinata associata al campo elettrico.
- Modello quasi-stazionario elettrico
Si considerino le equazioni del modello quasi-stazionario elettrico

rotE = 0,

(12)

D
.
rot H = J +
t

(13)

Operando come prima si ottiene (anche questa volta il comportamento del mezzo lineare, isotropo,
tempo-invariante e non dispersivo):

(E H) ndS = dt (E

/ 2 d + E Jd .

(14)

La (14) diversa dalla (6) perch manca questa volta il termine dU m / dt , che porta in conto il
contributo dell'energia immagazzinata associata al campo magnetico.
- Modello del campo stazionario di corrente
Si considerino le equazioni del campo stazionario di corrente

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

rotE = 0,
rotH = J .

447
(15)
(16)

Operando come prima si ottiene:

(E H) ndS = E Jd .

(17)

La (17) diversa dalla (6) perch mancano i due termini dU m / dt e dU m / dt , che portano in conto
il contributo dell'energia immagazzinata associata al campo magnetico e al campo elettrico.
evidente che la (11), la (14) e la (17) sono tre diverse approssimazioni dell'espressione esatta del
teorema di Poynting data dalla (6). L'approssimazione (11) valida solo quando trascurabile il
contributo dell'energia immagazzinata associata al campo elettrico, l'approssimazione (14) valida
solo quando trascurabile il contributo dell'energia immagazzinata associata al campo magnetico e la
(17) valida solo quando sono trascurabili entrambi. Queste considerazioni suggeriscono un criterio
energetico per stabilire quando si pu usare un modello approssimato delle equazioni di Maxwell e
quale tra i tre modelli possibili.
B.3 Potenza assorbita da un bipolo nel limite lentamente variabile
Esprimeremo, ora, la potenza assorbita da un generico bipolo in termini di grandezze di campo.
Dimostreremo che, nel limite lentamente variabile la potenza elettrica assorbita p(t) da un generico
bipolo (inserito in un circuito) data dalla relazione approssimata

p(t) = vi (E H ) ndS ;

(18)

il verso della normale n rivolto verso l'interno della superficie limite, figura 1.

Figura 1
Nel limite lentamente variabile sulle superfici limite di ciascun bipolo il campo elettromagnetico
descritto con buona approssimazione dai modelli stazionari (Capitolo 1), quindi il campo elettrico
sulla superficie pu essere espresso attraverso il gradiente del potenziale scalare , E = grad .
Si ha allora
(E H ) ndS [(grad) H] ndS .

(19)

La funzione scalare , costruita su in modo tale da rappresentare, seppure approssimativamente, il


campo elettrico, pu essere sempre prolungata all'interno di in modo da risultare regolare in esso

448

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(in generale, la funzione scalare cos ottenuta non ha un preciso significato fisico). Applicando, ora, il
teorema di Gauss al secondo membro della (19) si ottiene:
(E H ) ndS = div[(grad) H]d .

(20)

Utilizzando l'identit vettoriale


0 = div[rot (H )]= div (rotH ) + div(grad H) ,

(21)

dalla (20) si ottiene

(E H ) ndS (rotH ) ndS .

(22)

Nel limite lentamente variabile, sulle superfici limite di ciascun bipolo per il campo H si ha
approssimativamente rotH = J (vedi Capitolo 2), quindi la (22) diventa

(E H ) ndS (J) ndS .

(23)

Il campo di corrente J diverso da zero solo dove i terminali forano la superficie limite e la
funzione potenziale in ciascuno dei due terminali costante (i terminali sono conduttori elettrici
perfetti). Indichiamo con a e b i valori che assume nei due terminali, figura 1; allora si ha:

v = a b .

(24)

Da queste considerazioni segue immediatamente che:


(E H) ndS a ia + bi b ,

(25)

dove i a e i b sono, rispettivamente, la corrente entrante nel terminale a e nel terminale b.


Essendo nel limite lentamente variabile

ia + ib = 0,

(26)

i ia = ib ,

(27)

si ha

e quindi utilizzando la (24) dalla (25) si ottiene

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

(E H ) ndS vi .

