Litocemento. Le Pietre Artificiali Cemen
Litocemento. Le Pietre Artificiali Cemen
Litocemento. Le Pietre Artificiali Cemen
SOMMARIO
La diffusa commercializzazione di leganti cementizi nei primi anni del XX secolo rivoluziona i tradizionali prodotti e sistemi di
finitura e rinnova, con nuovi procedimenti e nuove composizioni, le consuetudini della tradizione costruttiva e decorativa. In questo
contesto, le finiture e le decorazioni realizzate a ‘finta pietra’, con legante cementizio, contraddistinguono almeno cinque decenni
dell'architettura del Novecento, dalle esperienze Liberty sino all'architettura degli anni Quaranta, a testimonianza delle consolidate
aspettative che si riponevano nel cemento, non solo da un punto di vista strutturale, ma anche decorativo. Le pietre artificiali
costituiscono il risultato di raffinate elaborazioni tecnologiche e al tempo stesso sono il prodotto di un’attività artigianale intrisa di
volontà artistica; a questa dualità corrisponde oggi una particolare difficoltà nel valutare correttamente gli interventi manutentivi e di
restauro. È oggi fondamentale un recupero 'culturale' e tecnico di questa produzione: la conoscenza, intesa come esplorazione di uno
specifico aspetto della cultura materiale, è pertanto un presupposto fondamentale per affrontare in modo adeguato l’intervento
conservativo di questi materiali e delle loro superfici, quali esempi di sperimentazione tecnica di particolare valenza.
LITOCEMENTO - THE CAST STONES IN THE EARLY XXth CENTURY ARCHITECTURE: MANUFACTURING
TECHNOLOGIES AND CONSERVATION PROBLEMS
SUMMARY
The spreading of cementitious binders, in the early years of the XXth century, revolutionizes the traditional products and systems for
the external finishes and renews the constructional and decorative tradition, with new processes and new compositions. The finishes,
the decorations and the embellishments, manufactured with cast stone or artificial stones cement-based, were used for five decades
during the XXth century, from the Art Nouveau experiences until the architectures of 40s: this confirms the enormous expectations
that was being placed upon the portland cement, not only for the structural use, but also as decoration. The artificial stones are the
result of a refined technological process and at the same time are the product of a fine craft. This duality causes, today, some specific
problems to define the more correct works for maintenance and restoration. The cultural and technical reevaluation of this artefacts
is essential for their conservation, through a necessary knowledge of these techniques, forming and installation work.
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e polvere di pietra naturale, ma anche nell’uso della scagliola l’aspetto estetico che l’utilizzo, chiaramente favorito
o degli elementi lignei decorati a finta pietra. dall’abbondanza di elementi decorativi, che culminerà nella
L’impiego della pietra artefatta raramente riguardava la stagione architettonica del Liberty.
zona basamentale delle costruzioni, dove si preferiva Con la nuova tecnica si ha la possibilità di imitare alla
comunque l’uso della pietra naturale per la sua maggiore perfezione la pietra naturale, realizzando prodotti giudicati
resistenza meccanica agli urti e al degrado più in generale. Al addirittura più resistenti e durevoli.
di sopra del livello di osservazione diretta, si proseguiva La tecnica e la capacità imitativa evolve rapidamente,
invece il partito architettonico interamente a finta pietra o tanto che già nel 1893 Agostino Arlorio indicava che «con la
integrando il lapideo naturale con quello artificiale; in questo miscela di cemento Portland e scelte qualità di sabbie
modo la resa mimetica, seppur fedele e credibile, era granitiche o silicee o calcari a tinte diverse ed un accurato ma
ulteriormente mitigata dalla lontananza dei manufatti facile lavoro di martellinatura, di scalpello o di levigatura, si
dall’osservatore. ottengono pietre artificiali perfettamente somiglianti alle varie
pietre naturali» [2].
1.2 La pietra artificiale Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento le
L’introduzione del termine ‘pietra artificiale’ è invece casistiche decorative e le possibilità espressive si ampliano
relativamente recente e trae origine nella seconda metà (Fig. 1 e Fig. 2): si afferma una forma architettonica
dell’Ottocento. In un brevetto francese del 1875 è riportato, estremamente dinamica, plastica e prodiga di effetti scultorei,
infatti, uno dei primi procedimenti per ricreare un materiale, che trova una prima applicazione nelle decorazioni eclettiche,
denominato pierre reconstitué (pietra ricostituita), a partire da trova compiutezza cavalcando il decorativismo del movimento
un blocco di pietra naturale frantumata in piccoli frammenti e Liberty, e successivamente si consolida sia con il ritorno agli
ricomposta con legante cementizio. Il brevetto è presentato storicismi, sia con il passaggio dal Liberty al Decò.
con il titolo di pierre factices, ‘pietra artificiale’.
Definizioni simili si ritrovano, ancor prima, in alcuni 2.2 Il Liberty e il Decò
manuali italiani, che riportano, tuttavia, procedimenti che sono La ricerca estrema della decorazione, tipica degli anni a
ancora a base di calci idrauliche o aeree. In Istituzioni di scavalco tra Ottocento e Novecento, trova nel legante
architettura, statica e idraulica, Nicola Cavalieri San Bertolo cementizio le capacità plastiche e di resistenza per esprimersi
riporta le indicazioni per realizzare una ‘pietra artefatta detta pienamente, originando apparati plastico-decorativi di estrema
d’Alessandria’, realizzata miscelando calce idraulica di ottima complessità e articolazione, sicuramente non realizzabili con i
qualità, sabbia e ghiaia di dimensioni variabili [1]. materiali lapidei tradizionali (Fig. 3).
