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Mlanges de l'Ecole franaise de

Rome. Moyen-Age

Lo specchio omerico
Guglielmo Cavallo

Riassunto
Guglielmo Cavallo, Lo specchio omerico, p. 609-627.

Attraverso lo studio dei manoscritti italogreci contenenti i poemi di Omero (Iliade e Odisse) o materiali di diverso tipo su Omero,
relativi ad Omero e dedotti da Omero (prolegomena, glosse, scholia, mitografie, , parafrasi, , lessici), si
certato - utilizzando in maniera congiunta i dati filologici, tecnico-librari e grafici - di ricostruire il modello di cultura proposto dal
Mezzogiorno d'Italia di lingua greca tra i secoli X-XVI ca. Si potuto cosi constatare che mentre per tutto il perio-do bizantino,
perci fino al tardo secolo XI, la cultura testimoniata da Omero si inserisce in un contesto tutto eccentrico, a partire dall'et
normanna, invece, cominciano ad introdursi tipologie di carattere constantinopolitano, pur con sfumature diverse di tempi e di
realt regionali. Soprattutto in Puglia, in particolare in Terra d'Otranto, le influenze greco-orientali risultano pi attive e diffuse,
culminando tra le et sveva e angioina quanto lo stesso Omero dimostra come testo come libro la stratificazione tra sostrato
greco antico apporti nuovi giocher un ruolo non secondario nella riscoperta della cultura greca da parte Uma nesimo italiano

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Cavallo Guglielmo. Lo specchio omerico. In: Mlanges de l'Ecole franaise de Rome. Moyen-Age, tome 101, n2. 1989. pp.
609-627;

doi : 10.3406/mefr.1989.3058

http://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_1989_num_101_2_3058

Document gnr le 12/06/2016


GUGLIELMO CAVALLO

LO SPECCHIO OMERICO

Nella ricerca, pur tutta di comodo, di un metro univoco sul quale


misurare il modello bizantino in Italia sotto l'aspetto della cultura scritta
nella sua dimensione testuale e materiale, la scelta di Omero parsa
obbligata : nati sul terreno dell'oralit, i canti omerici, una volta passati
alla civilt della scrittura, hanno riempito spazi e tempi della storia del
Mediterraneo, anche se con riconversioni, adattamenti, fossilizzazioni. E
Omero - nonostante was a closed book to the Western world in the
Middle Ages1 - ha attraversato, sia pur fugacemente, spazi e tempi
dell'Italia di lingua greca, bilingue, nel corso ed oltre la dominazione di Bisan-
zio : li ha attraversati come testo, come lettura, come strumentario
tecnico, come esercizio scolastico, come citazione, come libro, come prodotto
artigianale. Certo, Omero assente dall'Italia bizantina fino a tutto il
secolo IX ; ma, in quanto documentato nella produzione scritta italo-greca
pi tarda, si voluto - su tal fondamento e utilizzando, in maniera
congiunta, i dati filologici, tecnico-librari e grafici - da una parte ricostruire
le ascendenze, dall'altra seguire i destini del modello di cultura ch'esso
riflette e delle sue mutazioni (o piuttosto destrutturazioni).
Ma prima di iniziare il discorso si rende necessaria qualche
avvertenza su modi e limiti in cui quei dati stessi possono essere utilizzati. Di
Omero/testo non si pu certo ricostruire un archetipo, n mai vi fu, giacch
fin dall'antichit sia dell'Iliade sia dell'Odissea circolarono le edizioni pi
svariate, molte delle quali si trasmisero fino al medioevo; i codici di et
medio - e tardobizantina offrono un esempio di contaminazione totale
quasi totale; gli stessi raggruppamenti in famiglie (o, se si vuole, tipi
testuali) dovuti a Thomas W. Allen, peraltro non sempre fondate su colla-

1 R. Browning, Homer in Byzantium, in Viator, 8, 1975, p. 32 (rist. in R.


Browning, Studies on Byzantine History, Literature and Education, Londra, 1977,
nr. XVII).

MEFRM - 101 - 1989 - 2, p. 609-627.


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zioni integrali e dirette2, non valgono. . . in generale nulla quanto


meno si dimostrano poco conclusivi, tranne che in casi particolari,
come ebbe a giudicare Giorgio Pasquali3. Ed uno di tali casi
particolari pu essere l'aggancio che alcune delle famiglie individuate da Allen
riescono a trovare in risultati di vario genere desunti dall'osservazione
tecnico-materiale dei manoscritti che le veicolano. E qui viene ad
innestarsi l'Omero/libro, anch'esso problematico; ed invero, la mancanza di
studi adeguati sulla produzione scritta di origine provinciale nel suo
complesso rende incerte talune attribuzioni, sicch in determinati casi si
costretti a lavorare con margini di dubbio. Tuttavia, pur nella
consapevolezza che - di fronte ad una tradizione tanto complicata e contaminata
quanto quella omerica - tutte le conclusioni vanno assunte con una certa
cautela, non pu essere considerata operazione scorretta introdurre
qualche riflessione sulle intersezioni tra Omero/testo e Omero/libro in area
italiota, al fine di rilevare il modello di cultura ch'esse restituiscono.

Gi un manoscritto vergato da due mani nel primo secolo X e


considerato di origine italo-greca sicura - Roma, Bibl. Naz. gr. 6 + Madrid,
Bibl. Nac. 4626 (taw. 1 e 2) - rivela fatti fondamentali nei modi
conoscitivi di Omero nei milieux italioti. Il contenuto non il testo omerico, il
quale risulta frantumato in lemmi, ma quel corpus di materiali di diverso tipo
su Omero, relativi ad Omero e dedotti da Omero, che va sotto il nome di
Scholia D all'Iliade : vi si incontra una serie di prolegomena seguita dal
vero e proprio corpus stesso, in sostanza costituito da un elemento
glossografico (specificamente gli Scholia minora), da canto per canto,
da di carattere mitografico e da e /
d'indole esegetica; v' da segnalare, inoltre, una parafrasi di H4. Gli altri

2 Homeri Ilias, ed. Th. W. Allen, I, Prolegomena, Oxford, 1931, p. 93-193; ed


ancora, Th. W. Allen, The Text of the Odyssey, in Papers of the British School at
Rome, 5, 1910, p. 3-85.
3 Tutte le frasi citate sono tratte da G. Pasquali, Storia della tradizione e
critica del testo, Firenze, 19622, p. 208s. Il Pasquali si riferisce specificamente al testo
dell'Iliade; ma vd., per quello dell'Odissea, le analoghe conclusioni di N. Tachino-
slis, Handschriften und Ausgaben der Odyssee. Mit einem Handschriftenapparat zu
Allen's Odysseeausgabe, Francoforte, s.M. - Berna - New York - Nancy, 1984, p. 45-
48.
4 Mi limito a rimandare ai lavori di V. De Marco, Sulla tradizione manoscritta
degli Scholia minora all'Iliade, in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei. Memorie.
Classe di scienze morali, storiche e filologiche, 4, 1931, p. 373-407, e Da un nuovo
manoscritto degli Scholia minora all'Iliade, in Bollettino del Comitato per la prepara-
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manoscritti che tramandano il corpus degli Scholia D - vale a dire il


