Le Democrazie Stabilizzate

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Le Democrazie Stabilizzate”

di Tommaso Edoardo Frosini.

Riassunto

Capitolo 2 Teoria e storia del costituzionalismo.

2-1) Alcuni concetti essenziali. Primo concetto essenziale non può che essere Costituzione, tuttavia
non è un termine univoco e nel tempo abbraccia diversi significati. Si affaccia nel dibattito culturale
nell'antica Grecia, con i filosofi che lo utilizzano per indicare il complesso degli assetti politici su
cui si fondava la Polis, e per la prima volta si pensa che assetti politici e giuridici siano determinati
dagli uomini e non dagli Dei, di conseguenza l'uomo ha il dovere di riflettere su quali siano i
migliori assetti possibili e porre eventuali freni al potere. Tuttavia siamo ancora lontani dal
significato attuale di Costituzione, anche se alcuni spunti interessanti vengono già offerti. Per
arrivare al concetto attuale di costituzione, bisogna attendere per primo lo Stato assoluto e la
successiva entrata in crisi che permetterà all'Illuminismo liberale di subentrare e l'affermazione di
concetti come libertà individuali e divisione dei poteri. Da questo momento le concezioni di
Costituzione coincideranno con la storia del costituzionalismo. Le Costituzioni contemporanee sono
dunque il frutto di un lungo percorso. Un altro concetto fondamentale da affrontare è quello di
Stato. Il termine Stato comincia a entrare nel linguaggio degli studiosi con il passaggio dall'età
medievale all'età moderna. In particolare coincide con il passaggio dalla pluralità degli ordinamenti
feudali all'accentramento del potere che coincide con la nascita appunto dello Stato moderno. La
prima definizione si ha nel 1513 con Machiavelli, ne “Il principe”. Da quel momento si indicherà
con il termine Stato quell'entità costituita essenzialmente da tre elementi: sovranità, popolo e
territorio. Lo Stato consiste nell'organizzazione politico-giuridica di un popolo presente su un
determinato territorio, su cui viene esercitata in via esclusiva una forma di sovranità le cui
caratteristiche specifiche variano a seconda del periodo storico di riferimento.

L'ultimo concetto fondamentale è la Forma di Stato, ovvero il rapporto tra governanti e governati,
concetto con forte proiezione storica, descrive le trasformazioni che le relazioni di potere hanno
subito nel corso del tempo.

2-2) Lo Stato assoluto come alba della modernità. La formazione dello Stato moderno coincide con
l'affermazione dell'Assolutismo monarchico, ma come si viene a creare? Nell'età premoderna i
rapporti di potere sono fondati essenzialmente su relazioni di tipo privatistico, partendo da quella
del re con il proprio territorio, questa struttura sociale, tuttavia viene superata a favore di una nuova
concezione dei rapporti di potere e delle relazioni tra chi lo detiene e chi lo subisce, in tutta Europa
si innesca un processo di centralizzazione del potere nelle mani di un unico soggetto: il sovrano
assoluto. Lo Stato moderno assume così la sua prima forma dove tutto ruota attorno alla sovranità
del monarca assoluto, incarnazione della simbologia e effettività del potere politico.

2-3) La libertà e il potere: Individuo e Stato nei paradigmi illuministi. Nella seconda metà del '700
lo Stato assoluto opera qualche tentativo di adeguarsi al mutamento dei tempi con l'attuazione dello
“Stato di polizia” o “dispotismo illuminato”, si tratta di una stagione di riforme giuridiche e sociali
dove pur conservando i fondamenti dell'Assolutismo agisce per procurare ai sudditi un maggiore
benessere assicurandogli forme di tutela giurisdizionale, tuttavia questo tentativo di riforma risulterà
tardivo e inadeguato. La spinta decisiva che porterà al tracollo dell'Assolutismo viene provocata dai
mutamenti sociali e dalle innovazioni intellettuali dovute maggiormente all'ascesa della borghesia
che reclama un adeguamento del proprio ruolo nella conduzione dello Stato. Gli ideali illuministi si
sposavano con queste affermazioni. Il protagonista diveniva così l'individuo e le strutture del potere
dovevano essere volte alla tutela del singolo e dei suoi diritti e non viceversa. Una voce molto
importante per questo movimento fu quella di Montesquieu, la cui teoria della divisione dei poteri è
funzionale alla protezione delle libertà individuali e si può riassumere con l'affermazione “Occorre
che il potere freni il potere” perché se da una parte il potere è necessario per una convivenza
pacifica dall'altra parte il potere incontrollato rischia di ottenere il risultato opposto, a tal fine i
poteri dello Stato devono essere distinti e divisi.

2-4) Il costituzionalismo inglese. In Europa vi è tuttavia un'esperienza che si discosta e che anticipa
l'affermazione di libertà e diritti, si sta parlando dell'Inghilterra. Questo processo ha inizio nel XII e
XIII secolo grazie all'opera di Enrico II e Edoardo I. in particolare il primo promuove la pratica
delle corti di

giustizia itineranti che attraversando i territori per decidere delle controversie attraverso
l'applicazione imparziale delle regole e dei precedenti finiscono con uniformare la Nazione facendo
da collante collettivo e dando le basi per il sistema di common law. In questo sistema ha un ruolo
principale il concetto di rule of law ossia l'importanza dei principi che presiedono la libertà e i diritti
degli individui. Il secondo step fondamentale è nel 1215 la concessione della Magna Carta
Libertatum, che, anche se molte clausole furono quasi inapplicabili segnava la fissazione dei limiti
ai poteri di un sovrano che fino ad allora erano illimitati. Tra il 1603 e il 1688 si ha un periodo
complicato con la dinastia dei Tudor che cerca di instaurare un modello assolutistico. Fino a
quando, nel 1688 vengono costretti all'esilio e sale al trono Guglielmo d'Orange con l'imposizione
del Bill of Rights nel 1689, che riaffermava antiche libertà della tradizione britannica come l'habeas
corpus, ovvero il diritto dell'individuo accusato di un crimine ad essere giudicato da un giudice
imparziale e sanciva importanti prerogative al Parlamento. Il Bill of Rights metterà così fine a
contrasti secolari imbrigliando la forma monarchica (che comunque viene mantenuta) che diventerà
così una monarchia costituzionale. Inoltre alla monarchia viene assegnato il ruolo di capo del potere
esecutivo avendo così una distinzione tra esecutivo, legislativo e giudiziario.

2-5) Le grandi rivoluzioni del XVIII secolo. Le trasformazioni politiche e le elaborazioni


intellettuali descritte saranno alla base di due grandi eventi rivoluzionari di fine Settecento, decisivi
per la storia del costituzionalismo. La rivoluzione americana: si intende il susseguirsi degli
avvenimenti da cui scaturì la formazione degli Stati Uniti d'America. Le popolazioni che poi
portarono alla fondazione degli USA erano impregnate della cultura britannica e di conseguenza del
common law. Tuttavia mettevano in discussione un importante principio, “no taxation without
representation”, infatti i coloni americani dovevano pagare ingenti quantità di denaro senza che
venissero rappresentati in parlamento e di conseguenza non potendone discutere. Continue richieste
vennero fatte a Londra, che dal suo canto rispose con immobilismo, proprio questo immobilismo
fece precipitare la situazione finché il 4 luglio 1776 l'Assemblea delle colonie approvò la
Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America con cui le colonie sancirono il
distacco dall'Impero britannico e ciascuno si proclamava Stato autonomo e indipendente. Il
documento sancisce una pietra miliare del costituzionalismo. La reazione inglese non si fece
attendere, scoppiò la Guerra di indipendenza, un duro conflitto in cui alla fine prevalsero i nuovi
Stati, molti dei quali avevano provveduto a dotarsi di una carta che affermasse i diritti fondamentali
e ridisegnasse l'organizzazione del potere e nel 1777 diedero vita a una Confederazione di Stati che,
tuttavia, si dimostrò inizialmente troppo debole, per questo nel 1787 (entrata in vigore un anno
dopo) a Filadelfia
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venne approvata una Carta costituzionale, molto importante perché generata per la prima volta da
un'assemblea costituente e per i contenuti. Viene fondato uno Stato federale, ed è una costituzione
democratica e repubblicana nata da una guerra contro una monarchia tra le più avanzate al mondo.
Successivamente notate delle mancanze nel 1791 venne approvato il Bill of Rights degli USA che
proteggevano l'individuo. L'ultimo passo importante fu con una sentenza del 1803 della Corte
Suprema che attribuiva ai giudici la possibilità di ritenere una legge incostituzionale non usandola
quindi in aula. Questo processo porterà quindi un paese in quel momento piccolo a diventare tra i
più importanti al mondo.

