Premessa 2
Premessa 2
Premessa 2
I supercondensatori
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Indice
1 Introduzione 5
1.1 Cenni storici 6
1.2 L’esigenza 6
1.3 Le soluzioni fino 7
2 Considerazioni tecnico-strutturali 8
2.1 Principi scientifici 8
2.2 Capacità a doppio strato 8
2.3 Pseudocapacità 10
2.4 Composizione di un elemento 11
2.4.1 Materiali per gli elettrodi 11
2.4.2 Elettrolito 13
2.4.3 Separatore 14
2.5 L’aerogel 14
2.5.1 Produzione dell’aerogel 14
2.5.2 Tipi di aerogel 16
2.5.2.1 Aerogel di silice 16
2.5.2.2 Aerogel di carbonio 16
2.6 Caratteristiche tecniche 16
2.6.1 Dipendenza dalla frequenza 17
2.6.2 Diagramma di Ragone 17
2.7 Criteri di dimensionamento 18
2.7.1 Serie-parallelo 18
2.7.2 Compensazione della tensione 19
2.8 Immagazzinamento elettrostatico dell’energia 19
4 Nanotubi di carbonio 24
4.1 Proprietà e possibili usi 25
4.2 Resistenza meccanica 26
4.3 Sensibilità ai campi elettrici 26
4.4 Conduttività 26
4.5 Produzione e purificazione di nano tubi 27
4.6 Innovazioni 27
4.7 Rischi per la salute 28
5 Applicazioni 29
5.1 Tempra ad induzione con uso di supercondensatori 29
5.1.1 Generazione e controllo di impulsi ad alta frequenza 30
5.1.2 Distribuzione della potenza e della temperatura 32
5.1.3 Previsione della profondità di indurimento e misurazioni 37
3
5.2 Scariche ad impulsi e livellamento dei carichi 40
5.2.1 Progetto e sperimentazione di un convertitore per l’impiego di
supercondensatori nella trazione del bus elettrico “Gulliver” 42
5.2.2 Studio di un locomotore ibrido con accumulo combinato
batterie-supercondensatori 44
6 Dispositivi in commercio 48
7 Accumulatori e ambiente 52
8 Bibliografia 54
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1 Introduzione
I condensatori elettrochimici a doppio strato sono frutto di una tecnologia emergente certamente in grado di soddisfare
parecchie esigenze sia attualmente che in futuro nel campo degli apparecchi e dei sistemi elettronici.
Per questo è opportuno conoscere sia l’evoluzione di questa tecnologia sia i principi di funzionamento.
E’ anche importante approfondire l’impiego nelle possibili applicazioni come fonte di impulsi di energia ad alta potenza
ed alimentazione di back-up, anche in confronto con altri sistemi di accumulo.
I supercondensatori non rientrano nella categoria dei dispositivi che convertono energia chimica in energia elettrica, ma
il loro obiettivo è sostanzialmente lo stesso. Tutti sappiamo che un condensatore carico è come una sorta di batteria che
però, a causa dei bassi valori di capacità, si scarica in tempi brevissimi ed oltretutto con legge esponenziale.
Un supercondensatore moltiplica questa possibilità, assumendo valori di capacità nell'ordine delle centinaia o addirittura
migliaia di Farad, permettendone così l'uso come riserva per applicazioni di piccola potenza.
I vantaggi di questa tecnologia sono diversi: i tempi di carica sono rapidissimi, anche se ovviamente anche i tempi di
autoscarica (scarica a circuito aperto) sono molto più rapidi rispetto a quelli di una batteria tradizionale (50% del valore
dopo un mese, contro il 90% del valore di una qualunque batteria al Nichel).
Un altro notevole vantaggio è dato dal tempo di vita, infatti un supercondensatore può essere caricato e scaricato un
numero praticamente illimitato di volte, in quanto tale processo non implica, o quasi, reazioni chimiche.
Inoltre anche l'effetto memoria è totalmente assente e non ci sono nemmeno problemi di eventuali sovraccarichi in
quanto, come noto, una volta terminato il processo di carica non viene più accettata energia.
Poiché i supercondensatori possono fornire elevate potenze elettriche per brevi periodi di tempo, mentre i generatori
primari sono più adatti a fornire correnti elettriche per tempi lunghi e intensità costante, i supercondensatori stessi
possono essere quindi utilizzati vantaggiosamente, insieme a batterie, nei veicoli elettrici, nelle ricetrasmittenti, nelle
videocamere, negli stereo, negli UPS per i quali si verificano durante il funzionamento richieste di potenza variabili. In
particolare risultati del Centro Ricerche FIAT di Orbassano, ottenuti allestendo una autovettura con supercondensatori
ad elettrodi di carbone, hanno evidenziato un positivo effetto sulle batterie di servizio qualora abbinate ai
supercondensatori: viene richiesta una capacità ridotta della batteria di servizio con conseguente riduzione di peso (oltre
il 30%) e riduzione di materiali inquinanti sia a bordo del veicolo sia allo smaltimento a fine vita dell'accumulatore
stesso.
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1.1 Cenni storici
Sin dalla presentazione dei primi brevetti, negli anni ’50, e’ apparsa evidente la possibilità offerta dall’accumulo di
cariche elettriche allo strato limite tra un conduttore solido ed un elettrolito.
Le prime applicazioni nacquero negli anni ’70 come sistemi di back-up per computer, già sotto il nome di
supercondensatori. Negli anni ’90 si ebbero le prime applicazioni di supercondensatori di alta potenza, in usi militari e,
in prospettiva, per il Veicolo Elettrico. I prodotti sono oggi disponibili sul mercato, sebbene a costi ancora troppo
elevati per un uso diffuso.
Figura 2 : Supercondensatori brevettati dalla General Electric nel 1957 e dalla SOHIO nel 1966 e nel 1970
1.2 L'esigenza
Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di applicazioni che necessitano per il proprio funzionamento d'intense
correnti per brevi intervalli di tempo. Ciò implica che la sorgente di alimentazione sia in grado di far fronte alle
esigenze dell'applicazione non solo in termini di energia ma anche di potenza.
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Tutti i sistemi, per compiere lavoro, necessitano dunque di energia tuttavia alcuni di essi ne richiedono intense quantità
per brevi intervalli di tempo mentre altri quantità limitate per periodi prolungati.
Entra così in gioco il concetto di potenza che definisce la quantità di energia utilizzata dall'applicazione (o fornita dalla
sorgente) nell'unità di tempo. Maggiore è la potenza fruibile da una sorgente, più breve è il tempo entro il quale essa è
in grado di somministrare una stessa quantità di energia.
Spesso è necessario utilizzare un sistema di alimentazione che regoli il flusso di energia acquisendo quest'ultima dalla
sorgente primaria e trasferendola al carico mediante forme d'onda di tensione e corrente che si addicono alle esigenze
dell'applicazione in termini di potenza. Quando la tensione di alimentazione, come spesso accade, è fissata (si pensi alle
autovetture nelle quali tutti gli equipaggiamenti sono alimentati al valore nominale di 12 o 24V), trasferire una certa
quantità di energia in tempi sempre più brevi implica aumentare il corrispondente valore della corrente.
Poiché quest'ultima equivale alla carica trasferita nell'unità di tempo, ecco che per produrre rapidamente correnti elevate
è necessario disporre di un adeguato "serbatoio" di carica .
Le classiche soluzioni al problema prevedevano fino a poco tempo fa l'utilizzo di batterie e/o condensatori elettrolitici
in alluminio. In entrambi i casi tuttavia, il risultato non era sempre soddisfacente. Le batterie sono in grado di
accumulare alte quantità di energia che non possono essere però associate a potenze elevate: i tempi di carica e scarica
tipici variano, infatti, tra 1 e 10 ore;invece condensatori elettrolitici in alluminio esibiscono una discreta potenza
abbinata a bassi livelli di energia: essi sono in grado di scaricare correnti estremamente intense ma la cui durata non
supera qualche frazione di secondo.
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2 Considerazioni tecnico-strutturali
I condensatori tradizionali accumulano energia sotto forma di cariche elettrostatiche su due conduttori (elettrodi)
separati da un dielettrico.
La capacità è notoriamente fornita dalla formula
C = Q/V
in cui:
C è La capacità in Farad;
Q è la carica accumulata in Coulomb;
V la tensione in Volt.
La capacità di ogni tipologia di condensatori dipende dalla forma e dalle dimensioni dei suoi elementi, e dalla
permittività del dielettrico che li separa. Nel caso dei supercondensatori tra quelli più usati nel commercio abbiamo
quelli di forma cilindrica la cui capacità è data da:
dove si ha che è la permittività del dielettrico, l la lunghezza del cilindro e R1 e R2 i raggi interni ed
esterni.
L’energia accumulata U è data da
U = ½ CV² = ½ QV
In un supercondensatore a doppio strato le cariche si accumulano nella superficie di separazione tra elettrodo ed
elettrolito, formando due strati di carica opposta, separati da una distanza di parecchi Angstrom (10ˉ¹ºm).
Se gli elettrodi sono del tipo ad ampia superficie, si possono raggiungere capacità elettrostatiche ben più alte che nei
condensatori tradizionali, a parità di volumi e pesi impegnati.
Analizzando lo sviluppo storico dei modelli a doppio strato il primo modello è attribuito a Helmholtz nel 1853.
Helmholtz ha trattato matematicamente il doppio strato come un condensatore semplice, basato su un modello fisico in
cui un solo strato degli ioni è adsorbito alla superficie.
