Corso Di Macchine A Fluido
Corso Di Macchine A Fluido
Corso Di Macchine A Fluido
Facoltà di Ingegneria
1
Nota introduttiva
Il presente testo è stato redatto sulla base degli appunti delle lezioni di Macchine I ◦ e II◦ modulo
tenute dal Prof. Piero Pinamonti per il Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica, della Facolt à
di Ingegneria dell’Univeristà degli Studi di Udine, sede di Pordenone, nell’ a.a. 2003-04.
Gli argomenti trattati nel testo possono essere di riferimento per agli studenti per la preparazione
all’esame, ricordando però che non sono esaustive mancando alcuni degli argomenti trattati a
lezione.
La stesura del presente testo è stata finanziata con un contributo derivante dal progetto CRUI-
CampusOne.
P. Pinamonti
2
Indice
2 Macchine Idrauliche 8
2.1 La Cavitazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.1.1 Altezza Statica di Aspirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.1.2 Altezza Totale Netta all’Aspirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Macchine Motrici Idrauliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.2.1 Utilizzazione dell’Energia Idraulica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.2.2 Impianto Idroelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2.3 Caduta Disponibile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.4 Le Turbine Pelton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.5 Le Turbine Francis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.2.6 Le Turbine ad Elica e Kaplan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.2.7 Turbine a Bulbo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.2.8 Il Tubo aspiratore-diffusore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
2.3 Macchine Operatrici Idrauliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.3.1 Prevalenza di una pompa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.3.2 Le Pompe Centrifughe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
2.3.3 Le Pompe Assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
2.3.4 Le Pompe Volumetriche Alternative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
2.3.5 Pompe Volumetriche Rotative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
2.3.6 Curve caratteristiche di funzionamento delle pompe volumetriche . . . 72
3 Macchine Aerauliche 73
3.1 Ventilatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
3.1.1 Grandezze Funzionali e Cifre Caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . 75
3.1.2 Ventilatori Centrifughi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
3.1.3 Ventilatori assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
3.1.4 Regolazione dei ventilatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
3.2 I Compressori Centrifughi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
3.2.1 Triangoli di velocità e forma delle pale . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
3.2.2 Curve caratteristiche di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
3.3 I Compressori Assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
3.3.1 Triangoli di velocità e forma delle pale . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
3.3.2 Variazione del grado di reazione, dei triangoli di velocità e della forma
delle pale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
3
3.3.3 Curve caratteristiche di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
3.4 Regolazione dei Turbocompressori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
3.5 Compressori Volumetrici Alternativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
3.5.1 Ciclo di lavoro ideale e reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
3.5.2 Rendimenti di un compressore volumetrico alternativo . . . . . . . . . 95
3.5.3 Compressori volumetrici alternativi pluristadio . . . . . . . . . . . . . 96
3.5.4 Regolazione dei compressori volumetrici a stantuffo . . . . . . . . . . 96
3.6 Compressori Volumetrici Rotativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
3.6.1 Compressori a palette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
3.6.2 Compressori a lobi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4
Capitolo 1
un apparato, composto da elementi fissi e mobili, il cui scopo è di convertire energia pri-
maria in energia meccanica direttamente utilizzabile, o viceversa, per mezzo di un fluido
operativo.
Una macchina a fluido è quindi un dispositivo all’interno del quale il fluido di lavoro scambia
energia con la macchina stessa.
Una prima classificazione, molto generale, avviene in base al verso in cui l’energia viene scambiata.
Si parla quindi di:
• MACCHINA MOTRICE: il fluido che la attraversa cede la sua energia alle parti mobili
della macchina, che la rendono disponibile sotto forma di energia meccanica;
Un’ulteriore classificazione avviene in base alle modalità con cui l’energia viene scambiata:
• MACCHINA VOLUMETRICA: che opera su volumi successivi fluido che viene perio-
dicamente rinnovato; la pressione non dipende dalla macchina mentre la portata varia
linearmente con la velocità di rotazione
5
• MACCHINA DINAMICA O TURBOMACCHINA: il fluido fluisce continuamente al-
l’interno della macchina, l’energia è scambiata con continuità; la pressione dipende dal
tipo di macchina, la portata non varia linearmente con la velocità di rotazione.
Si può anche classificare la macchine in base alla cinematica delle sue parti mobili:
Infine, è possible anche suddividere le macchine in base al percorso del fluido nella macchina:
• MACCHINE ASSIALI: in cui il percorso del fluido di lavoro è mediamente allineato con
l’asse della macchina;
Nelle due tabelle seguenti sono riassunte tutte le tipologie di macchine sulla base delle possibili
classificazioni sopra proposte.
6
Fluido Movimento Tipo di funzionamento
motore organo motore Macchine volumetriche Macchine dinamiche
macchine alternative
alternativo idrauliche —–
(a revolver, stellari, ..)
Liquido macchine rotative idrauliche turbine idrauliche
rotativo (a ingranaggi, a palette, (assiali, miste
a eccentrici,...) radiali, tangenziali)
macchine alternative a vapore
Gas motori alternativi
e alternativo (a combustione interna o esterna, —–
Vapore a ciclo Otto o Diesel,...)
motori rotativi turbine a vapore e a gas
rotativo (a combustione interna,...) (assiali, radiali)
turbine eoliche
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Capitolo 2
Macchine Idrauliche
Per macchine idrauliche si intendono quelle macchine motrici (turbine) o operatrici (pompe) che
agiscono su un fluido incomprimibile. Quest’ultimo è solitamente acqua, ma può essere anche
olio (specialmente nel caso delle pompe) o altro genere di liquido.
A rigori, sulla base della definizione appena fornita, anche i ventilatori possono intendersi come
macchine idrauliche in quanto operano con aria a bassa pressione e quindi praticamente in-
comprimibile. Nella classificazione tradizionale delle turbomacchine invece, i ventilatori sono
classificati a parte come macchine aerauliche.
2.1 La Cavitazione
Nelle macchine idrauliche può verificarsi un fenomeno di funzionamento anomalo, che va sotto
il nome di cavitazione e che deve essere attentamente considerato perché può portare al danneg-
giamento strutturale della macchina.
L’insorgere della cavitazione ha un’influenza negativa sulle prestazioni della macchina. Nel-
le turbine essa provoca una diminuzione della potenza fornita e del rendimento, mentre nelle
pompe porta ad una diminuzione della prevalenza generata e della portata smaltita.
Avviene però che le condizioni di miglior rendimento della macchina si hanno in prossimità
delle condizioni di cavitazione e che quindi le macchine vengano spesso progettate per funzio-
nare in un campo prossimo alla cavitazione. Questa tendenza si accorda con il fatto che per una
data portata e caduta si tende a scegliere la macchina pi ù veloce possibile, poiché essa risulta di
dimensioni ridotte e quindi di peso e costo minori. In tali macchine la velocità del fluido assume
8
valori elevati e pertanto sarà più facile che la macchina lavori in prossimità delle condizioni di
cavitazione.
c20
h = H b − Hs − Ht ± Hr − − Hd (2.1)
2ρ
• Hb : carico barometrico agente sullo specchio libero a valle (a monte se si tratta una
pompa);
• Hr : perdite di carico nella tubazione tra girante e specchio libero (da considerare con il
segno + per le turbine e con il segno − per le pompe);
• c0 : velocità assoluta media del fluido nella sezione della macchina presso il punto P;
• Hd : altezza dinamica dovuta essenzialmente alla presenza delle pale e agli attriti interni
della girante (attriti dall’interazione fluido/pareti macchina).
1
sono energie per unità di peso [J/N ] = [m] e si definiscono carichi
9
Poiché a sua volta Hd può essere espresso in funzione della velocità attraverso opportuni coef-
ficienti,
c2 w2
Hd = ξ 1 · 0 + ξ 2 · 0 (2.2)
2g 2g
c20
tutti i termini dinamici in 2.1 possono essere conglobati in un unico termine, ∆H d = 2g + Hd ,
arrivando alla seguente formulazione:
h = Hb − Hs − Ht ± Hr − ∆Hd (2.3)
L’equazione in 2.3 permette di valutare l’altezza disponibile della macchina, ovvero la sovra-
pressione rispetto alla tensione di vapore del fluido nel punto (P) pi ù sfavorito della macchina.
La condizione limite affinché non si abbia cavitazione si verificherà allora quando h = 0, in
corrispondenza quindi dell’altezza statica di aspirazione massima della macchina:
La determinazione del termine dinamico ∆Hd non è sempre agevole, per cui si usa esprimere la
depressione dinamica in funzione della prevalenza/caduta della macchina H attraverso la cifra
di Thoma:
∆Hd
σ= (2.5)
H
Nelle condizioni limite per la cavitazione della relazione 2.4 la cifra di Thoma avrà un valore
critico σc per il quale inizierà la cavitazione:
Hsmax = HB − Ht ± Hr − σc H (2.6)
L’esperienza ha dimostrato che c’è una relazione tra la cifra di Thoma in condizioni di incipiente
cavitazione (σc ) e il numero caratteristico di macchina k, come illustrato nei grafici in figura 2.2.
16 2
14
12 1.5
10
σc
8 1
σc
FRANCIS
6
4 0.5
2 ELICA-KAPLAN
0 0
0 1 2 3 4 5 0 1 2 3 4 5
k k
Figura 2.2: Relazione tra il numero caratteristico di macchina e il valore critico della cifra di
Thoma per le pompe (a sinistra) e per le turbine idrauliche (a destra)
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2.1.2 Altezza Totale Netta all’Aspirazione
Per le pompe, anzichè la formulazione (2.6) difficilmente applicabile se non si hanno a disposi-
zione i dati dell’impianto in cui la pompa viene installata, si considera una formulazione diver-
sa, che distingue i termini legati alla macchina da quelli dipendenti dall’impianto. Si definisce
quindi l’altezza totale netta all’aspirazione di una pompa:
p0 pt c2
∆Hcav = − + 0 = (∆Hcav )pompa (2.7)
ρg ρg 2g
dove i singoli termini, definiti in condizione di incipiente cavitazione, si riferiscono a:
∆hcav rappresenta l’altezza totale del fluido al netto dell’altezza relativa alla tensione di vapore,
misurata all’aspirazione della pompa e costituisce il margine anti-cavitazionale richiesto dalla
pompa. L’altezza totale netta all’aspirazione (∆hcav )pompa è un parametro caratteristico di una
data pompa e dipende dal progetto e dalle dimensioni della pompa stessa. Nella letteratura an-
glosassone, essa viene indicata con la dicitura Net Positive Suction Head (N.P.S.H.).
Consideriamo ora la pompa installata in un impianto, come ad esempio illustrato in figura 2.1.
Applicando il teorema di Bernoulli tra la sezione di aspirazione della pompa (punto P in figura)
e lo specchio all’aspirazione, si ottiene:
p0 c2
+ 0 = HB − Hs − Hr (2.8)
ρg 2g
che confrontata con la 2.7, permette di ottenere:
11
2.2 Macchine Motrici Idrauliche
2.2.1 Utilizzazione dell’Energia Idraulica
L’energia idraulica rappresenta una fonte di energia rinnovabile e praticamente permanente.
L’utilizzazione industriale dell’energia potenziale idraulica avviene normalmente negli impianti
di produzione di energia elettrica. Questi possono essere classificati in funzione delle caratteri-
stiche del serbatoio a monte della centrale:
Rispetto a qualsiasi altro sistema per la produzione di energia elettrica, gli impianti idroelettri-
ci presentano numerosi vantaggi: maggiore affidabilità, disponibilità più elevata (manutenzioni
meno frequenti), maggiore possibilità di automazione (impianti semplici), vita dei componenti
più lunga, assenza di inquinamento dell’aria e dell’acqua, avviamento e fermata rapidi.
Il costo di un impianto idroelettrico è molto variabile, legato alle caratteristiche del bacino im-
brifero utilizzato e da quelle del sito da cui dipendono le opere civili. Il costo dell’energia
elettrica prodotta può quindi risultare maggiore o minore di quello dell’energia fornita da una
centrale termoelettrica.
D’altra parte l’energia idraulica è una fonte rinnovabile e gratuita e che va dispersa continua-
mente se non utilizzata via via che si rende disponibile.
Le risorse di fonti primarie invece, quali i combustibili fossili e nucleari, se non vengono uti-
lizzati conservano intatto il loro contenuto energetico. In pratica, se non si sfrutta l’energia
idraulica si spreca energia, mentre se non si utilizzano le fonti primarie si risparmia energia.
La situazione dello sviluppo della produzione di energia in Italia è quella riportata nel grafi-
co in figura 2.3 e riassunta, per l’anno 2002, in tabella 2.1.
In figura 2.4 è illustrato l’andamento del carico nella rete elettrica italiana in un giorno infraset-
timanale invernale dell’anno 20033
Risulta evidente che l’energia idroelettrica regolata da serbatoio , che comprende quella ottenuta
dagli impianti di accumulazione per pompaggio, viene utilizzata per coprire i picchi diurni del
diagramma di carico.
