Teoria Vygotskij
Teoria Vygotskij
Teoria Vygotskij
fornisce la base dello sviluppo individuale. Ad esempio nel gioco in gruppo un bambino allinizio diventa capace di subordinare il suo comportamento a delle regole, perch richiamato dai compagni o dallinsegnante e solo pi tardi sviluppa lautoregolazione volontaria del comportamento come funzione interna (interiorizzazione delle regole). I processi cognitivi si attivano quando il bambino sta interagendo con persone del suo ambiente e in cooperazione con i suoi compagni che lo inducono a riflettere ed autoregolare il proprio comportamento. Una volta che questi processi sono interiorizzati, diventano parte del risultato evolutivo autonomo del bambino. Il processo di interiorizzazione stimolato dalla possibilit di riflettere su quanto si sta facendo, di confrontarsi con altri, di chiarire meglio le proprie posizioni difendendole dalle obiezioni degli altri, di spiegare in modo che gli altri capiscano quello che si vuole dire...(Dixon-Krauss, 1998; Moll, 1990). Vygotskij (1934) nel libro Pensiero e linguaggio afferma che lapprendimento umano presuppone una natura sociale specifica e un processo attraverso il quale i bambini si inseriscono gradualmente nella vita intellettuale di coloro che li circondano: la competenza prima sociale e poi diventa competenza individuale. Se lapprendimento sociale precede la competenza individuale, esso ha come risultato lo sviluppo cognitivo, che non sarebbe possibile prescindendo da questo tipo di apprendimento. Le funzioni prima si formano nel collettivo, nella forma di relazioni tra bambini e cos diventano funzioni mentali per lindividuo (Vygotskij, 1934). La direzione apprenditiva del comportamento (trasformazione delle forme naturali in forme culturali superiori) va dall'esterno all'interno (Vygotskij, 1978). L'interiorizzazione della conoscenza avviene prima attraverso la 'co-costruzione' sociale (apprendimento socializzato) e poi con un progressivo trasferimento dell'attivit sociale esterna, mediata da segni, al controllo interno. Nello sviluppo culturale del bambino ogni funzione compare due volte, su due piani: dapprima compare sul piano sociale, poi sul piano psicologico. Prima compare tra due persone, sotto forma di categoria interpsicologica, poi all'interno del bambino, come categoria intrapsicologica (Vygotskij, 1981, pag. 163). Anche il linguaggio inizia con una funzione sociale, per poi arricchirsi ulteriormente e diventare a servizio dell'intelletto. La funzione della parola in primo luogo sociale (Dixon-Kraus, 1998), finalizzata al contatto e all'interazione con gli altri. Poi, man mano che le esperienze sociali si accrescono, il bambino usa il linguaggio come aiuto nella soluzione di problemi interni (una parola pu evocare una persona, un animale, un oggetto o situazioni che non sono presenti). Successivamente parler a se stesso usando il linguaggio egocentrico. Il linguaggio egocentrico rappresenta una fase importante della crescita interna, il punto di contatto tra il discorso esterno sociale e il pensiero interno. In questo modo il linguaggio acquisisce una seconda funzione (la prima era quella sociale), cio quella di natura intellettiva, come strumento di strutturazione del pensiero. Il linguaggio interiore ha una natura individuale, privata, silente e permette lo sviluppo della consapevolezza metacognitiva e lo sviluppo delle competenze individuali (vedi figura 1).
Fig. 1 Teoria dellapprendimento sociale della conoscenza: rielaborazione del modello vygotskijano di interiorizzazione apprenditiva
CLIMA POSITIVO
(relazioni significative con gli adulti, con i compagni, con i libri, con i media,)
SVILUPPO DELLA METACOGNIZIONE (autoconsapevolezza del funzionamento cognitivo proprio e generale, delle capacit di previsione, pianificazione, monitoraggio, revisione, valutazione, astrazione e trasferimento)
Ma come possiamo aiutare il bambino a trasformare la competenza sociale in competenza individuale? In passato si credeva (e spesso ancora adesso) che linsegnamento, specialmente dei bambini in situazione di ritardo cognitivo, dovesse basarsi sulla concretezza (sistema che escludeva dallinsegnamento tutto ci che fosse associato al pensiero astratto).
Noi sappiamo che una delle difficolt maggiori dei bambini con ritardo cognitivo, sta nel non riflettere su quello che fanno o nel riflettere poco e molto superficialmente. La competenza sociale prima e quella individuale poi, si sviluppano in maniera proporzionata al grado di riflessione e di consapevolezza di quello che si sta facendo. Quindi la scuola non pu limitarsi al fare (che pure molto importante), ma deve anche aiutare i bambini a riflettere su quanto stanno facendo (didattica metacognitiva): La concretezza ora considerata necessaria e inevitabile, solo come punto di partenza per sviluppare il pensiero astratto (Vygotskij, 1935). Teniamo sempre presente che un buon apprendimento sempre in anticipo rispetto allo sviluppo individuale (ibidem), perch inserito nella zona di sviluppo prossimale. Una sfida cognitiva in questa zona, generalmente stimola la ricerca, la motivazione allapprendere, limpegno a riuscire; viceversa, una sfida nella zona di competenza individuale, diventa demotivante e pu generare convinzioni autosvalutative (linsegnante mi crede un incapace, perch mi assegna compiti troppo facili; io posso fare solo cose da bambini pi piccoli; mi tratta in modo diverso perch non valgo niente). Il primo elemento della teoria vygotskijana : il clima positivo Gli studenti hanno bisogno di vivere ripetute e positive esperienze di successo che li vedano coinvolti in modo attivo e collaborativo (Chiari, 1994). Dopo il 1968, molti insegnanti hanno rifiutato il modello di insegnamento autoritario, secondo la classica definizione di Lewin (1936), per abbracciarne uno antiautoritario, che spesso diventato permissivo, piuttosto che democratico: - linsegnante autoritario colui che decide da solo sia gli obiettivi che le procedure da attuare per raggiungere le mete; - linsegnante permissivo colui che delega alla classe la scelta degli obiettivi e delle procedure per raggiungerli; - linsegnante democratico colui che pone in discussione sia gli obiettivi che le procedure, al fine di raggiungere il consenso della classe e limpegno responsabile di ciascuno al conseguimento delle mete; per questo controlla e valuta il raggiungimento degli obiettivi concordati, i prodotti e i percorsi attuati. Latteggiamento dellinsegnante determinante nella formazione del clima della classe. Per costruire un clima positivo il suo atteggiamento dovrebbe essere democratico, sincero, da leader positivo, inteso come punto di riferimento, guida, persona disponibile allascolto e allaiuto; un atteggiamento da regista delle attivit dei vari attori, che sono i ragazzi. Possiamo definire il clima di una classe come linsieme degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle relazioni che si instaurano in quel contesto. Questi tipi di comunicazioni interpersonali sono generati dalle convinzioni di ciascun ragazzo e in particolare da quelle dellinsegnante. Sostanzialmente i climi che linsegnante pu promuovere con il suo atteggiamento possono essere di tre tipi: - un clima individualistico rinunciatario; - un clima competitivo aggressivo; - un clima democratico cooperativo. Ognuno di questi climi presente nella scuola, ma occorre fare attenzione a quello prevalente. Una situazione ideale di classe la possiamo vedere rappresentata nella figura 2.
