Impianti Elettrici Civili: Legislazione Tecnica

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Fabrizio Piroli

IMPIANTI
ELETTRICI CIVILI

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Edizioni di Legislazione Tecnica


Trimestrale di monografie tecniche, testi coordinati, capitolati | 4° trimestre 2022
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PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE
pubblica: monografie tecniche, testi coordinati, capitolati ecc. riguardanti l’edilizia e le opere civili

Direttore responsabile: Pietro de Paolis


LEGISLAZIONE TECNICA S.r.l. - P.I.: 05383391009
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IMPIANTI ELETTRICI CIVILI

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La riproduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo,
nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi.

Finito di stampare nel mese di marzo 2023 da


Stabilimento Tipolitografico Ugo Quintily S.p.A.
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I contenuti e le soluzioni tecniche proposte sono espressioni dell’esperienza maturata nel corso
degli anni dagli Autori. Esse possono, quindi, soltanto essere fatte proprie dal lettore, o sempli-
cemente rigettate, ed hanno l’intento di indirizzare e supportare il tecnico nella scelta della solu-
zione che maggiormente si adatta alla situazione oggetto di analisi. Rimane, pertanto, a carico
del tecnico la selezione della soluzione da adottare. Il lettore utilizza il contenuto del testo a
proprio rischio, ritenendo indenne l’Editore e gli Autori da qualsiasi pretesa risarcitoria.

 
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INDICE

INTRODUZIONE ..................................................................................... 9

PARTE PRIMA
NOZIONI GENERALI

CAPITOLO 1 - IL QUADRO NORMATIVO


1.1 Vademecum normativo ................................................................... 13
1.2 Leggi, decreti legislativi e decreti ministeriali .................................. 20
1.2.1 La Legge 186/1968 ............................................................... 20
1.2.2 D.P.R. 462/2001 - Guida tecnica alla prima verifica degli
impianti di protezione dalle scariche atmosferiche e impianti
di messa a terra .................................................................... 21
1.2.3 Il D. Leg.vo 81/2008 .............................................................. 25
1.2.4 Il D.P.R. 151/2011 ................................................................. 27
1.2.5 La Legge 46/1990 ................................................................. 27
1.2.6 Il D.M. 37/2008 ...................................................................... 28
1.3 Norme CEI....................................................................................... 45
1.3.1 Norme e guide CEI di carattere generale ............................. 45
1.3.2 Norme e guide CEI per i materiali elettrici, le apparecchiature
e le macchine ........................................................................ 46
1.3.3 Norme e guide CEI per gli impianti utilizzatori ...................... 48
1.3.4 La norma CEI 64-8 ................................................................ 49
1.4 Effetti della corrente elettrica sul corpo umano ............................... 60
1.4.1 La folgorazione...................................................................... 60
1.4.1.1 Limiti di percezione .................................................. 61
1.4.1.2 Tetanizzazione .......................................................... 61
1.4.1.3 Arresto respiratorio ................................................... 62
1.4.1.4 Fibrillazione ventricolare .......................................... 62
1.4.1.5 Rischi di ustioni ........................................................ 63
1.4.2 La resistenza del corpo umano ............................................. 65

CAPITOLO 2 - CARATTERISTICHE DELLA RETE


2.1 Definizioni ........................................................................................ 68
2.2 Protezione delle persone contro i contatti elettrici .......................... 71
2.2.1 Il contatto diretto.................................................................... 71
2.2.2 Involucri e barriere di protezione........................................... 73
2.2.3 Grado di protezione .............................................................. 73
2.2.4 Il contatto indiretto ................................................................. 76
2.2.4.1 Protezione senza interruzione automatica del
circuito ...................................................................... 77

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2.2.4.2 Protezione tramite interruzione automatica del


circuito ...................................................................... 80
2.3 La classificazione dei sistemi di distribuzione ................................. 81
2.3.1 Il sistema TT.......................................................................... 82
2.3.2 Il sistema TN ......................................................................... 86
2.3.3 Il sistema IT ........................................................................... 91
2.4 L’impianto di terra ............................................................................ 92
2.4.1 I componenti dell’impianto di terra ........................................ 93
2.4.2 Il dispersore........................................................................... 94
2.4.3 Il suolo ................................................................................... 96
2.4.4 La resistenza di terra ............................................................ 97
2.4.5 Il conduttore di protezione..................................................... 100
2.4.6 La sezione del conduttore di protezione nei sistemi TT ....... 104
2.4.7 La sezione del conduttore di protezione nei sistemi TN ........ 105
2.4.8 La sezione dei conduttori equipotenziali ............................... 107

CAPITOLO 3 - LE PROTEZIONI ELETTRICHE


3.1 Dispositivi di protezione, controllo e manovra ................................. 108
3.1.1 Dispositivi non automatici di protezione, controllo e
manovra conformi alla norma CEI EN 60947 ....................... 108
3.1.2 Dispositivi automatici di protezione, controllo e manovra
conformi alla norma CEI EN 60947 ...................................... 109
3.2 Protezione dei circuiti ...................................................................... 113
3.2.1 Protezione contro i sovraccarichi .......................................... 114
3.2.2 Protezione dal sovraccarico del cavo ................................... 114
3.2.3 Coordinamento tra conduttori e dispositivi di protezione ...... 115
3.2.4 Curve caratteristiche degli interruttori automatici.................. 116
3.2.5 Protezione del conduttore contro il cortocircuito ................... 120
3.2.6 Protezione del conduttore contro i sovraccarichi .................. 123
3.3 L’interruttore differenziale ................................................................ 124
3.3.1 Principali caratteristiche tecniche di funzionamento
dell’interruttore differenziale .................................................. 126
3.3.2 Classificazione degli interruttori differenziali ......................... 128
3.4 Coordinamento delle protezioni ...................................................... 132
3.5 La selettività .................................................................................... 133
3.5.1 Selettività amperometrica ..................................................... 135
3.5.2 Selettività cronometrica ......................................................... 137
3.5.3 Selettività energetica ............................................................. 140
3.5.4 Selettività logica .................................................................... 142
3.5.5 Selettività differenziale .......................................................... 142

CAPITOLO 4 - IL QUADRO ELETTRICO


4.1 Generalità ........................................................................................ 144

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4.1.1 La norma CEI 23-51 sui quadri elettrici ................................ 147


4.1.2 Dati di targa ........................................................................... 150
4.1.3 Verifiche e prove ................................................................... 151
4.1.4 Grado di protezione .............................................................. 153
4.1.5 Verifica limiti di sovratemperatura ......................................... 154
4.1.6 Dichiarazione di conformità del quadro elettrico ................... 156
4.1.7 Schema unifilare dei circuiti del quadro ................................ 157

CAPITOLO 5 - FONDAMENTI DI ILLUMINOTECNICA


5.1 Grandezze fotometriche fondamentali ............................................ 160
5.1.1 Il flusso luminoso .................................................................. 160
5.1.2 L’intensità luminosa .............................................................. 162
5.1.3 L’illuminamento ..................................................................... 163
5.1.4 La luminanza ......................................................................... 164
5.2 L’abbagliamento .............................................................................. 166
5.2.1 Abbagliamento molesto ........................................................ 167
5.3 Qualità della luce artificiale ............................................................. 170
5.3.1 Il colore.................................................................................. 170
5.3.2 Tonalità del colore ................................................................. 170
5.3.3 Resa cromatica ..................................................................... 171
5.4 Le sorgenti luminose ....................................................................... 172
5.4.1 Lampade fluorescenti tubolari ............................................... 173
5.4.2 Lampade fluorescenti tubolari compatte ............................... 175
5.4.3 Lampade a scarica ................................................................ 177
5.4.4 Lampade alogene ................................................................. 181
5.4.5 LED ....................................................................................... 182
5.4.6 Apparecchi per videoterminali............................................... 185
5.4.7 La classificazione delle sorgenti luminose ............................ 186
5.5 Il progetto illuminotecnico ................................................................ 187
5.5.1 Il metodo punto a punto ........................................................ 189
5.5.2 Il metodo del flusso totale ..................................................... 190

CAPITOLO 6 - LE FASI DI LAVORAZIONE DELL’IMPIANTO ELETTRICO


6.1 Principali tipologie di impianto elettrico ........................................... 197
6.1.1 Impianto elettrico sotto traccia .............................................. 197
6.1.2 Impianto elettrico con canalina esterna a vista ..................... 200
6.1.3 Impianto elettrico sotto pavimento ........................................ 202
6.1.4 Impianto elettrico a controsoffitto .......................................... 203
6.2 Tubazioni e accessori per installazioni elettriche ............................ 205
6.2.1 Resistenza alle sollecitazioni meccaniche ............................ 206
6.2.2 Proprietà elettriche ................................................................ 207
6.2.3 Resistenza al calore ed alla fiamma ..................................... 207
6.2.4 Resistenza alle influenze esterne ......................................... 207

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6.3 Sistemi di canalizzazione ................................................................ 210


6.4 Cassette di derivazione e scatole portafrutti ................................... 212
6.5 Criteri di installazione ...................................................................... 221

CAPITOLO 7 - I CONDUTTORI ELETTRICI


7.1 I conduttori e il regolamento CPR ................................................... 226
7.1.1 Nuove tipologie di conduttori................................................. 234
7.2 Modalità di posa .............................................................................. 244
7.3 Portata dei conduttori ...................................................................... 249
7.4 Dimensionamento rapido dei conduttori.......................................... 265
7.4.1 Linee monofase..................................................................... 266
7.4.2 Linee trifase........................................................................... 269

CAPITOLO 8 - APPARECCHI DI COMANDO, PRESE ELETTRICHE,


LOCALI BAGNO E LUOGHI MARCI
8.1 I dispositivi di comando ................................................................... 271
8.1.1 L’interruttore unipolare .......................................................... 271
8.1.2 Il deviatore............................................................................. 274
8.1.3 L’invertitore............................................................................ 277
8.1.4 Il relè ..................................................................................... 280
8.2 Le prese elettriche ........................................................................... 284
8.3 Il locale bagni .................................................................................. 290
8.4 I luoghi MARCI ................................................................................ 299

CAPITOLO 9 - LA PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI


9.1 Il progettista di impianti elettrici ....................................................... 302
9.2 I livelli della progettazione degli impianti elettrici ............................ 303
9.3 Determinazione della corrente minima e massima di cortocircuito . 309
9.4 Protezione contro le sovratensioni tramite SPD ............................. 312
9.4.1 Posizione e tipo di SPD ........................................................ 313
9.5 Caduta di tensione .......................................................................... 318
9.6 Rifasamento .................................................................................... 322

PARTE SECONDA
I PROGETTI

CAPITOLO 10 - PROGETTO 1: APPARTAMENTO DI LIVELLO 1


(SUPERFICIE COMPRESA TRA 75 E 125 m2)
10.1 Generalità ..................................................................................... 331
10.2 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 331
10.3 Locali e dotazioni .......................................................................... 333
10.4 Calcolo sovratemperatura ............................................................ 352
10.5 Misure e prove .............................................................................. 352

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CAPITOLO 11 - PROGETTO 2: APPARTAMENTO DI LIVELLO 2


(SUPERFICIE COMPRESA TRA 75 E 125 m2)
11.1 Generalità ..................................................................................... 354
11.2 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 354
11.3 Locali e dotazioni .......................................................................... 356
11.4 Calcolo sovratemperatura ............................................................ 375
11.5 Misure e prove .............................................................................. 375

CAPITOLO 12 - PROGETTO 3: STUDIO ODONTOIATRICO


12.1 Premessa ...................................................................................... 376
12.2 Definizioni ..................................................................................... 376
12.3 Classificazione dei locali ad uso medico ...................................... 377
12.4 Generalità ..................................................................................... 381
12.5 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 381
12.6 Locali e dotazioni .......................................................................... 381
12.7 Calcolo sovratemperatura ............................................................ 403
12.8 Misure e prove .............................................................................. 404

CAPITOLO 13 - PROGETTO 4: CENTRO ESTETICO


13.1 Premessa ...................................................................................... 405
13.2 Classificazione dei locali ad uso estetico ..................................... 406
13.3 Generalità ..................................................................................... 409
13.4 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 409
13.5 Locali e dotazioni .......................................................................... 409
13.6 Calcolo sovratemperatura ............................................................ 429
13.7 Misure e prove .............................................................................. 430

CAPITOLO 14 - PROGETTO 5: NEGOZIO


14.1 Generalità ..................................................................................... 431
14.2 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 431
14.3 Misure e prove .............................................................................. 464

CAPITOLO 15 - PROGETTO 6: UFFICIO


15.1 Premessa ...................................................................................... 465
15.2 Generalità ..................................................................................... 466
15.3 Dati dell’impianto elettrico ............................................................. 466
15.4 Locali e dotazioni .......................................................................... 466
15.5 Calcolo corpi illuminanti sala riunioni............................................ 489
15.6 Calcolo sovratemperatura ............................................................ 490
15.7 Misure e prove .............................................................................. 493

CAPITOLO 16 - PROGETTO 7: CANTIERE


16.1 Analisi preliminare ........................................................................ 494

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16.2 Fornitura energia elettrica ............................................................. 494


16.2.1 Quadro Q1 ....................................................................... 495
16.2.2 Quadro Q2 ....................................................................... 496
16.2.3 Quadro Q3 ....................................................................... 499
16.2.4 Quadro Q4 ....................................................................... 500
16.2.5 Gru a torre ........................................................................ 500
16.2.6 Container ......................................................................... 502
16.3 Illuminazione di cantiere ............................................................... 504
16.4 Impianto di terra ............................................................................ 504
16.5 Misure e prove .............................................................................. 519

CAPITOLO 17 - PROGETTO 8: CARICA DOMESTICA AUTO


ELETTRICA ............................................................................................ 520
17.1 Premessa ...................................................................................... 520

APPENDICE - L’ubicazione delle apparecchiature elettriche


negli edifici civili ad uso di persone diversamente abili ................... 525

NOTA PER IL DOWNLOAD

Tutte le figure pubblicate nella Parte seconda del presente volume (unitamente ad un
elenco completo di simboli grafici - in formato .DWG - che rappresentano i compo-
nenti elettrici) sono disponibili in formato .PDF nell’Area download, accessibile colle-
gandosi all’indirizzo:

www.legislazionetecnica.it/download

ed inserendo il codice riportato in seconda di copertina dopo aver effettuato l’accesso


con le proprie credenziali (chi non ne fosse in possesso dovrà preventivamente effet-
tuare la registrazione gratuita al sito).

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INTRODUZIONE

Ogni volta che si nota un fabbricato per ammirare la sua bellezza oppure per
farne un commento negativo si è soliti rivolgere l’attenzione alla parte edili-
zia che lo costituisce, ovvero: pareti, murature, balconi ecc.
Questo tipo di visione però risulta essere ormai superata in quanto al giorno
d’oggi, quando si procede alla valutazione di qualsiasi unità abitativa, risulta
fondamentale conoscere la sua classe energetica. Questa è un importante in-
dicatore da considerare quando ci si chiede - per esempio - quanta energia
consumerebbe un determinato appartamento, visto anche il continuo aumen-
tare dei costi energetici.
Questo giusto cambiamento di prospettiva ha dunque permesso di considera-
re gli impianti tecnologici presenti all’interno dell’edificio un’unica cosa con
l’involucro costruttivo.
Oltre alla parte prestazionale dell’impianto un altro aspetto fondamentale ri-
sulta essere la sicurezza dello stesso; in particolare questo aspetto è stato af-
frontato dapprima dal Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547 attraverso alcuni articoli e poi dalla ormai famosa Legge del 5
marzo 1990, n. 46 “Norme per la sicurezza degli impianti”.
La conoscenza acquisita fino ad oggi nel campo degli impianti elettrici ci in-
segna, purtroppo, che l’atteggiamento di chi opera in questo campo - sia co-
struttori che installatori - è quello di ignorare frequentemente le norme im-
piantistiche per miopi logiche economiche e di mercato trascurando i diritti
fondamentali degli individui e gli interessi della collettività.
Alla luce di quanto detto, pertanto, il progettista risulta essere una figura
chiave nella realizzazione dell’impiantistica elettrica e il suo compito è di
adottare le migliori soluzioni tecnico-operative, allo scopo di progettare un
impianto che sappia ridurre i costi e al contempo essere affidabile, sicuro e
rispettoso delle norme di legge.

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Si ringraziano:
ANIE, Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroni-
che;
CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano;
IMQ, Istituto Italiano del Marchio di Qualità;
UNI, Ente Nazionale di Unificazione;
per le loro pubblicazioni che hanno consentito la trattazione degli ar-
gomenti contenuti nel presente testo.

Si ringraziano inoltre:
ABB;
Schneider Electric;
BTicino, gruppo Legrand;
GEWISS;
REXEL Elettroforniture;
Beghelli;
Disano illuminazione;
LUCEPLAN;
FLOS;
PRYSMIAN GROUP;
LA TRIVENETA CAVI;
ICEL;
per i loro cataloghi e pubblicazioni che sono state di riferimento nella
stesura dei progetti del presente testo.

 
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1
IL QUADRO NORMATIVO

1.1 VADEMECUM NORMATIVO

In qualsiasi ambito tecnico ed in particolare nel settore elettrico si im-


pone - per la progettazione, l’installazione, la verifica, la manutenzione
e la conduzione degli impianti elettrici - il rispetto di tutte le numero-
sissime leggi, decreti, regolamenti, norme e circolari che lo riguardano.
La conoscenza nel loro insieme e la distinzione tra norma giuridica e
norma tecnica rappresentano pertanto il presupposto fondamentale per
un approccio corretto alle problematiche degli impianti elettrici assicu-
rando così il corretto funzionamento delle apparecchiature costituenti
un impianto. La compatibilità ambientale delle installazioni elettriche,
e soprattutto, la sicurezza delle persone vengono stabilite e regolamen-
tate dal Legislatore e dal normatore al progredire della tecnologia. In-
fatti, l’avanzamento della conoscenza scientifica, in senso generale, il
progresso tecnologico, il rinnovarsi delle istanze sociali di carattere am-
bientale e di salvaguardia della salute richiedono un continuo aggiorna-
mento.
Le norme giuridiche sono tutte le norme dalle quali scaturiscono le re-
gole di comportamento dei soggetti che si trovano nell’ambito della so-
vranità dello Stato. Possiamo definire le fonti primarie dell’ordina-
mento giuridico le leggi ordinarie che vengono emanate dal Parlamento,
i decreti-legge che sono emanati dal governo, i decreti del presidente
della Repubblica.

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Figura 1.1 - Schema delle fonti dell’ordinamento giuridico

Secondo il Regolamento UE 1025 del Parlamento Europeo e del Con-


siglio del 25 ottobre 2012 sulla normazione europea, per “norma tec-
nica” si intende: “una specifica tecnica”, adottata da un organismo di
normazione riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, alla
quale non è obbligatorio conformarsi, e che appartenga a una delle se-
guenti categorie:
- norma internazionale: una norma adottata da un organismo di
normazione internazionale;
- norma europea: una norma adottata da un’organizzazione euro-
pea di normazione;
- norma armonizzata: una norma europea adottata sulla base di una
richiesta della Commissione ai fini dell’applicazione della legi-
slazione dell’Unione sull’armonizzazione;
- norma nazionale: una norma adottata da un organismo di norma-
zione nazionale.
Le norme tecniche sono l’insieme delle prescrizioni sulla base delle

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 1 - Il quadro normativo

quali devono essere progettate, costruite e collaudate le macchine, le


apparecchiature, i materiali e gli impianti, affinché sia garantita l’effi-
cienza e la sicurezza di funzionamento.
Oltre alle norme tecniche, nel settore degli impianti elettrici compaiono
anche leggi, decreti e direttive ovvero “atti aventi forza di legge”. Solo
a titolo di esempio i più noti (che ritroveremo in seguito), sono: la Legge
1° marzo 1968, n. 186 (“Disposizioni concernenti la produzione di ma-
teriali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici
ed elettronici”), il Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 (“Rego-
lamento concernente l’attuazione della Legge n. 248/2005 recante rior-
dino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli im-
pianti all’interno degli edifici”), il Decreto del Presidente della Repub-
blica 22 ottobre 2001, n. 462 (“Regolamento di semplificazione del pro-
cedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione
contro le scariche atmosferiche, dei dispositivi di messa a terra degli
impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi”), oppure la Direttiva
EU 305/2011 (“Regolamento dei prodotti da costruzione”) che ha rior-
ganizzato il settore dei cavi elettrici.
A questo punto la domanda che ci si pone è la seguente, che rapporto
c’è tra norme tecniche ed atti aventi forza di legge?
Da una prima analisi superficiale si potrebbe non cogliere nessuna corre-
lazione, dato che l’adozione delle norme tecniche è facoltativa mentre il
rispetto delle leggi è obbligatorio. In realtà tra normazione tecnica e legi-
slazione esiste un rapporto stretto e complesso, molto ben spiegato
dall’UNI (Ente italiano di normazione), che dice: “Sono numerosi i prov-
vedimenti di legge che fanno riferimento – genericamente o con preciso
dettaglio – alle norme tecniche, a volte obbligatoriamente altre solo
come via preferenziale (ma non unica) verso il rispetto della legge. […]
Uno dei grandi valori della normazione sta nella sua funzione di sup-
porto alla legislazione. Le prescrizioni di legge possono trovare la loro
concreta declinazione nelle norme tecniche, che semplificano il sistema
e rendono più veloce e automatico l’aggiornamento del corpus legisla-
tivo” (Portale Norma UNI - Home page, Normazione, Norme e Leggi).
In altre parole, il Legislatore ricorre ai comitati tecnici quando le leggi
hanno un contenuto tecnico; se il Legislatore cita la norma o riprende
parti della norma, ecco che la facoltà si traduce in obbligo.

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Parte prima - Nozioni generali

TELECOMU- ELETTRONICA
DIFFERENTI
NICAZIONI E
ELETTROTECNICA SETTORI

Sistema di distri-
buzione: INTER- ITU IEC ISO
NAZIONALE

EUROPEO ETSI CENELEC CEN

NAZIONALE CONCIT CEI UNI

Figura 1.2 - Enti normativi nazionali ed internazionali

Diamo di seguito lo scioglimento delle sigle riportate in Figura 1.2:


ITU: l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (in acronimo
ITU da International Telecommunication Union) è un’organizza-
zione internazionale che si occupa di definire gli standard nelle tele-
comunicazioni e nell’uso delle onde radio;
ETSI: l’Istituto europeo per le norme di telecomunicazioni (in in-
glese: European Telecommunications Standards Institute, acronimo
ETSI) è un organismo internazionale, indipendente e senza fini di
lucro ufficialmente responsabile della definizione e dell’emissione
di standard nel campo delle telecomunicazioni in Europa;
CONCIT: Comitato nazionale di coordinamento per l’informatica e
le telecomunicazioni, riconosciuto a livello europeo;
IEC: acronimo dall’inglese International Electrotechnical Commis-
sion, sta per Commissione elettrotecnica internazionale, ed è l’orga-
nismo mondiale responsabile della normazione nel settore elettrotec-
nico ed elettronico. Il compito della IEC è quello di produrre ed ag-
giornare un insieme di norme, da trasferire a livello nazionale, che
contengono le specifiche tecniche e le modalità di prova dei prodotti.
Attualmente sono rappresentati all’interno dell’organismo di norma-
zione ben 89 Paesi con 6 sedi a livello mondiale.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

CENELEC: acronimo dal francese Comité européen de normalisa-


tion en électronique et en électrotechnique sta per Comitato europeo
di normazione elettrotecnica, ed è l’organismo europeo a cui è attri-
buito il compito di elaborare un unico complesso di norme nel settore
elettrico ed elettronico ai fini della libera circolazione dei prodotti
all’interno dell’Unione Europea, nel rispetto della sicurezza delle
persone, dei beni e dell’ambiente. Ha sede a Bruxelles e ne fanno
parte i rappresentati dei 27 Paesi membri dell’UE più altre nazioni
quali Svizzera, Turchia, Regno Unito ecc.;
CEI: acronimo di Comitato elettrotecnico italiano, è un’associa-
zione di diritto privato, senza scopo di lucro, responsabile in ambito
nazionale della normazione tecnica in campo elettrotecnico, elettro-
nico e delle telecomunicazioni, con la partecipazione diretta - su
mandato dello Stato italiano - nelle corrispondenti organizzazioni di
normazione europea (CENELEC) ed internazionale (IEC). Fondato
nel 1909 e riconosciuto dallo Stato italiano e dall’Unione Europea
(Regolamento Europeo), il CEI propone, elabora, pubblica e divulga
norme tecniche che costituiscono il riferimento per la conformità alla
regola dell’arte di prodotti, processi, sistemi e impianti elettrici. Il
CEI è suddiviso in vari Comitati tecnici (CT) e sottocomitati (SC)
ciascuno dei quali segue una specifica categoria di prodotti; solo per
citare il più famoso, la norma CEI 64-8 è di competenza del CT64 -
Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione;

Tabella 1.1 - Principali comitati tecnici del CEI nel campo


degli impianti elettrici

CT 0 Applicazione delle norme e testi di carattere generale


CT 1/25 Terminologia, grandezze e unità (ex CT 1/24/25)
CT 3 Documentazione e segni grafici
CT 7 Materiali conduttori
CT 8/28 Tensioni, correnti e frequenze normali
Impianti elettrici ad alta tensione e di distribuzione pubblica di
CT 11
bassa tensione
Apparecchi per la misura dell’energia elettrica e per il controllo
CT 13
del carico

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Parte prima - Nozioni generali

CT 16 Contrassegni dei terminali e altre identificazioni


CT 17 Grossa apparecchiatura
Impianti elettrici di navi ed unità fisse/mobili fuori costa (off-
CT 18
shore)
CT 20 Cavi per energia
CT 23 Apparecchiatura a bassa tensione
CT 32 Fusibili
CT 33 Condensatori
CT 34 Lampade e relative apparecchiature
CT 36 Isolatori
CT 37 Scaricatori
CT 57 Telecomunicazioni associate ai sistemi elettrici di potenza
Impianti elettrici utilizzatori di bassa tensione (fino a 1.000 V in
CT 64
c.a. e a 1.500 V in c.c.)
Sistemi di rilevamento e segnalazione per incendio, intrusione,
CT 79
furto, sabotaggio e aggressione
CT 81 Protezione contro i fulmini
CT 106 Esposizione umana ai campi elettromagnetici (ex CT 211)
CT 205 Sistemi bus per edifici (ex CT 83)
CT 210 Compatibilità elettromagnetica

ISO: l’Organizzazione internazionale per la normazione (Internatio-


nal Organization for Standardization) è la più importante organizza-
zione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche. Svolge
funzioni consultive per UNESCO e ONU;
CEN: il Comitato europeo di normazione è un ente normativo che
ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche europee in
collaborazione con enti normativi nazionali e sovranazionali;
UNI: Ente italiano di normazione, è un’associazione privata senza
scopo di lucro che svolge attività di normazione tecnica, in tutti i
settori industriali, commerciali e del terziario, e partecipa in rappre-
sentanza dell’Italia all’attività normativa degli organismi sovrana-
zionali di normazione. L’UNI elabora norme sviluppate da organi
tecnici, promuove l’armonizzazione delle norme a livello mondiale
ed europeo, pubblica e diffonde le norme tecniche e i prodotti edito-
riali a esse correlati.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

Il rapporto che c’è tra gli organismi di Figura 1.2 è di tipo gerarchico e
ciascuno ha un proprio iter di redazione normativa. Una norma europea
può essere redatta come documento iniziale proveniente dal comitato
internazionale IEC, oppure può provenire da un comitato interno al CE-
NELEC o può essere proposta dai comitati nazionali di uno dei Paesi
membri.
Una volta terminato il processo di elaborazione, la bozza approvata di-
venterà norma europea (EN) e, una volta ratificata, dovrà essere obbli-
gatoriamente recepita da tutti i Paesi membri come unica norma nazio-
nale valida per cui essi dovranno obbligatoriamente ritirare le norme
nazionali in contrasto con quelle europee.
Il numero di ogni norma è preceduto da una sigla identificativa in lettere
che ne spiega la provenienza e la storia. Alla luce di quanto esposto è
chiaro che la sigla IEC rappresenta il testo normativo redatto dal Comi-
tato elettrotecnico internazionale, EN identifica la norma elaborata dal
comitato elettrotecnico europeo e CEI quella redatta dal Comitato elet-
trotecnico italiano, ed è altrettanto evidente che la designazione CEI EN
contraddistingue una norma europea obbligatoriamente recepita e intro-
dotta nel panorama normativo nazionale dal Comitato elettrotecnico ita-
liano.
La conoscenza delle norme elaborate dalle commissioni elettrotecniche
non ci esime dal conoscere norme relative agli altri ambiti. Solo per fare
un esempio, non si possono trascurare la norma UNI EN 12464 sull’il-
luminazione dei luoghi di lavoro, la norma UNI 1838 relativa all’illu-
minazione di emergenza e la UNI 9795 riguardante i sistemi di rivela-
zione fumi ecc.
Risulta inoltre importante sottolineare la differenza che c’è tra Norma
CEI e Guida CEI; infatti dal Catalogo generale del Comitato elettrotec-
nico italiano si precisa che:
- le Norme CEI sono specifiche tecniche la cui rilevanza giuridica
è riconosciuta anche dalla Legge 186/1968, ed hanno lo scopo di
stabilire i requisiti che devono avere gli impianti, i materiali, gli
apparecchi, i macchinari, i circuiti, i processi e i loro programmi
affinché possano considerarsi rispondenti alla regola dell’arte;
- le Guide CEI sono documenti normativi elaborati, approvati e
pubblicati dal CEI allo scopo di fornire agli operatori - in

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Parte prima - Nozioni generali

particolari settori tecnici - linee guida ed esempi per facilitare il


corretto uso di altri documenti normativi CEI complessi per na-
tura e vastità dell’argomento trattato.
Abbiamo inoltre gli Errata Corrige, cioè documenti che correggono gli
errori di tipo editoriale presenti in una norma, individuati successiva-
mente alla pubblicazione. In questo caso le norme CEI vengono inte-
grate con le correzioni mentre i file di Errata Corrige riportano le sole
correzioni. I testi degli Errata Corrige vengono messi anche a disposi-
zione singolarmente in formato elettronico scaricabili liberamente dal
sito CEI. Infine si hanno i Corrigenda e gli Interpretation Sheet i quali
sono documenti di origine IEC, CENELEC e IEC/CENELEC che ri-
guardano il testo delle norme internazionali ed europee adottate come
norme CEI. I Corrigenda modificano il contenuto di tali norme mentre
gli Interpretation Sheet sono elaborati dal CT/SC internazionale com-
petente per le norme cui si riferiscono, allo scopo di facilitarne l’appli-
cazione. Entrambi sono emessi successivamente alla pubblicazione
della norma internazionale e alla corrispondente norma CEI.
Anche in questo caso le norme CEI vengono integrate con i file dei
Corrigenda e/o degli Interpretation Sheet. I testi dei Corrigenda e degli
Interpretation Sheet vengono messi anche a disposizione singolarmente
in formato elettronico, scaricabili liberamente dal sito CEI.

1.2 LEGGI, DECRETI LEGISLATIVI E DECRETI MINISTERIALI

1.2.1 La Legge 186/1968

La Legge 186/1968 è stata pubblicata nella G.U. n. 77 del 23/03/1968


recante “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparec-
chiature materiali e impianti elettrici ed elettronici”.
Questa legge è composta solamente da due articoli:
- Art. 1. Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le instal-
lazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realiz-
zati e costruiti a regola d’arte.
- Art. 2. I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installa-
zioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

norme del Comitato elettrotecnico italiano si considerano co-


struiti a regola d’arte.
L’art. 1 ci dice che bisogna realizzare opere “a regola d’arte” mentre
l’art. 2 mette in evidenzia lo scopo del Legislatore di individuare nelle
norme CEI un preciso riferimento. Questo non vuol dire che il proget-
tista non ha la libertà (e la conseguente responsabilità) di soluzioni al-
ternative, le quali devono soddisfare i fondamentali requisiti di sicu-
rezza. Questo significa che si possono realizzare apparecchiature e im-
pianti a regola d’arte anche al di fuori della normativa CEI, ma in tal
caso si è tenuti a dimostrare la rispondenza ad un’altra norma o legge
riconosciuta.

1.2.2 D.P.R. 462/2001 - Guida tecnica alla prima verifica degli im-
pianti di protezione dalle scariche atmosferiche e
impianti di messa a terra

Il D.P.R. 462/2001 disciplina i procedimenti relativi alle installazioni e


ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, agli im-
pianti elettrici di messa a terra e agli impianti elettrici in luoghi con
pericolo di esplosione collocati nei luoghi di lavoro.
Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico su salute e sicu-
rezza del lavoro) ha lasciato ferme le disposizioni del D.P.R. 462/2001
in materia di “verifiche periodiche”, mentre ha introdotto un ulteriore re-
gime di “controllo” degli impianti elettrici di terra e degli impianti di
protezione dalle scariche atmosferiche a carico del datore di lavoro.
Si fa presente che la Legge 30 luglio 2010, n. 122 di conversione con
modificazioni del Decreto-Legge 31 maggio 2010, n. 78, ha previsto
l’attribuzione all’INAIL di tutte le funzioni già svolte dall’ISPESL tra
le quali anche quelle relative alle attività di verifica degli impianti di
cui al D.P.R. 462/2001.
Sono soggetti all’obbligo di denuncia di cui all’art. 2 del D.P.R.
462/2001 gli impianti di messa a terra realizzati per la protezione delle
persone dai contatti indiretti mediante interruzione automatica dell’ali-
mentazione. Non rientrano in tale obbligo gli impianti di terra realizzati
esclusivamente per ragioni funzionali, o per altri motivi, ed i sistemi di

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

protezione dai contatti indiretti che non si basano sull’interruzione au-


tomatica dell’alimentazione.
Per “impianto di terra” si deve intendere l’insieme dei dispersori, con-
duttori di terra, conduttori equipotenziali, collettori di terra e conduttori
di protezione destinati a realizzare la messa a terra di protezione. Ai fini
del D.P.R. 462/2001 si intendono facenti parte dell’impianto di terra
anche i segnalatori di primo guasto (ove esistenti) e i dispositivi di pro-
tezione dalle sovracorrenti o dalle correnti di dispersione predisposti
per assicurare la protezione dai contatti indiretti.
Si ritengono esclusi dagli obblighi di denuncia gli impianti istallati negli
ambienti in cui si applicano gli artt. 21 e 26 del D. Leg.vo 81/2008.
Sono altresì esclusi i seguenti impianti:
- industrie estrattive a cielo aperto o in sotterraneo;
- imprese concessionarie di impianti telefonici;
- ambito degli impianti del trasporto aereo, navale e ferroviario;
- complessi militari;
- aziende produttrici e distributrici di energia elettrica;
- ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo
sviluppo economico sostenibile).
Sempre secondo l’art. 2 del D.P.R. 462/2001, la messa in esercizio degli
impianti elettrici di messa a terra e dei dispositivi di protezione contro
le scariche atmosferiche non può essere effettuata prima della verifica
eseguita dall’installatore che rilascia la dichiarazione di conformità ai
sensi del D.M. 37/2008. La dichiarazione di conformità equivale a tutti
gli effetti ad omologazione dell’impianto.
Entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, il datore di la-
voro invia la dichiarazione di conformità al dipartimento territorial-
mente competente dell’INAIL.
In base all’art. 3 del D.P.R. 462/2001, risulta attribuito all’INAIL il con-
trollo a campione della “prima verifica sulla conformità alla normativa
vigente degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche ed
i dispositivi di messa a terra degli impianti elettrici”.
- Per “verifica dell’impianto di terra” si deve intendere la verifica
del sistema di protezione dai contatti indiretti, realizzato mediante
interruzione automatica del circuito, secondo quanto definito
dalla legislazione vigente in materia.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

- Per “verifica dell’impianto di protezione dalle scariche atmosfe-


riche” si deve intendere la verifica del sistema di protezione dalla
fulminazione diretta ed indiretta.
La prima verifica, a campione, va effettuata solo su impianti di nuova
installazione o che abbiano subito un rifacimento tale da poterlo consi-
derare assimilabile ad un nuovo impianto. Con riferimento agli impianti
di messa a terra si considerano tali le variazioni della categoria dell’im-
pianto, la modifica della destinazione d’uso con applicazione di una di-
versa normativa tecnica che prevede un aumento del livello di sicurezza
dell’impianto.
Con riferimento agli impianti di protezione contro le scariche atmosfe-
riche, in linea generale, si ritiene che l’aumento del livello di protezione
dev’essere considerato nell’ambito di nuova denuncia.
La verifica di impianto è l’insieme delle procedure con le quali si ac-
certa la rispondenza degli impianti alle norme applicabili. La verifica
comprende le seguenti attività:
- esame della documentazione;
- esame a vista dei luoghi e degli impianti;
- effettuazione di prove e misure;
- redazione del verbale di verifica.
In base all’art. 8 del D.P.R. 462/2001 devono essere comunicate tem-
pestivamente all’ufficio competente per territorio dell’INAIL le varia-
zioni relative agli impianti quali:
- la cessazione dell’esercizio;
- il trasferimento o spostamento degli impianti;
- le modifiche sostanziali preponderanti degli impianti.
Si evidenzia che tale comunicazione non riguarda le attività di manu-
tenzione straordinaria di cui al D.M. 37/2008 ma unicamente le attività
di ampliamento o trasformazione laddove queste siano riconducibili
alle modifiche in argomento.
La Figura 1.3 riepiloga quanto sopra esposto.

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Parte prima - Nozioni generali

* La trasformazione/ampliamento è riconducibile ad un rifacimento tale da poterlo considerare


nuovo impianto (variazione della categoria dell’impianto, modifica della destinazione d’uso con
applicazione di una diversa norma tecnica con aumento del livello di sicurezza dell’impianto).
DICO = Dichiarazione di conformità.

Figura 1.3 - Schema a blocchi invio comunicazione

Per gli impianti che, per loro natura non rientranti nel campo di appli-
cazione del D.M. 37/2008 quali ad esempio gli impianti di illumina-
zione pubblica, l’omologazione dell’impianto è attestata da una dichia-
razione (rilasciata dall’installatore dell’impianto) di rispondenza
dell’impianto alla regola dell’arte secondo le prescrizioni della Legge
186/1968. Tale dichiarazione deve riportare l’indicazione dell’avvenuta
effettuazione della verifica iniziale sull’impianto con esito positivo e
non deve essere confusa con la dichiarazione di rispondenza (DIRI) di
cui all’art. 7, comma 6 del D.M. 37/2008.
Gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche installati negli
edifici non ad uso civile dopo il 27 marzo 2008 devono essere corredati
della dichiarazione di conformità (DICO) di cui al D.M. 37/2008.
Nel caso in cui la dichiarazione di conformità prevista non sia stata pro-
dotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito da dichiarazione di
rispondenza secondo l’art. 7, comma 6 del D.M. 37/2008.
In tali casi la dichiarazione di rispondenza, eventualmente corredata di

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

ulteriori dichiarazioni di conformità a seguito di eventuali adeguamenti


degli impianti, potrà essere utilizzata per gli adempimenti previsti dal
D.P.R. 462/2001 e, ai fini degli adempimenti di verifica, il datore di
lavoro dovrà mettere a disposizione del verificatore la documentazione
prevista al successivo punto 8.2.
Il datore di lavoro, entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’im-
pianto, deve inviare la dichiarazione di conformità rispettivamente
all’INAIL ed all’ARPA o ASL competenti per territorio, nel caso di
Sportello Unico non operante.
Ai fini degli obblighi previsti dal D.P.R. 462/2001, per semplificare il
procedimento di invio e di mantenimento degli atti documentali, non è
necessario inviare con la dichiarazione di conformità la documenta-
zione tecnica prevista. Tali allegati devono invece essere conservati
presso il luogo dove è situato l’impianto e resi disponibili in occasione
della visita del verificatore, che potrà richiederli in visione ed eventual-
mente acquisirli in copia, ai fini dell’effettuazione degli accertamenti
tecnici.
La dichiarazione di conformità in originale, copia conforme o fotoco-
pia, va inoltrata al dipartimento INAIL competente per territorio unita-
mente al modulo predisposto dall’Istituto firmato in originale dal datore
di lavoro, al fine di acquisire i dati necessari per la formulazione dei
criteri di campionatura.
Si chiarisce che il controllo della completezza formale delle dichiara-
zioni di conformità ricevute rientra nei compiti dell’INAIL ai fini
dell’ammissibilità della denuncia come atto omologativo dell’impianto,
pertanto, in caso di dichiarazioni incomplete, il dipartimento territoriale
ricevente, a seguito dell’immatricolazione della pratica, provvederà a
dare comunicazione scritta all’utente delle irregolarità riscontrate pre-
cisando che lo stesso atto non può essere considerato valido.

1.2.3 Il D. Leg.vo 81/2008

Il D. Leg.vo 81/2008 è stato pubblicato nella G.U. n. 101 del


30/04/2008 recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto
2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei

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Parte prima - Nozioni generali

luoghi di lavoro”. I riferimenti alla “regola dell’arte” e “buona tecnica”


sono richiamati negli artt. 80 e 81 del Capo III - Impianti e apparec-
chiature elettriche:

Art. 80. - Obblighi del datore di lavoro


1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano sal-
vaguardati dai tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali,
delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione ed, in
particolare, da quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature
pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al pre-
cedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese even-
tuali interferenze;
b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le
misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i
rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali
necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure
di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di
sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di cui al comma 1.
3-bis. Il datore di lavoro prende, altresì, le misure necessarie affinché le proce-
dure di uso e manutenzione di cui al comma 3 siano predisposte ed attuate
tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute
nei manuali d’uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive
specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche.

Art. 81. - Requisiti di sicurezza


1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonché le installazioni e
gli impianti elettrici ed elettronici devono essere progettati, realizzati e costruiti
a regola d’arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di recepimento
delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i macchinari, le apparecchia-
ture, le installazioni e gli impianti di cui al comma precedente, si considerano
costruiti a regola d’arte se sono realizzati secondo le pertinenti norme tecniche.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

1.2.4 Il D.P.R. 151/2011

Il Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 (“Re-


golamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti
relativi alla prevenzione degli incendi”) - a norma dell’articolo 49,
comma 4-quater, del D.L. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla
Legge 122/2010 - è stato pubblicato in G.U. il 22/09/2011, n. 221.

1.2.5 La Legge 46/1990

L’obbligo alla sicurezza coinvolge, in un qualsiasi processo produttivo,


tutti gli operatori ed è quindi compito di ognuno, per la propria parte,
osservare leggi, regolamenti e norme, applicandoli con diligenza, al fine
di rendere l’impalcatura normativa non fine a sé stessa.
Un impianto elettrico progettato correttamente e a regola d’arte garan-
tisce sicurezza, risparmio energetico, continuità di servizio e la mas-
sima durata dei materiali utilizzati. La sicurezza di un impianto elettrico
è l’aspetto più importante da tenere in considerazione durante le fasi di
progettazione. La sicurezza deve essere garantita per scongiurare il ri-
schio dovuto a contatti diretti e indiretti, pericoli dovuti a sovratensioni
di origine atmosferica, rischio di incendio o di esplosioni.
Il corretto dimensionamento di conduttori e quadri elettrici, ad esempio,
consente all’impianto di raggiungere la massima vita utile, riducendo
drasticamente i guasti e i pericoli relativi a questi ultimi.
Con questo scopo era stata emanata nel marzo del 1990 la Legge n. 46,
il primo testo legislativo che comprendeva e disciplinava tutti gli aspetti
relativi alla sicurezza degli impianti e, in particolare, degli impianti elet-
trici. Questa legge è risultata particolarmente importante, in quanto:
- confermava quanto esposto nella Legge n. 186 del 1968, ovvero,
che il rispetto delle norme CEI è condizione sufficiente per la con-
formità alla regola dell’arte;
- imponeva l’utilizzo dell’interruttore differenziale ad alta sensibi-
lità e l’adeguamento degli impianti esistenti.
Inoltre stabiliva:
a) la lotta contro l’abusivismo, ostacolando il lavoro di soggetti

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Parte prima - Nozioni generali

impreparati i quali potevano realizzare impianti pericolosi, sia dal


punto di vista dell’installazione, sia per la qualità stessa dei ma-
teriali impiegati;
b) l’individuazione di figure giuridiche precise, ognuna con i propri
compiti e responsabilità:
- committenti:
- progettisti;
- installatori;
- collaudatori;
c) l’obbligatorietà del progetto (ove richiesto).
L’insieme di queste regole ha contribuito, in qualche modo e in qualche
misura, ad ottenere una maggiore sicurezza degli impianti, pur non ri-
solvendo il problema “principale” dovuto alla mancanza di verifiche e
controlli a valle della realizzazione e della messa in esercizio.

1.2.6 Il D.M. 37/2008

Il D.M. 37/2008 “Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo


11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre
2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di instal-
lazione degli impianti all’interno degli edifici”, pubblicato sulla G.U. n.
61 del 12/03/2008, di fatto sostituisce la Legge 46/1990 ed il relativo
decreto di attuazione, il Decreto del Presidente della Repubblica 6 di-
cembre 1991, n. 447.

Art. 1. - Ambito di applicazione


1. Il presente decreto si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indi-
pendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle
relative pertinenze. Se l’impianto è connesso a reti di distribuzione si applica a
partire dal punto di consegna della fornitura.
2. Gli impianti di cui al comma 1 sono classificati come segue:
a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizza-
zione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmo-
sferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere;
b) impianti radiotelevisivi, le antenne, gli impianti elettronici deputati alla ge-
stione e distribuzione dei segnali tv, telefono e dati, anche relativi agli im-
pianti di sicurezza compresi gli impianti in fibra ottica, nonché le infrastrut-
ture necessarie ad ospitare tali impianti;

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refri-


gerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione
dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aera-
zione dei locali;
d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;
e) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, com-
prese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione
ed aerazione dei locali;
f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di
montacarichi, di scale mobili e simili;
g) impianti di protezione antincendio.
3. Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza pre-
scritti in attuazione della normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica,
non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle disposizioni del presente decreto.

Commento art. 1, comma 3: Ci si riferisce, per quanto riguarda l’ambito elet-


trico del decreto, ai cancelli motorizzati (lettera a), agli impianti radiotelevi-
sivi, telefono e dati e di sicurezza (lettera b) ed agli ascensori (lettera f). Per
cancelli e ascensori esistono delle direttive europee che riguardano la sicu-
rezza delle installazioni. In ragione del fatto che il diritto comunitario è pre-
valente rispetto a quello nazionale, il D.M. 37/2008 non si applica a tutti que-
gli aspetti impiantistici regolati dalle direttive e relative norme armonizzate
europee.

Art. 2 - Definizioni relative agli impianti


1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) punto di consegna delle forniture: il punto in cui l’azienda fornitrice o distri-
butrice rende disponibile all’utente l’energia elettrica, il gas naturale o di-
verso, l’acqua, ovvero il punto di immissione del combustibile nel deposito
collocato, anche mediante comodato, presso l’utente ovvero il punto termi-
nale di rete come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera oo), del decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 207;
b) potenza impegnata: il valore maggiore tra la potenza impegnata contrattual-
mente con l’eventuale fornitore di energia, e la potenza nominale comples-
siva degli impianti di autoproduzione eventualmente installati;
c) uffici tecnici interni: strutture costituite da risorse umane e strumentali pre-
poste all’impiantistica, alla realizzazione degli impianti aziendali ed alla loro
manutenzione i cui responsabili posseggono i requisiti tecnico-professionali
previsti dall’articolo 4;
d) ordinaria manutenzione: gli interventi finalizzati a contenere il degrado nor-
male d’uso, nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportano la
necessità di primi interventi, che comunque non modificano la struttura
dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le pre-
scrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e ma-
nutenzione del costruttore;

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Parte prima - Nozioni generali

e) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizza-


zione dell’energia elettrica: i circuiti di alimentazione degli apparecchi utiliz-
zatori e delle prese a spina con esclusione degli equipaggiamenti elettrici
delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere. Nell’am-
bito degli impianti elettrici rientrano anche quelli di autoproduzione di ener-
gia fino a 20 kw nominale, gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e
barriere, nonché quelli posti all’esterno di edifici se gli stessi sono collegati,
anche solo funzionalmente, agli edifici;
f) impianti radiotelevisivi ed elettronici: le componenti impiantistiche necessa-
rie alla trasmissione ed alla ricezione dei segnali tv, telefono e dati, anche
relativi agli impianti di sicurezza, ad installazione fissa, comprese le infra-
strutture destinate ad ospitare tali impianti; N7
g) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas: l’insieme delle tubazioni,
dei serbatoi e dei loro accessori, dal punto di consegna del gas, anche in
forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori, l’installazione ed i collega-
menti dei medesimi, le predisposizioni edili e meccaniche per l’aerazione e
la ventilazione dei locali in cui deve essere installato l’impianto, le predispo-
sizioni edili e meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della com-
bustione;
h) impianti di protezione antincendio: gli impianti di alimentazione di idranti, gli
impianti di estinzione di tipo automatico e manuale nonché gli impianti di
rilevazione di gas, di fumo e d’incendio;
i) CEI: Comitato Elettrotecnico Italiano;
l) UNI: Ente Nazionale Italiano di Unificazione.

Commento art. 2, comma 1:


a) Con ciò si escludono dal decreto gli impianti del distributore posti a
monte del contatore;
b) Ad esempio, nel caso di un utente con un impianto fotovoltaico colle-
gato alla rete la potenza impegnata da considerare per i limiti progettuali
è la maggiore fra quella del contratto con l’impresa di distribuzione e
quella del proprio impianto fotovoltaico;
c) Per manutenzione ordinaria si intende la mera sostituzione di un com-
ponente di impianto (presa a spina, lampada, interruttore ecc.) con un
altro avente le medesime caratteristiche. Se il componente sostituito ha
caratteristiche diverse si rientra nella manutenzione straordinaria;
d) Con il termine “auto” davanti a “produzione” si fa riferimento a quegli
impianti (es. fotovoltaici, gruppi elettrogeni, cogenerazione ecc.) nei
quali almeno una parte dell’energia prodotta viene utilizzata ad uso e
consumo dell’autoproduttore. Se tutta l’energia prodotta viene immessa
sulla rete di distribuzione, si parla di produzione vera e propria e siamo
di conseguenza fuori dall’ambito di applicazione del D.M. 37/2008.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

Art. 3 - Imprese abilitate


1. Le imprese, iscritte nel registro delle imprese di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e successive modificazioni, di se-
guito registro delle imprese, o nell’Albo provinciale delle imprese artigiane di cui
alla legge 8 agosto 1985, n. 443, di seguito albo delle imprese artigiane, sono
abilitate all’esercizio delle attività di cui all’articolo 1, se l’imprenditore indivi-
duale o il legale rappresentante ovvero il responsabile tecnico da essi preposto
con atto formale, è in possesso dei requisiti professionali di cui all’articolo 4.
2. Il responsabile tecnico di cui al comma 1 svolge tale funzione per una sola
impresa e la qualifica è incompatibile con ogni altra attività continuativa.
3. Le imprese che intendono esercitare le attività relative agli impianti di cui
all’articolo 1 presentano la dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo
19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, indicando spe-
cificatamente per quale lettera e quale voce, di quelle elencate nel medesimo
articolo 1, comma 2, intendono esercitare l’attività e dichiarano, altresì, il pos-
sesso dei requisiti tecnico-professionali di cui all’articolo 4, richiesti per i lavori
da realizzare.
4. Le imprese artigiane presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unita-
mente alla domanda d’iscrizione all’albo delle imprese artigiane per la verifica
del possesso dei prescritti requisiti tecnico-professionali e il conseguente rico-
noscimento della qualifica artigiana. Le altre imprese presentano la dichiara-
zione di cui al comma 3, unitamente alla domanda di iscrizione, presso l’ufficio
del registro delle imprese.
5. Le imprese non installatrici, che dispongono di uffici tecnici interni sono au-
torizzate all’installazione, alla trasformazione, all’ampliamento e alla manuten-
zione degli impianti, relativi esclusivamente alle proprie strutture interne e nei
limiti della tipologia di lavori per i quali il responsabile possiede i requisiti previsti
all’articolo 4.
6. Le imprese, di cui ai commi 1, 3, 4 e 5, alle quali sono stati riconosciuti i
requisiti tecnico-professionali, hanno diritto ad un certificato di riconoscimento,
secondo i modelli approvati con decreto del Ministro dell’industria del commer-
cio e dell’artigianato dell’11 giugno 1992. Il certificato è rilasciato dalle compe-
tenti commissioni provinciali per l’artigianato, di cui alla legge 8 agosto 1985, n.
443, e successive modificazioni, o dalle competenti camere di commercio, di
cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni.

Commento art. 3, comma 1: Viene introdotto un atto formale con il quale l’im-
prenditore “investe” il responsabile tecnico della sua funzione. Nel caso delle
imprese artigiane, il responsabile tecnico deve essere l’artigiano stesso (art. 2,
Legge 8 agosto 1985, n. 443).
Comma 2: Un professionista può svolgere le funzioni di responsabile tecnico
per una sola impresa. Il Ministero dello sviluppo economico (MISE) ha preci-
sato che “nell’ottica di una interpretazione evolutiva e indirizzata ad un favor
nei confronti della libertà di impresa e della concorrenza, [la definizione del
comma 2] deve essere letta nel senso letterale derivante dal combinato dispo-
sto del primo e del secondo comma dell’art. 3, nel senso cioè che il divieto è

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Parte prima - Nozioni generali

ristretto al solo responsabile tecnico, e non anche al legale rappresentante ed


all’imprenditore, richiamati nel primo ma non nel secondo comma” (Parere
MISE del 5 agosto 2008, Prot. n. 14963 e Parere MISE del 1° ottobre 2008,
Prot. n. 29404). Questo significa, ove vi sia un socio legale rappresentante di
due società, si ritiene non esservi incompatibilità nel fatto che egli possa abi-
litare entrambe le imprese. Un’altra limitazione è data dal fatto che la funzione
di responsabile tecnico non è compatibile con altre attività di tipo continua-
tivo. Anche qui il MISE ha precisato che l’attività continuativa esprime “la
necessità che la qualifica non possa in nessun caso essere attribuita a coloro
che, per scelta professionale, non decidano di svolgere a tempo pieno una
delle attività disciplinate dal decreto in parola, tenuto conto delle responsa-
bilità che risultano a carico del responsabile tecnico in seno ad una società
di impiantistica. Pertanto, tenuto conto delle riflessioni sopraesposte non si
può non rilevare come tale carica sia incompatibile con tutte le attività lavo-
rative che assorbono, anche solo in minima parte, l’impegno giornaliero di
un singolo/a lavoratore/trice” (Pareri MISE 14963/2008 e 29404/2008).
Quindi, pur non essendoci un parere esplicito in materia, sembra che un libero
professionista o un docente non possano assumere il ruolo di responsabile tec-
nico.

Art. 4. - Requisiti tecnico-professionali


1. I requisiti tecnico-professionali sono, in alternativa, uno dei seguenti:
a) diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una
università statale o legalmente riconosciuta;
a-bis) diploma di tecnico superiore previsto dalle linee guida di cui al decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008, conseguito in esito ai
percorsi relativi alle figure nazionali definite dall’allegato A, area 1 - effi-
cienza energetica, al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca 7 settembre 2011;
b) diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del se-
condo ciclo con specializzazione relativa al settore delle attività di cui
all’articolo 1, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti
da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette
dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le
attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d) è di un anno;
c) titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia
di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno
quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del set-
tore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma
2, lettera d) è di due anni;
d) prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abi-
litata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell’operaio

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello com-
putato ai fini dell’apprendistato e quello svolto come operaio qualificato,
in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle atti-
vità di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manuten-
zione degli impianti di cui all’articolo 1.
2. I periodi di inserimento di cui alle lettere b) e c) e le prestazioni lavorative di
cui alla lettera d) del comma 1 possono svolgersi anche in forma di collabora-
zione tecnica continuativa nell’ambito dell’impresa da parte del titolare, dei soci
e dei collaboratori familiari. Si considerano, altresì, in possesso dei requisiti tec-
nico-professionali ai sensi dell’articolo 4 il titolare dell’impresa, i soci ed i colla-
boratori familiari che hanno svolto attività di collaborazione tecnica continuativa
nell’ambito di imprese abilitate del settore per un periodo non inferiore a sei
anni. Per le attività di cui alla lettera d) dell’articolo 1, comma 2, tale periodo
non può essere inferiore a quattro anni.

Commento art. 4, comma 1:


a) La dizione “diploma di laurea” farebbe presupporre che sia sufficiente
anche la laurea breve, ed è effettivamente così (anche se in un primo
momento una nota esplicativa del Ministero dello sviluppo economico
del 23 aprile 2008 limitava il requisito alla laurea quinquennale) come
chiarito in seconda battuta dal Ministero. Spetta alle singole camere di
commercio stabilire quali tipi di lauree tecniche sono idonee (sicura-
mente ingegneria, probabilmente architettura e fisica);
b) per chi è in possesso del diploma (5 anni di Istituto tecnico industriale
statale-ITIS o di Istituto professionale statale per l’industria e l’artigia-
nato-IPSIA) o della qualifica (3 anni di IPSIA), il periodo di inseri-
mento alle dirette dipendenze di una impresa del settore è pari a 2 anni
continuativi;
c) per chi è in possesso dell’attestato di un centro di formazione profes-
sionale (2 anni) il periodo di inserimento alle dirette dipendenze di una
impresa del settore è pari a 4 anni continuativi;
d) in assenza di titoli di studio, il periodo di prestazione lavorativa alle
dirette dipendenze di una impresa abilitata è di 3 anni come operaio
specializzato. Il periodo svolto come operaio specializzato non può es-
sere sostituito con un uguale periodo come impiegato tecnico.

Art. 5. - Progettazione degli impianti


1. Per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui
all’articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g), è redatto un progetto. Fatta
salva l’osservanza delle normative più rigorose in materia di progettazione, nei
casi indicati al comma 2, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli
albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta mentre,

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Parte prima - Nozioni generali

negli altri casi, il progetto, come specificato all’articolo 7, comma 2, è redatto,


in alternativa, dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.
2. Il progetto per l’installazione, trasformazione e ampliamento, è redatto da un
professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze
tecniche richieste, nei seguenti casi:
a) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), per tutte le utenze condo-
miniali e per utenze domestiche di singole unità abitative aventi potenza
impegnata superiore a 6 kw o per utenze domestiche di singole unità abita-
tive di superficie superiore a 400 mq;
b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, colle-
gati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso
per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimen-
tatori;
c) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), relativi agli immobili adibiti
ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le
utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in
bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione
aventi potenza impegnata superiore a 6 kw o qualora la superficie superi i
200 mq;
d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzial-
mente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali
adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o a mag-
gior rischio di incendio, nonché per gli impianti di protezione da scariche
atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc;
e) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), relativi agli impianti elettro-
nici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di pro-
gettazione;
f) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), dotati di canne fumarie col-
lettive ramificate, nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni
aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora;
g) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), relativi alla distribuzione e
l’utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 50 kw o
dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali
per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio;
h) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), se sono inseriti in un’attività
soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando
gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento
sono in numero pari o superiore a 10.
3. I progetti degli impianti sono elaborati secondo la regola dell’arte. I progetti
elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle
norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati
membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spa-
zio economico europeo, si considerano redatti secondo la regola dell’arte.
4. I progetti contengono almeno gli schemi dell’impianto e i disegni planimetrici
nonché una relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell’installa-
zione, della trasformazione o dell’ampliamento dell’impianto stesso, con parti-
colare riguardo alla tipologia e alle caratteristiche dei materiali e componenti da
utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare. Nei luoghi a

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

maggior rischio di incendio e in quelli con pericoli di esplosione, particolare at-


tenzione è posta nella scelta dei materiali e componenti da utilizzare nel rispetto
della specifica normativa tecnica vigente.
5. Se l’impianto a base di progetto è variato in corso d’opera, il progetto pre-
sentato è integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le va-
rianti, alle quali, oltre che al progetto, l’installatore è tenuto a fare riferimento
nella dichiarazione di conformità.
6. Il progetto, di cui al comma 2, è depositato presso lo sportello unico per l’edi-
lizia del comune in cui deve essere realizzato l’impianto nei termini previsti
all’articolo 11.

Commento art. 5, comma 1: Sia il progetto redatto da un professionista per gli


impianti sopra i 6 kW che il semplice schema redatto dall’installatore per gli
impianti sotto i 6 kW, sono chiamati “progetto”.
Comma 2: Il progetto viene richiesto per le singole case o singoli appartamenti
quando la potenza contrattuale supera i 6 kW, indipendentemente dalla super-
ficie. Sulla dichiarazione di conformità si fa riferimento ad una “potenza mas-
sima impegnabile” che di fatto dovrebbe coincidere con quella contrattuale
poiché al momento della stesura della dichiarazione la potenza contrattuale
con l’impresa fornitrice deve già essere definita, anche se magari il cliente non
ha ancora stipulato il contratto. In ogni caso sulla dichiarazione si indicherà il
massimo di potenza richiedibile in base alle caratteristiche dell’impianto rea-
lizzato.

Art. 5-bis. - Adempimenti del tecnico abilitato


1. Il responsabile tecnico dell’impresa, abilitato per gli impianti di cui all’articolo
1, comma 2, lettera b), è responsabile dell’inserimento nel progetto edilizio
dell’edificio di tutte le parti di infrastruttura fisica multiservizio passiva e degli
accessi che richiedono di essere realizzati per gli interventi previsti ai sensi
dall’articolo 135-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380.
2. Al termine dei lavori, su istanza del soggetto che ha richiesto il rilascio del
permesso di costruire o di altro soggetto interessato, il responsabile tecnico
dell’impresa di cui al comma 1 rilascia una dichiarazione di conformità dell’im-
pianto ai sensi di quanto previsto dalle Guide CEI 306-2, CEI 306-22 e 64-
100/1, 2 e 3, corredata degli allegati ove sono descritte le caratteristiche degli
accessi e della infrastruttura fisica multiservizi passiva.
3. Tale dichiarazione è necessaria ai fini della presentazione allo sportello unico
dell’edilizia della segnalazione certificata di cui all’articolo 24 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Commento art. 5-bis: Si prevede che il responsabile tecnico dell’impresa è


responsabile dell’inserimento nel progetto edilizio dell’edificio di tutte le parti
di infrastruttura fisica multiservizio passiva e degli accessi che richiedono di
essere realizzati per gli interventi previsti ai sensi dall’art. 135-bis del D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380 (relativo all’infrastrutturazione digitale degli edifici,
vedi testo a seguire). Inoltre, al termine dei lavori, su istanza del soggetto che
ha richiesto il rilascio del permesso di costruire o di altro soggetto interessato,
rilascia una dichiarazione di conformità dell’impianto ai sensi di quanto pre-
visto dalle Guide CEI 306-2, CEI 306-22 e 64-100/1, 2 e 3, corredata degli
allegati ove sono descritte le caratteristiche degli accessi e della infrastruttura
fisica multiservizi passiva.
Tale dichiarazione è necessaria ai fini della presentazione allo sportello unico
dell’edilizia della segnalazione certificata di agibilità, cui all’art. 24 del D.P.R.
380/2001.

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380


Art. 135-bis - Norme per l’infrastrutturazione digitale degli edifici
1. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione
edilizia sono presentate dopo il 1° luglio 2015 devono essere equipaggiati con
un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da ade-
guati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra
ottica fino ai punti terminali di rete. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal
1° luglio 2015, in caso di opere che richiedano il rilascio di un permesso di co-
struire ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c). Per infrastruttura fisica mul-
tiservizio interna all’edificio si intende il complesso delle installazioni presenti
all’interno degli edifici contenenti reti di accesso cablate in fibra ottica con ter-
minazione fissa o senza fili che permettono di fornire l’accesso ai servizi a
banda ultralarga e di connettere il punto di accesso dell’edificio con il punto
terminale di rete.
2. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione
edilizia sono presentate dopo il 1° luglio 2015 devono essere equipaggiati di un
punto di accesso. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1° luglio 2015,
in caso di opere di ristrutturazione profonda che richiedano il rilascio di un per-
messo di costruire ai sensi dell’articolo 10. Per punto di accesso si intende il
punto fisico, situato all’interno o all’esterno dell’edificio e accessibile alle im-
prese autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione, che consente la
connessione con l’infrastruttura interna all’edificio predisposta per i servizi di
accesso in fibra ottica a banda ultralarga.
2-bis. Per i nuovi edifici nonché in caso di nuove opere che richiedono il rilascio
di permesso di costruire ai sensi dei commi 1 e 2, per i quali la domanda di
autorizzazione edilizia sia stata presentata dopo la data del 1° gennaio 2022,
l’adempimento dei prescritti obblighi di equipaggiamento digitale degli edifici è
attestato dall’etichetta necessaria di “edificio predisposto alla banda ultra larga”,
rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti di cui all’articolo 1, comma 2,

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 1 - Il quadro normativo

lettera b), del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008,
n. 37, e secondo quanto previsto dalle Guide CEI 306-2, CEI 306-22 e 64-
100/1, 2 e 3, su istanza del soggetto che ha richiesto il rilascio del permesso di
costruire o di altro soggetto interessato. Tale attestazione è necessaria ai fini
della segnalazione certificata di cui all’articolo 4. Il Comune entro 90 giorni dalla
ricezione della segnalazione è tenuto a comunicare i dati relativi agli edifici in-
frastrutturali al Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture
(SINFI) ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito con
modificazioni dalla legge n. 164 del 2014.
3. Gli edifici equipaggiati in conformità al presente articolo, per i quali la do-
manda di autorizzazione edilizia sia stata presentata prima del 1° gennaio
2022, possono beneficiare ai fini della cessione, dell’affitto o della vendita
dell’immobile, dell’etichetta volontaria e non vincolante di ‘edificio predisposto
alla banda ultra larga’, rilasciata da un tecnico abilitato come previsto dal
comma 2-bis.

Art. 6. - Realizzazione ed installazione degli impianti


1. Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità
alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli
stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme
dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri
dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio eco-
nomico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte.
2. Con riferimento alle attività produttive, si applicano le norme generali di sicu-
rezza di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31
marzo 1989 e le relative modificazioni.
3. Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima
del 13 marzo 1990 si considerano adeguati se dotati di sezionamento e prote-
zione contro le sovracorrenti posti all’origine dell’impianto, di protezione contro
i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interrut-
tore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA.

Commento art. 6, comma 3: Con questo comma viene eliminata definitiva-


mente la contraddizione fra la Legge 46/1990 e il D.P.R. 447/1991 riguardo
l’adeguamento dei vecchi impianti (realizzati prima dell’entrata in vigore
della Legge 46/1990). Infatti, viene ripreso l’ultimo capoverso del comma 8
dell’art. 5 del D.P.R. 447/1991 in cui erano indicati i requisiti minimi di ade-
guamento che sono i seguenti:
a) sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine
dell’impianto;
b) protezione contro i contatti diretti;
c) protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore diffe-
renziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA.

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Parte prima - Nozioni generali

Art. 7. - Dichiarazione di conformità


1. Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla nor-
mativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installa-
trice rilascia al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realiz-
zati nel rispetto delle norme di cui all’articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla
base del modello di cui all’allegato I, fanno parte integrante la relazione conte-
nente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all’articolo 5.
2. Nei casi in cui il progetto è redatto dal responsabile tecnico dell’impresa in-
stallatrice l’elaborato tecnico è costituito almeno dallo schema dell’impianto da
realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell’opera da ese-
guire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica atte-
stante le varianti introdotte in corso d’opera.
3. In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di con-
formità, e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte
degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento, ma tengono conto della sicu-
rezza e funzionalità dell’intero impianto. Nella dichiarazione di cui al comma 1
e nel progetto di cui all’articolo 5, è espressamente indicata la compatibilità tec-
nica con le condizioni preesistenti dell’impianto.
4. La dichiarazione di conformità è rilasciata anche dai responsabili degli uffici
tecnici interni delle imprese non installatrici di cui all’articolo 3, comma 3, se-
condo il modello di cui all’allegato II del presente decreto.
5. Il contenuto dei modelli di cui agli allegati I e II può essere modificato o inte-
grato con decreto ministeriale per esigenze di aggiornamento di natura tecnica.
6. Nel caso in cui la dichiarazione di conformità prevista dal presente articolo,
salvo quanto previsto all’articolo 15, non sia stata prodotta o non sia più repe-
ribile, tale atto è sostituito - per gli impianti eseguiti prima dell’entrata in vigore
del presente decreto - da una dichiarazione di rispondenza, resa da un profes-
sionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche ri-
chieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore
impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilità,
in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel
campo di applicazione dell’articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da
almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un’impresa abilitata di cui all’ar-
ticolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione.

Commento art. 7, comma 1: La dichiarazione di conformità dev’essere rila-


sciata solo dopo aver effettuato le verifiche previste dalle normative. Unita-
mente alla dichiarazione vanno allegati il progetto e la relazione contenente la
tipologia dei materiali impiegati;
Comma 2: Dove è non previsto un progetto redatto da un professionista, uni-
tamente alla dichiarazione vanno allegati lo schema dell’impianto da realiz-
zare (con eventuali varianti in corso d’opera) e la relazione contenente la ti-
pologia dei materiali impiegati;
Comma 3: Il rifacimento parziale degli impianti rientra nel caso della “trasfor-
mazione” degli impianti. Viene precisato che il progetto e la dichiarazione di

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

conformità devono essere riferiti solo alla parte di impianto rifatto. A volte il
rifacimento di una parte di impianto determina necessariamente delle modifi-
che a catena sulle parti di impianto sulle quali non si intendeva intervenire: in
questo caso nel progetto e nella dichiarazione di conformità devono apparire
anche queste modifiche.
Se la parte rifatta è indipendente dalla parte di impianto già presente, sia nel
progetto che nella dichiarazione di conformità rilasciata dev’essere espressa-
mente indicata la compatibilità tecnica della nuova parte dell’impianto con le
condizioni preesistenti (anche se manca nel modulo di dichiarazione una voce
apposita). La responsabilità dell’installatore è relativa esclusivamente agli in-
terventi effettuati, fermo restando il suo obbligo di verificare che il nuovo in-
tervento non determini situazioni di pericolo in relazione alle condizioni
dell’impianto sul quale interviene la modifica.
Comma 6: La dichiarazione di rispondenza (che in qualche modo sostituisce
il certificato di atto notorio che non c’è più, anche se quelli già effettuati man-
tengono la loro validità), è un attestato rilasciato in seguito a sopralluoghi ed
accertamenti sull’impianto da parte di:
1. un professionista iscritto all’albo professionale che ha esercitato la pro-
fessione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si rife-
risce la dichiarazione per impianti superiori ai 6 kW;
2. un responsabile tecnico di un’impresa abilitata che ha ricoperto tale
ruolo, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce
la dichiarazione per impianti inferiori o uguali ai 6 kW.
A questo punto le dichiarazioni presentabili possono essere suddivise in base
alla data di realizzazione degli impianti:
- per gli impianti realizzati prima del 13/03/1990 (data di entrata in vigore
della vecchia Legge 46/1990) è possibile presentare una dichiarazione
di rispondenza dell’impianto ai requisiti minimi di sicurezza (ossia se-
zionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine
dell’impianto, protezione contro i contatti diretti, protezione contro i
contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente cor-
rente differenziale nominale non superiore a 30 mA, previsti dall’art. 6,
comma 3 del D.M. 37/2008). Se il locale in questione è un luogo di
lavoro, la dichiarazione di rispondenza deve far riferimento alla legisla-
zione vigente sulla sicurezza sul lavoro (vedi art. 6, comma 2);
- per gli impianti realizzati fra il 13/03/1990 ed il 26/03/2008 (giorno
precedente all’entrata in vigore del nuovo D.M. 37/2008), è possibile
presentare una dichiarazione di rispondenza dell’impianto ai requisiti
normativi e legislativi previsti alla data di realizzazione dell’impianto;

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Parte prima - Nozioni generali

per gli impianti realizzati a partire dal 27/03/2008 (data di entrata in vigore
del nuovo D.M. 37/2008) è possibile solo presentare una dichiarazione di con-
formità dell’impianto in base agli allegati I o II del D.M. 37/2008.

Art. 8. - Obblighi del committente o del proprietario


1. Il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione,
di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti indicati all’arti-
colo 1, comma 2, ad imprese abilitate ai sensi dell’articolo 3.
2. Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le
caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo
conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa in-
stallatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta
ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell’im-
pianto e delle relative componenti tecniche da loro installate o gestite.
3. Il committente entro 30 giorni dall’allacciamento di una nuova fornitura di gas,
energia elettrica, acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d’uso, consegna
al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell’im-
pianto, resa secondo l’allegato I, esclusi i relativi allegati obbligatori, o copia
della dichiarazione di rispondenza prevista dall’articolo 7, comma 6. La mede-
sima documentazione è consegnata nel caso di richiesta di aumento di potenza
impegnata a seguito di interventi sull’impianto, o di un aumento di potenza che
senza interventi sull’impianto determina il raggiungimento dei livelli di potenza
impegnata di cui all’articolo 5, comma 2 o comunque, per gli impianti elettrici,
la potenza di 6 kw.
4. Le prescrizioni di cui al comma 3 si applicano in tutti i casi di richiesta di
nuova fornitura e di variazione della portata termica di gas.
5. Fatti salvi i provvedimenti da parte delle autorità competenti, decorso il ter-
mine di cui al comma 3 senza che sia prodotta la dichiarazione di conformità di
cui all’articolo 7, comma 1, il fornitore o il distributore di gas, energia elettrica o
acqua, previo congruo avviso, sospende la fornitura.