frammento Paris, suppl. gr. 679 del secolo X, il Vat. gr. 33 e il Crypt. Z.a.XXV
dovuti ad una stessa mano dello scorcio dell'XI5, il Vat. gr. 32 e il Vat.
gr. 2193 del XII - non mostrano indizi cogenti in favore di
un'at ribuzione ad ambito italiota; ma non senza significato che essi rivelino
un'origine marcatamente provinciale6. Si deve trarre la conseguenza, almeno,
che l'intera tradizione del corpus degli Scholia D autonomamente
strutturato venne a conservarsi in contesti culturali eccentrici, e solo in questi,
laddove invece a Bisanzio essa venne a confluire, peraltro solo in parte ed
in forme dissociate, in assai pi ampie e magmatiche raccolte scoliasti-
che.
Un uguale tipo, tutto erudito, di fruizione del testo omerico, risulta
da manoscritti che contengono lessici ed epimerismi ; si tratta di materiali
non sempre di formazione altrettanto antica quanto quella degli Scholia
D (in particolare la raccolta degli epimerismi si dimostrata risalire nel
suo ultimo stadio, al tornante tra Vili e IX secolo)7, ma essi non sono
meno indicativi in relazione ai modi conoscitivi di Omero, che qui
interessano. Iniziamo dai lessici : in pi manoscritti gi da molte parti ritenuti
italo-greci - il Seiest. 105 e il Bodl. gr. class, f. 114 del secolo XI e il Vat.
Urb. gr. 157 (tav. 3) di poco pi tardo, tutti di origine calabra piuttosto
che sicula - si leggono editi da Vittorio
De Marco, che ne riconobbe la stretta connessione con gli Scholia Ds;
mentre in un altro codice italo-greco, il Vat. gr. 1456, riferibile al X-XI
secolo, attestato un frammento di glosse a pochi versi iliadici,

zione dell'edizione nazionale dei classici greci e latini, 1-3, 1940-1942, p. 125-145, e di
F. Montanari, Studi di filologia omerica antica, I, Pisa, 1979, spec. p. 3-25 e 43-75.
5 . G. Wilson, A Manuscript of the D-Scholia, in Zeitschrift fr Papyrologie
und Epigraphik, 23, 1976, p. 61s.
6 Uno studio ulteriore dei manoscritti in questione suggerisce una pi
articolata prospettiva rispetto a quanto scrivevo in La trasmissione scritta della cultura
greca antica in Calabria e in Sicilia tra i secoli X-XV. Consistenza, tipologia,
fruizione, in Scrittura e civilt, 4, 1980, p. 191, e in La cultura italo-greca nella produzione
libraria, in / Bizantini in Italia, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano, 1982,
p. 558.
7 C. Theodoridis, Die Abfassungszeit der Epimerismen zu Homer, in
Byzantinische Zeitschrift, 72, 1979, p. 1-5; piuttosto in favore del secolo IX propende
A. R. Dyck, introd. a Epimerismi Homerici, I, Epimerismos continens qui ad Iliadis
librum A pertinent, Berlino-New York, 1983, p. 5-7.
8 Scholia minora in Homeri Iliadem ree. V. De Marco, , codd.
Urb. CLVII et Selestadiensis CVII [ma CV], I, Citt del Vaticano, 1946, p. XXI-LI.
612 GUGLIELMO CAVALLO

, delle quali ha dato per primo l'edizione Franco Montanari9.


Quanto agli epimerismi, all'Italia meridionale, forse alla Puglia (si tratta
di ipotesi di lavoro), non si pu escludere che vadano attribuiti i codici
Crypt. Z.a.IX e Paris. Coislin 387 (parti IV e V [taw. 4 e 5]) da assegnare
al secolo XI, contenenti, sia l'uno che l'altro, epimerismi ordinati
alfabeticamente, mentre il secondo reca pure una raccolta di cosiddetti scholia-
epimerismoi I0. Significativo che glosse tratte da una raccolta di questi
ultimi si ritrovino trascritte da una seconda mano (d2 De Stefani) nei
margini del Vat. Barb. gr. 70 del tardo secolo XI11, l'assai noto Etymologicum
Gudianum, attribuito alla Terra d'Otranto12; e significativo, altres, che
tali materiali - epimerismi alfabetici e scholia-epimerismoi - sono
testimoniati nel cod. di Oxford, New College 298. II del primo secolo XIV e di
sicura origine otrantina. Si di fronte ad una tradizione erudita di
conoscenze omeriche, che tutto lascia credere proprie, senza soluzione di
continuit, della Puglia di lingua greca a partire almeno, grosso modo, dal
secolo XI. La circostanza che il cod. Paris. Coislin 387 si trovava pi tardi
conservato all'Athos, nel monastero della Grande Lavra13, non
indebolisce l'ipotesi qui prospettata; non infrequenti, si sa, furono nel medioevo
gli scambi di uomini, oggetti, libri, tra l'Italia meridionale e l'Athos.
Non si citato finora alcun manoscritto recante direttamente il canto
omerico, l'Iliade l'Odissea. V' tuttavia da segnalare che il pi antico
manoscritto odissiaco di et mediobizantina, il Laur. 32.24 (tav. 6) del X-
XI secolo 14, mostra caratteri marcatamente eccentrici, i quali si ritrovano
diffusamente documentati nella produzione libraria italo-greca
(pergamena spessa, ornato rozzo, iniziali a doppia linea, strisce verdognole
sovrapposte a certe righe di scrittura, tipo di legatura epsilon+rho talora ad
asso di picche), sicch non si pu escludere una specifica attribuzione
del manufatto all'Italia meridionale. Il testo offerto dal Laur. 32.24 del
tipo cosiddetto k : richiamando le cautele enunciate, imposte dalla
complessa fisionomia recensionale di Omero, tuttavia da notare l'isolamento

9 Montanari, Studi, cit., I, p. 29-42.


10 Dyck, Epimerismi Homerici, cit., I, p. 16-27.
11 Ivi, p. 23.
12 A. Jacob, Les critures de Terre d'Otrante, in La palographie grecque et
byzantine, Parigi, 1959, p. 270.
13 N. G. Wilson, The Libraries of the Byzantine World, in Greek Roman and
Byzantine Studies, 8, 1967, p. 68 (rist. in Griechische Kodikologie und
Textberlieferung, hrsg. . D. Harlfinger, Darmstadt, 1980, p. 291).
14 P. C. Molhuysen, De tribus Homeri Odysseae codicibus antiquissimis, Leida,
1896, p. 3-5.
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Illustration non autorise la diffusion

Tav. 1 - Roma, Bibl. Naz., gr. 6, fol. 3r.

MEFRM 1989, 2. 40
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Tav. 2 - Madrid, Bibl. Nac, 4626, fol. 158r.


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Illustration non autorise la diffusion

Tav. 3 - Vat. Urb. gr. 157, fol. I47r.



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Tav. 4 - Paris. Coisl. 387, fol. 181r.


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Illustration non autorise la diffusion

Tav. 5 - Paris. Coisl. 387, fol. 219r.


Illustration non autorise la diffusion

Tav.-6 - Laur. 32.24, fol. 116r.


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Tav. 7 - Crypt. .. XXIV, fol. 13v.


Tav. 8 - Crypt. Z.a. XXIV, fol. 49r.
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Illustration non autorise la diffusion

Tav. 9 - Vat. gr. 903, fol. 40r.


Illustration non autorise la diffusion

Tav. IO - Vat. gr. 1319, fol. 116v.


Tav. 11 - Crypt. .. XXVI, fol. 17v.
Illustration non autorise la diffusion

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Tav. 12 - Londra, Brit. Lib., Harl. 5674, fol. 84r.


Tav. 13 - Ven. Marc. gr. 410, fol. 106v.
Tav. 14 - Heid. Palat. gr. 45, fol. 134r.
Tav. 15 - Vindob., Phil. gr. 56, fol. 144r.
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Tav. 16 - Laur. 32.31, fol. 151v.


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Tav. 17 - Ambros. L 116 sup., fol. Ir.


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Tav. 18 - Laur. 32.47, fol. Ir.


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Illustration non autorise la diffusion

Tav. 19 - Paris, gr. 2556, fol. 33r.


Illustration non autorise la diffusion

Tav. 20 - Laur. 32.5, fol. 238r.