Fig. 2 Rappresentazione ideale dei tre principali climi che si possono trovare allinterno della scuola e della classe.
COOPERAZIONE
INDIVIDUALISMO COMPETIZIONE
Prima di procedere ad una descrizione di ciascun clima, vale la pena soffermarsi sulla considerazione che normale e giusto che in ogni classe ci siano dei momenti cooperativi, di individualismo e dei momenti di competizione. Come suggerisce la figura 3, il clima cooperativo, rappresentato dal fungo pi grosso, dovrebbe sovrastare e non annullare gli altri due climi (rappresentati dai funghi pi piccoli), questo perch gli atteggiamenti che ad essi si riferiscono, sono presenti e coesistono in ciascuno di noi. Lideale sarebbe che si spendessero pi energie possibili nel lavorare in ottica cooperativa, nella disponibilit allaiuto e al dare gratuito (principio della gratuit del dare che sta alla base della cooperazione). Ci non toglie che ciascuno di noi abbia anche la possibilit di sperimentare situazioni in cui sia necessario agire individualmente (pensiamo ad esempio allo studio personale a casa) e altre situazioni in cui si sia in competizione con altri (pensiamo ad un concorso a premi o per un posto di lavoro). Molti studenti posti di fronte alla scelta Preferisci lavorare in gruppo o da solo?, esprimono il desiderio di lavorare per conto proprio, perch ritenuto pi facile e meno dispendioso in fatto di tempo ed energia. Altri, invece, potrebbero dare il massimo, grazie alla loro storia (modelli pi competitivi indotti dai genitori o da altri contesti di vita) o alle loro caratteristiche di personalit, se immersi in una dimensione competitiva. E nostra convinzione che in una scuola democratica debbano trovare posto le realizzazioni e le esigenze di tutti, anche di quelli tendenzialmente competitivi e individualisti. I problemi nascono e poi rischiano di diventare ingestibili, quando si enfatizza unicamente uno dei tre climi. Puntare, infatti, anche solo al lavoro di gruppo, come lunica metodologia valida e costruttiva, impedendo i momenti di riflessione personali e di sfida individuale o di gruppo, pu creare a lungo andare un eccessivo timore a fare da soli , una dipendenza eccessiva dal gruppo, un abbassamento del senso di sfida e della motivazione. Se pu esistere una distribuzione ideale tra questi tre climi nellarco del tempo scolastico, la percentuale potrebbe essere di questo tipo: tempo dedicato alle attivit cooperative 50%; tempo dedicato alle attivit individuali 30%; tempo dedicato alle attivit competitive 20%. 4
Da tutto questo si pu trarre la conclusione che ogni tipo di clima pu avere delle caratteristiche positive o negative; anche se noi siamo profondamente convinti che quello che presenta maggiori vantaggi e minori effetti collaterali negativi, sia quello cooperativo. Il secondo elemento della teoria vygotskijana: lapprendimento socializzato nellarea di sviluppo prossimale Un ragazzo che apprende dovrebbe essere considerato come un protagonista attivo, coinvolto, responsabile e non come soggetto passivo di un apprendimento deciso da altri. Un apprendimento significativo viene generato dallelaborazione attiva delle informazioni che giungono al soggetto, dalla comprensione, confronto, valutazione e interazione di pi fonti informative (sviluppo dellintelligenza critica). Meglio se il ragazzo non da solo di fronte a questa complessit, ma supportato da un gruppo, al quale si sente di appartenere e sul quale pu contare per essere aiutato a raggiungere obiettivi apprenditivi comuni (teoria dellapprendimento sociale della conoscenza rappresentata nella figura 1). Limportanza dellinterazione sociale nellapprendimento ha ricevuto un nuovo impulso con lintroduzione del concetto di area di sviluppo prossimale (vedi figura 3). Questo concetto si rif alla teoria dellapprendimento sociale della conoscenza di Vygotskij (1934).