Commento art. 8, comma 3: Al momento dell’allacciamento (entro 30 giorni)


di una nuova fornitura o di un aumento contrattuale, il richiedente deve dimo-
strare che il proprio impianto è a norma, attraverso l’invio della dichiarazione
di conformità. Ma la domanda che si pone è: di quale dichiarazione di confor-
mità si parla? Esaminiamo nel seguito le varie casistiche, distinguendo due
situazioni.
I) Nuovi contratti
a) Per gli impianti realizzati prima del 13/03/1990 (data di entrata in
vigore della vecchia Legge 46/1990) si deve inviare la dichiarazione
di rispondenza in base al D.M. 37/2008 (ammesso che esista un edi-
ficio con impianto così vecchio e ancora senza contratto per l’ener-
gia elettrica);
b) per gli impianti realizzati fra il 13/03/1990 ed il 26/03/2008 (giorno

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

precedente all’entrata in vigore del nuovo D.M. 37/2008) si deve


inviare la dichiarazione di conformità in base alla Legge 46/1990
(se si possiede) oppure la dichiarazione di rispondenza in base al
D.M. 37/2008;
c) per gli impianti realizzati a partire dal 27/03/2008 (data di entrata in
vigore del nuovo D.M. 37/2008) si deve inviare la dichiarazione di
conformità in base al D.M. 37/2008.
II) Aumenti contrattuali
a) Per gli impianti realizzati prima del 13/03/1990 (data di entrata in
vigore della vecchia Legge 46/1990):
- se c’è stato bisogno della modifica dell’impianto, oltre alla di-
chiarazione di rispondenza in base al D.M. 37/2008 per l’im-
pianto preesistente alla modifica, si deve inviare la dichiarazione
di conformità (art. 7, comma 3, D.M. 37/2008) relativamente alla
parte di impianto modificata;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è ≥ 6 kW si deve inviare la dichiarazione di
rispondenza dell’impianto esistente;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è < 6 kW non viene richiesto nulla.
b) Per gli impianti realizzati fra il 13/03/1990 ed il 26/03/2008 (giorno
precedente all’entrata in vigore del nuovo D.M. 37/2008):
- se c’è stato bisogno della modifica dell’impianto, si deve inviare
la dichiarazione di conformità in base alla Legge 46/1990 (se si
possiede) oppure la dichiarazione di rispondenza in base al D.M.
37/2008 per l’impianto preesistente alla modifica. Inoltre si deve
inviare la dichiarazione di conformità (art. 7, comma 3, D.M.
37/2008) relativamente alla parte di impianto modificata;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è ≥ 6 kW si deve inviare la dichiarazione di
conformità in base alla Legge 46/1990 (se si possiede) oppure la
dichiarazione di rispondenza in base al D.M. 37/2008 per l’im-
pianto esistente;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è < 6 kW non viene richiesto nulla.
c) Per gli impianti realizzati a partire dal 27/03/2008 (data di entrata in
vigore del nuovo D.M. 37/2008):
- se c’è stato bisogno della modifica dell’impianto, oltre alla di-
chiarazione di conformità in base al D.M. 37/2008 per l’impianto

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Parte prima - Nozioni generali

preesistente alla modifica, si deve inviare la dichiarazione di con-


formità (art. 7, comma 3, D.M. 37/2008) relativamente alla parte
di impianto modificata;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è ≥ 6 kW si deve inviare la dichiarazione di
conformità in base al D.M. 37/2008 per l’impianto esistente;
- se non c’è stato bisogno della modifica dell’impianto e la potenza
contrattuale richiesta è < 6 kW non viene richiesto nulla.
Va sottolineato che qualsiasi modifica del contratto di fornitura già in essere
(cambio del gestore o delle condizioni di fornitura o subentro ad un precedente
utente, anche a seguito di temporanea disattivazione) non determina l’obbligo
di consegna della dichiarazione di conformità o di rispondenza. La documen-
tazione relativa agli impianti condominiali riguarda solo la parte comune
dell’edificio e quindi degli impianti, così come, al contrario, la documenta-
zione relativa al singolo appartamento non comprende le parti comuni
dell’edificio.

Art. 9. - Certificato di agibilità


1. Il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisi-
zione della dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7, nonché del certificato
di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.

Art. 10. - Manutenzione degli impianti


1. La manutenzione ordinaria degli impianti di cui all’articolo 1 non comporta la
redazione del progetto né il rilascio dell’attestazione di collaudo, né l’osser-
vanza dell’obbligo di cui all’articolo 8, comma 1, fatto salvo il disposto del suc-
cessivo comma 3.
2. Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e dell’attestazione di
collaudo le installazioni per apparecchi per usi domestici e la fornitura provvi-
soria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando
l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità.
3. Per la manutenzione degli impianti di ascensori e montacarichi in servizio
privato si applica il decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n.
162 e le altre disposizioni specifiche.

Art. 11. - Deposito presso lo sportello unico per l’edilizia del progetto, della
dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo
1. Per il rifacimento o l’installazione di nuovi impianti di cui all’articolo 1, comma
2, lettere a), b), c), d), e), g) ed h), relativi ad edifici per i quali è già stato rila-
sciato il certificato di agibilità, fermi restando gli obblighi di acquisizione di atti
di assenso comunque denominati, l’impresa installatrice deposita, entro 30
giorni dalla conclusione dei lavori, presso lo sportello unico per l’edilizia, di cui
all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
del comune ove ha sede l’impianto, la dichiarazione di conformità ed il progetto

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

redatto ai sensi dell’articolo 5, o il certificato di collaudo degli impianti installati,


ove previsto dalle norme vigenti.
2. Per le opere di installazione, di trasformazione e di ampliamento di impianti
che sono connesse ad interventi edilizi subordinati a permesso di costruire ov-
vero a denuncia di inizio di attività, di cui al decreto del Presidente della Repub-
blica 6 giugno 2001, n. 380, il soggetto titolare del permesso di costruire o il
soggetto che ha presentato la denuncia di inizio di attività deposita il progetto
degli impianti da realizzare presso lo sportello unico per l’edilizia del comune
ove deve essere realizzato l’intervento, contestualmente al progetto edilizio.
3. Lo sportello unico di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repub-
blica 6 giugno 2001, n. 380, inoltra copia della dichiarazione di conformità alla
Camera di commercio industria artigianato e agricoltura nella cui circoscrizione
ha sede l’impresa esecutrice dell’impianto, che provvede ai conseguenti riscon-
tri con le risultanze del registro delle imprese o dell’albo provinciale delle im-
prese artigiane, alle contestazioni e notificazioni, a norma dell’articolo 14 della
legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, delle eventuali
violazioni accertate, ed alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie ai sensi degli
articoli 20, comma 1, e 42, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112.

Art. 12. - Contenuto del cartello informativo


1. All’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente
gli impianti di cui all’articolo 1 l’impresa installatrice affigge un cartello da cui
risultino i propri dati identificativi, se è prevista la redazione del progetto da
parte dei soggetti indicati all’articolo 5, comma 2, il nome del progettista dell’im-
pianto o degli impianti.

Art. 13. - Documentazione


Articolo abrogato dall’art. 35, comma 2, dal D.L. 25/06/2008, n. 112 (L.
06/08/2008, n. 133)

Commento art. 13: Questo articolo aveva creato molti problemi nei giorni im-
mediatamente successivi alla pubblicazione del decreto. La preoccupazione
che si era generata era il possibile blocco delle compravendite di immobili in
assenza di documentazione sugli impianti. In realtà l’art. 13 esplicitava la pos-
sibilità del venditore e del compratore di accordarsi al fine di derogare da que-
sto obbligo. In ogni caso, le pressioni che ci sono state hanno prodotto il risul-
tato di far abrogare l’art. 13 pochi mesi dopo la sua approvazione (attraverso
l’art. 35 del Decreto-Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in Legge
133/2008).
Ora, con la cancellazione dell’art. 13 del D.M. 37/2008, l’acquirente è tutelato
dalla mancata messa a norma degli impianti, sulla base delle garanzie previste
dal Codice civile, in particolare dagli articoli 1375 (“Il contratto deve essere
eseguito secondo buona fede”), e dal 1490 (“Il venditore è tenuto a garantire

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui
è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui
si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede
taciuto al compratore i vizi della cosa”). E infine dall’articolo 1491: “Non è
dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi
della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili,
salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente
da vizi”.
Appare comunque opportuno che gli agenti immobiliari e i notai adempiano
ad un generale obbligo di informazione in materia inserendo nei contratti pre-
liminari di compravendita e nei conseguenti atti definitivi un’apposita clausola
che regoli la garanzia dell’alienante sulla conformità degli impianti e spie-
gando alle parti che l’obbligo di consegna della documentazione discende non
necessariamente da una norma di settore quale era l’art. 13 del D.M. 37/2008,
bensì da una generale e precisamente dal comma 3 dell’articolo 1477 del Co-
dice civile che prevede la consegna dal venditore all’acquirente di tutti i do-
cumenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta. Infatti la giurispru-
denza ormai da tempo annovera tra i suddetti documenti, oltre al certificato di
agibilità, anche le certificazioni di conformità degli impianti.

Art. 14. - Finanziamento dell’attività di normazione tecnica


1. In attuazione dell’articolo 8 della legge n. 46/1990, all’attività di normazione
tecnica svolta dall’UNI e dal CEI è destinato il tre per cento del contributo dovuto
annualmente dall’Istituto nazionale per la assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL) per l’attività di ricerca ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del de-
creto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 agosto 1982, n. 597.
2. La somma di cui al comma 1, calcolata sull’ammontare del contributo versato
dall’INAIL è iscritta a carico di un apposito capitolo dello stato di previsione della
spesa del Ministero dello sviluppo economico per il 2007 e a carico delle proie-
zioni del corrispondente capitolo per gli anni seguenti.

Art. 15. - Sanzioni


1. Alle violazioni degli obblighi derivanti dall’articolo 7 del presente decreto si
applicano le sanzioni amministrative da euro 100,00 ad euro 1.000,00 con rife-
rimento all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle
altre circostanze obiettive e soggettive della violazione.
2. Alle violazioni degli altri obblighi derivanti dal presente decreto si applicano
le sanzioni amministrative da euro 1.000,00 ad euro 10.000,00 con riferimento
all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circo-
stanze obiettive e soggettive della violazione.
3. Le violazioni comunque accertate, anche attraverso verifica, a carico delle
imprese installatrici sono comunicate alla Camera di commercio, industria,

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AVVERTENZA
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 1 - Il quadro normativo

artigianato e agricoltura competente per territorio, che provvede all’annotazione


nell’albo provinciale delle imprese artigiane o nel registro delle imprese in cui
l’impresa inadempiente risulta iscritta, mediante apposito verbale.
4. La violazione reiterata tre volte delle norme relative alla sicurezza degli im-
pianti da parte delle imprese abilitate comporta altresì, in casi di particolare
gravità, la sospensione temporanea dell’iscrizione delle medesime imprese dal
registro delle imprese o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, su propo-
sta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono
alla tenuta dei registri e degli albi.
5. Alla terza violazione delle norme riguardanti la progettazione ed i collaudi, i
soggetti accertatori propongono agli ordini professionali provvedimenti discipli-
nari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi.
6. All’irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo provvedono le Ca-
mere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.
7. Sono nulli, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice Civile, i patti relativi alle
attività disciplinate dal presente regolamento stipulati da imprese non abilitate
ai sensi dell’articolo 3, salvo il diritto al risarcimento di eventuali danni.

1.3 NORME CEI

Di seguito si riportano le principali norme CEI che costituiscono le regole di


concezione e progettazione degli impianti. Elenchiamo innanzitutto quelle con
valore più generale.

1.3.1 Norme e guide CEI di carattere generale

CEI 0-2 - Guida per la definizione della documentazione di progetto degli


impianti elettrici;
CEI 0-3 - Guida alla Legge 37/08 per la compilazione della dichiarazione di
conformità e relativi allegati;
CEI 0-4/1 - Documenti CEI normativi e non normativi. Parte 1: Tipi, defini-
zioni e procedure;
CEI 0-5 - Dichiarazione CE di conformità. Guida all’applicazione delle di-
rettive nuovo approccio e della direttiva bassa tensione.
CEI 0-16 - Regola tecnica di riferimento per la connessione di utenti attivi e
passivi alle reti alta e media tensione delle imprese distributrici di energia
elettrica. In un unico fascicolo sono ora accorpati i seguenti documenti:
- CEI 0-16:2014-09;
- CEI 0-16; V1:2014-12;
- CEI 0-16; V2:2016-07.

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Parte prima - Nozioni generali

CEI 0-21 - Regola tecnica di riferimento per la connessione di utenti attivi e


passivi alle reti bassa tensione delle imprese distributrici di energia elet-
trica. In un unico fascicolo sono ora accorpati i seguenti documenti:
- CEI 0-21:2016-07
- CEI 0-21; V1:2017-07.

1.3.2 Norme e guide CEI per i materiali elettrici,


le apparecchiature e le macchine

CEI EN 60947-2/A1: Apparecchiature a bassa tensione (interruttori indu-


striali);
CEI EN 60947-3: Interruttori di manovra, sezionatori, interruttori di mano-
vra-sezionatori e unità combinate con fusibili;
CEI EN 60947-4: Contattori e avviatori fino a 1.000 V;
CEI EN 60439-1: Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per
bassa tensione (quadri BT)1;
CEI 60439-2: Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per
bassa tensione (quadri di potenza);
CEI EN 60439-3: Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per
bassa tensione (Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da
persone comuni (DBO))2;
CEI EN 60439-4: Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per
bassa tensione (Prescrizioni particolari per quadri per cantiere (ASC))3;
CEI EN 50525-2-22: Cavi energia con tensione nominale non superiore a
450/750 V (U0/U) (Cavi per applicazioni generali - Cavi cordati ad alta
flessibilità con isolamento reticolato elastomerico);
CEI 20-22: Prove d’incendio su cavi elettrici;
CEI EN 60332-1-1: Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio
(Prova per la propagazione verticale della fiamma su un singolo condut-
tore o cavo isolato - Apparecchiatura)4;
CEI EN 60332-1-2: Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio
(Prova per la propagazione verticale della fiamma su un singolo

 
1
In aggiornamento - CEI EN 61439-1/EC (2015-11) e CEI EN 61439-1/EC (2019-11).
2
In aggiornamento - CEI EN 61439-3/EC (2014-06) e CEI EN 61439-3/EC (2019-07) e
61439-3/EC (2019-08).
3
CEI EN 61439-4 (2014-07) Foglio di interpretazione.
4
CEI EN 60332-1-1/A1 (2016-04) - Variante.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

conduttore o cavo isolato - Procedura per la fiamma di 1 kW premisce-


lata)5;
CEI EN 60332-1-3: Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio
(Prova per la propagazione verticale della fiamma su un singolo condut-
tore o cavo isolato - Procedura per la determinazione di particelle/gocce
incandescenti)6;
CEI EN 60332-2-1: Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio
(Prova per la propagazione verticale della fiamma su un piccolo singolo
conduttore o cavo isolato - Apparecchiatura);
CEI EN 60332-2-2: Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio
(Prova per la propagazione verticale della fiamma su un piccolo singolo
conduttore o cavo isolato - Procedura per la fiamma diffusa);
CEI 20-105: Cavi elettrici resistenti al fuoco, non propaganti la fiamma, senza
alogeni, con tensione nominale 100/100 V per applicazioni in sistemi fissi
automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio7;
CEI 20-37/0: Metodi di prova comuni per cavi in condizione di incendio - Prove
sui gas emessi durante la combustione dei materiali prelevati dai cavi;
CEI 20-38: Cavi senza alogeni isolati in gomma, non propaganti l’incendio,
per tensioni nominali U0/U non superiori a 0,6/1 kV8;
CEI EN 60702-1: Cavi ad isolamento minerale con tensione nominale non
superiore a 750 V (cavi)9;
CEI EN 60702-2: Cavi ad isolamento minerale con tensione nominale non
superiore a 750 V (terminazioni)10;
CEI EN 60702-3: Cavi ad isolamento minerale con tensione nominale non
superiore a 750 V (guida all’uso);
CEI EN 60898-1: Interruttori automatici per la protezione dalle sovracorrenti

 
5
CEI EN 60332-1-2/A12 (2021-10) Variante - CEI EN 60332-1-2/A11 (2016-11) - Variante
- CEI EN 60332-1-2/A1 (2016-04) - Variante.
6
CEI EN 60332-1-3/A1 - Variante
7
CEI 20-105/V2 (2020-05) - Variante - CEI 20-105/V1 (2013-09) - La presente Variante si
è resa necessaria per aggiornare i riferimenti normativi e costruttivi necessari per poter ga-
rantire il soddisfacimento dei requisiti previsti dal regolamento (UE) 305/2011 (CPR) in tema
di reazione al fuoco e implementati in Italia tramite la Norma CEI UNEL 35016. I contenuti
della presente variante si sono resi necessari per rispettare le prescrizioni cogenti previste
dal Decreto Legislativo 16 giugno 2017, n. 106 in termini di marcatura CE per la caratteri-
stica di reazione al fuoco. Tutti i cavi della presente norma soddisfano le prescrizioni essen-
ziali di sicurezza e salute della Direttiva Bassa Tensione (2014/35/UE) e la prestazione di
resistenza al fuoco dei prodotti è garantita tramite la conformità alle prove effettuate se-
condo le norme CEI EN 50200.
8
CEI 20-38/V1 (2017-03) - Variante.
9
In aggiornamento - CEI EN 60702-1/A1 (2015-11) - Variante.
10
In aggiornamento - CEI EN 60702-2/A1 (2015-11) - Variante.

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Parte prima - Nozioni generali

per impianti domestici e similari (interruttori automatici per funziona-


mento in corrente alternata);
CEI EN 60898-2: Interruttori automatici per la protezione dalle sovracorrenti
per impianti domestici e similari (interruttori automatici per funziona-
mento in corrente alternata in corrente continua);
CEI EN 61008-1: Interruttori differenziali senza sganciatori di sovracorrente
incorporati per installazioni domestiche e similari11;
CEI EN 61009-1: Interruttori differenziali con sganciatori di sovracorrente
incorporati per installazioni domestiche e similari (descrizioni generali)12;
CEI EN 61009-2: Interruttori differenziali con sganciatori di sovracorrente
incorporati per installazioni domestiche e similari (Applicabilità delle pre-
scrizioni generali agli interruttori differenziali con funzionamento indi-
pendente dalla tensione di rete)13;
CEI EN 60670-1: Scatole e involucri per apparecchi elettrici per installazioni
elettriche fisse per usi domestici e similari;
CEI 23-50: Prese a spina per usi domestici e similari (prescrizioni generali)14;
CEI 23-51: Prescrizioni per la realizzazione, le verifiche e le prove dei quadri
di distribuzione per installazioni fisse per uso domestico e similare.

1.3.3 Norme e guide CEI per gli impianti utilizzatori

CEI 64-8 VIII Edizione: Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non
superiore a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente continua;
CEI 64-11: Impianti elettrici nei mobili;
CEI 64-12: Guida per l’esecuzione dell’impianto di terra negli edifici per uso
residenziale e terziario;
CEI 64-14: Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori;
CEI 64-15: Impianti elettrici negli edifici pregevoli per rilevanza storica e/o
artistica;
 
11
In aggiornamento - CEI EN 61008-1/A2 (2015-06) - In aggiornamento - CEI EN 61008-
1/A1 (2015-06) - Variante - CEI EN 61008-1/A12 (2017-11) - Variante - CEI EN 61008-
1/A12 (2017-10) - Variante - CEI EN 61008/A1/AC(2016-08) - Errata corrige - CEI EN
61008-1/A2 (2016-08) - Errata corrige - CEI EN 61008-1/A11 (2016-05) - Variante.
12
CEI EN 61009-1/A11/A12 (2016-05) - Variante - CEI EN 61009-1/A2 (2015-10) - Variante
- CEI EN 61009-1/A1 (2015-06) - Variante.
13
CEI EN 61009-2-1/A11 (1998-10) - Variante.
14
CEI 23-50;V1 (2008-07) - Variante - CEI 23-50;V2 (2011-11) - Variante - CEI 23-50;V3
(2015-05) - Variante - In vigore con aggiornamenti - CEI 23-50;V3/EC1 (2015-07) - Errata
corrige - In vigore - CEI 23-50;V4 (2015-08) - Variante - In vigore con aggiornamenti - CEI
23-50;V4/EC1 (2016-08) - Errata corrige.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 1 - Il quadro normativo

CEI 64-17: Guida all’esecuzione degli impianti elettrici nei cantieri;


CEI 64-50: Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione
degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione delle infrastrut-
ture per gli impianti di comunicazioni e impianti elettronici negli edifici
(criteri generali);
CEI 64-51: Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione
degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti au-
siliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici (criteri particolari per
centri commerciali);
CEI 64-52: Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione
degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti au-
siliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici (criteri particolari per
edifici scolastici);
CEI 64-56: Edilizia ad uso residenziale e terziario. Guida per l’integrazione
degli impianti elettrici utilizzatori e per la predisposizione di impianti au-
siliari, telefonici e di trasmissione dati negli edifici (criteri particolari per
i locali medici);

1.3.4 La norma CEI 64-8

La norma CEI 64-8 (VIII edizione): Impianti elettrici utilizzatori a tensione


nominale non superiore a 1.000 V in corrente alternata e a 1.500 V in corrente
continua, entrata in vigore dal 1° dicembre 2021, contiene le prescrizioni per
la progettazione, la realizzazione e la verifica di un impianto elettrico utiliz-
zatore in bassa tensione, il cui fine è quello di garantire la sicurezza dell’im-
pianto stesso e il suo funzionamento. Le molte novità intercorse introdotte ne-
gli anni hanno contribuito in modo significativo a migliorare la “regola
dell’arte” nel campo della sicurezza elettrica, delle prestazioni impiantistiche,
della prevenzione incendi, della domotica e delle tecnologie digitali, dell’ef-
ficienza energetica, della sostenibilità ambientale ed in altri svariati campi.
La prima edizione risale al 1984. Da allora, fino alla VII edizione, la norma è
stata aggiornata circa ogni quattro anni.
Come si evince dalla Tabella 1.2 l’ottava edizione della norma CEI 64-8 viene
emanata nove anni dopo la pubblicazione dell’edizione precedente che nel
corso del tempo ha avuto diverse modifiche che si possono vedere nella Ta-
bella 1.3.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Tabella 1.2 - Cronologia delle edizioni della Norma CEI 64-8

Anno di pubblicazione Edizione norma CEI 64-8


Giugno 1984 Prima
Giugno 1987 Seconda
Ottobre 1992 Terza
Gennaio 1998 Quarta
Maggio 2003 Quinta
Gennaio 2007 Sesta
Giugno 2012 Settima
Luglio 2021 Ottava

Tabella 1.3 - Evoluzione della norma CEI 64-8 (VII edizione)

Data di pubblicazione Tipo di documento Parti modificate


Giugno 2012 Noma CEI 64-8 (VII edizione)
Luglio 2012 Errata Corrige Parti 3-4-5-6-7
Luglio 2013 Variante V1 Parti 3-4-5-6-7
Agosto 2015 Variante V2 Parti 5-7
Agosto 2016 Norma CEI 68-8/1 Aggiunta la Parte 8-1
Marzo 2017 Variante V3 Parti 4-5-7
Maggio 2017 Variante V4 Parti 5-7
Variante V4 Foglio di interpreta- Abrogata la nota relativa
Dicembre 2017
zione ai cavi CPR
Febbraio 2019 Variante V5 Parti 4-5-7

Riassumendo, la nuova edizione della norma comprende il testo dell’edizione


precedente (2012) e le cinque varianti. Essa è composta da otto documenti:
1. CEI 64-8/1 - Parte 1: Oggetto, scopo e principi fondamentali. Specifica a
quali impianti elettrici si applica la norma CEI 64-8 e a quali non si applica;
2. CEI 64-8/2 - Parte 2: Definizioni. Le definizioni sono dei termini che
ricorrono nella norma CEI 64-8 e sono necessarie per la comprensione
dei requisiti normativi richiesti ad un impianto elettrico;
3. CEI 64-8/3 - Parte 3: Caratteristiche generali. Le caratteristiche gene-
rali fanno riferimento alla configurazione circuitale degli impianti elet-
trici, ai loro sistemi di alimentazione, alla protezione contro le influenze
esterne, alla compatibilità dei componenti elettrici tra di loro ed alle
condizioni di manutenzione;

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

4. CEI 64-8 - Parte 4: Prescrizioni per la sicurezza. Le prescrizioni riguar-


dano le misure necessarie da adottare per garantire la sicurezza delle
persone e dei beni. In particolare, sono trattate le prescrizioni riguar-
danti la protezione contro i contatti diretti ed indiretti, contro le sovra-
correnti, e le prescrizioni riguardanti il sezionamento e il comando;
5. CEI 64-8 - Parte 5: Scelta ed installazione dei componenti elettrici. For-
nisce le prescrizioni relative alla scelta ed alla installazione dei compo-
nenti elettrici necessari per l’attuazione delle misure di protezione trat-
tate nella Parte 4;
6. CEI 64-8 - Parte 6: Verifiche. Riguarda le verifiche iniziali e periodiche
(costituite da esami a vista e da prove) che devono essere eseguite in un
impianto elettrico per accertare che le prescrizioni della norma CEI 64-
8 sono rispettate;
7. CEI 64-8 - Parte 7: Ambienti ed applicazioni particolari. Fissa le prescri-
zioni particolari che devono soddisfare gli impianti elettrici realizzati ne-
gli ambienti e per le applicazioni particolari, che integrano, modificano o
annullano le prescrizioni generali delle altre parti della norma CEI 64-8;
8. CEI 84-8 - Parte 8: Efficienza energetica degli impianti elettrici. Enuncia le
prescrizioni e le raccomandazioni per un approccio di gestione dell’effi-
cienza energetica per ottenere il miglior servizio equivalente con il consumo
più basso di energia elettrica e di equilibrio economico più sostenibile.
Le novità introdotte sono molte, alcune meno importanti altre più sostanziali.
Ad esempio:
- sono state inserite in tutto il testo numerose prescrizioni relative ai prov-
vedimenti antincendio derivanti dall’applicazione del Codice di preven-
zione incendi dei Vigili del Fuoco;
- è stato aggiornato il capitolo 37 relativo alle prestazioni degli impianti
negli ambienti residenziali;
- è stata inserita la tabella 51A relativa alla classificazione delle influenze
esterne;
- è stata riscritta la Parte 6 sulle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori15;
- è stata modificata la Parte 8-1 relativa all’efficienza energetica16;
- è stata inserita la nuova Parte 8-2 relativa ai “Prosumer” (utenti attivi)17.
 
15
La Parte 6 è stata modificata a seguito del recepimento del documento europeo HD
60346-6 (2016) Low voltage electrical installation - Part 6: Verification.
16
La Parte 8-1 è stata modificata a seguito del recepimento del documento europeo HD
60346-8-1 (2019) Low voltage electrical installation - Part 8-1: Function aspects - Energy
efficiency.
17
La Parte 8-2 è stata aggiunta a seguito del recepimento del documento europeo HD
60346-8-2 (2018) Low voltage electrical installation - Part 8-2: Prosumer’s low voltage

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Parte prima - Nozioni generali

Inoltre la nuova norma CEI 64-8 VIII edizione in particolare afferma che, “salvo
impedimenti costruttivi dovuti alla struttura o alla tipologia dell’edificio, l’inter-
ruttore generale e la colonna montante dell’impianto, che si trovano subito a
valle del contatore di energia, devono essere dimensionati per una potenza con-
trattualmente impegnata di almeno 6 kW”18 mentre scompare la prescrizione se-
condo la quale la sezione del montante deve essere di almeno 6 mm2. La norma
richiama anche in maniera esplicita le prescrizioni previste dalla Specifica Tec-
nica CEI 64-21 in cui si afferma: “Nel caso di impianti elettrici di unità immobi-
liari ad uso residenziale destinati ad essere utilizzati da parte di persone con di-
sabilità o specifiche necessità, i requisiti della presente Sezione possono essere
integrati, modificati o sostituiti da quanto previsto dalla Specifica Tecnica CEI
64-21”. Vi sono anche richiami diretti rivolti alle Guide 64-50: Edilizia ad uso
residenziale e terziario. Guida per l’integrazione degli impianti elettrici utilizza-
tori e per la predisposizione delle infrastrutture per gli impianti di comunicazioni
e impianti elettronici negli edifici - Criteri generali, 64-100: Edilizia residenziale
– Guida per la predisposizione delle infrastrutture per gli impianti elettrici, elet-
tronici e per le comunicazioni , 100-7: Guida per l’applicazione delle norme sugli
impianti per segnali televisivi, sonori e servizi interattivi e 306-2: Guida al ca-
blaggio per le comunicazioni elettroniche negli edifici residenziali.
Per quanto concerne gli impianti residenziali la nuova norma (Cap. 37) ha
introdotto diversi cambiamenti sia nel testo normativo che nella tabella 4 (nel
nostro testo la Tab. 4 della norma originale corrisponde alle Tabelle 1.4 e
1.4bis) e riguardante le dotazioni minime impiantistiche che si devono avere
in funzione del livello prestazionale:
1) il livello 1 (Base): è quello che garantisce all’utilizzatore un impianto
non solo sicuro, ma anche con un livello funzionale sufficiente; è ob-
bligatorio se si vuole che l’impianto sia a regola dell’arte;
2) il livello 2 (Standard): è più elevato rispetto al livello 1 e prevede pre-
stazioni superiori come, ad esempio, un numero maggiore di prese di
corrente e di circuiti, il videocitofono e il controllo dei carichi elettrici;
3) il livello 3 (Domotico): indica un impianto innovativo di pregio e pre-
vede, fra l’altro, anche le funzioni domotiche.
I livelli 2 e 3 hanno lo scopo di valorizzare gli impianti con prestazioni più
elevate del minimo necessario e offrono la possibilità di classificarli come
maggiore pregio.

 
elettrical installation. In inglese il termine “prosumer” è nato dalle parole “producer” (produt-
tore) e “consumer” (consumatore).
18
Anche se la superficie dell’immobile è inferiore a 75 m2.

__________
52
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Tabella 1.4 - Dotazioni minime impiantistiche per i livelli 1, 2 e 3 - Per ambiente

Livello 1 Livello 2 Livello 3 (4)


Per ambiente (5) Punti Punti Prese Punti Punti Prese Punti Punti Prese
prese luce radio/TV prese luce radio/TV prese luce radio/TV
Ingresso (12) 1 1 1 1 1 1
Angolo cottura 2 (1) 2 (1) 3 (2)
Locale cucina 5 (2) 1 1 6 (2) 2 1 7 (2) 2 1
Lavanderia (locale lavatrice) 3 1 4 1 4 1
Locale da bagno o doccia (11) con
2 2 2 2 2 2
attacco lavatrice

Capitolo 1 - Il quadro normativo


Locale da bagno o doccia (11)
1 2 1 2 1 2
senza attacco lavatrice
Locale servizi (WC) 1 1 1 1 1 1
__________

≤ 5 [m] 1 1 1 1 1 1
Corridoio
53

> 5 [m] 2 2 2 2 2 2
Balcone/terrazzo A ≥ 10 [m2] 1 1 1 1 1 1
Ripostiglio A ≥ 1 [m2] 1 1 1
Cantina/soffitta (9) 1 1 1 1 1 1
Box auto (9) 1 1 1 1 1 1
Giardino A ≥ 10 [m2] 1 1 1 1 1 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 4 {1} 1 1 5 2 1 5 2 1
Per ogni locale, (ad es.
12 [m2] < A < 20 [m2] 2 {2} 1 1 7 2 1 8 3 1
soggiorno, studio ecc.)
20 [m2] < A 6 {3} 2 1 8 3 1 10 4 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 4 {1} 1 1 4 2 1 4 2 1
Camera da letto (10) 12 [m2] < A < 20 [m2] 2 {2} 1 1 6 2 1 7 3 1
20 [m2] < A 5 {3} 2 1 7 3 1 9 4 1
A ≤ 100 [m2] 1 2 2
Lampade di emergenza
A > 100 [m2] 2 3 3

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Tabella 1.4-bis - Dotazioni minime impiantistiche per i livelli 1, 2 e 3 - Per appartamento

Livello 1 Livello 2 Livello 3


Per appartamento (5) Area (5) Num Area (5) Num Area (5) Num
A ≤ 50 [m2] 2 A ≤ 50 [m2] 3 A ≤ 50 [m2] 3
50 [m2] < A < 75 [m2] 3 50 [m2] < A < 75 [m2] 3 50 [m2] < A < 75 [m2] 4
Numero dei circuiti (6) (7)
75 [m2] < A < 125 [m2] 4 75 [m2] < A < 125 [m2] 5 75 [m2] < A < 125 [m2] 5
125 [m2] <A 5 125 [m2] <A 6 125 [m2] <A 7
Protezione contro le SPD nel quadro di unità SPD nel quadro di unità

Parte prima - Nozioni generali


sovratensioni (SPD) secondo (QUA) a meno che CRL (QUA) a meno che CRL descritto in SPD
le Sezioni 443 descritto in 443.5 443.5 sempre necessari
e 534 (14) (15) non sia ≥ 1.000 (16) non sia ≥ 1.000 (16)
__________

A ≤ 50 [m2] 1 A ≤ 50 [m2] 1 A ≤ 50 [m2] 1


Prese telefono e/o dati
54

50 [m2] < A < 100 [m2] 2 50 [m2] < A < 100 [m2] 2 50 [m2] < A < 100 [m2] 3
e/o ottiche
100 [m2] < A 1 100 [m2] < A 1 100 [m2] < A 4
Dispositivi per A ≤ 100 [m2] 1 2 2
l’illuminazione
di sicurezza (8) A >100 [m2] 2 3 3

Campanello, citofono o Campanello Campanello


Funzioni ausiliarie
videocitofono e videocitofono e videocitofono
Almeno 2 funzioni domotiche (vedi
Funzioni per sicurezza non Almeno 4 funzioni integrate tra
elenco in nota 4) non
elettrica, comfort ed efficienza Non richieste loro (impianto domotico)
necessariamente
energetica e interoperabili (4)
integrate tra loro (4)
Predisposizione Legge 11
novembre 2014, n. 164, art. STOA (13) QDSA (13) QDSA (13)
135 bis

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

Note alle Tabelle 1.4 e 1.4-bis

(1)
Livello minimo obbligatorio per la conformità alla norma 64-8.
(2)
Il numero di circuiti, in pratica, corrisponde al numero di interruttori magnetotermici o magneto-
termici differenziali, presenti in uscita nel centralino o in centralini secondari.
(3)
Per “punto presa” si intende il punto di alimentazione di una o più prese all’interno della stessa
scatola. Il numero tra parentesi tonde indica il totale di punti presa da installare in corrispondenza
del piano di lavoro. Deve essere prevista l’alimentazione della cappa aspirante, con o senza
spina. È buona prassi che i punti presa che risultano essere inaccessibili oppure i punti di alimen-
tazione diretti siano controllati attraverso un interruttore di comando onnipolare.
Il numero tra parentesi graffe indica i punti presa che possono essere spostati da un locale
all’altro, purché il numero totale dei punti presa previsti per l’unità immobiliare rimanga inva-
riato.
(4)
Di seguito vengono elencate 18 funzioni (l’elenco non è esaustivo) che possono o meno far
parte di un sistema domotico:
1 Videosorveglianza;
2 allarme intrusione;
3 controllo accessi;
4 rivelazione e allarme incendio (UNI 9795), se non prevista gestione separata;
5 antiallagamento e/o rivelazione fughe di gas;
6 gestione illuminazione con comandi;
7 gestione tapparelle, tende e coperture motorizzate;
8 gestione serramenti, parte, portoni, cancelli e sezionali motorizzati;
9 termoregolazione multizona per riscaldamento invernale e/o climatizzazione estiva;
10 gestione ventilazione meccanica forzata per qualità aria;
11 scenari programmabili;
12 gestione irrigazione monozona o multizona;
13 diffusione sonora;
14 controllo carichi per antiblackout e/o per limitazione potenza prelevata da rete;
15 controllo carichi per autoconsumo per efficientamento fonti rinnovabili;
16 monitoraggio flussi energetici (produzione e consumo);
17 gestione delta ricarica dei veicoli elettrici;
18 sistemi di accumulo elettrico.
(5)
Per “superficie A” si intende quella calpestabile dell’unità immobiliare, escludendo quelle
esterne quali terrazzi, portici ecc. e le eventuali pertinenze.
(6)
Per “circuito elettrico” si intende l’insieme di componenti di un impianto alimentati da uno stesso
punto e protetti contro le sovracorrenti da uno stesso dispositivo di protezione.
(7)
Per l’alimentazione degli apparecchi di potenza nominale superiore a 1 kW permanentemente
collegati al circuito di alimentazione (es. piano di cottura elettrico, scaldacqua, condizionatori ecc.)
devono essere previsti circuiti dedicati esclusi dal conteggio del numero minimo di circuiti della
Tabella 1.4. Risultano essere esclusi da tale conteggio i circuiti di box, cantina e soffitte così come
è escluso anche l’eventuale circuito dedicato per l’eventuale impianto di produzione “Plug & Play”
(norma CEI 0-21).
(8)
Sono accettabili i dispositivi estraibili (anche se non conformi alla norma CEI 34-22) ma non
quelli alimentati tramite presa a spina.
(9)
La Tabella 1.4 non si applica alle cantine, soffitte e box alimentati dai servizi condomi-
niali.
(10)
Nelle camere da letto è possibile prevedere un punto presa in meno rispetto a quello indi-
cato.
(11)
Nel locale bagno, nel caso non fosse previsto l’attacco e scarico per la lavatrice, è sufficiente
un punto presa.
(12)
Nel caso in cui l’ingresso ha un corridoio più lungo di 5 m, si devono aggiungere un punto
presa e un punto luce.
(13)
Secondo quanto definito dalla Guida CEI 306-21 si intende per:

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55
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Parte prima - Nozioni generali

- STOA: Scatola di terminazione ottica di appartamento;


- QDSA: Quadro distribuzione segnali di appartamento.
(14)
Per la scelta delle caratteristiche dell’SPD (Surge Protection Device) bisogna fare riferimento
alla Sezione 534, che afferma: “Per la protezione contro gli effetti delle sovratensioni dovute a
fulminazioni e a manovre, si utilizzano gli SPD di Tipo 2. Se la struttura è dotata di un sistema di
protezione esterno dei fulmini o se è, in altro modo, specificato un sistema di protezione contro
gli effetti della fulminazione diretta si devono utilizzare gli SPD di Tipo 1”.
(15)
Si intende per:
- QUA: Quadro di unità abitativa;
- CRL: Livello di rischio calcolato.
Consultare le Sezioni 443 e 534 per verificare la necessità di installare ulteriori SPD (e sceglierne
il tipo) all’interno dell’unità abitativa nei casi previsti.

Sempre all’interno del cap. 37 si precisa che la protezione contro le sovraten-


sioni deve essere realizzata secondo quanto indicato alla Sez. 443 della stessa
norma CEI. La protezione è assicurata installando dispositivi di limitazione
delle sovratensioni (SPD), la cui scelta e installazione devono essere effettuate
in conformità con le indicazioni della Sez. 534 (limitatori di sovratensione).
Un’altra novità importante è rappresentata dall’allegato informativo 51A re-
lativo alle influenze esterne, cioè i parametri che influenzano la scelta e l’in-
stallazione dei componenti dell’impianto elettrico. La tabella fornisce un
elenco di caratteristiche che i componenti elettrici devono possedere in ac-
cordo alle influenze esterne ai quali i componenti potrebbero essere soggetti.
Se un componente elettrico non ha, per costruzione, le caratteristiche adeguate
alle influenze esterne del luogo di installazione, può, ciò nonostante, essere
utilizzato a condizione che gli sia fornita un’adeguata protezione supplemen-
tare al momento della messa in opera. Le influenze esterne sono contraddi-
stinte da un codice alfanumerico costituito da due lettere minuscole ed un nu-
mero.
La prima lettera specifica le condizioni ambientali di impiego o di tipo di co-
struzione dell’edificio:
A = Ambiente;
B = Uso;
C = Costruzione edificio.
La seconda lettera indica la natura dell’influenza esterna: A…., B…., C….
Il numero rappresenta la classe dell’influenza esterna: 1…., 2…., 3….
Ad esempio, con il codice AC2 identifica:
A = Ambiente;
AC = Altitudine;
AC2 = Altitudine > 2.000 m.
Di seguito si riporta l’elenco delle tabelle per la scelta dei componenti elettrici
in accordo alle influenze esterne:

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

- temperatura ambiente (AA);


- condizioni climatiche (influenza combinata di temperature e umidità)
(AB);
- altitudine (AC);
- presenza di acqua (AD);
- presenza di corpi solidi estranei (AE);
- presenza di sostanze corrosive o inquinanti (AF);
- impatti (AG);
- vibrazioni (AH);
- altre condizioni meccaniche (AJ) (ancora allo studio);
- presenza di flora o crescita di muffe (AK);
- presenza di fauna (AL);
- influenze elettromagnetiche, elettrostatiche o ionizzanti (AM);
- irraggiamento solare (AN);
- effetti dovuti alle azioni sisma (AP);
- fulminazioni (AQ);
- movimento dell’aria (AR);
- vento (AS);
- competenza delle persone (BA);
- resistenza elettrica del corpo umano (BD);
- contatto delle persone con il potenziale di terra (BC);
- condizioni di evacuazione in caso di emergenza (BD);
- tipologia del materiale in deposito o lavorazione (BE);
- materiale da costruzione (CA);
- progettazione dell’edificio (CR).
La Parte 6 relativa alle verifiche iniziali e periodiche è stata completamente
riscritta e riporta alcune novità piuttosto importanti per:
a) i controlli da effettuare nell’esame a vista;
b) le modalità di esecuzione delle verifiche periodiche e relativa pericolosità;
c) i criteri di effettuazione di alcune prove e misure.

Esame a vista: in questo ambito la nuova norma, oltre ai controlli finora pre-
visti (che si possono eseguire utilizzando soltanto i sensi in modo da verificare
la corretta scelta e installazione dei componenti nonché la loro integrità) ri-
chiede di verificare:
1 coordinamento e selettività dei dispositivi di protezione (Sezione 570);
2 scelta, posizionamento e installazione degli eventuali SPD (Sezione 534);
3 le misure di protezione contro i disturbi elettromagnetici (Sezione 444);
4 scelta e installazione del sistema di cablaggio (Sezioni 521 e 522).

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Parte prima - Nozioni generali

Verifiche periodiche: nell’ambito delle visite periodiche, secondo la vecchia


norma CEI 64/8 VII edizione, occorre effettuare un esame a vista insieme ad
opportune misure e prove, comprese anche:
- misura della resistenza di terra;
- verifica delle protezioni contro i contatti diretti;
- prova funzionale dei dispositivi di protezione;
- prova di continuità dei conduttori di protezione.
Secondo la nuova CEI 64/8 (cap. 6, art. 6.5.1.2), invece, diventa compito del
verificatore specificare quali tipi di prove sono da eseguire per garantire la
funzionalità dell’impianto nel tempo.
La nuova norma, quindi, si limita a indicare che la verifica periodica serve per
assicurare:
a) la sicurezza delle persone e degli animali domestici contro i contatti
elettrici e le ustioni;
b) la protezione contro i danni alle cose dall’incendio e dal calore che si
produce a seguito di guasti nell’impianto;
c) la conferma della correttezza dei valori nominali e delle regolazioni dei
dispositivi di protezione;
d) l’assenza di difetti, non conformità, danni o componenti deteriorati
sull’impianto che possano compromettere la sicurezza e la funzionalità.
Frequenza delle verifiche periodiche: la frequenza delle verifiche è determi-
nata in funzione del tipo di impianto e delle apparecchiature, del loro uso e
funzionamento, dalla qualità e dal numero dei passaggi di manutenzione e
delle influenze esterne a cui l’impianto è soggetto.
Secondo la nuova norma (art. 6.5.2) viene indicata anche la periodicità degli
intervalli di tempo tra due verifiche successive che, in bassa tensione, possono
anche essere di alcuni anni ma comunque non superiore ai cinque. Fanno ec-
cezioni i casi dove esiste un maggiore rischio per cui vengono richiesti inter-
valli più brevi ma comunque non superiori a due anni, come ad esempio:
- gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (Sezione 751);
- i locali medici (Sezione 710);
- i locali di pubblico spettacolo (Sezione 752);
- i cantieri di costruzione e demolizione (Sezione 704).
La periodicità delle verifiche biennali o quinquennali nella precedente norma
rappresentava una raccomandazione mentre nella nuova norma diventa un li-
mite da non superare. Naturalmente il compito di fissare tale periodicità spetta
al responsabile dell’impianto.
Negli impianti elettrici dove è presente un efficiente sistema di manutenzione
preventiva, le verifiche periodiche possono essere sostituite da un adeguato

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

sistema di assistenza e da continue manutenzioni degli impianti e di tutti i loro


componenti da parte di personale esperto. Il tutto deve essere segnalato su
appositi registri e deve includere almeno:
- l’indicazione delle parti dell’impianto verificate;
- eventuali limitazioni sulle verifiche e le prove effettuate;
- qualsiasi danno, deterioramento, guasto o condizione pericolosa riscon-
trata;
- eventuali non conformità con le prescrizioni della presente norma ri-
scontrate, che possano dare origine ad un pericolo;
- i risultati delle prove effettuate;
- la raccomandazione relativa all’intervallo di tempo entro cui dev’essere
effettuata la successiva verifica periodica.

Modalità di esecuzione di prove e misure: nell’ambito dell’esecuzione di al-


cune prove e misure le principali novità riguardano:
- la misura della resistenza di terra: deve essere effettuata con un metodo
appropriato. Quando la misura della resistenza non è possibile, questa
può essere anche calcolata (art. 6.4.3.7.2)19. La norma però non fornisce
alcuna indicazione per stabilire quando non è possibile effettuare la mi-
sura della resistenza di terra;
- la misura dell’impedenza dell’anello di guasto: secondo la nuova norma
(art. 6.4.3.7.1 -punto A), in modo analogo alla misura della resistenza
di terra, la misura dell’impedenza dell’anello di guasto dev’essere ef-
fettuata quando possibile. In alternativa, quando non è possibile effet-
tuare la misura risulta essere sufficiente eseguire la verifica della conti-
nuità elettrica dei conduttori di protezione (art. 6.4.3.2), a condizione
che siano disponibili i calcoli dell’impedenza dell’anello di guasto o
della resistenza del conduttore di protezione20, corrispondenti all’im-
pianto realizzato (art. 6.4.1.2);
- prova degli interruttori differenziali: la precedente norma non prendeva
in considerazione la misura del tempo di intervento della protezione de-
gli interruttori differenziali. Questa indicazione ha trovato una sua giu-
stificazione dal momento che paragonare il tempo di intervento di un
dispositivo differenziale installato su un impianto datato con quelli dei

 
19
Dato che la norma non fornisce alcuna indicazione precisa per stabilire quando non è
possibile effettuare la misura della resistenza di terra, è facile pensare alle molteplici discus-
sioni che possono sorgere.
20
Per sezioni fino a 70 mm2 la reattanza è di fatto trascurabile e dunque l’impedenza coin-
cide con la resistenza.

__________
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Parte prima - Nozioni generali

tempi stabiliti dalla norma di prodotto per differenziali nuovi era troppo
eccessivo. A differenza di quanto scritto in precedenza, la nuova norma
(art. 6.4.3.7.1 - punto B) supera tale impostazione stabilendo che la
prova di un interruttore differenziale ha esito positivo solo se il tempo
di intervento risulta inferiore a quanto prescritto nel cap. 41 in materia
di protezione contro i contatti indiretti per interruzione automatica
dell’alimentazione. Questa è una indicazione ammissibile per i sistemi
TN ma non certo per i sistemi TT, per i quali la stessa norma al cap. 41
non definisce i tempi di intervento, se non di 1 s ai fini della selettività
sui circuiti di distribuzione. Ad esempio in un sistema TN, dove le cor-
renti di guasto a terra sono alte e dunque superiori ai 5 Idn, ha poco senso
verificare che l’interruttore differenziale intervenga entro 5 s o entro 0,4
s come prescrive il cap. 41, visto che l’interruttore interviene entro i 40
ms.

1.4 EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA SUL CORPO UMANO

1.4.1 La folgorazione

Definiamo la folgorazione come quel fenomeno per il quale una corrente elet-
trica che attraversa il corpo umano ne provoca effetti patologici di varia natura
ed intensità. Un incidente da folgorazione può comportare lesioni più o meno
gravi e permanenti per vari organi del corpo umano, in relazione a diversi
fattori che ne stabiliscono la dinamica fisico-elettrica e fisiopatologica del
soggetto coinvolto.
Gli effetti fisiopatologici che la corrente elettrica può provocare sono princi-
palmente due:
1) disfunzione di organi vitali;
2) alterazione dei tessuti per ustione.
Per organi vitali si intende per esempio il cuore (che, se danneggiato, provoca
problemi di circolazione) o il sistema nervoso (che provoca problemi alla re-
spirazione).
La soglia di pericolosità è invece difficilmente individuabile in quanto risulta
essere molto soggettiva e dipendente da molteplici fattori, tra i quali:
- l’intensità della corrente;
- la frequenza e la forma d’onda;
- il percorso attraverso il corpo;
- la durata del contatto;

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

- la fase del ciclo cardiaco al momento del contatto;


- il sesso e le condizioni fisiche del soggetto.
Gli effetti più frequenti e più pericolosi conseguenti ad uno shock elettrico -
che possono portare anche al decesso o comunque compromettere in maniera
importante lo stato fisiologico di un essere umano - sono:
- limiti di percezione;
- tetanizzazione;
- arresto respiratorio;
- fibrillazione ventricolare;
- ustioni.

1.4.1.1 Limiti di percezione

Il limite di percezione dipende da soggetto a soggetto. Taluni avvertono cor-


renti di intensità nettamente inferiori anche ad 1 mA, mentre altri cominciano
a percepire il passaggio della corrente ad intensità più elevate anche dell’or-
dine di 2 mA.

1.4.1.2 Tetanizzazione

Il fenomeno di tetanizzazione accade quando i muscoli non rispondono più


agli stimoli fisiologici ma vengono contratti ed eventualmente decontratti a
causa degli stimoli elettrici legati al passaggio di corrente.
Nel momento in cui si supera un determinato valore della frequenza degli sti-
moli, i muscoli si contraggono senza la possibilità di ritornare allo stato di
riposo, fino a quanto non viene a cessare lo stimolo elettrico. In questo caso si
parla di “contrazione tetanica massimale” o “tetano fuso”. Quindi la perico-
losità della tetanizzazione muscolare è legata all’impossibilità da parte di una
persona di staccarsi dalla parte sotto tensione, ovvero di lasciare la presa che
determina il passaggio di corrente elettrica.
Il valore limite della corrente che ci permette di liberarci dalla presa è media-
mente quantificato in 10 mA (50÷100 Hz in corrente alternata) per le donne e
in 15 mA per gli uomini e prende il nome di “corrente di rilascio”21.

 
21
Alcuni soggetti sono in grado di liberarsi anche per correnti superiori, ma questo dipende
da diversi fattori come il sesso, l’età, le condizioni di salute, il livello di attenzione ecc.

__________
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Parte prima - Nozioni generali

1.4.1.3 Arresto respiratorio

L’arresto respiratorio è il naturale seguito del fenomeno di tetanizzazione mu-


scolare. Per correnti che vanno da 20 a 30 mA si può verificare anche una
paralisi dei centri nervosi responsabili della respirazione, con conseguente
svenimento e rischio di morte per soffocamento, con la lingua che tende ad
essere ingoiata dal soggetto.
In questi casi, per salvare la persona, si può procedere anche con la respira-
zione artificiale, tuttavia deve essere eseguita entro cinque minuti in modo da
prevenire il soffocamento e i danni cerebrali dovuti all’anossia.

1.4.1.4 Fibrillazione ventricolare

Quando si parla di elettrocuzione, la prima cosa che ci viene in mente è l’arresto


cardiaco. Questa situazione, tuttavia, è la parte finale di ciò che viene conosciuto
con il nome di fibrillazione ventricolare, ovvero un’alterazione patologica del
meccanismo ritmico ed ordinato di trasmissione degli impulsi elettrici. Quando
si arriva alla fibrillazione vera e propria, questa è irreversibile, cioè non cessa
con il cessare della causa che l’ha prodotta, ovvero la folgorazione.
In questi casi, l’unica probabilità di salvezza è data da una controstimolazione
esterna, ovvero una scarica elettrica di elevata intensità opportunamente asse-
stata come ad esempio quando si usa un classico defibrillatore.
Riveste dunque un ruolo determinante il percorso che la corrente compie
nell’attraversamento del corpo umano sottoposto ad una scarica elettrica.
Possiamo affermare che, nei confronti della fibrillazione ventricolare, il per-
corso mano sinistra-torace è quello più pericoloso, mentre quello piede-piede
ha un fattore di rischio notevolmente inferiore. Esiste quindi una proporzionalità
approssimativa tra il peso corporale e la corrente necessaria alla fibrillazione, il
cui valore è compreso tra 70 e 100 mA. In realtà questa soglia non può essere
definita in modo preciso poiché essa varia con le condizioni fisiologiche del
soggetto, ma anche con i parametri ambientali e casuali dell’incidente come:
- il percorso della corrente all’interno del corpo;
- la resistenza dell’organismo, tensione;
- il tipo di contatto;
- il tempo di passaggio della corrente nell’organismo; infatti, correnti che
cessano entro il normale periodo del ciclo cardiaco (0,5-1 s) non sono
in grado di determinare la fibrillazione mentre l’esposizione al passag-
gio di correnti elevate provoca l’arresto diretto del muscolo cardiaco.

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

1.4.1.5 Rischi di ustioni

Un altro rischio importante collegato all’elettricità sono le ustioni. Normal-


mente la pelle ha una resistività maggiore dei tessuti interni, che sono preva-
lentemente acquosi. Per questo motivo le ustioni da folgorazione si sviluppano
principalmente sul tessuto epidermico, in corrispondenza dei punti di ingresso
e di uscita della scarica elettrica. Bastano solo pochi mA per mm² applicati
per qualche secondo a generare fenomeni di ustione. Densità di corrente su-
periori, dell’ordine dei 50 mA per mm², sono sufficienti ad innescare la car-
bonizzazione del tessuto superficiale. Alle ustioni esterne corrispondono una
distruzione degli organi interni (sottoposti ad un violento delta termico dovuto
alla folgorazione), una distruzione dei centri nervosi e una lacerazione delle
arterie con conseguenti emorragie.
Possiamo quindi, affermare che esistono due tipi di ustioni:
1) ustione dovuta all’arco;
2) ustione elettrotermica.
Quella dovuta all’arco è causata dal calore irradiato dall’arco elettrico mentre
quella elettromeccanica è un’ustione dovuta al passaggio della corrente elet-
trica attraverso l’organismo.
Nelle Figure 1.4 e 1.5 vengono riportate le zone di pericolosità della corrente
in funzione del tempo di percorrenza e le conseguenze del passaggio della
corrente elettrica nel corpo umano.

Figura 1.4 - Zone di percezione e pericolosità della corrente alternata tra 15 e 100 Hz

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Parte prima - Nozioni generali

Nella zona AC-1 (retta a di equazione I = 0,5 mA) normalmente la corrente


può essere percepita senza tuttavia dare luogo ad alcuna reazione fino alla so-
glia di percezione (dita di una mano).
Nella zona AC-2 (compresa tra la retta a e la curva b di equazione I = 10+10/t
mA, con asintoto verticale I = 10 mA) non si ha nessun effetto di fenomeni
patologici pericolosi, fino alla soglia di tetanizzazione.
Nella zona AC-3 (compresa tra la curva b e la curva c1) è altamente probabile
il verificarsi di effetti fisiopatologici solitamente reversibili quali contrazioni
muscolari, difficoltà respiratorie, aritmie e arresti temporanei del cuore, au-
mento della pressione sanguigna, fenomeni che peggiorano con l’aumentare
della corrente e della durata della scossa ma senza però innescare una fibrilla-
zione ventricolare.
Nella zona AC-4 si ha la probabilità di fibrillazione ventricolare, così come
l’arresto respiratorio e cardiaco e la formazione di gravi ustioni. La curva trat-
teggiata di sicurezza-tempo c2 sottintende una probabilità di innesco di fibril-
lazione ventricolare delle persone pari al 5% mentre quella c3 è pari al 50%.

Figura 1.5 - Sintesi delle conseguenze del passaggio della corrente elettrica
nel corpo umano

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

1.4.2 La resistenza del corpo umano

Se il nostro organismo si comportasse come un isolante ideale, ovvero i tessuti


fossero resistenti al passaggio di corrente elettrica, non staremmo a parlare
della folgorazione. In effetti, il nostro corpo somiglia più ad un’impedenza
capacitiva, dove l’effetto capacitivo è dato dalla pelle che fa da isolante tra la
parte esterna e i tessuti interni i quali presentano una resistività decisamente
inferiore a quella della pelle. In realtà, quando ci troviamo in corrente alter-
nata, l’effetto capacitivo della pelle può risultare trascurabile quindi rimane
solo la parte resistiva denominata “resistenza del corpo umano” RB.
Quando si parla di resistenza del corpo umano, tuttavia, bisogna considerane
che essa è variabile e dipendente dalle condizioni fisiologiche che mutano da
individuo a individuo con il valore della resistenza interna vincolato dal per-
corso della corrente che lo attraversa. Questo è spiegabile dal fatto che la re-
sistenza del corpo non è uniformemente distribuita nello stesso, ovvero è mag-
giormente concentrata negli arti superiori e inferiori e quasi trascurabile nel
tronco, come si può vedere dalla Figura 1.6.

Figura 1.6 - Resistenza percentuale delle varie parti del corpo umano
alla corrente elettrica

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Parte prima - Nozioni generali

Da cui:
� = 2 , % + 0,9% + 9,9% = ,2%
� = 5, % + , % + 2, % = 5 ,5%
� = ,2% + 5 ,5% = 98, % ≈ 00%
Dove:
RAD = Resistenza mano - torace;
REH = Resistenza busto - piede;
RAH = Resistenza mano - piede.

Si definisce “fattore di percorso”, F, l’indice di probabilità di un determinato


percorso della corrente (I) capace di innescare la fibrillazione ventricolare, a
parità di tempo di esposizione. Il suo valore è dato da:

�=

Dove:
Irif è la corrente del percorso di riferimento mano sinistra-piede (o mani-
piede), che determina un pericolo di fibrillazione ventricolare;
Ih è la corrente nel corpo, secondo un percorso tra quelli indicati in Tabella 1.5.

Il CEI ha fissato per i fattori di percorso F i valori riportati proprio nella Tabella 1.5.

Tabella 1.5 - Valori dei fattori di percorso

Percorso di riferimento Fattore F


Mani - piedi 1
Mano sinistra - piede sinistro 1
Mano sinistra - piede destro 1
Mano sinistra - entrambi i piedi 1
Mano sinistra - mano destra 0,4
Mano sinistra - dorso 0,7
Mano sinistra - torace 1,5
Mano destra - piede sinistro 0,8
Mano destra - piede destro 0,8
Mano destra - entrambi i piedi 0,8
Mano destra - dorso 0,3
Mano destra - torace 1,3

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Capitolo 1 - Il quadro normativo

Come si può notare più alto è il valore di F, maggiore è il pericolo. Prendendo


come riferimento il percorso mano-piede di uno stesso lato del corpo (ad
esempio mano sinistra - piede sinistro) il valore è F = 1 mentre per gli altri
percorsi in caso di elettrocuzione:
mano sinistra - torace F = 1,5
mano destra - torace F = 1,3
mano sinistra - piede destro F=1
mano destra - piede sinistro F = 0,8
mano sinistra - mano destra F = 0,4

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2
CARATTERISTICHE DELLA RETE

2.1 DEFINIZIONI

Di seguito vengono riportate le definizioni più importanti per meglio com-


prendere il contenuto del presente capitolo; tali definizioni sono quasi tutte
derivate dalla norma CEI 64-8/2 VIII edizione.
Impianto elettrico: è l’insieme di componenti elettrici che sono associati al
fine di soddisfare scopi specifici e aventi caratteristiche coordinate. Fanno
parte dell’impianto elettrico tutti quei componenti non alimentati tramite prese
a spina, ad eccezione degli apparecchi utilizzatori fissi purché la presa sia de-
stinata unicamente alla loro alimentazione (art. 21.1).
Componente elettrico: termine generale usato per indicare sia i componenti
dell’impianto sia gli apparecchi utilizzatori (art. 27.1).
Componente dell’impianto: ogni elemento utilizzato per la produzione, tra-
sformazione, trasmissione o distribuzione di energia elettrica, come macchine,
trasformatori, apparecchiature, strumenti di misura, apparecchi di protezione
e condutture (art. 27.3).
Circuito elettrico: parte di un impianto elettrico costituito dal complesso dei
componenti elettrici aventi una determinata tensione nominale e protetti con-
tro le sovracorrenti da uno stesso dispositivo di protezione.
Circuito di distribuzione: circuito che alimenta un quadro di distribuzione.
Circuito terminale: circuito direttamente collegato agli apparecchi utilizzatori
o alle prese a spina.
Tensione nominale (Un): è la tensione per cui un impianto o una sua parte sono
progettati. In funzione della tensione nominale i sistemi elettrici si dividono
in:
- sistemi di categoria 0 (zero): sono quelli con tensione nominale ≤ a 50
[V] se in corrente alternata o a 120 [V] se a corrente continua (non on-
dulata);
- sistemi di I categoria: sono quelli con tensione nominale da 50 [V] fino
a 1.000 [V] compresi se in corrente alternata o da 120 [V] fino a 1.500
[V] compresi se in corrente continua;

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

- sistemi di II categoria: sono quelli a tensione nominale oltre 1.000 [V]


fino a 35.000 [V] compresi se in corrente alternata o oltre 1.500 [V] se
in corrente continua;
- sistemi di III categoria: sono quelli con tensione nominale maggiore di
35.000 [V] (art. 22.1).
Corrente di impiego (Ib): è la corrente che può fluire in un circuito nel servizio
ordinario:
- a livello dei circuiti terminali è la corrente corrispondente alla potenza
apparente dell’utilizzatore; in presenza di avviamento dei motori o delle
messe in servizio (ascensori o saldatrici a punti ecc.) è necessario tener
conto anche delle correnti transitorie se i loro effetti si accumulano;
- a livello dei circuiti di distribuzione (principali e secondari) è la corrente
corrispondente alla potenza apparente richiesta da un gruppo di utiliz-
zatori tenendo conto del coefficiente di utilizzazione e di contempora-
neità.
Possiamo determinare la corrente di impiego (Ib) in ampere nel seguente
modo:


� = ������� ��������
� ∗ cos �


� = ������� �������
√ ∗ � ∗ cos �

Dove:
P è la potenza assorbita dal carico espressa in [W];
Un è la tensione nominale espressa in [V];
cosΦ è il fattore di potenza e vale 0,9 per un impianto monofase mentre
vale circa 0,8 per un impianto trifase.

Corrente nominale (In): è la corrente che l’interruttore può supportare in ser-


vizio ininterrotto, per intervalli di tempo superiori a settimane, mesi o anche
anni. La corrente nominale dell’interruttore è uguale alla sua corrente termica
convenzionale in aria libera (Irth), che rappresenta il valore massimo di cor-
rente che l’interruttore è destinato a portare, in conformità alle prescrizioni sui
limiti di sovratemperatura che le relative norme di prodotto impongono.
Portata in regime permanente di una conduttura (Iz): è il massimo valore della
corrente che può fluire in una conduttura, in regime permanente ed in

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Parte prima - Nozioni generali

determinate condizioni, senza che la sua temperatura superi un valore speci-


fico; in altre parole è la massima corrente che la conduttura può sopportare
senza pregiudicare la durata della sua vita (art. 25.5).
Sovracorrente: è la corrente che supera il valore nominale. Tale corrente
dev’essere eliminata in tempi tanto più brevi quanto più elevato è il suo valore
(art. 25.6).
Corrente di cortocircuito: sovracorrente che si verifica a seguito di un guasto
fra due punti tra i quali esiste una tensione in condizioni ordinarie di esercizio
(art. 25.8).
Corrente di guasto: corrente che si stabilisce a seguito di un cedimento
dell’isolamento o quando l’isolamento è cortocircuitato (art. 25.11).
Corrente di guasto a terra: corrente di guasto che si chiude attraverso l’im-
pianto di terra (art. 25.12).
Tensione di contatto: tensione che si stabilisce fra parti simultaneamente ac-
cessibili, in caso di guasto dell’isolamento (art. 22.2).
Tensione di contatto limite convenzionale (UL): massimo valore della tensione
di contatto che è possibile mantenere per un tempo indefinito in condizioni
ambientali specificate (art. 22.4).
Impianto di terra: l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei collettori
(o nodi) principali di terra e dei conduttori di protezione ed equipotenziali,
destinati a realizzare la messa a terra di protezione e/o di funzionamento (art.
24.11).
Dispersore: corpo conduttore o gruppo di corpi conduttori in contatto elettrico
con il terreno e che realizza un collegamento elettrico con la terra (art. 24.2).
Resistenza di terra: resistenza tra il collettore (o nodo) principale di terra e la
terra (art. 24.3).
Conduttore di terra (CT): conduttore di protezione che collega il collettore
principale di terra (o nodo) al dispersore oppure collega i dispersori tra di loro
(art. 24.7).
Collettore (o nodo) principale di terra: elemento previsto per il collegamento
al dispersore dei conduttori di protezione, inclusi i conduttori equipotenziali e
di terra, nonché i conduttori per la terra funzionale, se esistente (art. 24.8).
Collegamento equipotenziale: collegamento elettrico che mette diverse masse
e masse estranee al medesimo potenziale (art. 24.9).
Conduttore equipotenziale principale (EQP) e supplementare (EQS): condut-
tore di protezione destinato ad assicurare il collegamento equipotenziale.
Conduttore di protezione (PE): conduttore prescritto per alcune misure di pro-
tezione contro i contatti indiretti per il collegamento di alcune delle seguenti
parti (art. 25.4):

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

- masse;
- masse estranee;
- collettore (o nodo) principale di terra;
- dispersore;
- punto di terra della sorgente o neutro artificiale.
Massa: parte conduttrice di un componente elettrico che generalmente non è
in tensione in condizioni ordinarie, ma che può andare in tensione in condi-
zioni di guasto (art. 23.2).
Massa estranea: parte conduttrice esterna all’impianto elettrico in grado di
introdurre un potenziale, normalmente il potenziale di terra (art. 23.3).
Conduttore PEN: conduttore che svolge insieme le funzioni sia di conduttore
di protezione (PE) sia di conduttore di neutro (art. 24.6).
Parte attiva: conduttore o parte conduttrice in tensione nel servizio ordinario,
compreso il conduttore di neutro, ma escluso per convenzione il conduttore
PEN (art. 23.1).
Isolamento principale: isolamento delle parti attive utilizzato per la protezione
base contro i contatti diretti e indiretti (art. 23.17).
Isolamento supplementare: isolamento indipendente previsto in aggiunta
all’isolamento principale per assicurare la protezione contro i contatti elettrici
in caso di guasto dell’isolamento principale (art. 23.18).
Doppio isolamento: isolamento comprendente sia l’isolamento principale che
l’isolamento supplementare (art. 23.19).
Isolamento rinforzato: sistema unico di isolamento applicato alle parti attive,
in grado di assicurare un grado di protezione contro i contatti elettrici equiva-
lente al doppio isolamento, nelle condizioni specificate nelle relative norme
(art. 23.18).

2.2 PROTEZIONE DELLE PERSONE CONTRO I CONTATTI


ELETTRICI

La norma CEI 64-8 prevede due tipi di contatti elettrici pericolosi per le persone:
- il contatto diretto;
- il contatto indiretto.

2.2.1 Il contatto diretto

Per “contatto diretto” si intende il contatto di una persona con una parte attiva

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Parte prima - Nozioni generali

dell’impianto (norma CEI 64-8 art. 23.5): per esempio, quando si tocca un
cavo scoperto o male isolato oppure quando si toccano con entrambe le mani
i due poli della corrente.
Le misure di protezione adottate per tutelare le persone dai contatti diretti
sono:
1) protezione totale, che può essere ottenuta mediante:
- isolamento delle parti attive senza possibilità di rimozione;
- impiego di involucri o barriere fisiche che sono rimovibili mediante
utensili, interblocchi e barriere intermedie aventi un grado di prote-
zione di almeno IPXXB (vedi par. 2.2.3); in caso di superfici orizzon-
tali gli involucri o le barriere devono avere un grado di protezione non
inferiore a IPXXD.
2) protezione parziale: le misure di protezione parziale si ottengono me-
diante allontanamento delle parti attive oppure inserendo un ostacolo
tra le parti in tensione e l’utente. Tali misure hanno il compito di pro-
teggere dai contatti accidentali e di realizzare un allontanamento da due
parti in tensione che possono essere simultaneamente accessibili1. Que-
ste tipo di misure destinate solo alla protezione del personale addestrato
non possono essere rimosse in modo accidentalmente ma solo in ma-
niera intenzionale utilizzando chiavi o altri attrezzi.
3) protezione addizionale: la protezione addizionale è ottenuta utilizzando
dispositivi differenziali a corrente residua ad alta sensibilità (I∆n 30
[mA]). Tali dispositivi non possono essere utilizzati come unico mezzo
di protezione addizionale contro i contatti diretti ma sono in aggiunta
alle misure di protezione totale e parziale.
In base al rischio di contatto diretto, i componenti elettrici vengono classificati
secondo quattro diverse classi:
a) classe 0: apparecchiature elettriche dotate di isolamento principale e
non munite di alcun morsetto per il collegamento delle masse a terra
tramite un conduttore di protezione PE; per cui, nel caso si abbia un
guasto dell’isolamento, la protezione è affidata soltanto alle caratteri-
stiche dell’ambiente circostante (ad es. pedane isolanti);

 
1
Le norme CEI 64-8 considerano parti simultaneamente accessibili quelle che si trovano a
distanza inferiore a 2,5 m sia in verticale che in orizzontale e che quindi non possono con-
venzionalmente essere toccate contemporaneamente da una persona.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

b) classe I: apparecchiature elettriche dotate del solo isolamento principale


ed aventi anche un morsetto per il collegamento delle masse a terra tra-
mite un conduttore di protezione PE. Quindi le masse sono collegate a
terra e la protezione contro i guasti di isolamento è affidata ai dispositivi
di protezione dei circuiti. Sono utilizzabili in tutti i sistemi (TT, TN e
IT) con tensioni fino a 1.000 [V] in corrente alternata (categoria 0 e I);
c) classe II: apparecchiature elettriche dotate di doppio isolamento o di
isolamento rinforzato e non aventi alcun morsetto per il collegamento
delle masse a terra tramite un conduttore di protezione PE (potrebbe
addirittura essere controproducente per la sicurezza). Vengono impie-
gati solo nei sistemi elettrici di I categoria in alternativa a quelli di
classe I quando non sia possibile attuare il collegamento a terra;
d) classe III: apparecchiature elettriche dotate di isolamento ridotto perché
destinato ad essere alimentato esclusivamente da sistemi a bassissima
tensione di sicurezza. Non è previsto alcun morsetto per il collegamento
per la massa a terra.

2.2.2 Involucri e barriere di protezione

La normativa sugli impianti ha classificato e codificato un gran numero di


influenze esterne alle quali un impianto elettrico può essere sottoposto come
ad esempio presenza d’acqua, presenza di corpi solidi, rischio di urti, vibra-
zioni, presenza di sostanze corrosive ecc.

2.2.3 Grado di protezione

La norma IEC 529 (CEI EN 60529/1997 - classificazione ex CEI 70-1) per-


mette di identificare attraverso il codice IP (International Protection) i gradi
di protezione previsti per gli involucri delle apparecchiature elettriche contro
l’accesso alle parti in tensione e contro la penetrazione dell’acqua o dei corpi
solidi estranei. Il codice IP è composto di 2 cifre caratteristiche più eventuali
2 lettere addizionali nel caso in cui la protezione delle persone contro l’accesso
alle parti in tensione risulti essere superiore a quella indicata dalla prima cifra.
- la prima cifra caratterizza la protezione del materiale contro la penetrazione
dei corpi solidi estranei ed il suo valore va da 0 a 6 oppure lettera X2;

 
2
Quando si vuole indicare solo uno o due tipi di protezione, le cifre mancanti sono sostituite
dalla lettera X. 

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Parte prima - Nozioni generali

- la seconda cifra caratterizza la protezione contro la penetrazione dei li-


quidi all’interno degli involucri con effetti dannosi ed il suo valore va
da 0 a 8 oppure lettera X;
- eventuale lettera addizionale A, B, C e D;
- eventuale lettera supplementare H, M, S e W.

Tabella 2.1 - La prima cifra indica il grado di protezione contro la penetrazione di


corpi solidi estranei

IP Significato
0 Nessuna protezione
1 Protetto contro corpi solidi superiori a 50 mm di diametro
2 Protetto contro corpi solidi superiori a 12 mm di diametro
3 Protetto contro corpi solidi superiori a 2,5 mm di diametro
4 Protetto contro corpi solidi superiori a 1 mm di diametro
5 Protetto contro le polveri (nessun deposito nocivo)
6 Totalmente protetto contro le polveri

Figura 2.1 - La prima cifra indica il grado di protezione contro la penetrazione


di corpi solidi estranei

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Tabella 2.2 - La seconda cifra indica il grado di protezione


contro la penetrazione di liquidi

IP Significato
0 Nessuna protezione
1 Protetto contro le cadute verticali di gocce d’acqua
Protetto contro le cadute di gocce d’acqua o pioggia fino a 15° dalla verti-
2
cale
Protetto contro le cadute di gocce d’acqua o pioggia fino a 60° dalla verti-
3
cale
4 Protetto contro gli spruzzi d’acqua da tutte le direzioni
5 Protetto contro i getti d’acqua
6 Protetto contro i getti d’acqua potenti
7 Protetto contro gli effetti delle immersioni temporanee
8 Protetto contro gli effetti delle immersioni continue

Figura 2.2 - La seconda cifra indica il grado di protezione


contro la penetrazione di liquidi

Tabella 2.3 - La lettera aggiuntiva indica il grado di protezione


contro l’accesso a parti pericolose

IP Significato
A Protetto contro l’accesso con la mano
B Protetto contro l’accesso col dito
C Protetto contro l’accesso con attrezzo
D Protetto contro l’accesso con filo

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 2.3 - La lettera aggiuntiva indica il grado di protezione


contro l’accesso a parti pericolose

Tabella 2.4 - La lettera supplementare fornisce informazioni


relative alla protezione del materiale

IP Significato
H Adatto per apparecchiatura ad alta tensione
Provato contro gli effetti dannosi dovuti all’ingresso d’acqua quando le
M
parti mobili dell’apparecchiatura sono in moto
Provato contro gli effetti dannosi dovuti all’ingresso d’acqua quando le
S
parti mobili dell’apparecchiatura non sono in moto
Adatto all’uso in condizioni atmosferiche specificate e dotato di misure o
W
procedimenti addizionali

2.2.4 Il contatto indiretto3

Per “contatto indiretto” si intende il contatto di una persona con parti normal-
mente non in tensione ma che, in condizioni di guasto o di difetto di isola-
mento, possono trovarsi in tensione. Questo tipo di contatto è molto più peri-
coloso del contatto diretto in quanto normalmente non si adottano tutte le pre-
cauzioni che vengono usate verso elementi dell’impianto elettrico normal-
mente in tensione, come cavi, interruttori ecc. I metodi di protezione dai con-
tatti indiretti sono:
 
3
Norma CEI 64-8 art. 23.6.

__________
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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

- metodi di protezione passiva, mirati ad impedire che possano verificarsi


condizioni di pericolo;
- metodi di protezione attiva, i quali non evitano la nascita di tensioni di
contatto, ma agiscono interrompendo l’alimentazione qualora tali ten-
sioni diventassero convenzionalmente pericolose.
Da questo deriva che le misure di protezione contro i contatti indiretti sono di
due tipi: protezione senza interruzione automatica del circuito e protezione
tramite interruzione automatica del circuito.