Rivoluzione francese: A differenza degli USA la Francia rivestiva già un ruolo molto importante
nello scenario globale. In questo caso si parte da uno Stato assoluto colpito alla fine del XVIII
secolo dai movimenti illuministi e di stampo liberale che mettono in risalto le inadeguatezze dello
Stato assoluto. Il primo importante passo è costituito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e
dei cittadini, ovvero un catalogo di principi e norme con cui la Francia si metteva al passo con i
documenti di natura analoga già presenti in Gran Bretagna o negli USA, evidenzia come lo Stato
debba proteggere i diritti fondamentali del cittadino e inoltre parti che garantiscono il cittadino nei
processi e nel diritto penale. La parte che caratterizza però maggiormente il documento è data
dall'Art. 16 “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata né la separazione dei poteri
stabilita, non ha Costituzione”. In questo contesto si supera quindi l'idea di una Costituzione che
disegni semplicemente la struttura del potere. Con questa Dichiarazione il costituzionalismo
europeo raggiunge l'apice filosofico e giuridico. Successivamente si lavora a una Costituzione vera
e propria dove viene mantenuta la monarchia, tuttavia al sovrano vengono limitati i poteri e limitato
a potere esecutivo. Vi è inoltre un prologo dove si elenca una lunga listi di diritti naturali e civili che
verranno garantiti. Per via della continua rivoluzione questa Costituzione avrà una durata breve
(solo 1 anno, infatti verrà abolita nel 1792) ma resta comunque il primo tentativo di instaurare una
monarchia costituzionale nell'Europa continentale e segnava ormai la conclusione del periodo
fondato sull'Assolutismo e l'apertura di un'epoca fondata sui principi del liberalismo e il
conseguente costituzionalismo liberale.

2-6) Il regno unito dalla monarchia costituzionale al modello Westmister. Con la creazione del
Regno unito di Gran Bretagna oltre che l'unione dei sovrani avviene pure l'unione degli organi
legislativi (viene mantenuto chiaramente quello inglese), la monarchia costituzionale britannica
quindi si fortifica e si pone alla guida di una nazione plurale già volta a diventare un impero
coloniale. Il rapporto però tra legislativo e esecutivo sarà sempre in costante cambiamento e
adattandosi alle esigenze del tempo. Il potere

legislativo, rappresentato dal parlamento che aveva però come funzione principale quella di
controllare il potere esecutivo, ovvero il Re. Quest'ultimo però avendo sempre costanti affari di
Stato da gestire decise di creare una nuova figura, ovvero il primo ministro, suo fidato alla quale
scaricava alcuni compiti. Inizialmente un funzionario del re poi progressivamente capo politico del
governo. Questo ruolo è emblematico del costituzionalismo inglese, ovvero procedente per
evoluzioni e adattamenti senza grandi scossoni, per questo non c'è da stupirsi se non vi è una
Costituzione inglese. La tendenza della storia è sempre andata nella direzione di un trasferimento di
potere dagli elementi aristocratici verso i corpi rappresentativi della volontà politica, con questo
pure il ruolo del Primo ministro, se inizialmente infatti era un mero funzionario del sovrano
successivamente la figura verrà sempre più attratta dall'influenza della camera dei comuni, il ramo
elettivo del Parlamento inglese, finendo a divenire una carica eletta dal Parlamento e non più
nominata dal sovrano. Questa trasformazione del ruolo del primo ministro coincide con il passaggio
da monarchia costituzionale a monarchia parlamentare. La svolta decisiva che sancisce questo
passaggio si ha nel 1832 con la riforma elettorale, volta ad aumentare cospicuamente la percentuale
degli aventi diritto di voto, aprendo così il sistema politico anche se chiaramente non determinarono
la costituzione di un sistema democratico di massa immediatamente, ma con anche un mutamento
dei partiti si arriverà nel 1885 al suffragio universale maschile e nel 1918 a quello universale.

2-7) L'evoluzione del costituzionalismo statunitense. Negli stati uniti il processo di formazione dello
Stato che conosciamo adesso non era di certo finito, ma anche in questo caso vi era una continua
trasformazione prima di tutto geografica, infatti se inizialmente era occupata solo la “East coast”
americana cominciarono le spedizioni per l'espansione a ovest. Questo processo ebbe rilevanti
modifiche politiche, si vennero a creare due principali partiti, i federalisti, che caldeggiavano un
maggior potere dello Stato federale e gli antifederalisti che invece erano per un maggiore potere dei
singoli Stati. Successivamente con il raggiungimento dell'ovest divenne obbligata la scelta della
federazione data la complessità di tenere uniti territori così differenti e così distanti.
Successivamente ai due partiti principali subentrano il partito democratico (anni '30 del 1800) e il
partito repubblicano (1854). tuttavia un grande problema fu quello della diversità tra un nord più
avanzato e un sud invece arretrato. Queste diversità porteranno, nel 1861, alla guerra di Secessione
che vedrà trionfare la fazione nordista. Superato questo ostacolo gli USA si incamminano verso la
fase decisiva della loro storia che li porterà a divenire uno degli Stati più importanti al mondo,
questo avviene attraverso tre punti principali:

• Consolidamento dei profili liberali, prima di tutto a livello sociale con l'abolizione della schiavitù
e vietando le discriminazioni razziali e anche a livello economico

limitando lo Stato a fare da regolatore e da protettore della libera concorrenza. • Costante


trasformazione della forma di governo nel senso del presidenzialismo con

la figura del presidente sempre più importante. • Nuova propensione dello Stato a intervenire nelle
dinamiche economiche, questo

avviene soprattutto negli anni '30 del '900 con la grande depressione e la creazione di uno Stato
sociale anche se non sarà mai massiccio come in Europa e riserverà sempre grande libertà di
iniziativa economica.

2-8)Profili costituzionalistici dello Stato liberale nell'Europa continentale. In Europa continentale il


passaggio tra il XVIII e il XIX secolo è caratterizzato dalle vicende francesi, dalla rivoluzione
all'età napoleonica fino ad arrivare al Congresso di Vienna e il tentativo di ripristinare l'ancient
regime tentativo che poi si dimostrerà fallimentare, poiché la storia si stava dirigendo verso lo Stato
liberale. Il percorso che porterà a questa forma di Stato nell'Europa continentale sarà
completamente diverso da quello avvenuto negli USA o in Inghilterra prima e Regno Unito poi.
Prima di tutto differiscono i tempi, infatti nell'Europa continentale questa forma di Stato arriva
molto dopo. Un'altra differenza fondamentale è il metodo, infatti questi movimenti sono
caratterizzati principalmente da rivoluzioni e da movimenti di unificazione nazionale. La
popolazione europea è divisa in tre macrocategorie, aristocrazia, rivoluzionari e borghesia. Le prime
Costituzioni sono frutto dell'accordo spesso tra due di queste categorie, la borghesia (che desiderava
un ruolo maggiore e maggior liberismo soprattutto in campo economico, tuttavia temeva le derive
socialiste dei rivoluzionari) e l'aristocrazia (che desiderava salvare il salvabile). I prodotto di questi
accordi sono le così dette Costituzioni concesse (un esempio è lo Statuto Albertino del 1848)tuttavia
non erano intese con l'accezione contemporanea di Costituzione come Legge suprema dello Stato,
ma avevano un valore essenzialmente politico. La legge veniva prodotta invece nelle camere e non
vi era nessun rapporto gerarchico tra legge previste in Costituzione e legge ordinarie. Dunque la
Costituzione concessa serviva per stabilire e definire il ruolo dello Stato nei confronti del cittadino e
non come principale fonte del diritto. In questo Stato liberale, con l'affermazione della separazione
dei poteri il parlamento assume due compiti fondamentali. Il primo consiste nell'essere un luogo di
rappresentanza politica finalizzata alla produzione legislativa. La struttura è bicamerale e
solitamente solo una delle due camere (Camera bassa) è elettiva, tuttavia in questo periodo il
suffragio è ancora ristretto, non abbiamo ancora uno Stato democratico, amplissime fasce di
popolazione sono escluse dalla rappresentanza politica di conseguenza pure le camere erano
composte essenzialmente da notabili in cui si riconoscevano i pochi cittadini che avessero

