Meccanica Respiratoria, Lavoro Respiratorio, Dinamica Respiratoria

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LEZIONE 35

MECCANICA RESPIRATORIA (continuazione).

Figura 0

Questa qui è la curva volume pressione del polmone isolato di cui abbiamo parlato e abbiamo detto:
cominciamo a studiare il polmone isolato che ha certe caratteristiche siccome è una struttura elastica
inserita in un’altra struttura elastica, il torace, che ha altre caratteristiche meccaniche. Cominciamo
a capire come funziona il polmone (da solo), poi lo metteremo insieme alla gabbia toracica per
studiare il comportamento del sistema respiratorio in toto, che è quello che ci interessa dal punto di
vista fisiologico. Quando abbiamo parlato di questa curva, abbiamo detto che questa è la fase di
insufflazione del polmone isolato, lo riempiamo fino a qui (fine della curva ascendente, inizio di
quella discendente), se poi non spingiamo più con la siringa vediamo che il polmone si collassa
spontaneamente, come farebbe un palloncino che gonfiamo con la bocca e poi stacchiamo dalle
labbra. Quindi i polmone da qui arriva giù al suo volume minimo; questa è la curva di rilasciamento
del polmone perché è la curva ottenuta dando modo al polmone di comportarsi spontaneamente.
L’andata non è una curva di rilasciamento, questo è un pezzo del diagramma che io costruisco
insufflando aria nel polmone, ma questa parte qua (curva di rilasciamento) è una curva che ottengo
semplicemente andando ad analizzare le caratteristiche passive del polmone, che collassa
spontaneamente, e quindi la definisco curva di rilasciamento. Questa rappresenta le caratteristiche
elastiche della struttura del polmone, mentre la curva di insufflazione tiene conto del fatto che nel
polmone non c’è solo la matrice elastica, ma c’è anche il problema della tensione superficiale.
Quindi nel gonfiare il polmone devo vincere la forza di retrazione elastica, perché devo allungare un
elastico che normalmente tende a rimanere al suo volume fisso, devo fare un lavoro per vincere la
resistenza elastica del polmone che tenderebbe a rimanere bello tranquillo a questo volume (di
riposo). In più quando sgonfio il polmone devo vincere le forze di tensione superficiale, abbiamo
visto che queste forze pesano per i 2/3 sulla pressione che devo fare per espandere il polmone,
invece la curva di rilasciamento descrive solo le caratteristiche elastiche passive del polmone.
Avendo esaurito la problematica che riguarda il comportamento del polmone inclusivo dell’aspetto
che riguarda la tensione superficiale, d’ora in avanti esamineremo l’aspetto delle caratteristiche
elastiche, cioè la curva di rilasciamento e facciamo il passo successivo: mettiamo insieme polmone

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e gabbia toracica per vedere come si comporta dal punto di vista meccanico il sistema respiratorio
in toto.

Figura 1

Questa figura sembra molto complessa, ma…lo è! Però sviscereremo i segreti di questo grafico che
spesso viene chiesto all’esame.
Abbiamo in ordinata il volume, che non viene espresso in litri come nel caso precedente, ma in %
della capacità vitale = volume di aria che può essere espirato con una manovra di espirazione
forzata, partendo da un volume che è quello di inspirazione forzata. Se gonfiate i polmoni al
massimo (inspirazione forzata) e poi buttate fuori tutta l’aria che potete buttare fuori, buttate fuori
un volume di 3,5-5 litri, che si chiama capacità vitale.
In ascissa abbiamo la pressione.
La curva tratteggiata (quella con scritto polmone) è la stessa curva di rilasciamento del grafico
pressione volume visto prima.
L’altra curva tratteggiata è la curva pressione volume della gabbia toracica. Mi soffermo su questa
curva, poi vedremo anche la terza (curva continua) che si riferisce al sistema respiratorio in toto,
cioè l’insieme del polmone e della gabbia toracica.
CURVA DEL POLMONE:
Il polmone tende a collassare finchè raggiunge il suo volume minimo, volume al quale non collassa
più. Ad esempio io posso soffiare in un palloncino e gonfiarlo, se poi lo lascio collassare dentro
rimane comunque un piccolo volume di aria (non è 0) che dipende dalla forma del palloncino a
riposo. Quello che rimane è il volume di riposo meccanico del palloncino. Il volume di riposo
meccanico è il volume che la struttura cava assume quando la pressione transmurale (PTM) è zero.

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Il polmone che collassa va ad un volume che è quello che normalmente ha quando P TM =0. quando
la curva del polmone interseca l’ordinata, la pressione è zero. Questo, indicato con la freccina, è il
volume di aria minima del polmone. Io posso fare un artificio nel polmone isolato o nel palloncino:
posso prendere una siringa e aspirare un po’ d’aria tirandola fuori dal palloncino. Allora posso
aspirare l’aria finchè il volume nel palloncino diventa zero, per fare questo devo fare una pressione
negativa nel palloncino, la PTM in questo caso sarà negativa.
CURVA DELLA GABBIA TORACICA:
Ci sono due cose importanti da vedere in questa curva. La prima, più importante, è che è molto
dissimile da quella del polmone; questo ci dice che, pur essendo anche il torace una struttura
elastica, ha delle caratteristiche meccaniche molto diverse. Se voi aprite il torace, questo non
collassa a un volume zero, vi aspettate che, avendo una parete ossea, rimanga di un certo volume
che si chiama volume di riposo meccanico del torace e che è quello che il torace assume quando
PTM =0. Nel grafico è il punto in cui la curva incrocia l’asse delle ordinate.
Se apriamo un torace vediamo che il polmone collassa al suo volume di riposo, il torace si espande
portandosi al suo volume di riposo. Se all’interno del torace facciamo una pressione positiva, il
torace aumenta di volume, se facciamo una pressione negativa il torace diminuisce di volume
secondo questo andamento. Vedete che, mentre il polmone collassa fino al suo volume di riposo, il
torace rimane sempre sopra alla riga dello zero della capacità vitale. Quando abbiamo parlato di
volumi polmonari statici, abbiamo definito come volume residuo il volume di aria che rimane nel
polmone alla fine di una espirazione forzata. Se io espello tutta l’aria che ho nel polmone con una
espirazione forzata, qual è il volume del polmone e quale quello della gabbia toracica? Nel sistema
respiratorio, cioè sia polmone che gabbia toracica, rimane il volume residuo. Quindi il volume del
polmone è quello residuo, quello della gabbia toracica è il minimo a cui posso arrivare (sono i valori
in cui le due curve incrociano l’asse delle ascisse o si avvicinano ad esso), cioè lo stesso volume e
siamo al di sopra del volume di aria minima del polmone. Entrambe le strutture avranno un volume
simile: a meno di quella piccolissima differenza che è nel cavo pleurico, entrambe hanno un volume
pari al volume residuo. Quello che salta subito all’occhio è che, alla fine di una espirazione forzata,
il polmone contiene un volume di aria superiore al suo volume di aria minima. Se apriamo il torace
alla fine di una espirazione forzata il suo volume collassa ancora per raggiungere il suo volume di
aria minima. Quindi nella respirazione normale, con torace intatto, anche alla fine di una
espirazione normale, il volume di aria del polmone è superiore al suo volume di riposo meccanico.
Nel caso della gabbia toracica la situazione è diversa perché il suo punto di riposo meccanico è
questo qui (intersezione con l’asse delle ordinate), quindi questo è il volume al quale il torace
andrebbe volentieri per piazzarsi nella sua condizione di riposo. Quando siamo alla fine della
espirazione forzata il torace è compresso, ad un volume più basso rispetto al suo punto di riposo
meccanico. Alla fine di una espirazione forzata il torace tende a riespandersi ed è il motivo per cui,
quando si fa un’espirazione forzata e poi si rilasciano i muscoli espiratori, spontaneamente la gabbia
toracica si riespande da sola, senza impegnare diaframma e muscoli intercostali, perché vuole
tornare a tutti i costi verso il suo punto di riposo meccanico.