2.2.4.1 Protezione senza interruzione automatica del circuito

Questo tipo di protezione avviene tramite:


- componenti con doppio isolamento o isolamento rinforzato, ad esempio
utilizzando materiali in classe II;
- quadri prefabbricati aventi un isolamento completo e cioè realizzato
con apparecchi in classe II, involucro in materiale isolante ecc. (norma
CEI EN 61439-1);
- separazione elettrica realizzata mediante l’alimentazione di un circuito
con un trasformatore di isolamento, ovvero aggiungendo un isolamento
supplementare a quello principale;
- locali non conduttori in cui i pavimenti e le pareti sono in materiale
isolante e hanno un particolare valore minimo di resistenza:
> 50 [kΩ] per una Un ≤ 500 [V];
≥ 100 [kΩ] per una Un > 500 [V].
e non ci sono condutture di protezione all’interno;
- locali in cui le masse siano collegate tra loro da un conduttore equipo-
tenziale e non siano connesse con la terra;
- circuiti alimentati a bassissima tensione che permettono di realizzare
una protezione combinata contro i contatti diretti e indiretti, l’utilizzo
di componenti speciali, condizioni di installazione particolari.
Un sistema elettrico è a bassissima tensione se soddisfa le condizioni imposte
dall’articolo 411.1.1 della norma CEI 64-8; in particolare:
a) la tensione nominale non supera 50 [V] in c.a., e 120 [V] in c.c.;
b) l’alimentazione proviene da una sorgente SELV (Safety Extra Low
Voltage) o PELV (Protective Extra Low Voltage);
c) sono soddisfatte le condizioni di installazione previste per questo tipo
di circuiti elettrici.

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Parte prima - Nozioni generali

Un sistema SELV ha le seguenti caratteristiche:


1. Viene alimentato da una sorgente indipendente o da una sorgente di si-
curezza; sono sorgenti indipendenti le comuni batterie, gli accumulatori
o i gruppi elettrogeni mentre sono considerate sorgenti di sicurezza le
alimentazioni ottenute attraverso l’utilizzo di un trasformatore di sicu-
rezza;
2. Non sono presenti punti di collegamento a terra: è vietato collegare a
terra sia le masse sia le parti attive del circuito SELV;
3. Il sistema deve essere separato dagli altri sistemi elettrici e ciò deve
essere anche garantito per tutti i componenti; per questo motivo si usa
posizionare i conduttori del circuito SELV in canaline separate oppure
i conduttori sono dotati di una guaina isolante supplementare.
Un sistema PELV possiede gli stessi requisiti di un sistema SELV ad ecce-
zione del divieto di avere punti a terra, per questo il sistema PELV si utilizza
quando si avverte la necessità di avere collegato a terra un punto attivo del
circuito. Questo sistema garantisce un livello di sicurezza inferiore al prece-
dente poiché non risulta completamente isolato dal sistema esterno. L’even-
tualità che si verifichi un guasto verso terra del circuito primario potrebbe in-
durre - attraverso l’impianto di terra - delle tensioni pericolose sulle masse
relative provocando un rischio calcolato, anche per la presenza sul circuito
principale di dispositivi automatici idonei alla protezione contro i contatti in-
diretti.

Figura 2.4 - I sistemi SELV e PELV

La norma CEI 64-8 prevede una terza tipologia di circuiti per i sistemi di ca-
tegoria zero: quelli FELV (Functional Extra Low Voltage). Questi circuiti

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

sono realizzabili quando per ragioni funzionali non possono essere soddisfatte
le condizioni dei circuiti SELV o PELV. Il loro scopo è quello di assicurare
una protezione contro i contatti diretti e indiretti, se vengano soddisfatte le
seguenti prescrizioni.
a) Protezione dai contatti diretti. Deve essere assicurata:
- da barriere o involucri con grado di protezione conforme a quanto ri-
chiesto dalla norma CEI 64-8; oppure
- tramite un isolamento corrispondente alla tensione minima di prova
richiesta per il circuito primario; se tale prova non viene superata,
l’isolamento delle parti accessibili non conduttrici del componente
elettrico deve essere rinforzato durante l’installazione in modo che
possa sopportare una tensione di prova pari 1.500 V c.a. per 60 s.
b) Protezione dai contatti indiretti. Deve essere assicurata:
- dal collegamento delle masse del circuito FELV al conduttore di pro-
tezione PE del circuito primario a condizione che quest’ultimo ri-
sponda a una delle misure di protezione contro i contatti diretti; op-
pure
- dal collegamento di una parte attiva del circuito FELV al conduttore
di protezione del circuito primario, a condizione che sia applicata una
misura di protezione mediante interruzione automatica del circuito
primario stesso.

Figura 2.5 - Il sistema FELV

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Parte prima - Nozioni generali

c) Prese a spina. Le prese a spina del sistema FELV non devono potersi
inserire in altre prese alimentate con altre tensioni e le spine di altri
circuiti non devono inserirsi nelle prese del sistema FELV.

2.2.4.2 Protezione tramite interruzione automatica del circuito

La protezione tramite interruzione automatica del circuito è il metodo mag-


giormente usato per la sua semplicità di regole da osservare rispetto a quelle
previste dai casi precedentemente elencati. Il compito di un dispositivo di pro-
tezione è quello di interrompere automaticamente l’alimentazione al circuito
in un istante tale che la tensione di contatto sulle masse non permanga per
tempi superiori a quelli che comporterebbero degli effetti fisiopatologici nel
corpo umano. Perché si possa realizzare una protezione attiva contro i contatti
indiretti è necessario che:
a) tutte le masse estranee e tutti gli elementi conduttori accessibili siano
collegati all’impianto di terra tramite un conduttore di protezione; inol-
tre due masse raggiungibili contemporaneamente devono essere colle-
gate al medesimo dispersore di terra;
b) i tempi di intervento dell’interruttore di protezione siano tali da garan-
tire l’incolumità della persona; il massimo tempo di intervento delle
protezioni dipende:
- dal sistema di neutro;
- dalla tensione nominale tra fase e terra;
- dalle caratteristiche dell’ambiente.
La protezione data dagli interruttori differenziali contro le tensioni di contatto
e il pericolo di elettrocuzione è fondamentale in tutte le comuni applicazioni
impiantistiche civili e industriali, tanto che con la Legge 46/1990 il suo inse-
rimento negli impianti è diventato oggetto di prescrizione legislativa al pari
della messa a terra. Tra i vantaggi derivanti dall’utilizzo degli interruttori dif-
ferenziali non va dimenticata la protezione che offrono contro un eventuale
incendio che si può innescare da modeste dispersioni verso terra non rilevabili
dagli interruttori automatici magnetotermici, ma sufficienti a provocare il di-
sastro.
Riassumendo, la protezione contro i contatti diretti e indiretti può essere rap-
presentata attraverso lo schema di Figura 2.6.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Figura 2.6 - Schema di classificazione dei contatti accidentali


e dei sistemi di protezione

2.3 LA CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE

La messa a terra degli impianti elettrici è il metodo più diffuso per la prote-
zione contro i contatti indiretti. Tale metodo, però, per essere realmente effi-
cace dev’essere coordinato con un relè differenziale affinché si possa realiz-
zare, in caso di pericolo, l’interruzione automatica dell’alimentazione.
Per scegliere opportunamente il dispositivo di protezione contro i guasti a terra
occorre quindi conoscere prima di tutto il sistema di distribuzione dell’im-
pianto. La norma italiana CEI 64-8/3 classifica i sistemi elettrici con la com-
binazione di due lettere:
- sistema TT;
- sistema TN in 3 varianti: TN-C, TN-S, TN-C-S;
- sistema IT.
La prima lettera indica la situazione del sistema di alimentazione verso terra:
T = collegamento diretto a terra di un punto, in c.a., in genere il neutro;
I = isolamento da terra, oppure collegamento a terra di un punto, general-
mente il neutro, tramite un’impedenza.
La seconda lettera indica la situazione delle masse dell’impianto elettrico ri-
spetto a terra:
T = masse collegate direttamente a terra;
N = masse collegate al punto di messa a terra del sistema di alimentazione.

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Parte prima - Nozioni generali

I sistemi visti, quindi, differiscono per la messa a terra del neutro e per il tipo
di collegamento a terra delle masse. L’entità del guasto verso terra e le conse-
guenze che si creano dal contatto con masse in tensione sono dunque legate in
modo determinante allo stato del neutro del sistema di alimentazione e alla
modalità di connessione delle masse verso terra.

2.3.1 Il sistema TT

Nei sistemi TT la corrente, dovuta ad un guasto monofase a terra, interessa il


terreno nella zona compresa tra l’impianto di messa a terra dell’utilizzatore e
l’impianto di messa a terra dell’ente distributore4.
Il valore dell’impedenza del circuito di guasto è normalmente elevato, mentre
la corrente di guasto è piuttosto bassa, anche nel caso in cui c’è un cortocir-
cuito franco tra fase e massa. Le normali protezioni legate alle sovracorrenti
non sono idonee ad eliminare rapidamente questo tipo di guasto. Infatti l’in-
tervento può essere provocato dallo sganciatore termico dopo un certo inter-
vallo di tempo oppure dallo sganciatore magnetico, se il guasto evolve in un
cortocircuito tra le fasi. Le principali caratteristiche sono:
- masse collegate a terra (solitamente interconnesse);
- distacco del circuito obbligatorio al primo guasto, eliminato tramite un
dispositivo differenziale a corrente residua posto a monte di tutti i cir-
cuiti o eventualmente su ogni circuito di distribuzione in modo da avere
il minor disservizio5;
- il conduttore neutro è collegato direttamente a terra nella cabina realiz-
zata dall’ente distributore;
- l’utente non può usare il neutro per collegare a terra le masse o le masse
estranee del suo impianto, ma deve realizzare un proprio impianto;
- ogni edificio deve avere obbligatoriamente il proprio impianto di terra;
- il neutro è considerato un conduttore attivo e deve essere interrotto
dall’interruttore generale di ogni impianto utilizzatore; questo significa
che il conduttore di neutro dev’essere sezionabile, pertanto l’interrut-
tore generale di un impianto monofase dovrà essere del tipo bipolare
mentre quello di un impianto trifase dovrà essere del tipo quadripolare;
- il conduttore di protezione PE dell’impianto di terra non deve mai es-
sere sezionabile.
 
4
Centro stella del secondario del trasformatore nella cabina MT/BT.
5
Nel caso in cui le masse non sono collegate ad una terra comune, è obbligatorio utilizzare
un dispositivo differenziale su ogni partenza.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Si può affermare che questo tipo di sistema presenta una soluzione abbastanza
semplice per l’installazione e non necessita di manutenzioni frequenti (è ne-
cessario verificare periodicamente il funzionamento del dispositivo differen-
ziale mediante il tasto di test). Riassumendo, si può dire che il sistema TT è
impiegato quando le utenze di edifici residenziali, commerciali e similari sono
alimentate direttamente dalla rete pubblica di distribuzione in bassa tensione
e hanno una potenza impegnata inferiore ai 100 kW.

Figura 2.7 - Sistema TT

Figura 2.8 - Sistema TT

Nella Figura 2.9 viene rappresentato con una linea tratteggiata il circuito che
si ha a seguito di un guasto a terra in un sistema TT.

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 2.9 - Percorso della corrente di guasto a terra in un sistema TT


(fonte: CEI 64-12)

La corrente di guasto percorre la resistenza di guasto, il conduttore di prote-


zione PE, la resistenza di terra (RT) passa attraverso il terreno e tramite la re-
sistenza (RN) si concatena con l’avvolgimento secondario del trasformatore
(cabina di distribuzione MT/BT dell’ente erogatore), per andare infine sul
conduttore di fase (L3).
In accordo con quanto prescrive la norma CEI 64-8/4 e con quanto visto in
precedenza in un sistema TT, per garantire la protezione delle persone contro
i contatti indiretti, i dispositivi di protezione devono essere coordinati con
l’impianto di terra in modo da interrompere tempestivamente il circuito se la
tensione di contatto assume valori pericolosi per l’uomo. Quindi deve essere
soddisfatta la seguente relazione:

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

� ∗� ≤�

dove:
IΔn [A] è la corrente d’intervento differenziale nominale con un ritardo
massimo ammesso di un secondo;
UL [V] è la tensione di contatto limite convenzionale pari a 50 [V] e 25
[V] in ambienti a maggior rischio;
RE [Ω] è la resistenza del dispersore di terra.

Quindi:

� ∗� ≤ 50

50
� ≤

Dalla formula appare evidente che il valore della resistenza RE che l’impianto
di terra può assumere risulta diverso se si impiegano interruttori differenziali
con differenti valori della corrente (IΔn) che compare al denominatore della
relazione.
Infatti, utilizzando un differenziale con sensibilità (IΔn) di 30 [mA], si avrà un
valore di resistenza di terra pari a:

50
� ≤ = . , [Ω]
0

Utilizzando invece un differenziale con sensibilità (IΔn) da 300 [mA] si avrà


un valore di resistenza di terra pari a:

50
� ≤ = , [Ω]
00

La Tabella 2.5 riporta i valori massimi della resistenza di terra RE in base al


valore della corrente nominale dell’interruttore differenziale.

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Tabella 2.5 - Valori massimi della resistenza di terra RE

IΔn [A] UL = 50 [V] UL = 25 [V]


0,01 ≤ 5.000 ≤ 2.500
0,03 ≤ 1.666 ≤ 833
0,1 ≤ 500 ≤ 250
0,3 ≤ 166 ≤ 83,3
0,5 ≤ 100 ≤ 50
3 ≤ 16 ≤8
10 ≤5 ≤ 2,5
30 ≤ 1,6 ≤ 0,8

2.3.2 Il sistema TN

Il sistema TN è impiegato nella distribuzione dell’energia elettrica per grandi utenze


civili e industriali (come ad esempio complessi industriali, centri commerciali,
aziende ospedaliere, istituzioni scolastiche, supermercati ecc.) che generalmente
impegnano potenze maggiori di 100 [kW] ed hanno una propria cabina di trasfor-
mazione. Nel sistema TN il neutro all’interno della cabina è collegato a terra e le
masse delle utenze sono collegate al neutro. Nel caso in cui le funzioni di neutro e
di protezione dovessero essere svolte da un unico cavo, il sistema si dice TN-C (terra
neutro-comuni). Il conduttore di neutro, quindi, svolge anche la funzione di prote-
zione e non deve essere sezionabile indicandolo con la sigla PEN.

Figura 2.10 - Sistema TN-C

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Figura 2.11 - Sistema TN-C

Se il conduttore neutro e quello di protezione sono separati, il sistema si dice


TN-S (terra-neutro-separati). In questo caso il conduttore di neutro può essere
sezionabile, mentre quello di terra no.

Figura 2.12 - Sistema TN-S

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 2.13 - Sistema TN-S

Infine, se alcune parti dell’impianto sono collegate in TN-C ed altre in TN-S


il sistema si dice TN-C-S.

Figura 2.14 - Sistema TN-C-S

Nella Figura 2.15 rappresentiamo con la linea tratteggiata il circuito che si ha


quando avviene un guasto a terra in un sistema TN.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Figura 2.15 - Percorso della corrente di guasto in un sistema TN-S

Come mostrato in figura, la corrente di guasto non coinvolge il terreno ma


passa essenzialmente attraverso il conduttore di protezione (PE). Quindi per
realizzare una corretta protezione contro i contatti indiretti in un sistema TN
tramite la disconnessione automatica del circuito, in accordo alla norma CEI
64-8/4, è necessario rispettare la seguente relazione:


� ≤

dove:
Zs [Ω] è l’impedenza dell’anello di guasto che comprende la sorgente, il
conduttore attivo fino al punto di guasto e il conduttore di prote-
zione tra il guasto e la sorgente;
Ia [A] è la corrente d’intervento del dispositivo di protezione che ne pro-
voca l’apertura automatica entro il tempo definito dalla norma per
correnti inferiori ai 32 [A] sui circuiti terminali in funzione della
tensione nominale U0 (vedi Tab. 2.6). Oppure entro 5 [s] per i cir-
cuiti di distribuzione e quelli terminali con correnti superiori a 32
[A]. Se si usa un interruttore differenziale (Ia) è la corrente diffe-
renziale nominale d’intervento;
U0 è la tensione nominale in c.a., ovvero il valore efficace tra fase e
terra.

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 2.6 - Tempi massimi di interruzione per i sistemi TN

U0 [V] Tempi di interruzione [s]


50 ≤ U0 ≤ 120 0,8
130 ≤ U0 ≤ 230 0,4
240 ≤ U0 ≤ 400 0,2
U0 > 400 0,1

Nota: i tempi massimi di interruzione indicati in tabella si applicano ai circuiti terminali protetti con
dispositivo di protezione contro le sovracorrenti aventi corrente nominale o regolabile non supe-
riore a 32 [A].

Quando si sceglie il dispositivo automatico ai fini della protezione contro i


guasti Fase-PE e contro i contatti indiretti lo si fa coordinando opportuna-
mente i tempi di intervento con il valore dell’impedenza dell’anello di guasto.
I dispositivi di interruzione automatica ammessi dalle norme sono il disposi-
tivo di protezione contro le sovracorrenti (sganciatori termomagnetici o elet-
tronici) e il dispositivo a corrente differenziale (solo nel sistema TN-S).
Nei sistemi TN quando si ha un guasto franco Fase-PE sul lato bassa tensione
(dopo il trasformatore MT/BT) genera solitamente una corrente di entità si-
mile a quella di un cortocircuito. In questo caso la corrente di guasto percorre
il conduttore (o i conduttori) di fase e quello di protezione senza però interes-
sare in alcun modo l’impianto di terra. La formula diventa quindi:

� ∗� ≤�


� ≤ = �

dove IKLPE è la corrente di guasto Fase-PE.

Possiamo quindi asserire che la protezione dai contatti indiretti è verificata se


la corrente di intervento Ia del dispositivo di protezione (entro i tempi riportati
nella Tab. 2.6 o entro 5 s) è inferiore alla corrente di guasto (IKLPE) che si ha
in corrispondenza della massa da proteggere.
Confrontando i due sistemi, TT e TN, si può dunque notare che il secondo è
più vantaggioso economicamente rispetto al primo perché si evita di realizzare
gli impianti di terra per il collegamento delle utenze (dove è previsto). Quindi
nei sistemi TN, per la protezione delle persone dai contatti indiretti è

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

sufficiente collegare il conduttore di neutro alle masse metalliche degli utiliz-


zatori. Si ricorda che questo sistema non si può realizzare quando la cabina è
di proprietà dell’ente distributore in quanto, se si verificasse un guasto proprio
in cabina, il conduttore di neutro sarebbe sotto tensione, così come tutte le
masse metalliche, provocando un pericolo per le persone. Da ciò ne deriva che
se qualcuno dovesse avere dei danni, in conseguenza di un contatto con le
masse, la responsabilità sarebbe dell’ente distributore perché la cabina è di sua
proprietà. Per evitare di assumersi queste responsabilità l’ente vieta agli utenti
di collegare il conduttore di neutro alle masse metalliche del proprio impianto
e li costringe a realizzare un proprio impianto di terra per la protezione dai
contatti indiretti, cioè un sistema TT. Invece, nel caso in cui il proprietario
dell’impianto elettrico è anche il proprietario della cabina non ci sono pro-
blemi di conflitti di competenza poiché, per qualunque danno che si può veri-
ficare, la responsabilità è sempre della stessa persona.

2.3.3 Il sistema IT

In un sistema elettrico isolato da terra, IT, al primo guasto verso terra la cor-
rente che si richiude attraverso le capacità parassite dei conduttori è molto
piccola perché dipende dai cavi e, in misura minore, dai motori e dagli altri
componenti degli impianti.

Figura 2.16 - Sistema IT

In questi sistemi, la protezione contro i contatti indiretti avviene:

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- mediante dispositivi di controllo dell’isolamento a funzionamento con-


tinuo in caso di primo guasto a terra non interrompendo la corrente e di
conseguenza la continuità del servizio;
- utilizzando dispositivi di protezione contro le sovracorrenti e dispositivi
a corrente differenziale6 in caso di secondo guasto a terra.

2.4 L’IMPIANTO DI TERRA

La guida CEI 64-12 che ha come oggetto “Guida per l’esecuzione dell’im-
pianto di terra negli edifici per uso residenziale e terziario” definisce la
“terra” nel seguente modo: “Il terreno come conduttore il cui potenziale elet-
trico in ogni punto è convenzionalmente considerato uguale a zero” (cap. 1).
In base al compito che è chiamato a svolgere possiamo distinguere un im-
pianto di terra nei seguenti modi:
- Messa a terra di protezione. Collega insieme tutte le parti metalliche
degli impianti e degli apparecchi utilizzatori con lo scopo di agevolare
l’interruzione del circuito guasto o di eliminare le tensioni pericolose
che potrebbero applicarsi alle persone che venissero sfortunatamente a
contatto con un involucro metallico con difetto di isolamento. Risulta
essere dunque il metodo più utilizzato per la protezione contro i contatti
indiretti tramite l’interruzione automatica del circuito attraverso il coor-
dinamento con la messa a terra degli impianti elettrici.
Questo tipo di messa a terra riguarda anche gli impianti di protezione
contro le scariche atmosferiche, i sistemi di scarico a terra di cariche
elettrostatiche, la messa a terra di apparecchiature elettroniche che pre-
sentano correnti di dispersione elevate anche in condizioni di normale
funzionamento.
- Messa a terra per lavori. Ha lo scopo di mettere in sicurezza una parte
di impianto momentaneamente fuori servizio per esigenze di manuten-
zione.
- Messa a terra di funzionamento. Serve a garantire il regolare funziona-
mento degli impianti come nel caso della messa a terra del centro stella
dei sistemi elettrici di alta tensione.

 
6
La (IΔn) di non funzionamento dev’essere almeno uguale alla corrente prevista per un
eventuale primo guasto a terra, in modo da non venir meno alle esigenze di continuità del
servizio.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

L’impianto di messa a terra serve pertanto a stabilire un contatto elettrico ef-


ficiente con il terreno, allo scopo di condurre a terra le correnti elettriche do-
vute ad un guasto.

2.4.1 I componenti dell’impianto di terra

Come visto in precedenza al paragrafo 2.1, l’impianto di terra risulta essere


“l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei collettori (o nodi) prin-
cipali di terra e dei conduttori di protezione ed equipotenziali, destinato a
realizzare la messa a terra di protezione e/o di funzionamento” (art. 24.11).
In Figura 2.17 si riporta un esempio di schema di impianto di terra con i suoi
componenti.

Figura 2.17 - Esempio di componenti di un impianto di terra (fonte: CEI 64-12)

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Parte prima - Nozioni generali

I componenti rappresentati in Figura 2.17 sono:


1A – Dispersore orizzontale (intenzionale);
1B – Dispersore verticale (intenzionale) o artificiale (DA): è ottenuto me-
diante picchetti (puntazze), nastri, piastre immesse verticalmente nel
terreno oppure mediante corde nude interrate orizzontalmente;
2 – Conduttore di terra CT (in tubazione protettiva): collega i dispersori
con il collettore principale di terra, gli eventuali tratti di corda nuda
a contatto col terreno devono essere considerati parte del dispersore.
È consigliabile proteggere le parti interrate e quelle emergenti me-
diante tubi per migliorare le difese contro la corrosione e contro gli
urti;
3A – Collettore (o nodo) principale di terra MET: è il nodo principale, rea-
lizzato mediante sbarra o morsettiera, al quale fanno capo le diverse
parti dell’impianto;
3B – Nodo di terra;
3C – Nodo equipotenziale;
4A – Collegamento equipotenziale principale EQP: collega al collettore
principale di terra le masse estranee (tubazioni dell’acqua, del gas
ecc.) entranti alla base dell’edificio;
4B – Collegamento equipotenziale supplementare EQS: collega le masse
estranee fra loro e al conduttore di protezione;
5A – Massa;
5B – Massa estranea se < 1,0 [kΩ];
6 – Conduttore di protezione PE: collega le masse al collettore principale
di terra tramite il PE montante;
7 – Collegamento ai ferri dell’armatura del calcestruzzo armato: è un di-
spersore di fatto o naturale (DN), costituito da strutture metalliche
interrate come ferri d’armatura, tubazioni metalliche dell’acqua (non
sono solitamente utilizzabili le tubazioni dell’acquedotto pubblico),
schermi metallici dei cavi ecc.;
8 – LPS: sistema di protezione contro il pericolo di fulminazione diretta
(quando presente).

2.4.2 Il dispersore

Il dispersore è un elemento o un insieme di elementi metallici a contatto elet-


trico con il terreno atto a disperdere le correnti di guasto in modo intenzionale
o di fatto.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Il dispersore intenzionale è installato unicamente con lo scopo di mettere a


terra gli impianti elettrici (picchetti, corde, piastre, piattine ecc.), mentre il di-
spersore di fatto viene normalmente utilizzato per scopi diversi dalla messa a
terra degli impianti elettrici. I dispersori di fatto risultano essere costituiti da
elementi metallici che generalmente sono molto estesi e hanno superfici di
contatto col terreno più grandi di quelle dei dispersori intenzionali per cui il
loro contributo alla dispersione della corrente di guasto è assai notevole.
Negli edifici di tipo civile è necessario considerare l’impiego di questo tipo di
dispersori in fase di progetto e porre particolare attenzione alla realizzazione
di buoni collegamenti tra i ferri della struttura metallica (legature e/o salda-
ture) in modo che il complesso così realizzato presenti una resistenza elettrica
molto bassa.
Il dispersore dev’essere dimensionato e scelto in funzione dei seguenti criteri:
- resistenza meccanica adeguata a evitare eventuali danneggiamenti do-
vuti alle sollecitazioni in fase di installazione;
- collegamenti che garantiscano nel tempo una buona continuità elettrica
tra le varie parti; nella realizzazione dei collegamenti tra i vari elementi
del dispersore occorre porre particolare attenzione all’accoppiamento
di materiali metallici diversi (ad esempio ferro e rame) che potrebbero
essere sottoposti a fenomeni di corrosione dovuti ad eventuali correnti
vaganti o per l’effetto pila tra i metalli stessi (per questo bisogna utiliz-
zare le apposite piastre di accoppiamento bimetalliche);
- resistenza alla corrosione chimica del terreno e non aggressività nei
confronti di altre strutture metalliche interrate alle quali il dispersore è
collegato elettricamente; la norma raccomanda l’impiego di metalli re-
sistenti alla corrosione come ferro, zincato, rame, acciaio ramato ecc.,
senza escludere la possibilità di usare anche altri metalli se adatti al tipo
di terreno; possono essere utilizzati anche metalli ferrosi senza rivesti-
menti protettivi purché lo spessore sia aumentato del 50% e le sezioni
non siano inferiori a 100 mm2;
- sezione adeguata a sopportare senza danni le sollecitazioni termiche ed
elettrodinamiche dovute alle correnti di guasto verso terra.
Nella Tabella 2.7 sono rappresentati alcuni dei più comuni dispersori inten-
zionali impiegati per la realizzazione di un impianto di terra. La norma CEI
64-8/5 stabilisce quali sono le dimensioni minime per i dispersori intenzionali
al fine di assicurare una sufficiente resistenza alle sollecitazioni meccaniche e
alla corrosione.

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 2.7 - Materiali e dimensioni minime dei dispersori per garantire la resistenza
meccanica e alla corrosione (fonte: CEI 64-8)

Dimensione minima
Rivestimento
Corpo
Tipo di guaina
Materiale
dispersore valori valori
diametro sezione spessore
minimi medi
[mm] [mm²] [mm]
[µm] [µm]
Piattina(b) 90 3 63 70
Profilati (incl. piatti) 90 3 63 70
Tubo 25 2 47 55
Zincato a
caldo Barra tonda per
16 63 70
picchetto
Tondo per disper-
10 50
sore orizzontale
Acciaio
Con guaina Tondo per disper-
8 1.000
di piombo(a) sore orizzontale
Con guaina
Barra tonda per
di rame 15 2.000
picchetto
estrusa
Con guaina
Barra tonda per
di rame 14,2 90 100
picchetto
elettrolitico
Piattina 50 2
Tondo per disper-
25(c)
Nudo sore orizzontale
Corda 1,8(d) 25
Rame Tubo 20 2
Stagnato Corda 1,8 (d)
25 1 5
Zincato Piattina 50 2 20 40
Con guaina Corda 1,8(d) 25 1.000
di piombo (a)
Filo tondo 25 1.000

(a) Non idoneo per posa diretta in calcestruzzo. Si raccomanda di non usare il piombo per ragioni
di inquinamento.
(b) Piattina arrotondata o tagliata con angoli arrotondati.
(c) In condizioni eccezionali, dove l’esperienza mostra che il rischio di corrosione e di danno
meccanico è estremamente basso, si può usare 16 mm2.
(d) Per fili singoli.

2.4.3 Il suolo

Il suolo è raramente omogeneo e il valore della propria resistenza varia in

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

funzione della posizione geografica, della profondità, dell’umidità e della tem-


peratura. Poiché il suolo e l’acqua sono generalmente più stabili negli strati
geologici più bassi è consigliabile posizionare gli elettrodi di messa a terra il
più possibile profondi, se questo è possibile; inoltre gli elettrodi devono essere
installati in un luogo con una temperatura stabile, ovvero al di sotto della linea
di congelamento. In termini pratici, si vuole che la resistività del suolo sia la
più bassa possibile in modo da ottenere valori di resistenza di terra bassi.

2.4.4 La resistenza di terra

Per determinare la resistenza di terra è fondamentale conoscere il valore della


resistività del terreno. La resistività del terreno è espressa in ohm per metro
[Ω m] ed è la resistenza in ohm di un cilindro di terreno con una sezione di 1
[m2] ed una lunghezza di 1 [m], quindi la resistenza di terra “consiste in una
connessione elettrica intenzionale di un sistema fisico (elettrico, elettronico,
o metallico) al suolo” (fonte: Elettronews), in modo che le correnti di guasto
si possano disperdere nel terreno attraverso un percorso in cui il valore della
resistenza del suolo sia il più basso possibile.
Tale valore è direttamente collegato a quali caratteristiche deve avere il suolo,
ovvero:
- il tipo di terreno;
- l’umidità e la siccità
- la concentrazione e i tipi di sali disciolti in acqua;
- la compattezza;
- la granulometria e la temperatura;
- la struttura geologica.
Tutti questi aspetti devono essere presi in considerazione nella fase iniziale
dell’installazione dell’impianto di terra in quanto la conoscenza del valore
della resistività del suolo è un fattore fondamentale per definire le caratteristi-
che dell’impianto stesso.
Infatti esistono terreni che impediscono tale installazione, come nel caso dei
terreni di natura basaltica, che possono raggiungere valori fino a 20.000 Ω m
di resistività, mentre esistono terreni di altra natura che sono buoni conduttori
in cui il valore della resistività elettrica varia tra 50 e 100 Ω m.
Studi e rilievi sperimentali hanno consentito di scrivere delle formule sempli-
ficate per il calcolo della resistenza di terra in funzione delle caratteristiche
dei diversi tipi di dispersori e della resistività del terreno.

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Parte prima - Nozioni generali

1) Dispersore a corda interrato orizzontale


�=2

dove:
ρ è la resistività del suolo [Ω m];
L è la lunghezza dello scavo occupato dai conduttori [m].

Anche se si ha un percorso sinuoso nello scavo, la posa di conduttori non ri-


duce in modo sensibile la resistenza del dispersore. I conduttori orizzontali
interrati sono collocati ad una profondità di circa 1 m in appositi scavi.

2) Dispersore a piastre interrate


� = 0,8

dove:
ρ è la resistività del suolo [Ω m];
L è il perimetro della piastra [m].

Per mantenere un buon contatto delle superfici con il suolo, le piastre dovreb-
bero essere disposte in modo verticale; inoltre dovrebbero essere interrate in
modo che il loro bordo superiore sia situato a circa 1 m di profondità.

3) Dispersore interrato verticale (picchetto)


�=

dove:
ρ è la resistività del suolo [Ω m];
L è la lunghezza del picchetto o della conduttura [m].

Quando esiste il rischio di gelo o di siccità, la lunghezza dei picchetti dovrebbe


essere aumentata di 1 o 2 m.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

4) Dispersore a pilastri metallici utilizzati come elettrodi

� �
� = 0, ���
� �

dove:
ρ è la resistività del suolo [Ω m];
L è la lunghezza interrata del pilastro [m];
d è il diametro del cilindro circoscritto al pilastro [m].

I pilastri metallici, interconnessi da una struttura metallica ed interrati ad una


certa profondità nel terreno, possono quindi essere usati come dispersore perché
hanno una resistenza dello stesso ordine di una terra di fondazione. Il fatto che
siano inglobati nel cemento non impedisce l’utilizzo dei pilastri come dispersori
e non modifica in modo apprezzabile la resistenza del dispersore stesso.
Per definire e calcolare il valore atteso della resistenza di terra di un impianto
bisogna quindi conoscere bene la composizione del suolo e il valore della sua
resistività. In Tabella 2.8 sono riportati alcuni di questi valori.

Tabella 2.8 - Esempio di valori di resistività del terreno in base alla sua natura

Natura del terreno Resistività [Ω m]


Terreno paludoso da alcune unità a 30
Alluvionale da 20 a 100
Terreno vegetale (humus) da 10 a 150
Torba umida da 5 a 100
Argilla malleabile 50
Terra calcarea (marna) e argilla compatta da 100 a 200
Terra calcarea (marna) giurassico da 30 a 40
Sabbia argillosa da 50 a 500
Sabbia silicea da 200 a 3.000
Terreno roccioso nudo da 1.500 a 3.000
Terreno roccioso nudo ricoperto da erba da 300 a 500
Calcare molle da 100 a 300
Calcare compatto da 1.000 a 5.000
Calcare crepato da 500 a 1.000
Scisto da 50 a 300
Mica-scisto 80
Graniti e arenaria secondo l’alterazione superficiale da 1.500 a 10.000
Graniti e arenaria molto alterati da 100 a 600

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Parte prima - Nozioni generali

Se si vuole ulteriormente abbassare il valore della resistenza di terra può es-


sere necessario collegare in parallelo n dispersori elementari. La resistenza
totale che si ottiene con un parallelo perfetto si riduce di un fattore 1/n. Rea-
lizzare il parallelo perfetto non è facile e nemmeno del tutto conveniente. Ad
una distanza pari a 10 volte la loro lunghezza l’influenza fra i dispersori è
praticamente inesistente, per cui se si vogliono ottenere buoni risultati bisogna
installarli ad una distanza di almeno qualche metro.

2.4.5 Il conduttore di protezione

Attraverso il conduttore di protezione (identificato dal colore giallo-verde e


indicato con sigla PE, oppure PEN se svolge contemporaneamente anche la
funzione di neutro) si realizza il collegamento delle masse con l’impianto di
terra. Il conduttore di protezione PE ha la funzione di convogliare le correnti
di guasto nei dispersori posti nel terreno quando si hanno dei cedimenti sugli
isolanti. Per questo motivo è necessario che tutte le masse M, le masse estra-
nee ME ed i morsetti PE delle prese di energia siano collegate, tramite il con-
duttore di protezione PE, al collettore di terra.
Attraverso il PE si devono collegare all’impianto di terra:
- gli alveoli delle prese a spina;
- gli involucri metallici delle apparecchiature elettriche ad installazione
fissa;
- gli apparecchi non di classe II;
- i controsoffitti metallici che portano cavi non di classe II o apparecchi
elettrici di classe I;
- gli apparecchi illuminanti di classe I;
- i canali e i tubi protettivi metallici che portano cavi non di classe II;
canali e tubi metallici devono essere in buon contatto elettrico fra loro.
È consigliabile proteggere mediante tubi, solitamente in PVC, la parte inter-
rata e quella emergente dal terreno dei cavi per migliorare le difese contro la
corrosione e contro gli urti.
Il PE insieme all’interruttore automatico garantisce la protezione dai contatti
indiretti e deve essere dimensionato sia per sopportare le sollecitazioni termi-
che dovute alla corrente di guasto verso terra sia per sopportare eventuali sol-
lecitazioni meccaniche o azioni corrosive.
Il dimensionamento può essere effettuato, con un metodo semplificato, in fun-
zione della sezione del conduttore di fase (vedi Tabella 2.9) oppure tramite un
calcolo analitico che conduce a sezioni notevolmente inferiori rispetto a quelle
ottenute col metodo semplificato.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Tabella 2.9 - Sezioni minime (SE) dei conduttori di terra con il metodo semplificato

Non protetti
Protetti meccanicamente
meccanicamente
sezione sezione minima
sezione minima conduttore
conduttore di conduttore di
di terra
fase [mm2] terra [mm2]
SF < 16 SE = S
Protetto contro 16 mm2 se in rame
SF ≥ 16 ≥ 35 SE = 16
la corrosione 16 mm2 se in ferro zincato*
SF > 35 SE = S/2
Non protetto 25 mm2 se in rame
contro la corro-
50 mm2 se in ferro zincato*
sione

SF = sezione fase.
*
Secondo la norma CEI 7-6 o con rivestimento equivalente.

Come si può notare dai valori esposti in Tabella 2.9, la sezione del conduttore
di protezione è uguale a quello di fase fino a 16 mm2 mentre per sezioni supe-
riori il conduttore di protezione deve essere la metà rispetto al conduttore di
fase. 
Un esempio di applicazione delle norme, in relazione alle sezioni minime da
adottare nel caso di conduttori di terra in rame, è riportato nella Figura 2.18.

Figura 2.18 - Sezioni minime ammissibili dei conduttori di terra (CT) in rame

La sezione del conduttore di protezione viene determinata mediante il calcolo


analitico con la seguente formula:

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Parte prima - Nozioni generali

� ∗�
� =

dove:
SPE è la sezione del conduttore minimo di protezione [mm2];
I è il valore efficace della corrente di guasto che può percorrere il con-
duttore di protezione per un guasto con impedenza trascurabile [A];
t è il tempo di intervento del dispositivo di protezione [s];
K è un fattore il cui valore dipende dal materiale con cui è stato costruito
il conduttore di protezione, dall’isolamento e dalle temperature ini-
ziali e finali. I valori di K per i conduttori di protezione sono dati dalle
Tabelle 2.10-2.13, in cui ϑ0 indica la temperatura iniziale e ϑf la tem-
peratura finale.

Tabella 2.10 - Valori del coefficiente K per conduttori costituiti da un cavo unipolare o
da un conduttore nudo in contatto con il rivestimento esterno dei cavi

Tipo di isolante

Tipo di conduttore PVC G2 EPR/XLPE


ϑ0 = 30 ϑ0 = 30 ϑ0 = 30
ϑf = 160 ϑf = 250 ϑf = 220
Cu 143 166 176
Cavo unipolare
Al 95 110 116
Cavo nudo a contatto Cu 143 166 176
con rivestimento Al 95 110 116
esterno di cavi isolati Fe 52 60 64

Tabella 2.11 - Valori del coefficiente K per conduttori costituiti


da un’anima di cavo multipolare

Tipo di isolante

Tipo di conduttore PVC G2 EPR/XLPE


ϑ0 = 70 ϑ0 = 85 ϑ0 = 85
ϑf = 160 ϑf = 250 ϑf = 220
Cu 115 135 143
Anima di cavo multipolare
Al 76 89 94

 
7
È l’energia specifica lasciata passare dell’interruttore automatico durante l'interruzione
del guasto.

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Tabella 2.12 - Valori del coefficiente K per conduttori nudi non in contatto
con materiali danneggiabili

Condizioni di posa
* ** ***
Tipo di conduttore
ϑ0 = 30 ϑ0 = 30 ϑ0 = 30
ϑf = 500 ϑf = 200 ϑf = 150
Cu 228 159 138
Cavo nudo non a contatto con
Al 125 105 91
rivestimento di cavi isolati
Fe 82 58 50
* A vista in locali accessibili solo a personale addestrato.
** In condizioni ordinarie.
*** In locali con pericolo di incendio, salvo diverse prescrizioni delle norme CEI 64-2.

Tabella 2.13 - Valori del coefficiente K per conduttori costituiti


dal rivestimento metallico o dall’armatura del cavo

Tipo di isolante

Tipo di conduttore PVC G2 EPR/XLPE


ϑ0 = 30 ϑ0 = 80 ϑ0 = 75
ϑf = 160 ϑf = 250 ϑf = 220
Cu 122 140 149
Rivestimento o Al 79 90 49
armatura del cavo Fe 42 48 51
Pb 22 19 19

Si ricorda, inoltre, che nel caso in cui il conduttore di protezione (PE) non
faccia parte della conduttura di alimentazione e sia prevista una protezione
meccanica (tubo di protezione) del conduttore stesso, la sezione dev’essere
maggiore o uguale a 2,5 mm2, mentre se non è prevista una protezione mec-
canica la sezione dev’essere maggiore o uguale a 4 mm2.

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Figura 2.19 - Valori della sezione SPE minima ammissibile dei conduttori di prote-
zione (PE) in rame in base alla funzione SF del conduttore di fase e tipo di posa

2.4.6 La sezione del conduttore di protezione nei sistemi TT

Le correnti di guasto da considerare nel calcolo della sezione del conduttore


di protezione sono ovviamente diverse a seconda che si tratti di sistema di tipo
TT, con correnti di valore relativamente basso, o di sistemi di tipo TN dove le
correnti possono arrivare anche a valori molto elevati.
Il tempo di durata del guasto deve essere uguale a quello di intervento delle
protezioni magnetotermiche o differenziali.

Figura 2.20 - Determinazione del valore della resistenza di terra nel sistema TT

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Capitolo 2 - Caratteristiche della rete

Secondo la norma il valore minimo della sezione del conduttore di terra (CT)
è uguale alla sezione del più grande dei conduttori di protezione (PE) dell’im-
pianto ed è dato dalla:

� ∗�
� =

Se consideriamo per esempio:


- una resistenza di terra RT pari a 0,1 [Ω];
- una tensione di alimentazione U pari a 230 [V];
- un conduttore unipolare in rame con isolamento in EPR;
- un tempo di intervento dell’interruttore differenziale pari a 0,5 [s];
ne deriva che la corrente di guasto è pari a:

� 2 0
�= = = 2. 00 [A]
� 0,

da cui:

� ∗� 2. 00 ∗ 0,5
� = = = 9,2 [mm ] ≌ 0 [mm ]
�8

2.4.7 La sezione del conduttore di protezione nei sistemi TN

Il dimensionamento del conduttore di terra in un sistema TN dev’essere con-


dotto con modalità diverse rispetto ad un sistema TT, a seconda che si tratti di
guasto sulla MT o sulla BT.
- Media tensione: per il calcolo di un guasto verso terra sulla MT pren-
diamo in considerazione, per comodità, una corrente pari a 1.000 A (è
un valore estremamente improbabile) e un tempo di intervento di 5 s.
Se si utilizza sempre un conduttore di protezione unipolare in EPR,
dalla nota relazione si ottiene:
� ∗� .000 ∗ 5
� = = = 2, 0 [mm ] ≌ [mm ]

 
8
Vedi Tabella 2.10.

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- Bassa tensione: la corrente di guasto in bassa tensione può raggiungere


anche valori di alcune decine di kA ma normalmente interessa solo il
conduttore di protezione (PE). Quando esistono più nodi equipotenziali
il conduttore di terra (CT) può essere interessato da correnti di guasto
che hanno valori piuttosto modesti in quanto la corrente che lo attra-
versa è funzione del rapporto tra l’impedenza del conduttore di prote-
zione (PE) e di quella del conduttore di terra (CT) ed è tanto più bassa
quanto più piccola è la sezione del conduttore di terra (CT). Non risulta
quindi necessario, nemmeno in questo caso, operare particolari verifi-
che se si rispettano le dimensioni minime.

Tabella 2.14 - Determinazione del valore della resistenza di terra nel sistema TN

Sistema TN

Dimensionamento per guasto a terra sul lato MT richiesta all’ente di distribu-


zione di:
- Corrente convenzionale di guasto verso terra (IF)
- Tempo di eliminazione del guasto

Calcolo della resistenza di terra


tempo di eliminazione del guasto [s] resistenza di terra RT
= 10 80/IF
1 103/IF
0,8 120/IF
0,7 130/IF
0,6 155/IF
< 0,5 220/IF

Nota: Nel caso che il valore RT richiesto non possa essere ottenuto, si determinerebbe un valore
di tensione totale di terra (UT) superiore al limite ammesso; si rende quindi necessario riconside-
rare la configurazione del dispersore. Si precisa che si può eventualmente progettare l’impianto
di terra limitando le tensioni di passo e di contatto.

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106
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2.4.8 La sezione dei conduttori equipotenziali

I conduttori equipotenziali sono generalmente conduttori che collegano fra di


loro parti dell’impianto che solitamente si trovano al potenziale di terra, ga-
rantendo quindi l’equipotenzialità fra l’impianto di terra e le masse estranee.
Non essendo conduttori attivi e non dovendo sopportare gravose correnti di
guasto il loro dimensionamento non segue regole legate alla portata ma bensì
alla resistenza meccanica del collegamento. Le norme prescrivono le sezioni
minime che devono essere rispettate distinguendo tra conduttori equipoten-
ziali principali (EQP) e supplementari (EQS). Questi cavi sono detti “princi-
pali” se collegano le masse estranee al nodo o collettore principale di terra,
sono detti supplementari negli altri casi. Le sezioni minime sono riportate
nella Tabella 2.15.

Tabella 2.15 - Sezioni minime dei conduttori equipotenziali EQP ed EQS

Sezione del conduttore di prote- Sezione del conduttore


Conduttori
zione principale (PE) equipotenziale
equipotenziali
[mm2] [mm2]
< 10 6

16 10
Principale EQP
25 16

> 35 25

Supplementare EQS: EQS ≥ PE di sezione minore*


collegamento massa- EQS > della sezione del corrispondente conduttore PE
massa collegamento In ogni caso la sezione del conduttore EQS deve essere:
massa-massa estra- ≥ 2,5 mm2 se protetto meccanicamente
nea ≥ 4 mm2 se non protetto meccanicamente
* Quando le due masse appartengono a circuiti con sezioni dei conduttori di protezione molto
diverse, sul conduttore EQS (dimensionato in base alla sezione del conduttore di protezione
minore), potrebbero verificarsi correnti di guasto tali da sollecitare termicamente in modo ecces-
sivo il conduttore stesso. In questo caso è opportuno aumentare la sezione del conduttore EQS
sulla base della corrente di guasto effettiva.

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3
LE PROTEZIONI ELETTRICHE

3.1 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE, CONTROLLO E MANOVRA

Le definizioni principali relative agli apparecchi di protezione e manovra sono


contenute nelle normative internazionali IEC 60947-1, IEC 60947-2 e IEC
60947-3.

3.1.1 Dispositivi non automatici di protezione, controllo e


manovra conformi alla norma CEI EN 60947

L’assetto attuale prevede una famiglia di norme di prodotto che fanno capo
alla norma internazionale IEC 947-1 (classificazione europea ed italiana CEI
EN 60947-1) che funge da capofamiglia, ovverossia indica le definizioni ge-
nerali, le caratteristiche e le tipologie di prova valide per tutti gli apparecchi,
demandando poi alle specifiche norme di prodotto il compito di indicare al
fabbricante le linee guida per la costruzione di una determinata apparecchia-
tura. È la Parte 3 della norma CEI EN 60497 che si occupa di: “Interruttori di
manovra, sezionatori, interruttori di manovra-sezionatori e unità combinate
con fusibili”.
Gli interruttori di manovra-sezionatori costituiscono un elemento importante
nella progettazione e nell’esercizio delle reti di bassa tensione perché vengono
utilizzati sia per il sezionamento di linee sia, quando associati a fusibili, come
dispositivi di manovra e di protezione; in quest’ultimo caso la norma identifica
il dispositivo con il nome di “unità combinata con fusibili” e precisa che detta
unità deve essere montata dal costruttore o in accordo con le sue istruzioni,
non potendo tollerare improvvisazioni o combinazioni lasciate al caso che po-
trebbero pregiudicare fortemente la sicurezza.
Sono chiamati “apparecchi di manovra” i componenti dell’impianto capaci di
effettuare almeno una delle seguenti operazioni:
a) interrompere la corrente in un circuito elettrico (manovra di apertura);
b) far passare una corrente in un circuito elettrico (manovra di chiusura).

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Le manovre di apertura e chiusura di un circuito possono effettuarsi:


1) in condizioni normali del circuito elettrico (circuito “sano”), quando in
esso circola la corrente di funzionamento normale o una corrente di so-
vraccarico;
2) in condizioni anormali del circuito elettrico (circuito “guasto”), quando
in esso circola la corrente di cortocircuito.
Le tipologie degli apparecchi di manovra possono essere le seguenti:
- sezionatori: sono dispositivi che permettono di aprire o chiudere un cir-
cuito percorso da correnti di intensità trascurabile in modo visibile o
mediante un dispositivo indicatore affidabile;
- interruttori: sono dispositivi che permettono di aprire o chiudere un cir-
cuito percorso da correnti di intensità non trascurabile, anche quella di
cortocircuito;
- contattori: sono dispositivi costruiti per aprire o chiudere un circuito
solo in condizioni normali di funzionamento.
Gli interruttori a loro volta si suddividono in:
a) interruttore di manovra: è un dispositivo di manovra in grado di stabi-
lire, portare ed interrompere correnti in condizioni normali del circuito
ed anche di portare per un tempo specificato correnti di cortocircuito;
un interruttore di manovra può essere in grado di stabilire, ma non di
interrompere, correnti di cortocircuito;
b) interruttore di manovra-sezionatore: è un interruttore di manovra che,
in posizione di “aperto”, soddisfa le prescrizioni di sezionamento spe-
cificate per un sezionatore;
c) interruttore di manovra con fusibile: è un interruttore di manovra nel
quale uno o più poli hanno un fusibile in serie in modalità combinata;
d) interruttore di manovra-sezionatore con fusibile: è un interruttore di
manovra-sezionatore nel quale uno o più poli hanno un fusibile in serie
in modalità combinata;
e) interruttore di manovra-sezionatore-fusibile: è un interruttore di mano-
vra-sezionatore nel quale un fusibile o un portafusibile con fusibile for-
mano il contatto mobile.

3.1.2 Dispositivi automatici di protezione, controllo e


manovra conformi alla norma CEI EN 60947

Di seguito, attraverso una serie di definizioni, vengono descritte le principali


proprietà che debbono avere i dispositivi di protezione.

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Parte prima - Nozioni generali

Corrente convenzionale di intervento (If) È il valore specificato di corrente


che determina lo sgancio dell’interruttore entro un limite di tempo stabilito
(tempo convenzionale).
Corrente convenzionale di non intervento (Inf) È il valore specificato di cor-
rente che l’interruttore o lo sganciatore è in grado di portare per un tempo
stabilito (tempo convenzionale) senza operare lo sgancio.
Corrente differenziale nominale di intervento (IΔn) È il valore efficace della cor-
rente sinusoidale differenziale di intervento assegnato dal costruttore all’inter-
ruttore differenziale, al quale questo deve intervenire in condizioni specificate.
Corrente ininterrotta nominale (Iu) La corrente nominale ininterrotta di un
apparecchio è il valore di corrente, dichiarato dal costruttore, che l’apparec-
chio stesso può portare nel servizio ininterrotto.
Corrente nominale ammissibile di breve durata (Icw) - (Norma CEI EN
60947-2) È il valore della corrente, dichiarato dal costruttore, che l’interruttore
può portare nella posizione di chiuso senza danneggiamenti per tutta la durata
del tempo di ritardo previsto (dichiarata dal costruttore) e per un tempo breve
in condizioni d’impiego e comportamento specificati. Tale valore è il valore
efficace, in corrente alternata, della corrente di cortocircuito presunta, consi-
derata costante per tutta la durata del tempo di ritardo previsto. I valori minimi
della corrente nominale ammissibile di breve durata richiesti per gli interrut-
tori di categoria di utilizzazione B sono:
In ≤ 2.500 [A] - Icw è il maggior valore tra 12 In e 5 [kA]
In ≥ 2.500 [A] - Icw = 30 [kA]
I valori preferenziali di tempo di ritardo previsto sono: 0.05 – 0.1 – 0.25 – 0.5 -
1 [s].
Corrente nominale di impiego (In) È la corrente che l’interruttore può portare
in servizio ininterrotto, per intervalli di tempo superiori a 8 ore, a settimane,
mesi o anche anni. La corrente nominale dell’interruttore è uguale alla sua
corrente termica convenzionale in aria libera (Irth), che rappresenta il valore
massimo di corrente che l’interruttore è destinato a portare, in conformità alle
prescrizioni sui limiti di sovratemperatura che le relative norme di prodotto
impongono. La norma CEI EN 60898-1 fissa i valori preferenziali della cor-
rente nominale in: 6-10-13-16-20-25-32-40-50-63-80-100-125 [A].
Frequenza nominale È la frequenza di alimentazione per la quale l’apparec-
chio è progettato e alla quale corrispondono gli altri valori caratteristici.
Interruttore L’interruttore meccanico è un apparecchio di manovra capace di
stabilire, portare ed interrompere correnti in condizioni normali e di interrom-
pere anche correnti anormali in specifiche condizioni del circuito come per
esempio quelle di cortocircuito.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Interruttore estraibile È un apparecchio che possiede, in aggiunta ai contatti


destinati all’interruzione di corrente, i contatti che permettono di scollegare
l’interruttore dal circuito principale nella posizione di “estratto” e di raggiun-
gere una distanza di sezionamento in accordo con le prescrizioni specificate.
Interruttore limitatore di corrente L’interruttore automatico è un apparecchio
con un tempo di interruzione sufficientemente breve per impedire che la cor-
rente di cortocircuito raggiunga il suo valore di picco.
Interruttore rimovibile È un apparecchio che possiede, in aggiunta ai contatti
destinati all’interruzione di corrente, i contatti che permettono la rimozione
dell’interruttore stesso.
Interruttore scatolato È un apparecchio che ha una scatola di supporto in
materiale isolante stampato, che costituisce parte integrante dell’interrut-
tore.
Potere di chiusura nominale in cortocircuito (Icm) - (Norma CEI EN
60947-2) Il potere di chiusura nominale in cortocircuito di un apparecchio è
il valore, assegnato dal costruttore, che l’interruttore automatico è in grado
di stabilire in corrispondenza della tensione di impiego nominale, alla fre-
quenza nominale e ad uno specificato fattore di potenza in corrente alternata
o costante di tempo in corrente continua. È espresso come il massimo valore
di picco della corrente presunta in condizioni specificate. Il potere di chiu-
sura nominale in cortocircuito di un interruttore non deve essere inferiore al
suo potere di interruzione nominale estremo in cortocircuito Icu, moltiplicato
per il fattore n.
Potere d’interruzione nominale di servizio in cortocircuito (Ics) - (Norma
CEI EN 60947-2) Il potere di interruzione nominale di servizio in cortocir-
cuito di un interruttore è il valore di corrente che l’interruttore è in grado di
interrompere per 3 volte secondo un ciclo di operazioni di apertura, pausa e
chiusura (O-t-CO-t-CO) alla corrispondente tensione nominale di impiego
(Ue) e ad un determinato fattore di potenza. Il ciclo di interruzione O-CO-CO
“include” l’attitudine dell’interruttore stesso a portare con continuità la sua
corrente nominale.
Esso è espresso come il valore della corrente di cortocircuito presunta in-
terrotta, in [kA] (per la corrente alternata è il valore efficace della compo-
nente simmetrica); viene normalmente dichiarato dal costruttore utiliz-
zando valori percentuali del potere di interruzione nominale estremo di
cortocircuito (Icu).
Potere d’interruzione nominale estremo in cortocircuito (Icu) - (Norma CEI
EN 60947-2) Il potere d’interruzione nominale estremo in cortocircuito di un
interruttore è il valore della massima corrente di cortocircuito che

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Parte prima - Nozioni generali

l’interruttore è in grado di interrompere per due volte (secondo il ciclo O-t-


CO)1, alla corrispondente tensione nominale di impiego. Le condizioni previ-
ste per la verifica dell’interruttore dopo il ciclo di interruzione O-CO “non
includono” l’attitudine dell’interruttore stesso a portare con continuità la sua
corrente nominale. Esso è espresso come il valore della corrente di cortocir-
cuito presunta interrotta, in [kA] (per la corrente alternata è il valore efficace
della componente simmetrica). Allo stesso apparecchio il costruttore può as-
segnare diversi valori di Icu, corrispondenti a valori diversi di tensione nomi-
nale di impiego (Ur).
Tensione nominale d’impiego (Ue) È il valore della tensione nominale di im-
piego che il costruttore di un apparecchio specifica unitamente alla corrente
nominale d’impiego e determina l’uso dell’apparecchio stesso e alla quale
sono riferite le prove applicabili e la categoria di utilizzazione. Allo stesso
interruttore possono essere assegnati diversi valori di tensione nominale di
impiego, a cui corrispondono servizi e prestazioni diversi dell’interruttore
stesso, specificati dal costruttore. I valori normali della tensione nominale di
impiego stabiliti dalla norma CEI EN 60898-1 sono:
230 [V] per interruttori unipolari e bipolari;
230/400 [V] per interruttori unipolari;
400 [V] per interruttori bipolari, tripolari e tetrapolari.
Tensione nominale d’isolamento (Ui) La tensione nominale di isolamento di
un apparecchio è il valore di tensione al quale sono riferite le prove dielettriche
e le distanze di isolamento superficiali. In nessun caso il massimo valore di
tensione di impiego nominale può essere superiore al valore della tensione di
isolamento nominale; inoltre, se per un apparecchio non viene specificato il
valore della tensione di isolamento, si considera come tensione nominale di
isolamento la più alta tensione nominale di impiego.
Tensione nominale di tenuta a impulso (Uimp) È il valore di picco di una ten-
sione a impulso (con forma d’onda definita da 1,2/50 μs) e polarità che l’ap-
parecchio può sopportare senza guasti in condizioni specificate di prova e al
quale sono riferiti i valori delle distanze d’isolamento in aria. Ad interruttore
aperto non si devono verificare scariche tra i contatti di una stessa fase né tra
fase e massa. Tale valore, se dichiarato dal costruttore, deve essere utilizzato
ai fini del coordinamento dell’isolamento dell’impianto, che fornisce le pre-
scrizioni per la tenuta dielettrica degli apparecchi nei confronti delle
 
1
“O” corrisponde ad un’apertura automatica dell’interruttore, predisposto chiuso, su corto-
circuito, “t” è un intervallo di attesa specificato tra due successive operazioni in condizioni
di cortocircuito e “CO” corrisponde ad una operazione di chiusura su cortocircuito seguita
da un’apertura automatica.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

sovratensioni, soprattutto di origine atmosferica; in particolare, la tensione no-


minale di tenuta ad impulso di un apparecchio deve essere uguale o superiore
ai valori specificati per le sovratensioni transitorie che possono verificarsi nel
circuito in cui l’apparecchio è inserito.

3.2 PROTEZIONE DEI CIRCUITI

Quando una corrente supera il valore nominale viene definita dalle norme “so-
vracorrente”. Le modalità secondo le quali si manifestano queste sovracor-
renti sono diverse a seconda che si tratti di sovraccarico, che si verifica in un
circuito elettricamente sano, o se si tratta di cortocircuito, che si verifica in
seguito ad un guasto di qualsiasi natura.
La funzione principale di un interruttore automatico è quella di assicurare la
protezione dei circuiti che alimenta e di controllare e proteggere, in caso di
guasto o malfunzionamento, gli elementi di impianto ad esso connessi. Per
svolgere tale funzione, in seguito al rilevamento di una condizione anomala,
lo sganciatore agisce in un tempo definito comandando l’operazione di aper-
tura. La protezione dei circuiti deve essere assicurata contro:
- il sovraccarico: rappresenta la condizione di funzionamento in un cir-
cuito elettricamente sano che provoca una sovracorrente; questa fun-
zione di protezione è realizzata mediante sganciatori termici bimetallici
o mediante sganciatori statici a tempo inverso associati all’interruttore
automatico;
- il cortocircuito: rappresenta il collegamento accidentale o intenzionale,
tramite una resistenza o impedenza relativamente bassa, di due o più
punti in un circuito che sono normalmente a tensioni diverse; questa
funzione di protezione è realizzata mediante sganciatori magnetici o
mediante sganciatori statici a tempo indipendenti, istantanei o con breve
ritardo;
- guasto verso terra: questa funzione è realizzata mediante blocchi diffe-
renziali associati meccanicamente agli interruttori, mediante sganciatori
elettronici con opzioni specifiche o mediante relé separati che impiegano
bobine di sgancio per determinare l’apertura degli interruttori.
La scelta e la regolazione dello sganciatore di protezione si basano sia sulle
caratteristiche dell’impianto da proteggere, sia sulle necessità di coordina-
mento con altri dispositivi. In generale, elementi discriminanti nella scelta
sono la soglia, il tempo e la caratteristica della curva di intervento richiesti.

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Parte prima - Nozioni generali

3.2.1 Protezione contro i sovraccarichi

La norma CEI 64/8 all’art. 433 prescrive che, per i circuiti di un impianto:
“Devono essere previsti dispositivi di protezione per interrompere le correnti
di sovraccarico dei conduttori del circuito prima che tali correnti possano
provocare un riscaldamento nocivo all’isolamento, ai collegamenti, ai termi-
nali o all’ambiente circondante le condutture”.

3.2.2 Protezione dal sovraccarico del cavo

In un sovraccarico, dove la corrente può circolare per un certo tempo senza


provocare danni, il dispositivo di protezione (sganciatore termico) ha un
tempo di intervento inversamente proporzionale all’intensità della corrente
ovvero interviene in tempi tanto più brevi quanto più è elevata la corrente pre-
sente (caratteristica d’intervento a tempo inverso: vedi Figura 3.1). Lo sgan-
ciatore termico è composto da due lamine accoppiate che possiedono un coef-
ficiente di dilatazione termica diverso. Il principio di funzionamento è il se-
guente: in caso di aumento della corrente, la temperatura delle lamine aumenta
fino a provocarne la deformazione; quando giunge ad una deformazione cri-
tica il sistema fa scattare una molla alla quale è collegato un perno che fa aprire
i contatti e fa scattare così l’interruttore.

Figura 3.1 - Curva caratteristica di intervento a tempo inverso

L’aumento della corrente nel circuito provoca come conseguenza fra i

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

conduttori una maggiore potenza persa per effetto joule e una maggior pre-
senza di forze elettrodinamiche. Gli effetti sulla conduttura sono diversi a se-
conda che si tratti di sovraccarico oppure di cortocircuito, dovuti principal-
mente alla diversa intensità di corrente che si ha. Infatti, si hanno sforzi elet-
trodinamici limitati nel sovraccarico ed elevati nel cortocircuito, riscaldamenti
modesti con scambio di calore con l’ambiente circostante nel sovraccarico2,
riscaldamenti veloci nel corto circuito di tipo adiabatico con scambio di calore
trascurabile con l’ambiente circostante3.

3.2.3 Coordinamento tra conduttori e dispositivi di protezione

Il cavo dev’essere adeguatamente protetto dal sovraccarico per evitare che un


eccessivo riscaldamento provochi un precoce invecchiamento e la conse-
guente rottura dell’isolamento.
Per garantire tale protezione, le caratteristiche di funzionamento dei disposi-
tivi di protezione delle condutture contro i sovraccarichi devono rispondere
alle due seguenti condizioni:

� ≤� ≤ �

� ≤ , 5 ∗�

dove:
Ib è la corrente di impiego del circuito;
In è la corrente nominale del dispositivo di protezione4;
Iz è la portata a regime permanente del conduttore;
If è la corrente che assicura l’effettivo funzionamento del dispositivo di
protezione entro il tempo convenzionale in condizioni definite.
La prima formula soddisfa le condizioni generali di protezione dal sovraccarico.
La seconda formula, invece, ci dice che se utilizziamo per la protezione dal
sovraccarico un interruttore automatico essa risulta essere sempre verificata,
poiché la corrente di sicuro funzionamento (If) non è mai superiore a (1,45 *
In5). Essa deve essere invece verificata, nel caso in cui il dispositivo di
 
2
L’energia termica assorbita è in parte ceduta all’ambiente.
3
Tutta l’energia termica prodotta è assorbita dalla conduttura.
4
Per i dispositivi di protezione regolabili la corrente nominale In è la corrente di regolazione
scelta.
5
1,3 * In secondo la norma CEI EN 60947-2; 1,45 * In secondo la CEI EN 60898.

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Parte prima - Nozioni generali

protezione sia un fusibile. Infatti, la corrente di funzionamento del fusibile è


pari a 1,6 volte la sua corrente nominale (In). Per tale motivo la portata della
conduttura protetta da sovraccarico (a pari condizioni di utilizzazione) sarà
differente a seconda del tipo di protezione adottato (interruttore automatico
oppure fusibile) e del relativo rapporto tra la corrente di funzionamento e la
corrente nominale.

3.2.4 Curve caratteristiche degli interruttori automatici

Interruttore per uso domestico o similare (CEI EN 60898-1):

� ≤ , 5 ∗� → � ≤ �

Figura 3.2 - Interruttori con curva caratteristica di tipo B, C e D


con curve sovrapposte

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Figura 3.3 - Interruttori con curva caratteristica di tipo B, C e D


con curve sovrapposte

Le curve delle Figure 3.2 e 3.3 si differenziano per il campo di funzionamento


degli sganciatori magnetici.
Curva B: intervento magnetico fra 3 e 5 In;
Curva C: intervento magnetico tra 5 e 10 In;
Curva D: intervento magnetico tra 10 e 14 In.
Punto di riferimento 1: limiti di intervento termico a freddo, tutti i poli cari-
cati;
Punto di riferimento 2: limiti di intervento elettromagnetico, 2 poli caricati.
Inf: corrente di prova di non intervento 1,13 In;
If: corrente di prova di sicuro intervento 1,45 In.

Interruttore per uso industriale (CEI EN 60947-2):

� ≤ , ∗� → � ≤ I

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 3.4 - Interruttori con curva caratteristica di tipo B, C e D


con curve sovrapposte

Le curve di Figura 3.4 si differenziano per il campo di funzionamento degli


sganciatori magnetici.
Curva B: intervento fra 3,2 e 4,8 In, (4 ±20%)
Curva C: intervento fra 6,4 e 9,6 In, (8 ±20%)
Curva D: intervento fra 9,6 e 14,4 In, (12 ±20%).
Punto di riferimento 1: limiti di intervento termico a freddo, tutti i poli cari-
cati;
Punto di riferimento 2: limiti di intervento elettromagnetico, 2 poli caricati.
Corrente di prova di non intervento: 1,05 In;
Corrente di prova di sicuro intervento: 1,3 In.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Figura 3.5 - Interruttori con curva caratteristica di tipo Z, K e MA


con curve sovrapposte

Le curve di Figura 3.5 si differenziano per il campo di funzionamento degli


sganciatori magnetici:
Curva Z: intervento fra 2,4 e 3,6 In, (3 ±20%);
Curva K: intervento fra 9,6 e 14,4 In, (12 ±20%);
Curva MA: intervento 12 In ± 20%.
Punto di riferimento 1: limiti di intervento termico a freddo, tutti i poli cari-
cati;
Punto di riferimento 2: limiti di intervento elettromagnetico, 2 poli caricati.
Corrente di prova di non intervento: 1,05 In;
Corrente di prova di sicuro intervento: 1,3 In .
Fusibile (con In > 4 [A])

� = , − ,9 ∗ � → � ≤ 0,9 − 0, ∗�

Analizzando la prima formula di protezione Ib ≤ In ≤ Iz risulta evidente che si


possono ottenere due condizioni di protezione distinte: una di massima prote-
zione, realizzabile scegliendo un interruttore con una corrente nominale pros-
sima o uguale alla corrente di impiego Ib, e una di minima protezione

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Parte prima - Nozioni generali

scegliendo un interruttore con una corrente nominale prossima o uguale alla


massima portata del cavo.
Scegliendo la condizione di massima protezione si potrebbero verificare delle
situazioni tali da pregiudicare la continuità in servizio perché sarebbe garan-
tito l’intervento dell’interruttore anche in caso di anomalie sopportabili. Per
contro la scelta di un interruttore con una corrente regolata uguale alla portata
del cavo porterebbe alla massima continuità di servizio a discapito del mas-
simo sfruttamento del rame installato. La scelta del tipo di protezione viene
demandata al progettista in funzione del tipo di circuito da realizzare.

3.2.5 Protezione del conduttore contro il cortocircuito

La norma CEI 64/8 all’art. 4.3.4.3.2 afferma che: “Tutte le correnti provocate
da un cortocircuito che si presenti in un punto qualsiasi del circuito devono
essere interrotte in un tempo non superiore a quello che porta i conduttori
alla temperatura limite ammissibile”.
La protezione della conduttura contro i cortocircuiti, attraverso il dispositivo
automatico, si ottiene verificando che l’energia specifica lasciata passare dal
dispositivo di protezione (I²t) durante i cortocircuiti sia inferiore a quella am-
missibile dal cavo (K²S²), ossia:

� �≤� �

dove:
t è la durata in secondi;
S è la sezione in mm2;
I è la corrente effettiva di cortocircuito in ampere, espressa in valore
efficace;
K vale 115 per i conduttori in rame isolati con PVC/termoplastici;
vale 143 per i conduttori in rame isolati con gomma etilenpropilenica
e propilene reticolato;
vale 92 per i conduttori in alluminio isolati con PVC;
vale 92 per i conduttori in alluminio isolati con gomma etilenpropile-
nica o propilene reticolato;
vale 115, corrispondente ad una temperatura di 160 °C, per le giun-
zioni saldate a stagno tra conduttori in rame.
I ²t è l’integrale di Joule per la durata del cortocircuito (in [A2s]). Questo
valore è fornito dai costruttori dei dispositivi di protezione mediante

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

grafici che indicano il valore dell’energia specifica in funzione del va-


lore della corrente di corto circuito.
K²S² può essere calcolato, noti il valore delle sezioni del conduttore e del
tipo di isolante.
Diamo di seguito un esempio di quanto appena detto. Consideriamo i seguenti
dati di ingresso:
- sistema trifase a 400 [V];
- cavo Cu/PVC di sezione 1,5 [mm2].
La domanda che ci poniamo è quindi la seguente: può il cavo essere protetto
da un interruttore automatico magnetotermico di corrente nominale (In) da 16
[A] se nel punto di installazione il livello di cortocircuito è 20 [kA]?
La risposta è che l’energia specifica lasciata passare dall’interruttore automa-
tico in corrispondenza di una corrente di cortocircuito di 20 [kA] è pari a 4*104
A2s, come si può vedere dalla Figura 3.6.

Figura 3.6 - Curva di limitazione dell’energia specifica passante

Questo significa che il valore dell’energia specifica lasciata è superiore


all’energia specifica ammissibile del cavo con sezione 1,5 mm2 per cui biso-
gnerà usare un cavo di sezione 2,5 mm2.
Possiamo rivedere il tutto anche tramite la Tabella 3.1.

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 3.1 - Sollecitazioni termiche ammissibili - Valori di K2S2 [A2s]


Sezione [mm2]
Cavo
1,5 2,5 4 6 10 16 25 35 50
4 4 5 5 6 6 6 7 7
Cu 2,97 10 8,26 10 2,11 10 4,76 10 1,32 10 3,38.10
. . . . . 8,26 10 1,62 10 3,30.10
. .
PVC 4 4 4 5 5 6 6 6 7
Al 1,23.10 3,42.10 8,76.10 1,97.10 5,47.10 1,40.10 3,42.10 6,70.10 1,36.10
4 5 5 5 6 6 7 7 7
EPR Cu 4,60.10 1,27.10 3,27.10 7,36.10 2,04.10 5,23.10 1,27.10 2,50.10 5,11.10
XLPE Al 4 4 5 5 5
1,70.10 4,73.10 1,21.10 2,72.10 7,56.10 1,93.10
6
4,73.10
6
9,27.10
6
1,89.10
7

Per effettuare la verifica della relazione precedente è necessario determinare


il valore della corrente di cortocircuito presunta.
Nel caso di dispositivi automatici con intervento dello sganciatore magnetico
sino a 10 volte la corrente nominale (In) è sufficiente la sola verifica riferita
alla massima corrente di cortocircuito (ossia il valore di corrente presunta in
caso di cortocircuito che si ha all’inizio della conduttura e dunque subito a
valle del dispositivo di protezione), per gli altri tipi di dispositivi è necessaria
invece la verifica riferita alla minima corrente di cortocircuito (ossia per cor-
tocircuito al termine della conduttura).
Se questa cosa fosse riscontrata, sarebbe necessario adottare:
- interruttori di tipo limitatore, oppure;
- aumentare la sezione del cavo, oppure;
- utilizzare un cavo con isolante in grado di resistere a temperature più
elevate e quindi con valore di K2S2 più elevato.
Nel caso dei fusibili, l’andamento stesso della loro caratteristica assicura che
l’aver effettuato la protezione contro il sovraccarico garantisce anche la pro-
tezione ai massimi livelli della corrente di cortocircuito mentre deve essere
effettuata la verifica per il valore.
La protezione delle condutture viene realizzata secondo una procedura che
comprende varie fasi. Nella prima fase viene individuato il tipo di dispositivo
di protezione indipendentemente dal cavo che è stato scelto precedentemente
in base alle caratteristiche dell’impianto. La scelta preliminare del dispositivo
di protezione è vincolata essenzialmente dalle caratteristiche dell’impianto,
quali: tensione e frequenza d’esercizio, numero di fasi e sistema di distribu-
zione, corrente d’impiego, di spunto e di cortocircuito. La tensione nominale
di impiego e la frequenza devono essere maggiori o al più uguali ai valori
d’esercizio dell’impianto (tensione concatenata se si tratta di alimentazione
trifase). Il numero dei poli dell’interruttore dev’essere adatto al numero delle
fasi dell’impianto ed al sistema di distribuzione. La corrente nominale del di-
spositivo di protezione (In) non deve essere minore della corrente di impiego
della conduttura (Ib). Questa condizione impone solo il valore minimo della

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

corrente nominale del dispositivo di protezione, mentre il limite massimo


verrà verificato successivamente nel confronto con la portata della conduttura.
Per quanto riguarda la corrente di spunto degli utilizzatori, la caratteristica di
intervento del dispositivo di protezione deve essere tale da consentire il per-
manere di sovraccarichi per tempi sufficienti al corretto avviamento degli uti-
lizzatori. Il potere di interruzione non deve essere minore della corrente di
cortocircuito presunta calcolata per il punto di installazione del dispositivo di
protezione.
Nelle fasi successive si confrontano le caratteristiche del dispositivo di prote-
zione con quelle del cavo. Il confronto evidenzia le interazioni ed i condizio-
namenti che possono portare alla scelta di un dispositivo di protezione e di un
cavo con caratteristiche diverse.