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Figura 3: Modello di helmholtz
C1 = Aε/4 πδ
C2 = (ε K cosh z/2) /4 π
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in cui:
z è la valenza degli ioni
k è il reciproco della lunghezza di Debye-Huckel
Infine, con il modello Stern- Gouy-Chapman si concluse che la capacità totale dovesse comprendere il contributo delle
prime due, vale a dire:
2.3 Pseudocapacità
Alla capacità elettrostatica appena vista si aggiunge una capacità dovuta alla trasformazione degli ossidi presenti, che
aggiunge un piccolo contributo all’energia accumulata. A questo contributo si da normalmente il nome di
pseudo-capacità.
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2.4 Composizione di un elemento
Un supercondensatore è composto da due elettrodi di ampia superficie, in contato con un elettrolito, separati tra loro da
una membrana (detta separatore) permeabile agli ioni.
Si possono impiegare molti materiali diversi, sia per gli elettrodi che per l’elettrolito. Occorre anche distinguere la
funzione di conduttore di corrente, che può essere svolta tanto dall’elettrodo stesso, quanto da altro componente, in
dipendenza dei materiali e del disegno costruttivo.
La scelta del materiale e della struttura degli elettrodi è fondamentale per i supercondensatori, che debbono la loro
capacità alla quantità ed alla qualità di superficie libera. Inoltre occorre scegliere la dimensione dei pori in modo che sia
facilitato il moto degli ioni in soluzione e la dimensione e forma della parte solida in modo che sia facilitato il percorso
della corrente elettronica.
Anche le sostanze usate come leganti hanno il loro effetto sia sulle porosità che sulla conduzione della corrente.
Il materiale di gran lunga più impiegato per gli elettrodi è il carbonio, che presenta i seguenti vantaggi:
• basso costo
• facile reperibilità
• lunga esperienza nell’impiego
E’ importante che gli elettrodi di carbonio siano dotati di una porosità diffusa di opportune dimensioni, allo scopo di
avere una ampia superficie di contatto con l’elettrolito, facilmente accessibile per gli ioni.
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Figura 7: Superficie di un elettrodo di carbonio (figura sopra) e di nanotubi (figura sotto)
Per aumentare l'area superficiale degli elettrodi si stanno sviluppando materiali contenenti nano tubi di carbonio, mentre
altre ricerche mirano ad ottenere elettrodi composti da film di carbonio nanostrutturato.
La presenza di molti vuoti e canali tra i grani di questo film suggerisce una elevata porosità e una bassa densità del
materiale (misure di riflettività ai raggi X hanno confermato questa ipotesi).
Rispetto alla tecnologia basata sui nanotubi, che richiede una sequenza complessa di passi, la deposizione da fasci
supersonici di cluster appare una tecnica più semplice e versatile.
L'elevata porosità dei film di carbonio nanostrutturato così depositati, fa sì che la grande superficie attiva disponibile
(1400 m2/g) permette di raggiungere i valori seguenti:
- capacità specifica 75 F/g;
- massima densità di energia 76 Wh/Kg;
- massima densità di potenza 506 KW/Kg.
Altri materiali impiegati sono polimeri di vario tipo ed ossidi metallici. I difetti principali sono poca stabilità, per i
primi, ed alto costo, per i secondi.
Altre vie sono quelle di impiegare materiali diversi per i due elettrodi o materiali composti in ciascun elettrodo.
Naturalmente l’attività di ricerca è in pieno fermento e non esistono soluzioni definitive. La soluzione più diffusa
attualmente è con elettrodi di carbonio.
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2.4.2 Elettrolito
La tensione raggiungibile da un supercondensatore è limitata dalla rigidità dielettrica del suo elettrolito.
L’elettrolito può essere di tipo organico o in soluzione acquosa.
L’elettrolito organico consente di raggiungere tensioni dell’ordine di 2 V, ma presenta un’alta resistenza al passaggio
della corrente.
L’elettrolito acquoso non consente di superare tensioni intorno ad 1 V (variabili a seconda della composizione
dell’elettrolito stesso), ma ha una resistenza minore ed è più economico.
La scelta dell’elettrolito e degli elettrodi è interdipendente, perché l’elettrolito determina il tipo, la dimensione e la
mobilità degli ioni, caratteristiche che interferiscono con la dimensione e la struttura superficiale dei pori degli elettrodi.
Le diverse caratteristiche elettriche rendono l’elettrolito organico più adatto per accumulo di energia, quello acquoso
più adatto per alte potenze, come si vede dal diagramma di Ragone nella seguente figura.
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2.4.3 Separatore
Il separatore previene l’insorgere di corti circuiti per contatti metallici tra gli elettrodi e consente, invece, il passaggio
degli ioni. Caratteristiche importanti sono alta resistenza elettrica (per la corrente elettronica), buona permeabilità agli
ioni, spessore sottile.
Con elettroliti organici si usano separatori polimerici o cellulosici, con elettroliti acquosi invece i separatori sono di tipo
ceramico o in fibra di vetro.
2.5 L’aerogel
Un particolare materiale, utilizzato per le sue proprietà , per la costruzione dei supercondensatori è l’aerogel.
L'aerogel è una sostanza allo stato solido simile al gel nella quale il componente liquido è sostituito con gas.
Il risultato è una schiuma solida dalle molte proprietà particolari, la più importate delle quali è l'efficacia
nell'isolamento. Viene soprannominato fumo ghiacciato, fumo solido o fumo blu per la sua trasparenza; al tatto ricorda
la gomma-piuma. L'aerogel fu creato per la prima volta da Steven Kistler nel 1931, come il risultato di una scommessa
con Charles Learned: la scommessa consisteva in chi avrebbe scambiato per primo (fra i due scienziati) il liquido di una
"gelatina" con del gas senza causarne il collassamento. Il primo risultato furono i gel di silice. Per l'aerogel possono
essere usati materiali molto diversi; il lavoro di Kistler portò ad aerogel basati su silicio, alluminio, cromo, e stagno.
Aerogel di carbonio furono sviluppati per la prima volta nel 1990. L'aerogel è la sostanza solida meno densa conosciuta,
ovvero la più leggera per metro cubo; è composta dal 99,8% di aria e dal 0,2% di diossido di silicio (silice), il principale
componente del vetro.
L'aerogel è 1000 volte meno denso del vetro, sopporta altissime temperature ed è un ottimo isolante termico.
Le prime molecole di questo materiale sembrano appartenere ai nostri tempi ma risalgono al 1931, anno in cui Steven
Kistler del College of the Pacific a Stockton (California) cercò di provare che un "gel contiene una matrice solida delle
stesse dimensioni e forma del gel stesso".
Il modo più immediato di provare questa ipotesi era quello di rimuovere la parte liquida dal gel lasciando integra la
parte solida. In realtà se il gel veniva semplicemente fatto asciugare, la struttura collassava, giungendo solo ad una
frazione del volume iniziale, con la rottura della struttura solida. Kistler suppose, correttamente, che la componente
solida del gel fosse microporosa e che l'interfaccia liquido-vapore del liquido evaporante esercitasse delle intense forze
di tensione superficiale, che portavano alla distruzione della struttura dei pori.
Kistler intuì quindi l'aspetto chiave della produzione degli aerogel: sostituire il liquido con aria, facendolo passare
attraverso condizioni supercritiche in cui, pertanto, non fossero presenti contemporaneamente le due fasi e fossero così
assenti le tensioni superficiali.Kistler scoprì il segreto per asciugare il gel evitandone il collasso.
Sottrasse il liquido ad elevate temperature e pressioni, portando il liquido allo stato supercritico, in cui non è più
possibile distinguere tra liquido e gas. Dopo aver creato le condizioni supercritiche, la pressione viene fatta lentamente
diminuire: il fluido supercritico viene quindi espulso dal gel senza i distruttivi effetti dovuti alla tensione superficiale.
Ciò che rimane è un aerogel con il 98% di aria.
L'aerogel di silice, come già visto, viene prodotto per disidratazione di un gel composto da silice colloidale in
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condizioni estreme di pressione e temperatura. Entrando più nello specifico, il processo inizia mescolando con un alcol
liquido quale l'etanolo un precursore Si(OR)4 (alcossido di silicio) che porta alla formazione di gel di silice (sol-gel).
Quindi, sfruttando un processo definito essiccamento supercritico, l'alcol viene rimosso dal gel. Ciò viene tipicamente
realizzato utilizzando acetone, che solubilizza l'etanolo per poi venire entrambe rimossi dalla CO2 supercritica.
Una variante di questo processo implica l'iniezione diretta del diossido di carbonio supercritico nel recipiente
pressurizzato in cui è posto l'aerogel. Il risultato finale consiste nella rimozione di tutta la fase liquida dal gel che viene
rimpiazzata da gas, senza permettere all'intera struttura del gel un collasso o una diminuzione del proprio volume.
Sono stati prodotti aerogel compositi utilizzando una varietà di materiali.
La fibra di vetro è stata utilizzata per rinforzare aerogel compositi conferendogli migliori proprietà meccaniche.
Gli aerogel resorcinolo-formaldeide (aerogel RF) vengono prodotti in modo simile all'aerogel di silice.
L'aerogel di carbonio viene ottenuto da un aerogel RF tramite pirolisi in atmosfera di gas inerte, ottenendo una matrice
di carbonio. È commercialmente disponibile in forma solida, in polvere o in foglio composito.
Al tatto, un aerogel si presenta in modo simile a una schiuma leggera ma rigida.
Nonostante quanto il loro nome possa suggerire, gli aerogel sono materiali secchi e piuttosto che somigliare a un
classico gel le loro proprietà fisiche li rendono più simili a una nanoschiuma.
Una leggera pressione sulla superficie di un aerogel tipicamente non lascia alcun segno; una pressione di maggiore
entità lascerà invece un segno permanente. Una forte pressione può essere in grado di causare la distruzione dell'intera
struttura, con una frantumazione simile a quella di un vetro; questa proprietà è definita friabilità.