Per cercare di capire meglio questa situazione complicata, mettiamo dentro il terzo elemento, il
SISTEMA RESPIRATORIO:
È composto da due strutture elastiche in serie che sono gabbia toracica e polmone. Allora possiamo
scrivere che la pressione esercitata dal sistema respiratorio è uguale alla pressione esercitata dal
polmone più quella esercitata dalla gabbia toracica, questo vale ad ogni volume.
PSR = Pp + Pgt
Quindi se io conosco, ad un certo volume, la pressione esercitata dalla gabbia toracica e quella
esercitata dal polmone, facendo la somma delle due, ottengo quella esercitata dal sistema
respiratorio.
Facciamo un esempio, partiamo da un volume che è circa il 90% della capacità vitale. Qual è, a
questo volume, la pressione esercitata dalla gabbia toracica e quale dal polmone?

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Pgt=5cmH2O Pp=18cmH2O PSR = Pp + Pgt = 23 cmH2O
Se faccio questo ragionamento a tutti i volumi ottengo la curva segnata con la linea continua.
Un altro esempio: considero il 75% della capacità vitale.
Pgt=3cmH2O Pp=10cmH2O PSR = Pp + Pgt = 13 cmH2O
Punto per punto, ad ogni volume, è possibile costruire la curva (che viene fatta disegnare spesso
all’esame). Non si può sbagliare a disegnarla perché ha delle indicazioni meccaniche molto precise.

Per disegnarla giusta ci sono alcuni punti di riferimento importanti:


• volume=35% della capacità vitale
Pgt= – 6 cmH2O Pp= + 6 cmH2O PSR = Pp + Pgt = +6 – 6 = 0
Infatti la curva del sistema respiratorio passa da zero. Vuol dire che, mentre il polmone ha un
punto di riposo meccanico pari ad un volume che è quello di aria minima, mentre il volume di
riposo meccanico della gabbia toracica è qui su, il punto di riposo meccanico del sistema
respiratorio in toto, cioè il volume al quale il sistema respiratorio tende a portarsi, è quello di
intersezione della curva continua con l’asse delle ordinate. Questo punto corrisponde a circa il
35-38% della capacità vitale è la capacità funzionale residua (CFR). L’abbiamo vista parlando
del tracciato spirometrico e abbiamo detto che è il punto di fine espirazione tranquilla. Non è un
punto a caso, nell’espirazione normale si tende ad espirare portando il sistema respiratorio ad un
volume che è la capacità funzionale residua perché solo questo è il punto di riposo meccanico
del sistema respiratorio.
• Volume=60-70% della capacità vitale
Pgt= 0 cmH2O (riposo meccanico) Pp= 10 cmH2O PSR = Pp + Pgt = 0+10 = 10
Quindi vedete che il sistema respiratorio in toto e il polmone, in questo punto, hanno la stessa
pressione.
È facile, quando si costruiscono le curve di rilasciamento, prima identificare quella della parete
toracica, poi quella del polmone e l’altra sarà la somma delle due, ricordando che ci sono questi due
punti importanti: CFR a circa il 35% e l’altro punto al 60-70% della capacità vitale.

Riepilogo: vediamo cosa succede in corrispondenza della capacità funzionale residua (CFR). Qui il
sistema respiratorio è al suo punto di riposo meccanico, però qui ci arriva con due condizioni del
polmone e del torace molto dissimili tra loro. Il polmone tende a collassare per portarsi verso il suo
punto di riposo, a tutti i volumi di capacità vitale (in tutti i punti) il polmone tende a collassare. Il
polmone tende SEMPRE a collassare, l’unico punto in cui non tende a collassare è al volume di aria
minima, ma in condizioni fisiologiche al volume di aria minima non ci si arriva mai, al massimo
arriviamo ad un volume corrispondente al volume residuo. Vedete che la curva del polmone rimane
ancora positiva, il che significa che il polmone tende sempre a collassare.
In corrispondenza di CFR il torace si trova ad una pressione negativa che significa che il torace
vuole spostarsi in su.
Allora, quando siamo a fine espirazione, abbiamo una situazione molto complicata: ci sono due
strutture in equilibrio di cui una, il polmone, tende a collassare, mentre l’altra, la gabbia toracica,
tende ad espandersi. Il liquido pleurico è lì in mezzo ed è sottoposto, da una parte, alla forza di
retrazione del polmone che tende a collassare, dall’altra alla forza impartita dal torace che tende ad
espandersi. Provate a mettervi idealmente nel cavo pleurico, vi trovereste come un soggetto tirato da
5 persone verso destra e da altre 5 verso sinistra, alla fine si taglia in due! Le sue strutture sono
sottoposte a trazione verso l’esterno da entrambe le parti. Questo è quello che accade anche al
liquido pleurico. Il risultato è che questa situazione meccanica complicata crea la DEPRESSIONE
INTRAPLEURICA che esiste perché il velo di liquido si trova tra due strutture ognuna delle quali
tende a retrarsi in direzione opposta: il polmone collassa, la gabbia toracica tende ad espandersi.
Questo stress meccanico applicato al liquido pleurico determina la negativizzazione che c’è nel
cavo pleurico. Questa è importante perché, essendoci una pressione negativa tra le due strutture, il
liquido pleurico fa da collante: il polmone tende a collassare, ma c’è il liquido pleurico che è