LO SPECCHIO OMERICO 613

testuale del manoscritto, ch' il solo a rappresentare la famiglia k in et


mediobizantina15; si pu ritenere, perci, si tratti di tipo di tradizione
conservatosi fin da epoca antica e poi a lungo in area eccentrica, ove
riconducono i caratteri materiali del Laurenziano. Va osservato altres -
senza volerne dare una valutazione in termini di conseguenza necessaria
- che il fenomeno risulta sostanzialmente analogo a quello rilevato da
Jean Irigoin per un congruo numero di tipi testuali conservatisi in mbito
italo-greco 16.
L'Italia bizantina vera e propria ebbe dunque fondamentalmente (e
forse esclusivamente) conoscenza di un Omero ridotto a strumentario
tecnico. Ma quel che va sottolineato il carattere dei materiali omerici in
essa attestati, i quali per la pi parte consistono, volendosene distinguere
i generi17, in glosse, , mitografie, , parafrasi, lessici,
oltre ad introduzioni ad Omero (i prolegomena contenuti nel codice di
Roma + Madrid) atte a fornire i modi essenziali di un accessus minimo
all'autore. A quanto mostra la tradizione, largamente indagata, dei papiri,
tal complesso di materiali ripete le forme pi antiche di lettura e di inter-
pretazione del testo omerico 18, risalendo, in certi casi, a fasi precedenti le

15 Una certa affinit testuale postulata da Allen, The Text of the Odyssey, cit.,
p. 48-53, con alcuni manoscritti molto pi tardi si dimostra peraltro assai labile, a
quanto ha rilevato Tachinoslis, Handschriften und Ausgaben der Odyssee, cit.,
p. 37s.
16 J. Irigoin, L'Italie mridionale et la tradition des textes antiques, in Jahrbuch
der sterreichischen Byzantinistik, 18, 1969, p. 37-55 (ma per tradizioni molto
complesse vd. quanto ho scritto in Manoscritti italo-greci e trasmissione della cultura
classica, in Magna Grecia bizantina e tradizione classica. Atti del Decimosettimo
Convegno di studi sulla Magna Grecia [Taranto, 9-14 ottobre 1977], Napoli, 1978,
p. 197s).
17 F. Montanari, Gli Homerica su papiro : per una distinzione di generi, in
Filologia e critica letteraria della grecita, Pisa, 1984 {Ricerche di filologia classica, II),
p. 125-138.
18 A. Henrichs, Scholia minora zu Homer, in Zeitschrift fr Papyrologie und
Epigraphik, 7, 1971, p. 97-149 e 229-260; 8, 1971, p. 1-12; 12 (1973), p. 17-43;
P. J. Supesteijn, Scholia minora zu Homer, Ilias 22, 184-256, in Mnemosyne, ser. IV,
40, 1987, p. 158-162. Si vedano inoltre i lavori di F. Montanari citati alle note 4 e 17,
e, del medesimo autore, Filologia omerica antica nei papiri, in corso di stampa negli
Atti del XVIII Congresso internazionale di papirologia (Atene, 25-31 maggio 1986); ed
ancora, L. M. Raffaeli, Repertorio dei papiri contenenti Scholia minora in Home-
rum, in Filologia e critica letteraria della grecita, Pisa, 1984 (Ricerche di filologia
classica, II), p. 139-177, e P. Mertens, Vingt annes de papyrologie odyssenne, in
Chronique d'Egypte, 60, 1985, p. 201-203. Infine, per quanto concerne in particolare
il cosiddetto 'anecdotum Romanum' 'excerptum de notis criticis', contenuto
nel codice di Roma-Madrid, in rapporto alla tradizione dei papiri si veda anche

MEFRM 1989, 2.
614 GUGLIELMO CAVALLO

modalit stesse della filologia di et ellenistica, pur se da questa


recuperate rielaborate comunque insieme a questa continuate, fino al loro
esito ultimo nelle raccolte scoliastiche e lessicografiche trasmessesi in
quel contesto tutto eccentrico, testimoniato dai manoscritti, nel quale
l'Italia bizantina trova il suo pi diretto referente. I libri omerici prodotti
in quest'ultima per lo pi riflettono, perci, tipi e modi di una secolare
erudizione vissuta indipendentemente, nonostante un certo interscambio
di materiali, dai cosiddetti Scholia gramatica vel maiora e Scholia exegeti-
ca, ultimamente editi da Hartmut Erbse, confluiti nella grande tradizione
scoliastica dei circoli dotti di Costantinopoli intorno ad essi gravitanti,
ove riemergono a partire al pi tardi dal secolo X (riferimento obbligato
il codice dell'Iliade Mare. gr. 454) 19; una erudizione omerica che s'era
tramandata ai margini di Bisanzio, nei centri di cultura ellenistica ed elle-
nistico-romana : Alessandria soprattutto, ma anche Antiochia, Cesarea di
Palestina Gaza milieux meno noti. Va tuttavia ribadita l'avvertenza
che quei tipi e modi di erudizione si dimostrano scevri di innovazioni,
riconversioni, selezioni - quali risultano dall'immenso corpus scoliastico
edito da Erbse - operate nelle stesse scuole antiche/tardoantiche, riprese
e ridefinite a Bisanzio nel corso del suo ge hroque e nell'ansia della
sua classe dirigente (e colta) di legarsi direttamente ad esperienze pre-
iconoclaste20. La dimensione metropolitana quella di una 'rinascita'
che segue ad una 'frattura'; di contro, lo specifico dell'Italia bizantina
risulta piuttosto quello della 'continuit'. L'Omero italiota, insomma,
riflette intatto il modello di una erudizione del tipo pi antico, talora di
livello elementare addirittura rozzo (a quanto stato scritto, la
parafrasi iliadica di contenuta nel codice di Roma + Madrid abbonda di
volgarit e fraintendimenti, chiaramente dovuti a persona mal pratica di
greco. . .)21.. E tal tipo di erudizione s'era trasmesso - subendo un processo
di progressiva riduzione e degradazione - non a Costantinopoli, ma attra-

W. Lameere, Aperus de palographie homrique, Parigi-Brusselles-Anversa-Amster-


dam, 1960, p. 41-45 e 244-248.
19 Scholia Graeca in Homeri Iliadem (scholia vetera) ree. H. Erbse, I, Berlino,
1969 p. XI-LXXVIII; per la suddivisione in classi dei grandi corpora di scoli
omerici vanno anche tenuti presenti : M. van der Valk, Researches on the Text and
Scholia of the Iliad, I-II, Leida, 1963-1964, e M.Schmidt, Die Erklrungen zum Weltbild
Homers und zur Kultur der Heroenzeit in den bT-Scholien zur Ilias, Monaco di B.,
1976.
20 Su tale modulo interpretativo della prima ' rinascita ' bizantina vd. P. Speck,
Ikonoklasmus und die Anfnge der Makedonischen Renaissance, in Poikila Byzanti-
na, 4. Varia, I, Bonn, 1984, spec. p. 197-199.
21 De Marco, Da un manoscritto degli Scholia minora, cit., p. 127s.
LO SPECCHIO OMERICO 615