diritto di voto. Di conseguenza vi erano principalmente agglomerati di notabili che proponevano


sfumature diverse della stessa visione del mondo omogenea. Chiaramente il singolo parlamentare
aveva un peso specifico elevato anche perché poteva contare su un caposaldo del parlamentarismo:
il libero mandato parlamentare. In questo contesto dunque il parlamento produce leggi, anche se
ancora sono astratte e poche lasciando così molto spazio di manovra al potere esecutivo. Qui
entriamo nel secondo compito del Parlamento, infatti l'esistenza, la composizione e l'indirizzo
politico dell'esecutivo sono sempre più vicini al Parlamento e sempre più lontani dal sovrano. Il
cuore della forma di governo diviene quindi il rapporto fiduciario tra Parlamento e governo. In
quanto alla disciplina dei Diritti individuali si ha un passo indietro, infatti non vengono più visti
come insiti dell'essere umano ma come concessione dello Stato. Dunque possiamo vedere che ha sì
molti lati positivi ma dall'altra parte ancora tante pecche come la forte connotazione oligarchica.
Questi aspetti negativi si accentuarono sempre di più fino ad arrivare con la prima guerra mondiale
al crollo del modello dello Stato liberale e la nascita dello Stato socialista e lo Stato autoritario. Il
primo si realizza con la rivoluzione d'ottobre nel 1917 in Russia e segna un forte distacco con le
realtà finora attuate nell'Europa continentale. La separazione dei poteri è sostituita dal ruolo guida
del Partito Comunista unico interprete della dittatura del proletariato, facendo spiccare la figura
centrale del sistema. Lo stato autoritario invece nasce in Italia con il Fascismo di Mussolini che
supera sia il liberal-capitalismo che il socialismo creando un nuovo Stato dove i cittadini dovevano
lavorare per amor della nazione. Inizialmente con la marcia su Roma nel 1922 ma definitivamente
con un discorso alla camera del 3 gennaio 1925 il governo fascista instaura un regime dittatoriale
che finisce per cancellare libertà e diritti fino ad arrivare alle leggi razziali del 1938. Questo regime
politico si identifica con il culto del leader da parte delle masse con cui egli instaura un rapporto
diretto. Il Partito tende a coincidere con con le strutture dello Stato e le vecchie istituzioni o
vengono soppresse o marginalizzate. Con la seconda guerra mondiale si ha uno spartiacque, infatti
il mondo viene diviso in due blocchi, quello orientale che seguirà il modello sovietico e quello
occidentale che invece prenderà con decisione la strada dell'affermazione dello Stato democratico
fondato su un nuovo modello di Carte costituzionali.

2-9) Gli aspetti essenziali del costituzionalismo democratico. L'affermazione generalizzata in


Europa occidentale dello Stato democratico è frutto dei risultati della Seconda guerra mondiale da
cui scaturisce una vera e propria generazione di nuove Costituzioni, anche se è importante citare un
importantissimo esperimento precedente che corrisponde alla Repubblica di Weimar stroncata poi
dal regime nazista.

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I cambiamenti maggiori chiaramente si hanno in Italia, Giappone e Germania. Tuttavia anche altri
Stati conobbero grandi rivoluzioni del proprio sistema come per esempio la Francia o altri ancora
che non conobbero momenti di cesura ma un'evoluzione in senso ulteriormente democratico dei
loro preesistenti ordinamenti costituzionali. Nel corso del XX secolo vi furono altri momenti
importanti verso le democrazie liberali, nella metà degli anni '70 con Spagna, Portogallo e Grecia
ma la più consistente si ebbe con la caduta del muro di Berlino e il fallimento del blocco sovietico.
In questo contesto si sviluppa quindi lo Stato democratico, che porta delle analogie con lo Stato
liberale ma anche delle importanti differenze. Ovviamente persiste il perno centrale della modernità
costituzionale, ovvero la separazione dei poteri, tuttavia vi sono delle importanti divergenze, infatti
nelle monarchie parlamentari si è definitivamente esaurita la funzione politica del sovrano che
diventa solamente una rappresentanza simbolica della continuità e dell'unità della Nazione, mentre
al vertice dell'esecutivo troviamo il primo ministro legato, con il suo governo, al rapporto fiduciario
con la Camera bassa. Lo stesso discorso vale per le repubbliche parlamentari, anche se in questo
caso il ruolo del capo dello Stato è chiamato spesso in causa come garante della Costituzione e con
un ruolo da protagonista in alcuni momenti critici. Dunque ai classici tre poteri con il tempo si è
aggiunto un capo dello Stato come potere neutro nel gioco delle forze politiche. Altro elemento di
continuità non può che essere il riconoscimento delle libertà individuali, spesso ulteriormente
allargate e protette. In quanto alle discontinuità invece possono essere diverse e variegate, tuttavia la
principale è sicuramente la volontà di allargare a tutti i singoli e a tutte le classi sociali la possibilità
di essere parte integrante del patto costituzionale di conseguenza portare il suffragio da ristretto a
universale. Inoltre la costituzione assume appieno la sua valenza di fonte di diritto di rango
superprimario, cui tutte le altre fonti si devono uniformare. In questo quadro viene quindi
definitivamente spezzata ogni assolutezza della sovranità in quanto pure il popolo che è sovrano
deve applicare il potere nei limiti e nelle forme consentite dalla costituzione. Un'altra importante
differenza è data dall'introduzione del così detto Stato sociale, tant'è che spesso si definisce Stato
democratico-sociale. In questo caso vi è un distacco dal liberismo puro visto l'intervento in alcuni
settori economici dello Stato. Forse questa è la più grande novità introdotta con questa nuova
tipologia di Stato.

2-10) Il costituzionalismo, tra presente e futuro. Interessante è notare come percorsi tra loro molto
diversi abbiano portato alla stessa conclusione, che coincide con lo Stato democratico, segno di
un'aspirazione dei popoli a essere governati da istituti e procedure che garantiscono il rispetto della
dignità umana. L'esempio più lampante può essere quello costituito dall'Unione Europea, il
processo di integrazione avviato da sei nazioni nel 1957 con il Trattato di Roma, rispondeva
all'esigenza

storica di evitare il ripetersi delle cicliche guerre civili europee. Ed evidentemente il tentativo da
questo punto di vista è perfettamente riuscito. Con il crollo dei regimi comunisti si pensava che tutti
i Paesi al mondo fossero destinati a passare e ad attuare un processo di democratizzazione, anche se
poi i fatti non sono andati in questo modo. Quel che è peggio è che da qualche anno assistiamo ad
un processo inverso e ad una messa in discussione di questi principi anche da paesi membri
dell'Unione Europea, gli esempi più clamorosi sono sicuramente Polonia e Ungheria, ma non sono
gli unici paesi nella quale ultimamente si agitano pulsioni antidemocratiche.

Capitolo 3 Le famiglie giuridiche e le fonti del diritto.


3-1) Famiglie giuridiche: classificazione e tendenze evolutive. Nel tempo sono stati diversi i
tentativi di catalogazione delle diverse tradizioni giuridiche. Vari e non sempre efficaci sono i
criteri cui si è fatto ricorso per distinguere le famiglie giuridiche, ossia ordinamenti accomunati da
caratteristiche strutturali precise e distintive. Agli inizi del Novecento risalgono classificazioni di
tipo culturale e razziale individuando cinque famiglie giuridiche: romanistica, germanistica,
anglosassone, slava e islamica. Si differenzia la classificazione basata su criterio antropologico che
vede la famiglia indoeuropea, mongola e quella propria delle popolazioni giudicate ancora
primitive. Un altro sistema ancora per la classificazione delle famiglie giuridiche è quello basato sul
sistema delle fonti che individua un gruppo di diritto dell'Europa continentale, uno dei paesi
anglofoni e uno di quelli islamici. Un cambiamento di prospettiva si ebbe negli anni '50 dove una
nuova classificazione si basa su criteri prettamente giuridici individuando sette famiglie: francese,
germanica, scandinava, inglese, islamica, indù e sovietica. Un ultimo interessante tentativo venne
attuato nel 1997 da Ugo Mattei e Pier Giuseppe Monateri che con il tentativo di superare la
concezione eurocentrica fino ad allora prevalente, individuarono tre famiglie:

• A egemonia professionale: composta da ordinamenti in cui la sfera giuridica assume valore


autonomo rispetto alla dimensione sociale e religiosa e in cui le regole del diritto hanno carattere
astratto e generale e servono come parametro unico per la risoluzione delle controversie (modelli di
common e civil law);

• A egemonia politica: comprende i “Paesi di transizione” ovvero ordinamenti che si trovano in


fase di evoluzione in cui gli obiettivi della politica pervadono il circuito giuridico (per esempio i
paesi dell'ex Blocco sovietico);

• A egemonia tradizionale: dove non vi è una separazione tra il diritto e la tradizione che essa sia
religiosa o filosofica.