449
(28)

450

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

APPENDICE C

Propriet della reciprocit per i circuiti accoppiati


Si considerino due circuiti filiformi accoppiati magneticamente, figura 1. Indichiamo con 1 e 2
le due linee chiuse orientate che si ottengono orientando i due circuiti concordemente ai versi di
riferimento prescelti per le correnti i1 e i 2 . Sia 12 il flusso del campo magnetico concatenato con il
circuito 1 quando nel circuito 2 circola la corrente i 2 e non circola corrente nel circuito 1 (figura
1a); inoltre sia 21 il flusso del campo magnetico concatenato con il circuito 2 quando nel circuito
1 circola la corrente i1 e non circola corrente nel circuito 2 (figura 2b). Le espressioni dei flussi

12 e 21 in termini di campo sono:


12 = B2 n1dS,

(1)

21 = B1 n2 dS,

(2)

S1
S2

dove B1 e B2 sono, rispettivamente, il campo magnetico prodotto dalla corrente i1 quando la


corrente i 2 = 0 e il campo magnetico prodotto dalla corrente i 2 quando la corrente i1 = 0 ; S1 e S 2
sono, rispettivamente, due superfici qualsiasi che hanno come orlo 1 e 2 , orientate concordemente
con la regola della mano destra. Per la propriet di solenoidalit del campo magnetico, le espressioni
(1) e (2) non dipendono dalle particolari superfici scelte.

Figura 1
Dalla propriet di solenoidalit del campo B discende anche che possibile esprimere il campo
magnetico B attraverso un altro campo vettoriale, il potenziale vettore magnetico A, come

B = rotA .

(3)

Un campo siffatto ha sempre la divergenza uguale a zero (la divergenza del rotore di un generico
campo vettoriale sempre nulla); possibile dimostrare anche che, un qualsiasi campo vettoriale a
divergenza nulla in una regione a connessione superficiale semplice pu essere espresso sempre
tramite la (3), cio, in altre parole, esiste sempre un potenziale vettore tramite il quale pu essere
espresso quel campo.
Utilizzando la (3) e il teorema di Stokes si ottiene per i due flussi:

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

451

12 = A 2 t1dl,

(4)

21 = A1 t2 dl,

(5)

dove A 1 e A 2 sono, rispettivamente, i potenziali vettori dei campi B1 e B2 e t 1 e t2 sono,


rispettivamente, i versori tangenti a 1 e 2 . Si considerino, ora, le espressioni i112 e i 2 21 , ovvero:

i112 = i1A2 t1dl,

(6)

i 2 21 = i 2 A1 t2 dl.

(7)

Nel modello quasi-stazionario magnetico il campo di densit di corrente solenoidale ovunque e


quindi il circuito un tubo di flusso per la corrente. Essendo i circuiti filiformi si pu, allora, ritenere
che il campo di densit di corrente parallelo all'asse dei circuiti ed distribuito uniformemente nella
sezione trasversale; quindi si ha
i1t1dl = J1dS1dl = J1d ,

(8)

i 2 t 2dl = J2 dS2 dl = J2 d ,

(9)

dove J1 e J2 sono, rispettivamente, i campi di densit di corrente nel circuito 1 quando in esso
circola la corrente i1 e nel circuito 2 quando in esso circola la corrente i 2 , dS1 e dS2 sono le
sezioni (elementari) trasversali dei due circuiti filiformi (vedi figura 2).

Figura 2
Sostituendo le (8) e (9) rispettivamente nelle (6) e (7), si ottiene

i 1A2 t1dl = J1 A2d,


i 2 A1 t2 dl = J2 A1d,
1

(10)

(11)

Ricordando che nel modello quasi-stazionario magnetico

rotH1 = J1 ,
rotH 2 = J2 ,

(12)
(13)

utilizzando l'identit vettoriale


A rotH= div(H A) + H rotA ,

(14)

la (3) e le condizioni di regolarit all'infinito per i campi A e H, si ottiene

i112 = H1 B 2d,

(15)

i 2 21 = H 2 B1d.