verso le tarde scuole greco-egizie siro-palestinesi altre, comunque


eccentriche. A tal proposito, s' detto di certa tradizione scoliastica
rappresentata dai papiri, non riemersa a Bisanzio nella sua specificit
interpretativa; ma v' da considerare pi da vicino anche uno dei manoscritti
medievali ricordati, il Vat. gr. 1456, testimone di '. Il codice
si presenta complessivamente come una miscellanea di materiali
scolastici di ascendenza tardoantica e palestinese : , infatti, l'unico manoscritto
ad attestare, tra l'altro, parte dell' Onomasticon di Eusebio, il quale nella
tarda antichit risulta noto soltanto in Palestina22.
A voler individuare i modi di questa continuit 'provinciale' v' da
credere che libri omerici giungessero con la seta, gli avori, gli oggetti
preziosi, in un'epoca - grosso modo i secoli VII e Vili - di dislocazioni di
genti dall'Egitto, Siria, Palestina verso la Sicilia, l'Italia meridionale,
Roma; ed in un'epoca - va rilevato - di latitanza culturale del centro
dell'Impero, Costantinopoli, e di relativa vivacit delle province (le
invasioni persiane e arabe destabilizzarono, ma non spezzarono del tutto i fili
di continuit della cultura antica nei centri di tradizione ellenistico-roma-
na)23. E sono quei libri che possono aver dato vita - attraverso
trascrizioni e riprese - alle conoscenze omeriche testimoniate nell'Italia
meridionale a partire dal secolo X. Ed invece, fino allo spirare del dominio
bizantino in Italia, Costantinopoli, nonostante il suo age hroque, non
riuscir ad imporre un nuovo modello. E del resto, negli ambienti italo-greci di
quest'epoca (religiosi, soprattutto monastici, talora anche laici) l'esigenza
quella di una cultura utilitaristica, tutta rivolta all'apprendimento dei
fondamenti delle strutture linguistiche, servissero queste alla lettura dei
testi sacri (e qualche volta profani), alla composizione rielaborazione di
pi meno modeste opere letterarie, alla semplice stesura di documenti.
Di qui la conoscenza quasi esclusiva di un Omero ridotto a strumentario
tecnico a nome-simbolo di sapere profano24.
Dal versante filologico a quello tecnico-librario e grafico. I
manoscritti omerici riferibili all'et bizantina si presentano caratterizzati da
materia scrittoria mal lavorata comunque spessa, formati pi meno
modesti, scritture non sempre accurate; un livello artigianale pi elevato

22 C. M. Mazzucchi, Alcune vicende della tradizione di Cassio Dione in epoca


bizantina, in Aevum, 53, 1979, p. 112.
23 Su tutta la problematica mi limito a rimandare al mio lavoro Conservazione
e perdita dei testi greci : fattori materiali, sociali, culturali, in Tradizione dei classici,
trasformazioni della cultura, a cura di A. Giardina, Roma-Bari, 1986, p. 163-169.
24 V. Peri, = sapientissimus. Riflessi culturali latino-greci
nell'agiografia bizantina, in Italia medievale e umanistica, 19, 1976, p. 31s.
616 GUGLIELMO CAVALLO

mostra solo il codice di Roma+Madrid. Ed a questo riguardo, speciale


interesse ne merita la mise en page : la disposizione lemma-glossa,
infatti, tipologicamente analoga a quella antica di gran lunga pi
diffusa, quale si pu rilevare negli Scholia minora su papiro, ove lemmi e
interpretazioni sono ordinati su due colonne distinte e affrontate sinotti-
camente25. Negli altri testimoni di Scholia D qui ricordati - prodotti in
milieux eccentrici, pur se non se ne pu dimostrare una specifica origine
italo-greca - si trova di regola una sistemazione del materiale anch'essa
nota gi in epoca antica ma d'uso assai pi raro : le coppie lemma-glossa
sono disposte in successione continua, separate da segni diacritici, mentre
tra lemma e glossa v' un segno di distinzione pi debole un certo
spazio vacuo. Assente risulta nell'Italia bizantina - almeno allo stato attuale
delle conoscenze - il tipo di codice insistito sul testo omerico con scholia
interlineari o, soprattutto, marginali, quale s'incontra a Bisanzio (ancora
una volta da fare riferimento all'Iliade Mare. gr. 454). Quanto alle
scritture adoperate, il codice di Roma+Madrid vergato da due mani (ma
restano di incerta attribuzione le sezioni scritte in maiuscola), delle quali
la prima usa una minuscola di impostazione piuttosto rigida, ancorata a
tipologie grafiche proprie dell'Italia meridionale tra l'ultimo scorcio del
IX e la prima met del X secolo ; l'altra invece mostra caratteri pi
fluenti, meno connotati. Tra le scritture documentate negli altri esemplari, si
pu ancora una volta ricordare - se il manoscritto di origine italo-greca
- l'asso di picche dato dal Laur. 32.24, vale a dire il legamento epsi-
lon+rho uscito dalle corsive e semicorsive tardoantiche, perpetuatosi ai
margini di Bisanzio.
In generale si pu concludere che Omero riflette, nelle sue
strutturazioni testuali, librarie e grafiche, almeno alcuni di quelli che sono stati i
caratteri di 'originalit' di 'diversit' della produzione scritta
italo-greca fino al secolo XI.

La presa di Bari ad opera di Roberto il Guiscardo nel 1071 segna, si


sa, la fine politico-istituzionale dell'Italia bizantina, non quella del
modello culturale da essa rappresentato : in et normanno-sveva, infatti,
continuano a giungerne incidenze infrazioni. Delle quali in Omero si pu
seguire il percorso ulteriore attraverso tempi ed aree, ma un percorso
sempre pi assediato, incalzato, surrogato da nuovi modelli.
Un codice riscritto due volte, il Laur. 87.21 prodotto al terzo ed
ultimo stadio in area otrantina tra i secoli XIII-XIV, fa intravedere in alcuni

25 Raffaeli, Repertorio, cit., p. 172-175.


LO SPECCHIO OMERICO 617

fogli una scrittura, la seconda, forse dell'XI-XII, di contenuto iliadico26.


Si tratta di un Omero trascritto almeno in circolazione per qualche
tempo nell'Italia meridionale dopo l'et bizantina? L'ipotesi lecita. In ogni
caso, dell'arco di tempo tra gli ultimi Normanni e i primi Svevi si possono
individuare manoscritti sia dell'Iliade sia dell'Odissea di sicura almeno
possibile origine dal Mezzogiorno d'Italia, con una distinzione tra Terra
d'Otranto e area calabro-sicula. Iniziamo dai manufatti che si
caratterizzano come prodotti piuttosto in quest'ultima. Connotazioni italo-greche
gi largamente riconosciute mostrano le due parti - frammentarie per la
caduta di fogli di interi fascicoli - che costituiscono l'iliadico Crypt.
Z.a.XXIV (taw. 7 e 8), peraltro palinsesto : il primo frammento (ff. 1-46)
contiene i libri e completi e sequenze da , e N, il secondo (ff. 47-
84) tutto il libro X e sequenze da , , . Le due parti, tra le quali la
prima da ritenere del secolo XII e di qualche decennio anteriore
all'altra, risultano essere state insieme gi in et antica, poich la scrittura di
note marginali testimoniate nei due frammenti si deve attribuire ad una
stessa mano, anch'essa non pi tarda dell'et normanno-sveva27. Nessun
problema di struttura tecnico-libraria mostrano altri due manoscritti
dell'Iliade riferibili alla medesima epoca, il Vat. gr. 903 e il Vat. gr. 1319
(taw. 9 e 10). Il primo, largamente palinsesto, pu esser ritenuto di
possibile, se non di sicura, origine italo-greca, giacch i caratteri grafici e
librari ne rendono cogente solo un'attribuzione ad area provinciale; ma
mi par utile richiamare l'attenzione su tal manoscritto proprio al fine di
suscitare ulteriori verifiche circa l'ambito geografico di origine, che non
si pu escludere a priori sia stato il Mezzogiorno di cultura greca. Quanto
al Vat. gr. 1319, vi si riconosce la mano di una figura singolare, quella di
Ioannikios, che - spesso in collaborazione con un partner abituale e con
altri occasionali - ha vergato una notevole quantit di libri, soprattutto di
contenuto scientifico-f ilosof ico : attribuita con cautela da Paul Canart alla
Terra d'Otranto28 e da Nigel G. Wilson in forma problematica ad un