Fig. 3 Rappresentazione schematica delle tre aree dello sviluppo apprenditivo (A = Area della competenza individuale; B = Area dello sviluppo prossimale della competenza individuale; C = Area della non conoscenza o della non competenza)
Possiamo definire questa zona di sviluppo prossimale (nella figura 3 lArea B) come la distanza tra il livello effettivo di sviluppo, cos com determinato da problem-solving autonomo, e il livello di sviluppo potenziale, cos com determinato attraverso il problem-solving sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari pi capaci (Vygotskij, 1934). 5
I problemi che afferiscono alla zona di sviluppo prossimale non possono essere risolti dal bambino autonomamente, ma solo con assistenza. La zona di sviluppo prossimale definisce quelle funzioni che non sono ancora mature nel bambino, ma che sono nel processo di maturazione, funzioni che matureranno domani e che sono al momento ancora in uno stadio embrionale. Il livello effettivo di sviluppo invece (nella figura 3 lArea A), definisce le funzioni che sono gi maturate (competenza individuale). Se un bambino sa fare certe cose autonomamente, significa che le funzioni per quelle certe cose sono maturate in lui. Questo livello quello comunemente misurato con i vari test (pensiamo ad esempio a quelli per valutare il Q.I. di un soggetto), mentre di solito non viene quasi mai indagata quellarea che precede e traina lo sviluppo cognitivo (Area B). Le frecce che partono dallarea della competenza (Area A della figura 3) stanno ad indicare che lo sviluppo della conoscenza avviene in modo disomogeneo: si sviluppano di pi certi settori e meno altri. Questo sviluppo disomogeneo e non per cerchi concentrici, ci permette di capire meglio i vari tipi di intelligenza come ha ipotizzato per esempio Gardner (1987) e le varie propensioni stilistiche (stili cognitivi) che sono diverse da persona a persona (Cornoldi, De Beni e il gruppo M.T.,1993; Sternberg, 1996). Lattenzione del ricercatore e delleducatore dovrebbe quindi spostarsi, da quello che il bambino in grado di fare da solo (area della competenza individuale), a quello che potrebbe fare se aiutato dallinsegnante o dai compagni (area dello sviluppo prossimale). E in questultima area che si dovrebbe collocare la proposta formativa della scuola. Teniamo presente che la proposta didattica non si pu collocare nellarea della competenza, perch sarebbe una perdita di tempo insegnare ci che il ragazzo sa gi fare, con il rischio di demotivarlo e di generare idee autosvalutanti (Linsegnante mi crede un cretino e pensa che non sia capace di fare questa cosa); viceversa non si pu collocare la proposta neanche nellarea dellincompetenza, perch sarebbe ugualmente una perdita di tempo, non avendo ancora il ragazzo quelle conoscenze che possono permettergli di risolvere quel determinato problema; lo stesso in questo caso si profila un rischio di demotivazione e del sorgere di idee autosvalutanti (Non sono bravo a nulla; Non sono capace; Non sono intelligente,); in questarea dellincompetenza (nella figura 3 lArea C) il bambino per quanti sforzi faccia, non pu risolvere i problemi presentati, neanche se aiutato dallinsegnante o dai compagni. Mirare bene la proposta didattica nellarea di sviluppo prossimale e organizzare in modo efficace gli aiuti e la riflessione metacognitiva, diventa uno degli aspetti cruciali dellapprendimento. Nella valutazione del potenziale apprenditivo (area di sviluppo prossimale), si parte dal principio che i test di intelligenza non debbano misurare solo le conoscenze e le competenze individuali acquisite dal soggetto, ma anche la capacit di apprendere, cio la sua area di sviluppo potenziale del soggetto. Due ragazzi pur ottenendo risultati simili ai test di misurazione del quoziente intellettivo, possono differenziarsi tra loro per la diversit del loro potenziale di apprendimento (uno pu avere unarea di sviluppo prossimale pi ridotta e un altro pi ampia). Una strategia utilizzata per misurare il potenziale di apprendimento quella intensiva (Dias, 1995), che consiste in questi due passaggi: 1. prima si valuta la competenza individuale dellalunno nella soluzione dei problemi (Area A della figura 4.1); 2. successivamente si interviene sui problemi non conclusi o sbagliati, fornendo degli aiuti graduali standardizzati, per permettere allo studente di risolvere anche quelle risposte che ha sbagliato o non ha completato (Area B della figura 4). Pi aiuti vengono forniti al ragazzo e pi ridotta larea di sviluppo prossimale, viceversa, meno aiuti si forniscono e maggiore risulta essere questarea. Unaltra modalit valutativa dellarea di sviluppo prossimo quella estensiva, che si articola nelle seguenti tre fasi (Dias, 1995).
