Mario Castoldi. Didattica Generale. Nuova Edizione Riveduta e Ampliata

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Mario Castoldi

Didattica generale
Nuova edizione riveduta e ampliata

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1.1 Didattica

La didattica è una disciplina antica, sebbene negli ultimi decenni abbia subito una pro-
fonda trasformazione sul piano dei significati e delle procedure operative. Essa nasce
dall’esigenza di trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio culturale accumulato
attraversa l’intera storia dell’uomo e si sviluppa per effetto della tensione volta a trovare
le modalità più efficaci per svolgere tale compito formativo. Da questo punto di vista, an-
che sul piano semantico, l’espressione «didattica» riflette le sue origini antiche, derivan-
do dalla radice indoeuropea dak, nel senso di «mostrare» (un dato patrimonio culturale,
appunto), da cui traggono origine anche i termini latini dòceo (insegno) e dìsco (imparo).
La formalizzazione della didattica come sapere autonomo risale al 1600 e si manife-
sta nell’utopia di Comenio, per cui tutto è insegnabile a tutte le età, quasi uno slogan per
giustificare lo sviluppo di un sapere didattico. Di fatto il ruolo e lo spazio assegnato alla
didattica si modificano fortemente in rapporto alle diverse stagioni culturali e alle dottri-
ne filosofiche dominanti: ad esempio, a cavallo tra il XIX e il XX secolo si è passati da
una forte attenzione alla didattica, che ha contraddistinto il periodo positivista nella se-
conda metà dell’Ottocento, e che si esprime in una minuziosa descrizione dell’attività di
insegnamento nei termini di un sapere tecnico, ad una sostanziale negazione della didat-
tica durante il periodo idealista della prima metà del Novecento, dove il sapere didattico
si stempera in quello pedagogico. Due versioni dei programmi ministeriali del Regno
d’Italia simboleggiano le stagioni indicate: da un lato i programmi curati da Aristide Ga-
belli nel 1888 – elaborati secondo un formato analitico, prescrittivo, didascalico –, dall’al-
tro i programmi redatti da Giovanni Gentile nel 1923, espressione di un approccio idea-
lista, restio a qualsiasi sistematizzazione tecnico-operativa.
I due esempi indicati ben simboleggiano il movimento a pendolo che ha caratterizza-
to la storia della didattica, attraverso l’alternanza di periodi di valorizzazione del sapere
didattico – contrassegnati da tentativi di traduzione tecnica di tale sapere attraverso gui-
de, prontuari, eserciziari ecc. – e periodi in cui tale sapere è stato ridimensionato a favo-
re di tratti più generali quali l’incontro con la cultura, l’intensità della relazione educati-
va, la testimonianza personale. Nel primo caso la formazione dell’insegnante è centrata
prevalentemente sul sapere didattico, condizione irrinunciabile per abilitarlo al suo ruolo
professionale; nel secondo caso la formazione del docente si identifica con la sua prepa-
razione culturale ed umana, non occorrono tecnicismi o formalizzazioni didattiche («Sii
uomo e sarai maestro» costituisce un’espressione rilevatrice del pensiero gentiliano).
Nella zona intermedia del pendolo indicato si possono collocare i diversi modelli di-
dattici che hanno contrassegnato la storia della pedagogia, più o meno centrati sugli aspet-

