Strutture Acciaio-Calcolo TA e SL

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STRUTTURE IN ACCIAIO

Istruzioni per utilizzo del metodo delle tensioni ammissibili


e del metodo agli stati limite
(Prof. Ghersi, 1998)

NORMATIVA ITALIANA (D.M. 9/1/96)

DOCUMENTO DI APPLICAZIONE NAZIONALE DELL’EUROCODICE 3


(PARTE II DEL D.M. 9/1/96)
Acciaio

Facoltà di Architettura, Siracusa


Laboratorio di Costruzioni II, modulo di Tecnica delle costruzioni
Il materiale di seguito riportato è liberamente tratto da appunti preparati nel 1998 da A. D’Aveni e
F. Neri per il corso di Progetto di strutture della Facoltà di Ingegneria, con alcune mie integrazioni.
Nel metterlo a disposizione degli studenti di Architettura, l’ho rivisto cercando di adattarlo a quanto
viene spiegato in tale Facoltà. Ho comunque lasciato, per completezza, alcuni argomenti che non
sono stati trattati a lezione, evidenziati con un tratto a zig zag al margine destro.
Aurelio Ghersi

1. Riferimenti bibliografici
Un libro molto completo dal punto di vista teorico (anche al di là degli argomenti trattati nel corso) è:
G. Ballio, F.M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli.
Interessante, in particolar modo per i richiami storici, è il libro:
E. F. Radogna, Tecnica delle costruzioni, acciaio, Masson.
Un po’ più applicativo è il libro:
N. Scibilia, Progetto di strutture in acciaio, Flaccovio.
Indicazioni generali su modellazione, analisi strutturale, metodi di verifica (dalle tensioni ammissi-
bili allo stato limite ultimo), normativa sono contenute nei primi tre capitoli del mio libro:
A. Ghersi, Tecnica delle costruzioni, il cemento armato, CUEN.
Indispensabile riferimento è infine la normativa, italiana ed europea.

Normativa italiana
Il riferimento base è:
D.M. 9/1/96. Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in ce-
mento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche - Parte II.
Indicazioni più dettagliate su vari punti sono riportate nella:
CNR 10011-86. Costruzioni di acciaio - Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la
manutenzione.
Per gli elementi in lamiera grecata ed i profilati formati a freddo occorre far riferimento alla:
CNR 10022-84. Profilati d’acciaio formati a freddo - Istruzioni per l’impiego nelle costruzioni.
Entrambe le istruzioni CNR (10011 e 10022) sono espressamente citate nel D.M. 9/1/96.
Se si vuole adottare il metodo delle tensioni ammissibili occorre far riferimento al:
D.M. 14/2/92. Norme tecniche per l’esecuzione delle opere in cemento armato normale e pre-
compresso e per le strutture metalliche
salvo che per i materiali e prodotti, le azioni ed il collaudo statico per i quali valgono le indicazioni
riportate nella Sezione I del D.M. 9/1/96, nonché gli Allegati per i quali valgono quelli uniti al D.M.
9/1/96.

Normativa europea
La norma europea relativa all’acciaio è:
Eurocodice 3. Progettazione delle strutture di acciaio. Parte 1-1: Regole generali e regole per
edifici.
Le prescrizioni dell’Eurocodice 3 sono modificate e integrate alle indicazioni del NAD (decreto di
applicazione nazionale) italiano, costituito dalla Sezione III della parte II del D.M. 9/1/96.

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Acciaio

2. Metodi di verifica e normativa di riferimento per strutture in acciaio


Anche per l’acciaio è possibile verificare le sezioni secondo i due diversi metodi, tensioni ammissi-
bili e stati limite, descritti per il cemento armato.
Nell’analizzare le prescrizioni della normativa italiana occorre tenere presente che essa ha subito
negli anni una progressiva evoluzione, dal metodo delle tensioni ammissibili a quello degli stati li-
mite, non priva di resistenze e compromessi. Solo così si può interpretare la definizione di due stati
limite ultimi, lo stato limite elastico della sezione e lo stato limite di collasso plastico della struttura,
da usare l’uno in alternativa dell’altro.
Lo stato limite elastico assume che le azioni di calcolo non comportino in alcun punto della sezione
il superamento della deformazione unitaria corrispondente al limite elastico del materiale. Fino alla
precedente edizione della norma (D.M. 14/2/92) ciò comportava una perfetta coincidenza col meto-
do delle tensioni ammissibili. Infatti operando allo stato limite si usavano carichi maggiorati del
50% rispetto a quelli validi per le tensioni ammissibili (γg e γq = 1.5) e contemporaneamente una re-
sistenza del 50% più alta (perché la tensione ammissibile era i 2/3 di quella di snervamento ed inol-
tre per lo stato limite elastico è γm = 1), con un modello di calcolo e di verifica lineare. Col D.M.
9/1/96 questa coincidenza non è più perfetta, perché ora γg = 1.4 e γq = 1.5, ma la sostanza non è
cambiata.
Lo stato limite di collasso plastico fa invece riferimento alla completa plasticizzazione delle sezioni
(valutata riducendo la soglia di snervamento con γm = 1.12) e consente di usare un’analisi non linea-
re fino a giungere alla trasformazione della struttura, o di una sua parte, in un meccanismo.
L’impostazione è quindi sostanzialmente equivalente a quella dello stato limite ultimo, così come è
definito nell’Eurocodice 3, anche se l’enfasi posta sull’uso di un’analisi non lineare è addirittura
maggiore dell’importanza data ad essa dall’Eurocodice 3.
La presenza di questa duplice possibilità è ulteriormente complicata dal rinvio che la norma italiana
fa alle istruzioni CNR 10011-86. Queste sono state infatti concepite quando il metodo di riferimento
era quello delle tensioni ammissibili e sono state solo ritoccate per includere gli stati limite, creando
grosse perplessità in chi cerca di applicarle affiancandole allo stato limite di collasso plastico della
struttura. Personalmente, io ritengo più corretto considerarle valide solo nell’ambito in cui sono nate
e quindi col metodo delle tensioni ammissibili o con l’equivalente stato limite elastico della sezione.
Passando poi all’Eurocodice 3, occorre prestare attenzione alle modifiche introdotte col decreto di
applicazione nazionale (NAD) italiano, cioè la sezione III del D.M. 9/1/96. In particolare, esso ri-
tocca i valori incasellati dei coefficienti parziali di sicurezza del materiale ma comporta anche altre
aggiunte e variazioni, soprattutto per quanto riguarda le saldature (ad esempio, per le saldature di
testa reintroduce la distinzione tra giunti di prima e seconda classe, presente nella norma italiana ma
assente nella versione originaria dell’Eurocodice 3).

3. L’acciaio per carpenteria metallica


3. 1. Composizione chimica e caratteristiche meccaniche
L’acciaio è una lega ferro-carbonio. La quantità di carbonio condiziona la resistenza e la duttilità (la
prima cresce e la seconda diminuisce all’aumentare del contenuto in carbonio). I più comuni acciai
per carpenteria metallica hanno un contenuto in carbonio molto basso (da 0.17% a 0.22%) e sono
quindi estremamente duttili. Una caratteristica importante è anche la tenacità dell’acciaio, cioè la
sua capacità di evitare rottura fragile alle basse temperature.
La normativa (D.M. 9/1/96, punto 2.1, valido anche per chi usa l’Eurocodice 3) impone limiti alle
caratteristiche meccaniche (tensione di rottura e di snervamento) ed all’allungamento a rottura dei
diversi tipi di acciaio, nonché limiti alla resilienza (legati alla temperatura ed al grado di saldabili-
tà), necessari per garantire la tenacità (si veda anche il punto 2.3.2).

3
Acciaio

Negli acciai sono contenute piccole quantità di manganese e silicio, che favoriscono la saldabilità, e
di altri elementi (fosforo, zolfo, ecc.) che sono da considerare impurità inevitabili. Per la saldabilità
dell’acciaio è importante il grado di disossidazione: l’ossigeno presente nell’acciaio fuso si combina
col carbonio formando monossido di carbonio CO che nel raffreddamento torna allo stato gassoso
creando diffuse soffiature (l’acciaio viene detto effervescente); l’aggiunta di alluminio e silicio, che
si combinano con l’ossigeno formando ossidi che vengono poi eliminati, riduce la formazione di
monossido di carbonio (acciai calmati o semicalmati).
Precisi limiti alla composizione chimica dell’acciaio per strutture saldate sono riportati nel punto
2.3.1 del D.M. 9/1/96, valido anche per chi usa l’Eurocodice 3:
Fe 360-430 Grado B: C≤0.24% P≤0.055% S≤0.055%
Grado C: C≤0.22% P≤0.050% S≤0.050%
Grado D: C≤0.22% P≤0.045% S≤0.045%
Fe 510 Grado B: C≤0.26% Mn≤1.6% Si≤0.6% P≤0.050% S≤0.050%
Grado C: C≤0.24% Mn≤1.6% Si≤0.6% P≤0.050% S≤0.050%
Grado D: C≤0.22% Mn≤1.6% Si≤0.6% P≤0.045% S≤0.045%

3.2. Prove sull’acciaio


Le prove di laboratorio che più frequentemente si effettuano sugli acciai da carpenteria metallica
sono:
− prova di trazione;
− prova di resilienza;
− prova di piegamento.
Vengono talvolta effettuate anche le seguenti prove:
− prova a compressione globale;
− prova di durezza;
− prova di fatica.

Prova di trazione
Si effettua su di un provino sagomato secondo la UNI 556 ottenendo il diagramma tensione defor-
mazione σ−ε.

Caratteristiche geometriche del provino1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

La prova fornisce i valori della forza di trazione e della variazione di distanza di due punti di riferi-
mento. La tensione viene valutata dividendo la forza di trazione per l’area nominale A0 del provino;
quindi nelle fasi finali della prova, quando si verifica la strizione (cioè una forte riduzione della se-
zione) la tensione nominale si riduce anche se la reale tensione va sempre crescendo. La deforma-
zione viene valutata dividendo la variazione di distanza tra i punti di riferimento per la distanza ini-
ziale L0. La distanza L0 è pari a 5 volte il diametro del provino (se questo non avesse sezione circo-
lare si assumerebbe L0 = 5.65 A0 ).
Dalla prova di trazione si ricava la tensione di snervamento fy e la corrispondente deformazione εy;
la deformazione in cui inizia l’incrudimento εh (che è circa 12-15 volte εy); a tensione di rottura a
trazione fu (il massimo raggiunto nella prova) e la corrispondente deformazione εu; la deformazione
a rottura. εt.

fu 1 ramo elastico
4 2 snervamento
3 3 incrudimento
fy 4 tratto decrescente
2 (il valore nominale
decresce, ma quello
reale cresce sempre e la
1 sezione si riduce)

εy εh εu εt
diagramma σ-ε per l’acciaio

Nota 1: per indicare la tensione di rottura a trazione (il massimo raggiunto nella prova) l’Euroco-
dice 3 usa il simbolo fu mentre la normativa italiana usa ft. Io mi sono attenuto alla simbo-
logia dell’Eurocodice 3. In maniera analoga ho usato i pedici u e t per le deformazioni.
Nota 2: In caso di prova ciclica si ha uno scarico e ricarico elastico, ma all’inversione del carico
l’andamento diventa curvilineo (effetto Bauschinger)

Prova di resilienza
La prova di resilienza mette in evidenza la resistenza alla rottura fragile (resilienza) degli acciai.
Si effettua col pendolo di Charpy, operando su un provino predisposto con intagli standardizzati.

prova di resilienza1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

Il pendolo, lasciato cadere da un’altezza h0, rom-


pe il provino e risale dal lato opposto ad un’al-
tezza h. La quantità h0-h è proporzionale al-
l’energia di rottura della provetta; essa, rapporta-
ta all’area di rottura, fornisce il valore della resi-
lienza. Il grafico resilienza-temperatura che si ot-
tiene da queste prove permette di individuare la
temperatura di transizione intesa come quella
temperatura al di sotto della quale vi è un brusco
decadimento della resilienza.
grafico resilienza-temperatura1

Poiché i risultati della prova sono fortemente dipendenti dalla forma dell’intaglio essi non rappre-
sentano dati sperimentali obiettivi. I valori di resilienza, come anche la temperatura di transizione,
hanno solo significato di riferimento nel senso che bassi valori di resilienza sono spie di rischio di
fragilità. Per modificare (abbassare) la temperatura di transizione è necessario intervenire sulla
composizione chimica (carbonio, manganese e nichel).
La norma italiana (D.M. 9/1/96, punto 2.1) fissa una resilienza di 27 J alla temperatura di −20 °C,
0 °C, +20 °C rispettivamente per acciai di grado B, C, D, valutata per un provino con intaglio a V ed
area 0.8 cm2.

Prova di piegamento
Consiste nel sottoporre il provino ad una deformazione plastica per flessione, piegandolo a un ango-
lo α pari a 90° o più frequentemente 180°. Essa consente di accertare l’attitudine del materiale a
sopportare grandi deformazioni a freddo senza rompersi. La prova di piegamento fornisce inoltre,
come anche quella di allungamento a rottura, indicazioni sulla duttilità del materiale.
Le UNI 564 e 5468 danno indicazioni su come effettuare la prova rispettivamente per i profili a se-
zione aperta e cava.

Prova di compressione globale (stub column test)


Questa prova viene fatta su tronchi di profilato di opportune dimensioni ed è utile per valutare il
comportamento globale dei profilati.

stub column test1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

La prova di compressione globale eviden-


zia una tensione limite media di proporzio-
nalità σm più bassa della corrispondente ot-
tenuta da una prova a trazione su provini
normalizzati. Questo fenomeno è dovuto
all’influenza delle imperfezioni strutturali
(tensioni residue, non omogenea distribu-
zione delle caratteristiche meccaniche nella
sezione) che hanno un ruolo degradante
sulle caratteristiche meccaniche.

confronto tra risultati di prova a trazione


e prova a compressione globale1

Prova di durezza
Consiste nella misura del diametro dell’impronta di penetrazione lasciata sul provino da una sfera di
acciaio sottoposta ad un carico F per un determinato intervallo di tempo. La prova viene effettuata
con apparecchi diversi (Brinell, Vichers, Rockwell) che si differenziano tra di loro per la forma del
penetratore.
La durezza Brinell è data da:

HB =
2F
(N/mm ) 2

π d  d − d 2 − d 02 
 
d diametro della sfera
d 0 diametro dell' impronta
I valori della durezza Brinell rappresentano la resistenza superficiale alla penetrazione e sono anche
grossolanamente proporzionali al valore di resistenza meccanica.

Prova a fatica
Mette in evidenza la riduzione, rispetto al valore originario, della resistenza meccanica a seguito di
cicli di sollecitazioni di intensità oscillante nel tempo.

prova a fatica

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

La prova consiste nel far ruotare il provino attorno al proprio asse con un carico verticale appeso
all’estremità. La conseguente sollecitazione momento flettente M da luogo, nella sezione di indagi-
ne, a valori di tensione che variano con legge sinusoidale nel tempo t.
Il diagramma in scala semilogaritmica f-n (dove n è il numero di cicli di carico) mostra che vi è un
valore limite di resistenza al di sotto del quale il materiale non risente più dei cicli di carico.

diagramma tensione-numero di cicli1

I risultati portano alle seguenti conclusioni:


− se il materiale è sottoposto a carichi ripetuti la rottura può verificarsi per una tensione inferiore a
quella corrispondente alla resistenza statica;
− il numero dei cicli necessario per raggiungere la rottura è, a parità di tensione massima, tanto più
grande quanto minore è l’ampiezza ∆σ di oscillazione della tensione.

cicli di tensione nella prova a fatica1

3.3. Acciai da carpenteria metallica


Gli acciai laminati a caldo utilizzati in Italia sono individuati con le seguenti sigle:
Fe 360 Fe410 Fe530
nelle quali il numero che compare indica la resistenza a rottura (in N mm-2).
L’Eurocodice 2 (punto 3.2.2) definisce i valori nominali della resistenza di snervamento fy e della
resistenza a rottura per trazione fu, da utilizzare nel calcolo come valori caratteristici, con la seguen-
te tabella:
Tipo Spessore t (mm)
nominale t ≤ 40 mm 40 mm < t ≤ 100 mm
2 2
di acciaio fy (N/mm ) fu (N/mm ) fy (N/mm2) fu (N/mm2)
Fe 360 235 360 215 340
Fe 430 275 430 255 410
Fe 510 355 510 335 490

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
8
Acciaio

Il NAD italiano sostituisce queste indicazioni con quelle (simili ma un po’ più particolareggiate)
contenute nel punto 2.1 del D.M. 9/1/961:
− per sezioni a profilo aperto
Simbolo Simbolo Fe 360 Fe 430 Fe 510
Caratteristica o parametro (1) (1) (1)
adottato UNI
(2) (3) (4)
tensione (carico unitario)
ft Rm
di rottura a trazione [N/mm2] ≥ 340 ≥ 410 ≥ 490
≤ 470 ≤ 560 ≤ 630
tensione (carico unitario) (5) (6) (7)
fy Re
di snervamento [N/mm2] ≥ 235 ≥ 275 ≥ 355
B +20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
Resilienza KV [J] C 0°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
KV KV
(8) D −20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
DD −20°C − − ≥ 40
Allungamento % a rottura ( L0 = 5,65 ⋅ A0 )
- per lamiere ≥ 24 ≥ 20 ≥ 20
εt Amin (9) (9) (9)
- per barre, laminati mercantili, profilati, larghi ≥ 26 ≥ 22 ≥ 22
piatti (10) (10) (10)
(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B, C, D e DD della UNI EN
10025 (febbraio 1992), anche altri tipi di acciai purché rispondenti alle caratteristiche indicate in questo prospetto.
(2) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(3) Per spessore maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(4) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(5) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2.
(6) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm2;
per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm2.
(7) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm2;
per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm2.
(8) Per spessori maggiori di 10 mm fino a 100 mm.
(9) Da provette trasversali per lamiere, nastri e larghi piatti con larghezza 600 mm;
per spessori maggiori di 3 mm fino a 40 mm;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 1 punto;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 2 punti.
(10) Da provette longitudinali per barre, laminati mercantili, profilati e larghi piatti con larghezza < 600 mm;
per spessori maggiori di 3 mm fino a 40 mm;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 1 punto;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 2 punti.

1
Nota per lo studente. Ovviamente queste tabelle sono riportate a titolo informativo; è importante conoscere solo i con-
cetti e valori essenziali: valori “standard” della tensione di snervamento; il fatto che la tensione di snervamento è mino-
re per spessori elevati; il fatto che la deformazione unitaria a rottura è molto elevata, oltre il 20%.
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Acciaio

− per sezioni a profilo cavo


Simbolo Simbolo Fe 360 Fe 430 Fe 510
Caratteristica o parametro (1) (1) (1)
adottato UNI
tensione (carico unitario)
ft Rm ≥ 360 ≥ 430 ≥ 510
di rottura a trazione [N/mm2]
tensione (carico unitario) (2) (2) (3)
fy Re
di snervamento [N/mm2] ≥ 235 ≥ 275 ≥ 355
B +20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
KV KV Resilienza KV [J] C 0°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
D −20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
Allungamento percentuale a rottura
εt Amin ( L0 = 5,65 ⋅ A0 ) % ≥ 24 ≥ 21 ≥ 20

(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B, C e D della UNI 7806 (di-
cembre 1979) e UNI 7810 (dicembre 1979), anche altri tipi di acciai purché rispondenti alle caratteristiche indicate
in questo prospetto.
(2) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2.
(3) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori oltre 16 mm fino a 35 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 35 mm e fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2.

In commercio sono presenti altri tipi di acciaio ad alto limite elastico (EX-TEN, T1 e NICUAGE,
tutti con fy=650 N/mm2).

Sulla base delle caratteristiche di saldabilità gli acciai sono suddivisi in tre gradi di saldabilità, B, C
o D, e anche DD per Fe 510 (nell’ordine dal meno saldabile al più saldabile). Per una struttura bul-
lonata si impiegherà acciaio di grado B.
Il grado di saldabilità è legato alla composizione chimica, al grado di disossidazione, alla fragilità
(resilienza).

Per quanto riguarda il metodo delle tensioni ammissibili, il D.M. 14/2/92 punto 3.1.1 impone come
limiti ammissibili a trazione e compressione per acciaio laminato i valori riportati nella seguente ta-
bella
σs [N/mm ]
2
materiale
t ≤ 40 mm t > 40 mm
Fe 360 160 140
Fe 430 190 170
Fe 510 240 210

3.4. Tipologie degli elementi in acciaio


Gli elementi in acciaio vengono prodotti industrialmente mediante un processo di laminazione a
caldo o di sagomatura a freddo e sono così classificati:
− elementi laminati a caldo;
profilati, lamiere (lamierini, con t < 1 mm; lamiere sottili, con 1 mm ≤ t ≤4 mm; ecc.), larghi
piatti, barre;
− elementi sagomati a freddo:
lamiere grecate, profili sottili.

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Acciaio

Elementi laminati a caldo


Profilati: barre di acciaio aventi sezioni particolari a contorno aperto o cavo;
lamiere: manufatti di spessore non superiore a 50 mm e di larghezza pari alla massima
dimensione del laminatoio;
larghi piatti: manufatti di spessore non superiore a 40 mm e larghezza compresa tra 200 e
1000 mm;
barre

Profilati
I tipi di sezione e le dimensioni geometriche dei profilati sono unificate in ambito europeo; le loro
caratteristiche sono riportate in un sagomario.

tubolare
IPE HE

scatolari
a C (o a U) angolari
profilati con sezione a contorno aperto profilati con sezione a contorno chiuso

I profili a doppio T sono utilizzati soprattutto come travi e colonne di strutture a telaio. Ne esistono
due distinte tipologie: IPE ed HE. I profili IPE hanno una larghezza b dell’ala pari alla metà dell’al-
tezza h. I profili HE hanno invece b=h; per essere più precisi, esiste una serie normale, HEB, nella
quale è effettivamente b=h fino ad una altezza di 300 mm (per altezze maggiori b rimane costante-
mente pari a 300 mm), una serie leggera, HEA, ed una serie pesante, HEM, che hanno spessori
maggiori e piccole differenze nell’altezza rispetto alla serie normale.
A parità di area della sezione (e quindi di peso e costo) i profili IPE hanno momento d’inerzia e
modulo di resistenza nettamente maggiore rispetto agli HE e sono quindi più convenienti in caso di
aste soggette a flessione semplice; il momento d’inerzia è però molto basso e ciò li rende inadatti a
sopportare momento flettente in due piani diversi ed anche molto sensibile all’instabilità in un pia-
no. I momenti d’inerzia dei profili HE nelle due direzioni hanno una minore differenza e ciò rende
questi profili più adatti ad essere usati come colonne (perché le colonne sono soggette a sforzo nor-
male oltre che a momento flettente e questo inoltre agisce spesso in due direzioni).
I profili a C e gli angolari sono usati soprattutto come aste di travature reticolari o aste di controven-
tatura; vengono spesso accoppiati a due a due sia perché ciò conferisce simmetria alla sezione com-
posta sia per comodità di realizzazione dei collegamenti.
A titolo di esempio è riportata una sintesi, relativamente ad un profilo IPE, delle informazioni che si
possono reperire sul sagomario.

11
Acciaio

Larghi piatti e lamiere


Questi prodotti permettono di realizzare per semplice saldatura o bullonatura elementi strutturali
fuori marca.
In commercio sono disponibili:
a) una vasta gamma di profili saldati a doppio T realiz-
zati con lamiere e larghi piatti dello spessore di 12-
14-19-22-25-26 mm che raggiungono altezze di 1700
mm;
ISE HSE HSD
Fe 510
b) alcuni tipi di profilati ibridi la cui sezione è realizzata
accoppiando lamiere e larghi piatti di qualità diversa. Fe 360
L’uso contemporaneo di acciai di diversa resistenza
permette di avere una “quarta dimensione” nelle co-
Fe 510
struzioni in acciaio;

c) alcuni tipi di profilati detti “Jumbo” realizzati con


lamiere o larghi piatti di notevole spessore;

d) una vasta gamma di profilati dalle forme più fantasiose.

12
Acciaio

possibili profilati ottenibili mediante composizione di larghi piatti1

Elementi sagomati a freddo


Lamiere grecate: elementi ottenuti mediante piegatura a freddo di lamierini o lamiere sottili. So-
no di vastissimo impiego come elementi orizzontali e verticali di chiusura

Profili sottili: elementi strutturali di sezioni, in genere a contorno aperto, ottenuti mediante
piegatura a freddo di nastri di acciaio di spessore di circa 3-4 mm
profili senza irrigidimenti di bordo

profili con irrigidimenti di bordo

profilo con irrigidimenti nell’ala

Nell’ambito dei profili sottili si possono ottenere le sezioni più varie che realizzano il massimo
sfruttamento del materiale, anche “per forma” con conseguente ottimizzazione del peso strutturale.
L’esiguo spessore di questi profili richiede una particolare attenzione del progettista ai pericoli con-
nessi con fenomeni di corrosione e/o di instabilità locale.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
13
Acciaio

4. Le imperfezioni
I modelli con i quali calcoliamo le strutture sono in genere fondati sull’ipotesi che l’asta sia “ideale”
cioè perfettamente rettilinea, omogenea, isotropa ed esente da stati tensionali interni precedenti l’ap-
plicazione del carico. In realtà le aste prodotte industrialmente presentano inevitabilmente imperfe-
zioni nella sezione e su tutta la lunghezza, causate dal processo di produzione.
Le imperfezioni possono essere:
− meccaniche
− geometriche

4.1. Imperfezioni di tipo meccanico


Sia nei profili laminati a caldo che in quelli laminati a freddo e a composizione saldata, sono pre-
senti imperfezioni che riguardano le caratteristiche meccaniche, quali:
− la presenza di tensioni residue (stati tensionali autoequilibrati nelle sezioni trasversali);
− la disomogenea distribuzione delle caratteristiche meccaniche nelle sezioni trasversali e lungo
l’asse dei profilati.

Profili laminati a caldo - tensioni residue


Le tensioni residue si formano a causa del processo di raffreddamento successivo alla laminazione
(600° C) e possono venire modificate da eventuali processi termici o da raddrizzamento di natura
meccanica. Nella figura seguente è schematizzato il processo temporale dell’andamento dello stato
tensionale della sezione del profilo a seguito del suo raffreddamento.

variazione dello stato tensionale durante il raffreddamento1

Le parti esterne dell’ala e quella centrale dell’anima si raffreddano più rapidamente e tendono quin-
di ad accorciarsi in misura maggiore rispetto ai punti di intersezione ala-anima. Questo tende a ge-

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

nerare tensioni di trazione all’estremo delle ali e compressione all’intersezione ala-anima (b) che
però si smorzano (c) grazie alle deformazioni viscose delle parti più calde, non ancora ben solidifi-
cate. Il successivo raffreddamento dei punti di intersezione ala-anima, quando il resto del profilo è
ormai raffreddato e quindi solidificato, genera trazione all’attacco ala-anima e compressione agli e-
stremi delle ali e al centro dell’anima (d) e questo stato tensionale autoequilibrato rimane presente
nel profilato.
Si tenga presente che i valori delle tensioni residue possono essere molto elevati, pari a oltre la metà
della tensione di snervamento se non addirittura comparabili ad essa.
I parametri che influenzano questo comportamento sono la conducibilità termica k, il peso specifico
del materiale γ, il calore specifico del materiale c ed il coefficiente di dilatazione termica α. Questi
sono combinati nel rapporto k/γ c da cui in definitiva dipende la differenza di temperatura fra i vari
punti della sezione del profilato. Poiché negli acciai il rapporto k/γ c è costante ,la distribuzione del-
le tensioni residue dipende dalla geometria delle sezioni trasversali, ossia dai rapporti.
h/b tw/h tw/b tf/h tf/b
con h = altezza della sezione tw= spessore dell’anima
b = larghezza delle ali tf = spessore delle ali

andamenti sperimentali delle tensioni residue in travi a doppio T 1

modelli proposti per l’andamento delle tensioni residue1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

Profili laminati a caldo - caratteristiche meccaniche


Si è potuto costatare sperimentalmente che vi è una certa dispersione dei risultati anche nei valori
delle caratteristiche meccaniche più importanti.

distribuzione dello snervamento fy sulla sezione trasversale di un profilato HEA


e valori misurati per vari profilati HE1

Profili a composizione saldata - tensioni residue


Le tensioni residue sono causate dal disomogeneo apporto di calore dovuto alla saldatura. Il cordo-
ne di saldatura viene depositato allo stato fuso e le zone adiacenti ad esso raggiungono presto la
temperatura di fusione. A causa di questi differenti salti termici sulla sezione sono presenti, a salda-
tura ultimata, tensioni residue di trazione nella zona prossima alla saldatura e di compressione nella
zona più lontana.

tensioni residue dovute al procedimento di saldatura1

Profili formati a freddo - tensioni residue


Le tensioni residue in questi tipi di profilati sono causate dal processo di produzione. È evidente che
durante la formatura a freddo, le fibre superficiali tendono ad allungarsi mentre quelle interne ri-
mangono indeformate. A queste possono aggiungersi di tipo flessionale (cioè con andamento varia-
bile lungo lo spessore in maniera lineare intrecciata) dovute alla piegatura.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

tensioni residue da formatura a freddo1

Profili formati a freddo - caratteristiche meccaniche


La variazione delle caratteristiche meccaniche lungo la sezione è dovuta all’incrudimento per piega-
tura del materiale. L’operazione di piegatura produce un innalzamento del limite elastico del mate-
riale tanto maggiore quanto più piccolo è il raggio di curvatura della piega. All’aumento della resi-
stenza si accompagna però una diminuzione della resilienza che rende il profilo fragile.

4.2. Considerazioni sull’importanza delle imperfezioni meccaniche


L’influenza delle tensioni residue sullo stato tensionale e sulla relazione tra caratteristiche della sol-
lecitazione e deformazioni è mostrato esemplificativamente nel caso di un profilato a doppio T con
tensioni residue pari a 0.5 fy, soggetto ad una azione assiale N (si è imposto l’allungamento ∆L e
quindi la deformazione e si è ricavato il conseguente stato tensionale e il valore di N).
allungamento
∆L 0 0.5 εy L 1.0 εy L 1.5 εy L

ala
+ εy
ε − +

+ fy
σ − +

anima
ε + +

σ + +

N 0 (2 Af+Aw) 0.5 fy (2 Af+Aw) 0.875 fy (2 Af+Aw) 1.0 fy


Si nota che la relazione N-∆L si discosta dall’andamento lineare a partire da deformazioni ben più
piccole di quelle corrispondenti allo snervamento, ma il valore massimo di N coincide con quello di
un’asta ideale anche se è raggiunto per deformazioni maggiori. In definitiva, le tensioni residue au-
toequilibrate (così come la variazione delle caratteristiche meccaniche) non alterano il comporta-
mento globale (resistenza ultima) della sezione trasversale, ma influiscono sul comportamento sotto
carichi di esercizio; esse inoltre possono aumentare il rischio di instabilità di un’asta o innescare pe-
ricolosi fenomeni di instabilità locale delle parti compresse di una sezione.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

4.3. Imperfezioni geometriche


Con questo termine vengono indicate tutte le variazioni di dimensione o forma dell’asta rispetto alla
geometria ideale.

Imperfezioni geometriche della sezione trasversale


Le variazioni che interessano la sezione trasversale dipendono da:
− graduale consumo di rulli sbozzatori;
− variazioni degli spessori e delle dimensioni delle lamiere nei profili saldati;
− mancata ortogonalità degli elementi che compongono le sezioni.
Un’indagine su 5000 profili a doppio T (HEA e HEB) ha dato i seguenti risultati:
− la variazione della larghezza delle ali e dell’altezza della sezione è molto contenuta;
− lo spessore delle ali e delle anime tende ad essere rispettivamente minore e maggiore rispetto al
valore nominale;

distribuzione di frequenza delle caratteristiche geometriche dei profilati1

− anche l’area A, il momento d’inerzia I, il modulo di resistenza elastico W e plastico Wpl tendono a
discostarsi dai valori nominali.

distribuzione di frequenza di area e modulo di resistenza1

Un’altra importante variazione rispetto alle dimensioni nominali si ha nei profili sottili piegati a
freddo. Per effetto della piegatura si ha infatti una riduzione dello spessore t nella zona della piega;
il valore medio dello spessore ridotto tred può essere assunto pari a
 r+k t 
tred =   t
 r + 0.5 t 
dove r è il raggio interno di piegatura e k è un fattore di riduzione, dipendente dal rapporto r/t (per
r/t>1.5 si può utilizzare il valore k=0.35).

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

Imperfezioni geometriche dell’asse dell’asta


La variazioni più importante è la deviazione dell’asse dell’asta dalla sua posizione ideale perfetta-
mente rettilinea.
Il modello di asta con cui usualmente si tiene conto di tale imperfezione è:
e
e0

modello di imperfezioni dell’asta1

in cui
e eccentricità del carico all’estremità dell’asta causata dalle variazioni di geometria della se-
zione trasversale;
e0 freccia in mezzeria dovuta alla configurazione dell’asta reale che ha una deformata iniziale
di tipo sinusoidale.

deformate reali e deformata sinusoidale usata nel modello1

4.4. Considerazioni sull’importanza delle imperfezioni geometriche


Le imperfezioni geometriche possono condizionare in misura rilevante il comportamento degli ele-
menti strutturali.
La normativa italiana e quella europea impongono di tenerne conto in diverse circostanze:
− nella valutazione del comportamento globale di una struttura intelaiata (imperfezione laterale φ
delle colonne), dei sistemi di controvento e delle membrature (Eurocodice 3, punto 5.2.4);
− nella verifica di aste compresse, considerando per l’asta reale, imperfetta, una tensione critica in-
feriore a quella dell’asta ideale (metodo ω della norma italiana; coefficiente χ dell’Eurocodice
3).

