Dispensa Diritto Commerciale
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REQUISITI DELL’IMPRENDITORE
È soggetto allo statuto dell’imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art.2082). Un’attività che
detiene tali requisiti minimi è considerata giuridicamente impresa ed è conseguentemente
esposta all’applicazione dell’insieme delle norme del Codice civile che disciplinano la struttura e
il funzionamento dell’impresa commerciale. Da questo articolo si ricava che l’impresa è
caratterizzata sia da uno specifico scopo, ovvero la produzione o scambio di beni o servizi, sia da
specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità e professionalità). Questi tre
requisiti devono sussistere insieme, non sono alternativi, se manca uno solo dei requisiti
l’attività non è qualificata come impresa.
Le caratteristiche fondamentali sono cumulative e non alternative, la piccola impresa e l’impresa
agricola, infatti, non presentando la totalità dei requisiti minimi dell’impresa e non sono soggette
alla loro disciplina.
L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi, è quindi attività
produttiva di nuova ricchezza. Quindi non è impresa attività di mero godimento, cioè l’attività che
non dà luogo alla produzione di beni o servizi. Sono imprese commerciali anche le società
finanziarie, che erogano crediti con mezzi propri.
L’attività d’impresa non può esserci senza l’impiego coordinato di fattori produttivi, quindi senza
l’impiego di capitale e lavoro propri e/o altrui, ovvero senza una organizzazione.
L’economicità è richiesta in aggiunta allo scopo produttivo dell’attività. Perché l’impresa possa dirsi
economica non è necessario il conseguimento di un profitto personale dell’imprenditore ma la sola
copertura dei costi con i ricavi e l’autosufficienza economica. Per questo motivo lo scopo di lucro
non deve essere elevato a requisito essenziale dell’attività. Infatti, non tutte le attività pensate per
il lucro soggettivo (ovvero destinazione dell’utile al titolare dell’attività stessa) e che poi realizzano
un utile prevedono anche una finalità di lucro soggettivo (ovvero pianificazione dell’attività in
modo tale che i ricavi superino i costi); l’utile può essere destinato anche ad attività benefiche o
altruistiche.
Altro requisito richiesto è il carattere professionale dell’attività: professionalità significa esercizio
abituale e non occasionale di una data attività produttiva. La professionalità non richiede che
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l’attività imprenditoriale venga svolta in modo continuato e senza interruzioni (es. per le attività
stagionali è sufficiente il costante ripetersi degli atti di impresa).
Tra le norme alle quali è sottoposto l’imprenditore commerciale individuiamo l’obbligo di tenuta
delle scritture contabili, la soggezione alla disciplina speciale della rappresentanza commerciale,
con particolare riguardo alle figure dell'institore, del procuratore e del commesso e l’obbligo di
registrazione nel registro delle imprese tenuto dalla Camera di Commercio. Inoltre, è sottoposto
alla disciplina del fallimento.
Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società. È inizialmente costituito dai conferimenti dei soci, poi subisce continue variazioni in
relazione alle vicende economiche della società. Il patrimonio netto è la differenza positiva fra
attività e passività del capitale sociale. Il patrimonio sociale (l’attivo patrimoniale) è la garanzia
principale o esclusiva dei creditori della società.
Il capitale sociale nominale esprime il valore in denaro dei conferimenti risultanti dall’atto
costitutivo e rimane immutato nel corso della vita della società fino a quando non se ne decide
l’aumento o la riduzione a seguito di nuovi conferimenti o copertura di perdite subite, tramite la
modifica dell’atto costitutivo. Il capitale sociale nominale ha funzione vincolistica perché indica
l’ammontare della quota del patrimonio netto non distribuibile tra i soci, di conseguenza funge da
garanzia patrimoniale supplementare per i creditori. Il capitale sociale nominale ha anche funzione
organizzativa in quanto in tutte le società occorre accertare periodicamente, tramite il bilancio, se
la società ha conseguito un utile o ha subito una perdita. Si rileva una perdita se le attività sono
inferiori alle passività più il capitale sociale nominale, e in questo caso nulla è distribuibile ai soci.
In base al capitale sociale si possono determinare i diritti dei soci agli utili, alla quota di liquidazione
e al diritto di voto. Le riserve di patrimonio netto dal punto di vista del diritto esprimono regole di
non distribuibilità più facilmente rimuovibili attraverso una delibera dell’assemblea dei soci rispetto
al divieto espresso dal capitale sociale. Fa eccezione la riserva legale che non può essere bloccata se
non quando supera un certo ammontare.
L’esercizio in comune di un’attività è lo scopo-mezzo del contratto di società e l’oggetto sociale che i
soci si propongono di svolgere. L’attività deve essere predeterminata nell’atto costitutivo e deve
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consistere nello svolgimento di un’attività produttiva, ovvero un’attività condotta con metodo
economico e finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi. Le società non possono essere
costituite al solo scopo di consentire il godimento dei beni conferiti dai soci, quindi sono vietate le
società di mero godimento.
Una società può essere costituita per diversi scopi, tra questi distinguiamo lo scopo lucrativo,
mutualistico e consortile. A seconda dello scopo perseguito si determinano rispettivamente le
società lucrative, mutualistiche e consortili. La prima è volta al conseguimento di utili distribuibili
fra i soci (società di persone e di capitali), la seconda ha lo scopo di fornire ai soci beni, servizi od
occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle ottenibili direttamente sul mercato
(società cooperative) e l’ultima è tenuta a creare un particolare vantaggio patrimoniale agli
imprenditori consorziati, ovvero permette ai soci consorziati di sopportare minori costi o realizzare
maggiori guadagni delle rispettive imprese.
Le società sono enti associativi che operano con metodo economico e per la realizzazione di un
risultato economico a favore esclusivo dei soci. Una società benefit è una società che persegue
anche una finalità di benefico comune nei confronti della comunità, ambiente, cultura, per la
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società benefit non è previsto alcun vantaggio, se non il ritorno di immagine e l’apprezzamento del
pubblico.
Il socio di società di capitali ha meno poteri gestionali del socio della società di persone: il socio di
società di persone è di diritto amministratore della società, il socio di società di capitali è solo
socio, per essere amministratore deve essere nominato. Inoltre, nella società di persone ciascun
socio può in autonomia compiere tutti gli atti relativi alla gestione della società (amministrazione
disgiuntiva), mentre il socio di società di capitali fa parte dell’organo assembleare, quindi decide
nel rispetto del processo assembleare. In conclusione, c’è una correlazione tra potere e
responsabilità: minori poteri e di conseguenza minori responsabilità, maggiori poteri e maggiore
responsabilità.
Quando si costituisce una società si può liberamente scegliere tra i tipi di società previsti dalla legge,
tranne la società semplice se l’attività è commerciale. Ci sono delle limitazioni nella scelta del tipo di
società, che sono stabilite da leggi speciali per particolari categorie di imprese commerciali. La scelta
di un determinato tipo non è però condizione essenziale per la valida costituzione di una società. Se
l’attività è commerciale, l’articolo 2249, 2 comma stabilisce che si applica la disciplina della società
semplice, a meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi.
La società semplice e la società in nome collettivo costituiscono regimi residuali dell’attività non
commerciale (s.s.) e commerciale (s.n.c.). Una società con oggetto non commerciale è quindi una
società semplice, ed una società con oggetto commerciale è una società in nome collettivo, se non
viene manifestata una diversa scelta dalle parti.
Una volta scelto il tipo di società, le parti possono disegnare un assetto organizzativo della loro
società parzialmente diverso da quello risultante della disciplina legale del tipo prescelto.
È inammissibile la creazione di un tipo di società del tutto inconsueto e stravagante, che non
corrisponde ad alcuno dei modelli legislativi previsti.
Società di persone (prive di personalità giuridica)
Ø Semplice S.S. > può esercitare solo attività non commerciale e viene applicata se le parti non
hanno manifestato la volontà di costituire la società secondo uno degli altri tipi. Ha particolare
rilievo nelle società delle persone e può essere impiegata solo per le imprese agricole.
Ø In nome collettivo S.N.C. > può essere utilizzata sia per l’esercizio di attività commerciale, sia
per l’esercizio di attività non commerciale. È soggetta all’iscrizione nel registro delle imprese
con effetti di pubblicità legale. Tutti i soci rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Ø In accomandita semplice S.A.S. > si caratterizza rispetto alla società in nome collettivo per la
presenza di due categorie di soci: i soci accomandatari che rispondono illimitatamente per le
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obbligazioni sociali ed i soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita.