(16)

452

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Supponendo, ora, che il comportamento magnetico del materiale sia lineare si ha B1 = H1 e

B2 = H 2 (la permeabilit magnetica non dipende dai campi), dalle (15) e (16) si ha
12
i2

i 1 =0

21
i1

i 2 =0

(17)

In conclusione, per i flussi del campo magnetico e per le correnti esiste una propriet di
reciprocit analoga a quella che esiste in un circuito resistivo per le tensioni e le correnti. Quando
i1 0 e i2 = 0 , la corrente i1 nella bobina 1 pu essere considerata come causa e il flusso 21 ,
concatenato con la bobina 2, come effetto. Dualmente, quando i 2 0 e i 1 = 0 la corrente i 2 nella
bobina 2 pu essere considerata come causa e il flusso 12 , concatenato con la bobina 1, come
effetto. La (15), allora, dice che il rapporto tra la causa e l'effetto nei due circuiti accoppiati con
i1 = 0 uguale al rapporto tra causa ed effetto nei due circuiti accoppiati con i 2 = 0 .

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

453

APPENDICE D

D.1 Forma standard x = B x


La dinamica di un circuito del secondo ordine, lineare, tempo-invariante e in evoluzione libera
descritta dal sistema di equazioni di stato nella forma normale (ordinarie, lineari, a coefficienti
costanti e omogenee)
x1 = b 11x1 + b12 x 2 ,

x2 = b 21x1 + b 22 x 2 .

(1)

Questo sistema pu essere espressa nella forma vettoriale compatta


x = B x ,

(2)

dove
T
x = (x 1, x 2 ) e B =

b 11 b12
.
b 21 b 22

(3)

(La (2) coincide con l'equazione ottenuta nel paragrafo 7.6 del Capitolo 7 se si pone B = D 1A .) Il
sistema di equazioni (1) pu essere ridotto a un'unica equazione differenziale del secondo ordine cos
come illustrato nel Capitolo 7 (vedi 7.6) oppure pu essere risolto direttamente, cos come ora
faremo vedere.
Si consideri l'integrale generale dell'equazione differenziale del primo ordine (ordinaria, lineare,
coefficiente costante e omogenea),
x = bx

(4)

x(t) = Ke t ,

(5)

dove K una costante arbitraria e una costante, soluzione dell'equazione algebrica


b = 0.

(6)

Per verificare che si tratta effettivamente della soluzione, si sostituisca la (5) nella (4); cos facendo si
ottiene che deve verificare l'equazione (6) affinch vi siano soluzioni diverse da zero. La costante
arbitraria K viene determinata imponendo la condizione iniziale.
La soluzione dell'equazione (4) suggerisce di ricercare una soluzione del sistema (1) nella forma
x 1( t) = u 1et ,
x 2 (t) = u 2e t ,

(7)

454

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove u 1, u2 e sono costanti da determinare, ovvero in forma vettoriale compatta


t

x(t) = ue ,

(8)

dove u = (u1 , u 2 ) . Per verificare che le (7) siano effettivamente una soluzione, le si sostituisca nella
(1). Cos facendo si ottiene il sistema di equazioni algebriche, lineari e omogenee :
(b11 )u1 + b12 u 2 = 0,

b 21u 1 + (b 22 )u 2 = 0,

(9)

ovvero in forma vettoriale compatta (con I indichiamo la matrice identit)


(B I)u = 0 .

(10)

evidente che, affinch il sistema omogeneo (9) ammetta almeno una soluzione diversa da quella
identicamente nulla deve essere necessariamente
det

(b11 )

b12

b 21

( b 22 )

= 0,

(11)

ovvero in forma compatta


det(B I ) = 0 .

Le soluzioni dell'equazione (11) sono gli autovalori

(12)
2

della matrice B, cio sono le soluzioni

dell'equazione algebrica di secondo grado

(b11 )(b 22 ) b12 b 21 = 0 .

(13)

L'equazione (13) ha, in generale, due soluzioni distinte, entrambi reali o complesse coniugate perch
la matrice B reale.
Le soluzioni dell'equazione (13) sono esattamente le frequenze naturali del circuito (si veda, a tal
proposito, il 7.6 del Capitolo 7; si tenga presente che B = D 1A ) e
p() = ( b11 )( b22 ) b12 b 21 il polinomio caratteristico dell'equazione omogenea associata (in
forma compatta l'espressione del polinomio caratteristico p() = det( B I) ).
Una volta determinati gli autovalori della matrice B, ovvero le frequenze naturali del circuito, il
passo successivo consiste nel determinare le possibili soluzioni diverse da zero del sistema (9)
associate agli autovalori 1 e 2 , cio gli autovettori
u1 = ( u11 , u12 ) T ,

(14)

u2 = (u 21 , u 22 ) T

(15)

associati, rispettivamente, agli autovalori 1 e 2 ; essi sono le soluzioni non nulle dei due problemi
(B 1 I)u1 = 0 ,

(16)

(B 2 I)u2 = 0 .

