Postimpressionisti

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POSTIMPRESSIONISTI

Con "tendenze postimpressioniste" si è indicato tutto quell’insieme di orientamenti artistici che si svilupparono in
Francia, soprattutto nel corso dell’ultimo ventennio del 1800. Alla base delle diverse tendenze c'era la conquista
impressionista della natura "en plein air". Alcune caratteristiche comuni ai Postimpressionisti furono:
● rifiuto della sola impressione visiva;
● tendenza a ricercare una solidità dell’immagine;
● sicurezza del contorno;
● libertà del colore.
I protagonisti di questo movimento furono Paul Cézanne, Georges Seurat, Paul Gauguin, Vincent Van Gogh. Tutti
i Postimpressionisti ebbero inizio impressionisti. Cézanne espose con il gruppo del Café Guerbois, mentre Seurat
credette di aver dato spessore scientifico alla pittura dell’impressione.
Alcuni artisti, riferendosi alle teorie sul colore studiate dal chimico Chevreul, cercano di dare valore scientifico alla
pittura impressionista. Chevreul aveva notato che l’accostamento di 2 diversi colori, guardati da una certa distanza,
apparivano del colore risultante dalla somma dei colori. Notò anche che l’accostamento dei colori complementari
esaltava la loro luminosità ed ogni colore richiedeva il suo complementare.
L’attenzione si spostò dal mondo della realtà oggettiva a valori soggettivi. Si svilupparono 3 tendenze:
● ANALITICA: venne elaborato un approccio scientifico ai problemi della luce del colore con il puntinismo di
Seurat e Signac.
● ESPRESSIVA: gli elementi del linguaggio visivo provocarono una reazione nell’osservatore e per far emergere
lo stato d’animo dell’artista. Vincent Van Gogh.
● SIMBOLICA: le immagini assunsero un significato evocativo. Comparirono temi mitologici o fantastici, senza
rapporto con la realtà. Alcuni artisti preferirono fuggire dal proprio paese per non confrontarsi con la realtà
esterna. I volumi si fecero bidimensionali, i colori innaturali e gli spazi evanescenti. Paul Gauguin.

PAUL CÉZANNE
Paul Cézanne nacque a Aix-en-Provence in una famiglia benestante (il padre era proprietario della banca locale).
Ebbe modo di condurre una vita agiata, studiò giurisprudenza e si iscrisse all'Académie Suisse. Pur vivendo sempre
nel luogo di nascita trascorse diversi periodi a Parigi, dove venne a contatto con i pittori impressionisti. Vedendosi
rifiutare le sue opere dalla giuria del Salon, partecipò alla 1^ mostra che gli Impressionisti tennero nello studio di
Nadar. Dall’Impressionismo Cézanne apprese il dipingere "en plein air" e la ricerca della massima luminosità dei
colori. L’esperienza impressionista fu per lui solo l'inizio di una ricerca che lo vide tormentarsi continuamente
nella speranza di giungere a quella verità essenziale delle cose che l’impressione visiva non poteva esaurire. Questa
ricerca fu per lui talmente importante da procurargli non solo una perenne insoddisfazione, ma persino disgusto
per quelle sue opere che riteneva sempre troppo perfette. Cézanne era convinto che ogni oggetto corrispondesse a
una forma geometrica. Il colore, steso a larghe pennellate, creava queste forme e i loro volumi. Cézanne scompose
le forme, semplificandole geometricamente: chi osserva le sue opere deve ricostruire le forme mentalmente, nel
pensiero. L’artista diverrà noto solo quando ormai anziano. I suoi pensieri avranno grande importanza per l’arte
del 1900, in modo particolare per il movimento del Cubismo. Cézanne cercò di sintetizzare nella sua pittura anche i
fenomeni della interpretazione razionale che portano a riconoscere le forme e lo spazio. Per fare ciò egli non
ricorse mai agli strumenti tradizionali del disegno, del chiaroscuro e della prospettiva, ma solo al colore.

In “Il ponte di Maincy” il ponte risulta essere sintetizzato per rappresentare la sua essenza;
anche l’acqua diventa qualcosa di fermo. Cézanne utilizza il colore per dare l’idea delle forme
anche servendosi di varie pennellate che permettono il contrasto tra ombra e luce.