2
Con durata di invaso si intende il tempo teorico di svuotamento del bacino di monte quando nell’impianto
transita la portata nominale di progetto
3
In figura con CIP6 ci si riferisce alla quota di energia elettrica che rientra nel provvedimento CIP6 del Comitato
Interministeriale Prezzi che stabilisce incentivi economici per la cessione al gestore nazionale di energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili.
12
Figura 2.3: Potenza efficiente degli impianti elettrici di generazione in Italia dal 1963 al 31
Dicembre 2002
Tabella 2.1: Potenza efficiente degli impianti elettrici di generazione in Italia al 31 Dicembre
2002
13
Figura 2.4: Diagramma di carico relativo al giorno 6 Febbraio 2003
Dal punto di vista tecnico gli impianti di pompaggio sono generalmente realizzati secondo due
tipologie:
• impianti ternari: con una sola macchina elettrica (motore-generatore) e due macchine
idrauliche;
• impianti binari: con una sola macchina elettrica (motore-generatore) e una sola macchina
idraulica (pompa-turbina)
14
2.2.2 Impianto Idroelettrico
Alcuni schemi di possibili impianti idroelettrici sono riportati in figura 2.5, figura 2.6 e figura
2.7. Gli impianti a bacino sono realizzati più comunemente secondo lo schema in figura 2.6 ma
anche ,più di rado, secondo lo schema in 2.5, mentre quelli ad acqua fluente secondo lo schema
in figura 2.7.
15
2.2.3 Caduta Disponibile
Consideriamo lo schema dell’impianto idroelettrico in figura 2.8; si possono individuare 4 se-
zioni fondamentali: M-pelo libero serbatoio di monte, V-pelo libero serbatoio di valle, 1-sezione
ingresso turbina, 2-sezione di uscita turbina.
Si definisce salto disponibile o caduta disponibile la differenza del trinomio di Bernoulli (diffe-
renza di energia meccanica) tra la sezione M e la sezione V:
pM c2 pV c2
Hd = (zM + + M ) − (zV + + V) (2.11)
ρg 2g ρg 2g
In pratica però, a causa delle perdite nelle condotte, il salto disponibile H d non potrà essere com-
pletamente sfruttato dalla turbina. Si definisce quindi il salto utilizzabile o la caduta utilizzabile
come:
H = Hd − ∆Hcondotte (2.12)
dove ∆Hcondotte sono le perdite nelle condotte dell’impianto.
Si può anche definire un rendimento delle condotte come:
H ∆Hcondotte
ηcondotte = =1− (2.13)
Hd Hd
a cui corrispondono cadute molto alte, 400 ÷ 1800 m con portate contenute, 1 ÷ 10 m 3 /s. Le
potenze più usualmente impiegate sono dell’ordine di 100 ÷ 150 M W , fino ad un massimo di
∼ 300 M W .
La T.P. è costituita dalla girante e dal distributore, secondo lo schema in figura 2.9
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Figura 2.9: Schema di una turbina idraulica Pelton
La girante è essenzialmente costituita da un disco alla cui periferia sono installate le pale, cia-
scuna formata da due parti simmetriche, dette cucchiai, e separate dal tagliente.
La T.P., essendo ad azione, può avere l’alimentazione localizzata, ovvero la distribuzione della
portata non deve essere necessariamente uniforme sulla circonferenza della girante ma concen-
trata in singole porzioni di quest’ultima. Per questo motivo, il distributore di una T.P è costituito
semplicemente da uno o più ugelli (mai più di sei) che indirizzano un getto d’acqua tangen-
zialmente alla girante. Inoltre, si può anche effettuare la regolazione per parzializzazione cioè
ridurre parzialmente o intercettare completamente l’alimentazione di alcuni o tutti i distributori
al fine di ridurre la portata e quindi regolare la turbina in diverse condizioni di funzionamento.
Le T.P. possono essere ad asse orizzontale, con 1 o al massimo 2 ugelli, o ad asse verticale
con 4,5, o 6 introduttori. Per avere una grande portata pur mantenendo basso il numero di in-
troduttori impiegati, si ricorre spesso alla soluzione che prevede l’utilizzo di 2 giranti montate a
sbalzo sui due lati dello stesso alternatore.
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Figura 2.10: Schema del distributore di una turbina idraulica Pelton
All’uscita del bocchello è normalmente presente il tegolo deviatore, per deviare il getto dalle
pale della girante in caso di arresto rapido della turbina (una rapida chiusura della spina, oltre
che ad essere tecnicamente difficile date le forti pressioni in gioco, causerebbe anche un forte
colpo d’ariete sulle tubazioni che collegano la turbina con l’invaso a monte).
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Il getto uscente dal distributore, impatta al centro della pala ed è diviso in due porzioni dal
tagliente. Le due porzioni di flusso defluiscono quindi lungo i due cucchiai per essere deviate
quasi completamente verso la direzione di provenienza. Come si vede dalla figura infatti, il
flusso in uscita dalla girante è leggermente inclinato per evitare che vada a disturbare il getto in
ingresso. Il tagliente è inclinato di circa 10◦ ÷ 15◦ rispetto al bordo della pala per ottimizzare
l’azione del getto (in questo modo il getto si trova ad essere perpendicolare al tagliente a met à
della traettoria relativa). Per le stesse ragioni, sulla punta della pala è presente uno scarico per
far sı̀ che il getto non colpisca la pala in condizioni sfavorevoli.
Figura 2.12: Determinazione del passo palare limite superiore di una turbina idraulica Pelton
19
Deve quindi valere che nel tempo in cui la goccia va da A a B, la pala deve percorrere l’arco di
cerchio ∆S:
AB ∆S AB
t= = ⇒ ∆S = upt (2.16)
c1 upt c1
Si può quindi determinare il passo palare limite superiore:
AB 2∆S
θlim = θ − ϕ = 2 arcsin − (2.17)
Dpt Dpt
Triangoli di velocità
In figura 2.13 sono riportati i triangoli di velocità su una pala di turbina Pelton.
√
Sia c1 = ϕ 2gH la velocità di uscita del getto dal di-
stributore e u = πDn/60 la velocità periferica al dia-
metro medio. Per il triangolo di velocità in ingresso
vale c1 = u + w1 , essendo le velocità allineate lungo la
medesima direzione.
Essendo la turbina ad azione, allora teoricamente vale
w2 = w1 . Si devono però considerare le perdite in gi-
rante, attraverso un opportuno coefficiente di perdita ψ
il cui valore è normalmente compreso tra 0.96 e 0.98:
w2 = ψw1 .
Componendo vettorialmente w2 e u si ottiene la ve-
locità c2 . Quest’ultima dovrebbe essere teoricamente
nulla, in modo da permettere la massima deviazione
del getto e quindi la massima spinta sulla pala. D’al-
tro canto è necessario che la vena fluida in uscita dalla
pala non vada ad investire il dorso della pala seguente,
fatto che sarebbe fonte di notevoli perdite. Si utilizza Figura 2.13: Triangoli di velocità di
quindi un angolo di uscita della corrente relativa dalla una turbina idraulica Pelton
pala di circa 15◦ rispetto alla direzione periferica (vedi
figura 2.11). Questo consente di scaricare l’acqua dalla girante in direzione circa assiale, quindi
senza interferire con la pala seguente e minimizzando la componente periferica della velocit à,
ottenendo cosı̀ maggior lavoro4 .
20
L’espressione del lavoro Euleriano per la turbina Pelton vale:
considerando wu2 < 0 poichè opposta ad u. Per le velocità relative vale: wu2 = −ψwu1 , quindi
l’espressione in 2.19 diviene:
21
Quest’ultima espressione, il cui andamento è illustrato in forma grafica in figura 2.14, evidenzia
le relazioni esistenti fra i parametri caratteristici della T.P., è quindi molto utile per il progetto
di tali macchine.
Esistono dei limiti tecnici per il rapporto D/d:
• se D/d < 7 → getto troppo grande, poche pale, difficoltà evacuazione dell’acqua;
Figura 2.14: Relazione tra i parametri caratteristici di una turbina idraulica Pelton
120f
n= (2.29)
2p
con f = f requenza di rete (tipicamente 50Hz) e p = numero coppie polari dell 0 alternatore.
Si può quindi calcolare il numero caratteristico di macchina k e, scelto il numero degli induttori
i e supponendo u/c1 = (u/c1 )ott = 0.5, si determina il rapporto D/d in base al diagramma in
figura 2.14. Il diametro dei getti si calcola dall’espressione della portata (eq. 2.23 e quindi si
determina il diametro D. A questo punto si può calcolare il valore della velocità periferica u e
verificare il valore u/c1 . Se dovesse risultare troppo diverso dal valore ottimale di 0.5 (i valori
tipici sono 0.46 ÷ 0.48) si deve procedere ad un successivo dimensionamento con valori diversi
di i e, se possibile, di p.
Una volta determinati i valori corretti di d e D, si può determinare il numero di pale come
illustrato in una sezione precedente.
22
Curve Caratteristiche di Funzionamento
In generale, le curve caratteristiche sono dei diagrammi che riportano in forma grafica le pre-
stazioni di una macchina in corrispondenza dei suoi diversi punti di funzionamento.
Nel caso delle turbomacchine idrauliche generalmente si rappresentano gli andamenti della por-
tata Q, della potenza utile Pu , della coppia fornita M e del rendimento effettivo ηe in funzione
del numero di giri n per una caduta netta H costante.
Nel caso della turbina Pelton si ottengono curve diverse per ogni apertura della spina Doble
di regolazione della portata. Gli andamenti tipici sono riportati in figura 2.15.
Le turbine Pelton sopportano quindi molto bene ampie variazioni di carico e sono indicate per
essere impiegate negli impianti idroelettrici di punta.
5
La velocità di fuga si ha quando quando u = c1 , ovvero w1 = 0, cioè le pale sfiorano la pala senza interessarla
direttamente: √
60ϕ 2gH
nf =
πD
23
Figura 2.16: Curve iso-rendimento di una turbina idraulica Pelton
Figura 2.17: Rendimento effettivo di una turbina idraulica Pelton in funzione della potenza utile
(sinistra) e della portata (destra) per numero di giri fissato
Le T.F. sono macchine a grado di reazione non nullo, nelle quali quindi la trasformazione del-
l’energia potenziale idraulica in energia cinetica avviene sia nel distributore che nella girante.
In figura 2.18 è riportato uno schema semplificato di un impianto idroelettrico con T.F. e l’an-
damento qualitativo delle pressioni lungo l’impianto.
Si può vedere come la pressione diminuisca anche in girante, sino a scendere al disotto della
pressione atmosferica. Per questo motivo le turbine Francis sono sempre seguite da un tubo
24
Figura 2.18: Schema di un impianto idroelettrico con turbina Francis, andamento delle pressioni
aspiratore-diffusore che permette di adattare la pressione di scarico della turbina a quella del
bacino di valle (patm ), permettendo quindi di sfruttare il salto a valle della turbina.
Uno schema che illustra la geometria di una generica turbina Francis è riportato in figura 2.19.
In generale, essa si compone dei seguenti elementi:
4. girante: trasforma l’energia potenziale idraulica residua in energia cinetica e tutta l’ener-
gia cinetica dell’acqua in energia meccanica. Le pale sono opportunamente profilate e
svergolate, e in numero variabile zG = 12 ÷ 24 (diminuisce all’aumentare di k);
Da notare che la presenza della voluta a spirale è necessaria in quanto la turbina Francis è una
macchina a reazione. Essa quindi necessita di una alimentazione uniforme su tutta la periferia
della girante per dar luogo/consentire il salto di pressione in girante.
25
Figura 2.19: Schema di una turbina idraulica Francis: 1-voluta a spirale, 2-pre-distributore,
3-distributore, 4-girante, 5-tubo aspiratore-diffusore
26
Scelta della macchina
La progettazione di massima di una T.F. può essere eseguita sulla base dei dati caratteristici
di altre turbine esistenti e caratterizzate da un buon funzionamento. Un’ampia indagine ha
infatti permesso ai progettisti di tali macchine di analizzare le caratteristiche geometriche e di
funzionamento di molte T.F. e di raccoglierne i dati nei diagrammi statistici.
In particolare, i dati di progetto du una generica T.F. saranno: portata Q, caduta netta H e
numero di giri n. Da questi dati si può determinare il numero caratteristico di macchina k. I
diagrammi statistici riportano i parametri funzionali e geometrici della macchina in funzione di
k, in forma adimensionale, e possono ad esempio essere quelli indicati in figura 2.20.
Figura 2.20: Diagramma statistico dei parametri funzionali e geometrici di una turbina idraulica
Francis
Per procedere nel dimensionamento, dai dati di progetto si pu ò calcolare il valore di k e dal
diagramma statistico ricavare il valore di ku1 dal quale, si può determinare il diametro D1 :
u1 p 2u1
ku1 = √ → u1 = ku1 2gH ⇒ D1 = (2.30)
2gH 2πn/60
Noto il diametro esterno della girante D1 , si possono determinare le altre grandezze geometri-
che attraverso i parametri geometrici adimensionali del diagramma statistico.
Per determinare la forma della pala della turbina nel piano interpalare, si devono calcolare i
triangoli di velocità. Nel caso più semplice, si può utilizzare la teoria monodimensionale lungo
la linea di corrente media del piano meridiano (vedi figura 2.21). È evidente che nella realtà la
corrente si comporta in maniera diversa sul mozzo e sulla corona richiedendo quindi un dimen-
sionamento che utilizzi un approccio tridimensionale e porti alla definizione di pale svergolate.
