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SAnto LuCà

intERFEREnZE LinguiStiCHE gRECo-LAtinE


A gRottAFERRAtA tRA Xi E Xii SECoLo*

* Avverto che nelle trascrizioni ho rispettato l’ortografia del manoscritto, ma ho ripristinato


la maiuscola nei nomi propri. – Ringrazio i colleghi e amici che mi sono stati prodighi di sug-
gerimenti: Paolo Cherubini, Antonio Ciaralli, Emma Condello, Francesco D’Aiuto, André Jacob,
Andrea Luzzi, Maddalena Signorini, Stefano Parenti.

© P E n S A M u Lt i M E D i A s.r.l.
PAPyRoLogiCA LuPiEnSiA, S uPPLEMEnto , 2015
iSSn 1591-2140
Abstract
greek speaking Southern italy, with its mixed population which comprised also Latins
and Arabs, was an area open to cultural interaction. the article deals with two examples
of graeco-latin graphic interference both dating around the year 1100, from a milieu
connected with Rome and/or grottaferrata. Vat. gr. 1214 (containing theodorus Stu-
dite) and Vat. gr. 781 (a lectionary) were copied around the year 1000, as by-products
of the so-called «nilian calligraphic school».

Keywords
Cultural interaction, Rome, grottaferrata (Abbey S. Maria), greek handwriting, Latin
handwriting

il Mezzogiorno d’italia, in cui per tutto il medioevo convissero pacifica-


mente etnie diverse quanto a lingua, religione e cultura, s’è rivelato un territorio
da sempre ben disponibile alle interazioni culturali reciproche fra greci, Latini,
Arabi ed Ebrei1, le quali contribuirono a dare forma e sostanza alla civiltà italo-
meridionale, determinandone una propria facies, unica nella storia millenaria
dell’impero bizantino. non a caso il libro manoscritto in lingua greca, che di
quella civiltà costituisce l’espressione culturalmente più eloquente, mostra i
segni inconfondibili di tale processo di acculturazione, che si riflette tanto sulla
confezione materiale, quanto sulla tipologia dell’ornamentazione, che fonde,
sovente in modo originale, elementi bizantini, islamici, latini, configurandosi
dunque come specchio fedele di quella stessa civiltà2. in tale prospettiva riveste

1
È utile leggere, fra l’altro, V. Von FALkEnHAuSEn, Una babele di lingue: a chi l’ultima pa-
rola? Plurilinguismo sacro e profano nel regno normanno-svevo, «Archivio storico per la Ca-
labria e la Lucania » 76 (2010), pp. 13-35.
2
Circa l’ornamentazione si rinvia alla recente messa a punto di i. HuttER, La décoration et
la mise en page des manuscrits grecs de l’Italie méridionale. Quelques observations, in A.
JACob-J.-M. MARtin-g. noyé (éds.), Histoire et culture dans l’Italie byzantine. Acquis et nou-
velles recherches, Collection de l’école française de Rome, 363, Rome 2006, pp. 69-93; quanto
agli aspetti materiali mi limito a rinviare ai numerosi contributi di Julien Leroy, per i quali cf. P.
CAnARt, Paleografia e codicologia greca. Una rassegna bibliografica, Littera Antiqua, 7, Città
del Vaticano 1991, nrr. 243, 562-564, 643-644, 650.
298 S. Lucà

una significativa rilevanza non tanto e non soltanto la produzione di manoscritti


digrafici (greco-latini o greco-arabi) o trigrafici (greco-latino-arabi), che nel-
l’italia meridionale datano a partire dal secolo X ca. e conoscono un significa-
tivo incremento con l’avvento dei normanni e particolarmente in età
normanno-sveva, ma anche, e soprattutto, l’occorrenza di manifestazioni scrit-
torie “minori”, ossia note accessorie o aggiunte paratestuali – quali, ad esempio,
postille marginali o interlineari finalizzate ad una più agevole comprensione
dei testi, prove di apprendimento grafico, traduzioni di brevi brani testuali rite-
nuti di particolare interesse –, vergate tutte, principalmente in latino, da mani
greche, le quali offrono ulteriore prova di un’osmosi culturale che coinvolse un
buon numero di amanuensi e di monaci/lettori3. non è casuale che numerosi

3
Della ricca bibliografia mi limito qui a menzionare soltanto: P. géHin, Un manuscrit bi-
lingue grec-arabe, BnF, Supplément grec 911 (année 1043), in F. DéRoCHE-F. RiCHARD (éds.),
Scribes et manuscrits du Moyen-Orient, Paris 1997, pp. 161-175; Á. uRbÁn, An Unpublished
Greek-Arabic Ms of Luke’s Gospel (BnF Suppl. grec 911, A.D. 1043): A Report, in J.P. MonFER-
RER-SALA (ed.), Eastern Crossroads. Essays on Medieval Christian Legacy, georgia Eastern Chris-
tianity Studies, 1, Piscataway (nJ) 2007, pp. 83-95; M. MAVRouDi, Arabic Words in Greek Letters:
The Violet Fragment and More, in J. LEntin-J. gRAnD’HEnRy (éds.), Moyen arabe et variétés
mixtes de l’arabe à travers l’histoire. Actes du premier Colloque International (Louvain-la-Neuve,
10-14 mai 2004), Publications de l’institut orientaliste de Louvain, 58, Louvain-la-neuve 2008,
pp. 321-354; S. LuCà, graeco-latina di Bartolomeo Iuniore, egumeno di Grottaferrata († 1055
ca.)?, «Νέα Ῥώμη »1 (2004) [= Ἀμπελοκήπιον. Studi di amici e colleghi in onore di Vera von Fal-
kenhausen, Ι], pp. 143-184: 177 e n. 119 (con precedente bibliografia); g. DE gREgoRio, Tardo
medioevo greco-latino: manoscritti bilingui d’Oriente e d’Occidente, in F. MAgiStRALE-C. DRAgo-
P. FioREtti (edd.), Libri, documenti, epigrafi medievali: possibilità di studi comparativi. Atti del
Convegno internazionale di studio dell’Associazione Italiana dei Paleografi e Diplomatisti, Bari,
2-5 ottobre 2000, Spoleto 2002, pp. 17-135: 94-133; A. PiEMontESE, Codici greco-latini-arabi in
Italia fra XI e XV secolo, in Libri, documenti, epigrafi cit., pp. 445-466; V. Von FALkEnHAuSEn, I
documenti napoletani come fonte per lo studio delle interferenze greco-latine (IX-XII secoli), in
R. SoRniCoLA-P. gRECo, con la collaborazione di g. PiAnESE (edd.), La lingua dei documenti no-
tarili alto-medievali dell’Italia meridionale. Bilancio degli studi e prospettive di ricerca, Memorie
della Società di Scienze, Lettere e Arti di napoli, 17, napoli 2012, pp. 107-126; g. MAnDALà,
Multilingual manuscripts in Normann Sicily, in g. MAnDALà-i. PéREZ MARtín (eds.), Multilingual
and multigraphic manuscripts and documents of East and West, Piscataway (nJ) 2014, in corso
di stampa (ringrazio l’autore per avermi fatto leggere l’articolo ancora dattiloscritto). Si veda
infine il contributo di M.A. kuRyšEVA, Some paleographic observations on two Greek Nomo-
canons from Southern Italy in the State Historical Museum (Moscow), in E. CuoZZo-V. DéRoCHE-
A. PEtERS-CuStot-V. PRigEnt (éds.), Puer Apuliae. Mélanges offerts à Jean-Marie Martin, i,
Collège de France - CnRS. Centre de recherche d’histoire et civilisation de byzance. Monogra-
phies, 30, Paris 2008, pp. 373-382, Pl. 9 (color), che riprende, grosso modo, quanto la studiosa
aveva già pubblicato in russo in Kodikologičeskoe issledovanie grečeskich nomokanonov
južnoital’janskogo proischoždenija iz sobranija Gosudarstvennogo Istoričeskogo Muzeja, in Chri-
zograf, iii: Srednevekovye knižnye centry: mestnye tradicii imežregionalnye svjazi. Trudy meždu-
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 299

manoscritti del secolo X e Xi ne conservino significative testimonianze vergate


in beneventana da scribi adusi alla tecnica scrittoria bizantina. Quest’ultimo fe-
nomeno si manifestò principalmente nel corso dei secoli X e Xi, allorché il mo-
vimento monastico calabro-siculo, causa le scorrerie musulmane, fu costretto
ad emigrare verso il nord, raggiungendo, oltre alla basilicata, la Campania, il
Lazio e anche, seppur marginalmente, l’Abruzzo. E i manufatti librari, allestiti
in quelle circostanze da monaci o laici che per ragioni politiche o ideali o per
scelta di vita operarono in quei territori di matrice culturale latino-occidentale,
ne portano i segni in campo grafico, giacché il bisogno di interagire col mondo
latino circostante fu essenzialmente avvertito dalla componente greca esule4.

narodnoj naučnoj konferencii, Moskva, 5-7 sentjabrja 2005 g., pp. 94-110. in tali due ultimi studi
si tratta dei Mosqu. Synod. 432 (Vlad. 317) e 398 (Vlad. 315). L’uno, in stile di Rossano/Reggio
della prima metà del secolo Xii, al f. 12v (kuRyšEVA, Some paleographic observations cit., fig. 6,
p. 382) conserva il simbolo di fede vergato in una minuscola carolina oramai destrutturata della
fine del secolo Xii, verosimilmente di origine siciliana, nonché, sempre in una carolina, ma coeva
all’età del manoscritto e attribuibile al copista greco, le note a margine che paragrafano i vari testi;
l’altro, il Mosqu. Synod. 398, piuttosto che alla Calabria, deve essere attribuito più correttamente
al milieu palestinese e datato al secolo iX/X. La scrittura in cui esso è stato vergato, infatti, non è
lo stile «en as de pique», come ritiene la studiosa, ma piuttosto una minuscola corsiveggiante ana-
loga, relativamente alla mano A [ff. 1r-176v, 240r-293v, 296r-308v], a quella esibita nel nomoca-
none Par. Suppl. gr. 1085, la cui grafia condivide con l’asso di picche alcuni morfemi, che però
sono propri della corsiva bizantina. Circa il Parigino cf. L. PERRiA, Il Vat. Palat. gr. 376, il Par.
Suppl. gr. 1085 e la minuscola antica di area palestinese, «Rivista di studi bizantini e neoellenici»
n.s. 29 (1992) [1993], pp. 59-76, nonché A.A. ALEttA-A. PARibEni, I luoghi del diritto nel Paris.
Suppl. gr. 1085 (I): tra parole scritte e immagini dipinte, in A. Rigo-A. bAbuin-M. tRiZio (edd.),
Vie per Bisanzio. Atti del VII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini,
Venezia, 25-28 novembre 2009, i, bari 2013, pp. 415-440 ; iiD., I luoghi del diritto nel Paris.
Suppl. gr. 1085 (II), «Rivista di studi bizantini e neoellenici» n.s. 46 (2009), pp. 33-71. L’attribu-
zione del cimelio di Mosca all’italia meridionale – già proposta da chi scrive in I Normanni e la
‘rinascita’ del sec. XII, «Archivio storico per la Calabria e Lucania» 60 (1993), pp. 1-91: 60 n.
241 (vidi il manoscritto in bacheca in occasione della Mostra organizzata per il XViii Congresso
internazionale di Studi bizantini, Mosca, 8-15 agosto 1991) e ribadita di recente in Concilium
Constantinopolitanum A. 691/2 in Trullo habitum (Concilium Quinisextum), ed. H. oHME, adiu-
vantibus R. FLogAuS-CH.R. kRAuS, berolini-novi Eboraci 2013 (ACo, Ser. ii, 2/4), p. XXVii –
è già stata respinta convincentemente da A.A. ALEttA, Testo e ornamentazione nei corpora cano-
num bizantini del IX-X secolo, in «Rivista di storia della miniatura» 17 (2013), pp. 17-28: 23-24,
con la bibliografia citata alla nota 35 (pp. 27-28). Annoto infine che le osservazioni della studiosa
russa che ritiene a torto che la presenza del latino nella trascrizione dei titoli delle norme giuridiche
costituisca prova inoppugnabile per rivendicare l’origine italogreca dei manoscritti non appaiono
fondate, giacché il fenomeno è correlato a ragioni storico-culturali (basta solo accennare al diritto
giustinianeo).
4
in attesa che veda la luce il mio Greci, Latini, Musulmani, Ebrei nell’Italia meridionale greca
nel riflesso della produzione libraria, relazione letta il 16 novembre 2006 in occasione del Conve-
300 S. Lucà

in quel contesto e in quella temperie culturale multietnica e plurilinguistica si


distinse il monastero di S. Maria di grottaferrata, che, com’è noto, svolse un ruolo
di primo piano nella mediazione culturale fra occidente latino e oriente greco sin
dalle origini (1004). La fondazione del cenobio tuscolano, infatti, è strettamente
legata alla storia del monaco calabrese “itinerante” nilo di Rossano Calabro, il
quale – anche ciò è ampiamente noto –, scelse di vivere in terra allotria e alloglotta,
dove diede prova, pur nella orgogliosa difesa della propria “bizantinità”, di grande
apertura verso le istanze religiose e culturali del mondo latino. Come altri uomini
pii e intellettuali calabro-bizantini – mi riferisco, e.g., a gregorio di Cassano o al
conterraneo e concittadino di nilo, il rossanese Filippo Filagato, l’antipapa gio-
vanni XVi e poi abate di S. Silvestro a nonantola, i quali ugualmente esercitarono
un ruolo importante nelle vicende storico-politiche dell’età ottoniana (ottone ii e
ottone iii), durante la quale, grazie soprattutto a teofano che guidò il Sacro Ro-
mano impero per sette anni dopo la morte del marito ottone ii († 7 dicembre 983),
l’incontro fra occidente e oriente conobbe momenti assai fecondi tanto che intensi
e duraturi ne sono stati i riverberi nelle varie manifestazioni culturali coeve e po-
steriori –, anche il santo monaco rossanese ebbe buona conoscenza della lingua
latina. Fra l’altro, il bios di s. nilo racconta dei viaggi da lui compiuti a Roma non
soltanto per visitare il sepolcro degli apostoli Pietro e Paolo, ma anche per ricercare
libri (greci)5. Verso l’anno Mille (an. 998) i monaci greci del cenobio di S. Ana-
stasio su suggerimento di ottone iii gli proposero l’egumenato6.