Già alla fine dell’ottocento, per estensione del termine, i La ricchezza decorativa delle architetture Liberty trova
manuali identificano indifferentemente con pietra artificiale compiutezza grazie alla originale commistione di materiali
anche i materiali storici a base di calce, gesso o silicati, in cui tradizionali, quali laterizio, ceramica, vetro, ferro battuto
il comune denominatore è la costante compresenza (anche impiegati con nuove fogge e intenzioni di
dell’artificio e dell’intento imitativo della pietra. Il principio rinnovamento estetico) a cui si affianca proprio l’uso del
su cui si basa la tecnologia della pietra artificiale è quello di cemento, per la realizzazione degli apparati decorativi in pietra
riprodurre l’aspetto di un materiale lapideo di origine naturale artificiale (Fig. 4).
attraverso l’artificio, avendo come obiettivo o il L’utilizzo della pietra artificiale trova un diffusissimo
miglioramento delle caratteristiche del materiale di partenza, o riscontro, favorito da almeno tre fattori:
la riduzione del costo del materiale stesso o della manodopera • l’economicità rispetto alla pietra naturale;
per realizzarlo, lavorarlo o porlo in opera. • la facilità di modellazione o di formatura;
• l’utilizzo del legante cementizio, materiale ‘nuovo’ sul
2. IL LITOCEMENTO quale si ripongono grandi aspettative.
2.1 Le pietre artificiali con legante cementizio Il cemento, grigio o bianco, miscelato con un’adeguata
A partire dagli ultimi decenni dell’ottocento l’introduzione scelta di aggregati (ghiaie, sabbie fini e frammenti o polveri di
sul mercato dei primi cementi naturali, e successivamente dei pietre naturali) e opportunamente pigmentato, permetteva
cementi ‘tipo Portland’ artificiali, rivoluziona completamente infatti di ottenere ottimi risultati di imitazione della pietra, sia
l’ambito dei surrogati lapidei, ampliandone le possibilità attraverso la realizzazione a stampo sia direttamente in opera.
espressive e formali e, con la successiva introduzione delle I risultati estetici che ne derivavano erano particolarmente
armature, anche strutturali. Si modifica radicalmente sia efficaci e il materiale così ottenuto poteva ricevere, prima
Figure 1 – 5 – Esemplificazioni della complessità decorativa ottenibile ricorrendo al modellato plastico in pietra artificiale
o cemento decorativo. In particolare la fig. 2 e la fig. 5 mostrano la differenza tra una pietra artificiale, con chiaro
intento imitativo (presenza dei clasti microconglomeratici), e un cemento decorativo con pure finalità di decoro plastico.
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della presa definitiva, le finiture tipiche della pietra naturale. prosegue la tradizione mimetica anche nel momento in cui dal
Infatti, a differenza della calce che fa presa e indurisce decorativismo più articolato si passa alle forme lineari,
prevalentemente in superficie, il cemento origina composti più geometriche e prive di elementi d’ornato dell’architettura
omogenei in tutto lo spessore, tali da poter essere trattati razionalista italiana e dell’architettura littoria. La pietra
attraverso le tipiche lavorazioni dello scalpellino, quali artificiale si trasforma pertanto da elemento di decoro a
bocciardatura, gradinatura, lisciatura, eccetera. materiale quasi esclusivamente di rivestimento, spesso esteso
A partire dai primi anni del Novecento, la rivista “Il anche a grandi superfici [6].
cemento” e la ricchissima manualistica del periodo, tra cui si Si passa, da un esteso uso delle forme riccamente
può ricordare il Manuale dell’Architetto di Donghi o il plastiche, a lastre geometriche o a semplici modanature. Si
Ricettario industriale di Ghersi, propongono un ricco riduce pertanto la ricchezza della messa in opera e la qualità di
campionario di formule, spesso al limite dell’alchimia, per la esecuzione di forme complesse, mentre diviene più variegata
realizzazione di cementi decorativi e pietre artificiali [3]. la gamma cromatica e conseguentemente lo spettro di litotipi
Ma nella pratica la varietà si limitò a un numero meno imitati: a una minor maestria e capacità artigiana nella
esteso di litotipi imitati, prediligendo le arenarie e i graniti, formatura si contrappone, pertanto, una più raffinata tecnica e
nelle tonalità del grigio e del giallo [4], [5]. qualità di confezionamento (Fig. 6 – Fig. 9).
