Compiti Storia 13-11

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Economia di mercato

Un'economia di mercato è un sistema economico in cui le decisioni in


materia di investimenti, produzione e distribuzione vengono guidate dai
segnali di prezzo creati dalle forze della domanda e dell'offerta.
Tali economie spaziano da un mercato regolamentato liberamente a
sistemi di laissez-faire, dove l'attività statale è limitata alla fornitura di
beni e servizi pubblici e alla salvaguardia della proprietà privata,[3] a
forme interventiste dove il governo si impegna a correggere i fallimenti
del mercato e a promuovere il benessere sociale. Le economie di stato
sono quelle in cui lo stato svolge un ruolo direttivo nel guidare lo sviluppo
generale del mercato attraverso politiche industriali, una forma a volte
indicata come economia mista.[4][5]

Neoliberismo
Il neoliberismo è un indirizzo di pensiero economico che denuncia le
sostanziali violazioni della concorrenza perpetrate da concentrazioni
monopolistiche all’ombra del laissez-faire e chiede pertanto misure statali
atte a riaffermare l'effettiva libertà di mercato e a garantire con ciò il
rispetto anche delle libertà politiche.
Gli economisti neoliberisti non insistono tuttavia più sugli ipotetici
vantaggi della libera concorrenza, ma sugli inconvenienti pratici
dell’intervento dello Stato, ritenuto facile a degenerare in costrizione,
pesante, sempre tardivo e spesso inefficace. [1]
Il termine liberismo è spesso stato assimilato sin dalle origini crociane alle
conseguenze economiche del pensiero politico liberale. Tuttavia, il
liberalismo attribuisce all'autorità pubblica e al diritto proprio il compito di
difendere le libertà individuali, tra cui anche quelle economiche. L'essenza
economica del liberalismo fu enunciata nel modo più esplicito
dall'economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk: "Un mercato è un
sistema giuridico, in assenza del quale l'unica economia possibile è la
rapina di strada".
Capitalismo

In economia, il capitalismo è un sistema economico in cui imprese e/o


privati cittadini possiedono mezzi di produzione, ricorrendo spesso al
lavoro subordinato per la produzione di beni e servizi, al fine di generare
un profitto attraverso la vendita diretta o indiretta ad acquirenti degli
stessi. Tale produzione, basata sulla domanda e sull'offerta nel mercato
generale di tali prodotti, è nota come economia di mercato, contrapposta
all'economia pianificata, caratterizzata invece da una pianificazione
centrale da parte dello Stato: anzichè pianificare le decisioni economiche
attraverso metodi politici centralizzati, come nel caso del feudalesimo e
del socialismo, sotto il capitalismo tali decisioni sono del tutto
decentralizzate ovvero nate sulla base di libere e volontarie iniziative dei
singoli imprenditori.[3][4]

Il capitalismo come sistema economico-sociale si è affermato in Europa


attraverso una serie di rotture successive del sistema feudale.
Quest'ultimo è entrato in crisi lentamente, con tempi diversi a seconda
delle varie aree geografiche. Per un periodo piuttosto lungo, tra il XVI e il
XIX secolo, le strutture del vecchio ordine hanno continuato a persistere
accanto alle forze che spingevano nel senso di una modernizzazione
dell’economia e della società. Il sistema economico capitalista si basa su
alcuni principali fattori:
1) la rinascita del diritto di proprietà;
2) l’esistenza di un capitale: l’insieme dei mezzi di produzione necessari
all’attività d’impresa, in macchinari e in denaro, di cui un proprietario
disponde liberamente per investirlo e trarne profitto;
3) Il ricorso, da parte dell’imprenditore, a lavoratori che in cambio delle
attività svolte percepiscono un salario. Nel capitalismo la capacità
dell’uomo di lavorare diviene una merce che deve potersi offrire
liberamente sul mercato; al contrario, nei sistemi pre-capitalisti il lavoro
era in genere forzato o rigidamente regolamentato.
4) L’organizzazione della produzione per il mercato e per la vendita. La
parola mercato non indica un luogo fisico dove si scambiano le merci, ma,
in senso figurato, indica il volume delle richieste di merci da parte di
possibili acquirenti e delle merci messe in vendita e scambiate in una
certa area, anche molto estesa;
5) L’importanza crescente dell’industria e della meccanizzazione
Adam Smith nasce nella piccola cittadina di Kirkcaldy, sulla costa orientale
della Scozia, nel 1723. Il giovane Smith trascorre un‘infanzia tranquilla,
allevato dalla madre Margaret fin quando nel 1737 si trasferisce a
Glasgow per frequentare la locale università.

