I Requiem

Scarica in formato docx, pdf o txt
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 16

Conservatorio Statale di Musica “C.

Pollini”
Padova

Biennio superiore di II livello in Tromba

Il Requiem di M. Haydn e il Requiem di Mozart


a confronto

Relatore : Del Ben Luca

A.A. 2014/2015
Introduzione

La nascita di questo lavoro vede la luce dall’esperienza strumentale che ho avuto nell’
eseguire entrambe le composizioni.
Essendomi trovato nel contesto di suonarle a brevissima distanza l’una dall’altra, ho
riscontrato alcune influenze che il requiem di Michael Haydn ha avuto su quello composto da
Mozart e completato in seguito da Süβmayr.
La volontà di approfondire l’argomento ha trovato terreno fertile nella materia di filologia
musicale facendomi cogliere l’occasione per lavorare sulla ricerca di fonti per confrontare
queste due magnifiche opere.
Requiem di M. Haydn

 Biografia

Johann Michael Haydn nacque nel 1737 nel villaggio austriaco di Rohrau, vicino al confine
con l’Ungheria, cinque anni dopo suo fratello maggiore Franz Joseph Haydn.
Michael, al pari di Joseph, fu corista dal 1745 nella cattedrale di Santo Stefano di Vienna. Nel
frattempo studiava violino, organo e composizione. Poco dopo aver terminato la scuola corale
venne nominato maestro di cappella a Gran Varadino nel 1757 e successivamente, nel 1762, a
Salisburgo alla corte dell’arcivescovo Colloredo, prima come supplente di Leopold Mozart e
in seguito di Antonio Salieri; contemporaneamente prestava servizio nel monastero di San
Pietro, poi dal 1781 come titolare successore di W. A. Mozart.
Mantenne quest’ultimo impiego per quarantatre anni, scrivendo durante quel periodo oltre
360 composizioni sacre e molta musica strumentale. Sposò nel 1768 la cantante Magdalena
Lipp. Nel 1800 perse molti dei suoi beni in seguito all’occupazione dei francesi a Salisburgo e
fu aiutato dal fratello, rimanendo a Vienna come vicemaestro di cappella dai principi
Esterházy. Nel 1804 fu nominato membro dell’Accademia Reale di Musica di Svezia.
Con Mozart fu legato da una profonda amicizia visto che considerava molto il suo lavoro.
Ebbe, inoltre, molto successo come insegnante in quanto fu maestro di compositori del calibro
di Carl Maria von Weber, Anton Diabelli e molti altri.
 Il requiem

La Missa pro defuncto Archiepiscopo Sigismondo MH 155, è più conosciuta semplicemente


come Missa pro Defunctis.
La messa è in forma di Requiem in tonalità di Do minore ed è stata composta da Michael
Haydn a Salisburgo nel dicembre 1771, in seguito alla morte del principe arcivescovo
Sigismund III von Schrattenbach.
Haydn completò il Requiem prima della fine dell'anno 1771, come si deduce dalla nota che
egli stesso appose in calce:

"S D H et G. Salisburgi 31 dicember 1771."


(Soli Deo Honus et Gloria)

La figlia di Haydn, Aloisa Josefa, morì all’inizio di quello stesso anno.


Molti musicologi credono che la composizione fosse motivata e influenzata “dal suo stesso
lutto personale” (Charles Sherman).
Il materiale originale che è sopravvissuto fino ai giorni nostri include la partitura autografa
(ritrovata a Berlino), un’intera serie di spartiti con diverse correzioni di pugno dello stesso
Haydn (ritrovato a Salisburgo), altre partiture pervenute presso il castello degli Esterházy ad
Eisenstadt e uno spartito, scoperto invece a Monaco di Baviera, preparato dal copista
salisburghese Nikolaus Lang.
L’orchestrazione di questa messa prevede:
o solisti
o coro
o quattro trombe in Do
o fagotto (C. Sherman specifica che ne servirebbero due di fagotti per rinforzare i bassi
all’ottava)
o tre tromboni
o timpani
o archi
o basso continuo.
Riprendendo il testo del messale romano, l’opera è suddivisa nelle seguenti parti :