(17)

2 Il lettore dovrebbe rivedere i concetti di autovalore e di autovettore dell'algebra lineare, prima di leggere
questa Appendice.

455

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Si osservi che gli autovettori sono univocamente definiti a meno di un fattore di scala costante.
Abbiamo trovato che, il sistema di equazioni (1) ammette almeno le due soluzioni u1 exp( 1t) e
u2 exp( 2 t) , che sono tra loro indipendenti (stiamo implicitamente assumendo che le due frequenze
naturali del circuito siano distinte; per semplicit si esclude il caso patologico di radici
coincidenti). immediato allora che la soluzione pi generale del sistema (1) (in virt della
linearit delle equazioni)
x 1( t) = K1u11 e 1 t + K2 u 21e 2 t ,
x 2 (t) = K1u 12 e 1 t + K2 u 22 e 2 t ,

(18)

ovvero in forma compatta


x (t) = K1u1e

1 t

+ K 2 u2 e

2 t

(19)

dove K1 e K 2 sono due costanti arbitrarie. Esse vengono determinate imponendo le condizioni
iniziali per lo stato,
x 1( t = 0) = K1u11 + K 2 u 21,
x 2 (t = 0) = K1u 12 + K 2 u 22 .

(20)

Si noti che, pur essendo i due autovettori definiti univocamente a meno di un fattore costante
arbitrario, la (19) unicamente determinata una volta assegnate le condizioni iniziali.
Se il circuito in evoluzione generica, l'equazione di stato del tipo
x = B x + g (t) ,

(21)

dove g(t) una funzione vettoriale nota. L'integrale generale della (21)
x(t) = K1u1e

1 t

+ K 2 u2 e

2 t

+ x p (t) ,

(22)

dove x p (t) una soluzione particolare dell'equazione.


Questa procedura del tutto generale e non dipende dall'ordine del sistema di equazioni. Per un
circuito di ordine n l'equazione (12) una equazione algebrica di grado n, quindi il circuito ha n
frequenze naturali e l'integrale generale (19) costituito da n termini.
D.2 Comportamento qualitativo delle soluzioni di Dx = A x
Per studiare il comportamento qualitativo delle soluzioni di un circuito di grande aiuto conoscere
le propriet generali dell'evoluzione libera, e in particolare le propriet delle frequenze naturali del
circuito. Questo studio pu essere svolto, come nel Capitolo 7, sull'equazione differenziale scalare
ottenuta riducendo il sistema di equazioni di stato, oppure direttamente sull'equazione di stato. Qui
dimostreremo una propriet generale delle frequenze naturali che discende dalla simmetria della
matrice A.
Per rendere pi semplice la dimostrazione faremo riferimento alla forma canonica per i circuiti
dinamici lineari introdotta nel Capitolo 7
Dx = A x ,

(23)

456

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

dove D una matrice diagonale. In questo caso l'equazione per le frequenze naturali
det(D + A ) = 0 ,

e quella per i corrispondenti autovettori


(D + A )u = 0 .

(24)

Propriet
Se la matrice A simmetrica le frequenze naturali sono tutti reali.
Dimostrazione. Ragioniamo per assurdo. Si assuma che vi sia una frequenza naturale complessa,
allora anche il complesso coniugato una frequenza naturale, e quindi
( D + A )u = 0 ,

( D + A )u = 0

(25)
;

(26)

u l'autovettore, anch'esso complesso, associato a e u , complesso coniugato di u , l'autovettore


associato a . Tutto ci conseguenza del fatto che le due matrici A e D sono reali. Ora,
premoltiplicando ambi i membri della (25) per ( u ) T e ambi i membri della (26) per u T , e
sottraendo, poi, membro a membro si ottiene
( u ) T ( D + A )u u T ( D + A )u = 0 .