Nonostante il fatto che l'aerogel sia soggetto a rompersi, strutturalmente è un materiale molto resistente.
Le sue impressionanti capacità di carico sono dovute alla sua microstruttura dendritica, nella quale particelle sferiche di
dimensioni medie di 2-5 nm sono fuse insieme a formare un cluster. Questi cluster formano una struttura
tridimensionale altamente porosa con catene a forma pressoché di frattale, con pori di dimensioni minori di 100 nm. La
dimensione media e la densità dei pori possono essere controllate durante il processo di produzione.
Gli aerogel sono eccezionali isolanti termici. Sono dei buoni inibitori convettivi perché l'aria non può circolare
all'interno del reticolo. L'aerogel di silice è specialmente un buon isolante per la conduzione di calore grazie al fatto che
la silice è uno scarso conduttore, d'altra parte un aerogel metallico avrà minori proprietà isolanti.
L'aerogel di carbonio è un buon isolante dell'irraggiamento termico, in quanto il carbonio assorbe la luce infrarossa
responsabile del trasferimento di calore. L'aerogel dalle maggiori proprietà isolanti è quello di silice addizionato di
carbonio. A causa della loro natura igroscopica, gli aerogel sono dei forti essiccanti.
Dato che l'aerogel è costituito prevalentemente da aria, esso appare semitrasparente.
Il colore è dovuto allo scattering Rayleigh delle lunghezze d'onda minori dello spettro visibile da parte della struttura
dendritica nanometrica. Questo fenomeno è all'origine della colorazione azzurrognola assunta su uno sfondo scuro e di
quella biancastra su uno sfondo luminoso.
Gli aerogel per loro natura sono idrofili, ma i trattamenti chimici possono renderli idrofobi. Se assorbono umidità
possono andare incontro a modificazioni strutturali, come la contrazione e il deterioramento, ma rendendoli idrofobi è
possibile prevenire questa degradazione. Gli aerogel con la parte interna resa idrofoba sono meno suscettibili alla
degradazione rispetto a quelli in cui è stato reso idrofobo solamente lo strato più esterno, persino nel caso in cui una
crepa ne penetri la superficie. Inoltre i trattamenti idrofobizzanti favoriscono le lavorazioni successive consentendo l'uso
del taglio ad acqua.
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2.5.2 Tipi di aerogel
L'aerogel di silice è il tipo più comune di aerogel e quello più studiato e utilizzato. È una sostanza a base di silice e
ottenuta dal gel di silice. Il solido a minore densità attualmente scoperto è una nanoschiuma di silice avente densità 1
mg/cm3, che è una versione più leggera dell'aerogel dalla densità record di 1,9 mg/cm 3.
A titolo di confronto la densità dell'aria è di 1,2 mg/cm3. L'aerogel di silice assorbe fortemente la radiazione infrarossa.
Sfruttando questa caratteristica è possibile costruire materiali che lascino entrare la luce solare all'interno delle
costruzioni assicurando però l'isolamento termico.
Possiede una conducibilità termica estremamente bassa (da 0,03 W/mK a 0,004 W/mK), che gli conferisce eccellenti
proprietà isolanti. Il suo punto di fusione è di 1200 °C.
Gli aerogel di carbonio sono composti da particelle dell'ordine del nanometro, legate insieme covalentemente.
Possiedono porosità molto elevata (superiore al 50%, con diametro dei pori inferiore ai 100 nm) e area superficiale
compresa tra 400–1000 m2/g; hanno densità compresa all'incirca tra 0,25 mg/cm3 (aerogel a bassa densità) e 0,8 mg/cm3
(aerogel ad alta densità). Spesso vengono prodotti in forma di foglio composito, costituito da fibre di carbonio,
impregnato con aerogel di resorcinolo-formaldeide e pirolizzato.
In relazione alla densità, gli aerogel di carbonio possono essere conduttori elettrici, caratteristica che rende il foglio
composito di aerogel utile per la produzione di elettrodi utilizzati ad esempio nei condensatori. Grazie alla loro area
superficiale estremamente elevata, gli aerogel di carbonio sono utilizzati nella creazione dei supercondensatori,
dispositivi in grado di raggiungere valori di capacità elettrica di migliaia di farad. Gli aerogel di carbonio assorbono
fortemente la radiazione infrarossa, riflettendo solamente lo 0,3% della radiazione compresa tra i 250 nm e 14,3 µm, e
questa loro proprietà li rende efficienti nell'immagazzinare l'energia solare.
Il termine "aerogel" viene utilizzato impropriamente per indicare anche masse di nanotubi di carbonio ricche di aria e
prodotte tramite tecniche di chemical vapor deposition. Da tali materiali si possono ottenere fibre di resistenza superiore
del kevlar e con proprietà elettriche caratteristiche. Questi materiali non sono aerogel, in quanto non possiedono una
struttura interna monolitica e una struttura porosa regolare caratteristica degli aerogel.
La causa più importante di dissipazione di energia in un supercondensatore è fornita dalla resistenza interna, che
comprende le resistenze dei vari componenti attraversati dalla corrente.
In un circuito equivalente semplice si può disegnare un condensatore ideale, collegato in serie ad una resistenza,
somma dei diversi contributi suddetti. Tra questi ricordiamo i più evidenti, che sono:
• resistenza dell’elettrolito;
• resistenza dei due elettrodi;
• resistenza di contatto tra elettrodi e collettori di corrente.
Tutti questi fattori debbono essere mantenuti al minimo, in sede di progetto, al fine di ottenere la massima energia
immagazzinabile e la minima dissipazione.
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2.6.1 Dipendenza dalla frequenza
Il principio di funzionamento dei supercondensatori è basato sulla mobilità degli ioni nelle porosità degli elettrodi.
Figura 9: Dipendenza della capacità dalla frequenza per diverse dimensioni dei pori
Per questo motivo, come si vede dalla figura, la capacità diminuisce all’aumentare della frequenza,
via via cioè, che si richiede l’aumento della velocità del moto degli ioni. Questa caratteristica rende
meno attraenti i supercondensatori per l’impiego in elettronica, ma non altera sostanzialmente la
loro funzione come accumulatori di energia.
Per le loro caratteristiche specifiche, i supercondensatori occupano un’area specifica del diagramma di Ragone, come si
vede dalla figura seguente.
Infatti si può notare da un punto di vista grafico la differenza di potenza specifica tra i supercondensatori, i condensatori
e le celle a combustione.
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Figura 10: Diagramma di Ragone per alcuni sistemi di accumulo
I condensatori a doppio strato, rispetto alle batterie elettrochimiche, non sono soggetti ad usura, in quanto, al contrario
degli accumulatori elettrochimici, le operazioni di carica e scarica non comportano modifiche ai loro componenti, ma
solo movimento di cariche elettriche: sopportano più di 500 000 cicli di carica/scarica con una durata di vita minima di
10 anni, senza che la capacità si modifichi in funzione del tempo.
Le prime applicazioni di supercondensatori di bassa potenza furono per impieghi in circuiti di backup di piccoli
apparecchi ad uso privato, rivelandosi vantaggiosi per la lunga durata a cicli e per la possibilità di effettuare cariche e
scariche in tempi molto brevi.
I progressi recenti hanno portato ad una notevole riduzione della resistenza interna e quindi alla possibilità di impiego
per potenze più elevate.
I criteri di dimensionamento sono di fondamentale importanza per la scelta del supercondensatore più adatto
all’impiego per cui è richiesto.
2.7.1 Serie-parallelo
Per molte applicazioni sono necessari livelli di tensione più alti di quelli tipici del supercondensatore. In questi casi si
ricorre all’accoppiamento in serie di un numero sufficiente di elementi. E’ chiaro che aumenta anche la resistenza in
serie. Se occorre ridurla, si possono collegare in parallelo più stringhe di condensatori.
Per la resistenza totale valgono le legge di calcolo della resistenze serie-parallelo.
Per il calcolo della capacità totale valgono invece le formule dei condensatori tradizionali. Altro vantaggio
dell’accoppiamento in parallelo è l’aumento dell’energia accumulabile e dei picchi di potenza erogabili.
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I costruttori forniscono dei tabulati, mediante i quali si possono scegliere le soluzioni più convenienti, in base ad input,
come energia, potenza e resistenza interna.
La presenza di molti elementi collegati in serie ed in parallelo comporta che, se si sommano le piccole differenze
comunque esistenti tra un elemento e l’altro, sia nei valori di tensione che di resistenza interna, si possono raggiungere
localmente livelli di tensione eccessivi, anche maggiori della tensione massima ammessa per ciascun elemento e quindi
provocare la distruzione dell’elemento in questione e, in cascata, di tutti o gran parte degli elementi del banco. Occorre
quindi un circuito di compensazione della tensione. Le soluzioni adottate sono:
• inserimento di una resistenza in parallelo a ciascun elemento, con la conseguenza di un passaggio continuo di corrente,
che aumenta le dispersioni di energia;
• inserimento di un diodo zener, in grado di condurre corrente solo in caso di sovratensione;
• impiego di un convertitore DC/DC indipendente per ciascun elemento.
Occorre sempre considerare la necessità di un regolatore di tensione, per il fatto che la quantità di
carica accumulata è proporzionale alla tensione e quindi la carica e la scarica del supercondensatore avvengono sempre
con una salita o discesa della tensione ai morsetti.
Un altro sistema di accumulo di energia, da affiancare a quello chimico tipico delle batterie, è l’immagazzinamento di
energia sotto forma di campo elettrostatico di un supercondensatore.
La densità di energia accumulabile in un supercondensatore è sicuramente minore di quella immagazzinata da una
batteria ma, poiché la velocità di scarica di un supercondensatore è molto più alta di quella di una batteria, un
supercondensatore è in grado di fornire potenze molto più elevate.