3.2.6 Protezione del conduttore contro i sovraccarichi

Quando si utilizzano interruttori magnetotermici allo scopo di assicurare la


protezione contro qualsiasi tipo di sovraccarico è necessario verificare che la
corrente nominale dell’interruttore sia inferiore alla portata della conduttura,
ovvero:

� ≤�

mentre per i fusibili detta corrente deve essere inferiore a 0,9 (Iz). Per sfruttare
in modo ottimale le condutture la corrente convenzionale di intervento If del
dispositivo di protezione dovrebbe soddisfare la seguente relazione:

� =�

Infatti, nel caso in cui:

� ≤�

non si sfrutta appieno la portata delle condutture (ossia sarebbe sufficiente un


cavo con portata minore). Nel caso in cui:

� >�

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Parte prima - Nozioni generali

la protezione contro i sovraccarichi prolungati di piccolo valore non è assicu-


rata, per cui si deve verificare che detti sovraccarichi non si possano ripetere
frequentemente pena un precoce invecchiamento del conduttore.

3.3 L’INTERRUTTORE DIFFERENZIALE

L’interruttore differenziale - comunemente chiamato anche “salvavita”6 - è un


apparecchio elettrico di protezione automatica che segue le norme CEI EN
61008-1 per quello puro e CEI EN 61009-1 per quello incorporato (magneto-
termico). Viene impiegato in ambienti domestici ma anche industriali e forni-
sce una protezione dai contatti indiretti e dai contatti diretti.
L’interruttore differenziale risulta essere un componente elettronico di sicu-
rezza che non può mancare in tutti gli impianti elettrici per poter essere con-
siderati a norma di legge. Questo perché, nel caso di un guasto in un circuito
elettrico che provochi dispersione della corrente, la presenza del dispositivo
differenziale consente di interrompere l’energia passante e di impedire folgo-
razioni altamente pericolose per le persone.
Il parametro più importante al quale deve rispondere un prodotto di questo
settore è rappresentato dall’affidabilità, dalla quale non si può prescindere in
alcun ambito. Altre qualità e caratteristiche degli interruttori differenziali
sono:
- semplicità di montaggio e messa in servizio con istruzioni di installa-
zione chiare per seguire correttamente le fasi di assemblaggio delle ap-
parecchiature;
- i tool e gli applicativi che aiutano nel dimensionamento e che guidano
alla scelta del prodotto corretto;
- operazioni intuitive e chiare nella regolazione delle apparecchiature più
complesse;
- eventuale adattabilità ad essere accessoriati in modo da renderli confi-
gurabili verso sistemi di comunicazione ed eventuale comando remoto.
Gli interruttori si definiscono “differenziali” perché agiscono in base alla
prima legge di Kirchhoff, la quale afferma che in un circuito elettrico la cor-
rente entrante in un nodo deve essere pari a quella uscente. L’interruttore dif-
ferenziale opera in base a questo principio fisico e controlla costantemente la
differenza tra la corrente che fluisce al proprio morsetto di ingresso e la

 
6
Il nome si riferisce al prodotto della ditta Bticino in seguito alla registrazione del marchio
avvenuta nel 1965.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

corrente che attraversa quello in uscita. Per cui questo dispositivo, sensibile
alla corrente omopolare, effettua in modo continuo la somma vettoriale delle
correnti di linea del sistema di alimentazione e, fino a quando il risultato della
somma risulta essere zero, l’apparecchio non interviene permettendo così il
collegamento dell’utenza alla rete di alimentazione. Se il valore risulta essere
invece diverso da quello stabilito, lo interrompe rapidamente in base alla sua
sensibilità. Quindi il principio di funzionamento su cui si basa un interruttore
differenziale è quello di un rivelatore che controlla la dissipazione di una de-
terminata corrente verso terra, in caso di guasto. Se questa corrente supera il
valore di sensibilità del dispositivo, lo sganciatore apre il circuito.

Figura 3.7 - Differenza tra circuito normale e circuito con guasto

La Figura 3.7 rappresenta quanto scritto in precedenza da un punto di vista


elettrico. Consideriamo il caso di un interruttore bipolare (carico monofase),
che è costituito da un toroide, tre bobine (bobine B e bobina BD) e da uno
sganciatore a sua volta costituito da un relè di sgancio e da un meccanismo di
apertura (denominato C).

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 3.8 - Schema funzionale di interruttore differenziale

Al conduttore di fase e al conduttore di neutro è collegata in serie una bobina


(B) ed entrambe le bobine sono avvolte su uno stesso toroide; vi è poi una
terza bobina (BD) collegata al relè di sgancio. Finché le correnti sui due con-
duttori che attraversano il carico (M) sono identiche i campi magnetici da esse
generate sono uguali e con verso contrario. Ne consegue che il flusso magne-
tico circolante nel toroide è nullo. Quando invece vi è una differenza fra le
due correnti, dovuta ad un guasto verso terra nel circuito elettrico, la corrente
(IF) risulta diversa da zero. Sul toroide allora circola un flusso magnetico, che
a sua volta induce una forza elettromotrice (f.e.m.) sulla bobina (BD) del relè,
che va a comandare lo sganciamento dell’interruttore.

3.3.1 Principali caratteristiche tecniche di funzionamento dell’in-


terruttore differenziale

Di seguito, attraverso alcune definizioni, esponiamo le principali caratteristi-


che di un interruttore differenziale.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Corrente nominale (In) È il valore di corrente che l’apparecchio è in grado di


portare ininterrottamente.
Corrente di cortocircuito nominale condizionale (Inc) - (Norma CEI EN
61008-1) È il valore efficace di corrente di cortocircuito presunta, assegnato
dal costruttore, che un interruttore differenziale rispondente alla norma, pro-
tetto da un dispositivo di protezione dal cortocircuito, può sopportare senza
che degradino le prestazioni o venga pregiudicata la sua funzionalità quando
è coordinato con un interruttore o fusibile (SCPD - Short Circuit Protective
Device) in grado di garantire la protezione aggiuntiva dalle sovracorrenti. Fino
a 10 [kA] compresi, i valori della corrente nominale condizionale di cortocir-
cuito Inc sono normalizzati e valgono: 3-4-5-6-10 [kA]; oltre 10 [kA] e fino a
25 [kA] il valore preferenziale è 20 [kA].
Corrente di cortocircuito nominale condizionale differenziale (IΔc) - (Norma
CEI EN 61008-1) È il valore di corrente presunta differenziale, assegnato dal
costruttore, che un interruttore differenziale, opportunamente coordinato e
protetto dal dispositivo di protezione dal cortocircuito (SCPD - Short Circuit
Protective Device), può sopportare senza subire danneggiamenti o alterazioni
che ne pregiudichino la funzionalità. I valori normali di (IΔc) sono gli stessi di
(Inc). È un parametro caratteristico degli interruttori differenziali senza sgan-
ciatori di sovracorrente incorporati (differenziali puri).
Corrente nominale differenziale di intervento (IΔn) - (Norme CEI EN 61008-
1 e CEI EN 61009-1) È il valore della corrente differenziale assegnato dal
costruttore ad un determinato interruttore che possiede o integra una prote-
zione differenziale, per il quale l’interruttore deve operare in funzione di que-
sto valore a condizioni specificate dalle norme. I valori normali di corrente
nominale differenziale di intervento sono: 0,01-0,03-0,1-0,3-0,5 [A].
Corrente nominale differenziale di non intervento (IΔno) - (Norme CEI EN
61008-1 e CEI EN 61009-1) È il valore della corrente differenziale assegnato
dal costruttore all’interruttore differenziale e indicato dalle norme come 50%
(IΔn) per cui al di sotto di tale valore è garantita sempre la continuità dell’ali-
mentazione. Essendo (IΔno) pari alla metà di (IΔn), il coordinamento tra (IΔn) e
(IΔno) quando abbiamo interruttori differenziali collegati in serie deve essere
utilizzato per la selettività fra gli stessi, garantendo la continuità di servizio in
rami del circuito non interessati dal guasto.
Potere di chiusura e di interruzione differenziale nominale (IΔm) - (Norme CEI
EN 61008-1 e CEI EN 61009-1) È il valore efficace della componente alter-
nata della corrente differenziale, assegnato dal costruttore, che un interruttore
differenziale può stabilire, portare ed interrompere nelle condizioni specificate
dalle norme. Le norme stabiliscono che il valore minimo del potere nominale

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Parte prima - Nozioni generali

differenziale di chiusura e di interruzione (IΔm) è tra (10*In) e 500 [A], sce-


gliendo tra i due il valore più elevato.
Potere di chiusura e di interruzione nominale (Im) - (Norma CEI EN 61008-
1) È il valore efficace della componente alternata della corrente presunta, as-
segnato dal costruttore, che un interruttore differenziale può stabilire, portare
ed interrompere in condizioni specificate dalle norme, le quali stabiliscono
che il valore minimo deve essere scelto tra (10*In) e 500 [A], scegliendo tra i
due il valore più alto.

3.3.2 Classificazione degli interruttori differenziali

Gli interruttori differenziali possono essere classificati in base a diversi criteri


che sono:
A) la forma d’onda;
B) la sensibilità;
C) la selettività.
A) In base alla forma d’onda delle correnti di dispersione a cui sono sensibili
gli interruttori si possono classificare a loro volta in:
̶ interruttori differenziali di tipo AC: sono adatti solo per il funziona-
mento con corrente differenziale alternata sinusoidale dato che, in pre-
senza di deformazioni della forma d’onda che comportino componenti
di tipo unidirezionale, la variazione di flusso che interessa il nucleo ma-
gnetico toroidale non è sufficiente a generare una f.e.m. capace di pro-
vocare l’intervento del dispositivo di sgancio. Questi interruttori ven-
gono impiegati in impianti in cui non vi sono apparecchiature elettroni-
che in grado di deformare l’onda sinusoidale.

Tabella 3.2 - Caratteristiche dell’interruttore differenziale di tipo AC

Corrente di guasto
Quando utilizzarlo Note
a cui è sensibile

Utilizzo generico: quando non


Sono i differenziali più
Corrente alternata sono prescritti altri tipi di diffe-
diffusi e più economici
renziali

̶ interruttori differenziali di tipo A: sono invece costruiti in modo tale da


poter operare correttamente sia con forma d’onda sinusoidale, sia in
presenza di componenti pulsanti unidirezionali, con parte continua non

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

superiore a 6 [mA]. Questi dispositivi sono consigliabili in ambienti in


cui si utilizzano apparecchi elettronici (anche nelle abitazioni, quando
lavatrici, condizionatori ecc. sono azionati tramite inverter). Questo ge-
nere di dispositivi utilizzatori si caratterizzano anche per il fatto di es-
sere alimentati direttamente dalla rete, senza interposizione di trasfor-
matori, e isolati in classe I.

Tabella 3.3 - Caratteristiche dell’interruttore differenziale di tipo A

Corrente di guasto
Quando utilizzarlo Note
a cui è sensibile
Obbligatorio in alcuni locali medici in base a in-
Corrente alternata e cor- dicazioni progetto: consigliato per la prote-
renti unidirezionali pul- zione di apparecchiature elettroniche alimen-
santi tate attraverso ponte monofase, come ad
esempio i computer

̶ Interruttori differenziali di tipo B: sono utilizzati quando l’intervento è


assicurato per le correnti previste per il tipo A e inoltre per correnti con-
tinue ondulate o non ondulate e per correnti sinusoidali fino a 1.000
[Hz]. La norma CEI 64-8 specifica che devono essere i fabbricanti delle
apparecchiature utilizzatrici ad indicare il tipo di differenziale da instal-
lare.

Tabella 3.4 - Caratteristiche dell’interruttore differenziale di tipo B

Corrente di guasto
Quando utilizzarlo Note
a cui è sensibile
Obbligatorio in alternativa al tipo A in Sono i più com-
alcuni locali medici. Consigliato per pleti ma anche i
Corrente alternata, correnti
l’alimentazione di ponte raddrizzatore più costosi. At-
unidirezionali pulsanti, cor-
polifase, ad esempio, inverter per mo- tenzione a non
renti alternate ad alta fre-
tori asincroni con alimentazione bi- confonderli coi
quenza e corrente continua
fase o trifase, fare riferimento al ma- magnetotermici
nuale dell’inverter di curva B

̶ Interruttori differenziali di tipo F: sono stati introdotti dalla recente nor-


mativa di prodotto CEI EN 62423 e garantiscono un’efficace prote-
zione contro i contatti indiretti in presenza di carichi dotati di conver-
titori di frequenza monofase. Essi si posizionano, dal punto di vista tec-
nico e prestazionale, tra gli interruttori differenziali di tipo A e di tipo
B. Gli interruttori differenziali di tipo F sono sviluppati appositamente

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Parte prima - Nozioni generali

per la protezione contro i contatti indiretti, quando si utilizzano appa-


recchi dotati di inverter monofase come, ad esempio, pompe di calore e
lavatrici. In caso di guasto a massa dell’inverter essi producono delle
correnti di guasto differenziali a frequenze variabili, che gli interruttori
differenziali di tipo AC e A non riescono a rilevare. Le caratteristiche
principali dei differenziali tipo F sono:
- hanno un’elevata resistenza ai disturbi transitori e alle sovratensioni di
origine atmosferica; gli scatti intempestivi vengono evitati grazie
all’elevata resistenza alle correnti impulsive sinusoidali e alle correnti
continue disperse pulsanti (tipo A), unita al breve ritardo intenzionale
all’intervento;
- sono in grado di rilevare correttamente tutte le tipologie di corrente di di-
spersione identificabili dal tipo A, garantendo un’adeguata protezione an-
che in presenza di correnti di guasto, con valori di frequenza fino a 1 [kHz];
- sono capaci di intervenire anche in presenza di corrente continua so-
vrapposta (max 10 [mA]) e sono in grado di gestire correnti di disper-
sione continue fino a 10 [mA];
- sono caratterizzati da un breve ritardo di intervento (10 [ms]) che li
rende immunizzati da sganci intempestivi: questo garantisce sicurezza
e continuità di esercizio.

Tabella 3.5 - Caratteristiche dell’interruttore differenziale di tipo F

Corrente di guasto
Quando utilizzarlo Note
a cui è sensibile
È l’ultimo nato della
famiglia. È indicato
anche per inverter
Consigliato dove ci sono apparec-
Corrente alternata, cor- con uscita trifase e
chiature alimentate attraverso inver-
renti unidirezionali pul- alimentazione mo-
ter monofase, come ad esempio lava-
santi e correnti alternate nofase; si consiglia
trice ad inverter, pompa di calore ad
ad alta frequenza comunque di se-
inverter ecc.
guire le indicazioni
del manuale dell’in-
verter

La scelta di un dispositivo differenziale di classe AC, A, B va effettuata dal


progettista dell’impianto elettrico in base alle correnti di dispersione che si
prevedono per l’utenza da proteggere. Se il carico prevede la presenza di cir-
cuiti elettronici che fanno uso di raddrizzatori, chopper, inverter, è bene ricor-
rere ad interruttori di classe A o, meglio ancora, di classe B perché la corrente

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

di guasto può essere sinusoidale ad una frequenza diversa dai 50-60 [Hz] o non
sinusoidale.
B) In base alla sensibilità gli interruttori differenziali si possono classificare
ulteriormente in:
- differenziali a bassa sensibilità: dove la corrente differenziale nominale
di intervento (IΔn) è superiore a 30 [mA]7; gli interruttori a bassa sensi-
bilità, per prevenire opportunamente i rischi da contatti indiretti, deb-
bono essere opportunamente coordinati con l’impianto di terra8;
- differenziali ad alta sensibilità: dove la corrente differenziale nominale
di intervento (IΔn) è inferiore a 30 [mA]9; funzionano correttamente an-
che con resistenze di terra relativamente alte. Se si prende ad esempio
una IΔn = 10 [mA], anche con tempi di interruzione di 2 [s] ci si trova
nella zona AC2 (vedi supra Figura 1.4) fra quelle specificate dalla
norma CEI 64-8. La zona AC2 non presenta effetti fisiologici pericolosi
per l’uomo, in quanto sotto la soglia di tetanizzazione. Questo tipo di
differenziali viene utilizzato anche per la protezione contro i contatti
diretti e le norme li rendono obbligatori nei locali da bagno, docce, pi-
scine per uso pubblico e privato.
Nel caso in cui non sia disponibile un impianto di terra con valori bassi di
resistenza, è meglio utilizzare un interruttore differenziale con sensibilità 30
[mA], che protegge sia dai contatti indiretti che da quelli diretti.
C) In base alla selettività gli interruttori differenziali, in ultimo, si possono
classificare in:
- interruttori differenziali di tipo generale: agiscono in tempi relativa-
mente rapidi perché la corrente di guasto e il tempo di intervento deter-
minino punti (t, I) che si trovano nelle zone meno pericolose di quelle
stabilite dalla CEI 64-8;
- interruttori differenziali selettivi: agiscono entro un tempo di ritardo
fisso, per essere collegati a monte di altri differenziali (del tipo gene-
rale) ed assicurare la continuità di servizio delle parti di impianto non
interessate dal guasto (selettività);
- interruttori differenziali ritardati: in cui invece il tempo di ritardo è rego-
labile, sempre per assicurare la selettività; questo genere di interruttori
può essere utilizzato solo in ambito industriale, perché la regolazione
deve essere eseguita da persone esperte (PES).
 
7
Da 0,3 – 0,5 – 1 – 2 [A]. 
8
Deve essere soddisfatta la relazione RT * IΔn ≤ 50 nei sistemi TT e Zs * IΔn ≤ U0 nei sistemi
TN.
9
Da 0,01 [A] e 0,03 [A].

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Spieghiamo il concetto di selettività con un esempio: supponiamo di avere un


piccolo ufficio in cui a causa di un guasto verso terra nel circuito utilizzatore
di una presa si genera una corrente di dispersione di 50 [mA]. Se l’interruttore
generale dell’ufficio posto all’interno del quadro elettrico è dotato di un dif-
ferenziale magnetotermico ad alta sensibilità con IΔn = 30 [mA], questo guasto
causerà l’interruzione di tutti i circuiti presenti (luce, prese, riscaldamento
ecc.) con gli inevitabili disagi del caso. Se invece ogni circuito è dotato di un
proprio interruttore differenziale magnetotermico ad alta sensibilità da IΔn =
30 [mA], l’interruzione riguarderà la sola linea della presa interessata dal gua-
sto.

3.4 COORDINAMENTO DELLE PROTEZIONI

Il coordinamento delle protezioni dell’impianto elettrico è fondamentale sia


per garantire il corretto esercizio economico e funzionale dell’intera installa-
zione, sia per ridurre al minimo i problemi indotti da condizioni anomale di
servizio o da guasti.
Nell’ambito di quest’analisi il coordinamento tra i diversi dispositivi dedicati
alla protezione di zone e componenti specifici deve essere studiato in modo
da:
1) garantire la sicurezza delle persone e dell’impianto in ogni momento;
2) identificare ed escludere rapidamente la sola zona interessata dal pro-
blema senza interventi indiscriminati che riducano la disponibilità di
energia in aree sane;
3) ridurre gli effetti del guasto su altre parti integre dell’impianto;
4) ridurre gli stress sui componenti e i danni nella zona interessata;
5) garantire la continuità del servizio con una buona qualità della tensione
di alimentazione;
6) garantire un sostegno adeguato nel caso di qualsiasi malfunzionamento
del dispositivo di protezione responsabile dell’apertura del circuito;
7) fornire al personale ed al sistema di gestione le informazioni necessarie
al ripristino del servizio nel tempo più ridotto possibile e con le minime
perturbazioni al resto della rete;
8) raggiungere un buon compromesso tra affidabilità, semplicità ed eco-
nomicità.
In sintesi, un buon sistema di protezione deve essere in grado di:
- capire cosa è avvenuto e dove, discriminando tra situazioni anomale ma
tollerabili e situazioni di guasto all’interno della propria zona di

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

influenza ed evitando interventi intempestivi che provochino il distacco


ingiustificato di una parte sana dell’impianto;
- agire più velocemente possibile per contenere i danni salvaguardando
la continuità e la stabilità dell’alimentazione.

3.5 LA SELETTIVITÀ

La selettività di sovracorrente è definita dalle norme come “coordinamento


delle caratteristiche di manovra di due o più dispositivi di protezione da so-
vracorrente in modo che, al verificarsi di sovracorrenti entro i limiti stabiliti,
opera il dispositivo inteso ad operare entro questi limiti, mentre gli altri non
operano” (norma IEC 60947-1, def. 2.5.23).
Se il coordinamento selettivo tra i dispositivi di protezione installati in serie
non è corretto, la perturbazione può provocare la mancanza di tensione in una
zona più o meno vasta dell’impianto elettrico.
La strategia con cui si coordinano le protezioni dipende in buona parte dai
valori di corrente nominale (In) e di corrente di corto circuito (Icc) nel punto
dell’impianto cui si fa riferimento.
In generale è possibile classificare i seguenti tipi di coordinamenti:
- selettività totale: si intende una selettività di sovracorrente in modo che,
nel caso di due dispositivi di protezione da sovracorrente in serie, il di-
spositivo di protezione sul lato carico fornisce la protezione senza far
intervenire l’altro dispositivo di protezione (norma IEC 60947-2, def.
2.17.2); per cui un coordinamento si dice totalmente selettivo se, per
tutte le correnti di guasto, fino alla corrente di cortocircuito (IccB), apre
solo e soltanto l’interruttore B installato subito a monte del guasto (vedi
Fig. 3.9);
- selettività parziale: si intende una selettività di sovracorrente in modo
che, nel caso di due dispositivi di protezione da sovracorrente in serie, il
dispositivo di protezione sul lato carico fornisce la protezione senza far
intervenire l’altro dispositivo di protezione (norma IEC 60947-2, def.
2.17.2); per cui un coordinamento si dice parzialmente selettivo se la con-
dizione di selettività totale viene verificata solo fino ad un certo valore di
corrente (Is) detto “limite di selettività”. Per correnti superiori a (Is) gli
interruttori A e B aprono simultaneamente (vedi Fig. 3.9);

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 3.9 - Selettività totale e parziale

In un impianto elettrico la distribuzione dei circuiti viene effettuata tramite


dispositivi di protezione, sezionamento e comando installati in serie tra di
loro per una migliore gestione dell’energia. In una distribuzione radiale
l’obiettivo primario della selettività è quello di separare dalla rete elettrica
le sole partenze soggette a guasto ed ottenere il massimo livello di continuità
di servizio.
Le principali perturbazioni che possono interessare una rete elettrica di bassa
tensione sono:
a) il sovraccarico;
b) il cortocircuito;
c) il guasto verso terra.
Analizziamo di seguito le varie tipologie di selettività in funzione delle per-
turbazioni. Il metodo normalmente utilizzato per verificare la selettività in
sovraccarico consiste nel riportare su scala bilogaritmica le caratteristiche
di funzionamento delle protezioni installate in serie. La selettività è totale se
il tempo di non intervento del dispositivo a monte è superiore al tempo mas-
simo di interruzione del dispositivo a valle per qualunque corrente di sovrac-
carico.
Questa condizione è sempre verificata in pratica se il rapporto tra le correnti
nominali o di regolazione del dispositivo a monte e del dispositivo a valle è
superiore a 1,5.
Le tecniche che permettono invece di realizzare la selettività in cortocircuito
sono:

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

- selettività amperometrica;
- selettività cronometrica;
- selettività energetica;
- selettività logica;
- selettività differenziale.
Queste tecniche possono essere applicate, nello stesso impianto, sia singolar-
mente sia in combinazione.

3.5.1 Selettività amperometrica

La selettività amperometrica è basata sulla differenza delle soglie di intervento


istantanee o di corto ritardo (ImA e ImB) degli interruttori installati in serie. Il
limite di selettività è dato dalla soglia magnetica dell’interruttore a monte
(ImA).

Figura 3.10 - Selettività amperometrica

Si applica prevalentemente a livello di distribuzione terminale dove gli inter-


ruttori sono istantanei e conduce generalmente ad una selettività parziale.
Questo tipo di selettività si basa sull’osservazione che più il punto di guasto è
vicino all’alimentazione dell’impianto, maggiore è la corrente di cortocir-
cuito. È perciò possibile discriminare la zona in cui è avvenuto il guasto sem-
plicemente tarando la protezione istantanea del dispositivo a monte ad un

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Parte prima - Nozioni generali

valore limite superiore alla corrente di guasto che provoca l’intervento del di-
spositivo a valle.
Questa tecnica è tanto più efficace quanto più si differenziano le correnti di
cortocircuito nei punti in cui vengono installati gli interruttori e, quindi,
quando si è in presenza di conduttori di piccola sezione che abbattono note-
volmente il livello di cortocircuito tra monte e valle. Si realizza invece una
selettività totale solo quando la corrente di cortocircuito ai morsetti dell’inter-
ruttore a valle è inferiore alla soglia di intervento istantaneo o di corto ritardo
dell’interruttore a monte ovvero solo in casi in cui la corrente di guasto non è
elevata (e comparabile con la corrente nominale del dispositivo) o dove esiste
un componente ad alta impedenza interposta tra i due dispositivi di protezione
(trasformatore, cavo molto lungo o di sezione ridotta) portando ad una grossa
differenza tra i valori della corrente di cortocircuito.
Considerando una corrente di guasto di valore pari a 1 [kA] nel punto indicato
in Figura 3.11 si realizza un adeguato coordinamento se si utilizzano gli inter-
ruttori indicati e le loro curve di intervento.

Figura 3.11 - Selettività amperometrica con interruttori ABB Sace

I vantaggi che si hanno utilizzando una selettività amperometrica sono:


- rapidità;

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

- facilità di realizzazione;
- economicità.
Mentre gli svantaggi sono:
- limiti di selettività bassi;
- valori di selettività crescenti comportano una rapida crescita delle taglie
dei dispositivi.

3.5.2 Selettività cronometrica

Questo tipo di selettività è un’evoluzione della precedente. La selettività


cronometrica si ottiene differenziando i tempi di intervento dei dispositivi
di protezione, rispettando comunque il rapporto tra le correnti di intervento
istantaneo (o di corto ritardo) dei due dispositivi che non deve essere infe-
riore a 1,5.
In particolare, occorre verificare che il tempo totale di interruzione dell’inter-
ruttore posto a valle (trB) sia inferiore al tempo di ritardo allo sgancio del di-
spositivo posto a monte (trA).

Figura 3.12 - Selettività cronometrica senza soglia istantanea


(con trA = ritardo sgancio e trB = tempo d’interruzione)

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 3.13 - Selettività cronometrica con soglia istantanea


(con trA = ritardo sgancio e trB = tempo d’interruzione)

Per gli interruttori automatici sono state definite due categorie di utilizzazione:
- categoria A: gli interruttori classificati in questa categoria non sono pre-
visti per realizzare la selettività cronometrica in condizioni di cortocir-
cuito in relazione ad altri dispositivi di protezione posti in serie sul lato
carico, cioè senza ritardo intenzionale; conseguentemente essi non pre-
vedono una corrente nominale ammissibile di breve durata;
- categoria B: gli interruttori classificati in questa categoria sono previsti
per realizzare la selettività cronometrica in condizioni di cortocir-
cuito10 rispetto ad altri dispositivi di protezione posti in serie sul lato
carico. Gli interruttori adatti ad essere temporizzati sono quelli di cate-
goria B secondo la norma CEI EN 60947-2, i quali riescono a soppor-
tare, da chiusi, valori elevati di corrente per un tempo significativo. Al
di sopra del valore (Icw)11, l’interruttore deve assolutamente intervenire
istantaneamente, non essendo in grado di sopportare questi valori di
 
10
Non necessariamente fino al potere di interruzione nominale estremo dell’interruttore.
11
Corrente nominale ammissibile di breve durata.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

corrente, a causa delle elevate sollecitazioni elettrodinamiche e termi-


che che si hanno e di conseguenza non si può avere una selettività cro-
nometrica.
Un interruttore viene classificato in categoria B se il suo valore di (Icw) è su-
periore (cfr. tabella 3 della IEC 60947-2) a:
il maggiore tra (12 * In) e 5 [kA] per In ≤ 2.500 [A]
30 [kA] per In > 2.500 [A]
In questi casi la selettività non risulta totale, ma limitata dalla corrente di in-
tervento istantaneo (Icw) dello sganciatore dell’interruttore di monte, a meno
che si utilizzi un interruttore limitatore a valle che consenta di realizzare la
selettività energetica.
I vantaggi che si hanno utilizzando una selettività cronometrica sono:
- è facile da progettare e da realizzare;
- è relativamente poco costosa;
- permette di ottenere anche livelli alti di selettività, in base alla (Icw) del
dispositivo a monte;
- consente una ridondanza delle funzioni protettive e può fornire valide
informazioni al sistema di controllo.
Mentre gli svantaggi sono:
- i tempi di intervento ed i livelli di energia lasciati passare dai dispositivi
di protezione, soprattutto da quelli prossimi alle sorgenti, sono elevati
e possono causare problemi di sicurezza e danni ai componenti anche
nelle zone non interessate dal guasto;
- consente l’uso di interruttori limitatori solo nei livelli gerarchicamente
inferiori della catena; gli altri interruttori devono essere in grado di sop-
portare le sollecitazioni termiche ed elettrodinamiche connesse al pas-
saggio della corrente di guasto per il tempo di ritardo intenzionale; per
i vari livelli devono essere utilizzati interruttori selettivi, spesso di tipo
aperto, per garantire una corrente di breve durata ammissibile (Icw) suf-
ficientemente elevata;
- la durata della perturbazione indotta dalla corrente di cortocircuito sulle
tensioni di alimentazione nelle zone non interessate dal guasto può
creare problemi ai dispositivi elettromeccanici (tensione al di sotto del
valore di sgancio elettromagnetico) ed elettronici;
- il numero di livelli di selettività risulta limitato dal tempo massimo sop-
portabile dal sistema elettrico senza perdere stabilità.

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Parte prima - Nozioni generali

3.5.3 Selettività energetica

Il coordinamento di tipo energetico è un particolare tipo di selettività che


sfrutta le caratteristiche di limitazione degli interruttori scatolati. Si ricorda
che un interruttore limitatore è un interruttore automatico con un tempo di
interruzione sufficientemente breve per impedire che la corrente di cortocir-
cuito raggiunga il valore di picco (norma IEC 60947-2, def. 2.3).
Consideriamo, quindi, due interruttori che hanno sganciatori per cui non è
possibile impostare un tempo di ritardo all’intervento. La selettività energetica
può consentire dunque di ottenere un limite di selettività che va oltre il valore
della soglia magnetica dell’interruttore a monte. Ciò è dovuto all’impiego di
un interruttore limitatore a valle.
Nel caso in cui l’interruttore a monte ha una curva caratteristica di tipo B ma
con una corrente (Icw) < (Icu), è possibile avere un limite di selettività superiore
alla soglia istantanea dell’interruttore a monte grazie alla limitazione dell’in-
terruttore a valle, come si è visto in precedenza.
I fenomeni sono prevalentemente dinamici (quindi proporzionali al quadrato
del valore della corrente istantanea) e possono essere descritti utilizzando le
curve dell’energia specifica passante.
In generale, è necessario verificare che l’energia associata all’intervento
dell’interruttore a valle sia inferiore al valore di energia necessario per com-
pletare l’apertura dell’interruttore a monte (vedi Figura 3.14).
Visti i brevi tempi di risposta delle protezioni a monte e a valle, per lo studio
della selettività energetica non si confrontano le curve di intervento corrente-
tempo dei dispositivi installati in serie, ma la curva dell’energia specifica
lasciata passare dall’interruttore a valle e la curva dell’energia di non inter-
vento dell’interruttore a monte (caratteristiche I2t). Per avere selettività ener-
getica queste due curve non devono avere punti di intersezione, mentre l’ef-
fetto di limitazione sull’energia specifica passante è funzione del tipo di in-
terruttore.
Per realizzare al meglio una selettività di tipo energetico è necessario quindi
utilizzare:
- sganciatori istantanei con tempo di intervento dipendente dalla corrente
di cortocircuito e differenziati per taglia;
- interruttori fortemente limitatori con una soglia di repulsione dei con-
tatti differenziata per taglie.

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

Figura 3.14 - Curva di intervento interruttore Schneider Elettrici modello Compact


Serie NSX (con IA = soglia magnetica/corto ritardo, IB = soglia istantanea e
IC = soglia di sgancio riflesso)

I vantaggi che si hanno quindi ad utilizzare una selettività energetica sono:


- interruzione veloce con tempi di intervento che si riducono all’aumen-
tare della corrente di cortocircuito;
- riduzione dei danni causati dal guasto (sollecitazioni termiche e dina-
miche), dei disturbi al sistema di alimentazione, dei costi di dimensio-
namento;

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Parte prima - Nozioni generali

- livello di selettività non più limitato dal valore della corrente di breve
durata (Icw) sopportata dai dispositivi;
- grande numero di livelli di selettività;
- possibilità di coordinare dispositivi limitatori diversi (fusibili, interrut-
tori ecc.) anche posti in posizioni intermedie della catena.
Mentre gli svantaggi sono:
- difficoltà di coordinamento tra interruttori di taglie simili.

3.5.4 Selettività logica

La selettività logica è utilizzata per limitare gli effetti elettrodinamici sull’instal-


lazione riducendo i tempi di eliminazione del guasto. Un conduttore pilota col-
lega più interruttori equipaggiati con unità di controllo a microprocessore.
L’unità di controllo che rileva il guasto emette un segnale verso monte e verifica
la presenza di un segnale proveniente da un interruttore a valle. Nel caso di pre-
senza di un segnale da valle, l’interruttore resterà chiuso rispettando la tempo-
rizzazione. In caso contrario, invece, l’interruttore aprirà immediatamente il cir-
cuito qualunque sia la temporizzazione impostata.
I vantaggi che si hanno utilizzando una selettività logica sono:
- riduzione dei tempi di intervento e aumento del livello di sicurezza;
- riduzione sia dei danni causati dal guasto, sia delle perturbazioni al si-
stema di alimentazione;
- riduzione della sollecitazione termica e dinamica sugli interruttori e sui
componenti dell’impianto;
- elevato numero di livelli di selettività.
Mentre gli svantaggi sono:
- costo maggiore;
- maggiore complessità dell’impianto (componenti speciali, cablaggi ag-
giuntivi, sorgenti ausiliarie di alimentazione).
Si rammenta che il coordinamento selettivo va verificato sia in sovraccarico
che in cortocircuito.

3.5.5 Selettività differenziale

La selettività in caso di guasto verso terra è altrettanto importante della seletti-


vità in sovraccarico e in cortocircuito. Nel caso si abbiano due dispositivi diffe-
renziali in serie, devono essere rispettate entrambe le seguenti condizioni:

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Capitolo 3 - Le protezioni elettriche

- la soglia di intervento differenziale del dispositivo a monte dev’essere


maggiore o al limite uguale a 2 volte la soglia di intervento del disposi-
tivo a valle;
- il ritardo intenzionale del dispositivo a monte dev’essere maggiore o al
limite uguale al tempo totale di apertura del dispositivo a valle.
Si ricorda che se la protezione contro i guasti verso terra a monte è delegata
ad un interruttore magnetotermico contro le sovracorrenti (sistemi TN),
l’eventuale dispositivo differenziale installato a valle dovrà avere una caratte-
ristica (soglia e tempo di intervento) inferiore a quella del dispositivo magne-
totermico.

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4
IL QUADRO ELETTRICO

4.1 GENERALITÀ

Il quadro elettrico, chiamato anche comunemente “centralino” oppure “qua-


dro di distribuzione”, si può considerare una vera e propria cabina di regia
dell’impianto; infatti da esso partono tutti i diversi circuiti che portano la cor-
rente alle varie scatole di derivazione, che a loro volta servono tutti i punti
elettrici (luci e prese) della unità. Quindi possiamo dire che il quadro elettrico,
le scatole di derivazione e le tubazioni (o i canali) rappresentano il cuore pul-
sante di tutto l’impianto elettrico e che, se non fosse realizzato in maniera
ineccepibile o non fosse a norma, tutto l’impianto rischierebbe di andare in tilt
alla prima complicazione.
I problemi di un quadro elettrico non installato correttamente e non a norma pos-
sono essere potenzialmente molto gravi in quanto dovuti alla dispersione elettrica,
a sovraccarichi, a sbalzi di corrente ecc. Anche grazie alle ultime normative sugli
adeguamenti degli impianti elettrici la sicurezza è molto aumentata ma ci sono
ancora casi in cui le persone rimangono colpite da scosse elettriche dovute al con-
tatto accidentale con una parte metallica scoperta e questo è dovuto ad un quadro
elettrico probabilmente obsoleto e non a norma.
La domanda che ci si pone allora è la seguente: quanti tipi di quadri elettrici
esistono e a quali norme rispondono?
La norma continua a considerare il quadro come un normale componente
dell’impianto, alla stregua di un interruttore o di una presa, sebbene risulti
costituito dall’insieme di più apparecchiature, raggruppate in uno o più conte-
nitori. In un quadro si distinguono:
a) il contenitore, chiamato dalle norme “involucro” (che svolge la funzione di
supporto e di protezione meccanica dei componenti in esso contenuti);
b) l’equipaggiamento elettrico, costituito dagli apparecchi, dalle connes-
sioni interne e dai terminali di entrata e di uscita per il collegamento
all’impianto; tale complesso deve essere assiemato opportunamente in
modo da soddisfare i requisiti di sicurezza e adempiere in maniera otti-
male alle funzioni per le quali è stato progettato.
Quindi, come tutti i componenti di un impianto elettrico, anche il quadro deve

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

rispondere alla relativa norma di prodotto. A questo proposito sono da poco


in vigore le IEC 61439-1 e 2 a livello internazionale, recepite dalle corrispon-
denti CEI EN 61439-1 e 2 a livello italiano. La nuova CEI EN 61439 impone
un’evoluzione e un perfezionamento del concetto di quadro elettrico, di fatto
fermo al 1990 quando si passò dagli ACF (Apparecchiature costruite in fab-
brica) agli AS (Apparecchiature costruite in serie) e ANS (Apparecchiature
non in serie). Questa norma si applica ai quadri di bassa tensione (la cui ten-
sione nominale non sia superiore a 1.000 [V] in corrente alternata, oppure a
1.500 [V] in corrente continua).
La CEI EN 61439-1 costituisce la parte generale sui quadri di BT, mentre le
altre parti che man mano saranno pubblicate, sono quelle relative alla specifica
tipologia di quadro e dovranno essere lette congiuntamente alla parte generale.
Queste parti specifiche saranno:
- CEI EN 61439-2: “Quadri di potenza”;
- CEI EN 61439-3: “Quadri di distribuzione” (sostituisce la precedente
CEI EN 60439-3 sugli ASD);
- CEI EN 61439-4: “Quadri per cantiere” (sostituisce la precedente CEI
EN 60439-4 sugli ASC);
- CEI EN 61439-5: “Quadri per distribuzione di potenza” (sostituisce la
precedente CEI EN 60439-5);
- CEI EN 61439-6: “Sistemi di condotti sbarre” (sostituisce la precedente
CEI EN 60439-2).
Continua ad esistere la norma italiana CEI 23-51, che tratta i quadri per uso
domestico e similare. Questi ultimi devono essere utilizzati in ambienti con
determinate caratteristiche e destinazioni di uso con tensione e corrente limi-
tate a certi valori.
Altre due pubblicazioni del CEI, sempre sui quadri elettrici, sono tuttora di-
sponibili:
- CEI 17-43: che rappresenta un metodo per la determinazione delle so-
vratemperature, mediante calcolo o regole di progetto;
- CEI 17-52: che rappresenta un metodo per la determinazione della te-
nuta al cortocircuito, mediante calcolo o regole di progetto.
A seconda dell’uso che se ne deve fare la scelta del tipo di quadro elettrico da
installare dipende dal progettista o dall’installatore esperto e dalla destinazione
finale. Un progettista o un elettricista esperto è in grado di consigliare al com-
mittente la soluzione o il quadro elettrico più indicato per una specifica situa-
zione o per uno specifico tipo di abitazione, industria o locale commerciale.
Un quadro elettrico ad uso residenziale è costituito da un involucro che può
essere:

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

- da interno;
- da esterno;
- da incasso;
- da parete;
- da pavimento.
I quadri elettrici vanno da un minimo di 6 moduli per rispondere alle esigenze
di piccoli impianti fino a 72 moduli per installazioni con soluzioni domotiche.
I moduli ospitano gli interruttori (sezionatori, magnetotermici, magnetoter-
mici differenziali o differenziali puri), che sono dispositivi di sicurezza con
funzioni di controllo, gestione e protezione dell’impianto.
Come già evidenziato nel cap. 2, la norma CEI 64-8 stabilisce che gli impianti
ad uso domestico e/o residenziale devono essere dimensionati per una potenza
impegnata (potenza stipulata con il contratto di fornitura) di almeno 3 [kW] in
unità abitative di superficie fino a 75 [mq] e di almeno 6 [kW] per superfici
superiori. Quando l’utente utilizza apparecchi che richiedono una potenza supe-
riore a quella impegnata si crea un sovraccarico energetico, ad esempio se si
utilizzano molti elettrodomestici contemporaneamente, il contatore scatta e si
ha un blackout nell’abitazione.
Secondo la stessa norma il dimensionamento del quadro elettrico dipende dal
livello di impianto che si realizzerà e dalla superficie calpestabile dell’abita-
zione. Dalla combinazione di questi due dati si ottiene la dotazione minima di
circuiti necessari, come riportato nella Tabella 4.1.

Tabella 4.1 - Dotazioni minime impiantistiche per unità abitativa

LIVELLO 1 LIVELLO 2 LIVELLO 3


Area* N. Area N. Area N.
Numero
A ≤ 50 m2 2 A ≤ 50 m2 3 A ≤ 50 m2 3
dei
circuiti** 50 m < A ≤ 75 m
2 2
3 50 m < A ≤ 75 m
2 2
3 50 m < A ≤ 75 m
2 2
4
75 m2 < A ≤ 125 m2 4 75 m2 < A ≤ 125 m2 5 75 m2 < A ≤ 125 m2 5
A > 125 m 2
5 A > 125 m 2
6 A > 125 m 2
5

* La superficie A è quella calpestabile dell’unità immobiliare, escludendo quelle esterne quali ter-
razzi, portici ecc. e le eventuali pertinenze.
** Si ricorda che un circuito elettrico (di un impianto) è l’insieme dei componenti di un impianto
alimentati da uno stesso punto e protetti contro le sovracorrenti da uno stesso dispositivo di pro-
tezione. Per l’alimentazione degli apparecchi di potenza nominale superiore a 1.000 [W] conti-
nuamente collegati al circuito di alimentazione (ad es. piano cottura elettrico, scaldaacqua, con-
dizionatori ecc.), devono essere previsti circuiti dedicati esclusi dal conteggio del numero minimo
di circuiti della Tabella 4.1. Anche i circuiti di box, cantine e soffitte sono esclusi dal conteggio.

Inoltre, la norma stabilisce che i quadri dell’unità abitativa devono essere

__________
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 4 - Il quadro elettrico

dimensionati per il 30% in più dei moduli installati rispetto al necessario, con
un minimo di due moduli di riserva, sempre che non sia richiesto uno spazio
maggiore ai fini della potenza dissipabile dal quadro (nuova norma CEI 64-8,
VIII edizione).
La presenza di due soli circuiti è il minimo per un impianto: uno dedicato per
la linea luci e l’altro dedicato per la linea prese, con a monte un interruttore
differenziale in modo che i circuiti siano separati tra loro e si favorisca la con-
tinuità del servizio. Per rispondere alle esigenze dei committenti la tendenza
oggi è quella di realizzare quadri con una maggiore diversificazione dei cir-
cuiti e quindi un numero maggiore di dispositivi.
Spesso i progettisti e gli impiantisti suggeriscono per le unità abitative molto
grandi di suddividere, per esempio, il quadro in zona giorno e zona notte o -
se la casa è distribuita su vari livelli - un sottoquadro per livello che permette
di sezionare una parte dell’impianto rispetto al resto in modo da avere circuiti
diversi come: carichi prioritari, luci, prese (suddivise per intensità 10 [A] e 16
[A]), condizionatori, cucina, allarme, cancello, boiler, caldaia, luci esterne,
tapparelle elettriche, carichi non prioritari ecc.

4.1.1 La norma CEI 23-51 sui quadri elettrici

La norma CEI 23-51 ha come scopo la realizzazione, la verifica e le prove che


si devono effettuare sui quadri elettrici di distribuzione per installazioni fisse
ad uso domestico e similare mettendo insieme involucri vuoti conformi alla
norma sperimentale CEI 23-49, oppure classificati GP secondo la norma CEI
EN 60670-24, con dispositivi di protezione ed apparecchi che nell’uso ordi-
nario dissipano una potenza non trascurabile.
La norma CEI 23-49 è stata abrogata definitivamente a partire dal 1° gennaio
2019 e lascia il posto alla norma europea CEI EN 60670-24 “Scatole e invo-
lucri per apparecchi elettrici, per apparecchiature elettriche fisse per usi do-
mestici e similari” - Parte 24 “Prescrizioni particolari per involucri di appa-
recchi di protezione e di altri apparecchi elettrici che dissipano energia”.
La norma CEI 23-51 ci dice anche quali sono i documenti da consegnare al
committente a conclusione dei lavori come ad esempio la dichiarazione di
conformità, i calcoli per la verifica dei limiti di sovratemperatura (nota la po-
tenza massima dissipabile dall’involucro e quella dissipata dagli apparecchi
in esso contenuto) ecc.
Per poter applicare la norma i quadri devono essere:
- adatti ad essere utilizzati a temperatura ambiente normalmente non superiore

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Parte prima - Nozioni generali

a 25 °C ma che occasionalmente può raggiungere i 35 °C nell’arco delle 24


ore, compresa tra un massimo di 40 °C ed un minimo di -5 °C;
- destinati all’uso in corrente alternata o continua con tensione nominale
non superiore a 440 [V];
- con corrente nominale in entrata non superiore a 125 [A]1;
- con corrente nominale di breve durata (o correnti nominali di cortocircuito)
condizionata non superiore a 10 [kA] di valore efficace, o protetti da dispo-
sitivi di protezione limitatori di corrente aventi corrente di picco limitata
non eccedente 17 [kA] in corrispondenza della corrente presunta di corto-
circuito massima ammissibile ai terminali del circuito di entrata;
- destinati ad incorporare apparecchi di protezione e manovra per uso do-
mestico e similare con corrente nominale non superiore a 125 [A].
Inoltre la norma fornisce anche le seguenti definizioni:
Corrente nominale in entrata (Ine) È la corrente o la somma delle correnti no-
minali di tutti i dispositivi di protezione e manovra in entrata, destinati ad essere
utilizzati contemporaneamente, moltiplicata per il fattore di utilizzo (Ke).
Corrente nominale in uscita (lnu) È la somma delle correnti nominali di tutti i
dispositivi di protezione e manovra in uscita destinati ad essere utilizzati con-
temporaneamente.
Corrente nominale del quadro (Inq) È il valore più basso tra la corrente nomi-
nale in entrata e la corrente nominale in uscita.
Fattore di utilizzo (Ke) È il coefficiente che tiene conto delle condizioni di
installazione dei dispositivi di protezione e manovra all’interno del quadro,
riducendo la loro corrente nominale al fine di una loro adeguata utilizzazione.
Esso si applica ai circuiti di entrata del quadro ed è pari a 0,852.
Potenza dissipata dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp) È la somma
delle potenze dissipate dai dispositivi di protezione e manovra che tiene conto
dei fattori di utilizzo (Ke) e di contemporaneità (K).
Potenza dissipata dagli altri componenti (Pau) È la somma delle potenze dis-
sipate dagli altri componenti installati nel quadro che nell’uso ordinario dissi-
pano una potenza significativa nei confronti di Pdp (ad es.: dispositivi in cor-
rente continua, lampade di segnalazione ad incandescenza, trasformatori per
suoneria, citofonia ecc.).
Potenza totale dissipata nel quadro (Ptot) È la somma della potenza dissipata
dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp), aumentata del 20% per tener
conto di collegamenti, prese a spina, relè, timer, piccoli apparecchi ecc., e
 
1
Se il quadro è alimentato da più linee contemporaneamente, tale limite si riferisce alla
somma delle correnti entranti.
2
II fattore di utilizzo è stato determinato sperimentalmente mediante prove termiche.

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

della potenza dissipata dagli altri componenti installati nel quadro (Pau) che
dissipano una potenza significativa nei confronti di (Pdp).
Potenza massima dissipabile dall’involucro (Pde) È il valore, dichiarato dal
costruttore, della potenza dissipabile all’interno dell’involucro nel rispetto dei
limiti di sovratemperatura e nelle condizioni di installazione previste.
Fattore di contemporaneità (K) È il coefficiente che tiene conto della probabilità
che tutti i carichi collegati ai circuiti di uscita possano essere utilizzati contempora-
neamente. Il fattore di contemporaneità (K) può essere fissato tenendo conto:
- del tipo di utenza (abitazione, ufficio, negozio), della natura dei carichi
e della loro utilizzazione nella giornata;
- del rapporto tra la corrente nominale del quadro (Inq) e la somma delle
correnti di tutti gli apparecchi di protezione e manovra in uscita (Inu).
In mancanza di informazioni sui valori effettivi delle correnti in uscita dei cir-
cuiti del quadro, si può fare ricorso ai valori riportati in Tabella 4.2.

Tabella 4.2 - Fattore di contemporaneità in base al numero dei circuiti

Numero dei circuiti principali


Fattore di contemporaneità (K)
(o numero di canali)
2e3 0,8
4e5 0,7
da 6 a 9 0,6
10 e più 0,5

Attraverso due esempi vediamo come si determina la corrente nominale del (Inq).

Figura 4.1 - La corrente nominale Inq di un quadro con interruttore generale


(fonte: Elektro)

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Parte prima - Nozioni generali

Nel caso di assenza di dispositivi di protezione e/o manovra in entrata, la cor-


rente nominale del quadro (Inq) si identifica con la corrente nominale in uscita
(Inu), come rappresentato in Figura 4.2.

Figura 4.2 - La corrente nominale Inq di un quadro senza interruttore generale


(fonte: Elektro)

Se la corrente in uscita (Inu) è:

� ≤ 0,85 ∗ �

4.1.2 Dati di targa

Ogni quadro elettrico dev’essere fornito di una targa che può essere posta an-
che dietro la portella e che riporti in maniera indelebile i seguenti dati:
1) nome o marchio del costruttore;
2) tipo o altro mezzo di identificazione del quadro da parte del costruttore;
3) corrente nominale del quadro (Inq);
4) natura della corrente e, se applicabile, frequenza;
5) tensione nominale di funzionamento (Un);
6) grado di protezione (se superiore a IP3X);
7) simbolo dell’isolamento completo
8) anno di fabbricazione.

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

Figura 4.3 - Targa da posizionare sul quadro elettrico

4.1.3 Verifiche e prove

Nella Tabella 4.3 è riportato l’elenco delle verifiche e delle prove che si deb-
bono eseguire sui quadri.
Si precisa che i componenti elettrici del quadro e l’involucro che siano con-
formi alle relative norme di prodotto, non devono essere sottoposti a ulteriori
prove:
a) Sui quadri, con corrente nominale monofase minore o uguale a 32 [A],
si devono effettuare soltanto le verifiche prescritte ai punti 1 e 6, e se
applicabili, 4 e 5 della Tab. 4.3;
b) Per tutte le altre tipologie di quadri diverse dal caso precedente, e che
ricadono nel campo di applicazione della norma CEI 23-51, si devono
effettuare le verifiche e le prove prescritte ai punti 1, 2, 3, 6 e, se appli-
cabili, ai punti 4 e 5 (tenendo conto delle informazioni fornite dal co-
struttore dell’involucro).

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 4.3 - Verifiche e prove da eseguire sui quadri di distribuzione


per uso domestico e similare

Caratteristiche Verifiche/Prove
Controllo visivo dei dati di targa: è necessario assicurarsi che i
Costruzione e dati di targa, previsti all’art. 5, siano completi e bisogna control-
identificazione lare la conformità del quadro agli schemi dei circuiti, ai dati tec-
nici
Verifica dei limiti di sovratemperatura: si effettua solo per i qua-
Limiti di dri relativi al punto b); si verifica che la potenza totale dissipata
sovratemperatura nel quadro sia inferiore alla potenza massima dissipabile dall’in-
volucro dichiarata dal costruttore
Verifica della resistenza di isolamento: si effettua solo per i qua-
dri relativi al punto b). La prova viene fatta usando un apparec-
chio di misura della resistenza di isolamento a una tensione di
almeno 500 [V]. La misura della resistenza di isolamento
Resistenza di
dev’essere effettuata tra ogni conduttore attivo e le masse e tra
isolamento
i conduttori attivi tra di loro. La prova è considerata buona se la
resistenza di isolamento tra i circuiti e le masse e tra i conduttori
attivi tra di loro è almeno di 1.000 [Q]/[V], riferita alla tensione
nominale verso terra di ciascun circuito
Verifica del grado di protezione: il grado di protezione deve es-
sere verificato secondo la norma CEI EN 60529. Se all’involucro
Grado di prote- non sono state apportate modifiche tali da comprometterne il
zione grado di protezione e se l’involucro è stato installato secondo
quanto prescritto dal costruttore, ci si può riferire al grado IP di-
chiarato dal costruttore stesso
Verifica dell’efficienza del circuito di protezione: si effettua un
Efficienza del cir-
esame a vista e, se necessario, si esegue la verifica della con-
cuito di protezione
tinuità del circuito di protezione. In questo caso si esegue una
(solo nel caso di
misura per verificare che la resistenza elettrica tra il terminale
involucri di classe
d’ingresso del conduttore di protezione e la massa ad esso col-
I).
legata sia sufficientemente bassa (inferiore a 0,05 [Ω])
Verifica del corretto cablaggio, del funzionamento meccanico e,
Cablaggio, funzio- se necessario, del funzionamento elettrico: si deve effettuare
namento mecca- una verifica per assicurarsi la buona collocazione dei cavi, dei
nico e, se necessa- sistemi di connessione del quadro nonché del corretto assem-
rio, blaggio degli apparecchi. È necessario un controllo del ca-
funzionamento blaggio in funzione della complessità del quadro; se serve si
elettrico può effettuare una prova di funzionamento elettrico. Si veri-
fica inoltre il funzionamento di eventuali dispositivi di blocco.

Possiamo ricapitolare il tutto attraverso lo schema a blocchi di Figura 4.4.

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

Figura 4.4 - Schema a blocchi per le verifiche e le prove dei quadri di distribuzione
per uso domestico e similari

4.1.4 Grado di protezione

Per assicurare la protezione contro i contatti diretti e indiretti attraverso un


isolamento completo si devono osservare le seguenti regole:
- gli apparecchi devono essere totalmente racchiusi entro un materiale
isolante, mentre l’involucro deve riportare il simbolo del doppio isola-
mento che deve essere visibile dall’esterno;
- l’involucro, inoltre, deve essere realizzato in materiale isolante in grado
di resistere alle diverse sollecitazioni elettriche, meccaniche e termiche
alle quali è sottoposto nel normale funzionamento;
- l’involucro non può essere attraversato in nessun punto da parti condut-
trici in quanto non deve esserci la possibilità che una tensione di guasto
sia trasmessa all’esterno dell’involucro stesso;

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Parte prima - Nozioni generali

- l’involucro, quando il quadro è pronto per il funzionamento e collegato


all’alimentazione, deve racchiudere tutte le parti attive, le masse e le
parti costituenti il circuito di protezione, in modo che queste non pos-
sano essere toccate; l’involucro deve avere un grado di protezione non
inferiore a IP3XD;
- le masse all’interno del quadro non devono essere collegate al condut-
tore di protezione, ossia non devono essere incluse in un sistema di pro-
tezione che comporta l’uso di un circuito di protezione; ciò vale pure
per gli apparecchi incorporati, anche se questi hanno un terminale di
connessione per il circuito di protezione;
- se le porte dell’involucro possono essere aperte senza l’uso di chiave o
di altro utensile, si deve prevedere un ostacolo di materiale isolante che
costituisca una protezione contro i contatti accidentali non solo con le
parti attive accessibili ma anche con le masse che diventano accessibili
soltanto dopo la rimozione delle coperture. Questo ostacolo non deve
poter essere rimosso senza l’uso di un apposito dispositivo.

4.1.5 Verifica limiti di sovratemperatura

Le apparecchiature installate nel quadro devono dissipare una potenza totale


(potenza termica) non superiore a quella che l’involucro può disperdere
nell’ambiente circostante, ovvero, il valore della potenza totale (Ptot) deve ri-
sultare inferiore alla potenza dissipabile dall’involucro (Pinv) dichiarata dallo
stesso costruttore.
Da questo ne deriva che la potenza totale dissipata dal quadro (Ptot) è data da:

� = � + 0,2 ∗ � + � + 0,2 ∗ � ≤ �

� ≤�

dove:
Ptot = potenza totale dissipata nel quadro, in [W] termici;
Pdp = potenza dissipata dal singolo dispositivo di protezione e manovra
dichiarata dal costruttore, in [W] termici, tenendo conto dei fattori
di utilizzo (Ke,) e di contemporaneità (K);

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

0,2 = valore che tiene conto della potenza dissipata dai collegamenti, relè,
timer ecc.;
Pau = potenza dissipata di altri componenti installati nel quadro dichiarata
dal costruttore ed espressa in [W] termici, con valore di potenza si-
gnificativa rispetto a Pdp;
Pel = potenza dissipata dai dispositivi elettronici dichiarata dal costruttore
ed espressa in [W] termici, tenendo conto del fattore di contempora-
neità (K) per i dispositivi multicanale;
Pinv = potenza dissipabile dall’involucro, in [W] termici, dichiarata dal co-
struttore dell’involucro.
Nelle Figure 4.5-4.6 e nelle Tabelle 4.4-4.5 vengono riportati alcuni esempi
di calcolo del limite di sovratemperatura.

Figura 4.5 - Verifica della sovratemperatura di un quadro con K = 0,7 (fonte: Elektro)

Tabella 4.4 - Calcolo per la verifica della sovratemperatura con Ku = 1 (fonte: Elektro)

Potenza dissipata dai dispositivi del quadro


Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]
1 5 3 15 0,85 12,75
2 2,5 2 5 1 5
3 2,5 3 7,5 1 7,5
4 3 2 6 1 6
5 2,5 3 7,5 1 7,5
Pdp-tot = 12,75 + 5 + 7,5 + 6 + 7,5 = 38,75 [W]
Pau = 0
Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 18,91 + 0,2 * 18,91 + 0 = 46,5 [W]
Pinv = 55 [W] fornita dal costruttore - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 4.6 - Verifica della sovratemperatura determinando i valori di Ke e K = 1


(fonte: Elektro)

Tabella 4.5 - Calcolo per la verifica della sovratemperatura con carichi noti
(fonte: Elektro)

Potenza dissipata dai dispositivi del quadro


Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]
1 10 3 30 0,55 9,07
2 2,5 1 2,5 0,6 0,90
3 2,5 3 7,5 0,8 4,80
4 3 2 6 0,7 2,94
5 2,5 3 7,5 0,4 1,20
Pdp-tot = 9,07 + 0,90 + 4,80 + 2,94 + 1,20 = 18,91 [W]
Pau = 0
Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 18,91 + 0,2 * 18,91 + 0 = 22,69 [W]
Pinv = 45 [W] fornita dal costruttore - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

4.1.6 Dichiarazione di conformità del quadro elettrico

In Figura 4.7 riproduciamo un esempio di dichiarazione di conformità di un


quadro elettrico alla regola dell’arte.

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ ALLA REGOLA DELL’ARTE


(Facsimile da riportare su carta intestata)

Il prodotto: QUADRO DI DISTRIBUZIONE ………………………………………..


(Tipo o altro mezzo di identificazione)

Dati principali: Tensione nominale: ……….


Corrente nominale del quadro (Inq): ……….
Grado di protezione: IP ……….
……………………………………………………………………………..
……………………………………………………………………………..

è conforme alla Norma:


“Norma CEI 23-51: Prescrizioni per la realizzazione, la verifica e le prove dei quadri di
distribuzione per installazioni fisse per uso domestico e similare.”

Luogo ……………………….. Data ………………………..

Denominazione sociale
(Firma del Legale Rappresentante)

Figura 4.7 - Fac-simile di modello di dichiarazione di conformità


alla regola dell’arte

4.1.7 Schema unifilare dei circuiti del quadro

In Figura 4.8 riproduciamo uno schema unifilare dei circuiti del quadro di di-
stribuzione.

__________
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Figura 4.8 - Schema unifilare dei circuiti del quadro 

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Capitolo 4 - Il quadro elettrico

Figura 4.8 (segue) 

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5
FONDAMENTI DI ILLUMINOTECNICA

La norma UNI EN 12646-1 “Luce ed illuminazione - Illuminazione nei luoghi


di lavoro all’interno” sostituisce la precedente norma UNI 10380, avente
anch’essa come tema i requisiti illuminotecnici per i posti di lavoro da interno.
Nella norma UNI EN 12646-1 vengono analizzate le esigenze di comfort vi-
sivo, dando indicazioni sui livelli minimi di illuminamento, uniformità e grado
massimo di abbagliamento necessari alle diverse prestazioni visive, incluse
quelle che comportano l’utilizzo di videoterminali.
Negli ultimi anni, l’aspetto ergonomico delle postazioni di lavoro ha avuto un
grande impulso e, anche negli impianti elettrici, la sensibilità verso una mi-
gliore illuminazione è notevolmente aumentata garantendo al personale di
operare in condizioni ottimali.
La trattazione che segue cerca di fornire al lettore una sorta di linea guida per
indirizzare la scelta verso quei prodotti che maggiormente soddisfino i requi-
siti illuminotecnici necessari per una determinata applicazione. È solamente
un’introduzione all’interessante, ma complesso, mondo illuminotecnico, uno
spunto per invitare tutti coloro che sono interessati ad approfondire gli argo-
menti qui riportati.

5.1 GRANDEZZE FOTOMETRICHE FONDAMENTALI

Per misurare la luce si utilizzano alcune grandezze fondamentali che sono:


- il flusso luminoso;
- l’intensità luminosa;
- l’illuminamento;
- la luminanza.

5.1.1 Il flusso luminoso

Si definisce “flusso luminoso” la misura della potenza luminosa, cioè la quan-


tità di luce emessa da una certa sorgente di illuminazione nell’unità di tempo.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

Anche se la misura della potenza normalmente si esprime in [W], nel caso


della luce si usa il lumen [lm] che viene indicato con il simbolo (Φ), corri-
spondente a 1/680 [W].

Figura 5.1 - Rappresentazione del flusso luminoso (Φ)

Il problema della conversione dei lumen in watt è molto complesso, in quanto


l’occhio umano percepisce le radiazioni di lunghezza d’onda diversa da 577
[nm] con minore sensibilità (vedi paragrafo 5.3 su qualità della luce artificiale).
All’aumentare e al diminuire della lunghezza d’onda, la sensibilità diminuisce
fino ad annullarsi. Ad esempio, se consideriamo una sorgente luminosa che ge-
nera 10 [W] di radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda pari a 577 [nm]
(luce gialla pura) con fattore di visibilità pari ad 1, il flusso luminoso emesso è
pari a 6.800 [lm]; se invece genera 10 [W] di radiazione verde, il cui fattore di
visibilità è circa 0,65, emette un flusso pari a 6.800 * 0,65 = 4.420 [lm].
Se la lunghezza d’onda è maggiore di 760 [nm] (infrarosso) o minore di 380
[nm] (ultravioletto) qualsiasi sia la potenza elettrica, il flusso luminoso sarà
sempre nullo.
Un’estensione del concetto di flusso luminoso è la nozione di efficienza lumi-
nosa (orientamento luminoso) data dal rapporto tra il flusso luminoso e la po-
tenza elettrica assorbita [lm/W]: � = . È questo parametro a dare la misura
dell’economicità del corpo illuminante per cui tramite questo numero pos-
siamo valutare il risparmio energetico che un determinato apparato può otte-
nere nei confronti di un altro.

Tabella 5.1 - Flusso luminoso tra differenti sorgenti luminose

Lampadina
Lampadina Lampadina Lampadina Flusso
a risparmio
classica alogena a LED luminoso
energetico
25 [W] 25 [W] 5 [W] 3 [W] 210 - 204 [lm]
40 [W] 40 [W] 9 [W] 5 [W] 400 - 450 [lm]
60 [W] 60 [W] 13 [W] 9 [W] 700 - 740 [lm]
100 [W] 100 [W] 22 [W] 15 [W] 1.300 - 1.500 [lm]

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5.1.2 L’intensità luminosa

Si definisce “intensità luminosa” la potenza luminosa dei raggi emessi in una


determinata direzione dalla sorgente; in altre parole l’intensità luminosa è la
quantità di luce emessa in una certa direzione. Essa dipende in buona parte
dagli elementi che guidano la luce, come ad esempio i riflettori oppure si
chiama curva fotometrica il grafico che rappresenta l’intensità luminosa.

Figura 5.2 - Rappresentazione dell’intensità luminosa (I)

L’intensità luminosa, il cui simbolo è rappresentato dalla lettera (I), può essere
definita come il rapporto infinitesimale tra il flusso luminoso e l’angolo nel
quale viene emesso, ovvero:


�= [cd]

Immaginiamo una sorgente sferiforme, per esempio un globo opalino (vedi


Fig. 5.2), che diffonde uniformemente la luce nell’intero angolo solido di
12,56 sterad1. Se il flusso luminoso totale (Φ) è, per esempio di 1.500 [lm],
in ogni direzione si avrà un’intensità luminosa di:

.500
�= = 9, 2 [cd]
2,5

Il concetto di intensità luminosa è alla base di tutto il calcolo illuminotecnico


fondato su elementi fisicamente definiti, detto “calcolo punto per punto”. È
importante, perciò, approfondire tale concetto estendendolo a sorgenti dire-
zionali. Per chiarire con un esempio, si supponga di montare una lampada da
1.500 [lm] in un diffusore a coppa profonda che sia in grado di indirizzare
tutto il flusso, in modo uniforme, verso il basso con un angolo solido di 5
sterad come in Figura 5.3.
 
1
Angolo tridimensionale misurato in steradianti.

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Figura 5.3 - Intensità luminosa (I) con angolo Ω = 5 [sterad]

Trascurando le attenuazioni di riflessione e le perdite del diffusore, il flusso


di 1.500 [lm] viene diviso non più per 12,56 ma solo per 5 sterad dando luogo
a raggi con intensità luminosa pari a 300 [cd] anziché di 119,42 [cd] come nel
caso di Fig. 5.2:

.500
�= = 00 [cd]
5

Questo esempio fa comprendere come, mentre il flusso è una caratteristica


tipica delle sorgenti luminose (lampade), l’intensità è tipica degli apparecchi
di illuminazione.

5.1.3 L’illuminamento

Si definisce “illuminamento” di una superficie o, per meglio dire, di un punto


di una superficie misurata in m2, la quantità di flusso luminoso (Φ) che incide
su una superficie. Per cui l’illuminamento (E) è dato da:


�= [lx]

Si deve considerare solo il flusso incidente, che colpisce cioè la superficie


perpendicolarmente. Se il raggio luminoso non è perpendicolare alla superfi-
cie il rapporto va moltiplicato per il coseno dell’angolo di incidenza rispetto
alla verticale.

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Figura 5.4 - Rappresentazione dell’illuminamento (E)

Ad esempio, se su una superficie di 0,5 [m2] incide il flusso di 100 [lm] si avrà
un illuminamento pari a:

00
�= = 200 [lx]
0,5

5.1.4 La luminanza

Le grandezze fotometriche analizzate fino a questo momento sono delle gran-


dezze oggettive, che si riferiscono a superfici, spazi e punti dell’ambiente.
Se ci mettiamo di mezzo invece l’occhio umano, gli effetti del flusso lumi-
noso, dell’intensità luminosa e dell’illuminamento possono essere capiti me-
glio introducendo il concetto di “luminanza”.
Si definisce quindi luminanza di un corpo dal quale l’occhio riceve la luce il
rapporto tra l’intensità luminosa [cd] del raggio che colpisce la retina e la su-
perficie [m2] emittente.


�= [cd/m ]

La luminanza è l’unica grandezza fotometrica percepita dagli occhi. La lumi-


nanza (L) si misura in nit [nt] ed equivale a candele al metro quadro [cd/m2].

Figura 5.5 - Rappresentazione della luminanza (L)

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Il concetto espresso vale ovviamente per superfici emittenti uniformi come,


ad esempio, un globo o una lampada opalina. In generale il concetto di lumi-
nanza non si deve introdurre per un corpo ma bensì per un punto del corpo
stesso.
Si dice “luminanza diretta” quando è riferita ad una sorgente o ad un apparec-
chio di illuminazione oppure si dice “luminanza indiretta” quando si parla di
un oggetto illuminato.
La luminanza diretta è molto importante perché coinvolge fenomeni di abba-
gliamento che devono essere limitati. Si dice “luminanza riflessa” quando
coinvolge fenomeni di percezione visiva che risultano essere tanto più elevati
quanto più è elevato il contrasto, come avviene ad esempio per una scritta nera
su un foglio bianco. È capitato a tutti di avere osservato che i fari delle auto-
mobili abbagliano di notte ma non di giorno. Non è perciò possibile definire
dei valori assoluti di luminanza in relazione al fenomeno dell’abbagliamento
sopportabile.
Dalle indicatrici fotometriche si può ricavare facilmente la corrispondente
curva polare di luminanza.
All’atto pratico i valori di luminanza interessano solo gli angoli di vista più
usuali che vanno da 85° a 45°, pertanto il diagramma è di tipo cartesiano in-
vece che polare.
Se l’intensità luminosa è costante e il corpo luminoso ha forma di globo, anche
la luminanza è costante.

Figura 5.6 - Curva di luminanza di un apparecchio di illuminazione

La lettura del diagramma di luminanza è immediata: guardando la Figura 5.6


con un angolo di vista α inferiore di 65° si ha una luminanza di 4.000
[cd]/[m2], mentre con un angolo di 85° la luminanza diminuisce a circa 2.000
[cd]/[m2] ecc.

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Parte prima - Nozioni generali

Nella pratica progettuale la curva di luminanza ha solo un interesse qualitativo


perché viene confrontata con le curve standard che definiscono i gradi di ab-
bagliamento tollerati nei diversi casi.
Per comodità del lettore si riporta in Figura 5.7 lo schema a blocchi delle gran-
dezze fotometriche finora viste.

Figura 5.7 - Le grandezze fotometriche

5.2 L’ABBAGLIAMENTO

Il fenomeno dell’abbagliamento è causato dal disadattamento dell’occhio


umano quando deve percepire, in rapida successione, visioni con forti contra-
sti di luminanza.
La norma EN 12464 al punto 4.4 definisce l’abbagliamento come: “la sensa-
zione visiva prodotta da superfici di elevata luminanza all’interno del campo
visivo e può essere percepito come abbagliamento molesto o debilitante. L’ab-
bagliamento prodotto dalle riflessioni di aree speculari è abitualmente cono-
sciuto come riflessione velante o abbagliamento riflesso. È importante limi-
tare l’abbagliamento per evitare errori, affaticamento ed incidenti. In luoghi
di lavoro interni, l’abbagliamento molesto può essere prodotto dagli appa-
recchi d’illuminazione o dalle finestre. Se i limiti dell’abbagliamento molesto
sono soddisfatti, l’abbagliamento debilitante non è abitualmente un problema
importante”.

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Figura 5.8 - Abbagliamento diretto (in alto) e abbagliamento indiretto (in basso)

5.2.1 Abbagliamento molesto

L’abbagliamento molesto, direttamente prodotto dagli apparecchi di un im-


pianto d’illuminazione di interni, deve essere valutato utilizzando il metodo
tabellare CIE 117 dell’indice unificato dell’abbagliamento UGR (Unified
Glare Rating), basato sulla formula:

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0,25 ⍵�
UGR = 8 log
� �

dove:
Lb è la luminanza dello sfondo, in [cd/m2] calcolata con Eind/π (dove Eind
è l’illuminamento verticale indiretto al livello dell’occhio dell’osser-
vatore);
L è la luminanza [cd/m2] delle parti luminose di ogni apparecchio nella
direzione dell’osservatore;
⍵ è l’angolo solido, in steradianti, delle parti luminose di ogni apparec-
chio nella direzione dell’osservatore;
p è l’indice di posizione di Guth per ogni singolo apparecchio che è fun-
zione dello scostamento angolare rispetto all’asse visuale.

Tutte le ipotesi necessarie che vengono fatte per la determinazione dell’UGR


devono essere inserite nella documentazione del progetto. Il valore di UGR
dell’impianto d’illuminazione non deve superare il valore riportato nella ta-
bella della norma EN 124642. Di seguito si indicano alcuni di questi valori
limite di UGR:
≤ 16 disegni tecnici;
≤ 19 lettura, scrittura, scuole, riunioni, lavoro al computer;
≤ 22 industria e artigianato;
≤ 25 lavori industriali grezzi;
≤ 28 binari ferroviari, capannoni.
Le tabelle UGR di ogni apparecchio si trovano nella rispettiva scheda tecnica
dei dati fotometrici:
a) scelta prodotto;
b) fotometria;
c) scelta layout.