I. Introitus e Kyrie, Adagio


II. Sequentia, Andante maestoso
Dies Irae
Tuba Mirum
Rex tremendae
Recordare
Confutatis
Lacrymosa
III. Offertorium
Domine Jesu, Andante moderato (in Sol minore)
Quam olim Abrahae, Vivace, (in Sol minore)
Hostias, Andante (in Sol minore)
Quam olim Abrahae (da capo), Vivace e più Allegro (in Sol minore)
IV. Sanctus, Andante
Benedictus, Allegretto (in Mi bemolle maggiore)
V. Agnus Dei e Communio
Agnus Dei, Adagio con moto
Cum sanctis tuis, Allegretto
Requiem aeternam, Adagio
Cum sanctis tuis (da capo), Allegretto

Il musicologo Charles Sherman afferma che il tempo ideale a cui condurre il Requiem sia
quello a cui, nell’Agnus Dei et Communio, la croma dell’Agnus Dei e del Requiem æternam
eguaglia la minima della fuga del Cum sanctis tuis.
Sherman, tra l’altro, raccomanda anche un impulso metronomico di 104 alla semiminima,
nell’interpretazione dell'Andante maestoso del Dies Irae.
Requiem di Mozart

 Biografia

Wolfgang Amadeus Mozart nacque a Salisburgo il 27 gennaio 1756 che in quel periodo era
capitale dell’acivescovato di Salisburgo.
Figlio del famoso Leopold, compositore, insegnante e maestro di cappella dimostrò già dalla
tenera età di avere doti musicali straordinarie.
Già all’età di 5 anni, il padre lo portò presso la corte bavarese di Massimiliano III a Monaco
insieme alla sorella di Wolfang Amadeus, per esibirsi al pubblico che “contava”. Da lì a
Vienna il passo fu breve.
Passò tutta l’infanzia in tourneé in tutta Europa che lo portarono a conoscere e incontrare i più
grandi compositori dell’epoca.
Le composizioni di Mozart possono essere catalogate come “classiche” per eccellenza visto lo
stile settecentesco che comprendeva pilastri fondamentali come l’eleganza, l’armonia, la
simmetria delle frasi (4 misure più 4 misure) e le modulazioni vicine alla tonalità d’impianto.
Morì a Vienna (ultima corte dove fece servizio da compositore) nel 1791.
 Il requiem

Completato quasi certamente entro la quaresima del 1792, il Requiem venne ritenuto per un
certo periodo opera del solo Mozart anche per il fatto che la calligrafia di Süβmayr risulta
essere molto simile a quella di Mozart: fino agli inizi degli anni novanta del XX secolo si
riteneva infatti che l’indicazione, posta in testa alla prima pagina, recitante “di me W.A Mozart
mppa. 1792” fosse stata apposta da Mozart stesso.
La messa da requiem K626 è in tonalità di Re minore
Nel 1825 il compositore e teorico della musica tedesco Gottfried Weber, pubblicò un articolo
intitolato “Sull'autenticità del Requiem mozartiano”, nel quale sollevava enormi dubbi sulla
quantità di musica effettivamente composta da Mozart e presente nella messa.
Fu probabilmente solo con l’edizione a stampa di Andrè del 1827 che parte dei dubbi vennero
fugati: forse per la prima volta nella storia della musica, una partitura veniva pubblicata con
un commento critico nel quale si tentava di stabilire con certezza ciò che era certamente di
Mozart e ciò che era di pugno d’altri; l’edizione Breitkopf indicò poi con una M il materiale
sicuramente mozartiano e con una S quello attribuito a Süβmayr.
Tornando alla genesi dell’opera, Mozart lasciò la partitura incompiuta: ebbe la possibilità di
portare totalmente a termine solo il primo numero dell’opera (Introitus: Requiem æternam);
portò comunque avanti la stesura dell’opera scrivendo solo le parti principali (le quattro voci
del coro e dei soli e la linea del basso con la numerica per la realizzazione del continuo
all'organo), ed indicando di tanto in tanto il motivo melodico dell’accompagnamento ove
questo non fosse deducibile dalle altre parti.
In questo stadio primordiale sono pervenuti il Kyrie, la Sequentia (con il Lacrimosa che si
ferma dopo le prime otto battute sulle parole “homo reus”), e l’Offertorium. Tutto ciò è
verificabile dal manoscritto originale conservato presso la Biblioteca di Stato di Vienna,
ricomposto verso la metà del XIX secolo o per donazioni o per acquisizioni dopo la morte dei
proprietari.
Esiste tuttavia la possibilità che Süβmayr abbia avuto accesso ad appunti ed abbozzi
mozartiani non pervenutici.
Ipotizzando una paternità mozartiana anche per i brani non di suo pugno si possono
evidenziare varie perplessità.
Süβmayr non si rese ad esempio conto che nel Benedictus - in si bemolle maggiore - la coda
strumentale aveva un andamento modulante, e doveva servire per tornare a re maggiore, la
tonalità del Sanctus (un ponte modulante identico era usato da Mozart poco prima nel finale
primo del Flauto magico); Süβmayr invece porta a termine l’interludio strumentale
trasportando l’Osanna finale in detta tonalità, cosa mai fatta da Mozart in nessuna delle sue
messe precedenti.
In questa partitura si fondono momenti di straordinario senso teatrale melodrammatico ad altri
brani rigorosamente di impronta classica. Fra i momenti di maggiore ispirazione drammatica
spicca sicuramente il Lacrimosa. Il compositore riesce, attraverso l’utilizzo di brevi frasi di
crome ascendenti e discendenti assegnate ai violini contornate da una scrittura corale di ampio
respiro, a creare un effetto di pianto, di preghiera umile e devota con un Amen conclusivo in
dinamica forte che esprime tutto il fervore religioso dell’autore. Per contrasto la rigorosissima
fuga del Kyrie richiede grande precisione ritmica e intonazione al coro, senza per altro cedere
di un passo dalla drammaticità che impregna l’intera partitura mozartiana. Infine un pezzo
ricorrente fra i repertori sacri di molti cantanti lirici solisti è il Tuba Mirum nel quale la
teatralità del compositore si fonde in modo egregio con la sacralità del testo, descritto
attraverso un sapientissimo utilizzo, prima separato poi unito, delle quattro voci soliste.
Nel 1997 la scoperta di un’inedita sinfonia di Pasquale Anfossi (nota oggi con il nome di
Sinfonia Venezia, 1776), mostrò che la voce tenorile nel Confutatis maledictis nel Requiem
mozartiano, ne aveva ripreso una cellula melodica dall’Andante: sono uguali gli intervalli (il
brano è trasportato dalla tonalità in La minore a quella di Re minore), la struttura armonica e
l’articolazione ritmica; le uniche differenze stanno nella quarta nota del motivo e
nell’aggiunta di una pausa ritmica finale.