In “I giocatori di carte” 2 uomini sono in un’osteria e stanno giocando a carte davanti a


uno specchio, tema tipicamente impressionista, ma non c’è più nient’altro che rimanda
al precedente movimento artistico in questo dipinto: lo specchio è quasi opaco e sembra
far parte del rivestimento ligneo (negli impressionisti aveva la funzione di ingrandire lo
spazio) per cui l’attenzione di Cézanne è tutta per il tavolo e per i giocatori. Il modo in
cui essi sono rappresentati li avvicina a due manichini inanimati. Alla forme emisferica
del cappello del giocatore di destra corrisponde il cilindro di quello di sinistra. A queste
figure solide si uniscono il cilindro della bottiglia di vino, i parallelepipedi che formano il tavolino, la tovaglia i cui
risvolti sono rigidi. Il colore nei toni del verde e dei bruni contribuisce alla resa volumetrica.

Negli ultimi anni della sua vita Cézanne fu affascinato dal paesaggio che era abituato a
vedere sin da bambino: quello dominato dalla montagna Sainte-Victorie. Nella 1^ tela il
paesaggio naturale è stato scomposto in essenzialità (in geometria solida). Al colore si
deve anche la ricerca della profondità prescindendo dalla prospettiva geometrica. L’aria e
il cielo assumono i colori delle case e degli alberi: il verde è pure nel cielo, che solo un
tenue azzurro separa dalla montagna. I Cubisti riterranno Cézanne loro padre e
ispiratore. Nella 2^ tela, dipinta 10 anni dopo, non si riescono a distinguere le case e in
generale gli elementi che compongono il paesaggio. La montagna non è più di colore
verde ma si fonde con l’azzurro del cielo

Le nature morte di Cézanne sono quasi sempre dominate dalla frutta. In “Tavolo da
cucina” i frutti sono rappresentati nelle loro forme essenziali. Il tavolo risulta essere
sproporzionato e diviso in 2 parti dalla tovaglia. Gli elementi si dispongono con grande
libertà, cominciando a mostrare le prime rotture con la visione prospettica. Cézanne è
interessato solo ai volumi, non allo spazio, tanto che egli affermò che tutta la realtà può
essere riconducibile a 3 solidi geometrici fondamentali: il cubo, il cilindro e la sfera.

“La casa dell’impiccato” è 1 dei 2 dipinti che Cézanne espose alla 1^ mostra degli
Impressionisti. La scelta “en plein air” e i piccoli tocchi di colore con i numerosi chiari
fanno di questo dipinto un’opera impressionista. Tuttavia ci sono degli elementi che
mostrano già la tendenza dell’artista ad andare oltre: il paesaggio è senza alcuna
presenza umana; la vallata è limitata dal cielo che da un tenue lilla prende corpo
trasformandosi in un azzurro; lo scarso olio impiegato nel diluire i pigmenti colorati
conferisce alla superficie una rugosità e una corposità inusuale negli Impressionisti.
Secondo Cézanne nella pittura ci sono 2 cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono
aiutarsi tra loro. L’intelligenza deve spronare il pittore a indagare più a fondo la realtà per scoprirne l’essenza, la
verità nascosta dalle apparenze che la rivestono. É la geometria, che permea tutte le cose e a cui tutto può essere
ricondotto, la verità a cui Cézanne tende. Grazie ad essa le figure, pur nell’essenzialità delle forme, acquistano una
maggiore monumentalità, mentre l’uso del colore determina piani, curve, spigoli, cambiamenti d’inclinazione,
differenze di luce.

GEORGES SEURAT
Massimo esponente del Postimpressionismo, Georges Seurat rimase affascinato dagli esperimenti di Chevreul da
ideare una tecnica pittorica basata sulle sue osservazioni. La sua tecnica è basata sull’accostamento di colori puri,
stesi sulla tela a piccoli punti o trattini, che da vicino appaiono distinti ma, osservando il quadro da lontano, si
ricompongono visivamente, dando un colore omogeneo. A queste teorie Seurat aggiunse il principio della
“ricomposizione retìnica”: i colori accostati sulla tela sarebbero stati ricomposti e fusi dalla retina dell’occhio degli
osservatori senza l’intervento meccanico del pittore. Nasce il “Puntinismo”, detto anche “Neoimpressionismo”,
che costruisce le immagini grazie all’accostamento di punti di colore puro sulla tela. Dall’Impressionismo questo
movimento riprende l’idea che il tema non è importante, ma i dipinti non sono mai eseguiti “en plein air”.