26 Aristoteles Graecus. Die griechischen Manuskripte des Aristoteles, untersucht


u. beschrieben v. P. Moraux, D. Harlfinger, D. Reinsch, J. Wiesner, I, Alessandria-
Londra, 1976, p. 323s.
27 I ff. 1-6 e 47-84 del Crypt. Z.clXXIV non solo risultano scritte da mani
diverse (e cronologicamente sfasate, pur se solo di alcuni decenni), ma presentano
una diversa strutturazione della pagina e differenti ordini decorativi, sicch di
deve credere si tratti piuttosto di due parti (la seconda delle quali scritta come '
restauro ' dovuto alla caduta della sezione finale della prima ?).
28 P. Canart, Le livre grec en Italie meridionale sous les rgnes normand et
souabe : aspects matriels et sociaux, in Scrittura e civilt, 2, 1978, p. 151s.
618 GUGLIELMO CAVALLO

milieu greco-orientale29, questa figura - ipotesi formulata anche da Jean


Irigoin - mi sembra abbia operato piuttosto in Sicilia30, verso la quale
orientano caratteri grafici, codicologici e storico-testuali della produzione
libraria dello stesso Ioannikios delle mani della sua cerchia. Di
estrazione italiota sicura sono infine, sempre di et normanno-sveva, i codici
dell'Odissea Crypt. Z.a.XXVI (tav. 11), dovuto a pi mani (nel quale
mancano i libri , , , , , , , e risultano mutili di pi meno ampie
sequenze , , , , , , ) e Lond. Harl. 5674 (tav. 12). Tali manoscritti
italo-greci (o, alcuni, se italo-greci) sono da attribuire, s' accennato, ad
area calabro-sicula ; ma almeno per il codice odissiaco di Londra non va
esclusa l'alternativa della Terra d'Otranto31 : allo stato attuale delle
conoscenze mi par tuttavia doversi sospendere qualsiasi giudizio, giacch la
questione potr forse essere avviata a soluzione solo quando quello ch'
stato uno dei momenti cruciali nella storia delle scritture italo-greche,
l'epoca tra XII e XIII secolo, sar stato indagato in tutte le sue scansioni
grafico-tipologiche in relazione a tempi e ad aree32.
Quel che si pu immediatamente notare in quest'epoca una certa
disponibilit dei canti stessi dell'Iliade e dell'Odissea, i quali invitano,
perci, a considerazioni recensionali e tecniche. Le prime non possono che
fondarsi sulle indagini di Allen; ed anche se ne vanno ribaditi limiti e

29 N. G. Wilson, A Mysterious Byzantine Scriptorium : Ioannikios and his


Colleagues, in Scrittura e civilt, 7, 1983, p. 161-176. Pi sfumata la posizione dello stesso
Wilson nel successivo intervento New Light on Burgundio of Pisa, in Studi italiani
di filologia classica, 3a ser., 4, 1986, p. 113-118.
30 Rimando al mio lavoro La trasmissione scritta, cit., p. 214-216 e 221s. ; vd.
anche J. Irigoin, La tradition manuscrite des tragiques grecs dans l'Italie mridionale
au XIIIe sicle et dans les premires annes du XIVe sicle, in Bisanzio e l'Italia.
Raccolta di studi in memoria di A. Pertusi, Milano, 1982, p. 134-136.
31 A. Jacob, Culture grecque et manuscrits en Terre d'Otrante, in Atti del IH
Congresso storico di studi salentini e del I Congresso storico di Terra d'Otranto, Lecce,
1980, p. 59s.
32 Nei miei lavori La trasmissione scritta, cit., p. 193 e 214, e La cultura italo-
greca, cit., p. 559 e 583, risultano considerati italioti i codici Mare. gr. 458 del'Ilia-
de e Laur. Conv. soppr. 52 dell'Odissea, l'uno del XII, l'altro piuttosto del XII-XIII
secolo; si tratta senz'altro di manoscritti prodotti in milieux provinciali, ma, ad un
pi attento esame, vi si incontrano dati che sembrano andare contro una specifica
origine italo-greca. In questa sede mi par pi corretto lasciare in sospeso il
giudizio. Di un codice dell'Iliade pi tardo di quest'epoca, il Mare. gr. 459 + Mare. gr.
IX 3, riferito alla fine del secolo XIV e al Mezzogiorno greco da E. Mioni, Codices
Graeci manuscripti Bibliothecae Divi Marci Venetiarum. II. Thesaurus antiquus,
Roma, 1985, p. 244s., v' da dire che gli indizi sono troppo deboli perch il codice
si possa ritenere italiota.
LO SPECCHIO OMERICO 619

riserve, par lecito prospettare qualche risultato. L'Omero normanno


normanno-svevo sembra caratterizzato - adoperando un'espressione
forse troppo ardita - da una 'testualit schizofrenica', per cos dire : da una
parte tipi testuali isolati lezioni di peso che risultano essersi conservate
solo in mbito italo-greco e che sono da credere dunque ascendenti a
quell'eredit antica trasmessasi nell'Italia bizantina; dall'altra qualche
forma testuale che, in quanto attestata a Bisanzio ed in mbito greco-
orientale nella stessa epoca, piuttosto da ritenere di recente
introduzione nel Mezzogiorno greco. Tipi testuali iliadici autonomi sono
rappresentati, ciascuno singolarmente, dai codici Vat. gr. 903 e Vat. gr. 131933; essi
quindi possono risalire all'Italia bizantina fin da epoca antica ed ivi
essersi tramandati restando, datane la posizione marginale, del tutto isolati. Ed
ugualmente un tipo testuale di pura estrazione italo-greca si pu
considerare, forse, quello odissiaco, e, dato dal Lond. Harl. 5674, giacch
anch'esso sostanzialmente isolato in quest'epoca ed ancora a lungo34;
l'unica altra traccia antica che ne rimane, infatti, costituita da una
manciata di versi (p, 217-232) data a f. 106v dal Mare. gr. 410 (tav. 13), un
codice del secolo XII di origine italo-greca sicura 3S, mentre gli altri
membri della stessa famiglia risultano tutti di et rinascimentale. Ed invece un
caso di oscillazione del testo omerico fra un sostrato antico e tipologie di
pi recente introduzione si pu rilevare dal Crypt. Z.a.XXIV. La
cosiddet a famiglia dell'Iliade rappresentata, infatti, da quest'ultimo
manoscritto e dal Vat. gr. 1315, un testimone non pi tardo del secolo XII (con
parti di ' restauro ' del XIII) e di certa origine greco-orientale ; ed interessa
notare che il Crypt. Z.cuXXIV - mentre mostra contatti con il Vaticano,
pi stretti nei libri , , , , , meno in M e - documenta altres,
esso solo, qualche lezione di ascendenza assai antica (p. es. a , 244
), non reperibile altrove nella tradizione medievale, quindi di
esclusiva trasmissione italo-greca, ed attestata solo da papiri e scholia,
tanto che Allen riteneva a pity that more of Gf [= Crypt. Z.a.XXIV] has
not survived36. Sembra inevitabile la conclusione che il codice di Grotta-
ferrata derivi da un testimone antico, ma abbia largamente recepito
anche un tipo di testo diffuso in mbito orientale, introdotto pi di recen-

33 Homeri Mas, ed. Allen, cit., I, p. 176-178.


34 Allen, The Text of the Odissey cit., p. 23-26; Tachinoslis, Handschriften und
Ausgaben der Odyssee, cit., p. 26s.
35 A. Colonna, proleg, a Heliodori Aethiopica, Roma, 1938, p. XIV.
36 Homeri Mas, ed. Allen, cit., I, p. 138 (parole citate e problematica inerente
alla famiglia iliadica ti).
620 GUGLIELMO CAVALLO

