Letteratura Italiana Eugenio Montale

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LETTERATURA ITALIANA MOD.

16/02 - II LEZIONE

Montale, a differenza di Saba o Ungaretti, è un poeta da considerare


molto poco italiano. Egli infatti stabilisce un rapporto vicino, già durante
l’adolescenza ma che poi condividerà anche durante la maturità in
maniera più approfondita, ad una cultura europea piuttosto che a quella
italiana.
Sarà più vicino per tematiche a opere come quelle di Eliot, Woolf,
Proust, Joyce.
Già dalle Occasioni possiamo notare l’attraversamento che Montale fa ad
una tematica fondamentale di questi decenni a livello europeo, in
particolare tratterà di ciò che avevano già fatto anche Proust e Joyce; si
tratta del motivo dell’occasione usando il termine montaliano, che in
Joyce è chiamata “epifania”, e da Proust “intermittenza del cuore”.
La poesia di Montale è una poesia piena di oggetti, i quali contengono in
sé delle epifanie, delle rivelazioni che molto spessa hanno a che fare con
il tema del tempo. Quest’ultimo è un altro tema molto trattato a livello
europeo, tra fine otto e inizio novecento. Il rapporto con il tempo è un
rapporto particolare e diventa uno dei temi privilegiati da certi autori
come Proust, Joyce, e anche un po’ più avanti da Virginia Woolf. Il
rapporto con il tempo diventa particolare per certi aspetti che hanno
attinenza con il contesto storico, culturale e scientifico.
Si tratta della crisi del Positivismo, la crisi delle certezze positive. Il
Positivismo rappresentava una sorta di Neo-Illuminismo che occupa
gran parte del secondo Ottocento.
L’Ottocento è il secolo del trionfo della borghesia. Il periodo tra Otto e
Novecento è quello nel quale la cultura positiva entra in crisi perché le
singole discipline che la compongono, approfondendo e sviluppando i
propri percorsi, mettono in luce il fatto che certi parametri e certezze,
nelle quale le discipline si fondavano, in realtà non hanno motivo di
esistere.
Ad esempio, la cultura positiva è caratterizzata dalla fiducia nel fatto che
le discipline conoscitive fossero in grado di affrontare, aggredire,
spiegare la realtà fenomenica, quella che ci appare. Il Positivismo
considera la realtà come una sorta di blocco che le singole discipline
scientifiche erano in grado di affrontare, comprendere e padroneggiare.
La scienza poteva dare una spiegazione a tutto.
Leopardi è un pensatore caratterizzato dall’essere oltre, molto più
avanti. L’ultimo testo poetico che Leopardi compone nel 1836 “La
ginestra” costituisce la messa sotto accusa di tutte le certezze positive.
Montale negli Ossi di Seppia, riprende la struttura di base dei canti
leopardiani, ovvero la compresenza del momento descrittivo e di quello
filosofico.
Anche Montale sarà sempre un poeta interessato a collegare la realtà
fenomenica con qualcosa che viene intuito stare “oltre”, è quello che
negli Ossi di Seppia Montale definisce “l’anello che non tiene” “la maglia
rotta” nella catena delle necessità . Montale sente sé stesso costretto da
una forza che ha le sembianze di quello che già Leopardi aveva definito
come natura. Da Montale sarà chiamata la catena della necessità , la
sensazione che l’individuo, o l’io che narra, sia costretto a vivere in una
sorta di alienazione.
L’unico mondo che Montale avrà di fare quella che lui definisce “la
poesia onesta” nel saggio del 1925, sarà il non arrogarsi ruoli o certezze
che in realtà non ci sono.
La sorte che ebbero certi Ossi di Seppia (come “Non chiederci la
parola” ---> negatività che si oppone al trionfalismo delle certezze), sarà
quella di venire letti in chiave politica.
In realtà Montale, molti altri anni dopo, dirà di aver sofferto sin
dall’infanzia, di un malessere esistenziale. Si sentiva di vivere come
sotto una campana di vetro, sentiva una separazione, l’incapacità di
avere un rapporto diretto e concreto con la realtà esterna. Per Montale
vivere sotto una campana di vetro è questa sensazione, sentimento di
disagio esistenziale che lui esprimerà in sostanza in tutti gli Ossi di
Seppia e in alcuni versi delle Occasioni.
Per lui è avvertire una barriera tra sé e gli altri, quest’ultima è in realtà
una tematica affrontata da diversi autori suoi contemporanei, primo fra
tutti Thomas Mann.
Si ricordi ad esempio in particolare il racconto Tonio Kröger (1903), in
cui Mann sintetizza questa incapacità , questa separazione e questo
senso angoscioso di essere una sorta di escluso, condizione sofferta da
molti artisti.
Montale, negli Ossi di Seppia in particolare, esprime in poesia un
medesimo disagio, che può essere sintetizzato con la dialettica
dell’artista (l’io montaliano), dotato di una sorta di “terzo occhio” in
grado di vedere attraverso, mente tutti gli altri, quelli non artisti, sono
soliti accontentarsi di una visione delle realtà parziale, ridotta. Questo
terzo occhio costituisce però allo stesso tempo, privilegio e condanna.

“Forse un mattino andando in un'aria di vetro,

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo :

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco.”

Composta nel luglio del 1923, “Forse un mattino andando” si trova


nella sezione di Ossi di Seppia che dà il titolo alla raccolta.
Come altrove in Montale, il componimento è centrato sul concetto di
"epifania", qui simboleggiato dal miracolo che si compie.
La rivelazione è quella della vanità delle percezioni dell'uomo: "il nulla
alle mie spalle, il vuoto dietro/di me, con un terrore di ubriaco."; la
paura dell'ubriaco è quella di chi non riesce più ad avere punti di
riferimento e, ovunque volga il suo sguardo, avverte un senso di
vertigine (che qui coinvolge il piano esistenziale del poeta). 
Chiude la poesia una forte avversativa: "Ma sarà troppo tardi"; il poeta,
messo di fronte alla verità dell'inganno consueto, è condannato ad
una consapevolezza frammentaria che non può comunicare
all'esterno (analogamente a Non chiederci la parola).

condannato l’uomo. L’aria


 un’aria di vetro, arida: “di vetro” allude poi a
contesto “negativo” e quanto è sottile (ma
pessimistico - tipico apparentemente
soprattutto della poetica impenetrabile) il confine
montaliana della prima tra noi e il “vuoto”
fase - è già esplicitato nascosto dietro le cose.
dalla scelta  il miracolo: scelta di un
dell’aggettivazione: è una termine di natura quasi
mattina dal cielo terso, ma ossimorica; il “miracolo”
in cui subito si percepisce non è lo schiudimento di
il “male di vivere” cui pare una verità (pur
provvisorio, come né I “ubriaco” (in rima interna
limoni)ma la percezione e ipermetra con
del “nulla” (v. 3) su cui si “miracolo” al v. 2) spiega
regge tutta la nostra la reazione del poeta alla
esistenza. sua improvvisa
 il vuoto dietro di me: il scoperta; una paura
centro concettuale improvvisa e stupefatta,
di Forse un mattino è come chi capisce di aver
ulteriormente sottolineato perduto il senso
dal netto enjambement tra d’orientamento per aver
i vv. 3-4. ecceduto con gli alcolici.
 con un terrore di
ubriaco: il termine