gno internazionale nell’ambito delle celebrazioni per il Millenario della fondazione dell’Abbazia
di San nilo a grottaferrata «greci, Latini, Musulmani, Ebrei: la coesistenza culturale in Sicilia»
(Palermo, 16-18 novembre 2006), ora in corso di stampa, segnalo qui soltanto S. LuCà, Attività
scrittoria e culturale a Rossano: da s. Nilo a s. Bartolomeo da Simeri (secc. X-XII), in Atti del Con-
vegno internazionale su S. Nilo di Rossano, Rossano, 28 settembre -1° ottobre 1986, Rossano-
grottaferrata 1989, pp. 25-73: passim; iD., Testi medici e tecnico-scientifici del Mezzogiorno greco,
in g. DE gREgoRio-M. gALAntE, con la collaborazione di g. CAPRioLo-M. D’AMbRoSi (edd.), La
produzione scritta tecnica e scientifica nel medioevo: libri e documenti tra scuola e professioni.
Atti del Convegno internazionale dell’Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti, Fisciano-
Salerno, 28-30 settembre 2009, Studi e ricerche, 5, Spoleto 2012, pp. 551-605 (con Vi tavv.): 551-
558. Si veda inoltre D. bALDi, Sulla storia di alcuni codici italogreci della Biblioteca Laurenziana,
«Νέα Ῥώμη» 4 (2007) [= Ἀμpελοκήpιον. Studi di amici e colleghi in onore di Vera von Falken-
hausen, iV], pp. 357-381: 170-173, tav. 4; D. biAnConi, Tracce di scrittura beneventana in un
nuovo codice italogreco, in g. bARonE-A. ESPoSito-C. FRoVA (edd.), Ricerche come incontro. Ar-
cheologi, paleografi e storici per Paolo Delogu, Sapienza-università di Roma. Studi del Diparti-
mento di storia, culture, religioni, 10, Roma 2013, pp. 143-164.
5
Βίος καὶ πολιτεία τοῦ ὁσίου πατρὸς ἡμῶν Νείλου τοῦ Νέου, testo originale greco e Studio
introduttivo a cura di g. gioVAnELLi, badia di grottaferrata 1972, §§ 19, 59, 66, pp. 66, 100,
131-132.
6
Ibid., § 90, p. 127.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 301

in quel torno di tempo, inoltre, Roma costituiva, come ha scritto Jean-


Marie Sansterre, un «centre de distribution de livres grecs comme elle fut in-
contestablement pour les ouvrages latins»7; l’Urbs rappresentava il polo
catalizzatore dove convenivano, solitamente nel monastero dei Ss. Alessio e
bonifacio sull’Aventino, monaci greco-orientali, monaci calabro-bizantini e
monaci benedettini per discutere sulle controversie dottrinarie, canonistiche
e liturgiche che dividevano le Chiese d’occidente e d’oriente8. L’agiografia
informa dei numerosi viaggi compiuti da monaci siciliani a Roma: Saba il
giovane morì nel monastero di S. Cesario nel 990/991; ad Adalberto di Praga,
che aveva supplicato nilo, allora in Campania, di essere accolto nella propria
comunità monastica di S. Michele di Valleluce, grangia del monastero bene-
dettino di Montecassino, egli rispose di chiedere ospitalità all’egumeno di S.

7
J.-M. SAnStERRE, Les moines grecs et orientaux à Rome aux époques byzantine et caro-
lingienne (milieu du VIe s. - fin du IXe s.), i-ii, bruxelles 1983, i, p. 184. Fra l’altro, le note
traduzioni dal greco in latino eseguite da Anastasio bibliotecario confermano l’assunto. Sulla
produzione libraria in lingua greca superstite correlata a Roma si veda g. CAVALLo, Le tipo-
logie della cultura nel riflesso delle testimonianze scritte, in Bisanzio, Roma e l’Italia nell’alto
medioevo, Spoleto, 3-9 aprile 1986, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto
medioevo, 34, Spoleto 1988, pp. 467-516 (con 56 tavv.): 482-492, 497-509, nonché il quadro
messo a punto da SAnStERRE, Les moines grecs cit., i, pp. 174-205: 176-185; F. buRgARELLA,
Presenze greche a Roma: aspetti culturali e religiosi, in Roma fra Oriente e Occidente, i, Set-
timane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 49, Spoleto 2002, pp. 943-
992. Si veda anche M.L. AgAti, Centri scrittori e produzione di manoscritti greci a Roma e
nel Lazio, «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 48 (1994), pp. 141-165; J.
oSboRnE, Artistic contacts between Rome and Constantinople in the years following the
triumph of orthodoxia (AD 843), in L’ellenismo italiota dal VII al XII secolo. Alla memoria
di Nikos Panagiotakis, Fondazione nazionale ellenica delle ricerche. istituto di ricerche bi-
zantine, Convegno internazionale, 8, Atene 2001, pp. 261-272; S.J. VoiCu, L’omeliario Β. α.
LV: note di lettura, «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 56-57 (2002-2003),
pp. 39-45; iD., Roma e l’ultimo manoscritto del corpus omiletico di Severiano di Gabala, in
C. CARbonEtti-S. LuCà-M. SignoRini (edd.), Roma e il suo territorio nel medioevo. Le fonti
scritte fra tradizione e innovazione. Atti del Convegno internazionale dell’Associazione ita-
liana dei Paleografi e Diplomatisti, Museo di Roma in Trastevere, 25-29 settembre 2012, in
corso di stampa, che ho potuto leggere ancora in bozze grazie all’amabilità dell’autore. Si
veda anche M. D’AgoStino, Furono prodotti manoscritti greci a Roma fra i secoli VIII e IX?
Una verifica codicologica e paleografica, «Scripta» 6 (2013), pp. 41-56 (con bibliografia),
che però non apporta novità di rilievo.
8
J.-M. SAnStERRE, Le monastère des saints-Boniface-et-Alexis sur l’Aventin et l’expansion
du christianisme dans le cadre de la «Renovatio Imperii Romanorum» et Otton III, «Revue bé-
nédictine» 100 (1990), 493-506. Si veda anche b. HAMiLton, The Monastery of S. Alessio and
the Religious and Intellectual Renaissance of Tenth-Century Rome, «Studies in Mediaeval and
Renaissance History» 2 (1965), pp. 265-310; e, più in generale, iD., The Monastic Revival in
Tenth Century Rome, «Studia monastica» 4 (1962), pp. 35-68.
302 S. Lucà

Alessio, monastero che come quello di S. Saba, al tempo ospitava monaci


greci e latini9.
Situato a pochi chilometri dall’Urbs, il cenobio di grottaferrata dovette ac-
cettare, per ovvie ragioni di opportunità politica, la dura ragione della Realpolitik
e intessere rapporti col mondo latino allora dominante, giovandosi anche, e sin
dall’inizio della propria esistenza, della protezione dei Conti del tuscolo, che
nel corso del secolo Xi espressero ben tre papi, benedetto Viii (1012-1024),
giovanni XiX (1024-1032) e benedetto iX (1032-1044, dal 10 marzo al 1° mag-
gio 1045, 1047-1048)10, e ricevendone in cambio protezione e gratificazioni11.
Se sul piano ideale e politico il riconoscimento da parte del monastero crip-
tense del primato petrino trovava una valida e sicura sponda tanto nel mona-
chesimo greco-orientale operoso a Roma, quanto in quello studita che da
sempre aveva assunto sul tema una posizione filolatina12, l’interazione lingui-
stica e culturale, al contrario, fu essenzialmente dettata e determinata certa-
mente dal fondatore e dai primi egumeni, che scelsero di vivere e operare in
terra allotria, ma pure da necessità pratiche correlate alla collocazione logistica
e alla sopravvivenza dell’istituzione monastica tuscolana. non è casuale che
lo stesso monastero costituisca l’unico esempio di abbazia greca sopravvissuta
sino ad oggi in tutto l’occidente. il cenobio, d’altro canto, sin dalle origini, si
è assunto il compito, poi avallato e sancito dai papi, di fungere da ponte di col-
legamento dell’occidente romano verso l’oriente greco, al fine di ristabilire
l’unità della Chiesa universale. E la funzione ecumenica di grottaferrata è at-
tuale ancor oggi, sebbene la penuria di monaci “basiliani” e di novizi abbia di

9
Della ricca bibliografia segnalo qui soltanto g. DA CoStA-LouiLLEt, Saints de Sicile et d’I-
talie méridionale aux VIIIe,, IXe et Xe siècles, «byzantion» 29-30 (1959-1960), pp. 89-173: 130-
142; J.-M. SAnStERRE, Saint Nil de Rossano et le monachisme latin, «bollettino della badia greca
di grottaferrata» n.s. 45 (1991), pp. 339-386; V. Von FALkEnHAuSEn, Gregor von Burtscheid und
das griechische Mönchtum in Kalabrien, «Römische Quartalschrift» 93 (1998), pp. 215-250; EAD.,
Adalbert von Prag und das griechische Mönchtum in Italien, in W. HuSCHEnER-E. bünZ-
CH. LübkE, in Verbindung mit S. koLDitZ (Hrsg.), Italien - Mitteldeutschland - Polen. Geschichte
und Kultur in europäischen Kontext vom 10. bis zum 18. Jahrhundert, Schriften zur sächsischen
geschichte und Volkskunde, 42, Leipzig 2013, pp. 39-55.
10
Sul pontificato di benedetto iX cf. il recente contributo di C. CoMAnDini, I tre pontificati
di Benedetto IX, «Christianitas. Rivista di storia, pensiero e cultura del Cristianesimo» 2 (2013),
pp. 195-270.
11
g. bRECCiA, bullarium Cryptense. I documenti pontifici per il monastero di Grottaferrata,
in R. DELLE DonnE-A. ZoRZi (edd.), Le storie e la memoria. In onore di Arnold Esch, Firenze
2002, pp. 3-31.
12
Si veda, fra l’altro, S. LuCà, Le Boulaí di Bartolomeo il Giovane, IV egumeno di Grotta-
ferrata, conservate nell’Angel. gr. 41, «Νέα Ῥώμη» 9 (2012) [= Χρόνος συνήγορος. Mélanges
André Guillou, ii], pp. 81-121: 85-92.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 303

recente indotto le autorità pontificie ad affidare il compito di guida morale e


spirituale al Rev.mo P. Michel Van Parys, e quello di amministratore apostolico
a Sua Eccellenza Mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano13. L’auspicio
della comunità scientifica è che il celebre e venerando monastero possa conti-
nuare ancora non soltanto la tradizione liturgica e la spiritualità del monache-
simo greco-orientale, ma anche l’apporto culturale e scientifico che essa ha
offerto agli studiosi, specialmente con la pubblicazione del glorioso «bollettino
della badia greca di grottaferrata» giunto oramai alla iii serie, di modo che
possa ancora risplendere per un altro millennio la fiaccola della bizantinità ita-
lomeridionale e della presenza greco-orientale in occidente.
in questa sede, lungi dall’affrontare in modo sistematico la tematica delle re-
lazioni latino-occidentali e greco-orientali, che conobbero una particolare inten-
sità tra Xi e Xii secolo sia nel Mezzogiorno di lingua greca sia nell’abbazia di
s. nilo, e gli esiti che quelle stesse relazioni produssero sul piano grafico, mi li-
mito a segnalare un caso di interferenza linguistica, che occorre proprio in un
manoscritto ora conservato nella biblioteca dei papi, ma un tempo facente parte
della collezione libraria del monastero tuscolano. Si tratta del Vat. gr. 1214. Mi
soffermerò poi su un altro esempio di interazione grafica e culturale, di cui è te-
stimone l’attuale Vat. gr. 781, un Lezionario donato sul finire del secolo Xiii
all’Abbazia di s. nilo, ma la cui origine, si vedrà, parrebbe campano-laziale.
All’amico e collega Paolo Radiciotti che ha dedicato gran parte del suo im-
pegno scientifico ai manoscritti digrafici (per lo più greco-latini) e ai casi di
commistione grafica14, dedico di buon grado questa noterella, per ricordare con
commozione e affetto un bravo collega, che un destino crudele ha sottratto bru-
talmente e immaturamente alla considerazione della comunità scientifica e al-
l’affetto di amici ed allievi.

il Vat. gr. 1214 è un cimelio membranaceo, misurante mm 221 × 180 (161


×123), strutturato in fascicoli comincianti col lato del pelo e numerati con cifre
greche maiuscole nell’angolo superiore esterno del primo foglio recto di cia-
scuno (ff. 28, 36, 44, 52; negli altri la segnatura non è più visibile per la rifi-

13
Cf. «L’osservatore Romano» del 4 novembre 2013.
14
Segnalo qui soltanto P. RADiCiotti, Manoscritti digrafici grecolatini nell’alto medioevo,
«Römische historische Mitteilungen» 40 (1998), pp. 49-118, in part. 86-112; iD., Il problema
del digrafismo nei rapporti tra scrittura latina e greca nel medioevo, in Régionalisme et inter-
nationalisme. Problèmes de paléographie et de codicologie du moyen âge. Actes du XVe Colloque
du Comité international de paléographie latine, Vienne, 13-17 septembre 2005, Wien 2008, pp.
19-33.
304 S. Lucà

latura cui il volume è stato sottoposto nel corso dei secoli). Allo stato consta di
ff. 54, che formano quattro quaternioni (ff. 1-8: <Θ v >; 28-35: ΙΒ v ;e
; 36-43: ΙΓ v
44-51: ΙΔ v), un ternione (ff. 9-15: 3+4; si scorge il tallone fra i ff. 10-11 <Ι v >),
un senione (ff. 16-27: <ΙΑ v >) e un fascicolo incompleto – il XV (ΙΕ v ) – che
consta solo di tre singoli fogli (ff. 52-54: 2+1) . Sono andati interamente per-
15

duti i fascicoli i-Viii all’inizio del volume; alla fine ne sono andati dispersi
numerosi altri, il cui numero è di difficile certificazione perché allo stato non
è dato sapere se accanto alle Catechesi di teodoro di Studio il codice conte-
nesse anche altri scritti.
All’inizio e alla fine del volume sono stati aggiunti due fogli cartacei di ri-
guardo (sec. XVii). Sul f. <i> si legge: «theodori studitę / Catechesis sine
principio et fine»; sul f. <i> attaccato alla fine, la stessa mano trascrive lo
stesso testo ma a rovescio. La rilegatura è in assi in legno, ricoperti di cuoio
rosso con impresso lo stemma di Scipione borghese (1608-1618); sul labbro
della coperta si osservano ancora i segni di attacco di due fermagli, mentre ai
lati dei piatti occorrono tre fori cui erano attaccate delle borchie.
Vergata da un’unica mano, la scrittura, disposta su ben trentacinque righe,
è una tipica espressione della cosiddetta minuscola niliana (tavv. 1-2), la cui
datazione è collocabile tra la fine del secolo X e l’inizio del successivo16. Che
la confezione del volume sia da circoscrivere all’ambito geografico della co-
siddetta «scuola» niliana è confermato, oltre che dai quaternioni comincianti
col lato pelo, anche dal fatto che la mise en page, a due colonne e con interco-
lunnio assai ridotto (mm 10), è realizzata servendosi di un tipo di rigatura 00C2
Leroy, nonché dal sistema di rigatura inciso foglio per foglio sul lato carne.
trattasi quindi del sistema di rigatura Leroy 2 – poiché nel codice i fascicoli
cominciano con il lato pelo esso è omologabile al sistema di rigatura 1 Leroy –,
che è assai diffuso tanto nella coeva prassi scrittoria in beneventana, quanto in
quella calabro-campano-laziale correlabile alla scuola calligrafica di nilo e dei
suoi discepoli17.
Mutilo all’inizio e alla fine, il cimelio è latore delle Piccole Catechesi di teo-
doro di Studio18. Più precisamente, esso conserva Cat. 61 (da kai;kalh; n ejphv
ga-