Il dipinto “Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte”, contrariamente


alla tecnica veloce degli Impressionisti, richiese quasi 2 anni di lavoro. Il soggetto è
totalmente Impressionista: il divertimento borghese, una folla di borghesi sul verde di
un’isola della Senna. Uomini e donne passeggiano o sono distesi all’ombra, da soli o in
coppia, una donna pesca, un uomo suona la tromba, 2 militari camminano in coppia,
dei bambini corrono. Fra tutti spicca la coppia di destra: l’uomo con il cappello a
cilindro e il bastone; la donna dal cappello con un vastoso mazzolino di fiori rossi si
ripara dal sole con un ombrello e tiene al guinzaglio una scimmia. Le figure verticali sono accentuate dal
verticalismo degli alberi ed è contrapposta all’orizzontalità del quadro. I puntini di colore sono infiniti: ognuno è
stato deposto tenendo presente la teoria del contrasto simultaneo e il cerchio cromatico per ottenere la massima
luminosità. Su tutta la scena domina una sensazione di calma e silenzio, assieme a un’innaturale immobilità.
PAUL GAUGUIN
Paul Gauguin nacque a Parigi, l’anno dopo, alla morte del padre, era già in viaggio per il Perù, dove trascorse la 1^
infanzia. Rientrato in Francia studiò e iniziò a viaggiare per mare. Sposò una ragazza danese e fu costretto ad
abbandonare l’impiego lavorativo a motivo della grave crisi economica attraversata dalla Francia. L’evento non fu
traumatico per l’artista, che si dedicò completamente alla pittura. Desideroso di una vita semplice, primitiva, libera
e senza condizionamenti, lontana dalla cultura soffocante, si trasferì in Bretagna a Pont-Aven e si imbarcò per
Panama. Rientrò in patria e visse un breve periodo insieme a Van Gogh. Vendette tutti i suoi beni per trasferirsi a
Tahiti, dove risiedette 2 anni. Fu di nuovo a Pont-Aven e, dopo aver messo insieme qualche soldo, partì per il suo
ultimo e definitivo viaggio per Tahiti. Per essersi opposto alla politica razzista del governatore francese, fu
condannato al carcere, dove morì. Anche per Gauguin gli inizi furono impressionisti (era amico di Degas) ma il suo
modo di dipingere cambiò: i colori erano dati per campiture piatte e più che dai colori complementari Gauguin
faceva uso di quelli primari (giallo, rosso, blu).

Gauguin fu interessato alla pittura giapponese, allora di attualità per le numerose


stampe a colori che circolavano in Europa. Ne è un esempio “L’onda”. Come nella
stampa giapponese, l’increparsi delle onde e i gorghi sono lineari. La schiuma bianca
che lambisce gli scogli è orlata da una sottile linea scura (cloisonnè), mentre ampie
curve disegnano movimenti dell’acqua. La spiaggia è rossa e l’acqua gialla e verde:
colori non naturali. La visione antinaturalistica è una caratteristica peculiare di
bdsincdaionchiowe ciwnccGauguin, che riproduceva la realtà non come oggettivamente la vede, ma come la sente.