L’io vede ciò che gli altri non vedono perché troppo occupati a lavorare.
L’artista, in questi decenni, tra fine otto e inizio novecento, sente una
sorta di coscienza della realtà , di colui che denuncia tutte le storture
della società borghese. Denuncia non solo dai connotati politici ma
molto oltre, è la denuncia di Leopardi senza alcuna soluzione possibile.
Secondo Leopardi noi componenti dell’umanità siamo condannati ad un
carcere biologico che ci porta in modo inevitabile alla morte. Siamo
condannati a soffrire. Montale recupera questa attitudine alla riflessione
nel rapporto con la natura, tema che lui affronta nei “Limoni”, la prima
poesia degli Ossi di Seppia.
Negli Ossi di Seppia, Montale, da un lato, condivide questa
considerazione negativa che Leopardi già aveva espresso nei confronti
della realtà che ci circonda, ma in particolare studiando un filosofo
francese, Emile Boutroux, il caposcuola di una corrente filosofica che si
sviluppa in Francia nel secondo ottocento, chiamata contingentismo
(filosofia che agisce in Montale sia negli Ossi che nelle Occasioni).
Secondo il contingentismo non si può affermare in modo assoluto che il
rapporto tra i fenomeni fisici, e anche tra le istanze spirituali, sia
costretto in modo assoluto in un rapporto di causa-effetto. Secondo
Boutroux non esiste un rapporto di causa-effetto, ma ci possono essere
situazioni in cui, in questo rapporto di necessità , si hanno degli spiragli,
ovvero quei momenti nei quali l’uomo può intravedere la liberazione
dalla contingenza. Nelle Occasioni questi momenti di liberazione dalla
contingenza saranno soprattutto gli oggetti (le Occasioni sono piene di
oggetti) e anche figure umane, soprattutto femminili. Sono tre donne, in
sostanza, che si contendono la scena delle Occasioni. Una è Anna degli
Uberti, una fanciulla che Montale conosce a Monterosso, in una località
di mare quando lui ha 24 anni, lei 16. L’ultima estate che Anna
trascorrerà a Monterosso sarà quella del ‘23, poi non tornerà più .
Negli Ossi, Montale farà di questa Anna degli Uberti o Annetta/ Arletta
la figura di una fanciulla che lui da per morta, lui la descrive come
appartenente al regno dell’aldilà , delle ombre. Annetta sarà un ricordo
che in certi momenti privilegiati epifanici di certe poesia, giunge
dall’aldilà , in modo intermittente, regalando all’io un momento di
sollievo, di evasione dal tempo. Anna degli Uberti ha ancora un ruolo
nelle Occasioni.
A proposito della prima poesia della seconda raccolta, “Il Balcone”,
Montale dirà ad Irma Brandeis di parlare di lei in quella poesia. In
seguito, In alcune interviste dirà poi invece che intendeva Annetta. Quei
pochi accenni che si possono ricavare, la come la finestra sul mare,
sembrano ad alludere ad Annetta.
Probabilmente come spesso farà Montale, specialmente nelle Occasioni,
il tu femminile è una mescolanza di più di una donna.
Montale è caratterizzato da un carattere incerto e indeciso. Quella volta
che nella sua vita entrò Drusilla Tanzi, (già sposata con un docente
universitario di storia dell’arte) a Firenze nel ‘29. Questa signora era
caratterizzata dall’avere grandi doti manageriali. Il loro rapporto sarà
l’unico rapporto costante che Montale avrà per il resto della sua vita. Si
sposeranno nel ‘62, lei nel ‘66 morirà . Il rapporto di convivenza con
Drusilla, precedente all’evento del matrimonio, sarà caratterizzato dagli
innamoramenti che via via, Montale avrà con donne con le quali non
riesce mai a fare scelte decisive. Scelte decisive che avrebbe potuto fare
in primis con Irma Brandeis. Costei era una giovane donna, una
studiosa, apparteneva ad una famiglia di origine austriaca emigrata
negli Stati Uniti. Lei durante le vacanze estive veniva in Italia. Lei lesse
gli Ossi di Seppia, pubblicati in prima edizione nel ’25, gli piacquero
talmente che sentì il bisogno di conoscerne il poeta. Montale dal ’29 vive
a Firenze e sarà il direttore del Gabinetto Vieusseux, un centro culturale.
Montale sin dalla sua giovinezza, fu un appassionato di canto e uno dei
suoi primi sogni era proprio quello di diventare un cantante lirico e
prese lezione da Ernesto Sivori, un affermato cantante di Genova. Nel
’19 Sivori muore e Montale con queste morte, decide che la sua carriera
di cantante lirico sarebbero terminato li. Più avanti dirà di essersi reso
conto di non avere avuto la grinta necessaria per farsi largo in quel
campo. L’interessa per la musica rimase però sempre.
Nel ’48 Montale si trasferisce a Milano per lavorare come giornalista per
il Corriere della Sera, per il quale scrive recensioni di opere liriche.
Nell’estate del ’33, va a bussare alla sua porta, Irma Brandeis. Nasce
rapidamente una storia, fu un colpo di fulmine.
Nella prima fase della storia d’amore, Montale riesce a nascondere ad
Irma, l’esistenza dell’altra donna, non ne parla. Quando Irma riparte per
l’America, instaureranno un rapporto epistolare che dura 5 anni, dal ’33
al ’38.
L’estate successiva Montale è costretto a svelare la verità ad Irma, la
quale voleva invece convincere il poeta a seguirla negli Stati Uniti, infatti
gli aveva procurato anche un posto di lavoro come docente in
un’università negli States.
Il fatto che si trattasse di Irma Brandeis, verrà svelato molti anni dopo
da un amico e studioso di Montale nel 1982 durante un convegno.

Negli Ossi Montale sente l’uomo in generale, ma soprattutto sé stesso,


come costretto da una rete, una maglia che stringe; l’io si sente
condannato all’interno di una realtà che non comprende e che gli sfugge,
sentendosi quindi come colui che subisce un’esistenza nella quale non si
riconosce, salvo certe istanti di grazia nei quali l’io intuisce delle
possibili vie di fuga (“l’anello che non tiene”, “la maglia rotta”) dalla
CATENA DELLE NECESSITÁ .