Nonostante l'importanza di questi tentativi di classificazione si deve però constatare che la


principale caratteristica del diritto comparato è l'ibridazione dei modelli, di conseguenza queste
catalogazioni saranno sempre inesatte o incomplete almeno in parte, visto che non vi è un
ordinamento giuridico che sia fisso e stabile.

3-2) Common law e civil law: origine e caratteristiche. Nell'ambito delle classificazioni tradizionali
la distinzione più diffusa e radicata è quella tra i sistemi di common law e di civil law, è infatti
possibile collocare gran parte del mondo

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contemporaneo all'interno di uno o dell'altro (anche se pure in questo caso ultimamente vi è una
forta ibridazione). Il common law è nato e si è sviluppato come visto in precedenza in Inghilterra a
partire dalla conquista dei normanni nel 1066 sotto la guida di Guglielmo il Conquistatore che
determinò una progressiva sostituzione delle consuetudini locali con un sistema centralizzato con un
processo che perdurò fino all'ascesa dei Tudor a fine XV secolo. Ma perché venne creato questo
sistema di common law? Come primo motivo vi era sicuramente la volontà di omogeneizzare una
realtà caratterizzata da uno spiccato pluralismo giuridico, un secondo obiettivo era invece quello di
valorizzare il ruolo della corona attribuendogli maggiori poteri. In quest'ottica si colloca la scelta di
fondare un sistema di giustizia itinerante con giudici che si spostavano di luogo in luogo per offrire
ai sudditi il servizio della giustizia. Nel 1176 nasce quindi la curia regis, questo tribunale itinerante
chiamato a somministrare la giustizia per conto del sovrano e diviene il primo strumento di
diffusione di common law. Inizialmente si doveva occupare dei pleas of the Crown (fatti che
riguardassero direttamente la corona), casi di chi contestava i giudizi delle corti locali e dispute
riguardanti i terreni tra re e feudatari. Se inizialmente il ruolo della curia regis era quello di
corollario delle funzioni regie con il tempo subì un'evoluzione. Infatti con l'avvento della Magna
Carta Libertatum si articolò in tre componenti:

• King's Bench: Corte che in origine seguiva il sovrano nei suoi spostamenti e dalla fine del XIV
secolo trovò sede stabile a Westmister. Aveva giurisdizione per i pleas of the crown e per le
questioni riguardanti la “pace del regno” con competenze di supervisione in materia penale e civile.

• Exchequer: Nasce come sezione contabile della curia regis con funzioni nell'ambito della raccolta
delle entrate della Corona e di amministrazione delle finanze regie.

• Common Pleas: Corte delle controversie comuni tendenzialmente ininfluenti per l'ordine
pubblico e rilevanti solo nei rapporti tra individui. Nel XIII secolo assumerà la competenza generale
della risoluzione delle dispute tra privati acquisendo un ruolo cruciale nell'elaborazione del sistema,
dal momento che da lì proveniva la gran parte delle regole civilistiche.

Chiunque avesse interesse a ottenere un intervento regio doveva richiedere alla Cancelleria un writ
che veniva concesso previo pagamento di una determinata tariffa. Prima del 1258 le tipologie di
writ non erano limitate e predeterminate, successivamente invece una pretesa poteva essere tutelata
solo se rientrava tra i diritti presenti nel formulario dei writs. Proprio questo determinò la nascita di
un percorso di giustizia parallelo volto a soddisfare le esigenze di chi non rientrava in una delle
fattispecie ammesse dai writs. I cittadini si rivolgevano infatti all'ufficio della Cancelleria (Court of
Chancery) che divenne presto una vera e propria corte che agiva seguendo i principi originali della
giustizia regia andando così a colmare le lacune lasciate dal sistema. La Court of Chancery agiva
per equity, ovvero tenendo conto delle circostanze specifiche del caso.

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Nel tempo si verificò una progressiva tecnicizzazione dell'equity che successivamente verrà
inglobata nel sistema di common law. Si può dire quindi che il sistema giuridico inglese nasce come
consuetudinario ma si attesta come diritto di base giurisprudenziale fondandosi sulle sentenze delle
corti. L'elemento che contraddistingue il sistema è il principio del sistema vincolante (stare decisis
o blinding precedents), infatti ogni giudice è tenuto a uniformarsi con il precedente di un caso
analogo. L'unica possibilità del non rispetto del precedente è che un giudice potesse incorrere in un
errore nell'individuazione del diritto applicabile. Oggi nel Regno Unito la regola del blinding
precedents opera in senso verticale, con la Supreme Court che vincola le corti inferiori e in senso
orizzontale con le corti obbligate a rispettare i precedenti propri e dei tribunali dello stesso grado,
fatta eccezione per la Supreme Court che dal 1966 in seguito a una pronuncia da parte della House
of Lords che riconosceva che una imprescindibile e totale aderenza dei precedenti avrebbe potuto
determinare decisioni inique.

Diversa è la genesi e la caratterizzazione del sistema di civil law che affonda le sue radici nella
codificazione del diritto attuato nell’Europa continentale. Sul continente europeo la nascita delle
prime università favorì il superamento delle tradizioni giuridiche locali basate sulle consuetudini,
nelle università veniva impartita un’educazione giuridica improntata sul diritto romano e i giuristi
cominciarono a essere riconosciuti come portatori autorevoli di conoscenza. Oltremanica invece la
formazione dei giuristi aveva una connotazione prettamente pratica. Nel common law quindi i
protagonisti del diritto erano i professionisti che si cimentavano in una produzione giuridica di tipo
giudiziale. Al contrario nel sistema di civil law il ceto dei giuristi era composto da docenti
universitari che si occupavano di configurare categorie concettuali e il sistema giuridico si
affermava attraverso forme sempre più sistematiche e raffinate di codificazione che trovò la
massima espressione tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento. La centralità conferita
alle fonti scritte fu determinante nel configurare la figura del giudice il cui ruolo era ridotto a
bouche de la loi, ovvero meri esecutori delle norme scritte con funzioni interpretative ridotte al
minimo. Il successo del sistema di civil law è dovuto in parte anche all’esportazione conseguente
alla colonizzazione da parte degli ordinamenti dell’Europa continentale, con particolare merito alla
Francia. Come già detto però oggi non esistono modelli perfettamente di civil law o perfettamente
di common law, semplicemente perché le categorie rigide non resistono al flusso inesorabile del
diritto che sfugge a ogni tentativo di catalogazione statica. Ibridazione è la parola chiave nel
definire il rapporto tra le famiglie giuridiche tradizionali e la combinazione dei modelli è un
fenomeno particolarmente facile da sservare, basti notare le caratteristiche delle democrazie
stabilizzate che presentano elementi tipici di sistemi differenti.

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3-3) Le fonti del diritto: definizione e classificazioni generali. Occorre chiarire ora come vengono
prodotte le regole giuridiche. La definizione più classica recita che “sono fonti del diritto tutti gli
atti e i fatti idonei a produrre diritto”, ovvero la fonte è la sorgente del diritto, il luogo da cui
sgorgano le regole giuridiche. Tuttavia in ogni ordinamento vi sono diversi atti o fatti da cui deriva
il diritto vigente, possibile però individuare meccanismi comuni. In generale una prima distinzione
è tra fonti legali, ovvero regole giuridiche prodotte secondo procedure predefinite e fonti extra
ordinem nascono fuori dalle regole stabilite e mirano a creare un ordinamento diverso, spesso
accade nelle rivoluzioni, hanno un ruolo marginale e destinate a durare poco, trovano applicazione
nel principio di effettività. Altra distinzione di base è quella tra fonti atto, quelle di diritto
codificato come può essere la Costituzione, e fonti fatto derivanti da attività che non sono
espressamente indirizzate alla produzione di diritto, come le consuetudini. Le diverse fonti hanno
inoltre una prestabilita gerarchia in un ordinamento giuridico che serve in caso di antinomie
(contrasti tra norme) dove sarà chiaramente quella di rango superiore a prevalere. In caso di stesso
livello intervengono successivamente i principi di competenza, cronologico e di specialità. Nei
paesi con una Costituzione rigida il rispetto della gerarchia delle fonti viene assicurato da
meccanismi di controllo di legittimità costituzionale. Un’ultima importante distinzione è quella tra
fonti di produzione, destinate a innovare il sistema attraverso l’introduzione di nuove regole e le
fonti di cognizione, che invece danno notizia delle innovazioni, una tipica fonte di cognizione per
esempio è la Gazzetta Ufficiale.