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negativo e che contrasta la tendenza del polmone a collassare, lui vorrebbe collassare, ma c’è fuori
una specie di risucchio che glielo impedisce.
La depressione intrapleurica è causata dall’accoppiamento meccanico tra polmone e gabbia toracica
e nel contempo favorisce questo accoppiamento meccanico essendo una pressione negativa del
liquido pleurico.
Il fatto che nel liquido pleurico ci sia una pressione negativa, derivata da questa complicatissima
interazione meccanica, fa sì che dalla pleura parietale (e in parte anche da quella viscerale) entri del
liquido. Vi ricordate della legge di Starling per i capillari ematici? Dice che il liquido esce dal
capillare verso l’interstizio sulla base di gradienti di pressione idraulica e colloidosmotici. A cavallo
della pleura parietale e viscerale c’è lo stesso meccanismo, anche nel liquido pleurico c’è una
pressione che è negativa, ci sono poche proteine (1g/dl), molte meno di quelle che troviamo nel
plasma e negli altri interstizi. Ma se calcoliamo la bilancia delle forza, dalla pleura parietale e,
talvolta, anche da quella viscerale, il liquido tende ad entrare nel cavo pleurico. Se continuasse ad
entrare il liquido si accumulerebbe, salirebbe un po’ la pressione, aumenterebbe il volume del
liquido pleurico e quindi polmone e gabbia toracica si allontanerebbero, rendendo meno efficiente
inspirazione ed espirazione. Queste dipendono dal fatto che si fa muovere il torace, ma siccome il
cavo pleurico è a regimi di pressioni negative, il liquido fa da collante e quindi fa sì che ad ogni
movimento della gabbia toracica corrisponda un uguale movimento del polmone. Se nel cavo
pleurico la pressione diventasse zero, la gabbia toracica farebbe i suoi movimenti mentre il polmone
se ne fregherebbe, non seguirebbe più in maniera efficiente i movimenti della gabbia toracica.
Quindi c’è bisogno che il volume del liquido pleurico rimanga infinitesimamente piccolo, com’è
normalmente, in modo che sia garantita questa affinità tra i movimenti del torace e quelli del
polmone.
Chi ci pensa a fare questo lavoro? I LINFATICI del cavo pleurico. Alcuni libri dicono che il liquido
pleurico non è assorbito dai linfatici della pleura parietale, ma dai capillari polmonari: non è vero!!
È una visione formulata da Niergard nel 1927, tutti i dati raccolti negli anni successivi confutano
questa ipotesi. I capillari polmonari entrano in gioco solo quando i linfatici sono saturati, cioè
quando nel cavo pleurico c’è un volume eccessivo di liquido, quindi la pressione diventa positiva e i
capillari polmonari daranno un importante contributo. Questo meccanismo entra in gioco solo nei
casi di versamento pleurico che è una forma di edema delle cavità sierose (come l’ascite che è un
versamento nella cavità addominale).
Al volume di fine espirazione normale (capacità funzionale residua), la gabbia toracica tende ad
espandersi e il polmone tende a collassare. Quando inspiriamo non facciamo altro che spostarci da
questo punto (CFR) al punto di intersezione tra la curva continua e quella tratteggiata del polmone
(più in su), saliamo-inspiriamo e scendiamo-espiriamo. Ci spostiamo, aumentando il volume, verso
il punto di riposo meccanico della gabbia toracica. Quando inspiriamo (da CFR al punto
successivo), espandiamo il polmone.
Vediamo quello che succede, oltre che sulla linea continua, anche su quelle tratteggiate: se vado
verso un volume più alto, il volume del polmone aumenta e quello della gabbia toracica aumenta di
pari passo. La situazione meccanica dei due diventa sempre più dissimile perché se aumento il
volume del sistema respiratorio, aumenta anche quello del polmone, lo sposto ancora più lontano
dal suo volume di riposo meccanico. Quando inspiro devo fare uno sforzo inspiratorio, spendere
energia per gonfiare ancora di più il palloncino-polmone, spostandolo ad un volume ancora più
distante da quello che il palloncino vorrebbe avere. Questo non succede per la gabbia toracica
perché per essa, quando inspiriamo, è uno spasso perché nella inspirazione la gabbia si sposta verso
il suo volume di riposo meccanico.
Quando espiro ritorno verso il volume di capacità funzionale residua, il polmone è contento perché
tende a collassare e quindi viene riportato verso il suo volume di aria minima, mentre la gabbia
toracica no. Chi vince tra i due contendenti è il polmone perché, durante la inspirazione la tendenza
della gabbia toracica verso il suo volume di riposo meccanico aiuta un po’, ma non basta, dobbiamo
attivare il diaframma e i muscoli intercostali, altrimenti non riusciamo ad espandere il polmone.

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Quindi, in questo caso, vince la forza di retrazione del polmone, che devo combattere attivando i
muscoli inspiratori. Quando espiro, la gabbia toracica non ha nessuna voglia di diminuire il suo
volume, allontanandosi dal suo volume di riposo meccanico, ma il polmone è contento. In effetti
l’espirazione è passiva perché la tendenza del polmone a collassare è così grande che vince la
tendenza della gabbia toracica a rimanere vicina al suo volume di riposo meccanico. Nonostante
anche la gabbia toracica abbia una sua importanza nei movimenti respiratori, l’elemento più
importante è questa continua forza di retrazione del polmone che non è solo elastica, ma è legata
alla presenza della tensione superficiale. I bambini che nascono senza surfattante non riescono a
respirare perché non riescono ad espandere la gabbia toracica, perché il polmone la fa sempre da
padrone.

Questa immagine ci aiuta a capire meglio la meccanica respiratoria.

Figura 2

Sono le stesse curve viste prima: volume residuo, polmone che qui arriva al 75% della capacità
vitale (quando incrocia la curva del sistema respiratorio) (la prof ha detto di attenersi a questo
valore e non a quello visto prima di 60-70%), 35% per CFR. Quindi curva del torace, del polmone e
curva che è la somma delle due.
Questo grafico vi ricorda i valori di pressioni, quando si parla di pressioni riferite al sistema
respiratorio vanno espresse sempre in cmH2O; se qualcuno farà l’anestesista saprà che se si
espandesse il polmone con una pressione di 20-30mmHg, invece che cmH2O, il polmone si
spaccherebbe. Quindi attenzione perché le pressioni riferite al sistema respiratorio devono essere
espresse in cmH2O perché il polmone normale viene insufflato al massimo con 20cmH2O,
20mmHg sono circa 36-37cmH2O e a questa pressione il polmone si spacca.
In questa figura non è indicato il volume di aria minima del polmone (che sarebbe giù nel pezzetto
del volume residuo), qui è rappresentato solo quello che si può vedere nel polmone in situ, non in
quello isolato. In più, rispetto a prima, abbiamo questi schemini che descrivono il comportamento
reciproco di polmone e gabbia toracica ai vari volumi.
Schema a sinistra, in mezzo:
Cominciamo da questo volume, quello della CFR. Vedete che le 2 freccine sono uguali, quella
interna identifica il comportamento del polmone che tende a collassare verso l’interno, la freccia
fuori è quella che identifica, in questo caso, il comportamento della gabbia toracica che tende ad
espandersi. Alla CFR, la tendenza del polmone a collassare è uguale e contraria alla tendenza di