Da un lato la percezione e descrizione del male di vivere. Troviamo


soprattutto una realtà marina estiva che è antitetica a quella
dannunziana. Non è l’estate panica di Dannunzio (panismo = sentimento
dell’io di dissolversi nel tutto).
Freud evidenzia che in noi c’è un altro io del quale noi non siamo
consapevoli e che si rivela nei sogni, negli incubi, nei lapsus…
La teoria della relatività di Einstein mette in crisi le coordinate spazio-
tempo.
Tutte queste condizioni sono feconde per gli scrittori, primo fra tutti
Pirandello (è diverso il senso che abbiamo di noi stessi e come noi ci
percepiamo in rapporto agli altri a seconda dei contesti che viviamo.
Non abbiamo una sola identità ma tante maschere.)
Montale è pienamente inserito in questo contesto di crisi per cui prova
un senso della realtà come schermo che nasconde altro, realtà come
costrizione, ma non assoluta perché in certi momenti vi possono essere
vie di fuga, le quali saranno ricevute dall’io montaliano, per lo più ,
attraverso figure femminili.
Solamente nella poesia di apertura degli Ossi, “In limine”, l’io dichiarerà
di sacrificarsi per il tu femminile che sembra poter essere individuabile
in Paola Nicoli. Secondo i resoconti si tratta di una donna sposata con un
architetto; Montale era solito frequentarla durante le estati a
Monterosso, nella quale città tornerà fino a quando non lascerà Genova
per Firenze, quindi fino al’27.
Paola Nicoli si dice avesse lo stesso temperamento di E. Montale, quindi
indeciso, confuso, depresso. Questo tipo di comportamento può essere
riassunto nella figura dell’INETTO.
In “Falsetto”, contenuta negli Ossi di Seppia, l’io concluderà la poesia
dicendo:

“Ti guardiamo noi, della razza


di chi rimane a terra.”

Questa definizione “razza di chi rimane a terra” sembra sintetizzare in


modo molto pregnante la figura dell’inetto. L’inetto è colui che resta a
terra, che non ha il coraggio di tuffarsi nella realtà . Nel contesto della
poesia, questa definizione può aver significato per Montale anche altro.
Gli Ossi di Seppia rappresentano una sorta di imprinting, di forma che
tornerà sempre anche in seguito. La struttura è simile con le Occasioni.
Prima di tutto c’è un testo evidenziato in corsivo, “In limine” per gli Ossi,
“Il balcone” per le Occasioni. È un testo da considerarsi al di fuori della
raccolta come quel testo che ne da le coordinate fondamentali, una sorta
di anticipazione prima delle varie sezioni.
Sia negli Ossi che nelle Occasioni, a questo testo seguono quattro
sezioni. Una caratteristica costante del rapporto tra Ossi e Occasioni ma
anche tra le altre raccolte è quella che si tratterà sempre di volontà di
costruire un canzoniere, cioè c’è un testo iniziale che funge da apertura
e c’è sempre anche un testo finale che giunge al termine di un percorso
che l’io ha compiuto. Percorso che negli Ossi si conclude con testo che
Montale molti anni dopo dirà come falsamente ottimistico.
C’è la volontà di costruire tanti singolo canzonieri che poi, solamente nel
1980 (con Montale ancora vivo) verranno raccolti nell’Opera in versi,
curata da un critico molto famoso, Gianfranco Contini e Rosanna
Bettarini.
Il canzoniere non è semplicemente una raccolta di testi, è un’opera in
versi, un libro di poesie che il poeta in questione monta, cioè li organizza
nella loro successione per dare un significato.

23/02 III LEZIONE

Almeno fino alla “Bufera”, quindi fino alla terza raccolta montaliana, si
può parlare di un canzoniere e dell’esistenza di un rapporto molto
stretto tra tutte le raccolte.

Tra di loro si possono notare, infatti, delle analogie strutturali molto


evidenti, in particolare se analizzando la prima e la seconda raccolta,
“Ossi di seppia” e “Le Occasioni”; somiglianze si possono cogliere anche
già a partire dal confronto dei due rispettivi indici.

In entrambe le raccolte del Canzoniere c’è un testo, redatto in corsivo,


“fuori raccolta”, che non è compreso in nessuna sezione, ma che fa
sezione a sé stante.
Si tratta di un testo proemiale che da’ le direttive fondamentali
dell’intera raccolta.
Per Ossi di Seppia tale testo è rappresentato da “In limine”, mentre per
Le Occasioni da “Il balcone”.
La I SEZIONE è composta da testi che presentano struttura varia, sia
negli Ossi che nelle Occasioni. Negli Ossi, la sezione prende il nome di
“Movimenti”, il titolo non è causale ma sembra inaugurare e anticipare il
tema fondamentale delle Occasioni, ovvero quello del viaggio. Nelle
Occasioni la stessa sezione non ha titolo, ma viene identificata tramite il
numero ordinale e comprende 15 componimenti.
A questa segue poi la II SEZIONE, costituita da una raccolta di testi brevi
che, nelle Occasioni è costituita dai “Mottetti” (titolo di natura musicale -
> riferimento costante alla musica) e negli Ossi dagli “Ossi brevi”.
Nella III SEZIONE delle Occasioni c’è una sorta di poemetto “I Tempi di
Bellosguardo”, diviso in tre sezioni, mentre negli Ossi c’è il pometto
“Mediterraneo”.
C’è una IV SEZIONE che negli Ossi è “Meriggi e Ombre” e nelle Occasioni
è presente solo il numero.

LE OCCASIONI --> Tema del viaggio e del rapporto con la


donna, anche più di una.

Nel testo preliminare, Il Balcone, troviamo una costante montaliana, già


presente negli Ossi, cioè il rivolgersi costante da parte dell’io lirico ad un
“tu”, che spesso è femminile (come anche “In limine”) ma che può anche
essere ritrovato nel lettore in generale, come nell’osso “Non chiederci la
parola”.

*Più volte Montale ha precisato che il disagio a cui lui si riferisce non è
di tipo storico e quindi coincidente con il fascismo, come molti lettori
invece sostenevano. Ciò che ha alimentato la sua poesia è stato un
DISAGIO ESISTENZIALE, avvertito da sempre, sin da bambino. È su
questo disagio esistenziale che lui fonderà la sua POESIA METAFISICA.

Montale, specialmente negli Ossi, vorrà indagare questo disagio


metafisico tramite la forma, dualistica, che egli riprende soprattutto da
Leopardi, di compresenza di una fase descrittiva e riflessiva.

Nelle Occasioni invece, Montale cercherà un’altra modalità ; ed è ciò che


poi renderanno i testi più difficile ed ermetici rispetto all’opera
precedente.

L’intento di Montale nelle Occasioni sarà di superare quella forma


dualistica che utilizza negli Ossi e di rifarsi piuttosto alla poesia
metafisica del Seicento inglese che cercherà di comprendere e
sintetizzare nella forma del cosiddetto CORRELATIVO OGGETTIVO che
consiste nel concretizzare in poesia i propri stati d’animo in un oggetto,
tacendo però il momento ispiratore, cosa che invece era evidente degli
Ossi, come in “Spesso il male di vivere ho incontrato”.
“Spesso il male di vivere ho incontrato;
era il rivo strozzato, che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.”