1) fase del pre test: il ragazzo deve risolvere differenti problemi senza aiuto (test standardizzato di misurazione della competenza individuale). In questo modo si ottiene una linea di base delle competenze del ragazzo nel dominio cognitivo scelto. 2) fase di apprendimento: il ragazzo viene aiutato a risolvere i problemi del test non conclusi o sbagliati, scegliendo tra due diverse modalit: - la prima tramite una procedura standardizzata, che permette di controllare i differenti tipi e gradi di aiuto che orientano il ragazzo alla soluzione dei vari problemi non risolti; - la seconda tramite un adattamento personalizzato degli aiuti forniti al ragazzo per orientarsi nella risoluzione dei problemi, sulla base dei bisogni da lui manifestati (metodo non standardizzato di valutazione dinamica, Feuerstein, 1980). 3) fase del post apprendimento: il ragazzo deve rifare il test standardizzato utilizzato nella fase del pre test, per verificare se la sua competenza individuale migliorata dopo la fase di apprendimento. Si pu anche riapplicare il test a distanza di tempo per verificare se questi apprendimenti acquisiti siano pi o meno stabili e quanto sia aumentata larea della competenza personale (Area B della figura 3). Importante sviluppare un atteggiamento positivo verso le sfide cognitive, che permetta di ricercare insieme le strade e gli aiuti volti ad affrontare e superare le varie difficolt (Dweck, 2000). Questo atteggiamento dipende in gran parte dai successi ottenuti e dalle relazioni positive che si sono instaurate con i compagni, con gli insegnanti e con i familiari. Viceversa, si pu sviluppare un atteggiamento di impotenza appresa, di rinuncia, quando si va incontro a frequenti insuccessi o a relazioni negative con il gruppo dei pari, con gli insegnanti o con i familiari (Bandura, 2000). Fondamentale per lo sviluppo apprenditivo, diventa il contesto, che pu essere di aiuto o di freno. in un clima favorevole che si costruiscono le convinzioni positive che riguardano la propria autostima. Le sfide si accettano se si convinti di poterle vincere o di avere molte probabilit di successo. Ma si accettano ancora pi volentieri le sfide, se si sa che non si soli, che c qualcuno pronto ad aiutarci. Questa convinzione, oltre a creare un benessere psicologico generale, permette anche una maggior gestione dellansia da prestazione: un conto , ad esempio, fare un tema, un riassunto, un racconto, una cronaca, un problema, da soli, altro poterlo fare assieme a uno o pi compagni. Se gli insegnanti lanciassero le sfide cognitive a coppie di ragazzi o a piccoli gruppi di alunni, si potrebbe concretizzare quello che Vygotskij chiama lapprendimento socializzato nella zona di sviluppo prossimale. I ragazzi, poi, riflettendo insieme o da soli sulle difficolt incontrate, su cosa hanno fatto per superarle, quali aiuti sono stati decisivi e quali fuorvianti, svilupperebbero la consapevolezza metacognitiva che permette loro di assimilare nuove abilit e conoscenze a quelle pregresse, gi possedute in memoria a lungo termine (aumento dellarea A della competenza rappresentata nella figura 4.1). Lacquisizione delle abilit sociali, condiziona pesantemente il successo formativo: pi i ragazzi riescono ad esprimere i propri pensieri in modo chiaro, a condividere risorse e spazi comuni, a gestire positivamente i conflitti, a incoraggiare gli altri, rispettare i turni nella comunicazione, a parlare a voce bassa e in modo pacato, e pi imparano e hanno successo a scuola. Una metodologia che aiuta gli alunni a confrontarsi, a costruire insieme la competenza, a modificare i propri schemi per tener conto anche del punto di vista dellaltro, quella dellapprendimento cooperativo (cooperative learning). Questo tipo di apprendimento si pu definire come un insieme di principi e tecniche per far lavorare gli alunni in piccoli gruppi, generalmente eterogenei, dove i ragazzi ricevono una valutazione in base ai risultati raggiunti sia sotto il profilo cognitivo, che sociale (Comoglio e Cardoso, 1996). Questa metodologia dellapprendimento cooperativo viene da noi completata con i contributi offerti dalla didattica metacognitiva, ottenendo una sintesi dei due approcci in una nuova prospettiva cooperativa metacognitiva, come abbiamo visto nellesempio tratto da Sullivan Palincsar e Brown (1989). 7
Questa nuova prospettiva caratterizzata da una modalit di gestione democratica della classe fondata sullaiuto reciproco e sullinterdipendenza positiva, nella quale ogni elemento del gruppo ha bisogno degli altri per raggiungere lobiettivo, ma anche gli altri hanno bisogno di lui (solo insieme si riesce a raggiungere la meta stabilita insieme). Il gruppo stesso pu essere definito come un insieme dinamico di individui che condividono uno scopo comune e che caratterizzato da un rapporto di interdipendenza positiva tra i membri del gruppo (Dozza, 1993). Esso pu produrre lavoro, inteso come insieme di azioni, movimenti, processi e prodotti messi in essere dal gruppo stesso. Nei gruppi cooperativi metacognitivi la qualit del lavoro di gruppo e quindi della costruzione della conoscenza pu essere rilevata ricorrendo a quattro indicatori: 1) gli obiettivi Nei gruppi cooperativi metacognitivi gli obiettivi sono significativi, chiari, delimitati, concordati e condivisi; inoltre sono sia cognitivi sia sociali; mentre nei gruppi tradizionali gli scopi sono assegnati dal docente, senza che ci sia condivisione e gli obiettivi sono quasi esclusivamente cognitivi; 2) i ruoli Nei gruppi cooperativi metacognitivi i ruoli sono distribuiti tra tutti i componenti del gruppo, sono chiari, delineati, condivisi e le abilit sociali vengono insegnate sistematicamente; mentre nei gruppi tradizionali i ruoli e le abilit sociali sono ignorate e lasciate alla spontaneit; 3) la partecipazione Nei gruppi cooperativi metacognitivi la partecipazione strutturata con cura dallinsegnante: tutti vengono coinvolti in modo attivo e partecipativo attraverso dei contratti formativi, nei quali si concordano insieme gli obiettivi, le fasi e i tempi del lavoro, gli strumenti e i criteri di valutazione; c un alto livello di interdipendenza positiva tra i ragazzi, con responsabilit sia individuali, sia di gruppo; mentre nei gruppi tradizionali solo linsegnante che decide lattivit, c un basso livello di interdipendenza tra i ragazzi e la responsabilit principalmente di tipo