Luigina Sinapi
Luigina Sinapi
Luigina Sinapi
Luigina Sinapi avrebbe meritato che a stilare la sua prima biografia fosse uno di quegli scrittori
esperti nel «raccontare di santi» i quali, con un'intuizione sapiente ed esatta, sanno cogliere anche le
minime sfumature di un'anima così speciale. Invece è toccato a uno che, con la «deformazione
professionale del giornalista» sa cogliere solo i fatti esterni per poi racchiuderli in una sintesi, il più
delle volte, scarna e «telegrafica». Mi auguro però che, dopo questa breve vita di Luigina, qualche
penna autorevole e prestigiosa ci possa dare un volume esauriente, in cui tutta la sua personalità, la
sua ricchezza spirituale ed i suoi doni soprannaturali possano venire esposti con ordine e ricchezza
come, appunto, Luigina merita.
Conobbi questa «piccola-grande donna» nell'autunno del 1972. Una sera le feci visita in compagnia
di un Padre, molto amico mio, e ricordo che ne rimasi profondamente toccato. Il nostro fu, è vero,
un incontro di pura conoscenza, ma bastò per suscitare in me l'impressione, quasi palpabile, di
trovarmi di fronte ad un bel volto sorridente e a degli occhi dolci, intelligenti e buoni, dietro cui si
nascondeva «un'anima di Dio». La rividi un'altra volta. Poi, dopo vane telefonate, alle quali mi si
rispondeva che la signorina era sofferente, non mi feci più vivo.
Passarono pochi anni ed un giorno, incontrando un giovane che accompagnava spesso un sacerdote
che portava l'Eucarestia a Luigina, seppi che essa era volata al cielo.
A distanza di sette anni eccomi davanti al compito, non facile, di tratteggiare il suo profilo.
Fortunatamente le molte testimonianze a mia disposizione mi permettono di avvicinarmi più
profondamente a questa «donna di Dio» per f tentare di scoprire la ricchezza in essa racchiusa.
Dopo aver attentamente analizzato tutto il materiale, lavoro che all'inizio mi sembrava impossibile,
ne fui presto affascinato. Le idee si fecero sempre più chiare e cominciai a battere sulla tastiera della
macchina da scrivere. La vita di Luigina è una di quelle «vicende umane» che riconciliano, specie
oggi, con l'essere umano. Nascosta, riservata, «normale», è una vita ricca di mille sfaccettature
singolari e meravigliose. Una cosa balza agli occhi innanzi tutto: Luigina ha saputo vivere le virtù
cristiane e le ha vissute in sommo grado. Come si dice, quando si discute della vita di un «servo di
Dio», ha vissuto le virtù in «grado eroico». Ed oltre la Fede, la Speranza, e la Carità, cioè le tre virtù
teologali essenziali, ha vissuto eroicamente la pazienza, la prudenza, la fortezza e la temperanza. Il
tutto poi non disgiunto dalla gioia di vivere e da un santo humor, tutto suo. I santi, infatti, quelli
veri, non hanno mai il collo torto e tanto meno il viso triste! Dio è Amore ma è anche Gioia. Ed il
profumo di Dio è sempre «sorridente».
Si legge nella vita di S. Francesco d'Assisi che, al termine della sua esistenza, non era più un uomo
che pregava, ma la preghiera personificata. Qualche cosa di simile penso si dovrebbe dire quando si
parla di Luigina Sinapi. Tutte le volte che ella si avvicinava per il colloquio con gli uomini
sembrava che interrompesse il suo colloquio con il Cielo, con gli abitatori dell'aldilà. Vicino a lei il
mondo invisibile, quasi, si confondeva con quello visibile.
E poi bastava entrare nella sua casa. Subito sembrava di entrare come in un Tempio, per l'atmosfera
di sacro, di raccoglimento che ci circondava. E quella casa aveva un luogo che sembrava come il
cuore dell'abitazione: la Cappellina, dove, quando si varcava la soglia, irresistibilmente ci si
dirigeva. Dentro quella Cappellina pareva che il Cielo e la terra si dessero incontro. Si era come
immersi in una atmosfera di gioia al di sopra di questa terra. Là, quante ore del giorno e della notte
Lui gina trascorreva!
I suoi interlocutori celesti erano Gesù, la Madonna, l'Angelo Custode, S. Giuseppe, S. Teresina, S.
Gemma Galgani e San Francesco, ecc...
Ma la parte preponderante dei suoi colloqui, dei suoi trattenimenti con gli abitatori del cielo, era
riservata soprattutto alla Madonna, o meglio, come Luigina amava chiamarla: la Mamma Maria.
La chiamava sempre così Questo dolce titolo: la Mamma Maria, lo pronunziava con un sorriso così
bello, pieno di dolcezza, pieno di affettuosità che subito ci si accorgeva che doveva esserci un filo
conduttore diretto tra lei e la Madre del Cielo.
Era un filo reale, un filo di cui tante volte si avvertiva la presenza.
E la Mamma Maria era tutto per Luigina. Era lei che l'aiutava, era Lei che la consigliava, era Lei
che dava i messaggi o meglio quelle risposte che Luigina, è vero, riceveva per consegnare a quanti
ricorrevano a lei. Molte persone hanno potuto così imparare come bisogna camminare nella strada
di questa vita per poter essere figli della Mamma Celeste.
La Madonna era ed è, lo insegnava Luigina, una Mamma piena di dolcezza, piena di bontà, e con il
Cuore pieno di misericordia verso i più bisognosi, verso i più peccatori. Tuttavia la Madonna è una
mamma la quale non favorisce la pigrizia dei suoi figli. Voleva che si lavorasse, voleva che si
pregasse, voleva soprattutto che i suoi figli fossero educati alla scuola della Croce.
Ed ecco allora un'altra caratteristica della spiritualità e del messaggio di Luigina: la sofferenza. La
sua vita fu un continuo Calvario, un continuo martirio. Una continua sofferenza, interrotta ogni
tanto da qualche breve pausa.
Luigina ha sofferto sempre.
E a questo proposito non si può fare a meno di riportare il brano di un discorso di Papa Pio XII,
quando, durante l'anno 1954, l'Anno Mariano, diresse un messaggio per gli ammalati di tutto il
mondo. In quel messaggio, per 'poter incoraggiare gli ammalati a valorizzare la loro sofferenza,
volle prendere per esempio proprio una signorina. E noi sappiamo che quella persona citata da Pio
XII, e lo sappiamo da testimonianze certe, era proprio la nostra Luigina. Ecco come si espresse Pio
XII dopo aver parlato di coloro che rifiutano, si ribellano alla sofferenza: «Ma non è sempre così,
diletti figli, non sempre vi sono anime ribelli, anime che imprecano sotto la pressione della
sofferenza. Vi sono, grazie =a Dio, anime -rassegnate alla Divina Volontà. Vi sono -"me serene,
liete. Anime che hanno perfino positivamente cercato la sofferenza.
«Di una, ed era Luigina Sinapi, in particolare Noi udimmo un giorno la storia nel radioso Anno
Santo, quando i Nostri figli accorrevano straordinariamente numerosi a Noi da ogni parte del
mondo. Era una giovane di venti anni, modesta di origine, a cui il Signore aveva donato tanta
freschezza ed insieme tanto candore. Tutti ne sentivano il fascino perché ella spargeva intorno a sé
il profumo di una vita incontaminata. Ma un giorno ella temette di poter diventare occasione di
peccato e, avendone avuto quasi un'interiore certezza, andò a ricevere Gesù e in un impeto di
generosità gli chiese dì toglierle ogni bellezza e perfino la salute. Dio esaudì, accettando l'offerta di
quella vita per la salvezza delle anime».
«Ma sappiamo, Noi sappiamo, che vive ancora, anche se arde e si consuma come una lampada viva
davanti al Trono della Giustizia e dell'amore di Dio. Ella non impreca, non mormora, non chiede a
Dio «perché. ha sempre il sorriso sul volto, mentre conserva perenne nell'anima la calma e la gioia.
Bisognerebbe chiedere a lei perché accetta di soffrire, perché ne gode, perché ha cercato i patimenti,
e come a lei bisognerebbe chiederlo a migliaia di anime che si offrono a Dio in silenzioso olocausto.
Non poteva Luigina avere una testimonianza più autorevole.
Gli amici intimi hanno visto sempre Luigina sofferente, giammai triste. Nella sofferenza il suo volto
sapeva sorridere. Era il volto di chi gioisce soffrendo, perché soffre per amore e con amore. Quel
volto sorridente era, diciamo così, come la spiegazione di un'offerta che lei aveva fatto di sé, nella
vita.
Ringrazio gli amici di Luigina che hanno permesso, con le loro precise e giurate testimonianze, di
mettere a disposizione tanto prezioso materiale.
Racconta lei stessa che aveva cinque anni quando un pomeriggio lo zio prete, venuto a fare visita,
stava recitando il Breviario seduto in una camera, mentre lei giocava in giardino a rimpiattino con
Gesù Bambino. Lo zio ogni tanto, sollevando gli occhi dal Breviario, dava un'occhiata, attraverso la
finestra, nel giardino e guardava stupito la nipotina correre tutta sola da un lato all'altro, come se
rincorresse qualcuno o qualcosa. Dopo un poco ecco Luigina piombare in camera sua e ficcarsi
sotto il letto, strillando e ridendo. Lo zio, disturbato nel suo pregare, sgridò Luigina. Di risposta lei,
con aria innocente e con tutta semplicità spiegò allo zio che la colpa era tutta di Gesù Bambino che,
giocando, si era rifugiato sotto il letto. Davanti al viso un po' burbero e un po' perplesso dello zio la
piccola, per dimostrargli la sua innocenza, si mise, con naturalezza, a recitargli in latino il versetto
che in quell'attimo il sacerdote stava leggendo. Allora lo zio con un tono tra la collera e la sorpresa
le disse: «Te lo do' io Gesù Bambino..., tu hai addosso il demonio e hai bisogno di benedizione e di
molta acqua santa». E così Luigina da quel momento cominciò a non essere più capita e presa sul
serio.
Questo suo modo di essere e di manifestarsi diventò un vero «interrogativo» per i genitori, oltre che
per se stessa. Per volontà del Signore questo suo essere «diversa» sarà una delle sofferenze che
l'accompagneranno per tutta la vita e resterà come una «piccola violetta nascosta» ed incompresa
dai più, anche se violetta fortemente «profumata».
Un altro evento che conferma questa sua dimestichezza con «le cose del Cielo», accadde durante i
suoi primi anni di scuola. Una mattina, mentre si trovava per caso nel cortile della scuola adiacente
alla Chiesa Parrocchiale, vide che una lastra in cima al campanile stava per staccarsi e cadendo
avrebbe colpito il tetto dell'aula dove erano riuniti i compagni. Cadde in ginocchio e alzando gli
occhi al cielo pregò fervorosamente Gesù perché fermasse il pericolo. Tale fu l'ardente amore nella
supplica e l'offerta che fece in quel momento di se stessa, che improvvisamente «vide» due angeli
sostenere la lastra del campanile e tutto restò in ordine. La maestra, spaventata per lo strano rumore
che si sentì e paventando qualcosa per i piccoli, corse all'esterno con gli scolaretti e, sorpresa, vide
Luigina inginocchiata, estremamente pallida e tremante. Il suo stato era così anormale che la
portarono immediatamente a casa. Tutti però erano ben lontani dall'immaginare cosa avesse
prodotto quello strano stato di shock della piccola.
Gina intanto si ammalò e per un mese stette molto grave. A poco a poco si stava ristabilendo
quando, un giorno, dalla finestra chiusa per il freddo e la neve abbondante che copriva ogni cosa,
Luigina all'improvviso vide un bambino lacero e scalzo, fuori dal cancello della casa. Chiamò
subito la nonna e gli altri di casa e raccomandò loro di fare entrare quella pallida creaturina che
stava al gelo. Ma al cancello la nonna non vide alcun bambino. Solo il pianto di Luigina e la paura
che le tornasse il male, convinse la nonna ad aprire il cancello, fu allora che vide una scena
«strana». Gina, in cima alla grande scala, invitava il bambino a salire, chiedendogli chi fosse, da
dove venisse. Corse con lui in camera sua e l'invitò ad infilarsi il suo cappottino e gli stivaletti nuovi
che il papà il giorno precedente le aveva portato da un viaggio come regalo. Poi tutta affannata
pregò la nonna di preparare una bevanda calda per rianimarlo. Fu allora che il Bambinello Gesù le
si manifestò. Ma i familiari non videro nulla e pensarono che Gina, ancora fragile com'era,
sragionasse. Gesù intanto la ringraziò per lo slancio d'amore con il quale aveva salvato i compagni
di scuola ed anche per la sua pronta generosità verso i poveri. Gina di rimando, con il suo carattere
simpaticamente impulsivo, gli disse che l'aveva messa in un bel pasticcio di fronte ai suoi. Costoro,
infatti, l'avrebbero creduta pazza; perciò non se ne doveva andare via se prima non avesse dato un
«segno». Gesù allora l'accontentò ed avvenne il prodigio davanti ai presenti. Mentre il Bambinello
indietreggiava per la scala, la nonna vide una nuvoletta bianca e su quella spuntare una manina
infantile che si agitava per salutare. Davanti a questi avvenimenti che circondavano la bambina, la
mamma era molto preoccupata. Accadevano sovente fatti molto strani in Luigina e, dopo aver molto
riflettuto, si decise di condurla con sé da Padre Pio da Pietrelcina, a San Giovanni Rotondo.
Erano passati pochi anni da quando il Padre aveva ricevuto le stigmate e i pochi fedeli che
andavano da lui, potevano avvicinarlo con facilità. Cosicché alle preoccupazioni di questa mamma
che credeva la figlia influenzata da spiriti non buoni, il Padre rispose: «Dio si manifesta in lei con la
Sua Volontà». Poi la benedisse e, con tenerezza veramente paterna, pose la mano stigmatizzata sulla
testa di Luigina. Quello fu pertanto il primo incontro di Gina con Padre Pio. Da allora e per tutta la
vita Luigina sarà sempre unita spiritualmente con questa grande anima di Dio, e si incontreranno
molte volte al Gargano.
La famiglia Sinapi viveva, con una certa agiatezza, in una bella casa, dove i poveri, grazie alla
generosità della mamma Filomena, trovavano sempre di che sfamarsi. Luigina, chiamata in casa con
il diminutivo di Gina, amava, negli ultimi anni della sua vita, ricordare quelli giovanili e la
spensieratezza e la vivacità che la distinguevano. Era di una vivacità unica se si pensa che un
pomeriggio, stando in Chiesa con le amichette, senza farsi accorgere, entrò nel confessionale. Le
altre, pensando che ci fosse il sacerdote, andarono ad una ad una a confessarsi. Si dicevano poi fra
loro: «Come confessa bene questo sacerdote!». Ma la burla si scoprì quando, dopo l'ultima
penitente, Luigina saltò fuori dal confessionale ridendo. La nonna che intanto era giunta in Chiesa,
vedendo l'accaduto, la prese da parte e, con dolcezza, la rimproverò, facendole capire che questi
erano scherzi da non farsi alle compagne. Luigina andò allora a chiedere perdono davanti al
Tabernacolo e subito «vide» aprirsi la porticina ed uscire Gesù sorridente. Le disse: «Io sto sempre
qui dentro e se tu farai sempre quello che ti dirò, io ti farò un giorno santa».
Non mangiava molto, anzi bisognava sempre forzarla perché prendesse un po' di cibo. Era però
molto golosa di dolci e particolarmente della cioccolata. I parenti la viziavano regalandogliene
sovente delle tavolette che lei però nascondeva in camera sua, «inchiodandole» al di sotto del
ripiano del mobile, in modo che i fratellini non potessero trovarla.
Naturalmente questi ricordi da adulta la facevano ridere. Anche un altro episodio raccontava con
tanta naturalezza. Un giorno, aveva circa otto anni, cominciò a dire con insistenza al papà che sotto
la finestra della camera da letto c'era del miele. Naturalmente il padre non credette. Dopo giorni e
giorni di insistenza il padre volle accontentarla e chiamò un muratore perché facesse un foro nel
punto indicato dalla figliola. Quale non fu la sorpresa quando, agli occhi del muratore e del padre, si
presentò molta cera con un bel miele dorato. Erano chili e chili di miele filante e dolcissimo: in tutto
cinquanta chili. Certamente le api avevano trovato dall'esterno una fessura e depositavano lì il loro
dolce tesoro. Ma come poteva sapere Gina che in quel punto della parete ci fosse cera e miele?
Neppure lei seppe spiegarselo!
Per le processioni che si tenevano in paese la signora Filomena amava vestire i suoi piccoli da
angioletti e Gina, essendo la più grandicella, portava sempre un cestino pieno di petali di rosa da
spargere al passaggio di Gesù Sacramentato o della statua della Vergine.
Per carnevale poi, a scuola, la maestra organizzava delle piccole festicciole e Gina era sempre la più
elegante e la più carina. Una volta le toccò d'essere proclamata «reginetta», e questo non la lasciò
indifferente. Il mondo con le sue attrattive cominciava ad affascinarla. Ma si direbbe che Gesù
vegliava sulla sua anima e la proteggeva. Fu così che quella fu l'ultima volta che partecipò a un
carnevale. Dall'anno seguente in poi, ogni volta che Gina avrebbe voluto partecipare a un carnevale
con i suoi compagni, si ammalava di geloni ed i suoi piedini si gonfiavano a dismisura. Era perciò
obbligata a restare in casa e a rinunciarvi. Incominciava a soffrire per riparare al molto male che si
commette nei giorni di carnevale. La mamma però, anima molto sensibile e spirituale, intuiva e
l'aiutava a superare quei momenti di sofferenza.
Gina era amante delle belle cose e le piacevano le novità. Un giorno, era appena signorinetta, vide
alcune sue amiche che tenevano in mano un astuccio di tartaruga. Si chiamava «trousse» e
racchiudeva uno specchietto, un piccolo pettine ed un porta cipria. Quale fu la sua gioia quando il
papà, di ritorno da un viaggio in Francia, gliene portò uno in dono.
Aprendolo però, lo trovò vuoto. C'era un'immagine del volto santo di Gesù con un biglietto scritto,
dalla mamma: «Gesù ti vuole semplice ed umile». Povera mamma che, sapendo di avere un male
che presto l'avrebbe rapita ai suoi, cercava di formare la sua prima fgliuola insegnandole i vitali
valori spirituali!
Mancava giusto un anno alla morte della mamma, quando Gina «vide» Santa Rita da Cascia che le
chiedeva la mamma per portarla in Cielo. Gina si ribellò e fece le sue rimostranze. Tanto se la prese
con la Santa degli Impossibili che, solo dopo molti anni, già donna adulta si «pacificò» con Lei,
andando al suo Santuario: «per fare la pace»! Anche questo episodio conferma il carattere semplice
ma impulsivo e schietto di Luigina. Di lì a qualche giorno, la signora Filomena, tornando da una
visita medica, parlò con la figliola confidandole che presto sarebbe salita in Cielo. La mamma
dovette farsi forza per dare una tale notizia alla sua cara Gina ma, conoscendone il carattere, voleva
prepararla poco a poco a questa dura prova e cercò di fargliela accettare come Volontà di Dio.
La mamma morì a soli 44 anni. Prima di lasciare la terra, attorniata dalla prole, raccomandò ai figli
sgomenti e dagli occhi lucidi per il pianto, di essere sempre buoni e timorati di Dio e di fare sempre
la Sua Divina Volontà in ogni evento della vita. Ai tre maschi raccomandò anche di non imparare a
bere e di non fumare. Luigina rimase così sola. C'erano i suoi quattro fratellini, il papà e la nonna,
ma la mamma che la guidava e che la capiva non c'era più. A sedici anni si trovava di colpo adulta e
con un grande dolore nel cuore.
A Giugno del 1931 aveva interrotto gli studi ginnasiali, a causa della malattia della mamma. E pure
questo fu per lei fonte di grande dolore. Riusciva molto bene negli studi e, malgrado avesse una
salute non florida e facesse molte assenze durante l'anno scolastico, riusciva sempre ad ottenere
ottimi voti e ad essere promossa. Con la morte della mamma. per Gina si chiuse il capitolo gioioso
della sua vita e incominciò la strada irta e dolorosa, anche se ricca di favori divini, che la
Provvidenza le aveva tracciato.
A questo punto è interessante seguire il racconto che il fratello Pietro fa degli anni dell'infanzia e
della giovinezza di Luigina. Pietro, amato dalla sorella come gli altri due fratellini e la sorellina,
ebbe modo però di essere quello che più la seguiva da vicino, essendo il secondogenito.
Naturalmente conosce molti più fatti degli altri. Inoltre Luigina si confidava molto con lui, perciò la
sua testimonianza ci è utilissima.
SOFFRIRE PER OFFRIRE
«Gina, appena nata fu battezzata insieme alla sorellina perché si temeva che potessero morire da un
momento all'altro. Chi riuscì a vivere delle due? Proprio lei che era la più gracile e la più minuta.
C'era un'atmosfera di autentica religiosità e di grande laboriosità, veramente esemplari, nella nostra
famiglia. Correvano i tempi critici della prima guerra mondiale, seguiti subito dopo dalle lotte
politiche. E in tale clima non mancavano dalle parti nostre dei briganti che assalivano e derubavano
le persone per strada. Gina pur essendo piccolina, sembrava soffrire per queste situazioni sociali e la
mamma la vedeva di tanto in tanto volgere lo sguardo in alto mormorando «qualcosa» di
incomprensibile.
Molto sensibile ed attenta ad ogni evento, fin da piccolina amava appartarsi e appena si rese
indipendente con le sue gambette, a piccoli passetti, si recava alla Chiesa di Santa Maria, dove era
stata battezzata e che distava da casa un centinaio di metri.