15
Dalle sequenze testuali, si evince che dal fascicolo originario sono caduti i fogli 2-4 e 8.
16
S. LuCà, Scritture e libri della «scuola niliana», in g. CAVALLo-g. DE gREgoRio-M. MA-
niACi (edd.), Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio. Atti del seminario di Erice
(18-25 settembre 1988), Spoleto 1991, pp. 319-387 (con XXiV tavv.): 342, 371, tav. 9 b.
17
Circa i caratteri codicologici dei manufatti della «scuola niliana» rinvio a LuCà, Scritture
e libri cit., pp. 380-382.
18
Qeodwv rou hJ goumev nou tw' n Stoudiv ou Mikra; Kathv chsi", ed. E. AuVRAy, Paris 1891
(d’ora in avanti: AuVRAy).
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 305

gen oJkairo; " th; n koronivda ktl.: AuVRAy, p. 243, 12) - 129 (f. 52 r-v) sino
a ajxiwvseie th' " ejpouranivou auj tou'basileiv a" ej n auj tw'(ibid. p. 452, 63), e
Cat. <132> da kai;oJme; n prov teron, oJde;u”steron, (f. 53r: ibid., p. 461, 8) a
Cat. 133 (ff. 53 v-54 v) - 134 (f. 54 v) sino a oujk ajmoghti;prosgiv netai, aj lla;
pollw'mov cqw [kai;pov nw· tucei' n de;qeou'ktl. (ibid., p. 470, 31).
Prima di giungere in Vaticana il 12 dicembre 1615 sotto il pontificato di
Paolo V19, il manoscritto risulta conservato nel Cinquecento nella collezione
manoscritta greca di grottaferrata con l’antica segnatura n° 48, cifra sormontata
da calotta, che corrisponde probabilmente al codice <WW> dell’inventario che
Luca Felice da tivoli, ieromonaco nell’abbazia tuscolana e abile e fertile co-
pista, trascrisse nel 1575 nell’attuale Reg. Pii II gr. 5220. L’index di Luca Felice
venne realizzato su proposta dell’abate commendatario del tempo, Alessandro
Farnese, che a ciò era stato indotto dal cardinale gugliemo Sirleto, protettore
dell’ordine di s. basilio, buon amico dei monaci e eccellente conoscitore del
patrimonio librario custodito nel cenobio di s. nilo21.
il codice, dunque, compì lo stesso tragitto che fecero numerosi altri cimeli
– quali ad esempio gli attuali Crypt. Β.α.XiX, Β.α.XX, Β.β.i, Β.α.iV, Β.α.Vi,
Α.g.i (ora rispettivamente gr. 215-217, 179, 34, 392), ovvero l’Angel. gr. 41,
il Vat. gr. 1658 e così via – , che dalla Calabria, seguendo il percorso umano e
spirituale di nilo, approdarono nel tuscolo. Qui esso pervenne verosimilmente
con la prima generazione monastica agli albori del secolo Xi.
È indubbio, d’altro canto, che il codice abbia fatto parte della collezione
manoscritta criptense sin dal trecento. una medesima mano, dovuta ad un mo-
naco che mostra buona tecnica scrittoria, appose sui margini del codice, ora in
greco ora in greco romanzo, numerose annotazioni, utilizzando una scrittura
che palesa sintomi salentini. Alcune di tali annotazioni sono citazioni letterali
di pericopi scritturistiche (più sotto, nrr. 1, 10, 12), altre sono invocazioni eu-
logiche a Cristo (nr. 5), all’Apostolo (nr. 13) e soprattutto alla Vergine (nrr. 2,

19
S. LiLLA, I manoscritti Vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo, Studi e testi,
415, Città del Vaticano 2004, pp. 35 (i), 37-38, 63-64. Si veda in particolare, relativamente al
nostro cimelio, g. MERCAti, Per la storia dei manoscritti greci di Genova, di varie badie basi-
liane d’Italia e di Patmo, Studi e testi, 68, Città del Vaticano 1935 pp. 89-90, n. 6; sulle modalità
di segnatura dei codici criptensi cf. MERCAti, Per la storia cit., tav. ii
20
P. CAnARt, Les Vaticani Graeci 1487-1962. Notes et documents pour l’histoire d’un fonds
de manuscrits de la Bibliothèque Vaticane, Studi e testi, 284, Città del Vaticano 1979, pp. 193-
199: 196 e n. 110.
21
Per tutto ciò cf. S. LuCà, Il Casan. 931 e il copista criptense Michele Minichelli (sec. XVI).
Libri, testi ed eruditi nella Roma di Gregorio XIII, «Rivista di studi bizantini e neoellenici» n.s.
41 (2004), pp. 181-259: 208-213. Sull’attività di amanuense di Luca Felice, cf. ibid., pp. 188 e
n. 21, 192-194 (con bibliografia).
306 S. Lucà

4, 7-9, 11), alla quale è dedicato il monastero niliano22. Sebbene esse non ab-
biano alcuna relazione col testo veicolato dal manoscritto, sembra ugualmente
utile presentarle in edizione “diplomatica”, seguendo la sequenza con cui esse
sono state apposte nel codice con l’auspicio che dialettologi e filologi romanzi
vogliano sottoporle a vaglio critico e a uno studio storico-linguistico.
il dialetto adoperato dall’anonimo monaco/annotatore non è di agevole lo-
calizzazione, date le discrasie riscontrate nella resa dei suoni e delle parole, e
dunque proporre una restrizione geografica precisa non pare conveniente. Al
momento si può cautamente affermare che esso non è attribuibile né alla Ca-
labria né alla Sicilia; l’area di riferimento, infatti, parrebbe essere quella apulo-
lucana gravitante attorno al monastero dei Ss. Elia e Anastasio di Carbone in
basilicata o quella pugliese, senza tuttavia poter escludere il Cilento. A que-
st’ultima zona rinvierebbe il riferimento alla Vergine di Rofrano (più sotto, nr.
8), che però per un monaco di grottaferrata, si vedrà, è quasi abituale. Ma ec-
cone la trascrizione:
1. (f. 6 r) ejgw ij mh;to fo; " tou kov smou (kai; ) ijzwh', ojajkolouqo; n ej
mh
ouvmi peripativ si ej n ti skotiv aj[= Gv. 8, 12 e 11, 25].
2. (f. 9 r) ouliv j frouttav
a23 ttai, ej bbevrszene, prouttav tai tou frottav sth'
/ frouv ttou de biv ta;, taibe24 pregav mou glouriJ o”sa kouttouv th li / a“szhli
prev ga prennouv iJli pekkatouv ri†
3. (f. 9 v) oJszev ti;25
beni;
th aj ssaloutav re lou priv mou nav tou.
4. (f. 16 r) m(atr)i q(eo)uv
† oJttov tta;aperav sza miv , ej
aj lla saperasza mhv ajev
de aj ttaiv be·/ mav
tre
de la louv me, aj ssev rbame, aj iddefie“tthme †
5. (f. 22 r) ojC(rist)ev
† [oJin ras.] kliv sa" tinav bisso; n, (kai;
) sfragisav meno" auj to;/ to fobero; ,
(kai;) e“ndojn bo; n to; oj nomav sou oj C(rist)e; kliv sa"· to stwv ma tou aj t-
thdiv koumou zouiv ie26 †
6. (f. 24) oJrev goula de fei”de, ou'mav szene de masetav te, ej
mmev stourde
ajttaiv nevszhaj , ajttai moustratov re / de mastourav sza, ej ttote kov se de
beritatai.

22
La dedicazione avvenne il 17 dicembre 1024: cf. il Praxapostolos Crypt. Α.β.V, ora gr.
51, f. 183v. Sul codice si rinvia a E. VELkoVSkA, Il Praxapostolos Α.β.V di Grottaferrata, in S.
PAREnti-E. VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» alle porte di Roma. Raccolta di saggi sulla
tradizione liturgica del Monastero italo-bizantino di Grottaferrata, Anav j lekta Krupofev rrh",
4, grottaferrata 2004, pp. 1-20.
23
il copista aveva scritto oliva;jcorregge sup. lin.
24
Sopra -ai- la stessa mano scrive hv , ossia thv
be.
25
il primo iota è scritto sup. lin. La forma dialettale sta per «gente/i».
26
Zouivie è stato aggiunto dalla stessa mano in basso, utilizzando un segno di croce come
segno di rinvio.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 307

7. (f. 28) † Gavdiou satta matre de ddev ou'fillav tte· gavdiou la gdav ta
/ prettoutou lou mouttou· gaoudiou nourav tav matre de ddeou" / bene-
detta †
8. (f. 31 r) † oJ savtta mariv aj de grov tta ferrav ta· essatta mari <a>
de rofrav nou / koumou bou' aj
szou serbov u tou kou sh; n mmisiav thn naghvtou.
9. (f. 34 r) † oJ dovnna, reszhv pi le preghv rh de lou' siej rbou tou'aj, /
ejlliv
berav llou da toutth li periv kouli, ej
tta o”nne neszesse; tavtai ejtta;
tresthv szhja †
10. (f. 36 r) Tw lov go K(urio)u oj ijou(ra)noiv, ej
sterewv qisan / (kai;
) tw'
pn(eum)ati tou stov mato" auj tou pav<sa> / i dinamh" auto † [ = Ps. 32, 6].
11. (f. 38 r) oJm(av)tri q(eo)u'
† libera noui da o”nne periv koulou nov strou mav tre de; Criv stou ejdde
ddevou'· / tev
ibe skoulttav mou, basze triv sze de touv ttou, prekkoue sta kov sa
/ gredav mou· swvla koummatta;triv sze, de le aj nnime nov stre †
12. (f. 39 r) † Makavri'
o" o" h' pomevnoi'peirasmo; n / oJ
ti dovkimo" genovmeno",
livyetai to stefanov n / ti" zwei; " [= Ep. Jacobi 1, 12].
13. (f. 42 r) oj savttou aj pouejstoulou, prev ga ddev ou, prella piaj tav
tai
souvajde lassav re ni le kov l/ppe;, ettou27 prevga prev lle ajnime novstre28.
Al di là del valore intrinseco di tali note, significative per gli storici del
greco romanzo e dei dialetti meridionali, l’invocazione alla Vergine (sopra, nr.
8) di grottaferrata e a quella di Rofrano mostra al di là di ogni ragionevole
dubbio che all’epoca il manufatto era custodito nella collezione manoscritta in
lingua greca del cenobio. L’abbazia di s. nilo, infatti, sin dall’aprile 1131 an-
noverava fra le sue dipendenze anche il piccolo monastero di S. Maria di Ro-
frano, nei pressi di Policastro in provincia di Salerno29, con il quale essa
intrattenne relazioni assai strette almeno fino a quando nel 1476 il commen-
datario giuliano della Rovere vendette il feudo, salvo la chiesa e il monastero,
al giurista napoletano Aniello Arcamone30.
È possibile, tuttavia, risalire più indietro nel tempo. Ai ff. 20 v e 30 v due
mani distinte, entrambe, a mio parere, di formazione grafica greca31, apposero