Nella tela “La visione dopo il sermone” alcune donne bretoni che hanno appena assistito
alla celebrazione religiosa osservano una scena inconsueta: di fronte a loro si materializza
l’evento biblico oggetto del sermone che hanno appena ascoltato. Giacobbe lotta con l’angelo
a destra di fronte a loro come all’interno di un’arena. La piazza diventa lo spazio mistico
teatrale nel quale viene rappresentato il racconto religioso. Alcune sono raccolte in
preghiera, altre osservano la scena in religioso silenzio, altre ancora, in alto a sinistra,
sembrano spettatori a teatro. Davanti a loro una mucca percorre tranquillamente la piazza,
simbolo della cultura agricola. Oltre il tronco che attraversa obliquamente lo spazio rosso simbolo della lotta
l’angelo combatte contro Giacobbe. Questa rappresentazione più astratta e priva di tridimensionalità sottolinea la
soprannaturalità della scena. Il rosso che domina sull’immagine è un colore simbolico che la proietta in una
dimensione mistica e fantastica, quasi allucinatoria. Durante il periodo bretone Gauguin realizza forme semplici,
bidimensionali e i soggetti principali sono le donne di questa cultura. che esaltano i valori di purezza e semplicità.
L’arte di Gauguin è caratterizzato da un linguaggio sinestesista, dato dal rifiuto del dato naturale, la
condensazione di elementi reali e irreali con riferimento a tradizioni differenti, forme semplificate e colore piatto e
simbolico con una linea di contorno chiamata cloisonnè, impiegato nelle vetrate gotiche multicolori e
nell'oreficeria medievale.

In “Cristo giallo” sono rappresentate alcune donne bretoni nei loro costumi tradizionali,
inginocchiate ai piedi di uno dei tanti crocifissi lignei. Le colline sono gialle, gli alberi dalla
chioma di un rosso vivo e il Cristo, contornato in nero e in verde, è giallo. L’uguale colore di
Cristo e delle colline sta a indicare l’intima essenza religiosa dei Bretoni e l’eguale attaccamento
al dio-uomo e alla propria terra delle donne in preghiera attorno al crocifisso. Il giallo
simboleggia il dolore umano e la sofferenza esistenziale. É lo stesso colore utilizzato per i campi
di grano. Il ciclo di crescita del grano, fonte di vita, era paragonato al ciclo religioso della vita di
un cristiano. Insieme all’antinaturalismo e alla tecnica del cloisonné è da sottolineare
l’essenzialità del paesaggio e delle figure dai tratti appena abbozzati. La composizione risulta sbilanciata verso
sinistra perchè molte opere venivano rappresentate tenendo conto della diagonale principale, che risulta dare un
maggiore senso di tranquillità all’uomo.

Poco prima di un tentativo di suicidio Gauguin aveva iniziato a lavorare a una tela
di grandi dimensioni che avrebbe dovuto essere una sorta di testamento
spirituale: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. In una radura vi
sono 12 persone, 6 animali e la statua di una divinità con le braccia sollevate.
L’ambiente circostante è costituito da alberi dai tronchi e dai rami azzurri
contorti; una linea blu segna l’orizzonte e allo stesso tempo il limite di uno specchio d’acqua e l’innalzarsi delle
montagne. Il verde, il rosso, il giallo e l'azzurro sono i colori predominanti. Alcuni significati simbolici risultano
evidenti, ad esempio la nascita, la vita e la morte rappresentate rispettivamente da un bambino (all’estrema destra),
da giovani donne e da una vecchia (all’estrema sinistra). Il titolo ripropone i grandi quesiti della storia dell’umanità:
da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Cioè perchè esistiamo e qual è il fine della vita? Sono forse questi
l’oggetto dei discorsi delle 2 figure in rosso che camminano insieme mentre quella di destra cinge la spalla della
compagna. La figura eretta che coglie un frutto da un albero, l’unica figura maschile in una narrazione tutta al
femminile, può rappresentare l’uomo che coglie il frutto prezioso e la parte migliore dell’esistenza (nel momento
più esaltante della vita, la giovinezza). Il dipinto cerca la sintesi tra elementi religiosi occidentali e credenze
orientali (l’idolo azzurro sullo sfondo). La vecchia stanca e rassegnata pare riflettere sulla sua vita passata, sui
rimorsi, sui rimpianti e sulle gioie.

A Tahiti gli abitanti sono in prevalenza cattolici. Gauguin, profondamente interessato al tema
del sacro ed alla ricerca della spiritualità, rappresenta Maria e Gesù come se fossero tahitiani.
La composizione di “Orana Maria”, nonostante i molti elementi visivi del dipinto, è armonica
e bilanciata: le figure e gli alberi, a sviluppo verticale, sono equilibrati da elementi orizzontali,
rappresentati dal sentiero, dal paesaggio sullo sfondo, dalle braccia delle donne. Come in
molte sue opere si colgono spunti da culture diverse: l’artista cerca la solidità arcaica delle
forme e il decorativismo degli ornamenti orientali. I colori vivi delle terre del sud sono
accostati in modo da esaltarsi a vicenda.