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ti tecnici dell’insegnare o allargati alla gestione più ampia del processo educativo. Il loro
intento comune consiste nel puntare a formalizzare la gestione dell’azione didattica, pro-
ponendo una sorta di canone su cui modellare l’azione dell’insegnante; tra gli esempi più
noti possiamo citare l’approccio montessoriano, in quanto modello rigoroso e strutturato,
nel quale l’azione didattica viene formalizzata attraverso la strutturazione del setting for-
mativo, le indicazioni metodologiche sullo sviluppo delle diverse attività, i suggerimenti
relativi alla gestione della relazione tra insegnante e allievi 1.
Negli ultimi cinquant’anni il sapere didattico ha subito profonde trasformazioni che
hanno determinato un ripensamento complessivo dei suoi significati, a partire da alcune li-
nee di sviluppo emergenti: da un lato l’estensione del campo della Didattica, inizialmente
circoscritto all’insegnamento formale praticato nella scuola e progressivamente allargato
ad ambiti di educazione informale, quali lo scautismo, la formazione religiosa, le discipline
sportive, l’educazione ambientale, la sensibilizzazione ai beni culturali ecc. Se fino ad al-
cuni decenni fa era sufficiente il sostantivo «didattica» per designare un determinato ambi-
to di sapere connesso alla pratica formativa della scuola, oggi risulta sempre più necessario
accompagnarlo da un complemento di specificazione che ne delimiti il campo di applica-
zione: didattica dell’ambiente, della pratica sportiva, dei beni culturali ecc. Accanto a tale
estensione si è assistito ad una specificazione dell’oggetto della didattica in relazione ai di-
versi saperi e alle varie discipline di insegnamento: le peculiarità connesse al loro statuto
epistemologico hanno determinato la necessità di affiancare ad una didattica di tipo gene-
rale, su cui centriamo la nostra attenzione in questo volume, un insieme di didattiche spe-
cifiche contraddistinte dai diversi ambiti disciplinari (didattica dell’italiano, didattica della
matematica, didattica della musica ecc.). Inoltre la proliferazione di metodologie didattiche
(apprendimento cooperativo, problem solving, didattica metacognitiva, didattica della ri-
cerca ecc.) ha sollecitato un approccio meno dogmatico, più relativista alle diverse propo-
ste, analogamente a quanto accaduto in altri settori della conoscenza; non si può pensare ad
un modello didattico universalmente valido, bensì ci sono tante proposte che richiedono di
essere selezionate e calibrate in rapporto alle specifiche situazioni in cui devono essere im-
piegate. Ciò ha prodotto anche un ripensamento del compito del sapere didattico non più
orientato a fornire un modello, quanto a proporre un repertorio di strategie, di metodologie,
di strumenti tra cui scegliere le soluzioni più opportune e pertinenti.
Tali modificazioni hanno determinato un profondo ripensamento dello statuto disci-
plinare della Didattica, tradizionalmente inteso come una derivazione, più o meno diret-
ta, di dottrine filosofiche, approcci pedagogici, teorie psicologiche. Ci si è interrogati sul-
la identità disciplinare della Didattica, pensata anche come denominatore comune sotte-
so a tutte le specificazioni di campo e di contenuto culturale a cui abbiamo fatto riferi-
mento in precedenza: che cosa qualifica il sapere didattico e lo distingue dagli altri am-
biti di sapere che si occupano di eventi educativi? Che cosa accomuna le diverse didatti-
che specifiche e rappresenta lo ‘zoccolo duro’ di questo ambito di conoscenza? Quali
sono i requisiti di scientificità del sapere didattico? Intorno a questi interrogativi si è pun-
tato a riconoscere lo statuto autonomo della Didattica, provando ad identificare con mag-
giore precisione le caratteristiche dell’oggetto di studio di tale disciplina e della metodo-
logia di indagine impiegata. Come sappiamo gli elementi caratterizzanti una disciplina
scientifica sono l’oggetto e il metodo che la contraddistinguono: la Biologia, tanto per

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didattica 7

fare un esempio, si qualifica come scienza della vita e fa riferimento alla metodologia
sperimentale che si è perfezionata nell’ambito delle discipline scientifiche nel corso dei
secoli. Anche per la Didattica la definizione di uno statuto autonomo passa attraverso una
più precisa identificazione del suo oggetto di studio e del suo metodo di indagine 2.

Per didattica si intende…

1. la modalità di organizzazione dell’ambiente di apprendimento


2. la gestione della mediazione tra soggetto e oggetto di apprendimento
3. l’osservazione del ruolo dello studente nel processo di insegnamento/apprendimento
4. la messa a fuoco del patrimonio culturale da trasmettere alle nuove generazioni
5. la strutturazione della comunicazione educativa tra docente e discente
6. lo studio del processo di apprendimento
7. la ricerca sull’insegnamento
8. la riflessione sulle intenzionalità formative
9. l’analisi del comportamento dell’insegnante