(27)

La matrice D diagonale, quindi ( u ) T Du = u TDu ; di conseguenza la (27) pu essere riscritta


come
u T A u (u )T A u
=
.
( u ) T Du

(28)

Se la matrice A simmetrica si ha
u TA u = ( u ) T Au ,

(29)

= .

(30)

e quindi

L'unico caso in cui ci possibile quando reale.


Questa dimostrazione del tutto generale, non si mai fatto riferimento all'ordine del circuito.
Quando la matrice A non simmetrica possibile avere frequenze naturali complesse cos come
stato mostrato nel Capitolo 7.

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

457

APPENDICE E

E.1 Definizione e rappresentazione di un numero complesso


Si riepilogano i concetti e le operazioni elementari relativi ai numeri complessi. Sia z un numero
complesso; esso definito dalla parte reale x = Re{z } e dalla parte immaginaria y = Im{z } :

z = x + i y,

(1)

dove i =

1 l'unit immaginaria. La rappresentazione (1) suggerisce di associare al numero


complesso z il punto di coordinate (x,y) nel piano complesso (detto, anche, piano di Gauss; si veda
figura 1). Pertanto la (1) detta rappresentazione rettangolare del numero complesso z .

Figura 1
Invece di rappresentare il numero complesso attraverso le componenti rettangolari x e y ,
possiamo rappresentarlo mediante le coordinate polari z e z

z = x 2 + y2

x = z cos z
.
= z specificata da
y = z sin z

(2)

Si scrive
i z

z= ze

(3)

Il numero reale e positivo z si chiama modulo del numero complesso z e il numero reale z si
chiama argomento o fase del numero complesso z . immediato verificare che l'argomento di un
numero complesso definito univocamente a meno di un multiplo intero di 2 : ci conseguenza
della periodicit delle funzioni sin() e cos() , che hanno periodo 2 . Dalla (A4.3) si ottiene
immediatamente:

z = z (cos z+ isin z) .

(4)

458

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Ad ogni numero complesso z possibile associare il vettore del piano complesso ottenuto
congiungente l'origine del piano complesso con il punto di coordinate (x,y). La lunghezza del vettore
cos definito uguale al modulo del numero complesso z e l'angolo z , che esso forma con l'asse
immaginario, uguale alla fase di z (il verso di riferimento per gli angoli quello antiorario; si veda
la figura 1).
Le componenti rettangolari di un numero complesso possono essere determinate, a partire da
quelle polari, utilizzando la (4); invece dalle (3) possibile determinare le componenti polari a partire
da quelle rettangolari.
Per determinare la fase z

necessario considerare sia

Re{z } = x = z cosz che

Im{ z } = y = z sinz . Il quadrante a cui appartiene il numero complesso dipende dal segno della
parte reale e della parte immaginaria:

x 0 e y 0 0 z /2

x 0 e y 0 / 2 z 0

z = arctan(y / x)

x 0e y0
x 0e y0

z = + arctan(y / x)
z = + arctan(y / x)

/ 2 z
z / 2

(5)

Si noti che l'impiego indiscriminato della formula z = arctan(y / x) pu produrre risultati errati.
Si noti, anche, che per il numero complesso 0 = 0 + i 0 ( z = 0 ) la fase non definita.
Il numero reale un caso particolare di numero complesso. La fase di un numero reale positivo
uguale a zero, mentre la fase di un numero reale negativo uguale a .
Il numero immaginario un numero complesso con parte reale uguale a zero. La fase di un numero
immaginario con parte immaginaria positiva uguale a + / 2 , mentre la fase di un numero
immaginario con parte immaginaria negativa uguale a / 2 .
Numero complesso coniugato
Se z il numero complesso x + i y , si chiama il numero complesso coniugato di z il numero

complesso x i y e lo si indica con z .

La fase del numero complesso z

coniugato di z uguale all'opposto della fase del numero

complesso z , cio

z = z .