La minore complessità dei manufatti porterebbe a
Nell’evoluzione del materiale e delle capacità tecniche, presumere un predominio degli elementi realizzati in grandi
accade anche che l’effetto plastico dell’elemento decorativo serie rispetto alle pietre artificiali realizzate in opera, ma nella
tenda a predominare sulla volontà di imitare la pietra: non è pratica realizzativa permane un sostanziale equilibrio.
più fondamentale l’aspetto puramente mimetico, quanto
piuttosto la capacità delle malte di essere plasmate e lavorate 3. LE IMITAZIONI AUTARCHICHE
come elemento architettonico totalmente autonomo, dotato di A partire dal 1926 la strategia dell’autosufficienza
propria espressività decorativa oltre che materica, slegata dalla caratterizza tutto il programma di sviluppo tecnico ed
sua “falsa apparenza” (Fig. 5). economico italiano. Inoltre, dopo la crisi economica del 1929,
Diviene pertanto indispensabile imporre una distinzione di si individua nel campo edilizio uno dei settori di possibile
termini, pur permanendo modalità di realizzazione, formatura traino dell’intera economia nazionale. Pertanto le sanzioni
e posa in opera assolutamente identiche: da un lato la pietra deliberate dalla Società delle Nazioni il 18 novembre 1935,
artificiale, con finalità mimetiche, dall’altro il cemento che diedero ufficialmente avvio al periodo di autarchia, furono
decorativo, puro elemento plastico che manifesta apertamente solo un propizio pretesto per enfatizzare ulteriormente il
il materiale costituente, senza finalità di imitazione. Con i programma di completa autarchia, che il regime perseguiva
cementi decorativi si allude alla pietra, ma senza imitarla fino già da un decennio e che nel settore delle costruzioni diede
in fondo, pur ottenendo manufatti con caratteristiche una decisa accelerazione alla ricerca di nuovi materiali
sostanzialmente molto simili, per consistenza e lavorazione, al ‘nazionali’.
materiale lapideo. Nei medesimi anni il regime attuò una serie di
provvedimenti per rilanciare le industrie italiane di pietre e
2.2 Dall’apparato decorativo alle superfici marmi, tanto da consigliare – ovvero imporre – la pietra come
Con il superamento degli stili riccamente decorati, decade materiale da utilizzarsi in tutti gli edifici con funzione
solo parzialmente il ricorso ai manufatti cementizi. I cementi pubblica. L’incremento nell’utilizzo della pietra naturale
decorativi giungono a obsolescenza (decorativa) già alla fine favorì direttamente anche la produzione di pietra artificiale,
della Prima Guerra Mondiale. Da questo momento la succedaneo di minor costo, di più facile reperibilità e
produzione di manufatti in cemento si concentra verso una lavorabilità.
produzione industrializzata estremamente serializzata di
elementi di uso comune, abbandonando quasi totalmente la 3.1 Autarchia e pietra artificiale
funzione decorativa in favore di prodotti largamente utilizzati Nel settore edilizio l’obiettivo autarchico si esplicita
in edilizia, indipendentemente dallo stile architettonico attraverso due differenti linee di sviluppo, solo
(blocchi pieni o cavi, tubi, tegole, davanzali, vasi, colonnine apparentemente divergenti. La prima è correlata
per balconi, balaustrate). all’innovazione e ai nuovi materiali, la seconda è legata alla
La pietra artificiale, pur privata di tutto l’apparato tradizione costruttiva italiana.
decorativo e plastico del periodo precedente, consolida e I provvedimenti autarchici favorirono, almeno fino ai
Figure 6 – 9 – Con il passaggio da forme riccamente decorate alle grandi superfici di rivestimento, la tecnica della pietra
artificiale evolve sia in qualità imitativa che in varietà di litotipi riproducibili,
spaziando dalle dioriti ai graniti, dai calcari ai ceppi rustici, fino ai variegati travertini.
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divieti d’uso del ferro, il successo delle costruzioni con fortemente empirica, la composizione di base delle pietre
struttura mista in cemento armato e muratura. La qualità artificiali cementizie trova una prima definizione.
espressiva era pertanto demandata alla finitura superficiale, La produzione segue pertanto un procedimento pressoché
come dimostra la grande quantità di materiali da rivestimento standardizzato, pur nelle piccole differenze di composizione,
sperimentati e disponibili sul mercato [7], [8], [9]. Per le di lavorazione o di materie prime che differenziano i singoli
motivazioni qui sopra introdotte, un ruolo predominante venne cementisti e le differenti botteghe artigiane. Si sperimentano
però assunto dai rivestimenti lapidei. In questo contesto si pertanto colorazioni diverse, si varia la granulometria, la
afferma, come noto, il travertino, la pietra tipica della tipologia o le proporzioni dell’aggregato, si introducono
romanità, assunta a modello e a emblema di un nuovo additivi, ma la composizione di base è ormai consolidata:
imperialismo legato al regime. legante cementizio, aggregato sabbioso o
Alla volontà-prescrizione di dotare gli edifici pubblici di microconglomeratico, additivi e sostanze coloranti, acqua
rivestimenti lapidei, si contrapponevano tuttavia le esigenze di (Fig. 10).
contenimento della spesa da parte degli economati dei centri
di provincia e delle città di fondazione. Non deve pertanto 4.1 La composizione delle pietre artificiali
sorprendere che l’uso del surrogato artificiale fosse pratica Gli elementi di base che compongono l’impasto di un
diffusa e consolidata, nonché particolarmente efficace dal cemento artificiale non si differenziano pertanto da quelli di
punto di vista estetico [6]. I prezzi di un rivestimento in pietra una più tradizionale malta cementizia per intonaco, è quindi
artificiale cementizia erano del resto estremamente l’oculata scelta del cemento, ed in particolare del cemento
concorrenziali, arrivando quasi ad un rapporto di 1:4 fra i bianco, della tipologia degli aggregati e della tonalità
prezzi unitari del finto marmo cementizio e del marmo cromatica a fornire il ricercato aspetto lapideo.