27
il pronome «εττου» è stato aggiunto in basso dalla stessa mano preceduto dal segno di
due punti sovrapposti (:).
28
un’altra annotazione era stata apposta sul f. 44r, ma ora risulta illeggibile.
29
Cf. E. FoLLiERi, Il crisobollo di Ruggero II re di Sicilia per la Badia di Grottaferrata
(aprile 1131), «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 42 (1988), pp. 49-81, rifluito
in EAD., Byzantina et italograeca. Studi di filologia e di paleografia, a c. di A. ACConCiA Longo-
L. PERRiA-A. LuZZi, Storia e letteratura. Raccolta di studi e testi, 195, Roma 1997, pp. 433-461;
g. bRECCiA, Il monastero di S. Maria di Rofrano grangia criptense: note storiche, «bollettino
della badia greca di grottaferrata» n.s. 45/2 (1991), pp. 213-228.
30
FoLLiERi, Il crisobollo cit., pp. 442-443, 450-452.
31
L’ipotesi che le versioni siano dovute a due distinte mani di formazione grafica greca mi
308 S. Lucà

fra Xi e Xii secolo due annotazioni vergate in latino. tutte e due utilizzano la
minuscola carolina.
La prima nota, quella di f. 20v, è la versione dal greco in latino di una cita-
zione di s. Paolo (2Cor. 4, 8-10), che occorre nella catechesi 94 (ff. 19v-20v
del codice), corrispondente all’edizione AuVRAy, pp. 320-322: 322, 45-49. ne
riporto il testo, come si legge nel nostro codice (tav. 1):
(...) j En panti; qlibov menoi, aj ll jouj stenocorouv menoi· aj porouvmenoi,
ajll ojuj k exaporouv menoi· diwkovmenoi, ajll joujk egkataleipov menoi· kata; bal-
lovmenoi aj ll ojuj
k apolluv menoi· pavntote th; n nevkrwsin tou'K(urio)u I(hso)u
ej
n tw'swv mati hJ mw'n perifev ronte"», ”ina th'toiauv th diaqev sei (kai; ) ej
mpa-
raskeuv w zwh'euj arestou' nte" Q(e)w ktl.
Ed ecco la versione latina, apposta sul margine proprio accanto al testo:
«i(n) om(n)ib(us) tribulatione(m) pátim(ur) set n(on) angustiám(ur);
aporiám(ur), set n(on) destituim(ur); persecutione(m) pátim(ur), set n(on) de-
relínquim(ur); deicim(ur), set n(on) perím(us); sémp(er) mortificatione(m)
ie(s)u i(n) corpore n(ost)ro circoferéntes», ut et uíta ie(s)u i(n) corporib(us)
n(ost)ris manifastet(ur):
osservo che l’ultima parte della traduzione è fondata non già sul testo ca-
techetico ma piuttosto sul passo del salmo nella versione della Septuaginta,
che infatti così recita: «.... “ina kai; hJ zwh; tou' Ijhsou' ej n tw/ ' swv
mati fa-
nerwqh/ »' (Ps. 68, 16 b). non è da escludere perciò che l’anonimo traduttore ci-
tasse a memoria la pericope o avesse fra le mani un’altra fonte.
La seconda, quella di f. 30v, che nel codice è segnalata con la diplè, costi-
tuisce invece la menzione di Ps. 68, 15-16. La citazione occorre nella Catechesi
106 (ff. 30v-31v del codice), corrispondente alle pp. 363-366: 363, 11- 14 del-
l’edizione AuVRAy.
Anche qui trascrivo i versetti del salmo in edizione diplomatica e di seguito
la corrispondente versione latina, che in questo caso risulta aggiunta sul mar-
gine inferiore della colonna di destra (tav. 2):
«... rJusqeivhn eJk tw' n misouvntwn me, (kai; ) ej
k tw'n baqev wn tw' n uJdavtwn·
mhvme katapontisav tw kataigi; " u”dato"· mh; de;katapiev tw me buqov ", mh;de;
suscev tw ej p ej me; frevar to; stov ma auj tou'», che così è volta: «libera me ex
odientib(us) me, et d(e) (pro)fund<is> aq(ua)ru(m), n(on) me demergat te(m)pe-
stas aq(uae), neq(ue) obsorueat me (pro)fundus neq(ue) urgeat s(upe)r <me>
puteus os suu(m).
Si tratta, come già detto, di due distinte mani greche che hanno acquisito
una buona dimestichezza con la tecnica della minuscola carolina. nel caso di

è stata confermata anche dai colleghi Emma Condello e Antonio Ciaralli, che qui vivamente
ringrazio.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 309

f. 20 v (tav. 1), essa presenta modulo piccolo, asse raddrizzato, aste corte, sol-
tanto f ed s prolungano l’asta oltre il rigo e quelle ascendenti non esibiscono
terminazione «a spatola» ma spesso sono coronate da un minuscolo segmento
orizzontale; non compaiono legamenti di origine corsiva; si osservino tuttavia
quelli (falsi) «a ponte» di s + t (tav. 1, ll. 2-3, 11). Fra le abbreviazioni, oltre al
nesso per et (ibid., ll. 2, 3, 4, 6, 9), si segnalano quelle per troncamento di -us
a forma di punto e virgola posto accanto all’ultima sillaba della parola, o a
forma di spirito dolce sovrapposto alla lettera (ibid., rispettivamente ll. 1 e 10,
6) e quella per -ur a forma di due (ibid., ll. 2, 3, 4, 5, 6), nonché il nomen sa-
crum «ihu» con tratto orizzontale sovrapposto (= Iesu: ibid., ll. 8 e 9).
Che si tratti di una mano greca lo si evince dal fatto che lo scriba nella parola
«mortificationem» (ibid., l. 7) corregge il suono assibilato -ti- con una sorta di
zeta greco maiuscolo32; la o di «tribulationem», la m di «patimur» e la i di «uita»
(ibid., rispettivamente ll. 1, 4, 9) presentano in basso una sorta di cediglia33; lo
stesso scriba, inoltre, non sembra avere piena conoscenza della lingua latina se
volge il participio presente «perifev ronte"» con «circoferentes» (ibid., l. 14 del
testo greco e ll. 8/9 della versione latina) invece del più corretto «circumferen-
tes», e scrive «aporiamur», che pare modellato sulla forma greca «aj porouv me-
noi», al posto del corretto «aperiamur» (ibid., l. 3 della versione latina, e ll. 8/9
del testo greco). Singolare, infine, è anche l’uso, desultorio e di non agevole in-
terpretazione, di porre l’accento tonico su alcune parole (ibid., ll. 2, 3, 4, 5, 6, 7,
9), probabilmente al fine di agevolare l’eventuale lettura dei monaci del mona-
stero. L’occorrenza dell’accento su «sémper» e «uíta» rende, però, assai debole
quest’ultima ipotesi, tanto più che esso (accento) risulta omesso su parole di più
difficile lettura, quali, ad esempio, «destituimur» e «deicimur». Resta comunque
il fatto che la “sperimentazione” nella posizionatura degli accenti nei manoscritti
latini conobbe, a quanto mi suggerisce l’amico e collega Paolo Cherubini, pro-
prio fra Xi e Xii secolo una particolare intensità, verosimilmente a causa del li-
vello assai modesto di conoscenze di carattere metrico.
La seconda manifestazione grafica in carolina, che risulta disposta su quat-
tro linee sul margine inferiore di f. 30 v (tav. 2), è caratterizzata da asse diritto34,

32
Sulla sequenza -tz- cf. le osservazioni di P. CHERubini-A. PRAtESi, Paleografia latina. L’av-
ventura grafica del mondo occidentale, Littera Antiqua, 16, Città del Vaticano 2010, pp. 267-268.
Circa la t cedigliata e le dentali affricate cf. P. LARSon, Glossario diplomatico toscano avanti il
1200, Firenze 1995, p. XiV. Devo quest’ultimo suggerimento a Maddalena Signorini, che qui rin-
grazio.
33
Circa la o in forma di c cedigliata si veda SuPino MARtini, Roma e l’area grafica cit., p. 114.
34
in due soli casi la lettera s risulta leggermente inclinata a destra: tav. 2, ll. 3 e 4: rispetti-
vamente nelle parole «obsorueat» e «super».
310 S. Lucà

modulo medio-grande, disegno schiacciato, talora angoloso, con occhielli di e


chiusi, tratteggio pesante, ductus rigido, poco fluido e spontaneo tanto nel di-
segno quanto nello stesso tratteggio. in particolare si segnalano le forme di a
con schiena raddrizzata, di d di tipo onciale inclinata leggermente a sinistra
(una sola volta: ibid., l. 1), di g con la parte inferiore chiusa. Fra le abbrevia-
zioni, oltre a quelle consuete per pro (ibid., ll. 1 e 3), m (ibid., ll. 2 e 4) e non
(n con trattino orizzontale sovrapposto: ibid., lin. 2), si rilevano quelle per -us
(a forma di punto e virgola: ibid., l. 1), de (d ad asta alta attraversata da un trat-
tino orizzontale: ibid., l. 1), -ae a forma di punto e virgola (ibid., l. 2: «aquae»),
«que» con q ad asta allungata con accanto un ricciolo (ibid. ll. 3 e 4: «neque»),
-qua- (a aperta posta al di sopra di q: ibid., l. 2: «aquarum»), ed infine il solito
nesso per et (ibid., l. 1). Degna di menzione infine è anche l’abbreviazione per
contrazione di super (s + r con barra sovrapposta: ibid., lin. 4). Se non prendo
un grossolano abbaglio, a me sembra che il tessuto grafico complessivo risenta
vagamente dell’influsso della romanesca.
nella traduzione, fedele al testo greco, l’amanuense mostra di conoscere il
latino ecclesiastico nell’uso della forma «odientibus» (da odio), ma tradisce la
sua formazione bizantina allorché verte katapiev tw con la forma «obsorueat»
in luogo del più usuale obsorbeat (probabile errore fonetico: beta seguito da
vocale si legge ue nel greco medievale e non; lo scambio b/v, tuttavia, è assai
comune nel latino volgare tardoantico e medievale, e attestato frequentemente
nell’area italiana), e soprattutto il successivo «buqov "» (oJ ) vòlto con «profun-
dus» – un metaplasmo basato sul genere maschile del sostantivo greco – in
luogo del corretto profundum (la profondità, l’abisso delle acque).
ora, che i copisti operosi nel monastero tuscolano fra Xi e Xii secolo
avessero una buona conoscenza della lingua latina e avessero imparato ad
utilizzare una minuscola carolina di probabile impronta romana non suscita,
ovviamente, alcuno stupore. già nel corso degli anni Quaranta del secolo Xi,
ad esempio, il monaco rossanese bartolomeo, discepolo di nilo e poi iV egu-
meno criptense, ne aveva dato prova, mostrando una sicura competenza gra-
fica in minuscola carolina35. Fra Xi e Xii secolo, d’altro canto, grazie
all’impegno solerte dell’egumeno nicola ii (1085-1122), il cenobio tuscolano
conobbe un periodo di fioritura culturale che si manifestò fra l’altro nell’al-
lestimento di una serie di libri liturgici, indispensabile per le urgenze del ce-
nobio, ossia il Meneo e il Sinassario, ma anche triodi, Paracletiche,
Lezionari. Vi attesero, come da sottoscrizione, i copisti Sofronio, nilo (ii),
ignazio e altri anonimi, i quali utilizzarono la cosiddetta «minuscola crip-

35
LuCà, graeco-latina di Bartolomeo Iuniore cit.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 311

tense», una scrittura di modulo medio-piccolo, ad asse diritto, dal disegno


arrotondato, con moderato sviluppo delle aste, che si pone alla confluenza
fra le minuscole di scuola niliana e il cosiddetto «stile rossanese»36. Sul piano
codicologico gli stessi manufatti risentono dell’influsso latino-occidentale
sia nella composizione dei fascicoli inizianti talora col lato del pelo, sia nella
numerazione degli stessi fascicoli che accanto alla segnatura in cifre greche
ne prevede anche una in cifre romane, posta sul verso dell’ultimo foglio del
quaternione37.
Considerati gli stretti legami con l’ambiente religioso di Roma, pare quasi
ovvio che i monaci del venerando monastero abbiano recepito modalità tec-
nico-librarie proprie dell’occidente latino non soltanto sul piano della confe-
zione materiale, ma anche su quello grafico, avendo imparato a utilizzare la
minuscola carolina, che all’epoca (secc. Xi e Xii) era di largo uso anche nei
monasteri e negli ambienti ecclesiastici di Roma38.
Conforta quest’ultima proposizione la storia di un altro manoscritto ‘niliano’,
che esibisce, si vedrà, un ulteriore esempio di digrafismo latino-greco databile
al secolo Xi/Xii e localizzabile verosimilmente nella stessa città di Roma o co-
munque nel Lazio meridionale. Alludo, come già accennato, al Vat. gr. 781.

il cimelio, un Lezionario evangelico (l 546) per le festività mobili (ff. 1-


119 r) ed immobili (ff. 119 v-149 v)3939, è certamente un prodotto italogreco
del primo quarto del secolo Xi, assegnabile con ogni verisimiglianza a quella
sorta di scriptorium itinerante che fece capo a nilo e ai suoi discepoli (tav.
3)40. Di ff. iV (cart.). 152.iV (cart.) (+ ff. 46a e 121a) – i ff. 151-152, però,

36
S. LuCà, Su origine e datazione del Crypt. Β.β.VI (ff. 1-9). Appunti sulla collezione ma-
noscritta greca di Grottaferrata, in Tra Oriente e Occidente. Scritture e libri fra le regioni orien-
tali di Bisanzio e l’Italia, a c. di L. PERRiA, testi e studi bizantino-neoellenici, 14, Roma 2003,
pp. 145-224: 148-149 (con bibliografia); iD., Scritture e libri in Terra d’Otranto fra XI e XII se-
colo, in Bizantini, Longobardi e Arabi in Puglia nell’alto medioevo. Atti del XX Congresso in-
ternazionale di studio sull’alto medioevo, Savelletri di Fasano (BR), 3-6 novembre 2011, Atti
di Congressi, 20, Spoleto 2012, pp. 487-548 (con XX tavv. f.t.): 514-515.
37
S. LuCà, Membra disiecta del Vat. gr. 2110, «bollettino della badia greca di grottaferrata»
n.s. 43 (1989), pp. 3-49: 20-24.
38
in altra sede ho ipotizzato che la carolina sui generis, adoperata dall’egumeno bartolomeo
negli anni Quaranta del secolo Xi, sia stata modellata su esemplari romani o rinvenuti a Roma:
LuCà, graeco-latina di Bartolomeo Iuniore cit., pp. 180-181.
39
Cf. la descrizione di R. DEVREESSE, Codices Vaticani Graeci, iii: Codices 604-866, in bi-
bliotheca Vaticana 1950, pp. 298-299.
40
LuCà, Scritture e libri cit., p. 353.
312 S. Lucà

sono posticci – il manoscritto, di grande formato (250 × 190/186), è confe-


zionato su pelli di ottima qualità; i quaternioni, numerati nell’angolo superiore
esterno da <Α v > a ΙQ v(ff. 143-150), iniziano col lato pelo; la mise en page, a
due colonne con intercolunnio di mm 19, è costruita su un tipo di rigatura
12D2 con 27 righe inciso con sistema di rigatura 11 Leroy41. Sul f. <i> carta-
ceo è incollata un’etichetta del secolo XVii con la scritta «Euangelia / Missale
/ 504»42; sul margine superiore esterno di f. 1r compare una più antica segna-
tura «65» e sul margine inferiore dello stesso foglio, al centro, ancora un’altra,
«.Ρ.» (rho maiuscolo fra due punti).
La tipologia dell’ornamentazione, che utilizza una tavolozza di colori stri-
denti e vivaci (rosso arancione, verde, giallo, marrone argentato e rosa) esi-
bisce un repertorio di matrice bizantina rielaborato con motivi islamizzanti
(ff. 135 v, 71v) o vagamente latino-occidentali (e.g., ff. 16 v, 27 v, 59 r, 63 r,
65 v, 66 r, 103 v, 111 r). tale repertorio mostra strette analogie coi manoscritti
confezionati dallo scriba Ciriaco oJmelai' o", e cioè il tetravangelo Vat. gr.
2138 ultimato a Capua nel 991, il gregorio di nazianzo Casin. 432, e soprat-
tutto l’Anastasio Sinaita Vat. gr. 2020 che lo stesso Ciriaco ultimò a gaeta
nel monastero di Fellino nel 993 e il Massimo il Confessore conservato nello
stesso codice ma completato nel 99443. Da segnalare, oltre alle numerose ini-
ziali maggiori che “mordono” il testo, il fatto che negli epsilon a mano bene-
dicente le unghie sono colorate in rosso (ff. 19r, 35 v, 36 r, 121 r) secondo
una prassi assai diffusa nella produzione italogreca dei secoli X/Xi, ma forse
di ispirazione islamica e in ogni caso, non esclusiva del codice italo-meri-
dionale44.
Siamo in presenza di un manufatto di buona fattura, che presuppone una