C’è una chiara corrispondenza tra il male di vivere e tutte le realtà


naturali e animali che si ritrovano nei versi seguenti e che creano
similitudine con il male di vivere. Si tratta però di una similitudine
dichiarata; il male di vivere viene rappresentato e incarnato nelle figure
citate.
Infatti, un’altra costante che copre tutto l’arco della produzione
montaliana, è l’affollarsi di OGGETTI, sia naturali che manufatti
dell’uomo.
Se negli Ossi pero gli OGGETTI sono di similitudine dichiarata, nelle
Occasioni il ruolo degli oggetti è quello di essere CORRELATIVI
OGGETTIVI di una condizione che non è spiegata, e da qui deriva la
difficoltà .

Un altro aspetto fondamentale che si incontra già a partire dalla seconda


poesia, è che, questa presenza, così fitta e affollata di oggetti viene a
corrispondere alla poetica di Montale che persegue nelle Occasioni, ma
già anche inseguita negli Ossi, se pur con delle differenze.

Questa poetica negli Ossi inerisce alla ricerca dell’anello che non tiene,
alla maglia rotta, cioè alla RICERCA DEL MIRACOLO. Questo dovere è
ispirato dalla filosofia del contingentismo, sviluppatosi nel secondo
Ottocento in Francia. Essa mette in discussione il positivismo, cioè la
teoria della necessità , del rapporto ineliminabile tra causa e effetto dei
fenomeni.

Secondo il positivismo infatti, le forme superiori derivavano da un


rapporto necessario causa-effetto da quelle inferiori e in tal modo,
escludeva quindi qualsiasi forma di libertà e di evasione per l’agire
umano.

Secondo É mile Boutroux, il filosofo francese noto per aver sviluppato la


teoria del contingentismo, sostiene che non c’è sempre un rapporto di
causa-effetto e che le forme di realtà superiore sono sempre un’altra
cosa rispetto alle precedenti, non c’è un rapporto unico ma c’è un
margine, che è costituito dalla contingenza.

Montale riprende questa filosofia nella forma della seconda modalità del
miracolo, che non è necessario. Talvolta possiamo intravedere una via di
fuga (nei Limoni ad esempio essa è data da una forma umana che l’io
intravede nella terza strofa).

Nelle Occasioni gli oggetti avranno un ruolo di tipo epifanico. Il termine


epifania deriva da Joyce, e ritroviamo una tematica affine in Proust,
quella dell’intermittenza del cuore, in cui l’io riesce a riprendere
possesso di un momento del suo passato.

Gli oggetti montaliani funzionano secondo una sorta di sintesi tra


l’epifania di Joyce e l’intermittenza del cuore di Proust. Nel senso che, il
tema del tempo, presente sin dagli Ossi, si concretizza in tutti gli oggetti
che affollano le Occasioni; oggetti che appartengono alla memoria dell’io
o che sono associati a qualche figura femminile.

Il testo proemiale, Il Balcone, permette di riflettere sulle particolarità


metriche della poesia montaliana e del rapporto con la tradizione lirica
precedente.
Anche in questo senso Montale si distingue da Ungaretti, il quale con i
suoi schemi metrici rompe con la tradizione, componendo versi che
contengono ad esempio una sola parola. Tale tecnica si riallacciava al
simbolismo francese.
Montale riprende i versi della trazione, seppure in forme personali.
Montale riprende quasi tutto l’apparato della tradizione, si notano
infatti rime a fine verso ma anche interne, forme metriche già note,
come la quartina (tipica dei Sonetti).
Sia negli Ossi di Seppia che nelle Occasioni, Montale compone molti
versi secondo una successione di due quartine, rendendoli dei “quasi
sonetti”. Inoltre, Montale riprende anche il verso tipico della tradizione
italiana, l’endecasillabo.
Secondo Gianfranco Contini, per Montale si può parlare di una forma di
classicismo quasi eretico mentre Montale stesso parla di classicismo
paradossale; intende recuperare forme della tradizione poetica italiana
però con delle variazioni al fine di fondare una sorta di nuova regolarità ,
senza dimenticare il passato ma riprendendolo in parte, di fondare un
nuovo classicismo.

Un intervistatore chiese a Montale: “Il balcone rappresenta il tuo io?”


Montale: “Si, ma era una finestra vera e propria!”
Rapporto di grande CONCRETEZZA tra Montale e la realtà fenomenica.

Uno dei tempi fondanti delle Occasioni è quello del viaggio.


Esse vengono scritte quando ormai Montale è fuori dalla Liguria, redatte
tra il ‘29 e il ‘39, anche se alcuni testi sono precedenti e risalgono al
clima degli Ossi. Due testi in particolare sono del‘26, Vecchi versi e la
prima parte di Dora Markus.
Non essere più in Liguria per Montale significa aver perso il suo punto
fondamentale di riferimento. Si trova a Firenze ma compie anche viaggi
altrove.
Il tema del viaggio in queste poesie che hanno come titolo località
diverse, rappresentano una sorta di smarrimento esistenziale dell’io che
corrisponde appunto ad una perdita di centro.

TEMA DEL VIAGGIO COME REFERENTE CONCRETO MA ANCHE


METAFORA DI UN TENTATIVO DI RIAVVICINARSI AD UN TU
FEMMINILE CHE SPICCA PER LA SUA ASSENZA

Il fatto che la poesia di Montale sia così piena di oggetti rappresenta una
delle grandi novità che il poeta porta nella tradizione lirica. Il rapporto
con la tradizione metrica non sarà di novità assoluta ma di distanza e
vicinanza con una presenza notevole della tradizione.
Una delle novità più grandi sarà appunto questo affollamento di oggetti
quotidiani., ai quali Montale riuscirà sempre a far mantenere loro un
livello aulico.
Grande novità .

Il Balcone

Testo formato da tre strofe, tre quartine ottonari (accento forte sulla
settima sillaba). Composto nel ’33.

“Pareva facile giuoco


mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ho congiunto


ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi


è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.”

In questo testo Montale si rivolge ad un tu che non è presente; il tu


femminile.
Il poeta avrebbe detto che quest’ultimo corrispondeva ad Irma
Brandeis.
Si accetta questa ammissione per vera, per vari motivi, la descrizione
infatti corrisponde al temperamento reale della donna.
In realtà la faccenda non fu così lineare, perché in alcune interviste
dopo, Montale avrebbe reso incerto l’associazione con Irma, affermando
che il tu era invece da identificare con Anna Degli Uberti, nota nelle sue
poesia come Arletta/ Annetta (senhal).
Di fatto, la figura femminile che pare più corrispondere ai versi
montaliani sembra essere Irma Brandeis, dal carattere molto energico e
vivace. Anna degli Uberti negli Ossi è sempre descritta in maniera un po’
sfuocata, infatti quando Montale la porta in poesia lei è già morta e
giunge dall’aldilà al fine di portare dei messaggi.