naturale, rapporto che indica un vantaggio economico Alla definizione di una tecnologia ormai consolidata
schiacciante ed assiomatico. concorrono non solo le esperienze pregresse, ma anche le
Sebbene le ricerche nel settore delle costruzioni normative sempre più definite e precise che regolamentano i
promuovessero materiali di tipo industriale e riproducibili in materiali da costruzione e in particolare i leganti idraulici, la
grande serie, i procedimenti di realizzazione delle pietre cui estrema diversificazione, riscontrabile all’inizio del secolo,
artificiali rimasero continuativamente legati a una pratica verrà progressivamente selezionata a definire una gamma
realizzativa prevalentemente artigianale, del tutto analoga a univoca di calci idrauliche, cementi tipo Portland e cementi
quella dei decenni precedenti. speciali [12].
Prevale pertanto un processo di chiara origine artigiana a
cui si contrappone, tuttavia, un ricco campionario di ‘pietre 4.1.1 I cementi per le pietre artificiali
industriali’ (Astromarmo, Lap, Marmo sintetico, ecc.) [7], che In relazione alla necessità imitativa ed alla resa cromatica
trovarono applicazione pratica prevalentemente nella da ottenersi, si ricorreva alternativamente al più tradizionale
realizzazione di elementi da interno, ma che ebbero ampia Portland grigio, al cemento bianco o a miscele di entrambi.
pubblicità nella manualistica dell’epoca. È significativo I cementi bianchi, introdotti a partire dalla fine
sottolineare come anche le lastre di cemento amianto, vendute dell’Ottocento, furono appositamente studiati per sopperire al
con vari nomi commerciali, vengano pubblicizzate come color grigio-azzurrognolo del Portland, inadatto alla
“ardesia artificiale” [10], [11]. realizzazione di piastrelle policrome di cemento, elementi
decorativi e finiture tonalizzate.
4. LE TECNICHE DI PRODUZIONE La fortuna commerciale dei primi cementi bianchi italiani
Ormai superata la fase delle prime sperimentazioni, è strettamente legata al nome della “Fabbrica Pesenti” di
caratterizzata da una ricerca di miscele e combinazioni Alzano Lombardo [13], divenuta poi “Italcementi” a seguito
Figura 10 – Schematizzazione della tecnica di composizione delle pietre artificiali a base cementizia.
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della fusione (1917) con la “Società Anonima Fabbrica Calci e dai primi anni del Novecento avevano permesso la selezione
Cementi” di Casale Monferrato. Superate le prime esperienze di un’ampia gamma di colori stabili e adatti all’impiego con il
di cementi bianchi naturali, la produzione si concentrò sui legante cementizio: per ottenere una resa cromatica efficace, i
cementi realizzati con miscele artificiali, commercializzati con pigmenti dovevano, infatti, essere stabili sia all’aggressione
qualità e caratteristiche variegate, quali ad esempio il alcalina dei leganti che ai raggi ultravioletti delle radiazioni
Supercemento Italbianco (un Portland a rapido indurimento e solari [14]. La tradizione dei pigmenti e delle miscele
ad altissima resistenza) o l’Aquila Bianca (un legante bianco coloranti viene pertanto semplicemente affinata o adattata alle
che gli opuscoli informativi d’epoca definivano ad “elevato nuove caratteristiche chimico-fisiche del cemento Portland,
valore di brillantezza”). bianco o grigio [15].
Negli anni Trenta e Quaranta sarà però il Duralbo il più Il costo generalmente elevato dei pigmenti ne consigliava
conosciuto e diffuso Portland bianco, dal caratteristico colore un uso parsimonioso: non sorprende pertanto che la
bianchissimo. Il cemento extra-bianco Duralbo venne prodotto percentuale in volume fosse estremamente limitata, non oltre i
a partire dal 1926 dalla “Società Anonima Cementi Isonzo” 5 chilogrammi ogni quintale di legante cementizio (la
negli stabilimenti di Pola. La fortuna commerciale del maggiore o minore concentrazione di colorante permetteva di
Duralbo fu favorita anche dalla massiccia diffusione ottenere un’ampia variabilità di intonazioni cromatiche).
pubblicitaria sulle principali riviste tecniche e di architettura. Dalla semplice lettura delle ricette, i pigmenti appaiono di
Specificamente utilizzato per opere scultoree, di finitura o difficile individuazione, poiché la terminologia utilizzata è
per lavori di particolare pregio estetico, il cemento bianco legata a consuetudini pratiche di bottega (“giallo limone”,
ebbe largo uso proprio nella realizzazione delle pietre “arancione”, “caffè”, ecc.) [15] o a nomi commerciali oggi
artificiali, per la particolare predisposizione ad assumere desueti (“rosso vinato”, “blu cemento”, “verde erba”) [16].
sfumature e colorazioni idonee a imitare la pietra naturale, a
cui si affiancavano le caratteristiche di presa e indurimento 4.2 Le realizzazioni in opera e le realizzazioni in ‘bottega’
tipiche dei cementi Portland. La produzione di pietra artificiale rimase prevalentemente
di carattere artigianale, strettamente legata più alla produzione
4.1.2 Graniglia e polvere di pietre di ‘bottega’ che non a quella della ‘fabbrica’. La stessa
Il ricorso alla graniglia e alla polvere di pietre naturali riproducibilità seriale, seppur sfruttata, trovò applicazione in
come aggregato è una caratteristica specifica del procedimento questo campo solo a piccola scala e in serie ridotte.
imitativo, diretta evoluzione della tradizione storica di Ogni fase della produzione era eseguita manualmente, a
utilizzare polvere di marmo, o altre pietre, nel marmorino e partire dalla scelta, dosaggio e miscelazione dei componenti,
negli intonaci di finitura. fino al getto e alla sformatura.