In questo contesto, ci limiteremo all’approccio monodimensionale.
27
Figura 2.21: Piano meridiano di una turbina idraulica Francis
Triangoli di velocità
I triangoli di velocità per la turbina Francis sono riportati in figura 2.22.
Sotto le ipotesi che stanno alla base della teoria monodimensionale, le velocità meridiane di
attraversamento macchina sono calcolate come segue:
Q0 Q0
cm1 = cm2 = (2.31)
πD1 b1 ξ1 πD1 b2 ξ2
dove Q0 = ηv Q è la portata che attraversa realmente la girante (ηv è il rendimento volumetrico)
e ξ1,2 sono i coefficienti di ostruzione palare, cosı̀ definiti:
πD1,2 − zG · s1,2
ξ1,2 = s1,2 = spessore pala (2.32)
πD1,2
Le velocità periferiche u1,2 valgono banalmente:
D1,2 πn
u1,2 = ω = D1,2 (2.33)
2 60
La componente periferica della velocità assoluta in ingresso, ipotizzando di essere in condizioni
di massimo sfruttamento dell’energia cinetica allo scarico (c u2 = 0), vale:
ηid gH
cu1 = con cu2 = 0 (2.34)
u1
dove ηid è il rendimento idraulico della turbina.
Variazione della geometria della girante, dei triangoli di velocit à e del grado di reazione
Consideriamo l’espressione euleriana del lavoro idraulico:
1
Hid = (cu1 u1 − cu2 u2 ) (2.35)
g
28
Figura 2.22: Triangoli di velocità all’ingresso (a destra) e all’uscita (a sinistra) e forma delle
pale una turbina idraulica Francis
29
Sostituendo c1 nell’espressione 2.38
u1 cosα1 u1 u2 1
Hid = = 1 tgα1 (2.39)
g senα1 cotgβ1 + cosα1 g tgβ1 +1
da cui si ottiene:
s s
tgα1 tgα1
u1 = gHid 1+ = gHηid 1+ (2.40)
tgβ1 tgβ1
La relazione appena trovata esprime il legame tra la velocità periferica u1 e gli angoli della
corrente assoluta α1 e relativa β1 e in particolare che:
• u1 cresce al diminuire di β1 ;
La velocità periferica u1 è anche legata al grado di reazione della macchina, espresso dalla:
da cui si ricava:
u1 cosα1
= (2.43)
c1 2(1 − R)
e da cui si deduce che all’aumentare del grado di reazione R, aumenta il rapporto u 1 /c1 , a parità
di regolazione del distributore (α1 fissato).
Quest’ultimo è molto utile per osservare qualitativamente come cambiano i triangoli di velo-
cità, e quindi la forma della pala, al variare del grado di reazione, figura 2.24.
Si osserva che all’aumentare del grado di reazione, a parità di α1 e quindi di c1 , u1 e β1 aumen-
tano, ovvero la turbina diventa sempre più veloce e impone al flusso una deviazione decrescente.
Si dimostra inoltre che l’aumento del grado di reazione corrisponde all’aumento del numero ca-
ratteristico. Quanto sopra osservato si può quindi riassumere nella tabella seguente. Al variare
30
Figura 2.23: Variazione del grado di reazione di una turbina idraulica Francis al variare degli
angoli di ingresso in girante β1 e diffusore α1
Figura 2.24: Variazione dei triangoli di velocità di una turbina idraulica Francis al variare del
grado di reazione
di k la macchina tende a diventare a flusso assiale e a smaltire pi ù portata con una caduta netta
più bassa.
Un’ultima osservazione riguarda le T.F. veloci. Queste ultime devono smaltire elevate porta-
31
te e quindi anche le velocità di attraversamento della macchina sono molto alte. Di conse-
guenza, anche l’energia cinetica allo scarico è molto alta e deve essere recuperata nel tubo
aspiratore-diffusore. La turbina risulterà quindi spesso installata sottobattente e con un tubo
aspiratore-diffusore molto lungo.
Figura 2.25: Variazione della geometria della girante di una turbina idraulica Francis al variare
del numero caratteristico di macchina ( o del grado di reazione)
32
alle turbine Pelton, ovvero che non è possibile variare di molto la potenza senza compromettere
il rendimento.
Questo particolare è anche evidenziato considerando i diagrammi del rendimento in funzione
della potenza utile Pu e della portata Q, a n = costante, figura 2.29.
Il rendimento aumenta sino ad un valore massimo e quindi diminuisce abbastanza rapidamente;
si mantiene a valori elevati solo in un campo di Pu (o di Q) più limitato rispetto a quello delle
turbine Pelton. La macchina infatti è progettata per una data portata e solo in tali condizioni le
velocità relative sono tangenti ai profili palari della girante consentendo un deflusso con minime
perdite.
Figura 2.29: Andamento del rendimento di una turbina idraulica Francis al variare della potenza
utile (a sinistra) e della portata (a destra)
33
2.2.6 Le Turbine ad Elica e Kaplan
Le turbine assiali ad elica e Kaplan sono relative ai seguenti campi di numero caratteristico di
macchina:
ELICA k = 2 ÷ 3.5 KAP LAN k = 2.5 ÷ 6
con cadute fino a 90 m, portate Q > 100 m3 /s e potenze fino a 200 M W .
Le turbine idrauliche assiali sono macchine a reazione, con trasformazione dell’energia poten-
ziale idraulica in energia cinetica anche nella girante.
Nelle turbine Kaplan le pale della girante sono orientabili durante il funzionamento per con-
sentire la regolazione della macchina nelle condizioni di massimo rendimento. Le turbine ad
elica invece hanno pale fisse, eventualmente orientabili a macchina ferma.
In generale, le turbine ad elica sono atte ad essere sottoposte a grandi variazioni di caduta H.
Le turbine ad elica a bassa caduta sono normalmente installate lungo il corso dei fiumi negli
impianti ad acqua fluente: in questo caso il salto diminuisce nel passare dai regimi di secca a
quelli di piena con conseguente variazione della potenza utile P u rispetto a quella di progetto.
Uno schema di massima di una turbina idraulica assiale è riportato in figura 2.30.
Figura 2.30: Schema di una turbina idraulica assiale (elica o Kaplan): 1-voluta a spirale, 2-
predistibutore, 3-ditributore, 4-girante, 5-ogiva, 6-tubo aspiratore-diffusore
34
3. distributore: a pale orientabili per la regolazione della portata. Trasforma parte dell’e-
nergia cinetica del flusso in energia di pressione e indirizza la corrente all’ingresso della
girante con il giusto angolo. Il numero di pale zD è variabile tra 12 e 24;
5. ogiva: nella turbina Kaplan contiene i meccanismi per ruotare le pale della girante;
Figura 2.31: Diagramma statistico dei parametri geometrici e funzionali di una turbina idraulica
assiale (elica o Kaplan)
35
È importante osservare che le turbine as-
siali sono caratterizzate da un rapporto
tra diametro di mozzo e diametro ester-
no molto basso: DM /DG = 0.3 ÷
0.5. Questo porta ad avere un canale
palare con un altezza radiale molto ele-
vata, per cui l’ipotesi di monodimensio-
nalità della corrente è sicuramente non
più valida. Lungo l’altezza radiale del-
la pala varia notevolmente la velocità pe-
riferica u. Anche la velocità meridia-
na cm varia seppur leggermente, ciò a
causa della deviazione che il fluido su-
bisce dall’uscita del distributore all’ingres-
so in girante (passa dalla direzione ra-
diale a quella assiale). La componen-
te periferica della velocità assoluta ha an-
ch’essa una variazione notevole, tipicamen-
te per mantenere l’energia scambiata tra flui-
do e pala costante lungo l’altezza radia-
le6
I triangoli di velocità varieranno quindi no-
tevolmente lungo il raggio della girante e
con essi si modificheranno anche i pro-
fili palari. Vediamo in dettaglio le di-
stribuzioni radiali delle diverse componen-
ti della velocità con riferimento alla figura
2.32.
Poichè u = ωr, facendo variare cu1 in modo inversamente proporzionale ad r, ovvero con una struttura a vortice
libero (cu1 = A/r), il lavoro risulterà costante lungo il raggio della palettatura.
36
questo effetto è molto meno pronunciato che nel caso della velocità periferica e la distribuzione
di cm è quasi uniforme, vedi figura 2.32.
Per quanto riguarda la velocità periferica u, essa varia linearmente con il raggio. Spesso si
osservano velocità alla punta pari a più del doppio delle velocità al mozzo.
Triangoli di velocità
Da quanto sopra esposto emerge chiaramente che per la definizione dei triangoli di velocit à di
una turbina idraulica assiale è necessario utilizzare un’approccio bidimensionale. Vedremo ora
di individuare i triangoli di velocità, e quindi i profili palari, al mozzo e all’estremità della gi-
rante.
In prima approssimazione si può assumere cm costante lungo il raggio. Abbiamo visto in pre-
cedenza che la distribuzione di cm è poco variabile, i valori locali non si scostano più del ±10%
dal valore medio. Non si commette quindi un grosso errore assumendola in prima approssima-
zione costante.
dove Q0 = ηv Q è la portata che realmente attraversa la girante. Per i triangoli in uscita si ha:
Figura 2.33: Triangoli di velocità al mozzo (a sinistra) e in punta pala (a destra) di una turbina
idraulica assiale (elica o Kaplan)
37
Forma delle pale
Il numero delle pale necessario per una gi-
rante è fissato sulla base di dati statistici,
esso è comunque molto basso (3 ÷ 8) e
dipende da k. In generale vale che l’e-
stensione circonferenziale delle pale è tale
da dar luogo ad un leggero ricoprimento,
se viste dall’alto, come illustrato in figura
2.34.
Figura 2.35: Solidità di una girante di turbina idraulica assiale al mozzo e in punta pala
38
Figura 2.36: Esempio di profili palari al mozzo e all’estremità di una girante di turbina idraulica
assiale
Figura 2.37: Curve caratteristiche (a sinistra) e isorendimento (a destra) di una turbina idraulica
ad elica a caduta H costante
Consideriamo i diagrammi del rendimento in funzione della potenza utile e della portata in
figura 2.38. Per una turbina ad elica la diminuzione del rendimento dopo il massimo è mol-
to brusca. Il campo di funzionamento con valori ottimali del rendimento è ancora più ridotto
rispetto a quello delle turbine Francis. Nel caso delle turbine Kaplan invece, variando l’incli-
39
nazione delle pale durante la regolazione della macchina, si riesce ad adattare gli angoli palari
a quelli del flusso relativo, permettendo quindi alla girante di lavorare sempre in condizioni di
massimo rendimento. Pertanto, la curva di funzionamento è l’inviluppo delle curve ad angolo
costante; le turbine Kaplan assorbono molto bene le variazioni di carico.
Figura 2.38: Rendimento in funzione della potenza utile (a sinistra) e della portata (a destra) per
turbine idrauliche ad elica e Kaplan a caduta H e numero di giri costanti
40
2.2.7 Turbine a Bulbo
Per cadute molto basse, fino a 20 m, si utilizzano le turbine a Kaplan a bulbo, alle quali corri-
spondono numeri caratteristici di macchina k variabili tra 3 e 6.
Le turbine a bulbo (uno schema è riportato in figura 2.40), sono turbine assiali ad asse orizzon-
tale, o leggermente inclinato, disposte direttamente nel corso d’acqua e collegate direttamente
all’alternatore contenuto nel bulbo. In generale le turbine a bulbo richiedono ridotte opere civili
anche grazie alle loro ridotte dimensioni (sono macchine veloci, ad alto k). La loro installazione
è quindi più economica rispetto ad una turbina assiale tradizionale, come si pu ò notare anche in
figura 2.41
La corrente che investe la turbina mantiene sempre una direzione quasi assiale, senza forti devia-
zioni come nel caso delle turbine ad elica o Kaplan tradizionali. Questo migliora la distribuzione
del flusso, rendendolo più uniforme e quindi consentendo rendimenti più elevati, anche grazie
alla possibilità di variare la posizione angolare delle pale della girante in funzionamento.
Le turbine a bulbo possono anche funzionare con il senso della corrente fluida invertito e
quindi possono essere utilizzate nelle centrali che sfruttano le escursioni di marea (centrali
mare-motrici).