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espansione del torace e quindi siamo nella condizione di equilibrio meccanico del sistema
respiratorio.
Schema a sinistra, in alto:
Siamo al punto di riposo meccanico del torace, c’è una sola freccia (quella del polmone), il torace
non è più identificato perché non tende né ad espandersi né a retrarsi, è al suo punto di riposo
meccanico. L’unica freccia è quella della retrazione polmonare.
Schema a destra:
Se ci portiamo ad un volume ancora più alto, sia il torace che il polmone hanno pressione positiva,
tutti e due tendono a retrarsi; molto di più il polmone, un po’ meno la gabbia toracica.
Schema a sinistra, in basso:
Quando siamo qui, c’è una piccolissima freccia che riguarda la tendenza a retrarsi del polmone, è
piccola perché il polmone non è ancora arrivato al volume di aria minima, però è lì vicino. La
gabbia toracica, invece, è stata portata ad un volume molto più basso rispetto al suo volume di
riposo meccanico che è qua in alto, quindi ecco che c’è una freccia molto grande che identifica
questa notevole tendenza della gabbia toracica ad espandersi. Tendenza che motiva il fatto che,
quando siete a fine espirazione forzata, se aprite la bocca e mollate gli intercostali interni e gli
addominali, vi riportate immediatamente al punto di capacità funzionale residua.

Figura 3

L’omino infilzato dalla lancia ci dice che, anche in condizioni fisiologiche, è possibile che qualcuno
ti trapassi il torace e te lo apra. Ad esempio in sala operatoria o nel caso di un trauma
automobilistico.

Nell’immagine c’è il solito sistema respiratorio, con polmone che tende a retrarsi e gabbia toracica
che tende ad espandersi. Le due strutture, invece che vederle come due palloncini uno dentro l’altro,
possiamo vederle come due molle una attaccata all’altra. Se le due mole sono uguali, fissate a due
perni, si estendono della stessa entità. Al volume di fine espirazione, CFR (FRC: Functional
Residual Capacity, è la stessa cosa di CFR), abbiamo due strutture, gabbia toracica e polmone, che
tirano allo stesso modo. In realtà non è proprio così perché abbiamo in mezzo il cavo pleurico;
quindi una molla è il torace, l’altra il polmone e in mezzo c’è il cavo pleurico.
Se apro o allargo, introducendo del liquido, il cavo pleurico, questo diventa così (E). Fate conto che
io apra il torace, la pressione nel cavo pleurico diventa uguale alla pressione esterna, quindi le

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strutture vanno ognuna al suo punto di riposo meccanico. Se ho due molle queste si retraggono, ma
nel caso di torace e polmone la figura non è precisa perché sappiamo che le due molle non si
retraggono, nel senso che il polmone si retrae, ma il torace si espande. Questa è solo
un’esemplificazione per dire che ognuna delle due strutture va per conto suo; se fossero due molle
uguali si retrarrebbero come in figura, nel caso fisiologico il torace si espande un po’ e il polmone
collassa come un palloncino.
In questa condizione siamo in PNEUMOTORACE: inserimento di aria nel cavo pleurico.
Normalmente qui non c’è aria, tranne i gas disciolti nei liquidi corporei (O 2 e CO2), ma sono in
forma disciolta, non in forma di bolla d’aria. Se invece aprite il torace, le strutture si retraggono
formando dentro una cavità che contiene aria.
Nel caso del polmone normale, con P=0, la pressione di retrazione del polmone è indicata dalla
pressione pleurica. Questa è negativa ed è un indice del recoil polmonare, cioè della tendenza del
polmone a collassare. Quando siamo nella condizione del pneumotorace, questa relazione non si
modifica, ma si modificano i valori perché la pressione alveolare è 0, ma diventano zero anche la
pressione intrapleurica (che si equilibra con quella atmosferica) e quindi anche la pressione del
polmone. In questa condizione, se la P di retrazione del polmone diventa zero, vuol dire che è zero
la sua pressione transmurale: in questo caso il polmone andrà, questa volta sì, al suo volume di aria
minima, cioè va al di sotto del volume residuo.
Ci sono 3 forme di pneumotorace:
• APERTO (è quello rappresentato in figura 3): il torace è aperto, perché c’è un’incisione nella
parete toracica, e quindi il cavo pleurico è direttamente connesso con l’ambiente esterno.
• CHIUSO: è una forma più subdola. È dovuto ad un ingresso di aria dal polmone, non dal torace
che rimane intatto. Il polmone contiene aria e la matrice del polmone divide l’aria contenuta nel
polmone dal cavo pleurico. Se avete una qualsiasi patologia/lesione polmonare che modifica la
struttura del polmone, può essere che dell’aria alveolare penetri nel cavo pleurico. Quindi
avremo una bolla d’aria nel cavo pleurico, ma il torace è chiuso; in questo caso il polmone
collassa solo parzialmente. Questo è un caso subdolo perché voi avete un paziente con
pneumotorace che fa fatica a respirare perché non riesce ad espandere bene il polmone e dovute
adottare alcune precauzioni, non si può mandare un paziente in questo stato montagna. Andando
in alta quota la pressione barometrica (esterna) diminuisce, la pressione interna al pneumotorace
rimane la stessa. Il pneumotorace tende ad espandersi perché all’interno del torace la pressione è
quella che avevo a livello del mare, ma in alta quota la pressione esterna diminuisce, quindi il
pneumotorace tende ad espandersi e il volume del polmone a ridursi e l’insufficienza
respiratoria ad aggravarsi.
• VALVOLARE: c’è una lesione sulla parete pleurica che, però , non è sempre aperta. Può essere
aperta o chiusa, come se l’aria venisse introdotta a intermittenza nel cavo pleurico. Questo
rientra nelle stesse difficoltà e pericolosità del pneumotorace chiuso.
Un pneumotorace, qualsiasi esso sia, va rimosso il più presto possibile aspirando l’aria.
Altre forme di modificazione del volume pleurico sono:
• IDROTORACE: versamento di acqua nel cavo pleurico. Può dipendere da una forma di
polmonite o da un’alterazione delle sierose pleuriche provocata da patologie di vario tipo
(infiammatorie, pleuriti, polmoniti). Per esempio, i bambini che nascono con la sindrome di
Mirroy, linfedema primario, hanno un versamento quasi costante nel torace. Anche qui, essendo
aumentato il volume del liquido pleurico, diminuisce il volume del polmone. È chiaro che nel
torace c’è un velo di liquido pleurico, il resto è polmone: più sottile è il liquido pleurico, più
ampio è il volume alveolare, ma se metto nel torace 3 litri d’acqua, è chiaro che il volume del
polmone si riduce. È sempre una evenienza patologica che va rimossa, infatti questi bambini
sono sottoposti a drenaggi pleurici per cercare di tirare fuori l’acqua che non viene drenata dai
linfatici pleurici.
• EMOTORACE: forma ancora peggiore, è il versamento di sangue nel torace. Si verifica nel
corso di un trauma per cui si rompono alcuni vasi e il sangue viene riversato nel cavo pleurico.
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Abbiamo le stesse problematiche dell’idrotorace e, in più, il sangue continua ad entrare a fiotti.
Nel caso in cui questo emotorace sia complicato da infezioni, avremo materiale purulento che
può riversarsi e depositarsi nel cavo pleurico, si parla di EMPIEMA. La gravità consiste nel
fatto che, oltre all’aspetto infettivo, è completamente modificata la meccanica respiratoria;
questo porta ad una insufficienza respiratoria (più o meno grave) non tanto a carico del torace,
quanto del polmone.