41
J. LERoy, Quelques systèmes de réglure des manuscrits grecs, in k. tREu (ed.), Studia
Codicologica, texte und untersuchungen, 124, berlin 1977, pp. 291-312: 306.
42
i fogli iniziali e finali non numerati sono cartacei e aggiunti all’epoca del rifacimento della
legatura moderna (sec. XViii).
43
HuttER, La décoration cit., p. 86 e n. 54. il color rosa, attestato nell’italia meridionale in
numerosi codici provenienti dal monastero lucano dei Ss. Elia e Anastasio di Carbone, è larga-
mente usato anche nella produzione latina centro-meridionale, cf., ad esempio, il Salterio Vat.
Arch. S. Petri b 47, vergato in romanesca del secolo Xi ex.: SuPino MARtini, Roma e l’area
grafica cit., pp. 79-80.
44
Si veda, fra l’altro, A. DŽuRoVA-V. VELinoVA, La parole et l’image. Les initiales du type de la
«main bénissante» coloriée en rouge ou aux ongles rouges, in «bollettino della badia greca di grot-
taferrata» n.s. 56-57 (2002-2003), pp. 241-256; A. DŽuRoVA, Nouveaux reinsegnements sur les ma-
nuscrits grecs enluminés de la Bibliothèque de Strabourg, «byzantinische Forchungen» 29 (2007),
pp. 201-225: 215-217. Si vedano alcuni esempi in LuCà, Su origine e datazione cit., tavv. 3 (Ambr.
F 17 sup.), 21 (Crypt. Γ.β.iV, ora gr. 308) e 23 (Crypt. Α.α.Vi, gr. 181).
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 313

committenza facoltosa. La qualità della pergamena, l’eleganza delle iniziali


maggiori, la calligraficità della scrittura, ne fanno un esemplare pregevole,
uscito certamente da uno scriptorium non povero.
nel menologium minus sono commemorati, fra gli altri, santi calabresi –
quali, ad esempio, Elia lo Speleota sotto la data dell’11 settembre45, Fantino
il Vecchio al 24 luglio46, Elia il giovane al 17 agosto47 –, ma pure s. benedetto
sotto la data occidentale del 21 marzo48. La sottolineatura «ej n Kalabriv a»,
che occorre nella menzione di Elia lo Speleota, Fantino ed Elia il giovane49,
induce a ritenere che il copista lavorasse in un territorio lontano dalla Cala-
bria, territorio che può essere circoscritto per l’appunto all’area campano-la-
ziale delle dislocazioni geostoriche (Salerno, Montecassino, Valleluce, gaeta,
Serperi, tuscolo) del movimento monastico calabro e calabro-siculo raccol-
tosi attorno alla figura carismatica di s. nilo da Rossano, nella forbice tem-
porale compresa fra gli anni Settanta del secolo X e gli anni trenta del
successivo50.
La calligraficità della scrittura, una minuscola niliana di modulo medio-
grande, eretta, ieratica, trova sicuri agganci con la produzione greca libraria
realizzata per committenze facoltose in quello stesso torno di tempo e nello
stesso milieu culturale. un utile confronto può essere istituito, ad esempio, con

45
Vat. gr. 781, f. 121v: tou'oJ siv
ou p(at(r(o)" j Hlivou tou'sphlaiv tou'ejn Kalabriv a.
46
Ibid., f. 147r: tou' aJgiv
ou Fantiv nou tou' ejn Kalabriv a. Si tratta di Fantino il Vecchio,
originario di Seminara in Calabria, detto l’iJ pponomeuv " per la consuetudine di andare a cavallo.
Su di lui mi limito a rinviare a E. FoLLiERi, La Vita di s. Fantino il Giovane, Subsidia Hagiogra-
phica, 77, bruxelles 1993, ad indicem.
47
Ibid., f. 148v: tou'oJ
sivou patro; " hJ
mw' n Hliv
j ou'tou'Nev ou ἐν Kalabriv a.
48
Ibid., f. 142r: tou'oJ
sivou patro; " hJmw'n Benediv ktou. il culto di s. benedetto era entrato
nel proprium del calendario eortologico bizantino sin da epoca alta. occorre rimarcare che esso
è commemorato sotto la data latina del 21 marzo, anziché, come nella prassi liturgica greco-
orientale, al 14 dello stesso mese. Al f. 127r è ricordato anche Marciano di Siracusa (11 ottobre).
Per queste e altre occorrenze di santi cf. DEVREESSE, Codices cit., p. 299. Più in generale si veda
E. FoLLiERi, I santi della Calabria bizantina, in Calabria bizantina. Vita religiosa e strutture
amministrative. Atti del primo e secondo Incontro di studi bizantini, Reggio Calabria 1974, pp.
71-93, e, in relazione a s. benedetto, g. Rigotti, Gregorio il Dialogo nel mondo bizantino, in
g.i. gARgAno (ed.), L’eredità spirituale di Gregorio Magno tra Occidente e Oriente. Atti del
Simposio Internazionale «Gregorio Magno 604-2004», Roma, 10-12 marzo 2004, negarine
2005, pp. 271-292: 279-281.
49
Ricordo che Elia era nativo di Enna, in Sicilia, cf. g. RoSSi tAibbi, Vita di Sant’Elia il
Giovane, testo inedito con traduzione italiana, istituto Siciliano di Studi bizantini e neoellenici.
testi e Monumenti. testi, 7 - Vite dei Santi Siciliani, 3, Palermo 1962.
50
A favore dell’àmbito campano-laziale per la confezione del codice mi ero già pronunciato
nel mio Scritture e libri cit., pp. 353-354.
314 S. Lucà

la grafia in cui venne esemplato il tetravangelo Barb. gr. 352, già N. X51, e
precedentemente «.85.» (f. 1 r, angolo superiore esterno)52.
il Vat. gr. 781, d’altronde, è appartenuto nel corso del secolo XiV ad un nobile
possessore, religioso o laico che fosse, di cui occorre lo stemma gentilizio, al mo-
mento non identificato, ai ff. 26r, 36r, 75r, 119v. Sul fondo oro lo scudo, che pre-
senta a destra e a sinistra due aste oblique desinenti in alto con motivo floreale,
racchiude una sorta di cavalluccio marino, colorato in blu con tocchi di bianco e
venature argentee. Poco prima, ossia fra gli anni Sessanta/Settanta del secolo
Xiii, lo stesso manufatto sarebbe stato donato, come da annotazione apposta sul
f. 152 r, dallo ieromonaco Anastasio di S. Erasmo a blasios, ecclesiarca di grot-
taferrata: egw ierom(ov naco") Anastasio tou aj givou Erav
j smou dov sw ei" to; n
kur(on) Blav sion ejkklh(si)archn th' " Kriptofev roi" p <avnta ta;> (?) bliblia
kala;oushn ebaggelia kai;tetrabaggelion kai;e[tera biblia] (?)53.

51
Per tale e altri possibili confronti si veda LuCà, Scritture e libri cit., pp. 352-353, tav. 20a. il
manufatto, di ff. i (cart.). 203 (perg.), misura mm 202 × 148/151 (136 × 94) ca. ed è organizzato in
quaternioni regolari che, segnati con cifre greche maiuscole nell’angolo superiore (f. 102 r: ΙΖ ),v sono
incisi con sistema di rigatura 2 Leroy ed esibiscono il tipo 20C2, talora k 20C2 (e.g. ff. 1-2) con 24
righe e con intercolunnio di mm 10. L’ornamentazione, tradizionale, contempla cornici ad inizio di
ogni Vangelo e iniziali a doppio tratto, toccate di arancione sovente con venature argentee, verde, blu
(ff. 89 v, 90 r). Fra queste ultime segnalo quelle di epsilon a mano benedicente con stimmate, nonché
quelle di omicron «à rondelle» (f. 51 r) e di pi (f. 134 v) con le anse provviste di punto «a bottone».
Ai Vangeli sono premessi i capita (ff. 1 r-v Matteo, 53 v-54 r Marco, 92 r-93 v Luca, 167 v giovanni);
segue il testo cui vengono aggiunti di volta in volta, in eleganti cornici geometriche, le indicazioni
del luogo di composizione e della lingua con le note sticometriche (52 v, 91 r, 167 r), numerosi testi
accessori (i dieci comandamenti: f. 53 r, e i nomi degli apostoli, f. 54 v), nonché versi in onore degli
Evangelisti, vergati in maiuscoletta. Più in particolare, a f. 52 v occorrono versi (eroici) in onore di
Matteo (cf. E. FoLLiERi, Epigrammi sugli Evangelisti dai codici Barberiniani greci 352 e 520, «bol-
lettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 10, 1956, pp. 61-80), † Sev lasfovroi" lav myesi ...
a“rista th' cqoni; pa' si, pp. 63 e 76); ai ff. 54 r e 91 r stichi in onore di Marco, rispettivamente: †
”Ossa peri;cristoiv o ... euj
ag
vgelo" a”llo" ej deivcqh (ibid., p. 64) e † Th; n a“fraston gevnnhsin ...
fruktorei'pa' san ktiv sin (ibid., pp. 64 e 76); ai ff. 91 v e 9 v i trimetri giambici in onore di Luca,
rispettivamente: † Louka' " hJpioquvmw" aj kestoriv h" ... d joujranivhn uJperav ntiga patri; faav nqh
(ibid., pp. 64 e 80) e i dodecasillabi † To; n sunav rcon tw'patri;lov gon ... wj
'Louka'mav kar, ejk qehv
paidoskov rh" (ibid., p. 76); al f. 167 v stichi in onore di giovanni, † Ai“glh trifeggei'to; n nou'n
... wj'Qev olov
ge gov ne bronth' " ej w" (ibid., pp. 64 e 77), ai quali occorre aggiungere altri tre do-
nqev
decasillabi (f. 168r), oggi non più leggibili. uno specimen della scrittura in W.H.P. HAtCH, Facsimiles
and Descriptions of Minuscule Manuscripts of the New Testament, Cambridge, Mass. 1951, pl. XVi.
52
La modalità della segnatura (cifra araba fra due punti) è simile a quella adoperata per i
libri della silloge manoscritta di Marcello Cervini: S. LuCà, Guglielmo Sirleto e la Vaticana, in
M. CERESA (ed.), La Biblioteca Vaticana tra riforma cattolica, crescita della collezione e nuovo
edificio (1535-1590), Storia della biblioteca Vaticana 2, Città del Vaticano 2012, pp. 145-188:
171 e fig. 15 (a p. 169).
53
non si leggono più ca. 13/15 lettere; segue poi un «ego» senza ulteriori precisazioni.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 315

Del monaco Anastasio non ho reperito elementi atti a identificarlo; di bia-


gio, al contrario, sappiamo, come già sottolineava Robert Devreesse nella de-
scrizione a stampa del manoscritto54, che egli ricoprì la carica di ecclesiarca
nel monastero tuscolano di s. nilo. Difatti, il copista Macario di Reggio, mo-
naco del S. Salvatore di Messina e operoso anche a grottaferrata, vergò gli at-
tuali Crypt. Δ.α.iV, ora gr. 365, e il Vat. gr. 770, che completò rispettivamente
nel 1265 (f. 106r) e nel 1279/1280 nel monastero criptense, essendone eccle-
siarca proprio biagio55.
Se l’intento della donazione si sia realizzato (l’annotatore usa il futuro dwv
sw),
non è dato sapere con certezza; l’antica segnatura «.Ρ.», apposta sul recto di f.
156, a meno che essa non appartenga ad altro monastero greco-latino di Roma o
del milieu laziale, potrebbe costituire un probante indizio, tanto più che vari libri
manoscritti in possesso dell’abbazia di grottaferrata finirono poi nella biblioteca
dei papi sin da epoca alta (sec. XV). il già menzionato Vat. gr. 770 e il Vat. gr.
77157 – un triodio quest’ultimo confezionato a grottaferrata fra Xi e Xii secolo
dal copista che vi vergò anche il Meneo Vallic. gr. 167 (Allacci LXiV) – fanno
parte, fra l’altro, del fondo antico della biblioteca Vaticana che venne costituito
nel corso dei secoli XV e XVi58. non solo: nel monastero era forse invalsa l’abi-
tudine di dare una segnatura greca ai cimeli manoscritti, come si evince dal sul-
lodato inventario Reg. gr. Pii II 52, compilato però nella seconda metà del secolo
XVi dallo ieromonaco criptense Luca Felice da tivoli59.
Quanto all’identificazione del monastero dedicato a s. Erasmo è arduo pro-