Figura 2.40: Schema di una turbina idraulica a bulbo: 1-girante a pale regolabili in fun-
zionamento (Kaplan), 2-distributore, 3-predistributore, 4-alternatore, 5-raddrizzatore/sostegno
turbina
41
Figura 2.41: Esempio di installazione di una turbina ad elica (in alto) e a bulbo (in basso)
42
2.2.8 Il Tubo aspiratore-diffusore
Allo scarico delle turbine a reazione si utilizza il tubo aspiratore-diffusore (TAD) con due
funzioni distinte:
Per meglio capire le funzioni di tale organo si faccia riferimento alla figura 2.42. Supponiamo
Figura 2.42: Tipologie di scarico di una turbina idraulica a reazione: A-scarico libe-
ro, B-tubazione a sezione costante (tubo aspiratore), C-tubazione a sezione crescente (tubo
aspiratore-diffusore)
di avere una turbina idraulica a reazione con lo scarico situato ad una quota H m dal bacino di
monte e Hv da quello di valle e supponiamo, per semplicità di esposizione, che l’impianto sia
privo di perdite. Consideriamo ora il caso A riportato in figura 2.42, scarico libero senza TAD. È
chiaro che il salto utile Hu sarà pari all’altezza a monte Hm , il salto a valle Hv è sprecato. Con-
sideriamo ora il caso B, allo scarico della turbina è collegato un tubo a sezione costante. Poiché
allo scarico del condotto di valle insiste la pressione atmosferica, allora la pressione alla scarico
della turbina sarà inferiore in modo da compensare la pressione che spetta alla colonna d’acqua
Hv nel tratto di scarico, meno la componente dinamica della pressione. In altri termini, il salto
utile è pari a Hu < Hv + Hm per la residua pressione dinamica del fluido che lascia l’impianto
con velocità sostenuta. Infine il caso C, dove lo scarico della turbina è collegato ad un condotto
a sezione crescente. In questo modo si riesce a diffondere la corrente di scarico, recuperando
quasi completamente tutta la sua energia cinetica (a meno di una piccola frazione residua di
velocità necessaria per evacuare il fluido). Il salto utile risulta quindi pari a H u ' Hv + Hm .
Considerando il rapporto tra l’energia√ cinetica allo scarico della turbina e l’energia teoricamente
disponibile nell’impianto (c2scarico / 2gH), si ottiene la percentuale di energia persa allo scarico
in assenza di TAD. Questo valore aumenta notevolmente all’aumentare del numero caratteristico
di macchina passando dal 2 ÷ 3% nelle turbine Francis lente, al 14 ÷ 13% nelle turbine Francis
veloci fino ad arrivare al 40 ÷ 50% nel caso delle turbine Kaplan. Per le turbine ad alto k il TAD
è quindi assolutamente indispensabile per ottenere valori accettabili del rendimento.
È intuibile che la scelta del TAD e quindi la sua forma sono legati intimamente al fenomeno
della cavitazione e quindi alla scelta dell’altezza statica di aspirazione. Non si potrà adottare un
43
alto valore di Hs con un TAD che realizzi una forte depressione allo scarico senza causare la
cavitazione della turbina.
L’altezza statica all’aspirazione Hs può essere determinata anche per via statistica attraverso
l’utilizzo di diagrammi come quello in figura 2.43 che sono disponibili per le diverse tipologie
di turbine idrauliche.
Se dal diagramma dovesse risultare Hs < 0, la turbina dovrà essere installata sotto battente.
44
Originariamente il lato esterno del gomito non era raccordato mentre oggi si adottano soluzioni
con ampio raccordo e con alette di guida della corrente. La particolarità forse più interessante
del gomito Kaplan è che consente un ottimo recupero dell’energia cinetica senza un eccessivo
sviluppo verticale del TAD, e quindi consentendo il massimo dell’altezza statica di aspirazione
Hs .
45
2.3 Macchine Operatrici Idrauliche
In generale, le macchine operatrici compiono la funzione inversa delle macchine motrici: as-
sorbono energia da un generico motore (elettrico, a combustione interna, a vapore, a gas) e la
trasferiscono al fluido che le attraversa.
L’impiego delle macchine motrici idrauliche è solitamente quello di trasferire una determinata
portata di fluido incomprimibile ad un livello più alto di quello di partenza, cioe di pomparlo ad
una certa quota; tali macchine vengono comunemente chiamate pompe.
HG = Z 2 − Z 1 (2.47)
H = Emandata − Easpirazione
pM − pA c2M − c2A
= ZM − ZA + +
ρg 2g
(2.48)
Considerando l’impianto nel suo complesso, si definisce prevalenza totale la differenza tra
l’energia posseduta dal fluido nel bacino di monte e nel bacino di valle, pi ù le perdite nelle
tubazioni:
p2 − p1 c22 − c21
Htot = Z2 − Z1 + + + ξA + ξM (2.50)
ρg 2g
dove ξA e ξM sono rispettivamente le perdite nelle tubazioni di aspirazione e mandata. Anche
in questo caso spesso vale che c1 = c2 ' 0 e p1 = p2 = patm , e quindi
Htot = HG + ξA + ξM (2.51)
46
Affinchè la pompa possa svolgere la sua funzione nell’impianto, si deve verificare che:
H ≥ Htot (2.52)
ovvero la pompa deve fornire una prevalenza maggiore, o al limite uguale, a quella richiesta
dall’impianto.
Figura 2.48: Schema di una pompa centrifuga: 1-girante (a pale rivolte indietro), 2-diffusore, 3-
voluta a spirale
La girante è costituita da mozzo, pale e da una corona di ricoprimento delle pale. Il diffuso-
re può essere palettato o no o eventualmente essere completamente assente. In quest’ultimo
caso, che si verifica in genere per le pompe di bassa potenza costruttivamente pi ù semplici, la
diffusione avviene solo nella voluta a spirale.
47
Scelta della macchina
Come per le turbine idrauliche, anche per le pompe centrifughe un dimensionamento di massima
può essere eseguito con l’ausilio di diagrammi statistici, di cui un esempio è riportato in figura
2.49.
I dati di progetto sono come sempre la portata Q, la prevalenza H e il numero di giri n (o anche la
frequenza di rete, se il motore è elettrico). Da essi è possibile calcolare il numero caratteristico
√ di
macchina e, dal diagramma statistico, ricavare il parametro di funzionamento k u2 = u2 / 2gH.
Da quest’ultimo si può ricavare la velocità periferica esterna della girante u2 e quindi, noto
il numero di giri, ottenere il diametro esterno della girante D2 (diametro caratteristico della
pompa). A questo punto è possibile calcolare tutte le altre grandezze necessarie a definire la
sezione meridiana della macchina attraverso i parametri geometrici dal diagramma statistico.
Figura 2.49: Diagramma statistico dei parametri geometrici e di funzionamento di una pompa
centrifuga
Triangoli di velocità
I triangoli di velocità sono normalmente calcolati in corrispondenza della linea di flusso medio,
tenendo conto che per molte realizzazioni pratiche le pale sono a semplice curvatura e quindi
non svergolate in senso assiale. Inoltre, spesso, specialmente per k basso, i diametri D 0 e D1
coincidono portando a pale interamente radiali.
I triangoli di velocità per una pompa centrifuga nelle condizioni di normale funzionamento sono
triangoli rettangoli (cu1 = 0), come indicato in figura 2.50. Questo perchè il flusso all’aspira-
zione della pompa proviene da una tubazione rettilinea.
48
Per il triangolo di velocità in ingresso vale:
Q πD1 n
cu1 = 0 cm1 = u1 = (2.53)
ηv πD1 B1 ξ1 60
mentre per quello all’uscita:
gH Q πD2 n
cu2 = cm2 = u2 = (2.54)
ηid u2 ηv πD2 B2 ξ2 60
dove ηv ed ηid sono rispettivamente il rendimento volumetrico ed idraulico della pompa, ξ 1,2
sono i coefficienti di ingombro palare in ingresso e in uscita dalla girante e B 1,2 sono le larghezze
palari nel piano meridiano, definite come per le turbine Francis.
Questo implica che passando dalla configurazione a pale all’indietro a quella radiale e poi a
pale in avanti, la pompa sarà caratterizzata da un rendimento via via più basso ma da un lavoro
specifico più alto (questo perché cu2 aumenta, quindi aumenta il lavoro ma aumenta anche
l’energia cinetica allo scarico della girante rendendo pi ù problematico il recupero di pressione
negli organi statorici a valle).
In generale quindi le pompe centrifughe sono sempre a pale all’indietro o al pi ù radiali (per
semplificarne la costruzione). La configurazione a pale in avanti è utilizzata solo in casi specifici
dove conta la velocità di uscita a discapito di un elevato rendimento (es.: pompe antincendio
utilizzate dai VV.FF.).
49
Figura 2.51: Possibili profili palari per una girante di pompa centrifuga: A-a pale all’indietro,
B-a pale radiali, C-a pale in avanti
Circolazione interpalare
Le considerazioni fatte sui triangoli di velocità valgono sotto l’ipotesi di corrente monodimen-
sionale nella girante, cioé con una distribuzione di velocità uniforme nei vani palari, come illu-
strato in figura 2.52. Questo in realtà potrebbe succedere se la girante avesse un numero infinito
50
Figura 2.53: Esempio di circolazione interpalare (a sinistra) e di moto effettivo (a destra) in un
vano palare di pompa centrifuga
Figura 2.54: Modificazione dei triangoli di velocità a causa della circolazione interpalare
all’ingresso e all’uscita dalla girante di una pompa centrifuga
Dalla figura si osserva che, nel flusso in ingresso si ha un incremento della componente perife-
rica cu1 , una riduzione dell’angolo di flusso assoluto α1 e un aumento di quello relativo β1 . In
uscita invece, la componente periferica cu2 diminuisce, l’angolo di flusso relativo β2 diminuisce
mentre aumenta quello assoluto α2 .
La variazione delle velocità periferiche nel modo appena descritto comporta quindi una diminu-
zione della prevalenza fornita al fluido:
1 0 1
Hid = (c u2 − c0u1 u1 ) < |Hid |∞ = (cu2 u2 − cu1 u1 ) (2.56)
g u2 g
È importante sottolineare che questa perdita di prestazioni della macchina è un effetto del nu-
mero finito di pale e non della natura del fluido. Essa quindi sarebbe presente anche nell’ipotesi
di poter operare con un fluido ideale non viscoso.
Per poter valutare quantitativamente l’effetto di riduzione delle prestazioni a causa della cir-
colazione interpalare, esistono diverse teorie che propongono approcci diversi al problema, noi
ne consideriamo due fra le più semplici: la teoria di Pfleiderer e la teoria di Stodola.
51
Teoria di Pfleiderer
Pfleiderer considera trascurabile l’effetto della circolazione interpalare sul flusso in ingresso
alla girante: c0u1 ' cu1 , e che la differenza tra |Hid |∞ e Hid sia proporzionale a Hid attraverso
un coefficiente Cp :
|Hid |∞ − Hid = Cp · Hid (2.57)
Il coefficiente di Pfleiderer Cp è calcolabile attraverso delle formule empiriche in funzione dei
parametri geometrici della girante. Per pompe con giranti radiali vale normalmente 0.3 ÷ 0.4.
Teoria di Stodola
Anche Stodola considera trascurabile l’effetto della circolazione interpalare sul flusso in in-
gresso alla girante: c0u1 ' cu1 . In uscita invece suppone che il moto di circolazione avvenga su
traiettorie circolari di ampiezza pari alla larghezza del canale in uscita, come indicato in figura
2.55. Il diametro a del moto di circolazione (larghezza del vano palare in uscita) è calcolabile
Figura 2.55: Circolazione interpalare all’uscita dalla girante di una pompa centrifuga secondo
la teoria di Stodola
d in un triangolo rettangolo con l’angolo retto in B:
rettificando il triangolo curvilineo ABC b
πD2 πD2
a = AB ' ACcos (90◦ − β2 ) ' cos(90◦ − β2 ) = senβ2 (2.58)
zG zG
dove zG è il numero di pale della girante. Quindi la variazione della velocità periferica ∆cu2
risulta pari a:
a 2u2 πD2 πsenβ2
∆cu2 = ω · = · senβ2 = u2 · (2.59)
2 D2 zG zG
Il ∆cu2 risulta quindi funzione di β2 , del numero di pale zG e della velocità periferica u2 .
Diffusori
Nelle pompe centrifughe possono essere in genere presenti dei diffusori tra l’uscita della girante
e la voluta a spirale; la loro funzione è quella di convertire in energia di pressione l’energia
52
Figura 2.56: Schema di una pompa centrifuga con diffusore palettato a pareti piane: G-girante,
D-diffusore
cinetica in uscita dalla girante. I diffusori possono essere palettati o non palettati e normalmente
sono a pareti piane o con una piccola divergenza.
Con riferimento alla figura 2.56, si può calcolare come segue l’incremento di pression che
avviene nel diffusore, espressa in metri di colonna di fluido:
c23 − c24 c2 1
∆Hdif = −ξ 3 = [(1 − ξ)c23 − c2u4 − c2m4 ] (2.60)
2g 2g 2g
c2
con ξ 2g3 energia persa nel diffusore per attrito.
Dell’energia cinetica c2 all’uscita della girante si può recuperare sotto forma di pressione la
componente cu2 poichè la componente meridiana cm2 dà la portata che deve essere eroga-
ta dalla pompa ed è legata alla cm4 dalla forma geometrica del diffusore (rapporto D2 /D4 ).