L’orchestrazione prevede:

o soli (S,A,T,B)
o coro
o archi
o 2 corni di bassetto
o 2 fagotti
o 2 trombe in Re
o 3 tromboni
o timpani
o organo
L’opera è così suddivisa:

I. Introitus
Requiem aeternam (coro e soprano solo)
Et lux perpetua
Te decet (soprano solista, sutonus peregrinus e accompagnamento)
Exaudi (melodia cantus firmus; coro imitativo)
Requiem æternam
Et lux perpetua
II. Kyrie (coro)
III. Sequentia
Dies irae (coro)
Tuba mirum (soli)
Rex tremendae (coro)
Recordare (soli)
Confutatis (coro)
Lacrimosa (coro)
IV. Offertorium
Domine Jesu (soli e coro)
Hostias (coro)
V. Sanctus (coro)
VI. Benedictus (soli e coro)
VII. Agnus Dei (coro)
VIII. Communio (soprano e coro)
Lux aeterna
Confronti

Mettere sotto la lente d’ingrandimento e analizzare il requiem di Mozart è impresa assai


audace e lo studio delle sezioni è sicuramente un lavoro che richiede approfondimento
filologico e musicale di elevata fattura.
Il mio tentativo è quello di riassumere le maggiori influenze che questa composizione ha
trovato in Haydn, ma anche in altri compositori antecedenti che nella vita di Mozart ebbero
rilievo come figure di riferimento musicale.
In prima analisi si può partire dalle due composizioni K514 e K412, entrambe Rondò per
corno e orchestra. Questi due brani potrebbero non essere completamente di Mozart,
sicuramente non il K514 (che potrebbe essere stato composto in parte da Süβmayr), in quanto
si trovano incongruenze strane che lasciano pensare a un’altra mano compositrice.
Nella fattispecie un confronto tra le due parti mostra che le la parte del corno combacia ma
quella orchestrale no. Questo lascia pensare che Süβmayr possa aver copiato la parte solista
senza curare particolarmente tutto il materiale che aveva a disposizione abbozzato da Mozart
nel contesto orchestrale dell’opera K514.
Nel K514 compare il cantus firmus dorico (misure 70-79), che è lo stesso della Lamentazione
nel Requiem, irrompendo nella sfera tonale con un episodio in La minore decisamente troppo
lungo, sproporzionando l’equilibrio tonale dell’episodio.