54
DEVREESSE, Codices cit., p. 299.
55
Si veda LuCà, Scritture e libri cit., p. 354 e n. 158 (con bibliografia). Sull’attività dello scriba
Macario rinvio al mio La carriera di Macario di Reggio, in iD., Membra disiecta cit., pp. 12-28.
56
Cf. supra.
57
Cf. LuCà, Su origine e datazione cit., p. 149; P. CAnARt-A. JACob-S. LuCà-L. PERRiA
(edd.), Facsimili di codici greci della Biblioteca Vaticana, 1: Tavole, Exempla scripturarum
Fasc. V, Città del Vaticano 1998, nr. 43, tav. 31. Circa il Vat. gr. 770, che, fra l’altro, conserva
note latine di mano greca (RADiCiotti, Manoscritti digrafici cit., p. 104 n. 118), si veda P. CA-
nARt-M.L. AgAti, Le palimpseste du Vaticanus graecus 770 et du Cryptensis Α.δ.VI (gr. 389),
«Νέα Ῥώμη» 3 (2006), pp. 131-156. Circa la provenienza di entrambi i manoscritti da grotta-
ferrata cf. già S.g. MERCAti, Appunti sui codici di Grottaferrata, «bollettino della badia greca
di grottaferrata» n.s. 8 (1954), pp. 113-126: 119, confluito poi in iD., Collectanea Byzantina, ii,
a c. di A. ACConCiA Longo, bari 1970, pp. 66-78: 71.
58
LiLLA, I Manoscritti Vaticani greci cit., pp. 3-23; R. DEVREESSE, Le fonds grec de la Bi-
bliothèque Vaticane des origines à Paul V, Studi e testi, 244, Città del Vaticano 1965, p. 495.
59
Se la nostra ipotesi ha un qualche fondamento, il manoscritto, ovviamente, non vi risulta
censito, giacché all’epoca non era più in possesso del monastero; e d’altro canto nello stesso
inventario la segnatura «Ρ» contraddistingue un altro cimelio, l’attuale Vat. gr. 1631: CAnARt,
Les Vaticani Graeci 1487-1962 cit., p. 195.
316 S. Lucà

nunciarsi. Luoghi di culto consacrati al santo, il quale, si sa, avrebbe subito il


martirio a Formia e poi, a seguito della traslazione delle reliquie (an. 848), di-
venne il patrono di gaeta e della stessa Formia, sono ben noti sia in ambito
campano-laziale sia nella stessa Roma60.
Qui sul Celio sorgeva, infatti, un monastero greco intitolato ad Erasmo, che,
però, sin dal 938 risulta latinizzato61. Supporre che la latinizzazione del mona-
stero abbia indotto il monaco Anastasio a donare i libri greci liturgici al mona-
stero di grottaferrata è ipotesi seducente, ma non verificabile, tanto più che il
manoscritto nel corso del secolo XiV fu in possesso di un alto prelato, come
mostra lo stemma gentilizio summenzionato62.
Ad ogni buon conto, l’analisi complessiva del codice e la sua “storia” sono
per un verso o per l’altro strettamente connesse a Roma e al milieu grecofono
laziale ruotante principalmente attorno all’abbazia di Montecassino e a s. nilo.
Conferma ulteriore a questa conclusione viene da una inserzione liturgica,
vergata in redazione latina e greca, che occorre sul f. 150r-v e sui ff. 151 r-152 r
dello stesso cimelio (il verso di f. 152 è vacuo). Si tratta di Apocalisse 7, 2-12
e di Matteo 5, 1-12.
il f. 150 è parte integrante del codice originario, costituendone l’ultimo fo-
glio del quaternione IQ v(ff. 143-150); i ff. 151-152 formano invece un bifo-
glio, aggiunto all’epoca della trascrizione latino-greca. Ciò appare indubbio,
pur prescindendo dalla struttura dei fascicoli. Difatti, la rigatura dei ff. 151-
152 è di tipo 00E2 Leroy con 27 righe, mentre quella dell’intero manoscritto,
come s’è visto, è di tipo 12D2 con 27 righe; l’intercolumnio, inoltre, misura
mm 15, anziché 19 come nel resto del codice.
Probabilmente per motivi di ordine liturgico correlati forse al culto di s.
Erasmo, che viene festeggiato il 2 giugno, suo dies natalis, o di un altro santo

60
Per tutto questo si veda LuCà, Scritture e libri cit., p. 354 e n. 159. Assai noti, ad esempio,
sono i monasteri di gaeta (Lt) e di Veroli (FR), sui quali basta il rinvio a SuPino MARtini, Roma
e l’area grafica cit., pp. 96 n. 134; 190-192, 195 n. 140. Sul culto di Erasmo, commemorato il 2
giugno a partire dal Martirologio geronimiano, si veda inoltre V. Von FALkEnAuSEn, S. Erasmo a
Bisanzio, «Formianum» 3 (1995) [= Atti del Convegno di studi sull’antico territorio di Formia],
pp. 79-92, e S. boESCH gAJAno-L. PAni ERMini-g. giAMMARiA (edd.), I Santi Patroni del Lazio,
i: La provincia di Latina, Roma 2003, ad indicem. Segnalo che Erasmo è ricordato anche nelle
commemorazioni del menologium minus del menzionato Vat. gr. 2138 (f. 74 r), sontuoso Evan-
geliario eseguito a Capua dal copista Ciriaco «il misero» (an. 991).
61
g. FERRARi, Early Roman Monasteries. Notes for the History of the Monasteries and Con-
vents at Rome from the V throug the X Century, Studi di antichità cristiana, 23, Città del Vaticano
1957, pp. 127-129; SAnStERRE, Les moines grecs et orientaux à Rome cit., p. 33 ss., e ad in-
dicem.
62
Cf. supra.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 317

martire, nell’àmbito di conservazione del cimelio si è deliberato di far trascri-


vere le pericopi su menzionate di Apocalisse e del vangelo di Matteo in reda-
zione latina e greca. Esse potrebbero costituire le letture della ricorrenza
liturgica in onore del martire. Sia il passo dell’Apocalisse, sia il brano evange-
lico, il noto discorso delle beatitudini, ben si adattano alla solenne celebrazione
del martirio del santo, che fu eviscerato.
invero, quest’ultima ipotesi risulta infondata. L’inserto riguarda infatti,
come peraltro ha suggerito Robert Devreesse, la celebrazione della festività di
tutti i Santi (primo novembre)63, in cui per l’appunto la liturgia della Chiesa
latina prevede la lettura delle pericopi su ricordate, cioè Apoc. 7, 2-12 e il di-
scorso delle beatitudini di Mt. 5, 1-12, al quale di solito viene premessa anche
la lettura di Mt. 4, 25. La ricorrenza di ognissanti del primo novembre è di
chiara matrice latino-occidentale, giacché, come è noto, essa non è annoverata
nel calendario eortologico greco-orientale. D’altro canto, nella Chiesa italo-
greca la solenne festività è menzionata solo in aggiunte marginali di epoca
tarda, come avviene, ad esempio, nel Meneo di ottobre e novembre Crypt.
Δ.α.Xiii, ora gr. 373, che, prodotto e utilizzato nel monastero lucano dei Ss.
Elia e Anastasio di Carbone nella seconda metà del secolo Xi, esibisce, ma di
mano seriore (tre/Quattrocento) e in margine in riferimento al 1° e al 2 di no-
vembre, la commemorazione latina (kata; lath; non [sic !]) sia della festività
di tutti i Santi (f. 93 r) sia di quella dei Defunti (f. 104 r), entrambe sconosciute
alla liturgia greco-orientale64.
il compito venne affidato ad un ignoto amanuense versato in entrambe le
lingue e in entrambi i sistemi grafici, ovvero meglio a due copisti distinti, uno
per la parte in latino, l’altro per la parte greca. il cimelio originario, del resto,

63
DEVREESSE, Codices cit., p. 299.
64
LuCà, Scritture e libri in Terra d’Otranto cit., p. 515. Alla scrittura dei manoscritti studiati
in quest’ultimo lavoro si può ora aggiungere quella esibita nell’Ambr. F 103 sup. (di origine sa-
lentina [milieu tarantino] e databile al secolo Xi/Xii); per il contenuto (omiletico-agiografico)
si rinvia a E. MARtini-D. bASSi, Catalogus codicum graecorum Bibliothecae Ambrosianae, i,
Mediolani 1906, pp. 417-420. in verità la Chiesa greco-orientale commemorava tutti i Santi la
prima domenica dopo Pentecoste e i Defunti il sabato di Carnevale e il sabato di Pentecoste.
Circa la commemorazione di santi locali o di ricorrenze occidentali, sono fondamentali i con-
tributi di Enrica Follieri: E. FoLLiERi, Il culto dei santi nell’Italia greca, in La Chiesa greca in
Italia cit., ii, italia Sacra, 21, Padova 1972, pp. 553-577: 572-577; EAD., Santi occidentali nel-
l’innografia bizantina, in Atti del Convegno internazionale sul tema: L’Oriente cristiano nella
storia della civiltà (Roma 31 marzo-3 aprile 1963; Firenze 4 aprile 1963), Roma 1964, pp. 251-
272: 268, 270-271; EAD., I santi dell’Italia greca, «Rivista di studi bizantini e neoellenici» n.s.
34 (1997), pp. 3-36, ristampato in JACob-MARtin-noyé, Histoire et culture dans l’Italie byzan-
tine cit., pp. 95-126.
318 S. Lucà

si prestava bene allo scopo, giacché buona parte di f. 150r e tutto il verso dello
stesso foglio erano rimasti in bianco. il Lezionario, infatti, che dal f. 119v con-
serva le lezioni evangeliche per le festività fisse, termina a f. 150r con un fregio
«a pettine» desinente da ambo i lati con motivo floreale, volto verso il basso e
segnato al centro da un punto «a bottone». tale fregio, che occupa lo spazio
della colonna di destra, venne eseguito, grosso modo a metà pagina, dal copista
greco cui spetta l’intera trascrizione del Lezionario. Lo si evince dai colori
adoperati che sono analoghi a quelli utilizzati nell’ornamentazione del mano-
scritto, nonché dalla tipologia. Lo stesso copista aveva forse coltivato il pro-
posito di aggiungere la sottoscrizione o qualche altro testo accessorio, che poi
per ragioni che sfuggono non portò a compimento.
Sia come sia, la parte rimasta vacua del f. 150, ossia la metà della colonna
destra, tutta la seconda colonna e tutto il verso dello stesso foglio, venne uti-
lizzata per trascrivere parzialmente le letture liturgiche dei passi scritturistici
or ora menzionati, provvedendo anche, al fine di contenerne l’intero testo, ad
aggiungere un bifoglio, costituito dai ff. 151-152 attuali. L’operazione era evi-
dentemente mirata a completare la serie delle festività fisse.
Ci troviamo di fronte, perciò, a un centro monastico bilingue in cui convive-
vano monaci benedettini e monaci greci, che praticavano abitualmente gli uffici
liturgici in entrambe le lingue. individuarne la collocazione è impresa difficile.
E tuttavia, pur non potendo escludere a priori un centro monastico della Cam-
pania o del Lazio meridionale in cui operavano e convivevano monaci bilingui
in un contesto socio-culturale anch’esso latino-greco, presumere che l’opera-
zione dell’inserto liturgico-scritturistico sia stata concepita e realizzata proprio
nel monastero greco e poi greco-latino di S. Erasmo al Celio, in Roma, negli
anni a cavallo dei secoli Xi/Xii, non sembra un azzardo eccessivo65.
La proposta, che qui presento in via del tutto congetturale ben conscio dei
rischi in cui si incorre allorché si vogliono proporre, talora incautamente, lo-
calizzazioni “strette”, non poggia su elementi incontrovertibili. tuttavia, con-
siderati la vicinanza logistica e i fecondi rapporti che grottaferrata, a partire
almeno dal secolo Xi, intrattenne coi pochi monasteri greci sopravvissuti
dell’urbe oramai in stato di decadenza e abbandono a tutto vantaggio del mo-
nachesimo latino-occidentale –, parrebbe più economico ritenere che la dona-
zione da parte dello ieromonaco Anastasio del corredo librario liturgico in

65
Secondo Paolo Radiciotti (RADiCiotti, Manoscritti digrafici cit., p. 104 n. 118) la scrittura
greco-latina dell’inserto sarebbe affine a quella delle annotazioni latine di mano greca che oc-
corrono nel già menzionato Vat. gr. 770, un codice confezionato proprio a grottaferrata dal co-
pista Macario di Reggio: supra, n. 56 e relativo contesto.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 319

lingua greca del proprio monastero sia avvenuta fra due centri monastici non
distanti fra di loro: l’uno, il monastero romano di S. Erasmo, essendo all’epoca
già ampiamente latinizzato, non necessitava più di libri greci per le ufficiature
liturgiche; l’altro, al contrario, costituiva anche per i pochi monaci greci su-
perstiti dell’Urbs il polo naturale di attrazione, rappresentando in occidente il
fulcro della tradizione liturgica greco-orientale.
L’analisi della scrittura, soprattutto di quella latina, pur non presentando
caratteristiche riconducibili inequivocabilmente all’area romana, non presenta
neppure elementi che si oppongono decisamente alla stessa ipotesi.
Si tratta di una minuscola carolina di buona fattura (tav. 4) per la parte latina
e di una minuscola non caratterizzata per la parte greca. La datazione che qui
si propone è il secolo Xi/Xii66.
ora, è ben noto che la carolina è stata adoperata nel meridione d’italia67; così
come è altrettanto noto che essa è stata impiegata a Roma, dove, pur impostasi
con ritardo nella prassi documentaria, contrastata com’era, dalla curiale e dalla
corsiva nuova, diede vita fra X e Xii secolo alla tipizzazione «romanesca»68.
D’altro canto, tra Xi e Xii secolo la minuscola carolina divenne la scrittura im-
perante, nella quale furono vergati numerosi esemplari delle cosiddette bibbie
atlantiche, sino a divenire, mutuando il titolo di un importante contributo della
compianta Paola Supino, «la scrittura delle scritture»69, caratterizzandosi in
forme assai omogenee e uniformi, quasi cristallizzate. L’allestimento di tali bib-
bie costituì, fra l’altro, un «aspetto della produzione libraria di un’area omogenea