Lì si ritirava in profondo raccoglimento a parlare con Gesù, nascosto nel Tabernacolo. Un giorno,
avrà avuto sì e no cinque anni, durante la Santa Messa, e precisamente alla Consacrazione,
pronunciò dentro di sé il voto di castità, del quale naturalmente non poteva conoscerne ancora tutta
la portata e tanto meno il valore. Le piaceva stare in Chiesa, perché le pareva di realizzare l'ideale di
vita dedicata a Dio.
Di intelligenza vivace, superiore alla media, e dotata di una grande memoria, a scuola imparò a
leggere e a scrivere con spigliatezza e a sette anni le Suore che le insegnavano il Catechismo
rimanevano meravigliate di come capisse velocemente la lezione, ed ammirate della sua profonda
pietà e del suo amore per tutto ciò che riguardava il Sacro. Così a sette anni poté ricevere la Prima
Comunione. Quale gioia e quali trasporti si saranno accesi nel cuore della piccola Gina nel ricevere
il «suo» Gesù! Con questo primo incontro si accentuò in lei il desiderio di donarsi totalmente al
Signore. Infatti da quel giorno i piccoli piaceri e gli innocenti divertimenti, assunsero per lei uno
strano sapore di amaro, benché la sua natura vitale, estroversa ed impulsiva, la spingesse alla vita
del mondo. Ma guidata com'era dallo Spirito Divino sulla via della perfezione, Gina seppe
appigliarsi a quel che vi era di più solido e perfetto: l'Eucarestia.
Benché non trascurasse alcune delle pratiche devozionali in uso presso i fedeli e ne godesse,
vedendo che molte persone le praticavano con vero amore, per se stessa non bastavano e le
aumentò. I tre punti focali della sua spiritualità giovanile, e che rimasero poi i punti cardini della
sua totale devozione, furono: l'Umanità Santissima del Verbo Incarnato, la Madre di Dio con i suoi
Dolori, la Santa Eucarestia. Se la prima le inteneriva il cuore e la stimolava al sacrificio, la seconda
la consolava ispirandole la fiducia filiale, mentre la terza, alimentando e saziando tutta l'anima sua,
la rendeva capace di vivere in terra la «vita celeste». Gina mi confidava che le sembrava che il
Signore stesso le suscitasse, con speciale Provvidenza, questo amore specialissimo per l'Eucarestia,
anche per riparare al molto raffreddamento che gli uomini di questi tempi hanno verso il massimo
dei Sacramenti. Il Signore la voleva, quindi, come esempio e stimolo per i cristiani, affinché
andassero al Tabernacolo ed amassero profondamente il Santissimo Sacramento. Ella aveva così
puro il cuore che una volta, mentre pregava il Signore, Questi le disse: «Da quelli che hanno il
cuore puro e mondo Io mi lascio vedere».
Era umile, semplice e trasparente, tanto che Gesù le disse un'altra volta: «Alle anime umili e
semplici Io manifesto loro gli aromi della Mia Sapienza e Bontà». Penso che Gina, più di tutti noi
fratelli, apprese a vivere e a mettere a fuoco le rare virtù della nostra mamma, che amava il
prossimo di dolcissimo amore.
Quante volte la mamma dovette di notte recarsi nelle campagne per assistere qualche partoriente.
Andava sola, anche sotto la pioggia e forti temporali. Gina allora svegliava noi fratellini e, posando
un'immagine della Madonna della Civita su una seggiola e accendendo una candelina, in ginocchio,
ci faceva pregare fino a che la mamma non avesse fatto ritorno a casa. E per non farci addormentare
spiegava la vita di Gesù, parlandoci dei Dolori della Madonna per il Figlio Crocifisso. Quando poi
l'assenza si prolungava, leggeva un brano del Vangelo e lo commentava con la sua bella e dolce
voce. Noi eravamo felici ed incantati ad ascoltarla e rimanevamo ben svegli».
Il fratello Pietro continua così il racconto dell'adolescenza di Luigina. «Terminati gli studi
elementari si presentò per i nostri genitori il problema di mandare Gina alle scuole medie fuori
paese perché da noi non esistevano. La scuola più vicina si trovava a Formia, distante una decina di
chilometri da Itri. Gina dovette quindi prendere la corriera per recarsi a scuola e rientrare nel
pomeriggio. A 10 anni Luigina fu iscritta alla prima ginnasio, così si chiamava allora la scuola
media inferiore.
Era di salute gracile ma non le importava che le dicessero che, sovente, stesse a casa ammalata.
Piena di tanta buona volontà e con una grande ansia di imparare per poter essere utile agli altri, non
la preoccupò minimamente la fatica del viaggio giornaliero e l'impegno degli studi. Alcune persone
vedendola così gracile e pallida le dicevano che era «tisica». Lei però con umiltà e con pazienza,
perdonava a queste persone non certo buone e pregava per loro. Diceva che non sapevano ciò che
dicevano. Le sue «cose» le sapevano solo Gesù e la Madonna. Svariate volte Gina dovette farsi il
tragitto di ritorno a piedi, perché la corriera si guastava per strada. Da notare che si alzava al
mattino molto presto, faceva la Santa Comunione e il più delle volte rimaneva tutta la giornata
senza toccare cibo. Eppure non le mancavano le forze e dalla sua bocca non uscì mai nemmeno un
lamento per i disagi o la stanchezza.
Ricordo molto bene quando, dopo aver studiato le poesie, mi passava il testo e me le recitava. Le
diceva con tanto sentimento che per me era sempre un vero godimento ascoltarla. Molte volte mi
sono accorto che Gina rientrava stanca, ma per non dar dispiaceri e preoccupazioni alla mamma si
mostrava allegra e sorridente. Quando poi la salute non le permetteva di andare a scuola, piangeva
di nascosto e supplicava la Madonna perché la facesse stare in buona salute.
Appena arrivava a Formia l'appuntamento era con la Chiesa. Stava molto raccolta davanti al
Tabernacolo e poi riceveva la Santa Comunione. Si sentiva così rafforzata e con grande gioia
entrava a scuola. Durante le ore libere non si perdeva in chiacchiere o in giochi: il suo «svago» era
la preghiera e preferibilmente la recita del Rosario. Le piaceva moltissimo soffermarsi sui vari
Misteri e li meditava. Chiedeva anche alle compagne che facessero come lei e pregassero la
Madonna con la Corona del Rosario, perché riteneva che era un'arma potente per difendersi dal
demonio.
La fiducia che Luigina aveva nella Madonna era illimitata.
Mi ricordo un fatto avvenuto che la dimostra. Era il periodo del Giro d'Italia, e la corsa passava
proprio sulla Via Appia che attraversava il nostro paese. Al solito una gran folla di piccoli e grandi
si stipava lungo il ciglio della strada. C'eravamo anche noi cinque, con papà. Luigina teneva per
mano il fratellino più piccolo Tonino, di appena un anno. Per potergli far vedere meglio la corsa lo
fece salire sul muretto che delimitava la strada. Al di sotto scorreva un fosso dove era stata messa da
poco della calce viva che ribolliva e che si doveva a poco a poco «spegnere» per essere usata dai
muratori, che lavoravano lì accanto. Proprio in quel punto, non si sa come, avvenne che il mio
fratellino lasciò la mano di Gina, fece qualche passetto e cadde nella calce viva. Lo spavento non
bloccò mia sorella che, saltato il muretto, mentre gridava invocando la Madonna della Civita,
acciuffò per i capelli il piccolo, ormai quasi scomparso nella calce, e lo trasse fuori. Con grande
meraviglia di tutti, mentre con il fazzoletto gli puliva il volto, si vide che gli occhi erano salvi e il
corpicino svestito dagli abiti incalcinati e bruciacchiati, era sano e senza segni di bruciature. Gina si
recò a casa correndo con il piccolo fra le braccia, per prestargli le eventuali cure. Controllato che il
fratellino stava ottimamente, lo rivestì per fargli dimenticare l'accaduto ridendo e giocherellando
con lui, lo riportò a vedere la corsa. Tutti i presenti al fatto dissero che la Madonna aveva fatto un
grande miracolo salvando il piccolo.
I miei genitori vedendo che Gina era molto intelligente, ordinatissima, e riusciva con molto profitto
negli studi, per non affaticarla ogni giorno con l'andata e il ritorno a Formia, pensarono di sistemarla
presso una famiglia amica di Santa Maria Capua Vetere. Così Luigina poté studiare con più
tranquillità. Oltretutto a Gina rimaneva più tempo per la sua vita contemplativa e di preghiera e ciò
la faceva felice.
Nella nuova sistemazione Gina ebbe il tempo di conoscere nuove persone e fare buone amicizie.
Dopo un mese la famiglia che l'ospitava e altre persone si erano accorte che Gina si recava spesso in
Chiesa e che amava parlare con il Signore e con la Madonna. Fu così che molti le esponevano i loro
problemi e difficoltà, ricevendo in cambio buoni consigli e molto conforto. Però non si limitavano a
fermarla per strada ma, spesso e volentieri, andavano a cercarla nella casa dove era ospite. Dopo
poco tempo questo andare e venire di gente stancò gli ospitanti i quali, piuttosto seccati, quando
Gina rientrava, la sottoponevano a vere scenate. Gina con la sua umiltà e pazienza sopportava senza
dare nessun cenno di fastidio o meglio di dolore. Passato però qualche mese non la vollero più
tenere come ospite e decisero di farla tornare a Itri, in famiglia. Naturalmente ai miei genitori
raccontarono delle bugie, accusando Luigina di poca voglia di studiare, di passare troppo tempo a
parlare con gente fuori casa, e che i professori non erano contenti del profitto della giovane, per le
lunghissime sue assenze. Tutto falso! Al contrario i professori erano soddisfatti del comportamento
a scuola di Gina, pronta alle interrogazioni, molto educata e rispettosa verso tutti ed anche diligente
e studiosa. Sempre disponibile con i compagni e le compagne bisognosi di aiuto o di un consiglio.
Gina era molto apprezzata anche per la sua spontanea comunicativa, unita ad una vera umiltà e
gentilezza di tratto. Era così amata dai professori che prima che fossero esposti all'albo gli scrutini
con i voti finali dell'anno scolastico, facevano a gara a chi prima degli altri arrivasse a darle la bella
notizia della promozione a pieni voti».
C'è da chiedersi come mai la famiglia di Santa Maria Capua a Vetere avesse inventato tante frottole
per rinviare la ragazza in famiglia! Forse gelosia per il successo personale che Gina riscuoteva
presso la gente del posto, oppure la condotta cristiana veramente esemplare della giovane, metteva i
suoi conoscenti di fronte alla loro coscienza? Un fatto è certo, il maligno ormai cercava in tutti i
modi di «disturbare» l'ottima figliola. Ma queste non sono che le prime schermaglie delle
«tenebre», che si tramuteranno in una vera lotta aperta con il passare degli anni. Il maligno giocò un
grosso ruolo durante tutta la vita di Luigina, rendendole l'esistenza per nulla facile. Dalle prime
tentazioni subdole e sottilissime passerà poi alle minacce e anche alle percosse.
Il fratello Pietro continua: «Terminato il terzo anno ginnasiale e prima che iniziasse il quarto, Gina
espresse ai genitori il desiderio di entrare in un collegio di suore a Roma. Papà e mamma erano
d'accordo e felici, anche perché Gina aveva espresso il desiderio di farsi suora appena terminati gli
studi. I nostri parenti, da parte del papà, sempre gelosi ed invidiosi di ciò che si faceva a casa nostra,
e causa di non pochi guai per noi, soprattutto dopo la morte della mamma, cercarono in ogni modo
di influenzare il papà perché non la lasciasse andare. Intanto Gina pregava molto per il suo
desiderio di trasferirsi a Roma e ottenne alla fine il permesso dei genitori. In questo Istituto delle
Suore Figlie di San Paolo (Roma) di Don G. Alberione sentì, fin dai primi giorni, che si sarebbe
potuto realizzare per lei il sogno di essere un giorno Sposa consacrata al Signore, a servizio della
Sua parola.
Se la cosa era buona in sé non rispecchiava però i disegni della Divina Provvidenza per lei ed
infatti, subito dopo, si ammalò gravemente con complicazioni ai polmoni ed ascessi nelle parti
inferiori del corpo. Alla notizia della malattia di Gina i parenti paterni gongolarono, mentre per
Luigina fu un grande dolore dover lasciare l'Istituto romano. Tornata a casa, dopo tre mesi che
perdurava la malattia, Gina decise di consacrarsi alla Madonna e, miracolosamente, guarì.
Si iscrisse immediatamente alla quarta ginnasio a Formia e, per quanto l'anno scolastico fosse già
iniziato da mesi, fu ammessa a frequentare. Ciò dimostra in quale considerazione fosse tenuta
Luigina dai suoi professori e dal Preside. Con gli studi continuò la sua vita di preghiera e di
contemplazione ai piedi di Gesù crocifisso e anche per questo i parenti terribili trovarono da ridire
cercando di influenzare i genitori perché: «Gina si sarebbe ancora ammalata». Invece lei era piena
di gioia e faceva sue le parole che Gesù le andava ripetendo: «Soffrire per offrire».
Intanto Gina, nei suoi quattordici anni, bella, fine e straripante simpatia, iniziò nel suo interno la
lotta dolorosa che la mise di fronte all'alternativa di scelta tra l'amore divino e quello umano. Ben
presto però vinse in lei l'amore divino e, pur trovando eccellente la via del matrimonio, scelse per sé
la vocazione alla verginità. Passarono così circa due anni e per Gina, oltre alle tante sofferenze
fisiche e morali, si aggiungeva quella terribile della mamma, che tra l'altro la poneva davanti a tutte
le responsabilità di primogenita, con quattro fratelli. Gina intensificò le preghiere e le suppliche alla
Madonna e fece molto pregare anche noi, compreso il papà e la nonna materna.
Questa volta però la Madonna non «ascoltò» Gina perché il disegno divino era diverso. La mamma
si aggravava e fra dolori atroci, sopportati con santa rassegnazione, offriva tutto alla Vergine per noi
figlioli. La mattina del 4 Novembre 1931, alle ore quattro, mamma spirò. Aveva solo
quarantaquattro anni. Per papà la morte di mamma fu un durissimo colpo, sia per le doti che ella
possedeva e sia perché si trovava con cinque figli, dei quali l'ultimo aveva appena tre anni. Fu da
questo momento che papà poco a poco, cominciò a cambiare e a trascurare il lavoro e gli interessi di
famiglia. Gina invece non si perse d'animo e, sicura dei suoi studi, si mise a dare lezioni private a
molti scolaretti di Itri. In cambio riceveva dalle famiglie soldi o beni in natura. Così riusciva a
portare avanti la famiglia, dal momento che papà si era stranito e, non lavorando più, non
guadagnava nulla. In questi due anni dopo la morte di mamma tutto il vicinato poté apprezzare le
doti e la saggezza di Gina e tutti le volevano bene e l'aiutavano. Non così fu per i parenti di mio
padre che, ancora una volta, si dettero da fare affinché ci allontanasse dal paese, mandandoci a
convivere, separati, presso gli zii. Dopo due anni riuscirono allo scopo.Gina così lasciò Itri per
Roma ed abitò presso gli zii che. avevano casa alla Garbatella. Ai primi tempi tutto andò bene, ma
ben presto cominciarono in casa spiacevoli scenate perché Gina andava tutte le mattine, di buon'ora,
in Chiesa e vi si tratteneva parecchio, scambiando dopo la Messa qualche parola con il Parroco che
l'aveva presa a ben volere, e con altre buone persone, anche anziane, alle quali Gina dava conforto
ed infondeva loro speranza. Agli zii non piaceva che mia sorella avvicinasse degli estranei e
volevano che stesse sempre in casa, a sbrigare le faccende. Non è che Gina fosse una fannullona e
perdesse il tempo in chiacchiere. Il suo bisogno interiore di fare dell'apostolato era come «una
forza» che la spingeva a parlare della bontà di Dio e della Madonna per tutta l'umanità e per ogni
singolo uomo. Nulla servì a convincere gli zii a lasciarle un po' di tempo libero. Alla fine fu
costretta ad abbandonarli e ad accettare del lavoro casalingo presso una famiglia che aveva
conosciuto nel quartiere.
Ebbe una cameretta ben ammobiliata tutta per sé, del tempo libero per vivere la sua vita di
apostolato e di preghiera e poteva anche ricevere in casa le persone che desideravano vederla per
aprirle i loro cuori. Gina, dopo tanti mesi tristi presso gli zii, finalmente ebbe un po' di pace e di
gioia, potendo essere di utilità e di conforto alle anime.
Era anche molto generosa verso noi fratelli, quando andavamo a trovarla. Ci ospitava con l'amore di
mamma, ci faceva riposare nel suo letto, mentre lei dormiva su una seggiola e, confortandoci, ci
spronava ad avere sempre un'illimitata fiducia in Dio.
Ci ripeteva sovente: «La Divina Provvidenza non vi farà mai mancare nulla. È essa che provvede ad
ogni nostro bisogno». Infatti fu sempre come disse Gina. Ella era veramente felice quando poteva
esserci d'aiuto e donava a noi tutto quello che aveva. Non le importava di rimanere poi senza nulla:
la sua gioia era vederci partire sereni ed allegri.Gina aveva un dono singolare. Prima che gli
avvenimenti accadessero lei già li avvertiva e li pronosticava. Era straordinario come non le si
potesse celare nulla! Sapeva proprio tutto di noi. Con il suo sguardo dolce ma penetrante guardava
la persona ed era come se leggesse un libro aperto davanti a lei. Se poi parlava ad una persona,
dicendo ciò che sentiva esserci in lei, lasciava sbalorditi. E se molti erano grati di essere capiti ed
aiutati nei loro piccoli o grandi problemi, altri invece rimanevano come seccati di essere scoperti e
si chiudevano in se stessi dicendo che ciò che diceva Gina era errato. Lei soffriva molto per questa
ottusità e menzogna, ma accettava tutto con umile silenzio. Quando invece le anime la lasciavano
penetrare nei loro segreti, ne traevano balsamo e quiete e le sofferenze diventavano sopportabili.
Non le mancarono in questo periodo anche delle spiacevoli situazioni a causa della sua dolce
bellezza e del suo carattere accattivante. Gina però lottò e vinse sempre le sottili tentazioni che
arrivavano da più parti. Particolarmente ebbe a soffrire e provò giusto sdegno per i raggiri di una
donna che, mostrandosi sua amica, con furbizia satanica, la spingeva a darsi alle gioie della vita e a
non comportarsi da persona «ingenua e ridicola». Gina anche se avvertì subito il pericolo, conmolta
pazienza voleva convertire quell'anima riportandola alla luce. Malgrado ogni tentativo quando si
avvide che nulla riusciva a smuovere quella povera donna, l'allontanò da sé».
IL GRANELLO DI SENAPE
Dal racconto del fratello Pietro, abbiamo appreso anche della entrata di Luigina tra le suore Figlie di
S. Paolo, a Roma, nell'anno 1930. Sarà bene ritornare brevemente a quegli anni e fare un po' di luce
sul periodo trascorso nell'Istituto e sul perché e sul come dovette lasciarlo.
A detta di molti, si era fatta signorina e non le mancavano d'attorno giovanotti corteggiatori. Luigina
però aveva fatta la sua scelta: si era votata completamente al Signore, e il suo sogno era di farsi
suora nell'Opera di Don G. Alberione, di recente fondazione.
Sulla scelta di questa Congregazione aveva influito l'esempio delle Figlie di S. Paolo che aveva
avuto modo di conoscere durante uno dei loro giri di propaganda di porta in porta: una vita tutta
consacrata alla gloria di Dio e alla pace degli uomini, proponendo ad essi la Parola di Vita e il
messaggio della Chiesa con i mezzi della comunicazione sociale.
Nella nuova piccola comunità, sistemata in una casa modesta, c'era molta povertà e molti stenti, ma
anche molto entusiasmo e molta fusione d'anime. Luigina passò un periodo di prova con le Figlie di
S. Paolo di Don Alberione ed ebbe come Padre Spirituale Don Timoteo Giaccardo, ora Servo di
Dio. Era la notte di Natale e Luigina, prima di tornare a Itri, dal momento che non venne accettata a
causa della malferma salute, desiderava passare le ultime ore nella Comunità. Stava tutta sola in un
angolo, seduta su una panchetta della Cappella, quando si avvicinò Don Timoteo e le chiese a
bruciapelo se, per amore di Gesù, volesse offrirsi vittima per salvare delle anime. Luigina, come
sempre piena di carità per il prossimo, non se lo fece dire due volte ed accettò immediatamente. E
lui, con accento profetico, concluse: «Vai, figliola, la tua vocazione è un'altra, è altrove. Tu però
apparterrai per sempre all'anima della Famiglia Paolina.»
All'istante, rimettendosi seduta, sentì un dolore atroce al bacino. Credette di svenire. Ma non disse
cosa ad alcuno. Tornata il giorno dopo a casa e perdurando il male si decise a farsi visitare dal
medico. Il referto fu senza pietà: un tumore nella parte terminale dell'intestino retto. Cominciò così
il duro e doloroso Calvario per Luigina. Con la vitalità dei suoi diciott'anni però non si perse
d'animo e per circa due anni, sempre coricata supina, con la testa in fondo al letto continuò il suo
insegnamento privato ai bambini. Man mano però il male progrediva e in pochi mesi Gina arrivò
alla fine. Sempre serena e abbandonata alla volontà del Cielo, se da un lato le dispiaceva lasciare i
fratelli e la sorella, il papà e la nonna ormai anziana, dall'altro lato era felice perché sarebbe andata
ad abbracciare la mamma in Cielo. Avvicinandosi la fine si fece rivestire e sistemare dalla nonna
perché, dopo morta, non desiderava essere toccata da altre persone e, rigirata sul letto, entrò in
agonia. In questi ultimi anni però Luigina era stata privata anche delle visioni e delle parole di Gesù
e ciò le causava nell'intimo un vero tormento perché non riusciva a spiegarsi questo lungo silenzio.
Era pertanto sola e abbandonata dal Cielo?