In un supercondensatore, com’è noto, l’energia accumulata è esprimibile dalla relazione:
E = (1/2)CV2
dove C è la capacità del condensatore ed è direttamente proporzionale all’area delle piastre e inversamente
proporzionale alla distanza fra loro. Quindi, possiamo immagazzinare tanta più energia in un condensatore, quanto più è
grande la sua capacità. Le operazioni di carica e scarica dei supercondensatori avvengono accumulando e separando
cariche opposte. Per la scarica degli ultracapacitori, un carico è applicato tra i due terminali, così che le cariche
elettriche possono fluire attraverso esso.
Tabella 2: Valori riguardanti la tecnologia dei supercondensatori allo stato attuale per un’unità di cella di 1 cm 2.
Fra le varie soluzioni di inserire i supercondensatori all’interno di una struttura veicolare, segnaliamo quella serie, che
consiste nell’inserire il supercondensatore fra i due stadi del convertitore bi-stadio interposto fra batteria e motore
(figura seguente).
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Figura 12: Inserimento di un supercondensatore in serie alla batteria
Un’altra soluzione è quella che prevede un inserimento del supercondensatore in parallelo alla batteria e che viene
collegato e scollegato al momento opportuno attraverso un interruttore.
Analogamente ai volani, i superconduttori vengono caricati quando l’energia fornita al veicolo è superiore a quella
richiesta, oppure quando il veicolo è dotato di un sistema di frenatura a recupero di energia in grado di ricaricare sia i
condensatori che le batterie principali. E’ però necessario in tal caso un dispositivo che impedisca il sovraccarico delle
batterie per evitarne il danneggiamento. L’energia che si accumula durante la carica può anche essere fornita anche in
tempi molto brevi, o addirittura ad impulsi. Esistono varie strategie di controllo utilizzate nell’utilizzo dei
supercondensatori in applicazioni veicolari. La più utilizzata è la strategia di controllo on/off.
In tal caso il supercondensatore fornisce tutta la potenza richiesta in eccesso alla potenza nominale della batteria se il
suo stato di carica supera un certo valore minimo , tipico del 25 %. Quando invece la potenza richiesta dal veicolo è
inferiore alla potenza nominale, la potenza in eccesso è utilizzata per caricare il condensatore.
L’energia proveniente dal recupero in frenatura è invece utilizzata per ricaricare il condensatore se esso non è del tutto
carico, altrimenti, viene utilizzato per ricaricare la batteria oppure viene dissipata nei freni.
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Figura 14: Strategia di controllo on/off
Un’altra strategia di controllo molto utilizzata è quella ad isteresi che consiste nel mantenere la potenza fornita dalla
batteria in un certo margine, durante le fasi in cui il veicolo sorpassa, è fermo o frena.
La semiampiezza della banda d’isteresi è scelta intorno ad un valore del 25%.
Il supercondensatore fornisce potenza quando quella richiesta è maggiore del 25% della potenza nominale della batteria,
mentre ne riceve quando è inferiore al 25%.
22
3 Confronto fra batterie, supercondensatori e volani
I supercondensatori hanno diversi vantaggi rispetto alle batterie: possono idealmente funzionare per un numero infinito
di cicli di carica e scarica, non richiedono manutenzione, funzionano bene ad elevate velocità di scarica, si ricaricano
velocemente e non hanno un negativo impatto ambientale. Come vantaggi dei supercondensatori, possiamo segnalare
inoltre la completa assenza di parti mobili e un ciclo di vita molto lungo. Hanno una potenza specifica molto alta e la
capacità di immagazzinare la gran quantità d’energia della frenatura a recupero a velocità molto elevate.
D’altra parte però i supercondensatori hanno un’energia specifica bassa (vedi diagramma di Ragone ) e la loro
tecnologia è molto meno matura di quella delle batterie. Ulteriori ricerche e sviluppi si devono compiere prima che
siano pronti per la commercializzazione a bordo degli HEV e degli EV.
I volani immagazzinano molto efficientemente l’energia e per l’alta potenza specifica possono compararsi con le
batterie. Non si degradano con il tempo quando soggetti a temperature molto alte o molto basse; per contro hanno
un’energia specifica bassa. Ci sono problemi di sicurezza associati ai volani, dovuti alla loro alta velocità di rotazione e
alla possibilità che, in caso di guasto, possano rilasciare tutta l’energia in modo incontrollato.
I volani non sono una tecnologia matura quanto le batterie chimiche e il costo corrente è troppo alto.
Energia
Densità Numero Tempi
specifica di
di potenza di cicli di scarica
volume
(W/dm3) carica/scarica (s)
(Wh/dm3)
23
Figura 16: Confronto tra supercondensatori, volani e batterie in termini di energia specifica e potenza specifica
4 Nanotubi di carbonio
I progetti più avanzati della nanotecnologia relativi all'energia sono: immagazzinamento, conversione, miglioramenti
della produzione riducendo materiali e prezzi del processo, risparmiare energia (tramite un migliore isolamento termico
per esempio), e accrescere le fonti di energia rinnovabile.
Nel 1985 il chimico americano Richard E. Smalley ha scoperto che, in particolari situazioni, gli atomi di carbonio
compongono delle strutture ordinate di forma sferica, i fullereni. Il fullerene è un allotropo molecolare del carbonio.
La struttura, dopo un successivo rilassamento, tende ad arrotolarsi su sé stessa, ottenendo la tipica struttura cilindrica:
questi sono i nanotubi di carbonio. I Nanotubi possono essere visti analogamente al fullerene come una delle forme
allotropiche del carbonio.
Esistono vari nanotubi, a grandi linee si possono suddividere in due tipi:
nanotubo a parete singola o SWCNT (Single-Wall Carbon NanoTube): costituito da un singolo foglio grafitico
avvolto su sé stesso;
nanotubo a parete multipla o MWCNT (Multi-Wall Carbon NanoTube): formato da più fogli avvolti
coassialmente uno sull'altro.
Il corpo del nanotubo è formato da soli esagoni, mentre le strutture di chiusura sono formate da esagoni e pentagoni,
esattamente come i fullereni. Per questa ragione i nanotubi possono essere considerati come una specie di fullereni
giganti. Proprio per questa conformazione di esagoni e pentagoni, i nanotubi presentano spesso dei difetti strutturali o
delle imperfezioni che deformano il cilindro. Il diametro di un nanotubo è compreso tra un minimo di 0,7 nm e un
massimo di 10 nm. L’elevatissimo rapporto tra lunghezza e diametro (nell’ordine di 10 4) consente di considerarli come
24
delle nanostrutture virtualmente monodimensionali, e conferisce a queste molecole delle proprietà veramente peculiari,
che vedremo in seguito.
Il primo a scoprire un nanotubo è nel 1991 il Giapponese Sumio Iijima, ricercatore della NEC Corporation, la nota
industria elettronica nipponica.
A partire dalla scoperta dei nanotubi sono stati fatti numerosi studi per determinare le loro proprietà fisiche e chimiche,
sia per sperimentazione diretta sui campioni, sia utilizzando delle simulazioni al computer.
Allo stesso tempo i ricercatori stanno sviluppando dei sistemi efficaci per poter sfruttare queste proprietà in vista di
un’applicazione pratica. Il nanotubo a singola parete è un materiale molto resistente alla trazione.
Possiede delle interessanti proprietà elettriche: a seconda del suo diametro oppure della sua chiralità (cioè il modo con
cui i legami carbonio-carbonio si susseguono lungo la circonferenza del tubo) può essere o un conduttore di corrente,
come un metallo, o un semiconduttore, come il silicio presente nei microchip, aprendo così le porte alla ricerca di nuovi
metodi di costruzione nel campo dell'elettronica, realizzando chip sempre più piccoli in dimensioni e veloci in
prestazioni.
I possibili utilizzi sono: transistor, LED, Laser a ultravioletti,supercondensatori, attuatori ecc.
25
4.2 Resistenza meccanica
La resistenza meccanica di un corpo dipende da numerosi fattori, tra i quali la forza dei legami atomo-atomo del
materiale costruttivo e l’assenza di difetti strutturali nel reticolo. La presenza di difetti gioca un ruolo fondamentale nei
processi di rottura per trazione, dato che per rompere un corpo completamente privo di difetti sarebbe necessario
vincere nello stesso istante tutte le forze di coesione di tutta la superficie perpendicolare alla direzione di trazione.
Nella realtà la presenza di difetti diminuisce enormemente la forza necessaria a rompere l’oggetto.
Per portare a rottura un nanotubo privo di difetti occorre quindi spezzare tutti i legami ibridizzati carbonio-carbonio che
lo compongono. La tensione di rottura di un nanotubo a singola parete privo di difetti è quindi paragonabile al valore
teorico corrispondente al legame carbonio-carbonio in un anello benzenico; questa caratteristica lo rende il materiale
organico più resistente, in grado di rivaleggiare con materiali inorganici monocristallini (i cosiddetti whiskers).
Una fibra sintetica costituita da nanotubi di carbonio sarebbe quindi la più resistente mai realizzata.
È stato calcolato che un nanotubo ideale avrebbe una resistenza alla trazione 100 volte più grande di quella di una
barretta d’acciaio ma con un peso 6 volte minore. Se le proprietà di resistenza vengono rapportate alla densità del
materiale (la cosiddetta resistenza specifica), allora possiamo affermare che il nanotubo è il miglior materiale che
l'ingegneria abbia prodotto. Inoltre va ricordato che i nanotubi non sono solamente resistenti alla rottura per trazione,
ma sono anche molto flessibili.