Considerando un diffusore a pareti piane (b3 = b4 = b) in cui avviene una diffusione totale
della componente periferica (cu4 = 0), assumendo ragionevolmente che c2 ' c3 , si ha per la
componente meridiana:
D2
Q = cm2 πbD2 = cm4 πbD4 → cm4 = cm2 (2.61)
D4
ottenendo un guadagno di prevalenza pari a:
2 2 2
cu2 c2m2 cu4 c2m4 cu2 c2m2
∆Hdif = + − + −ξ +
2g 2g 2g 2g 2g 2g
" #
2
c2 D2 c2
= m2 1 − − ξ + u2 (1 − ξ) (2.62)
2g D4 2g
I diffusori hanno particolare importanza nel caso delle pompe multiple pluristadio, per fare in
modo che il flusso in uscita dalla prima girante sia riportato nelle condizioni ottimali (di velocit à
e direzione) per l’ingresso nella girante successiva.
53
Figura 2.57: Variazione dei triangoli di velocità al variare della portata per una pompa centrifuga
Sulla base di queste considerazioni, si può esprimere la prevalenza teorica in funzione della
portata come segue:
1
|Hid |∞ = (cu2 u2 − cu1 u1 )
g
1
= [u2 (u2 − cm2 cotg β2 ) − u1 cm1 cotg α1 ]
g
1 Qcotg β2 Qcotg α1
= u2 u2 − − u1 ·
g πD2 b2 πD1 b1
2
u2 Q cotg β2 cotg α1
= − u2 + u1 = A − BQ
g g πD2 b2 πD1 b1
ovvero la prevalenza teorica varia linearmente con la portata. Nel caso comune in cui α 1 = 90◦
la prevalenza teorica aumenta o diminuisce a seconda del valore di β 2 , cosı̀ come illustrato in
figura 2.58. Solo nel caso di β2 = 90◦ (girante ad uscita radiale), la prevalenza teorica e costante
con la portata.
Consideriamo ora il caso di un numero di pale finite. Si verificherà il fenomeno della cir-
colazione interpalare che porta alla variazione dei triangoli id velocità. Ricordando che, in
prima approssimazione, l’effetto della circolazione pu ò essere trascurato sul flusso in ingresso
54
Figura 2.58: Variazione della prevalenza teorica in funzione della portata per una pompa
centrifuga
1 0
Hid = (c u2 − cu1 u1 )
g u2
1 1 1
= [(cu2 − ∆cu2 )u2 − cu1 u1 ] = (cu2 u2 − cu1 u1 ) − u2 ∆cu2
g g g
1 1
= |Hid |∞ − u2 ∆cu2 = A − BQ − u2 ∆cu2 (2.63)
g g
La variazione della prevalenza dovuta alla circolazione interpalare ha diverse espressioni a
seconda della teoria utilizzata per esprimere la variazione dell componente periferica ∆c u2 :
πsen β2
Stodola → ∆cu2 = u2 =f
/ (Q)
zG
g Cp g Cp
P f leiderer → ∆cu2 = |Hid |∞ = (A − BQ) = f (Q)
u2 1 + C p u2 1 + C p
Quindi, considerando per esempio una pompa con pale all’indietro (β 2 < 90◦ ), la variazione
della caratteristica teorica per una girante con un numero di pale finito assume l’andamento
riportato in figura 2.59, diverso a seconda della teoria adottata per quantificare gli effetti della
circolazione interpalare.
55
Figura 2.59: Variazione della prevalenza teorica in funzione della portata per una pompa cen-
trifuga con un numero finito di pale: adottando la teoria di Stodola (a sinistra) o la teoria di
Pfleiderer (a destra)
Nel contributo delle perdite per attrito bisogna considerare le perdite per attrito del fluido nei
canali palari del rotore, nei canali palari del diffusore e nella voluta a spirale.
Le perdite per urti sono invece causate dalle differenze tra gli angoli costruttivi delle pale e gli
angoli che il flusso assume nelle diverse condizioni di regolazione della macchina e che si veri-
ficano inevitabilmente quando ci si discosta dalla condizione di funzionamento di progetto.
La valutazione teorica di queste perdite presenta notevoli difficoltà. Sono state sviluppate di-
verse metodologie per la stima di tali perdite, ma difficilmente si possono individuare delle
formulazioni di applicazione e validità generale.
Volendo qui accennare solo ai risultati qualitativi che si possono ottenere con tali analisi, si pu ò
dire in modo sintetico e semplice che le perdite suddette possono essere espresse come segue:
dove Kid e Kur sono opportune costanti e Qn è la portata di progetto. Le perdite per attrito
quindi avranno un andamento parabolico con la portata, annullandosi per Q = 0, figura 2.60.
Le perdite per urto avranno anch’esse andamento parabolico con valore minimo (teoricamente
zero) in corrispondenza della portata di progetto.
Riportando tali perdite sulla curva caratteristica, si ottiene il diagramma in figura 2.60. In
generale la caratteristica della pompa potrà essere espressa come:
∆cu2 u2
H = |Hid |∞ − − Kid Q2 − Kur (Q − Qn )2 (2.65)
g
56
avviare la pompa in condizioni di portata minima. Il rendimento presenta un andamento a
massimo, localizzato solitamente a destra del punto di massima prevalenza.
Figura 2.60: Caratteristica reale di una pompa Figura 2.61: Curve caratteristiche di una
centrifuga pompa centrifuga
57
Regolazione di una pompa centrifuga
Per effettuare la regolazione di una pompa
centrifuga si possono adottare due metodi diversi:
La prima soluzione è chiaramente la più vantaggiosa dal punto di vista del buon funzionamento
della pompa, ma è solitamente più dispendioso se si utilizza un motore elettrico per azionare la
pompa. Può essere invece conveniente nel caso la pompa sia azionata da un motore a combu-
stione interna.
La soluzione che prevede l’utilizzo di una valvola di regolazione è la soluzione più semplice e
pertanto la più usata. La valvola è solitamente installata alla mandata della pompa.
Vediamo come si modificano le curve caratteristiche nei due casi, con riferimento alla figura
2.63.
Supponiamo di voler ottenere una diminuzione di portata: Q 2 < Q1 . Variando il numero di
giri si ottiene la seconda curva caratteristica illustrata. Si ottiene la prevalenza H 2a e la potenza
assorbita Pa2a molto inferiore a quella del punto 1 di partenza.
58
Chiudendo la valvola di regolazione si ottiene invece un aumento delle perdite nel circuito e
quindi una nuova curva resistente dell’impianto a cui la pompa è accoppiata. Si ottiene cosı̀ una
prevalenza H2b > H1 e una potenza assorbita Pa2b inferiore a quella di partenza, ma maggiore
di quella ottenibile con il primo sistema di regolazione.
Due pompe invece operano in parallelo quando ciascuna pompa elabora parte della portata,
in quanto le aspirazioni e le mandate sono collegate assieme e sottoposte alla stessa prevalenza.
Le caratteristica delle due pompe in serie si ottiene quindi sommando le due singole caratteristi-
che a parità di prevalenza. Se per esempio si pongono in parallelo due pompe uguali, la portata
massima ottenibile sarà doppia di quella ottenibile da una singola pompa, vedi figura 2.64.
Anche in questo caso, per un dato impianto, se inserisco una seconda pompa in parallelo non
ottengo il doppio di portata. La portata finale sarà determinata dal punto di funzionamento al-
l’intersezione della curva resistente dell’impianto con quella delle due pompe in parallelo, figura
2.64.
In figura 2.65 è rappresentato uno schema di una generica pompa assiale, costituita dai seguenti
elementi:
2. Girante: con 3 ÷ 5 pale che possono essere orientate a macchina ferma (pompe assiali) o
in funzione (pompe Kaplan);
3. Raddrizzatore: con 5÷9 pale, serve ad eliminare la componente tangenziale della velocit à
in uscita dalla girante, se presente. Non si utilizza per α2 > 80◦ ;
59
Figura 2.64: Curva caratteristica di prevalenza per pompe centrifughe in serie e in parallelo
Il procedimento è del tutto analogo a quello per le turbomacchine fino a qui trattate. Dai dati di
progetto, che tipicamente comprendono la portata Q, la prevalenza H e il numero di giri n, si
può calcolare il numero caratteristico di macchina k√ con il quale ottenere attraverso i diagrammi
statistici il parametro di funzionamento kuG = uG / 2gH. Da quest’ultimo si ricava la velocità
periferica in punta pala uG e quindi, noto il numero di giri, si ricava il diametro esterno della
girante DG che è anche la dimensione caratteristica della macchina. Noto D G , si possono rica-
vare tutte le altre dimensioni fondamentali della macchina (diametro di mozzo D M e la solidità
l/t) attraverso il diagramma statistico.
60
Figura 2.65: Schema di una pompa assiale: 1-predistributore, 2-girante, 3-raddrizzatore, 4-
diffusore, 5-albero
Figura 2.66: Diagrammi statistici dei parametri di funzionamento e geometrici di una pompa
assiale
61
Predistributore e raddrizzatore
Nel funzionamento di una pompa assiale in condizioni ottimali, si vuole avere all’ingresso e
all’uscita della macchina una corrente puramente assiale (c u = 0). Per fare ciò ci sono due
soluzioni:
Nel primo caso vale ovviamente cu1 = 0 poiché non si utilizza il predistributore oppure esso
non impone alcuna deviazione al flusso. La geometria del raddrizzatore è tale per cui raccoglie
la corrente uscente dalla girante con angolo α2 e la devia verso la direzione assiale in modo da
ottenere cu3 = 0, α3 = 90◦ ). In questo caso, la prevalenza idraulica vale:
1
Hid = cu2 u2
g
Le pale del raddrizzatore dovranno essere svergolate tra mozzo e girante per adattarsi alla distri-
buzione di cu2 imposta dal progetto della girante. Tipicamente, cu2 diminuisce con il raggio, si
ottiene quindi una situazione del tipo in figura 2.69.
Il raddrizzatore non si utilizza quando α2 > 80◦ ÷ 85◦ .
Nel secondo caso invece, figura 2.68, poiché non si utilizza il raddrizzatore, si adotterà una
geometria palare di girante tale per cui risulti una corrente di scarico assiale (c u2 = 0). Al fine
quindi di poter fornire energia alla corrente, il predistributore dovrà imporre una componente
tangenziale di velocità opposta alla velocità periferica u, in modo che risulti:
1
Hid = (−cu1 )u1 > 0
g
Anche in questo caso il predistributore dovrà avere pale svergolate.
Il predistributore è normalmente presente nelle pompe assiali medio-grandi, anche se rettilineo,
perché svolge anche la funzione di sostegno della girante e di annullamento delle forze assiali.
62
Figura 2.67: Palettaggi e triangoli di velocità di uno stadio di pompa assiale con raddrizzatore e
senza predistributore
Figura 2.68: Palettaggi e triangoli di velocità di uno stadio di pompa assiale con predistributore
e senza raddrizzatore
63
Figura 2.69: Profili palari e triangoli di velocità al mozzo e all’estremità di un raddrizzatore di
pompa assiale
Figura 2.70: Profili palari e triangoli di velocità al mozzo e all’estremità di una girante di pompa
assiale
Nelle curve di prevalenza e potenza assorbita si può notare a volte la presenza di un vero e
64
proprio punto di flesso, anche brusco, che è
causato dal fenomeno dello stallo. Al dimi-
nuire della portata sotto il punto di stallo la
prevalenza tende ad aumentare poiché la cor-
rente, separata dalle pale, tende ad assumere
andamenti radiali a causa del campo di forze
centrifughe e quindi aumenta la sua pressio-
ne.
La potenza assorbita ha andamento simile e
quindi ne consegue che la potenza per por-
tata nulla può essere 2 ÷ 3 volte superiore a
quella per portata nominale. Le pompe assiali
vanno quindi sempre avviate nelle condizioni
di massima portata, contrariamente a quanto
accade per una pompa centrifuga.
Nella pratica si possono adottare pompe volumetriche alternative, che tratteremo qui di seguito,
o pompe volumetriche rotative, di cui ci occuperemo in seguito.
Le pompe a stantuffo
Le pompe volumetriche alternative sono comunemente pompe a stantuffo poich è il pompaggio
del fluido avviene mediante il trasporto periodico di determinati volumi di liquido dall’aspira-
zione alla mandata mediante il moto alternativo di uno o pi ù stantuffi.
Le pompe a stantuffo sono caratterizzate da basse portate Q e da alte prevalenze H (fino a
2000 ÷ 10000 m C.A.). Sono molto utilizzate ad esempio nelle presse idrauliche, perl’alimen-
tazione di piccoli generatori di vapore, come pompe di sicurezza.
65
Uno schema generale di pompa a stantuffo, inserita in un impianto, è riportato in figura 2.72.
Essa è generalmente costituita dalle seguenti parti:
2. stantuffo
Figura 2.72: Schema di una pompa volumetrica a stantuffo: 1-cilindro, 2-stantuffo, 3-asta,
4-testa-croce, 5-biella manovella, 6-valvole di aspirazione e mandata, 7-camere o casse d’aria.
66
Diagramma di lavoro
In figura 2.73 è rappresentato nel piano pressione-volume (lo spostamento s dello stantuffo è
proporzionale al volume V occupato dal fluido all’interno del cilindro) il diagramma di lavoro
ideale di una pompa volumetrica a stantuffo. Con P M I e P M S si indicano rispettivamente la
posizione di punto morto inferiore e punto morto superiore, ovvero le posizioni estreme dello
stantuffo. Il ciclo si compone delle seguenti fasi:
1 → 2 si apre la valvola di aspirazione e il fluido viene aspirato all’interno della pompa;
2 → 3 fase di compressione, teoricamente istantanea;
3 → 4 si apre la valvola di scarico e si ha la fase di mandata;
4 → 1 fase di espansione, teoricamente istantanea.