Società di capitali (dotate di personalità giuridica)
Ø Per azioni S.P.A.
Ø Responsabilità limitata S.R.L.
Ø In accomandita per azioni S.A.P.A.
Ø Operative SOC. COOP.
ð caratteristiche delle società di capitali: strutturazione per organi, distribuzione di potere tra
assemblea e organo amministrativo, accesso alla carica di amministratore tramite nomina. La
struttura organizzativa è più complessa della struttura delle società di persone.
La società occulta è costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne l’esistenza
all’esterno. L’attività d’impresa deve essere svolta per conto della società, ma senza
spenderne il nome. Nei rapporti esterni l’impresa si presenta come impresa individuale di
uno dei soci o anche di un terzo, che operano spendendo il proprio nome. Lo scopo è quello
di limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio del solo gestore, evitare
quindi che la società e i soci rispondano delle obbligazioni e siano esposti al fallimento.
Occultando la società l’unico patrimonio che risulterebbe responsabile dei debiti sarebbe quello del
socio che agisce in qualità di imprenditore individuale, sollevando gli altri soci dal fallimento.
Qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, questo risultasse socio
illimitatamente responsabile appartenente a società occulta (o occulta di fatto), verrebbe applicata
agli altri soci illimitatamente responsabili la stessa disciplina del fallimento del socio occulto.
La società apparente: la giurisprudenza afferma che una società, ancorché non esistente nei rapporti
tra i presunti soci, deve tuttavia considerarsi esistente all’esterno quando due o più persone operino
in modo da far sorgere nei terzi l’opinione che essi agiscono come soci.
La società apparente è priva di vincoli sociali tra i soci ma si considera esistente
all’esterno nei rapporti con i terzi. Non è possibile per i soci obiettare a proposito
dell’inesistenza della società ed è inoltre assoggettata al fallimento come una società di fatto. La
figura della società apparente viene spesso utilizzata dal giudice con fragili indici probatori ma
testimonianze di terzi a proposito della reale esistenza di una società occulta, in modo da poter
assoggettare l’imprenditore individuale fallito al fallimento della società.
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La società regolare è una società in nome collettivo iscritta nel registro delle imprese, quindi nasce
attraverso la stipulazione di un contratto di società che poi viene iscritto nel registro delle imprese.
Ma affinché venga costituita una società di persone non è necessario né che venga iscritta nel
registro delle imprese né è necessario che l’atto costitutivo venga redatto per iscritto (può essere
costituita sulla base di accordi verbali): si parla in questo caso di società in nome collettivo
irregolare. La società irregolare è quindi una società in nome collettivo non iscritta nel registro delle
imprese perché le parti non hanno provveduto a redigere l’atto costitutivo o perché non hanno
provveduto alla sua registrazione. La società può operare effettuando le attività di impresa per le
quali si è costituita ma, non essendo soggetta a pubblicità, non può opporre alcuna limitazione di
responsabilità versi terzi.
Atto costitutivo
Ai fini della registrazione e della regolarità della società, l’atto costitutivo della società in nome
collettivo deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Si tratta del
documento scritto fondativo della società nel quale sono indicate una serie di informazioni
riguardanti la società. L’atto costitutivo deve contenere:
− La generalità dei soci;
− La ragione sociale che deve essere costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del
rapporto sociale;
− I soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società (se non viene precisato ciò
significa che tutti i soci sono amministratori);
− L’oggetto sociale, cioè l’attività che la società intende svolgere;
− I conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuiti e il modo di valutazione.
− Le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera;
− I criteri di ripartizione degli utili e la quota di ciascun socio sia negli utili che nelle perdite;
− La durata della società (può essere costituita anche a tempo intederminato).
CONFERIMENTI – CAP 11
Con la costituzione della società i soci si obbligano ad effettuare conferimenti
determinati nel contratto sociale. I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale
della società (i soci non possono servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale
per fini estranei a quelli della società). Nella società di persone il conferimento dovuto da
ciascun socio non è condizione essenziale per la costituzione della società e se i
conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a conferire, in
parti uguali, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale. Nelle società
di persone la legge non stabilisce un patrimonio minimo di cui bisogna dotare la società.
Non è posto nessun limite riguardo le entità conferibili: nelle società di persone può
essere conferita qualsiasi bene o servizio che possa avere valutazione economica e che
sia utile per il conseguimento dell’oggetto sociale.
Il codice detta una specifica disciplina per alcuni tipi di conferimenti diversi dal denaro:
- per il conferimento di beni in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei
rischi sono regolati dalle norme sulla vendita;
- per le cose conferite in godimento, il rischio resta a carico del socio che le ha conferite.
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Il bene conferito resta di proprietà del socio e la società potrà goderne ma non può
disporne
- il socio che conferisce crediti risponde nei confronti della società dell’insolvenza del
debitore ceduto nei limiti del valore assegnato al suo conferimento
– Nelle società di persone il conferimento può essere costituito dall’obbligo del socio di
prestare la propria attività lavorativa a favore della società > socio d’opera o d’industria.
Il compenso del suo lavoro è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni della
società.
Conferimento diverso da denaro perizia di stima: per stabilire valore reale del bene
non è inferiore dal valore dichiarato dal socio. Ai fini del conferimento il socio che
conferisce il bene deve individuare un esperto rivolgendosi al tribunale, socio
indipendente dal socio (nella spa; nelle srl non è necessario). Relazione di stima verrà
consegnata al notaio quando viene sottoscritta la società/delibera di aumento di
capitale. Il valore deve essere uguale o maggiore da ciò che è stato dichiarato dal socio.
Dichiarazione del socio deve essere confermata da un esperto. Poi amministratori
devono verificare il valore dato dalla perizia. Nonostante perizia è possibile che gli
amministratori attestino che il valore sia inferiore rispetto a quello confermato dalla
perizia.
La società semplice e la società in nome collettivo fanno parte della categoria delle società di
persone. La disciplina della società semplice rappresenta la base della disciplina della società
in nome collettivo.
La S.s può esercitare solo attività non commerciale e viene applicata se le parti non hanno
manifestato la volontà di costituire la società secondo uno degli altri tipi. Ha particolare rilievo nelle
società delle persone e può essere impiegata solo per le imprese agricole. Per le società semplici è
prevista l’iscrizione nel registro delle imprese che avviene nella sezione speciale con effetti di
pubblicità legale. Il contratto può essere concluso anche verbalmente o può risultare da
comportamenti concludenti (dando vita a una società di fatto). Le stesse regole valgono per la
nascita delle società in nome collettivo.
La S.n.c può essere utilizzata per l’esercizio di attività commerciale e non commerciale. È soggetta
all’iscrizione al registro delle imprese con effetti di pubblicità legale. La S.n.c iscritta nel registro
delle imprese è detta regolare ed è regolata dalle norme previste per le S.n.c; la società irregolare
invece non è iscritta nel registro delle imprese a causa del mancato atto costitutivo o alla mancata
registrazione dello stesso.
L’atto costitutivo è condizione di regolarità della società e deve contenere alcune indicazioni
fondamentali come le generalità dei soci, la ragione sociale costituita dal nome di uno o più dei soci
con l’indicazione del rapporto sociale, i soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della
società, l’oggetto sociale, i conferimenti apportati da ogni socio e il loro valore, i criteri di
ripartizione degli utili, la durata della società e le prestazioni che devono prestare i soci.
La società regolare è una società in nome collettivo iscritta nel registro delle imprese, quindi nasce
attraverso la stipulazione di un contratto di società che poi viene iscritto nel registro delle imprese.
Ma affinché venga costituita una società di persone non è necessario né che venga iscritta nel
registro delle imprese né è necessario che l’atto costitutivo venga redatto per iscritto (può essere
costituita sulla base di accordi verbali): si parla in questo caso di società in nome collettivo
irregolare. La società irregolare è quindi una società in nome collettivo non iscritta nel registro delle
imprese perché le parti non hanno provveduto a redigere l’atto costitutivo o perché non hanno
provveduto alla sua registrazione. Un esempio di società irregolare è la società di fatto, società in
cui il contratto viene perfezionato per fatti concludenti. La società può operare effettuando le
attività di impresa per le quali si è costituita ma, non essendo soggetta a pubblicità, non può
opporre alcuna limitazione di responsabilità versi terzi.
I soci sono responsabili in solido fra loro, ma sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società
dato che godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale → i creditori sociali
sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter aggredire il
patrimonio personale dei soci.