Il quadro “La natività” è una trasposizione di immagini cattoliche in ambiente


polinesiano: ad essere rivisitata è la Natività. La Madonna, dai tratti indigeni, giace su un
letto dall’intenso colore giallo. Il bambino è tenuto in braccio da un’altra donna seduta
accanto al letto. Sullo sfondo, a destra, 2 buoi vicini ad una mangiatoia ripropongono un
altro elemento iconografico tipico della Natività. Colpisce la semplicità della scena, che
crea un’atmosfera di tranquilla contemplazione di un evento sospeso tra il sacro e il
quotidiano.

VINCENT VAN GOGH


Nato nei Paesi Bassi, figlio di un pastore protestante, Vincent Van Gogh provò a svolgere diversi lavori fino a
quando decise per la vocazione teologica. Divenne predicatore, vivendo in villaggi di minatori. Qui prese talmente a
cuore le sorti dei lavoratori, anche in occasione di scioperi, da essere considerato dalle gerarchie ecclesiastiche
socialmente pericoloso; fu quindi licenziato. Crebbe la sua crisi interiore che lo portò a vivere una vita sempre più
tormentata. In questo periodo Van Gogh aveva solo 27 anni e iniziò a dipingere. La sua attività di pittore durò solo
10 anni, essendo morto a 37 anni. Sono stati 10 anni segnati da profondi turbamenti, con crisi intervallate da
momenti di serena euforia. È stato il pittore che ha inaugurato un capitolo nuovo dell’arte europea, negli anni in
cui l’Impressionismo andava declinando. Autodidatta come Gauguin, non ignorò l’arte contemporanea, ma elabora
una tecnica propria, capace di dare forma alle sue immagini interiori: come Gauguin trasfigura la realtà in
relazione al proprio “io” interiore,
Si trasferì a Parigi, dove il caro fratello Theo, il quale lo sosteneva moralmente ed economicamente, si era recato
per lavoro. Qui conobbe la grande pittura degli Impressionisti, di cui apprezzava il colore e la luminosità, che cercò
di utilizzare nei propri autoritratti. Si trasferì a Arles, nel sud della Francia, nella cosiddetta “casa gialla”, che
rappresentava i suoi momenti di lucidità e qui lo raggiunse Gauguin, convinti di voler fondare una scuola d’arte.
Dopo qualche mese, tuttavia, le differenti opinioni artistiche dei 2 uomini erano oggetto di continue liti che
culminarono nell’atto autopunitivo di tagliarsi parte di un orecchio. Insieme iniziarono i suoi ricoveri in ospedale,
sempre più in bilico tra depressione e brevi momenti di felicità. Il 27 luglio 1890 si tirò un colpo di pistola al cuore e
morì dopo 2 giorni.

“Mangiatori di patate” rappresenta il punto d’arrivo della 1^ fase pittorica di Van Gogh.
È il periodo che coincide con la sua vocazione religiosa. Nel quadro predominano i
colori scuri e brunastri e tra di essi Van Gogh inserisce delle pennellate gialle e
bianco-azzurre, quali riflessi della poca luce che rende possibile la visione. Da notare
l’alone biancastro che avvolge la figura della ragazzina di spalle e che crea un suggestivo
effetto di controluce. In questo quadro c’è un’evidente partecipazione affettiva del
pittore alle condizioni di vita delle persone raffigurate. La serietà con cui stanno
consumando il pasto dà una nota quasi religiosa alla scena. É un rito che essi stanno svolgendo. Non è un’opera di
denuncia sociale (come potevano essere i quadri di Courbet) o di esaltazione della nobiltà del lavoro dei campi
(come nei quadri di Millet). Questa tela esprime solo la sua profonda solidarietà con i lavoratori dei campi che
consumano i cibi che essi stessi hanno ottenuto dalla terra.

Van Gogh realizzò piccole serie di opere, come “I girasoli”. L’artista era affascinato dai fiori
dell’arte giapponese perché essi hanno una breve vita, che ricollegava alla caducità della sua
esistenza a causa della malattia. Lo sfondo scompare del tutto, lasciando spazio a tinte unite chiare,
che in tal modo annullano la tridimensionalità, aiutato dall’assenza delle ombre. I girasoli sono stati
dipinti deponendo il colore sulla tela a pennellate pastose e grasse o picchiettando.