individuale; la partecipazione fa riferimento alle tipologie dei rapporti interpersonali (legami tra i ragazzi, responsabilit individuali e di gruppo, sistemi di comunicazione, aiuti reciproci, valorizzazione degli apporti di ciascuno) ed prevalentemente cooperativa, con un insegnante che osserva le relazioni e interviene solamente se strettamente necessario; mentre nei gruppi tradizionali la partecipazione prevalentemente competitiva o individualistica con un insegnante che prevalentemente si disinteressa, o interviene quando si verificano comportamenti inaccettabili; nei gruppi cooperativi metacognitivi c molta attenzione al monitoraggio dei comportamenti sociali agiti, allautovalutazione dei prodotti e dei processi e alla riflessione metacognitiva; viceversa nei gruppi tradizionali c scarsa attenzione al monitoraggio, allautovalutazione comune, alla revisione metacognitiva dei comportamenti sociali e cognitivi agiti e scarsa preoccupazione al miglioramento della cooperazione; le gratificazioni generalmente nei gruppi cooperativi metacognitivi sono rivolte allintero gruppo, mentre in quelli tradizionali sono prevalentemente individuali. 4) la riflessione: Nei gruppi cooperativi metacognitivi la riflessione continua: dopo una serie di azioni ci si ferma sempre a riflettere sui legami tra i ragazzi, sui sistemi di comunicazione, sugli aiuti reciproci, sulla valorizzazione degli apporti di ciascuno, sul monitoraggio dei comportamenti sociali agiti, sullautovalutazione dei prodotti e dei processi (modalit ricorsiva del go and stop); il tempo dedicato al momento di revisione metacognitiva dellattivit di gruppo congruo e ogni occasione buona per sviluppare le varie attivit di monitoraggio e di controllo metacognitivo (la consapevolezza del funzionamento proprio e generale, la previsione, la pianificazione, il monitoraggio, la valutazione, la revisione metacognitiva, lastrazione e il trasferimento delle conoscenze ); mentre nei gruppi tradizionali c scarsa attenzione alla riflessione, al monitoraggio e al controllo, allautovalutazione comune, alla revisione metacognitiva dei comportamenti sociali e cognitivi agiti e scarsa preoccupazione al miglioramento della 8
cooperazione. In apprendimento cooperativo metacognitivo il contesto educativo collaborativo allinterno del gruppo e moderatamente competitivo tra i gruppi. Ognuno responsabile del proprio apprendimento, ma anche di quello dei compagni. Attraverso la riflessione comune i ragazzi acquisiscono maggior consapevolezza metacognitiva e trasferiscono la competenza socializzata in competenza individuale. Labitudine a confrontarsi, a cercare di capire il punto di vista degli altri, a chiarire i propri pensieri, produce strategie di analisi pi approfondite e critiche, risposte pi creative e livelli di pensiero pi elevati. Lapprendimento cooperativo non esclude un insegnamento diretto frontale da parte dellinsegnante, anzi importante che prima di un lavoro cooperativo il docente mostri direttamente alla classe come utilizzare le strategie pi adatte ad affrontare e risolvere i vari problemi. Dobbiamo per essere consapevoli che un insegnamento diretto insegnante alunni pu presentare almeno tre rischi soprattutto con gli alunni disabili o meno competenti (Cohen, 1999, Kagan, 2000): a) linsegnamento diretto dellinsegnante pi adatto ad alunni con medie competenze, ma pu risultare scarsamente efficace con alunni in difficolt, che hanno bisogno di un insegnamento pi individualizzato; b) lattenzione dei ragazzi, in situazioni che coinvolgono tutta la classe, pu essere intermittente (a volte seguono la lezione e a volte no), quindi hanno bisogno di situazioni pi coinvolgenti dal punto di vista motivazionale e attentivo; c) linsegnamento diretto coinvolge i ragazzi in modo che potremmo definire cognitivamente superficiale; c bisogno quindi di un coinvolgimento maggiore affinch le nuove conoscenze si integrino con quelle gi acquisite; in altre parole ci vuole quello che nel modello vygotskijano viene definito come sviluppo della consapevolezza metacognitiva. Questa consapevolezza avviene pi facilmente allinterno di un gruppo di discussione pi piccolo rispetto alla classe, dove linterazione e il coinvolgimento sono maggiori, se i ragazzi hanno la possibilit di confrontarsi liberamente senza la presenza diretta dellinsegnante. Presenza che pu creare dipendenza e ostacolare lacquisizione dellautonomia di giudizio da parte dellalunno; questo lo sanno bene anche gli insegnante di sostegno e numerose purtroppo risultano essere le situazioni nelle quali i ragazzi in difficolt lavorano solamente quando presente questo docente. Diventa fondamentale perci, passare da un insegnamento eterodiretto (guidato dallinsegnante) a uno autodiretto (guidato dagli stessi alunni), come quello che avviene nei piccoli gruppi cooperativi metacognitivi. Terzo elemento della teoria vygotskijana: lo sviluppo della metacognizione Nel modello di Vygotskij lo sviluppo delle abilit metacognitive permette linteriorizzazione della conoscenza socializzata esterna al soggetto. La metacognizione il livello superiore dellintelligenza, che controlla e guida i vari processi cognitivi sottostanti e che si sviluppa e guadagna in efficienza attraverso linterazione sociale. Secondo Brown (1987), il concetto di metacognizione ha due diversi significati: il primo indica la conoscenza che il soggetto ha riguardo il proprio funzionamento cognitivo e quello degli altri, il modo in cui pu prenderne coscienza e tenerne conto; il secondo indica i meccanismi di regolazione o di controllo del funzionamento cognitivo. Questi meccanismi si riferiscono alle attivit che permettono di guidare e di regolare lapprendimento e il funzionamento cognitivo nelle situazioni di risoluzione dei problemi. Secondo Flavell (1976) la metacognizione pu essere descritta come consapevolezza delle proprie conoscenze, del proprio funzionamento cognitivo e delle attivit di regolazione e controllo delle proprie abilit cognitive (strategie metacognitive). Questi meccanismi centrali di regolazione (Vygotskij, 1934) si sviluppano dallesterno allinterno (dalleteroregolazione allautoregolazione). Diventa, perci, fondamentale la relazione giocata dallo studente con gli adulti e con i pari. Il bambino diventa autonomo prendendosi progressivamente in carico le varie funzioni metacognitive necessarie al proprio apprendimento. 9