L’estrema resistenza, unita alla loro flessibilità, li rende ideali per l’uso come fibre di rinforzo nei materiali compositi
ad alte prestazioni, in sostituzione delle normali fibre di carbonio, del kevlar o delle fibre di vetro.
Alcune applicazioni che per il momento potrebbero apparire fantascientifiche sono l’uso dei nanotubi per la costruzione
di nanomacchine (addirittura di pinze per “afferrare” gli atomi), oppure la realizzazione di una fune chilometrica, la cui
resistenza consentirebbe di costruire un ascensore per lo spazio.
I nanotubi possono essere trattati in maniera da diventare estremamente sensibili alla presenza di campi elettrici ad alto
voltaggio. Infatti essi reagiscono a tali campi piegandosi fino a 90°, per riprendere la forma originale non appena il
campo elettrico viene interrotto. Le sperimentazioni in tal senso hanno dimostrato che è possibile influenzare la
frequenza di risonanza naturale del nanotubo, la quale dipende dalla lunghezza, dal diametro (come per qualsiasi
sistema dinamico) e dalla morfologia; tale interessante proprietà potrebbe essere sfruttata in numerose applicazioni di
nanotecnologia (nanobilance e nanoattuatori elettromeccanici).
4.4 Conduttività
La struttura elettronica dei nanotubi è molto simile a quella della grafite, dotata di buone capacita di conduzione in
direzione planare, e sarebbe quindi lecito aspettarsi un comportamento simile da parte dei nanotubi.
I nanotubi hanno invece mostrato delle sorprendenti proprietà di conduttività che cambiano secondo la loro geometria:
alcuni mostrano un comportamento metallico, altri comportamento metallico o semiconduttore a seconda dei casi.
È stato notato anche che, in determinate condizioni, gli elettroni possono passare all’interno di un nanotubo senza
scaldarlo (fenomeno detto conduzione balistica). Queste proprietà rendono i nanotubi molto interessanti per lo sviluppo
di nanocavi o cavi quantici, che potrebbero affiancare il silicio nel campo dei materiali per l’elettronica, e consentire il
passaggio dalla microelettronica alla nanoelettronica. È stato calcolato infatti che un processore realizzato tramite
26
transistor di nanotubi potrebbe facilmente raggiungere i 1000 GHz, superando tutte le barriere di miniaturizzazione e di
dissipazione termica che l'attuale tecnologia al silicio impone. Per fare ciò occorrerebbe però sviluppare una tecnica di
produzione di nanotubi di forme e dimensioni diverse e strettamente controllabile, cosa che al momento è ancora
impossibile, oltreché la capacità di realizzare contatti giunzioni e circuiti in enorme quantità, per ottenere economie di
scala ed abbattere i costi di produzione.
Le proprietà di conduzione dei nanotubi può essere variata drogandoli, ovvero inserendo nella loro struttura degli atomi
aventi le caratteristiche ricercate. Tra i risultati più interessanti in questo campo c’è un diodo nanometrico formato da
due nanotubi che permette appunto il passaggio della corrente in un senso ma non in quello opposto.
I nanotubi possono essere sintetizzati utilizzando diverse tecniche più o meno complesse grazie alla vaporizzazione del
carbonio e all’utilizzo del laser. Ciò che accomuna i vari processi è il risultato: una grande frazione dei nanotubi
prodotti presenta imperfezioni che li rendono praticamente inutilizzabili. Nasce cosi la necessità di purificare il
prodotto. I sistemi di purificazione sono numerosi, ma presentano tutti il problema di non essere in grado di separare i
nanotubi ideali senza danneggiarli. Purificazioni molto spinte possono portare ad una perdita consistente dei nanotubi
prodotti e possono danneggiare seriamente la loro morfologia iniziale (alcune tecniche presentano livelli di scarto
superiore al 90%). Tutto questo provoca un costo di produzione elevatissimo che porta la ricerca ad essere limitata ai
grandi centri di studio e sviluppo.
4.6 Innovazioni
Alla Case Western Reserve University si sta lavorando alla creazione di nanotubi auto assemblanti;
All'Università della California cercano di impiantare neuroni di topo (prelevati dall'ippocampo) su uno strato di
nanotubi a parete multipla con lo scopo di sperimentare interfacce neuro-informatiche;
Al Massachusetts Institute of Technology stanno sviluppando batterie innovative basate su nano tubi;
27
Chris Cox, un innovatore architettonico, recentemente ha adottato il nanotubo come elemento strutturale in un
progetto vincente del recentemente acclamato architetto Emrson Prosser;
Un progetto (NaPhoD) nato dalla collaborazione di alcune università europee sta lavorando all'inserimento di
molecole organiche fotoattive all'interno di nanotubi di carbonio;
Il dipartimento di chimica e scienze ambientali del New Jersey Institute of Technology (USA) ha annunciato
risultati che fanno intravedere la possibilità di creare celle fotovoltaiche molto economiche basate su nanotubi
di carbonio (2007).
Sono in corso numerosi studi per verificare la possibilità di rischi per la salute dovute all'ingestione o all'inalazione di
nanotubi. Recentemente alcuni di questi hanno evidenziato che cavie animali subiscono infiammazioni e lesioni ai
polmoni simili a quelle dovute all'amianto se esposte a particolari tipologie di nanotubi.
Considerata la novità di queste tecnologie, si tratta naturalmente di studi da approfondire e deve essere ancora verificato
se tali effetti evolvano poi in forme cancerose.
28
5 Applicazioni
La tempra consiste nel riscaldamento dell’acciaio sopra il punto critico (di circa 50-70°C), nel mantenimento a tale
temperatura per un tempo sufficiente da avere una struttura austenitica, quindi nel raffreddamento con velocità superiori
alla velocità critica superiore di tempra, cosi da avere a temperatura ambiente la struttura martensitica caratterizzata da
grande durezza e fragilità.
Il rapido raffreddamento necessario alla tempra dell’acciaio si ottiene immergendo il pezzo in un bagno temprante che
può essere costituito da acqua, aria eventualmente soffiata, olio, soluzioni saline,metalli fusi, ecc.. .
Il bagno di tempra è scelto in base all’attitudine alla tempra dell’acciaio, attitudine che può essere caratterizzata in
termini di temprabilità o penetrazione di tempra, che dipende dalle variazioni di durezza dalla superficie al cuore dei
pezzi ed è influenzata dal tenore di carbonio e dagli eventuali elementi in lega. In base a questi ultimi è possibile
dividere l’acciaio in :
- acciai che si temprano solo in acqua (con indurimento localizzato alle sole zone superficiali); tale mezzo è tipico per
gli acciai al solo carbonio;
- acciai che si temprano in olio (con indurimento profondo); tipico degli acciai legati (per esempio al nichel, cromo e
molibdeno);
- acciai che si temprano in aria (a minima distorsione); tale mezzo è tipico degli acciai con significative quantità di
elementi in lega, i cosiddetti acciai autotempranti.
Poiché la trasformazione austenite-martensite avviene con aumento di volume (intorno al 4%) ed in modo pressochè
istantaneo, il trattamento di tempra induce negli acciai sforzi interni anche rilevanti che possono portare a deformazioni
o addirittura alla rottura dei pezzi o alla formazione delle cosiddette cricche di tempra. Per ridurre questi effetti sono
stati messi a punto particolari trattamenti termici di tempra come per esempio la tempra bainitica o la tempra
martensitica differita oppure si opera un riscaldamento a bassa temperatura del materiale.
Particolari tipi di tempra sono quelle che svolgono trattamenti termici superficiali; uno di questi dove vengono sfruttate
le particolari proprietà dei supercondensatori è la tempra ad induzione.
La tempra ad induzione sfrutta le proprietà delle correnti indotte di alta frequenza di distribuirsi solo nello strato
sottostante la superficie di un materiale metallico. Il pezzo di acciaio (tipicamente di forma cilindrica) viene fatto
passare all’interno di una bobina induttrice opportunamente sagomata (si realizza in tal modo per effetto joule un
rapidissimo riscaldamento superficiale dell’acciaio al di sopra del punto Ac3, mentre il cuore rimane freddo), per poi
introdurlo immediatamente in un bagno di tempra.
La profondità di indurimento dipende dalla potenza elettrica specifica usata e dal tempo.
L’esperienza consiglia di adottare elevate potenze specifiche per brevi tempi, qualora si debbano realizzare profondità
di penetrazione di tempra limitate; potenze inferiori, ma tempi più lunghi, per profondità di penetrazione maggiori.
Tra le lavorazioni che si possono eseguire con i supercondensatori abbiamo dei processi con impulsi di potenza anche
elevate raggiungibili con la scarica con elevata intensità di corrente.
Il processo è caratterizzato da alte densità di potenza e di riscaldamento e i tempi sono dell'ordine di alcune decine o
centinaia di millisecondi.
29
Controllando la forma degli impulsi è possibile ottenere la temperatura migliore per la specifica lavorazione; la loro
forma, i parametri di circuito, le fasi di riscaldamento e raffreddamento possono essere analizzate e rappresentate con
modelli che consentono delle previsioni sulle caratteristiche di ogni specifica lavorazione.
Dall’articolo da cui è tratto questo capitolo le misure di prova sono state effettuate, variando la forma dell’impulso, su
campioni di acciaio. Negli ultimi anni sono stati effettuati molti studi sulla tempra ad impulso ad induzione
caratterizzata da processi di potenza ad alta densità, alte frequenze (qualche MHz), con intervalli di riscaldamento da
decine a centinaia di millisecondi, e da velocità di raffreddamento, necessario per stabilizzare la struttura del grano,
ottenute senza mezzi ausiliari .
Studi più recenti hanno dimostrato la possibilità di effettuare tipologie di tempra superficiale con impulsi anche a
frequenze di 400 - 500 kHz.