Un primo passaggio utile alla definizione dello statuto della Didattica concerne la sua
collocazione nell’ambito delle Scienze dell’educazione, in quanto da diversi decenni è
accettata l’idea per la quale vi sono un insieme di discipline che si occupano dell’evento
educativo e occorre quindi formulare al plurale l’espressione con cui designare questo
insieme di saperi (Scienze appunto, non Scienza). All’interno di questo ambito quale spa-
zio occupa la Didattica? Come si posiziona in rapporto alle altre discipline? Per rispon-
dere a queste domande facciamo riferimento ad una classificazione delle Scienze dell’edu-
cazione proposta da Mauro Laeng (1990), il quale raggruppa tali discipline in tre catego-
rie in rapporto al punto di vista con cui studiano l’evento educativo (cfr. tav. 1.1.1). In
primo luogo egli considera le discipline rilevative, ovvero quei saperi che si occupano di
analizzare l’evento educativo nelle sue diverse dimensioni costitutive allo scopo di mi-
gliorarne la comprensione: la psicologia dell’educazione, dal punto di vista del soggetto
che apprende, la sociologia dell’educazione, dal punto di vista del contesto sociale in cui
si attualizza l’evento educativo, l’antropologia dell’educazione, dal punto di vista dell’am-
biente culturale entro cui si esercita l’azione educativa, sono esempi di discipline rileva-
tive, caratterizzate dall’intento di fornire chiavi di lettura utili ad analizzare l’evento edu-
cativo, a comprenderne la dinamica di svolgimento.
In secondo luogo, le discipline prescrittive, ovvero quei saperi orientati verso una com-
prensione del sistema di valori entro cui identificare i traguardi formativi a cui è finaliz-
zato l’evento educativo. Quest’ultimo infatti non può che essere valorialmente connotato,
ovvero inserito in un quadro di scelte di valore che ne chiariscano l’orizzonte di senso e
la direzione di marcia: l’idea di persona, di cittadino, di società, di cultura ecc. La filoso-
fia dell’educazione rappresenta l’esempio più emblematico di questa categoria di disci-
pline, in quanto orientata ad analizzare il quadro valoriale, il linguaggio, le idee fondan-
ti su cui si innesta l’evento educativo. Se le discipline rilevative si qualificano per una
tensione verso l’essere, verso il contesto reale di svolgimento dell’evento educativo, quel-
le prescrittive si qualificano per una tensione verso il dover essere, verso il quadro ideale
entro il quale situare la dinamica educativa.

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Tav. 1.1.1 – Una tripartizione delle Scienze dell’educazione.

DISCIPLINE RILEVATIVE DISCIPLINE OPERATIVE DISCIPLINE PRESCRITTIVE

Contesto reale Azione di insegnamento Quadro ideale


FATTO PROGETTO VALORE

Antropologia educativa Metodologia educativa Filosofia educativa

In terzo luogo, le discipline operative, che si collocano nel mezzo dei due gruppi prece-
denti, a cavallo tra lettura del contesto educativo e definizione dei traguardi formativi, tra
l’essere e il dover essere; si tratta di discipline centrate sull’azione educativa, sulle sue mo-
dalità di conduzione, sulla esplorazione dello spazio di mediazione tra il contesto reale
dell’evento educativo (dove educare?) e il quadro ideale di riferimento (perché educare?).
Mirano a rispondere alla domanda: come educare?, stabilendo attraverso quali modalità
muoversi all’interno del campo circoscritto dai due gruppi precedenti; tra di esse si trovano
la didattica generale, le didattiche disciplinari o settoriali, la docimologia, le tecniche di
progettazione educativa, le modalità di conduzione dei gruppi ecc. Alla luce di quanto det-
to possiamo quindi individuare lo spazio della Didattica nel campo delle Scienze dell’edu-
cazione all’interno delle discipline operative, come un sapere orientato a rispondere alla
domanda: come educare?, a fornire un contributo alla elaborazione del progetto educativo
attraverso cui puntare a connettere una determinata realtà educativa con il quadro di valori
che si intende promuovere attraverso l’azione educativa.
Riprendendo le nove definizioni proposte possiamo, quindi, individuarne due che non so-
no pertinenti all’ambito della Didattica così come lo abbiamo identificato: la definizione n. 6
(la Didattica come studio del processo di apprendimento), che si avvicina di più alle caratte-
ristiche delle discipline rilevative, in particolare della psicologia dell’educazione; la definizio-
ne n. 8 (la Didattica come riflessione sulle intenzionalità formative), che tende ad assumere i
tratti distintivi delle discipline prescrittive, in particolare della filosofia dell’educazione.
Precisato il raggio d’azione della Didattica possiamo tentare di individuare con mag-
giore precisione il suo oggetto, che identifichiamo con l’azione di insegnamento, ovvero
quella particolare azione formativa che si svolge dentro la scuola, contraddistinta da ca-
ratteri di intenzionalità e sistematicità. In realtà l’ambito della Didattica si è esteso anche
ad altre azioni formative, come abbiamo argomentato in precedenza, ma nell’economia
del presente lavoro restringiamo intenzionalmente l’attenzione alla sola azione formativa
svolta in ambito scolastico. Per chiarirne le caratteristiche può essere utile rifarsi ai due
parametri che tendono a distinguere gli ambiti con cui si classificano gli eventi educativi
(educazione formale, informale e non formale): l’intenzionalità, ovvero l’esistenza di tra-
guardi formativi consapevolmente perseguiti, e la sistematicità, ovvero l’organizzazione
strutturata e progressiva dell’azione educativa (cfr. tav. 1.1.2). Mentre l’educazione for-
male che si svolge nell’ambiente scolastico possiede entrambi i requisiti – sia l’intenzio-
nalità riferita ai traguardi formativi precisati da programmi/programmazione, sia la siste-
maticità tradotta nell’organizzazione curricolare che contraddistingue la scuola –, l’edu-
cazione informale (famiglia, attività sportive, parrocchie ecc.) tende a possedere i carat-
teri di intenzionalità, in quanto rivolta al raggiungimento di determinati scopi, ma non