Nella pietra artificiale la graniglia si presenta Le superfici e le modanature in pietra artificiale eseguite
generalmente a spigolo vivo, poiché ottenuta da frantumazione in opera venivano realizzate con le modalità tipiche della
diretta di pietre naturali. La granulometria era estremamente stesura di un tradizionale intonaco. L’imitazione della pietra
variabile in funzione dell’effetto da ottenersi e della pietra da era affidata al solo strato superficiale, a cui provvedevano
imitarsi: si poteva variare da una pezzatura anche grossolana direttamente i cementisti e le maestranze specializzate,
(conglomeratica o microconglomeratica), fino a raggiungere stendendo a frattazzo le malte opportunamente miscelate per
polveri impalpabili. Anche la scelta della pietra da macinare ottenere il risultato estetico desiderato (Fig. 11). Analizzando
era in funzione di quella da imitarsi e della colorazione dei alcuni capitolati d’appalto, si può valutare che per realizzare
clasti che si volevano ottenere. Ad esempio, per ottenere clasti un metro quadrato di rivestimento in pietra artificiale erano
di colore bianco si ricorreva abitualmente alla macinazione necessarie circa un’ora e mezza di muratore, due ore e mezza
degli scarti di lavorazione dei marmi bianchi di Carrara o dei di manovale e due ore di stuccatore modellista. A queste
calcari di Verona; nella realizzazione del travertino artificiale andavano poi sommate le ore di lavoro per le eventuali
era consigliato l’uso di frammenti e polveri della stessa pietra lavorazioni superficiali.
naturale. La composizione dello strato superficiale variava
radicalmente in funzione della pietra da imitare e delle finiture
4.1.3 Pigmenti e materie coloranti previste a completamento (Fig. 12). Anche lo spessore di
L’utilizzo di frammenti e polvere di pietra naturale solo in finitura era estremamente variabile in relazione alla pietra: da
pochi casi era sufficiente a conferire la tonalità cromatica pochi millimetri per un granito o una diorite, fino a 1÷2
idonea per la corretta imitazione. Si ricorreva, pertanto, a centimetri, talvolta oltre, per malte conglomeratiche impiegate
pigmenti e sostanze coloranti. Le esperienze svolte a partire ad imitazione delle brecce e dei ceppi rustici.
Figure 11– 12 – Pietre artificiali realizzate in opera. Solo lo strato Figure 13 – 14 – Dettaglio di travertino artificiale a stampo, con
superficiale, di pochi millimetri, è opportunamente miscelato e supporto armato. L’ingrandimento del frammento mostra la differente
pigmentato. composizione tra lo strato di finitura e lo strato di supporto.
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Lo strato di supporto veniva armato molto raramente, cazzuola, e successivamente riposta per una breve
qualora lo strato di arriccio fosse di spessore eccessivamente maturazione.
consistente. Le uniche operazioni che venivano eseguite a
fresco erano, quando previste, la stilatura o la formatura di 4.3 La finitura delle superfici
partiti architettonici; tutte le altre lavorazioni erano demandate Il distacco delle forme dal cemento costituiva uno dei
ad un secondo momento, al termine della fase di indurimento momenti più delicati dell’intero ciclo di fabbricazione dei
della malta cementizia. manufatti. Al momento del disarmo, ma analogamente anche
nell’esecuzione in opera, il cemento poteva infatti risultare
La produzione di elementi seriali, eseguiti ‘a bottega’, macchiato, alveolato o non omogeneo per granulazione e,
avveniva invece tramite banchi e blocchiere, seguendo soprattutto, risultava ricoperto da una patina superficiale
procedimenti non troppo dissimili da quelli utilizzati per neutra di cemento che occultava completamente la grana
formare i blocchi di cemento o le più sofisticate piastrelle di contenuta nell’impasto. Le finiture superficiali erano eseguite
graniglia da pavimento [14], [17], [18]. non solo per raggiungere la perfetta mimesi, ma costituivano
Per le lastre piane e le forme geometriche più semplici si anche una necessità di ordine pratico, correggendo, attenuando
utilizzavano stampi in metallo simili a quelli sopra citati, o modificando i risultati della sformatura dei getti.
mentre per le forme più complesse si ricorreva a stampi in La simulazione del lapideo naturale basa parte della sua
legno, in gesso o in cemento. efficacia anche sull’adeguata esecuzione delle lavorazioni
Il piano di lavoro e le pareti della forma venivano superficiali, quasi interamente eseguite secondo le tecniche, le
inizialmente cosparsi con materiali oleosi che facilitassero il metodologie e gli strumenti propri degli scalpellini.