Fig. 1 (a) Lamentazione = I tono salmodico


(b) Tonus peregrinus = IX tono salmodico

La citazione del I tono salmodico della Lamentazione, trova un riscontro nel requiem di
Haydn nei versi “Te decet hymnus” nell’ Introito (fig.2).

Fig. 2, M. Haydn : Requiem in Do min, I tono salmodico


Sicuramente nel 1771 i Mozart erano presenti alle esequie dell’arcivescovo Von
Schrattenbach, in quanto Wolfang (insieme al padre Leopold erano membri della cappella
arcivescovile) collaborò all’esecuzione del requiem scritto da Haydn presso la cattedrale di
Salisburgo
Un’ipotesi molto avvalorata è che Mozart avesse intenzione di usare lo stesso tono salmodico
di Michael Haydn (il I tono nella fattispecie) per poi cambiare idea e optare per la scelta del
IX tono salmodico, chiamato tonus peregrinus.
Si può quindi dedurre, collengandosi alla fonte primaria del Rondò per corno, che il lavoro di
Süβmayr sugli appunti di Mozart nell’opera K514, siano una prova diretta dell’esistenza di
abbozzi relativi a un primitivo Requiem di Mozart.
Quanto al “Te decet hymnus”, la centralità della parola “hymnus” e il fatto che queste parole
comparissero all’interno di un versetto salmodico avevano già suggerito a Haydn l’idea di
musicare quel versetto utilizzando il cantus firmus salmodico di un inno gregoriano.
Potrebbe derivare dal Requiem di Haydn anche il motivo del “lux perpetua” (fig. 3) che anche
Michael riprende nell’ultimo movimento per dare un senso di conclusione all’intera
composizione.

Fig. 3, Lux perpetua – Mozart

Fig. 4, Lux perpetua - M. Haydn


In seconda analisi si possono valutare aspetti contestuali nella composizione dei due
Requiem.
Le due opere nascono entrambe nella stessa città, Salisburgo.
La struttura in cui sono composte è identica, come da intonazione polifonica di una messa da
requiem, e cioè:
1. Introito – Kyrie; 2. Sequenza; 3. Offertorio; 4. Sanctus; 5. Agnus Dei – Communio.
Tuttavia possiamo individuare alcune differenze all’interno della suddetta struttura.
La “sequenza” per Haydn era senza suddivisioni, mentre Mozart scelse di dividerla in sei
movimenti.
Per Mozart, inoltre, era importante che l’ “introito” e il “kyrie” fossero intesi come un solo
movimento articolato in due parti (come da esigenza liturgica).
Anche le motivazioni dei due requiem avevano origini estremamente diverse.
Se da una parte M. Haydn aveva ben chiaro il committente (e se si aggiunge il lutto personale
della figlia diventano più di una singola motivazione) a cui doveva scrivere la sua missa pro
defuncti, dall’altra Mozart, non aveva la più pallida idea di chi avesse commissionato la
scrittura nè se fosse dedicata a qualcuno. Così ne approfittò per trarne un profitto economico e
scrivere musica sacra secondo il suo gusto proprio, visto che aveva ben poche occasioni per
comporre questo genere di musica.

 Tono Peregrino

Visto l’utilizzo nei due requiem in questione, trovo doveroso aprire una piccola parentesi
riguardanti il modo salmodico chiamato “tonus peregrinus”.
Sono otto le formule salmodiche, più una aggiunta, detta modus peregrinus, che adotta una
doppia corda di recita, prima su la e poi su sol. Si tratta presumibilmente del residuo di una
forma arcaica concepita quando il sistema non era ancora codificato.
Fig. 5, (dal Liber usualis)