“Camera da letto” rappresenta la stanza dell’artista dove risiedeva ad Arles; venne dipinto
nel periodo in cui era ricoverato a Saint-Rémy insieme a un’altra tela con la stessa tematica.
L’opera vuole esprimere l’ interiorità di Van Gogh. L’immagine ha un vago senso di
deformazione prospettica che anticipa le deformazioni degli artisti espressionisti. Le porte
sono socchiuse, come se volesse dire che si tiene tutto dentro. La finestra semiaperta sta a
significare che vorrebbe comunque comunicare con l’esterno. La prospettiva è quasi
aberrata, con una costruzione volutamente non reale. La camera di Van Gogh rappresenta
paure e dubbi. Tutti i quadri sono storti, incluso l’autoritratto, come a dire che lui non si sente normale come gli
altri.

“Notte stellata” Van Gogh si fece ricoverare volontariamente in una struttura per malati
mentali vicino a Saint-Rémy. Le tele di questo periodo racchiudono significati simbolici che
rispecchiano i suoi stati d’animo e nei quali proietta se stesso e le proprie sofferenze. In 1^
piano l’artista ha dipinto un alto e scuro cipresso. In una piccola vallata è presente un
paesino (Saint- Rémy) dominato dalla cuspide di un campanile. A destra prosperano degli
ulivi, le cui chiome ad arco si uniscono le une alle altre, quasi a formare una barriera. Sullo
sfondo le altre colline tagliano la tela diagonalmente, quindi la maggior parte della
superficie è occupata dalla luna e dal cielo stellato. Il cipresso è l’aspirazione all’infinito, la tensione verso il cielo. Il
paesaggio, a 1^ vista idilliaco, parla anche di una natura sublime e grandiosa. Il lume della luna consente di
distinguere le forme e le amalgama. Le colline azzurre nella notte, trattate con linee ondulate e parallele, non
hanno il rassicurante aspetto di rilievi pettinati dal tempo, ma sembrano minacciose. Il cielo è percorso da
pericolose e aggressive palle di fuoco trascinate nella corrente dello spazio. La parte bassa del paese è calma e
silenziosa, in contrapposizione con il paesaggio, uno scompiglio silenzioso. Si tratta di una pittura espressionista
perché esprime le emozioni e le sensazioni dell’artista.

Dopo l’internamento di 1 anno ad Arles l’artista si trasferisce nelle campagne di Parigi e


inizia a nascere l’idea del suicidio. “Campo di grano con volo di corvi” rappresenta il
testamento artistico e spirituale di Van Gogh, realizzato poco prima di morire. Un
tempesta si sta per abbattere su un campo di grano tagliato da 3 viottoli divergenti bordati
di verde e dai quali si leva uno stormo di corvi. Il campo di grano, mosso dal vento che
piega le spighe, è realizzato con rapide e spesse pennellate di giallo, mentre il cielo è
incupito dal nero delle nubi. La luminosità è data dall’azzurro del cielo, l’oro del grano, il rosso e il verde dei
viottoli. Nell'antichità i corvi erano gli uccelli delle streghe, qui sono il presagio della morte. A differenza delle
opere precedenti Van Gogh utilizza il nero.