Lorigine di queste funzioni metacognitive si situa nelle interazioni sociali: allinizio un esperto o un pari stimola lattivit sociale e progressivamente interagendo si arriva ad una condivisione delle funzioni che permettono di risolvere i problemi. Il controllo dellattivit socializzata, quindi, avviene dallinterazione sociale (Guarda, qui non va bene, c un errore, forse dovremmo fare, proviamo in questaltro modo). Lapprendimento consiste sostanzialmente nel prendere consapevolezza di questi processi socializzati esternamente e nel trasferirli interiorizzandoli gradualmente e facendoli diventare propri processi autonomi (per questa ragione si parla nel testo di apprendimento cooperativo metacognitivo). Come abbiamo visto questo processo graduale di interiorizzazione delle funzioni cognitive e metacognitive comincia molto presto, molto prima dellet scolare, collocandosi nella zona di sviluppo prossimale. Si possono distinguere diverse abilit metacognitive di regolazione e di controllo funzionali al processo di interiorizazione delle conoscenze tra le quali: la consapevolezza del funzionamento proprio e generale, la previsione, la pianificazione, il monitoraggio, la valutazione, la revisione metacognitiva, lastrazione e il trasferimento delle abilit e conoscenze apprese. La consapevolezza del funzionamento cognitivo proprio e generale: riguarda la capacit di riflettere su come e quanto si sta facendo, su come stanno funzionando i propri processi cognitivi (ad esempio Quali strategie io posso usare per ricordare meglio questa poesia?) e quelli pi in generale (Quali sono le strategie pi efficaci per ricordare?). La previsione: riguarda la capacit di individuare un problema, di collegarlo con le conoscenze pregresse che gi si posseggono, di prevedere se si in grado o meno di risolverlo, a quale livello e in quanto tempo. Permette, quindi, di stimare il risultato di una nuova attivit cognitiva specifica: Questo problema saremo in grado di risolverlo? Quali conoscenze possediamo rispetto a questo problema? Sulla base di queste conoscenze, ci sembra facile o difficile? Pensiamo di essere in grado di risolverlo? Nel caso positivo, in quanto tempo e a quale livello?. La pianificazione: riguarda limmaginare come procedere per raggiungere un obiettivo, risolvere un problema, come ad esempio costruire un oggetto, o costruire le condizioni favorevoli allo sviluppo di. Include le capacit metacognitive di previsione e progettazione dellattivit futura, di riflettere e decidere sulle strategie migliori per raggiungere lobiettivo. In altre parole il pensare alla strada da percorrere per raggiungere lobiettivo prefissato, alle strategie pi efficaci da utilizzare, ai materiali, alla specificazione delle fasi di lavoro e dei relativi tempi, al livello qualitativo dei risultati e al rapporto tra efficienza ed efficacia dellinvestimento. II monitoraggio: riguarda il controllo dellazione intrapresa, il testare, rivedere, rimaneggiare le strategie, cambiare direzione, Un controllo da mettere in essere durante lattivit stessa per valutare se si sta o meno avanzando verso lobiettivo stabilito e se la pianificazione preventiva viene o meno rispettata: Stiamo procedendo verso lobiettivo o ci stiamo allontanando? Le strategie che stiamo utilizzando sono efficaci? E utile tornare indietro per comprendere meglio il compito o continuare a procedere verso la soluzione?. La revisione metacognitiva: riguarda la capacit di ripercorrere passo passo quanto fatto in gruppo o da soli per ricercare cosa sia andato bene e cosa meno bene e quindi avrebbe potuto essere modificato o condotto in modo diverso; permette di acquisire una maggior consapevolezza dellagito e delle possibili alternative che si potevano percorrere per valutarne lefficacia in rapporto agli obiettivi da perseguire. La valutazione: riguarda il dare valore ad un risultato ottenuto o a un processo attuato in relazione agli obiettivi perseguiti e allimpegno profuso. Il comprendere se si o meno soddisfatti dei risultati raggiunti, delle strategie utilizzate, dei percorsi svolti. Lindividuare i punti forti e quelli deboli di una determinata attivit, quali potrebbero diventare gli eventuali correttivi da mettere in campo in compiti simili: Siamo contenti del prodotto finito? Eandato tutto liscio o ci sono stati degli intoppi (ed eventualmente quali)? Cosa cambieremmo se dovessimo rifare il compito? . Lastrazione e il trasferimento: riguarda lastrazione, la generalizzazione e il trasferimento di 10
una strategia, una abilit o una conoscenza, in altri contesti o situazioni nuove. E questo un indice importante del potenziale apprenditivo del soggetto che apprende: Riusciamo ad individuare le caratteristiche pi importanti? Quali caratteristiche possono servire in altre situazioni e in quali? Possiamo trarre da questo compito un insegnamento generale?.... Tra i vari tipi di tranfer possibili due sembrano essere particolarmente rilevanti: a) il tranfer laterale e verticale: laterale quando il ragazzo riesce ad applicare labilit appresa anche in contesti simili a quello nel quale ha appreso quella determinata abilit e verticale quando il ragazzo riesce ad applicare la strategia appresa in contesti molto diversi con gradi di complessit maggiori rispetto a quello di partenza (Gagn, 1970); b) il transfer vicino e lontano: questo avviene a seconda della distanza tra la situazione apprenditiva di partenza e quella nella quale viene applicata labilit appresa: pi si percepisce lontana la nuova situazione e pi diventa difficile il trasferimento dellabilit nel nuovo contesto (Campione e Brown, 1987). Nei soggetti disabili o con difficolt scolastiche, i meccanismi metacognitivi di regolazione e di controllo sono poco sviluppati e quindi, un buon programma di intervento cooperativo metacognitivo per questi ragazzi dovrebbe prevedere aiuti mirati a sollecitare questi processi. Per questo linterazione di altri ragazzi che svolgono funzioni di controllo esterno, diventa strategico nel processo di interiorizzazione dei meccanismi autoregolativi (Doudin, 1990). Facciamo un esempio di come sviluppare le abilit metacognitive di lettura di un testo qualsiasi (storico, geografico, scientifico, di narrativa,). Linsegnante pu dividere la classe in coppie di studenti e fornire loro delle domande da porsi prima, durante e dopo la lettura fatta in coppia (vedi tabella1).