Era utilizzato per il “Salmo pasquale” (salmo n° 113) dove viene cantata la liberazione del
popolo d’Israele dalla prigionia in Egitto. Secondo padre Martini, il compositore del tono
peregrino potrebbe esser stato il Re Davide in persona che avrebbe inventato questa melodia
come espressione di “sacro gaudio” per gli israeliti così come per i futuri cristiani.
Questo tono salmodico risulta essere utilizzato da Mozart in diverse sue opere.
Lo troviamo in La Betulia Liberata (Salisburgo 1771) nell’ultimo coro Lodi al gran Dio.
Nel testo di Metastasio è la presenza dei cori a focalizzare l’attenzione di Mozart. I quattro
ritornelli del coro si basano tutti sulla melodia liturgica del tonus peregrinus.
In maniera identica, Mozart, utilizza il IX tono nel suo Requiem nelle parole “Te decet
hymnus in sion”. Parallelamente possiamo notare in un’altra composizione, il Requiem in Do
minore di Michael Haydn, l’utilizzo nello stesso punto e per le stesse parole, del tono
peregrino.
Ovviamente non si può parlare di plagio, Mozart era un compositore di grandissime capacità
mnemoniche e rielaborative, tant’è chè le elaborazioni a quattro voci del cantus firmus nel
coro Lodi al gran Dio, Wolfang le riprese da una composizione del 1770 di Michael Haydn
fatta per l’università di Salisburgo (Pietas Christiana).
W. A. Mozart : La Betulia Liberata, b.
6-15

M. Haydn : Pietas Christiana, b. 43-52

Fig. 6, confronto tra Mozart e M. Haydn

In figura 6 ho posto a confronto due estratti da due partiture di Haydn e Mozart.


Si possa notare come esiste una trascrizione quasi letterale da parte di Mozart.
Gli estratti sono dal coro “cantate Domino – dalla Pietas Christiana” (di Michael Haydn) e
il coro “Lode al gran Dio – da La Betulia liberata” (di W.A. Mozart).

Altre influenze

La gran maestria di Mozart e il lavoro completato da Süβmayr non possono di certo dipendere
unicamente da un’influenza singola che è quella del requiem di Michael Haydn.
Wolfang Amadeus aveva sicuramente come ideale ispiratore la riscoperta dell’ “alta musica”
intesa e “catalogata” nelle composizioni di Bach, Händel, i fratelli Haydn e molti altri.
Nel “suo” Requiem possiamo trovare, in analisi, molto materiale dei suddetti compositori.
Nell’Introito, larga parte della musica deriva dal coro di apertura del “Funeral Anthem for
Queen Caroline” di Händel (HWV264) trasposto dall’originale sol minore al re minore per il
requiem.
Nel “Requiem aeternam” troviamo un’elaborazione di Händel su due inni funebri luterani
molto diffusi (“Wenn mein Stündlein vorhanden ist” e “Herr Jesu Christ, du höchstes Gut”)
e che Mozart adopera con uno sviluppo liturgico del tonus peregrinus (proposto
frequentemente).
Händel con il coro conclusivo del Dettingen Anthem (HWV265) desunto e presente nel
“Kyrie”.
Infine ancora una reinterpretazione modale di un tema di Händel, da re maggiore a re minore,
nella fattispecie una fuga senza controsoggetto dal Messiah (And with His stripes we are
healed) che Mozart aveva già adattato per il barone van Swieten (ambasciatore responsabile
di aver “portato” la musica di Händel a Vienna promuovendo concerti insieme al conte
Esterházy).
Su questo tema si collega anche la fuga “Cum sanctis tui” nel Requiem di Michael Haydn in
Do minore.
Sempre grazie a van Swieten e alla sua biblioteca è molto probabile che Mozart abbia
ascoltato il Magnificat di J.S. Bach (BWV243) in quanto nel coro “Suscepit Israel” Bach
utilizza il IX tono salmodico, lo stesso usato da Mozart nel primo numero del Requiem (il
nuovamente presente tonus peregrinus).

L’opera incompiuta di Mozart, il suo Requiem, completato dal suo allievo prediletto,
Süβmayr, è una composizione che storicamente è piena di controversie e riferimenti musicali
di compositori antecedenti a Mozart, ma che rimane, senza ombra di dubbio, una delle
massime pagine di altissima musica sacra di ogni tempo.
Riferimenti bibliografici:

AA.VV. , Mozart, Padova e la Betulia liberata, ed. Leo S. Olschki, 1991

Rastelli A. , La costanza della ragione. Il tempo e la storia del Requiem di Mozart, ed.
Diabasis , 2008

Sherman C. , Mainz Foreword to "Missa pro Defunctis", ed. Universal , 1969.

Wolff C. , Il requiem di Mozart, ed. Astrolabio, 2006

Sitologia:

www.archiviostorio.corriere.it

www.classicaonline.it

www.h2g2.com

www.hoasm.org

www.imslp.org

www.musicaequilibrio.it

Potrebbero piacerti anche