3-4) Come si produce il diritto nelle democrazie stabilizzate. Uno degli elementi caratterizzanti le
democrazie costituzionali è la presenza di una pluralità variegata di fonti del diritto. Solitamente le
fonti che godono di una posizione prevalente sono quelle di origine politica, ovvero quelle regole
giuridiche prodotte da organi istituzionali eletti direttamente o legittimati indirettamente dal popolo.
Al diritto politico si affianca il diritto giurisprudenziale che fa perno sulle decisioni dei giudici e
si contraddistingue per l’impostazione concreta. Questi due tipi di fonti rappresentano insieme la
quasi totalità delle fonti del diritto in una democrazia costituzionale. Un ruolo marginale è
assegnato alle fonti religiose e alle fonti consuetudinarie, che derivano dalla sussistenza di
comportamenti ripetuti in maniera costante, uniforme e frequente nel tempo. Non devono essere
confuse, però, con le regole convenzionali che derivano da un accordo tra le parti e risultano
vincolanti solamente per le parti stesse che le hanno accettate come obbligatorie. Il problema però
di queste regole convenzionali è che

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non essendo formalizzate non godono di tutela giurisdizionale con la conseguenza che a fronte di
una loro violazione non è prevista alcuna sanzione. Ultimamente determinate fonti basate sulle
consuetudini stanno avendo sempre una maggiore importanza, si tratta di quelle legate al diritto
internazionale. Le numerosissime tipologie di fonti rendono indispensabile l’esistenza di un
criterio che consenta l’individuazione della norma applicabile. Come già visto il primo criterio è
quello basato sulla gerarchia dove una fonte di grado superiore prevale su una inferiore. Il secondo
criterio è quello basato sulla competenza sulla base del meccanismo di riparto delle funzioni
normative previsto in Costituzione. Il terzo criterio è quello cronologico, in base al quale la norma
più recente prevale su quella anteriore. Infine vi è il principio di specialità in ragione del quale la
norma di carattere speciale prevale su quella generale.

3-5) Le fonti del diritto nei modelli di common law. Il sistema di common law prevede un approccio
di tipo rimediale, in virtù della quale un diritto è considerato tale so se previsto uno strumento
processuale specifico che ne garantisca la tutela da parte di un giudice. Si caratterizza pure come
diritto procedurale, fondato su casi concreti e non su categorie giuridiche astratte. L’elemento
chiave, come già visto, su cui fa perno l’articolazione delle fonti di common law è il principio del
precedente vincolante, che garantisce stabilità al sistema. Tuttavia esistono ipotesi specifiche che
permettono al giudice di distaccarsi dal precedente, i principali sono:

• Distinguishing: consente al giudice di svincolarsi dal precedente qualora sia frutto di una
decisione palesemente errata, dovuta per esempio a un cambiamento delle condizioni sociali e del
diritto, e di conseguenza il precedente è da considerarsi obsoleto (deve essere supportato da una
spiegazione che giustifichi la scelta).

• Overruling: in questo caso il giudice nega il precedente esistente e se ne afferma uno nuovo, in
questo caso, a differenza del distinguishing, il precedente viene proprio eliminato dal sistema delle
fonti. Anche in questo caso occorre una motivazione.

• Reversal of judgement: prevede l’annullamento in sede di giudizio di una sentenza impugnata.

• Dissenting opinion: consente a un singolo giudice di esprimere il proprio parere discostandosi


dalla posizione assunta dalla maggioranza.

Chiaramente l’interpretazione e le modalità di attuazione dello stare decisis variano da ordinamento


a ordinamento. Per esempio nel Regno Unito l’obbligatorietà del precedente vale sia in senso
verticale che in senso orizzontale. Negli USA invece l’applicazione dello stare decisis è più
flessibile e è vincolato solo in modo verticale. Inoltre è importante

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segnalare che la Corte Suprema non ha mai esitato a modificare l’orientamento delle proprie
decisioni determinando così l’evoluzione del sistema. Chiaramente con l’impero britannico il
sistema di common law si è espanso a tutte le ex colonie inglesi determinando però numerosissime
declinazioni diverse tra loro del sistema. Non bisogna pensare,inoltre, che non esista una
produzione normativa di carattere primario nei sistemi di common law. Il prodotto di tale attività è
di rango inferiore alla Costituzione (negli Stati dove quest’ultima è presente) ma superiore rispetto
al diritto giurisprudenziale ed è da sottolineare che è sempre più in aumento la produzione di norme
primarie. Vi possono essere altre tipologie di fonti come gli executive orders negli USA usati per
situazioni considerate di emergenza. Da non trascurare infine è il ruolo delle consuetudini e delle
convenzioni costituzionali che conservano un rilievo significativo , sebbene residuale rispetto alle
norme scritte.
3-6) Le fonti del diritto nei modelli di civil law. Nei sistemi di civil law il principale elemento
regolatore delle fonti di diritto è dato dall’ordine gerarchico assegnato alle diverse norme di origine
politica. Di base in un paese di civil law la gerarchia delle fonti è dominata dalle norme di rango
costituzionale. Successivamente, dove gli ordinamenti le prevedono (Belgio, Francia e Spagna)
troviamo le leggi organiche che sono atti normativi con maggioranze qualificate o che disciplinano
settori particolari e sensibili. Ancora in un grado intermedio vi sono le fonti atipiche che per
l’oggetto o la procedura non possono essere modificate con una legge ordinaria (Patti Lateranensi
per esempio). Per gli Stati che ne fanno parte poi troviamo i regolamenti dell’Unione Europea che
risultano prevalenti se in contrasto con una norma primaria. Si giunge quindi al rango delle fonti
primarie che comprendono le leggi emesse dal Parlamento o da Parlamenti di enti sub statali.
Possono assumere valore di norme primarie anche agli atti normativi dell’esecutivo come nelle
ipotesi dei decreti e delle ordinanze d’emergenza. Il gradino successivo è occupato dalle fonti
secondarie , quelle di matrice regolamentare, a cui seguono, infine, le fonti di natura
consuetudinaria e convenzionale.

3-7) Le fonti costituzionali e le leggi organiche. Le Costituzioni delle democrazie stabilizzate sono
il prodotto dell’esercizio del potere costituente e rappresentano la massima espressione della
sovranità del popolo. Una delle caratteristiche principali delle Costituzioni contemporanee è la
rigidità, la si ha se può essere modificata solo attraverso un procedimento rafforzato e presuppone
il valore prezioso delle norme costituzionali. Una distinzione significativa è quella che riguardala
struttura, infatti possono essere codificate in unico testo oppure di matrice consuetudinaria, di
quest’ultimo il modello