Tab. 1 Strategie da applicare prima, durante e dopo la lettura testuale (rielaborazione tratta da Bryant, Ugel, Thompson e Hamff, 2000)
Domande da porsi prima, durante e dopo la lettura in coppia Prima 1. Qual il nostro obiettivo nella lettura di questo testo? (orientamento) 2. Cosa sappiamo gi su questo argomento? (attivazione delle conoscenze pregresse) 3. Cosa pensiamo di imparare da questo argomento? (previsione) 4. Questo testo ci sembra interessante? (previsione) Durante 1. Ci che leggiamo ha un senso? (controllo della comprensione semantica) 2. Era quello che ci aspettavamo? Dovremmo rivedere le nostre previsioni o sospendere il giudizio a un momento successivo? (controllo delle previsioni e delle ipotesi) 3. I punti importanti come sono collegati gli uni agli altri? (controllo della struttura testuale) 4. Cosa possiamo fare per capire meglio? Dovremmo continuare a leggere, tornare indietro a rileggere o fermarci e utilizzare una strategia? (controllo della comprensione testuale complessiva) 5. Come continuer questa lettura? Cosa succeder ancora? Come finir? (previsione) Dopo 1. Quali erano i punti pi importanti? (valutazione gerarchica) 2. Quali parti confermavano questi punti? (valutazione della coerenza testuale) 3. Qual la nostra opinione? Cosa pensiamo? Siamo daccordo o no? (valutazione critica) 4. Quali nuove informazioni abbiamo imparato? (valutazione sommativa) 5. Dovremmo rileggere per capire meglio? Ci sono altre strategie che dovremmo utilizzare? (valutazione formativa) 6. Qual la nostra opinione? Cosa pensiamo in proposito? Siamo daccordo oppure no? (valutazione critica) 11
Le domande da porsi prima di leggere il testo in coppia possono essere le seguenti: - Qual lobiettivo ci prefiggiamo con la lettura di questo testo? Lobiettivo in questo caso orienta lo sforzo cognitivo degli studenti e prefigura nuove conoscenze e capacit. - Cosa sappiamo gi relativamente a questo argomento? Il confronto di coppia permette di attivare le conoscenze pregresse relative allargomento da approfondire. - Cosa pensiamo di imparare da questo argomento? Questo testo ci sembra interessante? Basandoci sulle conoscenze pregresse, i ragazzi possono immaginarne di nuove e crearsi delle aspettative rispetto alla lettura da fare insieme. Anche durante la lettura i ragazzi si possono fermare al termine di ogni paragrafo per chiedersi: - Ci che stiamo leggendo ha un senso? questa una forma basilare di controllo sulla comprensione semantica testuale, attraverso la quale i ragazzi possono accedere a forme di comprensione superiori (livelli diversi di comprensione sovraordinati). - Era quello che ci aspettavamo? Dovremmo rivedere le nostre previsioni o sospendere il giudizio a un momento successivo? E un modo per controllare se le previsioni e le ipotesi effettuate prima di iniziare a leggere vengono confermate o sconfermate dalla lettura testuale. - I punti importanti come sono legati gli uni agli altri? Gli studenti cominciano a costruire insieme una mappa cognitiva delle informazioni presenti nel testo evidenziando i vari collegamenti. - Cosa possiamo fare per capire meglio? Dovremmo continuare a leggere, tornare indietro a rileggere o fermarci e utilizzare unaltra strategia? Questo controllo della comprensione testuale permette di individuare i concetti poco chiari e di trovare delle strategie efficaci per uscire da determinati impasse. - Come continuer questa lettura? Cosa succeder ancora? Come finir? Sulla base di quanto abbiamo finora o delle nostre precedenti conoscenze possiamo avanzare delle ipotesi su come continuer la lettura e dove probabilmente andr a parare (abilit di previsione). Alla fine della lettura testuale i ragazzi possono riflettere in modo sistematico su quanto letto aiutandosi con domande del tipo: - Quali erano i punti pi importanti? Si vuole far riflettere la coppia sul dare un peso specifico diverso alle varie informazioni, distinguendo quelle pi importanti da quelle di dettaglio pi marginali. - Quali parti confermano questi punti? Si vuole far riflettere i ragazzi sui legami forti e deboli che intercorrono tra le informazioni e su quale coerenza testuale ci sia tra le informazioni stesse. - Qual la nostra opinione? Cosa ne pensiamo? Siamo daccordo o no? E questo un modo per sviluppare il pensiero critico dei ragazzi, confrontando le loro conoscenze con quelle ricavate dal testo letto e cercando di valutare quali siano quelle ritenute pi giuste, pi rispondenti al vero. - Quali nuove informazioni abbiamo imparato? Serve a fare un bilancio dellattivit svolta, a dare un valore a quanto imparato di nuovo o a riconfermare quello che gi sapevamo (valutazione sommativa). - Dovremmo rileggere per capire meglio? Ci sono altre strategie che dovremmo utilizzare? Si vuole con queste domande far riflettere i ragazzi su come proseguire o concludere il compito: se la coppia ritiene di aver compreso bene il testo pu decidere che il loro compito concluso; viceversa se ritiene di non aver compreso ancora bene tutto, allora pu decidere di rileggere il testo o di ricercare altre strategie per migliorare la comprensione (come ad esempio vedere sul vocabolario le parole che non si conoscono o approfondire su altri testi quei concetti solamente abbozzati dallautore). - Qual la nostra opinione? Cosa ne pensiamo? Siamo daccordo o no? E questo un modo per sviluppare il pensiero critico dei ragazzi, confrontando le loro conoscenze con quelle ricavate dal testo letto e cercando di valutare quali siano quelle ritenute pi giuste, pi rispondenti al vero. 12