 
2
Le variazioni di UGR per differenti posizioni dell’osservatore nel locale possono essere calcolate
impiegando la formula (oppure usando la tabella completa). I valori limite per questa condizione
sono allo studio.
Se il valore UGR massimo in un locale è superiore al limite di UGR dato nel paragrafo 5 della
presente norma, è necessario dare informazioni sulle posizioni appropriate dei posti di lavoro.
L’abbagliamento molesto prodotto dalle finestre è ancora oggetto di ricerca. Nessun metodo di
valutazione valido è attualmente disponibile.

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Figura 5.9 - Valori di UGR 

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5.3 QUALITÀ DELLA LUCE ARTIFICIALE

5.3.1 Il colore

Per ogni lunghezza d’onda compresa nella gamma delle radiazioni elettroma-
gnetiche visibili, corrisponde da parte dell’occhio umano la percezione di un
colore variabile che va dal rosso (700 [nm]) al blu-violetto (435 [nm]), pas-
sando per il giallo (570 [nm]).
I colori puri, cioè formati da una radiazione perfettamente sinusoidale, sono
solo teorici, in realtà l’occhio percepisce i colori come la somma delle radia-
zioni monocromatiche.
Questo fenomeno è spiegato dalla teoria tricromatica, utilizzata ad esempio
nella TV a colori, secondo la quale ogni colore può essere ottenuto dalla
somma di tre flussi monocromatici. Così, ad esempio, il bianco (che non esiste
come colore primario) si ottiene dosando opportunamente il giallo, il rosso e
il verde.
Il colore della luce solare è il bianco al quale tende la luce artificiale. Se una
sorgente luminosa non è in grado di produrre opportune lunghezze d’onda in
determinate dosi, i colori degli oggetti illuminati risultano falsati.

5.3.2 Tonalità del colore

Anche se l’occhio umano percepisce la luce artificiale prodotta dalle lampade


elettriche come bianca, questa non sarebbe mai perfettamente bianca poiché
la sua capacità di adattamento è altissima. Si parla di luce calda quando tende
al rosso oppure di luce fredda quando tende al blu.
Per definire la tonalità della luce si usa il metodo della temperatura colore
misurata in gradi Kelvin [K]3; infatti se portiamo ad incandescenza un corpo
nero, cioè una sostanza teorica perfettamente incolore allo zero assoluto, la
luce prodotta con l’aumentare della temperatura passa dalla tonalità calda (si-
mile a quella del sole al tramonto) a quella fredda (sole all’alba).
La tonalità è stata normalizzata in tre gruppi secondo le siglature riportate in
Tabella 5.2.

 
3
I gradi Kelvin sono gradi centigradi assoluti, partono, cioè, dallo zero assoluto (-273 [°C])

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Tabella 5.2 - Tonalità di colore e temperatura [K]

Temperatura di colore Aspetto Associazione


WW (calda) <3.300 [K] rossiccio caldo
NW (neutra) 3.300-5.300 [K] bianco neutro
TW (fredda) >5.300 [K] azzurro freddo

Nell’ambito delle tonalità comprese fra 3.000 [K] e 6.000 [K] i colori si per-
cepiscono correttamente, cosicché la scelta nei riguardi di una tonalità piutto-
sto che di un’altra dipende dai propri gusti. Per l’illuminazione di ambienti di
lavoro, ad esempio, si preferiscono toni più freddi, mentre per gli ambienti
abitativi si preferiscono toni più caldi.

5.3.3 Resa cromatica

La resa cromatica è la capacità di una lampada di riprodurre in modo naturale


i colori degli oggetti illuminati. Il colore degli oggetti dipende dalla luce ri-
flessa: per cui un oggetto appare blu perché assorbe tutte le radiazioni e riflette
solo le combinazioni monocromatiche che danno per somma il colore blu.
Per il risultato visivo e per la sensazione di comfort e benessere è importante
che nell’ambiente i colori degli oggetti e della pelle umana siano resi in modo
naturale, corretto e che facciano apparire le persone attraenti e in buona salute.
Per esempio, i colori relativi ai segnali di sicurezza dovranno essere sempre
riconoscibili come tali (vedi anche ISO 3864).
Senza complicare la trattazione, è abbastanza intuibile che un oggetto non è
in grado di riflettere una radiazione che non riceve. Pertanto la resa cromatica
è perfetta soltanto se sono presenti nella luce artificiale le stesse quantità di
radiazioni della luce solare. Questa condizione ottimale non è evidentemente
raggiungibile.
Per fornire un’indicazione obiettiva delle proprietà della resa dei colori di una
sorgente luminosa è stato introdotto l’indice generale di resa dei colori Ra. Il
massimo valore di Ra è pari a 100; questo numero diminuisce al diminuire
della qualità della resa dei colori. Le lampade con un indice di resa dei colori
inferiore a 80 non dovrebbero essere usate in ambienti interni dove le persone
lavorano o permangono per lunghi periodi. Eccezioni possono riguardare al-
cuni luoghi e/o attività (come, ad esempio, l’illuminazione di locali molto alti),
però devono essere prese idonee misure per assicurare un’illuminazione con
una resa dei colori più elevata per quelle postazioni fisse continuamente

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Parte prima - Nozioni generali

occupate e dove i colori relativi ai segnali di sicurezza devono essere ricono-


sciuti.
Anche la resa dei colori è stata normalizzata dalla CIE per gruppi, come indi-
cato nella Tabella 5.3.

Tabella 5.3 - Indice di resa cromatica

Sigla di gruppo
Indice Ra Qualità resa Impiego tipico
CIE
Ambienti dove lʼapprezzamento
100-90 1° Ottima
del colore è importante
Ambienti ordinari di soggiorno o
89-80 1B Buona
lavoro
79-60 2 Discreta Ambienti non impegnativi
59-40 3 Sufficiente Luoghi di transito
Ambienti dove la presenza è
39-20 4 Accettabile
saltuaria
< 20 Non classificato Inaccettabile -

5.4 LE SORGENTI LUMINOSE

A lungo l’uomo ha dovuto dipendere esclusivamente dalla luce naturale del


sole. La storia dello sfruttamento della luce inizia 500.000 anni fa, con la sco-
perta del fuoco. Da quel momento si è cominciato a disporre non solo di calore
ma anche di una luce artificiale che allungava la durata del giorno.
Per secoli e secoli la luce artificiale è stata prodotta bruciando legna, grasso e
olio. Solo l’industrializzazione ha portato davvero cambiamenti rivoluzionari:
prima l’alimentazione a gas poi il petrolio ed infine la corrente elettrica si sono
imposte come sistemi di produzione dell’energia e della luce.
La luce elettrica fa parte della nostra quotidianità da oltre 130 anni. Senza di
essa la nostra vita moderna sarebbe impensabile. La società di oggi vive la
maggior parte delle 24 ore trascorrendole in ambienti chiusi, quindi da illumi-
nare; in più illuminiamo anche gli esterni, vuoi per ragioni di traffico o vuoi
per effetti decorativi. Insomma, la necessità di avere luce artificiale è univer-
sale ed anche i requisiti che deve possedere non sono da poco: ci serve luce
ovunque e in qualsiasi momento, di ottima qualità a un costo accettabile, fa-
cendo anche attenzione alle risorse ambientali.
Le principali sorgenti luminose utilizzate all’interno di apparecchiature illu-
minanti possono essere raggruppate nelle seguenti categorie:

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

- lampade fluorescenti tubolari;


- lampade fluorescenti compatte;
- lampade a scarica;
- lampade alogene;
- illuminazione a stato solido (LED).
La prima tipologia di lampadina elettrica prodotta è stata sicuramente la lam-
pada ad incandescenza, composta da un filamento di tungsteno che si illumina
appena viene scaldato quando è attraversato dal passaggio dell’energia elet-
trica. La lampada ad incandescenza possiede un colore di luce detto caldo, con
spettro simile all’arancione, corrispondente a 2.700 [K].
Questa tipologia di lampada possiede una bassissima efficienza luminosa, se
si pensa che solamente il 5% dell’energia elettrica viene trasformata in luce,
mentre il restante 95% viene utilizzata per la produzione di calore. Per questo
motivo si surriscalda eccessivamente e richiede tantissima potenza per poter
illuminare stanze di medie dimensioni.
A partire dal 01.09.2009 non sono state più commercializzate le lampade da
100 [W], a partire dal 01.09.2010 è stata la volta delle lampade da 75 [W] a
cui hanno fatto seguito dal 01.09.2011 le lampade da 60 [W]. Dal 01.09.2012
sono poi uscite dal commercio le lampade da 40 e 25 [W].
Dal 2012, quindi, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno messo al bando
questo tipo di illuminazione per sostituirla con altre forme e sistemi più avan-
zati.

5.4.1 Lampade fluorescenti tubolari

Una lampada fluorescente tubolare è costituita da un tubo in vetro rivestito


internamente di sostanze fluorescenti con due terminali formati da catodi di
tungsteno ricoperti da ossidi speciali (calcio, bario, stronzio) che producono,
quando alimentati, l’emissione di elettroni. Si distinguono:
- a catodo preriscaldato (o caldo);
- a catodo freddo.
Nelle lampade a catodo preriscaldato gli elettrodi sono realizzati con un fila-
mento di tungsteno che vengono riscaldati dal passaggio della corrente.
Nelle lampade a catodo freddo l’innesco avviene tramite una tensione mag-
giorata applicata alla lampada attraverso speciali alimentatori. Il tubo è riem-
pito da mercurio e gas inerte (argon o krypton) a bassissima pressione. Dando
tensione alla lampada, gli elettrodi emessi dagli ossidi di rivestimento dei fi-
lamenti si mettono in movimento entro il tubo. In un brevissimo arco di tempo

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Parte prima - Nozioni generali

avviene una scarica di intensità elevata che si tradurrebbe in cortocircuito se


non vi fossero delle impedenze limitatrici. Queste impedenze sono rappresen-
tate dagli alimentatori che possono essere a loro volta di due tipi:
- reattanze;
- alimentatori elettronici.
Le reattanze sono tradizionali circuiti avvolti su ferro, mentre gli alimentatori
elettronici sono dei particolari circuiti costituiti da elementi allo stato solido.
Il problema di tutte le lampade a scarica è la caratteristica non lineare dell’arco
elettrico: la tensione applicata agli elettrodi deve essere massima al momento
dell’innesco e poi ridotta a pochi Volt una volta che la scarica sia stata inne-
scata.
A questo provvede l’alimentatore che, nelle lampade a catodo caldo è costi-
tuito da una semplice reattanza e da uno speciale interruttore termico chiamato
starter.
Recentemente sono state introdotte polveri trifosforo che hanno portato ad una
resa cromatica Ra 86 e polveri multifosforo con Ra fino a 95. La temperatura
di colore ottenibile abbraccia una gamma molto vasta che va da 3.000 [K] a
7.500 [K].

Figura 5.10 - Lampada fluorescente tubolare

Il punto di forza delle lampade fluorescenti tubolari è costituito dall’elevata


efficienza che da un minimo di 50 [lm/W] può raggiungere i 90 [lm/W] con
polveri trifosforo. Questo significa quindi che il consumo, a parità di flusso
prodotto, si è ridotto del 15-20% rispetto alle vecchie lampade a incande-
scenza. Inoltre, per applicazioni antideflagranti i tubi fluorescenti presentano

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

il vantaggio della bassissima temperatura sul vetro, che li rende utilizzabili


negli ambienti con presenza di gas a basse temperature di innesco.
I vantaggi nell’utilizzo di questo tipo di sorgente luminosa sono:
a) efficienza luminosa elevata o anche estrema (soprattutto le T16 HE):
b) resa cromatica da buona a ottima;
c) lunga durata;
d) vasta scelta di modelli;
e) dimmerabili;
f) utilizzo economico nell’illuminazione di grandi superfici.
Al contrario il difetto elettricamente più rilevante è il basso fattore di potenza
che hanno le lampade alimentate con reattori tradizionali, questo a causa delle
correnti di picco capacitive. Questo difetto, però, può essere eliminato utiliz-
zando reattori elettronici.
Le lampade fluorescenti tubolari sono disponibili in tre diametri standard, ri-
spettivamente: 38 [mm] (T12), 26 [mm] (T8) e 16 [mm] (T5).

Nella Tabella 5.4 sono riportate le lampade fluorescenti tubolari più comuni.

Tabella 5.4 - Tipologie più diffuse e dati tecnici di lampade fluorescenti tubolari

Potenza nominale [W] 8 15 18 36 58


Tipo di attacco G5 G13 G13 G13 G13
Flusso luminoso [lm] 350 870 1.350 3.350 5.200
Efficienza [lm/W] 43,7 58 75 93 89,6

5.4.2 Lampade fluorescenti tubolari compatte

Le lampade fluorescenti compatte sono simili alle lampade tubolari fluore-


scenti a catodo caldo. L’ingresso sul mercato di questa tipologia di sorgenti
luminose ha consentito ai fabbricanti di apparecchi di illuminazione la realiz-
zazione di plafoniere non più secondo la classica forma allungata derivante
dalla lunghezza del tubo a neon ma in nuove forme più attente all’architettura
degli interni. Tali forme si ottengono piegando a forma di U il tubo fluore-
scente. La piega può essere a singola o doppia U e, talvolta, anche quadrupla.
L’alimentatore viene incorporato nella base della lampada.
Esistono in commercio lampade con alimentatore integrato che hanno l’at-
tacco E27 e risultano in tal modo intercambiabili con le normali lampade a
incandescenza. Esistono anche altre tipologie di lampade con alimentatori non
integrati che sono disponibili con attacco bispina e starter incorporato o

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

quadrispina con starter e reattori esterni (Figura 5.11). Vengono utilizzati tubi
di piccolo diametro ricoperti internamente da polveri fluorescenti ad alta resa
di colore (trifosfori) con elevate prestazioni illuminotecniche. La resa croma-
tica solitamente è Ra 85 e la temperatura di colore varia da 2.700 a 6.000 [K].
Il punto di forza di queste lampade, come visto in precedenza, è la possibilità
di essere impiegate al posto delle vecchie lampade a incandescenza fuori pro-
duzione, senza sostanzialmente modificare l’armatura che le contiene, con in-
dubbi vantaggi in termini economici in quanto, pur avendo un costo iniziale
dieci volte maggiore rispetto alle lampade a incandescenza, si ottiene un ri-
torno economico in termini di risparmio energetico e di durata di 15 volte su-
periore, risparmiando inoltre sui costi di manutenzione. Ricapitolando, i van-
taggi nell’utilizzo di questi tipi di sorgente luminosa sono:
- dimensioni compatte;
- elevata efficienza luminosa;
- ottima resa cromatica;
- vasta scelta di modelli;
- dimmerabili;
- utilizzo economico in ambienti commerciali o rappresentativi.
Nella Tabella 5.5 sono riportate le lampade fluorescenti compatte più diffuse.

Tabella 5.5 - Tipologie più diffuse e dati tecnici di lampade fluorescenti compatte

Potenza nominale [W] 5 7 11 15 20 23 25


Tipo di attacco E14 E14 E14 E27 E27 E27 E27
Flusso luminoso [lm] 200 400 600 900 1.200 1.500 1.500
Efficienza [lm/W] 40 57,1 54,5 60 60 65,2 60

Figura 5.11 - Lampade fluorescenti compatte

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

5.4.3 Lampade a scarica

Le lampade a scarica sono utilizzate in ambienti industriali molto vasti (illu-


minazione stradale, aree esterne in genere, capannoni) dove l’efficienza è prio-
ritaria rispetto alla tonalità e alla resa di colore. Sono costituite da un’ampolla
in quarzo, detta tubo di scarica o bruciatore, entro la quale sono racchiusi gli
elettrodi, il gas inerte e il vapore attivante.
L’ampolla esternamente è custodita da un bulbo di vetro che serve a proteg-
gere da eventuali contatti con il bruciatore, che ha una temperatura elevatis-
sima e può causare pericolose scottature. Il bulbo, inoltre, è necessario per
proteggere il bruciatore dalle polveri e per filtrare i raggi ultravioletti. Sulla
superficie interna del bulbo vengono depositate sostanze fluorescenti per con-
vertire le radiazioni ultraviolette in luce visibile, esattamente come avviene
per i tubi fluorescenti.
Il principio di funzionamento delle lampade a scarica è uguale a quello delle
lampade fluorescenti con la differenza che la scarica ha una durata molto più
breve e sono necessari degli starter particolari per l’accensione. I principali
tipi di lampade a scarica sono i seguenti.
A vapori di mercurio: la scarica avviene in atmosfera di argon con vapori di
mercurio. Le loro caratteristiche sono:
- efficienza luminosa 40-55 [lm]/[W];
- temperatura di colore 3.000-4.000 [K];
- resa cromatica Ra 40-45;
- vita media 10.000-15.000 ore.

1) Molla di sostegno;
2) Bulbo esterno in vetro;
3) Rivestimento interno con polveri
di fosforo;
4) Filo conduttore/supporto;
5) Tubo di scarica in quarzo;
6) Elettrodo ausiliario;
7)  Elettrodo principale;
8) Resistore d’innesco;
9) Attacco a vite. 

Figura 5.12 - Lampada a vapori di mercurio ad alta pressione

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Parte prima - Nozioni generali

Nella Tabella 5.6 sono indicati i più diffusi tipi di lampade a vapori di mercu-
rio.

Tabella 5.6 - Tipologie più diffuse e dati tecnici di lampade a vapori di mercurio

Potenza nominale [W] 50 80 125 250 400


Tipo di attacco E27 E27 E27 E40 E40
Flusso luminoso [lm] 1.800 3.700 6.300 13.000 22.000
Efficienza [lm/W] 36 46 50 52 55

A vapori di sodio a bassa pressione: la scarica avviene in atmosfera di neon e


vapori di sodio entro un tubo piegato a U. Le loro caratteristiche sono:
- efficienza luminosa 200 [lm]/[W];
- temperatura di colore 1.800 [K];
- resa cromatica Ra 10 (luce gialla);
- vita media 16.000 ore.
Sono lampade che presentano la più elevata efficienza luminosa ma una peg-
gior resa cromatica e richiedono 10-15 minuti per andare a regime.
Si impiegano quasi unicamente per l’illuminazione stradale o di grandi aree
che non necessitano qualità cromatica (sostituite da lampade a LED).

A vapori di sodio ad alta pressione (SAP): costituiscono una variante delle


lampade a bassa pressione con lo scopo di migliorare la resa cromatica a spese
dell’efficienza luminosa. Il tubo di scarica è costituito da ossido di alluminio
sinterizzato contenente una miscela di gas rari (xenon e argon oppure neon e
argon). Tra il bulbo di scarica e il bulbo esterno è fatto il vuoto. Le loro carat-
teristiche sono:
- efficienza luminosa 80-130 [lm]/[W];
- temperatura di colore 2.000-2.500 [K];
- resa cromatica Ra 20-30;
- vita media 15.000-20.000 ore.
I vantaggi nell’utilizzo di questo tipo di sorgente luminosa sono:
a) efficienza luminosa elevata e lunga durata;
b) resa cromatica mediocre o insoddisfacente;
c) colorazione giallastra;
d) dimmerabili a stadi;
e) utilizzo nei capannoni industriali, illuminazione stradale;
f) proiezioni all’esterno.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

1) Molla di sostegno;
2) Bulbo esterno in vetro;
3) Rivestimento interno con polveri
di fosforo;
4) Filo conduttore/supporto;
5) Tubo di scarica in quarzo;
6) Elettrodo ausiliario;
7)  Elettrodo principale;
8) Resistore d’innesco;
9) Attacco a vite. 

Figura 5.13 - Lampada sodio ad alta pressione

Ad alogenuri: si tratta di lampade a vapori di mercurio con additivi costituiti


da alogenuri di sodio, tallio, indio, scandio, ioduri di disprosio e altri alogenuri
che producono radiazioni di lunghezza d’onda diversa da quella tipica del
mercurio e perciò migliorano la resa cromatica. Le caratteristiche sono:
- efficienza luminosa che può raggiungere 90 [lm]/[W];
- temperatura di colore variabile da 3.000-4.200 [K];
- resa cromatica variabile tra Ra 65 e Ra 90;
- vita media 6.000-8.000 ore.
I vantaggi nell’utilizzo di questi tipi di sorgente luminosa sono:
a) elevata efficienza luminosa;
b) resa cromatica da buona a ottima;
c) colore molto stabile nel caso di bruciatori in ceramica;
d) solitamente non dimmerabili;
e) utilizzo nei capannoni industriali, impianti di wallwashing, negozi.

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Parte prima - Nozioni generali

1) Anello per il mantenimento del


vuoto;
2) Bulbo esterno in vetro;
3) Rivestimento con polveri di fo-
sforo;
4) Tubo di scarica in quarzo;
5) Conduttore/supporto;
6) Filamento;
7) Attacco a vite. 

Figura 5.14 - Lampade ad alogenuri con ampolla diffondente e tubolare trasparente

A luce miscelata: sono lampade a vapori di mercurio che per stabilizzare l’arco
utilizzano un filamento di tungsteno che contribuisce alla produzione del
flusso luminoso riscaldando i toni. Oggigiorno sono usate molto raramente,
sostituite dalle lampade a vapori di mercurio o ad alogenuri. Le caratteristiche
sono:
- efficienza luminosa 20-30 [lm]/[W];
- temperatura di colore 3.500 [K];
- resa cromatica Ra 60;
- vita media 9.000 ore.

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1) Bulbo esterno in vetro;


2) Filamento ad incandescenza;
3) Tubo di scarica in quarzo;
4) Supporto;
5) Elettrodo principale;
6) Rivestimento interno con polveri
di fosforo;
7) Filo conduttore;
8) Attacco a vite. 

Figura 5.15 - Lampada a luce miscelata

5.4.4 Lampade alogene

Le lampade alogene funzionano con lo stesso principio delle lampade ad incan-


descenza. La luce è prodotta per riscaldamento di un filamento di tungsteno so-
stenuto da elettrodi e contenuto in un bulbo. Il gas di riempimento, però, al con-
trario che nelle lampade ad incandescenza, non risulta essere inerte, e contiene
iodio o bromo. Questa presenza permette di far raggiungere al filamento tempe-
rature fino a 3.000-3.500 [°C], senza per questo ridurre la vita della lampada.
Data l’elevatissima temperatura che si viene a creare, il bulbo non è di vetro,
ma di quarzo, ed inoltre le lampade sono normalmente dotate di uno specchio
dicroico che ha la caratteristica di riflettere, grazie ad uno strato di titanio, le
radiazioni visibili, e di lasciar passare quelle infrarosse, senza pertanto far per-
dere le caratteristiche cromatiche e di luminosità alla lampada, e consentendo,
nello stesso tempo, un forte smaltimento del calore prodotto dalla parte poste-
riore della lampada.
Questo tipo di lampada produce una luce fredda, superiore a 3.000 [K].
Le dimensioni ridotte delle lampade alogene permettono la costruzione di ap-
parecchi di illuminazione di piccole dimensioni. Trovano applicazione negli
impianti antideflagranti come lampade di ispezione per i serbatoi. Le princi-
pali caratteristiche sono:

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Parte prima - Nozioni generali

- efficienza luminosa 18-22 [lm]/[W];


- temperatura di colore 3.000 [K];
- resa cromatica Ra 100;
- vita media 2.000-4.000 ore.
Nella Tabella 5.7 sono indicati i più diffusi tipi di lampade alogene.

Tabella 5.7 - Tipologie più diffuse e dati tecnici di lampade alogene

Potenza nominale
20 50 75 100 100 250 300 500
[W]
Tipo di attacco G4 GY6 E14 E27 R7S-15 E27 R7S-15 R7S-15
Flusso luminoso
300 900 1.000 1.400 1.400 4.500 5.100 9.500
[lm]
Efficienza [lm/W] 15 18 13 14 14 18 17 19
Voltage [V] 24 24 230 230 230 230 230 230

5.4.5 LED

Il LED (lighting-emitting diode) è un semiconduttore elettronico che, percorso


da corrente elettrica, emette luce. La lunghezza d’onda della luce dipende dal
materiale del semiconduttore e dalla sua consistenza.
Lo spettro dei LED presenta un importante vantaggio: quello di emettere sol-
tanto luce (vale a dire una radiazione elettromagnetica della lunghezza d’onda
visibile), non però radiazioni infrarosse o ultraviolette. Si distinguono tre tipi
di LED:
- LED standard cablati. Sono quelli più diffusi per le funzioni segnaleti-
che; la loro efficienza luminosa è tuttavia scarsa, non durano a lungo,
tendono a guastarsi e risentono dei raggi ultravioletti, per questi motivi
non trovano facile applicazione nell’illuminotecnica;
- SMD-LED (surface mounted device). Si tratta di LED saldati sulla su-
perficie della scheda elettronica (in forni Reflow); essenzialmente sono
composti da un chip chiuso in uno strato protettivo di silicone e fissato
su una piastrina provvista di contatti;
- CoB-LED (chip on board). In questo caso il chip LED è montato diret-
tamente sulla piastra; questa tecnologia permette di realizzare piastre
con chip molto ravvicinati.
In molte aree applicative i moderni LED sono diventati una importante alter-
nativa alle lampade convenzionali. I supercompatti semiconduttori optoelet-
tronici possono infatti sostituire le lampade in molte applicazioni esistenti.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

Sono molte e forti le ragioni che portano l’utilizzo crescente dei LED in ogni
tipo di illuminazione e display. Rispetto alle sorgenti di luce convenzionali
questi dispositivi luminosi offrono molti vantaggi:
a) alto rendimento luminoso [lm]/[W];
b) lunga durata;
c) ampio spettro di luce bianca (da calda a fredda);
d) ossia senza UV e IR;
e) dimensioni molto compatte;
f) resa cromatica buona o anche ottima (Ra);
g) flusso luminoso e ciclo di vita strettamente legati alla temperatura (au-
mentano con il diminuire della temperatura);
h) nessun materiale problematico per l’ambiente (come ad es. il mercurio);
i) sono resistenti a urti e vibrazioni;
j) colori saturi;
k) accensione istantanea, ossia 100 % del flusso luminoso al momento
stesso;
l) non ci sono tempi di accensione, riscaldamento o raffreddamento;
m) dimming digitale preciso;
n) il dimming non comporta alterazioni di tonalità.

Figura 5.16 - Lampada a LED

Ovviamente, come tutte le innovazioni, anche in questo caso non è tutto oro
ciò che luccica. Nella progettazione di apparecchiature di illuminazione con
l’utilizzo di diodi LED, è necessario tenere in considerazione alcuni fattori
importanti per prevenire rischi connessi nell’uso della stessa apparecchiatura.
Le principali problematiche sono le seguenti:

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Parte prima - Nozioni generali

a) I LED scaldano. La luce emessa risulta essere fredda e gli oggetti illu-
minati non vengono esposti al calore. La sorgente luminosa a LED è,
quindi, ideale per illuminare oggetti sensibili. Gli stessi LED, però, si
surriscaldano durante il processo di produzione della luce. Questo ca-
lore deve essere dissipato perché la sua durata dipende dalla tempera-
tura alla quale viene fatto funzionare. Più è freddo, maggiori sono la
durata e la luminosità dei LED. In rapporto alle altre fonti di illumina-
zione, comunque, la temperatura raggiunta da un qualunque modulo
LED non perviene mai a temperature critiche.
b) I LED consumano energia. Maggiore è il flusso di luce emessa da un
LED, maggiore sarà la corrente necessaria per ottenerla, con successivo
aumento della temperatura e dei consumi, e relativa diminuzione della
vita utile. Un minimo di attenzione è comunque necessario nella scelta
del componente in quanto i LED di alcuni colori, come il rosso, sono
particolarmente efficienti e vengono spesso utilizzati nelle tabelle dei
produttori come mezzo di comparazione.
c) I LED non sono impermeabili. Se utilizzati correttamente, anche l’umi-
dità non è un problema. In realtà non è il LED in sé e per sé ad avere
problemi ma sono le diverse parti in metallo, i connettori e i componenti
elettronici ad essere sensibili in quanto possono corrodersi e causare il
malfunzionamento del modulo. L’acqua, l’umidità e la condensa de-
vono essere tenuti lontani dai suoi componenti. I moduli LED devono
essere protetti dall’influenza dei diversi fattori ambientali al fine di rag-
giungere la loro durata nominale. Sono resistenti, insensibili, a prova di
vibrazione e di urti.
Alla luce di questo esposto fino a questo momento si riporta nella Tabella 5.8
un confronto tra le varie sorgenti luminose.

Tabella 5.8 - Confronto tra le caratteristiche di diverse sorgenti luminose

Effi-
Potenza Vita media
LAMPADE A INCANDESCENZA cienza Ra
[W] [H]
[lm]/[W]
Filamento nel vuoto < 25 9-20 1.000 100
GLS
Filamento gas inerte > 25 9-20 1.000 100
Vetro soffiato 25-1.000 10-20 1.000 100
Reflector
Vetro pressato 25-1.000 10-20 1.000 100
A tensione di rete 25-1.000 20-25 2.000-6.000 100
Alogene
A bassissima tensione 25-1.000 20-25 2.000-6.000 100

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

LAMPADE A SCARICA
A luce miscelata 160-1.000 19-30 7.500 40-75
Ad alta Ad alogenuri 35-70 75-80 6.000 85-90
pressione A vapori di mercurio 50-1.000 30-55 12.000 65
A vapori di sodio 50-1.000 39-120 5.000-12.000 80
A bassa A vapori di mercurio 5-58 50-95 5.000-15.000 70-85
pressione A vapori di sodio 18-180 100-200 10.000 -
LED 0,5-1 40-60 100.000 90

5.4.6 Apparecchi per videoterminali

Nei posti di lavoro dove si utilizzano videoterminali (VDT) bisogna tener


conto del giusto mix tra illuminazione naturale (finestre o altro) e i sistemi di
illuminazione artificiale. Questi ultimi devono essere collocati in relazione
all’attività prevista e in modo tale da evitare riflessi e contrasti fastidiosi. In
particolare andranno osservati i seguenti criteri:
- né davanti né dietro allo schermo video ci devono essere delle finestre,
o fonti di luce artificiale non schermata;
- la direzione dello sguardo dell’operatore davanti allo schermo deve es-
sere parallela alle finestre;
- i VDT devono essere disposti il più lontano possibile dalle finestre;
- tutte le finestre devono avere tende interne orientabili di colore neutro
(ad esempio veneziana);
- l’illuminazione localizzata con lampade da tavolo deve permettere la
regolazione dell’intensità;
- le pareti, i pavimenti, i soffitti e le porte, come il piano di lavoro, devono
essere opachi e di colore chiaro neutro.
L’impianto di illuminazione artificiale deve garantire una illuminazione uni-
forme in tutto l’ambiente ed assicurare una adeguata flessibilità in funzione
delle esigenze del lavoro da svolgere da parte degli occupanti. È necessario,
quindi, che siano presenti diversi corpi illuminanti al soffitto con accensione
distinta. Per evitare abbagliamenti e riflessi fastidiosi sul videoterminale è op-
portuno utilizzare lampade a griglia antiriflesso o comunque schermate. Nel
caso si utilizzino lampade da ufficio ad illuminazione diretta, anche se scher-
mate, tranne nel caso di alcune specifiche tipologie, è bene sempre che esse
vengano montate parallelamente alle finestre e disposte lateralmente rispetto
al piano di lavoro (Figura 5.17) in modo che sul soffitto, in corrispondenza del

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Parte prima - Nozioni generali

monitor, non ci siano luci accese. L’angolo tra la linea dello sguardo dell’ope-
ratore e la lampada al soffitto non deve comunque essere inferiore a 60° (vedi
Figura 5.9)

Figura 5.17 - Ubicazione di posti di lavoro al videoterminale e disposizione


dell’illuminazione nei locali dotati di finestre

Si raccomanda un livello di illuminamento generale conforme a quanto pre-


scritto dalla norma UNI EN 12464-1:2011.
La luce presente nell’ambiente di lavoro dev’essere tale da permettere una
facile lettura del documento da digitare e di riconoscere distintamente i carat-
teri della tastiera. Non deve essere però troppo forte, altrimenti si avrà diffi-
coltà a leggere le informazioni che appaiono sul monitor. Per le persone meno
giovani che hanno bisogno di più luce, è opportuno installare lampade da ta-
volo appropriate.
Se si utilizzano lampade fluorescenti è bene scegliere quelle di colore bianco-
neutro o bianco-caldo, in quanto più confortevoli per la piacevole tonalità con-
ferendo all’ambiente un aspetto più accogliente.
I valori dell’illuminamento dovrebbero essere compresi tra 300 e 500 [lx]. Per
la lettura delle informazioni direttamente dallo schermo bastano 300 [lx]; se
invece occorre leggere un documento da digitare, sono giustificati 500 [lx].

5.4.7 La classificazione delle sorgenti luminose

Si riporta in Figura 5.18 una rappresentazione riepilogativa di tutte le sorgenti


luminose esaminate.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

Figura 5.18 - La classificazione delle sorgenti luminose

5.5 IL PROGETTO ILLUMINOTECNICO

La progettazione di un impianto di illuminazione ha come obiettivo l’identifi-


cazione del tipo, del numero, della potenza e della distribuzione dei corpi illu-
minanti necessari per ottenere sul piano di lavoro un livello di illuminamento
medio idoneo a realizzare condizioni di comfort visuale in funzione delle attività
da svolgersi. È necessario porre quindi attenzione alla scelta delle sorgenti per
ottenere una buona resa dei colori, che è il risultato di una corretta scelta dei
valori dell’illuminamento e della qualità della luce, caratterizzata dalla tempe-
ratura di colore e dalla composizione spettrale della luce emessa. I livelli di il-
luminamento influenzano a loro volta la qualità della percezione visiva.
Lo scopo di un progetto illuminotecnico è quello di riuscire ad illuminare un
campo visivo (visualtask), ossia di mandare in un determinato locale o in un
luogo un flusso luminoso adeguato alle attività che vi si devono svolgere. Que-
sto significa che bisogna definire tutti i fattori che concorrono a fornire l’illu-
minazione artificiale ad un ambiente ed in particolare:
- tipo e potenza delle lampade;
- quantità;
- posizione e puntamento degli apparecchi.

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Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

La progettazione quindi determina il numero degli apparecchi illuminanti che


servono, partendo dal risultato che si vuole ottenere (livello di illuminamento)
e risalendo fino al valore del flusso luminoso totale che le sorgenti devono
emettere definendone le caratteristiche ed il posizionamento.
Oltre al flusso luminoso intervengono altre variabili non trascurabili nella
scelta delle caratteristiche illuminotecniche. Una di queste è il comfort visivo
che comporta la definizione progettuale di determinati parametri che sono:
- l’illuminamento (cioè i lux medi);
- l’uniformità di illuminamento (cioè il rapporto tra lux minimi e lux mas-
simi);
- la tonalità di colore;
- la resa cromatica;
- la limitazione dell’abbagliamento.
Quindi un buon progetto illuminotecnico è tale se tiene conto anche di altri
fattori di differente natura, come ad esempio il consumo e l’assorbimento di
energia elettrica, la sicurezza dell’impianto ecc.
Per il dimensionamento di un impianto di illuminazione esistono diversi me-
todi più o meno complessi. La progettazione esecutiva degli impianti di illu-
minazione si esegue in genere usando dei software, anche se per i casi meno
complessi una stima affidabile si può fare usando dei procedimenti manuali
abbastanza semplici. Di seguito vengono descritti due metodi che ci permet-
tono di determinare il numero di corpi illuminanti necessari partendo dall’il-
luminamento medio richiesto dalla norma EN 12464:
1) il metodo punto a punto;
2) il metodo del flusso totale.
Il primo metodo utilizza le formule per il calcolo delle sorgenti puntiformi,
lineari o estese e assegna una certa distribuzione dei valori di illuminamento.
Consente di risalire al valore dell’intensità della sorgente nella direzione pre-
scelta e di scegliere quindi il complesso lampada-apparecchio che ha la curva
fotometrica che meglio si adatta al caso. Partendo quindi dalla distribuzione
delle intensità è possibile risalire al flusso luminoso totale che la sorgente deve
emettere. Tale metodo assume particolare importanza per illuminamento di
ambienti esterni, mentre nel caso di ambienti interni viene utilizzato in genere
a integrazione del metodo del flusso totale, per lo più per calcoli di verifica
dei valori dell’illuminamento in uno o più punti.
Il secondo metodo è invece un metodo semplificato, utilizzato per sorgenti di pic-
cole dimensioni (puntiformi) e per locali più o meno parallelepipedi, allorché non
sia stata richiesta un’elevata precisione di calcolo, che permette di determinare
rapidamente il flusso totale necessario affinché sul piano di lavoro venga garantito

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

un certo livello di illuminamento con apparecchi disposti in modo uniforme. Il


metodo si propone di mettere in relazione il flusso utile che viene ad incidere,
direttamente o dopo riflessioni, sul piano di lavoro con il flusso luminoso emesso
dalle sorgenti. Tale metodo tuttavia non fornisce indicazioni sulla distribuzione
dei corpi illuminanti sull’area in esame. Possiamo concludere che entrambi i me-
todi possono essere utilizzati sia per determinare l’illuminamento sul piano di la-
voro dovuto ad un certo numero di lampade che, viceversa, per determinare il
numero di lampade necessarie per ottenere l’illuminamento richiesto.

5.5.1 Il metodo punto a punto

Il metodo punto a punto consiste nel calcolo dell’illuminamento prodotto in


una serie di punti all’interno dell’ambiente dalle varie sorgenti luminose, con-
siderate singolarmente. Il calcolo può essere sviluppato analiticamente utiliz-
zando la formula:

�= � = ��

� � �
�= → �= →�=
�� � �
che si riferisce all’illuminamento diretto di una superficie perpendicolare al rag-
gio di luce di intensità (I), ricavando tale intensità dalla indicatrice fotometrica.

Figura 5.19 - L’illuminamento diretto decresce con il quadrato della distanza

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Parte prima - Nozioni generali

La proiezione di tale illuminamento su un piano orizzontale per un raggio con


inclinazione α rispetto alla verticale vale:

� cos �


�=
cos �

da cui:


�= cos �

Il metodo descritto è valido per luoghi dove è possibile trascurare la riflessione


delle pareti, ma non può essere applicato nei locali stretti, poiché la riflessione
delle stesse pareti fa commettere errori significativi.

5.5.2 Il metodo del flusso totale

È basato sul concetto che solo una parte del flusso emesso dalle lampade rag-
giunge il piano di lavoro (flusso utile). Tale flusso utile è costituito per una
parte da flusso diretto e per un’altra da flusso diffuso, che raggiunge il piano
di lavoro dopo una serie di riflessioni sulle pareti e sul soffitto. In altre parole
il flusso utile è composto sia dal flusso emesso dalle sorgenti primarie che da
quello riflesso dalle sorgenti secondarie, costituite da tutte le altre superfici
presenti nell’ambiente, compreso il piano di lavoro stesso. Questo metodo si
basa sulle seguenti considerazioni:
- l’effetto totale dei raggi diretti e riflessi produce una diffusione della
luce scomponibile in flussi verticali;
- se le distanze fra i centri di illuminazione e fra questi e le pareti sono
contenute entro certi limiti, il flusso verticale può ritenersi una frazione
proporzionale al flusso totale uscente dalle lampade;
- l’illuminamento medio di una superficie orizzontale può ritenersi co-
stante e determinato dal rapporto tra il flusso verticale e l’area della
superficie in pianta del locale;
- altezza di montaggio costante per tutti gli apparecchi;
- centri luminosi che emettono lo stesso flusso, con solido fotometrico
simmetrico rispetto agli assi principali.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

Quindi in un ambiente chiuso il numero N degli apparecchi di illuminazione,


necessari per ottenere l’illuminamento medio (E), è dato da:

� ∗ � ∗ �
�=
� ∗ � ∗ �

dove:
E = illuminamento: è l’illuminamento medio dato dalla norma su un
piano orizzontale posto a 1 [m] dal pavimento;
X, Y = dimensioni locale: rappresentano rispettivamente lunghezza e lar-
ghezza del locale;
Φ = flusso luminoso: è il flusso emesso dalle lampade che sono all’in-
terno di ciascun apparecchio di illuminazione (dato dal costruttore);
U = fattore di utilizzazione: questo fattore dipende non solo dalla lam-
pada, ma anche dalla distribuzione della luce: sia essa diretta, indi-
retta o mista. Il fattore di utilizzazione è fornito dal costruttore degli
apparecchi di illuminazione in funzione di:
fattore di riflessione: rappresenta il flusso in un cono caratterizzato
da un determinato angolo di apertura. Normalmente il riflettore è
rappresentato da uno specchio di alluminio ossidato e brillantato o,
più frequentemente, da una semplice lamiera verniciata in bianco.
Lo scopo del riflettore è quello di dirigere la luce in una determinata
direzione, solitamente verso il basso. Inoltre, ci sono anche i coeffi-
cienti di riflessione delle pareti e del soffitto. Valori alti di tali coef-
ficienti contribuiscono a riflettere verso il piano utile una maggiore
quantità di flusso, altrimenti disperso;
forma del solido fotometrico dell’apparecchio: caratterizza la distri-
buzione del flusso sul piano utile, sui muri e sul soffitto (indicata
dalla classe dell’apparecchio). I solidi fotometrici orientati prevalen-
temente verso il piano di lavoro conducono ad un elevato valore del
coefficiente di utilizzazione;
geometria del locale: è un parametro che tiene conto delle caratteri-
stiche geometriche dell’ambiente e della posizione degli apparecchi
rispetto al piano di lavoro all’interno del locale, dato dalle espres-
sioni:

� ∗ �
�= ������������� �������
� � + �

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Parte prima - Nozioni generali

� ∗ �
� = ������������� ���������
� � + �

dove:
X e Y sono le dimensioni dei locali;
Hu è l’altezza degli apparecchi di illuminazione sul piano di lavoro
espressa in [m];
H è l’altezza del soffitto dal piano di lavoro espressa in [m].
M = fattore di manutenzione: il fattore di manutenzione (il cui il valore
in genere è pari a 0,8) dipende non solo dal processo di invecchia-
mento e scolorimento della lampada, ma anche dalla sua manuten-
zione, che va dalla sostituzione della lampada malfunzionante fino
alla regolare pulizia. L’intervallo di tempo fra due manutenzioni di-
pende strettamente dal tipo di ambiente in cui si trova l’impianto.
Esistono infatti ambienti estremamente puliti con intervalli molto
lunghi (come ospedali e uffici), ambienti normali dove si deve inter-
venire con una frequenza più ravvicinata (come ristoranti e magaz-
zini), e infine aree dove si accumula molto sporco (come le fabbri-
che), che richiedono interventi più frequenti.

Figura 5.20 - Combinazione di sorgenti luminose

Per “luce diretta” si intende quella che illumina un’area limitata, proprio come
un faretto o una lampada da tavolo che può essere utilizzata come luce di let-
tura. Per “luce indiretta”, invece, si intende quella emessa in modo uniforme,
come ad esempio il sole entra dall’esterno attraverso le vetrate. Infine, ab-
biamo l’illuminamento misto che è una combinazione di sorgenti luminose
dirette e indirette.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

- Illuminazione diretta: più del 90% del flusso luminoso verso il basso;
- illuminazione semidiretta: tra il 60 e il 90% del flusso luminoso verso
il basso;
- illuminazione mista: tra il 40 e il 60% del flusso luminoso verso il basso;
- illuminazione semi-indiretta: tra il 10 e il 20% del flusso luminoso verso
il basso
- illuminazione indiretta: più del 90% del flusso luminoso verso l’alto.

Figura 5.21 - Altezza degli apparecchi rispetto al piano di lavoro (Hu = h)

Facciamo ora un esempio pratico. Si vuole determinare il numero minimo di


lampade da installare in un ambiente interno avente le seguenti caratteristiche
progettuali:
1) lunghezza X pari a 10 [m];
2) larghezza Y pari a 10 [m];
3) altezza del solaio pari a 4 [m] mentre quella utile Hu è pari a 3 [m];
4) illuminamento medio E pari a 200 [lx]4;
5) ogni centro luce è costituito da un apparecchio con n. 2 lampade fluo-
rescenti tubolari a giorno e flusso utile installato pari a 8.000 [lm]5;
6) pareti e soffitto sono tinteggiati in bianco (fattore di riflessione del sof-
fitto pari al 70%, fattore di riflessione pareti pari al 50%).

 
4
Fornito dalla norma EN 12464 paragrafo 5.3.
5
Il flusso luminoso emesso dalla singola lampada fluorescente 1 x 58 [W] è pari a 4.000 [lm]. 

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 5.22 - Geometria del locale preso in esame

Soluzione: si deve determinare in primo luogo il valore dell’indice del locale


K come:

0 ∗ 0
�= = , ������������� �������
∗ 0 + 0

Subito dopo bisogna calcolare il valore U per mezzo di apposite tabelle fornite
dal costruttore.
Per le lampade fluorescenti le indicatrici fotometriche sono riportate nella Ta-
bella 5.9.

Tabella 5.9 - Coefficiente di utilizzazione U per lampada fluorescente tubolare

Indice del locale K 1 1,5 2 3 4 5


Soffitto 70% pareti 50% 0,39 0,54 0,64 0,73 0,78 0,81
Soffitto 70% pareti 30% 0,33 0,48 0,60 0,65 0,72 0,76
Soffitto 70% pareti 10% 0,27 0,43 0,54 0,63 0,67 0,70

Essendo il valore di K = 1,66 la Tabella 5.9 non ci fornisce un numero univoco


ma bensì esso si trova tra 1,5 e 2. In via prudenziale assumiamo il valore più
sfavorevole tra i due ovvero 1,5.
Avendo assunto un coefficiente di riflessione del soffitto del 70% e un coeffi-
ciente di riflessione delle pareti del 50%, il fattore di utilizzazione U corri-
sponde a 0,54.

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Capitolo 5 - Fondamenti di illuminotecnica

Considerando che la manutenzione viene effettuata una volta all’anno e che


l’ambiente è pulito, l’efficienza dell’apparecchio è di circa l’80% per cui M =
0,8. Da qui si ha:

200 ∗ 0 ∗ 0 20.000
�= = = 5, 9 ≌
8.000 ∗ 0,5 ∗ 0,8 . 5

Il numero di apparecchi di illuminazione così trovato viene arrotondato


all’unità superiore e adeguato alla geometria del locale tenendo presenti le
esigenze di uniformità di illuminamento.
Il posizionamento all’interno dell’ambiente, avendo scelto apparecchiature a
fascio largo per illuminazione diretta, semidiretta o diffusa avviene appli-
cando le seguenti regole:
1) l’interdistanza fra gli apparecchi non deve essere superiore all’altezza
utile6;
2) per gli apparecchi periferici la distanza dalla parete riflettente più vicina
non deve essere superiore alla metà dell’interdistanza fra gli apparecchi.

Figura 5.23 - Interdistanza tra gli apparecchi

Questa regola è molto pratica e va applicata tenendo in debito conto il lay-out


geometrico.

 
6
Distanza misurata verticalmente tra la sorgente luminosa e il piano di riferimento che in genere
è riferito a 80 [cm] dal pavimento.

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Parte prima - Nozioni generali

Riprendendo l’esempio, la simmetria si ottiene con 6 apparecchi di illumina-


zione interdistanti tra loro non meno di 3 [m] e dalla parete di 1,5 [m]. Dalla
Figura 5.23 si può notare come, mentre longitudinalmente la condizione è ab-
bondantemente soddisfatta perché le lampade fluorescenti tubolari da 58 [W]
sono lunghe 1,5 [m], trasversalmente per coprire la larghezza di 10 [m] oc-
corre adottare un’interdistanza di 3,33 [m] invece che di 3 [m], ma simili ap-
prossimazioni sono più che accettabili.
Se volessimo fare quattro file anziché tre dovremmo utilizzare due apparecchi
in più con emissione più bassa, per esempio n. 2 lampade da 36 [W] con sin-
golo flusso luminoso (Φ) di 3.000 [lm]; l’aggiunta di questi corpi illuminanti
però comporterebbe un aumento dei costi.
Dato che la luminanza delle lampade fluorescenti tubolari è minore in senso
longitudinale, è preferibile nel progetto prevedere la disposizione degli appa-
recchi nel senso della direzione di visuale prevalente.

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6
LE FASI DI LAVORAZIONE
DELL’IMPIANTO ELETTRICO

Le lavorazioni dell’impianto elettrico all’interno di una unità immobiliare si


susseguono con una scansione temporale ben precisa che deve tener conto dei
tempi e dei modi tipici del lavoro nell’edilizia. Cronologicamente si possono
individuare le seguenti fasi di lavorazione:
- tracciatura dell’impianto sulla parete;
- scanalatura dei tracciati sulla parete;
- posizionamento e muratura delle scatole e cassette di derivazione da
incasso;
- posa delle tubazioni;
- muratura delle tubazioni nelle pareti o sottopavimento;
- collegamenti equipotenziali;
- infilaggio dei conduttori;
- collegamento apparecchi;
- cablaggio del centralino di appartamento;
- cablaggio delle cassette di derivazione;
- verifiche e messa in servizio.

6.1 PRINCIPALI TIPOLOGIE DI IMPIANTO ELETTRICO

6.1.1 Impianto elettrico sotto traccia

Una abitazione oltre ad essere confortevole dev’essere anche funzionale e ri-


spondere alle esigenze dei suoi occupanti. La funzionalità di una casa si
esprime anche attraverso l’insieme degli impianti che la costituiscono e che
sono delle vere e proprie reti di servizi. Oltre all’impianto elettrico, tra gli
impianti rientrano anche l’impianto idrico-sanitario, l’impianto di riscalda-
mento, l’impianto di raffrescamento e l’impianto per la distribuzione del gas
a cui se ne possono aggiungere tanti altri per poter arrivare ad un impianto di
livello 3.

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Parte prima - Nozioni generali

Nell’ambito di una ristrutturazione non sempre tutti gli impianti vengono ri-
fatti ex novo, questo perché bisogna capire se si tratta di una ristrutturazione
totale o parziale. Di solito l’impianto elettrico e quello idrico-sanitario sono
oggetto di rifacimento completo, mentre l’impianto di riscaldamento è quello
che si cerca di “conservare”.
La posa degli impianti elettrici può essere fatta a pavimento, sotto traccia
(lungo le pareti), nel controsoffitto ecc. La posa a pavimento è quella mag-
giormente praticata, infatti, se è prevista la demolizione del pavimento esi-
stente e del sottostante massetto, la posa degli impianti è ottimale oltreché
agevolata, ma, se si decidesse di mantenere il pavimento esistente e di sovrap-
porre quello nuovo sul vecchio, allora subentra il problema delle tracce.
Quando si inizierà a realizzare le tracce si avrà la reale cognizione di che tipo
di sottofondo è presente e quindi anche della quota effettiva disponibile.
Le domande che ci poniamo allora sono: quante tracce bisogna realizzare?
Come e dove farle? La risposta a queste domande è: “dipende dal commit-
tente” e dalla tipologia di impianto che si desidera costruire. Infatti, la realiz-
zazione delle tracce coincide con i vari fattori come il numero degli impianti
di nuova creazione, il numero di punti elettrici da fare, il numero di punti
utenza, il numero dei corpi scaldanti e dal posizionamento dei vari contatori e
dei collettori. Definiti gli impianti da rifare, il passo successivo è quello della
loro progettazione. La progettazione degli impianti è molto importante perché
essendo le tubazioni dell’impianto elettrico, dell’impianto di adduzione
dell’acqua ad uso sanitario e dell’impianto di riscaldamento posate a pavi-
mento esse non dovranno mai sovrapporsi anche se realizzate in fasi diverse
del cantiere.
Definita la progettazione degli impianti si procede con il loro tracciamento in
cantiere. Il tracciamento altro non è che segnare con precisione dove realizzare
i “punti finali” di ciascun impianto. Le maestranze di cantiere devono sapere
dove saranno posizionate le scatole di derivazione e quelle portafrutti o dove
saranno posizionati i punti luce a parete e a soffitto. Per quanto riguarda le
scatole portafrutti, queste possono essere incrementate, spostate o eliminate
fino all’ultimo.
In generale, considerando che il diametro delle tubazioni è compreso tra i 20-
30 [mm] circa, si possono ritenere sufficienti 5 [cm] di tracce con altezza che
sale fino a 7-8 [cm] nel caso di sovrapposizioni e/o incroci con altri impianti,
cosa che sarebbe sempre auspicabile evitare. La norma UNI 1264-4 stabilisce
un’altezza minima di 3 [cm] di massetto per le tubazioni dell’impianto di ri-
scaldamento. Questa disposizione potrebbe essere anche applicata nel caso di
tubazioni dell’impianto elettrico. Bisogna tener presente che nell’istante in cui

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

si sovrappone un pavimento a quello esistente l’altezza disponibile per la posa


degli impianti è incrementata di circa 1-1,5 [cm] di spessore. Questo può es-
sere un beneficio quando le quote disponibili sono molto ridotte. L’importante
è non cercare mai di recuperare l’altezza dalla soletta del solaio.
Le tracce devono essere il più possibile dritte, evitando traiettorie tortuose e
curve a 90°; le tubazioni (corrugati) dell’impianto elettrico hanno una certa
flessibilità per cui curve con ampio raggio possono essere sempre realizzate,
cosa che non è possibile per quelle del riscaldamento dove vi è il passaggio di
un fluido a pressione. Le uniche curve ammesse, con un angolo di dimensioni
ridotte, sono quelle tra pavimento e parete ma anche queste da eseguire a re-
gola d’arte.
Per le scanalature nei muri divisori interni di spessore inferiore a 10 [cm] deve
essere considerato quanto segue:
- non vanno eseguiti raccordi o curve, con la eccezione di quelli necessari
per il raccordo con soffitti o con pavimenti;
- nel caso di pareti realizzate con mattoni a due alveoli se ne occupa uno
solo di essi (tubo incassato sotto intonaco su parete perimetrale esterna);
- le dimensioni di ogni scanalatura vanno limitate a quelle necessarie per
alloggiare un tubo protettivo (in genere di diametro sino a 20 [mm]),
tenendo conto dello spazio richiesto per un agevole riempimento;
- le scanalature orizzontali non devono indebolire la parete; si consiglia
di realizzare queste scanalature solo su una faccia della parete, sce-
gliendo percorsi che riducano al minimo la loro lunghezza; è comunque
preferibile che il loro sviluppo non superi il 60% della lunghezza della
parete;
- è opportuno che le scanalature siano eseguite ad almeno 20 [cm] dall’in-
tersezione di due pareti ed inoltre che la distanza tra due scanalature
non sia inferiore a 1,50 [m].
Le tubazioni vanno posizionate nelle tracce in modo ordinato evitando il loro
sparpagliamento, fissandole con delle fascette o con della malta a presa rapida
e devono rimanere il più possibile planari e parallele al supporto. Se proprio
non è possibile evitare le sovrapposizioni, la norma CEI 64-8/5 consiglia di
sovrapporre i tubi dell’impianto elettrico ai tubi contenenti liquidi.
Una volta posate le tubazioni le tracce vanno protette e chiuse il più rapida-
mente possibile.

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 6.1 - Tracciamento impianto elettrico a parete

Figura 6.2 - Posa tubazioni a pavimento

6.1.2 Impianto elettrico con canalina esterna a vista

Un sistema molto pratico per stendere i circuiti elettrici all’interno di abita-


zioni o uffici consiste nell’impiegare le cosiddette canaline battiscopa. Si

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

tratta di particolari profilati in materiale termoplastico, che vengono applicati


lungo il muro al posto dello zoccoletto o sopra di esso, al cui interno possono
correre i conduttori da cui partono le ramificazioni per collegarsi alle prese e
agli interruttori.
Questa soluzione è particolarmente adatta quando si voglia realizzare un
nuovo impianto elettrico in una vecchia abitazione o quando è necessario in-
tervenire perché una linea è deteriorata e non è riparabile o sfilabile.
Con questo metodo non occorre scavare tracce nel muro per installare i tubi
flessibili sottotraccia, lavoro che obbliga a sgomberare le stanze e porta note-
vole disagio alle normali attività domestiche, ma con esso si può stendere una
linea completa senza creare alcun problema.
L’elemento base è il profilato dove vengono alloggiati i cavi. A seconda delle
marche e dei modelli può avere altezza che varia tra i 50 ed i 100 [mm] e anche
più, e uno spessore tra i 10 e i 20 [mm].
Il vano interno è suddiviso in scomparti in cui vengono sistemati i diversi cir-
cuiti e permettono di tenere separati i conduttori percorsi da correnti forti da
quelli con correnti deboli, per esempio linee telefoniche, linee dati ecc.
Altri elementi che compongono la struttura sono i coperchi, i giunti ad angolo
per interni ed esterni, i raccordi a 90° per le canaline verticali, e le diverse
mascherine per l’inserimento di prese e interruttori. A seconda del produttore
queste canaline sono in colori diversi: vi sono anche dei modelli che esterna-
mente sono serigrafati vista legno.
Prima di passare alla messa in opera di questi elementi è necessario stendere
un preciso schema elettrico dell’impianto che si intende realizzare. Nel caso
in cui bisogna fare un impianto elettrico totale è necessario prevedere anche
un adeguato numero di cassette di distribuzione, anch’esse inseribili lungo lo
sviluppo del battiscopa, e fare un calcolo preciso della sezione dei conduttori.
Quando il progetto elettrico - sulla carta - è pronto, si deve passare ad esami-
nare tutto il percorso del battiscopa per verificare quali e quanti sono gli even-
tuali ostacoli da superare.
I problemi possono essere costituiti da tubi emergenti dal pavimento, da infissi
sporgenti o da altri elementi inamovibili. Un ostacolo difficile è costituito dai
radiatori dell’impianto di riscaldamento che spesso non lasciano spazio suffi-
ciente tra essi e il pavimento. Un altro potrebbe essere un muro umido e fria-
bile; questo significa che vi è una forte umidità che sale dal basso. Dunque
non è consigliabile applicare una canalina su pareti di questo genere ma biso-
gna prima risanarle. La soluzione va ricercata di volta in volta.

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Figura 6.3 - Canaline termoplastiche a vista

6.1.3 Impianto elettrico sotto pavimento

La distribuzione elettrica con sistemi di canalizzazione sotto pavimento rap-


presenta una soluzione pratica e vantaggiosa soprattutto per gli ambienti del
terziario. Negli uffici, nei negozi e in ogni altro spazio in cui si abbia l’esi-
genza di disporre di numerosi allacciamenti alla rete di alimentazione, la pro-
gettazione dell’impianto spesso deve tenere in considerazione i vincoli di spa-
zio e le necessità estetiche. In queste situazioni i pavimenti gettati o flottanti
possono essere una ottima soluzione per alloggiare percorsi elettrici anche
molto complessi. I conduttori sono ben protetti e nascosti ma facilmente ac-
cessibili dalla superficie attraverso canali, torrette, scatole di derivazione e di
smistamento e altri componenti di distribuzione. Nelle canalizzazioni sotto
pavimento possono essere predisposti anche i sistemi di trasmissione dati e
telefonici, audiovisivi ecc., assicurando un’ulteriore razionalizzazione nell’al-
lestimento degli impianti.
L’impianto sottopavimento deve essere completato con l’impianto a soffitto
(centri luce) e a parete o a colonna (punti di comando).
Esistono due tipi fondamentali di impianto sottopavimento:
- l’impianto annegato nel sottofondo per pavimento con struttura conven-
zionale;
- l’impianto installato nella intercapedine per pavimenti sopraelevati.
La modularità di questo tipo di installazione consente di ottenere, in ogni si-
tuazione, la capienza adeguata alle reali necessità, con notevoli vantaggi sia
nella prima stesura che nel caso di ampliamento. Infatti la componibilità per
sovrapposizione consente di aumentare il numero di apparecchi di

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

derivazione, di comando o protezione, semplicemente installando, su un unico


zoccolo di base, il numero di moduli portapparecchi necessario per ottenere la
capienza.
Il sistema di canalizzazione sottopavimento, costituito da tre elementi base e
da una completa dotazione di accessori (raccordi, scatole di giunzione e deri-
vazione, box di smistamento ecc.), rende possibile la realizzazione di qualun-
que tracciato, anche con esigenze particolari, indipendentemente dalle solu-
zioni edili adottate.
Tutti gli elementi del sistema possiedono le caratteristiche costruttive, funzio-
nali e dimensionali contemplate dalle norme CEI 64-8 per gli impianti elettrici
utilizzatori negli edifici a destinazione residenziale e similare.

Figura 6.4 - Esempi di canalizzazioni sotto pavimento flottante

6.1.4 Impianto elettrico a controsoffitto

Molte unità abitative al giorno d’oggi presentano al proprio interno controsof-


fitti, ovvero una pannellatura realizzata in cartongesso o altro materiale simile.
Si tratta di una scelta facile, rapida nella posa e che viene spesso impiegata
per limitare la dispersione del calore.
Quello che ci domandiamo è: come ci dobbiamo comportare quando si ha la
necessità di inserire l’impianto elettrico all’interno del controsoffitto?
Se si sta costruendo un controsoffitto ex novo, è possibile effettuare le predi-
sposizioni per l’impianto elettrico senza nessun problema: si possono realiz-
zare facilmente i punti di forza motrice, i punti luce e gli alloggiamenti che
servono per le lampade di emergenza.
Il controsoffitto in cartongesso presenta dei fori e dei punti vuoti che possono

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Parte prima - Nozioni generali

essere sfruttati per inserire gli attraversamenti orizzontali. Una volta comple-
tato il passaggio dei cavi elettrici possono essere montati gli eventuali frutti
nelle apposite scatole, dopo che le stesse sono state fissate con le apposite
placche o con l’impiego dei montanti. A seguire possono essere installati i
corpi illuminanti e realizzati i collegamenti che sono all’interno delle scatole
di derivazione.
Nella realizzazione dell’impianto elettrico nel controsoffitto è di fondamen-
tale importanza affidarsi a imprese certificate e di comprovata esperienza, per-
ché ogni modifica eseguita con il “fai da te” va ad annullare la dichiarazione
di conformità ottenuta precedentemente. Onde evitare gravi problemi di sicu-
rezza, cortocircuiti ecc. è utile consultare specialisti del settore e creare un
impianto elettrico sicuro e a norma di legge.
Il vantaggio principale che si ha nell’utilizzare questo tipo di impianto elet-
trico è di poterlo ammodernare in un secondo momento senza essere costretti
a fare lavori invasivi. Quando si interviene sugli impianti elettrici di una abi-
tazione infatti, specie se si parla di una casa abitata, non si mette mano solo ai
quadri elettrici e ai conduttori, ma si è costretti a spostare i mobili, ad abbattere
discrete porzioni di muro e piastrelle, e poi a sistemare e riverniciare tutti i
locali interessati. Sono lavori lunghi e costosi, perché oltre all’impiantista de-
vono intervenire - e quindi essere pagate - altre figure professionali. In più, si
aggiunge il disagio per la famiglia di dover “vivere in un cantiere” fino alla
fine dei lavori. Con un impianto elettrico all’interno del controsoffitto, invece,
gran parte del suo rifacimento può essere fatto senza problemi, e coperto poi
con la controsoffittatura.
Questa soluzione comporta anche notevoli vantaggi dal punto di vista estetico.
In primo luogo, è possibile inserire nel controsoffitto qualsiasi tipo di corpo
illuminante in posizione strategica, così da illuminare gli ambienti secondo le
necessità del committente, inserendo magari lampade a risparmio energetico
o faretti smart, che si accendono con il solo comando vocale. In secondo
luogo, i controsoffitti in cartongesso portano una ventata di aria fresca e di
design in ogni stanza: si possono dipingere di colori diversi rispetto a quelli
delle pareti, e creare dei moderni giochi cromatici.
Gli svantaggi nel realizzare un impianto elettrico nel controsoffitto sono dav-
vero pochi. Il principale inconveniente è quello legato all’eventuale altezza
della stanza. Nei palazzi antichi, che hanno i soffitti molto alti, questo può non
rappresentare un problema; diverso invece il caso degli appartamenti di re-
cente costruzione che invece hanno soffitti alti appena secondo l’obbligo di
legge.
Inoltre, quando si realizza un impianto elettrico nel controsoffitto bisogna

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

tenere conto anche delle strutture metalliche e delle travature che sorreggono
l’impianto, che devono essere costruite a regola d’arte. Un controsoffitto in
cartongesso deve essere pensato per poter sopportare senza problemi l’intera
impalcatura, e per questo è meglio affidarsi ad un’impresa che abbia molta
esperienza sul campo e che scelga materiali di ottima qualità.

Figura 6.5 - Impianti elettrici a controsoffitto

6.2 TUBAZIONI E ACCESSORI PER INSTALLAZIONI ELETTRICHE

In campo elettrico con il termine “tubo” (o tubazione) si intende un elemento


di canalizzazione, in genere di sezione circolare, destinato al contenimento e
alla protezione dei conduttori o dei cavi, nel quale gli stessi possono venir
introdotti solamente per infilaggio, escludendo ogni tipo di inserimento late-
rale. Tutte le tubazioni sono conformi alle prove eseguite secondo le norme
CEI EN 500861.
Per i tubi la norma ha stabilito un limite inferiore del diametro (esterno) no-
minale:
25 [mm] per le montanti e le dorsali;
20 [mm] per i tratti terminali.
Ad esempio, la CEI 64-8 VIII edizione prevede un tubo di diametro (Φ) ≥ 20
[mm] dal quadro elettrico generale o da una scatola di derivazione per l’ali-
mentazione dell’eventuale piano cottura ad induzione.
La norma europea CEI EN 50086-1 (classificazione CEI 23-39) riguardante i
 
1
I sistemi di tubi sono riferibili a quattro fondamentali norme di prodotto: EN 61386-1 (CEI 23-
80), prescrizioni generali; EN 61386-21 (CEI 23-81), tubi rigidi; EN 61386-22 (CEI 23-82), tubi
pieghevoli; EN 61386-23 (CEI 23-83), tubi flessibili.

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Parte prima - Nozioni generali

“Sistemi di tubi ed accessori per le installazioni elettriche - Parte 1: Prescri-


zioni generali” ha come oggetto le seguenti tipologie di tubi protettivi:
- tubi metallici;
- tubi in materiale isolante;
- tubi in materiale composto, ossia realizzati con materiali sia metallici sia
isolanti, utilizzati nelle installazioni elettriche con tensione nominale sino
a 1.000 [V] c.a. e 1.500 [V] c.c. e nei sistemi di telecomunicazione.
Questa norma indica le caratteristiche costruttive dei tubi che possono essere
metallici, non metallici e composti, con le estremità filettabili o meno e i rela-
tivi accessori, specificando a quali prove devono essere sottoposti per verifi-
carne la rispondenza. Le suddette caratteristiche riguardano:
- la resistenza alle sollecitazioni meccaniche;
- le proprietà elettriche;
- la resistenza al calore ed alla fiamma;
- la resistenza alle influenze esterne.

6.2.1 Resistenza alle sollecitazioni meccaniche

I tubi devono presentare una resistenza adeguata alle sollecitazioni meccani-


che nei riguardi dello schiacciamento, degli urti, degli sforzi a trazione e, per
gli accessori, ai carichi sospesi. In relazione al grado di resistenza alla com-
pressione, all’urto e alla trazione i tubi vengono classificati in: molto leggeri,
medi, pesanti, molto pesanti e catalogati con una cifra progressiva da 1 a 5.
La resistenza allo schiacciamento deve essere idonea in relazione alle condi-
zioni di trasporto, di posa e di esercizio in modo tale che non rendano difficili
le operazioni di congiunzione dei vari spezzoni e di infilaggio dei conduttori.
Ad esempio, è minore il pericolo di schiacciamento per tubi destinati ad im-
pianti elettrici di edifici residenziali rispetto a quelli destinati ad installazioni
industriali per cui ciò va tenuto in debito conto nella scelta della tubazione.
Analogamente la posa a parete sotto intonaco in edifici di civile abitazione è
meno gravosa della posa a pavimento o a vista nei centri commerciali o negli
ambienti industriali.
I tubi inoltre devono essere classificati in base alla temperatura alla quale pos-
sono essere sottoposti durante l’utilizzo in regime permanente, in quanto le
possibili condizioni atmosferiche estreme non devono provocare una ridu-
zione della resistenza meccanica. Al riguardo la norma prevede due valori:
uno individua la temperatura minima (da + 5 a – 45 °C) e l’altro individua la
temperatura massima (da + 60 a + 400 °C).

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

6.2.2 Proprietà elettriche

La continuità elettrica è richiesta per quei tubi metallici che possono essere
utilizzati come conduttori, per esempio di messa a terra o di protezione. I tubi
a cui è richiesta anche una funzione di isolante per assicurare la protezione
elettrica dei conduttori (isolamento supplementare dei conduttori) devono
soddisfare due condizioni:
- la tensione di tenuta deve essere almeno 2.000 [V];
- la resistenza d’isolamento misurata su campioni, a tensioni di prova di 500
[V], dev’essere almeno 100 [MW] per i tubi e 5 [MW] per gli accessori.

6.2.3 Resistenza al calore ed alla fiamma

I tubi non metallici o composti possono essere di due tipi: propaganti la fiamma
e non propaganti. Il secondo tipo, per essere dichiarato tale, deve superare le
prove specificate dalla norma, consistenti nel sottoporre uno spezzone di tubo
alla fiamma di un bruciatore per verificare che il tubo non bruci o, se brucia, le
tracce della combustione o della carbonizzazione risultino limitate. Per gli ac-
cessori la qualifica di resistenza alla propagazione della fiamma è verificata me-
diante la prova del filo incandescente. In ogni caso i tubi devono presentare
un’adeguata resistenza al calore. La conformità al grado di resistenza al calore
si verifica con una prova allo schiacciamento fatta dopo aver mantenuto il tubo
per un dato periodo in stufa alla temperatura dichiarata.

6.2.4 Resistenza alle influenze esterne

I gradi di protezione previsti riguardo la resistenza alle influenze esterne sono


analoghi a quelli stabiliti dalla norma CEI 70-1 e sono definiti con due cifre,
dove la prima indica il grado di protezione contro l’ingresso di corpi solidi (ad
esempio materiali da costruzione o prodotti delle lavorazioni industriali) e può
assumere valori che vanno da 3 a 6, mentre la seconda indica il grado di pro-
tezione contro l’ingresso dell’acqua e può assumere valori che vanno da 0 a 8.
I sistemi di tubi ed accessori termoplastici, quando assemblati, devono avere
una resistenza adeguata alle influenze esterne secondo quanto dichiarato dal
costruttore, con un requisito minimo di IP3X. I sistemi di tubi ed accessori
metallici e composti, con l’esclusione di filettature a vite, devono avere invece
un’adeguata resistenza alla corrosione, sia all’interno che all’esterno.

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Parte prima - Nozioni generali

Il tipo di rivestimento protettivo può essere scelto fra tre diversi gruppi:
- a debole protezione: il rivestimento per la debole protezione è adatto
per i casi di inquinamento più normali;
- a media protezione: il rivestimento a media protezione deve resistere a
soluzioni ben definite di ferrocianuro di potassio e di persolfato di am-
monio;
- ad alta protezione: il rivestimento ad alta protezione deve superare
prove con apposite soluzioni di acido solforico e di solfato di rame.
La protezione contro la corrosione può essere più elevata sulla parte esterna
che su quella interna.
A fronte della grande possibilità di scelta che viene messa a disposizione
dell’installatore o del progettista per soddisfare le svariate esigenze, le norme
provvedono anche ad assicurare e a controllare la piena rispondenza delle ca-
ratteristiche dei tubi in commercio. Infatti, oltre a dover essere identificati con:
1) nome o marchio di fabbrica del costruttore o del venditore responsabile;
2) marchio di identificazione del prodotto;
devono avere anche un codice di classificazione che definisce nei minimi det-
tagli le loro caratteristiche costruttive.

Figura 6.6 - Le caratteristiche meccaniche e termiche dei tubi elettrici

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Gli accessori devono essere marcati come i tubi, se possibile, ma se ciò risul-
tasse di difficile praticabilità, la marcatura può essere apposta su un’etichetta
applicata al prodotto o sulla scatola o sul cartone contenente l’accessorio
stesso.
I materiali propaganti la fiamma devono essere di colore arancione e la colo-
razione non deve essere ottenuta con pittura o con altri mezzi superficiali. I
materiali non propaganti la fiamma possono essere di qualsiasi colore ad ac-
cezione del giallo, arancione o rosso, a meno che non sia chiaramente indicato
sul prodotto che si tratta di materiale non propagante la fiamma. L’utilizzo di
tubi di diverso colore nella posa sotto traccia può essere comunque utile, come
consigliato pure dalla guida CEI 64-100/2, per meglio distinguere il tipo di
impianto a cui fanno riferimento. Si potrebbero ad esempio utilizzare i colori
indicati in Tabella 6.1.

Tabella 6.1 - Tipologia di colori per accessori elettrici


Tipo di circuito Colore
Nero
Distribuzione energia elettrica (potenza, illumi-
nazione, movimentazione, ecc.), automazione
domestica.

Blu

Citofonico (video), audio/video (Hi-Fi).

Verde

Telefonico, trasmissione dati, ricezione segnali


TV.

Marrone

Sicurezza (allarme intrusione/furto,soccorso e


allarmi tecnici).

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Parte prima - Nozioni generali

6.3 SISTEMI DI CANALIZZAZIONE

La caratteristica fondamentale di una canalizzazione è quella di reggere, con-


tenere ed eventualmente proteggere i cavi nel tempo. La canalizzazione come
parte integrante dell’impianto elettrico viene scelta dai progettisti e montata
dagli installatori di impianti elettrici.
Di seguito definiamo:
- sistema: l’insieme degli elementi rettilinei e degli accessori (o canali)
necessari per installare le “vie cavi” in tutti i modi previsti;
- passerelle: gli elementi rettilinei con base forata (IP20) o non forata
(IP40) e relativi accessori, installati con o senza coperchio; se alcuni
tratti del percorso prevedono l’utilizzo dei coperchi (ad es.: per la ca-
duta di acqua od altro), questi non trasformano di fatto la passerella in
canale;
- TUA (Theoretical Usable Area = area teorica utilizzabile, o sezione geo-
metrica), intesa come l’area delimitata dalle pareti interne della “via
cavi” che, ad esempio le passerelle, può caratterizzare la massima quan-
tità di cavi contenibili.
Un prodotto adeguato ed un montaggio semplice sono i fattori che garan-
tiscono un risultato tecnico-economico più che soddisfacente. Tale risul-
tato si ottiene scegliendo attentamente il prodotto “canalizzazione” in fun-
zione di:
1. qualità, quantità e dimensioni dei cavi da contenere;
2. geometria e tipo di struttura del fabbricato;
3. condizioni ambientali e durata prevista.