te in Italia. Del manoscritto odissiaco Z.a.XXVI si attende una collazione


che ne chiarisca l'indole testuale.
Nel riflesso omerico di quest'epoca si pu continuare a cogliere, in
ultima analisi, la persistenza di tipologie culturali emergenti da un sostra-
to antico, ma accanto ad una certa apertura verso esperienze di una
Bisanzio, di cui nell'Italia meridionale e in Sicilia, a partire dai
Normanni, penetrano ideologie, atteggiamenti, simboli; n, ed quel che interessa
in questa sede specifica, mancarono dirette acquisizioni di manoscritti
dall'Oriente attraverso vie e veicoli vari. Si tratta di uno slancio culturale
nuovo - documentato anche dal pi alto numero di manoscritti
prodot i 37 e direttamente collegato ai ceti dirgenti greci locali - del quale
tuttavia, testimone lo stesso Omero, in et normanna vera e propria non va
esagerata la portata : da osservare, infatti, che la grande stagione
omerica vissuta dalla Bisanzio del secolo XII (Eustazio, Giovanni Tzetze)38
rimane del tutto estranea al Mezzogiorno greco coevo. Quel che si mostra
significativo e discriminante rispetto all'et bizantina vera e propria ,
piuttosto, che non si tratta pi di uno studio esclusivamente (o quasi) filo-
logico-erudito di Omero, in pratica senza testo, ma di una lettura diretta
dei canti omerici (pur se talora non senza sussidi scoliastici) nei milieux
laici e religiosi di lingua greca.
comunque dal secolo XIII e in Terra d'Otranto che viene
definitivamente ad imporsi il modello greco-orientale, a quanto Omero, ancora una
volta, riflette senza ambiguit, pur se resiste, ma solo agli albori dell'et
sveva, qualche stralcio antico. In area salentina la presenza del poeta
documentata non soltanto da un certo numero di manoscritti ivi stesso
prodotti, ma anche dalla ricezione - diretta mediata da raccolte glosso-
grafiche - che ne risulta in autori di quell'area39, nonch da qualche
notizia (un'Odissea e, a quanto si deve credere, anche un'Iliade inviati da

37 Canart, Le livre grec, cit., p. 160-162 (prospetti dei dati risultanti dalla
ricerca).
38 A. Vasilikopoulou-Joannidou, '
, Atene, 1971-1972; Browning, Homer, cit., p. 15-33;
N.G.Wilson, Scholars of Byzantium, Londra, 1983, p. 190-204; A. P. Kazhdan e
A. Wharton Epstein, Change in Byzantine Culture in the Eleventh and Twelfth
Centuries, Berkeley - Los Angeles - Londra, 1985, p. 133-135.
39 M. Gigante, Poeti bizantini di Terra d'Otranto nel secolo XIII, Napoli, 19792,
p. 49 ; M. B. Wellas, Griechisches aus dem Umkreis Kaiser Friedrichs II, Monaco di
., 1983, p. 76; P. Hoffmann, Une lettre de Drosos d'Aradeo sur la fraction du pain,
in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s., 22-23, 1985-1986, p. 260 e n. 63.
LO SPECCHIO OMERICO 62 1

Giovanni d'Otranto a Giorgio Bardane metropolita di Corf)40. Il primo


esemplare omerico sicuramente otrantino il codice di Heidelberg, Palat.
gr. 45 (tav. 14), contenente, tra l'altro, l'Odissea e scritto forse come
esercitazione di scuola nel 1201 da pi mani, tra cui quella di Palagano
d'Otranto, figlio del conte Pelegrino, che, avendo legato il suo nome al
manoscritto Palatino, ha permesso di circoscriverne l'ambito di
trascrizione41. Il testo odissiaco si pu ancora ritenere, forse, di ascendenza
locale : va notato, infatti, che gli altri membri della stessa famiglia, b,
sono tutti di et rinascimentale ad eccezione del Vindob. phil. gr. 56
(tav. 15) prodotto nel 1300 nella stessa Terra d'Otranto42. Nel codice
Palatino - si vedr - materiali tratti da Giovanni Tzetze risultano
sostanzialmente confinati negli ultimi fogli, e non si pu escludere, perci, che essi,
assenti nel modello, siano stati ripresi da altra fonte e aggiunti. Dell'altro
poema omerico, Y Iliade, in manoscritti salentini del medesimo secolo XIII
sono documentati tipi di testo che si possono credere - nonostante le
cautele che i raggruppamenti di Allen impongono - introdotti dall'Oriente
greco perch ivi diffusi nella stessa epoca. Vi si incontrano i tipi : b,
attestato dall'Angel. gr. 122 e dal Laur. 32.31 (tav. 16), l'uno e l'altro
dell'inoltrato secolo XIII; g, contenuto nell'Ambros. L 116 sup. e nel Laur. 32.47
(tav. 17 e 18) riferibili alla stessa epoca43; t, dato dal Bodl. New College

40 J. M. Hoeck e R. J. Loenertz, Nikolaos-Nektarios von Otranto Abt von Casole,


Ettal, 1965, p. 186, 188 e 190. Vd. anche W. Berschin, Griechisch-lateinisches
Mittelalter. Von Hieronymus zu Nikolaus von Kues, Berna-Monaco di ., 1980, p. 291.
41 La data del manoscritto resta quella accolta da Molhuysen, De tribus
Homeri Odysseae conicibus, cit., p. 8, e recentemente confermata da Jacob, Les
critures, cit., p. 273 e 278, e Culture grecque, cit., p. 71. Le questioni suscitate al
riguardo da C. Galla vom, Note su testi e scrittori di codici greci. I. Intorno al codice
Palatino dell'Odissea, in Rivista di studi bizantini e neollenici, n.s., 17-19, 1980-1982,
p. 229-235, interessano piuttosto l'alternanza delle mani nel manoscritto che non la
datazione.
42 Allen, The Text of the Odyssee, cit., p. 20-23 ; Tachinoslis, Handschriften
und Ausgaben der Odyssee, cit., p. 25s.
43 L'origine italo-greca del Laur. 32.47 confortata, tra l'altro, da una nota
latina a f . 266r che suona Iacobus dei gr(ati)a Rex s(i)cil(i)ae ducat(us) apuliae et
principatus capuae e che, su congiunti fondamenti grafici e contenutistici, va
datata agli anni di regno di Giacomo II d'Aragona (1285-1296); tal nota costituisce,
pure, un termine di riferimento cronologico per la trascrizione del codice stesso,
che va assegnato entro quegli anni a data di poco anteriore, come mostra la
scrittura. Resta qualche dubbio tuttavia - soprattutto in relazione a certi dati tecni-
co-librari - sull'origine specificamente otrantina del manoscritto.
622 GUGLIELMO CAVALLO

298.1 da datare piuttosto ai primi decenni dello stesso XIII secolo44.


Quest'ultimo manoscritto riveste particolare interesse giacch vi sono
contenute lezioni da un esemplare posseduto da un Nicola d'Otranto
(Nicola-Nettario di Casole Nicola figlio di Giovanni Grasso?)45.
Nello stesso senso dei tipi testuali orientano introduzioni e scholia ad
Omero. Anche se mancano studi recenti e adeguati sulla tradizione scolia-
stica dell'Odissea, i quali soltanto potrebbero garantire proposte
scientificamente valide, lecito tuttavia osservare, almeno, che testimoni
fondamentali degli scholia vetera sono ritenuti il Lond. Harl. 5674 e il Palat. gr.
45, gli stessi manoscritti - vale a dire - che tramandano tipi testuali odis-
siaci forse di antica tradizione italo-greca (in quegli scholia vi si trova, tra
l'altro, parte degli omerici di Porfido)46. Di un certo interesse
anche i materiali accessori contenuti alla fine del Palat. gr. 45 (ff. 230r-
233r) : si tratta di zwei byzantinische Odysseus-Legenden, delle quali la
prima significativamente tramandata unicamente dal nostro manoscritto
di Heidelberg, mentre l'altra ricalca un passo del commento di Giovanni
Tzetze all'Alessandra di Licofrone e dunque si rivela di recente
introduzione dal mondo greco-orientale47. Indicazioni pi orientative vengono dalla
tradizione scoliastica iliadica. Il Vat. gr. 903 del tardo XII secolo, sia
meno di origine italo-greca, reca comunque scholia minora e /-
48, in sostanza forme scoliastiche assai semplici, gi attestate
nell'Italia bizantina; ed invece una diversa situazione risulta documentata nel
pieno XIII secolo. Hartmut Erbse ha riattaccato due manoscritti otrantini
alla fonte, sicuramente greco-orientale, da cui sono usciti i cosiddetti
scholia h : si tratta del gi ricordato Angel, gr. 122 e del Paris, gr. 2556
(tav. 19) dello scorcio del secolo XIII (codice, quest'ultimo, che non con-