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quelli di sistematicità, almeno a confronto con la struttura scolastica; l’educazione non


formale, infine, intesa come l’insieme di eventi della realtà sociale aventi una valenza
educativa (mass media, modelli culturali, miti e riti sociali ecc.), non possiede i caratteri
di intenzionalità educativa esplicita e tanto meno quelli di sistematicità.

Tav. 1.1.2 – Educazione formale, informale, non formale.

INTENZIONALITÀ SISTEMATICITÀ
EDUCAZIONE FORMALE sì sì
EDUCAZIONE INFORMALE sì no
EDUCAZIONE NON FORMALE no no

Limitando la nostra attenzione all’ambito dell’educazione formale, possiamo definire


l’azione di insegnamento come una relazione educativa finalizzata all’apprendimento di un
determinato patrimonio culturale agita in un dato contesto istituzionale. Scomponendo in mo-
do più analitico la definizione proposta, parliamo di «relazione educativa» per porre l’atten-
zione sulla dinamica relazionale insegnante-allievo/i entro cui si inscrive l’azione didattica;
l’espressione «finalizzata all’apprendimento di un determinato patrimonio culturale» precisa
il compito specifico affidato dalla società all’educazione scolastica e il ruolo cruciale che i
contenuti culturali assumono nell’azione di insegnamento, in quanto oggetto primario della
relazione educativa; infine «agita in un dato contesto istituzionale» precisa il setting in cui si
svolge tale relazione educativa, nell’ambito dell’istituzione scolastica governata da un insie-
me di norme, regole, vincoli organizzativi, significati culturali «istituenti» la stessa azione di
insegnamento. La tav. 1.1.3 raffigura attraverso il cosiddetto «triangolo didattico» i tratti es-
senziali della definizione proposta, rintracciabili nei tre vertici del triangolo (Insegnante,
Allievo/i, Contenuti culturali) e nel cerchio che lo inscrive (Contesto istituzionale); è impor-
tante sottolineare che l’azione di insegnamento non si identifica con i singoli elementi presi
isolatamente, bensì con l’insieme delle relazioni che collegano tra loro i singoli componenti.
Tav. 1.1.3 – Azione di insegnamento: tratti costitutivi.