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

5. Confronto tra elementi strutturali in cemento armato e in acciaio


Nel confrontare tra loro strutture o elementi strutturali in cemento armato e in acciaio occorre tenere
conto di vari aspetti:
− le modalità costruttive, che condizionano il comportamento strutturale e la scelta dei modelli di
calcolo ma soprattutto l’importanza da dare ai particolari costruttivi;
− l’influenza della differenza di resistenza tra acciaio e calcestruzzo, che per strutture in acciaio
rende possibile l’uso di sezioni molto minori rispetto a quelle consuete in strutture in cemento
armato, comportando di conseguenza:
− problemi di deformabilità;
− problemi di instabilità;
− maggiore sensibilità a condizioni di carico trascurabili nel cemento armato;
− vantaggi nel caso di grandi luci e in zona sismica;
− il diverso comportamento a trazione e a compressione.

Modalità costruttive
Le strutture in cemento armato ordinario sono usualmente realizzate in opera, preparando gabbie di
armatura e casseforme ed effettuando quindi il getto di calcestruzzo. Le riprese di getto, se realizza-
te con cura, non inficiano la continuità degli elementi strutturali. Per questo motivo i modelli geo-
metrici utilizzati nell’analisi strutturale sono sempre quelli di trave continua o telaio. Quando si
vuole realizzare una connessione parziale, ad esempio una cerniera, occorre intervenire con oppor-
tuni accorgimenti costruttivi.
Le strutture in acciaio sono invece realizzate mediante l’assemblaggio di elementi monodimensio-
nali (profilati) o bidimensionali (lamiere) prodotti in stabilimenti siderurgici e preparati (taglio, fo-
ratura, saldatura) in officina. Le strutture in acciaio hanno quindi un grado di vincolo mutuo tra i va-
ri elementi che tende ad essere il minimo possibile ed è necessario intervenire con opportuni accor-
gimenti costruttivi se si vuole elevare il grado di iperstaticità della struttura.
Lo studio dei collegamenti diventa una parte predominante del progetto di strutture in acciaio, a cui
si dedica più tempo e più cura che al progetto delle aste stesse e che spesso condiziona la scelta del-
le sezioni degli elementi strutturali.

Deformabilità
Nonostante il modulo elastico dell’acciaio sia quasi il triplo rispetto a quello del calcestruzzo, la
dimensione delle sezioni in acciaio è tanto più piccola rispetto a quella delle sezioni in cemento ar-
mato da rendere molto rilevanti i problemi di esercizio connessi alla deformabilità. In numerosi casi
la scelta della sezione è condizionata più dai limiti di deformabilità che dai limiti di resistenza. Non
a caso l’Eurocodice 3 presenta prima gli stati limite di servizio (cap. 4) e poi gli stati limite ultimi
(cap. 5).

Instabilità
L’uso di sezioni molto piccole rende le aste compresse e le strutture dotate di elementi compressi
particolarmente sensibili al problema dell’instabilità (dell’asta o dell’intera struttura). Nelle strutture
in acciaio è quindi essenziale la verifica di stabilità delle aste compresse ed è spesso importante te-
nere conto degli effetti del secondo ordine nell’analisi strutturale, problemi entrambi usualmente
trascurati nel caso di strutture in cemento armato.
L’analisi dell’asta o della struttura ai fini dell’instabilità deve sempre essere effettuata tenendo con-
to della reale tridimensionalità della struttura, perché anche per schemi che analizzeremmo nel pia-
no l’instabilizzazione può avvenire al di fuori del piano stesso.

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Acciaio

Influenza della tridimensionalità sull’instabilizzazione della struttura1

Sensibilità a schemi di carico


A causa della differenza di sezioni, il peso proprio ha un’incidenza molto minore rispetto agli altri
carichi portati. Ad esempio una copertura non praticabile in acciaio pesa circa 0.15÷0.30 kN m-2 a
fronte di 2÷3 kN m-2 di una copertura in cemento armato. Un carico da neve di 0.90 kN m-2 rappre-
senta quindi il 70÷90% del carico totale per la copertura in acciaio ed il 20÷30% per quella in ce-
mento armato. Inoltre il carico da depressione del vento, che può valere 0.30÷0.50 kN m-2, è sempre
trascurabile per una struttura in cemento armato (perché riduce le sollecitazioni) mentre può essere
molto pericoloso per una struttura in acciaio (perché può portare a un’inversione di segno nelle sol-
lecitazioni e quindi all’instabilizzazione di elementi che con le usuali combinazioni di carico sareb-
bero sempre tesi).

Strutture di grande luce o in zona sismica


La bassa incidenza del peso proprio è estremamente utile in due casi:
− strutture di grande luce: il peso proprio di travi in cemento armato cresce all’aumentare della lu-
ce, tanto che il carico portato può diventare minimo rispetto ad esso ed oltre certe dimensioni una
trave in cemento armato non riesce nemmeno a portare se stessa; con l’acciaio possono invece
raggiungersi luci molto maggiori;
− strutture in zona sismica: l’azione sismica è proporzionale alle masse presenti; la riduzione del
peso proprio comporta quindi anche una riduzione di tali azioni.

Comportamento a trazione e a compressione


Il calcestruzzo lavora sempre meglio a compressione. L’acciaio in compressione, oltre a presentare
il rischio di instabilità dell’elemento o della struttura, ha anche problemi di instabilità locale che ri-
ducono la capacità di sopportare momento accoppiato a sforzo normale di compressione.
M c.a. M acciaio

N compressione N compressione

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

6. Stati limite di servizio


Necessità di limitare:
− deformazioni che possono compromettere l’uso della struttura;
− vibrazioni che possono dare fastidio o danno;
− danni agli elementi non strutturali.

6.1. Controllo degli spostamenti Eurocodice 3, punto 4.2


Spostamenti verticali
L’Eurocodice 3 fornisce limiti agli spostamenti (riferiti all’effetto della combinazione di carichi ra-
ra). Ad esempio,avendo indicato con δmax la feccia dovuta al carico totale e con δ2 quella dovuta ai
soli carichi variabili:
1 1
− per solai in generale: δmax < L δ2 < L
250 300
1 1
− per solai con tramezzi: δmax < L δ2 < L
250 350
I limiti degli spostamenti sono spesso più gravosi dei limiti di resistenza; ad esempio per una trave
semplicemente appoggiata con carico permanente g e variabile q si ha:
M h ( g + q ) L2 h L2 16 σ s
σ max = = ⇒ =
I 2 8 2I I ( g + q) h
5 ( g + q ) L4 5 ( g + q ) L4 1
δ max = (se non vi è controfreccia) ⇒ < L
384 EI 384 EI 250
L 1 4.8 E
da cui si ricava >
h 250 σ s
5 q L4 5 q L4 1
δ2 = ⇒ < L (se vi sono tramezzi)
384 E I 384 E I 350
L 1 4.8 E g + q
da cui si ricava >
h 350 σ s q
Se si ha ad esempio E=206000 MPa; σ s =160 MPa (acciaio Fe 360) e g=q, i due limiti diventano
L L
rispettivamente > 24.72 e > 35.31
h h

Diagrammando il rapporto freccia elastica-


luce trave in funzione del rapporto luce
trave-altezza sezione (ossia δmax/L−L/h) si
ottiene che per rapporti L/h compresi tra
15-30 il rapporto δmax/L è accettabile se la
tensione del materiale è ben al di sotto del
valore ammissibile.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
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Acciaio

Nota 1: nel calcolo delle frecce occorre tenere conto delle deformazioni indotte da scorrimenti nei
collegamenti bullonati. Ad esempio per una travatura reticolare si hanno ulteriori frecce
dovuta agli scorrimenti nei correnti (δc) e nelle diagonali (δd) che possono essere valutate
con le espressioni:
n L
δc = (d 0 − d )
6 h
L L
δd = d (d 0 − d )
p h
con
n = numero di giunti nei correnti
Ld = lunghezza delle aste diagonali
p = passo delle aste diagonali
d0-d = gioco foro-bullone

Nota 2: particolari accorgimenti devono essere presi per evitare il ristagno di acqua piovana, per
evitare un effetto a catena (il peso dell’acqua aumenta la freccia, quindi può ristagnare una
maggiore quantità di acqua, con un ulteriore incremento di peso e di freccia, ecc.); si dovrà
tenere conto di imprecisioni dell’esecuzione, cedimenti delle fondazioni, inflessioni dei
materiali di copertura e degli elementi strutturali.

Spostamenti orizzontali
Gli spostamenti orizzontali indotti dal vento devono essere minori di:
1
− in ciascun piano: h
300
1
− per l’intera struttura: htot
500

6.2. Controllo delle vibrazioni Eurocodice 3, punto 4.3


Persone che camminano inducono vibrazioni con frequenza di circa 2 cicli/s (da 1.6 a 2.4 cicli/s a
seconda che si cammini lentamente o si corra); la frequenza naturale del solaio deve essere maggio-
re di 3 cicli/s per evitare risonanza.
In caso di solai sui quali si salta o si balla in modo ritmico, la frequenza naturale del solaio deve es-
sere maggiore di 5 cicli/s.
Per trovare espressioni che forniscono la frequenza naturale di oscillazione del solaio occorrerebbe
scrivere le equazioni del moto; si ottiene all’incirca
5
f =
δ
con
f = frequenza (cicli/s)
δ = freccia provocata dai carichi agenti (cm)
Da queste relazioni derivano le imposizione dell’Eurocodice 3, riferite alla combinazione di carico
frequente:
− per solai in genere freccia totale δ1 + δ2 < 28 mm
− per solai soggetti a moto ritmico freccia totale δ1 + δ2 < 10 mm

23
Acciaio

7. Verifica e progetto di sezioni in acciaio – metodo delle tensioni ammissibili


Il metodo delle tensioni ammissibili si basa sull’idea di applicare un coefficiente di sicurezza esclu-
sivamente alle tensioni, considerando accettabili, sotto l’azione dei carichi “massimi”, tensioni ade-
guatamente più basse di quella di snervamento (circa i due terzi). I valori delle tensioni ammissibili
sono stati riportati in precedenza.
In questo modo si ha il vantaggio di poter assumere un diagramma σ-ε lineare (almeno per l’ac-
ciaio) e di utilizzare tutte le formule fornite dallo studio di travi realizzate con materiale elastico li-
neare, studiate nel corso di Scienza delle costruzioni.
In presenza di sole tensioni normali la verifica consiste quindi nel calcolare il valore massimo della
tensione nella sezione e controllare che sia
σ max ≤ σ s
Quando sono presenti contemporaneamente più tensioni, si adotterà il criterio di resistenza di
Hencky-Von Mises calcolando una tensione ideale e confrontandola con quella ammissibile, cioè
verificando che sia
σ id = σ 2 + 3 τ 2 ≤ σ s
Si noti che in presenza di sole τ si ha σ id = τ 3 , il che equivale a considerare accettabile una τ non
superiore a σ s / 3 .
Nota: nel seguito si considererà come asse x l’asse dell’asta; come asse y un asse nel piano della
sezione, verticale e orientato verso l’alto; come asse z un asse nel piano della sezione, oriz-
zontale e orientato verso sinistra (per maggior dettaglio, si veda il mio volume sul cemento
armato, cap. 6).

7.1. Trazione
In presenza di uno sforzo assiale di trazione N centrato, cioè applicato al baricentro della sezione,
tutti i punti della sezione avranno la stessa deformazione ε e tensione σ. Poiché, per definizione, lo
sforzo normale è la risultante delle tensioni, si ha
N = ∫ σ dA = σ ∫ dA = σ A
e quindi, noto N e l’area della sezione
N N
σ= ε=
A EA
e la verifica consisterà nel calcolare la tensione e confrontarla col valore ammissibile σ s .
Viceversa, in fase di progetto è noto solo lo sforzo assiale N e l’area necessaria per la sezione si ri-
cava dalla condizione
N N
σ = ≤ σs che porta a A≥
A σs
Nota: se un’asta tesa è collegata alle altre aste mediante bulloni, occorre tener conto del fatto che i
fori praticati per inserire i bulloni ne indeboliscono la sezione. L’area che si ottiene dalla espressio-
ne sopra riportata deve essere quindi quella della sezione netta.

7.2. Flessione semplice


In presenza di flessione semplice, cioè solo di un momento flettente M, il diagramma delle defor-
mazioni e delle tensioni è lineare. Per semplicità si considera qui la presenza del solo momento Mz.
Indicando con εG la deformazione unitaria in corrispondenza del baricentro e con χ la curvatura (de-
rivata delle ε, cioè inclinazione del loro diagramma), la deformazione di un punto generico è data da
ε = εG + χ y e la tensione è quindi σ = E (ε G + χ y ) .

24
Acciaio

Poiché, per definizione, il momento flettente è il momento risultante delle tensioni rispetto al bari-
centro, si ha
M z = − ∫ σ y dA = − ∫ E (ε G + χ y ) y dA = − E ε G ∫ y dA − E χ ∫ y 2 dA = − E χ I z
mentre dalla condizione N=0 si ricava
N = ∫ σ dA = ∫ E (ε G + χ y ) dA = E ε G ∫ dA + E χ ∫ y dA = E ε G A =0
Si ha così
Mz
εG = 0 χ=−
E Iz
e quindi
M
σ=− z y
Iz
Il diagramma delle tensioni è quindi “a farfalla” e si annulla in corrispondenza del baricentro della
sezione. Il valore massimo della tensione si raggiunge all’estremo (superiore o inferiore, a seconda
della posizione del baricentro) cioè per y=ysup o y=yinf.
Il rapporto I / ysup o I / yinf viene detto modulo di resistenza della sezione e indicato col simbolo W.
Quindi in generale si dirà che la tensione massima(in valore assoluto) è fornita dall’espressione
M
σ max =
W
dove W è il (minimo) modulo di resistenza della sezione. La verifica consisterà quindi nel calcolare
la tensione e confrontarla col valore ammissibile σ s .
Viceversa, in fase di progetto è noto solo il momento flettente M ed il modulo di resistenza necessa-
rio per la sezione si ricava dalla condizione
M M
σ max = ≤ σs che porta a W≥
W σs

7.3. Flessione composta


Anche nel caso di flessione composta, cioè quando sono contemporaneamente presenti uno sforzo
normale N ed un momento flettente M, il diagramma delle deformazioni e delle tensioni è lineare.
Pensando sempre, per semplicità, alla presenza del solo momento Mz si ricava, analogamente a
quanto visto in precedenza, il valore della tensione
N M
σ= − z y
A Iz
che raggiunge il valore massimo ancora all’estremo (superiore o inferiore, a seconda della posizione
del baricentro) cioè per y=ysup o y=yinf. La verifica consisterà sempre nel calcolare la tensione e con-
frontarla col valore ammissibile σ s .
Meno semplice è il problema del progetto della sezione, perché per un’assegnata coppia M-N la ten-
sione massima dipende da due valori (A, Iz). Si procede di solito per tentativi, scegliendo una sezio-
ne (e quindi A e Iz) e poi verificandola. Quando, come spesso capita, è prevalente l’effetto di M, si
potrà calcolare un valore minimo di Iz con l’espressione vista per la flessione semplice; sarà però in
genere opportuno maggiorare un po’ la sezione rispetto a quanto necessario per la sola flessione.

7.4. Taglio
Il taglio V non è, di solito, particolarmente condizionante. O meglio, tenendo conto che taglio e fles-
sione sono tra loro legati, i profilati prodotti industrialmente e destinati ad elementi soggetti a fles-
sione e taglio hanno caratteristiche tali da farli andare in crisi prima per flessione che per taglio. In
generale, quindi, le sezioni saranno progettate per flessione e solo alla fine verificate a taglio.
Il diagramma di tensioni nella sezione è ricavato mediante la formula di Jouravski
25
Acciaio

V S
τ=
Ib
(per sapere come tale formula è ricavata, si legga un libro di Scienza delle costruzioni oppure il ca-
pitolo 10 del mio libro sul cemento armato).
Nel caso di sezioni a doppio T, come le IPE ed HE utilizzate per travi o pilastri, il diagramma delle
τ lungo l’anima è parabolico, ma parte da valori agli estremi già rilevanti, percentualmente non
molto minori del massimo che si raggiunge in corrispondenza del baricentro. Ai fini pratici, basta
quindi calcolare la τ massima utilizzando, nell’espressione di Jouravski, il valore del momento sta-
tico di mezza sezione (fornito dai sagomari).
In una sezione soggetta a solo taglio, la verifica consiste quindi nel controllare che
V SG σ
τ max = ≤ s essendo SG il momento statico di mezza sezione.
Ib 3
Se invece vi è contemporaneamente taglio e momento flettente occorre applicare il criterio di resi-
stenza di Hencky-Von Mises calcolando la σid, che sarà probabilmente massima in prossimità
dell’attacco tra ala e anima (anche se, ripeto, in genere la τ non è molto rilevante.

8. Verifica e progetto di sezioni in acciaio – metodo degli stati limite


Le verifiche allo stato limite ultimo, nell’ambito del metodo degli stati limite, si basano sull’idea di
applicare coefficienti di sicurezza sia ai carichi che alle resistenze dei materiali. I carichi permanenti
g e variabili q sono amplificati rispetto ai loro valori caratteristici (usati nel metodo delle tensioni
ammissibili) mediante i coefficienti γg e γq. I valori del carico così ottenuti, da utilizzare nel calcolo,
vengono indicati col pedice d (da design = calcolo). Le caratteristiche di sollecitazione provocate da
questi carichi vengono indicate col pedice Sd (ad esempio MSd, momento sollecitante di calcolo).
Come resistenza, per l’acciaio si fa riferimento fyd , ovvero alla tensione di snervamento fy ridotta
mediante opportuni coefficienti γM (l’Eurocodice 3 ne prevede parecchi, in funzione del tipo di veri-
fica e dell’elemento da verificare; nella verifica delle sezioni si usa in genere γM0 che vale 1.05 per il
NAD italiano). Il diagramma σ-ε del materiale sarà sempre non lineare (elastico – perfettamente
plastico per l’acciaio). In genere, non sarà quindi possibile utilizzare le formule fornite dallo studio
di travi realizzate con materiale elastico lineare, studiate nel corso di Scienza delle costruzioni. Le
caratteristiche di sollecitazione massime sopportabili da una sezione sono indicate col pedice Rd (ad
esempio MRd, momento resistente di calcolo).
La verifica di resistenza consisterà sempre nel controllare che il valore sollecitante non superi quel-
lo resistente (o, nel caso di presenza contemporanea di più caratteristiche della sollecitazione, che
l’insieme di caratteristiche sollecitanti costituisca un punto non esterno al dominio delle caratteristi-
che resistenti).

8.1. Trazione
In presenza di uno sforzo assiale di trazione N centrato, cioè applicato al baricentro della sezione,
tutti i punti della sezione avranno la stessa deformazione ε. Si raggiungerà quindi lo snervamento
contemporaneamente in tutti i punti (σ=fyd ovunque). Poiché, per definizione, lo sforzo normale è la
risultante delle tensioni, si ha
fy
N Rd = ∫ σ dA = f yd ∫ dA = A
γM0
In fase di progetto è noto lo sforzo assiale sollecitante NSd e l’area necessaria per la sezione si ricava
dalla condizione
fy N Sd
N Sd ≤ A che porta a A≥
γM0 fy / γM0
26
Acciaio

Nota: se un’asta tesa è collegata alle altre aste mediante bulloni, occorre tener conto del fatto che i
fori praticati per inserire i bulloni ne indeboliscono la sezione. La sezione con fori si snerverà sem-
pre prima delle altre, per uno sforzo normale pari a Anet fyd, ma nel valutare la resistenza ultima
dell’asta si può andare oltre. Con forti deformazioni plastiche in corrispondenza del foro (che però
provocano un allungamento trascurabile dell’asta) si arriva infatti all’incrudimento dell’acciaio, che
può così raggiungere la tensione di rottura fu. L’Eurocodice 3 impone di valutare la resistenza
dell’asta come il minore tra la resistenza della sezione trasversale non forata
fy
N pl , Rd = A
γM0
e la resistenza ultima della sezione forata
f
N u , Rd = 0.9 Anet u
γM2
Si noti in questo caso l’uso del coefficiente riduttivo 0.9 (che credo voglia tener conto delle possibi-
li variazioni dell’area netta) nonché di un coefficiente di sicurezza maggiore per le tensioni (γM2 va-
le 1.20 per il NAD italiano).
Se tra i due è minore Npl,Rd l’asta avrà un comportamento duttile, perché la sezione standard si sner-
va prima che si abbia la rottura in corrispondenza della sezione forata.

8.2. Flessione semplice


In presenza di flessione semplice, cioè solo di un momento flettente M, il diagramma delle defor-
mazioni è lineare. Man mano che crescono le deformazioni, si ha un corrispondente aumento delle
tensioni, fino al raggiungimento dello snervamento. All’ulteriore crescita delle deformazioni non
può seguire un aumento della tensione nei punti snervati, ma la zona snervata si ampia fino a rag-
giungere la situazione mostrata in figura: metà sezione è snervata con tensione pari a +fyd , l’alta me-
tà con tensione pari a –fyd .
y ε σ
−fyd

+fyd

Poiché, per definizione, il momento flettente è il momento risultante delle tensioni rispetto al bari-
centro, si ha
M Rd = − ∫ σ y dA = − ∫ − f yd y dA − ∫ f yd y dA = f yd ∫ y dA − f yd ∫ y dA = 2 S 1 / 2 sez f yd
sup inf sup inf

dato che il momento statico della metà superiore della sezione è uguale e opposto al momento stati-
co della metà inferiore. Per evidenziare l’analogia di questa espressione con quella usata nell’ipotesi
di comportamento lineare, la quantità 2 S1/2 sez (doppio del momento statico di mezza sezione) viene
chiamata modulo di resistenza plastico ed indicata col simbolo Wpl. Si ha in definitiva
fy
M Rd = W pl
γM0
In fase di progetto è noto il momento flettente MSd ed il modulo di resistenza necessario per la se-
zione si ricava dalla condizione
fy M Sd
M Sd ≤ W pl che porta a W pl ≥
γM0 f y / γM0

27
Acciaio

8.3. Flessione composta


Il problema della flessione composta è più complesso, a causa della non linearità del diagramma σ-ε
dell’acciaio. L’Eurocodice 3 (punto 5.4.8) fornisce numerose indicazioni, in verità alquanto com-
plesse (direi quasi scoraggianti). La più comunemente utilizzata, per profili a doppio T come gli IPE
e gli HE, corrisponde al dominio riportato in figura, nel quale il momento limite è pari a quello che
si ha in assenza di sforzo normale finché NSd è (in valore assoluto) minore di un decimo dello sforzo
normale limite (che si ha in assenza di flessione), e poi decresce linearmente.
1.11 MRd

MRd

0.1 NRd NRd

8.4. Taglio
La resistenza a taglio allo stato limite ultimo si valuta pensando alla piena plasticizzazione (a taglio)
dell’anima. Con l’ulteriore considerazione, già fatta, che ad una tensione tangenziale τ corrisponde
una tensione normale equivalente σ id = τ 3 (e quindi che il limite tensionale per le τ sarà pari a
f yd / 3 ), si ha
fy / 3
V Rd = Av
γM0
dove Av è l’area a taglio che per semplicità può essere assunta pari a Av = 1.04 h t w (h altezza del
profilato, tw spessore dell’anima).
In presenza contemporanea di momento flettente e taglio, è possibile effettuare verifiche separate
per le due caratteristiche della sollecitazione finché VSd ≤ 0.5 VRd . In caso contrario occorre ridurre
la resistenza flessionale in misura dipendente dall’entità del taglio.

9. Verifica di aste compresse


In presenza di uno sforzo normale N di compressione, la resistenza di un’asta è fortemente condi-
zionata dal problema dell’instabilità. Nel corso di Scienza delle costruzioni si è studiata la trattazio-
ne di Eulero, che ha mostrato come al raggiungimento di un particolare valore di N, detto carico cri-
tico Ncr, si abbia una biforcazione dei rami di equilibrio. È cioè possibile una doppia soluzione: una
configurazione deformata solo estensionalmente, nella quale l’asse dell’asta rimane rettilineo; una
configurazione con deformazioni anche flessionali, nella quale l’asse dell’asta si incurva. L’espres-
sione trovata da Eulero è
π2 E I
N cr =
l 02
ed in essa E è il modulo di elasticità del materiale, I il momento d’inerzia della sezione trasversale
dell’asta, l0 la lunghezza libera d’inflessione (distanza tra due successivi punti di flesso della defor-
mata: l0 = l per trave appoggiata-appoggiata, l0 = l/2 per trave incastrata-incastrata, l0 = 2 l per trave
incastrata e libera, cioè per una mensola).
L’espressione può essere modificata per fornire la tensione critica σcr (tensione provocata dal carico
critico)

28
Acciaio

π2 E I π2 E ρ2 π2 E
σ cr = = = 2
A l 02 l 02 λ
essendo I / A = ρ (quadrato del raggio d’inerzia della sezione) e λ = l0 / ρ (il parametro dimensiona-
2

le λ è detto snellezza dell’asta). In un grafico che abbia come ascisse la snellezza λ e come ordinate
la tensione critica σcr, come quello sotto riportato, la relazione sopra scritta è rappresentata da una
iperbole (curva 1).
350 MPa
1 (Eulero)
σcr
300
Relazione tra
2 (materiale
250 elasto-plastico)
tensione critica e
snellezza
200 a (acciaio Fe360)
b
150
c

100 d

50

λ1=93
0
0 50 100 150 200 250 λ
L’espressione del carico critico Euleriano è stata ricavata per un’asta ideale, realizzata in materiale
linearmente elastico ed infinitamente resistente. Nella realtà l’acciaio può essere assimilato, al più, a
un materiale elastico-perfettamente plastico. Al raggiungimento della tensione di snervamento esso
perde ogni resistenza e non può essere aumentato il carico portato. La tensione critica non può
quindi superare la tensione di snervamento, come mostrato dalla curva 2.
Occorre inoltre tenere presente le imperfezioni geometriche e meccaniche dell’asta. A causa di que-
ste, la tensione nella sezione non è uniforme. Di conseguenza, al crescere di N si raggiungerà preco-
cemente la tensione di snervamento in una parte della sezione; ciò comporta una riduzione di rigi-
dezza ed una precoce instabilizzazione dell’asta. Il carico critico Ncr e la tensione critica σcr
(quest’ultima intesa come valore medio, N/A) saranno tanto minori quanto maggiori sono le imper-
fezioni (curve a, b, c, d).
Il rapporto tra tensione critica σcr e tensione di snervamento fy è indicato dall’Eurocodice 3 col sim-
bolo χ. Per ricavare tale valore sono fornite sia formule (punto 5.5.1.2) che tabelle (prospetto 5.5.2).
Il coefficiente χ è messo in relazione con la snellezza adimensionalizzata
λ
λ=
λ1
essendo λ1 quel valore della snellezza per la quale la tensione critica è pari a fy
E
λ1 = π
fy
cioè l’ascissa del punto di intersezione tra l’iperbole di Eulero e la retta orizzontale σcr = fy. La scel-
ta tra le curve a, b, c, d dipende esclusivamente dalla forma della sezione (vedi prospetto 5.5.3). La
resistenza a compressione è in definitiva fornita dall’espressione
fy
N b, Rd = χ A
γM0
Nota: la normativa italiana utilizza invece il coefficiente ω, rapporto tra tensione di snervamento e
tensione critica (quindi l’inverso di χ) e, anziché ridurre la tensione ammissibile, amplifica di ω
(che è sempre maggiore o uguale a uno) l’effetto dei carichi.
29
Acciaio

10. I collegamenti – considerazioni generali


Un collegamento può essere classificato:
a cerniera

− in base alla rigidezza: collegamento rigido
semirigido

a cerniera

− in base alla resistenza: collegamento a completo ripristino di resistenza
a parziale ripristino di resistenza

In base alla rigidezza:
− È considerato collegamento a cerniera quello che trasmette le forze di progetto permettendo la
rotazione relativa delle parti unite senza far insorgere momenti secondari.
− È considerato collegamento rigido quello che trasmette le caratteristiche di sollecitazione di pro-
getto senza che la sua deformazione faccia insorgere effetti secondari che possano ridurre la resi-
stenza dell’unione più del 5%.
− È considerato collegamento semi rigido quello che non soddisfa i requisiti delle categorie prece-
denti. È in grado di trasmettere le caratteristiche di sollecitazione di progetto ed assicurare con-
temporaneamente un grado di interazione fra le parti collegate, che può essere previsto sulla base
della relazione momento-curvatura.
In base alla resistenza:
− È considerato collegamento a cerniera quello che è in grado di trasmettere le forze di progetto
senza far insorgere momenti secondari; la capacità di rotazione deve essere sufficiente da per-
mettere lo sviluppo delle cerniere plastiche necessarie.
− È considerato collegamento a completo ripristino di resistenza quello che è in grado di trasmette-
re le caratteristiche di sollecitazione ultime del meno resistente tra gli elementi collegati. Non è
necessario verificare la capacità di rotazione dell’unione se la resistenza di progetto è 1.2 volte
quella plastica dell’elemento meno resistente.
− È considerato collegamento a parziale ripristino di resistenza quello che è in grado di trasmettere
le caratteristiche di sollecitazione di progetto ma non quelle ultime dell’elemento meno resisten-
te. La capacità di rotazione del collegamento deve essere dimostrata sperimentalmente e se sede
di cerniera plastica deve essere tale da permettere lo sviluppo di tutte le cerniere plastiche neces-
sarie.

11. Unioni saldate


11.1. Procedimenti di saldatura
La possibilità di unire lamiere mediante saldatura è strettamente connessa alla capacità di produrre
alta temperatura in modo localizzato.
Le lamiere da saldare vengono di norma tagliate con il cannello a fiamma ossiacetilenica (reazione
esotermica a 3100 °C di acetilene C2H2 e ossigeno O2) che fondendo il metallo produce un taglio
abbastanza netto e tale da non richiedere ulteriori lavorazioni prima della saldatura.
I procedimenti di saldatura si differenziano in funzione della sorgente termica utilizzata e delle mo-
dalità di protezione del bagno fuso contro l’azione dell’aria. I procedimenti di saldatura possono es-
sere raggruppati in tre classi:
− manuali: saldatura ossiacetilenica o saldatura ad arco con elettrodi rivestiti;
− semiautomatici: saldatura a filo continuo sotto protezione di gas;
− automatici: saldatura ad arco sommerso.

30
Acciaio

Procedimenti manuali
Saldatura ossiacetilenica: la sorgente termica viene fornita da una reazione fortemente esotermica
tra acetilene ed ossigeno C2H2+O2=2CO+H2 con produzione di gas riducenti e calore. Il materiale di
apporto viene fornito dall’operatore sotto forma di bacchetta metallica.
Questo procedimento è ora molto meno utilizzato che in passato.
Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti: la sorgente termica viene fornita dall’arco elettrico fatto
scoccare tra materiale base ed elettrodo. L’elettrodo ha anche funzione di materiale di apporto ed è
costituito da una bacchetta cilindrica con rivestimento la cui fusione genera gas per la protezione
della zona fusa. Gli elettrodi, in funzione del rivestimento, sono classificati in basici, acidi e cellu-
losici.
Il materiale di apporto, di qualità controllata e migliore del materiale base, si mescola nella zona fu-
sa secondo un rapporto di diluizione (area del cordone fuso del materiale base/area totale della zona
fusa). All’aumentare del rapporto di diluizione aumenta la profondità fusa del materiale base e
quindi il rischio di scorie (principalmente zolfo e fosforo).

Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti1

11.2. Difetti di saldatura


La solidificazione del materiale fuso ed il trattamento termico della zona di materiale base attorno
alla saldatura possono dar luogo a:
− cricche a freddo: si generano ai bordi della saldatura per effetto dei cicli termici ad elevata velo-
cità di raffreddamento che danno luogo a fenomeni simili a quella della tempera.
La prevenzione da questo fenomeno può ottenersi con un preriscaldamento del pezzo, facendo
più passate di saldatura ed utilizzando elettrodi con rivestimento basico.

Cricche a freddo1

− cricche a caldo: si generano durante la solidificazione della zona fusa e a seguito di scorie pro-
venienti dal materiale base; queste ultime tendono a segregare in zone preferenziali e a tempera-
ture più basse del materiale circostante dando luogo a tensioni da ritiro e a non coesione del ma-
teriale.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
31
Acciaio

Cricche a caldo1

− tensioni residue: quando i pezzi da saldare sono impediti di deformarsi nascono tensioni residue
di entità rilevanti come si dimostra di seguito:
NL σL L0 ∆L = 0.18 L0
∆L = = σ=270 × 10 2 (N mm -2 ) con  E = 0.75 E
Em A Em L  m

nella quale la tensione dell’acciaio è prossima a valori di snervamento non appena L0 = 10 −2 L .

Effetto della variazione termica1

− deformazioni permanenti: quando i pezzi da saldare non sono vincolati si hanno spostamenti re-
lativi importanti che possono essere corretti con frecce iniziali di segno opposto, con bloccaggio
dei pezzi da saldare o con studio delle sequenze di saldatura.

Deformazioni permanenti1

− difetti da esecuzione: sono dovuti a cavità contenenti scoria per sequenze improprie delle passate
di saldatura, a mancata penetrazione dei pezzi da saldare o ad incollatura tra materiale di apporto
fuso e materiale base non ancora fuso.

Difetti di esecuzione1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
32
Acciaio

11.3. Controlli delle saldature


Il metodo più usato per eseguire controlli sull’idoneità della saldatura è l’esame radiografico; i di-
fetti interni appaiono come macchie più scure nella pellicola che vengono confrontate con quelle
corrispondenti a difetti campione.
Altri procedimenti sono l’esame ad ultrasuoni e l’esame con liquidi penetranti.

11.4. Classificazione delle unioni saldate


Le saldature si suddividono in due tipologie, nettamente differenti per comportamento e verifiche da
effettuare: saldature a completa penetrazione e saldature a cordoni d’angolo.