Non capiva che l'offerta di vittima doveva essere completa, totale e la sofferenza assaporata fino in
fondo! Era il 15 Agosto 1935.
Dal racconto del fratello Pietro abbiamo già conosciuto la vita alquanto difficile che Luigina ebbe
presso gli zii. Ricordando di quei mesi le difficoltà incontrate, specie con la zia, ella dichiarerà però
che aveva imparato tante belle cose, specie come tenere ed organizzare la casa. E dalla sua bocca
uscirono solo ringraziamento e riconoscenza per gli zii. Sappiamo che in quel periodo e anche dopo,
quando andò a servizio in una famiglia, frequentava con zelo la parrocchia e faceva parte delle
Figlie di Maria.
Fu proprio in quegli anni di solitudine, lontana dai suoi, che morì il suo primo direttore spirituale
Don Timoteo e si sentì nuovamente senza sostegno. La Mamma Celeste però vigilava sulla sua
figliola prediletta e un giorno le disse che in Parrocchia era arrivato un giovane sacerdote, il quale
sarebbe diventato il suo nuovo confessore e direttore. La Madonna inoltre le diede alcuni particolari
riguardanti il nuovo arrivato, così non avrebbe avuto difficoltà per essere accettata da lui come
figlia spirituale.
Fu così che il mattino seguente, dopo la Messa, ne parlò al suo Parroco. A lui però non risultava che
in quella Chiesa ci fosse un sacerdote povero e vestito miseramente. Luigina chiese allora al
Parroco se avesse fatto bene a regalare una tonaca nuova e un paio di scarpe a quel sacerdote. Lui
rispose che la carità era sempre tanto accetta al Signore. Luigina uscì e, da dietro alla tenda di una
finestra della sagrestia, il Parroco la seguì con lo sguardo e vide che si fermò poco lontano e si mise
a parlare, come se davanti a lei ci fosse una persona. La mattina seguente Luigina, con un pacco
sotto braccio, uscì dalla Chiesa e si fermò a parlare con il prete povero. Con un certo imbarazzo gli
disse del dono. Lui sorrise. La ringraziò dicendole: «Proprio non mi riconosci? lo ti conosco da
sempre». L'invitò inoltre ad amare sempre di più il prossimo e di essere molto umile perché gli
orgogliosi non piacevano a Gesù e alla Madonna. «Perdona chi ti ha fatto soffrire e con umiltà
accetta l'incarico di presidente delle Figlie di Maria». Luigina infatti aveva pochi giorni prima
declinato l'incarico che le avevano offerto, proprio per non suscitare altre gelosie tra le iscritte al
movimento. «Le scarpe e l'abito nuovo li darai ad un prete veramente povero. Sii sempre più buona
e più umile. Arrivederci in Paradiso». E, mentre terminava di parlare, si alzò lentamente e, più si
allontanava, più i suoi occhi azzurri diventavano intensi. Poi disparve. Emozionata, Luigina riprese
il pacco che aveva appoggiato in terra durante il colloquio e corse dal Parroco, il quale non l'aveva
persa di vista dalla finestra e non riusciva a capacitarsi che cosa stesse accadendo alla signorina.
Luigina gli disse che il prete povero era S. Filippo Neri e raccontò tutto il colloquio, non senza una
certa ritrosia perché era molto restia a parlare dei fatti «straordinari» che le succedevano. Ma volle
mettere in pratica l'umiltà che San Filippo Neri le aveva appena raccomandato. Accettò poi
l'incarico nelle Figlie di Maria. Da allora andò molte volte a far visita nella Chiesa dedicata a San
Filippo Neri, il santo che in vita visse l'umiltà e che andò vestito poveramente, perché tutto ciò che
possedette lo diede ai poveri.
Oltre a San Francesco e a Santa Teresa di Lisieux, Luigina era molto devota di Santa Gemma
Galgani. Visitò più volte il Santuario a lei dedicato, a Lucca, e la sua casa natale, vivente Madre
Gemma Giannini, tra le cui braccia era spirata S. Gemma. Luigina conobbe Madre Gemma nella
sua infanzia ad ltri, nel convento delle Suore Passioniste, dove era Superiora, e a lei e alla
Congregazione delle sorelle di S. Gemma, fu legata da grande amicizia. Un giorno Luigina raccontò
ad una persona molto amica che Santa Gemma l'aveva salvata da un incendio. Lei amava fare ogni
anno il presepio per Natale. Nei primi anni che era a Roma però non si poteva permettere delle
statuette in legno o in gesso ed allora lo realizzava in cartapesta. Una sera si era addormentata
perché era molto stanca, dimenticandosi di spegnere le candeline che illuminavano la Grotta. Santa
Gemma, durante la notte, la svegliò dicendole di aver spento il fuoco che era divampato nel
presepio, per evitare un grande incendio. Luigina s'accorse allora che tutto era semidistrutto. Ma il
resto della camera era in ordine.
Ma anche i rapporti con la famiglia presso cui era a servizio non furono sempre facili. Anche lì non
era capita, anzi era quasi guardata con sospetto a causa dei fatti particolari e umanamente
inspiegabili che avvenivano, anche lì non le mancarono incomprensioni e sofferenze. Ricordiamo in
particolare un episodio.
La signora che dava lavoro a Luigina era impiegata, perciò ella doveva accudire alla casa e
prepararle il pranzo per quando rientrava dall'impiego. Una mattina che era sola in casa, si trovò ad
andare in bilocazione nella capitale di «un paese dell'est», dove il Primate era stato imprigionato.
Entrò nel palazzo vescovile, prese un documento segreto e, sempre in bilocazione lo depose in
Vaticano, senza che nessuno l'avesse vista. Quando tutto fu fatto «rientrò in se stessa». Mentre
andava riprendendosi fu aggredita dal demonio che la picchiò ferocemente, a tal punto, che a
malapena riuscì a buttarsi sul letto tutta dolorante. Passarono così le ore e quando la padrona di casa
rientrò trovò che nulla era stato fatto e il pranzo non era preparato. Trovandola sul letto, si arrabbiò
moltissimo. Al ritorno, da lì a pochi minuti, con grande meraviglia, trovò l'appartamento tutto in
ordine, i mobili spolverati e perfino l'acqua nella pentola che bolliva. Che era successo? Fu la stessa
Luigina a spiegare alla signora che, non potendo fare lei, perché sofferente, aveva tutto sistemato il
suo Angelo Custode. E per parecchio tempo in quell'appartamento non cadde più polvere sui mobili
e sul pavimento. Ma la spiegazione, invece di risolvere le cose, le complicò ancora di più, perché la
signora quasi presa da spavento di fronte a questo fatto così eccezionale, temendo che Luigina fosse
indemoniata, la mandò via.
La promessa che Gesù le fece, quando lei preferì lo stato di vittima e rimanere nel mondo invece di
morire e andare in Paradiso, si avverò per tutta la vita. Il Cielo interveniva per assisterla anche nelle
cose minime. La presenza e le luci della Mamma del Cielo non le vennero mai meno ed anche
l'aiuto dei suoi Santi Protettori e del suo Angelo la protessero dai violenti e dolorosi attacchi che il
demonio le sferrò.
Finalmente Luigina trovò un buono impiego e poté permettersi di affittare un appartamento, tutto
suo. Malgrado la salute subisse alti e bassi, le capitava che molte volte la malattia come veniva,
spariva improvvisamente. Però il tracciato della sua vita non aveva perso la sua misteriosità e se a
questo punto della sua esistenza tutto sembrò procedere abbastanza calmo, arrivò un giorno una
grande prova che Luigina riuscì a superare con l'aiuto del Cielo e grazie alla sua umiltà e al suo
coraggio.
Si chiude così la prima parte della sua vita. Inizieremo a narrarne l'altra anche grazie alla
deposizione, giurata, di una signora di nome Maddalena, scomparsa alla fine del 1980, che ci ha
lasciato, quale riconoscenza per tutta l'amicizia fraterna data da Luigina, un memoriale scritto negli
anni 1978-79. Questa amicizia durò più di venti anni, cioè fino agli ultimi mesi di Luigina in terra.
Sarà interessante in queste pagine vedere quale fosse la personalità di questa «piccola-grande
donna» la quale, pur favorita di doni specialissimi, rimase sempre nascosta e sempre, diremo,
«gelosa» dei suoi rapporti con il Cielo.
Una sera, verso le ore diciannove, Luigina mi disse di avere un po' di mal di capo e scusandosi volle
ritirarsi nella sua camera. Mi raccomandò di cenare senza aspettarla e di non preoccuparmi perché
era soltanto un mal di testa. Si sdraiò sul letto, lasciando la porta della sua camera così com'era:
completamente aperta. La luce nella sua camera era spenta mentre quella della camera da pranzo era
accesa ed illuminava completamente il letto sul quale si era adagiata interamente vestita. Per
lasciarla riposare meglio spensi la luce della sala da pranzo e mi recai in cucina a preparare la cena.
Trascorsa poco più di una mezz'ora andai verso la camera di Luigina per vedere se avesse bisogno
di qualcosa. Accesi la luce della sala da pranzo che illuminava il suo letto, e la vidi supina con gli
occhi chiusi, immobile, come se non respirasse. Allora pensai: il mal di testa sarà completamente
scomparso, altrimenti non potrebbe dormire. Trascorsa un'altra mezz'ora circa, tornai di nuovo a
vederla. Allora si svegliò e mi chiese da quanto tempo dormisse, come se avesse perduto la nozione
del tempo. Si levò dal letto e consumammo insieme la cena, certamente più tardi del solito ma senza
più pensare al suo piccolo malessere. In seguito Luigina mi parlò della Russia, mi disse che alcune
persone erano prigioniere nei sotterranei; che dei Sacerdoti celebravano la Messa con un pezzo di
pane e uva appassita. «Quante sofferenze in quelle anime!», mi disse. «Ci sono intere famiglie che
pregano nei sotterranei. Non possono farlo apertamente altrimenti sarebbero perseguitati. Vanno in
quei rifugi durante la notte». Quando Luigina mi parlò della Russia, le domandai se l'avesse visitata.
Cioè pensavo se ci fosse stata in bilocazione. Lei mi rispose di sì, senza dare alcuna importanza alla
cosa.
Gina voleva che io capissi bene che «i doni» che il Signore fa' ad un'anima non sono indice di
santità, appartengono a Lui. Invece la sofferenza offerta è nostra e così ogni buona azione che
facciamo al prossimo, per amor Suo.
Quando si avvicinava il primo sabato del mese, o meglio, si avvicinava la notte dell'incontro con la
Mamma Celeste, avevo timore di chiedere «qualcosa». Mi sembrava una mancanza di riguardo
verso la nostra Mamma, Regina dell'universo. Mi sembrava di abusare del privilegio che lei venisse
dalla Sua Prediletta, in casa mia. Malgrado ciò riuscii a conoscere molte cose che riguardavano la
mia vita futura, tra cui la mia vocazione al matrimonio. Luigina, poi, sapeva ogni cosa di me senza
che le avessi rivelato la mia vita passata. Mi disse che il mio cuore era stato «molto «duro» e che il
Signore me lo aveva trasformato... Che la Mamma mi voleva più umile. Ciò mi fu rivelato
sensibilmente quando pregai Luigina di far benedire la mia statuina dell'Immacolata Concezione, in
un primo sabato del mese. Avvenne che mentre gli altri oggetti messi sul tavolo di Luigina, allo
stesso scopo, emanavano completamente il profumo, la mia statuina profumava soltanto al piede.
Chiesi perciò la spiegazione a Luigina, la quale mi confermò che la Mamma voleva da me una vera
umiltà.
Luigina mi descrisse, dietro mia richiesta, l'abbigliamento della Mamma soddisfacendo la mia
curiosità fin nei particolari. Mi parlò del diverso colore tra il mantello e l'abito e diede un significato
particolare al colore; la spilla con gemme che fermava il mantello al di sotto del collo; la bordura
dorata e ricamata del mantello; il fruscio della seta... In una di quelle occasioni pregai Luigina di
baciare per me il mantello della Mamma. La mattina seguente incontrai Luigina in cucina, mi
sentivo quasi in soggezione di averla messa in imbarazzo con la mia richiesta. Invece ella, tutta
sorridente si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte, dicendomi che me lo mandava la Mamma.
La gioia, per quell'avvenimento, inondò completamente il mio cuore.
Poiché andavo all'impiego ogni mattina accadeva spesso che Luigina rimanesse sola in casa fino al
mio ritorno, alle 14,30. Mi attendeva per pranzare insieme facendomi trovare la casa in ordine e la
spesa fatta.
Luigina faceva allora qualche commissione di «sopralluogo» per accertare l'indigenza di alcune
famiglie che godevano dell'assistenza dell'Opera Pontificia, allora affidata a Mons. Bandelli.
Luigina per tale attività non riceveva alcun compenso, soltanto, e non sempre, il rimborso dei soldi
spesi per il tram. A volte perciò accadeva che non avesse nemmeno gli spiccioli per il tram e doveva
andare a piedi...
Riuscii, chissà come, a sapere ciò e allora pregai Luigina di prendere quanto le occorresse dalla
tasca del mio soprabito nell'armadio, che fungeva da cassa. Luigina però non vi andò ad attingere
denaro che raramente ed al mio ritorno dall'ufficio mi faceva trovare la lista delle spese,
specificando ogni acquisto effettuato al mercato per mio conto.
Era prodiga di consigli. Ma li dava quando era sicura di ciò che diceva, altrimenti consigliava di
pregare insieme affinché potesse conoscere la cosa che mi stava a cuore. Qualche volta la risposta
arrivava con molto ritardo però si rivelava di una grande precisione. Quando le chiedevo qualcosa
per parenti o persone amiche, scriveva la risposta ma voleva rimanere in incognito. Ad una mia
collega di ufficio le scrisse di «raddrizzare» la sua vita che la Mamma la avrebbe aiutata molto. E
così fu.
Ad una mia nipote afflitta perché abbandonata dal fidanzato, quasi alla vigilia delle nozze, disse che
la Mamma l'avrebbe aiutata, di aver fiducia, che avrebbe incontrato un uomo migliore e con lui
avrebbe formato un'ottima famiglia. Infatti ora ha tre figliuoli ed il marito le vuole molto bene.
A mio avviso conosceva tutto di tutti, cioè la vita intima di ogni persona che avvicinava. Esprimeva
talvolta il suo pensiero su determinate persone e ciò era fatto sempre a fin di bene. Spesso esaltava
le virtù di persone di comune conoscenza. Una volta mi riferì di un medico che conoscevo, il quale
stava così a lungo in preghiera davanti al SS. Sacramento da avere le ginocchia incallite.
Luigina aveva bisogno di amicizia e gradiva conversare di cose di Dio e della Mamma Maria, ma lo
faceva sempre con tatto e senza morbosità bigotta.
A volte era molto combattuta a causa delle incomprensioni e cattiverie che riceveva anche da
persone da lei beneficate. Queste prove spirituali la facevano molto soffrire e cercava sempre di
studiare se ne fosse o meno lei la causa.
A me chiedeva: «Ma tu cosa pensi di me? Ti sembro una persona normale?» «Altro che persona
normale!» le rispondevo. Mai ho pensato di lei che fosse una persona anormale, squilibrata. Era
carica di buon senso e di prudenza per cui prima di dire qualcosa doveva esserne ben certa e ciò le
derivava dalla preghiera. Non pensava molto alla efficacia della sua invocazione quanto alla
preghiera dell'interessata, ove fosse possibile. Ciò la metteva in stato di piena umiltà e dava fiducia
alle persone alle quali prometteva di pregare.
Luigina ha sempre raccomandato a tutti la recita del Rosario ed anche ai giovani, che non pregano a
lungo, suggeriva loro di dire almeno dieci Ave Maria, meditando un mistero, in maniera da formare
una corona intera in cinque giorni.
Luigina sentiva fortemente la riconoscenza verso chi le avesse fatto un po' di bene. Avvenne così
che, col passare degli anni, il benefattore diveniva per lei il beneficato. Anch'io ricevetti in larga
misura da lei! Era trascorso poco tempo dall'arrivo di Luigina in casa mia, forse poco meno di un
mese, quando mi chiese se potesse portare in casa una giovane di sua conoscenza, che era figlia
spirituale di Padre Pio. Luigina, affinché l'accettassi in casa, mise in luce le migliori qualità di
questa giovane. Ed in verità era una figliuola sulla via della perfezione, anche se ancora giovane e
bisognosa di guida. Dopo qualche giorno trovò lavoro e andò via e, dal canto mio lo confesso, ne
fui felice.
Qualche cosa però venne a turbare il mio pieno accordo con Luigina ed intanto in cuor mio si
affacciarono pensieri poco lusinghieri, anche nei suoi riguardi. Pensai che Luigina non avrebbe
dovuto invitare la giovane in casa mia dal momento che anche ella era già ospite. Luigina capì
questo mio stato d'animo e mi parlò con la sua franchezza abituale. «Guarda», mi disse, «che se
vuoi vado via anch'io. Sono qui per te!» Allora capii che la sua presenza in casa mia era un dono
della Madonna! La supplicai perché rimanesse. Poi non ci fu più motivo di malintesi. Luigina ebbe
molta, moltissima pazienza con me. Diffidai molte volte di quello che voleva offrirmi come
consiglio. Non insistette mai però sulle cose che diceva per il mio bene. Fu sempre così spontanea
che, forse, proprio per questo, a volte dubitai dei suoi consigli.
Ma, purtroppo, fu sempre a causa della mia nullità e superbia che ricadevo nell'errore.
Una volta mi fece chiaramente capire che per darmi un consiglio in merito ad un problema
dovevamo pregare insieme. Altre volte, esplicitamente, confessò che non sapeva dirmi nulla senza
pregare. Quando però si trattava di una risposta avuta dalla «Mamma Maria» non c'erano dubbi: era
come diceva e con decisione. Le risposte furono a volte suggerite per iscritto, concise, ma colpivano
l'argomento in pieno, come una freccia quando va dritta al centro del bersaglio.
Luigina era così precisa nei suoi ricordi che anche a distanza di anni sapeva dire il giorno e il mese
degli avvenimenti che riguardano la mia vita.
Rimase con me, nella casa in via dello Statuto, per poco più di due mesi.
Ella sapeva che la sua partenza dalla mia casa mi avrebbe procurato un forte dolore ed allora mi
preparò pian piano a questo doloroso distacco.
Fu accolta in casa della Sig.ra Anna Martorano, in via Urbino 51. E in quel palazzo rimase, dopo
aver cambiato due appartamenti sempre nella stessa scala, fino alla sua morte. A me, per
consolarmi, disse che quella sarebbe stata la sua ultima dimora, cioè che sarebbe rimasta in quella
casa fino alla sua morte. E così fu! Era giunto il momento in cui non le sarebbe più mancato nulla.
La Provvidenza avrebbe pensato largamente a lei. Così è stato. Ma quante pene...! E quanta fede c'è
voluta per Luigina in quella predizione, ogni volta che dovette cambiare appartamento e fare
sempre nuovi lavori di adattamento e per la sistemazione della Cappellina. Anche al quinto piano,
dove abitò fino alla morte, ebbe notevoli prove. Rimase in quell'appartamento malgrado il freddo
per i lavori di restauro e la vendita di quasi tutti gli appartamenti dello stabile.
Ecco che cosa è stata «fede» per Luigina! Ella sapeva che nemmeno il terremoto l'avrebbe spostata
di lì. Parola dall'Alto, non può cambiare!
Luigina mi fece delle rivelazioni molto importanti sul rinnovamento della Chiesa dopo il Concilio, e
disse che ne sarebbe uscita rinvigorita, malgrado le molte difficoltà che avrebbe dovuto superare.
Mi confidò anche molti avvenimenti che si sarebbero verificati nella politica italiana.
Andavo ancora in ufficio ed avevo molta difficoltà con le colleghe e soffrivo di essere messa in
disparte e di vedere qualche ingiustizia. Una volta Luigina mi disse: «Tu però la spia non la devi
fare». Era proprio vero: avevo riferito una cosa vera, ma che avrei dovuto tacere!
Nel 1954 Luigina conobbe, tramite me, le Benedettine di Clausura. Le monache avevano molto
sofferto durante la guerra e si sostentavano facendo piccoli lavoretti con le loro mani: un po' di
ricamo, un po' di maglia, ecc. Poi ricevevano offerte per gli «Agnus Dei» sui quali venivano dipinti,
in miniatura, dei fiorellini e il nome di Gesù. Luigina stimava molto queste monache ed una volta
mi disse che «Gesù andava in quel Monastero per riposarsi», poiché quelle suore erano come
colombe intorno a Lui. Parlandone con me poi, le chiamava «le colombelle di Gesù».
Luigina era andata via da me da non molto tempo ed abitava come ho detto in Via Urbino 51, ma
non aveva lavoro e perciò mancava di mezzi di sostentamento. Nel frattempo conobbe una suora del
Bambin Gesù, superiora vicino a Roma, la quale, insieme ad un Sacerdote, Don Gabriele Antonazzi,
stimava Luigina, ammirandone la sua ricca vita spirituale. Questa suora che proveniva da famiglia
benestante mise a disposizione di Luigina una certa somma. Credo sul mezzo milione di lire.
Luigina non accettò la somma per sé, ma invitò Suor Margherita, d'accordo con il sacerdote, ad
acquistare una macchina Necchi per il lavoro a maglia, da offrire alle monache di Clausura. Esse
infatti, accettando lavori di maglieria, avrebbero potuto far fronte alle spese giornaliere della
Comunità. E così avvenne. Negli anni seguenti Gina commissionava alle monache dei lavoretti in
pittura, scatole portafazzoletti, tovaglie d'altare, copri pisside ed Agnus Dei, pagando, per quei
lavori, somme di una certa consistenza, e mai inferiori alle cinquanta mila lire.