Figura 4

Questa figura è riepilogativa, per mettere insieme gli aspetti visti finora e togliervi ogni dubbio su
come possiamo fare ciò.
Questo è il solito tracciato spirometrico (a destra), togliamo di mezzo lo livellamento verso l’alto
che è una complicazione, giusto per vedere la suddivisione dei volumi polmonari statici.
Respirazione tranquilla, capacità vitale, espirazione tranquilla. Qui sotto c’è il volume residuo che
raggiungo alla fine di una espirazione forzata. In ascissa ho il tempo.
Come mettiamo assieme i due grafici, in particolare i volumi? La fine espirazione tranquilla è la
capacità funzionale residua (CFR), al di sotto si arriva al volume residuo e vedete che, nel sistema
respiratorio, non si va al di sotto del volume residuo con la gabbia toracica, ma col polmone sì. Se
apro la gabbia toracica il polmone va anche al di sotto di questo valore, altrimenti no. Al massimo si
arriva al 100% della capacità vitale, che possiamo anche chiamare capacità polmonare totale
espressa in litri ed è data dalla capacità vitale più il volume residuo.

Figura 5

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Prima di parlare di lavoro respiratorio, facciamo un’osservazione.
Fin qui abbiamo sempre visto che la curva pressione volume del polmone è messa a destra nel
nostro grafico (polmone isolato). Se voglio gonfiare un polmone isolato attacco un siringone e lo
gonfio. Faccio pressione positiva all’interno dell’alveolo ed ecco perché la curva pressione volume
del polmone è sempre riportata a destra, perché se considero il polmone isolato devo fargli una
pressione positiva per poterlo gonfiare.
Però abbiamo visto, già dall’inizio, che in realtà, non c’è nessuno che ci ficca in gola, in bocca o nel
naso un siringone e ci ventila con pressione positiva tutte le volte che vogliamo respirare. Soltanto
in un caso abbiamo un tubo nelle vie respiratorie con il polmone in situ, cioè in rianimazione, dove
diventa necessario ventilare il paziente in questo modo per tenerlo in vita. Altrimenti, normalmente,
c’è una pressione negativa nel cavo pleurico (Palv=0) e il polmone viene espanso perché la
pressione che c’è nel cavo pleurico in inspirazione diventa più negativa di quella che c’è a fine
espirazione. Quindi, la cosa giusta da vedere per affrontare il problema dell’espansione del polmone
in situ, è di vedere invece della pressione alveolare la pressione pleurica, che può essere misurata
tramite la pressione esofagea come abbiamo fatto prima. Allora tanto più negativa sarà la pressione
pleurica, tanto maggiore sarà il volume del polmone. È la stessa curva solo che, invece di fare una
pressione transmurale rendendo positiva la pressione alveolare, questa volta consideriamo di
aumentare la pressione transmurale rendendo più negativa la pressione pleurica. Quindi è la stessa
curva che io semplicemente ribalto dall’altra parte, ma è uguale.

MUSCOLI INSPIRATORI ed ESPIRATORI

Figura 6

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Adesso, fatta questa premessa, ricordiamo un attimo che inspirazione ed espirazione sono gestite da
gruppi muscolari rispettivamente inspiratori ed espiratori. La figura ce li fa vedere.
Muscoli inspiratori: principalmente il diaframma e gli intercostali esterni che sollevano le coste in
maniera antero-laterale (lo sterno viene portato in fuori e in alto), in questo
modo si aumenta la sezione traversa del torace. Il diaframma si abbassa, le
costole vengono innalzate e quindi si aumenta la sezione traversa del torace.
Poi abbiamo i muscoli parasternali.
Poi ci sono i muscoli accessori inspiratori: sternocleidomastoideo e scaleno.
Muscoli espiratori: mentre gli inspiratori, a vari gradi a seconda dell’entità dell’inspirazione,
vengono sempre reclutati/attivati, invece gli espiratori vengono reclutati solo
durante espirazione forzata.
Sono gli intercostali interni, gli addominali e in particolare il retto dell’addome,
il traverso, l’obliquo interno ed esterno.

IL LAVORO RESPIRATORIO.
Adesso vediamo come si attuano inspirazione ed espirazione, esaminiamo il lavoro respiratorio tra
queste due fasi.

Figura 7

Questa roba qua, anche se non vi sembra, è la stessa curva pressione volume vista prima. Il grafico
del lavoro respiratorio (fig 7) vuole esaminare solo il pezzettino che ci interessa per la respirazione
normale e poi vedremo un cenno alla respirazione forzata.
Nella respirazione normale andiamo su e giù (fig 4, grafico di destra): inspiro, espiro, inspiro,
espiro. Quindi il volume varia tra questi due punti, continuerò a tirare su e giù il volume. Siccome
varia anche la pressione, allora andrò su e giù da questa curva (fig 4, grafico di sinistra). Se faccio
una inspirazione forzata vado un po’ più su, se faccio una espirazione forzata vado un po’ più giù.
Esaminiamo ora una situazione normale e rifacciamo il grafico volume pressione dove il nostro zero
di riferimento lo mettiamo qua. Non solo, visto che siamo nel polmone in situ, mettiamo la curva a
sinistra (non a destra come se fosse polmone isolato).

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Questo volume (A) è la capacità funzionale residua, quindi esaminiamo dal volume di fine
espirazione in sù.
La curva del polmone (verde, a destra: è solo un pezzo, stilizzata) non la voglio vedere così, ma
espressa in funzione della pressione pleurica, quindi la metto a sinistra (sempre quella verde, ma a
sinistra). Quindi il tratto AC è il tratto della curva volume pressione del polmone che va dal volume
corrispondente a CFR (A) al punto C.
La curva volume pressione del torace (rossa: è sempre un pezzetto, non tutta la curva) ha il suo
punto di riposo meccanico in E (CFR+∆V).
Qui non è riportata la curva totale del sistema respiratorio, ho solo le due componenti.