Per l'indurimento di alcune decine di cm² di superficie la potenza in ingresso ad alta frequenza può raggiungere valori
di picco fino a diverse centinaia di kW.
Dato che in pratica tali condizioni di lavoro sono molto onerose , la soluzione per riuscire a svolgere efficacemente un
processo di indurimento a impulso, ad alta frequenza, può essere quello di sfruttare la scarica di una batteria di
condensatori ; inoltre, questo sistema è particolarmente adatto per un rigoroso controllo dell'energia trasferita al pezzo
a ogni impulso, e pertanto può assicurare trattamenti termici uniformi .
La quantità di calore ceduto al pezzo sottoposto al trattamento dipende dalla intensità del campo magnetico ad alta
frequenza ed è possibile controllare il valore della potenza, la durata del tempo di distribuzione e il conseguente ciclo
di riscaldamento sul pezzo in lavorazione attraverso il controllo dell’intensità del campo durante il processo.
In questi processi si è visto che la possibilità di realizzare diverse distribuzioni della temperatura avviene per mezzo di
una scelta più conveniente, basata sul tipo di lavorazione, dei parametri del circuito che comprende la batteria di
condensatori.
La figura illustra il circuito di base utilizzato per la generazione degli impulsi ad alta frequenza :
30
I suoi principali elementi sono i seguenti:
1) rete di alimentazione;
2) controllore HV di alimentazione del circuito raddrizzatore per la ricarica del banco di condensatori a tensione V;
3) resistenza di limitazione;
4) banco di condensatori di capacità C;
5) interruttore che collega il dispositivo thyratron e la banca di condensatori al circuito di scarica;
6)L induttanza del circuito di scarico;
7) R resistenza equivalente del generatore ad alta frequenza;
8) valvola triodo;
9) trasformatore di frequenza;
10)punto di lavoro della bobina e del corpo da trattare.
Il valore della scarica di corrente della batteria di condensatori, dipende dai valori della capacità C, induttanza L, dalla
resistenza R e dalla tensione di alimentazione.
Nel caso sovrasmorzato (R> 2 L / C) la corrente di scarica è data da :
L’andamento dell’intensità del campo magnetico sulla superficie del pezzo è dato dalla seguente equazione :
dove si ha :
Ho ≈ K*f*Co*V;
f frequenza;
Co capacità del generatore;
K coefficiente che dipende dalle caratteristiche del generatore ad alta frequenza,dalle caratteristiche del
trasformatore,dalle bobine, dal pezzo di materiale sottoposto alla lavorazione e dalla frequenza di lavoro.
31
Figura 20: Andamento della funzione Ki(t) per vari valori dei parametri del circuito di scarica
( curva a,1: C = 130 µF. curva b,2 : C = 195 µF. curva c,3 : C = 260 µF. curva d,4 : C = 390 µF)
Osservando il grafico e le espressioni sopra esposte si può osservare che durante il processo il controllo è possibile
attraverso una opportuna scelta della tensione e dei parametri del circuito di scarica.
Ciò rende anche possibile lavorare entro certi limiti con la potenza e la distribuzione della temperatura cosi da poter
ottenere le specifiche richieste per lavorare il pezzo nel modo ottimale.
Nell’articolo, l'analisi del riscaldamento e raffreddamento nel corpo da trattare, è di fondamentale importanza per
valutare il tempo di riscaldamento, potenza e profondità indurimento. L’analisi è stata realizzata attraverso un
programma di calcolo su un modello cilindrico, tenendo conto delle variazioni della superficie e di intensità del campo
magnetico, secondo le espressioni citate in precedenza.
Con le rapide variazioni di temperatura e dell’ intensità del campo magnetico da punto a punto, all’interno del cilindro,
durante il riscaldamento il programma è in grado di descrivere parametri elettrici e termici dipendenti dalla
temperatura locale (resistività elettrica, calore specifico e la conducibilità termica) .
Il programma precedente è stato utilizzato per analizzare l'influenza dei parametri del circuito di scarica sulla
distribuzione della temperatura e sulla profondità a cui può essere fatto l’indurimento del nostro materiale;una prova di
questo tipo è stata fatta su campioni di acciaio con diametro di 15 mm su cui la temperatura superficiale variava da 900
a 1250 °.
L'analisi ha mostrato che la potenza attiva trasferita al cilindro,con andamento come da figura 21 , aumenta durante il
"fronte" iniziale, ha un valore di picco generalmente nel range tra 10 e 20 kW/cm2 e diminuisce progressivamente a
valori relativamente bassi durante la "coda" (vedi fig. 21).
32
Figura 21: Densità di potenza trasferita al corpo durante la fase di riscaldamento( - . – L = 0.5 H; --- L = 10 H;
Caso a: C = 260µF; Ho = 2.250 A/cm. Caso b: C = 130 µF; Ho = 2.650 A/cm. Caso c: C = 130µF; Ho = 1.700
A/cm. Cases D, I: C = 260 µF; Ho = 1.700 A/cm. Case E: C = 130 µF; Ho = 2.250 A/cm. Cases F, G: C = 195 µF;
Ho = 1.900 A/cm. Case H: C = 130 µF; Ho = 2.250 A/cm(L = 9.83 H))
Le curve evidenziano la possibilità di poter modificare il processo, in particolare la parte anteriore della curva agendo
sul valore dell’induttanza e la coda della curva agendo sulle capacità; inoltre variando la tensione di alimentazione del
banco di condensatori si può variare l’ampiezza del campo magnetico Ho.
Infatti, come mostrato in figura 22, per un dato valore di Ho, il valore di picco non è fortemente influenzato dalla
capacità ma è considerevolmente alterato dalla induttanza.
Figura 23: Valore di picco della densità di potenza trasferita al pezzo durante il ciclo di riscaldamento
in funzione dell'intensità del campo magnetico per vari parametri del circuito di scarica
33
L’analisi ha anche evidenziato che le distribuzioni della potenza per unità di volume all’interno del cilindro sono,
durante il riscaldamento, del tipo come in figura 24.
Figura 24: distribuzioni di densità di potenza all'interno del pezzo in lavorazione per diversi stadi del
ciclo di riscaldamento. Tempo (in ms) e temperatura superficiale (in °C) vengono visualizzati su ogni curva.
Queste distribuzioni sono caratterizzate da penetrazione in profondità delle fonti di calore ridotte (tra 0,1 e 0,2 mm) e
da intensità vicino alla superficie fino a 1000 kW/cm3 fin dall'inizio del riscaldamento, e di conseguenza nelle zone
più in profondità(fino a 0,65-0,85 mm) la densità di potenza durante la coda è molto bassa.
L’influenza dei parametri del circuito di scarica sul transitorio termico lungo il raggio e nel tempo è rappresentato in
figura 25(a)(c) dove sono rappresentati i valori della temperatura in funzione del tempo per diverse distanze x dalla
superficie del cilindro.
34
Figura 25: Distribuzione della temperatura durante il ciclo di riscaldamento a diverse distanze x dalla superficie
del cilindro e per diverse condizioni di riscaldamento. (A) Riscaldamento in condizioni di calcolo come nei casi di
A, B e C nella fig. 21; (B) condizioni di riscaldamento come nei casi D ed E nella fig. 21. (C) condizioni di
riscaldamento come nei casi F e G nella figura 21.
35
I diagrammi specificano anche quali punti durante il riscaldamento superano la temperatura di trasformazione e per
quanto rimangono sopra ad essa.
L'analisi è limitata alla fase iniziale di riscaldamento e di raffreddamento perché la velocità di raffreddamento è
sempre superiore della velocità critica in praticamente tutti gli strati dove si è al di sopra della temperatura di
trasformazione. In particolare in figura 25(a) si possono osservare esempi tipici di distribuzioni della temperatura che
dimostrano la diversità dei valori, per profondità che vanno da 0,15 a 1,00 mm.
La figura 25(b) è caratterizzata da due diversi valori della capacità C e di conseguenza da differenti temperature sul
profilo del pezzo sottoposto al processo. Come mostrano le curve la stessa profondità di indurimento può essere
ottenuta con determinati valori di Ho e della temperatura massima di superficie i quali possono incrementare la discesa
del valore della capacità. Di conseguenza, quando si ottengono valori elevati della profondità di indurimento sono
necessari elevati valori della capacità per evitare il verificarsi di micro-fusioni sulla superficie.
La figura 25(c) rappresenta l’influenza della variazione della induttanza; infatti un rapido aumento della temperatura
durante la parte anteriore della curva di riscaldamento e un piccolo aumento della profondità dello strato indurito sono
la conseguenza di un aumento considerevole dell’induttanza.
36
5.1.3 Previsione della profondità di indurimento e misurazioni
Dalla analisi che precede, sembra possibile prevedere con precisione la profondità dello strato indurito e il
corrispondente valore della durezza. Ciò può essere ottenuto con la conoscenza del comportamento del materiale da un
punto di vista metallurgico e dall’analisi della distribuzione della temperatura, valutando quali punti durante il
riscaldamento superano la temperatura di trasformazione.
Tale analisi, effettuata automaticamente dal programma, dà schemi analoghi a quelli della fig. 26 e mostra la
distribuzione della temperatura all'interno del cilindro in diverse fasi sia durante il riscaldamento e sia durante il
raffreddamento.
Figura 26: Distribuzione della temperatura all'interno del cilindro in varie fasi ciclo di riscaldamento.
Condizioni di riscaldamento come per i casi A e D di fig. 21
Le curve mostrano un aumento di calore verso l’interno degli strati e una diminuzione della temperatura vicino alla
superficie. Di conseguenza, la profondità dello strato con temperatura sopra alla temperatura di trasformazione aumenta
fino a un massimo che, a causa della elevata velocità di raffreddamento, può essere considerato come “profondità di
tempra calcolata” indicato col simbolo ∆.