Si parla inoltre di saldature a parziale penetrazione per intendere saldature analoghe a quelle a
completa penetrazione, ma nelle quali rimane una discontinuità tra i due pezzi (queste saldature so-
no in genere verificate come se fossero a cordoni d’angolo).
Ulteriori distinzioni sono a volte fatte per specificare la posizione dell’operatore, la posizione reci-
proca dei pezzi, la direzione della forza agente e la forma della sezione del cordone di saldatura.
− posizione dell’operatore

− posizione reciproca dei pezzi

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
33
Acciaio

− direzione della forza che sollecita

− forma della sezione del cordone

11.5. Giunti a completa penetrazione


In questi giunti è indispensabile la preparazione dei lembi dei pezzi da saldare. Tale operazione è
detta cianfrinatura, perché lo smusso è denominato cianfrino.

Preparazione dei pezzi da saldare1

Gli elementi tipici della preparazione sono:


− l’angolo di smusso α;
− la sua profondità d;
− la spalla rettilinea s
− la distanza tra i lembi g.
Nota: per avere un giunto a completa penetrazione la spalla rettilinea deve essere piccola, in modo
da essere fusa e far parte della saldatura. In caso contrario non vi è una completa unione tra i pezzi
saldati. Un giunto di tale tipo è detto a parziale penetrazione e viene di solito verificato come se fos-
se a cordone d’angolo.

Flusso delle tensioni in una saldatura a completa penetrazione1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
34
Acciaio

Il giunto a completa penetrazione ripristina la continuità tra i pezzi. Lo stato tensionale è quindi
quasi uguale a quello del pezzo continuo. Poiché il materiale di apporto ha una resistenza pari o su-
periore a quella del materiale base, la rottura teoricamente dovrebbe avvenire fuori dal giunto. Solo
la presenza di imperfezioni può portare alla rottura nella sezione saldata.
La verifica di una saldatura a completa penetrazione viene effettuata con lo stesso criterio utilizzato
per la verifica delle sezioni, cioè determinando la tensione massima oppure, in presenza di sollecita-
zioni composte, la tensione ideale in base al criterio di resistenza di Hencky-Von Mises
σ id = σ 2⊥ + σ 2// − σ ⊥ σ // + 3 τ 2
avendo indicato con
σ⊥ la tensione di trazione o compressione normale alla sezione longitudinale della saldatura;
σ// la tensione di trazione o compressione parallela all’asse della saldatura;
τ la tensione tangenziale nella sezione longitudinale della saldatura.

Stato tensionale nelle saldature a completa penetrazione1

Ai fini delle verifiche di collegamenti saldati a completa penetrazione, la normativa italiana fa rife-
rimento a due classi di qualità della saldatura:
− I classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e soddi-
sfa i controlli radiografici previsti dal raggruppamento B della UNI 7278;
− II classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 2, 3 o 4 secondo la norma UNI 2132 e
soddisfa i controlli radiografici previsti dal raggruppamento F della UNI 7278.
Il valore limite imposto dalla norma italiana per la tensione è fd se la saldatura è di prima classe,
0.85 fd se la saldatura è di seconda classe (per tenere conto del minor controllo delle imperfezioni
che si ha in questo caso).
Per l’Eurocodice 3 la resistenza di una saldatura di testa a completa penetrazione è pari alla resi-
stenza della parte più debole tra quelle giuntate. Non occorre in tal caso una specifica verifica della
saldatura. La versione originale dell’Eurocodice 3 non fa distinzione tra saldature di prima o secon-
da classe. Il NAD italiano reintroduce però tale distinzione ed il coefficiente riduttivo da usare nel
caso di saldatura di seconda classe. Più precisamente, impone di usare un coefficiente γMw = 1.05
per saldature di I classe e γMw = 1.20 per saldature di II classe.

11.6. Giunti a cordone d’angolo


Definizioni
La sezione resistente di una saldatura a cordoni d’angolo è la sua sezione di gola. Essa è definita
come l’area di lunghezza L pari a quella del cordone ed altezza a quella minore del triangolo in-
scritto nella sezione trasversale della saldatura.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
35
Acciaio

Sezione di gola1

Le componenti di tensione nella sezione di gola sono:


σ⊥ componente normale alla sezione di gola;
τ⊥ componente tangenziale, ortogonale all’asse del cordone, sul piano della sezione di gola;
τ// componente tangenziale, parallela all’asse del cordone, sul piano della sezione di gola.
Spesso si fa riferimento alle corrispondenti tensioni ribaltate su uno dei due lati del cordone:
n⊥ tensione normale alla sezione di gola;
t⊥ tensione tangenziale sul piano della sezione di gola ortogonale all’asse del cordone;
t// tensione tangenziale sul piano della sezione di gola parallela all’asse del cordone.

Stato tensionale nella sezione di gola1 Stato tensionale nella sezione ribaltata su uno dei lati
del cordone1

Normalmente alla sezione trasversale e parallela all’asse del cordone agisce la σ//. Tale componente
di tensione non ha però influenza sul comportamento del giunto e quindi non interviene nelle verifi-
che di resistenza.

Stato tensionale nella sezione trasversale del cordone di saldatura1

Dominio di resistenza
Nei giunti a cordoni d’angolo la distribuzione reale delle componenti delle tensioni nella sezione è
molto complessa. Tuttavia si considera che le tensioni si distribuiscono uniformemente sulla sezio-
ne della saldatura per il comportamento duttile del materiale.

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
36
Acciaio

Flusso di tensioni attraverso la saldatura1

Le prove sperimentali fatte, al fine di tracciare il dominio di resistenza, hanno portato ad una figura
geometrica indicata come “peroide”.

Peroide e tipi di provette utilizzati per ottenere i punti diversi del dominio di rottura1

Poiché tale dominio mal si prestava ad essere rappresentato da una equazione matematica, si pensò
di utilizzare al suo posto un ellissoide di rotazione.
Detta fuw la resistenza della saldatura, si è inizialmente proposto un ellissoide di rotazione intorno
all’asse σ⊥, con semiassi luno τ// e τ⊥ pari a 0.75 fuw. L’equazione di tale ellissoide è
σ ⊥2 τ 2⊥ τ 2//
+ + =1
f u2w (0.75 f u w )2 (0.75 f u w )2

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
37
Acciaio

o in forma più nota, come condizione di resistenza


σ id ≤ f u w
con
(
σ id = σ 2⊥ + 1.8 τ 2⊥ + τ 2// ) f uw = βw f d
1
ed essendo = 1.8 .
0.752
Il coefficiente βw, detto coefficiente di efficienza del cordone, serve a tenere conto del fatto che la
resistenza del materiale di apporto della saldatura è diversa – maggiore – rispetto a quella del mate-
riale base.

In sede ISO (International Standard Organization) fu proposta una formula più generale che meglio
si adattava alle esperienze dei vari paesi, ossia
(
σ id = σ 2⊥ + k w τ 2⊥ + τ 2// ) con kw non minore di 1.8

L’Italia con le raccomandazioni CNR-UNI 10011 adottò la seguente formulazione


( )
σid = σ⊥2 + 3 τ⊥2 + τ2// ≤ βw f d
1
con β w = 
per acciai tipo1
1.25 per acciai tipo 2
A seguito di ulteriori campagne di prove sperimentali, risultò che il dominio di resistenza non pote-
va essere assimilato ad un ellissoide di rotazione in quanto si ottenne il valore di 0.58 fuw per il se-
miasse minore τ⊥ e il valore 0.70 fuw per il semiasse medio τ//.
Per quanto sopra fu aggiornato il dominio di resistenza con
1 1
σi d = σ2⊥ + 3τ2⊥ + 2τ2// essendo 3 = e 2=
(0.58) 2
(0.70)2
Tuttavia queste formule non erano di pratico utilizzo, poiché le componenti di tensione sulla sezio-
ne di gola nella posizione reale erano difficili da determinare. Sono invece di più rapido impiego
quelle formule che consentono di effettuare la verifica facendo riferimento alle tensioni n⊥, t⊥, t// che
agiscono sulla sezione di gola ribaltata su uno dei due lati del cordone.
È possibile ricavare, mediante una trasformazione di coordinate, la tensione ideale σid in funzione
delle tensioni n⊥, t⊥, t//. Utilizzando la trasformazione di coordinate
σ⊥   cosα sinα 0 n ⊥ 
    
 τ⊥  = - sinα cosα 0  t ⊥  essendo α l' angolo tra σ⊥ − n ⊥
 τ //   0 0 1  t 
 
si perviene a una relazione alquanto complicata:

( )
σ i d = σ 2⊥ + k w τ 2⊥ + τ 2// =
1
2
( )
(1 + k w ) n⊥2 + t ⊥2 − (k w − 1) n⊥ t ⊥ + k w t 2//
Tuttavia, se il dominio di resistenza fosse una sfera (ovvero se kw=1) le relazioni non varierebbero
rispetto al sistema di riferimento. È stato quindi proposto di utilizzare come dominio di resistenza
una sfera di raggio r, che ha la stessa equazione rispetto a σ⊥, τ⊥, τ// ed a n⊥, t⊥, t//
σ ⊥2 τ ⊥2 τ 2// n ⊥2 t ⊥2 t 2//
+ + = 2 + 2 + 2 =1
r2 r2 r2 r r r

Normative straniere
Diverse furono le proposte relativamente al valore del raggio della sfera:
− 0.58 fuw per gli inglesi
− 0.61 fuw per gli americani

38
Acciaio

− 0.70 fuw per i tedeschi


Generalizzando i risultati, il dominio di resistenza è dato dalla seguente equazione
 0.58 ≤ χ ≤ 0.70
1 2 2 2 
σid = n ⊥ + t ⊥ + t // ≤ βw fd con  β w = 1.25 per acciaio tipo1
χ  β = 1.0 per acciaio tipo 2
 w

Normativa italiana
La normativa italiana scelse la sfera tedesca (r=0.70 fuw), ma si cautelò nei confronti delle τ⊥ e volle
che nei casi più comuni la verifica fosse la più semplice possibile. Adottò pertanto il criterio della
sfera mozza, ossia un dominio di resistenza costituito da una sfera tagliata da due coppie di piani ri-
spettivamente ortogonali agli assi σ⊥ e τ⊥ e passanti per i punti σ⊥ = 0.58 fuw2 e τ⊥ = 0.58 fuw2.
In linea generale la tensione ideale deve essere contenuta sia nella sfera di raggio r=0.70 fuw che nel
( )
cilindro a base quadrata di diagonale 2 0.58 2 f u w .

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
39
Acciaio

Limitare la σid dentro il cilindro significa che la componente O' K non deve essere esterna al qua-
drato ABCD. Questo richiede che nel piano n⊥-t⊥ la componente O’K sia interna o al massimo sulla
retta AB, ossia
n ⊥ + t ⊥ ≤ 0.58 2 f uw
che per quadranti diversi da quello positivo diventa n ⊥ + t ⊥ ≤ 0.58 2 f uw

n⊥

0.58 fuw

B
O’ 0.58 2 f uw t⊥

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
40
Acciaio

In definitiva si richiede che siano soddisfatte le seguenti relazioni:


(1) σ i d,1 = n ⊥2 + t ⊥2 + t 2// ≤ 0.70 β w f d = α w1 f d
(2) σ i d,2 = t ⊥ + n⊥ = 0.58 2 β w f d = α w2 f d
con
Acciaio fy αw1 αw2 βw
MPa
Fe 360 235 0.85 1.00 1.25
Fe 430 275 0.70 0.85 1.00
Fe 510 355 0.70 0.85 1.00

Eurocodice 3
L’Eurocodice 3 in sostanza riprende il criterio della sfera inglese, perché richiede che la risultante
delle tensioni sia minore della resistenza di progetto a taglio fvw.d che vale
fu / 3
f vw.d =
β w γ Mw
La sfera ha quindi raggio 0.58 fu / γMw
Il coefficiente βw ha significato analogo a quello della norma italiana, anche se è sostanzialmente
l’inverso perché sta al denominatore. Esso vale:
0.80 per acciaio Fe 360
0.85 per acciaio Fe 430
0.90 per acciaio Fe 510
La resistenza di una saldatura di lunghezza unitaria è quindi fornita dalla relazione
Fw. Rd = f vw.d a
qualunque sia l’orientazione della forza da trasmettere. Moltiplicando per la lunghezza L del cordo-
ne si ottiene la resistenza totale della saldatura.

12. Unioni bullonate


12.1. Riferimenti di normativa
Nella tabella seguente sono riportati gli argomenti che verranno trattati e il riferimento agli articoli
contenuti nelle normative prese in esame.

Tabella 1 - Argomenti trattati e riferimenti normativi

Argomento D.M. 9/1/96, CNR 10011-86 Eurocodice 3


parte II
Classificazione dadi, bulloni, rosette 2.5, 2.6, 4.2 4.1.3 3.3.2
Tolleranze dei fori 7.3.2 5.3.2 7.5.2
Interasse e distanza dai margini 7.3.3, 7.2.4 5.3.3 6.5.1
Verifica dei bulloni a taglio e trazione 4.2 5.3.4 6.5.5
Verifica al rifollamento della lamiera 4.2 5.3.6 6.5.5
Verifica a punzonamento − − 6.5.5
Verifica dei 4.4 4.2.2, 5.3.7 6.5.8
collegamenti ad attrito

41
Acciaio

12.2. I bulloni
I bulloni sono costituiti da:
a) vite con testa esagonale e gambo filettato in tutta o in parte della sua lunghezza;
b) dado di forma esagonale;
c) rondella (o rosetta) sia del tipo elastico che rigido.
Può essere presente anche:
d) controdado per garantire che il dado non si sviti neanche in presenza di vibrazioni.

a) b)
c)
d)

Bullone1

Le caratteristiche geometriche che individuano il bullone sono lunghezza e diametro (nominale). La


lunghezza è importante perché deve essere tale da assicurare l’attraversamento degli elementi da
collegare, ma non deve essere eccessiva per evitare sprechi e necessità di tagliare i pezzi in eccesso.
Molto importante è anche la lunghezza della parte filettata. Nel caso, molto frequente, di bulloni
sollecitati a taglio è preferibile che la parte del gambo interna al collegamento non sia filettata per
offrire una maggiore area resistente al taglio; se si verifica tale condizione è possibile considerare
nei calcoli l’area nominale del gambo, altrimenti bisogna considerare un’area ridotta, detta area re-
sistente. Ciò non vale per i bulloni sottoposti a trazione perché in ogni caso la rottura avviene nella
sezione più debole e quindi bisogna fare riferimento sempre all’area resistente.
I diametri accettati dalle normative italiana ed europea sono gli stessi. La norma UNI-10011 li iden-
tifica con la misura in millimetri, mentre l’Eurocodice fa precedere tale numero da una emme maiu-
scola.

Tabella 2 - Diametri usualmente adottati (mm)


CNR 10011-86 12 14 16 18 20 22 24 27 30
Eurocodice 3 M12 M14 M16 M18 M20 M22 M24 M27 M30

Filettatura, diametro nominale e resistente del bullone1

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
42
Acciaio

Per la presenza della filettatura, la sezione resistente differisce dalla sezione nominale. Indicando
con
− A l’area nominale del bullone
− Ares l’area della sezione resistente del bullone
− d il diametro nominale del bullone
− dn il diametro del nocciolo
− dm il diametro medio
− dres il diametro della sezione resistente del bullone
− p il passo della filettatura
si ha, per filettature a profilo triangolare:
dn + dm
d m = d − 0.6495 p d n = d − 1.2268 p d res =
2
π d res
2
π d2
Ares = < A= (Ares = 0.75÷0.82 A)
4 4

Tabella 3 - Passo della filettatura p (mm) e area nominale A e resistente Ares (mm2)
diametro d 12 14 16 18 20 22 24 27 30
passo p 1.75 2.00 2.00 2.50 2.50 2.50 3.00 3.00 3.50
A 113 154 201 254 314 380 452 573 707
Ares 84.3 115 157 192 245 303 353 459 581
Ares / A 0.75 0.75 0.78 0.75 0.78 0.80 0.78 0.80 0.82

12.3. Classe di resistenza dei bulloni


La classe di resistenza rappresenta le caratteristiche meccaniche dell’acciaio di cui è costituito il
bullone ed è identificata da due numeri, separati da un punto, dai quali è possibile risalire ai valori
della tensione di snervamento e di rottura a trazione. Infatti il primo numero rappresenta un cente-
simo del valore di rottura espresso in N mm-2 , mentre il secondo rappresenta, a meno di un fattore
10, il rapporto tra la tensione di snervamento e quella di rottura. Ad esempio, per la classe 4.6 si ha
fu=400 N mm-2 (4×100), e fy / fu=0.6.

Tabella 4 - Classi di bulloni adottate e caratteristiche meccaniche


classe del bul-
fub (N mm-2) fyb (N mm-2) D.M. 9/1/96 CNR 10011-86 Eurocodice 3
lone
4.6 400 240 si si si
4.8 400 320 − − si
5.6 500 300 si si si
5.8 500 400 − − si
6.6 600 360 − si −

(1)
6.8 600 480 si si
8.8 800 640 si si si
10.9 1000 900 si si si
(1)
ma con resistenza di calcolo uguale alla classe 6.6

Si noti che per quanto riguarda i simboli utilizzati per indicare la tensione di rottura permane la soli-
ta differenza tra normativa italiana (che usa ft) e l’Eurocodice 3 (che usa fu). L’Eurocodice aggiunge

43
Acciaio

inoltre il pedice b per sottolineare che le caratteristiche sono riferite al bullone (e quindi usa, in de-
finitiva, i simboli fyb e fub).
Non tutte le classi adottate dalla normativa italiana sono ammesse da quella europea e viceversa.
Nella tabella 4 sono elencate le classi di bulloni adottate dalle norme e i loro valori di resistenza.
Questi valori vengono utilizzati per le verifiche di resistenza delle bullonature, ma con diverso ap-
proccio nelle due normative. La norma italiana definisce a priori la resistenza di progetto da con-
frontare con i valori ottenuti dal calcolo, indicata col simbolo fk,N e pari al minore tra 0.7 ft (0.6 ft per
classe 6.8) ed fy. L’Eurocodice 3 introduce invece dei coefficienti di sicurezza proprio nelle formule
per la verifica, adottandone diversi a seconda delle verifiche.
I bulloni di classe 8.8 e 10.9 sono detti bulloni ad alta resistenza e vengono usati principalmente per
le unioni ad attrito.

12.4. Serraggio
Quando si avvita il dado del bullone, una volta avvenuto il contatto tra le piastre un ulteriore avvi-
tamento (effettuato applicando una coppia detta coppia di serraggio) comporta l’allungamento del
gambo con conseguente trazione nel bullone e compressione nelle lamiere collegate. Questo stato
tensionale è benefico per l’unione in quanto evita scorrimenti relativi e ne aumenta le prestazioni in
esercizio. Tuttavia il serraggio non deve essere spinto oltre un certo limite per non compromettere la
resistenza ultima della unione.
L’entità ottimale della coppia di serraggio può essere valutata sulla base di considerazioni riferite
alla figura seguente.

Influenza della coppia di serraggio1

La curva (1) rappresenta il legame N-∆L del bullone sottoposto a trazione (senza alcun serraggio)
mentre la curva (2) rappresenta il legame tra N e ∆L che si ha applicando la coppia di serraggio (N
raggiunge il massimo per un valore ∆L2 dell’allungamento). Se si applica una forza di trazione suc-
cessivamente ad un serraggio che ha prodotto un allungamento ∆L<∆L2, la relazione N-∆L sarà rap-
presentata dalla curva a, e si raggiungeranno quindi le stesse prestazioni del bullone non serrato. Se
invece il serraggio preventivo ha prodotto un ∆L>∆L2 verrà percorsa la curva b e la resistenza del
bullone sarà minore di quella che avrebbe avuto in assenza di serraggio. È quindi evidente che è ne-
cessario controllare la coppia di serraggio per un buon comportamento dell’unione a trazione.
Indicazioni precise sui valori ottimali per le coppie di serraggio dei bulloni sono riportate nelle i-
struzioni CNR 10011-86 (punto 4.1.3). Esse impongono che la forza di trazione N che nasce nel
bullone per effetto del serraggio non superi il valore N b = 0.80 f kN Ares e la coppia di serraggio Tc

1
Da Ballio, Mazzolani. Strutture in acciaio
44
Acciaio

non superi il valore Tc = χ d N b , con χ=0.20. In definitiva il valore massimo della coppia di serrag-
gio è pari a Tc = 0.16 d f kN Ares .
L’Eurocodice-3 rinviare in genere ad altre norme più specifiche; nelle indicazioni relative a colle-
gamenti ad attrito indica però come valore della forza di precarico Fp.Cd = 0.7 fub Ares .

12.5. Diametro dei fori


Il diametro d0 dei fori è importante poiché condiziona sia la facilità di montaggio della struttura che
la sua deformazione. Un certo gioco foro-bullone è indispensabile in fase di montaggio; esso però
deve essere quanto più piccolo possibile per evitare che a causa dello scorrimento del bullone nel
foro la struttura superi i limiti di deformabilità. I limiti imposti dalla normativa italiana (D.M.
9/1/96, punto 7.3.2; CNR 10011-86, punto 5.3.2) ed europea (punto 7.5.2) sono leggermente diver-
si, come mostrato nella seguente tabella.

Tabella 5 - Tolleranze del gioco foro-bullone (mm)


diametro bullone 12 14 16 18 20 22 24 27 30
Norma italiana 1 1 1 1 1 1.5 1.5 1.5 1.5
Eurocodice 3 1 1 2 2 2 2 2 3 3

La istruzioni CNR 10011-86 consentono tolleranze maggiori rispetto ai valori sopra indicati (1.5
mm se d ≤ 24 mm; 2 mm se d > 24 mm) purché si verifichi che gli assestamenti sotto carico non
portino al superamento dei limiti agli spostamenti imposti in condizioni di servizio.
L’Eurocodice 3 consente una tolleranza di 2 mm anche per bulloni M12 ed M14 purché vengano
applicati degli ulteriori coefficienti di sicurezza in fase di verifica.
Quando si vogliono limitare al massimo le deformazioni indotte dallo scorrimento del bullone nel
foro si adottano fori di diametro molto più prossimo a quello del bullone (fori calibrati, o di preci-
sione) aventi, secondo le norme italiane, un gioco d0-d non superiore a 0.3 mm (l’Eurocodice 3 rin-
via ad ulteriori norme di riferimento).
Nei collegamenti ad attrito è possibile adottare fori maggiorati od asolati, con tolleranza maggiori.

12.6. Distanza tra i fori e distanza dei fori dal bordo


In generale il progettista tende a ridurre al minimo la distanza tra i fori (o dei fori dal bordo) per mi-
nimizzare le dimensioni degli elementi di collegamento. Una distanza troppo bassa comporta però
due effetti negativi:
− indebolimento della sezione (problema affrontato nell’effettuare la verifica di resistenza della se-
zione);
− eccessive tensioni localizzate: l’azione trasmessa dal bullone alla lamiera provoca tensioni molto
elevate, superiori a quella di snervamento ma sopportate grazie al contenimento locale delle parti
circostanti (vedi verifica a rifollamento); la zona in cui le tensioni sono molto elevate non è mol-
to estesa, ma occorre evitare che si sovrapponga a zone ugualmente sollecitate per effetto di altri
contatti bullone-lamiera o che raggiunga il bordo della lamiera.
Valori minimi orientativi per la distanza p tra i fori e per la distanza e dei fori dal bordo sono rispet-
tivamente 3 d e 1.5 d. Valori più precisi sono fissati dalla normativa, distinguendo tra direzione pa-
rallela o perpendicolare a quella di applicazione del carico e con piccole differenze tra la normativa
italiana e quella europea.

45
Acciaio

direzione di applica- e2
zione del carico
p2

e2

e1 p1 p1 e1

tmin

Interasse tra i fori e distanza dei fori dal bordo

Tabella 6 - Valori minimi dell’interasse tra i fori e della distanza dei fori dal bordo
p1 p2 e1 e2
Norma italiana 3d 3d 1.5 d 1.5 d
(1)
Eurocodice 3 2.2 d0 3 d0 1.2 d0 1.5 d0 (1)
(1)
possono essere ridotti a 2.4 d0 e a 1.2 d0 purché si riduca la resistenza a rifollamento

Anche se la tendenza è in genere quella di ridurre al minimo l’interasse tra i fori, vi possono essere
circostanza nelle quali si utilizzano distanze maggiori. In tali casi occorre tenere presente che vi so-
no dei limiti pure alla distanza massima: le lamiere unite dai bulloni possono infatti essere non per-
fettamente dritte, o possono imbozzarsi - se compresse - per effetto dell’instabilità, e ciò può con-
sentire l’infiltrazione di acqua con conseguente corrosione. La normativa pone quindi dei limiti
massimi, riportati in tabella.

Tabella 7 - Valori massimi dell’interasse tra i fori e della distanza dei fori dal bordo

Norma italiana Eurocodice-3


(1) (2)
per elementi tesi 25 tmin il minore tra
p1 28 tmin e 400 mm
(2)
per elementi compressi 15 tmin il minore tra
14 tmin e 200 mm
(2)
per elementi tesi 25 tmin il minore tra
p2 14 tmin e 200 mm
(2)
per elementi compressi 15 tmin il minore tra
14 tmin e 200 mm
normalmente 6 tmin
4 tmin + 40 mm
e1 e2 se il bordo è irrigidito 9 tmin
se l’elemento non è esposto alle 12 tmin il maggiore tra
intemperie 12 tmin e 150 mm
(1)
solo se disposti in una fila interna (altrimenti vale lo stesso limite che per elementi
compressi)
(2)
se l’elemento non è esposto alle intemperie il limite è incrementato per 1.5

46
Acciaio

12.7. Categorie di collegamenti bullonati


I collegamenti bullonati possono essere sollecitati:
− a taglio; in questo caso l’azione può essere affidata:
− alla resistenza a taglio dei bulloni (e a rifollamento della lamiera);
− all’attrito, per le azioni di servizio, e alla resistenza a taglio dei bulloni (e a rifollamento della
lamiera), per lo stato limite ultimo;
− all’attrito anche per lo stato limite ultimo;
− a trazione; in questo caso occorre verificare sia la resistenza a trazione del bullone (tenendo con-
to dell’eventuale incremento di sollecitazione per effetto leva) che la resistenza a punzonamento
della lamiera;
− a una combinazione delle due caratteristiche di sollecitazione.
In tutti i collegamenti ad attrito e in quei collegamenti a taglio in cui la resistenza a taglio è minore
della resistenza a rifollamento occorre distribuire le azioni interne con un modello di comportamen-
to elastico (quindi, in caso di coppie, in misura proporzionale alla distanza dal centro di rotazione).
In tutti gli altri casi, si può effettuare una distribuzione dell’azione tra i singoli bulloni con un mo-
dello di comportamento plastico, cioè ipotizzando una qualunque distribuzione equilibrata, purché
basata su deformazioni fisicamente possibili.
Nella verifica dei collegamenti bullonati, con bulloni che lavorano a taglio o trazione, si userà il co-
efficiente di sicurezza parziale γMb=1.35. Nei collegamenti ad attrito si useranno i valori γMs.ult=1.25
e γMs.ser=1.25 per fori normali e γMs.ult=1.50 per fori asolati.

12.8. Unioni a taglio


La resistenza è pari al minore tra la resistenza a taglio dei bulloni Fv.Rd e la resistenza a rifollamento
della lamiera Fb.Rd. Quando la resistenza a rifollamento è minore della resistenza a taglio è possibile
effettuare una distribuzione delle azioni interne tra i bulloni con un modello “plastico”, cioè pen-
sando esclusivamente a garantire l’equilibrio.

Resistenza a taglio dei bulloni


Poiché il bullone è un elemento tozzo, nel valutarne la resistenza a taglio non si può applicare il cri-
terio di resistenza di Hencky-Von Mises, valido per le travi, che porterebbe a σid = τ 3 e quindi a
τ = σ/ 3 .
Per la normativa italiana, la resistenza a taglio del bullone è valutata ponendo come limite per la
tensione τ il valore f d ,V = f k , N / 2 . Il massimo taglio sopportabile è quindi A f k , N / 2 , dove A è
l’area resistente o quella nominale, a seconda che la sezione del gambo soggetta a taglio sia o no fi-
lettata.
Per l’Eurocodice 3, la resistenza a taglio vale:
0.6 f ub A
FV . Rd = se il piano di taglio non attraversa la filettatura
γ Mb
0.6 fub Ares per bulloni di classe 4.6, 5.6 e 8.8, se il piano di taglio attraversa la filet-
FV .Rd =
γ Mb tatura
0.5 fub Ares per bulloni di classe 4.8, 5.8 e 10.9, se il piano di taglio attraversa la fi-
FV .Rd =
γ Mb lettatura
Per bulloni M12 e M14 è possibile usare un gioco foro-bullone di 2 mm purché si riduca del 15% la
resistenza a taglio per bulloni di classe 4.8, 5.8, 6.8 e 10.9 e la resistenza a taglio non sia minore di
quella a rifollamento.

47
Acciaio

Resistenza a rifollamento della lamiera


Se il comportamento del collegamento bullonato fosse perfettamente elastico, senza alcuna defor-
mazione plastica, il contatto tra bullone e lamiera avverrebbe lungo una linea e le tensioni di contat-
to sarebbero infinite. Nella realtà si ha ovviamente una plasticizzazione della lamiera, che consente
un contatto attraverso una superficie più ampia. Le tensioni rimangono comunque molto elevate per
una certa zona e si riducono man mano che ci si allontana dalla sezione di contatto. La tensione
massima viene convenzionalmente valutata come rapporto tra la forza trasmessa ed un’area pari al
prodotto di spessore t della lamiera per diametro d del bullone. Questa tensione può essere notevol-
mente maggiore della tensione di snervamento, grazie al contenimento laterale della lamiera non
plasticizzata. Il limite massimo è condizionato dalla distanza tra i fori e soprattutto dalla distanza
del foro dal bordo.
Per la normativa italiana, la resistenza a rifollamento è pari a α fd, essendo fd la resistenza di proget-
to della lamiera ed α un coefficiente pari a e1/d e comunque non maggiore di 2.5. Operando con-
formemente allo stato limite elastico, la resistenza a rifollamento è quindi pari a α fy d t.
Per l’Eurocodice 3 la resistenza a rifollamento vale:
2 .5 α f u d t e1 p1 1 fub
Fb. Rd = dove α è il minore tra − 1.
γ Mb 3 d0 3 d0 4 fu
La resistenza a rifollamento deve essere ridotta a 2/3 di tale valore quando e2=1.2 d0 e/o p2=2.4 d0
(per valori di e2 intermedi tra 1.2 d0 e 1.5 d0 o di p2 intermedi tra 2.4 d0 e 3 d0 si può fare una inter-
polazione lineare).

12.9. Unioni a trazione


Nel verificare una unione a trazione, la forza di progetto dovrà tenere conto dell’eventuale azione
dovuta all’effetto leva. La resistenza è pari al minore tra la resistenza a trazione dei bulloni Ft.Rd e la
resistenza a punzonamento della testa del bullone e del dado Bp.Rd.

Forza per effetto leva

Resistenza a trazione dei bulloni


A causa del serraggio, i bulloni sono soggetti a una rilevante forza di trazione (0.80 fkN Ares per la
norma italiana). A differenza di quanto potrebbe sembrare a prima vista, ciò non penalizza la resi-
stenza a trazione del complesso bullone-piatto. Infatti quando si applica un’azione di trazione questa
si ripartisce tra bullone e piatto, inducendo sostanzialmente una decompressione del piatto e solo in
minima parte (all’incirca nel rapporto 1 a 10) un incremento di trazione nel bullone. Solo quando il
piatto è completamente decompresso (per un’azione di circa 0.80 fkN Ares) l’ulteriore azione di tra-
zione va a sollecitare solo il bullone.
Per la normativa italiana, la resistenza a trazione è quindi pari a fdN Ares (con fdN=fkN) ma tale valore
deve essere ridotto del 25% se non si tiene conto espressamente dell’effetto leva e di eventuali fles-
sioni parassite nei bulloni.
48
Acciaio

Per l’Eurocodice 3 , la resistenza a trazione vale:


0.9 fub Ares
Ft .Rd =
γ Mb

Resistenza a punzonamento
La normativa italiana non fornisce indicazioni specifiche per la verifica a punzonamento. L’Euroco-
dice 3 valuta la resistenza a punzonamento della testa del bullone e del dado mediante la seguente
relazione:
0.6 π d m t p f u
B p.Rd =
γ Mb
nella quale
tp è lo spessore del piatto sotto la testa del bullone o del dado;
dm è (ritengo) il diametro di una circonferenza iscritta nella testa o nel dado (l’Eurocodice 3 dice
che è “il valore minore fra il valore medio della distanza misurata tra i punti e fra le superfici
piane della testa del bullone oppure del dado”);
fu è la resistenza ultima del piatto.

12.10. Resistenza in presenza di taglio e trazione


La normativa italiana prescrive che si abbia
2 2
 τb   σb 
  +  ≤1
f   f 
 d ,V   d , N 
dove
V
τb = è la tensione tangenziale media agente sul bullone;
A
N
σb = è la tensione normale media agente sul bullone;
A
fd,V e fd,N sono le resistenze di progetto a taglio e a trazione definite in precedenza.