INSPIRAZIONE
Parto dal punto A (volume corrispondente alla CFR).
Quando inspiro vado in su, cosa succede a polmone e gabbia toracica? Nel complesso mi porto da
un volume pari a CFR verso CFR+∆V, ma mentre faccio questo le due strutture non si comportano
allo stesso modo. Il polmone si porta ad un volume più alto sulla curva verde, da A a C. Il volume
del torace si porta da A a E, cioè al suo punto di riposo meccanico.
L’area ACEF è il lavoro che bisogna fare per espandere il solo polmone; è un lavoro perché un’area,
in un diagramma volume pressione, rappresenta un’entità con dimensioni P∙V, cioè un lavoro.
Guardiamo solo la curva verde: se vado da A a C espando il polmone e per espanderlo faccio un
lavoro che è tutta quest’area a righe arancioni verticali, più quella a righe blu orizzontali. Quindi per
andare da A a C io faccio tutto questo lavoro rappresentato dall’area ACEF.
Però attenzione, perché quando espando il polmone contemporaneamente espando la gabbia
toracica. Ma la gabbia toracica non dobbiamo forzarla per espanderla al volume E, ci va da sola a
quel volume: allora, in realtà, la parte blu è gratis. Se devo fare un lavoro totale ACEF per
espandere il polmone, mi viene fatto uno sconto perché parte di questo lavoro viene data dalla
gabbia toracica che va di sua spontanea volontà al volume E, fornendomi un po’ dell’energia
necessaria per espandere il polmone.
In realtà il lavoro che il sistema respiratorio, i muscoli intercostali e il diaframma, deve fare per
espandere il polmone portandolo dal volume CFR a CFR+∆V non è più ACEF, ma è di meno
ACEA, perché la parte blu mi è scontata dal ritorno elastico del torace al suo volume di riposo
meccanico.
Ora, non è così facile la questione perché non mi basta portare il polmone dal volume A al volume
C. Io inspiro per far entrare l’aria, allora bisogna fornire anche una pressione per far sì che, mentre
espando il polmone, possa entrare aria, ma l’aria entra se c’è una differenza di pressione tra
l’ambiente e l’alveolo. Allora, in realtà, la P del mio diagramma volume pressione è la pressione
pleurica (Ppl) che posso misurare col palloncino esofageo (non più la Palv come nel caso del
polmone isolato). La Ppl che misuro durante una inspirazione da A a C, non è quella che mi aspetto
sulla base della curva verde, che è un pezzo della curva di rilasciamento ed è una curva statica, mi
dice qual è la pressione che devo fare nel cavo pleurico per mantenere il polmone espanso ad un
certo volume. Se rimango con la bocca aperta senza inspirare né espirare, non c’è flusso, la
pressione che devo fare per espandere il polmone sarà un punto della curva verde. Ma se inspiro,
non solo espando il polmone, ma devo anche far entrare l’aria, allora la pressione che c’è nel cavo
pleurico è un po’ più negativa di quella che c’è per mantenere espanso il polmone. Se io espando il
polmone a questo volume CFR+∆V, la pressione che c’è nel cavo pleurico è data da quella che
faccio per espandere il polmone + quella che faccio per sostenere il flusso d’aria, quest’ultima è
identificata dal profilo della lunetta.
Se sono al volume di fine espirazione normale, con la bocca aperta, non c’è flusso, la pressione di
retrazione del polmone è uguale alla pressione pleurica. Se inspiro, a fine inspirazione non c’è
flusso, quindi P di rerazione del polmone e Ppl sono ancora uguali. Ma durante la fase inspiratoria,
in cui devo espandere il polmone, ma anche tirare dentro l’aria, la Ppl diventa più negativa di quella
di retrazione del polmone e mi descrive una lunetta.

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Riepilogando:
 l’area a righe gialle (ACE) è il LAVORO ELASTICO = lavoro che muscoli intercostali e
diaframma devono fare per vincere la retrazione elastica del polmone. In questo lavoro
elastico è compresa anche la tensione superficiale.
 la lunetta è il LAVORO RESISTIVO = lavoro per vincere le resistenze viscose. Come il
sangue che scorre in un vaso incontra delle resistenze al flusso, anche per l’aria accade la
stessa cosa.
 il LAVORO TOTALE fatto durante una inspirazione è legato a 2 componenti che sono
lavoro elastico e lavoro resistivo inspiratorio. Graficamente è rappresentato dall’area
ABCEA, la lunetta blu no perché è un ritorno elastico gratuito, anzi, ci fa lo sconto sul
lavoro elastico. (WTOT = Welastico + Wresistivo = ABCEA).

ESPIRAZIONE
Adesso sono al punto C e devo espirare, se espiro vado dal punto C ad A, ritorno giù.
Per andare da C ad A succedono 2 cose: la gabbia toracica deve essere ricompressa dal suo punto di
riposo meccanico E ad A, il polmone da C deve tornare ad A.
Il polmone restituisce il lavoro elastico che è ACEF. Il ritorno elastico del polmone restituisce
un’area che è tutta questa (ACEF), ma in quest’area c’è dentro anche il lavoro che bisogna fare per
schiacciare giù il torace. Quindi, dal punto di vista elastico, il ritorno passivo del polmone al suo
volume di capacità funzionale residua è sufficiente anche a coprire il dispendio energetico
necessario per riportare la gabbia toracica ad un volume più basso.
Il lavoro disponibile rimane ACD. Il polmone, quando collassa, lo fa da solo, non c’è bisogno che io
faccia un lavoro. Collassando fornisce energia, rappresentata dall’area ACDEF, il ritorno elastico
rimane lì disponibile per chi se ne vuole servire.
Un po’ del ritorno elastico del polmone lo usa il torace che se ne serve per andare dietro al polmone
e tornare ad un suo volume che non è quello di riposo, però va bene lo stesso.
Però, come abbiamo sostenuto un flusso inspiratorio dobbiamo sostenerne anche uno espiratorio. Il
flusso espiratorio è sostenuto da un lavoro rappresentato da questa lunetta (ACD) che rientra
tranquillamente nel triangolo ACE che è il ritorno elastico che il polmone può fornire e che non è
ancora stato utilizzato altrimenti.
Quindi il ritorno elastico del polmone in espirazione è sufficiente, nella respirazione normale, per:
 far collassare il polmone
 far tornare la gabbia toracica al suo volume di fine espirazione
 coprire il dispendio energetico che serve per sostenere il flusso espiratorio
Perché la lunetta è da questa parte (dentro al triangolo) invece che dall’altra? Perché in espirazione
la Ppl diventa un po’ più positiva del valore che avrebbe a zero flusso per poter espellere l’aria dal
polmone.

Durante l’inspirazione normale dobbiamo compiere un lavoro totale (ABCEA) che costa energia
che viene fornita per contrarre la muscolatura inspiratoria.
Durante l’espirazione normale, il ritorno elastico del polmone basta a sostenere sia la diminuzione
elastica del volume della gabbia toracica, sia il flusso espiratorio viscoso.

INSPIRAZIONE ed ESPIRAZIONE FORZATE


Se faccio inspirazione ed espirazione lente vado da CFR a CFR+∆V.
Se faccio inspirazione ed espirazione veloci il lavoro respiratorio è diverso perché cambia il
FLUSSO.
Facciamo che io sia arrivata, in entrambe i casi, allo stesso volume inspiratorio (cioè rimane uguale
il passaggio da CFR a CFR+∆V). Quale lavoro sarà cambiato? Quello elastico non cambia perché
dipende dal volume che io raggiungo, se lo raggiungo lentamente o velocemente il Welastico non
cambia, cambierà il lavoro nell’unità di tempo (ma questo non è lavoro, è potenza).
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Quello che cambia è il Wviscoso che cambia perché dipende dal flusso. Maggiore è il flusso
inspiratorio ed espiratorio, maggiore è il gradiente di pressione che devo impartire tra bocca e
alveolo per alimentare il flusso.