66
Per la datazione dei codici in carolina (di origine italiana) è ancora utile la lettura di A.
PEtRuCCi, Istruzioni per la datazione, «Studi medievali» ser. iii, 9 (1968), pp. 1115-1126.
67
Si veda, fra l’altro, C. tRiStAno, Scrittura beneventana e scrittura carolina in manoscritti
dell’Italia meridionale, «Scrittura e civiltà» 3 (1979), pp. 89-150. L’uso della carolina è attestato
anche nella Sicilia del secolo Xii; cf., ad esempio, supra, n. 2, nonché lo Scor. X.iii.11, in cui
il copista nella dossologia della Catechesi 25 di teodoro di Studio (f. 49v) mescola lettere greche
e latine: J. LERoy, Études sur les Grandes Catéchèses de S. Théodore Studite, éd. par o. DELouiS
avec la participation de S.J. VoiCu, Studi e testi, 456, Città del Vaticano 2008, pp. 130-135:
132.
68
P. SuPino MARtini, Carolina romana e minuscola romanesca. Appunti per una storia della
scrittura latina in Roma tra IX e XII secolo, «Studi medievali» ser. iii, 15 (1974), pp. 769-793,
ora confluito in EAD., Scritti ‘’romani’’. Scritture, libri e cultura a Roma in età medievale, a c.
di g. AnCiDEi-E. ConDELLo-M. CuRSi-M.E. MALAVoLtA-L. MigLio-M. SignoRini-C. tEDESCHi,
Sapienza università di Roma. Studi del Dipartimento di storia, culture , religioni, 5, Roma 2012,
pp. 1-27; EAD., Roma e l’area grafica cit., pp. 55-56, 62, 95-96, 138-140. 132-135, 148-287, in
cui sono passati in rassegna numerosi codici che esibiscono compresenza e/o commistione di
scritture carolina, romanesca e beneventana.
69
P. SuPino MARtini, La scrittura delle scritture (sec. XI-XII), «Scrittura e civiltà» 12 (1988),
pp. 101-118, rifluito ora in EAD., Scritti “romani’’ cit., pp. 167-181.
320 S. Lucà

e ben individuabile sotto il profilo grafico – comprendente, oltre a Roma, parte


del Lazio e dell’umbria»70. nel nostro caso, essa presenta forme oramai cristal-
lizzate che non consentono una precisa localizzazione.
in effetti, il raddrizzamento dell’asse, il modulo medio-piccolo, il disegno
tondeggiante, lo sviluppo armonico delle aste conferiscono alla pagina un
aspetto di sobria eleganza, esaltata dall’ andamento armonioso ed euritmico
dei segni che formano la catena grafica, che risulta di tanto in tanto interrotto
dalle maiuscole ad asta alta di S, B, V, G (ibid., ad loc.). Si segnalano le pseu-
dolegature «a ponte» di s + t e di c + t (ibid., ll. 1, 5,9, 11, col. a; etc.), y con
punto sovrapposto a forma di v caudata (f. 150 r, ll. 14 e 19, col. b, rispettiva-
mente nei nomi Symeon e ysachar; nella versione greca: «Sumewv n» e
« Ijsacwv r»), a con schiena dritta desinente con trattino volto in alto «a uncino»,
g ad ansa aperta. Si noti inoltre l’e cedigliato (= ae/oe) nel vocabolo «caelum»
(tav. 4, ll. 24, col. a, e 9 e 15, col b), che però non compare nella parola saecu-
lum («secula seculorum»: ibid. ll. 14 e 15, col. a).
oltre alle usuali abbreviazioni di quoniam (tav. 4, lin. 4 e 2a ab imo; linn.
1, 3, 4, 6b: «qm» sormontato da tratto orizzontale), qui (ibid., ll. 3 e 28, col.
a; lin. 7, col b), per (ibid., ll. 4 e 23, col. a; l 7 e 11, col. b), pro (ibid., l. 13,
col. b), propter (ibid., l. 8, col. b) e uobis (ibid., l. 10, col. b) e dei nomina sacra
(ibid., ll. 3,14, 18, 23, col. a; ll. 5, 6, col. b), paiono meritevoli di segnalazione
anche quelle di: angelus (ibid., ll. 5, col. a: «angeli»), «mise(ricor)des» e
«mise(ricor)diam» (ibid., ll. 3 e 4, col. b), nonché le abbreviazioni per tronca-
mento di -orum con r desinente con trattino orizzontale intersecato da tratto
obliquo (ibid., ll. 6, 15, 24, col. a) e di -ur a forma di 2 (ibid., passim). notevole,
infine, è il segno di pausa di tipo beneventano a forma di neuma porrectus
(ibid., ll. 1, 3, 9, 12, 15, etc.)71.
Per i titoli, l’amanuense adopera una maiuscoletta in cui, fra l’altro, il kappa
di «apokalips(is)» [!] è scritto alla greca (f. 150r, l. 1 del testo latino), mentre
d è di forma onciale e u a forma di v (tav. 4, ll. 16 e 17).
Costituiscono utili termini di confronto le grafie in cui vennero vergati gli
attuali Casin. 515 e Barb. lat. 587, entrambi confezionati forse a Montecas-

70
P. SuPino MARtini, Origine e diffusione della Bibbia atlantica, in M. MAniACi-g. oRoFino
(edd.), Le Bibbie Atlantiche. Il libro delle Scritture tra monumentalità e rappresentazione [Ca-
talogo della mostra, Abbazia di Montecassino, 11 luglio -11 ottobre 2000; Firenze, biblioteca
Laurenziana, settembre 2000-gennaio 2001], [Roma] 2000, pp. 39-43: 41.
71
Su di esso rinvio alla recente messa a punto di F. D’Aiuto, ‘Chiodo’, point and hook, but:
metamorfosi di un segno interpuntivo fra Bisanzio, l’Italia e il Caucaso, in M. PALMA-C. Vi-
SMARA (edd.), Per Gabriella. Studi in ricordo di Gabriella Braga, ii, Soveria Mannelli 2013,
pp. 575-599.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 321

sino72, e soprattutto il Vat. lat. 10510 e il Neap. XV.AA.1-2, che invece furono
verosimilmente eseguiti a Roma73.
Quanto alla coeva scrittura greca, si tratta di una minuscola italogreca non
caratterizzata databile alla seconda metà inoltrata del secolo Xi e del primo
quarto del Xii. Ché anzi l’aspetto d’insieme e alcuni singoli morfemi evocano
quella scrittura che di recente ho definito «minuscola apulo-lucana», attestata
proprio in quel lasso di tempo in ambito lucano e greco-pugliese, segnatamente
tarantino74.
Rimane ancora sullo sfondo una altra questione ancora aperta, che occorre
almeno tentare di esorcizzare: l’allestimento dell’inserto liturgico è opera di
un unico copista o di due distinte mani che adoperano il proprio sistema gra-
fico per la parte di propria competenza? Allo stato attuale non si dispone di
elementi paleografici o linguistici atti a risolvere il quesito. non darei ecces-
siva importanza al fatto che il colore dell’inchiostro sia pressoché identico
in entrambi i sistemi grafici, giacché lo scriba o gli scribi, coevi, lavoravano
nello stesso centro, attingendo allo stesso calamaio. E tuttavia, pur in man-
canza di elementi grafici decisivi, è possibile presentare qualche timida ri-
flessione.
La constatazione “oggettiva” che la lingua latina sia in posizione prioritaria
a me non sembra del tutto risolutiva. È possibile infatti che il centro monastico
in quel periodo officiava sia in latino che in greco per una comunità di monaci
e di fedeli a prevalenza latina; di qui la scelta di dare al latino la collocazione
preminente, scelta determinata anche dal fatto che ognissanti è una festività la-
tina. Riveste importanza maggiore, a mio avviso, la circostanza che le pericopi
di Apocalisse e del vangelo di Matteo sono trascritte di seguito l’una all’altra,
prima in latino e poi in greco. E dunque non siamo in presenza di un vero e pro-
prio codice digrafico latino-greco, che, in genere, si presenta con mise en page
a due colonne affrontate, una per ciascuna lingua. Ma v’è di più. La tipologia
delle iniziali maggiori sembra riflettere due distinte culture: la iniziale maggiore
i del testo latino (f. 150 r-v; tav. 4) è costruita dallo stesso copista a tratto doppio
secondo modalità tipicamente occidentali – si veda, ad esempio, l’analoga
forma nel Vat. lat. 4965 (f. 27 v)75, o nel Vat. Arch. S. Petri A 276 e nel Vallic. b

72
Cf. la scheda di M. DELL’oMo in MAniACi-oRoFino, Le Bibbie atlantiche cit., nr. 6, pp.
131-136) e quella di L.M. AyRES: ibid., nr. 5, pp. 126-131: 127 (f. 84r).
73
Cf. nello stesso volume rispettivamente le schede di F. MAgiStRALE (ibid., nr. 17, pp. 182-
185) e di S. MAgRini (ibid., nr. 22, pp. 200-204: 201 [f. 2 v]).
74
LuCà, Scritture e libri in Terra d’Otranto cit.
75
SuPino MARtini, Scritti ‘’romani’’ cit., fig. 2.
76
EAD., Roma e l’area grafica cit., tav. XV.
322 S. Lucà

1177; la tipologia dell’iniziale epsilon, invece, eseguito anch’essa dal copista, a


doppio tratto e toccata di giallo ocra, è tipicamente di tradizione bizantina e ita-
logreca. insomma, sono del parere che alla copiatura dell’inserto liturgico del
Vat. gr. 781 abbiano concorso due copisti distinti, uno di formazione latina, l’al-
tro di formazione italogreca.
Sulla scorta delle risultanze fin qui acquisite, non appare infondata l’ipotesi
secondo cui Roma e dintorni, ma senza escludere l’area di più stretta influenza
cassinese, si configuri come il luogo di confezione e vergatura. Ché anzi, seb-
bene non sia di alcun peso la presenza della pausa di tipo cassinese, il cui uso
è ben attestato in coevi manufatti in carolina78, i confronti paleografici su isti-
tuiti suffragano, a patto che siano attendibili, l’ipotesi secondo cui l’inserto sa-
rebbe stato aggiunto nella città di Roma o in ambito romano.
La scelta di selezionare per l’ufficiatura di tutti i Santi, oltre al discorso
delle beatitudini del vangelo di Matteo, un brano dell’Apocalisse offre ancora
lo spunto per qualche ulteriore riflessione.
Come ben sanno gli storici della liturgia, il libro dell’Apocalisse non è im-
piegato nel rituale liturgico greco-orientale; dunque la presenza di un brano
nel Vat. gr. 781 costituisce un vero e proprio hapax nella tradizione liturgica
greca, evidente riflesso di un ambiente aduso alla prassi liturgica latina o da
esso palesemente influenzato. È quel che avviene, ad esempio, proprio a grot-
taferrata nel primo trentennio circa del secolo Xiii.
Difatti, il Crypt. Α.δ.iV (= gr. 95)79, un Prophetologion realizzato nel primo
quarto del secolo Xiii nel cenobio tuscolano dal calamo del copista giovanni
Rossanese, registra tre letture, di cui una tratta proprio dall’Apocalisse (Apoc.
21, 7 - 22, 5: ff. 189v-193v), nell’ufficiatura della festività degli apostoli Pietro
e Paolo del 29 giugno (ff. 184 r-193 v)80. Si è in presenza di un caso di ogget-

77
Ibid., tav. XLVii.
78
Si vedano, ad esempio, il Laur. 15, 10 (scheda di S. MAgRini in MAniACi-oRoFino, Le
Bibbie atlantiche cit., nr. 35, pp. 230-236: 233 [f. 393v]; San Daniele del Friuli, bibl. guarneriana,
i-ii (scheda di C. SCALon, ibid., nr. 8, pp. 139-144), Cividale del Friuli, Museo archeologico na-
zionale, biblioteca capitolare, i-ii (iD., ibid., nr. 100, pp. 148-152), Par. lat. 104 (scheda di E.
CottERAu, ibid., nr. 12, pp. 155-158), Vat. lat. 4218 (scheda di M. SignoRini, ibid., nr. 18, pp.
186-188), Vat. Arch. S. Petri C 105 (cf. SuPino MARtini, Scritti “romani” cit., Fig. 15, ma sec. X
ex.), nonché nei codici in romanesca Vat. Arch. S. Petri C 103, C 92, D 146; Vat. S. Maria Magg.,
104 (SuPino MARtini, Roma e l’area grafica cit., tavv. iV, Viii, Xiii, XVi), Sublac. CXV. 118
(vergato in beneventana e romanesca: ibid., tavv. XXXV-XXXVi).
79
Devo la segnalazione al collega Stefano Parenti, che sentitamente ringrazio.
80
A. RoCCHi, Codices Cryptenses seu Abbatiae Cryptae Ferratae, tusculani 1883, pp. 40-
43: 42. Le altre due letture appartengono a Zach. 1, 4 ss. e Is., 4, 2 ss. Sul codice palinsesto cf.
E. CRiSCi, I palinsesti di Grottaferrata. Studio codicologico e paleografico, napoli 1990, pp.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 323

tiva imitazione dell’ufficiatura latina da parte di un monastero che, per ragioni


storiche complessive legate alla propria posizione logistica e al declino gene-
rale del monachesimo italogreco, non fu restio ad accogliere formule e ritualità
latino-occidentali, che si ritrovano poi a iosa nei secoli successivi anche nei
codici criptensi e italomeridionali81. in quest’ottica, il cenobio di grottaferrata
esercitò, in qualche modo, il ruolo di antesignano del favore con cui man mano
vennero recepite nel rito greco-bizantino commistioni liturgiche proprie del
rito latino-occidentale82. Sebbene nell’italia meridionale di lingua greca il fe-
nomeno abbia conosciuto qualche esempio in epoca ben più alta83, l’influenza