Figura 6.7 - Canala a filo Figura 6.8 - Canala forata

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Figura 6.9 - Canala chiusa

Dai tre punti precedenti si ricava quanto segue.


- Tipo di passerella: la gamma presente in commercio può essere di varia
natura: forata, non forata, a traversini o a filo realizzata con pochi ac-
cessori o realizzata con molti accessori (dopo aver valutato la comples-
sità del percorso); nel caso in cui la passerella sia del tipo forata, per
evitare eventuali contatti esterni dovuti a eventi accidentali, va installata
(nella maggior parte dei casi) ad altezza superiore ai 2,5 [m];
- dimensione della passerella: la passerella deve avere un’altezza del
bordo laterale sufficiente a contenere i singoli conduttori o il fascio di
conduttori; la larghezza dev’essere invece adeguata a posare i cavi in
strati2;
- raggio di curvatura degli accessori della passerella: l’accessorio deve
avere un raggio di curvatura tale da non piegare troppo i cavi nella posa;
bisogna controllare che il raggio medio di curve, delle T, delle salite
ecc. sia almeno 6-8 volte il diametro esterno del cavo più grande;
- resistenza meccanica della canalizzazione: è data dalla portata massima
che può sostenere, quindi il suo valore è determinato dalla somma del
peso dei conduttori presenti più l’eventuale peso della persona che li
posa; naturalmente bisogna accertarsi di quali sono le portate dichiarate
dal costruttore e rispettarle: ad esempio una canalizzazione robusta ri-
duce il numero di supporti mentre una più leggera implica molti più
punti di fissaggio3;

 
2
Occorre valutare se è meglio semplificare il montaggio della canalizzazione o la posa dei cavi.
3
Valutare anche se è più conveniente montare poche e robuste mensole o tante mensole leggere.

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Parte prima - Nozioni generali

- tipo e qualità dei supporti delle passerelle: sono le cosiddette mensole


del tipo a parete, a sospensione, a soffitto ed a pavimento;
- protezione dalla corrosione delle passerelle e dei supporti: possono es-
sere in acciaio zincato Sendzimir, oppure zincato a caldo dopo lavora-
zione e INOX per garantire una sufficiente durata in relazione alla cor-
rosività ambientale.

Tipi di zincatura

La zincatura con processo Sendzimir consiste nel rivestire di zinco nastri in acciaio
laminati a freddo. Dopo aver normalizzato l’acciaio ed accuratamente preparato le
superfici si ottiene una perfetta adesione dello zinco al metallo base con la forma-
zione di uno strato di lega ferro-zinco uniforme e sottilissimo. In queste condizioni
è possibile eseguire sul materiale lavorazioni plastiche senza che ciò determini il
distacco o lo sfaldamento della ricopertura. Nelle zone di tranciatura del metallo la
protezione anticorrosiva è ugualmente assicurata grazie allo zinco che, funzio-
nando da anodo, si sacrifica solubilizzandosi sotto forma di ossido di zinco, ciò
permette la protezione dell’acciaio di base.
La zincatura a caldo è invece un processo moderno e tecnicamente avanzato che
protegge l’acciaio e il ferro dalla ruggine. Il rivestimento di zinco di alta qualità
sfrutta le proprietà uniche di questo metallo, per proteggere contro la corrosione
l’acciaio. Quindi il processo di zincatura a caldo con il metodo dell’immersione con-
siste nel mettere a bagno l’acciaio in una vasca di zinco fuso a circa 450 °C la cui
superficie è stata opportunamente preparata, in modo che si inneschi la reazione
Zn-Fe (zinco-ferro) e si formino le diverse fasi di lega che costituiscono il rivesti-
mento per uno spessore, normalmente, di 50÷65 micron. Terminato il processo di
zincatura si rileva, con il tempo, la formazione di una patina bianca; questo feno-
meno, del tutto naturale, è causato dalla reazione tra l’ossigeno e lo strato superfi-
ciale di zinco che però non pregiudica la resistenza alla corrosione. La norma UNI
EN ISO 1461, come peraltro tutte le principali norme internazionali, prevede che
questo fenomeno di ossidazione non può essere oggetto di contestazione né causa
di scarto.

6.4 CASSETTE DI DERIVAZIONE E SCATOLE PORTAFRUTTI

Uno dei componenti più importanti in un impianto elettrico è la scatola di


derivazione, ovvero il punto dal quale si diramano tutti i conduttori collegati
alle prese e ai punti luce di abitazioni, edifici, attività commerciali ecc. La
scatola di derivazione (o cassetta di derivazione) è quello strumento che per-
mette di collegare i vari cavi delle dorsali principali con i conduttori dei cir-
cuiti terminali in modo da arrivare a tutti i punti.
Quando si realizza un nuovo impianto le scatole di derivazione svolgono

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

quindi una funzione fondamentale nell’incanalare le tubazioni. Spesso non è


sufficiente posizionare una singola scatola per portare la corrente in tutti i
punti richiesti ma ne servono diverse, specialmente in presenza di circuiti
complessi.
Si ricorda che lo spazio vuoto che dovrebbe rimanere all’interno delle scatole
di derivazione una volta completato l’impianto è pari al 30%, secondo la
nuova norma CEI 64-8 VIII edizione (si tratta di una raccomandazione e non
di una prescrizione).
In commercio esistono varie tipologie di scatole di derivazione consentendoci
di scegliere quelle più adatte alle nostre necessità. Esse sono:
- scatola di derivazione da incasso a muro o cartongesso;
- scatola di derivazione da esterno con grado di protezione IP con pareti
lisce o passacavi;
- scatola di derivazione da esterno con grado di protezione IP in metallo;
- cassetta portafrutti da incasso a muro o cartongesso;
- cassetta portafrutti da esterno con grado di protezione IP con pareti lisce
o passacavi;
- cassetta portafrutti da esterno con grado di protezione IP in metallo.

Figura 6.10 - Scatole di derivazione da incasso

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Figura 6.11 - Scatola di derivazione da incasso predisposta


per suddivisione in 3 scomparti

Figura 6.12 - Scatola di derivazione predisposta


per suddivisione in scomparti

Figura 6.13 - Scatola di derivazione da esterno


con coperchio basso a vite IP56 pareti lisce

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Figura 6.14 - Scatola di derivazione da esterno


con coperchio a vite IP55 pareti con passacavi

Figura 6.15 - Scatola di derivazione da esterno in alluminio IP66

Figura 6.16 - Scatola di derivazione da esterno in alluminio Atexi

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 6.17 - Cassetta 2 moduli da incasso per pareti e soffitti in muratura

Figura 6.18 - Cassetta da incasso in resina 3 moduli

Figura 6.19 - Cassetta da incasso in resina 4 moduli

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Figura 6.20 - Cassetta da incasso in resina 6 moduli

Figura 6.21 - Cassetta da incasso in resina 6/7 moduli

Figura 6.22 - Cassetta da incasso in resina 5 moduli

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 6.23 - Cassetta da incasso 3 moduli per pareti in cartongesso a doppia lastra

Figura 6.24 - Cassetta da incasso 4 moduli per pareti in cartongesso a doppia lastra

Figura 6.25 - Cassetta da incasso in resina 6/7 moduli

Figura 6.26 - Cassetta da incasso in resina 6 moduli (3+3)

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Figura 6.27 - Cassetta da esterno IP40 per pareti lisce

Figura 6.28 - Cassetta da esterno IP55 per pareti lisce

Figura 6.29 - Cassetta da esterno IP40 con passacavi

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 6.30 - Cassetta da esterno IP55 con passacavi

Figura 6.31 - Cassetta da esterno IP65 - 3 posti

Figura 6.32 - Cassetta da esterno IP65 - 1 posto

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

6.5 CRITERI DI INSTALLAZIONE

La posa dei tubi può essere sottotraccia (incassata) oppure a vista; in ogni caso
tubi ed accessori di collegamento (manicotti, raccordi, scatole ecc.) devono
essere tali da garantire, nelle fasi di montaggio e di esercizio, la necessaria
resistenza meccanica (in particolare nei riguardi dello schiacciamento) e chi-
mica, come visto in precedenza. Le distanze tra le scatole di derivazione o le
cassette portafrutti e il raggio di curvatura dei tubi (che comunque non deve
essere inferiore a 6 volte il diametro del tubo stesso) devono essere adeguate,
in modo da garantire l’agevole introduzione e/o lo sfilaggio dei cavi senza
danneggiarne gli isolanti. Sempre per agevolare l’infilaggio o la sostituzione
dei cavi, negli ambienti ordinari il diametro interno dei tubi deve essere al-
meno pari a 1,3 volte il diametro del cerchio circoscritto al fascio di conduttori
che essi sono destinati a contenere. Negli ambienti speciali (ossia luoghi di
pubblico spettacolo e quelli con pericolo di incendio) il diametro interno
dev’essere almeno 1,4 volte il diametro del cerchio circoscritto ai cavi. Ad
ogni brusca deviazione, resasi necessaria dalla struttura muraria dei locali, a
ogni derivazione da linea principale a quella secondaria, e comunque in ogni
locale servito, la tubazione dev’essere interrotta con delle scatole di deriva-
zione. Qualora siano prevedibili futuri ampliamenti, è opportuno dimensio-
nare con abbondanza i componenti delle canalizzazioni.

Figura 6.33 - Tipologie di installazione di tubi e accessori

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Parte prima - Nozioni generali

Normalmente per i percorsi a parete e a soffitto (sotto intonaco) i tubi di ma-


teriale termoplastico possono essere del tipo leggero o del tipo pesante (rigido
e flessibile) e rispondenti alle norme CEI 23-8 e CEI 23-14. Per gli attraver-
samenti a pavimento, invece, le tubazioni sono del tipo medio e conformi alle
norme CEI 23-25 e CEI 23-39.
I tubi di tipo leggero richiedono, tuttavia, l’adozione di particolari precauzioni
per evitare il loro schiacciamento, soprattutto durante la fase di messa in opera,
per cui spesso è preferibile utilizzare tubi protettivi di tipo medio.
I tubi protettivi destinati ad essere annegati in strutture prefabbricate devono
essere in grado di resistere senza danneggiarsi alle sollecitazioni meccaniche
(ed alle temperature massime e minime) che possono verificarsi durante la
predisposizione e la formazione della struttura stessa. Sono considerati adatti
i tubi protettivi pieghevoli di materiale termoplastico non autoestinguente con-
formi alla norma CEI 23-17.
Il tracciato dei tubi deve avere un andamento rettilineo orizzontale e verticale
per consentire l’individuazione delle condutture in base alla posizione delle
scatole di derivazione, e quindi evitare che possano essere danneggiate
nell’esecuzione di fori a pareti. A seconda del tipo di ambiente, è consigliabile
quindi scegliere percorsi d’installazione fuori dalle zone di possibili infissioni
di chiodi (ad es. per fissaggio di mobili, suppellettili, quadri ecc.). Nei soffitti
e nei pavimenti le condutture possono invece seguire il percorso che risulta
più corto o più pratico.
Negli impianti a vista, invece, le tubazioni sono posate direttamente sulla mu-
ratura e sono costituite prevalentemente da tubi rigidi. Questa tipologia di posa
si usa normalmente negli ambienti rustici e in quelli con pareti in calcestruzzo
o mattoni pieni dove la posa ad incasso risulta difficoltosa: locali tecnici, scan-
tinati, solai, alcuni ambienti di lavoro ecc.
In altri ambienti (uffici pubblici e privati, grandi magazzini, ristoranti, sale
riunioni ecc.) si usa anche la soluzione mista con tubazioni verticali incassate
e tubazioni orizzontali a vista. In ogni caso nei tratti a vista i tubi sono fissati
a parete mediante apposite graffette o clips che normalmente si sistemano a
distanza di 1,5 [m] l’una dall’altra.
È preferibile che i tubi siano distribuiti su un unico strato e, per evitare acca-
vallamenti nei tratti curvilinei, si potranno predisporre opportune barre di al-
lineamento. In alcuni ambienti particolarmente umidi o bagnati è opportuno
distanziarli dalle pareti mediante graffe distanziatrici per evitare eventuali
condense sulla superficie dei tubi che peggiorerebbero il loro stato di isola-
mento nel tempo.

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Nella posa a vista delle canalizzazioni un aspetto di particolare importanza è


dato dalle installazioni negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio.
Gli impianti elettrici ricadenti nelle attività B e C4 devono infatti essere rea-
lizzati con componenti che assicurano un grado di protezione minimo IP4X
(per le attività di tipo A non è prescritto alcun grado di protezione particolare
e, quindi, si deve considerare come luogo ordinario con grado di protezione
minimo pari a IP2X).
Per conseguire una protezione IP4X sono disponibili sistemi di tubi rigidi con
relativi raccordi ad innesto rapido che consentono la realizzazione di impianti
elettrici in modo razionale ed a costi contenuti con un grado di protezione che
può arrivare anche fino a IP67 sulle giunzioni tra tubo/tubo, tubo/scatola, tubo
rigido/tubo flessibile o guaina spiralata guidacavi per collegamenti bordo
macchina.
Sono inoltre disponibili tubi protettivi che in caso di incendio garantiscono sia
la non propagazione alla fiamma, sia un limitato sviluppo di gas tossici e cor-
rosivi e una scarsa emissione di fumi opachi (alogen free).

 
4
Il nuovo regolamento - i Decreti ministeriali 1 settembre 2022, 2 settembre 2022 e 3 settembre
2022 (che sostituiscono il D.M. 10 marzo 1998) - individua 3 categorie con una differenziazione
degli adempimenti procedurali:
- categoria A: “Attività dotate di ‘regola tecnica’ di riferimento e contraddistinte da un limitato
livello di complessità, legato alla consistenza dell’attività, all’affollamento ed ai quantitativi di
materiale presente”;
- categoria B: “Attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore livello
di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di ri-
ferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la
categoria ‘superiore’”;
- categoria C: “Attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza o
meno della ‘regola tecnica’”.

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 6.2 - Composizione dei sistemi guidacavi

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Capitolo 6 - Le fasi di lavorazione dell’impianto elettrico

Tabella 6.3 - Scelta del tipo di tubo in relazione all’ambiente di installazione

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7
I CONDUTTORI ELETTRICI

7.1 I CONDUTTORI E IL REGOLAMENTO CPR

Il conduttore elettrico - più comunemente detto “cavo” - è un dispositivo


formato sostanzialmente da tre parti: il conduttore, l’isolante e l’elemento di
protezione del conduttore e dell’isolante (guaina). Il conduttore è costituito
da un solo filo, di rame o alluminio, quando la sezione è molto piccola e da
un insieme di fili avvolti tra loro a spirale quando la sezione è maggiore di
1 [mm2].
Tra gli ultimi aggiornamenti legislativi, in termini di importanza nella produ-
zione dei cavi elettrici, il Regolamento CPR1 è quello che ha maggiormente
contribuito ai principali cambiamenti.
L’applicabilità del Regolamento CPR ai cavi elettrici è divenuta operativa con
la pubblicazione della norma EN 50575-A1 nell’elenco delle Norme armoniz-
zate ai sensi del Regolamento stesso (comunicazione della Commissione pub-
blicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C209/03, 10 giugno
2016).
L’uso dei cavi conformi al Regolamento CPR è diventato obbligatorio il 9
agosto 2017 quando è entrato in vigore il Decreto Legislativo del 16 giugno
2017, n. 106 (“Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del
regolamento (UE) n. 305/2011, che fissa condizioni armonizzate per la com-
mercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva
89/106/CEE”).
Risulta chiara l’importanza di comprendere a pieno il Regolamento CPR, in
modo da rispettare le norme durante la progettazione e realizzazione di un
impianto elettrico limitando al minimo la pericolosità dovuta agli incendi e
quindi riducendo in modo trascurabile i rischi per persone e beni. È indubbio

 
1
Regolamento UE n. 305/2011 del 9 marzo 2011 (detto “Regolamento CPR” da Regolamento
prodotti da costruzione - CPR): legge europea che stabilisce i requisiti base e le caratteristiche
essenziali armonizzate che devono essere garantiti da tutti i prodotti progettati e realizzati per
essere installati in modo permanente nelle opere di ingegneria civile (es. edifici, ospedali,
cinema ecc.). È in vigore dal 01/07/2017.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 7 - I conduttori elettrici

che quando si parla di sicurezza delle persone e dei beni, l’impianto elettrico
riveste un ruolo fondamentale.
Per questo motivo con un’attenta prevenzione e realizzando impianti elettrici
a regola d’arte con componenti sicuri e di qualità in accordo con il Regola-
mento CPR, la propagazione del fuoco, l’oscuramento degli ambienti invasi
dal fumo e la diffusione di gas corrosivi e tossici si potrebbero ridurre o eli-
minare quasi totalmente.
L’art. 2, comma 1 del Regolamento CPR afferma che “un prodotto da costru-
zione” è “qualsiasi prodotto o kit fabbricato e immesso sul mercato per essere
incorporato in modo permanente in opere di costruzione o in parti di esse e
la cui prestazione incide sulla prestazione delle opere di costruzione rispetto
ai requisiti di base delle opere stesse”.
La Commissione Europea ai fini della sicurezza delle costruzioni ha definito
sette requisiti:
1. resistenza meccanica e stabilita;
2. sicurezza in caso di incendio;
3. igiene, salute e ambiente;
4. sicurezza e accessibilità nell’uso;
5. protezione contro il rumore;
6. risparmio energetico e ritenzione del calore;
7. uso sostenibile delle risorse naturali.

Per i conduttori sono stati considerati il requisito 2 e il requisito 3. Tutti i cavi


installati in maniera definitiva nelle costruzioni, siano essi per il trasporto di
energia o di trasmissione dati, dovranno essere classificati in base alle classi
del relativo ambiente di installazione.
L’obiettivo del Regolamento CPR è di garantire la libera circolazione dei pro-
dotti da costruzione nell’Unione Europea e proteggere il mercato da quelli non
conformi raggiungendolo:
- grazie ad un linguaggio armonizzato capace di definire prestazioni e
caratteristiche essenziali di prodotto attraverso metodologie di prova
definite da specifiche tecniche armonizzate CEN/CENELEC (norme di
prodotto/prova) che devono essere obbligatoriamente recepite ed appli-
cate in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea;
- consentendo di selezionare consapevolmente il livello di prestazione
necessario al fine di garantire la sicurezza di persone e beni;
- condividendo la responsabilità fra tutti gli attori della filiera;
I vantaggi che derivano dall’adottare questo Regolamento sono molteplici, tra
i più importanti annoveriamo:

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Parte prima - Nozioni generali

a) Maggiore chiarezza e trasparenza: le informazioni indicate sui pro-


dotti da costruzione in relazione alle loro performance sono garantite
da una precisa documentazione che accompagna il prodotto, attra-
verso un linguaggio tecnico comune e metodi di valutazione uniformi
(Euroclassi);
b) Maggiore qualità dei prodotti: meno prodotti contraffatti e fuori nor-
mativa al fine di limitare al minimo i rischi per persone e beni riducendo
la pericolosità degli incendi;
c) Maggiore sicurezza nelle istallazioni: i nuovi prodotti sono basati su
specifiche prove di comportamento al fuoco in grado di rispondere a
standard di sicurezza e affidabilità accresciuti rispetto al passato e di
ridurre i rischi.

Il Regolamento per i prodotti da costruzione introduce i seguenti obblighi per


i fabbricanti:
1) Marcatura CE. Questa marcatura è una dichiarazione obbligatoria, ri-
lasciata dal fabbricante di un prodotto regolamentato nell’Unione Eu-
ropea, che dimostra come il prodotto sia conforme ai requisiti di sicu-
rezza previsti dalle direttive in vigore. La marcatura CE non può essere
paragonabile a marchio di qualità e quindi non assicura la sicurezza del
prodotto in senso stretto, ma ne comunica le prestazioni al fine di po-
terlo impiegare in sicurezza in un’opera stabile e garantita. Inoltre, tale
marcatura dev’essere sempre messa accanto alle indicazioni previste
dall’art. 9 del Regolamento CPR - ad esempio: numero di identifica-
zione della DoP (Declaration of Performance), nome e indirizzo della
sede legale del fabbricante ecc. Non essendo fisicamente possibile - per
mancanza di spazio - riportare sul cavo tutti i dati sopra esposti, la mar-
catura CE sarà inserita sull’etichetta, sulla bobina, sulla scatola o
sull’imballo.

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici
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Figura 7.1 - Esempio di marcatura cavi rispondenti al Regolamento CPR UE 305/2011 prodotti da costruzione
(fonte: Prysmian) 

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 7.2 - Altro esempio di marcatura cavi rispondente


al Regolamento CPR UE 305/2011 prodotti da costruzione (fonte: Icel)

2) Dichiarazione di prestazione (DoP): una volta rilasciato da parte


dell’organismo notificato il Certificato di costanza delle prestazioni
(AVCP) - o il Rapporto di prova per le classi inferiori - il fabbricante è
in grado di redigere la propria Dichiarazione di prestazione (Declara-
tion of Performance-DoP). In possesso di tale requisito può porre la
marcatura CE al prodotto da costruzione assumendosi la responsabilità
della conformità a quanto dichiarato. Per cui il documento principale,
attorno al quale ruota tutto il processo di marcatura CE dei prodotti da
costruzione in base alle disposizioni del Regolamento (UE) 305/2011 è
la Dichiarazione di prestazione (DoP). La DoP dovrà contenere le

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

informazioni richieste dall’allegato III al Regolamento CPR e dovrà es-


sere disponibile per ogni cavo immesso sul mercato fino all’utilizzatore
finale il quale dovrà esibirla alle autorità competenti qualora esse lo ri-
chiedano (art. 7 del Regolamento CPR). La DoP potrà essere fornita in
forma cartacea o su supporto elettronico e, inoltre, dovrà essere predi-
sposta per qualunque livello di prestazione dichiarata, anche quella più
bassa (classe F), e deve essere conservata 10 anni dal fabbricante.

Figura 7.3 - Esempio di Dichiarazione di prestazione (DoP) rispondente al Regola-


mento CPR UE 305/2011 prodotti da costruzione (fonte: La Triveneta Cavi)

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Parte prima - Nozioni generali

3) Sistema di valutazione e verifica della costanza delle prestazioni


(AVCP): i sistemi AVCP (Assessment and Verification of Constancy of
Performance) per i cavi sono quattro. Si passa da un sistema 1 che com-
porta maggiori compiti per l’organismo notificato con controlli molto
più severi, ad un sistema 4 completamente ad onere del fabbricante con
controlli meno severi. Al fine di garantire la maggiore sicurezza possi-
bile negli edifici ad alto rischio, i sistemi AVCP più severi sono ovvia-
mente correlati alla produzione dei cavi con le classi di reazione al
fuoco più performanti.
I conduttori elettrici, però, sono raramente la causa di un incendio, ma quando
vi sono coinvolti possono costituire un elemento di grave pericolo in ragione
della loro elevata quantità e della loro diffusione in tutti gli ambienti dell’edi-
ficio.
Le normative armonizzate in materia di conduttori prevedono, per i rischi
legati alla propagazione degli incendi, le seguenti tre caratteristiche essen-
ziali:
a) resistenza al fuoco: è la proprietà di un elemento inserito in una costru-
zione edile di soddisfare per un determinato periodo di tempo la capa-
cità di carico richiesta, l’integrità e l’isolamento termico specificati per
una prova di resistenza al fuoco standard;
b) rilascio di sostanze pericolose: è la risposta di un materiale, in condi-
zioni di prova specifiche, di non rilasciare nell’ambiente circostante so-
stanze pericolose e nocive durante il deterioramento;
c) reazione al fuoco: è la risposta di un materiale, in condizioni di prova
specifiche, nel contribuire, tramite la sua stessa decomposizione, a un
incendio al quale è esposto.
I conduttori sono stati classificati in 7 classi di reazione al fuoco che vanno da
A ad F in funzione delle loro prestazioni decrescenti (Figura 7.4). Ogni classe
prevede una soglia minima per il rilascio di calore e la propagazione della
fiamma.
Oltre a questa classificazione principale, le autorità europee hanno regolamen-
tato anche l’uso dei seguenti parametri aggiuntivi:
s = opacità dei fumi. Varia da s1 a s3 con prestazioni decrescenti, e si sud-
divide a sua volta in s1a e s1b;
d = gocciolamento di particelle incandescenti (che possono propagare l’in-
cendio). Varia da d0 a d2 con prestazioni decrescenti;
a = acidità. Definisce la pericolosità dei gas e dei fumi per le persone e la
corrosività per le cose. Varia da a1 ad a3 con prestazioni decrescenti.

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Figura 7.4 - Le sette classi di reazione al fuoco dei conduttori

Figura 7.5 - Esempio di classificazione dei conduttori per reazione al fuoco

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Parte prima - Nozioni generali

7.1.1 Nuove tipologie di conduttori

Per il superamento delle nuove prove introdotte dal Regolamento CPR, i pro-
duttori di conduttori sono stati costretti a sviluppare nuove mescole per quanto
riguarda l’isolamento, il riempitivo e la guaina, permettendogli di rientrare
nelle classificazioni previste. Per cui sono stati introdotti nuovi cavi con nuove
sigle che hanno sostituito i conduttori generalmente utilizzati in luoghi con
pericolo di incendio.
Una considerazione importante da fare è che il Regolamento CPR si occupa
solamente delle prove e della classificazione dei prodotti per quanto riguarda
il comportamento al fuoco: per le altre caratteristiche - come ad esempio le
proprietà elettriche, le tensioni nominali e le portate in corrente - non sono
state introdotte modifiche.

Tabella 7.1 - Materiali isolanti e guaina

CONDUTTORI NON CPR CONDUTTORI CPR


Descrizione Vecchia sigla Nuova sigla
Isolante cavi FG7OR e FG7OM1 G7 G16
Isolante cavi N07G9-K G9 G17
Isolante cavi FG10OM1 G10 G18
Isolante cavi N07V-K R2 S17
Guaina PVC cavi FG7OR Rz R16
Guaina LSOH cavi FG10OM1 M1 M16
Guaina LSOH cavi FG10OM2 M2 M18

Tabella 7.2 - Sigle conduttori e classificazione per reazione al fuoco

CONDUTTORI NON CPR CONDUTTORI CPR


Vecchia sigla Nuova sigla Classificazione
FG10M1 FG18M16 B2ca s1a, d1, a1
FG10OM1 FG18OM16 B2ca s1a, d1, a1
FG10M2 FG18M18 B2ca s1a, d1, a1
FG10OM2 FG18OM18 B2ca s1a, d1, a1
FG7M1 FG16M16 Cca s1b, d1, a1

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

CONDUTTORI NON CPR CONDUTTORI CPR


Vecchia sigla Nuova sigla Classificazione
FG7OM1 FG16OM16 Cca s1b, d1, a1
FG7OH1M1 FG16OH1M16 Cca s1b, d1, a1
FG7OH2M1 FG16OH2M16 Cca s1b, d1, a1
FG7R FG16R16 Cca s3, d1, a3
FG7OR FG16OR16 Cca s3, d1, a3
FG7OH1R FG16OH1R16 Cca s3, d1, a3
FG7OH2R FG16OH2R16 Cca s3, d1, a3
N07G9-K FG17 Cca s1b, d1, a1
N07V-K FS17 Cca s3, d1, a3

Tabella 7.3 - Elenco delle sigle dei conduttori non armonizzati coinvolti
nel Regolamento CPR

Sigla (invariata) Classificazione


H05V-K Eca
H07V-K Eca
H07V-U Eca
H03VV-F Eca
H05VV-F Eca
H05VV5-F Eca
H05RN-F Eca
H07RN-F Eca

__________
235
AVVERTENZA
Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

I simboli e i valori riportati nella Tabella 7.4 a pagina precedente vanno spie-
gati come segue.

Prove al fuoco.
- Parametri della prova EN 50399:
FS = lunghezza di propagazione della fiamma;
THR = quantità totale di calore rilasciato;
Picco HRR = valore del picco del calore rilasciato;
FIGRA = tasso d’incremento dell’incendio;
TSP = quantità totale di fumo emesso;
Picco SPR = valore del picco del fumo emesso;
- Parametri della prova relativa alla propagazione verticale della fiamma EN
60332-1-2:
H = altezza di bruciatura

Fumo.
- s1 = TSP 1.200 s ≤ 50 m2 e picco SPR ≤ 0,25 m2/s
s1a = s1 e trasmittanza in conformità alla EN 61034-2 ≤ 80%
s1b = s1 e trasmittanza in conformità alla EN 61034-2 ≥ 60% < 80
- s2 = TSP 1.200 s ≤ 400 m2 e picco SPR ≤ 1,5 m2/s
- s3 = non s1 o s2

Gocce.
d0 = nessuna goccia/particella infiammata entro 1.200 s;
d1 = nessuna goccia/particella infiammata che persiste per più di 10 s entro
1.200 s;
d2 = non d0 o d1.

Acidità: EN 60754-2
a1 = conduttività < 2,5 µS/mm e pH > 4,3;
a2 = conduttività < 10 µS/mm e pH > 4,3;
a3 = non a1 o a2.

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Tabella 7.5 - Sigle di designazione secondo la norma CEI UNEL 35011 – 36011

Gruppi di
Denominazione Simbolo
designazione
Nessun
Natura del Rame
simbolo
conduttore
Alluminio A
Rigido a filo unico U
Rigido a corda rotonda R
Forma del
Flessibile a corda rotonda F
conduttore
Flessibilissimo a corda rotonda FF
Extraflessibile a corda rotonda o di costruzione speciale EF
PVC per temperatura di esercizio di 70 °C, qualità TI1 e
R
TI2
PVC per temperatura di esercizio di 70 °C di qualità su-
R2
periore, qualità R2 (antiinvecchiante)
PVC per temperatura di esercizio di 90 °C, qualità TI3 R7
Mescola a base di PVC avente temperatura caratteri-
S17
stica di 70 °C (CPR)
Mescola isolante a base PVC avente temperatura carat-
S18
teristica di 70 °C (CPR)
Gomma sintetica per temperatura di esercizio di 60 °C G
Gomma etilenpropilenica ad alto modulo per tempera-
G7
tura di esercizio di 90 °C
Mescola elastomerica a basso sviluppo di fumi, gas tos-
G9
Materiale sici e corrosivi
isolante Mescola elastomerica a basso sviluppo di fumi, gas tos-
G10
sici e corrosivi
Mescola a base di gomma etilenpropilenica ad alto mo-
dulo a basso sviluppo di fumi ed acidità avente tempe- G16
ratura caratteristica di 90 °C (CPR)
Mescola elastomerica reticolata a basso sviluppo di
fumi ed acidità adatta per cavi senza rivestimento pro- G17
tettivo avente temperatura caratteristica di 90 °C (CPR)
Mescola elastomerica reticolata a basso sviluppo di fumi
G18
ed acidità avente temperatura caratteristica di 90 °C (CPR)
Mescola a base di gomma etilenpropilenica ad alto mo-
dulo a basso sviluppo di fumi ed acidità avente tempe- G26
ratura caratteristi ca di 105 °C (CPR)
Materiale plastico a basso sviluppo di gas tossici e cor-
M
rosivi (36011)

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Gruppi di
Denominazione Simbolo
designazione
Mescola reticolata a basso sviluppo di fumi, gas tossici
G21
e corrosivi
Polietilene termoplastico E
Polietilene reticolato per temperature di 85°C E4
Uno o più nastri di vetro micato o treccia di vetro chiusa T
Anime riunite per cavo rotondo O
Forma del cavo
Anime riunite ad elica visibile X
Schermo in nastro di alluminio o carta metallizzata H
Schermo a nastri, piattine o fili di rame H1
Schermo a treccia o calza di rame H2
Rivestimenti Conduttore concentrico di rame C
metallici
Conduttore concentrico di alluminio AC
(schermature e
armature) Armatura a treccia o calza metallica A
Armatura a fili di acciaio F
Armatura a piattine di acciaio Z
Armatura a nastri di acciaio N
PVC di qualità TM1, TM2, Rz R
Mescola per guaina a base PVC (CPR) R12
Mescola termoplastica a base di polivinilcloruro (CPR) R16
Mescola per guaina a base PVC (CPR) R18
Polietilene lineare di qualità Ez E
Polietilene reticolato di qualità E4M E4
Gomma sintetica di qualità Gy G
Policloroprene di qualità Ky, Kn o Kz K
Mescola termoplastica a basso sviluppo di fumi, gas
M1
Materiale guaina tossici e corrosivi
Mescola elastomerica a basso sviluppo di fumi, gas tos-
M2
sici e corrosivi
Materiale plastico a basso sviluppo di gas tossici e cor-
M
rosivi (36011)
Mescola termoplastica a basso sviluppo di fumi ed aci-
M16
dità (CPR)
Mescola elastomerica a basso sviluppo di fumi ed aci-
M18
dità (CPR)
Mescola termoplastica a basso sviluppo di fumi ed aci-
M20
dità (CPR)

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 7.6 - Sigle di designazione secondo la norma CEI UNEL 20-27

Gruppi di
Denominazione Simbolo
designazione
Cavo armonizzato H
Riferimento
Cavo nazionale autorizzato A
alle norme
Altro tipo di cavo nazionale N
100/100 V 01
300/300 V 03
Tensione
300/500 V 05
nominale Uo/U
450/750 V 07
0,6/1 kV 1
PVC comune V
PVC per temperatura di 90 °C V2
Gomma sintetica per temperatura di 60 °C R
Gomma etilenpropilenica per temperatura di 60 °C B
Policloroprene per cavi per saldatrici N2

Materiale Gomma siliconica S


isolante Etilene-vinilacetato G
Poliolefine reticolata a bassa emissione di fumi, gas
Z
tossici e corrosivi
Poliolefine termoplastica a bassa emissione di fumi,
Z1
gas tossici e corrosivi
Mescola reticolata a basso sviluppo di fumi, gas tos-
Z2
sici e corrosivi
Schermo a treccia di rame sull’insieme delle anime C4
Schermo a treccia di rame sulle singole anime C5
Schermo a nastri, fili o piattine di rame sull’insieme
C7
Rivestimenti delle anime
metallici (scher- Conduttore concentrico di rame C
mature e arma-
ture) Armatura a fili rotondi d’acciaio Z2
Armatura a piattine d’acciaio Z3
Armatura a nastri d’acciaio Z4
Armatura a treccia di fili d’acciaio Z5
   

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AVVERTENZA
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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Gruppi di
Denominazione Simbolo
designazione
Cavi piatti non divisibili H2
Cavi piatti a tre o più anime H6
Forma del cavo
Cavi con isolante in doppio strato applicato per estru-
H7
sione
PVC comune V
PVC per temperatura di esercizio di 90 °C V2
PVC resistente all’olio V5
Gomma sintetica R
Gomma etilenpropilenica B
Policloroprene N
Policloroprene resistente all’acqua N8
Poliuretano Q
Materiale guaina
Gomma siliconica S
Etilene-vinilacetato G
Polietilene clorosulfonato o polietilene clorurato N4
Poliolefine reticolate a bassa emissione di fumi, gas
Z
tossici e corrosivi
Poliolefine termoplastiche a bassa emissione di fumi,
Z1
gas tossici e corrosivi
Mescola reticolata a basso sviluppo di fumi, gas tos-
Z2
sici e corrosivi
Nessun
Materiale del Rame
simbolo
conduttore
Alluminio A
Rigido a filo unico U
Rigido a corda rotonda R
Forma del Flessibile per posa mobile F
conduttore Flessibile per posa fissa K
Flessibile per cavi di saldatrice D
Flessibilissimo per cavi di saldatrice E

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7.2 MODALITÀ DI POSA

La parte 5 della norma CEI 64-8 si occupa della scelta e della installazione dei
componenti elettrici; in particolare, nel Cap. 52, viene definita la messa in
opera delle condutture in funzione dei vari tipi di posa ammessi.
Nelle Tabelle 7.9-7.11 sono riportate le varie tipologie di posa delle condut-
ture prescritte dalla norma.

Tabella 7.9 - Modalità di posa secondo la norma CEI 64-8

Esempio Descrizione Riferimento

Cavi senza guaina in tubi protettivi circolari posati entro


1
muri termicamente isolanti

Cavi multipolari in tubi protettivi circolari posati entro


2
muri termicamente isolanti

Cavi senza guaina in tubi protettivi circolari posati su o


3
distanziati da pareti

Cavi multipolari in tubi protettivi circolari posati su o di-


3A
stanziati da pareti

Cavi senza guaina in tubi protettivi non circolari posati


4
su pareti

Cavi multipolari in tubi protettivi non circolari posati su


4A
pareti

Cavi senza guaina in tubi protettivi annegati nella mura-


5
tura

Cavi multipolari in tubi protettivi annegati nella muratura 5A

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Esempio Descrizione Riferimento

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


11
armatura, posati su o distanziati da pareti

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


11A
armatura, fissati su soffitti

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


12
armatura, su passerelle non perforate

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


armatura, su passerelle perforate con percorso orizzon- 13
tale o verticale

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


14
armatura, su mensole

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


15
armatura, fissati da collari

Cavi multipolari (o unipolari con guaina), con o senza


16
armatura, su passerelle a traversini

Cavi unipolari con guaina (o multipolari) sospesi a od in-


17
corporati in fili o corde di supporto

Conduttori nudi o cavi senza guaina su isolatori 18

Cavi multipolari (o unipolari con guaina) in cavità di strut-


21
ture

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Parte prima - Nozioni generali

Esempio Descrizione Riferimento

Cavi unipolari senza guaina in tubi protettivi circolari po-


22
sati in cavità di strutture

Cavi multipolari (o unipolari con guaina) in tubi protettivi


22A
circolari posati in cavità di strutture

Cavi unipolari senza guaina in tubi protettivi non circolari


23
posati in cavità di strutture

Cavi unipolari senza guaina in tubi protettivi non circolari


24
annegati nella muratura

Tabella 7.10 - Modalità di posa secondo la norma CEI 11-17 per cavi interrati

Esempio Descrizione Riferimento


Cavi senza guaina in tubi protettivi circolari posati entro
42
cunicoli ventilati incassati nel pavimento

Cavi unipolari con guaina e multipolari posati in cunicoli


43
aperti o ventilati con percorso orizzontale e verticale

Cavi multipolari (o cavi unipolari con guaina) posati diret-


51
tamente entro pareti termicamente isolanti

Cavi multipolari (o cavi unipolari con guaina) posati diret-


tamente nella muratura senza protezione meccanica ad- 52
dizionale

Cavi multipolari (o cavi unipolari con guaina) posati nella


53
muratura con protezione meccanica addizionale

Cavi unipolari con guaina e multipolari in tubi protettivi


61
interrati o in cunicoli interrati

__________
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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Esempio Descrizione Riferimento

Cavi multipolari (o unipolari con guaina) interrati senza


62
protezione meccanica addizionale

Cavi multipolari (o unipolari con guaina) interrati con pro-


63
tezione meccanica addizionale

Cavi senza guaina posati in elementi scanalati 71

Cavi senza guaina (o cavi unipolari con guaina o cavi


multipolari) posati in canali provvisti di elementi di sepa-
72
razione: circuiti per cavi per comunicazione e per elabo-
razione dati
Cavi senza guaina in tubi protettivi o cavi unipolari con
73
guaina (o multipolari) posati in stipiti di porte
Cavi senza guaina in tubi protettivi o cavi unipolari con
74
guaina (o multipolari) posati in stipiti di finestre
Cavi senza guaina, cavi multipolari o cavi unipolari con
75
guaina in canale incassato
Cavi multipolari immersi in acqua 81

Cavi direttamente interrati senza protezione meccanica


L
supplementare

Cavi direttamente interrati con protezione meccanica


M-1
supplementare, lastra piena

Cavi direttamente interrati con protezione meccanica


M-2
supplementare, con apposito legolo

Cavo in tubo interrato N

Cavo in condotti: condotti non apribili, manufatti gettati in


O-1
opera

Cavi in condotti: condotti apribili, manufatti prefabbricati O-2

__________
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Parte prima - Nozioni generali

Esempio Descrizione Riferimento

Cavi in cunicolo affiorante: ventilato P-1

Cavi in cunicolo affiorante: chiuso riempito P-2

Cavi in cunicolo affiorante: chiuso riempito P-3

Cavo in cunicolo interrato Q

Cavo in acqua posato sul fondo R-1

Cavo in acqua interrato sul fondo R-2

Tabella 7.11 - Rappresentazione sintetica della tipologia di cavi ammessi


in funzione del tipo di posa

Tipo di conduttore
Modalità di
Esempio conduttori cavi unipolari cavi unipolari cavi
posa
nudi senza guaina con guaina multipolari
non applicabile
Senza non
non ammessa o non utilizzato ammessa
fissaggio ammessa
nella pratica

Fissaggio
non
diretto su non ammessa ammessa ammessa
ammessa
parete

Entro tubi
non
protettivi ammessa ammessa ammessa
ammessa
circolari

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Tipo di conduttore
Modalità di
Esempio conduttori cavi unipolari cavi unipolari cavi
posa
nudi senza guaina con guaina multipolari
ammessa se i
canali sono
IP4X o IPXXD
non (o con grado di
Entro canali ammessa ammessa
ammessa protezione in-
feriore ma fuori
portata di
mano)

Entro tubi
non
protettivi non ammessa ammessa ammessa
ammessa
circolari

Passerelle o non
non ammessa ammessa ammessa
mensole ammessa

non appli-
non applicabile cabile o
Su isolatori ammessa ammessa o non utilizzato non utiliz-
nella pratica zato nella
pratica

7.3 PORTATA DEI CONDUTTORI

La portata di corrente di un cavo (Iz) dipende dalla sezione, dal tipo di conduttore
e dall’isolante, ma anche dalla temperatura ambiente e dalle condizioni di posa.
Per determinare la sezione del conduttore di fase nel caso di cavi in rame iso-
lati con materiale elastomerico o termoplastico si applica un metodo che fa
riferimento alla norma CEI-UNEL 35024/1 (fascicolo 3516). In particolare si
utilizza un procedimento dove bisogna tener conto - oltre che dei valori tabel-
lati della portata (Iz) - anche di due fattori di correzione K1 e K2 che dipendono
dalla temperatura e dalle condizioni di installazione.
L’effettiva portata (Iz) del cavo per posa non interrata è data dalla relazione:
� =� ∗ � ∗�
Dove:
K1 è il fattore correttivo che tiene conto dell’influenza della temperatura
ambiente in funzione del tipo di isolante quando si hanno temperature
diverse da 30 °C (Tabelle 7.12 e 7.13).

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Parte prima - Nozioni generali

Tabella 7.12 - Influenza della temperatura - Fattore K1

Tipo di isolamento
Temperatura ambiente
PVC EPR
10 1,22 1,15
15 1,17 1,12
20 1,12 1,08
25 1,06 1,04
35 0,94 0,96
40 0,87 0,91
45 0,79 0,87
50 0,71 0,82
55 0,61 0,76
60 0,5 0,71
65 0,65
70 0,58
75 0,5
80 0,41

Tabella 7.13 - Influenza della temperatura - Fattore K1

Isolamento minerali
cavo nudo o ricoperto in
cavo nudo non
materiale termoplastico
esposto al tocco
esposto al tocco
Temp. max della guaina
70°C 105°C
metallica
Temperatura ambiente
10 1,26 1,14
15 1,2 1,11
20 1,14 1,07
25 1,07 1,04
35 0,93 0,96
40 0,85 0,92
45 0,76 0,88
50 0,67 0,84
55 0,57 0,8
60 0,45 0,75

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

65 - 0,7
70 - 0,65
75 - 0,6
80 - 0,54
85 - 0,47
90 - 0,4
95 - 0,32

K2 è il fattore di correzione che considera la diminuzione di portata di un


cavo installato in fascio2 o in strato3 (Tabella 7.14) nelle vicinanze di
altri cavi per effetto del mutuo riscaldamento tra di essi o per i cavi
installati in strato su più supporti secondo le modalità di posa 13, 14,
15, 16 e 17 della CEI 64-8 (Tabelle 7.15 e 7.16).

Tabella 7.14 - Circuiti realizzati con cavi installati in fascio o in strato

N. di Numero di circuiti o cavi multipolari


posa disposizione
CEI 64-8 1 2 3 4 5 6 7 8 9 12 16 20

tutte le
raggruppati
altre 1 0,8 0,7 0,65 0,6 0,57 0,54 0,52 0,5 0,45 0,41 0,38
a fascio, annegati
pose
singolo strato su
muro, pavimento
11/12/25 1 0,85 0,79 0,75 0,73 0,72 0,72 0,71 0,7
o passerelle non
perforate
strato
11A 0,95 0,81 0,72 0,68 0,66 0,64 0,63 0,62 0,61 Nessuna
a soffitto
Ulteriore
strato su passe- riduzione per
relle perforate più di 9 circuiti
13 orizzontali o verti- 1 0,88 0,82 0,77 0,75 0,73 0,73 0,72 0,72 o cavi multipo-
cali (perforate o lari
non perforate)
strato su scala
14-15- posa cavi o graf-
1 0,87 0,82 0,8 0,8 0,79 0,79 0,78 0,78
16-17 fato ad un soste-
gno

 
2
Per fascio si intende un raggruppamento di cavi non distanziati e non posti in strato.
3
Per strato si intende un gruppo di cavi affiancati disposti in orizzontale o in verticale.

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Tabella 7.15 - Circuiti realizzati con cavi unipolari in strato su più supporti - Fattore K2

Numero di circuiti
N. posa Metodo di Numero di trifase Utilizzato per
CEI 64-8 installazione passerelle
1 2 3
2 0,96 0,87 0,81 3 cavi in for-
13 passerelle perforate mazione oriz-
3 0,95 0,85 0,78 zontale
3 cavi in for-
13 passerelle perforate 2 0,95 0,84 mazione verti-
cale
2 0,98 0,93 0,89 3 cavi in for-
14-15-16- scala posa cavi o ele-
mazione oriz-
17 mento di sostegno 3 0,97 0,90 0,86 zontale
2 0,97 0,93 0,89
13 passerelle perforate
3 0,96 0,92 0,86 3 cavi in for-
13 passerelle perforate 2 1,00 0,90 0,86 mazione a tre-
2 0,97 0,95 0,93 folo
14-15-16- scala posa cavi o ele-
17 mento di sostegno 3 0,96 0,94 0,9

Tabella 7.16 - Circuiti realizzati con cavi multipolari in strato su più supporti
(es. passerelle) - Fattore K2

N. posa Metodo di numero di Numero di cavi per ogni supporto


CEI 64-8 installazione passerelle
1 2 3 4 6 9

2 1,00 0,87 0,80 0,77 0,73 0,68


posa
ravvicinata
passerelle 3 1,00 0,86 0,79 0,76 0,71 0,66
13 perforate
orizzontali4 2 1,00 0,99 0,96 0,92 0,87
posa
distanziata5
3 1,00 0,98 0,95 0,91 0,85

 
4
Nelle pose su passerelle orizzontali o su scala posa cavi, i cavi devono essere posizionati ad una
distanza dalla superficie verticale (parete) maggiore o uguale a 20 mm.
5
Per posa distanziata si intendono cavi posizionati:
- ad una distanza almeno doppia del loro diametro in caso di cavi unipolari;
- ad una distanza almeno pari al loro diametro in caso di cavi multipolari.
Mentre se i cavi sono installati ad una distanza superiore a quella sopra indicata il fattore correttivo
per circuiti vicini (tabella T2) non si applica (K2 = 1).

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

posa ravvi-
passerelle 2 1,00 0,88 0,81 0,76 0,71 0,70
cinata
13 perforate
verticali posa di-
2 1,00 0,91 0,88 0,87 0,85
stanziata

2 1,00 0,86 0,80 0,78 0,76 0,73


posa ravvi-
cinata
3 1,00 0,85 0,79 0,76 0,73 0,70

scala posa
14-15-16- cavi ele-
17 mento di
sostegno

2 1,00 0,99 0,98 0,97 0,96


posa di-
stanziata
3 1,00 0,98 0,97 0,96 0,93

Dopo aver determinato il valore di K1 e K2 tramite le Tabelle 7.13-7.16:

- dividiamo il valore della corrente nominale dell’interruttore In o della


corrente termica Ir per il coefficiente correttivo � = � ∗ � tro-
vando così il valore In’ oppure Ir:


� =

- in funzione del numero di posa della CEI 64-8;


- in funzione del tipo d’isolante;
- in funzione del numero di conduttori attivi (3 per i sistemi trifase e 2
per i sistemi mono o bifase).
Dalla Tabella 7.17 (per i cavi multipolari) e dalla Tabella 7.18 (per i cavi uni-
polari con e senza guaina) si individuano:
- la portata Iz’ che rispetta la condizione:

� ≥�

- la portata effettiva della conduttura si ricava dunque da:

� =� ∗�

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Parte prima - Nozioni generali

Per comprendere meglio il metodo precedentemente esposto si propone di se-


guito un esempio per la determinazione della portata di un cavo.

ESEMPIO

Si vuole determinare la portata di un cavo (Iz) i cui dati di input sono:


a) anima in rame;
b) tre circuiti attivi (trifase);
c) isolamento in EPR;
d) stato posato su passerelle orizzontali o verticali perforate o non perfo-
rate (tipo di CEI 64-8 n. 13);
e) vicino a tre circuiti costituiti da:
- cavo trifase (1° circuito);
- N. 3 cavi unipolari (2° circuito);
- N. 6 cavi unipolari (3° circuito) - Risulta equivalente a 2 circuiti trifase.
Se ne deduce che sulla passerella perforata in totale possiamo considerare per-
ciò posati 5 circuiti.
f) temperatura ambiente di 40 °C;
g) la corrente di impiego (Ib) dell’utilizzatore riportata sulla traghetta è
pari a 23 [A].
SOLUZIONE
Procediamo con la determinazione della sezione del cavo nel modo seguente:
1. Scelta dell’interruttore automatico: l’interruttore deve avere una cor-
rente nominale In maggiore o uguale alla corrente di impiego (Ib); per
cui utilizzando un interruttore modulare si avrà:
� = 2 [A]
2. Calcolo del coefficiente correttivo Ktot:
- temperatura ambiente K1 = 0,91 (vedi Tab. 7.12) ;
- posa ravvicinata K2 = 0,75 (vedi Tab. 7.14);
- � = � ∗ � = 0, 8 .
3. Calcolo della minima portata teorica richiesta alla conduttura:
� 2
� = = = ,05 [A]
� 0, 8

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4. Calcolo della sezione del conduttore di fase utilizzando la Tabella 7.18-


bis avendo:
- N. posa: 13;
- isolante EPR;
- N. di conduttori attivi: 3.

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Parte prima - Nozioni generali

5. La portata teorica (Iz’) immediatamente superiore alla minima portata


teorica (Iz’), è pari a 54 [A], da cui si ottiene una sezione di 6 [mm2];
6. La portata effettiva (Iz) di un cavo da 6 [mm2] nelle condizioni di posa
considerate è in effetti pari a:

� =� ∗� = 5 ∗ 0, 8 = , 2 [A]

Per facilitare il compito del lettore nel determinare la portata dei cavi, sono
state predisposte le Tabelle da 7.19 a 7.23, nelle quali si può leggere diretta-
mente la portata (Iz) dei cavi a 30 °C, nelle condizioni di posa più utilizzate (il
numero corrisponde al tipo di posa identificato dalla norma CEI 64-8):
3 - tubi protettivi circolari posati su o distanziati da pareti;
4 - tubi protettivi non circolari posati su pareti;
5 - tubi protettivi annegati nella muratura;
22 - tubi protettivi circolari posati in cavità di strutture;
23 - tubi protettivi non circolari posati in cavità di strutture;
24 - tubi protettivi non circolari annegati nella muratura;
31 - canali posati su parete con percorso orizzontale;
32 - canali posati su parete con percorso verticale;
33 - canali incassati nel pavimento;
34 - canali sospesi;
41 - tubi protettivi circolari posati entro cunicoli chiusi, con percorso oriz-
zontale o verticale;
42 - tubi protettivi circolari posati entro cunicoli ventilati incassati nel pa-
vimento;
72 - canali provvisti di elementi di separazione.

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Tabella 7.19 - Cavi unipolari senza guaina posati in tubazione o in canala 

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Tabella 7.19 (segue) 

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La Tabella 7.20 vale per i seguenti tipi di posa (il numero corrisponde al tipo
di posa identificato dalla norma CEI 64-8):
3A - tubi protettivi circolari posati su o distanziati da pareti;
4A - tubi protettivi non circolari posati su pareti;
5A - tubi protettivi annegati nella muratura;
21 - cavità di strutture;
22A - tubi protettivi circolari posati in cavità di strutture;
25 - controsoffitti e pavimenti sopraelevati.
Tabella 7.20 - Cavi multipolari posati in tubazione o in canala 

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Tabella 7.20 (segue)  Parte prima - Nozioni generali

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

La Tabella 7.21 vale per i seguenti tipi di posa (il numero corrisponde al tipo
di posa identificato dalla norma CEI 64-8):
3A - tubi protettivi circolari posati su o distanziati da pareti;
4A - tubi protettivi non circolari posati su pareti;
5A - tubi protettivi annegati nella muratura;
21 - cavità di strutture;
22A - tubi protettivi circolari posati in cavità di strutture;
25 - controsoffitti e pavimenti sopraelevati.
Tabella 7.21 - Cavi multipolari posati in fascio su passerelle perforate o mensole 

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Tabella 7.22 - Cavi multipolari posati in strato su passerelle perforate 

Parte prima - Nozioni generali


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Capitolo 7 - I conduttori elettrici
Tabella 7.23 - Cavi multipolari posati in strato su mensole 

7.4 DIMENSIONAMENTO RAPIDO DEI CONDUTTORI

I metodi di calcolo della sezione dei cavi e quelli di verifica descritti in prece-
denza sono rigorosamente rispondenti alle norme CEI. La loro applicazione
porta all’ottimizzazione della sezione dei cavi (sezione minima possibile) con
conseguente minimizzazione dei costi di acquisto e di installazione. Questo
significa che il procedimento richiede attenzione e tempo per la progettazione,
perciò può risultare più utile al lettore fare riferimento ad un metodo rapido.
Di seguito si propone un criterio in forma tabellare che non richiede né calcoli
né verifiche, poiché le sezioni indicate sono state determinate.

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Parte prima - Nozioni generali

Tuttavia, affinché le sezioni suggerite risultino rispondenti alle norme, in qual-


che applicazione possono risultare leggermente sovrabbondanti.
La scelta dei cavi effettuata con questo metodo è particolarmente mirata per
impianti ad uso civile del tipo domestico o piccolo terziario, aventi sistema di
distribuzione TT e posa eseguito da tubi incassati nei muri.

7.4.1 Linee monofase

Le Tabelle 7.24-7.32 ci danno il valore delle lunghezze massime dei cavi in


funzione della corrente nominale dell’interruttore (In), della sezione dei cavi e
della caduta di tensione massima ammissibile (Δu) nel circuito.

Tabella 7.24 - Dimensionamento delle linee di distribuzione monofase con Δu = 1%

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16


(In) = 10 [A] 7,7 12,8 20,6 30,9
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 8,0 12,8 19,3 32,0
(In) = 20 [A] 10,3 15,4 25,5 40,5

Tabella 7.25 - Dimensionamento delle linee di distribuzione monofase con Δu = 1,5%

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16


(In) = 10 [A] 11,6 19,3 30,9 46,4
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 12,0 19,3 29,0 48,0
(In) = 20 [A] 15,4 23,2 38,4 61,0

Tabella 7.26 - Dimensionamento delle linee di distribuzione monofase con Δu = 2%

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16


(In) = 10 [A] 15,5 25,7 41,2 61,9
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 16,0 25,7 38,7 64,1
(In) = 20 [A] 20,6 30,9 51,2 81,3

Tabella 7.27 - Dimensionamento delle linee di distribuzione monofase con Δu = 2,5%

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16


(In) = 10 [A] 19,4 32,2 51,6 77,4
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 20,1 32,2 48,4 80,2
(In) = 20 [A] 25,8 38,7 64,1 101,8

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Capitolo 7 - I conduttori elettrici

Tabella 7.28 - Dimensionamento delle linee di distribuzione monofase con Δu = 3%

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16


(In) = 10 [A] 23,2 38,6 61,9 92,8
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 24,1 38,6 58,0 96,1
(In) = 20 [A] 30,9 46,4 76,8 122,1

ESEMPIO
Consideriamo:
a) una linea monofase lunga 40 [m];
b) protetta da un interruttore avente una (In) pari a 20 [A];
c) con una caduta di tensione massima ammissibile del 3%.
d) dalla Tabella 7.28-bis si ricava una sezione da 6 [mm2] con una lun-
ghezza massima protetta pari a 46,4 [m].

Tabella 7.28-bis

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16

(In) = 10 [A] 23,2 38,6 61,9 92,8


58,0
Lunghezza max [m] (In) = 16 [A] 24,1 38,6 96,1

(In) = 20 [A] 30,9 46,4 76,8 122,1

Nel caso, invece, di impianti con sistema TN e con altre modalità di posa dei
cavi, il metodo precedente può essere utilizzato solo con determinati accorgi-
menti:
1) corrente di cortocircuito all’origine dell’impianto BT non superiore a
15 [kA];
2) sezione del conduttore di protezione PE ricavato dalla Tabella 7.29.

Tabella 7.29 - Sezioni del conduttore di protezione SPE in funzione della sezione del
conduttore di fase SF

Sezione di fase (SF) [mm2] in rame SPE [mm2] in rame


< 16 SF
25-35 16
> 35 SF/2

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Parte prima - Nozioni generali

In realtà le norme prevedono di realizzare i circuiti di distribuzione degli im-


pianti elettrici aventi sezioni di fase (e di neutro) diverse da quelle dei circuiti
terminali. Per esempio, la linea dorsale di un circuito di FM ha una sezione
maggiore rispetto a quella di una linea finale che porta alla presa.
Le Tabelle 7.30 e 7.31 forniscono le lunghezze che devono possedere tratti di
circuito che hanno sezioni diverse in funzione della lunghezza totale alimen-
tati con interruttore avente una (In) pari 10 [A] e uno avente una (In) pari a 16
[A] e una ad una caduta di tensione massima Δu pari al 2,5%6.

Tabella 7.30 - Interruttore con In = 10 [A] e Δu = 2,5%

Lunghezza totale linee


19 20 25 30 35 40 45 50
[m]
Lung. [m] S = 4 [mm2] 20 25 10 25 33 35 41 50
Singoli S = 2,5 [mm2] 5 15 30 25 15 10
tratti [m] S = 1,5 [mm2] 19 15 10 10 10 7 4

Tabella 7.31 - Interruttore con In = 16 [A] e Δu = 2,5%

Lunghezza totale linee [m] 20 25 30 35 40 45 50


Lunghezza [m] S=6 [mm2] 10 13 25 10 34 23 39 48
S=4 [mm2] 15 25 25 17 6
Singoli tratti [m]
S=2,5 [mm2] 20 10 15 5 16 10 6 7

ESEMPIO
Consideriamo:
a) una linea monofase lunga 38 [m];
b) protetta da un interruttore avente una (In) pari a 10 [A];
c) con una caduta di tensione massima ammissibile del 2,5%;

Tabella 7.30-bis

Lungh. totale linee [m] 19 20 25 30 35 40 45 50

Lungh. [m] S=4 [mm2] 20 25 10 25 33 35 41 50

S=2,5 [mm2] 5 15 30 25 15 10
Singoli
tratti [m]
S=1,5 [mm2] 19 15 10 10 10 7 4

 
6
Caratteristica degli impianti civili in cui il conduttore che collega il contatore con l’appartamento
(montante) abbia una caduta di tensione inferiore Δu ≤ 1,5% essendo quella totale ≤ 4%.

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d) dalla Tabella 7.30-bis si ricavano due tratti aventi il primo lunghezza di


25 [m] con sezione da 4 [mm2] e l’altro lunghezza di 15 [m] con sezione
da 2,5 [mm2].

7.4.2 Linee trifase

La Tabella 7.32 fornisce le lunghezze massime dei conduttori in funzione della


corrente nominale dell’interruttore (In), della sezione dei cavi e della caduta di
tensione massima ammissibile (Δu) nel circuito.
Consideriamo (Δu) pari all’1% per i circuiti di distribuzione e pari al 3% per
quelli terminali.

Tabella 7.32 - Dimensionamento delle linee di distribuzione trifase

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16 25 35


(In) = 6 [A] 28,6 47,5 75,6 113
(In) = 10 [A] 17,2 28,5 45,4 67,9
L max [m]
Δu = 1% (In) = 16 [A] 17,8 28,3 42,4 69,6
Circuito di (In) = 20 [A] 22,7 33,9 55,7 87,4
distribuzione
(In) = 25 [A] 27,1 44,6 69,9 108
(In) = 30 [A] 34,8 54,6 84,8 116
(In) = 6 [A] 85 142 227 339
(In) = 10 [A] 51 85 136 203
L max [m]
Δu = 3% (In) = 16 [A] 53 85 127 209
Circuito (In) = 20 [A] 68 101 167 262
terminale
(In) = 25 [A] 81 133 209 266
(In) = 30 [A] 104 163 207 234

ESEMPIO

Consideriamo:
a) una linea trifase lunga 125 [m] di un circuito terminale;
b) protetta da un interruttore avente una (In) pari a 20 [A];
c) con una caduta di tensione massima ammissibile del 3%;

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Tabella 7.32-bis

Sezione cavi in rame [mm2] 1,5 2,5 4 6 10 16 25 35


(In) = 6 [A] 28,6 47,5 75,6 113
(In) = 10 [A] 17,2 28,5 45,4 67,9
L max [m]
Δu = 1% (In) = 16 [A] 17,8 28,3 42,4 69,6
Circuito di (In) = 20 [A] 22,7 33,9 55,7 87,4
distribuzione
(In) = 25 [A] 27,1 44,6 69,9 108
(In) = 30 [A] 34,8 54,6 84,8 116
(In) = 6 [A] 85 142 227 339
(In) = 10 [A] 51 85 136 203
L max [m]
Δu = 3% (In) = 16 [A] 53 85 127 209
Circuito (In) = 20 [A] 68 101 167 262
terminale
(In) = 25 [A] 81 133 209 266
(In) = 30 [A] 104 163 207 234

d) dalla Tabella 7.32-bis si ricava una lunghezza massima di 167 [m] - il


valore immediatamente superiore a 125 [A] - con sezione da 10 [mm2].

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
8
APPARECCHI DI COMANDO,
PRESE ELETTRICHE, LOCALI BAGNO
E LUOGHI MARCI

8.1 I DISPOSITIVI DI COMANDO

Gli apparecchi di comando a servizio dell’impianto illuminotecnico più usati


nelle installazioni ad uso civile BT sono:
- interruttori unipolari;
- deviatori;
- invertitori;
- relè.
Tutti questi dispositivi devono rispondere alle prescrizioni contenute nella
norma CEI 23-9 (relativa agli apparecchi di comando destinati ad usi domestici
e similari).

8.1.1 L’interruttore unipolare

Per l’accensione di una o più lampade da un punto, si utilizza l’apparecchio


fondamentale nell’impiantistica elettrica ovvero l’interruttore unipolare,
cioè un dispositivo in grado di interrompere la continuità elettrica del solo
conduttore di fase. Un interruttore unipolare per usi civili è fondamental-
mente costituito da un involucro in materiale isolante, da un contatto fisso e
da un contatto mobile vincolato ad un tasto basculante collegato ad una
molla di pressione.
Questo tipo di apparecchio ON/OFF trova la sua tipica applicazione nelle cu-
cine, nei bagni, nei ripostigli, nei solai, nelle cantine ecc. ed in quegli ambienti
dove sia ha la possibilità di un solo accesso (vedi Figure 8.3 e 8.4).
Come si può vedere dalla Figura 8.1, l’apparecchio nella sua parte posteriore
presenta due morsetti denominati rispettivamente L ed 1. Il conduttore di fase
derivato direttamente dalla dorsale principale a valle dell’interruttore automa-
tico presente nel centralino (quadro elettrico principale) viene collegato al

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Parte prima - Nozioni generali

morsetto con la lettera L. A questo punto dal morsetto col numero 1 usciamo
con un conduttore il quale deve essere collegato direttamente al portalampada
o ai portalampade dei corpi illuminanti che vogliamo comandare (accendere
o spengere).
Il conduttore di neutro e il conduttore di terra (nel caso in cui siano presenti
parti metalliche), derivati anch’essi dalla dorsale principale, vanno diretta-
mente al portalampada o ai portalampade dei corpi illuminanti (vedi Figura
8.1).

Figura 8.1 - Interruttore unipolare 1 polo 10/16 [A]

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

Figura 8.2 - Schema di collegamento interruttore

Figura 8.3 - Esempio di impianto di illuminazione bagno

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.4 - Esempio di impianto di illuminazione salone

8.1.2 Il deviatore

Spesso è necessario comandare uno o più corpi illuminanti da uno o più punti
distinti in modo che le operazioni che si fanno risultino indipendenti; ad
esempio, si deve poter accendere una lampada dal primo punto e spengerla
dal secondo, riaccenderla dal primo e così via, con tutte le altre possibili
combinazioni. Negli ambienti di tipo civile questo impianto trova numerose
applicazioni: in pratica ogni volta che si trovi un comando all’inizio ed uno
alla fine di un corridoio, di una scala o di un locale con uno o con più in-
gressi. Anche in questo caso si tratta di un apparecchio di tipo ON/OFF ed
il suo scopo è quello di interrompere la continuità elettrica del solo condut-
tore di fase.
Il deviatore è un apparecchio un po’ più complesso rispetto all’interruttore
unipolare perché il contatto mobile che ha devia il percorso della corrente sul
primo o sul secondo contatto fisso a seconda della posizione assunta dal tasto
basculante di comando.
Come si può vedere dalla Figura 8.5 l’apparecchio nella sua parte posteriore
presenta tre morsetti denominati rispettivamente L, 1 e 2. Il conduttore di fase
derivato direttamente dalla dorsale principale a valle dell’interruttore automa-
tico presente nel centralino viene collegato al morsetto con la lettera L. Dai
morsetti 1 e 2 facciamo partire due cavi che vanno direttamente ai rispettivi
morsetti 1 e 2 del secondo deviatore. A questo punto dal morsetto L del se-
condo deviatore usciamo con il conduttore da collegare direttamente al

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

portalampada o ai portalampade dei corpi illuminanti che vogliamo coman-


dare.
Il conduttore di neutro e il conduttore di terra derivati anch’essi dalla dorsale
principale vanno direttamente al portalampada o ai portalampade dei corpi il-
luminanti (vedi Figura 8.6).

Figura 8.5 - Deviatore 1 polo 10/16 [A]

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.6 - Schema di collegamento deviatore

Vediamo il tutto anche attraverso uno schema funzionale riportato in Figura


8.7. La corrente che percorre il conduttore di fase che abbiamo derivato dalla
dorsale principale attraversa il primo deviatore dal morsetto L al morsetto 1.
Dal morsetto 1 colleghiamo tramite un conduttore il morsetto 1 del secondo
deviatore. Sul secondo deviatore, come possiamo vedere sempre in Figura 8.7,
non c’è nessun collegamento fisico tra il morsetto 1 ed il morsetto L. Questo
significa che la corrente si interrompe e la lampada risulta essere spenta.
Scambiando la leva del primo deviatore dalla posizione L-1 alla posizione L-
2 la corrente passa al secondo deviatore tramite il conduttore che collega il
morsetto 2. Sul secondo deviatore tra il morsetto 2 ed il morsetto L si ha un
collegamento che permette il passaggio della corrente fino alla lampada che
risulta essere accesa.

Figura 8.7 - Schema funzionale di deviatore

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Figura 8.8 - Esempio di impianto di illuminazione per una camera

8.1.3 L’invertitore

Per comandare uno o più corpi illuminanti da tre o più posizioni è necessario
installare due deviatori ed un invertitore. Aggiungendo altri invertitori è pos-
sibile estendere il comando dei corpi illuminanti a 4, 5, 6 ecc., fino ad infiniti
punti. Nella realtà se si superano i cinque punti di comando si preferiscono
altre soluzioni più economiche che vedremo in seguito (relè). Il comando di
lampade da più postazioni è caratteristico di corridoi lunghi con diverse porte,
di scale aventi più piani, di locali ampi a più ingressi, ecc.
I deviatori vengono posti nel circuito di comando in posizione iniziale e finale
mentre l’invertitore va inserito in mezzo.
Anche in questo caso si tratta di un apparecchio di tipo ON/OFF ed il suo
scopo è quello di effettuare uno scambio contemporaneo di due conduttori,
perciò è un dispositivo - come si vede dalla Figura 8.9 - avente 4 morsetti
identificati a coppie 1-L1 e 2-L2. Si nota immediatamente la complessità dei
circuiti che impiegano apparecchi invertitori a causa dell’elevato numero di
conduttori richiesti.
Dalla Figura 8.10 si può notare che il conduttore di fase derivato direttamente
dalla dorsale principale a valle dell’interruttore automatico presente nel cen-
tralino viene collegato al morsetto con la lettera L del primo deviatore. Dai
morsetti 1 e 2 facciamo partire due cavi che vanno direttamente ai morsetti 2

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Parte prima - Nozioni generali

e 2 dell’invertitore. Dai morsetti 1 e 1 facciamo partire due conduttori che


vanno a loro volta collegati direttamente ai rispettivi morsetti 1 e 2 del secondo
deviatore. A questo punto dal morsetto L del secondo deviatore usciamo con
il cavo da collegare al portalampada o ai portalampade dei corpi illuminanti
che vogliamo comandare.
Il conduttore di neutro e il conduttore di terra derivati anch’essi dalla dorsale
principale vanno direttamente al portalampada o ai portalampade dei corpi il-
luminanti.

Figura 8.9 - Invertitore 1 polo 10/16 [A]

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Figura 8.10 - Schema di collegamento di invertitore

Vediamo attraverso dello schema funzionale di Figura 8.11 il meccanismo che


ci permette di accendere e spengere la lampada del corpo illuminante.
La corrente che percorre il conduttore di fase, che abbiamo derivato dalla dor-
sale principale, attraversa il primo deviatore dal morsetto L al morsetto 1. Dal
primo deviatore la corrente scorre tramite il conduttore che collega i morsetti
1-2 ed arriva all’invertitore. Dall’invertitore attraverso il conduttore che col-
lega i morsetti 1-1 arriva al secondo deviatore. Sul secondo deviatore - come
possiamo vedere dalla Figura 8.11 - non c’è nessun collegamento fisico tra il
morsetto 1 ed il morsetto L. Questo significa che la corrente si interrompe e la
lampada risulta essere spenta.
Scambiando la leva del primo deviatore dalla posizione L-1 alla posizione L-
2 la corrente passa attraverso i conduttori ai morsetti 2-2 dell’invertitore.
Dall’invertitore attraverso il conduttore che collega i morsetti 1-L si arriva al
secondo deviatore. Sul secondo deviatore, come possiamo notare, il morsetto
2 ed il morsetto L hanno un collegamento fisico che permette il passaggio
della corrente fino alla lampada che in questo caso risulta essere accesa.

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.11 - Schema funzionale di invertitore

Figura 8.12 - Esempio di impianto di illuminazione di un corridoio


comandato da tre posti

8.1.4 Il relè

Quando diventa necessario accendere o spengere uno o più corpi illuminanti


da diverse postazioni si può ricorrere al relè. Questo è un apparecchio tradi-
zionale ed in commercio ne esistono di diverse tipologie, a seconda delle esi-
genze. Il relè è dunque un dispositivo ausiliario che può svolgere numerose
funzioni negli impianti elettrici.
Il principio di funzionamento è basato sull’elettromagnetismo. Il campo ma-
gnetico che la corrente è in grado di generare percorre l’avvolgimento della
bobina1 che sfrutta l’effetto calamita della bobina stessa, per attrarre un’ancora
metallica, la quale determina il movimento di uno o più contatti (vedi Figura

 
1
La tensione di alimentazione può essere 220 [V] oppure 24 [V].

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

8.13). Al cessare del passaggio della corrente, l’àncora ritorna nella sua posi-
zione di partenza.

Figura 8.13 - Principio elettromeccanico di funzionamento


di un relè ciclico ad un contatto

I relè fondamentali sono due:


- il relè monostabile;
- il relè ciclico.
Ogni relè, monostabile o ciclico che sia, dovrà avere due morsetti per l’ali-
mentazione della bobina e due morsetti (se dotato di un solo contatto) o tanti
morsetti quanti sono i numeri dei contatti posseduti. Se si vuole comunque
comandare la bobina del relè da tanti punti basta aggiungere altri pulsanti in
parallelo al primo. Tra i dati di targa dei relè interruttori è sempre indicata
anche la corrente nominale dei contatti (in Ampere) che questi possono sop-
portare (vedi Figura 8.14).
Ovviamente bisogna verificare che la corrente assorbita dal carico dovrà es-
sere pari o inferiore alla corrente nominale dei contatti.
Ad esempio, se vogliamo accendere o spengere un lampadario composto da
due gruppi di lampade, da un solo posto (un solo pulsante) possiamo utilizzare
un relè ciclico interruttore con due contatti disponibili (vedi Figura 8.16).
Nella Tabella 8.1 è riportata la sequenza. Come si può vedere, con questa so-
luzione impiantistica l’operatore è costretto a premere il pulsante più volte
fino ad ottenere la situazione desiderata.
Ovviamente bisogna verificare che la corrente assorbita dal carico dovrà es-
sere pari o inferiore alla corrente nominale dei contatti.
Da questo consegue una riflessione importante: i relè possono essere anche
usati per comandare carichi elevati (fino al limite della corrente nominale del
relè stesso).