Nella società semplice il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio
illimitatamente responsabile, che dovrà invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale
indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi. Il beneficio di escussione opera
quindi in via di eccezione e il socio sarà tenuto a pagare se non prova che nel patrimonio sociale
esistono beni sufficienti.
Questa disciplina si applica anche alla società in nome collettivo irregolare, fermo restando la
responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci.
Nella società in nome collettivo regolare, il benefizio di escussione opera automaticamente. I
creditori sociali non possono pretendere il pagamento dei singoli soci, se non dopo l’escussione del
patrimonio sociale.
I creditori personali dei soci non hanno il diritto di aggredire direttamente il patrimonio della
società per soddisfarsi, ma nelle S.s e S.n.c irregolari possono far valere i propri diritti sugli utili
spettanti al debitore, richiedere la liquidazione della quota qualora altri beni fossero insufficienti e
compiere atti conservativi sulla quota spettante al debitore, cioè impedire che venga ceduta a terzi.
Nelle S.n.c regolari invece il creditore non ha modo di servirsi della liquidazione fino al
scioglimento della stessa.
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Sia nella società semplice che nella società in nome collettivo i creditori sociali hanno di fronte più
patrimoni su cui soddisfarsi: il patrimonio della società e il patrimonio dei singoli soci illimitatamente
responsabili. I soci sono responsabili in solido fra loro, ma sono responsabili in via sussidiaria
rispetto alla società dato che godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale
→ i creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio personale dei soci.
Nella società semplice il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio
illimitatamente responsabile, che dovrà invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale
indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi. Il beneficio di escussione opera
quindi in via di eccezione e il socio sarà tenuto a pagare se non prova che nel patrimonio sociale
esistono beni sufficienti.
Questa disciplina si applica anche alla società in nome collettivo irregolare, fermo restando la
responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci.
Nella società in nome collettivo regolare, il beneficio di escussione opera automaticamente. I
creditori sociali non possono pretendere il pagamento dei singoli soci, se non dopo l’escussione del
patrimonio sociale.
Quindi il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni sociali personali dei soci ed
intangibile da parte dei creditori di questi ultimi in quanto il creditore personale del socio non può
aggredire direttamente il patrimonio sociale per soddisfarsi. Inoltre, non può compensare il suo
credito verso il socio con il debito che eventualmente ha verso la società in quanto equivarrebbe a
soddisfarsi direttamente su questa (divieto di compensazione).
Ma il creditore personale del socio non è del tutto sprovvisto di tutela. Sia nella società semplice
che nella società in nome collettivo egli può: a) far rivalere i suoi diritti sugli utili spettanti al suo
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debitore; b) compiere atti conservatiti sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione della
società.
Nella società semplice e nella società in nome collettivo irregolare può inoltre chiedere la
liquidazione della quota del suo debitore, provando che gli altri beni del debitore sono insufficienti a
soddisfare i suoi crediti. Per la società in nome collettivo regolare, il creditore particolare del socio,
finché dura la società, non può chiedere la liquidazione del socio debitore, neanche se prova che gli
altri beni non sono sufficienti a soddisfarlo.
Alle società di capitali è riconosciuta la personalità giuridica, quindi la società viene trattata
come soggetto di diritto distinto dai propri soci. Per questo motivo la società gode di
un’autonomia patrimoniale perfetta: si delinea tra i patrimoni della società e dei suoi membri
una separazione assoluta. Di conseguenza i soci non rispondono con il loro patrimonio
personale dei debiti contratti dalla società e viceversa.
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi a nome della società, dando
luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa. In mancanza di
diversa disposizione dell’atto costitutivo, la rappresentanza della società spetta a ciascun socio
amministratore disgiuntamente o congiuntamente a seconda che in un modo o nell’altro sia stata
conformata l’amministrazione. L’atto costitutivo può prevedere una diversa regolamentazione del
potere di rappresentanza (per esempio limitando il potere di rappresentanza degli amministratori e
ciò solleva il problema della loro opponibilità ai terzi che entrano in contatto con gli stessi).
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I soci che hanno l’amministrazione possono essere nominati nell’atto costitutivo o con un atto
separato, questa distinzione acquisisce rilievo in sede di revoca del potere amministrativo. La
revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo deve avvenire per giusta causa e prevede
la modifica di questo, deve quindi essere decisa all’unanimità. La revoca
dell’amministratore nominato per atto separato può avvenire anche in assenza di giusta causa.
L’amministratore è investito per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale. Numerosi sono i doveri degli amministratori. Nella società in nome collettivo
devono tenere le scritture contabili, redigere il bilancio d’esercizio e provvedere agli adempimenti
pubblicitari connessi all’iscrizione del registro delle imprese. Gli amministratori sono poi
solidamente responsabili verso la società, con l’obbligo di risarcire la stessa i danni recati. I soci
amministratori hanno di regola diritto al compenso per il loro ufficio, compenso che può essere
costituito anche da una o più partecipazione agli utili.
Nella S.n.c, per evitare potenziale conflitto di interessi, tutti i soci hanno il divieto di
esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società e inoltre di
non partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. La
violazione di questo divieto comporta il risarcimento e la possibile esclusione del socio.
SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALE (MORTE, RECESSO, ESCLUSIONE DEL SOCIO)
Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso o esclusione. Inoltre, di può
cessare di essere soci anche vendendo la propria partecipazione ad altri, ma in una società di
persone per fare ciò serve il consenso degli altri soci in quanto si tratta di una modifica del contratto
sociale. Questo è necessario perché nelle società di persone ciascun socio ha enormi poteri: ciascun
socio può compiere qualsiasi atto, ma le conseguenze di tale atto ricadono di tutti, per questo si dice
che le società di persone si fondano su un rapporto fiduciario.
Il venir meno dei soci non comporta lo scioglimento della società, ma la necessità di definire
i rapporti patrimoniali fra i soci rimasti e il socio uscente o gli eredi di questo attraverso la
liquidazione. Il venir meno della pluralità dei soci determina lo scioglimento della società
solo se la pluralità non è ricostituita nel termine di sei mesi.
Se muore un socio, i soci superstiti devono liquidare la quota del socio defunto ai suoi eredi nel
termine dei sei mesi, e non sono tenuti a subire il subingresso in società degli eredi del defunto. Dal
punto di vista economico, seguito della morte del socio, si verifica da un lato la perdita della
partecipazione sociale e specularmente la nascita di un diritto di credito in capo agli eredi verso la
società al pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore della quota. Quindi gli eredi
non erediteranno la partecipazione sociale, come avviene invece nelle società di capitali dove il
rapporto sociale non si scioglie con la morte del socio, a causa del vincolo fiduciario che lega i soci.
Tuttavia, questa regola può essere deroga dall’atto costitutivo prevedendo che il rapporto prosegua
autonomamente. I soci superstiti possono decidere o lo scioglimento anticipato della società e in
questo caso gli eredi del defunto non hanno più diritto alla liquidazione della quota e devono
attendere la conclusione delle operazioni di liquidazione o la continuazione della società con gli
eredi del socio del defunto (necessario consenso di tutti i soci).
Il recesso è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio. Questo può avvenire se c’è
giusta causa, cioè ci sia un fatto che sia di tale gravità da giustificare oggettivamente, secondo una
motivazione di ragionevolezza, l’uscita dalla società, come ad esempio il cambiamento dell’oggetto
sociale o il trasferimento della sede sociale all’estero. Il recesso sarà immediatamente efficace e
l’effetto di questa dichiarazione è lo scioglimento del rapporto sociale con il socio dichiarante, il
quale perderà la qualità di socio. Se la società è a tempo indeterminato, ogni socio può recedere
liberamente, anche senza un motivo giustificato altrimenti i soci rischiano di rimanere vincolati alla
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società per tutta la vita. Il recesso deve essere comunicato a tutti gli altri soci con un preavviso di
almeno tre mesi e diventa produttivo di effetti solo dopo che sia decorso tale termine. Il socio che
recede ha diritto ad una somma di denaro corrispondente al valore della sua quota; quindi, il
recesso è il mezzo per il socio attraverso cui può monetizzare la sua partecipazione.