Il diagramma reale si discosta da quello ideale principalmente per due motivi: la comprimibilit à,
seppur modesta, dei liquidi e la non istantanea apertura e chiusura delle valvole di aspirazione
e scarico. Quest’ultimo fatto è il responsabile delle pendolazioni di pressione che si osservano
ai punti 1’ e 3’ di un diagramma di lavoro reale, figura 2.74. Oltre a ci ò, il passaggio del
flusso attraverso le valvole comporta delle perdite di pressione per cui p 1 < pasp e p4 > pman .
L’inclinazione dei tratti 2 → 30 e 4 → 10 è dovuta alla comprimibilità del fluido.
Figura 2.73: Ciclo ideale di una pompa Figura 2.74: Ciclo reale di una pompa
volumetrica a stantuffo volumetrica a stantuffo
67
vm [m/s] n [giri/min]
pompe lente 0.3 ÷ 0.6 35 ÷ 60
pompe medie 0.6 ÷ 1.5 60 ÷ 180
pompe veloci 1.5 ÷ 3.0 180 ÷ 500
Tabella 2.2: Classificazione delle pompe volumetriche a stantuffo in base alla velocità media
del pistone
Portata istantanea
Con riferimento alla figura 2.75, la portata istantanea fornita da una pompa alternativa vale:
π 2
qx = D vx (2.71)
4
dove vx è la velocità istantanea dello stantuffo:
r
vx ' rω(sen ωt + sen 2ωt) (2.72)
2l
Ipotizzando un sistema biella-manovella molto allungato (r/l piccolo), il secondo termine pu ò
essere trascurato e quindi la portata istantanea ha un andamento sinusoidale, come quello ripor-
tato in figura 2.75.
La portata media teorica vale invece:
π 2 n
Qm = D c (2.73)
4 60
che moltiplicata per il rendimento volumetrico della pompa (η v = 0.9÷0.95) fornisce la portata
media effettiva.
Consideriamo il rapporto:
π 2 2πnr
qx,max 4 D 60
= π 2 n =π (2r = c) (2.74)
Qm 4 D c 60
esso è indice dell’irregolarità della portata alla mandata della pompa che, nel caso di singolo
stantuffo, è quindi molto elevata. Per migliorare la situazione si può ricorrere alle casse d’aria
che però nel caso di pompa a singolo stantuffo, vista la notevole irregolarità, sarebbero molto
grandi (vedi paragrafo successivo). Si preferisce di solito utilizzare pi ù stantuffi, sfasati di una
certa distanza angolare, figura 2.76. Nel caso di due stantuffi a 180 ◦ si ottiene:
qx,max π
= (2.75)
Qm 2
mentre per 3 stantuffi a 120◦ si ha:
qx,max π
= (2.76)
Qm 3
Casse d’aria
Si definisce grado di irregolarità:
pmax − pmin
δp = (2.77)
pmed
68
Figura 2.75: Portata istantanea e media di una pompa volumetrica a singolo stantuffo: l’area
tratteggiata in rosso indica la variazione istantanea della portata rispetto alla portata media (∆V )
Figura 2.76: Portata istantanea e media di una pompa volumetrica a due e tre stantuffi
come il rapporto fra la differenza di pressione massima e minima che si ha nella cassa d’aria al
variare della portata istantanea e la pressione media:
pmax + pmin
pmed = (2.78)
2
Il volume dell’aria contenuto nelle casse varia ovviamente in funzione della pressione. Ipotiz-
zando una trasformazione isoterma:
quindi a parità di ∆V il grado di irregolarità è tanto minore quanto maggiore è il volume medio
delle casse d’aria.
69
pompa monocilindrica a semplice effetto manovelle a 360 ◦ K=0.55
pompa monocilindrica a doppio effetto manovelle a 180 ◦ K=0.21
o bicilindrica a singolo effetto
pompa bicilindrica a doppio effetto manovelle a 90◦ K=0.04
pompa tricilindrica a semplice effetto manovelle a 120◦ K=0.009
Tabella 2.3:
Nella pratica si definiscono dei gradi di irregolarità ammissibili in funzione del tipo di ap-
plicazione della pompa, e si dimensionano le casse d’aria di conseguenza. I valori limite di
irregolarità solitamente ammessi sono:
- si definisce K
- si calcola la cilindrata
- si calcola il ∆V
- si fissa il δp
Pompa a capsulismi (figura 2.78): detta anche pompa Roots, è costituita da due capsulismi
con profili coniugati in costante contatto (al limite, possono essere considerate come due ruote
dentate con due denti ciascuna). Il volume pompato è quello compreso tra ingranaggio e cassa.
70
Utilizzabili anche per liquidi non auto-lubrificanti poiché non vi è strisciamento. Le prevalenze
massime sono come per le pompe ad ingranaggi.
Pompa ad alette (figura 2.78): costituita da un corpo fisso al cui interno ruota eccentricamente
un rotore. Il rotore presente delle scanalature radiali dalle quali fuoriescono per forza centrifuga
le palette. Queste ultime fanno tenuta per strisciamento sulla cassa, generando cosı̀ il volume
da pompare. Per poter funzionare devono quindi avere una velocità di rotazione minima. Le
pressioni massime sono dell’ordine dei 20 ÷ 25 M P a.
Figura 2.77: Schema di una pompa volumetrica rotativa a ingranaggi esterni (a sinistra) e interni
(a destra)
Figura 2.78: Schema di una pompa volumetrica rotativa a capsulismi (a sinistra) e a palette (a
destra)
71
2.3.6 Curve caratteristiche di funzionamento delle pompe volumetriche
Le curve caratteristiche di funzionamento delle pompe volumetriche sono del tipo rappresentato
in figura 2.79.
72
Capitolo 3
Macchine Aerauliche
Le macchine aerauliche sono macchine operatrici che operano su un fluido comprimibile (nor-
malmente aria) conferendogli energia di pressione.
La classificazione delle macchine aerauliche avviene sulla base del rapporto di compressione:
pressione totale f luido in mandata pt2
ρc = = (3.1)
pressione totale f luido in aspirazione pt1
Si hanno le seguenti tipologie di macchine:
(
centrif ughi
VENTILATORI: ρc < 1.2
(assiali
centrif ughe
SOFFIANTI: ρc = 1.2 ÷ 2.0 assiali
M. AERAULICHE (
centrif ughi
dinamici
COMPRESSORI: ρc > 2 (assiali
alternativi
volumetrici rotativi
I ventilatori sono macchine in cui, visto il basso rapporto di compressione, l’aria (o il gas in
generale) che li attraversa subisce trascurabili variazioni di massa volumica. È lecito quindi
trascurare i fenomeni termodinamici associati alla compressione e considerare il flusso come
incomprimibile.
Nei compressori invece, tali effetti non possono essere ignorati. La variazione delle propiet à
termodinamiche del fluido è spesso fondamentale per la definizione della trasformazione che
avviene in macchina.
3.1 Ventilatori
Come definizione di ventilatore può essere considerata quella riportata nella vecchie norma
UNI:
73
un ventilatore è macchina operatrice rotante che trasmette al fluido che la attraversa una de-
terminata energia sotto forma di aumento di pressione per le quali il rapporto tra la pressione
totale alla mandata e la pressione totale all’aspirazione non supera il valore di 1.2.
Esempi di applicazioni possono essere gli estrattori di fumi, i ventilatori usati per il ricam-
bio d’aria nei locali, per inviare aria di combustione alle caldaie di impianti di riscaldamento
civili, etc. .
I ventilatori possono essere classificati in base alla pressione totale che essi elaborano (p t , è la
differenza tra la pressione totale alla mandata e quella all’aspirazione, vedi paragrafo seguente)
come segue:
Relativamente all’installazione, con riferimento alla figura 3.1, si possono avere diversi casi:
D- ventilatori liberi: senza alcuna tubazione. In questo caso si ha ρ c ' 1; si utilizzano solo
per movimentare l’aria in un ambiente confinato.
74
3.1.1 Grandezze Funzionali e Cifre Caratteristiche
Nella trattazione dei ventilatori si fa uso di una serie di parametri/grandezze e cifre caratteristi-
che che sono tipiche del funzionamento di tali macchine che verranno qui di seguito illustrate.
Pressione totale: è l’incremento di pressione totale del flusso fra la sezione di aspirazione e
quella di mandata.
pt = pt2 − pt1
Pressione dinamica: calcolata facendo riferimento convenzionalmente alla velocità media nella
sezione di mandata del ventilatore.
2
1 1 Qv
pd = ρ2 c22 = ρ2
2 2 A2
dove A2 è l’area della sezione di mandata e Qv è la portata smaltita dal ventilatore e cosı̀ definita:
Portata: si intende quella volumetrica riferita alle condizioni del fluido all’aspirazione del ven-
tilatore.
Pressione statica: differenza tra la pressione totale e la pressione dinamica del ventilatore.
ps = p t − p d
Paer = pt Qv
Pass = M ω
Pi = Pass − Pd
75
Rendimento aeraulico: rapporto tra la pressione totale pt e la pressione totale che il ventilatore
dovrebbe teoricamente fornire.
pt
ηaer = th
pt
Q v ps
Rendimento statico: ηs = Pass
Considerando come diametro caratteristico il diametro esterno D della girante, e come massa
volumica ρ quella all’aspirazione, si possono definire le seguenti cifre caratteristiche:
Qv
Cifra di flusso: ϕ= ωD 3
pt
Cifra di pressione: ψ= ρω 2 D 2
ϕψ
Cifra di potenza: λ= Pass
ρω 3 D 5
= ηt
√
ω Qv
Numero caratteristico di macchina: k= (pt /ρ)0.75
= ϕ0.5 ψ −0.75
Come per le pompe centrifughe, anche nei ventilatori centrifughi si possono usare tre tipi di
palettatura:
A- pale rivolte all’indietro β2 < 90◦ : il numero delle pale è normalmente compreso tra 6 e
16. le pale possono essere aerodinamicamnte profilate (poche pale, alti rendimenti) o a
spessore costante, curve o rettilinee. Il rendimento varia generalmente tra 0.6 e 0.75 ma
può arrivare fino a 0.9 nei grandi ventilatori con pale profilate. La cifra caratteristica k è
compresa tra 0.2 e 0.8 mentre il rapporto di compressione varia nell’intervallo 1.04 ÷ 1.2;
B- con pale radiali β2 = 90◦ ;
C- con pale rivolte in avanti β2 > 90◦ (detti anche ventilatori a tamburo, figura 3.3): rispetto
al caso di pale rivolte all’indietro si hanno rendimenti minori, larghezza palare pi ù ele-
vata, pale più corte e più numerose (40 ÷ 60). Il numero caratteristico e il rapporto di
compressione variano rispettivamente negli intervalli k = 0.8 ÷ 2.4, ρ c = 1.01 ÷ 1.04.
76
Figura 3.2: Schema di un ventilatore centrifugo: 1-girante, 2-voluta o cassa a spirale, 3-
palettaggio, 3-a pale curve profilate, 3-b pale curve a spessore costante, 3-c pale rettilinee a
spessore costante, 4-disco, 5-corona, 6-mozzo, 7-albero
Il tipo di palettaggio influenza direttamente l’andamento delle curve caratteristiche, come illu-
strato per due generiche configurazioni di ventilatore in figura 3.4.
Anche per quanto riguarda i triangoli di velocità e la forma delle pale vale quanto già osservato
77
Figura 3.4: Curve caratteristiche adimensionali per ventilatori centrifughi con diversi palettaggi
Uno schema di un generico ventilatore assiale è riportato in figura 3.5. Uno stadio di ventilatore
assiale si compone di:
G : girante palettata (zG = 4 ÷ 12) con pale a profilo aerodinamico;
P : predistributore palettato;
R : raddrizzatore.
Nelle applicazioni più comuni si trova installato un solo palettaggio statorico (predistributore o
raddrizzatore),mentre nelle configurazioni più semplici è presente solo la girante. È possibile,
78
seppur rara, anche l’installazione di 2 giranti controrotanti.
Il motore elettrico di azionamento può essere inserito direttamente nel mozzo del predistributore
(o del raddrizzatore) oppure essere esterno. In quest’ultimo caso, il moto alla girante è trasmes-
so per mezzo di una cinghia.
Nel campo dei ventilatori assiali rientrano anche i ventilatori elicoidali (o ad elica), costrut-
tivamente più semplici, costituiti dalla sola girante con pale in lamiera stampata collegate diret-
tamente all’albero del motore elettrico. La girante poi può essere libera o contenuta all’interno
di una cassa cilindrica molto corta. Hanno un numero di pale variabile tra 3 e 6.
Nei ventilatori assiali il rapporto tra il diametro di mozzo e il diametro esterno della girante
(DM /DG ) varia tra 0.3 e 0.7, diminuendo all’aumentare di k. Le pale quindi risultano molto
allungate e necessitano di una forte svergolatura.