I risultati del calcolo sono riassunti nella fig. 27, dove è rappresentata la profondità di indurimento in funzione della
intensità del campo magnetico Ho e della temperatura massima della superficie θm il tutto per diversi valori della
capacità C, con il circuito di scarica avente i parametri R e L costanti.
37
Figura 27 : Relazione tra profondità di indurimento, intensità del campo magnetico ad alta frequenza e
temperatura massima di superficie per vari valori della capacità C. f = 450 kHz; R = 550 Ω, L = 0,2 H ;L = 0.5 H.
Il lavoro sperimentale è stato condotto utilizzando un generatore di costruzione convenzionale, modificato per un
funzionamento ad impulso con frequenza di lavoro di 450 kHz, e la resistenza equivalente R = 550Ω , una induttanza
L di circa 0,2 H e con un banco di condensatori (C capacità fino a 260 µF e carica di tensione fino a 17 kV), in grado
di una quantità di energia immagazzinata fino a circa 40 000 J.
La durata degli impulsi ad alta frequenza sono stati registrati utilizzando un voltmetro magnetico calibrato e un
oscilloscopio di memoria. Il valore della temperatura sulla superficie è stata registrata convertendo la radiazione emessa
dal pezzo, in segnali elettrici attraverso l’utilizzo di un pirometro ottico.
In particolare, nella fig. 25 (a) alcuni punti sperimentali dedotta dalla registrazione della temperatura sulla superficie
sono confrontati con le curve calcolate. In Fig. 28 sono rappresentati alcuni profili di micro-durezza tipici dove le
condizioni sperimentali sono state più vicine alle ipotesi del modello unidimensionale.
Le curve mostrano che le scelte diverse dei parametri del circuito di scarica possono dare una certa profondità di
indurimento, ma con diverse forme del profilo di durezza.
In realtà, la profondità di indurimento, come al solito corrispondente ad un valore minimo di 550 HV, è sempre in
buon accordo con il teorico valore previsto, considerando il livello in cui la temperatura è salita al di sopra di un valore
critico (qui assunto a circa 8.000º C).
Tuttavia, la durezza del profilo dipende anche dal tempo trascorso al di sopra di questa temperatura, che è diversa da
punto a punto. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle piccole profondità di indurimento , dove i profili di durezza
mostrano un improvviso calo mano a mano che si va vicino al bordo interno dello strato indurito. Inoltre, l’analisi micro
strutturale mostrata in figura 29 rappresenta una struttura uniforme con assenza di una zona di transizione.
Nei casi in cui i valori di durezza mostrano un graduale decadimento (vedi curva D figura 28) è presente una struttura
meno omogenea e appare una regione di transizione.
38
Figura 28: Profili di durezza a differenti condizioni di riscaldamento. f = 450 kHz; R = 550 Ω, L = 0.2 H. A, B, D,
E: condizioni di riscaldamento corrispondenti ai punti sperimentali della figura 27
Figura 29: Microstruttura dello strato indurito con condizioni sperimentali di riscaldamento come nel caso B in
figura 28 e 29; profondità di indurito ∆ ≈ 0.62 mm
Ulteriori prove sono state eseguite su un progetto per la distribuzione della temperatura durante il transitorio di
riscaldamento utilizzando impulsi di potenza in modo da modificare il tempo di sosta quando si è sopra la temperatura
di trasformazione senza però raggiungere elevate temperature superficiali. Un’ istallazione di questo tipo, per prove di
indurimento, è stata effettuata in un industria automobilistica italiana.
39
5.2 Scariche ad impulsi e livellamento dei carichi
Esistono molte applicazioni che richiedono fonti di energia ricaricabili e portabili, capaci di erogare alte correnti in
tempi molto brevi, ad esempio nella telefonia mobile. I supercondensatori sono molto più efficaci delle batterie
elettrochimiche per fornire istantaneamente potenze elevate, ma non sono in grado di accumulare altrettanta energia.
L’impiego in parallelo con batterie elettrochimiche consente di dividere i compiti in maniera ideale: le batterie
accumulano energia, mentre i supercondensatori forniscono i picchi di potenza.
La presenza dei supercondensatori riduce anche le sollecitazioni alle batterie dovute ai picchi di corrente sia in carica
che in scarica.
Figura 30: Esempio di livellamento della corrente di batteria per effetto della presenza in parallelo di un
supercondensatore
Nei veicoli elettrici alimentati con cella a combustibile i supercondensatori possono assorbire l’energia in frenata,
altrimenti dissipata, e fornire l’energia necessaria per buone accelerazioni.
Un veicolo equipaggiato con supercondensatori può quindi dimostrare maggiore scatto di uno con batterie.
La frenata a recupero può portare risparmi dell’ordine del 15%.
40
Figura 31: Supercondensatore impiegato in un VE come supporto delle fuel cell
Figura 32: Diagrammi di potenza in un VE (FC = Fuel cell, SC = Supercondensatore, Inv = Inverter)
41
5.2.1 Progetto e sperimentazione di un convertitore per l’impiego di supercondensatori nella
trazione del bus elettrico “gulliver”
Attualmente il veicolo elettrico “GULLIVER” è impiegato dall’ATAC per prestare un servizio di trasporto pubblico le
cui linee si snodano principalmente nel centro storico di Roma (linee 116, 117, 119).
Il Bus è equipaggiato con degli accumulatori al Pb acido da 72V nominali e 585Ah che, attraverso un chopper a Mosfet,
alimentano un motore in corrente continua con circuito di eccitazione serie.
Essendo l’azionamento di trazione direttamente collegato alle batterie (BU), queste assorbono tutti quelli che sono gli
spike di corrente, sia in erogazione che in assorbimento (frenatura rigenerativa), in funzione delle richieste di corrente
da parte del motore; questo, a lungo andare, si traduce in un accumulo di stress eccessivo per gli accumulatori, che
vedono la loro durata, sia in termini di vita che in termini di stato di carica, fortemente compromessa e ridotta.
La soluzione prevede l’inserimento di una nuova sorgente, a questo punto di potenza, che sia in grado di
soddisfare/assorbire tutti quelli che sono i picchi di corrente, evitando che gli stessi danneggino gli accumulatori stessi:
la scelta ricade sui Supercondensatori (UC).
Una volta acquisiti gli andamenti della corrente e della tensione di batteria su un ciclo preso come campione, è stata
scelta la configurazione più adatta per il sistema; questa prevede l’inserimento di un nuovo convertitore DC/DC che,
opportunamente controllato, gestisce i flussi di potenza dalle sorgenti all’azionamento di trazione e viceversa.
Lo schema di collegamento è illustrato nella figura seguente.
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Figura 44: Connessione in cascata di un boost e un buck con gli accumulatori posti a monte di tutto
(fonte di energia) e i supercondensatori stadio intermedio di potenza ad alta tensione; il chopper di trazione
rimane invariato
Dopo il dimensionato degli UC è stato progettato e dimensionato il convertitore in tutti i suoi componenti in funzione
delle condizioni di lavoro (correnti alte e tensioni relativamente basse).
Dopo di che viene effettuato il dimensionamento degli induttori (con nucleo in Metglas per ridurre le perdite) e dei
condensatori di ingresso e uscita; per ciò che riguarda gli switch sono stati scelti dei Mosfet; poi, impiegando uno degli
strumenti del Matlab (Sisotool) è stato progettato e sintonizzato il controllo per il convertitore.
Infine è stato realizzato un modello dinamico con l’ausilio del Simulink (Matlab) che rispecchiasse fedelmente la
configurazione del sistema scelto; una volta costruito il modello sono state condotte dieci simulazioni per testare il
comportamento del modello sul ciclo campione.
Per quanto riguarda il controllo del convertitore boost in corrente viene eseguito con un singolo anello di controllo (si è
voluto limitare la corrente nel suo gradiente e nel suo valore massimo); il regolatore scelto è un semplice integrale e il
filtro è un Butterworth del II ordine che garantisce una sufficiente attenuazione dei ripple di corrente.
Il convertitore dei supercondensatori, buck, è stato controllato in tensione con un doppio anello di controllo di corrente,
interno, e tensione, esterno; anche in questo caso il filtro è un Butterworth del II ordine, mentre il regolatore scelto è un
proporzionale-integrale.
Con il presente studio è stato possibile realizzare un sistema in grado di condizionare la dinamica di una delle due
sorgenti, gli accumulatori, limitandone il gradiente di erogazione e il valore massimo di corrente e con i
supercondensatori, si preoccupa di fare il saldo dell’energia mancante, assorbendo così tutti quelli che sono i picchi di
richiesta che, come premesso, sono estremamente dannose per gli accumulatori: il tutto si traduce in un aumento della
vita delle batterie, in un miglioramento dello stato di carica delle stesse, di un risparmio energetico dovuto alla mancata
erogazione dei picchi di corrente, a fronte di un’erogazione maggiore dovuta alla presenza del convertitore e dei
supercondensatori.
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5.2.2 Studio di un locomotore ibrido con accumulo combinato batterie-supercondensatori
Le restrizioni sempre più pressanti sui valori degli inquinanti immessi in atmosfera, hanno spinto molti settori del
trasporto a sfruttare le nuove tecnologie, quali le Fuel Cell (FC) e i supercondensatori (UC), nei loro veicoli, o a
combinare le vecchie con le nuove in modo da raggiungere i nuovi standard imposti.
Anche il settore ferroviario ha risentito di queste continue e crescenti limitazioni, tanto da domandarsi quale possa
essere il modello più interessante che possa sostituire una tecnologia ancora troppo cara come quella delle FC.