L‘ultima delle cause di scioglimento parziale del rapporto sociale costituita dall’esclusione del socio
della società. Anche il socio escluso, come quello deceduto e receduto, ha diritto alla liquidazione
corrispondente al valore della quota. L’esclusione a volte ha luogo di diritto (quando si verifica un
fatto che determina automaticamente e legalmente lo scioglimento del rapporto), altre volte è
facoltativa quindi rimessa per decisione degli altri soci. È escluso di diritto il socio che sia dichiarato
fallito e al socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota. Nel primo caso
l’esclusione dal giorno stesso della dichiarazione del fallimento. Nel secondo caso, il socio cessa di
far parte della società solo quando la liquidazione della quota è avvenuta. I fatti che legittimano la
società ad escludere un socio sono raggruppati in tre categorie: gravi inadempienze degli obblighi
che derivano dalla legge e dal contratto sociale; l’interdizione, l’inabilitazione del socio o la sua
condanna ad una pena che comporti l’interdizione dai pubblici uffici; casi di sopravvenuta
impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile al socio. L’esclusione è
deliberata a maggioranza dei soci calcolata per teste. La deliberazione motivata deve essere
comunicata al socio escluso ed ha effetto decorsi trenta giorni dalla data di comunicazione.
Quindi in tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questo o i suoi
eredi hanno diritto ad una liquidazione della quota sociale. Il valore della quota è determinato in
base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento del
rapporto, considerando però le eventuali operazioni ancora in corso. Il pagamento della quota
spettante al socio deve essere effettuato entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo
scioglimento del rapporto, e se lo scioglimento è richiesto da un creditore entro tre mesi.
Per procedere al pagamento dei creditori sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci versamenti
ancora dovuti, ma solo se i fondi disponibili sono insufficienti.
I liquidatori hanno due divieti:
a) Non possono compiere nuove operazioni che non riguardano l’attività di liquidazione;
b) Non possono ripartire fra i soci i beni sociali finché i creditori non sono stati pagati, o non
siano stati accantonate le somme necessarie per pagarli.
Estinti tutti i debiti sociali la liquidazione si avvia con la ripartizione fra i soci dell’eventuale attivo
patrimoniale convertito in denaro.
Nella società in nome collettivo regolare, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di
liquidazione ed il piano di riparto (articolo 2311). Il bilancio finale di liquidazione è il rendiconto della
gestione dei liquidatori; il piano di riparto è la proposta di divisione tra i soci dell’attivo residuo. Con
l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai soci e il procedimento di
liquidazione termina.
Nella società in nome collettivo irregolare la chiusura della liquidazione determina l’estinzione della
società, purché siano stati soddisfatti tutti i creditori sociali. In mancanza, la società è da considerare
ancora esistente.
Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione della società in nome collettivo regolata e la
società semplice, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle
imprese (articolo 2312). Con la cancellazione dal registro delle imprese la società si estingue, anche
se non tutti i creditori sociali sono stati soddisfatti. I creditori non soddisfatti possono agire nei
confronti dei soci, che sono illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali insoddisfatte.
Nelle società di persone la legge ricollega la qualità di socio a determinati diritti, che vengono
tradizionalmente divisi in diritti patrimoniali e diritti amministrativi. I diritti patrimoniali sono
quelli che riguardano il ritorno finanziario dell’investimento effettuato sottoscrivendo o
acquistando azioni. Il diritto patrimoniale per eccellenza è il diritto agli utili, ovvero il diritto
qualificante che spinge alla creazione della società e al quale fa da contrappelo la partecipazione
alle perdite. Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e alle perdite della società, il solo
limite posto all’autonomia privata è rappresentato dal divieto di patto leonino che considera
nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle
perdite. Possiede poi altri diritti patrimoniali come il diritto alla liquidazione della propria quota
nel caso di scioglimento del singolo rapporto sociale e il diritto alla liquidazione nel caso di
scioglimento della società che prevede il rimborso dei conferimenti e della quota di ripartizione
dell’eventuale utile residuo.
Possiedono inoltre diritti amministrativi attraverso cui si esprime la gestione della società e il
controllo. Oltre al diritto di amministrare che normalmente spetta a tutti i soci di responsabilità
illimitato (quindi il diritto di partecipare all’assemblea e di votare), altri diritti amministrativi sono il
diritto di esprimere il proprio consenso in tutti i casi in cui la legge consente una decisione
collettiva dei soci e il diritto di controllo spettanti ai soci che non partecipano all’amministrazione.
I diritti misti hanno una doppia componente, amministrativa e patrimoniale, e sono ad esempio il
diritto di recesso che implica la possibilità di ottenere la liquidazione della propria partecipazione.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Con l’acquisizione della partecipazione sociale il socio diventa destinatario di questi obblighi. Ad
essi si aggiungono per i soci delle società in nome collettivo e per i soci accomandanti delle società
in accomandita semplice l’obbligo di non esercitare un’attività concorrente con quella della società
e di non partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente.
Si diventa socio di una società per azioni grazie all’acquisto della proprietà di titoli azionari della
società. Anche i diritti dei soci delle società per azioni, che sono società di capitali, si dividono in
amministrativi e patrimoniali.
Tra i diritti patrimoniali abbiamo il diritto al dividendo, il diritto alla ripartizione del residuale attivo
in seguito allo scioglimento della società e il diritto di opzione, cioè il diritto riconosciuto al socio di
sottoscrivere nel termine stabilito le nuove azioni che sono emesse dalla società in caso di
aumento del capitale.
Tra i diritti amministrativi troviamo quello di intervenire alle assemblee che spetta ad ogni socio e l
diritto di voto che spetta ad ogni socio per ogni azione posseduta.
Anche gli amministratori di società per azioni non possono assumere qualità di soci a responsabilità
illimitata in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente, né essere amministratori o
direttori generali in società concorrenti. L’inosservanza del divieto espone l’amministratore alla
revoca dell’ufficio per giusta causa ed al risarcimento dell’eventuale danno arrecato.
Il trasferimento della partecipazione sociale si articola in due modi diversi a seconda che si tratti di
soci accomandanti o accomandatari: per i soci accomandatari, se l’atto costitutivo non dispone
diversamente, il trasferimento per atto fra vivi della quota degli accomandatari può avvenire solo
con il consenso di tutti gli altri soci (mentre per la trasmissione per decesso sarà necessario il
consenso degli eredi); per i soci accomandanti la quota è liberamente trasferibile per causa di
morte, senza che sia necessario il consenso dei soci superstiti. Per il trasferimento per atto fra vivi è
invece necessario il consenso dei soci, rappresentato a maggioranza del capitale sociale.
SPA – CAP 13
La società per azione è una società di capitali che risponde per le obbligazioni sociali
esclusivamente con il proprio patrimonio e nella quale la partecipazione sociale è rappresentata da
azioni. La società per azioni è dotata di personalità giuridica e gode di una perfetta autonomia
patrimoniale in quanto è trattata come soggetto di diritto distinto dalle persone dei soci.
I soci quindi non si assumono alcuna responsabilità personale e il loro unico dovere è quello di
eseguire i conferimenti determinando quanto sottoporre al rischio d’impresa. Sono la società è
qualificabile come imprenditore e di conseguenza i creditori possono far affidamento solo sul
patrimonio sociale per soddisfarsi, tuttavia è consentito loro informarsi a proposito della situazione
patrimoniale e dei risultati economici d’impresa; per la loro tutela sono previste delle regole per
limitare il rischio dispersione del patrimonio sociale: data una certa quantità di patrimonio di netto i
soci possono distribuire solo quella parte di patrimonio netto (attivo - passivo) che eccede la misura
del capitale sociale.
L’organizzazione della società per azioni è corporativa, cioè costituita da tre organi: assemblea,
organo di gestione e di controllo. L’assemblea costituita dai soci è regolata attraverso il principio
maggioritario, il peso di ogni componente è quindi proporzionale al numero di azioni possedute e
alla quota di capitale sottoscritto. Le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da
partecipazioni-tipo omogenee e standardizzate. Le azioni sono infatti partecipazioni sociali di
eguale valore e che conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Le azioni sono liberamente
trasferibili e la loro circolazione è consentita attraverso documenti assoggettati alla disciplina di
titoli di credito; questo sistema permette un pronto smobilizzo del capitale investito ed il ricambio
delle persone dei soci.
È possibile capire perché la S.p.A. è il tipo di società della grande impresa. → la limitazione del
rischio individuale dei soci e la possibilità di pronta mobilitazione dell’investimento favoriscono la
raccolta del capitale di rischio di cui ha bisogno la grande impresa.
Nella società a ristretta base azionaria, i problemi restano quelli tradizionali della tutela dei soci di
minoranza e dei creditori di fronte di possibili abusi dei soci che detengono la maggioranza e degli
amministratori.