successivo disarmo. Generalmente si utilizzavano oli minerali A indurimento solo parzialmente avvenuto, generalmente
e non di rado si ricorreva anche al comune olio per motori subito dopo la sformatura del manufatto, venivano eseguite le
[19]. Si procedeva pertanto al getto, partendo dalla superficie lavorazioni (lavatura, spazzolatura o levigatura) per rimuovere
più esterna, disponendo uno strato molto sottile della miscela dalla superficie il velo di cemento che occultava la graniglia
di cemento bianco, sabbia, graniglia di pietra e pigmenti dell’impasto. La levigatura veniva realizzata manualmente
opportunamente miscelati a seconda della pietra da imitare. Lo sfregando con forza una pietra molto dura, generalmente di
strato, analogamente a quanto avveniva nella realizzazione in origine vulcanica o silicea, sulla superficie del manufatto in
opera, era estremamente sottile, mai oltre i 5 mm; strati più pietra artificiale, mantenuto costantemente bagnato. Nel caso
spessi erano impiegati solo per particolari miscele, composte si dovessero lavorare lastre di grandi dimensioni si ricorreva
da aggregati di granulometria conglomeratica (Fig. 13 – 14). all’orso, uno strumento molto semplice, in legno o metallo,
Prima che il getto facesse presa, veniva eseguito uno alla cui estremità veniva fissata la pietra levigatrice. Alla
spolvero con polvere di cemento grigio per realizzare una levigatura grossolana potevano seguire fasi di levigatura più
superficie scabra e agevolare l’aggrappo dello strato fine, utilizzando pietre progressivamente più tenere.
successivo di supporto, realizzato con semplice malta A queste lavorazioni preparatorie seguivano poi, quando
cementizia o betoncino (cemento, sabbia fine o media e richieste, le lavorazioni di finitura superficiale tipiche anche
acqua). Lo strato di supporto poteva essere a getto singolo o della pietra naturale.
doppio, a seconda della disposizione e messa in opera dei ferri A differenza della calce che fa presa e indurisce
di armatura. Si tratta generalmente di ferri di diametro molto prevalentemente in superficie, il cemento origina composti più
ridotto, a conferma di quanto prescritto anche dalla omogenei in tutto lo spessore, pertanto le lavorazioni si
manualistica, che indica le armature con termini quali eseguivano circa 15-20 giorni dopo l’esecuzione del getto,
“tondinello” o “spranga”. comunque a fase di indurimento non ancora completata; dopo
L’armatura aveva essenzialmente una funzione di questo intervallo di tempo le superfici erano infatti
irrigidimento della massa di conglomerato, non avendo sufficientemente resistenti per sostenere tutte le lavorazioni
solitamente funzione strettamente strutturale; questo giustifica superficiali, cosiddette “a levare”, ma ancora non
l’estrema varietà nella disposizione dei ferri di armatura delle completamente indurite da ostacolarne la realizzazione.
lastre, posizionati secondo l’occasione del momento e non
sempre secondo una logica degli sforzi cui sarebbero stati 4.4 Le ricette e i “segreti” di bottega
sottoposti gli elementi una volta in opera. Se si eccettuano poche composizioni pubblicate e diffuse
La formatura dell’elemento terminava con un secondo dalla manualistica dell’epoca (in particolare travertini e
getto di supporto, analogo per composizione e spessore al graniti) [18], i segreti delle miscele per le pietre artificiali
precedente. La forma veniva rasata in superficie con una rimangono celati all’interno dei singoli laboratori, raccolti in
Figure 15– 16 – Confronto tra un travertino artificiale in lastra Figure 17 – 18 – Differenze di resa mimetica tra un travertino
realizzato a stampo e un travertino artificiale realizzato in opera. realizzato con la ‘tecnica del salgemma’ e uno realizzato ‘a fresco’ con
il frattazzo chiodato.
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ricettari e campionari, oggi in gran parte perduti. seppur appartenente a un recente passato. Si pongono,
Il ricettario costituiva pertanto il principale strumento di pertanto, nuovi interrogativi metodologici e operativi nei
lavoro per il cementista, ed era in forma di semplici appunti confronti delle tecniche costruttive e dei materiali di
sui componenti e alcune brevi annotazioni sull’uso derivazione industriale, estranei alla tradizione costruttiva
dell’impasto e sulla qualità del risultato finito [15], [16]. Si storica, tra cui i rivestimenti e i manufatti in pietra artificiale.
tratta dell’ennesima conferma dell’artigianalità e originalità La pietra artificiale è il risultato di elaborazioni
del processo produttivo delle pietre artificiali; la vivacità tecnologiche, unite ad abilità e saperi manuali e artigiani, che
creativa e la sperimentazione sono legate alle singole danno origine a manufatti di qualità e a un sistema costruttivo
esperienze pratiche e non a un processo sistematico di complesso e originale: a questa dualità corrisponde oggi una
codificazione. particolare difficoltà nel valutare correttamente gli interventi
La manualistica diffonde, invece, le indicazioni di base del manutentivi e di restauro [20].
processo realizzativo delle pietre artificiali, riportando per L’esaltata “eternità” del cemento si è ormai rivelata non
grandi classi le materie costituenti, le fasi, le modalità di veritiera e molti rivestimenti ed elementi in pietra artificiale
formatura e posa in opera, ma senza mai entrare nel dettaglio hanno già da tempo mostrato segni di avanzato degrado e
delle singole pietre o delle singole lavorazioni. manifestato la necessità di adeguati interventi.