I rendimenti sono tipicamente dell’ordine di 0.75 per ventilatori assiali senza palettaggi fissi,
fino a a valori massimi nell’intorno di 0.85 ÷ 0.9 per grossi ventilatori con pale profilate e predi-
stributore o raddrizzatore. I ventilatori ad elica hanno rendimenti massimi solitamente inferiori
a 0.6.
Per quanto riguarda la scelta della macchina, i triangoli di velocità e la forma delle pale, si pro-
cede analogamente a quanto visto per i ventilatori centrifughi seguendo i concetti gi à sviluppati
per le pompe assiali.
Figura 3.6: Curve caratteristiche adimensionali per ventilatori assiali con diversi palettaggi
79
3.1.4 Regolazione dei ventilatori
Nelle applicazioni pratiche risulta spesso necessario regolare la portata d’aria elaborata dal ven-
tilatore inserito nel circuito. Come già visto per le pompe, il punto di funzionamento è stabilito
dall’intersezione della curva caratteristica del ventilatore con quella resistente del circuito. La
regolazione può essere eseguita anche in questo caso alterando la caratteristica del circuito op-
pure variando la caratteristica del ventilatore. La scelta dipende sostanzialmente dal costo del
sistema di regolazione confrontato con il risparmio di potenza assorbita ottenibile.
Analizziamo singolarmente ogni singola soluzione.
Regolazione della resistenza del circuito: normalmente avviene tramite serranda nella tubazio-
ne di mandata. Possono esserci problemi di rumore, soprattutto per portate elevate.
Regolazione della velocità del ventilatore: dal punto di vista energetico è la soluzione migliore,
il rendimento della macchina si mantiene costante. Richiede per ò l’utilizzo di un motore a cor-
rente continua o di un inverter (costosi).
Regolazione del callettaggio delle pale(nei ventilatori assiali): soluzione molto efficiente ma si
utilizza solo per ventilatori di grosse dimensioni poiché molto costosa e complicata.
I compressori centrifughi radiali sono in genere impiegati per utilizzi industriali quando interes-
sano alti rapporti di compressione con peso e ingombri limitati anche eventualmente a discapito
del rendimento. Particolari utilizzi sono nella sovralimentazione dei motori a combustione in-
terna, negli impianti di potenza con turbina a gas di piccola potenza.
Uno schema generale di compressore centrifugo (a pale radiali) è rappresentato in figura 3.7;
solitamente si compone di:
- GIRANTE: può essere del tipo chiuso (con disco e corona), semiaperto (con solo disco)
o aperto (senza disco ne corona), figura 3.8;
80
Figura 3.7: Schema di un compressore centrifugo
- DIFFUSORE: può essere palettato oppure no, a pareti parallele o leggermente divergenti
(< 8◦ );
81
Figura 3.9: Schema di un compressore centrifugo pluristadio: G1-prima girante, D1-diffusore
prima girante, S1-setti nel canale di ritorno, G2-seconda girante, D2-diffusore seconda girante.
82
Figura 3.10: Triangoli di velocità di una girante di compressore centrifugo
83
3.2.2 Curve caratteristiche di funzionamento
Le curve caratteristiche dei compressori dinamici in generale e quindi anche di quelli centrifu-
ghi, oltre che in termini di cifre adimensionali, sono normalmente indicati nella forma riportata
in figura 3.12. Esse comprendono anche le curve isorendimento, ottenendo quindi mappe delle
prestazioni.
84
3.3 I Compressori Assiali
I compressori assiali si utilizzano quando si desidera comprimere una elevata portata di fluido,
contenendo le dimensioni radiali della macchina a discapito dell’ingombro longitudinale.
Il movimento del fluido è parallelo all’asse di rotazione della macchina; ogni stadio di compres-
sore è composto da una corona di pale rotoriche che forniscono energia cinetica e di pressione
al fluido, e da una corona di pale statoriche che trasformano l’energia cinetica in energia di pres-
sione.
Il rapporto di compressione realizzabile in un singolo stadio è molto limitato (ρc = 1.1 ÷ 1.2)
per evitare distacchi della vena fluida con un conseguente brusco calo delle prestazioni 1 . Con-
seguentemente, per ottenere rapporti di compressione elevati, è necessario disporre in serie più
stadi di compressore assiale (8 ÷ 10 stadi per ottenere ρc = 7 ÷ 8); la macchina nel suo com-
plesso risulterà quindi molto estesa nella direzione assiale.
In generale le portate sono superiori a 1 m3 /s con velocità di rotazione molto elevata (max
20000 giri/min). I compressori assiali funzionano bene per carichi poco variabili (portate ∼
costanti) e vengono per ciò vantaggiosamente accoppiati alle turbine a gas.
Uno schema generico di compressore assiale è riportato in figura 3.13. Il compressore è co-
stituito da un rotore e da uno statore. Il rotore comprende l’albero sul quale sono calettati i
dischi al cui esterno sono montate le palette giranti (G). Lo statore è essenzialmente costituito
da un’involucro con fissate le pale statoriche (S). A volte si utilizza anche una serie di pale sta-
toriche a pale regolabili prima della prima girante (Inlet Guide Vane I.G.V.).
85
In figura si può osservare come l’altezza delle pale si riduce gradualmente muovendosi verso
gli ultimi stadi. Ciò serve per ridurre la sezione di passaggio del flusso e mantenere la velocità
assiale costante via via che la pressione e la densità aumentano.
Lo sviluppo radiale delle pale è tale per cui DM /DG = 0.6 ÷ 0.85, quindi molto più contenuto
che nei ventilatori assiali.
ritenere che lo stadio considerato sia uno intermedio di un certo numero di stadi uguali e che le
condizioni all’uscita dello statore dovranno essere uguali a quelle in ingresso alla girante.
Trattandosi di una macchina assiale vale che u1 ' u2 ' u. Inoltre in un singolo stadio si
può ragionevolmente trattare il fluido come incomprimibile, visto il basso rapporto di compres-
86
sione che vi si realizza (questo non è vero se si considera l’intera macchina pluristadio). Se
poi si assume, sempre sul singolo stadio, una sezione di passagio cilindrica, allora la velocit à di
attraversamento dello stadio è costante: cm1 ' cm2 ' ca . Per le componenti periferiche delle
velocità valgono le seguenti relazioni:
δG = β 1 − β 2 δS = α 2 − α 1 (3.9)
Come osservato in precedenza, i palettaggi dei compressori assiali non possono essere eccessi-
vamente caricati per evitare lo stallo del profilo e il conseguente abbattimento delle prestazioni
(possono cioè fare poco lavoro se si vuole mantenere il rendimento a livelli accettabili). Questo
spiega i bassi valori di deflessione e cifra di pressione che caratterizza i compressori assiali.
3.3.2 Variazione del grado di reazione, dei triangoli di velocit à e della forma delle
pale
Ricordiamo la definizione di grado di reazione e osserviamo come pu ò essere specializzata nel
caso di compressore assiale:
Dalla ultima delle 3.10, ricordando le 3.6, si ottiene per ε la seguente espressione:
cu2 + cu1 1
ε=1− = [1 + ϕ(tg β2 − tg α1 )] (3.11)
2u 2
ed anche:
cu2 + cu1 ϕ
ε=1− = (tg β2 + tg β1 ) (3.12)
2u 2
Consideriamo ora i casi in cui ε = 0, 1, 0.5 e analizziamo separatamente come si modificano i
triangoli di velocità e la forma dei profili palari.
Grado di reazione ε = 0
(
ϕ β1 = β 2
ε = (tg β2 + tg β1 ) = 0 ⇒ (3.13)
2 w1 = w 2
87
Figura 3.15: Triangoli di velocità e palettaggi di un compressore assiale per ε = 0.
In questa situazione, le pale della girante risultano simmetriche e servono solo a deviare il flusso
senza elaborare alcuna energia di pressione (w1 = w2 ). Tutta l’energia di pressione che il fluido
acquista nello stadio viene elaborata nello statore (c1 < c2 ) che quindi si comporta come un
diffusore.
Le pale della girante sono uguali e speculari a quelle dello statore. Ogni palettaggio elabora
metà del salto di pressione finale attribuito al fluido sull’intero stadio. Lo statore ha quindi la
doppia funzione di raddrizzatore e diffusore.
Grado di reazione ε = 1
(
cu2 + cu1 α1 = α 2
ε=1− =1 ⇒ (3.15)
2u c1 = c 2
88
Figura 3.16: Triangoli di velocità e palettaggi di un compressore assiale per ε = 0.5.
89
3.3.3 Curve caratteristiche di funzionamento
Le curve caratteristiche di funzionamento dei compressori assiali vengono normalmente pre-
sentate nel modo già visto per i compressori centrifughi, figura 3.12. C’è però una differenza
sostanziale negli andamenti delle curve del rapporto di compressione fra le due tipologie di com-
perssori, come indicato in figura 3.18. La differenza sta nel fatto che la curva del compressore
assiale è molto più ripida di quella del compressore centrifugo. Questo significa che in condi-
zioni di regolazione del rapporto di compressione ρ, nei compressori assiali la portata rimane
circa costante, mentre varia anche di molto nei compressori centrifughi.
90
1. Variazione della velocità di rotazione: comporta limitazioni a causa del massimo numero
di giri raggiungibile dal motore che aziona la macchina e dal numero di giri minimo da
garantire al compressore per non andare in stallo.
2. Laminazione del flusso alla mandata o all’aspirazione: poiché con questa soluzione si
riduce la portata aumentando il ∆p della macchina, si deve fare attenzione a non cadere
all’interno della zona di instabilità di funzionamento.
4. Variazione dell’orientamento delle pale fisse e mobili: è la soluzione migliore dal punto di
vista energetico ma è la più costosa. Solitamente sono orientabili solo alcune delle prime
corone statoriche dei compressori assiali.
• monocilindrici o pluricilindrici;
91
Figura 3.19: Possibili configurazioni di compressore volumetrico a stantuffo: a-compressore
a semplice effetto, b-compressore a doppio effetto, c-compressore con effetti contrapposti e
stantuffo a gradini, d-compressore con stantuffo differenziale
92
Figura 3.21: Schema di un compressore volumetrico a stantuffo con cilindri a W (a sinistra) e
in linea ad asse verticale (a destra)
1 → 2: espansione isentropica (adiabatica e reversibile) del fluido contenuto nel volume nocivo da p 2 a p1 ;
2 → 3: fase di aspirazione a pressione costante;
3 → 4: compressione isentropica (adiabatica e reversibile) da p 1 a p2 ;
4 → 1: scarico a pressione costante.
Il ciclo ideale a volte viene anche definito con le trasformazioni di compressione ed espansione
isoterme reversibili invece che isentropiche.
Nella realtà vi sono delle alterazioni, che ora analizzeremo, e che modificano il ciclo nella
maniera indicata in figura 3.24. Le cause principali sono identificabili in:
93
Figura 3.23: Ciclo teorico di funzionamento di un compressore volumetrico alternativo
94
velocità di rotazione sono elevate.
2. Trafilamento attraverso le valvole: il gas che attraversa le valvole subisce una caduta di
pressione a causa dell’ostruzione imposta dalle valvole stesse. Quindi, affinché sia possi-
bile scaricare il gas alla pressione p2 , il gas nel cilindro a fine compressione dovrà trovarsi
ad una pressione maggiore p02 . Viceversa accade per la fase di aspirazione (p1 > p01 ).
3. Scambio termico con le pareti: le trasformazioni di compressione e espansione non sono
adiabatiche perché il gas scambia calore con le pareti del cilindro. Durante la fase ini-
ziale della compressione il gas è più freddo delle pareti e quindi assorbe calore da queste
ultime. Quando poi il gas raggiunge e supera la temperatura delle pareti, comincia a ce-
dere calore raffreddandosi. Questa seconda fase è solitamente predominante rispetto alla
prima. Viceversa accade per la fase di espansione.
95
Per considerare separatamente le perdite volumetriche associate alle fughe attraverso le tenute
della macchina (valvole, fasce elastiche) si definisce il Rendimento per fughe:
massa fluido realmente mandata
ηϕ = (3.19)
massa fluido teoricamente mandata
In questo modo, il coefficiente di riempimento reale si può definire come segue:
λv = λvth · ηϕ (3.20)
I valori tipici sono λvmax = 0.8 ÷ 0.9, con i valori più alti per compressori a bassa pressione.
Rendimento Meccanico
Tiene conto delle perdite per attrito meccanico (cinematismi, attrito del pistone..):
lavoro ciclo indicato
ηm = (3.21)
lavoro all’albero
Assume valori variabili tra 0.9 e 0.95.
Rendimento Globale
È l’indice delle prestazioni finali della macchina:
η = η i · ηϕ · ηm (3.22)
Nel caso reale bisogna considerare che esiste una certa perdita di pressione passando da uno sta-
dio al successivo (p002 < p01 ) e che la carica è quasi sempre inter-refrigerata (∆V40 10 > ∆V300 200 ).