Quanta gioia provava Luigina quando riceveva i lavori specie quelli che conferivano maggior
decoro a Gesù Eucaristico! Era lei stessa che suggeriva il soggetto per le tovaglie d'altare, che
dovevano essere in armonia con le varie feste ricorrenti nel calendario liturgico. Il gusto innato per
il bello e il raffinato Gina lo trasfondeva particolarmente in tutto ciò che era sacro: come l'altare, gli
arredi ed i fiori. Gli amici di Luigina ricordano quanto cara le fosse la sua Cappellina adorna sempre
di magnifiche composizioni floreali. Anche i presepi, allestiti ogni anno in maniera diversa,
procuravano una grande gioia a coloro che li vedevano. La composizione artistica, sempre nuova,
non distraeva il visitatore dal grande mistero della Natività divina.
Dopo avermi confidate le rivelazioni celesti, alle quali credevo e credo tuttora, si faceva piccola
piccola dicendo che il merito non era suo e che bisognava ben distinguere nella vita spirituale i
«doni gratuiti» dai meriti acquistati con la nostra sofferenza, con la rinuncia, con la carità... Ella
ebbe inoltre il grande dono di dire la parola giusta al momento esatto e non si mise mai in cattedra.
Solo una grande carità, che la bruciava dentro, muoveva le sue labbra, non per ammonire ma per
curare il peccatore. Tutta la conversazione era improntata da lei con grande carità per cui
l'interlocutore si trovava a suo agio. Luigina non si scandalizzò mai di nulla. Era facile parlarle,
come si suol dire, col cuore in mano perché conosceva i problemi più intimi che travagliavano
l'anima, prima di sentirne parlare.
Era molto mortificata quando doveva per ragioni di tempo interrompere una conversazione
amichevole. I Sacerdoti avevano il posto dei «prediletti. Non potevano aspettare. Perciò nel
congedare i secolari si scusava dicendo: «Tornate presto che parleremo più a lungo.
Un'altra cosa particolare che capitava era quella di stare con Luigina senza accorgersi che il tempo
passava. Si stava così bene accanto a lei che ci si dimenticava di ogni amarezza della vita presente e
si tornava a casa col cuore gonfio di gioia ed una forte carica di gioia ed una forte carica di fede. Un
giorno Luigina disse che la Mamma Maria, vedendo le diverse immagini nelle quali era ritratta
diceva: «Da ogni figura, anche dalla meno bella, trasfondo il mio Amore sui miei figli.»
Luigina, a qualche persona veramente amica, confidò che ben poche però venivano lì a chiedere
grazie spirituali ed a pregare per la Chiesa e l'umanità tutta! Sempre paziente ed umile Luigina
accoglieva tutti con il suo dolce sorriso. Ascoltava, confortava e spronava, illuminando le coscienze,
sì che i visitatori se ne andavano sollevati e ricchi di nuove speranze. Ma non mancarono tra questi
coloro che dopo aver avuto veri favori e tante luci, diventarono suoi denigratori.
Il demonio non tralasciò alcuna occasione per colpirla in ogni maniera. E molte volte si servì
proprio delle persone che Luigina aveva più gratificate, più illuminate e guidate spiritualmente.
Alcune di queste, dopo la scomparsa di Luigina, confessarono di averla fatta molto soffrire con le
loro mormorazioni, infedeltà e cattiverie.
Ella sapeva tutto di tutti ed anche in antecedenza. Ma doveva ubbidire alla Divina Volontà la quale
voleva che lei, pur conoscendo la verità, si comportasse come se nulla sapesse. Quale martirio per
lei che possedeva un forte carattere ed amava la sincerità!
Disse a tale proposito ad un'amica che, quando venivano questi «casi», era come se avesse «morso e
briglia» che stringevano con forza il suo carattere, il quale avrebbe voluto mettere a nudo le
meschinerie ed i tradimenti. Citiamo un fatto che la stessa Luigina raccontò ad una religiosa amica
sua e che ancora una volta ci mostra la sua pazienza e la sua bontà, non priva anche di un certo
umorismo.
Un giorno Luigina mi disse: «Sai che alcuni mi considerano una «medium»? Il fatto è che io
«sento» quello che i veri medium dicono, ma essi non sentono me».
E accennò a due o tre medium che risiedevano allora a Roma. Poi mi narrò un fatto accaduto non
molto tempo prima. Una signora era andata a visitarla con un proposito diabolico. Avendo la
signora notato un tavolino a tre gambe, messo in un angolo della stanza, chiese a Luigina delle carte
per fare insieme una seduta spiritica. Essa con calma si alzò, prese da un armadietto un pacchetto di
immagini della Madonna e, volgendosi alla signora, le disse con risolutezza: «Ecco le mie carte! Ed
ora vada via da questa casa». E così dicendo, l'accompagnò alla porta. Immediatamente però
pregava e perdonava i suoi nemici. Non le era possibile non amare e compatire coloro che la
facevano piangere e sanguinare il cuore. La carità autentica che la contraddistinse ci spinge a tacere
a proposito alcuni casi clamorosi che hanno riguardato persone famose, reputate eccezionali dalla
massa, e che godono tuttora di una vasta popolarità.
Quindi amava sempre: buoni, meno buoni ed anche i cattivi e in malafede. La sua reazione
consisteva nel chiudersi in riserbato silenzio e di offrire tutto a Gesù ed alla Mamma. A volte,
sorridendo, si paragonò ad una tartaruga che, colpita o attaccata dall'esterno, si racchiude in se
stessa.
Il grande dono del silenzio! O meglio la grande preziosissima virtù di saper tacere e dimenticare!
Perciò il suo animo generoso non subì flessioni e la sua porta fu sempre aperta a tutti. Ebbe tra
l'altro un vero dono dell'ospitalità. E sia con le persone di un certo prestigio, culturale, politico
religioso, sia con la gente, povera e semplice, Luigina fu sempre la stessa. Una meravigliosa
padrona di casa. Tanto è vero che tutti se ne partivano da lei a malincuore. Sapeva inoltre parlare di
tutto ed ogni argomento l'interessava, avendo al riguardo sempre qualcosa di originale da esporre.
Seppe ascoltare! Ma seppe anche dare il suo giudizio e la soluzione più esatta con autorevolezza.
Sono molti a testimoniare che nei più disparati argomenti ebbe delle vedute ampie, perspicaci e
lungimiranti. Sensibile ed amante del bello e dell'ordine aveva una eleganza insita, tutta personale,
ed anche se vestiva senza ricercatezze, era sempre molto ordinata: in casa e fuori. Per ordine della
Mamma non doveva lasciar trapelare nulla della sua vita intima e mistica. Si doveva comportare
come una persona comune e, quindi nel limite del possibile, seguire il tono di vita degli altri.
La sua si sarebbe detta, a prima vista, una vita normale di una signorina non più giovane e di
estrazione sociale borghese.
E fu così che rimase «la piccola violetta nascosta ma sempre profumata» dalle migliori virtù.
Raramente, e solo con pochi intimi, sollevò, di tanto in tanto, un poco il velo che copriva il suo
rapporto con il Cielo.
Quando soffriva la Passione, specie il venerdì, avendo chiesto al Signore che «tutto» fosse un
segreto tra loro, non lasciò trapelare la minima manifestazione singolare. Appariva molto sofferente,
come se agonizzasse e stava tutta abbandonata, quasi assente, a letto. Subiva in special modo la
flagellazione, l'incoronazione di spine e il peso schiacciante della Croce sulla spalla.
E solo raramente le due o tre persone che potevano assisterla in questi frangenti videro i segni
esteriori, ai polsi e al piede sinistro, della crocifissione. Una volta, di venerdì, su un piccolo cuscino
dove Luigina appoggiò la testa dolorante, restarono ben visibili delle macchie di sangue, a mo' di
semicerchio.
I tormenti spaventosi della Passione si intensificarono poco tempo dopo la morte del suo grande
padre spirituale Padre Pio da Pietrelcina, avvenuta il 23 Settembre 1968.
Ma se il ruolo di vittima che l'unì ai patimenti di Cristo martoriato fu ben nascosto e protetto alla
vista dei poveri mortali, non così fu per i fenomeni dei profumi. In vari momenti dalle sue mani
usciva un meraviglioso profumo e anche la casa ne era impregnata, soprattutto dopo che la Mamma
era venuta a visitarla.
Abbiamo visto precedentemente quanto Luigina amasse i tre fratelli Pietro, Giorgio e Tonino e la
sorella Benita. Ma lo stesso amore lo ebbe per tutte le creature ed anche per quelli che più la fecero
soffrire.
Purtroppo fra queste non possiamo non annoverare il papà suo, il quale diede molti dispiaceri alla
mamma Filomena e particolarmente a lei, che era la primogenita. Passati molti anni il papà, che
abitava tutto solo a Gaeta, pur sentendosi ormai vecchio e sofferente, ricusò sempre di venire a
Roma in casa di uno dei figli o di Luigina. Ai loro ripetuti inviti rispondeva che doveva espiare
davanti a Dio i troppi sbagli che purtroppo aveva commessi. Luigina però, sempre vigile, anche se
lontana, sul suo papà, appena ebbe sentore che non poteva più rimanere da solo, per le forze che
cominciavano a mancargli, provvide a farlo curare in una clinica romana e poi, visto che rimaneva
fermo nel suo proposito di non abitare presso uno dei figli, lo sistemò, sempre a Roma, in un istituto
dell'Opera di Don Orione. E qui, quest'uomo che per buona parte della vita era stato un debole ed un
egoista, si prodigò, finché visse, ad aiutare i suoi compagni più anziani di lui e quelli più sofferenti.
Quando il papà spirò, Luigina era a letto da parecchi giorni molto sofferente. La notizia le fu portata
da due sacerdoti amici. Appena però entrarono nella sua camera, disse loro: «Lo so che papà non è
più. Questa mattina, appena spirato lo vidi qui, sulla porta e, salutandomi, mi ringraziò delle
preghiere che avevo fatto per lui». A proposito delle malattie Luigina fu un vero enigma. Si
ammalava, le cure erano inefficaci e poi, un certo giorno si riprendeva e si rimetteva in piedi: la
malattia era scomparsa.
Una testimonianza, a tale proposito, che possiamo definire eccezionale ed esatta, è quella stilata dal
suo medico curante il Dottor Marco Grassi. Vale perciò la pena, per i lettori, di riportarla
integralmente. «La mia conoscenza con Luigina ebbe inizio dodici anni prima della sua morte. Fu il
caso a farmela conoscere.
Avevo avuto notizia dell'esistenza di una «particolare» persona che si era offerta vittima al Signore
per mezzo di Maria e che viveva una vita ordinaria e straordinaria nello stesso tempo. Non fu, però,
la mia curiosità a cercarla. Fu lei stessa che mi rintracciò per mezzo di una comune amica.
In quel tempo ella soffriva di un grosso ascesso alla regione glutea che s'irradiava in alto, verso il
torace posteriore e aveva le dimensioni di un mezzo grosso melone. Il medico che la curava in quei
giorni aveva consigliato un ricovero per l'incisione dell'ascesso, ma sembra che nei colloqui di
Luigina con la SS. Vergine fosse invece consigliato di non spostare l'ammalata e di farla curare
privatamente in casa. Il medico curante si oppose a ciò e quindi l'abbandonò. Essendole stato fatto il
mio nome, Luigina mi invitò a farle visita. In quella circostanza mi domandò di prenderla in cura.
Non nego che sin dall'inizio ella mi fece un'ottima impressione e che io sentii un particolare
trasporto verso questa speciale anima. Per questo accettai il difficile compito con entusiasmo, non
privo d'altra parte di un certo timore. Da quel momento i miei incontri con lei furono frequentissimi.
Nei primi tempi proprio a causa dell'ascesso, la vedevo quotidianamente. In quei dolorosi momenti
trovai in lei una grande disponibilità alla sofferenza e fu proprio in questo primo periodo che
incominciai a conoscerla bene. La mia prestazione giornaliera consisteva non nell'incisione
dell'ascesso, bensì in un siringamento dello stesso, mediante grossi aghi. Se anche fosse stata fatta
una leggera anestesia locale, il trattamento sarebbe riuscito ugualmente assai doloroso. Ma Luigina,
certa che la Madonna guidasse la mia mano, si sottoponeva a queste sofferenze senza lamentarsi.
Anzi offrendole per qualche scopo ben preciso.
Una volta che le avevo raccomandato un'anima impenitente, che era in fin di vita, la sentii perorare
a viva voce la causa di questa dicendo: «Gesù, voglio quella anima! Voglio quell'anima!»
Quell'anima la ebbe. Infatti la mia paziente morì con tutti i conforti religiosi. E non fu quello l'unico
caso. Tante altre volte le mie raccomandazioni ottennero l'effetto desiderato.
Tornando all'ascesso, dopo il siringamento, venivano iniettati in loco degli antibiotici appropriati ed
anche in questa non facile fase Luigina continuava ad essere veramente paziente. Ella, vedendomi
alle volte perplesso, mi spronava ad andare avanti dicendomi che la Mamma Maria era contenta del
lavoro compiuto e che avrebbe pensato Lei stessa a terminare brillantemente la cosa. E fu così.
Difatti, dopo circa quindici giorni di siringamenti, rimanendo un piccolo residuo dell'ascesso,
questo sparì in pochi giorni, spontaneamente.
«Soffrire ed offrire» era la sua massima ed ogni giorno potei osservare che in lei la sofferenza era
sempre presente: fisica, morale o puramente mistica.
Fra le sofferenze fisiche possiamo enumerare i facili episodi di insufficienza cardiocircolatoria che
subentravano alla fine di cefalee gravative che duravano 48 ore di seguito, con relativo vomito.
Luigina, come avrebbe fatto qualsiasi persona, prendeva una compressa analgesica, un Veramon,
per esempio, ma se non sortiva effetto positivo, non se ne curava e tirava avanti implorando, alle
volte fra effettivi lamenti l'aiuto o la grazia che si era prefissa di chiedere con quella particolare
sofferenza. Altri momenti in cui soffriva ordinariamente erano quelli delle subocclusioni intestinali
che si complicavano con una sintomatologia drammatica, assai dolorosa. A riguardo, i comuni
rimedi della medicina si presentavano pressoché inutili e la paziente non volle mai ricorrere al
ricovero ospedaliero sostenendo che la Mamma Maria avrebbe risolto la cosa presto. E così in
effetti accadeva.
Fra le sofferenze invece puramente straordinarie e mistiche una era quella di sentire sul dorso la
piaga di Gesù provocata dal palo trasversale che i crociferi portavano fino al luogo del supplizio.
Per Luigina questo era un vero Calvario ed, insieme alla Coronazione di spine, era sofferenza
grande da sopportare.
In quei momenti sembrava un altro Gesù. Nei suoi occhi, fra i tormenti, c'era sempre quella luce
serena che faceva trasparire lo stato d'animo con il quale Gesù stesso avrà certamente affrontato i
patimenti per i nostri peccati. Questi episodi, frequenti in particolari circostanze dell'anno, erano per
noi, testimoni, di grande edificazione e di maggior comprensione della Passione del Signore. E si
usciva dalla casa di Luigina rinvigoriti al pensiero del grande amore con cui siamo amati da Dio.
Su altre sofferenze mistiche, come l'agonia del Getsemani, ricordo solo che Luigina, madida di
sudore diceva: «Non abbiate timore, se avete peccato, Gesù ha sofferto anche per quello! »
Una cosa però veramente particolare che Luigina mi confidava e chiamava «stillicidio del cuore»
consisteva nelle molte sofferenze che le arrecava ricevere tante persone al giorno: non tutte
simpatiche, alcune addirittura ipocrite ed altre perfino nemiche. Questo era ciò che più la
tormentava e l'offerta che ne faceva era la più ampia possibile: per le anime in genere, per i
sacerdoti, per i religiosi e le religiose, per il Santo Padre, per la conversione della Russia e dei paesi
satelliti.
Dalle molte conversazioni che ho avuto con lei posso assicurare che ho molto imparato e che vorrei
che fosse ancora vivente per poter conversare con lei delle cose del Cielo come delle cose di
quaggiù.
Il ricordo che non dimenticherò mai nella mia vita è quello dell'ultima sua malattia, che durò
esattamente quindici giorni e che la portò all'incontro finale con Gesù.
Il giorno prima che si ammalasse, durante la quotidiana visita medica, mi mostrò delle lettere. Erano
lettere di quella bellissima anima di Maria Bordoni, morta nel Gennaio dello stesso anno. Da esse
potei comprendere la grande amicizia che le univa come sorelle. Si parlava della Mamma Maria,
come di una comune visione, della vita vissuta con Gesù Eucarestia e del bene del prossimo. Fu
un'ora incantevole e credo che Luigina mi abbia appositamente voluto lasciare questa grande gioia
in ricordo.
Il giorno dopo le cose erano completamente cambiate. Luigina era come in preda ad una grave
malattia. Il volto pallido e affilato, dolori senza tregua all'addome, che appariva estremamente
enfiato, e facili deliqui. Pensammo ad una delle solite subocclusioni intestinali. Si pensava anche a
qualche offerta che ella avesse fatto al Signore e che il male, come solitamente avveniva, sarebbe
passato di colpo. Invece la situazione si fece più lunga e sempre più drammatica. Mettemmo in atto
i comuni rimedi medici di altre volte, ma senza nessun risultato. A questo punto chiesi a Luigina se
volesse essere ricoverata per accertamenti, ma, come sempre del resto, rifiutò decisamente, né volle
consulti ad eccezione del Dr. A. Vieri. Questi venne, ma conoscendo bene la paziente, pensò anche
lui subito che si trattasse di un'offerta al Signore e che ben presto tutto si sarebbe risolto nel solito
modo. L'assistenza ormai si rendeva necessaria giorno e notte e ricordo ancora, con grande piacere,
come ci fu, tra parenti e amici, una vera gara ad assisterla, anche con grande sacrificio.
La mia presenza veniva invocata più volte al giorno, specie quando le venivano i collassi. Per me
era un'esperienza tutta nuova nei riguardi di questa paziente. Si presentavano infatti, ormai
chiaramente, i sintomi di una neoplasia gastrica con metastasi intestinali che si complicò subito con
peritonite. Ma pur essendo un episodio nuovo e del tutto diverso, noi tutti speravamo, sempre, in un
intervento divino che, come altre volte, risolvesse tutto. Luigina immersa nelle sue sofferenze
parlava p
oco e quando le chiedevo: «Quando finirà?» ella con un filo di voce mi rispondeva: «Io aspetto, io
aspetto». Confesso, però, di non aver mai pensato si trattasse della fine, fino a che una mattina fui
chiamato verso le cinque. Quando arrivai sembrava che Luigina non soffrisse più: era distesa sul
suo letto, con i profondi occhi pieni di serenità. Accanto, l'assistevano due signore. Le chiesi di
nuovo: «Quando finirà questa sofferenza?» e lei questa volta mi rispose, quasi con trasporto,
sorridente, «lo aspetto, io aspetto!» C'era quasi un'atmosfera celestiale, eravamo alla fine. Le
praticai una iniezione di Micoren, poiché le sue pressioni erano sempre allo stato di collasso. Poi la
salutai lungamente, assicurandole che sarei passato nel primo pomeriggio.
Questo è il mio ultimo ricordo di lei vivente. Nel primo pomeriggio, chiamato d'urgenza, arrivai che
era appena spirata. Era nell'atteggiamento celestiale in cui l'avevo vista nel primo mattino, con il
viso rivolto verso la Cappellina, dove il suo Amore Mistico dimorava e da dove l'aveva accolta nella
Sua Luce».
LA «MAMMA MARIA»
«Accanto a lei si imparava ad amare la Madonna».
È questa la frase ripetuta da tutte le persone che avvicinarono Luigina e che ebbero poi con lei
rapporti di sincera amicizia.
Riportiamo il racconto della signora Isotta che le è stata accanto, negli ultimi dieci anni della sua
vita, assistendola, ricevendo le varie visite ed accudendo alla casa. Dal suo racconto, semplice ma
genuino, possiamo «intravedere» un poco dell'unione di Luigina con la Madonna: la sua «Mamma
Maria».
«Fin da piccola ho sempre avuto un grande amore per Gesù e una profonda devozione per il Sacro
Cuore. Quando conobbi Luigina, la devozione che io provavo per la Mamma Celeste, invece, era
piuttosto sbiadita. Fu proprio lei quindi, a poco a poco, ad introdurmi nella conoscenza della
Madonna ed a «capire» la nostra dolcissima e misericordiosa Mamma del Cielo. Mi spiegava con
tanta pazienza e persuasione che amando ed invocando la Madre non toglievo nulla al figlio. Anzi
Lo glorificavo ancor di più. Era attraverso Lei che passavano tutte le Grazie Divine.
Insegnandomi ad amare la Madre di Dio mi fece così «toccare con mano» la Sua potenza ed i Suoi
interventi. Posso dichiarare che la presenza della Madonna, se così posso esprimermi, in casa di
Luigina era sempre continua.
Vi aleggiava «una certa aria» tutta particolare che non respiravo in nessun altro luogo. Devo dire di
più. Molte mattine, arrivando già stanca e sofferente alle gambe, mi domandavo come avrei fatto a
passare tutta la giornata da lei e poi alla sera rientrare a casa mia dove avevo due figli da accudire.
Ebbene, appena io varcavo la porta di Luigina, era come se le mie forze ritornassero in pieno e per
tutta la giornata non percepivo la minima stanchezza. Alla sera però, appena giunta in strada per
incamminarmi all'autobus che mi riportava in famiglia, le mie forze sparivano ed ero di una
stanchezza indescrivibile.
Per dieci anni posso dichiarare che fu sempre così. Io sono certa che questo sentirmi bene in casa di
Luigina era una grazia speciale della Mamma che, servendosi di un povero mezzo come me, poteva
sollevare, almeno materialmente, la Sua Prediletta.
In certi momenti ed in giorni speciali, come il primo sabato di ogni mese e nelle festività liturgiche
della Mamma, Luigina aveva vere visioni e colloqui con Lei. Questi doni e grazie specialissimi
erano però preparati e seguiti da gravi sofferenze, tanto è vero che più di una volta, arrivando al
mattino, trovavo Luigina come se fosse in fin di vita.