Il travertino venne impiegato tanto diffusamente nella sua
forma surrogata, da giungere a un procedimento produttivo 5.1 Degradi e problematiche di manutenzione
estremamente raffinato e articolato: un’articolazione È fondamentale notare come le pietre artificiali non si
testimoniata anche dall’ampia varietà di aspetti, di cromie e di degradino, ovviamente, secondo i normali processi cui sono
rese formali messe in opera in quegli anni [4]. Pur seguendo soggetti i lapidei naturali, ma seguano più specificamente
un procedimento che era divenuto di uso comune, tanto da processi assimilabili a quelli delle malte o degli intonaci,
essere diffuso anche dalla manualistica [18], le singole talvolta a quelli del calcestruzzo armato. Fenomeni, questi,
botteghe operavano migliorie o variazioni per ottenere strettamente legati alla tipologia di realizzazione, che poteva
particolari tonalità o venature maggiormente aderenti al vero avvenire in opera per strati successivi oppure in bottega
(Fig. 15 e Fig. 16). Per ottenere le venature superficiali, lo ricorrendo a stampi e casseforme. Nel primo caso, i fenomeni
strato di impasto gettato nello stampo veniva movimentato con di alterazione e degrado sono prevalentemente connessi alla
l’ausilio di pennelli dotati di setole di gomma, mentre in caso formazione di soluzioni di continuità tra gli strati costituenti o
di esecuzione in opera le venature venivano realizzate nello tra i giunti di stesure successive; nel secondo caso, il degrado
strato di finitura con l’ausilio del frattazzo [19]. La è strettamente legato ai fenomeni di ossidazione delle
particolarità del travertino artificiale era tuttavia l’esecuzione armature metalliche, delle lastre o degli elementi.
degli incavi che caratterizzano la relativa pietra naturale. Per Ad alcune esperienze positive di restauro e di recupero di
ottenere una superficie alveolare veritiera si faceva ricorso a superfici ed apparati decorativi in pietra artificiale, fa più
comune salgemma: il sale veniva cosparso sulla superficie spesso riscontro un diffuso atteggiamento di indifferenza e di
dello stampo, o miscelato alla malta dello strato superficiale, o superficialità da parte di tecnici e amministratori, fatto che
ancora posto sul frattazzo prima della lisciatura finale. Subito contribuisce alla continua perdita di testimonianze materiali e
dopo la sformatura il manufatto veniva lavato con acqua, in architettoniche significative. Nello scenario attuale si verifica,
modo da rimuovere i residui di sale, in parte discioltosi già con frequenza sempre maggiore, l’inadeguatezza degli
durante la prima fase di presa, ottenendo i caratteristici interventi sugli apparati in pietra artificiale, con operazioni
vacuoli, talvolta enfatizzati da colori aggiuntivi con cui si incapaci addirittura di cogliere e preservare l’intento imitativo
cospargeva il sale prima dell’applicazione (Fig. 17). A questa proprio di questi manufatti.
tecnica raffinata si poteva sostituire anche un procedimento La particolarità e le finalità della tecnica realizzativa, oggi
più semplice, con incisioni a fresco, utilizzando un attrezzo in non sempre comprese e conosciute nei dettagli, e l’incapacità
legno simile a un frattazzo, ma dotato di una serie di punte in di intervenire su apparati in cemento più o meno complessi,
ferro che lasciavano impresse sulla superficie impronte e fori porta a compiere gravi errori sia nell’intervento di restauro, sia
analoghi a quelli del travertino naturale (Fig. 18). nel più semplice intervento manutentivo:
Figura 19 – Intervento erroneo di tinteggiatura di una p.a. Figure 21 – 22 – Esempio di corretta reintegrazione di una mancanza
Figura 20 – Rappezzo realizzato con malta incongrua in una lastra armata di travertino artificiale
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architettonica (Fig. 19); architetture torinesi tra ottocento e novecento, in Lo
• sabbiature incontrollate per la rimozione delle croste o stucco. Cultura tecnologia, conoscenza (atti «Scienza e
dei depositi più tenaci, che danneggiano irreversibilmente Beni Culturali», XVII, Bressanone 2001), a cura di G.