Tutte queste domande da porsi prima, durante e dopo la lettura testuale sono importanti per aiutare i ragazzi a diventare pi strategici, pi riflessivi, pi metacognitivi. In questo modo diventa pi facile comprendere il testo e interiorizzare i saperi, sviluppando cos la propria area di competenza individuale. Quarto elemento della teoria vygotskijana: lo sviluppo delle competenze individuali Come abbiamo visto linteriorizzazione graduale delle attivit socializzate, che si formano ad esempio sotto la guida di adulti esperti o nellinterazione tra ragazzi, porta, attraverso la consapevolezza metacognitiva, allo sviluppo delle competenze individuali (Vygotskij, 1934). La qualit della mediazione dei compagni nei gruppi apprenditivi ha un ruolo strategico nel permettere al soggetto di riflettere e appropriarsi delle conoscenze. Inoltre lo sviluppo delle abilit metacognitive sono condizioni necessarie per rinforzare la capacit di trasferire e generalizzare una strategia. Quando un ragazzo impara a valutare le proprie strategie, sviluppa un apprendimento di secondo livello (apprendimento metacognitivo) e quindi competenze di ordine superiore. I risultati apprenditivi migliorano in modo duraturo grazie ad una riflessione comune efficace sulle proprie azioni intraprese. Attraverso lo sviluppo delle abilit metacognitive di regolazione e di controllo, migliorano le capacit di trasferimento e di generalizzazione delle conoscenze e delle strategie. Anche il ruolo della famiglia (in particolare quello dei genitori) determinante sia nellacquisizione che nel mantenimento delle competenze metacognitive (Carr e Borkowski, 1989). Il riconoscimento pubblico delle competenze acquisite di fondamentale importanza nella valorizzazione dell'alunno. Soprattutto in presenza di alunni disabili, occorre comunicare alla classe quali sono le cose che essi sanno fare bene e per le quali non hanno bisogno di aiuto: Jessica brava a imparare a memoria le canzoni in inglese. Potrebbe aiutare gli altri e fare da suggeritrice. Allora quando non vi ricordate una parola del testo, per favore rivolgetevi a Jessica. Questo pubblico riconoscimento dell'insegnante aiuta a modificare le convinzioni da parte degli altri e dellalunna stessa che Jessica non sia capace di fare nulla e permette alla ragazza di sentirsi utile ai compagni e in grado di fare I complimenti e i riconoscimenti per, non devono essere generici, ma basarsi su precisi dati di fatto, che tutti possono controllare. Il rischio altrimenti, quello di ottenere un risultato opposto (soprattutto con ragazzi pi grandi delle medie o delle superiori). I troppi complimenti possono creare imbarazzo nello studente e una reazione negativa da parte dei compagni: Ecco, cerca di dargli un contentino, poveretto!(Cohen, 1999). Occorre essere onesti e sinceri attribuendo meriti a situazioni e comportamenti specifici, reali, verificabili e non inventando o sopravvalutando situazioni che finiscono poi col danneggiare il ragazzo in difficolt. Per questo la Cohen sottolinea le tre caratteristiche che deve avere l'accertamento valutativo delle competenze: le valutazioni devono essere pubbliche: Mario, che svolgeva il ruolo di osservatore esterno, rimasto tutto il tempo seduto ad ascoltare i suoi compagni, ha messo una crocetta ogni volta che un compagno intervenuto, per controllare che ci fosse stata un'equa partecipazione tra i vari componenti del gruppo. Il suo comportamento stato esemplare, bravo!; le valutazioni devono essere specifiche: Avendo il ruolo di incoraggiatore, Jessica ha chiesto molte volte ai compagni di intervenire o cosa ne pensavano dell'intervento precedente. Complimenti, ha svolto molto bene la sua parte!; le capacit/abilit messe in campo dallo studente disabile devono essere evidenziate rispetto al compito che il gruppo deve eseguire e rispetto alla parte a lui assegnata: Il ruolo di responsabile dei materiali di Patrizio stato svolto molto bene, il gruppo stato contento di trovare tutto l'occorrente prima di iniziare il lavoro e per questo tutti dobbiamo ringraziarlo!. Se si molto specifici nell'abilit o capacit dimostrata dallo studente disabile durante il lavoro cooperativo, sia lui, sia il suo gruppo sapr che la valutazione corrisponde al vero e quindi ci sar 13
condivisione tra i membri del gruppo e l'attivazione di aspettative positive, anche nei confronti del ragazzo pi debole. Questa valorizzazione dello studente comporta un'attenta osservazione da parte dell'insegnante delle abilit multiple messe in campo dai ragazzi. Utile a tal fine pu essere anche una valutazione assertiva, che evidenzi i punti forti e quelli deboli di ciascuno e cosa si debba fare per migliorare le proprie prestazioni. Pi gli insegnanti programmano interventi di valorizzazione delle abilit degli alunni pi deboli e pi aumenta la partecipazione di questi ultimi alle attivit della classe e il loro riconoscimento nel gruppo. Anche il metodo dell'apprendimento a puzzle (Jigsaw) ci pu essere daiuto, poich permette ai ragazzi di allenarsi prima di fare da insegnanti ai loro compagni. Se, ad esempio, dividiamo la classe in gruppi di quattro per l'apprendimento di alcune abilit matematiche, tutti i numeri uno dei vari gruppi potrebbero diventare esperti nelle frazioni, tutti i numeri due esperti nelle divisioni a due cifre, i numeri tre nelle misurazioni lineari e i numeri quattro nei pesi e nelle capacit di misura. Ogni gruppo di esperti si riunir per analizzare insieme il compito, risolverlo e trovare le strategie pi adatte per l'insegnamento di quanto appreso ai propri compagni di gruppo. Gli alunni disabili possono diventare esperti se hanno le abilit necessarie, o possono essere affiancati da un compagno pi abile e ritagliarsi un aspetto alla loro portata (ad esempio di disegnatori delle frazioni nei fogli millimetrati). Limportante che ci sia un ruolo preciso e riconosciuto dagli altri anche per loro e che possano sperimentare una posizione di potere nei confronti dei loro compagni (L'esperto disegnatore delle frazioni su fogli millimetrati Andrea). Lidio Miato (Iprase del Trentino)
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