(6)

Nella rappresentazione polare per il numero complesso z coniugato di z si ha

i z
.
z = ze

(7)

459

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

E.2 Operazioni con i numeri complessi


La nozione di uguaglianza di due numeri complessi scaturisce dalla loro interpretazione
geometrica. Due vettori si considerano uguali se hanno stessa lunghezza, direzione e verso, cio se
hanno proiezioni uguali sugli assi coordinati.
Due numeri complessi z1 = x1 + i y1 e z2 = x2 + i y 2 sono uguali se e solo se sono uguali
rispettivamente le loro parti reali e le loro parti immaginarie, cio la condizione di eguaglianza di
due numeri complessi

x1 = x2

(8)

y1 = y2 .

Pertanto due numeri complessi sono eguali se e solo se i loro moduli sono eguali e le loro fasi
differiscono di un multiplo intero di 2. Per indicare che i due numeri complessi z1 e z 2 sono uguali,
si usa la notazione z1 = z 2 .
Le operazioni ordinarie sono definite nel seguente modo. Siano z1 e z 2 due arbitrari numeri
complessi

z1 = x1 + i y1 = z1 ei z1

e z2 = x2 + i y2 = z2 e i z 2 .

(9)

Addizione di numeri complessi


L'addizione dei due numeri complessi z1 e z 2 uguale a un numero complesso che ha come parte
reale la somma delle parti reali e come parte immaginaria la somma delle parti immaginarie, cio
la somma dei due numeri complessi z1 e z 2

z1 + z2 = (x1 + i y1 ) + (x 2 + i y2 ) = (x1 + x2 ) + i(y1 + y 2 ) .

(10)

Sottrazione di numeri complessi


La sottrazione dei due numeri complessi z1 e z 2 uguale a un numero complesso che ha come
parte reale la sottrazione delle parti reali e come parte immaginaria la sottrazione delle parti
immaginarie, cio la sottrazione dei due numeri complessi z1 e z 2

z1 z2 = (x1 + i y1 ) (x 2 + i y2 ) = (x1 x2 ) + i(y1 y2 ) .

(11)

Moltiplicazione di numeri complessi


La moltiplicazione dei due numeri complessi z1 e z 2 uguale a un numero complesso che ha
come modulo il prodotto dei moduli e come fase la somma delle fasi, cio la moltiplicazione dei
due numeri complessi z1 e z 2

)(

z1 z 2 = z1 e i z 1 z 2 e i z 2 = z1 z2 e (

i z1 + z 2 )

(12)

460

Giovanni Miano Lezioni di Elettrotecnica

Divisione di numeri complessi


La divisione dei due numeri complessi z1 e z 2 (con z2 0 ), uguale a un numero complesso
che ha come modulo la divisione dei moduli e come fase la differenza delle fasi, cio la divisione
dei due numeri complessi z1 e z 2

z e i z 1
z i z z2 )
z1
.
= 1 i z 2 = 1 e ( 1
z2 z2 e
z2

(13)

Dalle definizioni di addizione, moltiplicazione, ... segue immediatamente che la sottrazione


l'operazione inversa dell'addizione e la divisione l'operazione inversa della moltiplicazione. Inoltre
per esse sono valide la propriet associativa e la propriet distributiva. Si pu dimostrare che con le
operazioni definite precedentemente, l'insieme dei numeri complessi soddisfa le stesse propriet
dell'insieme dei numeri reali, cio essi formano ci che in algebra definito un campo. Di
conseguenza tutte le manipolazioni algebriche che si sono apprese per i numeri reali sono applicabili
ai numeri complessi. Cos, per esempio, la regola per portare i fattori fuori dalle parentesi, le formule
elementari, la soluzione di equazioni algebriche, e cos via.

Il prodotto del numero complesso z per il suo complesso coniugato z uguale al quadrato del
modulo, cio

zz = z z e i ( z z ) = z 2

(14)

Inoltre si hanno le relazioni

z+ z = 2 Re{z }
z z = 2 Im{z }.

(15)

Notiamo una propriet importante nei calcoli con numeri complessi contenenti le quattro operazioni
elementari. Dalle definizioni delle operazioni di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione
segue immediatamente la seguente proposizione: se in una somma, una differenza, un prodotto o un
quoziente sostituiamo tutti i numeri complessi con i loro coniugati, anche i risultati delle operazioni
vanno sostituiti con i loro coniugati.

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