le superfici delle pietre artificiali, amplificando a lungo Biscontin e G. Driussi, Venezia, Arcadia, pp. 81-86
termine il degrado superficiale; [6] ROCCHI, L. (2012) – Le pietre artificiali nelle
• rappezzature inadeguate di lacune con leganti ed architetture del ventennio fascista. Tecnologia di
aggregati inadatti, visivamente e matericamente in netto realizzazione e problemi di conservazione, in La
contrasto con le caratteristiche della pietra artificiale conservazione del patrimonio architettonico all’aperto
(Fig. 20). (atti «Scienza e Beni Culturali», XXVIII, Bressanone
2012), a cura di G. Biscontin e G. Driussi, Venezia,
6. CONCLUSIONI Arcadia, pp. 352-361
I manufatti in pietra artificiale costituiscono il risultato di [7] GRIFFINI, E.A. (1932) – Costruzione razionale della
raffinate elaborazioni tecnologiche e al tempo stesso sono il casa, Milano, Hoepli
prodotto di una attività intrisa di contenuto artistico, che [8] GRIFFINI, E.A. (1934) – Dizionario nuovi materiali per
impone una attenta riflessione nel momento in cui si edilizia, Milano, Hoepli
intraprende e si definisce un intervento non solo di restauro [9] AA.VV. (1934) – Repertorio 1934 dei materiali per
ma anche di semplice manutenzione, da concepirsi non come l’edilizia e l’arredamento, Milano, Editoriale Domus
tecnica generalizzata, ma come intervento puntuale e specifico [10] MUSSO, V. (1930) – Ardesie artificiali, “L’industria
da valutare e da “progettare” attentamente per ogni singolo italiana del cemento”, 5, pp. 8-9
caso. L’utilizzo di intonaci a finta pietra a base cementizia è [11] FABBRI, F. e RACO, F. (2008) – Conservare i moderni
altresì parte della composizione e del linguaggio restauri. Nuovi indirizzi di ricerca per la conservazione
architettonico di diverse stagioni architettoniche: la di materiali in cemento-amianto, in Restaurare i restauri
salvaguardia di rivestimenti e finiture è quindi operazione (atti «Scienza e Beni Culturali», XXIV, Bressanone
indispensabile per la conservazione dell’immagine 2008), a cura di G. Biscontin e G. Driussi, Venezia,
dell’architettura del primo novecento e per il mantenimento di Arcadia, pp. 70-80
una corretta leggibilità del carattere compositivo. [12] CARLESSI, M. (2009) – Gli «agglomerati» idraulici tra
Conoscere e quindi recuperare, anche da un punto di vista Ottocento e Novecento. Calci, cementi naturali e
storico e culturale, le tecniche e i materiali utilizzati Portland, in Il degrado del calcestruzzo nell’architettura
originariamente per l’architettura del XX secolo rappresenta del Novecento, a cura di Carolina Di Biase, Rimini,
pertanto un presupposto fondamentale per affrontare Maggioli, pp. 139-168
correttamente il progetto e l’intervento di manutenzione e di [13] CARLESSI, M. (2009) – «Dalla roccia alla roccia». I
restauro, attraverso una corretta articolazione di fase cementi della Valle Seriana e l’Officina Pesenti in Alzano
conoscitiva, fase diagnostica e fase applicativa (Fig. 21 – 22). Lombardo, in Il degrado del calcestruzzo
nell’architettura del Novecento, a cura di Carolina Di
* Il presente lavoro è parte di una più ampia ricerca che Biase, Rimini, Maggioli, pp. 171-201
Rita Fabbri conduce da diversi anni e con differenti [14] REVERE, G. e ROSSI, C. (1925) – I materiali da
declinazioni, finalizzata alla conoscenza e conservazione costruzione in cemento, Milano, Hoepli
dell’architettura del XX secolo. In particolare, [15] CAVALLINI, M. e CHIMENTI, C. (2000) – Pietre e
l’approfondimento degli aspetti inerenti le pietre artificiali marmi artificiali (2. ed), Firenze, Alinea
realizzate durante il “ventennio fascista” sono stati oggetto [16] s.a. (1936) – Manuale pratico per la lavorazione della
della tesi di Dottorato in Tecnologia dell'Architettura La pietra pietra artificiale, Firenze
artificiale nell’architettura del “ventennio fascista”. [17] FABBRI, R. et al. (2006) – Piastrelle in graniglia ed altri
Conoscenza e sperimentazione per il restauro, XXII ciclo, pavimenti interni di un’architettura tra fine ottocento e
Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura primi novecento, in Pavimentazioni storiche: uso e
(corso di Dottorato consorziato con Università IUAV di conservazione (atti «Scienza e Beni Culturali», XXII,
Venezia – Facoltà di Architettura e con Università degli studi Bressanone 2006), a cura di G. Biscontin e G. Driussi,
di Bologna - Facoltà di Architettura Aldo Rossi di Cesena) del Venezia, Arcadia, pp. 543-550
dottore Luca Rocchi, di cui Rita Fabbri è stata tutor. [18] PASQUALI, L. (1936) – Elementi architettonici, stucchi
e cementi, tinteggi e vernici nella moderna edilizia,
Bologna, ETU
BIBLIOGRAFIA [19] BEVILACQUA, F., FABBRI, R., et al. (2004) – La
[1] ARCOLAO, C. (1998) – Le ricette del restauro. Malte, pietra artificiale nell’architettura degli anni Trenta del
intonaci, stucchi dal XV al XIX secolo, Venezia, Marsilio Novecento: esempi in Emilia Romagna, in Architettura e
[2] ARLORIO, A. (1893) – Cementi italiani, Milano, Hoepli materiali del Novecento. Conservazione, Restauro,
[3] GHERSI, I. (1916) – Prodotti e procedimenti nuovi nelle Manutenzione (atti «Scienza e Beni Culturali», XX,
industrie, Milano, Hoepli Bressanone 2004), a cura di G. Biscontin e G. Driussi,
[4] GIOLA, V. (2001) – Per una caratterizzazione dei Venezia, Arcadia, pp. 281-290
cementi decorativi Liberty, in Lo stucco. Cultura [20] FABBRI, R., ROCCHI, L. et. al. (2012) – I materiali
tecnologia, conoscenza (atti «Scienza e Beni Culturali», dell'architettura del Novecento. Studi e tecniche per la
XVII, Bressanone 2001), a cura di G. Biscontin e G. conservazione, in La scienza per l’arte contemporanea
Driussi, Venezia, Arcadia, pp. 357-363 (atti del convegno), a cura di F. Petrucci, Bologna,
[5] MELE, C. (2001) – Stucchi e cementi decorativi nelle Patron, pp. 193-201
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