I A

CONTESTO

Ritornando alle nove definizioni proposte possiamo riconoscerne tre che, pur riguardan-
do l’azione di insegnamento, risultano parziali, in quanto sono centrate prevalentemente su

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uno dei tratti costitutivi indicati, non sul loro insieme: la definizione n. 3 (la Didattica come
osservazione del ruolo dello studente nel processo di insegnamento/apprendimento) si centra
sull’allievo; la definizione n. 4 (la Didattica come messa a fuoco del patrimonio culturale da
trasmettere alle nuove generazioni) si centra sul contenuto culturale; la definizione n. 9 (la
Didattica come analisi del comportamento dell’insegnante) si centra sull’insegnante.
Sulla base della rappresentazione proposta si tratta di individuare alcune dimensioni
dell’insegnamento, ovvero alcuni punti di vista privilegiati da cui osservare l’evento di-
dattico; facendo riferimento allo schema precedente possiamo riconoscere alcuni punti
di vista attraverso cui osservare il nostro triangolo iscritto in un cerchio, ciascuno dei qua-
li illuminerà soprattutto un aspetto dell’azione didattica, pur salvaguardandone la com-
plessità (cfr. tav. 1.1.4). La prima dimensione è quella relazionale-comunicativa, attenta
alla dinamica relazionale che si viene a determinare tra l’insegnante e gli allievi e alle
modalità di gestione di tale dinamica: quale stile di conduzione ha l’insegnante? quale
clima relazionale tende ad instaurare in classe? come valorizza il gruppo e l’apporto dei
singoli? attraverso quali modalità gestisce la comunicazione verbale? e quella non verba-
le? Sono tutte domande che tendono ad osservare l’insegnamento come evento comuni-
cativo, spazio relazionale tra un insieme di soggetti.
La seconda dimensione è quella metodologico-didattica, attenta alle modalità di tra-
smissione del patrimonio culturale da parte dell’insegnante, al modo in cui viene gestita
la mediazione tra i soggetti che apprendono e i contenuti culturali oggetto dell’insegna-
mento: quali metodologie utilizza l’insegnante? quali strategie didattiche attiva? quali
strumenti o materiali? quali azioni di consolidamento o recupero mette in atto? sono tut-
te domande che tendono ad osservare l’insegnamento come evento metodologico, spazio
di relazione tra soggetti ed oggetti culturali. In questa prospettiva le diverse metodologie
(lezione, apprendimento cooperativo, didattica per problemi ecc.) divengono dispositivi
attraverso cui l’insegnante mira a connettere determinati allievi – aventi le loro esperien-
ze, le loro preconoscenze, i loro stili di apprendimento ecc. – con determinati contenuti
culturali, ciascuno caratterizzato da una propria struttura logica e metodologica.
La terza dimensione è quella organizzativa, attenta alla predisposizione del setting
formativo entro cui agire l’azione didattica: come è strutturata l’aula? i materiali sono
accessibili agli allievi? come viene gestito il tempo? in base a quali regole viene condot-
ta l’attività scolastica? Sono tutte domande che tendono ad osservare l’insegnamento co-
me evento organizzativo, in quanto contesto specificamente dedicato all’apprendimento
(non a caso l’espressione «ambiente di apprendimento» si è progressivamente diffusa per
designare la funzione principale affidata all’insegnante, quella organizzativa).
In riferimento alle nove definizioni proposte possiamo riconoscerne tre aventi un
carattere settoriale, in quanto richiamano specifiche dimensioni che compongono l’azio-
ne di insegnamento, anziché proporne una lettura più comprensiva e globale: la defini-
zione n. 1 (la Didattica come modalità di organizzazione dell’ambiente di apprendimento)
si riferisce prioritariamente alla dimensione organizzativa; la definizione n. 2 (la Didat-
tica come gestione della mediazione tra soggetto e oggetto di apprendimento) riguarda
prevalentemente la dimensione metodologica; la definizione n. 5 (la Didattica come
strutturazione della comunicazione educativa tra docente e discente) sposta l’attenzione
sulla dimensione relazionale.

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didattica 11

Tav. 1.1.4 – Azione di insegnamento: dimensioni di analisi.