+ PARAFRASI

03/03 IV LEZIONE
Il Balcone conferma l’interesse che Montale ha sempre dimostrato per le
situazioni in limine, quelle che si situano in un contesto tra un dentro e
un fuori. Ciò accade in molte delle poesie di Ossi di Seppia, tra cui anche
nella poesia di apertura, In limine.
L’io si sente prigioniero di un muro e lui auspica per il tu femminile una
via di uscita oltre questo muro. Il tema del muro compare in varie altre
poesie degli Ossi, come Meriggiare pallido e assorto, in cui l’io si rende
conto che le vita non è altro che un seguitare un muro irto di cocci
aguzzi di bottiglia. Muro che separa. Separazione fra chi vive e chi invece
guarda gli altri vivere. Si dente prigioniere chi è al di qua del muro. Ciò si
può condensare nell’immagine della finestra, che non si ritrova solo in
Montale ma anche in Leopardi o Pavese ad esempio. Il tema della
finestra rapprende e concentra dal punto di vista metaforico una
condizione che noi vediamo in montale ma che è la condizione più
diffusa dell’artista moderno, ovvero il sentirsi escluso dalla vita
borghese. La finestra sarà presente in varie poesia delle Occasioni, è
proprio una costante montaliana, e non solo sua.
(TEMA DELL’ARTISTA CHE GUARDA GLI ALTRI VIVERE: Thomas Mann,
Henry James)
Montale stesso aveva assicurato ad Irma Brandeis che il tu femminile al
quale si rivolgesse nella poesia fosse lei. Ciò è molto probabile che sia
vero perché la poesia è datata al ’33, anno di inizio della loro relazione.
Anche se molto più avanti, qualche decennio dopo, a un critico Montale
dirà trattarsi di Anna degli Uberti, la compagnia di alcune estati
montaliane alle Cinque Terre, colei che per il fatto di non tornare più nel
luogo di vacanza con la famiglia sarà considerata morta dal poeta. La sua
figura è presente negli Ossi e in alcune delle Occasioni.
Il Balcone, dal punto di vista tematico e dell’anno di composizione, si
inserisce nell’atmosfera e nelle forme (misure metriche brevi) della
sezione dei Mottetti, sezione particolarmente dedicata al dialogo muto
dell’io con le figure femminili, per lo più assenti.
Se le Occasioni vengono considerate una sorta di canzoniere d’amore, si
piò allora affermare che Il Balcone inaugura a pieno l’atmosfera
dell’intera raccolta.
La caratteristica di Montale è, sin dagli Ossi, l’ambiguità ; incertezza del
tu. (vedi “Ripenso al tuo sorriso”, le iniziali alludono ad una figura
maschile ma potrebbe benissimo essere letta come una poesia d’amore
per una donna. AMBIGUITA’ VOLUTAMENTE PRESENTE.)
I SEZIONE: Vecchi versi

Con il titolo Vecchi versi, Montale sembra volersi collegare al canzoniere


precedente, Ossi di Seppia. I versi sono “vecchi” perché sono scritti al
vecchio modo e perché parlano di un ambiente che l’io sente già alle
spalle.
L’ambiente di Vecchi versi è ancora infatti l’ambiente ligure della casa al
mare.
(Le Occasioni si ambientano in tutt’altre zone e anche nazioni.)
Il tema del viaggio si connette con il tema amoroso, si tratta di viaggi
concreti che l’io fa e talvolta anche il tu. L’io fa viaggi in attesa e alla
ricerca del tu. Infatti, ci sono molte poesia che portano titoli di luoghi.
L’io ha perso il suo centro, il viaggiare può in qualche modo significare
lo smarrimento dell’io.
L’ambiente di Vecchi versi è ancora quello ligure, l’atmosfera è quella
della sera e sconvolta da una bufera, un temporale violente. È ancora la
Liguria ma non quella solare di una volta. La poesia è piuttosto lungo e
caratterizzata da una forte narratività .
Comincia con un verbo della memoria “ricordo”. L’epifania è un qualcosa
che accade in un momento, senza essere premessa dal verbo ricordare,
o da altri verbi della memoria. La memoria epifanica, quella che
restituisce anche per pochi secondi il passato e che fa uscire dal tempo,
è una memoria involontaria che accade senza che l’io compia l’atto di
cercare di ricordare. Già in Proust c’è la differenza tra memoria
volontaria e involontaria. La memoria volontaria non restituisce il
passato come fa l’epifania. Quella involontaria esplode all’improvviso
senza che l’io sia preparato.
Il tema di questa poesia è il ricordo di una sera al mare di tempesta.

9/03 V LEZIONE

23/03 VI LEZIONE
Bagni di Lucca, testo breve che appartiene alla prima sezione delle
Occasioni, ci offre un elemento che è bene evidenziare, ovvero
l’intitolazione geografica in Toscana.
La Toscana, e Firenze in particolare, negli anni dal ’27 al ’48, sono i
luoghi di residenza di Montale però non sono il suo luogo d’origine.
Anche Bagni di Lucca si inserisce in quel contesto di viaggio, di
dislocazione geografica e di segnalazione del “qui ed ora” dove l’io si
trova.
(Buffalo era ambientata a Parigi.)
La collocazione/dislocazione geografia dei testi, sia che si tratti di luoghi
lontani sia di luoghi toscani, ci interessa soprattutto perché ci riporta
nella tematica e nel contesto delle Occasioni, occasioni da intendersi
come quei momenti in cui la realtà può sprigionare un qualche
significato.
In queste collocazioni geografiche individuiamo un ulteriore elemento
di differenza tra questa raccolta e la prima, Ossi di Seppia.
Il primo libro di Montale vuole esprimere il significato di un’intera
esistenza, se pur scritto in un’età molto giovane.
In tutte le poesie l’io si pone come colui che pronuncia, sull’esistenza,
delle opinioni definitive, pronuncia un’idea della vita che l’io pone come
esistenziale e definitiva.
Invece, con il secondo libro e con queste intitolazioni geografiche, noi
abbiamo soprattutto occasioni e appunti che riguardano percorsi di
viaggio e quindi anche la abdicazione da parte dell’io a denunciare
riflessioni esistenziali di tipo assoluto.
Questa caratteristica delle Occasioni si può individuare anche nella
presenza di personaggi femminili che hanno una loro storia.
I personaggi femminili degli Ossi di Seppia si possono individuare,
cercare di capire, decifrare, segnalare come appartenenti a quella certa
donna o a quell’altra che Montale ha veramente conosciuto, però esse
tendono ad essere delle emanazioni dell’io.
Invece, i personaggi femminili delle Occasioni sono personaggi che
hanno una loro identità , una loro storia, un passato, un presente e un
futuro e quindi si pongono come veri personaggi.
Il testo, Bagni di Lucca, si situa nella prima sezione ed individua dei
componimenti brevi, la cui successione verrà interrotta dal lungo testo,
Carnevale di Gherti.
La caratteristica di tutti questi testi brevi è di segnalare la differenza
rispetto al paesaggio degli Ossi, si trovano infatti, ambienti invernali,
serali o notturni, “vetrini” e con la caratteristica dell’ambiguità
stagionale, come in questo caso, un autunno che sembra inverno.
Questa incertezza da parte dell’io, del tempo e del luogo, è segnalata già
dalla prima strofa.
Fra il tonfo dei marroni
e il gemito del torrente
che uniscono i loro suoni
èsita il cuore.