Per l’Eurocodice 3, deve essere invece:


Fv.Sd Ft .Sd
+ ≤1
Fv.Rd 1.4 Ft .Rd

V V
Normativa italiana Normativa italiana

Eurocodice 3
4.6 10.9
Eurocodice 3

N N
Domini di resistenza a taglio e trazione per bulloni di classe 4.6 e 10.9

12.11. Unioni ad attrito


La forza trasmissibile per attrito è direttamente proporzionale alla forza di compressione Nb che uni-
sce i piatti, generata dal serraggio dei bulloni. Per tale motivo si usano sempre bulloni ad alta resi-
stenza che consentono di avere un forte valore di Nb (forza di precarico).
Per la normativa italiana la resistenza ad attrito Ff vale
49
Acciaio

1
Ff = µ Nb
νf
essendo
νf un coefficiente di sicurezza nei riguardi dello slittamento, da assumersi pari a 1.25 per le ve-
rifiche agli stati limite di esercizio e 1.00 per le verifiche agli stati limite ultimi;
µ il coefficiente di attrito, da assumersi pari a 0.45 per superfici trattate (sabbiatura al metallo
bianco) e 0.30 per superfici non particolarmente trattate (semplice pulizia meccanica con e-
liminazione della ruggine e di impurità) e comunque nelle giunzioni effettuate in opera.
Per l’Eurocodice 3, la resistenza a scorrimento è valutata con
ks µ
Fs. Rd = Fp.Cd
γ Ms
con
ks = 1, 0.85 e 0.7 rispettivamente per gioco foro-bullone normale, per fori maggiorati e per fori
ad asola lunga;
µ =0.50, 0.40, 0.30, 0.20 in funzione del tipo di trattamento di pulizia superficiale;
Fp.Cd = 0.7 fub Ares forza di precarico

50
Acciaio

D.M. 9.1.96

NORME TECNICHE
PER IL CALCOLO, L’ESECUZIONE ED IL COLLAUDO
DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO, NORMALE E
PRECOMPRESSO, E PER LE STRUTTURE METALLICHE

Parte II
ACCIAIO

51
Acciaio

52
Acciaio

Simbologia

A - Simboli
A area
E modulo di elasticità longitudinale
F azioni in generale
G azioni permanenti; modulo di elasticità tangenziale
I momento di inerzia
M momento flettente
N forza normale
Q azioni variabili
S effetto delle azioni (sollecitazione agente)
T momento torcente; temperatura
V forza di taglio
W modulo di resistenza
a distanza, dimensione geometrica, larghezza della sezione di gola dei cordoni di saldatura
d diametro
e eccentricità
f resistenza di un materiale
h altezza
i raggio di inerzia
l lunghezza di un elemento
p passo; interasse dei chiodi e dei bulloni
r raggio
s scarto quadratico medio
t spessore
v spostamento verticale
α coefficiente di dilatazione lineare termica
β coefficiente caratteristico di vincolo
γ coefficiente di sicurezza nel metodo degli stati limite ultimi (γm per i materiali, γf per le azioni); peso
specifico
δ coefficiente di variazione
ε dilatazione
µ coefficiente di attrito
ν coefficiente di Poisson
λ snellezza
σ tensione normale
τ tensione tangenziale
ω coefficiente di amplificazione dei carichi nel carico di punta
Σ sommatoria

B - Indici
b bullone; chiodo
c compressione
d valore di calcolo
f attrito
g carico permanente
k valore caratteristico
l longitudinale; lineare
m valore medio; materiale; momento flettente
n sforzo normale
p puntuale
q carico variabile
t trazione; torsione; rottura
u ultimo (stato limite)
w anima
ε deformazione
y snervamento

53
Acciaio

C - Indici speciali
id ideale
red ridotto
res resistente
rif rifollamento
⊥ ortogonale
// parallelo

D - Simboli ricorrenti
σ1, σ2, σ3 componenti di tensione nel riferimento principale
σx, σy, σz, τxy, τxz componenti di tensione nel riferimento generico
σb, τb tensione normale e tangenziale nei chiodi e nei bulloni
σid tensione ideale
σc tensione massima sopportabile da aste compresse in campo elasto-plastico
σrif tensione di rifollamento
σ⊥, σ//, τ⊥, τ//, componenti di tensione nel riferimento convenzionale riferito al giunto saldato
εt allungamento percentuale a rottura
fd resistenza di calcolo
fy tensione di snervamento
ft tensione di rottura
Ares area resistente
Ff forza trasmissibile per attrito
Ff,rid forza trasmissibile per attrito ridotta
Nb forza normale di trazione nel gambo delle viti

54
Acciaio

Sezione I
Prescrizioni generali e comuni

1. OGGETTO.
Formano oggetto delle presenti norme le costruzioni di acciaio relative ad opere di ingegneria
civile, eccettuate quelle per le quali vige una regolamentazione apposita a carattere particolare.
I dati sulle azioni da considerare nei calcoli sono quelli di cui alle norme tecniche "Criteri gene-
rali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi", emanate in applica-
zione dell’art. 1 della legge 2 febbraio 1974, n. 64.
Nell’ambito di una stessa struttura non è consentito adottare regole progettuali ed esecutive
provenienti parte dalla sez. II e parte dalla sez. III ovvero in parte derivante dall’uso del metodo del-
le tensioni ammissibili.
Nella progettazione si possono adottare metodi di verifica e regole di dimensionamento diversi
da quelli contenuti nelle presenti norme tecniche (Sez. II o Sez. III) purché fondati su ipotesi teori-
che e risultati sperimentali scientificamente comprovati e purché venga conseguita una sicurezza
non inferiore a quella qui prescritta.
Nella progettazione si possono adottare i metodi di calcolo indicati nella CNR 10011-86 "Co-
struzioni di acciaio - Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione" (Bolletti-
no Ufficiale CNR - XXVI - n. 164 - 1992).

2. MATERIALI E PRODOTTI.

2.0. Generalità

Le presenti norme prevedono l’impiego degli acciai denominati Fe 360, Fe 430, Fe 510 dei
quali, ai punti successivi, vengono precisate le caratteristiche.
È consentito l’impiego di tipi di acciaio diversi da quelli previsti purché venga garantita alla
costruzione, con adeguata documentazione teorica e sperimentale, una sicurezza non minore di
quella prevista dalle presenti norme.
Per l’accertamento delle caratteristiche meccaniche indicate nel seguito, il prelievo dei saggi, la
posizione nel pezzo da cui essi devono essere prelevati, la preparazione delle provette e le modalità
di prova saranno rispondenti alle prescrizioni delle norme UNI EU 18 (dicembre 1980), UNI 552
(ottobre 1986), UNI EN 10002/1a (gennaio 1992), UNI EN 10025 (febbraio 1992).
Le presenti norme non riguardano gli elementi di lamiera grecata ed i profilati formati a freddo,
ivi compresi i profilati cavi saldati non sottoposti a successive deformazioni o trattamenti termici;
valgono, tuttavia, per essi, i criteri e le modalità di controllo riportati nell’Allegato 8, relativamente
alle lamiere o nastri d’origine. Per essi si possono adottare i metodi di calcolo indicati nella norma
CNR 10022-84 "Profilati d’acciaio formati a freddo - Istruzioni per l’impiego nelle costruzioni"
(Bollettino Ufficiale C.N.R. - XXII - n. 126 - 1988) oppure altri metodi fondati su ipotesi teoriche e
risultati sperimentali chiaramente comprovati.
Potranno inoltre essere impiegati materiali e prodotti conformi ad una norma armonizzata o ad
un benestare tecnico europeo così come definiti nella Direttiva 89/106/CEE, ovvero conformi a spe-
cifiche nazionali dei Paesi della Comunità europea, qualora dette specifiche garantiscano un livello
di sicurezza equivalente e tale da soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva 89/106/CEE. Tale
equivalenza sarà accertata dal Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici.

55
Acciaio

2.1. Acciaio laminato.

Gli acciai di uso generale laminati a caldo, in profilati, barre, larghi piatti, lamiere e profilati cavi
(anche tubi saldati provenienti da nastro laminato a caldo), dovranno appartenere a uno dei seguenti
tipi:
Fe 360 Fe 430 Fe 510
aventi le caratteristiche meccaniche indicate al punto 2.1.1.
Gli acciai destinati alle strutture saldate dovranno anche corrispondere alle prescrizioni del pun-
to 2.3.
2.1.1. Caratteristiche meccaniche.
I valori di ft e fy indicati nei prospetti 1-II e 2-II sono da intendersi come valori caratteristici, con
frattile di ordine 0,05 (vedasi Allegato 8).

56
Acciaio

2.1.1.1. Profilati, barre, larghi


piatti, lamiere.
PROSPETTO 1-II
Simbolo Simbolo Fe 360 Fe 430 Fe 510
Caratteristica o parametro
adottato UNI (1) (1) (1)
tensione (carico unitario) (2) (3) (4)
ft Rm
di rottura a trazione [N/mm2] ≥ 340 ≥ 410 ≥ 490
≤ 470 ≤ 560 ≤ 630
fy Re tensione (carico unitario) (5) (6) (7)
di snervamento [N/mm2] ≥ 235 ≥ 275 ≥ 355
B +20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
KV KV
Resilienza KV [J] C 0°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
(8) D −20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
DD −20°C − − ≥ 40
Allungamento % a rottura ( L0 = 5,65 ⋅ A0 )
- per lamiere ≥ 24 ≥ 20 ≥ 20
εt Amin (9) (9) (9)
- per barre, laminati mercantili, profilati, ≥ 26 ≥ 22 ≥ 22
larghi piatti (10) (10) (10)
(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B, C, D e DD della
UNI EN 10025 (febbraio 1992), anche altri tipi di acciai purché rispondenti alle caratteristiche indicate
in questo prospetto.
(2) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(3) Per spessore maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(4) Per spessori maggiori di 3 mm fino a 100 mm.
(5) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2.
(6) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm2;
per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm2.
(7) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 80 mm è ammessa la riduzione di 30 N/mm2;
per spessori maggiori di 80 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 40 N/mm2.
(8) Per spessori maggiori di 10 mm fino a 100 mm.
(9) Da provette trasversali per lamiere, nastri e larghi piatti con larghezza ≥600 mm;
per spessori maggiori di 3 mm fino a 40 mm;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 1 punto;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 2 punti.
(10) Da provette longitudinali per barre, laminati mercantili, profilati e larghi piatti con larghezza < 600 mm;
per spessori maggiori di 3 mm fino a 40 mm;
per spessori maggiori di 40 mm fino a 63 mm è ammessa la riduzione di 1 punto;
per spessori maggiori di 63 mm fino a 100 mm è ammessa la riduzione di 2 punti.

57
Acciaio

2.1.1.2. Profilati cavi.


PROSPETTO 2-II
Simbolo Simbolo Fe 360 Fe 430 Fe 510
Caratteristica o parametro
adottato UNI (1) (1) (1)
ft Rm tensione (carico unitario) ≥ 360 ≥ 430 ≥ 510
di rottura a trazione [N/mm2]
fy Re tensione (carico unitario) (2) (2) (3)
di snervamento [N/mm2] ≥ 235 ≥ 275 ≥ 355
B +20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
KV KV Resilienza KV [J] C 0°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
D −20°C ≥ 27 ≥ 27 ≥ 27
Allungamento percentuale a rottura
εt Amin ( L0 = 5,65 ⋅ A0 ) % ≥ 24 ≥ 21 ≥ 20

(1) Rientrano in questi tipi di acciai, oltre agli acciai Fe 360, Fe 430 ed Fe 510 nei gradi B, C e D della UNI
7806 (dicembre 1979) e UNI 7810 (dicembre 1979), anche altri tipi di acciai purché rispondenti alle ca-
ratteristiche indicate in questo prospetto.
(2) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori maggiori di 16 mm fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2.
(3) Per spessori fino a 16 mm;
per spessori oltre 16 mm fino a 35 mm è ammessa la riduzione di 10 N/mm2;
per spessori maggiori di 35 mm e fino a 40 mm è ammessa la riduzione di 20 N/mm2.
2.1.2. Controlli sui prodotti laminati.
I controlli sui laminati verranno eseguiti secondo le prescrizioni di cui all’Allegato 8.
2.2. Acciaio per getti.

Per l’esecuzione di parti in getti delle opere di cui alle presenti istruzioni si devono impiegare
getti di acciaio Fe G 400, Fe G 450, Fe G 520 UNI 3158 (dicembre 1977) o equivalenti.
Quando tali acciai debbano essere saldati, devono sottostare alle stesse limitazioni di composi-
zione chimica previste per gli acciai laminati di resistenza similare (vedi punto 2.3.1.).
2.3. Acciaio per strutture saldate.

2.3.1. Composizione chimica e grado di disossidazione degli acciai.


Acciaio tipo Fe 360 ed Fe 430.
Gli acciai da saldare con elettrodi rivestiti, oltre a soddisfare le condizioni indicate al punto
2.1., devono avere composizione chimica contenuta entro i limiti raccomandati dalla UNI 5132 (ot-
tobre 1974) per le varie classi di qualità degli elettrodi impiegati.
Nel caso di saldature di testa o d’angolo sul taglio di un laminato, gli acciai, oltre che a soddi-
sfare i sopraindicati limiti di analisi, devono essere di tipo semicalmato o calmato, salvo che venga-
no impiegati elettrodi rivestiti corrispondenti alla classe di qualità 4 della UNI 5132 (ottobre 1974).
Gli acciai destinati ad essere saldati con procedimenti che comportano una forte penetrazione
della zona fusa nel metallo base devono essere di tipo semicalmato o calmato e debbono avere
composizione chimica, riferita al prodotto finito (e non alla colata), rispondente alle seguenti limita-
zioni:
grado B: C≤0,24% P≤0,055% S≤0,055%
grado C: C≤0,22% P≤0,050% S≤0,050%
grado D: C≤0,22% P≤0,045% S≤0,045%
Acciai tipo Fe 510.
58
Acciaio

Gli acciai dovranno essere di tipo calmato o semicalmato; è vietato l’impiego di acciaio effer-
vescente. L’analisi effettuata sul prodotto finito deve risultare:
grado B: C≤0,26% Mn≤1,6% Si≤0,60% P≤0,050% S≤0,050%
grado C: C≤0,24% Mn≤1,6% Si≤0,60% P≤0,050% S≤0,050%
grado D: C≤0,22% Mn≤1,6% Si≤0,60% P≤0,045% S≤0,045%
Qualora il tenore di C risulti inferiore o uguale, per i tre gradi B, C, D, rispettivamente a 0,24%,
0,22% e 0,20% potranno accettarsi tenori di Mn superiori a 1,6% ma comunque non superiori a
1,7%.
2.3.2. Fragilità alle basse temperature.
La temperatura minima alla quale l’acciaio di una struttura saldata può essere utilizzato senza
pericolo di rottura fragile, in assenza di dati più precisi, deve essere stimata sulla base della tempe-
ratura T alla quale per detto acciaio può essere garantita una resilienza KV, secondo EN 10045/1ª
(gennaio 1992), di 27 J.
La temperatura T deve risultare minore o uguale a quella minima di servizio per elementi im-
portanti di strutture saldate soggetti a trazione con tensione prossima a quella limite aventi spessori
maggiori di 25 mm e forme tali da produrre sensibili concentrazioni locali di sforzi, saldature di te-
sta o d’angolo non soggette a controllo, od accentuate deformazioni plastiche di formatura. A parità
di altre condizioni, via via che diminuisce lo spessore, la temperatura T potrà innalzarsi a giudizio
del progettista fino ad una temperatura di circa 30°C maggiore di quella minima di servizio per
spessori dell’ordine di 10 millimetri.
Un aumento può aver luogo anche per spessori fino a 25 mm via via che l’importanza
dell’elemento strutturale decresce o che le altre condizioni si attenuano.
Il progettista, stimata la temperatura T alla quale la resistenza di 27 J deve essere assicurata,
sceglierà nella unificazione e nei cataloghi dei produttori l’acciaio soddisfacente questa condizione.
2.4. Saldature.

2.4.1. Procedimenti di saldatura.


Possono essere impiegati i seguenti procedimenti:
- saldatura manuale ad arco con elettrodi rivestiti;
- saldatura automatica ad arco sommerso;
- saldatura automatica o semiautomatica sotto gas protettore (CO2 o sue miscele);
- altro procedimento di saldatura la cui attitudine a garantire una saldatura pienamente efficiente
deve essere previamente verificata mediante le prove indicate al successivo punto 2.4.2.
Per la saldatura manuale ad arco devono essere impiegati elettrodi omologati secondo UNI
5132 (ottobre 1974) adatti al materiale base:
- per gli acciai Fe 360 ed Fe 430 devono essere impiegati elettrodi del tipo E 44 di classi di quali-
tà 2, 3 o 4; per spessori maggiori di 30 mm o temperatura di esercizio minore di 0°C saranno
ammessi solo elettrodi di classe 4 B;
- per l’acciaio Fe 510 devono essere impiegati elettrodi del tipo E 52 di classi di qualità 3 B o 4
B; per spessori maggiori di 20 mm o temperature di esercizio minori di 0°C saranno ammessi so-
lo elettrodi di classe 4 B.
Per gli altri procedimenti di saldatura si dovranno impiegare i fili, i flussi (o i gas) e la tecnica
esecutiva usati per le prove preliminari (di qualifica) di cui al punto seguente.
2.4.2. Prove preliminari di qualifica dei procedimenti di saldatura.
L’impiego di elettrodi omologati secondo UNI 5132 (ottobre 1974) esime da ogni prova di qua-
lifica del procedimento.
Per l’impiego degli altri procedimenti di saldatura occorre eseguire prove preliminari di qualifi-
ca intese ad accertare:
- l’attitudine ad eseguire i principali tipi di giunto previsti nella struttura ottenendo giunti corretti
sia per aspetto esterno che per assenza di sensibili difetti interni, da accertare con prove non di-
struttive o con prove di rottura sul giunto;
59
Acciaio

- la resistenza a trazione su giunti testa a testa, mediante provette trasversali al giunto, resistenza
che deve risultare non inferiore a quella del materiale base;
- la capacità di deformazione del giunto, mediante provette di piegamento che dovranno potersi
piegare a 180° su mandrino con diametro pari a 3 volte lo spessore per l’acciaio Fe 360 ed Fe
430 e a 4 volte lo spessore per l’acciaio Fe 510;
- la resilienza su provette intagliate a V secondo EN 10045/1ª (gennaio 1992) ricavate trasversal-
mente al giunto saldato, resilienza che verrà verificata a +20°C se la struttura deve essere impie-
gata a temperatura maggiore o uguale a 0°C, o a 0°C nel caso di temperature minori; nel caso di
saldatura ad elettrogas o elettroscoria tale verifica verrà eseguita anche nella zona del materiale
base adiacente alla zona fusa dove maggiore è l’alterazione metallurgica per l’alto apporto termi-
co.
I provini per le prove di trazione, di piegamento, di resilienza ed eventualmente per altre prove
meccaniche, se ritenute necessarie, verranno ricavati da saggi testa a testa saldati; saranno scelti allo
scopo gli spessori più significativi della struttura.
2.4.3. Classi delle saldature.
Per giunti testa a testa, od a croce od a T, a completa penetrazione, si distinguono due classi di
giunti.
Prima classe. Comprende i giunti effettuati con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo UNI 5132 (ot-
tobre 1974) o con gli altri procedimenti qualificati di saldatura indicati al punto 2.4.1. e realizzati
con accurata eliminazione di ogni difetto al vertice prima di effettuare la ripresa o la seconda salda-
tura.
Tali giunti debbono inoltre soddisfare ovunque l’esame radiografico con i risultati richiesti per
il raggruppamento B della UNI 7278 (luglio 1974).
L’aspetto della saldatura dovrà essere ragionevolmente regolare e non presentare bruschi di-
savviamenti col metallo base specie nei casi di sollecitazione a fatica.
Seconda classe. Comprende i giunti effettuati con elettrodi di qualità 2, 3 o 4 secondo UNI
5132 (ottobre 1974) o con gli altri procedimenti qualificati di saldatura indicati al punto 2.4.1. e rea-
lizzati egualmente con eliminazione dei difetti al vertice prima di effettuare la ripresa o la seconda
saldatura.
Tali giunti devono inoltre soddisfare l’esame radiografico con i risultati richiesti per il raggrup-
pamento F della UNI 7278 (luglio 1974).
L’aspetto della saldatura dovrà essere ragionevolmente regolare e non presentare bruschi di-
savviamenti col materiale base.
Per entrambe le classi l’estensione dei controlli radiografici o eventualmente ultrasonori deve
essere stabilita dal direttore dei lavori, sentito eventualmente il progettista, in relazione alla impor-
tanza delle giunzioni e alle precauzioni prese dalla ditta esecutrice, alla posizione di esecuzione del-
le saldature e secondo che siano state eseguite in officina o al montaggio.
Per i giunti a croce o a T, a completa penetrazione nel caso di spessori t>30 mm, l’esame radio-
grafico o con ultrasuoni atto ad accertare gli eventuali difetti interni verrà integrato con opportuno
esame magnetoscopico sui lembi esterni delle saldature al fine di rilevare la presenza o meno di
cricche da strappo.
Nel caso di giunto a croce sollecitato normalmente alla lamiera compresa fra le due saldature,
dovrà essere previamente accertato, mediante ultrasuoni, che detta lamiera nella zona interessata dal
giunto sia esente da sfogliature o segregazioni accentuate.
I giunti con cordoni d’angolo, effettuati con elettrodi aventi caratteristiche di qualità 2, 3 o 4
UNI 5132 (ottobre 1974) o con gli altri procedimenti indicati al punto 2.4.1., devono essere consi-
derati come appartenenti ad una unica classe caratterizzata da una ragionevole assenza di difetti in-
terni e da assenza di incrinature interne o di cricche da strappo sui lembi dei cordoni. Il loro control-
lo verrà di regola effettuato mediante sistemi magnetici; la sua estensione verrà stabilita dal diretto-
re dei lavori, sentito eventualmente il progettista e in base ai fattori esecutivi già precisati per gli al-
tri giunti.
60
Acciaio

2.5. Bulloni.

I bulloni normali [conformi per le caratteristiche dimensionali alle UNI 5727 (novembre 1988),
UNI 5592 (dicembre 1968) e UNI 5591 (maggio 1965)] e quelli ad alta resistenza (conformi alle ca-
ratteristiche di cui al prospetto 4-II) devono appartenere alle sottoindicate classi delle UNI 3740, as-
sociate nel modo indicato nel prospetto 3-II.
PROSPETTO 3-II
normali ad alta resistenza
Vite 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9
Dado 4 5 6 8 10
2.6. Bulloni per giunzioni ad attrito.

I bulloni per giunzioni ad attrito devono essere conformi alle prescrizioni del prospetto 4-II. Vi-
ti e dadi devono essere associati come indicato nel prospetto 3-II.
PROSPETTO 4-II
Elemento Materiale Riferimento
Viti 8.8 - 10.9 secondo UNI EN 20898/1 UNI 5712 (giu. ‘75)
(dic. ’91)
Dadi 8 - 10 secondo UNI EN 3740/4ª (ott. ‘85) UNI 5713 (giu. ‘75)
Rosette Acciaio C 50 UNI 7845 (nov. ‘78) temprato e UNI 5714 (giu. ‘75)
rinvenuto HRC 32÷40
Piastrine Acciaio C 50 UNI 7845 (nov. ‘78) temprato e UNI 5715 (giu. ‘75)
rinvenuto HRC 32÷40 UNI 5716 (giu. ‘75)
2.7. Chiodi.

Per i chiodi da ribadire a caldo si devono impiegare gli acciai previsti dalla UNI 7356 (dicem-
bre 1974).

3. COLLAUDO STATICO.

3.1. Prescrizioni generali.

Valgono, per quanto applicabili, le prescrizioni di cui al punto 3.1., Parte I, Sez. I.
3.2. Prove di carico.

Le prove di carico, ove ritenute necessarie dal collaudatore, rispetteranno le modalità sottoindi-
cate.
Il programma delle prove deve essere sottoposto al direttore dei lavori ed al progettista e reso
noto al costruttore.
Le prove di carico si devono svolgere con le modalità indicate dal collaudatore che se ne assu-
me la piena responsabilità, mentre, per quanto riguarda la loro materiale attuazione e in particolare
per le eventuali puntellazioni precauzionali, è responsabile il direttore dei lavori.
I carichi di prova devono essere, di regola, tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio
per combinazioni rare. In relazione al tipo della struttura ed alla natura dei carichi le prove devono
essere convenientemente protratte nel tempo.
61
Acciaio

L’esito della prova potrà essere valutato sulla base dei seguenti elementi:
- le deformazioni si accrescano all’incirca proporzionalmente ai carichi;
- nel corso della prova non si siano prodotte lesioni, deformazioni o dissesti che compromettano
la conservazione o la sicurezza dell’opera;
- la deformazione residua dopo la prima applicazione del carico massimo non superi una quota
parte di quella totale commisurata ai prevedibili assestamenti iniziali di tipo anelastico della
struttura oggetto della prova. Nel caso invece che tale limite venga superato, prove di carico suc-
cessive accertino che la struttura tenda ad un comportamento elastico;
- la deformazione elastica risulti non maggiore di quella calcolata.
Quando le opere siano ultimate prima della nomina del collaudatore, le prove di carico possono
essere eseguite dal direttore dei lavori, che ne redige verbale sottoscrivendolo assieme al costrutto-
re. E’ facoltà del collaudatore controllare, far ripetere ed integrare le prove precedentemente esegui-
te.

62
Acciaio

Sezione II
Calcolo ed esecuzione

4. NORME DI CALCOLO: VERIFICA DI RESISTENZA.

4.0. Generalità

Le strutture di acciaio realizzate con i materiali previsti al precedente punto 3, devono essere
progettate per i carichi definiti dalle norme in vigore, secondo i metodi della scienza delle costru-
zioni e seguendo il metodo degli stati limite specificato nelle norme tecniche "Criteri generali per la
verifica della sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi", emanate in applicazione
dell’art. 1 della legge 2 febbraio 1974, n. 64.
Il metodo degli stati limite viene applicato - considerando le azioni di calcolo e le resistenze di
calcolo previste ai punti 4.0.1. e 4.0.2. - con riferimento o "allo stato limite elastico della sezione"
(punto 4.0.3.1.), oppure, in alternativa, allo "stato limite di collasso plastico della struttura" (punto
4.0.3.2.); sono inoltre obbligatorie le verifiche agli stati limite di esercizio (punto 4.0.4.).
4.0.1 Azioni di calcolo.
Si adotteranno le azioni di calcolo e relative combinazioni, indicate al punto 7 delle premesse.
4.0.2. Resistenza di calcolo.
La resistenza di calcolo fd è definita mediante l’espressione:
fy
fd =
γm
dove:
fy è il valore dello snervamento quale risultante dai prospetti 1-II e 2-II e tenendo conto dello
spessore del laminato;
γm è specificato ai successivi punti 4.0.3.1. e 4.0.3.2.
4.0.3. Stati limite ultimi.
4.0.3.1. Stato limite elastico della
sezione.
Si assume che gli effetti delle azioni di calcolo definite in 4.0.1., prescindendo dai fenomeni di
instabilità (ma comprese le maggiorazioni per effetti dinamici), non comportino in alcun punto di
ogni sezione il superamento della deformazione unitaria corrispondente al limite elastico del mate-
riale. Si assumerà γm=1,0.
In tal caso è ammesso il calcolo elastico degli effetti delle azioni di calcolo. Qualora si tenga
conto di effetti dovuti a stati di presollecitazione è obbligatoria anche la verifica di cui al punto
4.0.3.2. con coefficiente γq=0,90 per effetti favorevoli e γq=1,2 per quelli sfavorevoli.
Salvo più accurate valutazioni la verifica delle unioni potrà essere condotta convenzionalmente
nel modo seguente: per la resistenza di calcolo delle unioni bullonate si potranno adottare i valori
indicati nel prospetto 7-II; per altre unioni potranno applicarsi le formule ed i procedimenti indicati
in 4.3., 4.4., 4.5., 4.6. e 4.7.
Si dovrà anche verificare che siano soddisfatte le verifiche nei confronti dei fenomeni di insta-
bilità della struttura, degli elementi strutturali che la compongono e di parti di essi. La resistenza ca-
ratteristica di membrature soggette a fenomeni di instabilità potrà essere determinata con i metodi
indicati al punto 5.
4.0.3.2. Stato limite di collasso
plastico della struttura.
Si assume come stato limite ultimo il collasso per trasformazione della struttura o di una sua
parte in un meccanismo ammettendo la completa plasticizzazione delle sezioni coinvolte nella for-

63
Acciaio

mazione del meccanismo. Si assumerà nei calcoli γm=1,12 e si verificherà che in corrispondenza
delle azioni di calcolo definite in 4.0.1. non si raggiunga lo stato limite in esame.
Si dovrà garantire che il meccanismo risultante dai calcoli possa venir raggiunto sia verificando
che nelle zone plasticizzate le giunzioni abbiano una duttilità sufficiente, sia premunendosi contro i
fenomeni di instabilità della struttura, degli elementi strutturali che la compongono e di parti di essi.
Il procedimento qui indicato non è consentito qualora i fenomeni di fatica divengano determi-
nanti ai fini del calcolo della struttura.
4.0.4. Stati limite di esercizio.
Per gli stati limite di esercizio si prenderanno in esame le combinazioni rare, frequenti e quasi
permanenti con γg=γq=1,0, e applicando ai valori caratteristici delle azioni variabili adeguati coeffi-
cienti riduttivi ψ0, ψ1, ψ2 indicati al punto 7 della Parte Generale.
4.1. Materiale base.

4.1.1. Stati monoassiali.


4.1.1.1. Resistenza di calcolo fd a
trazione o compressione per accia-
io laminato.
Per le verifiche agli stati limite ultimi di cui al punto 4.0.3. si assumono, per gli acciai aventi le
caratteristiche meccaniche indicate al punto 2.1.1., i valori della resistenza di calcolo fd riportati nel
prospetto 5-II.
PROSPETTO 5-II
Materiale fd [N/mm2] fd [N/mm2]
t ≤ 40 t > 40
Fe 360 235 210
Fe 430 275 250
Fe 510 355 315
t = spessore (in mm)
4.1.1.2. Resistenza di calcolo fd a trazione e compressione per pezzi di acciaio fuso UNI 3158 (di-
cembre 1977).
PROSPETTO 5-II
Materiale fd [N/mm2]
t ≤ 40
Fe G 400 180
Fe G 450 225
Fe G 520 255
t = spessore (in mm)
4.1.2. Stati pluriassiali.
Per gli stati piani, i soli per i quali si possono dare valide indicazioni, si deve verificare che ri-
sulti σid ≤ fd essendo nel riferimento generico:
σid = ± σ2x + σ2y − σ x σ y + 3 τ2xy
e nel riferimento principale:
σid = ± σ12 + σ22 − σ1 σ2
in particolare per σ1=0 (per esempio nella sollecitazione di flessione accompagnata da taglio):
σid = ± σ2x + 3 τ2xy

64
Acciaio

e nel caso di tensione tangenziale pura:


σid = ± τ 3
4.1.3. Costanti elastiche.
Per tutti gli acciai considerati si assumono i seguenti valori delle costanti elastiche:
- modulo di elasticità normale E = 206000 N/mm2
- modulo di elasticità tangenziale G = 78400 N/mm2
4.2. Unioni con bulloni.

Le resistenze di calcolo dei bulloni sono riportate nel prospetto 7-II. σb e τ b rappresentano i va-
lori medi delle tensioni nella sezione.
La tensione di trazione per i bulloni deve essere valutata mettendo in conto anche gli effetti le-
va e le eventuali flessioni parassite. Ove non si proceda alle valutazioni dell’effetto leva e di even-
tuali flessioni parassite, le tensioni di trazione σb devono essere incrementate del 25%.

65
Acciaio

PROSPETTO 7-II
Stato di tensione
Classe ft fy fk,N fd,N fd,V
vite [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2]
4.6 400 240 240 240 170
5.6 500 300 300 300 212
6.8 600 480 360 360 255
8.8 800 640 560 560 396
10.9 1000 900 700 700 495
fk,N è assunto pari al minore dei due valori fk.N =0.7 ft (fk,N =0.6 ft per viti di classe 6.8) e fk,N
=fy essendo ft ed fy le tensioni di rottura e di snervamento secondo UNI 3740
fd,N = fk,N = resistenza di calcolo a trazione
fd,V = fk,N / 2 = resistenza di calcolo a taglio

Ai fini del calcolo della σb la sezione resistente è quella della vite; ai fini del calcolo della τ b la
sezione resistente è quella della vite o quella totale del gambo a seconda che il piano di taglio inte-
ressi o non interessi la parte filettata.
Nel caso di presenza contemporanea di sforzi normali e di taglio deve risultare:
2 2
 τb   σb 
  +  ≤1
 f d ,V   f d , N 
La pressione sul contorno del foro σrif, alla proiezione diametrale della superficie cilindrica del
chiodo e del bullone, deve risultare:
σrif ≤ α f d
essendo:
α= a/d e comunque da assumersi non superiore a 2,5;
fd la resistenza di calcolo del materiale costituente gli elementi del giunto (vedi 4.1.1.1.);
aed definiti limitati al punto 7.2.4.
I bulloni di ogni classe devono essere convenientemente serrati.
4.3. Unioni a taglio con chiodi.

Per i chiodi di cui al punto 2.7., si possono assumere per le resistenze di calcolo i valori riporta-
ti nel prospetto 8-II.
PROSPETTO 8-II
fd,V [N/mm2] fd,N [N/mm2]
180 75

Di regola i chiodi non devono essere sollecitati a sforzi di trazione.


Nel caso di combinazioni di taglio e trazione, si dovrà verificare che risulti:
2 2
 τb   σb 
  +  ≤1
 f d ,V   f d , N 
Per la pressione di rifollamento vale quanto indicato per i bulloni.