Una volta mi feci coraggio e timidamente le chiesi come avvenivano queste apparizioni mariane.
Ricordo ancora perfettamente l'umile e dolce sorriso con il quale mi guardò e con semplicità mi
spiegò che la Mamma Maria si faceva sempre preannunciare da una indescrivibile armonia
musicale e da canti angelici. Poi le si mostrava al centro di una grande luce - per cui tutt'intorno a
lei ogni cosa scompariva. Era lì, sorridente e splendente; di una luminosità e di un fulgore
meravigliosi. Luigina poi, leggendo nel mio pensiero, proseguì spiegandomi che i messaggi erano
brevi, concisi, fatti di poche parole. Molte volte rispondeva alle domande di Luigina, altre volte le
dava messaggi per qualche persona in particolare. Mi disse anche che il colore del mantello della
Mamma non era sempre lo stesso. Il colore simboleggiava, a seconda dei casi, uno «stato d'animo»
differente. Ad esempio: il viola indicava a Luigina la penitenza, il rosa la delicatezza e l'umanità, il
rosso l'amore.
Poi, quando la Madonna se ne andava, si allontanava indietreggiando dolcemente, senza mai
voltarsi e lasciava il Suo profumo. Un profumo così intenso che, ricordo bene, impregnava la
Cappella o anche la casa per tutto il giorno. Naturalmente la voce di «questi favori celesti» che
Luigina riceveva, si propagava fra le varie persone che la frequentavano, lasciandone alcune
incredule. E ciò contribuiva a creare in lei dei dubbi dolorosi che la facevano diffidare di se stessa.
Questo avveniva anche perché il demonio la tormentava in merito, «soffiandole» che era una povera
illusa e una visionaria. Lei stessa però fu per molti anni la prima a non desiderare queste
manifestazioni mistiche e per molto tempo le combattè tutte. E questo fu un vero «stillicidio del
cuore» e lo stato di dubbio durò per parecchi anni.
Rassicurata poi, dai padri spirituali che si succedettero alla guida della sua anima, accettò «tutto»
come Volontà Divina, custodendo il soprannaturale con il più grande riserbo e distacco. E quando la
Madonna disponeva che, per il bene di un'anima, ella aprisse un poco lo scrigno che racchiudeva i
segreti del Cielo, allora ubbidiva. Una notte, durante la quale Luigina dormiva, la Madonna la
chiamò e le impose di alzarsi immediatamente, di affacciarsi alla finestra e di guardare giù
nell'autoparco della polizia che stava giù di fronte. Gina prontissima ad eseguire i voleri divini,
ubbidì. Guardò e, secondo l'ingiunzione della Mamma, chiamò al telefono il «113». Chi rispose
dall'altra parte del filo chiese se fosse un «palo», al che ella rispose: «Sono una povera malata e,
non potendo dormire, sto in finestra. Ho visto due uomini collocare bombe, altri due sono al di
fuori». Frattanto giunse la celere che trovò le bombe e prese i malviventi. Erano dei brigadisti che
volevano far saltare in aria l'autoparco della polizia. La mattina seguente fu annunciato alla radio
che una voce di donna, nella notte, aveva fatto da Via Urbino una telefonata segnalando il pericolo.
Se le bombe fossero esplose avrebbero provocato ingenti danni e, per di più, molte vittime. La
Madonna si era servita della sua umile protetta per scongiurare una inqualificabile distruzione e
strage.
Un altro fatto, testimonia Isotta, e che ben pochi conosceranno è senza dubbio quello avvenuto nel
1937, durante il quale la Mamma Maria le rivelò che un giorno Ella sarebbe apparsa a Roma alle
Tre Fontane, a tre bambini e alloro papà.
Solo negli ultimi anni, prima della morte, Luigina racconterà, a pochi intimi e separatamente,
quanto fosse buona con lei la Mamma e quante «lezioni» le diede fin dal momento della sua prima
apparizione del 15 Agosto 1935 ad Itri, quando ormai in fin di vita la miracolò. Una di queste
«lezioni» avvenne proprio nel 1937 quando, con le sue giovani dell'associazione «Figlie di Maria»
della Garbatella, Luigina andò alla vicina Abbazia delle Tre Fontane, ai luoghi del martirio
dell'apostolo Paolo e poi si diresse al boschetto degli eucalipti. Mentre le ragazze si riposavano,
chiacchierando tra loro, lei si inoltrò tra le piante secolari fino ad una grotta.
All'improvviso sentì una voce e si vide davanti la Mamma. Gli occhi della Vergine, sereni ma molto
mesti, si posarono su un punto. Luigina seguì lo sguardo e con orrore vide gli ossicini di un aborto.
Capì immediatamente e, fatta una piccola buca, seppellì quei poveri resti di una creaturina che non
potè vedere la luce e vi posò sopra una medaglietta.
Allora la «Bella Signora» sorrise compiaciuta.
A questo punto bisogna chiarire che quella grotta naturale, purtroppo, era diventato un posto
malfamato e ricettacolo di quanto si voleva far scomparire: tonache abbandonate, croci spezzate,
feti in decomposizione. E sarà proprio qui, che dieci anni dopo, la Vergine si mostrerà in maniera
tangibile e la terra di peccato e il misero ricovero per le dissacrazioni e le oscenità diventerà un
luogo santo, consacrato alla preghiera. Il sabato in Albis, 12 Aprile 1947, la Madonna bianco
vestita, ammantata di verde, cinta di rose, scalza e con un libro fra le mani, apparirà a tre bambini
ed al loro papà, Bruno Cornacchiola e si definirà: la Vergine della Rivelazione.
Esattamente dieci anni prima Luigina ne aveva ricevuto il preannuncio: «Tornerò in questo luogo.
Mi servirò di un uomo che oggi perseguita la Chiesa, vuole uccidere il Papa... Ora vai in San Pietro,
troverai una signora, così vestita... Lei ti condurrà dal fratello Cardinale. Porterai a Lui il Mio
Messaggio. Da questo luogo stabilirò a Roma il trono della mia gloria... Inoltre dirai al Cardinale
che presto sarà il nuovo Papa».
Luigina fece esattamente ciò che la Mamma le ordinò. Recatasi in San Pietro trovò la signora
descritta: era la Marchesa Pacelli, sorella del Cardinale Eugenio Pacelli. Ebbe un colloquio con il
Porporato al quale riferì tutto ciò che la Madonna desiderava. Però all'ultima frase il Cardinale la
guardò e, con il suo modo di parlare un po' «staccato», le disse: «Se sono rose fioriranno».
Comprendiamo ora perché Pio XII abbia dato tanto rapidamente credito ai fatti delle Tre Fontane
quando si verificarono nel 1947 e perché, solo pochi mesi dopo l'Apparizione, il 5 Ottobre, in
Piazza San Pietro abbia impartito la Sua Benedizione alla statua della Vergine che stava per essere
portata nella grotta. Pio XII era già al corrente di tutto: da dieci anni!
Bruno Cornacchiola, il veggente fortunato, più tardi seppe dal gesuita Padre Lombardi, fattosi
tramite tra lui e il Pontefice, che, quando fece leggere a Pio XII il Messaggio della Vergine, molto
commosso il Papa disse: «Io già sapevo».
Vi erano molti altri fatti che testimoniavano ai presenti in casa le apparizioni della Mamma Maria a
Gina. Oltre alle intense ondate di profumo straordinario, arrivava improvvisamente una pioggia di
petali di rose che, volteggiando nella stanza, si posavano dolcemente sui mobili, sul letto o per terra.
Luigina scrisse alcuni brevi Messaggi che la Mamma indirizzò a lei e alcune preghiere. Ne
scegliamo alcuni che illustrano splendidamente come il rapporto d'amore e di donazione di Gina
alla Mamma fosse continuo e totale. «O Mamma, vedi che ancora sono al di sotto delle tue atroci
pene. Perciò voglio che la mia povera oblazione sia di vittima amorosa con Te, Vittima Divina, ed
allontana da me ogni umana soddisfazione».
La Mamma Celeste: «Ti farò vivere con generosa fortezza le contingenze della vita e vincere
fermamente gli ostacoli».
«Quante volte nella notte la Mamma mi fa prendere lo stillicidio del Santo Padre! Lo stringe al Suo
Materno Cuore, l'offre a Gesù e Questi fa scendere una pioggia di petali: tante grazie per il mondo».
«A tutte le famiglie ove si dirà la Mia Invocazione: Maria salvaci, stenderò la Mia Mano, stringerò i
singoli membri al Mio Cuore e li farò camminare allegramente anche fra mille tribolazioni».
«Io, la Mamma, sono Madre Universale e la tua fede Gina sia universale. Prega, soffri ed offri per
tutti i popoli».
«Gina, ama, fortemente ama chi ti fa soffrire, prega forte per i tuoi nemici».
«Che indifferenza! Gli uomini... gli uomini non sanno capire. Ma i figli che camminano nelle
tenebre non mi fanno paura, Gina. Quelli della luce..., per questi è adirato il Padre. Oh, quanta falsa
pietà. Soffri, soffri!» «Gina non affliggerti per le tue croci: guai se non fosse così. Dovresti aver
timore solo se tu non sanguinassi. Coraggio!»
«Gina, soffri ed offri per amor Mio e di Gesù. Sino alla tua totale consumazione!»
«Ti ho detto di essere una lanterna accesa nel cuore della notte. Sai perché? Per fugare tante tenebre
che il demonio semina in queste ore per tutti i popoli, specie le lotte continue contro la Chiesa; per
le amarezze del Papa, per i traviamenti e viltà di anime consacrate, per le insidie della gioventù
attraverso la stampa, gli spettacoli; da tante sette e partiti votati anche a levare la purezza dei
cristiani.»
«Gina non lamentarti, non desiderare nulla: lasciati deridere, calpestare, calunniare. Queste
sofferenze tuffale nel Mio Amore per le anime.
Quanti oltraggi riceve il Mio Cuore! Voglio bearmi col trattenermi nel tuo cuore».
«Figliola scrivi a caratteri di fuoco nel tuo cuore queste parole e comunicale ai cuori sacerdotali che
conosci perché ne facciano tesoro.
Oh! se gli uomini sapessero come l'Eterno Padre, con la calamita del Suo Amore misericordioso, va
cercando nei cuori dei Suoi figli il granellino d'oro del più piccolo atto di buona volontà nel volersi
redimere. Oh! come tanti non lo sprecherebbero! A chi vedi che a questo granellino si appiglia,
incoraggialo e dirai queste Mie parole: Venite a Me o miei figli affaticati ed oppressi da qualsiasi
pena. Io, con il Mio Amore, vi condurrò a Gesù, quindi a Dio, l'Eterno». «A coloro che tu mi
raccomandi: siano più forti ed accettino le sofferenze con più amore. Oh! come gli uomini sprecano
la moneta d'oro di quei momenti preziosi e non comprendono che la stessa sofferenza prepara loro
grazie. Sì, tante grazie! Il Signore vuol vedere in ogni cuore la generosità stragrande di saper offrire
nel dolore - Oh! il Mio Cuore soffre a vedere che la maggior parte degli uomini è indifferente a
questo!»
Si trovavano per una giornata di pace e di preghiera ad Assisi, dove Luigina amava recarsi a «far
visita» al suo grande protettore San Francesco. Nel tardo pomeriggio, dopo aver sostato a lungo
nella Basilica del Santo, dove tra l'altro chiese a San Francesco la grazia per tre vocazioni, uscirono
sul piazzale sottostante per salire in automobile e rientrare a Montefalco dove erano ospiti delle
Clarisse. Avvicinandosi alla macchina ricevette un violento colpo sulla schiena che le fece fare un
volo di alcune decine di metri, stramazzando poi al suolo. Sulla piazza, in quell'istante, stranamente,
non c'era persona viva tranne Pietro e Luigina. Pietro spaventato corse sgomento presso la sorella
temendo il peggio. La sollevò e vide il viso della sorella insanguinato, mentre si lamentava per la
spalla così dolorante da sembrare fratturata. Con fatica il fratello la portò a sedere in macchina e con
l'acqua benedetta, di cui teneva sempre una boccetta nel cruscotto, le pulì il viso dal sangue e gliene
fece bere qualche sorso. Luigina, con la forza ed il coraggio che non le mancarono mai, anche nelle
situazioni più difficili, tranquillizzò Pietro e gli confidò che al mattino, prima di lasciare la camera,
aveva scordato sul comodino la Reliquia della Santa Croce. Quindi pregò il fratello, che voleva
portarla al Pronto Soccorso, di rientrare a Montefalco: «Perché non è nulla. È tutto passato».
Si fermarono pure a Santa Maria degli Angeli e Luigina pregò a lungo nella Porziuncola.
Poi, era ormai quasi buio, rientrarono a Montefalco.
Non era nulla! Così disse al fratello. Però la spalla le arrecò per due anni, fino alla morte, dei dolori
atroci ! Ad una religiosa sua grande amica parlava ogni tanto del «suo» Papa che aveva tanto amato
e per il quale aveva tanto sofferto ed offerto a Gesù ed alla Mamma.
La Suora ricorda che un giorno Luigina le fece questa confidenza: «Si trovava nella chiesa di S.
Angelo in Pesceria, al Portico d'Ottavia, per una visita. Ma era diretta in Vaticano dove l'attendeva il
Santo Padre. Mentre pregava le apparve la Mamma Celeste e le disse: «Gina, dammi la cosa più
bella che hai: i tuoi denti». E lei, generosamente e prontamente, glieli offrì. Nello stesso istante sentì
in bocca spezzarsi ad uno ad uno tutti i denti. Li mise in un fazzoletto, che si intrise di sangue, e poi
uscì e si avviò in Vaticano. Quando il Papa la vide e si accorse che parlava a fatica le domandò se
fosse caduta e cosa avesse fatto. Allora candidamente, espose quanto le era avvenuto. Il Papa si
commosse e poi le ordinò di farsi fare una protesi.
Il dentista dal quale andò e le estrasse le radici dei denti si chiese perplesso come potesse essere
avvenuto che tutti i denti fossero stati tranciati, dal momento che le radici erano sanissime. Luigina
non rivelò come fosse successo.
Un altro fatto eccezionale accadde durante l'Anno Santo del 1950. Luigina, e lo vedremo in seguito,
era strettamente legata da spirituale devozione a Padre Pio da Pietrelcina. Volendo lucrare
l'Indulgenza Giubilare percorrendo a piedi l'itinerario che i pellegrini venendo a Roma facevano alle
quattro maggiori Basiliche, si raccomandò a Gesù ed alla Mamma affinché le facessero dono che ad
assisterla fosse Padre Pio.
Come si vede Luigina era sempre disponibile alla Volontà Divina ma non le mancava l'ardire di
chiedere speciali favori e, meraviglioso a dirsi, era sempre accontentata.
È lei stessa che ricorda il fatto ad un Padre Cappuccino.
«All'inizio di Giugno, volendo andare alle quattro Basiliche per il Giubileo, andai alla stazione
Termini per iniziare il percorso da lì, come un comune pellegrino che arrivasse a Roma col treno.
Uscendo dalla Stazione vidi davanti a me un Cappuccino. Percorsa la distanza per arrivare a Santa
Maria Maggiore, quando stavo per entrarvi, il Cappuccino era davanti a me.
Dopo le preghiere stabilite, vidi ancora il Padre che mi precedeva. E così per San Giovanni in
Laterano, per San Paolo ed anche per San Pietro. Lo vedevo sempre di schiena e mai nel volto.
Ultimata la visita in San Pietro, entrai nella Cappella del SS. Sacramento per un poco d'adorazione
ed inginocchiandomi, qualche panca avanti a me, ecco il Cappuccino inginocchiato in preghiera.
Quando mi alzai per uscire dalla Cappella per avvicinarmi all'ascensore che mi avrebbe portato al
terzo piano dei Palazzi Apostolici per un appuntamento con il Santo Padre il Padre Cappuccino mi
era di fronte: Padre Pio! Leggendo la mia grande sorpresa, mi sorrise e mi disse: «Sei contenta,
mo'? Adesso che vai dal Papa chiedi la Benedizione per me e di' al Papa che io mi offro vittima per
Lui tutti i giorni. Offro la mia vita al Signore per Lui e per la Chiesa». Io intanto tremavo per
l'emozione di vedermi di fronte Padre Pio».
Luigina infatti dopo il primo incontro al Gargano quando da piccola la mamma la portò con sé, lo
rivedrà di persona, a San Giovanni Rotondo, solo nel 1953 e continueranno da quel momento i
frequenti incontri in Puglia. Però molte volte lo vide in bilocazione. Come avvenne questa volta per
il Giubileo.
«Appena Padre Pio terminò di dirmi quanto dovevo riferire al Papa, sparì ed io mi affrettai
all'ascensore. Il tremito mi durò sin davanti al Pontefice. Dovevo avere un viso «anormale». Io poi
non sapevo di «essere profumatissima» e rimasi ancora più imbarazzata quando, con il suo paterno
sorriso, il Papa mi chiese: «Ma che? Ti sei gettata addosso una boccetta intera di profumo?» Ed io
confusa: «Padre Santo, mi faccia riposare un poco e poi io le narrerò tutto». Quindi mi calmai e Gli
riferii tutto quanto e chiesi la Benedizione per Padre Pio. Rispose allora il Santo Padre: «Ecco, l'hai
visto, e perché non l'hai fatto entrare nell'ascensore con te? Così l'avresti portato pure a Me». «Padre
Santo, ma quello era in bilocazione...» Non sapevo che cosa dire! Ma il Papa incalzò: «Ma lo potevi
dire a Padre Pio...» E mentre alzava la mano per Benedire, all'istante, ambedue vedemmo il Padre
davanti a noi, circonfuso di una grande luce. Allora dalla bocca di Pio XII uscì, come in un
sussurro, questa frase: «Io sono il Vicario di Cristo, ma Padre Pio lo vive Cristo!»
Il 24 Aprile 1965 Padre Pio stava molto male. Le persone che l'attorniavano non ne capivano nulla.
Telefonai a Gina e le disse che pregasse la Madonna perché ci lasciasse ancora sulla terra Padre Pio.
«Mi telefoni domani», rispose. Il giorno seguente la richiamai e le dissi che il Padre si era ripreso ed
aveva perfino celebrato la Santa Messa. Però venni a sapere che Gina era a letto e non si poteva
muovere perché tutta sofferente. Aveva chiesto su di lei le sofferenze del Padre perché potesse
scendere in Chiesa a confessare.
Il 5 Agosto 1966 Gina arrivò a San Giovanni Rotondo perché il giorno dopo, il 6, era un giorno
particolare nella vita spirituale del Padre. Assistette alla Santa Messa e poi incontrò il Padre che le
ordinò di andare al Santuario di San Michele a pregare per ambedue. Gina ubbidì ma al pomeriggio
quando tornò stava molto male. Si mise pertanto a letto. Doveva però ripartire per andare in Terra
Santa e chi le stava vicino la sconsigliò di intraprendere il viaggio.
Ma durante la stessa notte Padre Pio andò da lei, in bilocazione e le disse: «Stai tranquilla! Tutto
passerà presto e andrai in Terra Santa. Appena la nave si staccherà da terra tu ti sentirai benissimo
ed io ti accompagnerò e ti sarò vicino». Infatti, partì ed appena la nave si staccò dal porto di
Brindisi si sentì benissimo. In Palestina poi, a Gerusalemme, al Getsemani, a Betlemme e a Nazaret
sentì continuamente il profumo intenso del Padre. Si accorse che non solo la aveva assistita ma le si
era reso anche presente.
Ai primi di Maggio del 1967 Gina venne a San Giovanni Rotondo per conferire con Padre Pio di
cose urgentissime e molto delicate. Al termine del colloquio le disse: «Ehi! scappa subito a Roma e
mettiti a letto, altrimenti non ti alzerai neanche per Pentecoste». Gina non capì il perché di
quest'ordine, ma ubbidì. Dopo una diecina di giorni, passando io da Roma, mi fermai a salutarla. Mi
confidò che, secondo l'ordine del Padre, si era messa subito a letto e quello era il primo giorno che
poteva mettere i piedi a terra.
Il 10 Agosto, passando ancora da Roma visitai Luigina ma la trovai a letto molto ammalata. Alle
mie domande mi rispose che soffriva parecchio. «Anche Padre Pio è molto sofferente», le dissi.
Luigina allora mi spiegò che stava offrendo una Novena di sofferenza alla Mamma perché Padre
Pio fosse alleggerito delle sue.
L'offerta ottenne al Padre di ristabilirsi prontamente e di ritornare al suo ministero sacerdotale.
Passato qualche mese, sempre durante una mia visita, ritrovai Gina gravemente ammalata. - «Gina,
le chiesi, come fai a sopportare tante sofferenze?» Di risposta lei: «Stai tranquillo! Ho sopportato
tutto molto bene perché ben tre volte Padre Pio è venuto a consolarmi».
Quando Luigina si trovava a San Giovanni Rotondo parecchie volte chiese al Signore di poter
partecipare alle sofferenze che Padre Pio pativa mentre celebrava la Santa Messa. E Gesù
l'accontentò sempre. Così potè vedere che dalla fronte del Padre scendevano delle gocce di sangue
che cadevano sull'Altare. Era il momento della Incoronazione di spine.
Nel 1966 mentre pregava in Chiesa, e Padre Pio era nel matroneo, vide uscire dal cuore del Padre
come una forte luce rossa che si proiettava sul Tabernacolo. Chiese al suo Angelo Custode cosa
fosse. La spiegazione fu: «È l'amore di Padre Pio per Gesù Sacramentato!» Gina poi osservò lo
stesso fenomeno durante l'ultima Messa del Padre, il 22 Settembre 1968.
A Roma il 15 Agosto 1968 Padre Pio si mostrò a Gina e le disse: «Ti voglio a San Giovanni
Rotondo». Gina aveva un itinerario già prestabilito a cui non poteva rinunciare. Lasciò però tutto e
ubbidì come sempre. Il Padre, appena la vide, le disse: «Beh, sei venuta!»