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.14 - Relè monostabile marca Finder serie 26 con bobina 230 [V]

Figura 8.15 - Pulsante 1 polo 10 [A]

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

Figura 8.16 - Schema interno al relé ciclico (interruttore)

Figura 8.17 - Schema di funzionamento di relè

Figura 8.18 - Schema di collegamento di relè

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.19 - Esempio di impianto di illuminazione di un corridoio


comandato da tre posti

Tabella 8.1 - Sequenza contatti di un relè

Sequenza 1° scatto 2° scatto 3° scatto 4° scatto


1° contatto chiuso aperto chiuso aperto
2° contatto chiuso chiuso aperto aperto

8.2 LE PRESE ELETTRICHE

Le prese elettriche rappresentano il punto finale di un impianto elettrico ed


hanno il compito di rendere effettivamente disponibile l’energia elettrica per
un utilizzatore.
In una abitazione ci sono sempre numerose prese elettriche, installate in vari
punti all’interno di ogni vano. Alcune di queste prese sono costantemente im-
pegnate, si pensi ad esempio a quelle che servono al corretto funzionamento
di elettrodomestici quali frigorifero, forno, lavatrice ecc. Altre, invece, restano
libere e vengono utilizzate solo all’occorrenza e possono servire, ad esempio,
per attaccarvi l’aspirapolvere, ricaricare un tablet o un cellulare, per azionare
un frullatore, o per collegarvi qualunque altro dispositivo che funzioni a cor-
rente, piccolo o grande che sia. Da qui ne consegue che è importante ragionare
a priori su un corretto dimensionamento e posizionamento di ogni compo-
nente dell’impianto elettrico.
Per questo sarebbe bene ricorrere il meno possibile all’ausilio di componenti
esterne ed aggiuntive alle prese di corrente, come adattatori, ciabatte, prolun-
ghe ecc., in quanto la presenza di questi oggetti che si frappongono tra la presa

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

elettrica a muro ed un qualsiasi apparecchio utilizzatore è sempre fonte di un


potenziale pericolo.
Con la nuova norma CEI 64/8 VIII edizione, nella predisposizione dei punti
presa nell’unità immobiliare, si afferma che:
- le prese elettriche devono essere installate vicino non solo alla prese TV
ma anche alle prese dati e telefono (finora questa indicazione non era
prevista nella norma);
- l’installazione di un punto presa vicino alla porta non è più obbligatorio
ma è soltanto raccomandato.
La vecchia norma consigliava, inoltre, che i punti presa della cucina e quello
destinato ad alimentare la lavatrice fossero in grado di ricevere spine S30 (tipo
Schuko). Quella nuova invece sostituisce tale suggerimento con il conse-
guente “Si consiglia che i punti presa destinati presumibilmente ad alimentare
elettrodomestici (fissi e/o mobili) siano in grado di ricevere almeno una spina
S30”.
Per cablare i punti presa, la norma ammetteva l’entra-esci nell’ambito della
stessa scatola (portafrutti) oppure tra due scatole successive, senza porre limite
alla loro distanza.

Figura 8.20 - Schema di collegamento entra-esci

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.21 - Schema di collegamento norma CEI 64-8 VII edizione

La nuova norma elimina il suddetto vincolo nell’ambito di uno stesso locale.


L’installatore, dunque, può collegare tra loro i diversi punti prese utilizzando
l’entra-esci su tutte le prese (vedi Figura 8.22).

Figura 8.22 - Schema di collegamento entra-esci su tutte


le prese della stanza

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

In cucina il comando onnipolare per i punti presa inaccessibili da obbligatorio


diventa raccomandato.
A questo punto vediamo di capire quali sono le prese più comunemente uti-
lizzate in un impianto elettrico domestico, a cosa servono, a quale altezza è
consigliato installarle, dove vanno posizionate e quali sono le variabili che di
fatto entrano in gioco nella loro scelta, evidenziandone le caratteristiche e la
funzionalità:
- Presa P10 (2P+T): è la classica presa italiana standard. Le classiche
prese elettriche erano caratterizzate dalla presenza di 2 fori allineati. Si
fa presente che questo tipo di prese, un tempo, consentivano di colle-
gare senza particolari problemi qualunque elettrodomestico la cui po-
tenza non superasse il valore nominale di 10 [A], sopportando un carico
totale di circa 2.200 [W] alla tensione di 230 [V]. Oggi, però, le richieste
energetiche sono cresciute e 10 [A], in molti casi, risultano essere in-
sufficienti. Per questa ragione la semplice presa P10 viene installata con
sempre minor frequenza, sostituita da prese elettriche bivalenti o poli-
valenti, con un piccolo aumento dei costi. Lo spazio che occupa in una
scatola (tipo 503) è quello di un solo frutto elettrico.

Figura 8.23 - Presa 2P - 10 [A] - P10 assiale

- Presa P11 (2P+T): è detta comunemente “presa grande” ed è molto si-


mile alla P10, con la sola differenza che può supportare una corrente
massima di 16 [A] e di conseguenza una potenza di circa 3.000 [W] a

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Parte prima - Nozioni generali

230 [V]. Questo tipo di prese è caratterizzato da fori più larghi (circa 5
mm di diametro) e maggiormente distanziati rispetto alle prese P10.
Anche queste possono ospitare spine a tre poli o a due poli. Le prese da
16 [A] normalmente vengono utilizzate per gli elettrodomestici più po-
tenti, quali l’aspirapolvere, il microonde ed altro ancora, sempre ove
non sia indispensabile impiegare quelle Schuko. Lo spazio che occupa
in una scatola (tipo 503) è quello di un solo frutto elettrico.

Figura 8.24 - Fronte e retro di presa 2P+T - 10 [A]

- Presa P17/11 (2P+T): è chiamata anche “presa bivalente” o “bipasso”


ed è un mix tra le prese P10 e P11. Questo particolare tipo di presa
consente di inserire sia spine da 10 [A] (spina piccola) che spine da 16
[A] (spina grande). È la soluzione ideale nella maggior parte dei casi e,
a conti fatti, è l’alternativa più utilizzata. All’interno di una scatola (tipo
503) occupa lo spazio di un solo frutto elettrico e non ha un costo molto
elevato rispetto alle tradizionali prese da 10 [A] o da 16 [A].

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Figura 8.25 - Fronte e retro di presa 2P+T - 10/16 [A]

- Presa P30 a Schuko: le prese Schuko, contrazione del termine Schutz-


Kontakt (che in tedesco significa “contatto di protezione” - “messa a
terra”), dette anche prese “tedesche”, consentono al loro interno l’inse-
rimento di spine particolari (anch’esse denominate tedesche o Schuko)
che hanno una forma circolare e dotate - oltre che dei classici fori -
anche di due contatti piatti sui lati, necessari per la messa a terra del
dispositivo. Queste prese sono adatte per carichi fino a 16 [A] ma, gra-
zie alla loro particolare conformazione, risultano più sicure rispetto a
quelle classiche e quindi vengono sempre preferite per utilizzi che pre-
vedano un maggior assorbimento di corrente elettrica. Caso tipico è
quello dei grandi elettrodomestici: lavatrice, forno, frigorifero, asciuga-
trice, asciugacapelli, climatizzatore, ferro da stiro ecc. che sono tutti
dotati di spina Schuko. In particolar modo in bagno ed in cucina è bene
stabilire a priori dove andrà posizionato ogni elettrodomestico, in modo
tale da prevedere una presa Schuko per ciascuno. Anche per quanto
concerne le prese Schuko è possibile trovarne in commercio diverse ti-
pologie, tutte però sono più ingombranti rispetto alle prese precedente-
mente viste ed occupano due moduli all’interno di una normale scatola
(tipo 503). Per ovviare ai problemi di compatibilità, l’alternativa in as-
soluto migliore è optare per le cosiddette prese Schuko + bipasso (uni-
versale), che consentono di utilizzare praticamente tutte le spine pre-
senti in Italia senza dover mai far uso di adattatori. Certamente il loro

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

costo è più elevato e comunque è consigliabile adottarle almeno in ba-


gno, in cucina ed una per ogni ambiente.

Figura 8.26 - Fronte e retro di presa 2P+T - 16 [A] universale

Figura 8.27 - Esempio composizione: scatola portafrutti, supporto, apparecchi


(frutto) e placca di finitura

8.3 IL LOCALE BAGNI

Per l’installazione degli impianti elettrici nei locali da bagno la normativa sta-
bilisce provvedimenti addizionali di sicurezza poiché i bagni presentano

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290
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

condizioni ambientali particolari che determinano maggiori rischi rispetto ad


altri locali, rischi soprattutto legati alla possibilità di elettrocuzione per con-
tatti diretti o indiretti.
Il principale riferimento normativo per questo tipo di ambienti è la norma CEI
64-8 Parte 7 “Ambienti ed applicazioni particolari”, che fissa le prescrizioni
che devono soddisfare gli impianti elettrici realizzati in questi locali. Tali pre-
scrizioni integrano, modificano o a volte sostituiscono le disposizioni generali
della norma.
La norma CEI 64-8 Parte 7 individua dei volumi detti “zone”, all’interno dei
quali l’impianto e i componenti elettrici devono avere determinate caratteri-
stiche minime.
Le zone sono definite come segue:
a) Zona 0: è il volume interno alla vasca da bagno o al piatto doccia. Per
docce prive di piatto, l’altezza della Zona 0 risulta essere di 10 [cm] e
la sua superficie ha la stessa estensione orizzontale della Zona 1. Re-
lativamente alla scelta e installazione dei singoli componenti elettrici,
la norma CEI 64-8 Parte 7, per la Zona 0 indica le seguenti prescri-
zioni:
̶ sono ammesse condutture incassate nelle pareti con profondità mag-
giore di 5 [cm];
̶ grado di protezione IPX7;
̶ non sono ammessi dispositivi di comando, protezione, seziona-
mento;
̶ possono essere installati solamente apparecchi che contemporanea-
mente:
- siano adatti all’uso in questa zona secondo le relative norme e
siano montati secondo le indicazioni del costruttore;
- siano connessi e fissati in modo permanente e siano protetti me-
diante circuiti SELV alimentati a tensione non superiore a 12
[V] in corrente alternata e 30 [V] in corrente continua.
b) Zona 1: è il volume compreso tra il livello del pavimento finito e il
piano orizzontale posto a 2,25 [m] al di sopra del livello del pavimento
finito. Nel caso in cui il fondo della vasca da bagno o del piatto doccia
si trovi a più di 15 [cm] al di sopra del pavimento, il piano orizzontale
viene situato a 2,25 [m] al di sopra di questo fondo (vedi Figura 8.28);
oppure, per le docce prive di piatto, dalla superficie verticale posta a
1,20 [m] dal punto centrale del soffione posto sulla parete o sul sof-
fitto.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.28 - Rappresentazione della Zona 1

Relativamente alla scelta e alla installazione dei singoli componenti elet-


trici la norma CEI 64-8 Parte 7, per la Zona 1 indica le seguenti prescri-
zioni:
- sono ammesse condutture incassate nelle pareti con profondità mag-
giore di 5 [cm], condutture a vista o incassate a profondità inferiore
a 5 [cm] a condizione che presentino un isolamento corrispondente
alla classe II, non presentino alcun rivestimento metallico e siano
limitate ai tratti necessari per l’alimentazione degli apparecchi uti-
lizzatori ammessi nella zona corrispondente;
- grado di protezione IPX4;
- sono ammessi interruttori di circuiti SELV alimentati a tensione non
superiore a 12 [V] in corrente alternata o a 30 [V] in corrente conti-
nua con sorgente di alimentazione posta all’esterno delle Zone 0, 1
e 2. Non sono ammesse prese a spina e apparecchi di protezione e
comando di circuiti non SELV;
- possono essere collegati solo apparecchi utilizzatori fissi e connessi
in modo permanente, adatti per l’installazione in questa zona se-
condo le istruzioni fornite dal costruttore. Questi dispositivi sono:
vasca idromassaggio, pompe doccia, impianti di ventilazione, scal-
dacqua elettrici e apparecchi di illuminazione, apparecchi protetti
mediante circuiti SELV o PELV con tensione nominale non supe-
riore a 25 [V] in corrente alternata ed a 60 [V] in corrente continua.
c) Zona 2: corrisponde al volume circostante la Zona 1 che si sviluppa in

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

verticale, parallelamente e ad una distanza in orizzontale dalla Zona 1


di 0,6 [m] fino ad un’altezza pari a 2,25 [m].

Figura 8.29 - Rappresentazione della Zona 2

Relativamente alla scelta e alla installazione dei singoli componenti elet-


trici la norma CEI 64-8 Parte 7, per la Zona 2 indica le seguenti prescri-
zioni:
- sono ammesse condutture incassate nelle pareti con profondità mag-
giore di 5 [cm], condutture a vista o incassate a profondità inferiore
a 5 [cm] a condizione che abbiano un isolamento corrispondente alla
classe II, non presentino alcun rivestimento metallico e siano limi-
tate ai tratti necessari per l’alimentazione degli apparecchi utilizza-
tori ammessi nella zona corrispondente (le stesse della Zona 1);
- grado di protezione IPX4;
- sono ammessi interruttori di circuiti SELV alimentati a tensione non
superiore a 12 [V] in corrente alternata o a 30 [V] in corrente conti-
nua con sorgente di alimentazione posta all’esterno delle Zone 0, 1
e 2; prese a spina alimentate da trasformatore di isolamento a bassa
potenza incorporato nella spina stessa; interruttori incorporati negli
apparecchi utilizzatori ammessi per la Zona 2;
- possono essere installati solo scaldacqua elettrici o apparecchi di il-
luminazione di Classe I o II, apparecchi di riscaldamento di Classe
I o II e unità di Classe I o II per vasche idromassaggio purché rispet-
tino le relative norme.
d) Zona 3: è il volume delimitato tra il livello del pavimento finito e il

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Parte prima - Nozioni generali

piano situato a 2,25 [m] sopra il pavimento, dalla superficie verticale al


bordo della Zona 2, o della Zona 1 in caso di mancanza del piatto doccia
e dalla superficie verticale posta alla distanza di 2,40 [m] dalla superfi-
cie verticale precedente e parallela ad essa.

Figura 8.30 - Rappresentazione della Zona 3

Relativamente alla scelta e alla installazione dei singoli componenti elettrici


la norma CEI 64-8 Parte 7, per la Zona 3 indica espressamente le seguenti
prescrizioni:
̶ sono ammesse condutture incassate nelle pareti con profondità mag-
giore di 5 [cm] Sono inoltre ammesse condutture a vista o incassate a
profondità inferiore a 5 [cm] purché abbiano un isolamento corrispon-
dente alla classe II e non presentino alcun rivestimento metallico. Nella
zona 3 sono ammesse cassette di derivazione o di giunzione;
̶ grado di protezione IPX1;
̶ sono ammesse prese a spina, interruttori e altri apparecchi di comando
se si riscontra una delle seguenti disposizioni:
- protezione individuale mediante separazione elettrica;
- alimentazione mediante circuiti SELV;
- protezione mediante interruttore differenziale con Idn < 30 [mA].

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

Figura 8.31 - Zona 1, 2 e 3 all’interno del bagno

Le dimensioni dei volumi sono misurate tenendo conto della presenza di pareti
e di ripari fissi. Le Zone 1, 2 e 3 non si estendono all’esterno del locale attra-
verso le aperture, se queste sono munite di serramenti, come rappresentato
nelle Figure 8.32 e 8.33.
In aggiunta alle prescrizioni precedenti, si ricorda la necessità di realizzare un
collegamento equipotenziale, che colleghi le masse estranee situate in tutte le
zone ai conduttori di protezione PE, allo scopo di evitare che queste possano
introdurre nel locale bagno tensioni pericolose. In particolare, le tubazioni me-
talliche dell’acqua calda e dell’acqua fredda, del gas, degli scarichi e dei ca-
loriferi (termosifoni) devono essere collegate all’impianto di terra. I collega-
menti possono essere effettuati anche all’ingresso delle tubazioni nel bagno e
non è necessario che siano accessibili. Oggi però queste tubazioni sono fatte
in materiale polipropilene o multistrato per cui viene meno la necessità del
collegamento equipotenziale.
Tutte le masse estranee devono essere collegate al nodo di terra mediante un
conduttore equipotenziale con sezione non inferiore a 2,5 [mm2] se ha una
protezione meccanica (tubo protettivo) o maggiore-uguale a 4 [mm2] se non è
prevista la protezione meccanica.

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.32 - Zona 1, 2 e 3 in sezione

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

Figura 8.33 - Zona 1, 2 e 3 in pianta

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Parte prima - Nozioni generali

Figura 8.34 - Collegamenti equipotenziali nel locale bagno

In conclusione, si ricordano alcune indicazioni per i locali contenenti bagni o


docce che non riguardano esclusivamente la sicurezza degli impianti, ma ri-
spondono anche alla necessità di funzionalità. In particolare nel Capitolo 37
della norma CEI 64-8 “Ambienti residenziali - Prestazioni dell’impianto” ven-
gono indicate le prestazioni minime che devono avere i locali contenenti bagni
o docce, attraverso la Tabella 8.2.

Tabella 8.2 - Dotazioni minime impiantistiche dei locali bagno

Livello 1 Livello 2 Livello 3


punti punti Prese punti punti Prese punti punti prese
prese* luce** radio/TV prese luce radio/TV prese luce radio/TV
Dotazioni
minime per
2 2 2 2 2 2
locale da ba-
gno o doccia

* Per punto presa si intende il punto di alimentazione di una o più prese all’interno della stessa
scatola. I punti presa devono essere distribuiti in modo adeguato nel locale, ai fini della loro uti-
lizzazione.
** In alternativa a punti luce a soffitto e/o a parete devono essere predisposte prese alimentate
tramite un dispositivo di comando dedicato (prese comandate) in funzione del posizionamento
futuro degli apparecchi di illuminazione mobili da pavimento e da tavolo.

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

8.4 I LUOGHI MARCI

MARCI è un acronimo che sta per “MAggior Rischio in Caso d’Incendio” o,


meglio, sta ad indicare i luoghi dove il rischio relativo all’incendio è maggiore
rispetto ai luoghi ordinari. Nei luoghi MARCI gli impianti elettrici devono
rispettare i requisiti della norma CEI 64-8 Parte 7 Sez. 7.5.1. Questo paragrafo
intende fornire un quadro generale sui luoghi MARCI, dalla loro classifica-
zione (relativa ai luoghi di lavoro) in funzione della normativa di prevenzione
incendi di cui al D.M. 10 marzo 1998 e al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 fino
alla sicurezza prevista dal D. Leg.vo 9 aprile 2008, n. 81.
La classificazione di luoghi MARCI è sempre stata un problema e di non facile
soluzione. Intanto incominciamo col dire che la suddivisione deve essere fatta
da un tecnico antincendio e non dal progettista elettrico (a meno che le due
figure non coincidano).
Si attribuisce la qualifica di Luogo MARCI a tutte quelle attività ricadenti
nell’elenco del D.P.R. 151/2011 che sono oggetto di controllo da parte dei
Vigili del Fuoco. Purtroppo la questione è molto delicata. Per prima cosa bi-
sogna redigere il Documento di valutazione dei rischi (DVR), classificare il
livello di rischio di incendio dell’intero luogo di lavoro o di ogni parte di esso;
si hanno quindi tre livelli:
1. Luoghi di lavoro a rischio di incendio di livello basso. Si intendono i
luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui sono presenti sostanze a basso
tasso di infiammabilità e le condizioni al contorno e di esercizio offrono
scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio e, in caso di incen-
dio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata;
2. Luoghi di lavoro a rischio di incendio di livello medio. Si intendono i
luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiam-
mabili e/o le condizioni al contorno e/o quelle di esercizio possono fa-
vorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali la probabilità di propagazione
dello stesso è da ritenersi limitata.
3. Luoghi di lavoro a rischio di incendio di livello elevato. Si intendono i
luoghi di lavoro, o parte di essi, in cui: la presenza di sostanze altamente
infiammabili e/o le condizioni al contorno e/o di esercizio portano nella
fase iniziale a notevoli probabilità di propagazione delle fiamme.
In secondo luogo la normativa CEI 64/8 ci dice negli art. 751.03.1.1 e
751.03.1.2 quali sono i parametri che devono essere presi in considerazione
per classificare i luoghi o come ordinari o come MARCI.

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Parte prima - Nozioni generali

Art. 751.03.1.1. - Il rischio relativo all’incendio dipende dalla probabilità che


esso si verifichi e dall’entità del danno conseguente alle persone, agli animali
e alle cose.
L’individuazione degli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio dipende
da una molteplicità di parametri, quali ad esempio:
a) densità di affollamento;
b) massimo affollamento ipotizzabile;
c) capacità di deflusso o di sfollamento;
d) entità del danno ad animali, persone o cose;
e) comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali impiegati nei
componenti dell’edificio;
f) presenza di materiali combustibili;
g) tipo di utilizzazione dell’ambiente;
h) situazione organizzativa per quanto riguarda la protezione antincendio
(adeguati mezzi di segnalazione ed estinzione incendi, piano d’emer-
genza e sfollamento, addestramento del personale, distanza del più vi-
cino corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, esistenza di Vigili del Fuoco
aziendali ecc.).
Tali parametri devono essere opportunamente valutati nel più vasto ambito
della DVR e della prevenzione incendi, a monte del progetto elettrico.

Art. 751.03.1.2. - In generale, in assenza di valutazioni eseguite nel rispetto di


quanto indicato nell’articolo 751.03.1.1, gli ambienti dove si svolgono le atti-
vità elencate nel D.P.R. 151/2011 sono considerate luoghi MARCI. Al con-
trario, gli ambienti dove non si svolgono le attività presenti nel D.P.R.
151/2011 non sono definite a Maggior Rischio in Caso d’Incendio; tuttavia,
lo possono essere se si verificano le condizioni di cui in art. 751.03.1.1 ad
esempio per i luoghi soggetti a specifiche prescrizioni dei Vigili del Fuoco.
Quindi la classificazione dei luoghi deve essere fatta secondo un’attenta ana-
lisi della valutazione dei rischi altrimenti si possono arrecare danni economici
al cliente finale. Un caso potrebbe essere quello legato alle verifiche di legge
secondo il D.P.R. 22 ottobre 2001, n. 462 in cui si passa da una frequenza
quinquennale ad una frequenza biennale di controlli con relativo aumento dei
costi.
La sezione 751 della CEI 64-8/7, definisce 3 tipi di ambienti MARCI in rela-
zione alla causa che determina il maggiore rischio:
- Luoghi di tipo A - 751.03.2: Ambienti a maggior rischio in caso d’in-
cendio per l’elevata densità di affollamento o per l’elevato tempo di
sfollamento in caso d’incendio o per elevato danno ad animali e cose.

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Capitolo 8 - Apparecchi di comando, prese elettriche, locali bagno e luoghi MARCI

Rientrano in questo caso ad esempio gli ospedali, le carceri, i locali


sotterranei frequentati dal pubblico;
- Luoghi di tipo B - 751.03.3: Ambienti a maggior rischio in caso d’in-
cendio in quanto aventi strutture portanti combustibili. Rientrano in
questi ambienti gli edifici costruiti interamente in legno senza partico-
lari requisiti antincendio, come ad esempio le baite2.
- Luoghi di tipo C - 751.03.4: Ambienti a maggior rischio in caso d’in-
cendio per la presenza di materiale infiammabile o combustibile in la-
vorazione, convogliamento, o deposito di detti materiali.

 
2
Un edificio con strutture non combustibili, per es. in muratura o calcestruzzo con le sole travi in
legno, non rientra tra gli edifici previsti in questo articolo. Si vedano al riguardo i DD.MM. 26
giugno 1984, 15 marzo 2005, 9 marzo 2007, e successivi aggiornamenti.

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9
LA PROGETTAZIONE
DEGLI IMPIANTI ELETTRICI

9.1 IL PROGETTISTA DI IMPIANTI ELETTRICI

La figura professionale che deve occuparsi della redazione del progetto di un


impianto elettrico e che ha avuto un riconoscimento legale ufficiale fin dalla
Legge 5 marzo 1990, n. 46 è il progettista. Egli deve essere un tecnico iscritto
al rispettivo ordine o collegio professionale ed è il solo a poter affrontare la
progettazione di impianti che per dimensioni o potenze superino i valori sta-
biliti dall’art. 5 del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37 o che vengono installati in
ambienti particolari (a rischio di esplosione, per uso medico, a maggior rischio
in caso di incendio ecc.).
Chi ricerca un servizio di progettazione di impianti elettrici, si aspetta che il
servizio sia rispettoso della normativa, sicuro e contenuto nei costi.
Pertanto il progettista deve impegnarsi a far convivere la parte oggettiva, ov-
vero le specifiche che sono state richieste dai committenti e gli standard tec-
nici e normativi, con una parte definita soggettiva, ovvero la valutazione e la
successiva proposta di soluzioni migliorative che l’impianto può presentare,
in termini di economicità, di sicurezza, ma anche di semplicità di impiego.
Nella scelta di un servizio di progettazione è quindi fondamentale avvalersi di
tecnici preparati e che siano in grado di far convivere l’analisi oggettiva della
situazione con la proposta soggettiva.
Un’altra caratteristica da considerare è la puntuale e corretta fornitura dei do-
cumenti perché si tratta di elaborati grafici che non servono solo al progettista
elettrico, ma che vengono condivisi con altri tecnici ed altre figure professio-
nali impegnate nella realizzazione dell’opera, le quali hanno bisogno di chia-
rezza e ordine per operare al meglio nella esecuzione dei propri compiti.
Nella fase zero il committente comunica al progettista la tipologia di impianto
che intende realizzare con lo scopo finale di contenere i costi dell’opera e di
attuare un uso razionale dell’energia elettrica.
Il committente fornisce le seguenti informazioni:
- la tipologia di concessione edilizia;
- la destinazione d’uso dell’edificio;

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

- la necessità e il livello di prestazioni dell’impianto;


- i dati per la classificazione e per la successiva valutazione dei rischi;
- eventuali vincoli che esistono sull’eliminazione di barriere architettoni-
che;
- la necessità di continuità di servizio;
- le tempistiche da rispettare.

9.2 I LIVELLI DELLA PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI


ELETTRICI

Gli obiettivi principali del progetto di un impianto elettrico sono:


a) la sicurezza;
b) la funzionalità;
c) l’affidabilità;
d) la durata;
e) l’economicità.
Per raggiungerli si richiedono scelte tecniche precise, che possono favorire
taluni aspetti e trascurarne altri. Il progetto interessa i componenti e i materiali
collocati tra il contatore (o il trasformatore nel caso dei sistemi TN) ed i cari-
chi, ovvero il numero e il tipo di utilizzatori installati e la loro collocazione
nella struttura, ognuna dei quali deve necessariamente sottostare a precise
norme.
Secondo la norma CEI 0-2 la progettazione degli impianti elettrici è suddivisa
in 3 progetti distinti:
1. Progetto preliminare, nel quale vengono definite le linee generali e le
caratteristiche dell’impianto elettrico. I progettisti studiano i criteri pro-
gettuali da tenere in considerazione prima della realizzazione e della
messa in posa dell’impianto. Questo progetto viene di regola usato
come studio di fattibilità.
I progettisti sono tenuti a conoscere nel dettaglio le regole, le norme e
le leggi da rispettare affinché la progettazione sia ad esse conforme. La
fase di studio dovrà tener conto, oltre che della sicurezza ambientale,
anche delle necessità del cliente (quindi della flessibilità dell’impianto),
il tutto attenendosi alle direttive delle norme vigenti. In particolare oc-
corre tener presente l’art. 17 del D.P.R. n. 207 del 2010: “Documenti
componenti il progetto preliminare”, secondo cui il progetto prelimi-
nare definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il
quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da

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Parte prima - Nozioni generali

fornire nel rispetto delle indicazioni del documento preliminare alla


progettazione; evidenzia le aree impegnate, le relative eventuali fasce
di rispetto e le indispensabili misure di salvaguardia, nonché le specifi-
che funzionali ed i limiti di spesa delle opere da realizzare, ivi compreso
il limite di spesa per gli eventuali interventi e misure compensative
dell’impatto territoriale e sociale e per le infrastrutture ed opere con-
nesse, necessarie alla realizzazione. Il progetto preliminare stabilisce i
profili e le caratteristiche più significative degli elaborati dei successivi
livelli di progettazione, in funzione delle dimensioni economiche, della
tipologia e della categoria dell’intervento, ed è composto dai seguenti
elaborati, ai sensi dell’art. 15, comma 3:
- relazione illustrativa;
- relazione tecnica;
- studio di prefattibilità ambientale;
- studi necessari per un’adeguata conoscenza del contesto in cui è in-
serita l’opera, corredati da dati e sulle interferenze e relative rela-
zioni ed elaborati grafici - atti a pervenire ad una completa caratte-
rizzazione del territorio ed in particolare delle aree impegnate;
- planimetria generale ed elaborati grafici;
- prime indicazioni e misure finalizzate alla tutela della salute e sicu-
rezza dei luoghi di lavoro per la stesura dei piani di sicurezza con i
contenuti minimi di cui al comma 2;
- calcolo sommario della spesa;
- piano particellare preliminare delle aree e rilievo di massima.
2. Progetto definitivo, che va a integrare il progetto preliminare con lo
scopo di ottenere la concessione edilizia o gli atti utili per procedere.
3. Progetto esecutivo, è la progettazione vera e propria, in cui ogni singolo
componente elettrico verrà pensato a seconda della tipologia di im-
pianto da realizzare. In questa fase il progetto è definitivo ed è completo
della relazione generale, dove vengono illustrati i criteri impiegati nelle
scelte progettuali, e della relazione tecnica, che va a descrivere l’im-
pianto e tutte le sue caratteristiche tecniche. Al progetto esecutivo
vanno quindi allegati i seguenti documenti:
- gli elementi per il Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che
servono per prevenire rischi agli operatori in fase di realizzazione;
- il computo metrico e il computo metrico estimativo che aggiunge
alle quantità i relativi costi ed infine il capitolato speciale di appalto
che va a descrivere con minuzia tutti i dati relativi all’impianto elet-
trico.

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Lo scopo della progettazione, quindi, deve essere quello di creare un impianto


elettrico il più possibile efficiente, sia dal punto di vista della riduzione di
sprechi energetici, sia da quello, non meno importante, della realizzazione del
circuito nel minor tempo possibile.
Nel caso di un nuovo impianto il progetto deve sottostare alle leggi e alle norme
vigenti. Questo aspetto è particolarmente delicato qualora il progetto si occupi di
un rifacimento parziale di un impianto esistente. L’intervento deve in questo caso
tener conto delle mutate condizioni e, se sarà necessario, si dovrà intervenire an-
che profondamente fino a raggiungere un nuovo e più elevato grado di sicurezza.
Si riporta nella Tabella 9.1 la documentazione di progetto che deve essere re-
datta in relazione alla destinazione d’uso dell’opera.
Per quanto riguarda l’installatore, facendo riferimento agli articoli 6, 7 e 8 del
D.M. 37/2008, vi è l’obbligo al rispetto della regola dell’arte in ottemperanza
ai seguenti importanti principi:
- i requisiti per l’accesso alla professione di installatore;
- l’obbligo per i committenti di rivolgersi ad imprese qualificate;
- l’obbligo della Dichiarazione di conformità dell’impianto alle norme da
parte dell’installatore;
- la necessità della Dichiarazione di conformità per ottenere da parte dei
Comuni il Certificato di abitabilità-agibilità dei locali;
- l’obbligo per gli enti locali di adeguare, di conseguenza, i regolamenti edilizi;
- l’obbligo di eseguire gli impianti a regola d’arte e di dotarli di impianto
di messa a terra e di interruttori differenziali.

Tabella 9.1 - Documentazione di progetto

DESTINAZIONE D’USO DELLE OPERE


Edifici civili Altre opere
progetto per
opere pub-
impianti impianti impianti impianti
bliche ai
Documenti di progetto elettrici elettrici elettrici elettrici
sensi del
<6 [KW] ≥6 [KW] <6 [KW] ≥6 [KW]
Codice de-
gli appalti
Documentazione del progetto preliminare
Relazione illustrativa NO SÌ NO SÌ SÌ
Relazione tecnica NO NO NO NO SÌ
Planimetria generale e
NO F NO F SÌ
Schema elettrico generale
Piano di sicurezza NO NO NO NO SÌ

__________
305
AVVERTENZA
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

Calcolo sommario delle


NO NO NO NO SÌ
spese
Documentazione del progetto definitivo
Relazione illustrativa NO F NO SÌ SÌ
Relazione tecnica NO SÌ NO SÌ SÌ
Elaborati grafici NO SÌ NO SÌ SÌ
Calcoli preliminari (Rela-
NO SÌ NO SÌ SÌ
zione illustrativa)
Disciplinare descrittivo e
prestazionale degli ele- NO F NO F SÌ
menti tecnici
Computo metrico NO SÌ NO SÌ SÌ
Computo metrico estima-
NO F NO F SÌ
tivo
Quadro economico NO NO NO NO SÌ
Documentazione del progetto esecutivo
Relazione generale NO F NO SÌ SÌ
Relazione specialistica NO SI NO SÌ SÌ
Schema (descrizione)
SI NO SÌ NO NO
dell’impianto elettrico
Elaborati grafici F SÌ F SÌ SÌ
Calcoli esecutivi (Rela-
zione illustrativa) tabelle e
NO SÌ NO SÌ SÌ
diagrammi di coordina-
mento delle protezioni
Piano di manutenzione NO F NO F SÌ
Elementi per il PSC NO F NO F SÌ
Computo metrico NO SÌ NO SÌ SÌ
Computo metrico estima-
NO SÌ NO SÌ SÌ
tivo
Quadro economico NO NO NO F SÌ
Cronoprogramma NO F NO F SÌ
Quadro di incidenza della
NO NO NO NO SÌ
manodopera
Capitolo speciale d’ap-
NO SÌ NO SÌ SÌ
palto
Schema di contratto NO F NO F SÌ

F = documento facoltativo, da redigere quando ritenuto necessario dal progettista in base alle
caratteristiche e complessità del progetto.

__________
306
AVVERTENZA
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Di seguito si riporta un possibile schema logico in cui sono evidenziate le di-


verse fasi della progettazione dove hanno un peso determinante il dimensio-
namento dei conduttori e delle relative protezioni.
̶ Scelta del sistema di distribuzione TT o TN in base alla potenza con-
trattuale;
̶ calcolo delle correnti d’impiego delle condutture (Ib). Per giungere alla
determinazione di questi valori si parte da una prima analisi riguardante
il censimento e la disposizione topografica dei carichi; questa prima
analisi permette di identificare i coefficienti di utilizzazione e di con-
temporaneità dei carichi e di determinare le potenze e quindi le correnti
che le condutture devono portare;
̶ dimensionamento dei conduttori, tenendo conto delle modalità di posa
e delle caratteristiche costruttive;
̶ calcolo delle correnti di sovraccarico e di cortocircuito;
̶ verifica della caduta di tensione ammessa;
̶ scelta del dispositivo di protezione in base alla corrente d’impiego delle
condutture da proteggere (Iz) e al livello di cortocircuito nel punto in cui
sono installati; la scelta dei dispositivi di protezione può anche essere
influenzata da esigenze di selettività;
̶ verifiche di congruenza interruttore/cavo:
- verifica della specifica passante dell’interruttore automatico (I2t)
con l’energia specifica ammissibile del cavo (K2S2);
- verifica della protezione contro i cortocircuiti a fondo linea; il con-
fronto tra la soglia di intervento istantaneo (Im) dell’interruttore e la
corrente di cortocircuito minima a fondo linea (Iccmin) è necessario
solamente in presenza di sganciatore solo magnetico o di uno ter-
mico sovradimensionato;
- verifica della protezione contro i contatti indiretti: si confrontano le
caratteristiche di intervento del dispositivo di protezione - soglie di
intervento istantaneo (Im) o del differenziale (IΔn) - con la corrente di
guasto a terra (Id); questa verifica cambia in funzione del modo di
collegamento a terra (TT, TN e IT).

__________
307
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Parte prima - Nozioni generali

* In caso di verifica negativa è generalmente possibile intervenire in alternativa sulla sezione del
cavo oppure sul tipo di interruttore automatico.

Figura 9.1 - Dimensionamento dell’impianto

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308
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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

9.3 DETERMINAZIONE DELLA CORRENTE MINIMA E MASSIMA DI


CORTOCIRCUITO

Il valore della corrente minima di cortocircuito presunta può essere calcolato


tramite le seguenti formule semplificate dedotte dalla norma CEI 64-8:
, ∗ ∗
Caso neutro non distribuito: � =
, ∗
, ∗ ∗
Caso neutro distribuito: � =
, ∗

Assumendo il valore minimo della corrente di cortocircuito pari a quello della


soglia di intervento dello sganciatore magnetico (Im) del dispositivo di prote-
zione (interruttore automatico) si determina la lunghezza massima protetta,
tramite le seguenti formule, derivate dalle precedenti:
, ∗ ∗
Caso neutro non distribuito: � =
∗ ∗ ∗ ,
, ∗
Caso neutro distribuito: � = −
, ∗

dove:
Lmax è la lunghezza massima della conduttura protetta in metri;
U è la tensione concatenata di alimentazione;
U0 è la tensione di fase di alimentazione;

ρ è la resistività a 20 °C del materiale dei conduttori (0,018 per
il rame);
Sè la sezione del conduttore in [mm2]: per S > 95 [mm2] si può tenere
conto della reattanza della conduttura applicando ai valori della cor-
rente di cortocircuito i seguenti fattori di riduzione: 0,90 per S = 120
[mm2]; 0,85 per S = 150 [mm2]; 0,80 per S = 185 [mm2]; 0,75 per S =
240 [mm2];
Im è la corrente di cortocircuito presunta (valore efficace), considerata pari
alla soglia di intervento dello sganciatore magnetico (o istantaneo);
m è il rapporto tra resistenza del conduttore di neutro e quella del con-
duttore di fase1.
Il valore della massima corrente di cortocircuito presunta può essere calcolato
conoscendo i parametri della rete di alimentazione e della parte situata a monte
del dispositivo di protezione.

 
1
Nel caso di egual materiale il rapporto è uguale a quello tra la sezione del conduttore di fase e
quella del conduttore di neutro.

__________
309
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Parte prima - Nozioni generali

ESEMPIO

Consideriamo la seguente situazione:


- rete trifase 400 [V] senza neutro;

__________
310
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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

- protezione assicurata con un interruttore munito di sganciatore solo ma-


gnetico tipo da 500 [A], regolato a 4.000 [A];
- sezione delle fasi: 120 [mm2].
Il cavo è protetto da cortocircuito in fondo alla conduttura se la sua lunghezza
è inferiore a 133 [m].

__________
311
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Parte prima - Nozioni generali

9.4 PROTEZIONE CONTRO LE SOVRATENSIONI TRAMITE SPD

Per determinare se la protezione contro le sovratensioni transitorie di origine


atmosferica (es. fulminazioni) è necessaria, occorre calcolare il livello di ri-
schio calcolato (CRL):


��� =
�� ∗ �

dove:
fenv è un fattore ambientale e vale:
fenv = 85 × F in ambiente rurale e suburbano;
fenv = 850 × F in ambiente urbano.
Il valore del coefficiente F (frequenza di danno) è pari a 1 per tutti gli
impianti in Italia.
Ng è la densità di fulmini al suolo (numero di fulmini all’anno per km²);
LP è la lunghezza del tratto sottoposto alla valutazione del rischio, calco-
lata come segue:

�� = 2 ���� + ���� + 0, ���� + 0,2 ����

dove:
LPAL è la lunghezza [km] della linea aerea di bassa tensione;
LPCL è la lunghezza in [km] del cavo interrato di bassa tensione;
LPAH è la lunghezza in [km] della linea aerea di alta (media) tensione;
LPCH è la lunghezza in [km] del cavo interrato di alta (media) tensione.

La lunghezza totale LP è limitata a 1 [km] o alla distanza dal primo disposi-


tivo di protezione dalle sovratensioni installato nella rete di alimentazione
all’ingresso dell’impianto. scegliendo. Inoltre, se le lunghezze dei tratti non
sono note (o lo sono solo parzialmente), la norma CEI 64-8 consiglia di porre
il valore di LPAL uguale alla distanza residua per raggiungere una lunghezza
totale di 1 [km].
Per i livelli 1 e 2 l’installazione di SPD (Surge Protection Device) nel quadro
di unità abitativa (QUA) è previsto se il CRL è superiore a 1.000.
Il consiglio resta comunque quello di fare riferimento alle norme del CT81.
Infatti oltre le formule, che di fatto rendono l’installazione sempre obbligato-
ria e le prescrizioni specifiche per gli ambienti domestici, la norma suggerisce
di consultare la sezione 443 e la sezione 534 per verificare la necessità di

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312
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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

installare ulteriori SPD (e di sceglierne il tipo) all’interno dell’unità abitativa


nei casi previsti.
Lo scaricatore di tensione chiamato anche SPD (Surge Protection Device) è
un componente di tipo elettrico del sistema di protezione che viene montato,
solitamente all’interno di centralini e/o quadri elettrici, in parallelo al circuito
di alimentazione degli utilizzatori che deve proteggere. Questo apparecchio
collegato tra fase e PE con impedenza Z infinita permette di proteggere l’im-
pianto elettrico e tutto ciò che è collegato alle prese di corrente dalle sovraten-
sioni, da sbalzi e picchi di corrente provenienti dal gestore di rete elettrica ma
anche dalle scariche di origine atmosferiche (come ad esempio i fulmini).
Questi malfunzionamenti producono variazioni di tensione arrecando danni
agli hardware dei nostri dispositivi oppure creando cortocircuiti alle schede
interne dei computer, degli smartphone, dei tablet e delle TV, ma anche ad
altri elettrodomestici presenti in casa. Talvolta possono portare pure alla fol-
gorazione di persone e di animali nel momento in cui il flusso energetico au-
menti in maniera esponenziale. Per questo motivo una buona idea sarebbe
quella di proteggerli collegandoli ad un UPS (Uninterruptible Power Supply
o gruppo di continuità) oppure ad un SPD. Infatti, al verificarsi di un picco o
sbalzo il limitatore interverrà scaricando prontamente a terra l’energia ecces-
siva. Si tratta quindi di una protezione tra le più efficienti comunemente uti-
lizzata.
Il dispositivo SPD elimina quindi le sovratensioni:
- in modo comune: tra fase e neutro o terra;
- in modo differenziale: tra fase e neutro.
Mentre, in presenza di una sovratensione che supera la soglia operativa, il di-
spositivo SPD:
- conduce in modo comune l’energia a terra;
- distribuisce in modo differenziale l’energia agli altri conduttori in ten-
sione.

9.4.1 Posizione e tipo di SPD

Per gli SPD installati in corrispondenza del punto di entrata dell’installazione,


le norme internazionali raccomandano i valori minimi delle due caratteristiche
che seguono:
- corrente di scarica nominale In = 5 [kA] (8/20) [μs];
- livello di protezione della tensione Up (at In) < 2,5 [kV].

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313
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Parte prima - Nozioni generali

Il numero di SPD aggiuntivi da installare si può determinare in base alle Fi-


gure 9.2 e 9.3 le quali mostreranno la quantità e il tipo di SPD da prevedere
sulla base dei due fattori di cui sopra.
Per effettuare un corretto dimensionamento di un SPD di seguito sono indicati
i parametri di scelta più importanti:
Corrente continuativa (IC): corrente di dispersione verso il PE, del valore di
qualche [mA], tollerata in funzionamento ordinario quando ai capi dell’SPD
è applicata la tensione continuativa (UC). Tale corrente, se non correttamente
valutata, potrebbe influire (interventi indesiderati) sul corretto funzionamento
degli interruttori differenziali installati a monte dell’SPD.
Corrente impulsiva (Iimp): valore di picco della corrente con forma d’onda
10/350 microsecondi che circola nell’SPD. Viene utilizzata per la prova degli
SPD di Tipo 1 adatti alla protezione contro la corrente di fulmine o da fulmi-
nazione diretta.
Corrente massima di scarica (Imax): massima corrente (non utilizzata per la
classificazione dell’SPD) con forma d’onda 8/20 [μs] che l’SPD è in grado di
sopportare almeno una volta senza danneggiarsi. Questo valore di corrente è
utilizzato per classificare gli SPD di Tipo 2 adatti alla protezione contro le
sovratensioni originate da fulminazione indiretta. L’eventuale corrente di gua-
sto dovrà essere interrotta per mezzo di un sistema di protezione esterno (in-
terruttore magnetotermico o fusibili) installato a monte dell’SPD.
Corrente nominale di scarica (In 8/20) in [kA]: valore di cresta dell’onda
dell’impulso di corrente 8/20 [μs] di prova. Questo valore non deve essere
superato perché altrimenti non è garantita l’integrità del dispositivo con il
relativo annullamento di una eventuale corrente (corrente sostenuta dalla
sorgente a frequenza industriale, che fluisce tramite l’SPD al termine
dell’impulso di sovratensione) che può essere paragonata ad un cortocir-
cuito. 
Corrente susseguente (IS): corrente a frequenza industriale che può circolare
verso terra al cessare della sovratensione. Se l’impedenza non ripristina
l’isolamento verso terra la corrente assume valori tanto più alti quanto mag-
giore è la differenza tra tensione nominale (Un) e tensione residua (Ures)
sull’SPD. Tale corrente può raggiungere valori prossimi al cortocircuito de-
terminando l’intervento dei dispositivi di protezione e la messa fuori servizio
dell’SPD. Questo problema, presente soprattutto negli spinterometri, può es-
sere evitato installando SPD con una tensione residua maggiore della ten-
sione nominale.

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Frequenza nominale (f): solitamente 50 o 60 [Hz].


Tempo di innesco ad impulso (ti): periodo che intercorre tra il momento in cui
si manifesta l’impulso e l’inizio della scarica.
Tensione a vuoto (Uoc): valore di picco della tensione a vuoto con forma
d’onda 1,2/50 [μs] fornita dal generatore di prova combinato in grado di ero-
gare contemporaneamente una corrente di cortocircuito con forma d’onda
8/20 [μs], molto importante nei dispositivi di Tipo 3.
Tensione d’innesco dell’SPD (Ui): deve essere inferiore a quella della tensione
di tenuta (Utenuta) delle apparecchiature da proteggere.
Tensione di protezione (Up): valore di tensione massimo sopportabile dal li-
mitatore durante l’intervento; scelto tra una serie di valori preferenziali, che
determina il comportamento dell’SPD nel limitare la tensione tra i suoi termi-
nali. Tali valori di tensione devono essere coordinati con i valori delle tensioni
di tenuta degli apparecchi da proteggere. La protezione risulta tanto più effi-
cace quanto più è basso il livello di protezione Up rispetto al valore della ten-
sione di tenuta delle apparecchiature a valle.
Tensione di protezione effettiva (Uprot): valore della tensione che si stabilisce
tra i conduttori dell’impianto e la barra equipotenziale durante il passaggio
della corrente di scarica o d’impulso. Dipende dal livello di protezione
dell’SPD e dalla caduta di tensione induttiva nei collegamenti.
Tensione di tenuta (Utenuta): massimo valore di tensione ad impulso sopporta-
bile dall’apparecchiatura senza danneggiarsi.
Tensione massima continuativa (Uc): valore efficace massimo ammissibile
alla frequenza nominale che può essere applicato in funzionamento perma-
nentemente (in pratica coincide con la tensione nominale dell’SPD). Dipende
dal tipo di collegamento del neutro e dal tipo di protezione offerta dallo scari-
catore (modo comune o modo differenziale). È quindi il parametro che ci sug-
gerisce la tensione sotto la quale lo scaricatore di terra non interviene per pro-
teggere l’impianto.
Tensione nominale (Un): tensione di alimentazione.
Tensione residua (Ures): valore di picco della tensione che si stabilisce ai capi
dell’SPD durante il passaggio della corrente di scarica. Tale valore deve essere
più basso della tensione di tenuta ma, onde evitare che si stabiliscano correnti
di scarica al cessare della sovratensione, superiore a quello della tensione mas-
sima dell’impianto.
In relazione al tipo di impiego gli SPD possono essere classificati in tre tipo-
logie:
Tipo 1;
Tipo 2;

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Parte prima - Nozioni generali

Tipo 3.
- SPD di Tipo 1: il dispositivo SPD di Tipo 1 è raccomandato per
quelle zone ad alta presenza di agenti atmosferici avversi come nel
caso degli edifici industriali e del settore terziario, dotati di un si-
stema di protezione dai fulmini o di una gabbia a maglie. Questo
apparecchio viene posizionato direttamente nell’alloggio del conta-
tore e può resistere a differenti scariche senza subire alcun danno.
Protegge quindi le installazioni elettriche dalle fulminazioni dirette.
Il dispositivo SPD di Tipo 1 è caratterizzato da un’onda di corrente
compresa tra 10 a 350 [μs] e può scaricare la corrente di ritorno del
fulmine che passa dal conduttore di terra ai conduttori di rete.
- SPD di Tipo 2: il dispositivo SPD di Tipo 2 viene utilizzato per sca-
ricare i picchi e gli sbalzi di corrente che possono verificarsi a causa
di lavori di manutenzione della linea elettrica, sia da parte del ge-
store (ad esempio ENEL) sia da lavori effettuati sul proprio im-
pianto. Il Tipo 2 permette quindi di limitare i rischi derivanti dalle
scariche indotte sulle componenti del proprio impianto elettrico ma
non dalle scariche dirette. Viene installato in ogni quadro elettrico
per prevenire il passaggio delle sovratensioni. Il dispositivo SPD di
Tipo 2 è caratterizzato da un’onda di corrente che è compresa tra 8
e 20 [μs] per impedire che il picco raggiunga l’impianto o i device
connessi.
- SPD di Tipo 3: il dispositivo di SPD di Tipo 3 assicura la protezione
secondaria delle apparecchiature da salvaguardare ed è installato in
cascata con i limitatori di sovratensione primari perché se lo sbalzo
di corrente elettrica dovesse riuscire ad attraversare il primo e se-
condo limitatore, entrando all’interno dello scaricatore di rete di
Tipo 3 il picco verrebbe completamente eliminato. Il Tipo 3, quindi,
offre una protezione ancora più sicura poiché viene installato e mon-
tato in corrispondenza delle prese elettriche.
In questo caso è garantita una doppia forma d’onda: la prima compresa tra 1,2
e 50 [μs] mentre la seconda è compresa tra 8 e 20 [μs] e protegge sia un im-
pianto chiuso, sia uno aperto. Il limitatore secondario è necessario quando gli
apparecchi da proteggere sono posti ad una distanza superiore ai 10 [m] dal
limitatore primario. Chiaramente gli SPD di Tipo 3 devono essere coordinati
con quelli Tipo 2 installati a monte.

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Tabella 9.3 - Tipologie di SPD secondo le norme

IEC 61643-11 EN 61643-11


Tipologia di SPD
(03-2011) (10-2012)
SPD di Classe
SPD per l’equipotenzialità antifulmine SPD Tipo 1
prova I
SPD per la protezione contro le sovratensioni SPD di Classe
SPD Tipo 2
provvisorie prova II
SPD per la protezione contro le sovratensioni tran- SPD di Classe
SPD Tipo 3
sitorie e la protezione delle apparecchiature prova III
SPD con filtro di rete per una protezione aumen- EN 61000-4-5-
IEC 61000-4-5
tata delle apparecchiature ED.2

Grazie alle Figure 9.2 e 9.3 troviamo un metodo semplice ed efficace per la
scelta degli SPD.

Nota: Il dispositivo SPD di Tipo 1 è installato nel quadro elettrico collegato al cavo di terra del
sistema di protezione dai fulmini. Quando le apparecchiature da proteggere sono ad una distanza
superiore a 30 [m] dal quadro dove è installato l’SPD scelto occorre prevedere una protezione
aggiuntiva nelle vicinanze dei carichi.

Figura 9.2 - Quattro casi di utilizzo e di installazione degli SPD

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Parte prima - Nozioni generali

(1) L’edificio è situato in: area urbana, suburbana oppure centro abitato.
(2) L’edificio è situato in area pianeggiante.
(3) L’edificio è situato in: luogo con presenza di piloni, alberi, picchi oppure in zone di
montagna, zone umide o laghi.
(4) In strutture quali: piccoli o medi edifici residenziali, piccoli uffici, piccole aree di la-
voro (es. officine meccaniche, laboratori artigianali, negozi).
(5) In strutture quali: grandi edifici residenziali, chiese, centri direzionali, scuole, edifici
commerciali e industriali (hotel, centri benessere, centri commerciali, industrie
ecc.), edifici per servizi di pubblica utilità (centri di elaborazione dati, musei ecc.)
ed edifici nei quali sono svolte attività ospedaliere o di sicurezza pubblica.

Figura 9.3 - Schema a blocchi per la scelta di SPD

9.5 CADUTA DI TENSIONE

In un impianto elettrico di bassa tensione è necessario verificare la caduta di


tensione tra l’origine dell’impianto stesso (contatore) e qualunque apparec-
chio utilizzatore. Una eccessiva caduta di tensione influenza in modo negativo
il funzionamento delle apparecchiature. Per questo la norma CEI 64-8 all’art.

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

525 raccomanda una caduta di tensione non superiore al 4% della tensione


nominale (Un) di alimentazione.
La caduta di tensione è sinonimo di perdite in linea e quindi di una cattiva otti-
mizzazione dell’impianto di trasmissione dell’energia elettrica. Per questi mo-
tivi è consigliabile non raggiungere mai la caduta di tensione massima ammessa.
Cadute di tensione più elevate possono essere ammesse solo per le seguenti ragioni:
a) il corretto funzionamento, in regime permanente, dei motori2. Nel caso
in cui si abbia una caduta di tensione pari al 6% in regime permanente,
essa probabilmente raggiungerà, al momento dell’avviamento, un va-
lore molto elevato e provoca:
- un cattivo funzionamento delle utenze più sensibili;
- difficoltà di avviamento del motore.
Se la caduta di tensione arrivasse invece al 15% si avrebbe una riduzione della
coppia di spunto pari al 28%. Per questo motivo, durante la fase di avvia-
mento, si raccomanda di non superare una caduta di tensione percentuale del
10% sul cavo del motore.
b) altri componenti elettrici che richiedono assorbimenti più elevati, pur-
ché le variazioni di tensione restino entro i limiti indicati nelle relative
norme CEI.
Il valore della caduta di tensione [V] può essere determinato mediante la se-
guente formula (valida per circuiti in corrente alternata):
Δ� = � ∗ � ∗ � � cos � + � sin �
Δ�
Δ�% = 00

dove:
k è un fattore di tensione e vale 1,73 per linee trifase, 2 per linee
monofase e bifase;
IB è la corrente del cavo in [A];
L è la lunghezza della linea espressa in [km];
r è la resistenza per fase di un chilometro di cavo espressa in [Ω/km]
o [mΩ/m] alla temperatura di regime;
x è la reattanza di fase di un chilometro di cavo espressa in [Ω/km]
o [mΩ/m];
cos(Φ) è il fattore di potenza dell’utilizzatore;
Un è la tensione nominale dell’impianto in [V].

 
2
La corrente di avviamento di un motore può raggiungere o superare il valore 5 - 7 della corrente
nominale (In).

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte prima - Nozioni generali

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Con questa formula si possono calcolare le cadute di tensione anche per tutti
i valori del cos(Φ) diversi mentre attraverso la Tabella 9.4 sono rappresentati
quelli cos(Φ) pari a 1 e pari a 0,8.
I valori della Tabella 9.4 sono applicabili per tutte le tipologie di cavi (rigidi,
semirigidi, flessibili e isolati) e con le diverse qualità di gomma aventi tempe-
rature caratteristiche sino a 85 °C e rispondenti alle norme CEI per conduttori
con grado di isolamento sino a 4.

ESEMPIO

Consideriamo un conduttore di un circuito terminale avente:


- sezione (S) = 10 [mm2], unipolare;
- lunghezza (L) = 40 [m];
- corrente (Ib) = 20 [A];
- tensione di alimentazione (Un) = 230 [V];
- fattore di potenza cos(φ) = 0,9;
- caduta di tensione massima = 1,5%.

SOLUZIONE

Dalla Tabella 9.4 sulla resistenza e reattanza specifica dei cavi si ha per un
cavo con S = 10 [mm2], cavo unipolare:
r = 2,24 [Ω/km];
x = 0,0119 [Ω/km].

Calcoliamo ora la caduta di tensione con la formula (la lunghezza del cavo
deve essere in [km]):

Δ� = � ∗ � ∗ � � cos � + � sin � =

= 2 ∗ 20 ∗ 0,0 2,2 cos 0,9 + 0,0 99 sin 0,9 = ,58 [V]

Utilizzando quindi la formula della caduta di tensione percentuale si ottiene:

Δ� ,58
Δ�% = 00 = 00 = ,55%
� 2 0

Essendo ΔU% > dell’1,5% occorre scegliere una sezione superiore.

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9.6 RIFASAMENTO

Gli utilizzatori assorbono dalla rete di alimentazione una certa quantità di cor-
rente che dipende dalle caratteristiche elettriche degli apparecchi stessi.
Il prodotto di tale corrente per la tensione di alimentazione3 ci permette di
determinare la potenza apparente (S):

� = √� + � [kvar]

La potenza assorbita dall’apparecchio e restituita sotto forma di energia mec-


canica o di calore è normalmente minore della potenza apparente e si chiama
potenza attiva (P):

� = � ∗ cos � [kW]

La potenza in gioco nei circuiti magnetici degli utilizzatori indispensabile


nella conversione dell’energia elettrica si chiama potenza reattiva (Q):

� = � ∗ sin � [kvar]

Viene fornita normalmente dalla rete di alimentazione sotto forma di potenza


reattiva induttiva o da batterie di condensatori come potenza reattiva capaci-
tiva in controfase alla potenza induttiva.
Il rapporto tra la potenza attiva e la potenza apparente assorbita dal carico è
detto fattore di potenza e il suo valore può essere compreso tra zero e uno:


cos � =

Mantenere un fattore di potenza prossimo all’unità vuol dire:


- soppressione delle penali per il consumo eccessivo di energia reattiva;
il valore minimo di cos(Φ) esente da penali è pari a 0,9;
- diminuzione della potenza apparente contrattuale [kVA];
- limitazione delle perdite di energia attiva nei cavi (perdite Joule);
- possibilità di ridurre la sezione dei cavi;
- aumento della potenza attiva [kW] disponibile al secondario del trasfor-
matore MT/BT;
- diminuzione della caduta di tensione (a parità di sezione dei cavi).
 
3
V*I in circuiti monofase e √3V*I in circuiti trifase.

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Capitolo 9 - La progettazione degli impianti elettrici

Il fattore di potenza è dunque un indice di qualità dell’impianto. Quindi le


normative vigenti insieme alle considerazioni di ordine tecnico impongono di
utilizzare l’energia elettrica con un fattore di potenza non inferiore a 0,9. Que-
sto valore lo si può ottenere inserendo nell’impianto una batteria di condensa-
tori operando il cosiddetto “rifasamento”. I condensatori assorbono dalla rete
una corrente sfasata di circa 90° in anticipo rispetto alla tensione.
La corrispondente potenza reattiva risulta perciò di segno opposto a quella
assorbita dai normali apparecchi utilizzatori.
Si ottiene in tal modo un aumento del fattore di potenza che coincide con
una diminuzione dell’angolo di sfasamento tra tensione e corrente (rifasa-
mento).
La batteria di rifasamento deve avere una potenza pari a:

� = � tan � − tan � ′

La potenza delle batterie di rifasamento si calcola con la seguente formula:

� = � ∗ � [kvar]

dove:
Kc = (tg(φ) – tg(φ)’)

ESEMPIO

Si desidera rifasare un impianto avente le seguenti caratteristiche:


- rete trifase con tensione Un = 400 [V];
- potenza assorbita P = 100 [kW];
- fattore di potenza prima del rifasamento cos(φ) = 0,7;
- fattore di potenza richiesto cos(φf) = 0,9.
Il valore di kc si ottiene dall’incrocio tra la riga del cos(φ) prima della com-
pensazione e la riga del cos(φ) dopo il valore desiderato alla compensa-
zione.
Per cui dalla Tabella 9.5 ricaviamo che per un valore del fattore di potenza
iniziale pari a 0,7 corrisponde un valore del fattore di potenza finale pari a 0,9
se si ha un valore di kc = 0,536.

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Tabella 9.5 - Valori di Kc

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Tabella 9.5 (segue)

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È necessario quindi installare una batteria di condensatori avente una potenza


reattiva pari a:

� = � ∗ � = 0,5 ∗ 00 = 5 , [kvar]

Le apparecchiature che creano campi magnetici (ad esempio i motori, le sal-


datrici, gli alimentatori delle lampade fluorescenti, i trasformatori) per funzio-
nare prelevano dalla rete sia energia attiva che energia reattiva.
In pratica, il conduttore che alimenta le apparecchiature viene impegnato con-
temporaneamente da due componenti di corrente:
- una attiva, unidirezionale;
- una reattiva, bidirezionale, che rimpalla continuamente lungo il cavo e
che non produce effetti meccanici, ma serve solo per eccitare gli avvol-
gimenti del motore.
La corrente reattiva quindi di per sé non è “cattiva” perché senza tale compo-
nente i motori non funzionerebbero. Purtroppo però questa componente addi-
zionale dà fastidio all’ente erogatore in quanto lo costringe a sovradimensio-
nare le proprie infrastrutture. Per questo motivo una potenza reattiva eccessiva
viene pesantemente conteggiata nella bolletta energetica. Addirittura nei casi
estremi il gestore della rete può richiedere l’adeguamento dell’impianto o im-
porre lo stacco della rete.
Ad esempio la Delibera 882/2017/R/eel definisce i corrispettivi per prelievi di
energia reattiva degli utenti BT (>16,5 kW) e MT in vigore per l’anno 2018
(vedi Tabella 9.6).

Tabella 9.6 - Costo della energia reattiva

Energia reattiva
Energia reattiva
compresa tra il
eccedente il 75%
Fasce 33% ed il 75%
dell’energia attiva
orarie dell’energia attiva
[centesimi di
[centesimi di
euro/kVARh]
euro/kVARh]
Punti di prelievo di clienti finali in F1 0,247 0,318
media tensione (tensione nomi- F2 0,247 0,318
nale compresa tra 1 e 35 [kV]) F3
Punti di prelievo di clienti finali in F1 0,726 0,935
bassa tensione (tensione nomi- F2 0,726 0,935
nale inferiore a 1 [kV]) F3

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Tabella 9.7 - Esempio di valori del fattore di potenza

Carico cos(Φ) tg(Φ)


Trasformatori a vuoto 0,1 ÷ 0,15
Motori asincroni con:
fattore di carico [%] = 0 0,17 5,80
fattore di carico [%] = 25 0,55 1,52
fattore di carico [%] = 50 0,73 0,94
fattore di carico [%] = 75 0,80 0,75
fattore di carico [%] = 100 0,85 0,82
Dispositivi per la lavorazione del metallo:
saldatrici ad arco 0,35 ÷ 0,6 1,73
saldatrici ad arco compensate 0,7 ÷ 0,8 1,02 ÷ 0,48
saldatrici a resistenza 0,4 ÷ 0,6 1,02 ÷ 0,75
forni ad arco 0,75 ÷ 0, 9 0,75
Lampade fluorescenti:
compensate (rifasate) 0,9 0,59 ÷ 0,39
non compensate (non rifasate) 0,4 ÷ 0,6 1,73
Lampade a incandescenza 1 0
Lampade a scarica 0,40 ÷ 0, 60 2,29 ÷ 1,33
Convertitori c.a. - c.c. 0,6 ÷ 0,95
Azionamenti c.c. 0,4 ÷ 0,75
Azionamenti c.a. 0,95 ÷ 0,97
Carichi resistivi 1

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PARTE SECONDA
I PROGETTI

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10
PROGETTO 1: APPARTAMENTO DI LIVELLO 1
(SUPERFICIE COMPRESA TRA 75 E 125 m2)

10.1 GENERALITÀ

Di seguito verrà descritto l’impianto elettrico di un appartamento di livello 1


(ubicato in un condominio) costituito da due camere da letto, un soggiorno,
una cucina, due bagni e due terrazzi. L’edificio è progettato per raggiungere
elevati standard di isolamento termico al fine di limitare i consumi energetici
invernali ed estivi; la coibentazione è a cappotto in fibra minerale per pareti e
copertura con spessori rispettivamente di 16 e 20 [cm].

10.2 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 3 [kW];
- tensione di alimentazione: 230 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-;
- conduttore: FS17;
- modalità di posa: sottotraccia;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.

Tabella 10.1 - Dotazioni minime (per ambiente e per appartamento)

LIVELLO 1
Per ambiente Punti Punti Prese
prese luce radio /TV
Ingresso 1 1
Locale cucina 5 1 1
Locale da bagno o doccia
2 2
con attacco lavatrice

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Parte seconda - I progetti

LIVELLO 1
Per ambiente Punti Punti Prese
prese luce radio /TV
Locale da bagno o doccia
1 2
senza attacco lavatrice
≤ 5 [m] 1 1
Corridoio
> 5 [m] 2 2
Balcone/terrazzo A ≥ 10 [m2] 1 1
Ripostiglio A ≥ 1 [m2] 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 4 1 1
Per ogni locale (ad es.:
12 [m2] < A < 20 [m2] 5 1 1
soggiorno, studio ecc.)
20 [m2] < A 6 2 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 4 1 1
Camera da letto 12 [m2] < A < 20 [m2] 2 1 1
20 [m2] < A 5 2 1
A ≤ 100 [m2] 1
Lampade di emergenza
A > 100 [m2] 2

LIVELLO 1
Per appartamento Area N.
Numero dei circuiti 75 [m2] < A < 125 [m2] 4
SPD nel quadro di unità abitativa (QUA)
Protezione contro le sovratensioni (SPD)
a meno che CRL descritto in 443.5 non
secondo le sezioni 443 e 534
sia ≥ 1.000
50 [m2] < A < 100 [m2] 2
Prese telefono e/o dati e/o ottiche
100 [m2] <A 1
Dispositivi per l'illuminazione A ≤ 100 [m ] 1
2

di sicurezza A >100 [m2] 2


Funzioni ausiliarie Campanello, citofono o videocitofono
Funzioni per sicurezza non elettrica, com-
Non richieste
fort ed efficienza energetica
Predisposizione Legge 11 novembre 2014,
STOA
n. 164, art. 135-bis

Avvertenze:
- la normativa consiglia l’installazione di prese 2P+T 16 A bivalenti standard italiano/tedesco
per l'alimentazione degli elettrodomestici;
- le prese telefoniche e/o dati richiedono, secondo normativa, almeno una presa energia accanto;
- la normativa prescrive che, accanto ad una presa TV di quelle presenti nell’appartamento (di
solito si sceglie quella del soggiorno), sia prevista la predisposizione per 6 prese energia (le
ulteriori prese TV presenti nel medesimo ambiente necessitano di almeno 1 presa energia).

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

10.3 LOCALI E DOTAZIONI

Ingresso:
- N. 2 punti luce comandati da deviatori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 campanello.

Salone:
- N. 2 punti luce comandati da deviatori e invertitori;
- N. 6 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati/telefono.

Camera da letto (matrimoniale):


- N. 1 punto luce comandato da deviatori e invertitori;
- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati/telefono.

Camera da letto (secondaria):


- N. 1 punto luce comandato da deviatori;
- N. 7 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati/telefono.

Cucina:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione forno;

Bagno (principale):
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 2 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione.

Bagno (secondario):
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione.

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Parte seconda - I progetti

Balcone grande:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia di deviatori e da un invertitore;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Balcone piccolo:
- N. 1 punto luce comandato una coppia di deviatori;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;

Nelle Figure da 10.1 a 10.12 (disponibili anche nell’Area download collegata al


volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche essenziali
dell’impianto elettrico per un appartamento di livello 1. Si omette qui la sola
planimetria generale dell’appartamento.

Figura 10.1 - Planimetria generale dell’appartamento di livello 1 [solo in download]

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.2 - Planimetria lay-out arredo

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Parte seconda - I progetti
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Figura 10.3 - Planimetria lay-out tipico luce

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Figura 10.4 - Planimetria lay-out FM-dati-TV

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Parte seconda - I progetti

Figura 10.5 - Planimetria lay-out tipico interruttori

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Figura 10.6 - Planimetria lay-out tipico prese FM

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Parte seconda - I progetti

Figura 10.7 - Planimetria lay-out tipico prese dati e TV

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.8 - Distribuzione primaria e secondaria luce

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Parte seconda - I progetti
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Figura 10.9 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati-TV

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.10 - Quadro Q0 dell'appartamento di livello 1

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Parte seconda - I progetti

Figura 10.10 (segue)

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344
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.10 (segue)

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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346

Figura 10.11 - Quadro Q1 dell'appartamento di livello 1

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.11 (segue)

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 10.11 (segue)

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Figura 10.11 (segue)

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Parte seconda - I progetti

Figura 10.11 (segue)

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1
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Figura 10.12 - Schema funzionale Q0-Q1 dell'appartamento di livello 1

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Parte seconda - I progetti

10.4 CALCOLO SOVRATEMPERATURA

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q1 sono pari a 28 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli ogni MT per il sezionatore più ulteriori n.
4 moduli per gli altri apparecchi). Di conseguenza si deve scegliere un centra-
lino da incasso da 36 moduli con una potenza termica dissipabile (fornita da
costruttore) pari a 54 [W].

Tabella 10.2 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


Int. generale 2,5 2 5 1 5
Gen. luce 2,5 2 5 1 5
Luce giorno 2,3 2 4,6 1 4,6
Luce notte 2,3 2 4,6 1 4,6
Gen. notte 2,5 2 5 1 5
FM giorno 2,3 2 4,6 1 4,6
FM notte 2,3 2 4,6 1 4,6
CDZ 2,3 2 4,6 1 4,6
Forno 2,3 2 4,6 1 4,6

Pdp-tot = 5 + 5+ 4,6 + 4,6 + 5 + 4,6+ 4,6 + 4,6 + 4,6= 42,6 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 41 + 0,2 * 41 + 0 = 51,1 [W]

Pinv = 54 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

10.5 MISURE E PROVE

Tabella 10.3 - Verifiche obbligatorie

Art. CEI In corso A fine Esito


TIPO DI VERIFICA
64-8/6 d’opera opera esame
Esame a vista Prova
Protezione contro i contatti
61.2.3 a) Ok Positivo
diretti e indiretti
Scelta delle condutture (por-
61.2.3 c) Ok Positivo
tata e caduta di tensione)

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Capitolo 10 - Progetto 1: appartamento di livello 1

Art. CEI In corso A fine Esito


TIPO DI VERIFICA
64-8/6 d’opera opera esame
Esame a vista Prova
Scelta e taratura dei dispo-
61.2.3 d) Ok Positivo
sitivi di protezione
Corretta installazione dei
dispositivi di sezionamento 61.2.3 e) Ok Positivo
e comando
Identificazione dei condut-
61.2.3 g) Ok Positivo
tori N e PE
Scelta dei componenti elet-
trici e delle misure di prote-
61.2.3 f) Ok Positivo
zione idonei in relazione
alle condizioni ambientali
Inserzione degli interruttori
unipolari sul conduttore di 61.2.3 h) Ok Positivo
fase
Vedi Di-
chiara-
Schemi elettrici 61.2.3 i) Ok zione di
confor-
mità
Identificazione dei circuiti 61.2.3 j) Ok Positivo
Idoneità delle connessioni 61.2.3 k) Ok Positivo
Adeguatezza conduttori di
61.2.3 l) Ok Positivo
protezione equipotenziale
Accessibilità all’impianto 61.2.3
Ok Positivo
per la manutenzione m)
Continuità con-
duttori PE ed 61.3.2 Ok Positivo
equipotenziali
Resistenza di
isolamento 61.3.3 Ok > 1 MΩ
(F+N)/PE
Prove interruttori
differenziali e Positivo
61.3.6 Ok
misura della re- (21 [Ω])
sistenza di terra
Positivo
per gli
Prove di funzio-
61.3.10 Ok apparec-
namento
chi colle-
gati

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11
PROGETTO 2: APPARTAMENTO DI LIVELLO 2
(SUPERFICIE COMPRESA TRA 75 E 125 m2)

11.1 GENERALITÀ

Di seguito verrà descritto l’impianto elettrico di un appartamento di livello 2


avendo come base quello del progetto 1 di livello 1 e inserendo quanto pre-
scritto dalla norma CEI 64/8 Cap. 37. Inoltre, il quadro elettrico verrà confi-
gurato per avere una selettività maggiore rispetto al precedente.

11.2 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 6 [kW];
- tensione di alimentazione: 230 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-;
- conduttore: FS17;
- modalità di posa: sottotraccia;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.

Tabella 11.1 - Dotazioni minime (per ambiente e per appartamento)

LIVELLO 2
Per ambiente Punti Punti Prese
prese luce radio/TV
Ingresso 1 1
Locale cucina 6 2 1
Locale da bagno o doccia con
2 2
attacco lavatrice
Locale da bagno o doccia
1 2
senza attacco lavatrice
   

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

LIVELLO 2
Per ambiente Punti Punti Prese
prese luce radio/TV
≤ 5 [m] 1 1
Corridoio
> 5 [m] 2 2
Balcone/terrazzo A ≥ 10 [m2] 1 1
Ripostiglio A ≥ 1 [m2] 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 5 2 1
Per ogni locale (ad es.: sog-
12 [m2] < A < 20 [m2] 7 2 1
giorno, studio ecc.)
20 [m2] < A 8 3 1
8 [m2] < A < 12 [m2] 4 2 1
Camera da letto 12 [m2] < A < 20 [m2] 6 2 1
20 [m2] < A 7 3 1
A ≤ 100 [m2] 2
Lampade di emergenza
A > 100 [m2] 3

LIVELLO 2
Per appartamento Area N.
Numero dei circuiti 75 [m2] < A < 125 [m2] 5
SPD nel quadro di unità abitativa (QUA)
Protezione contro le sovratensioni (SPD)
a meno che CRL descritto in 443.5 non
secondo le Sezioni 443 e 534
sia ≥ 1.000
50 [m2] < A < 100 [m2] 2
Prese telefono e/o dati e/o ottiche
100 [m2] < A 1
Dispositivi per l'illumina- A ≤ 100 [m2] 2
zione di sicurezza A >100 [m2] 3
Funzioni ausiliarie Campanello, citofono o videocitofono
Funzioni per sicurezza non elettrica, com- Almeno 2 funzioni domotiche non ne-
fort ed efficienza energetica cessariamente integrate tra loro
Predisposizione Legge 11 novembre 2014,
STOA
n. 164, art. 135-bis

Avvertenze:
- la normativa consiglia l’installazione di prese 2P+T 16 A bivalenti standard italiano/tedesco
per l'alimentazione degli elettrodomestici;
- le prese telefoniche e/o dati richiedono, secondo normativa, almeno una presa energia
accanto;
- la normativa prescrive che accanto ad una presa TV di quelle presenti nell’appartamento
(di solito si sceglie quella del soggiorno) sia presente la predisposizione per 6 prese ener-
gia (le ulteriori prese TV presenti nel medesimo ambiente necessitano di almeno 1 presa
energia).