66
Acciaio

4.4. Unioni ad attrito con bulloni.

La forza Ff trasmissibile per attrito da ciascun bullone per ogni piano di contatto tra gli elementi
da collegare, è espressa dalla relazione:
1
Ff = µ Nb
νf
in cui è da porre:
νf coefficiente di sicurezza contro lo slittamento, da assumersi pari a:
1,25 per le verifiche in corrispondenza degli stati limite di esercizio (sempre obbligatorie);
1,00 per le verifiche in corrispondenza degli stati limite ultimi (quando questo tipo di veri-
fica è esplicitamente richiesto nelle prescrizioni di progetto);
µ coefficiente di attrito da assumersi pari a:
0,45 per superfici trattate come indicato al punto 7.10.2.;
0,30 per superfici non particolarmente trattate, e comunque nelle giunzioni effettuate in
opera;
Nb forza di trazione nel gambo della vite.
La pressione convenzionale sulle pareti dei fori non deve superare il valore di 2,5 fd.
In un giunto per attrito i bulloni ad alta resistenza possono trasmettere anche una forza assiale
di trazione N. In questo caso, sempreché non concorrano flessioni parassite apprezzabili nel bullone,
il valore della forza ancora trasmissibile dal bullone per attrito si riduce a:
 N 
Ff , red = Ff 1 − 
 Nb 
La forza N nel bullone non può in nessun caso superare il valore 0,8 Nb.
I bulloni di ciascuna classe debbono in ogni caso essere serrati con coppia tale da provocare
una forza di trazione Nb nel gambo della vite pari a:
N b = 0,8 f y Ares
essendo Ares l’area della sezione resistente della vite e fy la tensione di snervamento, su vite (pro-
spetto 7-II), valutate secondo UNI EN 20898/1 (dicembre 1991).
4.5. Unioni saldate.

4.5.1. Giunti testa a testa od a T a completa penetrazione.


Per il calcolo delle tensioni derivanti da trazioni o compressioni normali all’asse della saldatura
o da azioni di taglio, deve essere considerata come sezione resistente la sezione longitudinale della
saldatura stessa; agli effetti del calcolo essa avrà lunghezza pari a quella intera della saldatura e lar-
ghezza pari al minore dei due spessori collegati, misurato in vicinanza della saldatura per i giunti di
testa e allo spessore dell’elemento completamente penetrato nel caso di giunti a T (vedere figura 1-
II).
Per il calcolo delle tensioni derivanti da trazioni o compressioni parallele all’asse della saldatu-
ra, deve essere considerata come sezione resistente quella del pezzo saldato ricavata normalmente al
predetto asse (cioè quella del materiale base più il materiale d’apporto).
Per trazioni o compressioni normali all’asse del cordone la tensione nella saldatura non deve
superare 0,85 fd per giunti testa a testa di II classe ed fd per gli altri giunti.

67
Acciaio

Fig. 1-II
Per sollecitazioni composte deve risultare:
 f (I classe)
σid = σ2⊥ + σ2// − σ⊥ σ // + 3 τ2 ≤  d
0,85 f d (II classe)
dove:
σ⊥ è la tensione di trazione o compressione normale alla sezione longitudinale della saldatura;
σ// la tensione di trazione o compressione parallela all’asse della saldatura;
τ è la tensione tangenziale nella sezione longitudinale della saldatura.
4.5.2. Giunti a cordoni d’angolo.
Si assume come sezione resistente la sezione di gola del cordone, cui si attribuisce larghezza
pari all’altezza "a" del triangolo isoscele iscritto nella sezione trasversale del cordone e l’intera lun-
ghezza "l" del cordone stesso, a meno che questo non abbia estremità difettose (fig. 2-II).
Della tensione totale agente sulla sezione di gola, ribaltata su uno dei piani d’attacco, si consi-
derano le componenti: normale σ⊥ (trasversale) o tangenziale τ⊥ (trasversale) e τ// (parallela).
Per la verifica, i valori assoluti delle predette componenti dovranno soddisfare le limitazioni:
 0,85 f d per acciaio Fe 360
τ⊥2 + σ⊥2 + τ2// ≤ 
0,70 f d per acciaio Fe 430 e Fe 510
 f per acciaio Fe 360
τ⊥ + σ ⊥ ≤  d
0,85 f d per acciaio Fe 430 e Fe 510
con ovvie semplificazioni quando due soltanto o una sola delle componenti siano diverse da zero.
Si ritengono non influenti sul dimensionamento eventuali tensioni normali σ// sulla sezione tra-
sversale del cordone (fig. 2-II).

Fig. 2-II

68
Acciaio

4.6. Unioni per contatto.

È ammesso l’impiego di unioni per contatto nel caso di membrature semplicemente compresse,
purché, con adeguata lavorazione meccanica, venga assicurato il combaciamento delle superfici del
giunto.
La tensione di compressione deve risultare minore o uguale a fd.
In corrispondenza dei giunti ai piani intermedi o delle piastre di base, le colonne degli edifici
possono essere collegate per contatto. In ogni caso debbono essere sempre previsti collegamenti
chiodati, bullonati o saldati in grado di assicurare una corretta posizione mutua tra le parti da colle-
gare. Le unioni per contatto non debbono distare dagli orizzontamenti di piano più di 1/5
dell’interpiano.
Per le altre membrature compresse, i collegamenti debbono non solo assicurare una corretta po-
sizione delle parti da collegare, ma essere anche dimensionati in modo da poter sopportare il 50%
delle azioni di calcolo.
In ogni caso i collegamenti di cui sopra devono essere proporzionati in modo da sopportare o-
gni eventuale azione di trazione che si determini sovrapponendo agli effetti delle azioni laterali sulla
struttura il 75% degli sforzi di compressione dovuti ai soli carichi permanenti.
4.7. Apparecchi di appoggio fissi o scorrevoli.

Tutti gli elementi degli apparecchi di appoggio, in particolare le piastre, devono essere propor-
zionati per gli sforzi, normali, di flessione e taglio, cui sono sottoposti.
Se l’apparecchio di appoggio deve consentire le dilatazioni termiche, nel relativo calcolo si as-
sumerà il coefficiente di dilatazione lineare α=12⋅10-6 °C-1.
Le parti degli apparecchi di appoggio che trasmettono pressioni localizzate per contatto saranno
eseguite con acciaio fuso tipo Fe G 520 UNI 3158 (dicembre 1977) o fucinato, oppure mediante
saldatura di elementi laminati di acciaio.
Le pressioni di contatto, calcolate a mezzo delle formule di Hertz, devono risultare:
- per contatto lineare: σl ≤ 4 fd
- per contatto puntuale: σp ≤ 5,5 fd
Nel caso in cui la localizzazione della reazione d’appoggio venga ottenuta mediante piastre
piane la pressione media di contatto superficiale deve risultare:
σs ≤ 1,35 fd

4.8. Indebolimento delle sezioni.

4.8.1. Unioni a taglio con chiodi o con bulloni.


Per le verifiche di resistenza il calcolo delle tensioni di trazione si effettua con riferimento
all’area netta, detratta cioè l’area dei fori. L’area netta è quella minima corrispondente o alla sezio-
ne retta o al profilo spezzato.
La verifica a flessione delle travi sarà effettuata in generale tenendo conto del momento
d’inerzia della sezione con la detrazione degli eventuali fori. Il calcolo di norma sarà eseguito dedu-
cendo dal momento d’inerzia della sezione lorda il momento d’inerzia delle aree dei fori rispetto
all’asse baricentrico della stessa sezione lorda.
Per le verifiche di stabilità di cui al successivo punto 5 e per la determinazione di qualunque
parametro dipendente dalla deformabilità, si devono considerare, invece, le sezioni lorde, senza al-
cuna detrazione dei fori per i collegamenti.
4.8.2. Unioni ad attrito.
La detrazione dei fori dalla sezione deve essere effettuata soltanto se il giunto è sollecitato a
trazione.

69
Acciaio

La verifica della sezione indebolita si effettua per un carico pari al 60% di quello trasmesso per
attrito dai bulloni che hanno l’asse nella sezione stessa, oltre al carico totale trasmesso dai bulloni
che precedono.
4.8.3. Verifica dei profilati particolari.
I profilati ad L o a T collegati su un’ala o a U collegati sull’anima, potranno essere verificati
tenendo conto dell’effetto di ridistribuzione plastica delle tensioni dovute alla eventuale eccentricità
del collegamento. Ciò può essere fatto assumendo come sezione resistente a trazione una adeguata
aliquota della sezione trasversale netta.
4.9. Norme particolari per elementi inflessi.

Le frecce degli elementi delle strutture edilizie devono essere contenute quanto è necessario
perché non derivino danni alle opere complementari in genere ed in particolare alle murature di
tamponamento e ai relativi intonaci.
Ai fini del calcolo si assumono le combinazioni rare per gli stati limite di servizio; in tali com-
binazioni i valori delle azioni della neve e delle pressioni del vento possono essere ridotti al 70%.
Indicativamente la freccia y, in rapporto alla luce l, deve rispettare almeno i limiti seguenti:
- per le travi di solai, per il solo sovraccarico, y/l ≤ 1/400;
- per le travi caricate direttamente da muri o da pilastri o anche, in assenza di provvedimenti cau-
telativi particolari, da tramezzi, per il carico permanente ed il sovraccarico, y/l ≤ 1/500;
- per gli arcarecci o gli elementi inflessi dell’orditura minuta delle coperture, per il carico perma-
nente ed il sovraccarico, y/l ≤ 1/200;.
Per gli sbalzi i limiti precedenti possono essere riferiti a una lunghezza l pari a due volte la lun-
ghezza dello sbalzo stesso.
Ove l’entità delle deformazioni lo richieda, dovranno essere previste controfrecce adeguate.
Le frecce teoriche orizzontali degli edifici multipiani alti, dovute all’azione statica del vento,
non devono essere maggiori di 1/500 dell’altezza totale dell’edificio.
Le travi a sostegno di murature di tamponamento in strutture intelaiate possono calcolarsi am-
mettendo che il muro, comportandosi ad arco, si scarichi in parte direttamente sugli appoggi.
Le travi suddette sono così soggette a flessione, per effetto del carico della parte di muro sotto-
stante all’intradosso dell’arco, ed a trazione, per effetto della spinta dell’arco stesso.
In via di approssimazione si può ritenere che l’arco abbia freccia pari a 1/2 della luce.
4.10. Fenomeni di fatica.

Si deve tener conto dei fenomeni di fatica per le strutture o gli elementi che si prevedono sog-
getti nel corso della loro vita ad un numero di cicli di sollecitazione maggiore di 104.
In tale caso la verifica di resistenza deve essere effettuata negli stati limite di esercizio, adot-
tando ∆σ ammissibile adeguato; a tale riguardo si possono adottare le prescrizioni indicate dalle
CNR 10011/86 "Costruzioni di acciaio. Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manu-
tenzione", oppure altri criteri fondati su risultati sperimentali di sicura validità.

5. NORME DI CALCOLO: VERIFICA DI STABILITÀ.

5.0. Generalità.

Oltre alle verifiche di resistenza previste dal precedente punto 4, che in nessun caso potranno
essere omesse, devono essere eseguite le verifiche necessarie ad accertare la sicurezza della costru-
zione, o delle singole membrature, nei confronti di possibili fenomeni di instabilità.
Le verifiche verranno condotte tenendo conto degli eventuali effetti dinamici, ma senza consi-
derare le riduzioni delle tensioni ammissibili ai fenomeni di fatica.

70
Acciaio

La determinazione delle tensioni in corrispondenza delle quali possono insorgere eventuali fe-
nomeni di instabilità, sarà condotta o adottando i metodi di calcolo indicati dalle norme CNR
10011/86, oppure altri metodi fondati su ipotesi teoriche e risultati sperimentali chiaramente com-
provati.
5.1. Aste compresse.

Si definisce lunghezza d’inflessione la lunghezza l0=β l da sostituire nel calcolo alla lunghezza
l dell’asta quale risulta nello schema strutturale. Il coefficiente deve essere valutato tenendo conto
delle effettive condizioni di vincolo dell’asta nel piano di flessione considerato.
5.1.1. Coefficiente di vincolo.
Nelle condizioni di vincolo elementari, per la flessione nel piano considerato, si assumono i va-
lori seguenti:
β = 1,0 se i vincoli dell’asta possono assimilarsi a cerniere;
β = 0,7 se i vincoli possono assimilarsi ad incastri;
β = 0,8 se un vincolo è assimilabile all’incastro ed uno alla cerniera;
β = 2,0 se l’asta è vincolata ad un solo estremo con incastro perfetto; in tal caso l è la distanza tra la
sezione incastrata e quella di applicazione del carico.
5.1.2. Aste di strutture reticolari.
Per le aste facenti parti di strutture reticolari si adottano i seguenti criteri:
- aste di corrente di travi reticolari piane. Per valutare la lunghezza d’inflessione nel piano della
travatura si pone β=1, per la lunghezza d’inflessione nel piano normale a quello della travatura,
si assume ancora β=1 se esistono alle estremità dell’asta ritegni trasversali adeguatamente rigidi;
per ritegni elasticamente cedevoli, si dovrà effettuare una verifica apposita;
- aste di parete. Per la lunghezza d’inflessione nel piano della parete, si assumerà:
l
β = red
l
comunque non minore di 0,8, essendo lred distanza tra i baricentri delle bullonature, delle chioda-
ture o delle saldature di attacco alle estremità.
Se, all’incrocio tra un’asta compressa e una tesa, l’attacco tra le due aste ha una resistenza non
minore di 1/5 di quella dell’attacco di estremità dell’asta compressa, il punto di incrocio potrà con-
siderarsi impedito di spostarsi nel piano della parete; in ogni caso però la lunghezza da considerare
non dovrà essere minore di l0=0,5 l. Per l’inflessione nel piano normale a quello della parete i coef-
ficienti β vanno determinati mediante metodi di calcolo che tengono conto delle azioni presenti nel-
la coppia di aste. In favore di sicurezza si possono assumere quelli indicati al punto 5.1.1.
5.1.3. Colonne.
Per le colonne dei fabbricati, provviste di ritegni trasversali rigidi in corrispondenza dei piani,
tali cioè da impedire gli spostamenti orizzontali dei nodi, si assume β=1.
Per il tronco più basso la lunghezza l deve essere valutata a partire dalla piastra di appoggio.
L’eventuale presenza di pannelli a tutt’altezza sufficientemente rigidi e robusti potrà essere
considerata nella determinazione della lunghezza d’inflessione delle colonne di fabbricati civili ed
industriali, qualora si provveda a rendere solidali tra loro i pannelli e le colonne.
5.1.4. Snellezza.
Si definisce snellezza di un’asta prismatica in un suo piano principale di inerzia, il rapporto
λ=l0 / i dove:
l0 è la lunghezza di inflessione nel piano principale considerato, dipendente, come specificato nel
punto 5.1., dalle modalità di vincolo alle estremità dell’asta;
i è il raggio d’inerzia della sezione trasversale, giacente nello stesso piano principale in cui si va-
luta l0.

71
Acciaio

La snellezza non deve superare il valore 200 per le membrature principali e 250 per quelle se-
condarie; in presenza di azioni dinamiche rilevanti i suddetti valori vengono limitati rispettivamente
a 150 e a 200.
5.1.5. Verifica.
La verifica di sicurezza di un’asta si effettuerà nell’ipotesi che la sezione trasversale sia uni-
formemente compressa.
Dovrà essere:
σ ≤ σc
dove:
σc = Nc / A è la tensione critica corrispondente alla forza Nc, che provoca il collasso elastoplasti-
co per inflessione dell’asta nel piano che si considera;
σ=N/A è la tensione assiale di compressione media nella sezione della membratura corri-
spondente al carico assiale N di calcolo.
5.1.6. Coefficiente di maggiorazione della forza assiale.
In conformità a quanto disposto al punto 5.1.5., la verifica di sicurezza di un’asta compressa
potrà effettuarsi nella ipotesi che la sezione trasversale sia compressa da una forza N maggiorata del
coefficiente ω=fy / σc.
Dovrà cioè essere:
ωN
≤ fd
A
I coefficienti ω, dipendenti dal tipo di sezione oltreché dal tipo di acciaio dell’asta, si desumono
da appositi diagrammi o tabellazioni; si possono adottare a tale riguardo le indicazioni della norma
CNR 10011/86, oppure altre prescrizioni, fondate su ipotesi teoriche e risultati sperimentali chiara-
mente comprovati.
5.1.7. Rapporti di larghezza-spessore degli elementi in parete sottile delle aste compresse.
Per evitare fenomeni locali d’imbozzamento, dovranno essere opportunamente limitati i rappor-
ti larghezza-spessore degli elementi in parete sottile di aste compresse, in funzione della forma
chiusa o aperta della sezione trasversale, della presenza o meno di irrigidimenti lungo i bordi delle
pareti e del tipo di acciaio impiegato.
Per le sezioni aperte dotate di pareti sottili con bordi egualmente o diversamente irrigiditi, do-
vrà essere inoltre controllata l’efficacia degli irrigidimenti in relazione ai rapporti larghezza-
spessore adottati.
5.2. Travi inflesse a parete piena.

5.2.1. Stabilità all’imbozzamento delle parti compresse di travi inflesse.


Quando non si proceda ad un preciso calcolo specifico, le dimensioni delle parti sottili unifor-
memente compresse devono soddisfare le limitazioni valide per analoghe parti di aste compresse,
come indicato al punto 5.1.7.
5.2.2. Stabilità laterale delle travi inflesse (sicurezza allo svergolamento).
Per la verifica di una trave inflessa deve risultare:
σ ≤ σc
essendo:
σ la massima tensione al lembo compresso,
Mc
σc = ,
W
con Mc momento massimo calcolato per la condizione critica di carico, tenuto conto del comporta-
mento elastoplastico della sezione e W modulo di resistenza relativo al lembo compresso.

72
Acciaio

5.3. Aste pressoinflesse.

Nel caso di aste soggette ad azioni assiali di compressione N e a momento flettente M, bisogne-
rà tener conto della riduzione della capacità portante dell’asta a compressione a causa degli effetti
flettenti. Tale valutazione sarà fatta mediante formule di interazione basate su metodi di calcolo o
sperimentali comprovati.
Se il momento flettente varia lungo l’asta, la verifica potrà effettuarsi introducendo nella for-
mula il momento flettente, costante lungo l’asta, equivalente ai fini della verifica di stabilità.
5.4. Archi.

Le strutture ad arco devono essere progettate con appropriati metodi analitici; la stabilità globa-
le deve essere garantita con un rapporto tra i carichi corrispondenti alle predette instabilità ed i cari-
chi corrispondenti alla condizione di calcolo per le verifiche agli stati limite ultimi non minore di
1,6.
5.5. Telai.

Nelle strutture intelaiate la stabilità delle singole membrature deve essere verificata in confor-
mità a quanto indicato nei punti 5.1., 5.2. e 5.3., tenendo ben presenti le condizioni di vincolo e di
sollecitazione.
5.5.1. Telai a nodi fissi.
Nei telai in cui la stabilità laterale è assicurata dal contrasto di controventamenti adeguati, la
lunghezza di inflessione dei piedritti, in mancanza di un’analisi rigorosa, sarà assunta pari alla loro
altezza.
5.5.2. Telai a nodi spostabili.
a) Telai monopiano.
Se la stabilità laterale è affidata unicamente alla rigidezza flessionale dei piedritti e dei traversi,
rigidamente connessi fra loro, la lunghezza di inflessione delle membrature va determinata median-
te apposito esame. La lunghezza di inflessione dei ritti sarà assunta comunque non minore della loro
altezza qualora siano incastrati al piede, e al doppio della loro altezza se incernierati alla base.
b) Telai multipiano.
La stabilità globale deve essere garantita con un rapporto tra i carichi corrispondenti alla pre-
detta instabilità ed i carichi corrispondenti alla condizione di calcolo per le verifiche agli stati limite
ultimi non minore di 1,6.
La stabilità globale può essere saggiata indirettamente controllando che la struttura sia capace
di sopportare l’azione delle forze orizzontali pari a 1/80 dei carichi permanenti e sovraccarichi sup-
poste agenti contemporaneamente ai massimi carichi di progetto, per le verifiche agli stati limite ul-
timi, vento escluso.
La freccia orizzontale corrispondente deve essere minore di 1/330 della altezza totale del telaio.
5.6. Stabilità dell’anima di elementi strutturali
a parete piena.

5.6.1. Verifica all’imbozzamento.


I pannelli d’anima di elementi strutturali a parete piena devono essere verificati
all’imbozzamento e, localmente, in corrispondenza di eventuali carichi concentrati applicati fra gli
irrigidimenti.
In particolare, nelle verifiche all’imbozzamento, dovrà essere:
σid ≤ σc

73
Acciaio

dove:
σc è la tensione normale critica di confronto corrispondente alla condizione di carico assegnata;
σid è la tensione normale ideale equivalente valutata con riferimento alla massima tensione nor-
male di compressione e ad una tensione tangenziale media.
Laddove esistano adeguate riserve di resistenza in fase post- critica, si potrà tenerne conto au-
mentando giustificatamente il valore della tensione normale di confronto σc.
5.6.2. Controllo degli irrigidimenti.
La verifica di cui al punto 5.6.1. deve essere integrata da un controllo degli irrigidimenti tra-
sversali e longitudinali dell’anima al fine di garantire l’efficienza statica dell’insieme.
Gli irrigidimenti verticali in corrispondenza degli appoggi e dei carichi concentrati in genere
devono essere verificati al carico di punta per l’intera azione localizzata.

6. VERIFICHE MEDIANTE PROVE SU STRUTTURE CAMPIONE E SU MODELLI.

6.1. Prove su strutture o elementi campione.

Nel caso che la verifica sia riferita ad esperienze dirette su struttura campione da effettuare sot-
to il controllo di un Laboratorio Ufficiale, su un adeguato numero di elementi, tale da consentire
una convincente elaborazione statistica dei risultati, e nei quali siano fedelmente riprodotte le con-
dizioni di carico e di vincolo, il minimo valore del coefficiente di sicurezza delle azioni di progetto
agli stati limite ultimi rispetto alla resistenza sperimentale a rottura non deve essere inferiore a 1,33,
mentre il valore medio del coefficiente di sicurezza non deve essere inferiore a 1,53. Detti coeffi-
cienti devono essere opportunamente incrementati nel caso di azioni ripetute, a meno che l’effettiva
storia di carico non venga riprodotta nelle prove. Ove siano da temere fenomeni di instabilità globa-
le e locale, ovvero rotture senza preavviso, i coefficienti di sicurezza devono essere opportunamente
maggiorati.
6.2. Prove su modelli.

Per strutture di particolare complessità, le ipotesi a base del calcolo potranno essere guidate dai
risultati di prove su modelli.

7. REGOLE PRATICHE DI PROGETTAZIONE ED ESECUZIONE.

7.1. Composizione degli elementi strutturali.

7.1.1. Spessori limite.


È vietato l’uso di profilati con spessore t<4 mm. Una deroga a tale norma, fino ad uno spessore
t=3 mm, è consentita per opere sicuramente protette contro la corrosione, quali per esempio tubi
chiusi alle estremità e profilati zincati, od opere non esposte agli agenti atmosferici.
Le limitazioni di cui sopra non riguardano ovviamente elementi di lamiera grecata e profili sa-
gomati a freddo in genere per i quali occorre fare riferimento ad altre prescrizioni costruttive e di
calcolo.
7.1.2. Impiego dei ferri piatti.
L’impiego di piatti o larghi piatti, in luogo di lamiere, per anime e relativi coprigiunti delle tra-
vi a parete piena, e in genere per gli elementi in lastra soggetti a stati di tensione biassiali apparte-
nenti a membrature aventi funzione statica non secondaria, è ammesso soltanto se i requisiti di ac-
cettazione prescritti per il materiale (in particolare quelli relativi alle prove di piegamento a freddo e
resilienza) siano verificati anche nella direzione normale a quella di laminazione.

74
Acciaio

7.1.3. Variazioni di sezione.


Le eventuali variazioni di sezione di una stessa membratura devono essere il più possibile gra-
duali, soprattutto in presenza di fenomeni di fatica. Di regola sono da evitarsi le pieghe brusche. In
ogni caso si dovrà tener conto degli effetti dell’eccentricità.
Nelle lamiere o piatti appartenenti a membrature principali e nelle piastre di attacco le concen-
trazioni di sforzo in corrispondenza di angoli vivi rientranti debbono essere evitate mediante rac-
cordi i cui raggi saranno indicati nei disegni di progetto.
7.1.4. Giunti di tipo misto.
In uno stesso giunto è vietato l’impiego di differenti metodi di collegamento di forza (ad esem-
pio saldatura e bullonatura o chiodatura), a meno che uno solo di essi sia in grado di sopportare
l’intero sforzo.
7.2. Unioni chiodate.

7.2.1. Chiodi e fori normali.


I chiodi da impiegarsi si suddividono nelle categorie appresso elencate, ciascuna con
l’indicazione della UNI cui devono corrispondere:
- chiodi a testa tonda stretta, secondo UNI 136 (marzo 1931);
- chiodi a testa svasata piana, secondo UNI 139 (marzo 1931);
- chiodi a testa svasata con calotta, secondo UNI 140 (marzo 1931).
I fori devono corrispondere alla UNI 141 (marzo 1931).
7.2.2. Diametri normali.
Di regola si devono impiegare chiodi dei seguenti diametri nominali:
d = 10, 13, 16, 19, 22, 25 mm;
e, ordinatamente, fori dei diametri:
d1 = 10,5, 14, 17, 20, 23, 26 mm.
Nei disegni si devono contraddistinguere con opportune convenzioni i chiodi dei vari diametri.
Nei calcoli si assume il diametro d1, tanto per verifica di resistenza della chiodatura, quanto per va-
lutare l’indebolimento degli elementi chiodati.
7.2.3. Scelta dei chiodi in relazione agli spessori da unire.
In relazione allo spessore complessivo t da chiodare si impiegano:
- chiodi a testa tonda ed a testa svasata piana, per t/d ≤ 4,5;
- chiodi a testa svasata con calotta, per 4,5 < t/d ≤ 6,5.
7.2.4. Interasse dei chiodi e distanza dai margini.
In rapporto al diametro d dei chiodi, ovvero al più piccolo t1 tra gli spessori collegati dai chiodi,
devono essere soddisfatte le limitazioni seguenti:
- per le file prossime ai bordi:
10 ≥ p / d ≥ 3
3 ≥ a / d ≥ 1,5
3 ≥ a1 / d ≥ 1,5
 15 per gli elementi compressi
p / t1 ≤ 
 25 per gli elementi tesi
a / t1 
 ≤ 6 ( ≤ 9 se il margine è irrigidito)
a1 / t1 
dove:
p è la distanza tra centro e centro di chiodi contigui;
a è la distanza dal centro di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso più vicino
nella direzione dello sforzo;
a1 è la distanza come la precedente a, ma ortogonale alla direzione dello sforzo;

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Acciaio

t1 è il minore degli spessori degli elementi collegati.


Quando si tratti di opere non esposte alle intemperie, le ultime due limitazioni possono essere
sostituite dalle seguenti:
a / t1 
 ≤ 12
a1 / t1 
Deroghe eventuali alle prescrizioni di cui al presente punto 7.2.4. debbono essere comprovate
da adeguate giustificazioni teoriche e sperimentali.
7.3. Unioni con bulloni normali.

7.3.1. Bulloni.
La lunghezza del tratto non filettato del gambo del bullone deve essere in generale maggiore di
quella della parti da serrare e si deve sempre far uso di rosette. E’ tollerato tuttavia che non più di
mezza spira del filetto rimanga compresa nel foro. Qualora resti compreso nel foro un tratto filettato
se ne dovrà tenere adeguato conto nelle verifiche di resistenza.
In presenza di vibrazioni o inversioni di sforzo, si devono impiegare controdadi oppure rosette
elastiche, tali da impedire l’allentamento del dado. Per bulloni con viti 8.8 e 10.9 è sufficiente
l’adeguato serraggio.
7.3.2. Diametri normali.
Di regola si devono impiegare bulloni dei seguenti diametri:
d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27 mm.
I fori devono avere diametro uguale a quello del bullone maggiorato di 1 mm fino al diametro
20 mm e di 1,5 mm oltre il diametro 20 mm, quando è ammissibile un assestamento sotto carico del
giunto.
Quando tale assestamento non è ammesso, il giuoco complessivo tra diametro del bullone e di-
ametro del foro non dovrà superare 0,3 mm, ivi comprese le tolleranze.
Nei disegni si devono contraddistinguere con opportune convenzioni i bulloni dei vari diametri
e devono essere precisati i giuochi foro-bullone.
7.3.3. Interasse dei bulloni e distanza dai margini.
Vale quanto specificato al punto 7.2.4.
7.4. Unioni ad attrito.

7.4.1. Bulloni.
Nelle unioni ad attrito si impiegano bulloni ad alta resistenza di cui al punto 2.6. Il gambo può
essere filettato per tutta la lunghezza.
Le rosette, disposte una sotto il dado e una sotto la testa, devono avere uno smusso a 45° in un
orlo interno ed identico smusso sul corrispondente orlo esterno. Nel montaggio lo smusso deve es-
sere rivolto verso la testa della vite o verso il dado. I bulloni, i dadi e le rosette devono portare, in
rilievo impresso, il marchio di fabbrica e la classificazione secondo la citata UNI 3740.
7.4.2. Diametri normali.
Di regola si devono impiegare bulloni dei seguenti diametri:
d = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27 mm
e fori di diametro pari a quello del bullone maggiorato di 1,5 mm fino al diametro 24 mm e di 2 mm
per il diametro 27 mm. Nei disegni devono essere distinti con opportune convenzioni i bulloni dei
vari diametri.
7.4.3. Interasse dei bulloni e distanza dai margini.
Vale quanto specificato al punto 7.2.4.

76
Acciaio

7.5. Unioni saldate.

A tutti gli elementi strutturali saldati devono essere applicate le prescrizioni di cui al punto
7.1.3.
Per gli attacchi d’estremità di aste sollecitate da forza normale, realizzati soltanto con cordoni
d’angolo paralleli all’asse di sollecitazione, la lunghezza minima dei cordoni stessi deve essere pari
a 15 volte lo spessore.
L’impiego di saldature entro fori o intagli deve essere considerato eccezionale: qualora detti fo-
ri o intagli debbano essere usati, il loro contorno non dovrà presentare punti angolosi, né raggi di
curvatura minori di metà della dimensione minima dell’intaglio.
I giunti testa a testa di maggior importanza appartenenti a membrature tese esposte a temperatu-
re minori di 0°C devono essere previsti con saldatura di I classe (punto 2.4.3.).
La saldatura a tratti non è ammessa che per cordoni d’angolo.
Nei giunti a croce o a T a completa penetrazione dovrà essere previsto un graduale allargamen-
to della saldatura (vedere figura 3- II), la cui larghezza dovrà essere almeno pari a 1,3 volte lo spes-
sore t in corrispondenza della lamiera su cui viene a intestarsi.

Fig. 3-II
7.6. Travi a parete piena e reticolari.

7.6.1. Travi chiodate.


Nel proporzionamento delle chiodature che uniscono all’anima i cantonali del corrente caricato,
si deve tener conto del contributo di sollecitazione di eventuali carichi direttamente applicati al cor-
rente stesso. Se tali carichi sono concentrati ed il corrente è sprovvisto di piattabande, si provvederà
a diffonderli con piastra di ripartizione.
Le interruzioni degli elementi costituenti le travi devono essere convenientemente distanziate e
singolarmente provviste di coprigiunto. La coincidenza trasversale di più interruzioni non è ammes-
sa neanche per coprigiunto adeguato alla sezione interrotta, eccettuato il caso di giunti di montag-
gio. I coprigiunti destinati a ricostituire l’intera sezione dell’anima devono estendersi all’intera al-
tezza di essa.
Nelle travi con pacchetti di piattabande distribuite con il criterio di ottenere l’uniforme resi-
stenza a flessione, ciascuna piattabanda deve essere attaccata al pacchetto esternamente alla zona
dove ne è necessario il contributo; il prolungamento di ogni piattabanda oltre la sezione in cui il
momento flettente massimo eguaglia quello resistente, deve essere sufficiente per consentire la di-
sposizione di almeno due file di chiodi, la prima delle quali può essere disposta in corrispondenza
della sezione suddetta.

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Acciaio

7.6.2. Travi saldate.


Quando le piattabande sono più di una per ciascun corrente si potranno unire tra loro con cor-
doni d’angolo laterali lungo i bordi, purché abbiano larghezza non maggiore di 30 volte lo spessore.
L’interruzione di ciascuna piattabanda deve avvenire esternamente alla zona dove ne è necessa-
rio il contributo, prolungandosi per un tratto pari almeno alla metà della propria larghezza. In corri-
spondenza della sezione terminale di ogni singolo tronco di piattabanda si deve eseguire un cordone
d’angolo di chiusura che abbia altezza di gola pari almeno alla metà dello spessore della piattabanda
stessa e sezione dissimmetrica col lato più lungo nella direzione della piattabanda. Inoltre, in pre-
senza di fenomeni di fatica, la piattabanda deve essere raccordata al cordone con opportuna rastre-
mazione.
7.6.3. Nervature dell’anima.
Le nervature di irrigidimento dell’anima in corrispondenza degli appoggi della trave o delle se-
zioni in cui sono applicati carichi concentrati devono essere, di regola, disposte simmetricamente
rispetto all’anima e verificate a carico di punta per l’intera azione localizzata.
Potrà a tali effetti considerarsi collaborante con l’irrigidimento una porzione d’anima di lar-
ghezza non superiore a 12 volte lo spessore dell’anima, da entrambe le parti adiacenti alle nervature
stesse.
Per la lunghezza d’inflessione dovrà assumersi un valore commisurato alle effettive condizioni
di vincolo dell’irrigidimento ed in ogni caso non inferiore ai 3/4 dell’altezza dell’anima.
I rapporti larghezza-spessore delle nervature di irrigidimento dell’anima devono soddisfare le
limitazioni previste al punto 5.1.7.
Le nervature di irrigidimento di travi composte saldate devono essere collegate all’anima me-
diante cordoni di saldatura sottili e, di regola, continui.
Nel caso si adottino cordoni discontinui, la lunghezza dei tratti non saldati dovrà essere inferio-
re a 12 volte lo spessore dell’anima, e, in ogni caso, a 25 cm; inoltre nelle travi soggette a fatica si
verificherà che la tensione longitudinale nell’anima non superi quella ammissibile a fatica per le di-
sposizioni corrispondenti.
7.6.4. Travi reticolari.
Gli assi baricentrici delle aste devono di regola coincidere con gli assi dello schema reticolare;
tale avvertenza è particolarmente importante per le strutture sollecitate a fatica. La coincidenza pre-
detta per le aste di strutture chiodate o bullonate costituite da cantonali può essere osservata per gli
assi di chiodatura e bullonatura anziché per gli assi baricentrici.
Il baricentro della sezione resistente del collegamento ai nodi deve cadere, di regola, sull’asse
geometrico dell’asta. Ove tale condizione non sia conseguibile, dovrà essere considerato, nel calco-
lo del collegamento, il momento dovuto all’eccentricità tra baricentro del collegamento e asse bari-
centrico dell’asta.
Nei correnti a sezione variabile gli elementi, che via via si richiedono in aumento della sezione
resistente, devono avere lunghezza tale da essere pienamente efficienti là ove ne è necessario il con-
tributo.
7.7. Piastre od apparecchi di appoggio.