Il 23 Agosto seguente in confessionale Padre Pio le confidò che tra un mese sarebbe morto e
soggiunse: «Non dire niente a nessuno». Gina presa dallo sgomento disse: «Padre, e quando non ci
sarete più, noi come faremo?» E il Padre con dolcezza: «Andrai innanzi al Tabernacolo. In Gesù
troverai anche me!»
E Padre Pio morì esattamente il 23 Settembre! Quando arrivò la morte del Padre tutti si
domandarono il «perché»! Gina allora lo chiese alla Mamma. Ecco la risposta: «Ci voleva una
grande vittima nei momenti attuali della Chiesa!»
L'11 Ottobre successivo, allora festa liturgica della Maternità di Maria, la Mamma mostrò a Luigina
come avvenne il transito di Padre Pio. Vide il Padre, dopo la sua morte, volare al Cielo e
nell'entrarvi andargli incontro una folla enorme di anime che festose gridavano in coro: «Noi siamo
salvi per te».
Lo stesso giorno, sempre durante la visita della Mamma, vide accanto a Lei il Padre con le stigmate
che mandavano fasci di luce.
Noi sappiamo però che alla morte del Padre le stigmate sparirono, e questo fatto fece molto parlare
nei mesi che seguirono.
Gina, vedendo il Padre Pio con le stigmate che emanavano raggi di luce, chiese alla Mamma una
spiegazione. La Madonna rispose: «Padre Pio Mi aveva chiesto che le stigmate si chiudessero
almeno alla sua morte. Ed lo l'accontentai, esaudendo il suo spirito d'umiltà. Le ferite sono chiuse
solo esteriormente, perché i fori sono sempre là, tra le ossa. Vi sono sempre le stigmate, come resta
sempre trafitto anche il cuore. Lo vedrete alla sua esumazione».
Dal 13 al 16 Ottobre 1968 Luigina fece un pellegrinaggio a Lourdes per accompagnare degli
ammalati. Arrivati a Savona uno sconosciuto la insultò nel modo più inverecondo. Lei tacque e
continuò il viaggio con una gran pena nel cuore. Arrivata a Lourdes e sistemati gli ammalati si recò
nella Grotta per aprire il suo cuore alla Madonna. E ne ricevette tanta consolazione!
Il pomeriggio era splendido e decise di fare la Via Crucis. Gina però aveva ancora il cuore un po'
triste ed angosciato. Mentre saliva, fermandosi alle varie Stazioni, vide ad un tratto, nel Cielo, la
Mamma Fulgida e Gloriosa e ai lati i suoi due Padri Spirituali e santi protettori: Pio XII e Padre Pio!
La visione la tranquillizzò definitivamente. Passai da Roma qualche anno più tardi. Era l’11 Maggio
1976. Luigina soffriva di quel dolorosissimo male che volgarmente è chiamato «Fuoco di
Sant'Antonio». Non solo le si era diffuso a tutto il corpo ma anche alla testa. Questa le sembrava
che scoppiasse dal dolore. «Ho avuto tanta paura, perché mi sembrava, ad un certo momento, di
diventare come pazza, e che la testa dovesse scoppiare. Allora mi venne in aiuto Padre Pio e mi
tranquillizzò». Egli infatti, pose le sue mani sul capo di Gina e il male si calmò. «Poco a poco anche
il corpo starà meglio. Ma ricordati!», soggiunse, «tu ti sei offerta e se ti sei offerta, io sono venuto
per aiutarti».
Gina mi confidò che in tutte le sofferenze, soprattutto quando erano più acute, pensava alle
sofferenze del Padre, in special modo a quelle provocate da Stigmate, e soggiunse: «Ogni volta che
pensavo alle sofferenze di Padre Pio, mi si presentava davanti la Passione di Cristo. E nelle
sofferenze di Gesù e quelle del Suo Servo ritrovavo sempre la gioia, la dolcezza e la forza per
superare le mie tante pene».
Dopo questi vari esempi è facile comprendere che le due anime si siano capite e fra loro ci sia stata
correlazione di amore per Dio e per la sofferenza.
Prima di terminare racconterò ancora un fatto. Luigina chiese alla Madonna, anche dietro mia
richiesta, se la missione di Padre Pio fosse terminata sulla terra. La Mamma le si mostrò con Padre
Pio accanto, e le indicò un calice posto in alto. Da quel calice, bello, grande e d'oro, scendeva tanta
luce sull'umanità. La Mamma disse: «Ecco il calice che Padre Pio ha riempito ed ora si riversa a
beneficio dell'umanità». Allora Gina chiese: «Ma il Padre libera ancora le Anime Sante del
Purgatorio?» «Ne ha liberate moltissime quando era in vita,» disse la Mamma, «ma ne libera ancora
di più ora che è in Paradiso». A Gina premeva un'altra domanda e chiese: «Mamma, per la
glorificazione del Padre?» La Mamma con un dolce sorriso, rispose: «Stai tranquilla! Ci penserò io.
E quando avverrà, tutti resteranno meravigliati dell'intervento con cui Gesù glorificherà il Padre».
A questo punto si potrebbero ancora riportare altri fatti, semplici ed eccezionali, che riguardano la
vita di Luigina, ma è preferibile, per il momento, fermarci qui e ricordare lei, accanto a Pio XII se
diversi per estrazione, cultura e missione, restano due «figure giganti» della Chiesa contemporanea
e faranno parlare di loro, sempre più, negli anni a venire.
Luigina vicino a loro può sembrare piccola, un vero «granello di senape» come Gesù amò
chiamarla. Ma questo granello per le virtù che ha vissuto in modo eroico, per il coraggio e per la sua
ininterrotta carità, per i doni ricevuti, può ben figurare accanto a Pio XII e Padre Pio. D'altronde il
fatto che questi due uomini di Dio si siano occupati di lei, e siano stati gratificati dal valore delle
sue sofferenze, dimostra che fu tenuta in massima considerazione da ambedue. E per ognuno fu una
figlia spirituale non comune, e brillava della luce del Cielo e profumava degli effluvi del Paradiso.
Gesù e la Madonna hanno tessuto una meravigliosa rete d'amore fra i tre e la loro unione spirituale
non ebbe mai pause sulla terra.
Ora poi, che sono in Cielo, la loro comunione con la Santissima Trinità e Maria SS.ma è perfetta e
rimarrà in eterno.
INCONTRO ALLA LUCE
Nelle prime ore del pomeriggio del 17 Aprile 1978, Luigina Sinapi, ci lasciava «in punta di piedi»,
come del resto era sempre vissuta, con il volto rivolto verso la Cappellina, dove dimorava l'Amore
Mistico e da dove l'aveva accolta nella Sua Luce.
«Io aspetto, io aspetto» rispondeva al suo medico curante che, al mattino, le chiedeva: «Quando
finirà questa sofferenza?». Ed aspettava, sofferente ma sorridente, l'arrivo di Gesù con la Mamma
Maria, e poi tutti i suoi più «cari amici»: Francesco, Chiara, Teresina, Gemma, Pio XII, Padre Pio
ed il suo Angelo Custode!
Era giunta finalmente alla cima del Calvario! Ora l'attendeva il gaudio eterno: cioè stare per sempre
con l'Amore per il quale aveva sempre pregato, amato, sofferto ed offerto.
E tutto ciò, nel silenzio!
La sua dipartita ha però privato tante anime di una guida spirituale, di un punto fermo di riferimento
tra le incertezze di questo mondo, sempre più turbolento, caotico ed insicuro.
Ma, se è scomparsa la figura fisica di Luigina non è però annullato il suo insegnamento, la sua
testimonianza. Fra quanti l'hanno avvicinata, conosciuta, lei è più viva che mai. Suscita in essi, con
il ricordo della sua vita, la volontà inflessibile di fare del bene, di non cedere alle lusinghe ed alle
insidie del mondo, continua a spronare, sulle proprie orme all'amore a Dio, alla Chiesa, al Papa.
«Granellino di senape», con la sua esistenza è stata ed è «segno» e realtà stessa della Chiesa. Il
messaggio sofferto ed offerto di Luigina in questi sette anni dalla sua scomparsa si è già diffuso e
oramai tante, moltissime persone traggono beneficio accostandosi a lei.
I carismi, doni dello Spirito Santo, non sono mai fine a se stessi. Tanto meno sono doni riservati alle
creature che li ricevono. Sono grazie date «gratuitamente» da Dio per essere distribuite ai fratelli.
Soprattutto a quelli che più ne abbisognano nei momenti più difficili.
I messaggi, le grazie da lei ricevute, la sua stessa vita donata interamente per la maggior Gloria di
Dio, sono una tangibile testimonianza utilissima a noi, uomini d'oggi, alla ricerca della vera luce.
Ogni giorno, infatti, l'umanità ha sempre più bisogno di scoprire le meraviglie che solo il Signore sa
compiere in creature semplici e piccole.
Meraviglie che vuol compiere, malgrado la nostra ingratitudine, ancora oggi fra noi.
Ed è necessario, per la nostra stessa vita spirituale, per infonderci coraggio, sapere che tra tante
«bocche che sbraitano sconcezze contro il Cielo», ve ne sono anche altre pronte a
pronunciare il «fiat» dell'abbandono ai voleri celesti ed a benedire e glorificare il Nome Santo di
Dio. La bocca e soprattutto il cuore di Luigina hanno gustato la Sapienza di Dio (Sal 36,30). La
parola del Signore è stata il cibo che l'ha sostenuta in questa vita attraverso le gioie e nel cammino
della valle oscura delle difficoltà (Sal 22,47).
Il sorriso di Luigina!
Era un sorriso che usciva dalla sua anima e s'irradiava dagli occhi e dalle labbra, sempre carico di
grazia, di consolazione, di speranza.
Il suo era un sorriso che non le veniva certo da eventi fortunati soprattutto se consideriamo le sue
continue e schiaccianti sofferenze fisiche e morali.
Era un dono del Cielo! Dono offerto solo alle anime che si rendono disponibili all'amore di Dio e
alla salvezza dei fratelli. Un dono che denota la gioia di essere cristiani veri e di vivere tutta
l'esperienza dell'Amore di Dio. L'esperienza del cuore puro, disponibile, che non è lacerato
dall'angoscia perché immerso nella misericordia del Padre Celeste. La gioia che non è di questo
mondo, è quella piena che Gesù Cristo Risorto dà ai suoi fedeli. Luigina attinse continuamente alla
sorgente della gioia che è Dio-Amore. Infatti Dio è la gioia di vivere, di fare qualcosa di buono, di
comunicare, di donarsi. E la gioia dei salvati che si sentono amati da Lui che ci accoglie, ci ama, ci
salva e ci vuole felici.
Ecco il segreto del sorriso di Luigina.
Ma, nella vita del cristiano, l'esperienza della gioia e del sorriso è inseparabile da quella della Croce
e del dolore.
E la Croce è la chiave di lettura della spiritualità di Luigina.
Abbiamo infatti visto che il motto fu sempre: «Soffrire ed offrire». E Luigina conosceva in
profondità la sapienza della Croce e poteva ripetere con San Paolo: «Io non voglio altro sapere che
di Cristo Crocifisso». Perché il Crocefisso è la rivelazione dell'amore di Dio che giunge a far dono
di Sé e della propria vita.
La Passione è il momento culminante dell'amore misericordioso, perché non c'è grazia più speciale
ed essenziale di quella di essere associati alla stessa Passione di Gesù.
E Luigina ebbe questa grazia e la visse con coraggio e donazione totale e a questo riguardo
annotava sul suo diario: «Queste lacrime le ho volute incastonare nel Cuore di Mamma Maria per
offrirle al Suo ed al nostro Gesù - quali gemme - tutto a bene delle anime sacerdotali e consacrate.
Mi sono resa conto che tutta la forza di sopportazione e di offerta non è stata mia, ma del mio Dio.
A Lui debbo tutta la mia riconoscenza. Mi sento davvero niente, proprio niente, nientissimamente
niente».
Viene spontaneo chiederci: è mai possibile pensare alla sofferenza come a un dono di elezione?
Luigina non solo lo pensava, ma lo desiderava ardentemente.
E raramente la sofferenza la lasciò!
Quasi al termine della sua vita terrena confidava: «Da anni non ricordo cinque minuti di sollievo.
Ma bastano pochi minuti a darmi la ricarica. Sono veramente rari e ne rendo grazie al Signore. Ma
nello stesso tempo torna in me la sete di anime e con esse la sete di patire e di offrire. Le anime
costano il Sangue di Gesù ed ho la pena di far poco o nulla per loro. Ed allora, rivolgendomi al mio
Gesù gli domando se mi vuole ancora bene.
Gliene chiedo un segno: il segno della sofferenza. »
Luigina aveva l'istinto della violetta che si nasconde tra le foglie, ma aveva anche l'ansia di donare
agli altri quanto dal Signore riceveva. L'umile nascondimento si equilibrava perfettamente in lei con
il desiderio di andare verso gli altri per camminare insieme nella carità.
Nel suo donarsi non c'era però l'esibizione, anzi c'era autentica semplicità e tanta amorosa umiltà.
Un giorno, ad un sacerdote amico, confidò: «Tutti vengono a prendere e se ne vanno lasciando le
pene e portandosi via la serenità e la gioia. Non me ne rammarico. Rendo sempre grazie al Signore
ed alla Mamma Maria, che torna ricordandomi di non chiedere nulla per me, perché come «una
venduta» sono Sua proprietà.
Scriveva sul diario: «Gesù stamani, nella Santa Comunione mi ha detto: «Gina coraggio! Non sei tu
una violetta nel turbine? Vorresti negarmi un po' del tuo profumo?» Oh no, ho risposto con tutte le
mie povere forze, che poi altro non sono che la forza che mi viene da Lui. La forza che mi riconcilia
alla Croce e me ne innamora».
Luigina ha vissuto la via mistica della Croce senza pose, senza drammi, perché dalla Mamma Maria
ha appreso giorno per giorno come si ama e come si offre.
E giorno dopo giorno la Mamma l'avvierà alla comprensione del disegno di Dio su di lei e, mano
nella mano, la condurrà per la stessa strada da Lei percorsa. E Luigina così apprenderà dal Suo
Cuore come valorizzare lo stillicidio del cuore.
«Ho sempre tanto sofferto», disse un giorno a un Sacerdote, «ma sento che ora il Signore mi ha
proprio voluto annientare».
Troviamo nel diario queste parole della Mamma Maria: «Tempo verrà in cui le menti corrose
dall'orgoglio di scoprire... contesteranno il Vangelo perché Gesù non ha scritto, ma gli Apostoli,
infiammati dal Fuoco Divino, lo hanno scritto col sangue». Ed ha aggiunto:
«Quello si sta spegnendo! La Chiesa tutta ha bisogno di una nuova rinnovata Pentecoste». E
raccomandando le anime sacerdotali ha concluso: «Tu brucia ed lo incendio».
Luigina, durante tutta una vita avvolta e penetrata dalla sofferenza, non cesserà di credere
all'Amore. Mai si pentirà d'essersi data totalmente al Suo volere.
Una vita, quella di Luigina, all'insegna dell'immolazione nell'ordinario di ogni giorno, con
semplicità evangelica: ad ogni giorno il suo affanno!
L'amore si alimenta alla fiamma della fedeltà e la fedeltà si dimostra soprattutto nelle piccole cose.
E Luigina ci ha indicato un eroismo possibile a tutti: l'eroismo dei piccoli, degli umili.
«Facciamoci santi», ripeteva sempre a se stessa ed agli altri, «camminando nel sacrificio totale di
noi stessi». E il sacrificio totale di se stessa si compì quel 17 Aprile del 1978.
Luigina chiudeva la sua esistenza terrena nel segno del Volto Santo e della Vergine Addolorata,
sicura di un'imminente ripresa di vitalità della Chiesa e della società.
Dopo le esequie, tenutesi nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, le sue spoglie furono
riposte nel Cimitero del Verano, a Roma, nell'area 50. La sua tomba, meta quotidiana di persone che
vanno a pregare ed ad intercedere luci e grazie è sempre coperta di splendidi fiori freschi. Sono i
fiori degli Amici di Luigina che con il passare degli anni aumentano sempre più.
Altro luogo di pellegrinaggio «per ritrovare un poco di Luigina» è il monastero San Leonardo di
Montefalco, in Umbria. È qui che Luigina passava lunghi periodi di silenzio, di preghiera e di
sofferenze. Era Terziaria Francescana e presso le sue Clarisse e non lontano da Assisi, lei ritrovava
tutta la sua pace nello spirito del Serafico Francesco.
Ed in questo Monastero il fratello Pietro e gli amici più cari di Luigina hanno raccolto, in due
stanze, le «cose», gli oggetti e le suppellettili della Cappellina e della stanza dove ha sofferto,
offerto ed amato. Le due stanze sono state ricostruite come si trovavano a Roma nell'appartamento
di Via Urbino, perciò, visitandole, ci sembra di essere ancora in compagnia di Luigina.
E così il suo sorriso, la sua bontà ed il suo amore sono ancora fra noi e ci indicano la strada per
raggiungerla, un giorno, in Cielo con Gesù e la Mamma Maria.
TRE RITRATTI
Le persone che avvicinarono e frequentarono Luigina Sinapi furono molte e di tutte le estrazioni
sociali. Accanto a sacerdoti, suore e religiosi troviamo gente semplice, professionisti, uomini di
cultura e perfino della politica. Tra le molte testimonianze ne abbiamo scelte tre che ci sembrano le
più emblematiche. Quella dell'On. Oscar Luigi Scalfaro, del religioso paolino Don Attilio
Malacchini e quella della signora Giuseppina Cardillo Azzaro, moglie di un deputato, mamma di
otto figli e docente universitaria. Tre ritratti diversi ma che si compendiano e che a tinte vive e
fresche danno il più verosimile ritratto di Luigina.
UNA GRANDE DONNA
«Ma quanto è difficile parlare e scrivere di Gina, di Luigina Sinapi!
Almeno per me questo è tanto vero!
Mi piace parlare con chi la conobbe, con chi si interessò di lei anche senza conoscerla direttamente,
mi piace sentirne parlare da chi le volle bene davvero, senza venerazioni fasulle, senza pettegolezzi
e gelosie, mi piace sentirne parlare da chi l'amò con semplice cuore.
Allora è come rivivere i preziosi minuti dello stare vicino a lei: il sorriso riposante, annunziatore
vero di pace profonda, ispiratore di fiducia, di confidenza, di speranza. Poi lo sguardo penetrante
ma non indagatore, uno sguardo che aiuta, sospinge a parlare, uno sguardo pieno di capacità di
lettura profonda nel cuore dell'interlocutore, ma trasparente, cercatore di sofferenze, di dolori, di
peccati... ma solo per lenire, per sanare, per addolcire, per caricarsi sulle spalle le croci altrui.
Quando devo parlare agli altri, faccio fatica: vorrei poter aprire il cuore tacendo, vorrei dire soltanto
«guardate qui, dentro di me e vedrete, malgrado tutto, qualche traccia di lei».
E invece devo scrivere. Ecco ancora una volta mi colpisce l'umana ricchezza di lei. Sento il bisogno
di rinnovare questa sottolineatura, questa, starei per dire, meraviglia; non dubito che forse è anche
legata al fatto che è quasi fatale farsi uno schema oleografico delle persone toccate, o che si dicono
toccate, da qualche grazia particolare. Ne risultano nella nostra fantasia, figure rigide, fredde, poco
umane se non inumane, la cui pelle è di cartapecora, il cui sguardo è solo rivolto alle nuvole, il cui
cuore batte per il Signore (così si dice) e non s'accorge dell'uomo che attende un po' di
comprensione, un po' di amore.
Nulla di questa oleografia in Gina, nulla. Una donna vera, viva, una donna che sente il fascino della
bellezza, dell'armonia, che ha una ricchezza di femminilità rara e la esprime con generosa
semplicità senza atteggiamenti studiati e preordinati.
Una grande Donna; soprattutto e anzitutto una grande Donna.
Il segreto di Lei è proprio questa pienezza umana. Qui, se guardiamo a Lei per un esame di
coscienza, qui è il punto su cui vive o crolla la testimonianza di ciascun cristiano. Occorre anzitutto
essere uomini, uomini veri. Quando le doti umane essenziali entrano in crisi, entra di conseguenza
in crisi ogni altra cosa, ogni altro valore. Qui sta il tormento di ogni tempo; qui è il midollo delle
crisi che oggi travagliano il mondo: la crisi dell'uomo. Gina in quest'ottica è la risposta più completa
e totale alla crisi dell'uomo; in Lei la presenza di ogni umano valore, di ogni equilibrata virtù.
Le giornate di intensità mistica non turbano, ma esaltano la sua umanità; le misteriose esperienze
che le aprono dinanzi il Paradiso, non la tolgono dal mondo, ma la immergono ancora di più, ancora
più viva è la sua comprensione per le miserie dell'uomo, ancora più umana la sua presenza, il suo
dialogo con gli altri.
Altra spiccata caratteristica di Gina è l'interesse per la politica e per tutto ciò che, in Italia e nel
mondo, avviene in campo politico.
Il Messaggio di Fatima, le comunicazioni della Madonna Mamma Maria sono il tema dominante, il
metro con cui misura la realtà e i problemi politici. Il tema della pace è alla base di tutto. Il
marxismo comunista è assillante preoccupazione, come l'invasione del materialismo a danno dei
valori spirituali, a danno dell'uomo. E chi vive e opera nella vita pubblica, trova in Lei un
consigliere eccezionale che conosce mille particolari idonei a consentire diagnosi precise, un
consigliere puntuale e tempestivo che invita a non abbandonare la prima linea delle pubbliche
responsabilità.
La tremenda battaglia per introdurre legislativamente l'aborto in Italia e la insinuante penetrazione
massonica, sono temi che la occupano e la preoccupano seriamente.
E la preoccupazione per tutto ciò che attacca la fede e il patrimonio cristiano nel midollo, che
aumenta per le anime i pericoli, che allontana l'uomo da Dio.