Nell'Inghilterra del '700, la cui struttura produttiva era orientata verso il


settore industriale (complice la rivoluzione industriale), si fecero strada i
principi liberisti attraverso la persona di Adam Smith. Nella sua opera
Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776), egli
rigettava l'idea mercantilistica, secondo cui la richezza dipendesse dai
ricavi del commercio estero, mentre affermava che la vera ricchezza
derivasse dai beni di cui la popolazione può disporre, bene che egli
definiva come "le cose necessarie e comode della vita".

Smith apprezzava e sosteneva la crescita industriale promossa dalla


rivoluzione industriale e riteneva che, per incrementare la ricchezza del
paese, fosse necessario lasciare agire le forze di mercato. Smith credeva
che ci fosse una sorta di mano invisibile a guidare i mercati, per cui, se i
singoli avessero perseguito i loro interessi individuali, si sarebbe realizzato
il massimo benessere collettivo.
Tuttavia Smith non escluse del tutto l'intervento dello Stato. Secondo lui
lo Stato doveva garantire tre funzioni: giustizia e difesa nei confronti della
libera concorrenza, e la realizzazione delle opere pubbliche, dato che i
singoli, mossi da interessi individuali, non erano interessati a realizzare
servizi per il pubblico. Spettava quindi allo Stato adoperarsi al riguardo.
Locke

Locke nacque a Wrington (Bristol) nel 1632. Studiò filosofia e medicina a


Oxford. Dal 1667 divenne segretario personale del conte Ashley Cooper e
da allora la sua vita fu legata in gran parte alle alterne fortune del suo
protettore. Quando lord Ashley fu definitivamente esiliato per aver
cospirato contro il tentativo di restaurazione assolutistico-cattolica di
Carlo II, Locke si rifugiò in Olanda.
Qui venne in contatto con l’ambiente liberale di Guglielmo di Orange e,
quando questi divenne re d’Inghilterra, Locke poté tornare a Londra. Non
soddisfatto del nuovo governo, si ritirò a vita privata nel castello di Oates
nell’Essex, dove morì nel 1704.

L'empirismo di Locke
Locke è considerato il padre dell’empirismo e nella sua opera maggiore:
Saggio sull’intelletto umano, stabilisce i confini (dettati dall’esperienza)
entro cui può svilupparsi la conoscenza.
Il primo stadio della conoscenza è costituito dalle idee semplici che sono
una ricezione passiva del materiale appartenente alla realtà esterna (idee
di sensazione) e a quella interna (idee di riflessione).
Locke si scaglia, quindi, contro le cosiddette idee innate, considerandole
uno strumento del potere.
La nostra mente raggruppa e organizza le idee semplici in idee generali e
complesse.
La conoscenza vera e propria consiste, infine, nella constatazione di una
concordanza o discordanza tra idee.
La conoscenza può essere di due tipi:
 conoscenza certa (attraverso l’intuizione, la
dimostrazione e la sensazione attuale);
 conoscenza probabile (mediante la testimonianza e la
coerenza con l’esperienza passata).
Il liberalismo di Locke
Secondo Locke in un ipotetico stato di natura gli uomini vivono in una
situazione di uguaglianza di diritti (alla libertà, alla vita, alla proprietà).
L’esercizio di questi diritti è limitato alla propria persona dalla legge di
natura (la ragione) ma può succedere che un uomo cerchi con la forza di
violare i diritti altrui.
Lo stato di guerra è evitato dall’instaurazione di uno stato civile che ha
come unica funzione la tutela della libertà dell’uomo attraverso la legge.
Per lui lo stato:
 non ha un potere assoluto,
 nasce da un accordo (“contratto”) tra i cittadini e il
sovrano,
 non deve intervenire nelle questioni di fede,
 prevede che il potere esecutivo e quello legislativo non
siano nelle mani di un’unica persona.
 Per queste ragioni Locke è considerato il teorico del
liberalismo.

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