7.7.1. Basi di colonne.


Le piastre di appoggio e le relative eventuali costolature devono essere proporzionate in modo
da assicurare una ripartizione approssimativamente lineare della pressione sul cuscinetto sottostan-
te.
I bulloni di ancoraggio devono essere collocati a conveniente distanza dalle superfici che limi-
tano lateralmente la fondazione. La lunghezza degli ancoraggi è quella prescritta al punto 5.3.3. del-
la Parte 1ª, quando non si faccia ricorso a traverse d’ancoraggio o dispositivi analoghi.
7.7.2. Appoggi metallici (fissi e scorrevoli).
Di regola, per gli appoggi scorrevoli, non sono da impiegare più di due rulli o segmenti di rullo;
se i rulli sono due occorrerà sovrapporre ad essi un bilanciere che assicuri l’equipartizione del cari-
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Acciaio

co. Il movimento di traslazione dei rulli deve essere guidato in modo opportuno, dispositivi di arre-
sto devono essere previsti dove il caso lo richieda. Le parti degli apparecchi che trasmettono pres-
sioni per contatto possono essere di acciaio fuso, oppure ottenute per saldatura di laminati di accia-
io. Le superfici di contatto devono essere lavorate con macchina utensile.
7.7.3. Appoggi di gomma.
Per questo tipo di appoggi valgono le istruzioni di cui alla norma CNR 10018/87 (Bollettino
Ufficiale C.N.R. - XXVI - n. 161 - 1992).
7.8. Marchiatura dei materiali.

I materiali debbono essere identificabili mediante apposito contrassegno o marchiatura, specie


per quanto riguarda il tipo di acciaio impiegato.
7.9. Lavorazioni.

Nelle lavorazioni debbono essere osservate tutte le prescrizioni indicate nel progetto.
7.10. Modalità esecutive per le unioni.

7.10.1. Unioni chiodate.


Le teste ottenute con la ribaditura devono risultare ben centrate sul fusto, ben nutrite alle loro
basi, prive di scepolature e ben combacianti con la superficie dei pezzi. Dovranno poi essere libera-
te dalle bavature mediante scalpello curvo, senza intaccare i ferri chiodati.
Le teste di materiale diverso dall’acciaio Fe 360 ed Fe 430 UNI 7356 (dicembre 1974) porte-
ranno in rilievo in sommità, sopra una zona piana, un marchio caratterizzante la qualità del materia-
le.
Il controstampo dovrà essere piazzato in modo da lasciare sussistere detto marchio dopo la ri-
baditura.
7.10.2. Unioni ad attrito.
Le superfici di contatto al montaggio si devono presentare pulite, prive cioè di olio, vernice,
scaglie di laminazione, macchie di grasso.
La pulitura deve, di norma, essere eseguita con sabbiatura al metallo bianco; è ammessa la
semplice pulizia meccanica delle superfici a contatto per giunzioni montate in opera, purché venga-
no completamente eliminati tutti i prodotti della corrosione e tutte le impurità della superficie metal-
lica. Le giunzioni calcolate con µ=0,45 debbono comunque essere sabbiate al metallo bianco.
I bulloni, i dadi e le rosette dovranno corrispondere a quanto prescritto al punto 7.4.1.
Nei giunti flangiati dovranno essere particolarmente curati la planarità ed il parallelismo delle
superfici di contatto.
Per il serraggio dei bulloni si devono usare chiavi dinamometriche a mano, con o senza mecca-
nismo limitatore della coppia applicata, o chiavi pneumatiche con limitatore della coppia applicata;
tutte peraltro devono essere tali da garantire una precisione non minore di ±5%.
Il valore della coppia di serraggio, da applicare sul dado o sulla testa del bullone, deve essere
quella indicata nel punto 4.4.
Per verificare l’efficienza dei giunti serrati, il controllo della coppia torcente applicata può esse-
re effettuato in uno dei seguenti modi:
a) si misura con chiave dinamometrica la coppia richiesta per far ruotare ulteriormente di 10°
il dado;
b) dopo aver marcato dado e bullone per identificare la loro posizione relativa, il dado deve
essere prima allentato con una rotazione almeno pari a 60° e poi riserrato, controllando se
l’applicazione della coppia prescritta riporta il dado nella posizione originale.
Se in un giunto anche un solo bullone non risponde alle prescrizioni circa il serraggio, tutti i
bulloni del giunto devono essere controllati.
79
Acciaio

7.10.3. Unioni saldate.


Sia in officina sia in cantiere, le saldature da effettuare con elettrodi rivestiti devono essere ese-
guite da saldatori che abbiano superato, per la relativa qualifica, le prove richieste dalla UNI 4634
(dicembre 1960).
Per le costruzioni tubolari si farà riferimento alla UNI 4633 (dicembre 1960) per i giunti di te-
sta.
Le saldature da effettuare con altri procedimenti devono essere eseguite da operai sufficiente-
mente addestrati all’uso delle apparecchiature relative ed al rispetto delle condizioni operative stabi-
lite in sede di qualifica del procedimento.
I lembi, al momento della saldatura, devono essere regolari, lisci ed esenti da incrostazioni,
ruggine, scaglie, grassi, vernici, irregolarità locali ed umidità.
Il disallineamento dei lembi deve essere non maggiore di 1/8 dello spessore con un massimo di
1,5 mm; nel caso di saldatura manuale ripresa al vertice, si potrà tollerare un disallineamento di en-
tità doppia.
Nei giunti di testa ed in quelli a T a completa penetrazione effettuati con saldatura manuale, il
vertice della saldatura deve essere sempre asportato, per la profondità richiesta per raggiungere il
metallo perfettamente sano, a mezzo di scalpellatura, smerigliatura, od altro adeguato sistema, pri-
ma di effettuare la seconda saldatura (nel caso di saldature effettuate dai due lati) o la ripresa.
Qualora ciò non sia assolutamente possibile, si deve fare ricorso alla preparazione a V con piat-
to di sostegno che è, peraltro, sconsigliata nel caso di strutture sollecitate a fatica od alla saldatura
effettuata da saldatori speciali secondo la citata UNI 4634 o, nel caso di strutture tubolari, di classe
TT secondo la citata UNI 4633.
7.10.4. Unioni per contatto.
Le superfici di contatto devono essere convenientemente piane ed ortogonali all’asse delle
membrature collegate.
Le membrature senza flange di estremità devono avere le superfici di contatto segate o, se oc-
corre, lavorate con la piallatrice, la fresatrice o la molatrice.
Per le membrature munite di flange di estremità si dovranno distinguere i seguenti casi:
a) per flange di spessore inferiore o uguale a 50 mm è sufficiente la spianatura alla pressa o
con sistema equivalente;
b) per flange di spessore compreso tra i 50 ed i 100 mm, quando non sia possibile una accurata
spianatura alla pressa, è necessario procedere alla piallatura o alla fresatura delle superfici di ap-
poggio;
c) per flange di spessore maggiore di 100 mm le superfici di contatto devono sempre essere
lavorate alla pialla o alla fresa.
Nel caso particolare delle piastre di base delle colonne si distingueranno i due casi seguenti:
a) per basi senza livellamento con malta occorre, sia per la piastra della colonna che per
l’eventuale contropiastra di fondazione, un accurato spianamento alla pressa e preferibilmente la
piallatura o la fresatura;
b) per basi livellate con malta non occorre lavorazione particolare delle piastre di base.
7.10.5. Prescrizioni particolari.
Quando le superfici comprendenti lo spessore da bullonare per una giunzione di forza non ab-
biano giacitura ortogonale agli assi dei fori, i bulloni devono essere piazzati con interposte rosette
cuneiformi, tali da garantire un assetto corretto della testa e del dado e da consentire un serraggio
normale.
7.11. Verniciatura e zincatura.

Gli elementi delle strutture in acciaio, a meno che siano di comprovata resistenza alla corrosio-
ne, dovranno essere idoneamente protetti tenendo conto del tipo di acciaio, della sua posizione nella
struttura e dell’ambiente nel quale è collocato.

80
Acciaio

Devono essere particolarmente protetti gli elementi dei giunti ad attrito, in modo da impedire
qualsiasi infiltrazione all’interno del giunto.
Il progettista prescriverà il tipo e le modalità di applicazione della protezione, che potrà essere
di pitturazione o di zincatura a caldo.
Gli elementi destinati ad essere incorporati in getti di conglomerato cementizio non dovranno
essere pitturati: potranno essere invece zincati a caldo.
7.12. Appoggio delle piastre di base.

È necessario curare che la piastra di base degli apparecchi di appoggio delle colonne appoggi
per tutta la sua superficie sulla sottostruttura attraverso un letto di malta.

81
Acciaio

Sezione III
Eurocodice 3: ENV-1993-1-1: criteri e prescrizioni

8. PRESCRIZIONI SPECIFICHE SU SINGOLI PUNTI DELLA NORMA UNI ENV 1993-1-


1.
L’uso della Norma UNI ENV 1993-1-1: Eurocodice 3 Progettazione delle strutture di acciaio
Parte 1-1 Regole generali e regole per gli edifici, è ammesso purché vengano seguite le prescrizioni
sostitutive, integrative o soppressive riportate in questa Sezione.
Per facilità di riferimento è stata adottata qui di seguito la stessa numerazione della norma ENV
1993-1-1. Sono riportati quei punti nei quali sono state introdotte prescrizioni sostitutive, integrative
o soppressive.
Le appendici della norma UNI EN 1993-1-1 non hanno valore prescrittivo.
I valori dei coefficienti incasellati da adottare per le applicazioni di UNI ENV 1993-1-1 sono
indicati nel Prospetto 8-I.
PROSPETTO 8-I
VALORI
INCASELLATI
2.3.3.1. Fattore riduttivo ψ 0,70
γM0 Sezioni di classe 1-2-3 1,05
Coeff. parziale di sicurezza
5.1.1. γM1 Sezioni di classe 4 1,05
per il materiale
γM1 Fenomeni di instabilità 1,05
γM2 Resistenza sezioni nette 1,20
γMb Bulloni 1,35
γMr Chiodi 1,35
Coeff. parziale di sicurezza
6.1.1. γMp Perni 1,35
per i collegamenti
γMw Saldature d’angolo 1,35
Saldature Iª classe 1,05
Saldature IIª classe 1,20
Coeff. parziale di sicurezza γMs.ult Stato limite ultimo 1,25
6.5.8.1. per scorrimento unioni ad at- γMs.ser Stato limite di servizio 1,25
trito γMs.ult Stato limite ultimo con fori 1,50
maggiorati o asolati
9.3.2. Coeff. parziale di sicurezza γMf Carico di fatica 1,00
per i carichi di fatica
9.3.4. Coeff. parziale di sicurezza γFf Resistenza a fatica 1,00
per la resistenza a fatica
C2.5 Coeff. parziale per fragilità γC1 Non saldate 1,00
γC2 Come saldate 1,50
K1 Coeff. parziale di sicurezza γMj 1,10
per resistenza dei collegamenti

Per le applicazioni della norma UNI ENV 1993-1-1 (indicata nel seguito con la sigla EC3) i va-
lori delle azioni da considerare nel calcolo e le loro combinazioni devono essere conformi alle pre-
scrizioni dei punti 2. e 7. della Parte Generale del presente decreto.

82
Acciaio

Nel seguito si forniscono le integrazioni e le sostituzioni ai punti di EC3, che vengono riportate
con la medesima numerazione adottata in EC3.

2. PRINCIPI DI PROGETTAZIONE.

2.4. Durabilità.

Dopo il comma (2) di EC3 si inserisce il seguente comma (3).


(3) Devono essere prese accurate precauzioni per evitare gli effetti della corrosione. In assenza
di specifiche misure si applicano le cautele di cui al punto 7.1.1. (Spessori limite) della Parte
Seconda del presente decreto ministeriale.
Si richiama l’attenzione degli utilizzatori di EC3 sugli spessori minimi (4 mm) per le strutture
saldate [punto 6.6.1. comma (2) capoverso 3 di EC3].

3. MATERIALI.

3.2. Acciaio strutturale.

3.2.1. Scopo.
3.2.2. Proprietà dei materiali per acciai laminati a caldo.
Al punto 3.2.1. comma (1) ed al punto 3.2.2.1. di EC3 si sostituisce tutto quanto contenuto nei
paragrafi:
- 2.0. Generalità;
- 2.1. Acciaio laminato;
- 2.2. Acciaio per getti;
- 2.3. Acciaio per strutture saldate,
della Parte Seconda del presente decreto.
3.2.2.3. Tenacità.
La tabella 3.2. di EC3 si riferisce agli spessori massimi impiegabili quando il controllo della te-
nacità è effettuato mediante le prove di resilienza Charpy V specificate nelle note a margine della
tabella stessa. Si possono impiegare spessori maggiori soltanto ricorrendo alle verifiche di tenacità
prescritte al punto 3.2.2.3.
La tabella 3.2. di EC3 è ricavata per particolari strutturali mediamente impegnati ed importanti
(condizioni S1, S2, R1 e C2); per altri casi si deve fare riferimento all’Annesso C. Ad esempio per
particolari strutturali impegnati severamente (per stati di sforzo pluriassiali o deformazioni plastiche
importanti) si deve fare riferimento alle condizioni di servizio S3.
Comunque, in relazione al disposto del punto 2.3.2. della Parte Seconda del presente decreto,
l’impiego degli acciai di grado B in condizioni di servizio S2 (tabella 3.2. di EC3) è escluso per
temperature di servizio inferiori a −10°C.
In relazione al disposto del punto 2.3.2. della Parte Seconda del presente decreto per tutti i gra-
di di acciaio, nelle condizioni di servizio S2, con temperatura di servizio inferiore di oltre 30°C ri-
spetto a quella per cui è garantita la resilienza di 27 J [−10°C per grado B, −30°C per grado C e
−50°C per grado D], non è consentito l’impiego di spessori superiori a 10 mm.

4. STATI LIMITE DI SERVIZIO.

4.2. Controllo degli spostamenti.

4.2.1. Requisiti.
Dopo il comma (5) di EC3 si inserisce il seguente comma (6).

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Acciaio

(6) Qualora non vengano assunte particolari precauzioni progettuali e costruttive, la snellezza
non deve superare i valori di cui al punto 5.1.4. della Parte Seconda del presente decreto.

5. STATO LIMITE ULTIMO.

5.2. Calcolo delle forze interne e dei momenti.

5.2.4. Considerazione delle imperfezioni.


5.2.4.2. Metodo di applicazione.
Si sostituisce il comma (4) del punto 5.2.4.2. di EC3 con il testo seguente.
(4) Gli effetti delle imperfezioni delle membrature (vedere punto 5.2.4.5.) possono essere tra-
scurati durante lo svolgimento della analisi globale qualora si utilizzino le imperfezioni geo-
metriche equivalenti del telaio definite al successivo punto 5.2.4.3.; nei casi in cui si adottano
nell’analisi le imperfezioni geometriche massime ammesse per il telaio (di cui al punto 7.7. di
EC3) devono essere messe in conto anche le imperfezioni equivalenti delle membrature (de-
finite nella fig. 5.5.1. di EC3).
5.2.6. Stabilità dei telai.
5.2.6.2. Analisi elastica dei telai a
nodi spostabili.
Si sostituisce il comma (4) del punto 5.2.6.2. di EC3 con il testo seguente.
(4) Nei casi in cui il rapporto Vsd / Vcr risulta maggiore di 0.25 gli effetti del secondo ordine do-
vranno essere inclusi direttamente nell’analisi globale e non è consentito l’uso dei metodi in-
diretti di cui al precedente comma (1).
Si sostituisce il comma (8) dello stesso punto 5.2.6.2. di EC3 con il testo seguente.
(8) Qualora per il calcolo delle colonne si usi l’analisi elastica del primo ordine con lunghezze di
libera inflessione nel piano calcolate tenendo conto degli spostamenti laterali, i momenti pro-
dotti dagli spostamenti laterali nelle travi, nelle colonne e nei collegamenti trave-colonna de-
vono essere amplificati almeno di 1,2 salvo che sia dimostrata l’idoneità di un valore inferiore
attraverso una adeguata analisi.

6. COLLEGAMENTI SOGGETTI A CARICHI STATICI.

6.6. Collegamenti saldati.

6.6.1. Generalità.
Al punto 6.6.1. comma (1) di EC3 si deve intendere aggiunto tutto quanto contenuto nel para-
grafo 2.4. (Saldature) della Parte Seconda del presente decreto.
Ulteriori indicazioni per quanto riguarda la scelta dei materiali di apporto e le precauzioni per
evitare l’insorgere di cricche a freddo in zona termicamente alterata o in saldatura si possono reperi-
re ai punti 2.5.1. e 9.9.4. della CNR 10011/86 (Bollettino Ufficiale C.N.R. - XXVI - n. 164 - 1992).
Ulteriori indicazioni per quanto riguarda le prove di qualifica dei procedimenti di saldatura si
possono reperire al punto 2.5.2. della CNR 10011/86.
Ulteriori indicazioni per la definizione delle classi delle saldature, per quanto riguarda
l’estensione dei controlli non distruttivi ed i criteri di accettabilità dei difetti si possono reperire al
punto 2.5.3. della CNR 10011/86.
Si modifica nel modo seguente il punto 6.6.1. di EC3 comma (2), titolo secondo, procedimento
136:
136 - saldatura ad arco con filo animato (con gas di protezione inerte o attivo).

84
Acciaio

6.6.2. Geometria e dimensioni


6.6.2.2. Saldature a cordoni
d’angolo.
Il comma (4) del punto 6.6.2.2. di EC3 deve intendersi prescrittivo per saldature fortemente te-
se e/o soggette a sensibili fenomeni di fatica o a corrosione atmosferica o di altro tipo (non "regola
applicativa" dunque, ma "principio").
6.6.2.5. Saldature entro fori od in-
tagli.
Questo tipo di saldatura non è ammesso per giunti fortemente sollecitati a trazione e/o soggetti
a fenomeni di fatica.
6.6.2.6. Saldature entro scanalatu-
re.
Questo tipo di saldatura non è ammesso per giunti fortemente sollecitati a trazione e/o soggetti
a fenomeni di fatica.
6.6.5. Resistenza di progetto di saldature a cordoni d’angolo.
6.6.5.1. Lunghezza efficace.
Il comma (1) del punto 6.6.5.1. di EC3 deve essere integrato nel modo seguente.
La lunghezza efficace sarà assunta pari a quella reale del cordone, purché questo non abbia
estremità palesemente mancanti o difettose.
Il comma (5) del punto 6.6.5.1. di EC3 si applica ai giunti lunghi a sovrapposizione.
6.6.5.2. Altezza di gola.
Si sostituisce il comma (4) del punto 6.6.5.2. di EC3 con il testo seguente.
(4) La altezza effettiva di gola è quella teorica incrementata del 50% della penetrazione minima
rilevata su non meno di tre macrografie, ricavate da saggi di certificazione del procedimento
o da specifici giunti di prova (almeno un giunto avente lunghezza > 500 mm; tre macrografie
ricavate una in mezzeria, due a 50 mm dalle estremità).
6.6.6. Resistenza di progetto di saldature di testa.
6.6.6.1. Saldature di testa a piena
penetrazione.
Si introducono i seguenti commi (2) e (3) del punto 6.6.6.1. di EC3.
(2) Si deve adottare γmw=1,05 per i giunti di I classe e γmw=1,20 per i giunti di II classe.
(3) Tra le eventuali azioni correttive, che devono essere concordate con il progettista e con il di-
rettore dei lavori, a seguito di mancanza di penetrazione rilevata con i controlli, è ammesso
anche il declassamento a parziale penetrazione di giunti indicati dal progettista a piena pe-
netrazione.
In ogni caso i controlli devono escludere la presenza di difetti, eccedenti i limiti di difettosità
relativi alla II classe, diversi dalla mancanza di penetrazione.
La valutazione dell’altezza di gola dei cordoni conseguente al declassamento può effettuarsi
sulla base sia di controlli non distruttivi (ultrasuoni), sia di controlli semidistruttivi (macrografie di
estremità o sondaggi di mola), sia della preparazione dei lembi.
6.6.6.2. Saldature di testa a par-
ziale penetrazione.
La fig. 6.6.8. di EC3 (relativa alle altezze di gola da considerare) è soppressa.
Si sostituisce il comma (4) del punto 6.6.6.2. di EC3 con il testo seguente.
(4) Adottando le preparazioni dei lembi per parziale penetrazione indicate nella UNI 11001
(gennaio 1962) l’altezza di gola può essere considerata pari alla profondità della preparazio-
ne. In caso di preparazioni diverse, e comunque quando si voglia tener conto della penetra-
zione, verrà adottato il criterio di cui al comma (4) del punto 6.6.5.2.
6.6.6.3. Giunti di testa a T.
Al comma (1) del punto 6.6.6.3. di EC3 si aggiungono le seguenti prescrizioni.
L’entità della mancanza di penetrazione viene così stabilita:
- pari alla spalla usando le preparazioni per parziale penetrazione di cui alla UNI 11001
(punto 9.2.5.);

85
Acciaio

- pari alla spalla diminuita del 50% della penetrazione, quando si ritenga tener conto di
quest’ultima e comunque nel caso di uso di preparazioni diverse da quelle della UNI
11001 [i criteri per la valutazione della penetrazione sono quelli di cui al comma (4) del
punto 6.6.5.2. di EC3 modificato in questo decreto].
I giunti saranno sottoposti a controllo ultrasonoro con i criteri per i giunti di II classe; è ammes-
sa una mancanza di penetrazione continua dell’ordine di 3 mm; non sono ammesse mancanze di fu-
sione al vertice.
Per le verifiche di resistenza si adotta γmw=1,20 come per i giunti testa - testa a piena penetra-
zione di II classe.
Si sostituisce il comma (2) del punto 6.6.6.3. di EC3 con il testo seguente.
(2) La resistenza di un giunto di testa a T che non soddisfa i requisiti di cui al precedente com-
ma (1) dovrà essere determinata come per una saldatura a cordoni d’angolo.
L’altezza di gola dei cordoni verrà considerata pari a:
- quella teorica, usando le preparazioni per parziale penetrazione di cui alla UNI
11001 (punto 9.2.5.);
- quella rilevata nelle sezioni macrografiche, con i criteri di cui al comma 4 del pun-
to 6.6.5.2. (nel caso di preparazioni diverse da quelle previste dalla UNI 11001 e
comunque quando si voglia tener conto della penetrazione).
Anche i giunti a T a parziale penetrazione con preparazione da un solo lato si verifi-
cano come i cordoni d’angolo, indipendentemente dalla entità della mancanza di pe-
netrazione.
La figura 6.6.9. di EC3 viene modificata come in allegato.

Fig. 6.6.9.
an om .1 + an om .2 ≥ t
cn om ≤ t / 5 oppure cn om ≤ 3 mm
Giunto a T di testa a parziale penetrazione calcolabile come un giunto testa-testa a piena pene-
trazione [la mancanza di penetrazione nominale cnom è indicata a titolo di esempio, dovendosi appli-
care per la sua determinazione quanto specificato al comma (1) del punto 6.6.6.3].
Si sostituisce il comma (3) del punto 6.6.6.3. di EC3 con il testo seguente.
(3) I giunti a T a piena penetrazione si verificano con criteri identici a quelli indicati per i giunti
testa - testa a piena penetrazione (punto 6.6.6.1.).

7. FABBRICAZIONE E MONTAGGIO.
È da intendersi che il disposto del Cap. 3 "Collaudo Statico" della Parte Seconda del presente
decreto non è sostitutiva del punto 7.8. Controlli e Prove.

86
Acciaio

7.5. Collegamenti bullonati.

7.5.1. Fori.
Al comma (1) del punto 7.5.1. di EC3 si deve aggiungere la seguente prescrizione.
È sempre escluso l’impiego della fiamma nella lavorazione dei fori.
7.5.6. Serraggio dei bulloni.
Si introduce il seguente comma (4) del punto 7.5.6. di EC3.
(4) Per il controllo del serraggio dei bulloni precaricati si applica il punto 7.10.2. Parte Seconda
del presente decreto.
7.5.7. Superfici di contatto resistenti allo scorrimento.
Si applicano, ad integrazione del comma (1), le indicazioni del punto 7.10.2. Parte Seconda del
presente decreto circa le modalità di preparazione delle superfici di contatto.
7.6. Collegamenti saldati.

Questo paragrafo deve essere integrato con le indicazioni di cui ai punti 7.5. e 7.10.3. Parte Se-
conda del presente decreto.
Ulteriori precisazioni sono riportate al punto 9.2 della CNR 10011/86 (che riguarda le regole
pratiche di progettazione ed esecuzione delle unioni saldate) ed al punto 9.3.2. della CNR 10011/86.

87
13.Parte III
MANUFATTI PREFABBRICATI PRODOTTI IN SERIE
(in conglomerato normale e precompresso, misti in laterizio
e cemento armato e metallici)
La documentazione da depositarsi ai sensi dell’art. 9, punti a), b), c), d) della legge 5 novembre
1971, n. 1086 dovrà dimostrare la completa corrispondenza dei manufatti prefabbricati alle prescri-
zioni di cui alle presenti norme.
La relazione dovrà essere firmata da un tecnico a ciò abilitato, il quale assume con ciò le re-
sponsabilità stabilite dalla legge per il progettista.
I manufatti prefabbricati dovranno essere costruiti sotto la direzione di un tecnico a ciò abilita-
to, che per essi assume le responsabilità stabilite dalla legge per il direttore dei lavori. A cura di det-
to tecnico dovranno essere eseguiti i prelievi di materiali, le prove ed i controlli di produzione sui
manufatti finiti con le modalità e la periodicità previste dalle presenti Norme. I certificati delle pro-
ve saranno conservati dal produttore.
Ai sensi dell’art. 9 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, ogni fornitura di manufatti prefabbri-
cati dovrà essere accompagnata da apposite istruzioni nelle quali vengono esposte le modalità di
trasporto e montaggio, nonché le caratteristiche ed i limiti di impiego dei manufatti stessi.
Ogni fornitura di manufatti prefabbricati dovrà inoltre essere accompagnata, anche da un certi-
ficato di origine firmato dal produttore, il quale con ciò assume per i manufatti stessi le responsabi-
lità che la legge attribuisce al costruttore, e dal tecnico responsabile della produzione previsto al ter-
zo comma. Il certificato dovrà garantire la rispondenza del manufatto alle caratteristiche di cui alla
documentazione depositata al Ministero dei LL.PP., e portare l’indicazione del tecnico che ne risul-
ta, come sopra detto, progettista.
In presenza delle condizioni sopra elencate, i manufatti prefabbricati potranno essere accettati
senza ulteriori esami o controlli.
Copia del certificato d’origine dovrà essere allegato alla relazione del direttore dei lavori di cui
all’art. 6 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.
Il deposito ha validità triennale.

14.Parte IV
COSTRUZIONI COMPOSTE DA ELEMENTI IN METALLI
DIVERSI DALL’ACCIAIO
Le costruzioni composte da elementi strutturali in metalli diversi dall’acciaio - le quali hanno
limitata applicazione nelle opere cui fa riferimento la legge 5 novembre 1971, n. 1086 - dovranno
essere progettate, eseguite e montate seguendo tutte le indicazioni di ordine generale indicate nelle
norme per le costruzioni in acciaio.
Deve essere peraltro provato dal progettista, caso per caso, che le strutture posseggano un grado
di sicurezza adeguato all’affidabilità dei materiali e delle tecnologie e comunque non inferiore a
quello richiesto dalle Norme per le costruzioni in acciaio.
15.Parte V
NORME PER TRAVI COMPOSTE "ACCIAIO - CALCESTRUZZO"

1. OGGETTO.
Sono oggetto delle presenti norme le strutture costituite da una o più travi di acciaio a parete
piena e da una soletta di estradosso di calcestruzzo armato normale o precompresso. La soletta di
calcestruzzo e la membratura di acciaio sono rese collaboranti mediante connettori che assicurano il
funzionamento dell’insieme come unico elemento resistente.

2. MATERIALI: QUALITÀ E PROVE.

2.1. Materiali delle solette di c.a. normale o


precompresso.

Per i materiali delle solette in c.a. normale o precompresso valgono le prescrizioni del punto 2
della Parte Prima delle presenti norme tecniche.
2.2. Acciai degli elementi strutturali in carpen-
teria.

Per gli acciai degli elementi strutturali in carpenteria valgono le prescrizioni del punto 2 della
Parte Seconda delle presenti norme tecniche.
2.3. Acciai dei connettori.

Per gli acciai impiegati per i connettori devono essere rispettate le norme di cui al punto 2.3.
della Parte Seconda quando i processi di saldatura adottati corrispondono a quelli previsti nel citato
punto 2.3.
Quando invece vengono impiegati per i collegamenti dei connettori procedimenti automatici di
saldatura senza metallo di apporto, per l’acciaio dei connettori devono essere rispettate ulteriori li-
mitazioni nella composizione chimica al fine di garantire al collegamento adeguate proprietà di re-
sistenza, resilienza e duttilità.
A tale riguardo si possono adottare criteri fondati su risultati sperimentali di sicura validità.

3. NORME DI VERIFICA DELLA SICUREZZA.


3.0.1. Azioni e resistenze di calcolo.
Per le azioni di calcolo vale quanto prescritto al punto 7 della Parte generale delle presenti
norme.
Per le resistenze di calcolo si rinvia ai punti 4.0.2. della Parte Prima e 4.0.2. della Parte Secon-
da delle stesse norme.
3.0.2. Calcolo delle sollecitazioni.
I diagrammi di inviluppo dei momenti flettenti, delle azioni taglianti e di quelle normali, deri-
vanti dalla totalità delle combinazioni di carico possono essere determinati mediante analisi elastica
e facendo riferimento in generale alla rigidezza globale della sezione composta, calcolata
nell’ipotesi che il calcestruzzo sia esente da fessure sia longitudinalmente che trasversalmente e tra-
scurando di norma il contributo dell’armatura.
Nel calcolo si terrà conto in particolare di:
- effetti primari e secondari dovuti alla viscosità ed al ritiro del calcestruzzo;
Acciaio

- effetti primari e secondari dovuti alla precompressione ed alle distorsioni imposte in fase di co-
struzione;
- sequenze delle modalità di costruzione e dell’applicazione dei carichi.
Sono ammesse limitate ridistribuzioni dei momenti qualora siano soddisfatte le seguenti condi-
zioni:
- i carichi siano di natura prevalentemente statica;
- le sezioni siano di tipo compatto;
- le sezioni abbiano comportamento di tipo duttile.
Per strutture di tipo corrente il coefficiente di riduzione può essere assunto pari a 0,75; per
strutture più impegnative il valore assunto per detto coefficiente, comunque non minore di 0,75, de-
ve essere adeguatamente giustificato.
3.0.3. Verifiche.
Per le verifiche agli stati limite ultimi e di esercizio si possono adottare criteri fondati su studi o
normative di sicura validità.

4. METODI DI CALCOLO, REGOLE DI PROGETTAZIONE E MODALITÀ ESECUTIVE.


CONNETTORI.
In proposito si possono adottare criteri fondati su studi o normative di sicura validità.

90
Acciaio 91

16.Allegato 1
REQUISITI DEI MATERIALI

1. Leganti.
Nelle opere oggetto delle presenti norme devono impiegarsi esclusivamente i leganti idraulici
definiti come cementi dalle disposizioni vigenti in materia (legge 26-5-1965, n. 595), con esclusione
del cemento alluminoso. L’impiego dei cementi di tipo C è limitato ai calcestruzzi per sbarramenti
di ritenuta.

2. Inerti.
Gli inerti, naturali o di frantumazione, devono essere costituiti da elementi non gelivi e non
friabili, privi di sostanze organiche, limose ed argillose, di gesso, ecc., in proporzioni nocive
all’indurimento del conglomerato od alla conservazione delle armature.
La ghiaia o il pietrisco devono avere dimensioni massime commisurate alle caratteristiche ge-
ometriche della carpenteria del getto ed all’ingombro delle armature.

3. Acqua.
L’acqua per gli impasti deve essere limpida, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in
percentuali dannose e non essere aggressiva.

4. Armatura.
Non si devono porre in opera armature eccessivamente ossidate, corrose, recanti difetti superfi-
ciali, che ne menomino la resistenza o ricoperte da sostanze che possano ridurne sensibilmente
l’aderenza al conglomerato.

5. Impasti.
La distribuzione granulometrica degli inerti, il tipo di cemento e la consistenza dell’impasto,
devono essere adeguati alla particolare destinazione del getto, ed al procedimento di posa in opera
del conglomerato.
Il quantitativo d’acqua deve essere il minimo necessario a consentire una buona lavorabilità del
conglomerato tenendo conto anche dell’acqua contenuta negli inerti.
Partendo dagli elementi già fissati il rapporto acqua-cemento, e pertanto il dosaggio del cemen-
to, dovrà essere scelto in relazione alla resistenza richiesta per il conglomerato.
L’impiego degli additivi dovrà essere subordinato all’accertamento dell’assenza di ogni perico-
lo di aggressività.
L’impasto deve essere fatto con mezzi idonei ed il dosaggio dei componenti eseguito con mo-
dalità atte a garantire la costanza del proporzionamento previsto in sede di progetto.