Figura 8

Se aumento il flusso, la lunetta aumenta, diventa più panciuta (fig 8). Cioè aumenta il Wviscoso sia
in inspirazione che in espirazione. Se aumenta in inspirazione dirò che è aumentato il lavoro
inspiratorio viscoso e quindi anche il lavoro inspiratorio totale.
Nella espirazione normale, siccome l’area della lunetta è minore dell’area del triangolo di energia
disponibile (ACE), l’espirazione normale è a gratis, passiva. Se, però, aumenta il flusso espiratorio
(espirazione forzata), aumenta l’area della lunetta che quindi può superare quella del triangolo ACE,
può passare dall’altra parte. In questo caso l’espirazione è molto veloce, il flusso molto ampio,
quindi la lunetta passa di qua perché la pressione intrapleurica diventa addirittura positiva.
Siccome l’area della lunetta supera quella del triangolo, vuol dire che il lavoro restituito dal
polmone sotto forma di energia elastica non è più sufficiente a garantire l’espirazione. Ecco perché
intervengono attivamente i muscoli espiratori, quelli che nella respirazione normale non
intervengono, per sostenere un flusso espiratorio più elevato e questo intervento costa lavoro
meccanico. In questo caso avremo sia Wviscoso inspiratorio che Wviscoso espiratorio e questa
volta lo pago in termini energetici. Il Welastico, se raggiungiamo lo stesso volume, riamane
inalterato.
Il Welastico dipende solo dal volume raggiunto, il Wviscoso dipende dal flusso di ventilazione.

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Costo del lavoro respiratorio.

Figura 9

Vediamo quanto costa il lavoro respiratorio.


W esterno totale: l’abbiamo visto parlando di locomozione. E’ il lavoro che facciamo per spostare il
baricentro da un punto ad un altro dello spazio. West=0 vuol dire che siamo fermi, West=1,45 è un
lavoro leggero, West=4 è un lavoro pesante.
Vt: è il volume corrente. f : frequenza.
V(con il puntino sopra): flusso. VO2 (con il puntino sopra): consumo d’ossigeno.
Le ultime voci sono i vari tipi di lavoro.
A riposo:
West=0 Kcal/min
VO2=300ml/min, V=7,5ml/min, Vt=500ml , f =15c/min.
Wrespiratorio=7 x 10-4Kcal/min, di cui Welastico inspiratorio=67%, Wresistivo inspiratorio=33%.
Il VO2 respiratorio=3ml/min, questo è il consumo di ossigeno che serve a coprire questo lavoro
inspiratorio. Vedete che 3ml/min su 300 è l’1%; quindi, a riposo, il costo energetico della
respirazione è veramente modestissimo, è anche meno dell’1% del consumo di ossigeno totale. In
pratica respiriamo gratis, non dobbiamo preoccuparci di fornire grande energia.
Lavoro pesante:
West=4 Kcal/min
Vt=2400ml cioè sto iperventilando, f=48c/min è aumentata di 3 volte, V=115ml/min,
VO2=3500ml/min è aumentato di circa 15 volte.
Wrespiratorio= 0,08Kcal/min è aumentato di circa 100 volte, di cui Welastico inspiratorio=39%,
Wresistivo inspiratorio=61%. La quota di lavoro più ingente è a carico del Wresistivo.
Il VO2 respiratorio=352ml/min è il consumo di ossigeno richiesto per fornire energia ai muscoli
respiratori. È diventato il 10% del consumo di ossigeno totale e viene usato solo per respirare, è un
dispendio notevole.

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Come mai bisogna spendere così tanto nell’iperventilazione? Perché vi ricordo che possiamo avere
due tipi di flusso.
Flusso laminare: descritto dall’equazione di Poiseuille che dice che V=∆P/R, le resistenze in questo
caso sono rappresentate da K1. → P=K1∙V
Flusso turbolento: la pressione non è direttamente correlata al flusso, ma al flusso al quadrato, cioè
aumentando il flusso, la pressione aumenta con il quadrato del flusso, quindi molto di più. →
P=K2∙V²
Flusso delle vie aeree superiori: c’è una mescolanza, ci sono alcune zone delle vie aeree superiori in
cui il flusso è turbolento, altre, nei dotti alveolari e negli alveoli, dove è diventato laminare. La
cosiddetta pressione dinamica che bisogna fare per sostenere il flusso nelle vie aeree non è nè una
né l’altra, ma la somma delle due componenti. Allora, all’aumentare del flusso di ventilazione, in
queste condizioni, la pressione che devo fare per sostenere il flusso aumenta con il quadrato del
flusso ed ecco perché bisogna aumentare così tanto il lavoro resistivo a scapito di un maggior
consumo di ossigeno e quindi di un maggior dispendio energetico per sostenere la ventilazione.

Velocità respiratoria.

Figura 10

Questa e la velocità respiratoria, è po’ un termine improprio, è meglio sostituirlo con ventilazione. È
in numero di atti al minuto, ma è un po’ limitante perché c’è anche la variazione di volume insieme
alla frequenza.
Se variate la frequenza respiratoria, che è come dire che stiamo variando il flusso, e andate a vedere
come varia il lavoro meccanico variando il flusso, vedete che Welastico tende progressivamente a
diminuire, Wresistivo fatto per sostenere il flusso aumenta sempre di più.
Wtotale (= Welastico+Wviscoso) ha questa forma strana, cioè è minimo in corrispondenza di una
frequenza respiratoria di circa 15 atti/min che è quella della respirazione tranquilla, aumenta sia
durante una ipoventilazione, sia nel corso di una iperventilazione.
Di nuovo vedete un’altra considerazione, che avevamo già fatto a proposito della locomozione
dicendo che esiste una velocità dei passi alla quale il dispendio energetico è minimo e ognuno ha la
sua velocità perchè quella è la velocità conformazionale. Qui succede la stessa cosa, la gabbia
toracica ha delle caratteristiche elastiche che fanno sì che, ad una oscillazione particolare, il lavoro
respiratorio sia minimo. Questa frequenza è quella che viene normalmente adottata durante la
ventilazione normale; in condizioni fisiologiche si adottano tutte le strategie meccaniche per fare in

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modo di minimizzare il dispendio energetico. Se ci spostiamo al di fuori dei limiti della normalità, o
perché ipoventiliamo o perché iperventiliamo, spendiamo di più dal punto di vista energetico. Se
provate a respirare molto lentamente, dopo un po’ provate una sensazione di disagio, legata anche al
fatto che si modificano i gas alveolari, lo vedremo più avanti.