18-19, 66-72; sull’attività dell’amanuense cf. S. PAREnti, Aspetti poco noti dell’attività liturgica
di Giovanni Rossanese copista a Grottaferrata, «bollettino della badia greca di grottaferrata»
n.s. 53 (1999), pp. 201-212, ora anche in PAREnti-VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» cit.,
pp. 31-42 (con bibliografia). Si segnala che il manoscritto digrafico greco-latino Ott. gr. 258
(sec. XiV ante medium e di probabile origine greco-orientale) è latore degli Atti degli apostoli
e della parte iniziale di Apocalisse, ma non in un contesto liturgico: RADiCiotti, Manoscritti di-
grafici cit., p. 116 n. 149.
81
Rinvio soltanto ad alcuni contributi di S. PAREnti, L’Εὐχολόγιον τὸ μικρόν del 1931 e la
riforma della liturgia delle Ore a Grottaferrata. Tentativi del passato, situazione attuale e nuove
proposte, «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 46 (1992), pp. 281-318 [= PAREnti-
VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» cit., pp. 301.324]; iD., Agiografia e liturgia tra Roma e
Costantinopoli, «Rivista liturgica» 88 (2001), pp. 968-969; iD., Il monastero italo-bizantino di
Grottaferrata e la Chiesa di Roma nell’XI secolo, in Il monachesimo tra eredità e aperture. Atti
del Simposio «Testi e temi nella tradizione del monachesimo cristiano» per il 50° anniversario
dell’Istituto monastico di Sant’Anselmo, Roma 28 maggio - 1° giugno 2002, a c. di b. biELAW-
Ski-D. HoMbERgEn, Analecta Monastica 8, Roma 2004, pp. 347-366; iD., La riforma del rito
italo-bizantino nel monastero di Grottaferrata, «Rivista liturgica» 86 (1999), pp. 63-78 [ = PA-
REnti-VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» cit., pp. 301-324], e soprattutto iD., Osservanza
liturgica e vita monastica a Grottaferrata nell’ultimo quarto del ‘500, in PAREnti-VELkoVSkA,
Mille anni di «rito greco» cit., pp. 203-251.
82
È forse utile rammentare che, a parte l’ufficiatura greca in onore di s. benedetto che nilo
compose in occasione della visita da lui compiuta a Montecassino verso il 986 (si veda, fra l’al-
tro, o. RouSSEAu, La visite de s. Nil de Rossano au Mont-Cassin, in La Chiesa greca in Italia
dall’VIII al XVI secolo. Atti del Convegno storico interecclesiale [Bari, 30 aprile-4 maggio
1969], iii , italia Sacra, 22, Padova 1973, pp. 1111-1137), molti inni di bartolomeo il giovane
(† 1050) sono dedicati a santi occidentali, quali Cesario di terracina, Martino di tours, Sabino
martire a Spoleto, Apollinare di Ravenna: A. ACConCiA Longo, Gli innografi di Grottaferrata,
in Atti del Congresso internazionale su S. Nilo di Rossano, 28 settembre-1° ottobre 1986, Ros-
sano-grottaferrata 1989, pp. 317-328: 321-324. Cf. anche S. PAREnti, Il monastero di Grotta-
ferrata nel medioevo (1004-1462). Segni e percorsi di una identità, orientalia Christiana
Periodica, 274, Roma 2005, pp. 282-285.
83
Si veda, ad esempio, H.W. CoDRington, The Liturgy of Saint Peter, with a Preface and
introduction by P. DE MEEStER, Munster 1936, pp. 73-77. La Liturgia, che è una traduzione
della messa romana, è nata in Campania nei milieux del monachesimo italogreco del secolo
324 S. Lucà

massiccia del rito occidentale su quello greco si manifestò specialmente fra gli
anni a cavaliere dei secoli Xiii e XiV, che segnarono la rottura pressoché de-
finitiva con la continuità della prassi liturgica greco-orientale della Chiesa ita-
logreca84. gli Eucologi Neap. ii.C.21 e Messan. gr. 124, l’uno vergato a bova
dal copista “itinerante” Lorenzo di Calamizzi verosimilmente per il vescovo greco
della stessa città nella prima metà del secolo Xiii85, l’altro a gerace per la com-
mittenza del vescovo ioannikios (giovannino tirseo) nella prima metà del secolo
XiV (grosso modo tra il 1334 e il 1337, in base alle filigrane)86, ne costituiscono
esempi paradigmatici, assai singolari giacché insorti in ambiente di saldo radi-
camento e di tenace legame con la civiltà di bisanzio, dove, fra l’altro, il rito
greco, ora sempre più imbastardito, sopravvisse a lungo sino al 1480 a gerace,
essendone vescovo greco Atanasio Calceopilo87, e fino al 1573 a bova88. Allo
stesso secolo XiV risale, fra l’altro, l’entrata nella liturgia bizantina dell’italia
greca della festività del Corpus Domini, festa di origine latina introdotta nel 1246
nella diocesi di Liegi e poi estesa a tutta la Chiesa di rito occidentale nel 1264 da
papa urbano iV e confermata nel 1314 da Clemente V89. nella Chiesa italogreca

X/Xi, si veda, fra l’altro, A. JACob, Quelques observations sur l’euchologe Γ.β.VII di Grottafer-
rata. À propos d’une édition récente, «bulletin de l’institut historique belge de Rome» 53-54
(1983-1984), pp. 65-98: 96-98.
84
in concomitanza con la progressiva decadenza del monachesimo numerosi libri liturgici
(Sinassari, Menei, Lezionari, Eucologi), prodotti in italia meridionale dal Xiii al XVi secolo,
introducono man mano, specie nelle preghiere dell’ambone e nei calendari, non solo formule
latino-occidentali, ma anche ricorrenze del proprium eortologico della Chiesa latina (Leonardo,
Eligio, Rocco, Francesco d’Assisi e così via).
85
Cf. la scheda di A. JACob in P. CAnARt - S. LuCà (edd.), Codici greci dell’Italia meridio-
nale, Roma 2004, nr. 48 (= p. 115).
86
M.t. RoDRiQuEZ, Manoscritti cartacei del fondo del S. Salvatore. Proposte di datazione,
in «Rivista di studi bizantini e neoellenici» n.s. 43 (2006) [= Ricordo di Lidia Perria, ii], pp.
107-259: 191-195 (con precedente bibliografia). Cf. anche S. LuCà, Le diocesi di Gerace e
Squillace: tra manoscritti e marginalia, in Calabria bizantina. Civiltà bizantina nei territori di
Gerace e Stilo. Atti dell’XI Incontro di studi bizantini, Locri-Stilo-Gerace, 6-9 maggio 1993,
Soveria Mannelli 1997, pp. 245-343: 296, tav. 23.
87
Cf. il Corale 11 (Antifonario) della Chiesa Cattedrale di gerace della seconda metà del
secolo XV, f. 106r-v. Si veda anche E. D’AgoStino, Da Locri a Gerace. Storia di una diocesi
della Calabria bizantina dalle origini al 1480, Soveria Mannelli 2004, pp. 262-263 e Fig. 16.
88
Cf. P.F. kEHR, Italia Pontificia, X: Calabria-Insulae, ed. D. giRgEnSHon, turici 1975, p.
50. Si vedano in generale le riflessioni presentate nel mio Gewv zh" copista e protopapa
rgio" Taurov
di Tropea nel sec. XIV, «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 53 (1999) [= jOpwvra.
Studi in onore di mgr Paul Canart per il LXX compleanno, iii], pp. 285-347: 309-311.
89
M. RE, La mancata elezione di Isakios ad igumeno del monastero del S. Salvatore di Placa
(da una nota inedita del Vat. gr. 974), «bollettino della badia greca di grottaferrata» n.s. 49-50
(1995-1996), pp. 97-116: 108.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 325

espliciti riferimenti ad essa si rinvengono, fra l’altro, a Messina in una anno-


tazione del 15 giugno 134690, in due manoscritti salentini del secolo XiV, gli
attuali Vat. gr. 1844 e Crypt. G.a.Vi (gr. 298), nonché a grottaferrata nel ty-
pikòn Crypt. G.a.i (gr. 210)91, che risulta vergato e ultimato da giuseppe Me-
lendytes nel 1299/130092.
insomma, quanto fin qui detto invita a congetturare che l’appendice scrit-
turistica del Vat. gr. 78193 sia stata eseguita da un monaco latino, verosimil-
mente operoso, come già detto, nel monastero romano di S. Erasmo al Celio.
non pare plausibile l’ipotesi criptense, sia perché il nostro cimelio venne do-
nato da Anastasio, ieromonaco di S. Erasmo, all’ecclesiarca biagio nella se-
conda metà avanzata del secolo Xiii, sia perché, all’altezza cronologica
dell’aggiunta (sec. Xi/Xii), grottaferrata, che pure sin dal secolo Xi appare
ben disponibile ad accogliere le suggestioni del rito occidentale, non ne mostra,
ch’io sappia, segni concreti nelle ufficiature liturgiche, sia infine perché – ove
ci fossero stati rapporti fecondi e stretti fra i due monasteri, quasi certamente
grottaferrata ne avrebbe recepito il culto del martire di Formia sin da epoca
alta – s. Erasmo non risulta registrato nel calendario eortologico criptense dei
secoli X e Xi94. La menzione di Erasmo martire occorre, infatti, soltanto nel
typikòn di grottaferrata, l’attuale Crypt. Γ.α.i dell’anno 1299/1300 sotto la
data del primo giugno (f. 81r)95, ma in posizione secondaria dopo la comme-
morazione principale di giustino e soci; si tratta, perciò, con ogni verisimi-
glianza di una aggiunta locale al Sinassario costantinopolitano, che – giova

90
Ibid., p. 104.
91
S. PAREnti, Una Diataxis italo-greca inedita del XIV secolo per la solennità del «Corpus
Domini», «Ephemerides Liturgicae» 108 (1994), pp. 440-455: 441-442, 443-446, ora, con corre-
zioni e integrazioni, in PAREnti-VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» cit., pp. 149-170.
92
Si veda, fra l’altro, S. PAREnti, Manoscritti del monastero di Grottaferrata nel Typikon
dell’egumeno Biagio II (Crypt. Γ.α.I, a. 1299/1300), «byzantinische Zeitschrift» 95 (2002), pp.
641-672 [= PAREnti-VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco» cit., pp. 105-148]. Sull’attività dello
scriba si veda E. VELkoVSkA, Another manuscript of Joseph. Melendytes, «byzantinische Zeit-
schrift» 84-85 (1992), pp. 347-353, ora anche in PAREnti-VELkoVSkA, Mille anni di «rito greco»
cit., pp. 63-71.
93
un fugace cenno sull’inserto occorre in RADiCiotti, Manoscritti digrafici cit., p. 104 n.
118.
94
Si veda, fra l’altro, b. intRiERi, Sinassario. Vita di Santi dal calendario liturgico di Grot-
taferrata, grottaferrata 2004, pp. 206-207, ove il santo viene menzionato sotto la data del 10
maggio nel contesto della commemorazione dei santi martiri Alfio, Filadelfo e Quirino. È noto
che il Sinassario di grottaferrata, attuali Crypt. Β.γ.i - Β.γ.iii (gr. 90-92), realizzato nel mona-
stero tra Xi e Xii secolo, veicola la recensione costantinopolitana *b, il cui rappresentante prin-
cipe è l’attuale Vat. gr. 1613, allestito verso l’anno Mille proprio nella capitale bizantina.
95
Ringrazio il collega Stefano Parenti per il suggerimento.
326 S. Lucà

ribadirlo – non ricorda il santo patrono di gaeta e Formia né al primo né al 2


del mese96. È sufficiente consultare, del resto, il calendario eortologico della
Chiesa italogreca97. D’altro canto, anche l’ufficiatura della festività di ognis-
santi non è nota a grottaferrata se non in epoca tarda. Essa occorre, come su
ricordato, nel già menzionato typikòn (an. 1299/1300), accanto a quelle della
commemorazione dei Defunti (2 novembre) e del Corpus Domini98.

in conclusione, sebbene il campione qui illustrato sia alquanto esiguo e per


giunta circoscritto all’area laziale del secolo Xi/Xii, pare indubbio che l’incontro
fra i due mondi, quello greco-bizantino e quello latino-occidentale, che si rea-
lizzò nel Mezzogiorno d’italia dal Vi al XVi secolo inoltrato, produsse signifi-
cativi fenomeni di fertile interazione, che furono alla base di quel substrato
mediterraneo che caratterizzò, oltre a parametri mentali propri, le varie espres-
sioni della civiltà italogreca (architettura, pittura, oggettistica ‘minore’, liturgia,
onomastica, toponomastica, linguistica, e così via). E i libri manoscritti che di
quella civiltà sono l’espressione più significativa ne mostrano l’impronta non
soltanto sul piano della confezione materiale o dell’ornamentazione, ma anche,
e soprattutto, nel campo dell’acculturazione liturgica, grafica e linguistica.
Sebbene persistano ancora oggi le conseguenze della (artata) separazione
ecclesiale, dottrinale e liturgica fra oriente e occidente, dovute per lo più a re-

96
H. DELEHAyE, Synaxarium Ecclesiae Costantinopolitanae e codice Sirmondiano nunc Be-
rolinensi adiectis synaxariis selectis, bruxellis 1902 (Propylaeum ad Acta Sanctorum Novem-
bris), col. 721.
97
Cf., ad esempio, A. LuZZi, Il calendario eortologico per il ciclo delle feste fisse del Tipico
di S. Nicola di Casole, «Rivista di studi bizantini e neoellenici» n.s. 39 (2002) [= Giornata di
studio in ricordo di Enrica Follieri (Roma, 31 maggio 2002)], pp. 229-261: 256 (tavola sinottica
delle commemorazioni dei typikà di Casole, del Patir di Rossano e del S. Salvatore di Messina).
98
Cf. b. intRiERi, Storia e vicende del monastero di S. Maria di Grottaferrata, grottaferrata
1998 [= trad. ital. di A. RoCCHi, De coenobio Cryptoferratensi eiusque bibliotheca et codicibus
praesertim graecis commentarii, tusculi 1893], pp. 87 e 109-110. La commemorazione dei De-
funti, peraltro, fu accolta dalla stessa Chiesa di Roma soltanto all’inizio del secolo XiV: PAREnti,
Il monastero di Grottaferrata nel medioevo (1004-1462) cit., p. 303 n. 120. Rammento che an-
cora verso la fine del secolo Xiii (an. 1280 ca.) il monastero cripense non aveva accolto né la
festività di tutti i Santi, né quella dei Defunti, come emerge dall’analisi contenutistica del Crypt.
Α.δ.Vi, un Prophetologion confezionato nel e per il cenobio verso il 1280 dal monaco Macario
di Reggio: RoCCHi, Codices cit., pp. 45-46; LuCà, La carriera del copista Macario cit., p. 26,
tav. 14. osservo infine che la commemorazione di ognissanti e dei Defunti è attestata, di prima
mano, nel Vat. Palat. gr. 9, un Menologio databile al secolo Xi/Xii e di origine calabro-sicula,
come già rilevato in FoLLiERi, Il culto dei santi cit., pp. 572-577.
Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 327

ciproca ignoranza e gelosie politiche, vari episodi, come quello di cui ci siamo
occupati, dissimulano una unità di fondo, perseguita con ostinazione special-
mente fra gli ambienti monastici ed ecclesiastici più illuminati del Mezzo-
giorno d’italia. E se quelle aspirazioni unionistiche non prefigurano le tesi del
Concilio Vaticano ii, pur tuttavia esse documentano come il medioevo italo-
meridionale sia stato, nelle sue diverse componenti, più coeso e unito di quanto
certa storiografia è solita accreditare.

Università di Roma «Tor Vergata»


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328 S. Lucà

tav. 1 - © biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1214, f. 20v.


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tav. 2 - © biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1214, f. 30v.


330 S. Lucà

tav. 3 - © biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 781, f. 93r.


Interferenze linguistiche greco-latine a Grottaferrata tra XI e XII secolo 331

tav. 4 - © biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 781, f. 150v.

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