Il cuore è incerto, non decifra bene l’origine dei suoni.

Precoce inverno che borea


abbrividisce. M’affaccio
sul ciglio che scioglie l’arbore
del giorno nel ghiaccio.

Marmi, rameggi –
e ad uno scrollo giù
foglie a èlice, a freccia,
nel fossato.

Passa l’ultima greggia nella nebbia


del suo fiato.

Una caratteristica interessante è l’uso raffinato delle rime. “Marroni”


rima con “suoni”, “borea” è una rima soprannumeraria perché rima sia
con “cuore” che con “arbore” però ha una vocale in più alla fine.
È interessante segnalare anche l’ellissi del verbo, cioè lo stile nominale;
“precoce inverno” è un sintagma nominale e allude ad una preposizione
dalla quale però il verbo è stato reso implicito.
Lo stile ellittico, soprattutto del verbo, è una caratteristica di vari testi
delle Occasioni e si può interpretare in quella folta presenza di oggetti,
che in molti casi forniscono l’occasione per l’epifania, per la rivelazione
di significati.
-> In generale, specialmente nel primo Novecento e nell’ambiente dei
vociani (“La Voce”, rivista che fino al ’14 vuole annullare quella frattura tra
intellettuali e società che la cultura italiano stava soffrendo da secoli, vuole
promuovere un tipo di cultura desiderosa di intervenire anche nella realtà, ad
esempio con inchieste sulla malavita, sulla mafia ecc. ma dal ’14 al ’16
diventerà la “voce bianca” occupandosi solo di argomenti letterari.), gli
scrittori che frequentavano la rivista e collaboravano per essa, tendevano ad
usare uno stile invece verbale (l’opposto dello stile nominale), caratterizzato
da una presenza molto rilevata di verbi. Il tipo di azione che, soprattutto i
vociani vogliono realizzare, è un’azione interiore, cioè che si realizza per lo
più nell’esame di coscienza; è un viaggio all’interno. Una caratteristica della
scrittura, sia in prosa che in poesia, è nel primo novecento, è questa antitesi
fra scrittori che usano soprattutto lo stile verbale, e altri che invece si
caratterizzano per la preferenza ad uno stile nominale.
Montale appartiene a questo secondo gruppo. Per stile nominale si intende
anche l’utilizzo di verbi all’infinito (azione assoluta senza tempo, perché il
verbo non è coniugato. Ciò per esprimere un pensiero che ambisce
all’universalità, all’astrarsi dal qui ed ora), cosa che Montale fa abbastanza
spesso negli Ossi di Seppia. Nelle Occasioni invece, lo stile nominale tende
a mettere in evidenza gli oggetti che possono offrire delle occasioni in senso
gnoseologico. Le Occasioni possono far scattare l’epifania, la liberazione.
Lo stile nominale si ritrova anche nella penultima strofa. Il testo è composto
da quattro strofe, due quartine, una terzina e un distico finale. Nella terza
strofe i versi sono tre, anche se sembrano quattro perché c’è lo scalino
metrico: il primo verso viene spezzato in due da questa interruzione grafica
che appunto si chiama scalino perché viene fatto scendere quello che è il
secondo emistichio (il verso è diviso in due emistichi, il secondo emistichio
è messo in evidenza dal fatto che sta leggermente più sotto dell’altro.)
Mi affaccio sul ciglio, il quale fa sì che il biancore del giorno si sciolga nel
giaccio. Le consonanti doppie sono interessanti. “Rameggi” è un sostantivo
deverbale, così denominato perché deriva da un verbo ed è collegato
foneticamente con “greggia” del penultimo verso; è quasi una rima interna.
A sua volta “greggia” è foneticamente collegato con “freccia” della strofa
precedente; sono tutte quasi rime.

Cave d’autunno
su cui discende la primavera lunare
e nimba di candore ogni frastaglio,
schianti di pigne, abbaglio
di reti stese e schegge,
ritornerà ritornerà sul gelo
la bontà ̀ d’una mano,
varcherà ̀ il cielo lontano
la ciurma luminosa che ci saccheggia.