91
Acciaio 92

17.Allegato 2
CONTROLLI SUL CONGLOMERATO

1. Resistenza caratteristica.
Agli effetti delle presenti norme un conglomerato viene individuato tramite la resistenza carat-
teristica a compressione.
La resistenza caratteristica è definita come la resistenza a compressione al di sotto della quale si
può attendere di trovare il 5% della popolazione di tutte le misure di resistenza.
Nelle presenti norme, a meno di indicazione contraria, la "resistenza caratteristica" designa
quella dedotta dalle prove a compressione a 28 giorni su cubi preparati e confezionati come al punto
3.
La resistenza caratteristica richiesta dal conglomerato Rck dovrà essere indicata dal progettista
delle opere.
Il conglomerato per il getto delle strutture di un’opera o di parte di essa si considera omogeneo
se la miscela viene confezionata con componenti aventi essenzialmente le stesse caratteristiche di
qualità e se i rapporti quantitativi tra i componenti, le attrezzature e le modalità di confezione ri-
mangono praticamente invariati.

2. Controlli di qualità del conglomerato.


Il controllo di qualità del conglomerato ha lo scopo di accertare che il conglomerato realizzato
abbia la resistenza caratteristica non inferiore a quella richiesta dal progetto.
Il controllo si articola nelle seguenti fasi:
a) Studio preliminare di qualificazione.
Serve per determinare, prima dell’inizio delle opere, la resistenza del conglomerato.
Dovrà essere verificato che il conglomerato abbia resistenza caratteristica non inferiore a quella
richiesta dal progetto.
b) Controllo di accettazione.
Riguarda il controllo del conglomerato durante l’esecuzione delle opere.
c) Prove complementari.
Sono prove da eseguire, ove necessario, a completamento delle precedenti prove.

3. Prelievo dei campioni.


Un prelievo consiste nel prelevare dagli impasti, al momento della posa in opera nei casseri, il
calcestruzzo necessario per la confezione di un gruppo di due provini.
La media delle resistenze a compressione dei due provini di un prelievo rappresenta la "Resi-
stenza di prelievo", che costituisce il valore mediante il quale vengono eseguiti i controlli del con-
glomerato.
È obbligo del Direttore dei lavori prescrivere ulteriori prelievi rispetto al numero minimo, di
cui ai successivi paragrafi, tutte le volte che variazioni di qualità dei costituenti dell’impasto possa-
no far presumere una variazione di qualità del calcestruzzo stesso.
Per la preparazione e la stagionatura dei provini di conglomerato vale quanto indicato nella
UNI 6127 (settembre 1980); in particolare per la stagionatura vale quanto indicato nel punto 4.1.1.
di detta norma.
Per la forma e le dimensioni dei provini di calcestruzzo e le relative casseforme, vale quanto
indicato nelle norme UNI 6130/1ª (settembre 1980) e UNI 6130/2ª (settembre 1980) limitatamente
ai provini per le prove di resistenza a compressione.
Circa il procedimento da seguire per la determinazione della resistenza a compressione dei pro-
vini di calcestruzzo vale quanto indicato nella UNI 6132 (febbraio 1972).
92
Acciaio 93

4. Valutazione preliminare della resistenza.


Prima dell’inizio di una produzione di serie o della costruzione di un’opera, il costruttore deve
valutare la resistenza caratteristica per ciascuna miscela omogenea di conglomerato.
Tale valutazione può essere effettuata sulla base delle esperienze acquisite o di valutazioni sta-
tistiche, o dell’uno e dell’altro criterio.
Il costruttore resta comunque responsabile della valutazione effettuata, che sarà controllata co-
me al paragrafo seguente.

5. Controllo di accettazione.
Il controllo di accettazione viene eseguito di regola secondo le indicazioni di cui al punto 5.1.
Per costruzioni con più di 1500 m3 di getto di miscela omogenea si possono adottare, in alterna-
tiva, le indicazioni di cui al punto 5.2.
5.1. Controllo tipo a.
Ogni controllo di accettazione è rappresentato da tre prelievi, ciascuno dei quali eseguito su un
massimo di 100 m3 di getto di miscela omogenea. Risulta quindi un controllo di accettazione ogni
300 m3 massimo di getto.
Per ogni giorno di getto va comunque effettuato almeno un prelievo.
Siano R1, R2, R3 le tre resistenze di prelievo, con:
R1 ≤ R2 ≤ R3
Il controllo è positivo ed il quantitativo di conglomerato accettato se risultano verificate en-
trambe le diseguaglianze.
Rm ≥ Rck + 3,5 (N/mm )
2

R1 ≥ Rck − 3,5 (N/mm )


2

in cui:
R1 + R2 + R3
Rm =
3
3
Nelle costruzioni con meno di 100 m di getto di miscela omogenea, fermo restando l’obbligo
di almeno 3 prelievi e del rispetto delle limitazioni di cui sopra, è consentito derogare dall’obbligo
di prelievo giornaliero.
5.2. Controllo tipo b.
Nelle costruzioni con più di 1500 m3 di miscela omogenea è ammesso il controllo di accetta-
zione di tipo statistico.
Il controllo è riferito ad una definita miscela omogenea e va eseguito con frequenza non minore
di un controllo ogni 1500 m3 di conglomerato.
Per ogni giorno di getto di miscela omogenea va effettuato almeno un prelievo, e complessiva-
mente almeno 15 prelievi sui 1500 m3.
Il controllo è positivo ed il quantitativo di conglomerato accettato, se risultano verificate en-
trambe le diseguaglianze:
Rm ≥ Rck + 1,4 s
R1 ≥ Rck − 3,5 (N/mm )
2

essendo Rm la resistenza media dei 15 o più prelievi, R1 il valore minore dei 15 o più prelievi ed s lo
scarto quadratico medio.
5.3. Prescrizioni comuni per entrambi i criteri di controllo.
Il prelievo dei provini per il controllo di accettazione va eseguito alla presenza del Direttore dei
lavori o di un tecnico di sua fiducia.
Il Direttore dei lavori dovrà inoltre curare, mediante sigle, etichettature indelebili, ecc., che i
provini inviati per le prove ai Laboratori Ufficiali siano effettivamente quelli prelevati alla presenza
sua o del tecnico di sua fiducia.

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Acciaio 94

La domanda di prove al Laboratorio Ufficiale dovrà essere sottoscritta dal Direttore dei lavori e
dovrà contenere precise indicazioni sulla posizione delle strutture interessate da ciascun prelievo.
Se una prescrizione del "controllo di accettazione" non risulta rispettata, occorre procedere:
- ad un controllo teorico e/o sperimentale della sicurezza della struttura interessata dal quantitati-
vo di conglomerato non conforme, sulla base della resistenza ridotta del conglomerato, ovvero ad
una verifica delle caratteristiche del conglomerato messo in opera mediante le prove complemen-
tari ove esistessero, o con prelievo di provini del calcestruzzo indurito messo in opera (es. caro-
taggi) o con l’impiego di altri mezzi d’indagine. Ove ciò non fosse possibile, ovvero i risultati di
tale indagine non risultassero tranquillizzanti si potrà:
- dequalificare l’opera, eseguire lavori di consolidamento ovvero demolire l’opera stessa.
I "controlli di accettazione" sono assolutamente obbligatori ed il Collaudatore è tenuto a con-
trollarne la validità; ove ciò non fosse, il Collaudatore è obbligato a far eseguire delle prove che at-
testino le caratteristiche del conglomerato, seguendo la stessa procedura che si applica quando non
risultino rispettati i limiti fissati dai "controlli di accettazione".
La procedura prevista è integralmente estesa alla produzione di serie in stabilimento.
Essa dovrà essere documentata dal Responsabile della produzione che assume la responsabilità
del rispetto delle norme.

6. Prove complementari.
Sono prove che si eseguono al fine di stimare la resistenza del conglomerato ad una età corri-
spondente a particolari fasi di costruzione (precompressione, messa in opera) o condizioni particola-
ri di utilizzo (temperature eccezionali, ecc.).
Il procedimento di controllo è uguale a quello dei controlli di accettazione.
Tali prove non potranno però essere sostitutive dei "controlli di accettazione" che vanno riferiti
a provini confezionati e maturati secondo le prescrizioni del punto 3.
Potranno servire al Direttore dei lavori od al Collaudatore per dare un giudizio del conglomera-
to ove questo non rispetti il "controllo di accettazione".

94
Acciaio 95

18.Allegato 3
CONTROLLI SU ACCIAI DA PRECOMPRESSO

1. Controlli in cantiere.
Il campione è costituito da almeno 10 saggi prelevati da altrettanti rotoli, bobine o fasci. Se il
numero dei rotoli, bobine o fasci costituenti il lotto è inferiore a 10, da alcuni rotoli o bobine ver-
ranno prelevati due saggi, uno da ciascuna estremità. Per le barre verranno prelevati due saggi da
due barre diverse dello stesso fascio.
Ogni saggio deve recare contrassegni atti ad individuare il lotto ed il rotolo, bobina o fascio di
provenienza.
I saggi vengono utilizzati per l’esecuzione delle prove nel numero minimo indicato nella co-
lonna 4 della tabella 1.
Indicando con n il numero dei saggi prelevati i corrispondenti valori caratteristici di fpt, fy, fp(0,2),
fp(1) sono dati dalla formula:
gkn = gmn − k × sn (A)
ove:
i=n
∑ gi
i =1
g mn = (B)
n
è la media degli n valori di gi trovati, e
i =n
∑ ( gi − g mn )
2
i =1
sn = (C)
n −1
è lo scarto quadratico medio, ed il coefficiente k assume, in funzione di n, i valori riportati nel Pro-
spetto I dell’Allegato 8.
Qualora lo scarto quadratico medio calcolato a mezzo della formula (C) risulti inferiore al 2%
del corrispondente valore medio, lo scarto da prendere in conto nella formula (A) dovrà essere u-
guale a 0,02 gmn.

2. Controlli in stabilimento.
La documentazione riguardante le prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzio-
ne consecutiva relativa ad un periodo di tempo di almeno sei mesi.
2.1. Prove di qualificazione.
Presso lo stabilimento di produzione vengono prelevate senza preavviso, da parte del Laborato-
rio Ufficiale, serie di 50 saggi, 5 per lotto, da 10 lotti di fabbricazione diversi. I 10 lotti di fabbrica-
zione presi in esame per le prove di qualificazione debbono essere costituiti da prodotti della mede-
sima forma ed avere la stessa resistenza nominale, ma non necessariamente lo stesso diametro e la
stessa caratteristica di formazione. Gli acciai debbono essere raggruppati in categorie nel catalogo
del produttore ai fini della relativa qualificazione.
I 5 saggi di ogni singolo lotto vengono prelevati da differenti fasci, rotoli o bobine. Ogni saggio
deve recare contrassegni atti ad individuare il lotto ed il rotolo, la bobina o il fascio di provenienza.
Sulla serie di 50 saggi vengono determinate le grandezze ∅, fpt, l, fpy, fp(0,2), fp(1), Ep, N ovvero
α(180°) (cfr. tabella 1) sotto il controllo di un Laboratorio Ufficiale. Le relative prove possono ve-
nire eseguite presso il laboratorio dello stabilimento di produzione, previo controllo della taratura
delle macchine di prova; ove ciò non fosse possibile, verranno eseguite presso un Laboratorio Uffi-
ciale.
95
Acciaio 96

Le grandezze L e r sono determinate su saggi provenienti da 5 e 4 lotti rispettivamente, in nu-


mero di 3 saggi per ogni lotto, come indicato nella tabella 1.
Le prove di fatica non sono indispensabili per la qualificazione dell’armatura. Tuttavia le carat-
teristiche di resistenza a fatica, se previste, devono essere garantite dal Produttore e verificate dal
Laboratorio Ufficiale.
Le prove di fatica sono indispensabili nel caso della precompressione parziale e nel c.a.p.
quando l’acciaio è destinato a sopportare oscillazioni di tensione superiori a 60 N/mmq.
I valori caratteristici fptk, fpyk, fp(0,2)k, fp(1)k vengono determinati come segue: indicando con n il
numero dei saggi prelevati, i corrispondenti valori caratteristici gkn sono dati da:
gkn = gmn − k × sn (A’)
ove:
i=n
∑ gi
i =1
g mn = (B’)
n
è la media degli n valori di gi trovati, e
i =n
∑ ( gi − g mn )
2
i =1
sn = (C’)
n −1
è lo scarto quadratico medio, ed il coefficiente k assume, in funzione di n, i valori riportati nel Pro-
spetto I dell’Allegato 8.
2.2. Prove di verifica della qualità.
Vengono effettuati controlli saltuari, a cura di un Laboratorio Ufficiale, su un campione costitu-
ito da 5 saggi provenienti da un lotto per ogni categoria di armatura. Il controllo verte su un minimo
di sei lotti ogni trimestre da sottoporre a prelievo in non meno di tre sopralluoghi. Su tali saggi il
Laboratorio Ufficiale determina le grandezze ∅, fpt, l, fpy, fp(0,2), fp(1), Ep, N ovvero α(180°).
Per la grandezza r i controlli si effettuano una volta al trimestre e per la grandezza L i controlli
si effettuano una volta al semestre, per entrambe su 3 saggi provenienti dallo stesso lotto per ogni
categoria di armatura.
Per la determinazione dei valori caratteristici fptk, fpyk, fp(0,2)k, fp(1)k i corrispondenti risultati van-
no introdotti nelle precedenti espressioni (A’), (B’) e (C’) le quali vanno sempre riferite a 10 serie di
5 saggi corrispondenti alla stessa categoria di armatura, da aggiornarsi ad ogni prelievo aggiungen-
do la nuova serie ed eliminando la prima in ordine di tempo.
Se i valori caratteristici fptk, fpyk, fp(0,2)k, fp(1)k non rispettano la garanzia di cui al catalogo del
produttore, la produzione viene declassata attribuendole i valori caratteristici trovati.
Se gli scarti quadratici medi risultano superiori al 3% del valore medio per fpt, e/o al 4% per fpy,
fp(0,2), fp(1) il controllo si intende sospeso e la procedura ripresa ab initio.
Se in un rotolo, bobina o fascio le grandezze ∅, A, Ep, l, N o α(180°) ed i rapporti fpy/fpt,
fp(0,2)/fpt, fp(1)/fpt non rispettano quanto indicato al successivo punto 3 e nel catalogo del produttore, si
ripetono le prove su un nuovo prelievo che sostituisce il precedente a tutti gli effetti.
Anche ai fini del rilassamento i risultati delle prove debbono essere conformi ai dati di catalogo
del produttore. Se tale condizione non è soddisfatta si effettueranno tre nuove prove ed i relativi ri-
sultati devono essere contenuti entro il suddetto limite. Ove i valori riscontrati delle grandezze sopra
indicate risultino inferiori a quelli di catalogo, il Laboratorio Ufficiale incaricato del controllo so-
spenderà le verifiche della qualità dandone comunicazione al Ministero dei lavori pubblici, Servizio
tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo che il produttore avrà ovviato alle cause che ave-
vano dato luogo al risultato insoddisfacente.
2.3. Controlli su singoli lotti di fabbricazione.
Negli stabilimenti soggetti a controlli sistematici di cui al presente punto 2, i produttori potran-
no richiedere di sottoporsi a controlli, eseguiti a cura di un Laboratorio Ufficiale, su singoli lotti di

96
Acciaio 97

fabbricazione (massima massa del lotto = 100 t) di quei prodotti che, per ragioni di produzione, non
possono ancora rispettare le condizioni minime quantitative per qualificarsi. Le prove da effettuare
sono quelle di cui al punto 1 del presente Allegato 3.

3. Determinazione delle proprietà e tolleranze.


3.1. Diametro e sezione.
L’area della sezione di fili con impronte, trecce e trefoli si valuta come somma delle aree dei
singoli fili oppure per pesata nell’ipotesi che la densità dell’acciaio sia pari a 7,85 kg/dm3.
La misura delle dimensioni trasversali nei fili con impronta non deve essere effettuata in corri-
spondenza delle impronte stesse.
Sui valori nominali sono ammesse le seguenti tolleranze:

Diametri apparenti Sezioni


fili -1% +1% -2% +2%
barre -1% +2% -2% +4%
trecce e trefoli -2% +3%

Nei calcoli statici si adotteranno, di norma, le sezioni nominali se le sezioni effettive non risul-
tano inferiori al 98% di quelle nominali.
Le tolleranze dimensionali vanno controllate confrontando il valore nominale con la media del-
le misure effettuate su tutti i saggi di ciascun prelievo. Qualora la tolleranza sulla sezione superi
±2%, il certificato di verifica deve riportare il diametro effettivo al quale si riferisce la elaborazione.
I valori delle grandezze ∅ e A dovranno figurare nei certificati di qualificazione e di verifica.
3.2. Tensione di rottura FPT.
La determinazione si effettua per mezzo della prova a trazione su barre secondo EN 10002/1a
(marzo 1990), su fili secondo UNI 5292 (giugno 1979) e su trecce o trefoli secondo UNI 3171 (apri-
le 1985).
3.3. Allungamento a rottura.
Per barre e fili la determinazione viene eseguita per accostamento dopo rottura rispettivamente
secondo EN 10002/1 a (marzo 1990) e UNI 5292 (giugno 1979).
La base di misura, delimitata in modo da non indebolire la provetta, sarà:
50 mm per ∅ < 5 mm
10 ∅ 
 per ∅ ≥ 5 mm
11,3 A 
L’allungamento percentuale corrispondente dovrà risultare non inferiore a (3 + 0,4 ∅) (con ∅
in mm) per i fili con ∅ < 5 mm, non inferiore al 5% per i fili con ∅ ≥ 5mm, al 7% per le barre.
Per le trecce e i trefoli la determinazione si effettua all’istante della rottura con una prova a tra-
zione, condotta secondo la UNI 3171 (aprile 1985), su base rispettivamente di 200 mm per le trecce
e di 600 mm per i trefoli. L’allungamento così misurato deve risultare non inferiore al 3,5%. La
prova deve essere ripetuta se la rottura si produce esternamente al tratto di misura qualora
l’allungamento risulti inferiore al limite sopraindicato.
3.4. Limiti allo 0,2%.
l valore del limite convenzionale fp(0,2) si ricava dal corrispondente diagramma sforzi-
deformazioni, ottenuto con prove a trazione eseguite secondo UNI 5292 (giugno 1979) per i fili e
secondo UNI 3171 (aprile 1985) per le trecce o con procedimenti equivalenti.
I singoli valori unitari devono essere riferiti alle corrispondenti sezioni iniziali.
Il valore del limite 0,2% deve risultare compreso tra l’80% ed il 95% del corrispondente valore
della tensione di rottura fpt.

97
Acciaio 98

3.5. Tensione di snervamento.


Il valore della tensione di snervamento fpy si ricava dal corrispondente diagramma sforzi-
deformazioni ottenuto con la prova a trazione eseguita secondo EN 10002/1a (marzo 1990). Esso
deve risultare compreso tra il 75% ed il 95% del corrispondente valore della tensione di rottura fpt.
Qualora lo snervamento non sia chiaramente individuabile si sostituisce fpy con fp(0,2).
3.6. Modulo di elasticità.
Il modulo apparente di elasticità è inteso come rapporto fra la tensione media e l’allungamento
corrispondente, valutato per l’intervallo di tensione (0,1 ÷ 0,4) fpt.
Sono tollerati scarti del ± 7% rispetto al valore garantito.
3.7. Tensione all’1%.
La tensione corrispondente all’1% di deformazione totale deve risultare compresa tra l’80% ed
il 95% del corrispondente valore della tensione di rottura fpt.
3.8. Prova di piegamento alternato.
La prova di piegamento alternato si esegue su fili aventi ∅ ≤ 8 mm secondo la UNI 5294 (otto-
bre 1978) con rulli di diametro pari a 4 ∅.
Il numero dei piegamenti alterni a rottura non deve risultare inferiore a 4 per i fili lisci e a 3 per
i fili ondulati o con impronte.
3.9. Prova di piegamento.
La prova di piegamento si esegue su fili aventi ∅ ≥ 8 mm e su barre secondo la UNI 564 (feb-
braio 1960).
L’angolo di piegamento deve essere di 180° e il diametro del mandrino deve essere pari a:
- 5 ∅ per i fili;
- 6 ∅ per le barre con ∅ ≤ 26 mm;
- 8 ∅ per le barre con ∅ > 26 mm.
3.10. Resistenza a fatica.
La prova viene condotta secondo la UNI 3964 (maggio 1985) con sollecitazione assiale a ciclo
pulsante, facendo oscillare la tensione fra una tensione superiore σ1 e una tensione inferiore σ2.
Il risultato della prova è ritenuto soddisfacente se la provetta sopporta, senza rompersi, almeno
due milioni di cicli. La frequenza di prova deve rimanere compresa fra 200 e 2500 cicli/min.
Come alternativa a tale procedimento è possibile determinare sperimentalmente l’ampiezza li-
mite di fatica L a 2 × 106 cicli, in funzione della tensione media σm.
3.11. Rilassamento a temperatura ordinaria.
3.11.1. Condizioni di prova.
Si determina il diagramma della caduta di tensione a lunghezza costante ed a temperatura
T=20±1 °C a partire dalla tensione iniziale e per la durata stabilita.
3.11.2. Caratteristiche della pro-
vetta.
La provetta deve essere sollecitata per un tratto non inferiore a 100 cm; in conseguenza la lun-
ghezza del saggio deve essere almeno 125 cm per tener conto degli organi di afferraggio. Nella zo-
na sollecitata la provetta non deve subire alcuna lavorazione né pulitura.
3.11.3. Carico iniziale.
La tensione iniziale deve essere applicata con velocità pari a 200 ± 50 N/mm2 al minuto e man-
tenuta per 2 minuti ± 2 secondi prima dell’inizio della misura.
Quando le necessità operative lo richiedano, è ammessa una pre-tensione inferiore al 40% della
tensione iniziale ed al 30% di quella di rottura (determinata su una provetta contigua).
Il carico iniziale deve avere precisione ± 1% quando inferiore a 100 tonnellate; ± 2% quando
superiore.
3.11.4. Precisione della misura.
La caduta di sforzo (rilassamento) va misurata con precisione ± 5%; pertanto il principio di
funzionamento dell’apparato, la sensibilità dei singoli strumenti rilevatori, la posizione di questi,
ecc. debbono essere tali da garantire detta precisione.
98
Acciaio 99

TABELLA 1
Sim- Caratteristi- Unità di Numero Controllo Controllo in stabilimento
bolo che misura di prove in cantiere Qualifica Verifica
oggetto N° prove N. lotti N. prove N. lotti N. prove
del certi- per lotto di pro- per lotto di pro- per lotto
ficato del di produ- duzione di pro- duzione di pro-
produttore zione duz. duz.
∅ Diametro mm 10 10 10 5 6 al tri- 5
mestre in
almeno 3
visite
A Area della mm2 10 10 10 5 “ 5
sezione
fptk Tensione di N/mm2 10 10 10 5 “ 5
rottura
fpyk Carico di N/mm2 10 10 10 5 “ 5
snervamento
fp(0,1)k Carico limite N/mm2 2 2 10 5 “ 5
allo 0,1%
fp(0,2)k Carico limite N/mm2 10 10 10 5 “ 5
allo 0,2%
fp(1)k Tensione 1% N/mm2 10 10 10 5 “ 5
sotto carico
l Allungamen- % 10 10 10 5 “ 5
to a rottura
Ep Modulo ela- N/mm2 2 2 10 5 “ 5
stico appar.
N Numero di − 10 10 10 5 “ 5
pieg. alterni
α(180 Prova di pie- − 10 10 10 5 “ 5
°) gamento
L Limite di fa- N/mm2 1 (1) (*) 5 3 (3) 1 al se- 3 (4)
tica mestre
r Rilassamento % 3 (2) (*) 4 3 (5) 1 al tri- 3 (6)
mestre
− Diagramma − 2 2 10 5 6 al tri- 5
sforzi- mestre in
deformazioni almeno 3
visite

(*) Secondo prescrizione del Direttore dei lavori.


(1) Dato di catalogo riferito alle tensioni estreme 0,57 fptk (fptk valore caratteristico della tensione di rottura)
o, preferibilmente, al limite di tensione media 0,63 fptk.
(2) Dati di catalogo riferiti preferibilmente alle tensioni iniziali 0,55 fptk; 0,65 fptk; 0,75 fptk e ad una durata di
prova non inferiore a 1000 ore.
(3) Prove da eseguire tra le tensioni estreme 0,57 fptk e 0,69 fptk o, preferibilmente, determinazione del limite
di fatica con tensione media 0,63 fptk.
(4) Prove da eseguire tra le tensioni estreme 0,57 fptk e 0,69 fptk.
(5) Prova da eseguire preferibilmente per le tensioni iniziali 0,55 fptk; 0,69 fptk; 0,75 fptk. Durata di prova ≥
2000 ore per un lotto, ≥ 120 ore per gli altri 3 lotti.

99
Acciaio 100

(6) Prova da eseguire preferibilmente per le tensioni iniziali 0,55 fptk; 0,65 fptk; 0,75 fptk, per una durata di
prova ≥ 120 ore.

100
Acciaio 101

19.Allegato 4
CONTROLLI DI BARRE E DI FILI DI ACCIAIO TRAFILATO
Per i controlli in stabilimento si applicano le modalità sotto riportate.

1. Controlli sistematici.
1.1. Prove di qualificazione.
La documentazione riguardante le prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzio-
ne consecutiva relativa ad un periodo di tempo di almeno sei mesi.
Prelievo senza preavviso, presso lo stabilimento di produzione, da parte del Laboratorio Uffi-
ciale, di serie di 25 saggi, ricavati da cinque diverse colate o lotti di fabbricazione, cinque per ogni
colata o lotto di fabbricazione. L’operazione viene ripetuta su tre diametri diversi, scelti nei tre
gruppi di diametri: da 5 a 10 mm; da 12 a 18 mm; oltre 18 mm; i fili di acciaio trafilato di diametro
compreso fra 5 e 12 mm costituiscono un unico gruppo.
Limitatamente alle barre ad aderenza migliorata è lasciata facoltà di considerare come gruppi a
sé stanti le armature prodotte in rotolo, con le stesse modalità di suddivisione dei diametri. I fili tra-
filati e le barre prodotte in rotolo sono da considerarsi acciai deformati a freddo (cfr. Parte I, punto
2.2.1.) in quanto impiegati previa raddrizzatura meccanica.
Sui campioni vengono determinati, a cura del Laboratorio Ufficiale, i valori delle tensioni di
snervamento e rottura fy e ft, l’allungamento A ed effettuate le prove di piegamento.
Indicando con:
i =n
∑ f yi
i =1
f ymn =
n
e (A)
i =n
∑ f ti
i =1
f tmn =
n
le medie dei valori delle tensioni di snervamento e rottura e con:

( )2
i =n
∑ f yi − f ymn
i =1
s yn =
n −1
e (B)
i =n
∑ ( f ti − f tmn )
2
i =1
stn =
n −1
gli scarti quadratici medi corrispondenti, si procede al calcolo delle tensioni caratteristiche di sner-
vamento e rottura definite dalle espressioni:
f yk = f ymn − k ⋅ s yn
(C)
f tk = f tmn − k ⋅ stn
dove n, numero dei saggi considerati, è nel presente caso pari a 25.

101
Acciaio 102

Per gli stessi campioni verranno altresì annotati i valori dei rapporti fyi/fyk e calcolata la media
i =n f
∑ ti
i =1 f yi
come indicato al punto 2.2.3.1. della Parte I.
n
Qualora il produttore lo richieda, è data facoltà di non avvalersi della suddivisione in gruppi di
diametri. In tale caso le prove di qualificazione verteranno su 75 saggi, prelevati da 15 diverse cola-
te o lotti di fabbricazione, cinque per ogni colata o lotto di fabbricazione, indipendentemente dal di-
ametro, e nelle suddette formule (A), (B), (C) si porrà n = 75.
In ogni caso il coefficiente k assume, in funzione di n, i valori riportati nel Prospetto I
dell’Allegato 8.
Su almeno un saggio per colata o lotto di fabbricazione sarà calcolato il valore dell’indice di
aderenza di cui all’Allegato 6 limitatamente alle barre ed ai fili trafilati ad aderenza migliorata.
Qualora uno dei campioni sottoposti a prova di qualificazione non soddisfi i requisiti di duttilità
di cui ai Prospetti 2-I e 3-I della Parte I, rispettivamente per le barre e per i fili di acciaio trafilato, il
prelievo relativo al diametro di cui trattasi va ripetuto, il nuovo prelievo sostituisce a tutti gli effetti
quello precedente. Un ulteriore risultato negativo comporta la ripetizione della prova di qualifica-
zione.
1.2. Prove di verifica della qualità.
Effettuazione di controlli saltuari, a cura del Laboratorio Ufficiale, ad intervalli non superiori
ad un mese, prelevando tre serie di 5 campioni, costituite ognuna da cinque barre o fili di uno stesso
diametro scelto entro ciascuno dei gruppi di diametri suddetti, e provenienti da una stessa colata o
fili. Su tali serie il laboratorio effettua le prove di resistenza e di duttilità. I corrispondenti risultati
delle prove di snervamento e rottura vengono introdotti nelle quattro precedenti espressioni (A) e
(B), le quali vengono sempre riferite a cinque serie di cinque saggi, facenti parte dello stesso gruppo
di diametri, da aggiornarsi ad ogni prelievo, aggiungendo la nuova serie ed eliminando la prima in
ordine di tempo. I nuovi valori delle medie e degli scarti quadratici così ottenuti vengono quindi in-
trodotti nelle espressioni (C) per la determinazione delle nuove tensioni, caratteristiche, sostitutive
delle precedenti (ponendo n = 25).
Per gli stessi campioni vengono altresì annotati i valori dei rapporti fyi/fyk e calcolata la media
1 i = n
∑ f ti / f yi come indicato al punto 2.2.3.1. della Parte I.
n i =1
Qualora il produttore non si avvalga della suddivisione in gruppi di diametri, i controlli saltuari
verteranno su 15 saggi, prelevati da tre diverse colate, 5 per ogni colata o lotto di fabbricazione, in-
dipendentemente dal diametro. I corrispondenti risultati delle prove di snervamento e rottura ven-
gono introdotti nelle espressioni (A) e (B), le quali vengono sempre riferite a quindici serie di cin-
que saggi, da aggiornarsi ad ogni prelievo, aggiungendo le tre nuove colate o lotti di fabbricazione
ed eliminando le prime tre in ordine del tempo. I nuovi valori delle medie e degli scarti quadratici
così ottenuti vengono quindi introdotti nelle espressioni (C) per la determinazione delle nuove ten-
sioni caratteristiche sostitutive delle precedenti (ponendo n = 75).
Ove i valori caratteristici riscontrati risultino inferiori ai minimi di cui al prospetto 2-I Parte I, il
Laboratorio Ufficiale incaricato del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone comuni-
cazione al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo
che il produttore avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
Qualora uno dei campioni sottoposti a prova di verifica della qualità non soddisfi i requisiti di
duttilità di cui ai Prospetti 2-I e 3-I della Parte I, rispettivamente per le barre e per i fili di acciaio
trafilato, il prelievo relativo al diametro di cui trattasi va ripetuto. Il nuovo prelievo sostituisce quel-
lo precedente a tutti gli effetti. Un ulteriore risultato negativo comporta la ripetizione della qualifi-
cazione.

102
Acciaio 103

Le tolleranze dimensionali di cui al punto 2.2.8.5. della Parte I vanno riferite alla media delle
misure effettuate su tutti i saggi di ciascuna colata o lotto di fabbricazione. Qualora la tolleranza
sulla sezione superi ± 2%, il certificato di verifica deve riportare i diametri medi effettivi.
Su almeno un saggio per colata o lotto di fabbricazione sarà calcolato il valore dell’indice di cui
all’Allegato 6, limitatamente alle barre ed ai fili trafilati ad aderenza migliorata.
1.3. Contrassegni degli acciai: prelievi, modalità di prova.
Gli acciai devono essere marchiati come indicato in 2.2.9. Parte I.
I prelevamenti in stabilimento di cui ai punti 1.1. e 1.2. saranno effettuati, ove possibile, dalla
linea di produzione.
Le relative prove sui saggi prelevati potranno essere effettuate dai tecnici del Laboratorio Uffi-
ciale anche presso lo stabilimento, sempreché le attrezzature disponibili siano ritenute idonee ad e-
sclusivo insindacabile giudizio del Laboratorio Ufficiale stesso, e possibilmente in presenza di un
rappresentante del produttore.

2. Controlli su singole colate o lotti di fabbricazione.


I produttori potranno richiedere, di loro iniziativa, di sottoporsi a controlli su singole colate o
lotti di fabbricazione, eseguiti a cura di un Laboratorio Ufficiale. Le colate o lotti di fabbricazione
sottoposti a controllo dovranno essere cronologicamente ordinati nel quadro della produzione glo-
bale. I controlli consisteranno nel prelievo, per ogni colata e lotto di fabbricazione e per ciascun
gruppo di diametri da essi ricavato, di un numero n di saggi, non inferiore a dieci, sui quali si effet-
tueranno le prove previste dal terzo comma del punto 1.1. Le tensioni caratteristiche di snervamento
e rottura verranno calcolate a mezzo delle espressioni (A), (B) e (C) nelle quali n è il numero dei
saggi prelevati dalla colata.
Le colate o i lotti di fabbricazione ai quali, sulla base di tale controllo specifico, si vogliano at-
tribuire proprietà meccaniche superiori a quelle desunte dal controllo sistematico della produzione,
dovranno essere contraddistinte a mezzo di legatura sigillata, munita di etichetta metallica sulla qua-
le figurino il numero della colata ed il valore della tensione garantita dal produttore ed accertato dal
Laboratorio Ufficiale.