44 Su tali tipi testuali vd., ancora una volta, Homeri Ilias, ed. Allen, cit., I, risp.
p. 95-98, 118-122, 148-155.
45 L'identificazione resta problematica : vd. ultimamente A. Jacob, Une
bibliothque mdivale de Terre d'Otrante, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n. s.,
22-23, 1985-1986, p. 305 e n. 102.
46 Sulla tradizione degli Scholia all'Odissea e pi in particolare sui manoscritti
qui considerati vd. almeno Scholia Graeca in Homeri Odysseam ex codicibus aucta
et emendata, ed. G. Dindorf, I, Oxford, 1855, spec. p. IV- Vili e XII,; Porphyrii
Quaestionum Homericarum ad Odysseam pertinentium reliquias collegit disponit
edidit H. Schrader, Lipsia, 1890, spec. p. 141-143 e 163-166; Porphyrii Quaestionum
Homericarum liber, I, . . .a cura di R. Sodano, Napoli, 1970, spec. p. XIVs., XIX-
XXI, XXVIIs.
47 A. Ludwich, Zwei byzantinische Odysseus-Legenden, Knisberg, 1893, p. 1-8.
48 Homeri Ilias, ed. Allen, cit., I, p. 45.
LO SPECCHIO OMERICO 623

tiene direttamente il testo omerico)49. Inoltre, nei due esemplari, i quali


risultano strettamente legati sotto il profilo testuale, ed in un altro codice
otrantino, il gi ricordato Bodl. New College 298.11 del primo secolo XIV,
si trovano anche materiali omerici risalenti a Giovanni Tzetze50.
Sotto l'aspetto sia testuale sia librario, mi sembra di dover richiamare
l'attenzione su un codice non privo di interesse, il Laur. 32.5 contenente
l'Iliade nel tipo testuale b di provenienza greco-orientale ma dato anche
da manoscritti, gi ricordati, prodotti in Terra d'Otranto (Angel, gr. 122 e
Laur. 32.31). Il codice, riferibile senza troppi dubbi al primo secolo XIII,
stato vergato da pi mani, tra le quali la seconda (tav. 20), e solo la
seconda, mostra taluni caratteri tipici delle scritture otrantine; inoltre i
ff . 257-267 sono un restauro pi tardo operato sicuramente nell'Italia
rinascimentale. Mi limito a porre la questione : si tratta di un prodotto
otrantino? - ed quanto sono pi propenso a credere - ci si trova di
fronte, in concreto, ad uno di quegli esemplari greco-orientali che sono
serviti da modello testuale e grafico a libri omerici trascritti in Terra
d'Otranto (e, pi in generale, nei milieux italo-greci)?
La questione del quando, da dove, mediante chi il nuovo modello
omerico sia stato introdotto in Terra d'Otranto, pu trovare qualche
soluzione ora pi ora meno convincente, comunque da proporre. Il ruolo
giocato da Nicola-Nettario abate di Casole nei primi decenni dell'et sveva
come tramite tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso stato da pi
parti sottolineato. Ed invero, tralasciando di dire dell'opera di mediazione
ch'egli svolse tra le due confessioni come esperto di teologia e di
polemica dottrinale bizantina, si pu rilevare piuttosto la sua figura di
raccoglitore, lettore, annotatore di libri; un fatto che ben si spiega ove si pensi
alla sua attivit di , ai suoi interessi poetici, alla sua rete di
amicizie : il e Giovanni Grasso, noto anche come
Giovanni d'Otranto, suo figlio Nicola, l'archivista della chiesa di Gallipoli
Giorgio. In questa cerchia libri omerici erano in circolazione, giacch, s'
visto, vi sono testimonianze scritte, dalle quali risulta che ne erano in
possesso lo stesso abate di Casole e Giovanni Grasso. Quando si pensi dunque

49 H. Erbse, Beitrge zur Ueberlieferung der Iliasscholien, Monaco di B., 1960,


p. 184-209, spec. p. 193-197 (ma si veda anche la recensione di J. Irigoin, in Revue
de philologie, 35, 1961, p. 288, ove sono reperibili interessanti nutazioni sui
manoscritti di cui in Erbse).
50 Erbse, Beitrge cit., p. 193 . 4; in particolare sul cod. Bodleiano vd. A. Lud-
wich, Aristarchs Homerische Textkritik nach den Fragmenten des Didymos dargestellt
und beurtheilt, II, Lipsia, 1885, p. 609s., e, recentemente, R.W.Hunt and others.
The Survival of Ancient Literature. . ., Oxford, 1975, p. 5.
624 GUGLIELMO CAVALLO

alle relazioni di vario tipo (viaggi, trattative, coinvolgimenti) che Nicola-


Nettario intrattenne con il mondo greco-orientale e agli interessi letterari
suoi e della sua cerchia, si pu credere che sia stata questa une delle '
cinghie di trasmissione' per cos dire, di nuovi tipi testuali omerici in Terra
d'Otranto. Ma i tramiti possono essere stati diversi e pi d'uno, n solo di
et sveva, ma angioina, tanto pi ove si consideri che, a quanto stato
rilevato, il momento di pi intensa fioritura culturale del Salento va
collocato alla fine del secolo XIII, quindi in et angioina, nella zona tra Nardo,
Soleto, Maglie e Gallipoli, e ad opera di preti piuttosto che di monaci51. E
fu quindi soprattutto attraverso generazioni laiche (si ricordi Palagiano
d'Otranto) e sacerdotali che Omero si trasmise in Terra otrantina
dall'alba del XIII fino al XVI secolo (in epoca assai tarda s'incontrano
manoscritti prodotti letti e annotati in quella zona quali il Neapol. II F
2, il Vat. Ottob. gr. 303, il Vat. Ottob. gr. 58, tutti di contenuto iliadico,
l'ultimo indagato anche in relazione ad alcuni interessanti materiali
omerici ch'esso offre)52.
Sul versante tecnico-librario e grafico si pu osservare, innanzi tutto,
la progressiva introduzione della carta, anche se si continua ad
adoperare, man mano pi raramente, la pergamena, magari di riutilizzo (come
nel Crypt. Z.a.XXIV e, se di origine italo-greca, nel Vat. gr. 903). Il Vat.
gr. 1319 di mano di Ioannikios di carta spagnola e cos pure il Crypt.
Z.a.XXVI.
In Terra d'Otranto i nostri codici omerici documentano l'uso, di
regola, di carta italiana, talora senza filigrana : di carta sono Angel, gr. 122,
il Laur. 32.31, l'Ambros. L 116 sup., le due parti del codice di Oxford,
New College 298, il Vindob. phil. gr. 56, il Paris, gr. 2556. I manoscritti
presentano formato oscillante tra il medio e il medio-grande; inoltre, gli
esemplari corredati di scoli rivelano, nella centralit del testo e nella
distribuzione marginale dei materiali di commento, una 'mise en page'
sostanzialmente analoga - pur se pi povera di contenuti - a quella gi da
secoli in uso nella produzione libraria greco-orientale. Tra le scritture
spiccano le mani attestate nel Crypt. Z.clXXIV, l'una di tipica
impostazione cancelleresca, l'altra assai fluida. 0 si pu rimandare ad alcune tra le
mani che trascrivono il Crypt. Z.clXXVI, suggestionate come sono da