L’omogeneità della coesione azionaria e la partecipazione attiva dei soci alle assemblee assicurano
l’effettiva operatività del principio cardine su cui si fonda il corretto funzionamento della società per
azioni: chi più ha conferito e più rischia, ha più potere, ma proprio perché rischia si pensa che
eserciti prudentemente.
Nelle società chiuse cioè non quotate in borsa, chi detiene la maggioranza delle azioni ha più potere
ma proprio perché è più esposto al rischio si presuppone che il potere venga esercitato in modo da
far fruttare la società. Nelle società aperte invece la coesistenza di pochi azionisti imprenditori
competenti e una massa di azionisti risparmiatori che nel complesso costituiscono la maggioranza
del capitale altera il funzionamento della società permettendo il dominio a gruppi minoritari
attraverso la nomina di amministratori e sindaci. In sostanza in questo caso chi decide, è
assoggettato a un rischio minore.
LA COSTITUZIONE
La costituzione della società per azioni si articola in 2 fasi essenziali:
a) Stipulazione dell’atto costitutivo;
b) Iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese (acquista la personalità giuridica)
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
La società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale, nel caso in cui si
abbia un solo socio fondatore.
L’atto costitutivo deve indicare:
• Le generalità dei soci e degli eventuali promotori nonché il numero delle azioni assegnate a
ciascuno di essi.
• L’oggetto sociale → il tipo di attività economia che la società svolgerà.
• La denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie
• L’ammontare del capitale sottoscritto e versato.
• Il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di
emissione e circolazione.
• Il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura.
• Le norme secondo le quali gli utili devono essere riparti.
• I benefici accordati ai promotori o ai soci fondatori.
• Il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando
quali hanno la rappresentanza della società.
• Il numero dei componenti del collegio sindacale.
• La nomina dei primi amministratori e sindaci.
• L’importo globale delle spese per la costituzione della società.
• La durata della società (può essere anche a tempo indeterminato).
L’atto costitutivo della S.p.A. ha un contento più ampio e articolato: si preferisce redigere due
distinti documenti che sono l’atto costitutivo e lo statuto. L’atto costitutivo è più sintetico e contiene
la manifestazione della volontà di costituire la società e i dati fondamentali. Lo statuto è più analitico
e contiene le regole di funzionamento della società.
Se il controllo ha esito positivo, il notaio riceve l’atto costitutivo e richiede l’iscrizione della società
nel registro delle imprese. Con l’iscrizione nel registro delle imprese la società acquista la personalità
giuridica e viene ad esistenza.
La dichiarazione di nullità della società per azioni non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in
nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese e non tocca minimamente l’attività
già svolta in quanto opera solo per il futuro e solo come causa di scioglimento della società.
Per assicurare maggiore trasparenza nei rapporti tra società e socio unico si stabilisce che i contratti
tra società e socio unico sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle
adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto con data
precedente al pignoramento.
Per la società unipersonale l’unico socio ha responsabilità limitata per le obbligazioni sociali; la
responsabilità illimitata viene invece meno dopo che sono stati fatti i conferimenti o dopo che la
pubblicità sia stata effettuata.
I patrimoni destinati
La riforma del 2003 offre alle società per azioni anche una nuova tecnica per limitare il rischio di
impresa: quella dei patrimoni destinati ad uno specifico affare.
L’attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati:
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
a) La società per azioni può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato ad uno
specifico affare
b) La società può stipulare con terzi un contratto di finanziamento di uno specifico affare
La costituzione di un patrimonio destinato operativo avviene con apposita deliberazione adottata
dall’organo amministrativo della società a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
La delibera costitutiva deve contenere una serie di dati volti a consentire l’identificazione dell’affare,
dei beni e dei rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinato. La deliberazione deve essere
verbalizzata a un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese, e produce effetti solo
dopo che sono decorsi sessanta giorni dall’iscrizione.
I creditori della società non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo
specifico affare. Delle obbligazioni contratte per realizzare lo specifico affare la società risponde solo
nei limiti del patrimonio destinato.
Per ciascun patrimonio destinato devono essere tenuti separatamente i libri e le scritture, e nel
bilancio della società devono essere distintamente indicati i beni e i rapporti compresi in ciascun
patrimonio. Realizzato l’affare gli amministratori redigono un rendiconto finale che deve essere
depositato presso l’ufficio del registro delle imprese.
Dalle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato, a
meno che la società abbia prestato garanzie con il proprio patrimonio generale per il rimborso del
finanziamento.
I CONFERIMENTI
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società.
e la loro funzione essenziale è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo
svolgimento dell’attività di impresa. Il valore in denaro dei conferimenti dei soci costituisce il capitale
sociale nominale della società.
Nella società per azioni i conferimenti devono essere effettuati in denaro se nell’atto costitutivo non
è stabilito diversamente. É disposto l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno
il 25% dei conferimenti in denaro o dell’intero ammontare per le società unipersonali. Costituita la
società, gli amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i versamenti ancora
dovuti. Vi è una disciplina speciale se il socio non esegue il pagamento delle quote dovute:
− Non può esercitare diritto di voto;
− La società può avvalersi di una o più rapide procedure di vendita coattiva delle azioni del socio.
− Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora
tentare di rimetterle in circolazione entro l’esercizio.
Non tutte le entità economiche diverse dal denaro possono essere conferite in società per azioni: è
espressamente stabilito che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o
di servizi. Sono state anche introdotte limitazioni riguardo i conferimenti dei beni in natura e dei
crediti: le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente deliberate al
momento di sottoscrizione; questo significa che il socio deve realizzare tutti gli atti necessari affinché
la società acquisti la titolarità e la piena disponibilità del bene conferito. È da ritenersi inammissibile
il conferimento di diritti di godimento, dato che la società acquista col consenso del conferente
l’effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità.
I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di
valutazione.
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Le prestazioni accessorie
Oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo può prevedere l’obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in denaro.
Le prestazioni accessorie costituiscono uno strumento utile per vincolare i soggetti ad effettuare a
favore della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferimento. Le azioni con
prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli
amministratori.
Le azioni devono essere tutte di uguale valore, devono quindi tutte rappresentare una identica
frazione del capitale sociale nominale; il valore nominale delle azioni è la parte del capitale sociale
da ciascuna rappresentata espressa in forma monetaria. È consentito anche emettere azioni senza
valore nominale, ma non è consentito emettere contemporaneamente azioni con e senza valore
nominale. Per tutte le azioni vale la regola che in nessun caso il valore complessivo dei
conferimenti può essere inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Questo comporta
che le azioni non possono essere emesse per somma inferiore al loro valore nominale, possono
invece essere emesse per somma superiore al valore nominale. Il valore nominale delle azioni va
tenuto distinto dal valore reale, che si ottiene dividendo il patrimonio netto della società per il
numero delle azioni. Il valore di mercato delle azioni indica invece il prezzo di scambio delle azioni
in quel determinato giorno.
Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso
unitario di diritti e poteri di natura amministrativa (es. diritto di intervento e di voto nelle
assemblee), di natura patrimoniale (es. diritto agli utili) ed anche a contenuto complesso
amministrativo e patrimoniale (es. diritto di recesso).
Le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti: l’uguaglianza è relativa in quanto è possibile
creare categorie di azioni fornite di diritti diversi e l’uguaglianza è oggettiva in quanto uguali sono i
diritti che ogni azione attribuisce.
Alcuni diritti dell’azionista dipendono dal numero di azioni possedute come ad esempio il diritto di
voto, il diritto agli utili ed alla quota di liquidazione e il diritto di opzione. Per questo motivo c’è una
situazione di disuguaglianza soggettiva degli azionisti: tale disuguaglianza è però legittima e giusta
perché esprime il principio delle società di capitali, ovvero che chi più ha conferito e quindi più
rischia ha più potere e può imporre il proprio volere alla minoranza.
Sono categorie speciali di azioni quelle fornite di diritti diversi da quelli tipici previsti dalla disciplina
legale. Possono essere create con l’atto costitutivo o con una modificazione successiva di questo. La
presenza di categorie speciali di azioni comporta una modifica nell’organizzazione interna della
società, per la presenza di diversi gruppi di azionisti con interessi non coincidenti.
Tra gli organi sociali è prevista la presenza di un’assemblea speciale per ogni categoria di azioni
speciali.
Con la riforma del 2003 le società possono emettere azioni senza diritto di voto. Si consente a tutte
le società di:
a) La creazione di azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti;
b) La creazione di azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non
meramente potestative.