DIMENSIONE DIMENSIONE
ORGANIZZATIVA C METODOLOGICA

I A

CONTESTO DIMENSIONE
RELAZIONALE

Anticipando le argomentazioni riprese in modo più esaustivo nella seconda parte del vo-
lume, occorre sottolineare che l’oggetto della didattica sta subendo un processo di progressi-
va estensione connesso allo spostamento del lavoro scolastico verso le competenze. Quest’ul-
tima prospettiva, infatti, rivolta come un guanto il significato del compito formativo affidato
alla scuola, in rapporto a quello tradizionalmente attribuitole dal contesto sociale e culturale:
non acquisire un insieme di saperi, bensì affrontare le situazioni di realtà che il proprio con-
testo di vita propone. Evidentemente i due compiti non sono in opposizione, in quanto il se-
condo implica il primo: fronteggiare le situazioni di vita comporta l’acquisizione di un insie-
me di saperi, che devono diventare strumenti culturali per affrontare i compiti di sviluppo ri-
chiesti dal nostro contesto sociale. D’altro canto lo spostamento sul secondo compito nel de-
terminare il mandato formativo della scuola costringe quest’ultima ad un profondo mutamen-
to di paradigma nella gestione dei contenuti culturali che le sono affidati, i quali vengono as-
sunti non come traguardi formativi ultimi, bensì come mezzi per sviluppare la competenza,
ovvero la capacità di inserirsi efficacemente nel proprio contesto di vita.
Se volessimo rappresentare il senso di questo passaggio potremmo trasformare il trian-
golo didattico in un quadrilatero, al fine di evidenziare il forte rilievo che assume in una
prospettiva di competenze il quarto vertice relativo alle Situazioni di vita nelle quali uti-
lizzare i contenuti culturali: la diagonale verticale richiama il senso formativo dei conte-
nuti culturali (saperi per la vita) assunti come oggetto del lavoro scolastico (cfr. tav. 1.1.5).
Ne consegue che la dimensione metodologica dell’agire didattico non è limitata ai soli
lati superiori del nostro quadrilatero, bensì si allarga ai lati inferiori e alla diagonale ver-
ticale, per rappresentare l’intreccio che l’insegnante è chiamato a sollecitare tra gli allie-
vi, i contenuti culturali e le situazioni di vita nelle quali tradurli in azione. Il repertorio di
metodologie didattiche presentato nella terza parte del volume è accomunato proprio da
questo allargamento di significato attribuito alla dimensione metodologica.
Tornando alle nostre definizioni di didattica e procedendo per esclusione rimane una
sola opzione da considerare: la didattica come «ricerca sull’insegnamento». Pur nella sua
generalità tale definizione ha il pregio di focalizzare l’attenzione sull’oggetto della didatti-
ca – l’insegnamento – e sulla sua metodologia di indagine – la ricerca –, rispecchiando la
prospettiva con cui è stata considerata la didattica negli ultimi decenni: una disciplina orien-

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12 la didattica oggi: parole chiave

Tav. 1.1.5 – L’azione didattica in una prospettiva di competenze: dal triangolo al quadrilatero.

DIMENSIONE DIMENSIONE
ORGANIZZATIVA C METODOLOGICA

I A

DIMENSIONE
RELAZIONALE
S

CONTESTO

I = insegnante; A = allievi; C = contenuti culturali; S = situazioni di vita.

tata alla comprensione del fenomeno dell’insegnamento, più che alla sua regolamentazione.
Come abbiamo visto in precedenza, infatti, in passato la Didattica è stata vista soprattutto
in termini prescrittivi, ovvero come disciplina attraverso cui fornire indicazioni, istruzioni,
direttive all’insegnante per svolgere efficacemente la sua azione professionale; attualmente
si tende a pensarla come ad una opportunità per analizzare l’azione di insegnamento, per
esplorarne i suoi significati e le sue valenze formative (cfr. cap. 1.2).
In realtà ancora oggi permangono e sono diffusi strumenti – come le guide didatti-
che – che richiamano la funzione prescrittiva, ma il focus si è spostato più su una pro-
spettiva di ricerca. Tale evoluzione ha profondamente modificato anche il ruolo degli
insegnanti in rapporto al sapere didattico: quest’ultimo è passato da sapere per gli in-
segnanti a sapere con gli insegnanti. Nell’approccio tradizionale l’insegnante era pen-
sato soprattutto come destinatario della didattica: l’elaborazione teorica ed operativa
sulla didattica era affidata agli esperti, agli studiosi di scienze dell’educazione, ai ricer-
catori, mentre il compito dell’insegnante era quello di applicare tali proposte nell’atti-
vità d’aula. In seguito alla nuova sensibilità emersa negli ultimi decenni, l’insegnante
è diventato fonte del sapere didattico, nel senso che la produzione della conoscenza
muove da una esplorazione e rielaborazione dell’azione didattica dell’insegnante, at-
traverso un’alleanza tra chi opera – l’insegnante – e chi fa ricerca – il ricercatore. Tale
prospettiva modifica anche il ruolo del ricercatore che evolve da esperto, con il compi-
to di elaborare una teoria da riversare sull’insegnante, a partner, con il compito di for-
nire categorie di lettura all’insegnante, strumenti di comprensione della sua esperienza:
il ruolo tra i due soggetti diviene più paritario.
L’espressione «ricerca» condensa questa prospettiva di sapere con gli insegnanti: l’in-
segnante non è più destinatario di un sapere «altro», estraneo alla sua pratica, bensì di-
viene fonte del sapere, produttore di un sapere autonomo a partire dalla sua stessa espe-
rienza. Quindi l’espressione «ricerca sull’insegnamento» sintetizza tale punto di vista sul
sapere didattico, precisando oggetto e metodo di tale disciplina. In questa direzione si