La poesia si collega alla precedente per il paesaggio, sempre di un


ambiente autunnale-invernale notturno (i testi per questo aspetto
ribadiscono la loro alterità rispetto agli Ossi).
C’è un legamene ossimorico tra il titolo e l’incipit della poesia, la quale
comincia con una dipendenza sintattica dal titolo, il primo verso non ha
un significato autonomo ma deve essere collegato al titolo.
Il rapporto ossimorico è dato dal fato che il titolo ci segnale la stagione
dell’autunno, mentre il primo verso ci dice che sembra primavera.
L’ambiente, probabilmente sempre quello Toscano, è di cave, sulle quali
la luna getta una luce che induce a pensare alla primavera. La luce
lunare circonda di candore i frastagli di questo ambiente roccioso delle
cave. C’è ancora uno stile nominale.
La luna illumina questo paesaggio e fa brillare delle reti.
I commentatori sono divisi su come intendere questi reti, D. Isella tende
ad interpretarle in modo metaforico. La cosa più lineare e logica è forse
quella di leggere queste reti come quelle che vengono stese all’interno
delle cave per proteggere il paesaggio e le persone.
La poesia è composta di due quartine. Ciò che è interessante di questo
testo è la presenza, ancora, di elementi che ci riportano indietro agli
Ossi.
In “Meriggiare pallido e assorto” c’è il verbo abbagliare che in Cave
d’autunno è presente in rima baciata con “frastaglio”.
La breve poesia si conclude con un’immagine che, varie volte, conclude i
testi degli Ossi, ovvero l’immagine di un vascello, di una nave o una
barca che l’io intravede da lontano sul mare ligure. Questa barca nei
testi degli Ossi, soprattutto quando è segnalata in posizione finale,
indica per lo più l’evento, la sorpresa il miracolo che salva l’io da quella
prigione, fin da “In limine” dichiara sentirsi prigioniere. In celebri
intervisti più tardi Montale dirà di sentirsi come sotto una campana di
vetro, indice di un disagio esistenziale.
L’io auspica che questo gela possa essere sciolto in un futuro dal calore
di una mano e questo calore potrà respingere questa ciurma (personale
di una nave, termine con accezione spregiativa) di nuvole che ci
opprimono. La metafora navale (ciurma, metonimia di una nave)
assieme all’abbaglio, ci riportano indietro agli Ossi, legame annunciato
già con Vecchi Versi.
La prime sezione comprende tesi con un ritmo e una lunghezza
diseguale, ci possono essere testi lunghi come Vecchi versi (ambiente
ligure ma notturno) o Carnevale di Gherti, Buffalo ci introduce nella
specificità delle Occasioni e anche nella difficoltà a decifrare ciò che l’io
dice nelle Occasioni.
Mentre negli Ossi, l’io tende ad esprimere verità universali, enunciazioni
che vogliono avere valore universale, nelle Occasioni l’io tende a
presentarci solamente l’esito di un lavoro interiore del quale, tal volta,
stentiamo a capirne il significato (come in Buffalo). Poi Buffalo è
interessante perché comincia quel percorso geografico del viaggio.
Keepsake è quell’elenco di operette di poco valore alle quali però l’io è
molto attaccato. Con Lindau, Bagni di Lucca e Verso Vienna, abbiamo un
percorso che hanno ribadito il tema del viaggio, sono testi che si
collocano in una geografia varia. Cave di Lucca e Altro effetto di Luna ci
parlano di un ambiente toscano notturno anche se non c’è l’indicazione
geografica. Verso Vienna viene a concludere questa prima parte del
percorso geografico. Carnevale di Gherti, A Liuba che parte e Dora
Markus si collocano all’interno di questa prima parte delle Occasioni in
un ambiente culturale e geografico che è quello dell’Austria dell’impero
d’Asburgo, l’ambiente mitteleuropeo. L’impero asburgico, tra fine otto e
inizio novecento, rappresenta l’ultima entità statale dell’Europa. È un
mondo che è caratterizzato dalla convivenza di popoli diversi perché
l’impero asburgico si spingeva sia verso l’Italia che nell’oriente. Era
caratterizzato dalla capacità , da parte dei sovrani austriaci, di far
convivere queste diverse popoli. Questa unità imperiale venne distrutta
dalla Prima Guerra Mondiale. Questa civiltà fu anche quella di Trieste,
essendo porto degli Asburgo.
Da Gherti in poi, ci sono personaggi femminili di religione ebraica e
costretti a fuggire. Gherti vorrebbe fuggire da una prigione esistenziale
più che da leggi razziali.

Altro effetto di Luna

La trama del carrubo che si profila


nuda contro l’azzurro sonnolento,
il suono delle voci, la trafila
delle dita d’argento sulle soglie,
la piuma che si invischia, un trepestìo
sul molo che si scioglie
e la feluca già ripiega il volo
con le vele dimesse come spoglie

Il titolo, con l’aggettivo “altro” si pone in un rapporto dichiarato con


Cave d’autunno. Questo ci ribadisce il fatto che Montale costruisce
questo libro con l’intenzione di accostare in un certo modo testi che
possono anche appartenere a testi diversi.
È una sorta di esercizio descrittivo che alleggerisce il panorama di
questi testi prima di arrivare a testi più complessi con i personaggi
femminili Carnevale di Gherti e altri.
Si tratta di brevi testi descrittivi con un ritmo piuttosto veloce, dato
anche dallo stile nominale. Un’altra immagine di nave che conclude il
testo con un effetto a sorpresa simile a quello che ricorre negli Ossi e
ancora una poesia breve che ha come caratteristica sintattica lo stile
nominale, elementi nominali che si appoggiano sulla preposizione
relativa che segue, la sintassi è come sospesa, la soluzione delle frasi
arriverà solo alla fine. Il carrubo è una pianta sempre verde. Il profilo
della pianta che si staglia contro un cielo un po’ slavato, il suono delle
voci, la luce metallica della luna che giocherella come fossero dita sulle
soglie, una piuma che si incastra, un rumore di passi sul molo … ed ecco
che l’imbarcazione ferma il suo velo in questo ambiente senza vento con
le vele abbassate. È solamente una descrizione, il motivo è quello di
alleggerire il panorama prima di testi più complessi è lunghi.
Tra carrubo e azzurro c’è una forte assonanza, poi la trafila consuona
con la “trama” di inizio poesia, questa allitterazione continua con
“trpistio” nella strofa successiva. Scioglie e spoglie sono in rima. “Sul
molo che si scioglie” è un settenario ed è l’unico verso breve della
poesia. “La trama del carrubbo che si profila” è un verso ipermetro
perché è un endecasillabo con una sillaba in più , tutti gli altri sono
endecasillabi.

Verso Vienna

Con questo testo pare accentuarsi la volontà da parte del poeta di


costruire una specie di paesaggio di una fiaba che però nel proseguo
della poesia verrà ad assumere delle connotazioni inquietanti. Il titolo è
uno di quelli indicatori di un viaggio e a sua volta è un’antifrasi.
Il paesaggio è estivo e afoso con moscerini che collaborano a descrivere
un paesaggio che comincia come un ambiente di fiaba.

Il convento barocco
di schiuma e di biscotto
adombrava uno scorcio d’acque lente
e tavole imbandite, qua e là sparse
di foglie e zenzero.
Emerse un nuotatore, sgrondò sotto
una nube di moscerini,
chiese del nostro viaggio,
parlò a lungo del suo d’oltre confine.
Additò il ponte in faccia che si passa
(informò) con un solo di pedaggio.
Salutò con la mano, sprofondò,
fu la corrente stessa…
Ed al suo posto,
battistrada balzò da una rimessa
un bassotto festoso che latrava,
fraterna unica voce dentro l’afa.

Il testo comincia con un ritmo da filastrocca.


Il testo è un po’ più lungo dei precedenti ma è saldato tra inizio a fine, da
effetti sonori di rime, anche interne, ad esempio “bassotto festoso” è in
rima interna con “biscotto” del secondo verso, a quindi distanza
notevole.
Il verbo “latrava” all’imperfetto del penultimo verso si collega con la
rima a distanza a “scava” nell’ultimo verso di Vecchi versi e ad
“addensava” nel primo verso di Buffalo.
Il verbo “latrava” inoltre, in questo caso viene ad interrompere una serie
di passati remoti che lo precedono.
In questa poesia si hanno quattro tempi: la descrizione di un convento
lungo la via per Vienna. Convento dallo stile barocco, “di schiuma e di
biscotto” vanno a riferirsi al colore. Convento dai colori tenui.
Presenza canina fraterna vicino all’uomo in molti testi di Pascoli.
Il fatto che Montale collochi questo testo subito prima di Carnevale di
Gerti è interessante perché la tendenza alla descrizione di un mondo
magico è anche in Carnevale di Gerti.