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emblematico è quello del Regno Unito, la cui Costituzione deriva da un continuo adattamento delle
norme e tradizioni vigenti e non da una brusca svolta, come invece possono essere quelle
dell’Europa continentale (la maggior parte delle Costituzioni di questi Stati infatti sono
praticamente contemporanee e derivano dal periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale
agli anni ’70) , questa differenza è dovuta in gran parte a motivi storici. Altra distinzione importante
è quella tra Costituzioni brevi, che si limitano a disciplinare gli elementi essenziali e indicare
struttura e competenza degli organi costituzionali (esempio principale è la Costituzione degli USA,
formata da 7 articoli cui si aggiungono 27 emendamenti) e Costituzioni lunghe, che presentano
un’articolazione molto più complessa racchiudendo regole e principi elencando i diritti garantiti e
spiegando i meccanismi di organizzazione costituzionale. Per quanto riguarda il contenuto le
Costituzioni democratiche si assomigliano molto tra loro nella prima parte, quella dedicata ai
principi e valori fondamentali insieme ai diritti inalienabili, alle principali regole di convivenza e ai
criteri dell’organizzazione costituzionale. Nella seconda parte invece si nota la differenza tra
Costituzioni scritte e Carte fondamentali, infatti le prime solitamente in questa parte sanciscono le
caratteristiche delle forme di governo e i meccanismi di ripartizione del potere, mentre nelle Carte
fondamentali questa parte viene tralasciata. Parificate negli effetti al disposto costituzionale sono le
leggi costituzionali, approvate secondo l’iter rafforzato stabilito dalla Costituzione e le leggi di
revisione costituzionale che approvate con la stessa procedura complessa intervengono
direttamente sul testo della Costituzione modificandolo. Interessante e significativa è la presenza in
alcune Costituzioni di preamboli che hanno natura dichiarativa e simbolica, possono essere in
riferimento alla storia, o all’ideologia politica e racchiudono in sintesi le linee di indirizzo e gli
obiettivi che si pone lo Stato. Le leggi organiche, infine, sono atti normativi adottati tramite un iter
aggravato e sono utilizzate solitamente per la disciplina dei poteri pubblici ma anche usati per gli
Statuti degli enti sub statali o gli atti di ratifica di norme di diritto internazionale. Come già visto in
Europa sono presenti in Francia, Belgio e Spagna.
3-8) La legge: caratteristiche e processo di formazione. La legge è l'atto normativo prodotto dal
Parlamento, a lungo è stata considerata la “regina delle fonti”, con il tempo però è stata un po'
scalzata per via di una necessità di maggiore rapidità. Ciò non significa però che sia uno strumento
desueto, tutto il contrario anzi. Le Costituzioni possono stabilire che determinate materie possano
essere regolate solo dalla legge adottata dall'Assemblea legislativa, questa istituzione viene
chiamata riserva di legge. Può essere una riserva assoluta (debba essere regolata esclusivamente da
legge), relativa (per legge devono essere definiti i principi) o rinforzata (la Costituzione entra nel
merito

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stabilendo elementi che devono essere previsti nella norma di legge). Il procedimento di formazione
di una legge è normalmente disciplinato da norme della Costituzione che ne delineano gli aspetti
principali, talora pure da leggi organiche, a cui si associano regolamenti parlamentari, fonti di
natura convenzionale e regole di prassi. Il processo di formazione segue tendenzialmente la stessa
scansione in tutti gli ordinamenti, è infatti composto da 4 fasi:

• Iniziativa: La possibilità di presentare un'iniziativa legislativa è in tutti gli Stati democratici


garantita ai membri del Parlamento che possono presentare alla Camera di appartenenza progetti di
legge. Nei sistemi a bicameralismo differenziato alla Camera bassa (eletta direttamente su base
nazionale) può essere assicurata una posizione privilegiata. Negli Stati decentrati l'iniziativa può
essere riconosciuta pure a enti territoriali e alcuni ordinamenti prevedono pure forme di iniziativa
popolare.

• Costitutiva: La fase costitutiva prevede a sua volta tre passaggi: 1. Acquisizione formale della
proposta di legge. 2. Il progetto viene assegnato alla commissione competente e in questa si plasma

il testo. 3. Al termine dell'esame in commissione il testo viene trasmesso in Aula dove si

svolge il dibattito e possono essere presentati ulteriori emendamenti (alcuni ordinamenti prevedono
determinati meccanismi per evitare che creare nuovi emendamenti venga usato come atto
ostruzionistico). Nell'ambito dei modelli bicamerali una volta approvato il testo in una Camera
passa all'altra e, nei sistemi a bicameralismo paritario, deve ripercorrere lo stesso percorso
attraverso le stesse commissioni e successivamente in Aula. Qualora fossero introdotti emendamenti
passa da una camera all'altra fino a che non viene approvata la stessa identica versione in entrambe
le Camere. Altrove alla Camera bassa viene riservata l'approvazione finale anche se l'esame viene
attuato in entrambi i rami del Parlamento.

• Intervento presidenziale: Una volta perfezionato il processo di formazione della legge e


approvato in via definitiva il testo molte democrazie prevedono l'intervento del capo dello Stato,
chiamato a sancire o integrare l'efficacia della norma attraverso diverse modalità. In alcuni
ordinamenti, tra i quali il nostro e quello francese, è possibile il rinvio della legge alle Camere nel
caso in cui si riscontrino profili di incostituzionalità, tuttavia se il Parlamento la rimanda identica il
Presidente non si può opporre. Negli USA invece il Presidente ha diritto di veto, ma pure in questo
caso se la Camera da cui proviene il provvedimento lo riapprova a maggioranza di 2/3 per poi
trasmetterlo all'altra camera che lo approva con la stessa maggioranza il veto viene superato.

• Pubblicazione: Necessaria al fine di rendere conoscibile il contenuto della nuova norma alla
collettività. Una volta pubblica la legge entra ufficialmente in vigore e

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deve essere rispettata secondo il principio ignoratia legis non excusat.

3-9) Le funzioni normative dell'esecutivo. I titolari dell'esecutivo in alcuni casi possono esercitare
alcune funzioni normative. Esistono, di base, due canali attraverso cui gli esecutivi possono
produrre direttamente norme. La prima ipotesi è la delega legislativa da parte del Parlamento. Nelle
forme di governo parlamentari è una realtà diffusa. In Italia il Parlamento può delegare la funzione
legislativa al governo che è tenuto a rispettarla nel rispetto delle indicazioni relative all'oggetto, ai
principi e ai limiti temporali stabiliti nella legge delega emessa dalle Camere. Un procedimento
simile lo troviamo pure nell'ordinamento tedesco e in quello spagnolo. L'ordinamento francese si
differenzia invece perché oltre all'autorizzazione iniziale da parte del Parlamento nei confronti
dell'esecutivo vi deve essere la ratifica entro i termini prestabiliti del Parlamento stesso, vi è quindi
un doppio intervento, prima di autorizzazione e infine di sanzione e ratifica. La delegazione
legislativa si è affermata pure nei sistemi di common law, infatti nel Regno Unito vi è questa
possibilità e pure negli USA anche se limitato e controllato da una serie di pesi e contrappesi (cheks
and balances). L'altra possibilità invece sono i decreti d'urgenza che possono essere disposti dagli
esecutivi in casi straordinari. In questo caso è l'esecutivo che tendenzialmente senza chiedere il
consenso, in presenza di determinate circostanze, avoca a sé il potere normativo e produce atti che
solo successivamente viene presentato al Parlamento affinché lo ratifichi o lo converta in legge.
Come nella vita quotidiana possono sopravvenire circostanze che impongono di decidere subito,
pure nella guida di un Paese. In queste ipotesi quindi si accetta la produzione di atti normativi che
entrano subito in vigore e verranno posti al vaglio del Parlamento successivamente. La valutazione
sulla sussistenza dei requisiti di necessità o urgenza viene affidata al Parlamento o anche all'organo
di giustizia costituzionale.

3-10) Le fonti degli enti territoriali negli Stati decentrati. L'evoluzione istituzionale ha determinato
la proliferazione dei luoghi di produzione delle norme. È evidente che la presenza di una pluralità di
soggetti legittimati a produrre diritto determina un aumento della probabilità che si verifichino delle
antinomie. Come già visto il primo modo per evitare che questo accada è il criterio della gerarchia.
In tutti gli ordinamenti vi è infatti una Costituzione centrale che rappresenta il riferimento primario
rispetto a tutte le altre norme, in sede di Costituzione stessa vengono disciplinati gli enti territoriali
e ripartite le varie competenze. Gli schemi di riparto delle competenze tra centro

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e periferia sono riconducibili sostanzialmente a tre tipologie: • Costituzione centrale elenca le


materie di competenza del centro lasciando quelle

residuali alla periferia (es. USA). • Costituzione centrale elenca le materie di competenza della
periferia e assegna

quelle residuali al centro. • Costituzione centrale prevede tre elenchi di competenze (es. Germania).

1. Materie riservate in via esclusiva al centro. 2. Materie di competenza concorrente tra centro e
periferia. 3. Competenze residuali alla periferia.

Inoltre un ultimo caso particolare è rappresentato dalla Svizzera dove le competenze legislative e
dei Cantoni sono indicate nel dettaglio nella Costituzione con riferimenti diretti alle singole materie.
Peculiare è il caso del Regno Unito che tradizionalmente presentava una struttura statale
centralizzata che solo a partire dagli anni '90 del Novecento è stata oggetto di un progressivo
percorso di decentramento di alcune funzioni, determinando l'istituzione di organi di governo nelle
zone storicamente portatrici di un carattere identitario nazionale, ovvero il Galles, la Scozia e
l'Irlanda del Nord. Qui esistono oggi organi rappresentativi monocamerali e eletti direttamente dalle
comunità territoriali.