La riforma del 2003 ha mantenuto il divieto di emettere azioni a voto plurimo, ovvero azioni che
attribuiscono ciascuna più di un voto: oggi le società non quotate possono emettere azioni speciali a
voto plurimo che attribuiscono fino a un massimo di tre voti per ciascuna azione; gli statuti delle
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
società quotate non possono prevedere l’emissione di azioni a voto plurimo. Le società quotate
possono riconoscere per statuto una maggioranza del voto ai soci di lungo periodo titolari di azioni
da non meno di 24 mesi (non costituiscono una categoria speciale di azioni).
A tutte le società per azioni è consentito di prevedere che:
a) Il diritto di voto sia limitato ad una misura massima;
b) Sia introdotto il c.d. voto scalare.
Per le società non quotate resta fermo il principio che possono essere emesse azioni privilegiate,
ovvero azioni che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili
e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società.
L’emissione degli strumenti finanziari partecipativi è stata prevista anche al fine di consentire
l’acquisizione, da parte di soci o di terzi, di apporti patrimoniali che non possono formare oggetto di
conferimento e quindi non sono imputabili al capitale sociale. Gli strumenti finanziari partecipativi
non sono parti del capitale sociale, non attribuiscono perciò la qualità di azionista e presentano
ampia elasticità per quando riguarda i diritti propri delle azioni che possono essere loro riconosciuti.
Si prevede che essi possono essere forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi con
esclusione però del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti.
L’acquisto da parte della società delle azioni proprie è un’operazione che può dar luogo ad una
riduzione del capitale reale senza l’osservanza della relativa disciplina e attuata senza riduzione del
capitale sociale nominativo. La conseguenza della riduzione del capitale reale senza riduzione del
capitale nominale, non si verifica invece quando nell’acquisto vengono impiegate somme
corrispondenti agli utili o ad altre eccedenze di bilancio disponibili. Queste somme possono essere
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liberamente distribuite ai soci e quindi possono essere impiegate nella società anche nell’acquisto di
azioni proprie, ma deve rispettare quattro condizioni:
• Le somme impiegate nell’acquisto non possono eccedere l’ammontare degli utili distribuiti e
delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (limite quantitativo massimo
che la società potrà pagare ai soci per acquistare azioni che ha precedentemente emesso e
questo limite è posto per evitare che la società possa svuotare il proprio patrimonio a favore
dei soci);
• Le azioni da acquistare devono essere interamente liberate;
• L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria;
• Solo nelle società che fanno ricordo al mercato del capitale sociale di rischio, il valore
nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale,
considerando anche le azioni possedute da società controllate.
Le azioni acquistate violando queste condizioni devono messere vendute entro un anno dal loro
acquisto, in mancanza se procede all’annullamento ed alla corrispondente riduzione del capitale
sociale.
Sono previsti anche casi speciali dove nessuna limitazione è applicabile quando l’acquisto avviene in
esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale sociale, da attuarsi mediante
riscatto ed annullamento delle azioni.
È infine disciplinato il regime delle azioni proprie in possesso della società. I diritti sociali sono
sterilizzati, il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi sono sospesi. Inoltre, gli amministratori
non possono disporre delle azioni senza l’autorizzazione dell’assemblea che stabilisce anche la
modalità.
Le partecipazioni reciproche
Le partecipazioni reciproche fra società di capitali danno luogo a pericoli di carattere patrimoniale
ed amministrativo per la sottoscrizione e l’acquisto di azioni proprie che si accentuano quando tra le
due società intercorre un rapporto di controllo. Questi pericoli sono evidenti nel caso di
sottoscrizione reciproca del capitale: se due società si costituiscono o aumentano il capitale sociale
sottoscrivendo l’una il capitale dell’altra si avrà una moltiplicazione apparente di ricchezza, quindi
aumenta il capitale sociale nominale senza che si incrementi il rispettivo capitale reale.
I pericoli patrimoniali ed amministrativi delle partecipazioni incrociate si determinano non solo in
caso di sottoscrizione reciproca ma anche quando l’incrocio è attuato mediante acquisto di azioni
già in circolazione: la sottoscrizione reciproca da luogo ad aumento del capitale nominale senza
aumento del capitale reale.
Esistono due configurazioni dei gruppi, quelli a catena e quelli a raggiera. Nei gruppi a catena la
società A (capogruppo) dirige la società B, che a sua volta dirige la società C e così via; nei gruppi
stellari o a raggiera, la capogruppo A dirige contemporaneamente tutte le altre società. Non di
rado le due articolazioni si combinano fra loro dando vita ad organizzazioni più complesse.
Il controllo societario può assumere diverse forme: è controllata la società in cui un’altra società
dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; la società in cui un’altra
società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria e
la società che si trova sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa (come quelli di fornitura di una particolare materia prima essenziale o
difficilmente reperibile).
L’esistenza di un rapporto di controllo societario non è sufficiente per affermare che si è in presenza
di un gruppo di società, ma fa supporre l’esercizio dell’attività di direzione e di coordinamento di
società. Dalle società controllare vanno tenute distinte le società collegate che sono le società sulle
quali un’altra società esercita un’influenza notevole ma non dominante.
In base all’attuale disciplina è istituita un’apposita sezione nel registro delle imprese nella quale
sono iscritte le società o gli enti che esercita attività di direzione e coordinamento e le società alla
stessa sottoposte. In presenza di una situazione di controllo ci sono limitazioni e divieti a carico delle
società controllate che ridimensionano i pericoli di alterazione dell’integrità patrimoniale della
capogruppo e di inquinamento del funzionamento degli organi della stessa.
In sede di redazione del bilancio di esercizio vi sono specifici obblighi di informazione contabile sia a
carico della società controllante, sia a carico delle società controllate. Il quadro della disciplina
dell’informazione contabile del gruppo è stato completato con l’introduzione del bilancio
consolidato di gruppo che è un bilancio che consente di conoscere la situazione patrimoniale,
finanziaria ed economica del gruppo considerato unitariamente.
L’esistenza di un gruppo impone dei problemi: in primo luogo, è necessario informare i terzi
dell’esistenza del gruppo perché la legge vuole che si sappia dove risiede il centro effettivo
decisionale; quindi, vi è un obbligo di trasparenza. Inoltre, le diverse società del gruppo sono tutte
autonomi soggetti di diritto, cioè ciascuna avrà un proprio patrimonio e, di conseguenza, ciascuna
società risponderà dei propri debiti. Il rischio è che l’attuazione delle direttive arrechi danno alla
società controllata, di cui risponderanno gli amministratori della società che subisce il danno.
La legge però afferma che se questo danno si ricollega a una direttiva della holding del danno
risponderà anche la società holding: non solo risponderanno gli amministratori e sindaci della società
che subisce il danno ma, trattandosi di danno provocato dall’attuazione di una direttiva proveniente
dalla holding, del danno risponde anche la holding. Quindi la società holding deve risarcire il danno ai
soci di minoranza della società figlia.
Una specifica disciplina è poi dettata per i finanziamenti concessi alle società controllate dalla
capogruppo al fine di evitare che un eccessivo indebitamento possa danneggiare i creditori sociali.
La società capogruppo è tenuta a rimborsare direttamente azionisti e creditori delle società
controllate per i danni dagli stessi subiti per il fatto che la propria società si è attenuta alle direttive
di gruppo lesive del proprio patrimonio. Un’ulteriore significativa novità della riforma del 2003 è il
riconoscimento del diritto di recesso ai soci di una società soggetta ad attività di direzione e di
coordinamento in presenza di eventi riguardanti la società capogruppo. All’interno dei gruppi di
società il diritto di recesso è riconosciuto quando la capogruppo comporta un mutamento del suo
scopo o oggetto sociale, tale da alterare l’economia e il patrimonio delle controllate. È inoltre
riconosciuto ai soci di società non quotata in seguito ad alterazioni di rischio di investimento in
assenza di un’offerta di acquisto della partecipazione.
Il gruppo insolvente
Vi è poi una specifica disciplina volta ad assicurare una più efficace tutela patrimoniale delle società
figlie quando la politica unitaria di gruppo determina uno squilibrio e l’insolvenza della società
dominante. Nessuna disposizione specifica è dettata in caso di fallimento, ma si può applicare la
disciplina con riferimento all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi: in caso
di direzione unitaria del gruppo ≪gli amministratori delle società che hanno abusato di tale
direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da
questi cagionati alla società stessa≫.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
L’organo amministrativo che si occupa della gestione dell’impresa sociale e ha per legge ampi poteri
decisionali. Gli amministratori hanno inoltre la rappresentanza legale della società.