HENRI DE TOULOUSE-LAUTREC
Henri De Toulouse-Lautrec trascorre una 1^ infanzia serena. Di salute cagionevole, ha una malformazione alle ossa
e si rompe 2 volte il femore; queste condizioni non gli permettono di crescere molto in altezza e lo portano a
pesanti turbamenti psicologici. Appartiene a un'antica famiglia nobile parigina. Frequentatore di cabaret, circhi e
case di tolleranza, muore di sifilide a 37 anni. Toulouse-Lautrec ha assimilato l’esperienza impressionista ma ne
ripudia i principi e i soggetti preferiti: la pittura “en plein air”, il paesaggio, i colori luminosi, la mancanza di
prospettiva geometrica, l’indifferenza per il disegno preciso e per la linea di contorno. Vive a Montmartre e per un
periodo anche nel Moulin Rouge, dove conosce le donne parigine, che si trasformano da star a prostitute. Le sue
opere ritraggono la vita parigina non gioiosa, usando colori cupi. A differenza degli impressionisti
studia e realizza in più momenti le sue opere e le sue figure sono particolarmente spigolose.
Nella sua produzione artistica numerose sono le litografie (su una pietra veniva spalmata una
sostanza acida e veniva fuori un timbro) . La più famosa è quella che ritrae “la golosa”, la ballerina
più celebre del Moulin Rouge (si diceva che riuscisse a fare una spaccata verticale). È raffigurato
anche “il disossato”, che riusciva a compiere posizioni particolari con il corpo. I colori sono a olio ed
è rappresentato una parte del locale con delle persone all’interno. Per realizzare litografie l’artista
verrà chiamato anche dall’Inghilterra per realizzare locandine per le catene delle bici e per i
coriandoli (finora venivano realizzati in gesso, ma a carnevale ogni anno un sacco di persone finivano all’ospedale,
quindi venne deciso di produrli in carta).

“Moulin Rouge” raffigura un interno del famoso locale da ballo. Il pittore si è ritratto in
fondo, di profilo. La struttura compositiva rinvia alla “Lezione di danza” e all’”Assenzio” di
Degas, con il punto di vista decentrato, la balaustra che taglia trasversalmente il dipinto.
Grandi specchi rivestono le pareti dilatando l’effetto spaziale. Contro uno specchio la Golosa,
colta di spalle mentre si ravvia i capelli. Al tavolo 3 uomini e 2 donne, stelle del Moulin e a
richiesta prostitute. A destra una donna bionda con il volto verde trascina l’osservatore
all’interno del quadro. I colori sono scuri e opachi

Nel “Au Salon de la Rue des Moulins” il soggetto è il salone d’attesa della casa chiusa”Rue
des Moulin” dove il pittore trascorreva gran parte delle sue giornate. Le donne sono
raffigurate in un momento di tranquillità, in sottoveste, con un’espressione triste sul volto.
Sono in piedi o sedute su divani rosso-viola. Ciascuna pare silenziosa e assorta nei propri
pensieri. La veduta è prospettica: il punto di fuga è in alto a destra, all’esterno del dipinto e
l’orizzonte è vicino al margine superiore della tela. Le attitudini rilassate delle donne creano
un clima di calma posata. La tela non vuole essere una critica ma vuol far capire che le
persone che vivono nel mondo notturno sono reali, hanno sentimenti, sembrano donne felici ma vengono sfruttate.
Come gli impressionisti Lautrec ritrae momenti reali.

DIVISIONISMO
Per gli italiani la tecnica divisionista, consistente nella divisione dei colori e nella loro stesura secondo pennellate
filamentose”, è lo strumento per ottimizzare la ricerca nell’ambito della migliore resa luminosa della realtà. I
Divisionisti italiani tendono a privilegiare le tematiche simboliste, storiche, di denuncia e nell’ambito sociale. Nel
nord Italia il puntinismo era largamente diffuso e gli artisti erano soprattutto interessati allo studio della luce e alla
pittura scientifica post-impressionista. L’Italia era un Paese quasi interamente unito, mancava Roma, quindi c’era
l’esigenza di una propria arte dalle forti tematiche sociali. La tecnica era simile al puntinismo ma si usavano
trattini con colori non vivaci. In base alla direzione dei tratti si poteva dare il senso di movimento.

Il soggetto de “Il Quarto Stato” è la classe lavoratrice che, consapevole della


propria dignità e della propria forza, marcia compatta e solidale, a testa alta e
con lo sguardo fiero. La marcia è decisa, solenne e inarrestabile. I personaggi
avanzano portandosi dall’ombra in pieno sole, andando incontro
all’osservatore. Le dimensioni notevoli del dipinto consentono all’artista di
realizzare le figure ad altezza naturale. Una giovane donna con un bimbo nudo
in braccio e 2 uomini che, tolti le giacche, le appoggiano su una spalla. Il colore
è dato per piccoli filamenti con tonalità calde. La rappresentazione non è reale perché lo sfondo è scuro e la luce è
quasi teatrale, che inquadra il 1^ piano.

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