3-11) Contaminazioni al sistema delle fonti. Come detto in precedenza nelle democrazie
contemporanee lo spazio lasciato a fonti di natura non politica è davvero poco. L'influenza della
religione è diminuita man mano con il tempo e con l'affermazione della laicità dello Stato, qualche
riferimento alla divinità si può trovare nei preamboli di alcuni testi costituzionali ma niente a che
fare con la produzione del diritto. Nel mondo esistono ancora paesi legati alla religione, basti
pensare ai Paesi islamici oppure alla Città del Vaticano in Europa, si tratta, però di un unicum in un
panorama costituzionale sostanzialmente secolarizzato. Al pari della religione la consuetudine
rappresenta prevalentemente un retaggio degli albori degli Stati costituzionali e oggi è divenuta una
fonte spiccatamente residuale, pure nei paesi di common law. Nelle democrazie costituzionali le
fonti giurisprudenziali si affiancano a quelle di origine politica. Un ruolo fondamentale è svolto
dalla produzione degli organi di giustizia costituzionale che hanno avviato un dialogo reciproco
che ha promosso l'instaurazione di un circuito virtuoso di circolazione dei modelli. Inoltre il diritto
internazionale ha raggiunto un grado di pervasività nell'ambito degli ordinamenti nazionali non
sospettabile fino a poco tempo fa, espressione di questa tendenza è l'internalizzazione di settori
cruciali nella disciplina costituzionale come, ad esempio, la

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tutela dei diritti fondamentali codificati in numerosi documenti di diritto internazionale che
rappresentano un riferimento per le Corti degli Stati.

3-12) Orientamenti e prospettive delle fonti del diritto: relatività e commistione dei modelli. Il
sistema delle fonti di un ordinamento democratico si rivela attualmente fluido, sfuggendo alle
maglie di una catalogazione rigida e immutabile. Una delle sfide che la sistematizzazione deve
affrontare è senz'altro l'aumentare dei centri di produzione normativa. Nessun legislatore nazionale
può aspirare a esercitare una potestà normativa piena ed esclusiva sul territorio, non potendo inoltre
cancellare le pressioni esterne. La tendenza del costituzionalismo della seconda metà del Novecento
è stata infatti improntata sull'apertura e finalizzata al crollo di barriere fisiche e non che dividevano
popolazioni e ordinamenti, portando così all'ibridazione dei modelli. Le costituzione vigenti
subiscono inoltre la pressione di documenti internazionali dal contenuto costituzionale e questo
costituisce una risorsa per ogni ordinamento, poiché fornisce gli spunti per evolversi e tenere il
passo con il progredire della società. Da qualche tempo tuttavia si assiste a un fenomeno di
constitutional regression che comporta la messa in discussione di elementi cardine del sistema
democratico come la separazione dei poteri, il principio di legalità o la salvaguardia delle libertà
individuali. Le democrazie stabilizzate sembrano forti e immuni, tuttavia il pericolo della perdita di
queste certezze resta sempre dietro l'angolo.

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Capitolo 4 Le forme di Stato

4-1) Il concetto di forma di Stato e le varie classificazioni. Non c'è una definizione univoca del
concetto di forma di Stato. Fin dall'antichità ci sono stati diversi tentativi di classificazione, tuttavia
con poco successo. Aristotele, nella Politica, individua tre forme positive, monarchia, aristocrazia
e politia. A esse corrispondono le forme degenerate di tirannia, oligarchia e democrazia. Polibio
successivamente individua il governo misto che assomma gli aspetti positivi delle “forme buone” e
annulla le parti negative delle forme degenerate. A Polibio si deve inoltre uno dei primi tentativi di
classificazione delle forme di Stato, secondo l'autore infatti vi sarebbe una ciclicità nell'alternarsi di
forme buone e forme cattive. Passando ai classici moderni invece non è possibile non citare
Machiavelli che nel Principe (1513) individua solo due modelli, quello del governo di uno solo
(principato) e quello del governo di una pluralità (repubblica) e abbandona la visione di forme
buone o cattive partendo dall'assunto che l'obiettivo principale di chi detiene il potere sia quello di
mantenerlo, con qualsiasi mezzo. Le classificazioni offerte dai classici tuttavia non sono
soddisfacenti ai nostri fini, sia perché non distinguono tra forma di Stato e di governo, sia perché
analizzano regimi in larga parte superati, è meglio quindi concentrarsi su classificazioni più recenti.
Si può dire che la forma di Stato è data dal rapporto che intercorre tra i suoi elementi costitutivi,
quali popolo, territorio e potere sovrano. Le diverse relazioni delineano le forme di Stato diverse.
Una seconda prospettiva porta a definire la forma di Stato come il rapporto che intercorre tra le
autorità pubbliche dotate di potestà di imperio e i cittadini dall'altro, delinea quindi il rapporto tra
chi detiene il potere e chi a questo ne è assoggettato. La terza e ultima prospettiva classifica le
forme di Stato in base ai valori e ai principi di fondo cui lo Stato ispira la propria azione. Alla luce
di queste definizioni gli studiosi hanno fornito diverse classificazioni, le più importanti sono tre:

1. Distinzione tra monarchia e repubblica: Il criterio differenziale della forma di Stato monarchica
sia la mancanza di rappresentatività del capo dello Stato. Anche in caso di monarchie elettive,
infatti, l'elezione ha valore meramente dichiarativo, il sovrano non si pone come rappresentante dei
consociati, cosa che avviene invece nelle forme di Stato repubblicane, quale che sia la modalità di
elezione, diretta o non (distinzione di ormai scarso rilievo).

2. Distinzione diacronica: Mira a distinguere le forme di Stato in base alla loro evoluzione storica.
Il pregio è che mostra la tendenziale evoluzione positiva degli

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Stati con un crescente livello di tutela delle situazioni soggettive e un progressivo aumento delle
garanzie per i consociati.

3. Distinzione sincronica: Si tratta di assumere un momento senza tempo e verificare come è


articolato il potere in un determinato ordinamento. L'elemento che riveste maggiore importanza è il
territorio, mira infatti a far emergere la diversa allocazione del potere pubblico sul territorio.

Importante è ricordare infine che il concetto di forma di Stato è differente da quello di forma di
governo e che vi possono essere due ordinamenti con forme di Stato uguali ma con forme di
governo differenti e viceversa.

4-2) Le forme di Stato in senso diacronico. La classificazione più rilevante è forse quella in senso
diacronico, che mira a studiare l'evoluzione delle forme di Stato nella storia. La classificazione in
senso diacronico incontra innanzitutto il regime patrimoniale, seguito dallo Stato assoluto che si
evolverà in Stato di polizia per poi lasciare il posto allo Stato liberale. Il Novecento è invece
caratterizzato dalle esperienze autoritarie e totalitarie e successivamente, dopo la seconda guerra
mondiale, lo Stato pluralista e Stato sociale di diritto. Come già detto in precedenza questa
classificazione evidenzia la tendenziale crescita nel tempo della tutela delle situazioni soggettive e
della tutela dei diritti.

4-3) Il regime patrimoniale. Il regime patrimoniale costituisce un punto di partenza nell'analisi


dell'evoluzione delle forme di Stato. Inizia a diffondersi in Europa a seguito della caduta
dell'Impero romano d'Occidente nel 476 D.C. Come dice il nome non è una vera forma di Stato ma
un regime prestatuale che ha caratterizzato larga parte dell'esperienza feudale. In questa fase vi è
identificazione totale tra il re e le sue terre che rende impossibile individuare caratteri pubblicistici e
riduce i rapporti tra signore e feudatari, anche se nei fatti il re assume quasi sempre carattere
formale, poiché ogni signore ha ampio potere. Manca quindi in questa fase l'impersonalità del
potere, si ubbidisce a una persona precisa e non a un'entità astratta come lo Stato. Un'altra
caratteristica mancante è la politicità, ovvero la generalità dei fini perseguiti. Si può inoltre
affermare che il regime patrimoniale sia caratterizzato dalla pluralità, del potere, delle fonti e delle
giurisdizioni. Il regime patrimoniale trova molta diffusione in Europa attorno all'anno Mille dove si
tramuterà lentamente nel sistema feudale vassallatico. Il legame tra il sovrano e il vassallo è dato da
tre elementi principali. Il primo è l'elemento reale, concessione di terre o beni, poi vi è l'elemento
personale, necessaria dichiarazione di fedeltà, e infine l'elemento giuridico,

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poiché il vassallo ottiene potere di iurisdictio sulle terre assegnate. Fra le Carte che caratterizzano
questo periodo, come già anticipato, la più importante è sicuramente la Magna Carta Libertatum
che introduce concetti fondamentali e innovativi come il legame tra tassazione e rappresentanza,
l'habeas corpus ovvero il diritto a garanzie procedurali in caso di arresto, e il diritto di resistenza
armata in caso il re violi l'impegno di osservare i diritti assicurati nel documento. Importante
perché è il primo documento che pone dei limiti al potere del sovrano.