L’organo di controllo ha funzione di controllo sull’amministrazione della società.
La riforma del 2003 ha affiancato al sistema tradizione di amministrazione ed il controllo, altri due
sistemi alternativi tra i quali l’azienda può scegliere:
• Il sistema dualistico → l’amministrazione e il controllo sono esercitati da un consiglio di
sorveglianza, nominato dall’assemblea, e da un consiglio di gestione nominato dal consiglio di
sorveglianza.
• Sistema monistico → l’amministrazione ed il controllo sono esercitati rispettivamente dal
consiglio di amministrazione, nominato dall’assemblea, e da un comitato per il controllo sulla
gestione.
L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci e ha la funzione di formare la volontà della
società nelle materie riservate alla sua competenza della legge o dell’atto costitutivo.
L’assemblea è l’organo collegiale che decide secondo il principio maggioritario e la volontà espressa
dai soci in assemblea vale come volontà della società e vincola tutti i soci.
L’assemblea si distingue in ordinaria e straordinaria a seconda dell’oggetto delle deliberazioni.
Nelle società che adottano il sistema tradizionale o quello monistico si ha assemblea ordinaria che
ha vari compiti: approva il bilancio; nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e il presidente del
collegio sindacale; determina il compenso degli amministratori e dei sindaci se non è stabilito
nell’atto costitutivo; delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci; delibera sugli
oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea; approva l’eventuale regolamento dei
lavori assembleari (le competenze dell’assemblea ordinaria nel sistema dualistico invece sono più
ristrette).
L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto; sulla nomina, sulla sostituzione
e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua
competenza.
L’assemblea è unica e generale se la società ha emessi solo azioni ordinarie; quando invece sono
state emesse diverse categorie di azioni, all’assemblea generale si affiancano le assemblee speciali
di categoria.
Nelle società non quotate, la convocazione è effettuata mediante avviso da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica almeno 15 giorni prima dell’udienza. Nelle società quotate, la
convocazione è effettuata mediante avviso comunicato ai soci almeno 8 giorni prima. L’avviso deve
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo, oltre che le materie da trattare. Qualora non
avvenisse una corretta convocazione, l’assemblea detta totalitaria può essere costituita in presenza
dell’intero capitale sociale e della maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di
controllo.
Una volta costituita, l’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o da quella eletta
con il voto della maggioranza dei presenti e il presidente assicura che l’assemblea si svolga in modo
ordinato. Qualsiasi membro può in questa sede opporsi alla discussione per mancanza di
informazioni impedendo la delibera a proposito di un certo argomento. Le delibere assembleari
devono constatare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio e contenente
informazioni come giorno, partecipanti, modalità e risultato delle votazioni e poi deve essere
trascritto nel libro delle adunanze (se si tratta di assemblea straordinaria, il verbale deve essere
redatto da un notaio).
Per essere approvate le deliberazioni devono conseguire il voto favorevole della maggioranza dei
soci previsti dalla legge o dallo statuto. La disciplina delle maggioranze (o quorum) assembleari cerca
di realizzare un punto di equilibro fra l’esigenza di agevolare la formazione delle delibere e quella
opposta di tutelare adeguatamente le minoranze.
Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori.
Si definisce quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una
determinata deliberazione perché questa sia approvata.
La disciplina del quorum costitutivo e deliberativo è comunque diversa per l’assemblea ordinaria e
straordinaria:
• L’assemblea ordinaria in prima convocazione delibera con il voto favorevole della metà più una
delle azioni che hanno preso parte alle votazioni per quella determinata delibera.
Per l’assemblea ordinaria di seconda convocazione le delibere sono approvate se riportano il
voto favorevole della maggioranza delle azioni.
• Per le assemblee straordinarie delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio la disciplina previgente è rimasta uguale per quanto riguarda la prima convocazione.
Per la seconda convocazione, vi è una differenziazione fra quorum costitutivo e quorum
deliberativo. È regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale
sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in
assemblea. Per le società che fanno ricordo al mercato del capitale di rischio la disciplina
prevede che la società adotti il sistema a pluralità di convocazioni, il quorum costitutivo minimo
è almeno la metà del capitale sociale in prima convocazione e più di un terzo in seconda
convocazione. Nell’assemblea straordinaria invece non è previsto un quorum costitutivo ma
quello deliberativo è rappresentato dall’intero capitale sociale. Tra le due assemblee cambia
l’entità dei quorum: per l’approvazione delle delibere dell’assemblea straordinaria sono
richiesti quorum costitutivi più alti rispetto all’assemblea ordinaria. Altra differenza è che il
verbale dell’assemblea straordinaria deve essere obbligatoriamente redatto da un notaio.
Possono intervenire in assemblea coloro a cui spetta il diritto di voto, quindi gli azionisti con diritto
di voto e i soggetti che pur non essendo soci hanno diritto di voto. Il diritto di intervento invece,
non compete agli azionisti senza diritto di voto.
La rappresentanza in assemblea
Gli azionisti possono partecipare in assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentazione.
L’istituto della rappresentanza in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli azionisti
alla vita della società e agevola il raggiungimento della maggioranza assembleare.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
La delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere nome del rappresentante ed è sempre
revocabile.
Limiti all’esercizio del voto. Il conflitto di interessi
Il conflitto di interesse e a non abusare del proprio diritto sono i due limiti alla libertà di vito del
socio.
Versa in conflitto di interessi l’azionista che in una determinata delibera ha un interesse personale
contrastante con l’interesse della società. Al socio non viene tolto il diritto di voto, ma se questo
vota la delibera approvata con il suo voto è impugnabile se possa recare danno alla società. La
disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno del
patrimonio sociale e di prendere decisioni potenzialmente dannose per la società. Una situazione in
cui un socio può trovarsi in conflitto di interesse può essere, per esempio, la deliberazione circa
l’acquisto di un bene del socio stesso.
Si può anche verificare che una deliberazione sia adottata a maggioranza per danneggiare i soci di
minoranza: ad esempio, se si delibera di aumentare il capitale sociale al fine di ridurre la quota di
partecipazione di un socio di minoranza impossibilitato a sottoscrivere l’aumento.
Si cerca di reprimere gli abusi della maggioranza a danno esclusivo della minoranza ricavando dal
principio generale di correttezza e buona fede ulteriore limite alla libertà di voto. Quindi l’abuso di
maggioranza impedisce al socio di prendere una decisione al solo fine di danneggiare gli altri soci.
Si afferma l’annullabilità della delibera quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare
singoli soci in quanto illegittima.
I sindacati di voto
I sindacati di voto sono accordi con i quali alcuni soci si impegnano a concordare il modo in cui
votare in assemblea e possono avere carattere occasionale o permanente. Essi hanno la funzione di
dare un indirizzo unitario all’azione dei soci sindacati e se quindi vengono a costituire il gruppo di
comando, il patto di sindacato consente di dare stabilità di indirizzo alla condotta della società.
Il sindacato di voto produce effetti solo fra le parti e non nei confronti della società, quindi il voto in
assemblea resta valido anche se espresso in violazione degli accordi di sindacato. Il profilo su cui
incidono i sindacati di voto è quello dell’individualizzazione dei centri di potere della società che essi
concorrono a determinare.
Le deliberazioni nulle
La delibera è nulla solo in tre casi: quando l’oggetto è impossibile o illecito, ovvero contrario
all’ordine pubblico, al buon costume e alle norme imperative; quando manca la convocazione
dell’assemblea e quando manca il verbale dell’assemblea.
La nullità delle delibere può essere fatta da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata anche
d’ufficio dal giudice. Possono essere impugnate senza limite di tempo solo le delibere che
modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibile, in tutti gli altri casi il termine
introdotto è di tre anni.
AMMINISTRAZIONE – CAP 17
Nel sistema tradizionale, le società per azioni non quotate possono avere sia un amministratore
unico sia una pluralità di amministratori che formano il consiglio di amministrazione; alle società
quotate invece è imposta la presenza di una pluralità di amministratori.
Gli amministratori sono l’organo a cui viene affidata la gestione dell’impresa sociale e devono
compiere tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale: in primo luogo, gli
amministratori deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non sono
riservati all’assemblea, ovvero detengono il potere gestorio; hanno la rappresentanza generale della
società, cioè il potere di manifestare la volontà sociale; convocano e fissano l’ordine del giorno
dell’assemblea; devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società e provvedere
a redigere annualmente il progetto di bilancio da far approvare all’assemblea e devono prevenire il
compimento degli atti pregiudizievoli per la società.