103
Acciaio 104

20.Allegato 5
CONTROLLI DI RETI E TRALICCI ELETTROSALDATI
CON FILI LISCI O NERVATI DI ACCIAIO TRAFILATO
DI DIAMETRO COMPRESO FRA 5 E 12 MM
Per i controlli in stabilimento si applicano le modalità sotto riportate.

1. Controlli sistematici.
1.1. Prove di qualificazione.
La documentazione riguardante le prove di qualificazione deve essere riferita ad una produzio-
ne consecutiva relativa ad un periodo di tempo di almeno sei mesi.
Prelievo senza preavviso, presso lo stabilimento di produzione, da parte di un Laboratorio Uffi-
ciale, in almeno quattro sopralluoghi di serie di 80 saggi, ricavati da 40 diversi pannelli, 2 per ogni
elemento.
Ogni saggio deve consentire due prove: quella di trazione su uno spezzone di filo comprenden-
te almeno un nodo saldato e quella di resistenza al distacco della saldatura.
Su tali campioni vengono determinati, a cura del Laboratorio Ufficiale, i valori delle tensioni di
snervamento e rottura f(0,2) e ft l’allungamento A10 ed effettuata la prova di resistenza al distacco.
Indicando con:
i =n
∑ f ( 0 ,2 )i
i =1
f ( 0 ,2 )mn =
n
e (A)
i =n
∑ f ti
i =1
f tmn =
n
le medie dei valori delle tensioni di snervamento e rottura e con:

( )2
i =n
∑ f ( 0 ,2 )i − f ( 0 ,2 )mn
i =1
s( 0 ,2 )n =
n −1
e (B)
i =n
∑ ( f ti − f tmn )
2
i =1
stn =
n −1
gli scarti quadratici medi corrispondenti, si procede al calcolo delle tensioni caratteristiche di sner-
vamento e rottura definite dalle espressioni:
f ( 0 ,2 )k = f ( 0 ,2 )mn − k ⋅ s( 0 ,2 )n
(C)
f tk = f tmn − k ⋅ stn
dove n, numero dei saggi considerati, è nel presente caso pari a 80, ed il coefficiente k assume, in
funzione di n, i valori riportati nel Prospetto I dell’Allegato 8.
Qualora uno dei campioni sottoposti a prove di qualificazione non soddisfi i requisiti di cui al
Prospetto 4-I della Parte I relativamente ai valori di allungamento o resistenza al distacco, il prelie-
vo relativo all’elemento di cui trattasi va ripetuto su un altro elemento della stessa partita. Il nuovo

104
Acciaio 105

prelievo sostituisce quello precedente a tutti gli effetti. Un ulteriore risultato negativo comporta la
ripetizione delle prove di qualificazione.
1.2. Prove di verifica della qualità.
Effettuazioni di controlli saltuari, a cura del Laboratorio Ufficiale, ad intervalli non superiori ad
un mese, su serie di 20 saggi, ricavati da 10 diversi elementi, 2 per ogni elemento.
Sulla serie il laboratorio effettua la prova di trazione e di distacco. I corrispondenti risultati
vengono aggiunti a quelli dei prelievi precedenti dopo aver eliminato la prima serie in ordine di
tempo.
Si determineranno così le nuove tensioni caratteristiche sostitutive delle precedenti sempre po-
nendo n = 80.
Ove i valori caratteristici riscontrati risultino inferiori ai minimi di cui al Prospetto 4-I Parte I, il
Laboratorio Ufficiale incaricato del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone comuni-
cazione al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo
che il produttore avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
Qualora uno dei campioni sottoposti a prove di verifica non soddisfi i requisiti di cui al Prospet-
to 4-I della Parte I relativamente ai valori di allungamento o resistenza al distacco, il prelievo relati-
vo all’elemento di cui trattasi va ripetuto su un altro elemento della stessa partita. Il nuovo prelievo
sostituisce a tutti gli effetti quello precedente. In caso di ulteriore risultato negativo, il Laboratorio
Ufficiale incaricato del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone comunicazione al
Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo che il pro-
duttore avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
1.3. Contrassegni delle reti e tralicci controllati in stabilimento: prelievi, modalità di prova.
Le reti ed i tralicci saranno realizzati mediante fili controllati in stabilimento contraddistinti
mediante marchio sul filo nervato, come previsto al punto 2.2.9. della Parte 1a.
Qualora il filo venga prodotto nello stesso stabilimento, il controllo della rete o del traliccio
comprende il controllo del filo.
Il marchio di identificazione della rete e del traliccio prodotti con fili provenienti da altro stabi-
limento è costituito da sigilli o etichettature indelebili.
I prelevamenti in stabilimento, di cui ai punti 1.1. e 2., saranno effettuati, ove possibile, dalla
linea di produzione.
Le relative prove sui saggi prelevati potranno essere effettuate dai tecnici del Laboratorio Uffi-
ciale, anche presso lo stabilimento, sempreché le attrezzature disponibili siano ritenute idonee ad
esclusivo insindacabile giudizio del Laboratorio Ufficiale medesimo, e possibilmente in presenza di
un rappresentante del produttore.

2. Controlli sui singoli lotti di fabbricazione.


Si definiscono lotti di fabbricazione partite ottenute con produzione continua comprese fra 30 e
100 tonnellate.
Negli stabilimenti soggetti ai controlli sistematici, di cui al precedente punto 1., i produttori po-
tranno sottoporre a controlli singoli lotti di fabbricazione a cura di un Laboratorio Ufficiale. I con-
trolli consisteranno nel prelievo per ogni lotto di un numero n di saggi, non inferiore a venti e rica-
vati da almeno dieci diversi elementi, sui quali si effettueranno le prove previste dal secondo com-
ma del punto 1.1.
Le tensioni caratteristiche di snervamento e rottura verranno calcolate a mezzo delle espressioni
(A), (B) e (C) nelle quali n è il numero dei saggi prelevati.
I singoli lotti ai quali, sulla base di tale controllo specifico, si vogliano attribuire proprietà mec-
caniche superiori a quelle desunte dal controllo sistematico della produzione, dovranno essere con-
traddistinti a mezzo di legatura sigillata, munita di etichetta metallica sulla quale figurino gli estre-
mi della partita e il valore della tensione ammissibile garantito dal produttore ed accertato dal Labo-
ratorio Ufficiale.

105
Acciaio 106

21.Allegato 6
CONTROLLI DELL’ADERENZA
Le barre devono superare con esito positivo prove di aderenza secondo il metodo Beamtest da
eseguirsi presso un Laboratorio Ufficiale con le modalità specificate nella CNR-UNI 10020 (genna-
io 1971). La tensione di aderenza τd valutata secondo la CNR-UNI 10020 (gennaio 1971) verrà rife-
rita ad una resistenza nominale del conglomerato di 27 N/mm2, mediante l’applicazione della se-
guente formula di correzione, valida nell’intervallo:
22 ≤ Rc ≤ 32 (N/mm 2 )
τ c = τ d − ( Rc − 27) ⋅ 0,2 (N/mm 2 )
essendo:
τc la tensione di aderenza corretta;
τd la tensione di aderenza rilevata sperimentalmente;
Rc la resistenza del conglomerato all’atto della prova.
Nel certificato di prova devono essere descritte le caratteristiche geometriche della sezione e
delle nervature.
Le prove devono essere estese ad almeno tre diametri scelti come segue:
- uno nell’intervallo 5 ≤ ∅ ≤ 10 mm;
- uno nell’intervallo 12 ≤ ∅ ≤ 18 mm;
- uno pari al diametro massimo.
Non è richiesta la ripetizione delle prove di aderenza, per le singole partite, quando se ne possa
determinare la rispondenza nei riguardi delle caratteristiche e delle misure geometriche, con riferi-
mento alla serie di barre che hanno superato le prove stesse con esito positivo.
Le tensioni tangenziali di aderenza τm e τr, desunte dalla prova, come media dei risultati ottenu-
ti sperimentando almeno quattro travi per ogni diametro, devono soddisfare le condizioni seguenti:
τ m ≥ τ*m = 8 − 0 ,12 ∅ [= 80 − 1,2 ∅]
τ r ≥ τ*r = 13 − 0 ,19 ∅ [= 130 − 1,9 ∅]

τm, e τ*m, τr, e τ*r sono espressi in N/mm2 e ∅ è espresso in mm.


Per accertare la rispondenza delle singole partite nei riguardi delle proprietà di aderenza, si cal-
colerà per un numero significativo di barre il valore dell’indice di aderenza IR definito
dall’espressione:
2 a m l R cos(90° − β)
IR =
π ∅n c
confrontando quindi il valore medio di IR con il corrispondente IR (L) valutato sulle barre provate in
laboratorio.
La partita è ritenuta idonea se è verificata almeno una delle due seguenti ineguaglianze (A) e
(B):
IR τ*
≥ m (A)
I R ( L) τ m
IR ≥ 0,048 per ∅ ≤ 6 mm
IR ≥ 0,055 per 6 mm < ∅ ≤ 8 mm
IR ≥ 0,060 per 8 mm < ∅ ≤ 12 mm (B)
IR ≥ 0,065 per ∅ > 12 mm

106
Acciaio 107

essendo:
τ*m = valore limite di τm quale sopra definito per il diametro considerato;
τm, τr = valori desunti dalle prove di laboratorio;
∅n = diametro nominale della barra;
c = interasse delle nervature;
am = altezza media delle nervature;
β = inclinazione delle nervature sull’asse della barra espressa in gradi;
lR = lunghezza delle nervature;
IR = valore di IR determinato sulle barre della fornitura considerata;
IR (L) = valore di IR determinato sulle barre provate in laboratorio.
Qualora il profilo comporti particolarità di forma non contemplate nella definizione di IR (ad
esempio nocciolo non circolare), l’ineguaglianza (A) dovrà essere verificata per i soli risalti o ner-
vature.

107
Acciaio 108

22.Allegato 7
CONTROLLI SUI LATERIZI
a) Valutazione dei dati di prova.
Tutte le caratteristiche meccaniche di seguito specificate dovranno essere determinate presso un
Laboratorio Ufficiale su un insieme di un minimo di campioni a cui possa applicarsi il metodo sotto
riportato.
Nel caso in cui venga effettuata la prova su almeno 30 campioni la resistenza caratteristica vie-
ne ricavata mediante la seguente formula:
fk = fm - 1,64 s
nella quale è:
fm = la media aritmetica delle resistenze unitarie dei campioni;
s = lo scarto quadratico medio.
Nel caso in cui il numero n dei campioni sia compreso tra 10 e 29 il coefficiente moltiplicatore
di s assumerà convenzionalmente i valori k di cui alla seguente tabella.

n 10 12 16 20 25
k 2,13 2,06 1,98 1,93 1,88

In entrambi i casi qualora il valore s calcolato risultasse inferiore a 0,08 fm si dovrà introdurre
nella formula questo ultimo valore.
Nel caso infine in cui la prova venga effettuata su un numero di campioni compreso fra 6 e 9 la
resistenza caratteristica viene assunta pari al minimo dei seguenti due valori:
a) 0,7 fm - 2 (N/mm2);
b) il valore minimo della resistenza unitaria del singolo campione.
Per le caratteristiche fisiche (coefficiente di dilatazione termica e valore di dilatazione per umi-
dità) si intende invece che tutti i campioni provati debbano dare valori rispettanti i limiti indicati
nella normativa (punto 7.1.3.2. della Parte I).
b) Metodi di prova.
1) Le resistenze in direzione dei fori di cui al punto 7.1.3.2. dovranno essere determinate me-
diante prove a compressione.
Il carico dovrà agire nella direzione dei fori e la dimensione del provino, misurata secondo tale
direzione, dovrà essere pari all’altezza (dimensione dell’elemento in direzione perpendicolare al pi-
ano della struttura) del blocco, o superarla al massimo del 60%. Se necessario, si procederà al taglio
del blocco stesso.
Qualora si operi su blocchi la cui larghezza ecceda i 40 cm, ciascun elemento verrà suddiviso in
due parti eguali e simmetriche mediante un taglio parallelo alla direzione dei fori; le porzioni in ag-
getto dei setti dovranno essere eliminate. La resistenza del blocco si otterrà mediando i risultati ot-
tenuti dalle prove sui due semiblocchi.
Le facce normali alla direzione del carico, se non preventivamente spianate con una smeriglia-
trice, dovranno essere corrette con un foglio di piombo dello spessore di 1 mm interposto tra il piat-
to della pressa e la faccia del blocco.
2) Per la verifica della resistenza in direzione trasversale ai fori si procederà mediante lo
schiacciamento di campioni costituiti da coppie di laterizi associati sui lati da una malta di gesso di
spianatura (prova siamese) dello spessore massimo di 2 cm.
Il carico agirà in direzione ortogonale ai fori e le modalità della campionatura saranno simili a
quelle riportate nel precedente punto 1).

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Acciaio 109

3) La determinazione del valore del modulo elastico del laterizio avverrà nel corso delle prove
di cui in b) 1. procedendo al carico e scarico successivo del sistema passando dal 20 al 40% del va-
lore minimo presuntivo di rottura, leggendo le deformazioni medie del sistema (nella fase di scari-
co) tramite 4 flessimetri disposti sugli spigoli della piastra di prova.
4) La resistenza a trazione per flessione verrà determinata su campioni, ricavati dai blocchi me-
diante opportuno taglio, di dimensioni minime di 30 × 120 × spessore, in millimetri.
5) Le prove di punzonamento di cui al punto 7.1.3.2. dovranno avvenire secondo le seguenti
modalità di prova.
Il blocco viene posato orizzontalmente su due appoggi costituiti da due tondi in acciaio, del di-
ametro di 20 mm, con modalità analoghe a quelle che si verificano nel corso della posa in opera
prima del getto del calcestruzzo.
Il carico viene applicato interponendo una piastra di legno duro avente le dimensioni di 5 × 5
cm in mezzeria.
Il carico viene fatto crescere progressivamente fino a rottura.
6) Il coefficiente di dilatazione lineare verrà determinato per un salto termico tra 70 °C e 20 °C
in ambiente con UR 25% a 70 °C su almeno 3 campioni di dimensioni minime come descritto nel
punto 4. Si assumerà come valore di riferimento il minore dei valori trovati.
7) Il valore di dilatazione per umidità verrà misurato su almeno 4 campioni di dimensioni mi-
nime come descritte nel punto 4. La misura avverrà con le seguenti modalità.
Essiccare i provini per 24 ore a 70 °C; raffreddarli a 20 °C e 65% UR; eseguire due misure a
distanza di 3 ore; immergere i provini in acqua a 20 °C per 90 giorni; togliere, asciugare e condizio-
nare i provini a 20 °C e 65% UR per 3 ore; eseguire due misure a distanza di 3 ore.
L’inizio della prova dovrà avvenire di regola entro 30 giorni dall’ultimazione del processo pro-
duttivo del laterizio.
Il valore di riferimento si ottiene come media dei tre valori minori ottenuti avendo quindi esclu-
so il valore massimo.

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23.Allegato 8
CONTROLLI SU ACCIAIO DA COSTRUZIONE

1. Generalità.
Tutti i prodotti debbono essere sottoposti a prove di qualificazione secondo le modalità del suc-
cessivo punto 2.
La qualificazione deve essere riferita separatamente ad ogni singolo stabilimento produttore
dell’Azienda fornitrice.
I prodotti assoggettabili al procedimento di qualificazione sono, suddivisi per gamma merceo-
logica, i seguenti:
- laminati mercantili, travi ad ali parallele del tipo IPE e HE, travi a I e profilati a U;
- lamiere e nastri, travi saldate e profilati aperti saldati;
- profilati cavi circolari, quadrati o rettangolari senza saldature o saldati.
L’impiego di acciai diversi dai tipi Fe 360, Fe 430 ed Fe 510, quali ad esempio acciai ad alta
resistenza, acciai inossidabili, microlegati, speciali, è ammesso con le condizioni indicate al secon-
do capoverso del punto 2.0 della Parte II.
Gli adempimenti di cui al successivo punto 2 si applicano anche ai prodotti provenienti
dall’estero.
Per prodotti provenienti da Paesi della Comunità economica europea nei quali sia in vigore una
certificazione di idoneità tecnica riconosciuta dalle rispettive Autorità competenti, l’Azienda pro-
duttiva potrà, in alternativa a quanto previsto al primo comma, inoltrare al Ministero dei lavori pub-
blici, Servizio tecnico centrale domanda intesa ad ottenere il riconoscimento dell’equivalenza della
procedura adottata nel Paese di origine, depositando contestualmente la relativa documentazione per
i prodotti da fornire con il corrispondente marchio.
L’equivalenza della procedura di cui al comma precedente è sancita con decreto del Ministero
dei lavori pubblici sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

2. Modalità di qualificazione.
I produttori per qualificare la loro produzione devono sottoporsi agli adempimenti qui di segui-
to specificati, e produrre la documentazione relativa al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tecni-
co centrale, che ne cura il deposito:
- dimostrazione dell’idoneità del processo produttivo;
- controllo continuo interno di qualità della produzione condotto su basi probabilistiche;
- verifica periodica della qualità da parte dei Laboratori Ufficiali.
Sono prodotti qualificabili sia quelli raggruppabili per colata che quelli per lotti di produzione
(1).
Ai fini delle prove di qualificazione e di controllo (vedere punto 2.2.), i prodotti nell’ambito di
ciascuna gamma merceologica di cui al punto 1., sono raggruppabili per gamme di spessori così
come definito nelle norme UNI EN 10025 (febbraio 1992), UNI 7806 (dicembre 1979) e UNI 7810
(dicembre 1979).
Sempre agli stessi fini, sono raggruppabili anche i diversi gradi di acciai (B, C, D, DD; vedere
Parte II, prospetti 1-II e 2- II), sempreché siano garantite per tutti le caratteristiche del grado supe-
riore del raggruppamento.
Tutte le forniture debbono essere accompagnate da apposita documentazione (vedere punto
2.5.).
2.1. Dimostrazione dell’idoneità del processo produttivo.
Il produttore, limitatamente alle gamme merceologiche indicate al punto 1., e per ogni singolo
stabilimento, dovrà presentare apposita documentazione al Ministero dei lavori pubblici, Servizio
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Acciaio 111

tecnico centrale, che notifica al produttore l’avvenuto deposito ed accerta la validità e la risponden-
za della documentazione stessa anche attraverso sopralluoghi, rilasciando apposito attestato, preci-
sando:
- il tipo di prodotti (dimensioni e qualità);
- le condizioni generali della fabbricazione o dell’approvvigionamento dell’acciaio o del prodotto
intermedio;
- la descrizione degli impianti di laminazione;
- le modalità di marchiatura che consentono l’individuazione del prodotto da effettuarsi secondo
le procedure del punto 2.5.;
- l’organizzazione del controllo interno di qualità;
- i responsabili aziendali incaricati della firma dei certificati;
- il Laboratorio Ufficiale responsabile delle prove di controllo;
- dichiarazione che il servizio di controllo interno delle qualità sovraintende ai controlli di produ-
zione e che esso è indipendente dai servizi di produzione.
PROSPETTO 1
n k n k
10 2,91 40 2,13
11 2,82 45 2,09
12 2,74 50 2,07
13 2,67 60 2,02
14 2,61 70 1,99
15 2,57 80 1,97
16 2,52 90 1,94
17 2,49 100 1,93
18 2,45 150 1,87
19 2,42 200 1,84
20 2,40 250 1,81
22 2,35 300 1,80
24 2,31 400 1,78
25 2,29 500 1,76
30 2,22 1000 1,73
35 2,17 ∞ 1,64
(1) Un lotto di produzione è costituito da un quantitativo di 40 t, o frazione residua, per ogni profilo, qualità
e gamma di spessore, senza alcun riferimento alle colate che sono state utilizzate per la loro fabbrica-
zione. Per quanto riguarda i profilati cavi, il lotto di produzione corrisponde all’unità di collaudo come
definita dalle norme UNI 7086 e 7810 (dicembre 1979) in base al numero dei pezzi.

Il produttore deve inoltre produrre una idonea documentazione sulle caratteristiche chimiche e
meccaniche riscontrate per quelle qualità e per quei prodotti che intende qualificare.
La documentazione deve essere riferita ad una produzione consecutiva relativa ad un periodo di
tempo di almeno sei mesi e ad un quantitativo di prodotti tale da fornire un quadro statisticamente
significativo della produzione stessa e comunque o ≥ 2.000 t oppure ad un numero di colate o di lot-
ti ≥ 25.
Tale documentazione di prova deve basarsi sui dati sperimentali rilevati dal produttore, integra-
ti dai dati di certificati di Laboratori Ufficiali, incaricati dal produttore stesso; le prove del Labora-
torio Ufficiale devono riferirsi a ciascun tipo di prodotto, inteso individuato da gamma merceologi-
ca, classe di spessore e qualità di acciaio, ed essere relative al rilievo dei valori caratteristici; per
ciascun tipo verranno eseguite almeno 30 prove su saggi appositamente prelevati.
La documentazione del complesso delle prove meccaniche deve essere elaborata in forma stati-
stica calcolando, per lo snervamento e la resistenza a rottura, il valore medio, lo scarto quadratico
medio e il relativo valore caratteristico delle corrispondenti distribuzioni di frequenza.
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Acciaio 112

Il valore caratteristico è il frattile di ordine 0,05 della rispettiva distribuzione statistica calcolato
mediante l’espressione:
fk = fm - k ⋅ s
dove:
fm = media aritmetica degli n risultati sperimentali;
s = scarto quadratico medio degli stessi;
k = fattore funzione del numero di risultati sperimentali associato alla percentuale della popola-
zione pari al 95% e alla formulazione di rischio del tipo 1−α con α=5% con protezione uni-
laterale (prospetto I).
I singoli risultati sperimentali ed i valori caratteristici così calcolati devono rispettare le limita-
zioni riportate nei citati prospetti 1-II e 2-II per le tensioni di snervamento e di rottura mentre per
l’allungamento percentuale e la resilienza vale il criterio del minimo tabellare.
Il Ministero, ricevuta la documentazione, darà atto al produttore dell’avvenuto deposito.
2.2. Controllo continuo della qualità della produzione.
Il servizio di controllo interno della qualità dello stabilimento produttore deve predisporre
un’accurata procedura atta a mantenere sotto controllo con continuità tutto il ciclo produttivo.
In particolare, per quanto riguarda i prodotti finiti, deve procedere ad un rilevazione di tutte le
caratteristiche chimiche e meccaniche previste ai punti 2.1. e 2.3. della Parte Seconda.
La rilevazione dei dati di cui sopra deve essere ordinata cronologicamente su appositi registri
distinti per qualità, per prodotto (o gruppi di prodotti come sopra indicato) e per gamme di spessori,
come specificato nella norma di prodotto.
Per ogni colata, o per ogni lotto di produzione, contraddistinti dal proprio numero di riferimen-
to, viene prelevato dal prodotto finito un saggio per colata e comunque un saggio ogni 80 t oppure
un saggio per lotto e comunque un saggio ogni 40 t o frazione; per quanto riguarda i profilati cavi, il
lotto di produzione è definito dalle relative norme UNI di prodotto, in base al numero dei pezzi.
Dai saggi di cui sopra verranno ricavati i provini per la determinazione delle caratteristiche
chimiche e meccaniche previste dalle norme UNI EN 10025 (febbraio 1992), UNI 7806 (dicembre
1979) e UNI 7810 (dicembre 1979), rilevando il quantitativo in tonnellate di prodotto finito cui la
prova si riferisce.
Per quanto concerne fy e ft, i dati singoli raccolti, suddivisi per qualità e prodotti (secondo le
gamme dimensionali) vengono riportati su idonei diagrammi per consentire di valutare statistica-
mente nel tempo i risultati della produzione rispetto alle prescrizioni delle presenti norme tecniche.
I restanti dati relativi alle caratteristiche chimiche, di resilienza e di allungamento vengono rac-
colti in tabelle e conservati, dopo averne verificato la rispondenza alle norme EN 10025 (marzo
1990), 7806 (dicembre 1979) e UNI 7810 (dicembre 1979) per quanto concerne le caratteristiche
chimiche e alle prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e 2-II, per quanto concerne resilienza e allunga-
mento.
È cura e responsabilità del produttore individuare, a livello di colata o di lotto di produzione, gli
eventuali risultati anomali che portano fuori limiti la produzione e di provvedere ad ovviarne le cau-
se. I diagrammi sopra indicati devono riportare gli eventuali dati anomali.
I prodotti non conformi devono essere deviati ad altri impieghi, previa punzonatura di annulla-
mento, e tenendone esplicita nota nei registri.
La documentazione raccolta presso il controllo interno di qualità dello stabilimento produttore
deve essere conservata a cura del produttore.
Lo stabilimento produttore è autorizzato alla spedizione del prodotto che dovrà essere marchia-
to in conformità a quanto precisato nella documentazione di deposito al Ministero dei lavori pubbli-
ci, Servizio tecnico centrale, accompagnato dal certificato di collaudo interno (vedere punto 2.6.)
firmato dal responsabile del servizio di controllo di qualità riportante gli estremi della certificazione
di deposito rilasciata dal Ministero.

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2.3. Verifica periodica della qualità da parte dei laboratori ufficiali.


Il Laboratorio Ufficiale, incaricato a ciò dal produttore, effettuerà periodicamente a sua discre-
zione, almeno ogni sei mesi, una visita presso lo stabilimento produttore nel corso della quale su tre
tipi di prodotto, scelti di volta in volta tra qualità di acciaio, gamma merceologica e classe di spes-
sore, effettuerà per ciascun tipo (o presso il laboratorio del produttore o presso il Laboratorio Uffi-
ciale stesso) non meno di 30 prove a trazione su provette ricavate sia da saggi prelevati direttamente
dai prodotti sia da saggi appositamente accantonati dal produttore in numero di almeno 2 per colata
o lotto di produzione, relativa alla produzione intercorsa dalla visita precedente.
Inoltre il laboratorio effettuerà le altre prove previste (resilienza e analisi chimiche) sperimen-
tando su provini ricavati da 3 campioni per ciascun tipo sopraddetto.
Il Laboratorio Ufficiale elaborerà in forma statistica i risultati delle prove di trazione per cia-
scuno dei tre gruppi, utilizzando per il controllo di accettazione l’espressione fm−1,25 s ≥ del corri-
spondente valore di cui al prospetto 1-II e 2-II della Parte Seconda. Inoltre verrà controllato che i
singoli risultati sperimentali per le tensioni di snervamento e di rottura rispettino le limitazioni ri-
portate nei prospetti 1-II e 2-II e che i coefficienti di variazione percentuale dello snervamento (rap-
porto tra scarto quadratico medio e media aritmetica) risultino inferiori rispettivamente al 9% per
l’acciaio Fe 360, all’8% per l’acciaio Fe 430 e al 7% per l’acciaio Fe 510.
Infine si controllerà che siano rispettati i valori minimi prescritti per la resilienza e quelli mas-
simi per le analisi chimiche.
Nel caso che i risultati delle prove siano tali per cui viene accertato che i limiti prescritti non
siano rispettati, vengono prelevati altri saggi (nello stesso numero) e ripetute le prove.
Ove i risultati delle prove, dopo ripetizione, fossero ancora insoddisfacenti, il laboratorio uffi-
ciale incaricato del controllo sospenderà le verifiche della qualità dandone comunicazione al Mini-
stero dei lavori pubblici, Servizio tecnico centrale e ripeterà la qualificazione dopo che il produttore
avrà ovviato alle cause che avevano dato luogo al risultato insoddisfacente.
Per quanto concerne le prove di verifica periodica della qualità per gli acciai di cui al punto 1.,
quarto capoverso del presente allegato, con snervamento o resistenza inferiori al tipo Fe 360, si uti-
lizza un coefficiente di variazione pari a 9%. Per gli acciai con caratteristiche comprese tra i tipi Fe
360 ed Fe 510 si utilizza un coefficiente di variazione pari all’8%. Per gli acciai con snervamento o
rottura superiore al tipo Fe 510 si utilizza un coefficiente di variazione pari al 6%.
Per tali acciai la qualificazione è ammessa anche nel caso di produzione non continua
nell’ultimo semestre ed anche nei casi in cui i quantitativi minimi previsti non siano rispettati, per-
manendo tutte le altre regole relative alla qualificazione.
Una volta l’anno il produttore è tenuto ad inviare al Ministero dei lavori pubblici, Servizio tec-
nico centrale, la seguente documentazione:
a) una dichiarazione attestante la permanenza delle condizioni iniziali di idoneità del processo pro-
duttivo e dell’organizzazione del controllo interno di qualità, o le eventuali modifiche;
b) le tabelle contenenti i singoli risultati dei controlli eseguiti in merito alle caratteristiche meccani-
che e chimiche;
c) l’elaborazione statistica dei controlli interni eseguiti nell’ultimo anno, per ciascun tipo di prodot-
to, da cui risulti il quantitativo di produzione e il numero delle prove;
d) i risultati dei controlli eseguiti dal Laboratorio Ufficiale (certificati e loro elaborazione) per le
prove meccaniche e chimiche;
e) la dichiarazione che attesta la conformità statistica, secondo una metodologia che deve essere di-
chiarata, delle verifiche di cui ai punti c) e d) con le prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e 2-II del-
la Parte Seconda e la dichiarazione di rispetto delle prescrizioni relative alla resilienza, allunga-
mento e analisi chimica.
Il mancato rispetto delle sopra indicate condizioni, accertato anche attraverso sopralluoghi, può
comportare la decadenza della qualificazione.
2.4. Controlli su singole colate.
Negli stabilimenti soggetti a controlli sistematici di cui al precedente punto 2.3., i produttori
potranno richiedere di loro iniziativa di sottoporsi a controlli, eseguiti a cura di un Laboratorio Uffi-
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ciale, su singole colate di quei prodotti che, per ragioni produttive, non possono ancora rispettare le
condizioni quantitative minime (vedere punto 2.1.) per qualificarsi.
Le prove da effettuare sono quelle relative alle UNI EN 10025 (febbraio 1992), UNI 7810 (di-
cembre 1979) e UNI 7806 (dicembre 1979) ed i valori da rispettare sono quelli di cui ai prospetti 1-
II e 2-II della Parte II.
2.5. Marchiatura per identificazione.
Il produttore deve procedere ad una marchiatura del prodotto fornito dalla quale risulti in modo
inequivocabile il riferimento dell’azienda produttrice, allo stabilimento, al tipo di acciaio e al grado
qualitativo.
Considerata la diversa natura, forma e dimensione dei prodotti, le caratteristiche degli impianti
per la loro fabbricazione, nonché la possibilità di fornitura sia in pezzi singoli sia in fasci, differenti
potranno essere i sistemi di marchiatura adottati, quali ad esempio l’impressione sui cilindri di la-
minazione, la punzonatura a caldo e a freddo, la stampigliatura a vernice, la targhettatura, la sigilla-
tura dei fasci e altri.
Tenendo presente che l’elemento determinante della marchiatura è costituito dalla sua inaltera-
bilità nel tempo, dalla impossibilità di manomissione, il produttore deve rispettare le modalità di
marchiatura denunciate nella sua documentazione presentata al Ministero dei lavori pubblici, Servi-
zio tecnico centrale, come precisato al punto 2.1. e deve comunicare tempestivamente eventuali
modifiche apportate.
La mancata marchiatura e la sua illeggibilità anche parziale rende il prodotto non impiegabile.
Qualora, sia presso gli utilizzatori, sia presso i commercianti, l’unità marchiata (pezzo singolo o
fascio) venga scorporata, per cui una parte, o il tutto, viene a perdere l’originale marchiatura del
produttore è responsabilità sia degli utilizzatori sia dei commercianti documentare la provenienza
del materiale e gli estremi del deposito del marchio presso il Ministero dei lavori pubblici, Servizio
tecnico centrale.
2.6. Documentazione di accompagnamento delle forniture.
Il produttore è tenuto ad accompagnare ogni fornitura con:
- certificato di collaudo secondo UNI EN 10204 (dicembre 1992);
- dichiarazione che il prodotto è qualificato ai sensi delle presenti norme tecniche, e di aver soddi-
sfatto tutte le relative prescrizioni, riportando gli estremi del marchio e unendo copia del relativo
certificato del Laboratorio Ufficiale.

3. Controlli in officina o in cantiere.


Il controllo in officina di fabbricazione o in cantiere sarà effettuato dal direttore dei lavori o, in
sua mancanza all’atto delle lavorazioni, dal tecnico responsabile della fabbricazione, che assume a
tale riguardo le responsabilità attribuite dalla legge al direttore dei lavori. In questo secondo caso la
relativa documentazione sarà trasmessa al direttore dei lavori prima della messa in opera. La fre-
quenza dei prelievi è stabilita dal direttore dei lavori o, in sua mancanza all’atto della lavorazione,
dal tecnico responsabile della fabbricazione, in relazione all’importanza dell’opera.
I dati sperimentali ottenuti dovranno soddisfare le prescrizioni di cui ai prospetti 1-II e 2-II del-
la parte 2ª per quanto concerne l’allungamento e la resilienza, nonché delle norme UNI EN 10025
(febbraio 1992), UNI 7810 (dicembre 1979) e 7806 (dicembre 1979) per le caratteristiche chimiche.
Ogni singolo valore della tensione di snervamento e di rottura non dovrà risultare inferiore ai
limiti tabellari (prospetti 1-II e 2-II) per più di
Fe 360 Fe 430 Fe 510
Tensioni di rottura a trazio- N/mm2 15 18 22
ne
Tensioni di snervamento N/mm2 10 12 15
I certificati relativi alle prove (meccaniche) degli acciai devono riportare l’indicazione del mar-
chio identificativo di cui al precedente punto 2.5., rilevato a cura del Laboratorio incaricato dei con-
trolli, sui campioni da sottoporre a prove. Ove i campioni fossero sprovvisti di tale marchio, oppure
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il marchio non dovesse rientrare fra quelli depositati presso il Ministero dei lavori pubblici, Servizio
tecnico centrale, dovrà essere riportata specifica annotazione sul certificato di prova.

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