51 A. Jacob, Testimonianze bizantine nel basso Salento, in II basso Salento.


Ricerche di storia sociale e religiosa, a cura di S. Palese, Galatina, 1982, p. 60-65.
52 A. Severyns, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos. IH. La Vita Homeri
et les sommaires du Cycle. I. tude palographique et critique, Parigi, 1953, p. 30-41
e 141-155.
LO SPECCHIO OMERICO 625

echi, tutti d'ordine greco-orientale, della Fettaugenmode, mentre pi


vicine alle scholarly hands possono essere considerate le mani di Ioan-
nikios e e la pi parte di quelle del Palat. gr. 45. Negli esemplari otrantini
del secolo XIII inoltrato pi tardi si riscontrano le scritture proprie
della regione. Ma tra le emergenze grafiche normanno-sveve, nel codice
Lond. Harl. 5674 che se ne riflette il momento pi significatico e
notevole, giacch esso documenta la prima fase genetica di una scrittura, la '
minuscola barocca ' del secolo XIII, che viene ad innestarsi su certe
tipologie grafiche greco-calabre (lo stesso 'stile di Reggio'?). Si tratta di una
circostanza, che vanifica e rimette in discussione - anche se in limiti che
restano da definire - certe attuali distinzioni tra scritture calabre (o cala-
bro-sicule) e scritture otrantine, imponendo l'obbligo di una serie di
verifiche sul piano strettamente grafico. In particolare va analizzata, con il
metodo della paleografia formale, la serie, pur se forse non cospicua, di
testimonianze che mostrano le intersezioni tipologiche, cronologiche e
geografiche del fenomeno scrittorio53; con l'avvertenza, altres, che in
quelle intersezioni agiscono anche modelli greco-orientali e occidentali,
questi ultimi d'indole notarile, di contesto non solo greco ma anche
latino, tutti ancora da precisare e valutare. Solo un'indagine del genere pu
districare, tra l'altro, nodi relativi a determinate attribuzioni di tempi e/o
di aree. In questa sede mi limito a suscitare una questione che non stata
mai posta e indagata nella sua complessit (ed anzi si richiedono studi
sulle scritture otrantine che correggano certe impostazioni distorcenti
della problematica).

Quando si vogliano trarre le conclusioni ultime da Omero come


riflesso del modello culturale bizantino in Italia e delle sue incidenze
rifrazioni ulteriori, ci si accorge, vero, che l'incontro stato solo con
poco pi di una ventina di manoscritti, tenuto conto, peraltro, di certe
attribuzioni dubbie e di tutta la gamma delle fruizioni attestate, anche di
quelle limitate a pochi versi a qualche vocabolo ; ma in un'area di
grecita eccentrica ed in un'epoca di produzione libraria faticosa, lenta,
ristret a a rari milieux e individui - quando qualche manoscritto pu servire

53 In particolare, sulle intersezioni tra scritture calabro-sicule e scritture


otrantine sono da prendere in considerazione - oltre all'Omero Lond. Harl. 5674 -
materiali quali il Vat. gr. 1212 (mano attestata ai ff. 75r-82r e 95r-v), il Laur. 5.20, il
Vallic. E 54 (scrittura testimoniata ai ff. 138r-140v), il Matrit. 4846, il Bruxell. Bibl.
Roy. IV 459 (mano attestata ai ff. 131r-14Ov), il Vat. gr. 2019 (annotazioni di
Senatore Critena a f. 155v), il Laur. 80.18 e il Mare. gr. 178 (dovuti ad una stessa mano),
il Laur. 32.17 (ff. 109v-19Ov), il documento di Cava, perg. gr. 97.
626 GUGLIELMO CAVALLO

come merc di scambio ed integrare la somma per l'acquisto di una


casa54 pu costituire parte non indegna da un lascito testamentario55 -
gli scarsi libri omerici vanno risolti in una valenza altrimenti dilatata,
suscettibili perci di riverberare significazioni di fondo.
Quel che colpisce la continuit, il ripetersi sostanziale, almeno fino
al secolo XI, di esperienze antiche, talora assai antiche; la continuit,
dunque, di un modello mediterraneo, i cui esiti italo-greci affondavano le
radici pi immediate nei secoli VI-VIII, in una dimensione temporale e
spaziale nella quale Bisanzio non aveva ancora la forza di imporre un suo
modello; a guidare il dibattito culturale (non solo pagano, ma anche
cristiano) sono i centri di tradizione ellenistica delle sue province. Pi tardi,
in area calabro-sicula in et normanna, ma soprattutto in Terra d'Otranto
in et sveva e angioina, il modello antico si rompe, ma senza venir meno
del tutto. L'Omero/testo riflette, anzi, il gioco di lasciti, innovazioni, strati
culturali che si succedono in un Mezzogiorno greco ormai
definit vamente tornato all'Occidente. Ma anche l'Omero/libro riflette fasi della cultura
scritta in cui sulla continuit con il passato vengono ad innestarsi
fenomeni di nuovo segno greco-orientale pi propriamente occidentali.
Alla fine del lungo, secolare percorso qui delineato, mi sembra di
dover ricordare ancora alcuni fatti. In un'opera magistrale Agostino Per-
tusi ha ricostruito momenti significativi dell'approccio ad Omero dei
primi umanisti56; il quale fu mediato dalla figura di un 'grico' di Calabria,
Leonzio Pilato, chiamato ad insegnare greco nello Studio fiorentino negli
anni dal 1360 al 136257, ma formatosi sull'antico patrimonio di quei
materiali scoliastici, lessicografici, esegetici tramandatisi nei (e attraverso
i) territori dell'Italia bizantina, come dimostrano versioni latine e com-
mentari autografi di Leonzio contenuti, insieme al testo greco, nei codici

54 F. Trincher, Syllabus Graecarum membranarum, Napoli, 1865, p. 44s.,


num. 36.
55 A. Aar, Gli studi storici in Terra d'Otranto, in Archivio storico italiano, IV
ser., 9, 1882, p. 252-257.
56 A. Pertusi, Leonzio Pilato fra Petrarca e Boccaccio. Le sue versioni omeriche
negli autografi di Venezia e la cultura greca del primo Umanesimo, Venezia-Roma,
1964, spec. p. 113-380 e 433-520; vd. anche, dello stesso Pertusi, Leonzio Pilato e la
tradizione di cultura italo-greca, in Bizantino-Sicula. Quaderni, 2, Palermo, 1966,
p. 66-84.
57 Le date dell'insegnamento del greco di Leonzio Pilato allo Studio fiorentino
sono state precisate da G. C. Garfagnini, Citt e Studio a Firenze nel XIV secolo :
una difficile convivenza, in Luoghi e metodi di insegnamento nell'Italia medioevale
(secoli XII-XIV). Atti del Convegno internazionale di studi. Lecce-Otranto, 1986, a
cura di L. Gargan e O. Limone, Galatina, 1989, p. 113.
LO SPECCHIO OMERICO 627

Mare. gr. IX.2 e Mare. gr. IX.29, rispettivamente dell'Ilade e dell'Odissea.


Di tali versioni e commentari si servirono Petrarca e Boccaccio
soprat ut o, ma anche umanisti dell'ultimo Trecento e del Quattrocento quali
Coluccio Salutati, Pier Candido Decembrio, Francesco Filelfo58. Infine,
sul versante dei dotti greci nel contesto del Rinascimento italiano, v' da
dire che i cosiddetti escerti lascaridei - una serie di scritti introduttivi
ad Omero dovuti all'attivit di Costantino Lascari a Messina dati
dall'autografo Matrit. 4629 59 - si dimostrano tratti dai prolegomena agli Scholia
D testimoniati da quel codice Roma + Madrid60, altre volte ricordato, che
costituisce la pi antica raccolta italo-greca documentata di materiali ilia-
dici.
Nello specchio omerico, il 'background' greco che attraversa il
rinnovamento degli statuti intellettuali tra Umanesimo e Rinascimento si
dimostra intrigato da frammenti di quello che - ereditato da tempi e spazi del
Mediterraneo antico - era stato le modle culturel byzantin en Italie.

Guglielmo Cavallo

58 Pertusi, Leonzio Piloto fra Petrarca e Boccaccio, cit., p. 381-431 e 433 . 1.


59 J. M. Fernandez Pomar, La colecctn de Uceda y los manuscrites griegos de
Constantino Lascaris, in Emerita, 34, 1966, p. 237 e 239.
60 Montanari, Studi, cit., I, p. 65-71.