La configurazione che viene proposta in questo lavoro è riferita a un locomotore di manovra mosso da azionamenti
elettrici, la quale sfrutta, in parallelo a un motore Diesel, un sistema di accumulo combinato batterie-supercondensatori.
L’uso degli accumulatori limita i valori di potenza che il motore Diesel, o in futuro le FC, devono fornire al carico e ciò
permette di ridurre la taglia e il peso degli stessi, potendo così aumentare il numero degli accumulatori.
Inoltre, i supercondensatori presentano buoni comportamenti dinamici sia nelle fasi di accelerazione che in quelle di
decelerazione, il che permette alle batterie (BU) di lavorare con dinamiche lente, garantendo loro un’efficienza
maggiore, una vita più lunga e una manutenzione inferiore.
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Figura 46: Futura configurazione del locomotore
La scelta di far lavorare insieme al motore primo questi sistemi di accumulo, ha richiesto la messa a punto di un sistema
di controllo che gestisse i flussi di potenza sia nel caso in cui gli azionamenti necessitino di potenza sia nell’eventualità
che i motori elettrici della trazione si comportino da generatori invertendo il flusso della corrente.
Nell’eventualità quindi, che il carico diventi attivo (comportamento da generatore), si valuterà la possibilità di
rigenerare questa corrente nelle batterie o/e nei supercondensatori o di dissiparla attraverso dei reostati di frenatura.
Per raggiungere tale obiettivo è stato necessario progettare il convertitore di potenza e lo si è fatto sfruttando un
determinato profilo di missione.
Non si è però dimensionato il convertitore per la missione specifica, ma si è fatta una scelta ingegneristicamente più
valida. Si è progettato un convertitore che soddisfacesse una richiesta di 70 kW in uscita e lo si è accoppiato in parallelo
ad altri della stessa “taglia”, fino ad ottenere le specifiche richieste per questa circostanza e cioè per assolvere la
richiesta degli azionamenti elettrici che è di 500 kW.
L’attività di ricerca svolta ha consentito di verificare la possibilità di accoppiare in parallelo a un motore Diesel un
sistema di accumulo combinato composto da batterie e supercondensatori; in particolare è stata analizzata la gestione
dei flussi di potenza da parte del convertitore MIPEC. Innanzi tutto si è mostrata e testata la validità dell’utilizzo di un
modello medio, che oltre a diminuire i tempi di simulazione, altrimenti enormemente più lunghi, permette di inserire
tale logica di gestione, calcolare il valor medio sul periodo di funzionamento, nelle strategie dei regolatori, e ottenere
come risultato il miglioramento di tutto il controllo.
Altra soluzione su cui puntare in futuro, fino all’introduzione sul mercato di una fonte di energia pulita come la Fuel
Cell, è l’utilizzo di un sistema ibrido.
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In particolare per i grandi mezzi di trasporto, la configurazione proposta in questo lavoro (ibrido serie), ha mostrato che
la scelta effettuata e cioè quella di utilizzare in parallelo a un motore Diesel un sistema di accumulo combinato batterie-
supercondensatori, ha aumentato l’efficienza di tutto il sistema.
Infatti, il Diesel lavora in prossimità del punto di massimo rendimento per diminuire i consumi e le emissioni gassose in
atmosfera, mentre per migliorare l’efficienza delle batterie l’uso dei supercondensatori, i quali forniscono i picchi di
corrente richiesti dagli azionamenti, ha permesso alle batterie di lavorare con dinamiche lente, garantendo loro una vita
più lunga e una manutenzione inferiore.
Inoltre il modello presentato, ha consentito durante le frenate, di recuperare parte dell’energia di frenatura proveniente
dagli azionamenti elettrici, convogliandola nel sistema di accumulo.
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utilizzando più moduli in parallelo diminuisce la potenza massima alla quale i componenti sono sottoposti.
Inoltre, i moduli sono idonei sia nel caso vengano utilizzati dalle batterie che dai supercondensatori e questo migliora la
gestione del magazzino.
Figura 48: Andamento delle correnti durante il ciclo di dimensionamento con recupero energetico
Figura 49: Andamento delle tensioni durante il ciclo di dimensionamento con recupero energetico
Infine, dai risultati delle simulazioni è emerso che si può migliorare la risposta del sistema facendo un controllo in
tensione per i reostati di frenatura rispetto a quello in corrente effettuato in questo studio.
Questo perché le prove hanno evidenziato una risposta più rapida da parte del controllo del reostato di frenatura rispetto
a quello dei supercondensatori.
Per cui sarebbe opportuno testare il modello con queste modifiche e valutarne la risposta.
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6 Dispositivi in commercio
Esistono varie tipologie, con differenti caratteristiche elettriche, geometriche e di costo, di supercondensatori in
commercio. Principalmente se ne possono distinguere di due tipi : supercondensatori elettrolitici a doppio strato
(EDLC) e supercondensatori ad aerogel.
ESR è la somma delle resistenze in corrente alternata (comprese la resitenza del dielettrico, della armatura, della
soluzione elettrolitica e dei terminali elettrici) misurata ad una frequenza di 100 Hz a 20°C.
Oltre che per le loro caratteristiche strutturali si differenziano anche per la loro geometria che solitamente è cilindrica o
a forma di prisma.
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Figura 50 : Supercondensatore cilindrico(a destra) e a forma di prisma (a sinistra)
Quindi ci possono essere svariate tipologie di supercondensatori e sta a chi li utilizza scegliere la tipologia migliore in
funzione delle richieste di funzionamento. Consideriamo ora la serie LS e analizziamone alcune specifiche
caratteristiche di costruzione.
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Dalla tabella si può notare che ci possono essere svariate tipologie di dispositivi in commercio; per esempio con la linea
LSUC si hanno serie da 2.8 , 2.7 e 2.6 volt e invece con la linea LSHC si hanno dispositivi ad alta densità energetica.
Ogni dispositivo e caratterizzato da una serie alfa-numerica che lo identifica; infatti, per esempio nel caso della
tipologia LS, dalla seguente tabella si ha che le prime quattro lettere identificano la serie, le sei successive identificano
il voltaggio e il tipo di cella, le successive quattro la capacità e le ultime il tipo di elettrolita usato.
Ogni serie e caratterizzata da differenti proprietà elettriche e fisiche che possono essere la massima tensione di
esercizio,il range della tensione della temperatura di funzionamento, il tempo di vita e i cicli di vita del dispositivo con
determinate caratteristiche di funzionamento. Considerando sempre dispositivi LS in seguito viene esposta una tabella
rappresentante la serie LSUC 2.8V.
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7 Accumulatori e ambiente
Con l’uso della tecnologia dei supercondensatori in molte lavorazioni e in molti usi comuni si potrà portare a un minore
inquinamento ambientale. Se per esempio pensiamo al loro utilizzo nelle auto essi potranno portare a una forte
diminuzione delle emissioni inquinanti. In molte lavorazioni industriali i supercondensatori sostituiranno o andranno a
lavorare ,in impianti ibridi, in appoggio delle macchine che utilizzano prodotti derivati dal petrolio o altre sostanze.
A livello normativo si hanno diverse leggi che impongono particolari restrizioni, sull’utilizzo e sullo smaltimento finale
dei dispositivi elettronici, a tutela dell’ambiente. Per quanto riguarda il campo degli accumulatori e delle batterie
abbiamo:
• DM 476/97 : è il decreto di recepimento delle direttive 91/157/CEE e 93/86/CEE relative alle pile ed agli accumulatori
contenenti sostanze pericolose (mercurio, cadmio e piombo). Il decreto definisce gli obblighi di produttori, importatori,
distributori e rivenditori nel garantire la raccolta differenziata, il recupero e lo smaltimento di pile e accumulatori
contenenti al loro interno le tre sostanze citate. La direttiva 91/157/CEE è attualmente in fase di revisione alla
Commissione Europea;
• Dlgs 151/05 : è il decreto, da poco pubblicato, che recepisce le direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE,
relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo
smaltimento dei rifiuti. Il Decreto Legislativo prevede una apposita "campana" per raccogliere questo genere di rifiuti,
particolari restrizioni sull'uso di determinate sostanze pericolose in queste apparecchiature, l'onere a carico dei
distributori, al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura destinata ad un nucleo domestico, di ritirare
gratuitamente i vecchi prodotti, il finanziamento delle operazioni di trasporto, trattamento, recupero e smaltimento
finale della spazzatura elettronica a carico dei produttori. Tra le finalità principali del provvedimento c'è quella di
garantire la realizzazione di un sistema di raccolta differenziata, recupero e riciclaggio dei rifiuti elettrici, di vietare
l'utilizzo di sostanze pericolose come mercurio, piombo, cadmio, cromo, etc, di. realizzare sistemi di trattamento,
recupero e smaltimento finale di questi rifiuti finanziati essenzialmente dai produttori delle apparecchiature e di marcare
tutte le apparecchiature con un simbolo che indichi ai cittadini la necessità della raccolta differenziata.
• Legge 475/88 : è la legge istitutiva del Consorzio obbligatorio per le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi
(COBAT), ente senza fini di lucro che assicura la raccolta, il trasporto e il riciclo delle batterie al piombo esauste in
impianti specifici che garantiscono il recupero del piombo metallico e l'inertizzazione o l'eventuale recupero dell'acido
solforico evitando, in questo modo, la dispersione nell'ambiente di elementi pericolosi. Dalla legge 475/88, (modificata
dalla legge 39/2002) c'è l'obbligo per chiunque detenga batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi al loro
conferimento al COBAT direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal Consorzio o autorizzati, in base alla
normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti.
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8 Bibliografia
Le notizie che sono state usate per la stesura della tesina sono state tratte da:
-internet;
- supercapacitors prashant N. ;
-www.ultracapitors.co.kr.
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