Il carnevale di Gerti

Gerti, al secolo Gertrude Frankl, è una donna che Montale ha conosciuto


in ambiente triestino, apparteneva al giro di Bobi Bazlen, figura di
intellettuale che visse fino ai primi anni ’60. Montale lo conobbe quando
Bobi venne mandato a Genova dalla madre, verso gli anni ’20. La madre
voleva che Bobi intraprendesse un lavoro serio, come quello
dell’impiegato, il tentativo fallirà . I due si conobbero e condivisero un
comune atteggiamento di ripulsa verso la comune vita borghese. Bobi
Bazlen scrisse poche opere. La sua funzione all’interno della cultura
italiana, fino a tutti gli anni ’50, fu quella di divulgatore di cultura.
Era un intellettuale che aveva un intuito molto spiccato per trovare
nuovi scrittori o indicare quelli che valeva la pena leggere. Fu Bobi
Bazlen a mandargli, da Trieste a Genova, i libri di Svevo. Lavorò per
l’Adelphi.
Non incarnò mai la figura dello scrittore perché non scrisse mai
qualcosa di particolarmente rilevante, ma fu un grande divulgatore di
cultura con un ruolo importantissimo nella fama che alcuni autori
riuscirono ad ottenere.
Gertrude Frankl era tedesca e di religione ebraica, ed era sposata ad un
soldato. In Carnevale di Gerti, noi la incontriamo a Firenze (non a
Trieste), prigioniera di una sorta di disagio esistenziale che ricorda un
po’ quello dell’io degli Ossi di Seppia, con delle differenze fondamentali.
Il testo è lungo e la prima strofa è sintatticamente piuttosto elaborata.
Tutte le cinque strofe di questa poesia piuttosto lunga si possono
sintetizzare nel seguente nodo; Gertrude Frankl è la moglie di un
soldato e trascorre le feste da sola o con gli amici, ma comunque senza il
marito e aspetta che lui abbia il giorno libero.
La caratteristica dei personaggi femminili delle Occasioni è quello di
essere persone che hanno un loro presente e passato.
Questa poesia è interessante per vari motivi. Innanzi tutto perché
comincia quella serie di poesie che fanno sempre parte della I sezione
delle Occasioni con figure di donne di religione ebraica che magari sono
anche straniere (Gertrude, Liuba, Dora Markus..)
Liuba scappa per le leggi razziali e anche Irma Brendais nel 38 dovrà
dire addio per sempre all’Italia perché era di religione ebraica. TEMA
DELLA PARTENZA.

In Carnevale di Gherti questo tema non è presente, piuttosto c’è un tema


molto romanzesco e caratterizzante di personaggi del romanzo dal
Romanticismo in poi. Questi ultimi personaggi infatti sono caratterizzati
per lo più dal soffrire per un dolore sia spaziale che temporale. Soffrono
di stare in un luogo perché vorrebbero stare in un altro, e soffrono
anche l’alternanza per un passato più felice e un presente più doloroso
nel quale si trovano. Questa caratteristica, cioè l sofferenza di un io che
non si riconosce nel luogo e nel tempo che si trova nasce con il
Romanticismo, e in sostanza il romanzo moderno contemporaneo
racconta questo.

QUARTA SEZIONE

La quarta sezione comprende i testi più alti delle Occasioni e forse


proprio per questo fatto, le liriche possono essere lette anche
indipendentemente le une dalle altre. In realtà questo è possibile
sempre ma nella seconda sezione dei Mottetti, Montale delinea quello
che lui stesso definisce in una delle sue interviste “romanzetto
autobiografico”; è questa una definizione tarda di Montale connotata
dalla solita tendenza ad essere ironico e di sminuire quanto fatto.
Sia o no un romanzetto, i Mottetti tracciano un percorso ben preciso che
ha un finale piuttosto pessimista in cui l’io si dichiara rassegnato al
distacco nei confronti del tu femminile.
Con la quarta e ultima sezione delle Occasioni ci troviamo di fronte ad
un panorama un po’ diverso. Intanto, i testi, anche dal punto di vista
esterno, sono molto più lunghi e complessi rispetto alla prevalenza di
mottetti composti per lo più da un paio di strofe.
A detta di Montale, le ispiratrici, cioè il tu femminile, non è uno solo ma
tre.
Una è quella già presente, Anna degli Uberti, fanciulla conosciuta in
Liguria, frequentata per alcuni estati e poi scomparsa dalla sua vita e
quindi da lui dichiarata “morta”.
Poi c’è una donna di origine peruviana, alla quale in particolare sono
dedicate le poesie “Sotto la pioggia” “Costa San Giorgio”.
Ma soprattutto c’è la donna angelo, la donna uccello, colei che verrà
chiamata Clizia nella Bufera e alla quale l’io montaliano affiderà il
compito di salvezza in un contesto che non è più soltanto quello fra il
rapporto dell’io e il tu, non più quello della dialettica fra presenza e
assenza, fra vicinanza e lontananza.
Il rapporto non è più privato e non più solo di natura esistenziale ma è
un rapporto che si allarga alle tragiche circostanze storiche, durante le
quali, parte di questi testi vennero composti, cioè appunto l’alleanza
Italia-Germania e Mussolini e Hitler e lo scoppio della seconda guerra
mondiale.
Clizia verrà ad assurgere ad una funzione di razionalità e salvezza
destinata ad essere proiettata su uno schermo storico.
Infatti, riguardo ancora le differenze tra il ciclo compatto dei Mottetti e
quarta sezione, si può ancora indicare come quindici testi che si
sviluppano secondo circostanze che accompagnano il percorso
biografico ed esistenziale di Montale.
I testi tendono a delineare una sezione aperta, non chiusa nel senso di
“romanzetto”, sia dal punto di vista delle donne, ma anche dello
sviluppo parallelo dei testi.

La sezione si apre con una citazione dai sonetti di Shakespeare.


I versi shakespeariani fanno riferimento ad una tematica che è presente
in Montale da sempre, sin dagli Ossi e cioè la questione del dolore e del
male metafisico e anche la questione delle circostanze storiche così
urgenti e tragiche.
Ci sono 15 testi che si possono scandire in due parti, dall’1 all’8 vi sono i
testi composti nella prima metà degli anni ’30, gli altri dal 9 al 15 dal ’36
al ’40. C’è una fondamentale divisione cronologica e all’interno dei due
gruppi essa non è rispettata, Montale inverte l’ordine compositivo.

La casa dei doganieri


Troviamo la figura di una fanciulla che non c’è, non solo perché è
lontana ma perché appartiene ad un’altra realtà , quella dei morti.
È composta di 4 strofe, che si alternano secondo una dimensione che è
quasi uguale, di cinque sei versi. C’è una prevalenza di endecasillabi.
Un aspetto interessante di questo testo è il fatto che le strofe si
impernino nell’anafora “tu non ricordi”.
Un aspetto costante dei testi è il rapporto con Leopardi. Il leopardismo
montaliano è qui cenno con la presenza della negazione che troviamo
già dall’incipit, il tema del ricordare stesso,

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