Quando si interessava della procedura parlamentare relativa alla legge sull'aborto, mostrava un
timore, viveva una sofferenza che dimostravano evidente la sua partecipazione alle umane tragedie
e insieme alla Croce redentrice di Gesù.
Era comprensiva verso chi aveva sbagliato da lasciare quasi sorgere l'interrogativo che il male fatto
non fosse male. Nello stesso tempo era serenamente ferma sui principi senza lasciare uno spiraglio
o un dubbio. Verità e carità vivevano in Lei totalmente. Della massoneria temeva la radice dottrinale
errata, la solidarietà «ad ogni costo» tra i membri delle varie sette, ma soprattutto temeva che si
insinuasse tra i cattolici, preoccupati più della carriera e di assicurarsi un ombrello protettivo, che
della trasparenza della dottrina e della lealtà della propria fede. Ma aveva anche il terrore che i
tentacoli multiformi e versipèlle della massoneria si insinuassero nella Chiesa, tra la Gerarchia.
Vi fu un periodo di tempo in cui queste voci (create e fatte circolare artatamente), avevano preso
piede con una certa insistenza e ammantate da un talquale alone di credibilità. Gina seguiva ogni
cosa, aveva sempre più notizie ed elementi di valutazione di chiunque altro.
Temeva e pregava... pregava e offriva. Ritengo che su ognuno di questi temi, come d'altra parte su
ogni questione la interessasse, la parte nota solo a Lei, fosse sempre la maggiore e la più importante.
Lei aveva misteriose, ma sicure, fonti di informazione; lei era chiamata ad una partecipazione
esclusiva e sostanziale. Ancora un punto certo, evidente e misterioso.
Molte volte dopo aver goduto delle gioie ineffabili del contatto con la Mamma Maria cadeva in una
sofferenza paurosa e rimaneva inchiodata (è il termine esatto) sul letto, in un silenzio raccolto che
certo nascondeva una passione interiore ancora più terribile di quella esterna.
Lì, pregava per tutti noi, lì, si consumava nell'amore per il suo Dio. E fu in questa consumazione
che passò dai bagliori di cielo che nutrirono la sua giornata, alla luce piena che non conosce
vespero.
«Tanti veggenti annunziano castighi, prevedono disastri e dolori, a me la Mamma Maria promette
sempre e soltanto misericordia» ...forse perché raccoglievi tragedie e dolori per te e portavi a tutti
speranza e amore.»
(Discorso tenuto dall'On. Oscar Luigi Scalfaro nel 1981, per il III ° Anniversario della morte di
Luigina Sinapi).
IL SUO VOLTO INTERIORE
«Santi non si nasce! Ci si diventa. E Luigina Sinapi non fa eccezione alla norma.
Ella ha i suoi buoni numeri per essere qualcuna e farsi strada: di famiglia benestante, la prima dei
fratelli, bella di aspetto e signorile nel tratto, di intelligenza vivace e acuta, sensibile alle meraviglie
della natura e del progresso umano, portata alle gioie più pure e più semplici della vita, di
temperamento fiero e accentratore. Molto presto, intorno ai dieci anni una voce dal di dentro,
suadente e imperiosa ad un tempo, le proponeva una scelta totale e definitiva.
La risposta di Luigina non è immediata: deve passare un certo tempo prima che le ripetute chiamate
del Signore la trovino arrendevole e disponibile ad una risposta. E questa disponibilità si andrà
approfondendo e diverrà sempre più totale in tutto l'arco della sua vita, attraverso le ripetute e
numerose prove: proprio come Gesù, il divino Maestro, che imparò l'obbedienza dalle cose che patì
(Eb 5,8).
Ma non per mancanza di carattere e di generosità: al contrario, aveva un cuore grande e sapeva bene
ciò che voleva. La sua vocazione: vivere tra la gente. Doveva tuttavia apprendere a viverla non
seguendo i propri progetti, ma «il progetto» che Dio sceglie e propone a ciascuna persona, e
accettando di fondere sempre più completamente la propria volontà con la «sua» volontà.
Venne la Luce a darle l'intelligenza del Vangelo, a orientarla alla esperienza delle beatitudini, a farle
sentire la sete delle anime e della loro salvezza. Si andava così delineando sempre con maggior
chiarezza la sua chiamata alla maternità spirituale, non tra le mura del convento, ma tra la gente,
nella quotidianità della vita, «come un granellino di senape in un solco di Roma».
E affinché questa chiamata potesse essere vissuta con pienezza, venne la prova dura e sofferta: la
perdita prematura della mamma; la rapida decadenza della sua condizione di benestante; la
sospensione degli studi liceali per provvedere, con prestazioni di servizio alla guida dei fratellini; la
sua vocazione di suora tra le Figlie di San Paolo troncata sull'avvio per una salute cagionevole che
l'accompagnerà per tutta l'esistenza; il ritorno ad una vita in mezzo alla gente fatta di lavoro, di
silenzio, di solitudine, di preghiera, di sofferenza e di tanta carità.
Il Signore è stato grande con lei. Con la fedeltà del suo amore, rivelava i segni del suo incontro col
divino Maestro nella mitezza e umiltà di cuore, nella capacità di partecipare alle sofferenze altrui,
nella sete di anime alimentata di preghiera e di offerta, nel dono di un sorriso dimenticato di sé,
sempre accogliente e premuroso di tante piccole attenzioni.
Solamente con la bontà e l'offerta delle pene si apre loro la via della riconciliazione e della pace.
Nel ricordo di una confidente ci è dato intravedere qualcosa dell'apprendimento e della pratica
dell'arte salvifica di saper «soffrire e offrire».
Esortando, negli ultimi tempi, un'anima consacrata alla generosità e alla fiducia nel Signore, in ogni
istante della vita, ma particolarmente nei momenti di maggiore prova e tribolazione, Luigina alza un
po' di velo sul lungo cammino da lei percorso alla dura scuola del dolore e dell'amore e fa
intravedere qualcosa della bellezza e della ricchezza spirituale da lei raggiunta.
«Perché tanto abbattimento, tanta paura, tante tergiversazioni, invece di distenderti sulla nuda croce
e lasciarti inchiodare con la più totale spogliazione? Può darsi un «sì» così stentato da un'anima che
non può più appartenersi in nulla?»
L'anima che si è data interamente al Signore non ha di che temere. «Le debolezze di fiducia, il
timore di previsioni oscure di fronte ad un amore infinito che chiede, questo disgusta il Signore!
Non sono le cadute a causa di un carattere impulsivo e di una estrema sensibilità che lo fanno
soffrire. Queste, battute nella fornace ardente del suo amore, non lasciano traccia».
Il Signore, a chi ama di amore di predilezione, domanda altrettanto amore. E la risposta non può
essere diversa: «Non lasciar passare un attimo che non sia di adorazione, di glorificazione e di
offerta di amore oblativo. Qualunque cosa ti venga richiesta, tu tieniti sempre pronta. È dolore e
sangue, ma sono tesori inestimabili: non puoi, non devi rifiutarli perché tesori inestimabili: non
puoi, non devi rifiutarli perché le anime aspettano e si pagano col sangue, con 1'annichilimento, ma
l'amore supera tutto. Nel dire i tuoi «Si» affidati alla Mamma Maria.» L'amore può essere
contrastato da giudizio poco o per nulla benevoli, da un incalzare continuo di incomprensioni e di
infermità, da valutazioni di inutilità, di peso, e di incapacità a tutto.
E allora? Tu? Tu tieni ben stretta la Mamma Maria. Il posto più intimo forse sarà il tuo, non
spaventarti; penserà il Signore a darti la sua grazia e a farti rassicurare che lui lo vuole. Tu sii
sempre ben radicata, aperta totalmente al fuoco dell'amore redentore».
E in cinque parole: «tu ama, adora, glorifica, offri e taci», che costituiscono cinque punti fermi del
tratto della sapienza della Croce riassume la sua esperienza che testimonia, ancora una volta, come
qualunque carisma e ogni vocazione raggiunge la sua pienezza solo se vissuti nella prospettiva della
Morte e della Resurrezione di Cristo, in intima comunione di vita con Maria, Madre di Gesù della
Chiesa.
In tempi di rapidi e profondi mutamenti come quelli che attraversiamo, in cui si va delineando in
forte risveglio di vita e di interessi dagli orizzonti più vasti, è più che mai provvidenziale il
contributo di coloro che, in un contesto di silenzio amoroso ed operoso, offrono un «supplemento
d'anima» alla costruzione della civiltà, della speranza e dell'amore.
Attilio Malacchini
COME UN GRANELLO DI SENAPE/center>
Gina Sinapi portava il suo cognome con grande convinzione. Era il nome del seme apparso sulle
labbra divine di Gesù, il «granellino di senape che è il piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto
è il grande di tutti i legumi e diventa albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano sui
suoi rami».
Firmandosi Gina Sinapi, sentiva vibrare in quell'accolta di lettere non solo il suo nome di Battesimo
e il suo cognome familiare, ma anche il nome del granellino, del piccolissimo sempre che riceve
l'attenzione di Gesù. In un suo scritto del 1953 - successivo di poco alle Lacrimazioni della Vergine
a Siracusa - rivolta alla Mamma che piange Gina dice di volere «preparare un fazzoletto con la
rassegnazione piena alle sue sofferenze». E così si rivolge a Lei: «A me piccolo significante
granellino, al quale hai dato la gioia di poter ascoltare la Tua Materna Voce, amabile anche nel grido
accorato di «penitenza figlioli e preghiera», dai la forza di riparare per tutti i sordi della Tua Voce».
Scrivendo ad un sacerdote, si firma senza esitazione «il piccolo Granellino di Senape», o anche, con
le sole iniziali, «il piccolo G di S».
Cosa sapeva Gina della sostanza del suo nome?
Era stato Papa Pacelli che le aveva per primo ispirato il pieno senso del suo cognome. E di sicuro
accennava a questo «Granellino di Senape» il Pastor Angelicus nel suo citato radiomessaggio
quando diceva: «...In un impeto di generosità Gli chiese (a Gesù) di toglierle ogni bellezza e persino
la salute. Dio 1'esaudi, accettando l'offerta di quella vita per la salvezza delle anime. Noi sappiamo
che vive ancora, anche se arde e si consuma come lampada viva davanti al trono della giustizia e
dell'amore di Dio».
Gesù poi illumina la sua vocazione e opera una forma di consacrazione attraverso quel cognome di
Sinapi: «Sii il piccolo granello di senape in un solco di Roma», le dice, e sembra che applichi a lei il
senso della parabola evangelica. Un rinnovato richiamo di Gesù appare in uno scritto di quel
medesimo Anno Mariano nel quale ella ricevette un profluvio di grazie: «Ricordati, Gina, che il
seme sepolto non muore, la pianta non nasce! Perciò muori ogni giorno a te stessa, vedrai come
spunterà la messe, e nasceranno gli operai e tante anime torneranno a novella vita».
Ed ecco la risposta di Gina, trascinante come un inno, forte come un programma: «Com'è bello
essere un chiccolino sepolto nel solco della vita terrena. Essere schiacciato dalle incomprensioni,
dicerie, calunnie, irrorato continuamente dalla Grazia Divina, attraverso le mani SS. di Maria! Con
questo santo stillicidio pregare, soffrire e offrire»
Fra i nomi-cose usati dal Maestro della Sua strategia divina per farci comprendere «cose celesti», il
seme è, tra le realtà che ci circondano, una di quelle su cui Egli più ci invita a riflettere: in tale
piccolissima particella di materia, trascurabile al primo sguardo, è nascosta la scintilla della vita e
del suo dinamismo, della sua fecondità.
L'essere sempre importa una rivelazione progressiva scandita lungo l'arco delle stagioni.
Rivelazioni di un massimo di potenza espressa da un minimo di Seme era Gina, il più piccolo di
tutti i semi! Per lunghi anni umiliata, misconosciuta, perseguitata. Destinata a farsi albero. Del quale
è detto: «gli uccelli dell'aria nidificano sui suoi rami».
Seme umile, che non riesce in alcun modo ad attirare l'attenzione. Anzi destinato a scomparire.
Come Gina scomparve: consumata, stritolata dalla macina delle circostanze sotto cui la
provvidenza, volta a volta, la poneva.
Ma proprio per questo, chiamata a rappresentare l'audacia, la generosità senza posa, l'originalità, il
miracolo nascosto dell'opera di Gesù sulla terra.
Viveva, Gina, nascosta, immersa nell'oceano dell'amore.
E noi abbiamo visto in lei l'amore di Dio!
Abbiamo conosciuto la delicatezza dell'amore, fatto di uno sguardo, della semplicità di un gesto,
delle sfumature di una provvidente carità, sia nelle grandi che nelle piccolissime cose.
Perché c'era in lei qualcosa che attirava tutti: il candore purissimo dei suoi colloqui con la Mamma,
quel supplemento di fede che aggiungeva alla nostra perché le montagne si spostassero e gli alberi
si trapiantassero nel mare.
Gina ci rappresentò fino al dettaglio, nella sua vita quotidiana, il mirabile dono della continuità tra
l'azione più significante e il sentimento più elevato. Un fuoco di eternità acceso in ogni gesto, in
ciascun momento di una qualunque giornata: la naturalità e la libertà stupenda della vita spirituale.
Non aveva paura, Gina, della sua piccolezza.
Sapeva bene che piccolezza e grandezza sono la stessa cosa nella mani del Padre. Oggetto, l'una e
l'altra, di divine moltiplicazioni, come l'arena del mare o le stelle del Cielo.
Piccoli semi anche le gocce, quelle gocce di preghiera e di sofferenza che ella versava nel Cuore
della «Mamma», e che, come fu rivelato, dirompono, «esplodono come un'atomica d'amore nel
Cuore di Dio».
Come desiderava Gina, essere seme, essere goccia, essere piccolo insignificante granellino per poter
più facilmente scomparire! Rimanere «nascosta sotto il manto della Mamma», con lei donare
soffrendo e agonizzando cantare l'inno del vero amore, secondo le Parole di Gesù.
«Com'è bello o Mamma Celeste essere lo sgabello dei Tuoi piedi immacolati. Tu, rivelarti alle
anime tutte, ed io «granello» scomparire. Gesù, Maria, venga il vostro Regno d'Amore. Così
leggiamo in uno scritto del 1954. E in un'altra pagina rivolta alla sua Signora: «A me piccola
schiava del Tuo Amore cui hai regalato nella Tua Materna Bontà l'agilità di poter svellere i cuori
sepolti nel fango, incendiarli e riparare...».
Delizia era per Gina eseguire giorno per giorno, momento per momento i desideri della Mamma,
offrirsi all'uso come «piccolo straccetto» abbandonarsi nelle mani di Gesù.
Ma il perdersi, il nascondersi, il sentirsi piccola schiavetta, l'offrirsi in un solco di Roma per
marciare, faceva sì che questa creatura non tanto diminuisse, ma piuttosto crescesse e si
«ritrovasse» nella sua splendente realtà. Tale puro diletto spirituale, di sentirsi schiavetta, straccetto,
piccolo granello, insignificante sgabellino, definisce quel suo trasporto semplice e appassionato
verso la Madre del Figlio. Mostrandoci apertamente quel vertice, quel punto di equilibrio sublime
dove follia di donazioni e apparente abbiezione si toccano, rivelandoci l'essenza più intima
dell'amore di Dio.
Giuseppe Azzaro
TESTIMONIANZE
LE CAREZZE DELLA MADONNA
Avvicinare Luigina significava respirare la presenza vivificante di Maria, tanto che, inevitabilmente,
ti sentivi attratta da una Creatura così eccelsa e non potevi fare a meno di amare, imitare e fare di
tutto, di più, per fare piacere a Gesù. Perchè capivi che era ciò che voleva da te.
E' certamente una grande responsabilità che ci deve mettere nel cuore l'ansia che ancora nulla o
poco abbiamo fatto e se anche avessimo fatto molto, moltissimo, avremmo fatto ancora nulla.
Questa è l'ansia di servire il Signore, quell'ansia di amore che quando ami Maria non finisce mai.
Ma quanto più grande sarà la responsabilità di chi come me le è stata ancora più vicina? Perchè da
lei sono stata accolta con un generoso affetto.
Luigina mi ripeteva spesso, e lo diceva anche agli altri, che da Lei mi aveva condotta la Madonna e
questo, per me, era un segno di attenzione amorosa da parte di Maria e ne ero fortemente
compiaciuta.
Un giorno questa "predilezione" si è fatta presente in maniera ancora più chiara.
Mi trovavo in vacanza con Luigina presso le Suore Clarisse nel Monastero di San Leonardo a
Monte Falco e dividevo con Lei la stanza. Era Ferragosto.
Tutti sapevamo che la Madonna aveva promesso a Luigina che sarebbe stata sempre con Lei e che,
per le sue feste, per quelle Grandi che la Chiesa solennemente celebra, oltre che il primo sabato di
ogni mese, si sarebbe manifestata a lei visibilmente.
Fiduciosa in questa promessa pensavo fra me: "Questa volta la potrò vedere anch'io, resterò sveglia
tutta la notte, e chissà se potrò sentirla e, magari, parlare con Lei?" Purtroppo, però, cedetti al
sonno. Al risveglio, provai un grandissimo dispiacere ed una vergogna indicibile non solo perché,
come avevano fatto gli Apostoli con Gesù, anch'io non ero stata capace di vegliare in preghiera, ma
anche perchè avevo perso un'occasione unica.
Luigina mi rasserenò dicendomi, “non ti preoccupare perché la Madonna è venuta vicino a te, ti ha
fatto una carezza.
Non avevo sognato Maria, ma ricordo che durante il sonno avevo avvertito fisicamente la bellissima
sensazione della perdita di peso e di una indimenticabile beatitudine.
Quale Gioia immensa è stata per me sapere che la mano della Mamma Maria mi aveva sfiorata.
Come avrei voluto ricambiare questo gesto di delicatezza amorosa, e soprattutto, di tenerezza
materna. Ho sentito il cuore dilatarsi e abbandonarsi ad una promessa e ad un impegno grande nel
volerla amare, nell' essere docile al suo amore e come Luigina, farla amare tanto.
Ho capito e sperimentato che l'anima si eleva alla presenza di Maria, non conosce ostacoli. Vorrei
qui dire "Grazie Mamma per questo bellissimo dono”.
La tua carezza non l'ho dimenticata ed ho compreso che non è solo quella la carezza che ho ricevuto
da Te "Maria"! Quante!...
Quella carezza che non risparmi a nessuno perché sono le tue carezze. In quella occasione a fronte
della gioia donatami dalla Mamma Celeste ebbi una grande amarezza nel sapere che, invece, Lei era
molto triste, infatti era venuta vestita di nero e con una schiera immensa di bimbi con la palma del
martirio in mano.
A questa visione Luigina mi disse che era rimasta sconsolata e sorpresa perché la Mamma si era
presentata vestita, non come lei si sarebbe aspettato, cioè con splendidi ornamenti, essendo quella
una sua grandissima festa: "l'Assunzione", con l'aspetto molto triste, e poi tutti quei bimbi che le
facevano corona, le richiamavano alla mente quelli della strage degli innocenti.
Maria facendo chiarezza le disse che quelli erano i bimbi che non avevano visto la luce ed avevano
ricevuto il battesimo di sangue, quindi, erano veri "Martiri".
La Madonna denunciava così quella che ora è divenuta una grave piaga sociale, causa di tanti mali
per l'umanità. Mi piace ricordare che a Fatima, la Madonna, preoccupata per queste cose che sono
"le mode che avrebbero offeso molto il suo Figlio" era venuta a chiedere penitenze, preghiere, e
offerte dei quotidiani sacrifici, per avere la pace. Cosa dire a proposito delle manipolazioni
genetiche, delle violenze fisiche e morali, dei milioni di giovani che vivono l'avventura terribile
della droga solo per il tornacontismo di gente senza scrupoli, dei matrimoni divisi, della pornografia
e di tanto altro ancora, che, anch'esse, sono mode perverse e crudeli?
Così pure a Luigina la Madonna presentandosi tanto triste, ha voluto richiamarla ad una realtà che
procura una minaccia per il destino eterno dell'uomo: "l'inferno" che è ancora più catastrofico di
tutte le guerre messe insieme, di cui abbiamo tanto terrore.
La parola inferno non si vuole più pronunciare e si vorrebbe cancellare anche dal pensiero
dell'uomo, ma esso c'è e sarà una gravissima sorpresa alla fine della vita.
Mi sovviene quando Luigina a proposito dell'inferno mi raccontò che una volta il Signore aveva
permesso ad un'anima dannata di manifestarsi a Lei, per dirle che sarebbe stata disposta a ritornare
sulla terra e soffrire tutti i mali di tutti gli uomini di tutti i tempi fino alla fine del mondo, pur di non
stare all'inferno. Purtroppo ciò non era possibile perchè quello era il suo destino eterno, senza
possibilità di ritorno. Pensiamo allora cosa sono in confronto le nostre piccole o grandi sofferenze
che, comunque, finiranno con merito se le sapremo accettare con amore e per amore, come faceva
Luigina che le desiderava perchè erano una ricchezza da offrire al Signore il quale non lascia nulla
senza ricompensa perchè Lui è il Signore, il Dio-Amore.
Maria Rosaria Calabrese
Le apparizioni della Madonna alle Tre Fontane a Luigina Sinapi e a Bruno Cornacchiola
"Ora vai in san Pietro, lì troverai la sorella del Card. Pacelli. Porta a lui il mio messaggio. Da questo
luogo stabilirò in Roma il trono della mia gloria"
II 12 aprile 1937, dieci anni prima dell'apparizione alle Tre Fontane a Cornacchiola, la Vergine
appare a Roma nel medesimo luogo ad una giovane carismatica, Luigina Sinapi. II fatto è ormai
noto. In quella primavera del 1937 Maria emerge con le Sue forme divine dal fondo della grotta,
quasi dal grembo della terra. Proprio come a Lourdes, dove La "Bella Signora" si fa vedere da
Bernadette Subirous, apparendo nel cavo della rupe solitaria di Massabielle, in una cornice di pietra
dove vegetano pochi arbusti, una rosa. Alla periferia di Roma, nella grotta delle Tre Fontane, gli
occhi della Vergine si posano soavi e tristi sui miseri resti di un aborto, celati nel cuore della terra.