96
Figura 3.25: Ciclo di funzionamento ideale senza inter-refrigerazione di un compressore
volumetrico alternativo a due stadi
Strozzamento all’aspirazione
Nel condotto di aspirazione, si inserisce una valvola di laminazione che causi l’abbassamen-
to della pressione da p1 al valore p01 necessario per causare la riduzione del volume mandato
(V20 < V2 ) , figura 3.26. È un sistema di regolazione molto semplice, graduale, che richiede solo
l’utilizzo della valvola ma poco economico per la forte riduzione del rendimento. Inoltre causa
sensibili variazioni della temperatura di mandata.
97
Figura 3.26: Regolazione di un compressore volumetrico alternativo mediante strozzamento
all’aspirazione
98
Figura 3.28: Regolazione di un compressore volumetrico alternativo mediante l’anticipo
chiusura della valvola di aspirazione
99
Figura 3.30: Regolazione di un compressore volumetrico alternativo mediante addizione di
capacità supplementare allo spazio morto
100
Figura 3.31: Schema di un compressore volumetrico rotativo a palette
volumetrico. Le portate tipiche arrivano ad un massimo di 2500 m 3 /h con potenze variabili tra
0.2 e 500 KW , con raffreddamento ad acqua per le potenze maggiori.
In figura 3.32, sono riportate le curve delle prestazioni di un compressore a palette. All’aumen-
tare del numero di giri n, aumenta la tenuta che le palette esercitano sulla cassa, quindi aumenta
il rendimento volumetrico ma anche gli attriti e quindi la potenza dissipata.
L’andamento del rendimento effettivo al variare di n è simile a quello del rendimento volumetri-
co; è invece diverso se si considera la dipendenza dalla pressione di mandata: all’aumentare del-
la pressione diminuisce il rendimento volumetrico, la potenza aumenta e il rendimento effettivo
presenta un andamento a massimo.
101
Figura 3.32: Curve caratteristiche di un compressore volumetrico rotativo a palette: A- portata
teorica e rendimento volumetrico al variare dei giri, B- portata effettiva e rendimento volu-
metrico al variare della pressione di mandata, C- potenza effettiva e rendimento effettivo alla
variare del numero di giri, D- potenza effettiva e rendimento effettivi al variare della pressione
di mandata.
102
Figura 3.33: Schema di un compressore volumetrico rotativo a lobi diritti
103
Capitolo 4
Turbine a Vapore
Tutte le turbine sono costituite da due organi essenziali: il distributore, in cui l’energia potenzia-
le termica viene trasformata in energia cinetica, e la girante dove l’energia cinetica e l’energia
potenziale termica residua contenuta nel vapore vengono convertite in energia meccanica utiliz-
zabile all’albero.
Le turbine a vapore sono generalmente a flusso assiale e pluristadio. Su ogni singolo stadio si
può definire il corrispondente grado di reazione:
energia potenziale termica trasformata dalla girante
ε= (4.1)
energia potenziale termica complessivamente trasformata nello stadio
A seconda del valore del grado di reazione, quindi dei diversi processi attraverso cui avviene la
trasformazione dell’energia, può essere fatta una classificazione delle turbine a vapore.
semplici (De Laval)
a salti di velocità (Curtis)
AD AZIONE
a salti di pressione (Rateau)
a salti di pressione e velocità
TURBINE A VAPORE (4.2)
(
semplici
A REAZIONE
ad espansioni multiple (Parsons)
MISTE (ad azione e reazione)
Altri metodi di classificazione possono ad esempio considerare la tipologia di turbina (ad alta
pressione, a bassa pressione), gli aspetti funzionali della macchina (turbine a contropressione,
a condensazione, ad estrazione), il suo utilizzo (turbine marine, per impianti fissi,..), la taglia,
etc.. .
In tutte le tipologie di turbina a vapore assiale che andremo ad analizzare, si possono individuare
i seguenti elementi costitutivi:
104
• involucro o cassa: racchiude tutti gli organi della turbina;
• rotore: formato da uno o più giranti ognuna con una o più corone;
• distributori: costituiti da uno o più settori palettati, indirizzano il vapore all’ingresso nelle
giranti;
• raddrizzatori: corone palettate tra girante e girante, per re-direzionare il flusso tra una
girante e al successiva dello stesso corpo turbina;
c20 c2 c2 − c20
h00 = h0 + = h1 + 1 = h01 → ∆his = h0 − h1 = 1 (4.3)
2 2 2
Quindi la velocità teorica in uscita dal distributore vale:
q p
c1 = 2∆his + c20 ' 2∆his (4.4)
105
dove normalmente non si considera il termine cinetico in ingresso poiché c0 è spesso trascura-
bile.
In realtà la trasformazione non è isentropica, ma ad entropia crescente (0 → 10 ). La velocità
finale sarà quindi legata al vero salto di entalpia come segue:
q √
c01 = h0 − h01 = 2∆h (4.5)
ma può essere anche espressa in funzione del salto entalpico isentropico introducendo il coeffi-
ciente di perdita del diffusore ϕ: p
c01 = ϕ 2∆his (4.6)
Supponiamo ora che il distributore della turbina sia un ugello convergente come quello riportato
in figura 4.2.
Portando sotto il segno di radice il volume specifico e ricordando che p 0 v0k = p1 v1k , si ottiene:
v " #
u
u k p0 p1 k2 p1 k+1 k
Gv = S 1 2 t − (4.9)
k − 1 v0 p0 p0
Fissate quindi le condizioni iniziali (p0 ; v0 ) e la geometria del distributore (S1 ) la portata di-
pende solo dalla pressione p1 imposta allo scarico.
Si può definire il valore di p1 che rende massima la portata. Differenziando e eguagliando a zero
la 4.9, si ottiene:
k
p1 2 k−1
= (4.10)
p0 Gv =max k+1
106
Il valore di p1 cosı̀ ottenuto si definisce pressione critica e la portata che vi corrisponde è la
portata critica. Infatti, la velocità di scarico che corrisponde a queste condizioni è la velocità
del suono: r
k p p
ccr = 2 p0 v0 = kpcr vcr = kRTcr (4.11)
k+1
Abbassando ulteriormente la pressione p1 al di sotto del valore critico la portata non aumenta
più, ma rimane fissa al valore critico contrariamente a quanto predetto dall’espressione 4.9 che
prevede una diminuzione di portata. Questo perché per p1 < pcr in un ugello convergente il de-
flusso diviene non isentropico (insorgenza di onde d’urto), venendo quindi a mancare le ipotesi
di partenza da cui la 4.9 è stata ottenuta1 .
Se si vogliono ottenere condizioni di scarico supersoniche (c 1 > ccr ) si deve adottare un con-
dotto convergente-divergente (ugello De Laval) come quello quello riportato in figura 4.3. Co-
munque, la portata massima raggiungibile rimane vincolata al raggiungimento delle condizioni
critiche nella sezione di gola dell’ugello.
107
Figura 4.4: Schema di una turbina a vapore tipo De Laval: A-schema della macchina,
B-dettaglio distributore-girante, C-disposizione distributori
con il coefficiente di perdita che assume i valori ϕ = 0.94 ÷ 0.97. L’angolo di efflusso α 1 è
compreso tra 15◦ e 20◦ , figura 4.5.
Per quanto riguarda la palettatura della girante, trattandosi di turbina ad azione il profilo palare
è simmetrico: β1 = 180◦ − β2 . Per le velocità relative vale :
con ψ, coefficiente di perdita della girante. Per minimizzare le perdite (di energia cinetica) allo
scarico si cerca di ottenere c2 il più possibile assiale.
108
Figura 4.5: Triangoli di velocità e forma delle pale di una turbina a vapore tipo De Laval.
dove cu2 appare con il segno + in quanto negativa (opposta ad u). Per essa vale inoltre:
e sostituendo nell’espressione di ηp :
109
Assumendo valori caratteristici per le costanti (α1 = 17◦ , ϕ = 0.95, ψ = 0.92) si ha ad esempio
per il rendimento massimo (ηp )max = 0.76.
Visto l’elevato valore del rapporto u/c1 per il quale si ottiene il massimo rendimento con queste
turbine, si rischia facilmente di dover lavorare con velocità di rotazione troppo elevate2 per la
resistenza dei materiali (tipicamente umax = 250 m/s). Quindi le turbine De Laval possono
elaborare con elevati rendimenti solo piccole potenze. Per potenze pi ù elevate bisogna impiegare
turbine con (u/c1 )ott < 0.5.
Figura 4.6: Rendimento della palettatura di una turbina a vapore tipo De Laval al variare del
rapporto u/c1 .
110
Figura 4.7: Schema di una turbina a vapore tipo Curtis
111
Figura 4.8: Triangoli di velocità e forma delle pale di una turbina a vapore tipo Curtis
112
con zV il numero di salti di velocità. Si vede quindi che le turbine Curtiss, rispetto alle De Laval,
operano in condizioni di massimo rendimento con un rapporto u/c 1 inferiore, quindi possono
elaborare una salto entalpico maggiore seppur con un rendimento inferiore.
Va inoltre osservato che il salto entalpico elaborato da ogni singola girante è proporzionale al
quadrato della velocità in ingresso (∆h ∝ c21 ) e poichè la velocità diminuisce da uno stadio
a quello successivo, allora i primi stadi Curtiss elaborano molta pi ù energia degli ultimi. In
particolare si vede che per tre stadi, i lavori stanno nelle seguenti proporzioni:
LI : LII : LIII = 5 : 3 : 1
Per questo motivo le turbine Curtis non presentano mai più di tre stadi. Inoltre, poiché in pochi
stadi si può elaborate un’elevata energia e poiché sono turbine ad azione e quindi ammettono
una semplice regolazione per parzializzazione, le turbine Curtis sono normalmente impiegate
come elementi di testa delle turbine a vapore di grossa potenza.
Figura 4.9: Rendimento della palettatura di una turbina a vapore tipo Curtis al variare del
rapporto u/c1 .
113
Figura 4.10: Schema di una turbina a vapore tipo Rateau
w2 = ψw1 (4.28)
Nelle turbine Rateau l’energia cinetica di scarico da uno stadio pu ò essere utilizzata negli stadi
seguenti e quindi non rappresenta una perdita.
3
Il fenomeno del recupero è dovuto al lavoro delle resistenze passive che vanno a riscaldare il fluido che quindi è
in grado di produrre un lavoro di espansione P maggiore. Se il salto entalpico isentropico totale ∆h is viene suddiviso
in n stadi di espansione, risulta che ∆his < n i=1 ∆his propio perché il lavoro delle resistenze passive nello stadio
i
i-esimo ha riscaldato il fluido che entra nello stadio (i+1)esimo che quindi produrrà più lavoro
114
Figura 4.11: Triangoli di velocità e forma delle pale di una turbina a vapore tipo Rateau
Per cui risulta che (u/c1 )ott per queste turbine si riduce in ragione inversa della radice quadrata
del numero degli stadi, quindi meno velocemente che nel caso delle turbine Curtiss.
Nella pratica non ha comunque senso considerare (u/c t1 )ott , ma bisogna invece considerare
(u/ci1 )ott per ogni singolo stadio arrivando alle stesse conclusioni ottenute per la turbina De
Laval, ma senza incontrare le limitazioni di questa perché il salto entalpico viene suddiviso in
più stadi.
Nella turbina Rateau il salto entalpico totale cresce con il numero degli stadi utilizzati. D’altra
parte però, aumentando gli stadi aumentano anche le predite e cosı̀ normalmente si utilizzano
turbine Rateau con 8 ÷ 10 stadi (fino a 10 ÷ 20 stadi in 2 ÷ 3 gruppi con c max costante). Turbine
di questo tipo con pochi stadi sono impiegate negli impianti a recupero dove si richiede vapore
115
a pressione di utilizzazione relativamente elevata ad alte potenze ed alte velocità angolari (es.
turbine che azionano i compressori di impianti di sintesi dell’ammoniaca o dell’alcool etilico),
o con tanti stadi negli impianti termoelettrici di potenza (solitamente nei corpi turbina di alta e
media pressione).
116
Figura 4.13: Triangoli di velocità e forma delle pale di una turbina a vapore tipo Parsons
Vale quindi:
c2 = w 1 α2 = 180◦ − β1
c1 = w 2 α1 = 180◦ − β2 (4.32)
Il lavoro teorico sviluppabile da uno stadio coincide con la somma dei salti entalpici isentropici
su girante e distributore (considerano lo stadio normale, c 0 ' c2 ):
Lth = ∆hG D
is + ∆his (4.34)
117
Il lavoro teorico dello stadio vale quindi:
1 c21 2 w22 2
Lth = − c0 + 2 − w1 (4.37)
2 ϕ2 ψ
Per il teorema di Carnot sui triangoli vale: w1= c21 + u2 − c1 u cos α1 , e quindi si ottiene:
1
Lth = − 1 c21 − u2 + 2c1 ucos α1 (4.39)
ϕ2
Per lo stadio Parsons si ha quindi che il salto massimo convertibile in condizioni di massimo
rendimento è circa la metà di quello convertibile con una turbina De Laval. Si deve per ò consi-
derare che il salto entalpico sullo stadio è solo una frazione del totale e che il processo avviene
con rendimenti maggiori (i rendimenti più elevati fra le turbine a vapore), figura 4.14.
118
Figura 4.14: Rendimento della palettatura di una turbina a vapore tipo Parsons al variare del
rapporto u/c1 e confronto con le altre tipologie di turbine a vapore.
119