DINAMICA RESPIRATORIA.

Figura 11

Il capitolo della meccanica respiratoria si divide in statica e dinamica.


Finora abbiamo parlato di statica, a parte quest’ultimo aspetto di lavoro respiratorio nel quale
abbiamo incluso anche un aspetto che si correla al flusso, finora abbiamo sempre parlato delle curve
volume pressione del polmone. Questo aspetto ricopre quella che viene detta statica: andare a
studiare il comportamento meccanico del polmone isolato o in situ, costruire le curve volume
pressione del polmone, della gabbia toracica e del sistema respiratorio.

La dinamica è sempre un aspetto meccanico che però tiene conto del fatto che non c’è soltanto il
recoil statico, ma anche il FLUSSO, che è la cosa più importante perché fa entrare e uscire l’aria.
Se siamo in condizioni normali, alla capacità funzionale residua abbiamo, nel cavo pleurico
P=5cmH2O, nell’alveolo P=0cmH2O.
INSPIRAZIONE FORZATA (fig 11A)
Facciamo una inspirazione forzata e fermiamoci lì, la figura 11A descrive la situazione in cui faccio
una inspirazione forzata e poi sto lì con la bocca aperta. Le vie aeree sono aperte, Palv=0, non c’è
flusso, Pambiente=0. Come mai il polmone rimane espanso ad un volume più ampio di prima?
Perché la pressione transmurale (PTM) del polmone è aumentata. Ma come ho fatto ad aumentarla
se nell’alveolo c’è zero? Perché ho abbassato la pressione intrapleurica, infatti Ppl=–30cmH2O.

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(Esistono differenze spaventose da una regione all’altra del cavo pleurico, non è che quando cambia
la Ppl cambia, lo fa uniformemente in tutte le regioni. Quelle in cui si abbassa di più sono il
mediastino e il diaframma). Fate conto che Ppl é passata da –5 a –30 di fine inspirazione.
ESPIRAZIONE FORZATA a FLUSSO ELEVATO (fig 11B)
Ora facciamo una espirazione forzata che mantenga un flusso elevato (15l/s) nelle vie aeree. Come
facciamo? Abbiamo due vie: se mollo i muscoli inspiratori→espiro, ma non faccio un’espirazione
forzata. Per questa dovrei buttare fuori aria con forza a partire dal volume di fine inspirazione e la
ottengo con una PTM molto positiva.
Facciamo nel cavo pleurico una pressione di +60cmH2O (Ppl=+60cmH2O), spremiamo bene il
cavo pleurico, contraiamo molto la muscolatura addominale e gli intercostali interni. Il risultato è
una positivizzazione immediata del cavo pleurico, la Palv diventa positiva per compressione
(Palv=+90cmH2O), la pressione transpolmonare viene mantenuta (Ptp=+30cmH2O).
La cosa che sembra strana è che nel cavo pleurico ci sia +60 e nell’alveolo (vie aeree) +90. E’
possibile se fate una espirazione forzata e mantenete le vie aeree chiuse: nell’alveolo la P diventa
fortemente positiva perché, oltre alla pressione che esercitate nel cavo pleurico, c’è la P esercitata
dal recoil spontaneo elastico del polmone che tende sempre a collassare e si aggiunge alla forza che
fanno i muscoli espiratori. Quindi, se voi, allo stesso volume che avete alla fine di una inspirazione
forzata, fate uno sforzo espiratorio, avete il recoil elastico del polmone che, essendo mantenuto allo
stesso volume, è uguale alla situazione A dove era 30, quindi rimane 30 anche qua; a questo
aggiungiamo il +60 della espirazione forzata. Quindi nell’alveolo avremo una pressione associata
alla somma delle due che sarà di +90cmH2O→è la somma del recoil elastico dovuto al volume
polmonare che tende a collassare + la pressione che i muscoli espiratori fanno nel cavo pleurico
contraendosi.
Io ho le vie aeree chiuse, ma nell’alveolo ho una pressione spaventosa, Palv=+90cmH2O. Se apro le
vie aeree, butto fuori l’aria molto velocemente perché c’è un gradiente molto elevato (di 90cmH2O)
tra alveolo ed esterno. Quindi avrò una espirazione forzata.
Il flusso fa sì che, intanto che ci si spinge dall’alveolo fino all’esterno, la pressione diminuisca fino
ad arrivare a zero.
Se la Palv è sufficiente a forzare le vie aeree, queste rimangono pervie.
ESPIRAZIONE FORZATA a FLUSSO BASSO (fig 11C)
Se il flusso è più basso, ad esempio 10l/s anziché 15, si può verificare un caso strano. Su questa
condizione se ne insinua un’altra che è la legge di Bernoulli→dice che se c’è un flusso a velocità
elevata, diminuisce la pressione laterale.
In questo caso (fig 11C) la Palv=+80cmH2O (non +90) perché la muscolatura espiratoria è un po’
meno contratta e quindi, passando dall’alveolo verso l’esterno, la pressione diminuisce.
Alla fine del torace siamo in una zona di transizione: da una fase in cui le pareti delle vie aeree sono
mantenute espanse dalla retrazione del polmone passiamo ad una condizione (appena oltre, dove
finisce la gabbia toracica) in cui non c’è più la retrazione del polmone. Se la velocità del flusso è
molto elevata, la pressione laterale diminuisce, quindi le pareti delle vie aeree si avvicinano e
possono addirittura occludersi. In alcune condizioni ci può essere una espirazione forzata, che tende
a far restringere le vie aeree extrapolmonari, causando un aumento delle resistenze al flusso.
Questo è il motivo per cui, nella figura 9, abbiamo visto che quando aumenta la frequenza
ventilatoria, aumentano le resistenze totali e aumenta il lavoro respiratorio, questo perché le vie
aeree sono sia intra- che extra-toraciche.
Le intratoraciche sono mantenute espanse dal fatto che intorno hanno il polmone che tende a
retrarsi, ma quando usciamo dalla gabbia toracica non abbiamo più questa struttura che tende a
tenere espanso anche il dotto respiratorio e, quindi, i dotti respiratori extratoracici tendono ad
espandersi. A differenza dell’esofago che non ha nessun cercine cartilagineo che lo tenga espanso,
la trachea e i bronchi ce l’hanno perché altrimenti, durante l’espirazione forzata tenderebbero a
collassare, per la legge di Bernoulli.

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Figura 12

Gli enfisematosi hanno un atteggiamento toracico con un elevato volume di fine espirazione
normale ed una difficoltà a soffiare fuori l’aria.
Motivo: questi soggetti hanno un recoil polmonare elastico (tendenza del polmone a retrarsi) molto
più basso (invece che +2 è, ad esempio, +1). Quando il soggetto espira, non è supportato dalla
tendenza del polmone a collassare, quindi deve fare uno sforzo espiratorio per poter espirare e non
riesce ad espirare l’aria per portarsi ad un volume di fine espirazione uguale al volume di capacità
funzionale residua.

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