4-4) Lo Stato assoluto. Il modello prestatuale visto in precedenza lascia gradualmente il posto alla
prima vera forma di Stato in senso moderno che si fa risalire al 1648, anno della Pace di Westfalia.
Viene messa fine alla Guerra dei Trent'anni che aveva contrapposto i principi tedeschi cattolici a
quelli protestanti, e lascia grandi libertà agli Stati tedeschi mettendo fine alle ambizioni del Sacro
romano Impero anche se formalmente durerà poi fino al 1806. Lo Stato assoluto si caratterizza per
una decisa rottura con il precedente assetto feudale. Rappresenta il passaggio dalla dimensione
privatistica a quella pubblicistica. Fin da subito scompare il patto tra signore e vassallo e il potere
del principe si fonda sulla sua autorità. Il nuovo potere è quindi spersonalizzato, attribuito alla
Corona e concentrato nelle mani del solo sovrano. Lo Stato assoluto, a differenza del regime
patrimoniale è caratterizzato dall'unità, che è di potere, delle fonti e delle giurisdizioni. Lo Stato
assoluto chiaramente non prevede Costituzioni, poiché essendo esse un freno al potere e essendo
quest'ultimo assoluto non può esserci. La concentrazione del potere non impedisce allo Stato di
perseguire interessi pubblici. In questa fase infatti si comincia a sviluppare un apparato
amministrativo statale. Il corpo di funzionari pubblici è nella disponibilità del principe che può
nominarli e revocarli. All'aumento di funzioni esercitate dallo Stato corrisponde pure una maggiore
esigenza di avere un esercito di professione. Le maggiori spese inoltre conducono alla progressiva
costruzione di sistemi tributari stabili che rappresentano la maggiore fonte di finanziamento delle
politiche pubbliche e quelle militari. Si radica inoltre l'utilizzo del denaro che viene usato per il
pagamento di funzionari pubblici sostituendosi alla terra usata come “moneta”. Con l'aumentare del
commercio dovuta anche alla scoperta nel 1492 delle Americhe vi è inoltre un aumento generale dei
dazi, tuttavia sempre dovuto al commercio in questo periodo vi è la creazione di nuove tipologie di
lavoro che porteranno a rivoluzionare lo scenario socio-economico globale.

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4-5) Lo Stato di polizia. Lo Stato di polizia è una sorta di evoluzione dello Stato assoluto, si
sviluppa in Europa verso la metà del XVIII secolo e viene usato dai sovrani per sfuggire e placare le
ondate rivoluzionarie che stavano investendo il continente in quel periodo. Lo stato di polizia infatti
è lo Stato che cura gli interessi della comunità, aumentando pure le tutele soggettive dei sudditi.
Mantiene sempre i caratteri fondamentali e i tratti distintivi dello Stato assoluto come la
concentrazione dei poteri, tuttavia la prima finalità del potere diviene il benessere dei sudditi. Per
perseguire questo obiettivo poi il sovrano è libero di scegliere i mezzi che ritiene più adatti. Rimarrà
tuttavia un'esperienza di breve durata che verrà poi cancellata dalle rivoluzioni che porteranno poi
allo Stato liberale.

4-6) Lo Stato liberale: caratteri giuridici. Lo Stato liberale si afferma in conseguenza della
progressiva emersione della borghesia che assume sempre maggior peso economico e diventa in
grado di condizionare il potere della Corona. Le richieste della borghesia si muovono in due
direzioni, da un lato si chiedi il riconoscimento di nuovi diritti e dall'altro il partecipare alle scelte
politiche. Le rivendicazioni tuttavia restano solo di una classe sociale che detiene il potere
economico, per questo motivo verrà chiamato anche Stato monoclasse. In tutte le esperienze
europee tra '700 e '800 il suffragio elettorale è assai ristretto, per lo più in base a criteri di censo.
Sotto il profilo giuridico-costituzionale il punto di rottura più evidente è rappresentato dal principio
di separazione dei poteri, la funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria non sono più infatti
rappresentate dalla stessa persona. La più importante conseguenza pratica è quella che porta la
funzione legislativa ad essere assegnata a un Parlamento, composto almeno in parte da
rappresentanti dei cittadini (sempre di quella minima parte con grande potere economico avente
diritto di voto). Si tratta quindi di un cambio epocale rispetto al passato dal momento che le regole
giuridiche non sono più frutto dell'esclusiva volontà del sovrano ma anche di rappresentanti del
Terzo Stato. Un altro principio che prende forma nello Stato liberale è il principio di legalità,
comporta che tutti gli atti o comportamenti dei pubblici poteri debbano essere previsti da una legge
e conformi ad essa, ne consegue che non vi possono essere trattamenti differenziati o di favore a
vantaggio di alcuni soggetti o di alcune categorie. La legge infatti dispone in modo astratto e
generale una volontà preliminari che si applica indistintamente a chiunque. La legge diviene un
elemento centrale anche perché derivante dalla volontà della Nazione.

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Con il principio di legalità si afferma anche il principio di uguaglianza in senso formale, la legge
quindi è uguale per tutti e non devono essere fatte discriminazioni. Non comporta tuttavia un
impegno diretto dello Stato per rimuovere le differenze, ma solo evitare di discriminare per queste
differenze. Come già accennato tuttavia la conquista più importante è sicuramente il principio
rappresentativo, infatti almeno una Camera del Parlamento è rappresentata da rappresentanti del
corpo sociale. Importante è anche ricordare l'assenza di un vincolo di mandato. Queste innovazioni
devono trovare però un buon livello di garanzia, è per questo che lo Stato liberale si configura anche
come Stato costituzionale di diritto, cioè un ordinamento giuridico retto da una Costituzione che si
pone come argine al potere sovrano e come strumento di garanzia. Resta però necessario precisare
che le Costituzioni di epoca liberale sono di tipo flessibile, e per modificarle basta seguire le
normali procedure parlamentari. Unica eccezione è la Costituzione degli USA che dal 1803 ha una
superiorità di rango rispetto alle altre leggi.

4-7) Lo Stato di democrazia pluralista e lo Stato sociale. L'ultima tappa dell'evoluzione diacronica
delle forme di Stato è rappresentata dallo Stato di democrazia pluralista. Vengono mantenuti tutti i
caratteri principali del modello ottocentesco ma viene estesa la rappresentanza. Lo Stato di
democrazia pluralista appare in Europa nel Novecento e in particolare dopo la seconda guerra
mondiale, anche grazie all'estensione del suffragio che diviene universale. L'idea di sovranità
nazionale lascia campo a quella di sovranità popolare. La volontà politica emerge dal voto dei
cittadini con elezioni regolari per l'Assemblea parlamentare. Il principio di separazione viene
affermato anche se in alcuni casi vi può essere un'attenuazione per la compartecipazione alle
funzioni fondamentali dello Stato di diversi organi costituzionali. L'allargamento del suffragio
rappresenta un cambio senza precedenti, per la prima volta nella storia vengono rappresentate in
Parlamento le istanze dei più deboli. Lo Stato diviene quindi pluriclasse. A ciò si accompagna la
creazione dei cosiddetti partiti di massa, essendo appunto destinati a intercettare le istanze di fasce
molto ampie della popolazione. L'allargamento della base sociale porta anche al conseguente
allargamento dei fini perseguiti dallo Stato, non sono più tutelati solo gli interessi della borghesia
ma anche gli interessi e le aspettative delle classi più deboli. L'affermazione dello Stato pluralista
comporta un forte interventismo in campo economico e sociale con il perseguimento di politiche
volte a migliorare la condizione delle classi meno abbienti, lo Stato pluralista si connota dunque
come Stato sociale, un ordinamento che garantisce e riconosce i diritti sociali degli abitanti. In
questa fase si sviluppano le politiche

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