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Parte seconda - I progetti

11.3 LOCALI E DOTAZIONI

Ingresso:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia di deviatori;
- N. 4 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 videocitofono;
- N. 1 lampada di emergenza.

Salone:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia di deviatori e da un invertito-
re;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 2 lampade di emergenza;
- N. 1 sensore ad infrarossi passivo;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Camera da letto (matrimoniale):


- N. 1 punti luce comandato una coppia di deviatori e da un invertitore;
- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 sensore ad infrarossi passivo;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Camera da letto (secondaria):


- N. 1 punto luce comandato da una coppia di deviatori;
- N. 7 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 sensore ad infrarossi passivo;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Cucina:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;


- N. 1 punto di alimentazione forno;
- N. 1 sensore ad infrarossi passivo;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 presa TV.

Bagno (principale):
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 2 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione.

Bagno (secondario):
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione.

Balcone grande:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia di deviatori e da un invertito-
re;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Balcone piccolo:
- N. 1 punto luce comandato da una coppia di deviatori;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Nelle Figure da 11.1 a 11.13 (disponibili anche nell'Area download collegata


al volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche es-
senziali dell’impianto elettrico per un appartamento di livello 2. Si omette
qui la sola planimetria generale dell’appartamento.

Figura 11.1 - Planimetria generale dell’appartamento di livello 2 [solo in download]

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Parte seconda - I progetti

Figura 11.2 - Planimetria lay-out arredo

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

Figura 11.3 - Planimetria lay-out tipico luce

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Figura 11.4 - Planimetria lay-out FM-dati-TV

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

Figura 11.5 - Planimetria lay-out speciali

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Parte seconda - I progetti
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Figura 11.6 - Planimetria lay-out tipico interruttori

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

Figura 11.7 - Planimetria lay-out tipico prese FM

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Figura 11.8 - Planimetria lay-out tipico prese dati e TV

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Figura 11.9 - Distribuzione primaria e secondaria luce

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Figura 11.10 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati-TV

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Figura 11.11 - Quadro Q0 dell'appartamento di livello 2

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Figura 11.11 (segue)

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Figura 11.12 - Quadro Q1 dell'appartamento di livello 2

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
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Figura 11.12 (segue)

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

Figura 11.12 (segue)

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Figura 11.12 (segue)

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
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Figura 11.12 (segue)

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Parte seconda - I progetti
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Figura 11.13 - Schema funzionale Q0-Q1 dell'appartamento di livello 2

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Capitolo 11 - Progetto 2: appartamento di livello 2

11.4 CALCOLO SOVRATEMPERATURA

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q1 sono pari a 40 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli per il sezionatore più ulteriori n. 6 moduli
per gli altri apparecchi). Di conseguenza si deve scegliere un centralino da
incasso da 54 moduli con una potenza termica dissipabile (fornita da costrut-
tore) pari a 81 [W].

Tabella 11.2 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


Int. generale 2,5 2 5 1 5
Gen. luce giorno 2,3 2 4,6 1 4,6
Gen. luce
notte 2,3 2 4,6 1 4,6
Gen. FM giorno 2,5 2 4,6 1 4,6
Gen. FM notte 2,5 2 5 1 5
Gen. CDZ1 2,5 2 5 1 5
Gen. CDZ2 2,5 2 5 1 5
Gen. speciali 2,3 2 4,6 1 4,6
Forno 2,3 2 4,6 1 4,6

Pdp-tot = 5 + 4,6 + 4,6 + 4,6 + 5+ 5 + 5 + 4,6+4,6 = 43 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 41 + 0,2 * 41 + 0 = 51,6 [W]

Pinv = 81 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

11.5 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
12
PROGETTO 3: STUDIO ODONTOIATRICO

12.1 PREMESSA

La norma CEI 64-8, in particolare la sezione 710, tratta la sicurezza degli im-
pianti elettrici nei locali medici. Per “locale medico” si intende “locale desti-
nato a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabili-
tazione dei pazienti (inclusi i trattamenti estetici)” (norma CEI 64-8, art.
710.2.1). Sono ad esempio locali medici: gli ambulatori, gli studi medici, gli
studi medici dentistici, le sale parto, le sale ECG, le sale per endoscopie, le
sale per chirurgia, le sale per risonanze magnetiche ecc.
Non sono locali medici i locali di servizio e i locali ordinari, come ad esempio
i corridoi di accesso alle camere di degenza, scorte merci, uffici, spogliatoi
ecc.
Se uno studio dentistico occupa sola una parte dell’appartamento, sono da
considerare locali medici solo i locali utilizzati come ambulatorio dentistico1.

12.2 DEFINIZIONI

Paziente: essere vivente (persona o animale) sottoposto a procedura medica,


chirurgica o dentistica. Anche la persona sottoposta a trattamento estetico è
da considerare, per quanto riguarda la presente norma, come un paziente (CEI
64-8 art. 710.2.2).

Zona paziente: qualsiasi volume in cui un paziente con parti applicate può
venire in contatto intenzionale, o non intenzionale, con altri apparecchi elet-
tromedicali o sistemi elettromedicali o con masse e masse estranee o con altre
persone in contatto con tali elementi (art. 710.2.9).

 
1
Il progetto dell’impianto elettrico deve essere esteso a tutta l’unità immobiliare.

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Capitolo 12 - Progetto 3: studio odontoiatrico

Figura 12.1 - Rappresentazione di una zona paziente

Le dimensioni in figura mostrano la minima estensione della zona paziente


nel caso di ambiente libero da ostacoli. Si raccomanda che la zona paziente
sia comunque considerata con un’altezza non superiore a 2,5 m dal piano di
calpestio.

Apparecchio elettromedicale: apparecchio elettrico, dotato di una parte appli-


cata o che trasferisce energia verso il o dal paziente, o rileva tale trasferimento
di energia verso il o dal paziente e che è:
a) dotato di non più di una connessione ad una particolare alimentazione
di rete; e
b) previsto dal suo fabbricante per essere impiegato:
- nella diagnosi, trattamento o monitoraggio di un paziente; oppure
- per compensare, lenire una malattia, le lesioni o menomazioni.
L’apparecchio elettromedicale include gli accessori definiti dal fabbricante
come necessari all’uso normale dell’apparecchio stesso (art. 710.2.3).
Parte applicata: parte di un apparecchio elettromedicale che nell’uso normale
viene necessariamente in contatto fisico con il paziente affinché l’apparecchio
elettromedicale o il sistema elettromedicale possa svolgere la sua funzione
(art. 710.2.4).

12.3 CLASSIFICAZIONE DEI LOCALI AD USO MEDICO

I locali medici sono classificati nei tre gruppi seguenti, in base ai tipi di appa-
recchi elettromedicali impiegati e all’attività medica svolta.
Locale medico di gruppo 0: locale nel quale non si utilizzano apparecchi elettro-
medicali con parti applicate e dove la discontinuità (il guasto) dell’alimentazione

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Parte seconda - I progetti

non può causare rischio per la vita del paziente (art. 710.2.5). Nei locali medici di
gruppo 0 l’impianto elettrico è di tipo ordinario, nel senso che non ci sono pre-
scrizioni particolari. Ciò nonostante, l’impianto è soggetto ad obbligo di progetto
(D.M. 37/2008, art. 5, comma 2, lett. d).
Locale medico di gruppo 1: locale dove la discontinuità (il guasto) dell’ali-
mentazione non può causare rischio per la vita del paziente e nel quale le parti
applicate sono destinate ad essere utilizzate nel modo seguente:
- esternamente;
- invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione di quelle
specificate per il gruppo 2 (zona cardiaca) (CEI 64-8, art. 710.2.6).
L’impianto elettrico nei locali medici di gruppo 1 deve avere i seguenti requisiti:
a) il sistema TN-C non è ammesso;
b) la tensione dei circuiti SELV e PELV non deve superare 25 [V]; le parti
attive devono essere sempre protette contro i contatti diretti;
c) ogni presa a spina deve avere il polo di terra collegato al nodo equipo-
tenziale direttamente o tramite il sub-nodo;
d) per la protezione contro i contatti diretti o indiretti mediante interru-
zione automatica dell’alimentazione, si deve assumere una tensione di
contatto limite di 25 [V] contro i 50 [V] previsti per gli impianti ordi-
nari. Naturalmente questo implica che nei sistemi di tipo TT la resi-
stenza di terra deve essere la metà mentre nei sistemi TN e IT l’interru-
zione deve avvenire entro i tempi indicati dalla seguente tabella:

SISTEMI TN-S SISTEMI IT


Tempi di inter- Neutro non di- Neutro distri-
U0 [V] U0/U [V]
ruzione [s] stribuito [s] buito [s]
50 ≤ U0 ≤ 120 0,4 120 ≤ U0 ≤ 240 0,4 1
130 ≤ U0 ≤ 230 0,2 2400 ≤ U0 ≤ 4000 0,2 0,4

e) i circuiti che alimentano prese a spine con corrente nominale fino a 32


[A] devono essere protetti da interruttori differenziali con IΔn ≤ 30
[mA], di tipo A o B. Le possibili prese di corrente che hanno una cor-
rente nominale superiore ai 32 [A] ed i circuiti che alimentano le utenze
fisse possono essere protetti tramite interruttori magnetotermici (si-
stemi TN o IT) o attraverso interruttori differenziali di altro tipo e con
altre soglie di intervento;
f) deve essere effettuato il collegamento equipotenziale supplementare
nella zona paziente; è consentito un solo sub-nodo tra massa e/o massa
estranea ed il nodo equipotenziale;

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Capitolo 12 - Progetto 3: studio odontoiatrico

g) le prese a spina e gli interruttori devono essere installati ad una distanza


maggiore di 20 [cm] da qualsiasi attacco per gas o liquidi ad uso medi-
cale;
h) il progetto deve essere redatto da un professionista iscritto al proprio
albo.
Locale medico di gruppo 2: locale medico nel quale le parti applicate sono
destinate ad essere utilizzate in applicazioni quali:
- interventi intracardiaci;
- operazioni chirurgiche;
- trattamenti vitali dove la mancanza dell’alimentazione può comportare
pericolo per la vita.
L’impianto elettrico nei locali medici di gruppo 2 non è oggetto di studio di
questo volume.
Possiamo riassumere la classificazione dei locali medici attraverso la Figura 12.2.

Figura 12.2 - Sintesi della classificazione dei locali medici

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Parte seconda - I progetti

Nella Tabella 12.1 vengono elencati i locali medici più comuni e la loro rela-
tiva classificazione.

Tabella 12.1 - Esempi di classificazione dei locali medici

Tipologia di locale Gruppo


Ambulatorio medico in cui non si utilizzano apparecchi elettromedi-
0
cali o dove si utilizzano apparecchi senza parti applicate
Ambulatorio medico in cui si utilizzano apparecchi elettromedicali
1
con parti applicate senza anestesia generale
Camera di degenza o gruppi di camere adibite ad uso medico nelle
quali i pazienti sono alloggiati per la durata del loro soggiorno in un 1
ospedale o in un altro ambiente ad uso medico
Ambulatorio chirurgico dove persone o animali sono sottoposti ad
2
operazioni chirurgiche
Locale per esami di fisiopatologia in cui i pazienti sono collegati ad
1
apparecchi elettromedicali di misura e controllo
Locale per idroterapia in cui i pazienti sono sottoposti a cure me-
1
diante acque, fanghi, vapori ecc.
Locale per radiologia in cui si utilizzano apparecchi radiologici 1
Locali per terapia fisica in cui il paziente è sottoposto a onde ma-
gnetiche, calore, vibrazioni, raggi ultravioletti, massaggi, ginnastica 1
curativa ecc.
Locali per uso estetico dove si utilizzano apparecchi elettromedicali
0
senza parti applicate
Locali per uso estetico dove si utilizzano apparecchi elettromedicali
1
con parti applicate
Locale per sorveglianza o terapia intensiva di pazienti sottoposti a
controllo ed eventualmente a stimolazione o sostituzione di deter- 2
minate funzioni vitali attraverso apparecchiature elettromedicali
Locale per anestesia dove si praticano anestesie generali o analge-
2
sie generali
Sala parto 1
Locale per cateterismo cardiaco 2
Locale per esami angiografici o emodinamici 2
Sala chirurgica dove persone o animali sono sottoposti ad interventi
chirurgici come ad esempio le camere operatorie, preoperatorie, di
2
risveglio, di lavaggio, sterilizzazione e le sale parto se collegate alle
camere operatorie

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Capitolo 12 - Progetto 3: studio odontoiatrico

12.4 GENERALITÀ

Di seguito è descritto l’impianto elettrico di un ambulatorio dentistico, ubicato


all’interno di un condominio, che comprende due gabinetti odontoiatrici, di
cui uno per il trattamento dell’igiene orale, oltre ad una sala d’attesa, l’accet-
tazione ed il servizio igienico.

12.5 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 20 [kW];
- tensione di alimentazione: 400 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-;
- conduttore: FS17;
- modalità di posa: sottotraccia;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.

12.6 LOCALI E DOTAZIONI

Ingresso:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia di deviatori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 videocitofono;
- N. 2 prese dati-fonia;
- N. 1 lampada di emergenza.

Salone:
- N. 2 punti luce comandati da una coppia deviatori e da un invertitore;
- N. 3 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 2 lampade di emergenza.

Ambulatorio 1:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;

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Parte seconda - I progetti

- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione riunito;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Ambulatorio 2:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 5 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione riunito;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Sala igiene orale:


- N. 1 punto luce comandato da un interruttore;
- N. 4 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione riunito;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Bagno:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30.

Nelle Figure da 12.3 a 12.17 (disponibili anche nell’Area download collegata


al volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche es-
senziali dell’impianto elettrico per lo studio odontoiatrico. Si omette qui la
sola planimetria generale dello studio odontoiatrico.

Figura 12.3 - Planimetria generale dello studio odontoiatrico [solo in download]

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Figura 12.4 - Planimetria lay-out arredo

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Figura 12.5 - Planimetria lay-out tipico luce

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Figura 12.6 - Planimetria lay-out FM-dati-TV

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Figura 12.7 - Planimetria lay-out impianto di terra

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Figura 12.8 - Planimetria lay-out tipico interruttori

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Figura 12.9 - Planimetria lay-out tipico prese FM

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Figura 12.10 - Planimetria lay-out tipico prese dati

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Figura 12.11 - Planimetria zona paziente

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Figura 12.12 - Planimetria lay-out tipico impianto di terra

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Figura 12.13 - Distribuzione primaria e secondaria luce

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Figura 12.14 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati

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394

Figura 12.15 - Quadro Q0 dello studio odontoiatrico

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Figura 12.15 (segue)

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396

Figura 12.16 - Quadro Q1 dello studio odontoiatrico

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Figura 12.16 (segue)

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Figura 12.16 (segue)

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Figura 12.16 (segue)

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Figura 12.16 (segue)

 
 
 

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Figura 12.16 (segue)

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Figura 12.17 - Schema funzionale Q0-Q1 dello studio odontoiatrico

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Capitolo 12 - Progetto 3: studio odontoiatrico

12.7 CALCOLO SOVRATEMPERATURA

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q1 sono pari a 68 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli per il sezionatore più ulteriori n. 6 moduli
per gli altri apparecchi). Di conseguenza, non essendo presente in commercio
un centralino da incasso 90 moduli, si deve scegliere un centralino 54 moduli
con una potenza termica dissipabile (fornita da costruttore) pari a 81 [W] ac-
coppiato a un centralino da 36 moduli con una potenza termica dissipabile
(fornita da costruttore) pari a 54 [W].

Tabella 12.2 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


Int. generale 2,5 2 5 1 5
Gen. luce amb. 1 2,5 2 5 1 5
Gen. luce amb. 2 2,5 2 5 1 5
Gen. luce
sala igiene 2,5 2 5 1 5
Gen. luce
attesa e aspetto 2,5 2 5 1 5
FM 1 2,5 2 5 1 5
FM 2 2,5 2 5 1 5
FM 3 2,5 2 5 1 5
FM 4 2,5 2 5 1 5
FM 5 2,5 2 5 1 5
R1 2,5 2 5 1 5
R2 2,5 2 5 1 5
R3 2,5 2 5 1 5
CDZ1 2,5 2 5 1 5
CDZ2 2,5 2 5 1 5
CDZ3 2,5 2 5 1 5

Pdp-tot = 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 = 75 [W]
Pau = 0
Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 75 + 0,2 * 75 + 0 = 90 [W]
Pinv = 135 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

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12.8 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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13
PROGETTO 4: CENTRO ESTETICO

13.1 PREMESSA

Si definisce “locale estetico” un ambiente dove una estetista svolge la pro-


pria attività e utilizza apparecchi elettrici ad uso estetico.
Un centro estetico può essere un locale a sé stante, oppure essere inserito
all’interno di una struttura più grande, come un albergo, una palestra, un cen-
tro polisportivo, una profumeria, un villaggio turistico ecc.
Nei locali estetici le persone sono in genere in buona salute, ma il maggior
rischio elettrico proviene dalla sistematica applicazione di apparecchi ad uso
estetico. Per poter individuare e classificare tali strutture dal punto di vista
della sicurezza elettrica è necessario quindi chiarire chi è, cosa fa e quali ap-
parecchi usa un estetista.
Un estetista è un professionista che cura la bellezza delle persone e che per
poter svolgere il proprio lavoro e utilizzare apparecchi per uso estetico deve
essere abilitato ai sensi della Legge 4 gennaio 1990, n. 1, “Disciplina
dell’attività di estetista”.
In questa legge è riportato l’elenco degli apparecchi elettrici per uso estetico.
Tale elenco è stato aggiornato secondo il D.M. del 12 maggio 2011, n. 110,
come modificato dal D.M. 15 ottobre 2015, n. 206. Si precisa, però, che non
tutti gli apparecchi per uso estetico elencati dalla Legge 1/1990 sono elettrici
e quindi non hanno parti applicate e non c’è contatto fisico o elettrico e
nemmeno trasferimento di energia da o verso la persona sottoposta a tratta-
mento.
Un apparecchio elettrico per uso estetico è definito dalla norma CEI 64-8
all’art. 710.2.1 come un apparecchio elettrico “munito di una o più connes-
sioni ad una particolare rete di alimentazione, destinato al trattamento este-
tico utilizzato dall’operatore estetico, e che entra in contatto fisico o elettri-
co col soggetto trattato e/o trasferisce energia verso o dal soggetto trattato”.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

13.2 CLASSIFICAZIONE DEI LOCALI AD USO ESTETICO

Esiste una certa affinità tra un locale ad uso medico ed un locale ad uso este-
tico. Curare una persona per fini estetici o per fini medici comporta l’utilizzo
abituale di strumenti e apparecchiature elettriche con parti applicate che de-
terminano un aumento del rischio elettrico rispetto ad altri ambienti di tipo
ordinario, questo anche se il soggetto sotto trattamento estetico gode di mi-
glior salute e quindi risulta meno vulnerabile di una persona in condizioni
fisiche precarie sottoposta a cure mediche. Nel locale ad uso estetico, infatti,
si fa un uso prolungato e costante sulla persona di queste apparecchiature il
che ci porta a considerare questi luoghi, alla stregua di quelli ad uso medico,
ambienti a maggior rischio elettrico. Sulla base di quanto afferma la norma
CEI 64-8 alla sezione 710, possiamo dire che i locali ad uso estetico come
quelli ad uso medico. Chiarito questo, in funzione della pericolosità
dell’ambiente, la classificazione dei locali adibiti ad uso estetico è presto fat-
ta:
- il locale si dice ordinario se non fa uso di alcun apparecchio estetico
con parti applicate; in questo caso non si tratta di un locale ad uso
estetico;
- il locale si dice ad uso estetico di gruppo 0 se si fa uso di apparecchi
estetici senza parti applicate (come da elenco della Legge 1/1990);
- il locale si dice ad uso estetico di gruppo 1 se si fa uso di apparecchi
estetici con parti applicate (come da elenco della Legge 1/1990).
Nel caso in cui il locale è classificato come ordinario non si tratta di un loca-
le ad uso estetico e quindi si applica la norma generale sugli impianti. Se il
locale è del gruppo 0, si tratta di locale ad uso medico ma non esistono parti-
colari accorgimenti da adottare e si applicano le norme elettriche generali
come per gli ambienti ordinari. Diverse, rispetto a quelli del gruppo 0, sono
le attenzioni da dedicare ai locali del gruppo 1 dove si rende necessario adot-
tare alcuni accorgimenti impiantistici particolari. Spesso i locali ad uso este-
tico sono inseriti all’interno di strutture con destinazioni d’uso anche diverse
da quelle di tipo estetico (ad esempio un appartamento di civile abitazione in
cui sono ricavati alcuni locali adibiti a centro estetico); in questi casi è bene
ricordare che tutta l’unità immobiliare che ospita questi locali, quando la po-
tenza impegnata è superiore a 1,5 kW, è soggetta all’obbligo di progetto an-
che se non tutti i locali della struttura sono del gruppo 1 o del gruppo 0.
Possiamo rivedere la classificazione attraverso la Tavola 13.1.

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Capitolo 13 - Progetto 4: centro estetico

Tavola 13.1 - Classificazione dei locali estetici

Tabella 13.1 - Elenco degli apparecchi elettromedicali per uso estetico


(Legge 1/1990; D.M. 110/2011; D.M. 206/2015)

N.* Denominazione
1 Vaporizzatore con vapore normale e ionizzato non surriscaldato
Stimolatori ad ultrasuoni:
2A (A1) Vibrazione meccanica peeling;
(A2) Ultrasuoni per trattamenti superficiali
2B Stimolatori a microcorrenti
3 Disincrostante per pulizia con intensità non superiore a 4 [mA]
Apparecchi per l’aspirazione dei comedoni e pulizia del viso:
(a) Apparecchio con aspirazione e con cannule;
4
(b) Apparecchio con azione combinata per la levigatura della pelle con pol-
vere minerale o fluidi materiali equivalenti.
5 Doccia filiforme ed atomizzatore con pressione non superiore a 100 [kPa]

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Apparecchi per massaggi:


(a) Apparecchi per massaggi meccanici al solo livello cutaneo;
(b) Apparecchi per massaggi elettrici con oscillazione orizzontale o rotazio-
ne;
6
(c) Rulli elettrici e manuali;
(d) Vibratori elettrici oscillanti;
(e) Apparecchi per massaggi meccanici;
(f ) Elettrici picchiettanti.
Solarium per l’abbronzatura:
(a) Lampade abbronzanti UVA;
7
(b) Lampade di quarzo con applicazioni combinate o indipendenti di raggi
ultravioletti (UV) ed infrarossi (IR).
8 Apparecchi per massaggio ad aria con pressione non superiore a 100 [kPa]
Apparecchi per massaggio idrico con aria a pressione non superiore a 100
9
[kPa]
10 Scaldacera per ceretta
Attrezzi per ginnastica estetica:
11 (a) Attrezzo per ginnastica estetica;
(b) Attrezzo con pedana vibrante per la tonificazione muscolare.
12 Attrezzature per manicure e pedicure
Apparecchi per il trattamento di calore totale o parziale:
(a) Apparecchio per il trattamento di calore totale o parziale;
13
(b) Apparecchio per il trattamento di calore parziale tramite radiofrequenza
resistiva e/o capacitiva.
Apparecchio per massaggio aspirante con coppe di varie misure e applica-
14 zioni in movimento, fisse e ritmate e con aspirazione non superiore a 80
[kPa]
Apparecchi per ionoforesi estetica con intensità massima sulla placca di 1
15
[mA] ogni 10 centimetri quadrati
Depilatori elettrici ed elettronici:
(a) Elettrodepilatore ad ago;
16
(b) Elettrodepilatore a pinza o accessorio equipollente a sonda;
(c) Apparecchiatura elettronica ad impulsi luminosi per fotodepilazione.
17 Apparecchi per massaggi subacquei
18 Apparecchi per presso-massaggio
19 Elettrostimolatore ad impulsi
20 Apparecchi per massaggio ad aria con pressione superiore a 100 [kPa]
Soft laser per trattamento rilassante, tonificante della cute o fotostimolante
21a
delle aree riflessogene dei piedi e delle mani
21b Laser estetico defocalizzato per la depilazione

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Capitolo 13 - Progetto 4: centro estetico

22 Saune e bagno di vapore


23 Dermografo per micropigmentazione

* Il numero indica la scheda tecnico-informativa relativa all’apparecchio di cui all’Allegato 2 del


D.M. 110/2011, come identificato dal D.M. 206/2015.

13.3 GENERALITÀ

Di seguito è descritto l’impianto elettrico di un centro estetico, ubicato


all’interno di un locale al piano terra di un condominio, che comprende un
locale adibito a sala massaggi, uno per i trattamenti, uno dedicato al solarium
oltre ad una reception con sala d’attesa.

13.4 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 15 [kW];
- tensione di alimentazione: 400 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-;
- conduttore: FS17;
- modalità di posa: sottotraccia;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.

13.5 LOCALI E DOTAZIONI

Reception - Sala d’attesa:


- N. 6 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 4 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 citofono;
- N. 1 presa dati-fonia;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

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Sala massaggi:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 4 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Sala trattamenti:
- N. 4 punti luce comandati da quattro interruttori;
- N. 6 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Solarium:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore;
- N. 2 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 lampada di emergenza;
- N. 1 punto di alimentazione lampada UV.

Corridoio:
- N. 1 punto luce comandato da una coppia di deviatori e da un invertito-
re;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30.

Bagno:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore semplice;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30.

Nelle Figure da 13.1 a 13.14 (disponibili anche nell’Area download collega-


ta al volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche
essenziali dell’impianto elettrico per un centro estetico. Si omette qui la sola
planimetria generale del centro estetico.

Figura 13.1 - Planimetria generale del centro estetico [solo in download]

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Figura 13.2 - Planimetria lay-out arredo

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Figura 13.3 - Planimetria lay-out tipico luce

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Figura 13.4 - Planimetria lay-out FM-dati-TV

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Figura 13.5 - Planimetria lay-out impianto di terra

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Figura 13.6 - Planimetria lay-out tipico interruttori

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Figura 13.7 - Planimetria lay-out tipico prese FM-dati

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Figura 13.8 - Planimetria zona paziente

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Figura 13.9 - Planimetria lay-out tipico impianto di terra

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Figura 13.10 - Distribuzione primaria e secondaria luce

 
 

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Figura 13.11 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati

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Figura 13.12 - Quadro Q0 del centro estetico

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Figura 13.12 (segue)

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Figura 13.13 - Quadro Q1 del centro estetico

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Figura 13.13 (segue)

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Capitolo 13 - Progetto 4: centro estetico

Figura 13.13 (segue)

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Figura 13.13 (segue)

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Figura 13.13 (segue)

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Figura 13.14 - Schema funzionale Q0-Q1 del centro estetico 

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13.6 CALCOLO SOVRATEMPERATURA

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q1 sono pari a 56 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli per il sezionatore più ulteriori n. 6 moduli
per gli altri apparecchi). Di conseguenza, non essendo presente in commer-
cio un centralino da incasso 56 moduli, si deve scegliere un centralino 54
moduli con una potenza termica dissipabile (fornita da costruttore) pari a 81
[W] accoppiato a un centralino da 24 moduli con una potenza termica dissi-
pabile (fornita da costruttore) pari a 36 [W].

Tabella 13.2 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


Int. generale 2,3 2 4,6 1 4,6
Gen. luce 1 2,5 2 5 1 5
Gen. luce 2 2,5 2 5 1 5
Gen. luce 3 2,5 2 5 1 5
Gen. luce 4 2,5 2 5 1 5
FM 1-2 2,5 2 5 1 5
FM 3 2,5 2 5 1 5
FM 4 2,5 2 5 1 5
FM 5 2,5 2 5 1 5
FM 6 2,5 2 5 1 5

Pdp-tot = 4,6 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 = 46,9 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 49,6 + 0,2 * 49,6 + 0 = 59,52 [W]

Pinv = 81 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

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Tabella 13.2 (segue)

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


CDZ1 2,5 2 5 1 5
CDZ2 2,5 2 5 1 5
S1 2,5 2 5 1 5
Pdp-tot = 5 + 5 + 5 = 15 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 15 + 0,2 * 15 + 0 = 18 [W]

Pinv = 36 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

13.7 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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PROGETTO 5: NEGOZIO

14.1 GENERALITÀ

Il locale commerciale, destinazione d’uso C/1, è inserito in un immobile mul-


tipiano con struttura portante in c.a. e tamponature in muratura a cassetta in-
tonacata. Il locale si sviluppa su due piani (terra e interrato), collegati tramite
una scala di sicurezza che è realizzata con struttura in acciaio profilato e tra-
mite un ascensore. Il piano terra e l’interrato sono dedicati alla vendita al det-
taglio di prodotti di abbigliamento, comprensivi dei servizi per i clienti, ma-
gazzino, servizi igienici e spogliatoio per i dipendenti e hanno rispettivamente
una superficie di circa 130 m2 e 370 m2.
Il negozio in oggetto risulta essere un ambiente a maggior rischio in caso di
incendio secondo le indicazioni della norma CEI 64-8 nella sezione 751 ed è
individuato nel D.P.R. 151/2011 come attività n. 69.1.A, ovvero: “Locali adi-
biti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio, fiere e quartieri
fieristici, con superficie lorda superiore a 400 mq e fino a 600 mq compren-
siva dei servizi e depositi. Sono escluse le manifestazioni temporanee, di qual-
siasi genere, che si effettuano in locali o luoghi aperti al pubblico”.

14.2 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 50 [kW];
- tensione di alimentazione: 400 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-IP4X-IP65;
- conduttore: FG16(O)M16;
- modalità di posa: in canala chiusa;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.
Nelle Figure da 14.1 a 14.25 (disponibili anche nell’Area download collegata
al volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche es-
senziali dell’impianto elettrico per il negozio.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.1 - Planimetria generale piano terra del negozio [solo in download]

Figura 14.2 - Planimetria generale piano interrato del negozio [solo in download]

Figura 14.3 - Planimetria lay-out arredo piano terra

__________
432
AVVERTENZA
Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
__________
433

Figura 14.4 - Planimetria lay-out arredo piano interrato

AVVERTENZA
Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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434

  Figura 14.5 - Planimetria lay-out tipico luce piano terra

AVVERTENZA
Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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435

Figura 14.6 - Planimetria lay-out tipico luce piano interrato

AVVERTENZA
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.7 - Planimetria lay-out FM-dati piano terra

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436
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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437

Figura 14.8 - Planimetria lay-out FM-dati piano interrato

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Parte seconda - I progetti

Figura 14.9 - Planimetria lay-out speciali piano terra

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438
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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439

Figura 14.10 - Planimetria lay-out speciali piano interrato

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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440

Figura 14.11 - Planimetria lay-out tipico prese FM piano terra

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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441

Figura 14.12 - Planimetria lay-out tipico prese FM piano interrato

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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442

Figura 14.13 - Planimetria lay-out tipico prese dati piano terra

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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443

Figura 14.14 - Planimetria lay-out tipico prese dati piano interrato

AVVERTENZA
Questo ebook e’ stato acquistato da [email protected] per uso strettamente personale.
Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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444

Figura 14.15 - Distribuzione primaria e secondaria luce piano terra

AVVERTENZA
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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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445

Figura 14.16 - Distribuzione primaria e secondaria luce piano interrato

AVVERTENZA
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.17 - Distribuzione primaria e secondaria luce locale tecnico

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446
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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio
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447

Figura 14.18 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati piano terra

AVVERTENZA
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Parte seconda - I progetti
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448

Figura 14.19 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati piano interrato

AVVERTENZA
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.20 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati

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449
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.21 - Quadro Q0 del negozio

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450
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Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.21 (segue)

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Figura 14.22 - Quadro Q1 del negozio

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452
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Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.22 (segue)

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453
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.22 (segue)

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454
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Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.22 (segue)

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455
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.22 (segue)

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456
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Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.22 (segue)

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.22 (segue)

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.22 (segue)

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.23 - Quadro Q2 del negozio

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.24 - Quadro Q3 del negozio

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Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

Figura 14.24 (segue)

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 14 - Progetto 5: negozio

Figura 14.25 - Schema funzionale Q0-Q1 del negozio

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

14.3 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
15
PROGETTO 6: UFFICIO

15.1 PREMESSA

La classificazione di questa tipologia di ambiente di lavoro non impone per


gli impianti elettrici particolari prescrizioni rispetto a quanto stabilito dalla
norma generale CEI 64-8 dal momento che sono luoghi ordinari.
Per il corretto funzionamento dei servizi multimediali, indispensabili per una
moderna ed efficiente gestione dell’ufficio, è raccomandabile predisporre un
cablaggio strutturato secondo i criteri riportati dalle normative del Comitato
Tecnico CEI 306. In particolare le reti locali (LAN - Local Area Network)
sono normalmente distribuite con un cavo bilanciato FTP (Foiled Twisted
Pair), di categoria 6 in grado di gestire rispettivamente trasmissioni a fre-
quenze fino a 100 e fino a 250 [MHz]. Le prese LAN devono essere del tipo
RJ45 a collegamento unificato.
Trattandosi di un luogo di lavoro, è molto importante tenere in conto l’illumina-
zione generale ai fini di un ottimale comfort visivo. La norma UNI EN 12464-1
prescrive che relativamente ai compiti visivi tipici di un ufficio - quali scrittura,
dattilografia, lettura, elaborazione dati ecc. - vi sia un illuminamento medio di 500
[lx], con una resa cromatica Ra 80 e un indice di abbagliamento UGR 19. Per
compiti visivi più impegnativi, come ad esempio una postazione di disegno, l’il-
luminamento medio non deve essere inferiore a 750 [lx] con un UGR16.
L’illuminamento necessario per i posti di lavoro può essere ottenuto anche
mediante integrazione con lampade da tavolo. In questo caso occorre però
porre particolare attenzione nel limitare i contrasti di luminanza tra sfondo e
zona di lavoro. In genere per ogni ufficio è consigliata la dotazione di 2 punti
luce a soffitto, di una presa 2P+T, P17/30, una presa dati per ogni scrivania.
Per gli altri ambienti (bagni, corridoi, ripostigli) valgono le consistenze usual-
mente adottate per gli appartamenti.
Per evitare perdite di dati in caso di black-out può essere utile l’alimentazione
“no break” dei computer mediante UPS. In alcuni casi, ove fosse necessario
collocare scrivanie distanti dalle pareti, è consigliabile l’impiego di torrette
portafrutti eventualmente considerando l’opportunità di distribuire l’impianto
sottopavimento di tipo flottante.

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

15.2 GENERALITÀ

Di seguito è descritto l’impianto elettrico di un ufficio assicurativo, ubicato


all’interno di un locale sito in un condominio, che comprende diverse stanze
adibite a postazioni di lavoro e una sala riunioni.

15.3 DATI DELL’IMPIANTO ELETTRICO

- Sistema di distribuzione: TT;


- potenza elettrica contrattuale: 6 [kW];
- tensione di alimentazione: 230 [V];
- caduta di tensione: 1% + 3%;
- grado di protezione minimo: IP20-;
- conduttore: FS17;
- modalità di posa: sottotraccia;
- tubazione in PVC: serie leggera e pesante;
- scatole portafrutti da incasso: 503-504-506-507.

15.4 LOCALI E DOTAZIONI

Ingresso - corridoio:
- N. 5 punti luce comandati da una coppia di deviatori;
- N. 4 prese a spina costituite da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 citofono;
- N. 2 lampade di emergenza.

Ufficio 1:
- N. 1 punto luce comandato da un interruttore;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 PLS1 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione ordinaria;

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Ufficio 2:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 2 PLS2 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito ognuna da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione ordinaria;
- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Ufficio 3:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 PLS3 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione ordinaria;
- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Ufficio 4:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 3 PLS4 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito ognuna da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;

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Sono severamente vietate la diffusione, la distribuzione e la riproduzione di quest’Opera attuate con qualsiasi mezzo.
Il titolare della proprieta’ intellettuale Legislazione Tecnica, secondo quanto risultante dai propri server di controllo,
perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30


alimentazione ordinaria;
- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Ufficio 5:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 2 PLS5 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito ognuna da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione ordinaria;
- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Sala riunioni:
- N. 2 punti luce comandati da due interruttori;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30;
- N. 1 PLS6 (Postazione Lavoro Scrivania) costituito da:
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione UPS;
- N. 1 scatola 503;
- N. 1 presa a spina costituita da una presa P17/11 e una presa P30
alimentazione ordinaria;
- N. 1 scatola 503;
- N. 3 prese RJ45 impianto dati;
- N. 1 presa TV;
- N. 1 punto di alimentazione CDZ.

Nelle Figure da 15.1 a 15.13 (disponibili anche nell’Area download collegata


al volume) si riportano le planimetrie architettoniche e le caratteristiche es-
senziali dell’impianto elettrico per l’ufficio in oggetto. Si omette qui la sola
planimetria generale dell’ufficio.
Figura 15.1 - Planimetria generale dell’ufficio [solo in download]

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

Figura 15.2 - Planimetria lay-out arredo

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
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Figura 15.3 - Planimetria lay-out luce

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

Figura 15.4 - Planimetria lay-out tipico prese FM

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti
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472

Figura 15.5 - Planimetria lay-out tipico prese dati-TV

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Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

Figura 15.6 - Planimetria lay-out tipico interruttori

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473
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Parte seconda - I progetti
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474

Figura 15.7 - Distribuzione primaria e secondaria luce

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Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio
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Figura 15.8 - Distribuzione primaria e secondaria FM-dati-TV

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Figura 15.9 - Quadro Q0 dell'ufficio

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Figura 15.9 (segue)

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Figura 15.10 - Quadro Q1 dell'ufficio

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Figura 15.10 (segue)

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Figura 15.10 (segue)

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Figura 15.10 (segue)

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Figura 15.10 (segue)

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Figura 15.11 - Quadro Q2 dell'ufficio

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Figura 15.12 - Quadro Q3 dell'ufficio

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Figura 15.12 (segue)

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Figura 15.13 - Schema funzionale Q0-Q1-Q2-Q3 dell’ufficio

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Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

Figura 15.13 (segue)

15.5 CALCOLO CORPI ILLUMINANTI SALA RIUNIONI

Per determinare il numero minimo di corpi illuminanti da installare nella sala


riunioni utilizziamo il calcolo illuminotecnico del metodo del flusso totale
(vedi paragrafo 5.5.2).
La sala riunioni presenta le seguenti caratteristiche:
1) lunghezza X pari a 10 [m];
2) larghezza Y pari a 5 [m];
3) altezza del solaio pari a 3 [m] mentre quella utile Hu è pari a 3 [m];
4) illuminamento medio E pari a 500 [lx];
5) ogni centro luce è costituito da un apparecchio con n. 2 lampade fluo-
rescenti tubolari a LED e flusso utile installato pari a 8.000 [lm],
6) pareti e soffitto sono tinteggiati in bianco (fattore di riflessione del sof-
fitto pari al 70%, fattore di riflessione pareti pari al 50%).
Per prima cosa troviamo il valore dell’indice del locale K come:

5 ∗ 5
�= = , ������������� �������
∗ 0 + 5

Subito dopo calcoliamo il valore U per mezzo di apposite tabelle fornite dal
costruttore.
Per le lampade fluorescenti le indicatrici fotometriche sono riportate nella Ta-
bella 15.1.

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Parte seconda - I progetti

Tabella 15.1 - Coefficiente di utilizzazione U per lampada fluorescente tubolare

Indice del locale K 1 1,5 2 3 4 5


Soffitto 70% - Pareti 50% 0,39 0,54 0,64 0,73 0,78 0,81
Soffitto 70% - Pareti 30% 0,33 0,48 0,60 0,65 0,72 0,76
Soffitto 70% - Pareti 10% 0,27 0,43 0,54 0,63 0,67 0,70

Essendo il valore di K = 1,66 la tabella non ci fornisce un numero univoco ma


bensì esso si trova tra 1 e 1,5. In via prudenziale assumiamo il valore più sfa-
vorevole tra i due ovvero 1.
Avendo assunto un coefficiente di riflessione del soffitto del 70% e un coeffi-
ciente di riflessione delle pareti del 50%, il fattore di utilizzazione U corri-
sponde a 0,39.
Considerando che la manutenzione viene effettuata una volta all’anno e l’am-
biente è pulito, l’efficienza dell’apparecchio è di circa l’80% per cui M = 0,8.
Da qui si ha:

500 ∗ 5 ∗ 5 2.500
�= = = , ≌
8.000 ∗ 0,5 ∗ 0,8 . 5

15.6 CALCOLO SOVRATEMPERATURA

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q1 sono pari a 84 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli per il sezionatore più ulteriori n. 6 moduli
per gli altri apparecchi). Di conseguenza, non essendo presente in commercio
un centralino da incasso 90 moduli, si devono scegliere due centralini 54 mo-
duli accoppiati con una potenza termica dissipabile (fornita da costruttore)
pari a 81 [W] per ogni centralino.

Tabella 15.2 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro Q1

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


Int. generale 2,3 2 5 1 4,6
UPS 2,5 2 5 1 5
Gen. luce
Ufficio 1 e 2 2,5 2 5 1 5
Ufficio 1
luce 2,3 2 5 1 4,6
Ufficio 2

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Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


luce 2,3 2 5 1 4,6
Gen. luce
Ufficio 3 e 5 2,5 2 5 1 5
Ufficio 3
luce 2,3 2 5 1 4,6
Ufficio 4
luce 2,3 2 5 1 4,6
Gen. luce
Ufficio 5
e sala riunioni 2,5 2 5 1 5
Ufficio 5
luce 2,3 2 5 1 4,6
Sala riunioni
luce 2,3 2 5 1 4,6
Gen. luce
atrio e
corridoio 2,5 2 5 1 5

Pdp-tot = 4,6 + 5 + 5 + 4,6 + 4,6 + 5 + 4,6 + 4,6 + 5 + 4,6 + 4,6 + 5 = 57,2 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 57,2 + 0,2 * 57,2 + 0 = 61,44 [W]

Pinv = 81 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

Tabella 15.3 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro Q2

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


FM1-FM2 2,5 2 5 1 5
PLS1 2,5 2 5 1 5
PLS2 2,5 2 5 1 5
PLS3 2,5 2 5 1 5
PLS4 2,5 2 5 1 5
PLS5 2,5 2 5 1 5
PLS6 2,5 2 5 1 5
CDZ1 2,5 2 5 1 5
CDZ2 2,5 2 5 1 5
CDZ3 2,5 2 5 1 5

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Parte seconda - I progetti

Pdp-tot = 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 = 50 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 50 + 0,2 * 50 + 0 = 60 [W]

Pinv = 81 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

Gli apparati presenti all’interno del quadro Q3 sono pari a 34 moduli (n. 4
moduli per ogni MTD, n. 2 moduli per ogni sezionatore). Di conseguenza si
devono scegliere due centralini da incasso da 54 moduli accoppiati tra loro
con una potenza termica dissipabile (fornita da costruttore) pari a 81 [W] per
ogni centralino.

Tabella 15.4 - Potenza dissipata dai dispositivi del quadro Q3

Dispositivo Pd/polo [W] N. poli Pdn [W] Ke Pdp [W]


FM1-FM2 2,5 2 5 1 5
PLS1 2,5 2 5 1 5
PLS2 2,5 2 5 1 5
PLS3 2,5 2 5 1 5
PLS4 2,5 2 5 1 5
PLS5 2,5 2 5 1 5
PLS6 2,5 2 5 1 5
CDZ1 2,5 2 5 1 5
CDZ2 2,5 2 5 1 5
CDZ3 2,5 2 5 1 5

Pdp-tot = 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 + 5 = 50 [W]

Pau = 0

Ptot = Pdp-tot + 0,2 * Pdp-tot + Pau = 50 + 0,2 * 50 + 0 = 60 [W]

Pinv = 81 [W] - Il quadro è verificato in quanto: Ptot < Pinv

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Capitolo 15 - Progetto 6: ufficio

15.7 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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16
PROGETTO 7: CANTIERE

16.1 ANALISI PRELIMINARE

Il presente progetto ha l’obiettivo di guidare il lettore nella realizzazione pra-


tica degli impianti elettrici all’interno dei cantieri edili secondo la regola
dell’arte. Negli impianti ordinari l’impianto elettrico finisce alle prese a spina
in quanto la parte a valle è in genere di fornitura dell’utente. Nei cantieri, al
contrario, una parte rilevante della distribuzione elettrica è situata a valle delle
prese a spina. Per questa ragione, nei cantieri, per impianto elettrico si intende
sia la parte fissa sia la parte mobile, naturalmente escludendo i cavi che fanno
parte degli apparecchi utilizzatori.
Si ricorda che gli impianti elettrici nei cantieri non sono soggetti a progetta-
zione obbligatoria (D.M. 37/2008, art. 10, comma 2) da parte di un professio-
nista abilitato né da parte del responsabile tecnico dell’impresa installatrice.
L’installatore è in ogni modo tenuto al rilascio della Dichiarazione di confor-
mità con annessi allegati obbligatori.
Consideriamo un cantiere per la costruzione di un edificio di civile abitazione
su di un’area di circa 1.700 m2 con una superficie coperta di 350 m2.

16.2 FORNITURA ENERGIA ELETTRICA

In base alla potenza degli apparecchi utilizzatori indicati dalla Tabella 16.1 e
assumendo un coefficiente di contemporaneità minore di 1 (non tutti gli appa-
recchi vengono utilizzati nello stesso momento), possiamo richiedere all’ente
fornitore una potenza di 30 [kW], sistema trifase con neutro con una tensione
di 400 [V].

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Tabella 16.1 - Potenza degli apparecchi impiegati nel cantiere

Apparecchi Potenza nominale [kW]


Apparecchi portatili 2
Betoniera 1,8
Piegaferro 3,5
Pulisci tavole 1,3
Sega circolare 1,4
Macchina per intonaco premiscelato 6
Gru a torre 14
Totale 30

Immediatamente a valle del gruppo di misura viene installato l’interruttore


automatico generale, avente un potere di cortocircuito Icn = 15 [kA] uguale
alla corrente di cortocircuito presunta nel punto di consegna.

16.2.1 Quadro Q1

Il quadro generale Q1 viene scelto in materiale termoplastico isolante e chiu-


dibile a chiave. Essendo presente la chiusura a chiave, e quindi l’inaccessibi-
lità dell’interruttore generale, all’esterno è posizionato un pulsante per il co-
mando di emergenza per la messa fuori tensione dell’impianto di cantiere.
Per la linea di alimentazione del quadro Q1 si sceglie un cavo quadripolare
(3F+N) del tipo FG7OR06/1 [kV] con isolamento e guaina in PVC per posa
aerea su pali.
Richiedendo all’ente fornitore una potenza elettrica di 30 [kW], a 400 [V] si
ha una corrente Ib pari a 50 [A] come si può vedere dalla Tabella 16.2. Sempre
dalla stessa tabella si ricava:
- l’interruttore generale ha una In = 63 [A];
- sezione del cavo pari a 35 [mm2] per una lunghezza massima di 68 [m]
immediatamente superiore a quella effettiva di 60 [m] tra contatore e
Q1;
- portata del cavo Iz = 119 [A].
Gli apparecchi utilizzatori e i quadri secondari sono alimentati da prese a spina
interbloccate, protette a gruppi o singolarmente da interruttori automatici di
apri corrente nominale.

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Parte seconda - I progetti

Tabella 16.2 - Alimentazione trifase - Caduta di tensione 1%

Sezione (mm2) 4 6 10 16 25 35 50 70 95 120 150

PVC o gomma G IZ [A] 32 41 57 76 96 119 144 184 223 259 299

Gomma G7 IZ [A] 40 52 71 96 119 147 179 229 278 322 371

Potenza
Ib In
impegnata
[A] [A] Lunghezza massima [m]
[kW]

6 10 16 40 59 102 159 245 341

10 16 20 25 37 64 100 153 213 301

15 25 32 16 24 41 64 98 136 193 268 345

20 33 40 12 18 31 48 74 103 146 203 262 327

25 41 50 14 25 39 60 83 118 163 211 264 320

30 50 63 20 32 49 68 96 134 173 216 262

35 63 63 16 24 39 54 77 106 137 172 208

40 80 80 20 31 43 60 84 108 135 164

45 80 80 20 31 43 60 84 108 135 164

50 100 100 24 34 48 67 86 108 131

55 100 100 24 34 48 67 86 108 131

60 125 125 27 39 54 69 86 105

70 125 125 27 39 54 69 86 105

16.2.2 Quadro Q2

Il quadro Q2 viene scelto in materiale termoplastico isolante e chiudibile a


chiave. Essendo prevista la chiusura a chiave e quindi l’inaccessibilità dell’in-
terruttore generale, all’esterno è posizionato un pulsante per il comando di
emergenza per la messa fuori tensione di parte dell’impianto di cantiere.

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

La linea di alimentazione del quadro Q2 arriva dal quadro Q1, collegato da


una spina fissa di tipo industriale 32 [A] tramite un cavo pentapolare
(3F+N+T) del tipo H07RN-F 450/750 [V] con isolamento e guaina in policlo-
roprene (neoprene) per posa aerea su pali.
Il quadro alimenta la piegaferro, la betoniera, la macchina per l’intonaco pre-
miscelato e casomai altri apparecchi utilizzatori.
La corrente di impiego Ib = 32 [ A] è pari alla corrente nominale dell’interrut-
tore di protezione.
Considerando una caduta di tensione del 2% si ha:
- la distanza tra Q2 e Q1 è pari a 26 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 32 [A];
- sezione del cavo pari a 6 [mm2]; questo valore si ricava moltiplicando
per due tutte le lunghezze massime presenti nella Tabella 16.3 (valori
di lunghezza massima con caduta di tensione pari all’1%);
- portata del cavo Iz = 41 [A].

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Parte seconda - I progetti

Tabella 16.3 - Alimentazione trifase - Caduta di tensione 2%

Sezione (mm2) 1,5 2,5 4 6 10 16 25 35 50 70 95 120 150

PVC o gomma G IZ [A] 17,5 24 32 41 57 76 96 119 144 184 223 259 299

Gomma G7 IZ [A] 22 30 40 52 71 96 119 147 179 229 278 322 371

In [A] In [A]
In [A]
Inter- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
ruttore bile
2 74 123

4 37 61

6 25 41 66

6 25 41

8 18 31
10
10 15 25 40 59
2
10 15 25

12 12 20
10
16 9 15 25 37 64
0
16 16 9 15

20 12 20 30 51 80 122 170 241

20 12 25 30

25 10 16 24 41 64 98 136 193 268

25 10 16 24

32 12 18 32 50 76 107 151 209 270

32 32 12 18

32 12 18 32

40 10 15 25 40 61 85 120 167 216 270

40 15 25

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

In [A] In [A]
In [A]
Inter- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
ruttore bile
50 12 20 32 49 68 96 134 173 216 262

50 20

63 63 16 25 39 54 77 106 137 172 208

63 16 25 39 54

80 20 31 43 60 84 108 135 164

80 20 31 43

100 24 34 48 67 86 108 131

100 24 34

125 125 27 39 54 69 86 105

16.2.3 Quadro Q3

Il quadro Q3 viene scelto in materiale termoplastico ad installazione fissa. La


linea di alimentazione del quadro Q3 arriva dal quadro Q1, collegato tramite
un cavo pentapolare (3F+N+T) del tipo H07RN-F 450/750 [V] con isolamento
e guaina in policloroprene (neoprene) per posa aerea su pali tramite una spina
mobile di tipo industriale 16 [A]. Il quadro alimenta la sega circolare, la pulisci
tavole ed eventualmente altri apparecchi utilizzatori.
La corrente di impiego Ib = 16 [A] è pari alla corrente nominale dell’interrut-
tore di protezione.
Considerando una caduta di tensione del 2%:
- la distanza tra Q3 e Q1 è pari a 22 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 32 [A];
- sezione del cavo pari a 2,5 [mm2]; questo valore si ricava moltiplicando
per due tutte le lunghezze massime presenti nella Tabella 16.3 (valori
di lunghezza massima con caduta di tensione pari al 2%);
- portata del cavo Iz = 24 [A].

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499
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Parte seconda - I progetti

16.2.4 Quadro Q4

Il quadro Q4 viene scelto in materiale termoplastico ad installazione fissa. La


linea di alimentazione del quadro Q4 arriva dal quadro Q1, collegato tramite
un cavo tripolare (1F+N+T) del tipo H07RN-F 450/750 [V] con isolamento e
guaina in policloroprene (neoprene) per posa aerea su pali tramite una spina
mobile di tipo industriale 16 [A]. Il quadro alimenta la sega circolare, la pulisci
tavole ed eventualmente altri apparecchi utilizzatori.
La corrente di impiego Ib = 16 [A] è pari alla corrente nominale dell’interrut-
tore di protezione.
Considerando una caduta di tensione del 2% si ha:
- la distanza tra Q4 e Q1 è pari a 20 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 32 [A];
- sezione del cavo pari a 2,5 [mm2];
- portata del cavo Iz = 24 [A].

16.2.5 Gru a torre

La linea che alimenta la gru a torre deriva direttamente dal quadro Q1 colle-
gato tramite un cavo pentapolare (3F+N+T) del tipo H07RN-F 450/750 [V]
con isolamento e guaina in policloroprene (neoprene) per posa aerea su pali
tramite una spina mobile di tipo industriale 16 [A] e collegata al quadro tra-
mite una presa interbloccata protetta con un interruttore automatico da 32 [A].
La Ib è data da:

� .000
� = = = 2 , 2 [A]
√ ∗ � ∗ cos � √ ∗ 00 ∗ 0,

Considerando una caduta di tensione del 3% si ha:


- la distanza tra la gru a torre e Q1 è pari a 40 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 32 [A];
- sezione del cavo pari a 6 [mm2];
- portata del cavo Iz = 41 [A].

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Tabella 16.4 - Alimentazione trifase - Caduta di tensione 3%

Sezione (mm2) 1,5 2,5 4 6 10 16 25 35 50 70 95 120 150

PVC o gomma G IZ [A] 17,5 24 32 41 57 76 96 119 144 184 223 259 299

Gomma G7 IZ [A] 22 30 40 52 71 96 119 147 179 229 278 322 371

In [A] In [A]
In [A]
Inter- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
ruttore bile
2 221 369

4 111 184

6 74 123 198

6 74 123

8 55 92

10 44 74 119 305

10 44 74

12 37 61

16 28 46 74 111 191 299

16 16 46

20 22 37 59 89 152 239 367 511 723

20 37 59 89

25 29 47 71 122 191 294 409 578 803

25 29 47 71

32 37 55 95 149 229 320 452 627 810

32 32 37 55

40 30 44 76 119 184 256 361 502 648 810 983

40 44 76

50 35 61 96 147 205 289 401 518 648 786

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In [A] In [A]
In [A]
Inter- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
ruttore bile
50 61

63 63 48 76 117 162 230 319 411 515 624

63 48 76 117 162

80 60 92 128 181 251 324 405 491

80 60 92

100 73 102 145 201 259 324 393

100 73 100

125 125 80 116 161 207 259 315

16.2.6 Container

La linea che alimenta i tre container adibiti ad ufficio, spogliatoio e sala break
deriva direttamente dal quadro Q1 collegato tramite un cavo tripolare
(1F+N+T) del tipo H07RN-F 450/750 [V] con isolamento e guaina in policlo-
roprene (neoprene) per posa aerea su pali tramite una presa interbloccata pro-
tetta con un interruttore automatico da 16 [A].
Considerando una caduta di tensione del 3% e una corrente Ib = 10 [A] si ha:
- la distanza tra i container e Q1 è pari a 35 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 16 [A];
- sezione del cavo pari a 4 [mm2];
- portata del cavo Iz = 36 [A].

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Tabella 16.5 - Alimentazione monofase - Caduta di tensione 3%

Sezione (mm2) 1,5 2,5 4 6 10 16 25 35 50 70 95 120 150

PVC o gomma G IZ [A] 19,5 27 36 46 63 85 112 138 168 213 258 299 344

Gomma G7 IZ [A] 24 33 45 58 80 107 138 171 209 269 328 382 441

In [A] In [A]
In [A]
Interrut- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
tore bile
2 110 183

4 55 92

6 37 61 98 147

6 37 61

8 28 46

10 22 37 59 88 152 238 365 509 719

10 22 37

12 18 31

16 14 23 37 55 95 149 228 318 449

16 16 14 23

20 11 18 29 44 76 119 183 254 360 499 644

20 11 18 29 44

25 15 24 35 61 95 146 203 288 399 515 645

25 15 24 35

32 11 18 28 47 74 114 159 225 312 403 504 611

32 32 18 28

32 18 28 47

40 15 22 38 59 91 127 180 250 32 403 489

40 15 22 38

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In [A] In [A]
In [A]
Interrut- Fusi- Lunghezza massima [m]
Presa
tore bile
50 18 30 48 73 102 144 200 258 322 391

50 18 30

63 63 24 38 58 81 114 158 205 256 310

63 24

16.3 ILLUMINAZIONE DI CANTIERE

Per l’illuminazione di cantiere si utilizzano due tra fari a led per una potenza
totale di 450 [W], installati sul traliccio della gru a torre. Il collegamento de-
riva direttamente dal quadro Q1 collegato tramite un cavo tripolare (1F+N+T)
del tipo H07RN-F 450/750 [V] con isolamento e guaina in policloroprene
(neoprene) per posa aerea su pali tramite una presa interbloccata protetta con
un interruttore automatico da 16 [A]. Considerando una caduta di tensione del
3% e una corrente Ib = 3 [A] si ha:
- la distanza tra i fari e Q1 è pari a 40 [m];
- l’interruttore generale ha una In = 16 [A];
- sezione del cavo pari a 6 [mm2];
- portata del cavo Iz = 46 [A].

16.4 IMPIANTO DI TERRA

Nei cantieri, poiché il rischio elettrico è particolarmente elevato, la norma ri-


duce il valore di tensione (norma CEI 64-8/7, art. 704.410.1) che può persi-
stere sulle masse a seguito di un guasto d’isolamento dal valore di 50 [V],
prescritto negli ambienti ordinari, a 25 [V] (norma CEI 64-8/7, artt. 413.1.4.2
e 481.3.1.1). Nel caso in cui è presente una protezione automatica dell’alimen-
tazione la relazione che deve essere soddisfatta è la seguente:

25
� ≤

Nel caso di IΔn = 0,5 [A] si ha una RE = 50 [Ω].

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Tabella 16.6 - Valori massimi della resistenza di terra

IΔn [A] RE [Ω]


1 25
0,5 50
0,3 83
0,03 833

Essendo il terreno ghiaioso, la sua resistività è pari a 300 [Ω m], pertanto sono
sufficienti due picchetti profilato in acciaio zincato da 2 [m].

Tabella 16.7 - Valori di resistenza dei dispersori

Resistività Resistenza del dispersore [Ω]


terreno [Ω m] l = 1,5 [m] l = 2 [m] l = 3 [m]
20 11 8 6
50 29 21 16
100 57 42 32
200 106 84 59
300 172 125 97
500 287 209 162

I container, il ponteggio e la gru a torre, non essendo isolati da terra (RE < 200
[Ω]), vengono collegati al nodo di terra con conduttori equipotenziali di se-
zione 6 [mm2].
Nelle Figure da 16.1 a 16.14 (disponibili anche nell’Area download collegata
al volume) si riportano le planimetrie e le caratteristiche essenziali dell’im-
pianto elettrico per il cantiere.

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Figura 16.1 - Planimetria generale del cantiere

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Figura 16.2 - Planimetria distribuzione primaria

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Figura 16.3 - Planimetria distribuzione secondaria

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Figura 16.4 - Planimetria impianto di terra

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Figura 16.5 - Schema a blocchi

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Figura 16.6 - Schema di distribuzione

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Figura 16.7 - Quadro Q1 del cantiere

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Figura 16.8 - Quadro Q2 del cantiere

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Figura 16.9 - Quadro Q3 del cantiere

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Figura 16.10 - Quadro Q4 del cantiere

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Figura 16.11 - Schema funzionale Q1 del cantiere

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Figura 16.12 - Schema funzionale Q2 del cantiere

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Figura 16.13 - Schema funzionale Q3 del cantiere

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Capitolo 16 - Progetto 7: cantiere

Figura 16.14 - Schema funzionale Q4 del cantiere

16.5 MISURE E PROVE

Si veda la Tabella 10.3 del capitolo 10.

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519
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17
PROGETTO 8:
CARICA DOMESTICA AUTO ELETTRICA

17.1 PREMESSA

Secondo una statistica fra i possessori di vetture elettriche l’80% di tutte le


ricariche delle automobili a batteria avviene sempre a casa, quindi diventa im-
portante assicurarsi di disporre della tecnologia giusta per rendere il collega-
mento più veloce, più comodo e soprattutto economico.
Sulla ricarica dei veicoli elettrici negli edifici residenziali si deve prestare at-
tenzione alla legislazione nazionale e locale vigente sulla materia, che è in
continua evoluzione. Il capitolo 37 della norma CEI 64-8 si limita a consi-
gliare la predisposizione delle canalizzazioni separate per i cavi di potenza e
per i cavi dati (per la gestione della ricarica, compreso l’eventuale controllo
dinamico della potenza di ricarica). Tali canalizzazioni devono collegare il
quadro alla base del montante (nel locale contatori), oppure il quadro
dell’unità abitativa all’eventuale area individuale destinata al parcheggio degli
autoveicoli (box o area scoperta assegnata).
Si precisa che la sezione 722 della norma CEI 64-8 “Alimentazione dei veicoli
elettrici” è aggiuntiva alle altre parti della norma, si applica per la ricarica
domestica e copre tutti e quattro i modi di ricarica con requisiti normativi che
si aggiungono a quelli generali delle altre parti della CEI 64-8.
I quattro modi di ricarica contemplati dalla norma CEI EN IEC 61851-1 sono
riportati nella Tabella 17.1.

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520
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Capitolo 17 - Progetto 8: carica domestica auto elettrica

Tabella 17.1 - Modalità di ricarica dei veicoli elettrici


secondo la norma CEI EN IEC 61851-1

Connessione diretta del veicolo elettrico alle normali prese di energia


Modo 1
sino a 16 [A] – 230/400 [V], senza funzioni pilota di controllo
Connessione del veicolo elettrico alle normali prese di energia sino a 32
[A] – 2304/00 [V], tramite un cavo di collegamento dotato di dispositivo
Modo 2 portatile di protezione e controllo. Il dispositivo portatile per il modo 2
(In-Cable Control and Protection Device) è conforme alla norma CEI EN
62752
Connessione del veicolo elettrico alla rete 230/400 [V] tramite una sta-
Modo 3 zione di carica in corrente alternata, collegata permanentemente alla
rete di alimentazione, con funzioni pilota di controllo
Connessione del veicolo elettrico alla rete di alimentazione tramite una
Modo 4
stazione di ricarica in corrente continua con funzioni pilota di controllo

Il modo di ricarica 1 e il modo di ricarica 2 si realizzano tramite normali prese


di energia non dedicate alla ricarica, conformi alla norma CEI 23-50 (prese
domestiche, per esempio Schuko P30), oppure prese industriali conformi alla
CEI EN 60309-2. Il modo 1, di fatto, è utilizzato solo per quadricicli e moto-
cicli (sino ad una potenza di circa 1.800 [W]). Il modo 2, invece, è utilizzato
sui dispositivi portatili di ricarica per le auto elettriche conformi alla norma
CEI EN 62752.
Il modo di ricarica 3 e il modo di ricarica 4, invece, richiedono l’installazione
di stazioni di ricarica equipaggiate con i connettori specifici per i veicoli elet-
trici, dotati di contatti per le funzioni pilota. Le prese e i connettori per il modo
3 e modo 4 sono conformi, rispettivamente, alle norme CEI EN 62196-2 e CEI
EN 62196-3. Tra le principali funzioni pilota richieste dalla norma CEI EN
IEC 61851-1 per le stazioni di ricarica in modo 3 o 4, vi sono:
- il controllo del corretto inserimento dei connettori e il loro blocco
quando sono in tensione;
- la verifica permanente della continuità del conduttore di protezione;
- il controllo della potenza di ricarica.
La potenza di ricarica in corrente alternata per il modo 3, tipicamente, varia
da 3,7 [kW] fino a 22 [kW], in monofase o trifase, a seconda della tipologia
del veicolo e della stazione di ricarica (wall-box o colonnine). Questa tipolo-
gia di alimentazione è destinata alla ricarica durante le soste lunghe, di diverse
ore, per esempio di notte nelle abitazioni o nei parcheggi.
La potenza di ricarica in corrente continua per il modo 4, invece, può superare
i 350 [kW] a seconda della tipologia del veicolo, ed è perciò idonea anche alle

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perseguira’ con ogni mezzo di legge i trasgressori e chiunque diverso dall’acquirente sia in possesso di copia dell’Opera.
Parte seconda - I progetti

soste brevi o brevissime, per esempio presso le aree di servizio o i centri com-
merciali.
Le stazioni di ricarica modo 4 sono più voluminose di quelle modo 3, in
quanto incorporano il convertitore che trasforma la corrente da alternata a con-
tinua prima di transitare alle batterie dell’auto elettrica, convertitore che per la
ricarica in modo 3 è a bordo del veicolo (On-Board Charger).
I principali requisiti normativi della sezione 722 sono, invece:
- circuiti terminali dedicati (cioè che non alimentano altri carichi), indi-
vidualmente protetti dalla protezione da sovracorrente, considerando
l’utilizzo alla loro corrente nominale;
- fattore di contemporaneità dei circuiti di distribuzione posto uguale a 1,
a meno che non si utilizzi un sistema di controllo che assicuri che la
corrente totale non superi un valore predeterminato (funzione integrata
in alcune stazioni di ricarica modo 3 o modo 4 con funzioni di gestione
dei carichi);
- grado di protezione almeno IP44 se all’aperto;
- la raccomandazione di protezione dalle sovratensioni tramite SPD.
Per la protezione differenziale di una singola presa per il modo 1 o 2, è richie-
sto un interruttore differenziale con IΔn non superiore a 0,03 [A] almeno di tipo
A.
Per la protezione differenziale di una singola presa o connettore per il modo
3, è richiesto un interruttore differenziale con IΔn non superiore a 0,03 [A]:
- di tipo B, oppure, in alternativa;
- almeno di tipo A in congiunzione con un dispositivo per la rilevazione
della corrente differenziale continua RDC-DD conforme alla norma
IEC 62955.
La normativa vigente non prescrive nulla sul tipo di apparecchio da utilizzare
per la ricarica. Si possono impiegare le classiche wall-box oppure le colonnine
o le prese di corrente domestiche. Bisogna fare attenzione, però, in quanto sia
la wall-box che la più normale colonnina consentono di effettuare un riforni-
mento molto più veloce, sicuro ed intelligente rispetto alla classica presa di
corrente: per esempio, con la wall-box si può decidere da remoto quando ef-
fettuare la ricarica, scegliendo così la fascia oraria in cui l’energia costa di
meno.
Le domande che molti utenti si fanno sono principalmente due:
1. È necessario installare un secondo contatore? Dipende.
2. Occorre aumentare la potenza dell’impianto? Sì.

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Capitolo 17 - Progetto 8: carica domestica auto elettrica

Nel primo caso chi può ricaricare l’autovettura allacciandosi al proprio im-
pianto non ne ha nessuna necessità perché tutto ricade su un unico contatore.
Se invece si vive in un condominio il discorso cambia radicalmente. Infatti,
ricaricare nel proprio garage è possibile (senza avere il permesso della delibera
condominiale), però collegandosi in molti casi a secondi contatori diversi da
quello dell’unità abitativa. L’ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e
l’ambiente) ha stabilito che nelle zone condominiali esiste un numero ben pre-
ciso di stazioni di ricarica ammissibili il quale non deve mai superare il totale
delle unità immobiliari sulla base di parametri di natura tecnica ed economica.
Si ricorda, inoltre, che le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici non
rientrano fra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi
dell’Allegato I del D.P.R. 151/2011. Tuttavia, qualora l’installazione di un’in-
frastruttura di ricarica elettrica avvenga in una attività soggetta al controllo dei
Vigili del Fuoco (come, in alcuni casi, le autorimesse), in aggiunta alla norma
CEI 64-8 vanno anche considerate le “Linee guida per l’installazione di infra-
strutture per la ricarica dei veicoli elettrici” (Circolare del Ministero dell’In-
terno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa
civile n. 2/2018 Prot. n. 0015000 del 05/11/2018).
Nella Figura 17.1 riportiamo lo schema funzionale di una infrastruttura di ri-
carica per veicoli elettrici.

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Figura 17.1 - Schema funzionale di infrastruttura di ricarica elettrica

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APPENDICE

L’UBICAZIONE DELLE APPARECCHIATURE ELETTRICHE NEGLI


EDIFICI CIVILI AD USO DI PERSONE DIVERSAMENTE ABILI

Negli impianti elettrici per gli edifici ad uso civile e similare, l’installazione delle
apparecchiature:
- di comando dei circuiti FM e ILL;
- delle prese a spina;
- dei quadri elettrici e dei centralini;
- delle cassette di derivazione;
- dei circuiti di segnalazione e comando;
pur rispondendo ai requisiti derivanti dalle norme CEI 64-8 edizione 7, avviene a
quote diverse se gli impianti sono destinati a persone normodotate o anche a per-
sone diversamente abili1.
Le quote di installazione per ambedue i tipi di impianto sono indicate nella figura
seguente, ove una scala metrica centrale illustra per le più comuni apparecchia-
ture:
- sulla destra le quote consigliate per gli impianti ad uso diversamente abili;
- sulla sinistra quelle consigliate per gli impianti ad uso normodotati.
Per le prese a spina la raccomandazione univoca prevede la loro inserzione con
una manovra ad asse orizzontale nella presa, i cui alveoli schermati sono posti
sull’asse verticale rispetto al piano di calpestio.
Negli impianti elettrici ad uso diversamente abili le suddette apparecchiature, ol-
tre ad essere installate a quote agevolmente raggiungibili, dovranno essere facil-
mente individuabili: così, ad esempio, i pulsanti di accensione luci nelle scale do-
vranno essere installati in ogni pianerottolo e dotati di gemma luminosa, gli inter-
ruttori semplici per l’illuminazione del bagno destinato anche ai diversamente
abili dovranno essere installati all’esterno e dotati di gemma luminosa, il campa-
nello di chiamata per emergenza con il tirante a corda dovrà essere installato vi-
cino alla doccia/vasca e vicino alla tazza, le apparecchiature destinate a persone
ipovedenti dovranno essere dotate o accompagnate da segnalazioni tattili, mentre
quelle destinate a persone affette da ipoacusia dovranno essere dotate o accompa-
gnate da segnalazioni luminose.

 
1
I requisiti di accessibilità, adattabilità e visitabilità:
- negli edifici privati di nuova costruzione;
- negli edifici di edilizia residenziale pubblica di nuova costruzione;
- negli edifici privati da ristrutturare;
- negli spazi di manovra esterni ai predetti edifici;
sono prescritti dal D.M. del 4 giugno 1989, n. 236. 

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Appendice

a Dx: ad uso diversamente abili


a Sx: ad uso normodotati
A = cassetta di derivazione; B = presa TV, presa FM; C = prese luce, prese FM; E = campanello
e pulsante di comando; F = comandi di punti luce e prese a spina; F’ = comandi di punti luce e
prese a spina per interno bagni e piano cucine; G = telefono pubblico; H = citofono; I = centra-
lino per appartamento; L = pulsantiera ascensore; M = pulsante di chiamata per doccia/vasca;
N = cicalino; O = presa per cappa cucina; P = passacavo per boyler

Figura 1 - Ubicazione delle apparecchiature negli impianti elettrici


destinati a normodotati ed a diversamente abili

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Fabrizio Piroli

IMPIANTI ELETTRICI CIVILI


Il volume tratta in modo esauriente e approfondito le modalità per la progettazione,
realizzazione e verifica dell’impianto elettrico in ambito civile e del terziario, sviluppando con
completezza caratteristiche tecniche e modalità di progettazione e installazione sia
dell’impianto elettrico utilizzatore che degli impianti elettrici speciali.
La prima parte reca il vademecum delle norme giuridiche e delle norme tecniche, con
particolare esame dettagliato della Norma CEI 64-8 (VIII edizione).
Sono poi spiegati nel dettaglio scopo, caratteristiche e modalità di scelta di tutti i componenti
dell’impianto, illustrandone la corretta progettazione nelle più disparate casistiche nonché le
fasi e le modalità per la messa in opera.
La seconda parte reca otto esempi pratici: appartamento taglio medio con impianto di Livello
1 o Livello 2; studio odontoiatrico; centro estetico; negozio; ufficio; impianto elettrico di
cantiere; impianto per la carica domestica di auto elettriche. Ciascun esempio è sviluppato
integralmente con relazione, planimetrie architettoniche, distribuzione (luce, FM-dati, terra)
quadri elettrici con schemi unifilari e schemi funzionali, rapporti di verifica misure e prove,
calcolo sovratemperatura quando necessario. Planimetrie e schemi sono forniti anche in
formato .PDF tramite l’Area Download collegata al volume, che comprende inoltre la
simbologia completa dei componenti e dei dispositivi elettrici per il progettista, in formato
.DWG.
Il volume abbina le indispensabili nozioni teoriche - esposte in maniera approfondita ma
chiara - con gli aspetti pratici, declinati alla luce dell’ampia esperienza professionale
dell’autore e con l’ausilio di innumerevoli illustrazioni, schemi e tabelle, per garantire una
comprensione ottimale delle tematiche affrontate a tutti i professionisti, indipendentemente
dal livello di conoscenze inizialmente posseduto.

Fabrizio Piroli
Ingegnere, dopo aver collaborato per anni con diverse aziende, ricopre ora il ruolo di Responsabile tecnico
del Gruppo Coin S.p.A. e svolge incarichi di docenza in corsi di formazione specialistici e di aggiornamento
professionale.

Edizioni di Legislazione Tecnica


Tariffa Roc - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1 comma 1 - DCB - ROMA. Pubblicazione trimestrale registrata al Tribunale di Roma il 10 aprile 1982 al n. 159.
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