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didattica 13

orienta, tra gli altri, Cosimo Laneve quando afferma che la didattica « studia l’insegnamen-
to, in quanto tale, vale a dire (l’analisi di) tutto quello che si fa (=la creazione delle condizio-
ni favorevoli) perché un soggetto, che voglia imparare, apprenda conoscenze relative ai diver-
si saperi» (Laneve 2005, p. 13).

Note
1 Perun approfondimento sulla storia della didattica connessa all’evoluzione del pensiero pedago-
gico nell’ultimo secolo cfr. Chiosso 2009.
2 Per esplorare con più attenzione il significato di didattica come ambito disciplinare autonomo ti

proponiamo una semplice esercitazione, suggerendoti di eseguirla prima di proseguire la lettura di que-
sto capitolo (vd. Appendice del capitolo).

Riferimenti bibliografici

G. Chiosso, I significati dell’educazione, Mondadori Education, Milano, 2009.


M. Laeng, voce «Pedagogia» in M. Laeng (a cura di), Enciclopedia pedagogica, La
Scuola, Brescia, 1990.
C. Laneve, La didattica fra teoria e pratica, La Scuola, Brescia, 2005.

Per leggere (parte quarta)


J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997 (ed. or. 1996), pp. 26-55
(stralci).
M. Laeng, voce «Pedagogia» in M. Laeng (a cura di), Enciclopedia pedagogica, La Scuo-
la, Brescia, 1990.

Per approfondire
G. Bertagna – P. Triani (a cura di), Dizionario di didattica, La Scuola, Brescia, 2013.
G. Chiosso, I significati dell’educazione, Mondadori Education, Milano, 2009.
E. Damiano (a cura di), La mediazione didattica, Angeli, Milano, 2013.
C. Laneve, Manuale di didattica, La Scuola, Brescia, 2011.
P. Rivoltella – P. Rossi, L’agire didattico, La Scuola, Brescia, 2012.

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14 la didattica oggi: parole chiave

Appendice
Q-sort sul concetto di Didattica

Lo scopo dello strumento consiste nel confrontare i diversi significati attribuiti dal gruppo
all’idea di didattica. Leggi attentamente tutte le definizioni proposte a p. 7 e distribuiscile nel-
lo schema riportato in questa pagina, in base al grado di vicinanza con la tua idea di di-
dattica.
In particolare ti viene richiesto di collocare:
• nella classe «+ +» la definizione più vicina alla tua idea di didattica (1 scelta);
• nella classe «- -» la definizione più lontana dalla tua idea di didattica (1 scelta);
• nella classe «+» le definizioni abbastanza vicine alla tua idea (2 scelte);
• nella classe «-» le definizioni abbastanza lontane dalla tua idea (2 scelte);
• nella classe «=» le definizioni che risultano indifferenti o che non rientrano nelle classi
precedenti (3 scelte).

Riporta nelle caselle il numero corrispondente a ciascuna definizione. Al termine controlla di


aver riportato tutti i numeri dall’1 al 9 e di aver rispettato la distribuzione nelle cinque classi
come richiesto.
Ricorda che nessuna risposta è completamente sbagliata o giusta, ma ciascuna evidenzia
aspetti diversi del concetto esaminato.

++
+
=
-
--

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