Si ricrea in quell'occasione il rapporto misterioso e sublime che c'è tra la sostanza cosmica e la
Madre di Dio: come Sole dalla terra, il Frutto divino sorge dal Suo Grembo, dalle viscere sante del
Suo Corpo. Tra quella di Lourdes e questa, c'è la grande apparizione - tutta celeste - del 1917, a
Fatima. A Roma, la Madonna appare nel luogo bagnato dal sangue dell'Apostolo Paolo; e non solo
appare nel circondario delle sue mura, ma guarda a Roma, si rivolge con le Sue parole alla Sede e
alla Cattedra di Pietro.
C'è un collegamento misterioso, ma certo, tra l'apparizione della Madre di Dio alle Tre Fontane e la
Sede di Pietro. II senso ecclesiale dell'apparizione alle Tre Fontane sta nelle parole che Maria SS.ma
rivolge a Luigina Sinapi: "Ora vai in san Pietro, lì troverai la sorella del Card. Pacelli. Porta a lui il
mio messaggio. Da questo luogo stabilirò in Roma il trono della mia gloria". La Madre di Dio la
indirizza come messaggera al futuro Pio XII, preannunciandogli anche che salirà al Soglio di Pietro
(come poi avverrà nel 1939). "Roma, il trono della mia gloria" è il centro del Suo messaggio.
Dieci anni dopo, Ella appare nella medesima grotta a colui che si preparava ad uccidere il Papa,
Bruno Cornacchiola.
C'è una traiettoria sicura voluta dalla Madonna, una prima volta nel 1937 e una seconda volta nel
1947, dieci anni dopo, che lega le Tre Fontane alla Sede di Pietro: "Vai dal Papa, - dice la Madonna
a Bruno - consegna a Lui il pugnale con il quale avresti voluto ucciderlo".
La grotta bassa sulla collinetta di eucalipti, quasi una tenda tra lo stormire delle foglie, è il luogo
dove Maria si presenta a Roma con un appellativo mai prima udito. Tenendo tra le mani il Libro
della Verità divina si rivela: Sono la Madonna della Rivelazione.
Compie la rivelazione fatta a Lourdes, piena di verità insondabile: Sono l'Immacolata Concezione.
Le due apparizioni della Madre di Dio sotto il cielo di Roma alle Tre Fontane, avvenute a distanza
di dieci anni l'una dall'altra, bisogna leggerle insieme, e non si può non farlo, se l'oggetto dello
sguardo di Colei che prende l'iniziativa - la Vergine - è sempre uno: la Sede di Pietro. "Vai a San
Pietro - dice la Madonna a Luigina -, vi incontrerai la sorella del Card. Pacelli, parla a Lui"; "Vai dal
Papa - dirà nella seconda apparizione a Bruno Cornacchiola - porta a Lui il pugnale con il quale
avevi deciso di ucciderlo".
II destinatario del "vai" della Vergine la prima come la seconda volta è uno solo, il Papa.
E il Vicario di Cristo risponde con la Sua fede alle attenzioni della Madre di Dio: crede. E - cosa
straordinaria nella storia della Chiesa - con il suo credere il Papa consacra quasi la verità delle
apparizioni ai veggenti, dandone segni visibili ed inequivocabili. Memore del messaggio ricevuto
dalla Vergine tramite Luigina Sinapi nella primavera del 1937, dieci anni dopo riceve Bruno
Cornacchiola, e, allorché questi gli confesserà di avere desistito, per l'apparizione della Vergine, dal
proposito di ucciderlo, gli risponderà: "lo già sapevo". Ma benedì, il Papa, anche la statua della
Vergine della Rivelazione in processione a Roma, per essere portata alla grotta dove si trova
attualmente, nel settembre del 1947.
C'è una divina traiettoria di sapienza che lega, a Roma, le Tre Fontane alla Sede di Pietro: in questa
divina traiettoria Luigina Sinapi rimase tutta la vita. Nata ad Itri, visse e morì a Roma, divenne
romana. La giovane donna alla quale la Madre di Dio aveva comandato di andare a San Pietro, per
incontrare sotto la cupola e vicino all'altare della Cattedra la sorella del futuro Pontefice, ed essere
introdotta a Lui, rimase per tutta la vita, con umile e religiosa dedizione, legata al Papa, ai Papi. Di
Paolo VI ci piace ricordare un appellativo delicatamente paterno nei confronti di lei: Luigina Sinapi
era per lui "la lumachina"; umile e lenta, lasciava una "scia" luminosa.
Dei sacerdoti Luigina parlava alla Madonna come delle "pupille dei Tuoi occhi", echeggiando
evidentemente parole di Lei.
Tutta la vita di Luigina può venire letta in questa chiave. L'incantevole semplicità del suo rapporto
con i suoi interlocutori divini - Gesù e Maria - non spegne in Luigina il palpito dell'adorazione
verso la Maestà di Dio, ma lo alimenta al profondo, conferendo alle sue parole la vibrazione,
l'incanto della realtà vista e udita, che ella trasmetteva agli altri esprimendosi con pudica grazia.
Analogo il suo modo di relazionarsi al Vicario di Cristo. Qualcuno sapeva della sua presenza non
infrequente nei Palazzi Apostolici, della paterna condiscendenza verso di lei del Vicario di Cristo.
La Madre di Dio continuava, infatti, ad essere l'anello di congiunzione tra lei e la Persona del Santo
Padre.
Come le altre grandi "romane" di elezione - Caterina di Siena, Brigida di Svezia - Luigina Sinapi
non solo pregava "forte forte" "per la Chiesa, per il Papa, per i Sacerdoti e tutte le anime consacrate
laiche e regolari", avvalorando la sua "offerta di vittima" con l'apporto dei sacrifici quotidiani - il
suo "stillicidio del cuore" - ma faceva suo il carico delle Sue cure universali, viveva nel suo cuore
giorno per giorno la vita della Chiesa. Meraviglioso spettacolo che i nostri occhi hanno visto e che
abbiamo toccato con mano! L'amore forte e delicato di Luigina Sinapi per la Sede di Pietro e per
tutta la Chiesa vale un intero trattato di Ecclesiologia. Era, il suo, un esempio operante.
Chi scrive ricorda un piccolissimo episodio molto significativo: l'interessamento convinto e
silenzioso con cui partecipò - nella sua casa, seduta al tavolo del suo salotto - alla semplice stesura
di alcuni bigliettini di auguri indirizzati alla Città del Vaticano. Un atto che ella non compiva in
ossequio alle consuetudini, ma conferendo a quel minimo gesto un valore molto più grande, visibile
nel come procedeva, con deferenza e attenzione. La sua vera famiglia erano loro, Gesù e Maria, che
essa chiamava teneramente "la Mamma", e, con Loro, la sua famiglia in terra era la Chiesa: il Santo
Padre, i Sacerdoti, i Missionari. E mai amore "familiare" apparve tanto nobile, tutto intriso della
divina presenza e pagato con la vita.
Chi non ricorda come essa, Luigina Sinapi, era materna ma rispettosa insieme con i giovani
sacerdoti? Avrebbe potuto essere chiamata, da loro, con il medesimo appellativo con cui i discepoli
si rivolgevano alla senese Caterina: "Mamma". Ma insorgeva in lei, in modo palese, il senso di una
religiosa e profonda deferenza, di un rigoroso rispetto per tutti, dal più giovane consacrato al
membro autorevole della Segreteria di Stato: tuttora per tutti una indimenticabile lezione.
Ciò si evidenzia a tutto tondo nelle pagine dell'Epistolario, indirizzato a un Servo di Maria che le fu
vicino "come un fratello". II rapporto con il sacerdote è per Luigina un'ascesa in comune, passo
dopo passo, per i più aspri sentieri dello spirito ("una via spinosa e strettissima dove tante volte per
ascendere bisogna andare con un piede dopo l'altro, un altare alla vetta"); una comune offerta sulla
Croce ("un adagiarsi sulla "Bilancia della compensazione"); una continua dedizione agli altri
("rendersi particella viva manovrata per tutti i bisogni della Chiesa e del mondo dal Divino
Artefice"): il perdono dato anche se il cuore sanguina.
Una viva testimonianza del come l'anima vicina a Dio possa vivere spiritualmente accanto al
consacrato: sulla scia di Teresa D'Avita e Teresina di Lisieux. II modo con cui Luigina Sinapi
viveva la sua intima dedizione alla Chiesa e al Santo Padre lo si può senz'altro considerare
esemplare: dei suoi forti sentimenti, custoditi nel silenzio, si percepiva come un indistinto chiarore:
non inerte, però, ma trascinante.
Vicina alla Sede di Pietro, la sua vicinanza non era fisica quanto morale, la vita della Chiesa era la
sua vita. E i gesti più eclatanti, come l'andare in uno dei "Paesi soggiogati dal dominio rosso", in
bilocazione, per incontrare un Cardinale e compiere un atto al servizio della Chiesa, o il rispondere
al telefono alla voce del Papa, in questo contesto erano atti che venivano semplicemente al seguito
delle tantissime Ave Maria, delle notti insonni passate in preghiera, dell'offerta della sofferenza.
Come Brigida di Svezia, che era di stirpe regale, Luigina Sinapi che pure non lo era, seguiva ad
horas, con sguardo acuto e penetrante, il raggio dell'azione universale del Papa sulla scena del
mondo. Partecipava con animo filiale al travaglio materno della Chiesa. Se la Madonna alle Tre
Fontane nel 1937 aveva indirizzato Luigina Sinapi alla Basilica di San Pietro e al Card. Pacelli, la
Sede di Pietro e la Cattedra di Pietro Luigina Sinapi non le abbandonerà più in tutta la sua vita. II
comando della "Mamma" rimarrà in lei sempre operante.
Prof.ssa Giuseppina Cardlllo Azzaro
LUIGINA PER ME
Ho conosciuto Luigina Sinapi in un momento particolare della mia vita ed in circostanze singolari.
Ricordo che ero andata con la mia Parrocchia a fare un pellegrinaggio ad Assisi; approfittai
dell'occasione per chiedere a San Francesco (Patrono dell'Ecologia) un aiuto per la mia tesi di laurea
che, appunto, riguardava i problemi dell'ambiente naturale e, data la novità dell'argomento, non mi
era possibile reperire facilmente materiale idoneo.
Ritornando ci fermammo a Collevalenza dove scendendo dal pullman, incontrai una mia amica di
Fidenza, Maria, la quale insistette perché rimanessi con lei e con altre ragazze per un breve periodo
di ritiro. Non cedetti alle insistenze e tornai a Roma. Alle undici di sera ricevetti una sua telefonata:
mi riproponeva l'invito. Vista l'insistenza pensai che era il Signore a volerlo, quindi le promisi che
l'avrei raggiunta il giorno dopo. Fui molto felice perchè in quella circostanza ho avuto l'occasione di
conoscere Madre Speranza e le altre ragazze del gruppo, fra cui Laura Marengo la quale mi parlò di
una signorina che viveva a Roma, che soffriva molto e che vedeva la Madonna: Luigina Sinapi.
Pensando che mi potesse interessare, si offrì per farmela conoscere. Risoluta, dissi che non mi
interessava conoscere persone dotate di tali carismi perchè la mia fede era unicamente rivolta al
Signore. Laura insistette tanto, ma non riuscì a convincermi.
Dopo qualche tempo, sempre con il problema assillante della tesi, tornai a Collevalenza con un
pellegrinaggio organizzato dalla mamma di Laura, la quale, come la figlia, nuovamente insistette
nel volermi fare conoscere Luigina. Io, imperterrita, risposi che la cosa non mi interessava perchè
volevo avere una fede pura e temevo gli imbrogli.
Si avvicinava il tempo di concludere la mia tesi e stavo veramente male; vedevo vanificati tanti
sacrifici fatti per raggiungere il traguardo della laurea. Ritornai in pellegrinaggio a Collevalenza per
chiedere aiuto a Gesù Misericordioso. Compagna di viaggio fu una signora con la quale parlai di
tante cose, quindi anche dei miei problemi. Questa signora mi parlò di Luigina e insistette molto nel
volermi dare, oltre l'indirizzo, anche il numero di telefono, che, ancora, risolutamente, rifiutai; anzi
provai una vera ribellione interiore perchè non desideravo assolutamente conoscerla.
Alcune settimane dopo fui presa da un vero e proprio sconforto, non sapevo più a quale Santo
affidare la mia causa riguardante la tesi, quando, svuotando la mia borsa, venne fuori un biglietto
con su scritto un numero di telefono ed il nome di Luigina. A quel punto cedetti, formai il numero e
mi rispose proprio Lei: "Finalmente! E' da tanto tempo che ti stavo aspettando! Vieni, ma prima vai
da Padre Raffaele e chiedi a Lui il permesso".
Così feci. Questi mi chiese per quale motivo desideravo andare da Luigina. Mi guardai bene dal
dirgli perchè vedeva la Madonna. Gli dissi solo perchè era un'anima di preghiera e perchè era
illuminata.
Così ho incontrato Luigina che diceva che lì mi aveva portata la Madonna. Da quel momento non
l'ho più lasciata. La tesi la conclusi in pochissimi giorni. Seppi, poi, che quel numero di telefono
non lo conosceva nessuno, perchè corrispondeva ad un apparecchio telefonico che teneva sempre
staccato.
Non ho mai riflettuto abbastanza nel considerare che cosa Luigina sia stata per me; ma posso ormai,
a distanza di tempo, affermare che da quando è comparsa sulla mia strada la mia vita ha avuto una
svolta inaspettata, insolita e decisiva. Mi ha svelato il senso della vita che, a volte, riconosco non
sapere di logica umana, e che io stessa trovo difficile da accettare e da comprendere, soprattutto per
ciò che riguarda il problema della sofferenza. Se cerco di penetrare il senso della sua vita,
comprendo che per salvare le anime occorre dare se stessi, mettersi sulla croce insieme a Gesù,
SOFFRIRE E OFFRIRE (così come diceva Lei). Con le sole parole non si ottiene nulla: "solo
rumore di parole".
Comprendo che non si può essere sempre come delle pecorelle guidate da pastorelli generosi,
occorre che la pecorella diventi anche lei pastore. Quando cioè avrà i segni della passione, della
sofferenza offerta con amore, e, per averli occorre andare dal Buon Pastore e mettersi alla sua
scuola fino ad identificarsi con Lui. Questa era Luigina: una pastorella che si era offerta con
generosità al Buon Pastore che, con altrettanta generosità, l'aveva ricolmata di sofferenze riofferte,
poi, con gioia.
Vorrei qui ricordare un episodio che può dare un'idea di quanto Luigina abbia sofferto "mali" a noi
incomprensibili. II Signore mi ha fatto il dono di provare una minima parte della misura delle sue
sofferenze. Mi ero recata da lei, così come ero solita fare ogni giorno, ma, a causa del suo male, non
venni ricevuta (cosa che non era mai accaduta, mi ripeteva sempre, infatti, che la mia presenza in
casa sua non sarebbe mai stata rifiutata in quanto lì mi aveva portata la Madonna). Rimasi turbata
ma non dispiaciuta, avendo compreso che doveva stare veramente male, più del solito. Mi sono
quindi trattenuta nella sua Cappellina per pregare e per confidare a Gesù la mia pena per Luigina e
per chiederGli di alleggerire i suoi dolori, anzi, se lo riteneva, di darne un poco a me, dal momento
che non mi sembrava giusto che soffrisse tanto, soprattutto perché ero consapevole che la causa,
eravamo noi, con i nostri problemi, le nostre preoccupazioni, le nostre angosce. Luigina si caricava
tutto sulle spalle con una generosità nascosta.
II giorno dopo, tornata dall'Ufficio pensavo già di andare da Lei, subito dopo aver pranzato, quando,
all'improvviso, mi venne un male di testa tale che, a distanza di anni, posso con certezza affermare
di non averne mai avuto un altro simile, né prima, né dopo.
Questa sofferenza mi costrinse a letto senza neppure pranzare, al buio, con un fazzoletto legato
stretto alle tempie, così come solitamente faceva Luigina. Non disponevo neppure di una pillola. II
forte dolore mi procurava altri disturbi e sofferenze che mi riesce difficile descrivere nei minimi
particolari. Ricordo che ero sola in casa e che era impossibile procurarmi una medicina, in quanto,
dato l'orario, le farmacie erano chiuse.
Tutto durò circa due ore (vero martirio), poi, all'improvviso, passò come se nulla avessi avuto. Ero
pienamente ristabilita. Andai quindi da Luigina come desideravo. Venne proprio lei ad aprirmi la
porta, (cosa che non faceva mai). Mi guardò negli occhi penetrandomi fino nel profondo e mi disse:
"Non lo fare più!". Lì per lì non compresi, ma subito mi venne in mente la richiesta che avevo fatta
a Gesù il giorno prima e tutto mi fu chiaro.
Questa testimonianza, anche se potrà sembrare banale, aiuterà a comprendere quanto grande sia
stata la sofferenza di questa meravigliosa creatura, per la quale tutti noi che la frequentavamo, era
come una mamma che, con amore, ci sapeva aiutare anche senza essere richiesta, offrendo le sue
sofferenze per il nostro bene.
Mi viene spontaneo riflettere cosa sia stata la sua vita. Aveva fatto suo l'impegno di S. Paolo: "lo poi
molto volentieri mi consumerò' e mi lascerò' totalmente consumare per le anime vostre (2° Cor.
12,15) : "era il chicco di grano che cade sotto terra, per risorgere nella germinazione, e alimentare la
vita degli altri". Come era solita definirsi: un piccolo seme in un solco di Roma. Era una Cristiana
vera, autentica, totale, capace di trascendere il contingente per portare tutto e tutti a Gesù. Era ponte
di Luce proiettato verso il Cielo. Faceva sentire il fascino di Dio, della Verità, della Vita vera.
Metteva un'ansia irresistibile e faceva fremere di gioia. Mostrava il vero senso della vita, che si
chiama "GRAZIA": VITA DI DIO IN NOI,. che è purezza, trasparenza. "Era una perfetta immagine
di Gesù". Infatti, alla scuola del Crocifisso, aveva imparato a donarsi con gioia a tutti. II suo motto:
"Offrire tutto! E, quando non si ha niente, offrire niente, perchè Gesù, che crea dal niente, può
anche trasformarlo!".
Ogni volta che si aveva un incontro con lei era sempre come una spinta spirituale, un pungolo, una
iniezione di fervore.
Accoglieva tutti, ma in modo particolare i sacerdoti, pupilla degli occhi di Dio, e le anime
consacrate. Ad ognuno sapeva dire parole di conforto, ad ognuno sapeva dare consigli appropriati.
Dalla sua presenza si andava via sempre migliorati, sempre fortificati nei propositi con il desiderio
di vivere più santamente e di amare di più il Signore e la Madonna; si andava via più sereni, più
lieti.
Luigina viveva la sua vita straordinaria nell'ordinario di tutti i giorni. Era amabile e chiunque
l'avvicinava se ne partiva con tale carica interiore e con una gioia profonda che nessun altro sapeva
dare.
Tutti andavamo a svuotare il nostro sacco e lei prendeva tutto sulle sue spalle, felice nel vedere gli
altri sollevati, rasserenati, rassegnati.
In qualche contrarietà ripeteva: "Gesù vuole così. Mettiamo tutto nelle sue mani. Offriamo tutto, ci
penserà Lui!" Un fatto straordinario riguarda un giovane "capellone drogato" che si era recato da
Luigina per avere un colloquio. Non potendolo ricevere perchè non si sentiva bene, lo fecero
accomodare nella cappellina attigua alla cameretta. II visitatore, non assuefatto ad anticamere,
figuriamoci, poi, davanti al tabernacolo. Dopo una breve attesa, se ne andò, portandosi via la
Bibbia.
Luigina informata del furto, disse: "Visto che io non ho potuto parlargli, parlerà la Bibbia per me".
Passò del tempo, quando un giorno, suonò alla porta un giovane, tutto ordinato, ben vestito e con la
Bibbia sotto il braccio.
"Sono venuto, disse, per restituire il libro e per raccontare un fatto che ha lasciato un segno nella
mia vita". Nell'aprire la Bibbia, ebbi come una visione: un prato verde con delle goccioline di
rugiada e; tutto intorno, poi, una zona piena di fango con acqua stagnante e putrida. Nello sfondo
del quadro, un sole sorgente mentre giungeva a me una voce misteriosa: "Dove credi che lo assorba
l'acqua per trasformarla in goccioline di rugiada, benefica per le piante, se non da questo stagno
fetido? Sono Io che trasformo quest'acqua. Sono io che posso trasformare anche te".
Quel giovane si è arreso alla grazia e, assetato di verità, di luce, di pace, ha cambiato la propria via
al seguito di quel Sole Divino, che solo può appagare ogni desiderio di bene.
Riconosco che per narrare le vicende di un'anima mistica come quella di Luigina, occorre penetrare
nei misteri e, per non sciuparle, andrebbero sottaciute, ovvero descritte in modo sfiorante, nel senso,
cioè, da lasciare come un velo su quell'atmosfera mistica perchè, solo in essa, possono trovare
accoglienza ed essere giustificate. Comunque sia, la loro descrizione altro non è che la storia di una
vita meravigliosa che non pochi vorrebbero vivere, ma per viverla occorre scomparire a se stessi e
trasformarsi in Gesù.
Vorrei dirti grazie Luigina per quanto bene ci hai voluto perchè ora insieme al tuo Gesù ed alla
Mamma Maria non ci hai dimenticati ma ci ami ancora di più poichè il tuo amore, ora, è purificato,
limpido, trasparente: perché ci ami nel Dio Amore.
Maria Rosaria Calabrese