Di tutte queste funzioni gli amministratori sono investiti per legge e si tratta di funzioni che essi
esercitano in posizione di formale autonomia rispetto all’assemblea: essi sono personalmente
responsabili civilmente e penalmente.
La gestione di una società impone la predisposizione di presidi che consentono di gestire in maniera
efficiente l’attività sia sul piano economico che su quello finanziario. L’attività di amministrazione
presuppone inoltre una pianificazione dell’attività, ovvero l’elaborazione di piani aziendali
previsionali, come il budget o il business plan, che dovrebbero orientare nel breve e nel medio
periodo l’attività degli amministratori. Questo rientra nei principi di corretta amministrazione.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Altro principio importate è il dovere di agire informato: gli amministratori devono agire in modo
informato; quindi, la pianificazione è un moto per attuare il dovere di informazione. Inoltre, quando
si deve prendere una decisione la si deve prendere dopo aver valutato tutte le valutazioni meditate,
ponderate delle circostanze del caso. Si agisce in modo informato se a monte c’è il rispetto del
principio di rispetto degli adeguati assetti; infatti, essi concorrono a soddisfare l’obbligo di agire
informato.
Compenso. Divieti
Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività che può consistere anche in una
partecipazione agli utili della società o nell’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo
predeterminato azioni di futura emissione.
Modalità e misura del compenso sono determinati dall’atto costitutivo o dall’assemblea all’atto
della nomina.
Gli amministratori hanno un ruolo centrale nella direzione e sono quindi partecipi di tutti i segreti
aziendale e ciò porta ad alcuni obblighi e divieti posti a loro carico. Gli amministratori di società per
azioni non possono assumere qualità di soci a responsabilità illimitata in società concorrenti, né
esercitare un’attività concorrente, né essere amministratori o direttori generali in società
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
concorrenti. L’inosservanza del divieto espone l’amministratore alla revoca dell’ufficio per giusta
causa ed al risarcimento dell’eventuale danno arrecato.
Il consiglio di amministrazione
La società per azioni può avere sia un amministratore unico, sia una pluralità di amministratori.
L’amministratore unico esercita individualmente tutte le funzioni proprie dell’organo
amministrativo: il vantaggio è la snellezza burocratica e una velocità operativa, il rischio è che le
decisioni non siano adeguatamente valutate. Questi vantaggi e svantaggi sono speculari ed invertiti
nella scelta di nominare un consiglio di amministrazione: l’attivazione del procedimento collegiale è
un meccanismo lento, ma la decisione sarà maggiormente ponderata.
Quando l’amministrazione è affidata a più amministratori (di solito viene stabilito un numero dispari
di amministratori), questi costituiscono il consiglio di amministrazione retto da un presidente eletto
tra i soci membri.
L’attuale disciplina stabilisce che il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente dello
stesso che ne fissa anche l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché tutti gli
amministratori siano informati sulle materie dell’ordine del giorno. Il presidente deve preoccuparsi
del fatto che, quando ci si riunisce, tutti i consiglieri saranno in grado di prendere una decisione
informata. Quindi, il presidente ha il compito di assicurare il rispetto del procedimento collegiale ed
è garante del buon funzionamento del consiglio di amministrazione, di conseguenza, ha un carico
maggiore rispetto agli altri membri e viene remunerato maggiormente.
Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la maggioranza degli
amministratori, a meno che l’atto costitutivo non stabilisca un quorum costitutivo più elevato
(questo è il motivo per cui è imprudente formare consigli di amministrazione composti da un
numero pari di membri).
finanziari della società; valutare il generale andamento della gestione. In sostanza, il consiglio di
amministrazione monitora la gestione della società da parte dell’amministratore delegato.
La rappresentanza della società
Fra le funzioni di cui gli amministratori sono investiti vi è quella di rappresentanza della società.
In presenza di un CDA, gli amministratori con potere di rappresentanza devono essere indicati nello
statuto e nella deliberazione della nomina deve essere specificato se hanno potere di agire
disgiuntamente o congiuntamente. Lo statuto normalmente individua il potere di rappresentanza
associandolo ad una certa carica, non indicando nome e cognome dell’amministratore che ha la
rappresentanza legale.
In base all’attuale disciplina il potere di rappresentanza degli amministratori è generale: essi hanno
la rappresentanza processuale attiva e passiva, della società. La rappresentanza della società
conferita ad altri soggetti può aggiungersi ma non può sostituire quella degli amministratori.
Il rischio della rappresentanza è che il rappresentante ponga in essere un fatto in nome e per conto
del rappresentato senza averne il potere, senza che l’atto sia voluto dal rappresentato.
L’ordinamento dà tre risponde diverse a questo problema: nell’ambito della disciplina dei contratti,
nell’ambito delle società di persone e nell’ambito delle società di capitali. Nell’ambito dei contratti,
l’atto è inefficace, ovvero il contratto non vincola il rappresentato. Nelle società di persone la
rappresentanza spetta ai soci, che per legge sono amministratori e rappresentanti della società.
Questo può essere un rischio per ciascuno degli altri soci perché ciascuno dei soci risponde dei debiti
sociali; quindi, possono avere interessi a limitare il potere del rappresentante. La limitazione al
potere di rappresentanza per essere rilevante nei confronti dei terzi deve essere iscritta nel registro
delle imprese e quindi la violazione della limitazione rende l’atto inefficace. Se la limitazione non è
iscritta nel registro delle imprese è irrilevante nei rapporti con i terzi, quindi l’atto è efficace per la
società come se fosse stato compiuto da un soggetto dotato del potere di porlo in essere. Quindi se il
legale rappresentante pone in essere un atto violando i limiti l’atto è inefficace se il limite è iscritto
nel registro delle imprese, sarà efficace se il limite non è iscritto nel registro delle imprese. Nelle
società di capitali la rappresentanza legale è generale, ma ci sono situazioni in cui il potere di
rappresentanza è limitato. Il limite del potere di rappresentanza può essere previsto nello statuto
iscritto nel registro delle imprese e può accadere che il rappresentante compia un atto senza la
previa formazione della volontà della società. In entrambi i casi c’è la violazione del limite al potere
di rappresentanza, ma l’atto è efficace per la società; la limitazione al potere di rappresentanza non
ha rilevanza nei confronti dei terzi, ha rilevanza solo nei rapporti interni alla società, ovvero tra
l’amministratore che ha violato il limite e la società che si è vista amministrata da questo soggetto.
Quando un soggetto diventa amministratore di una società ha l’obbligo di non violare le norme che
descrivono un comportamento specifico e l’obbligo di comportarsi in modo diligente.
Se gli amministratori sono più, essi sono responsabili solidamente e ciascuno può essere quindi
costretto dalla società a risarcire l’intero danno subito. Il danno tra gli amministratori si ripartisce in
parti uguali salvo quando è possibile differenziare le posizioni, in tal caso il giudice stabilisce quanto
è risarcibile da ciascun soggetto.
Si stabilisce che ≪in ogni caso gli amministratori sono solidamente responsabili se, essendo a
conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose≫. La responsabilità degli amministratori è
comunque responsabilità per colpa e non responsabilità oggettiva.
Se c’è l’amministratore unico risponde egli. Se ci sono più amministratori e c’è un amministratore
delegato: se l’atto dannoso è stato deciso dal consiglio di amministrazione rispondono tutti gli
amministratori; se l’iniziativa è portata avanti dall’amministratore delegato agli amministratori non
esecutivi si rimprovera di non aver adeguatamente monitorato l’attività del delegato. Quindi
risponde l’amministratore delegato e gli amministratori non esecutivi se non hanno adeguatamente
sorvegliato l’operato dell’amministratore delegato. I non esecutivi per evitare di essere coinvolti
nella responsabilità del delegato devono periodicamente informarsi di come il delegato si sta
comportamento per monitorarne l’operato con una certa continuità.
I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale. Dirigenti
che sono cioè al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell’impresa ed operano in
rapporto diretto con gli amministratori.
Conflitto di interessi
Un amministratore può trovarsi in conflitto di interessi rispetto ad una deliberazione posta in essere
dalla società, quindi si tratta di una situazione di coinvolgimento nell’operazione di un interesse
dell’amministratore estraneo all’interesse sociale. La società può compiere comunque questa
operazione perché può darsi che sia utile per la società, ma è rischiosa perché può succedere che
l’operazione venga posta in essere più per realizzare l’interesse personale dell’amministratore che
l’interesse della società. Essendoci questo rischio la legge non vieta l’atto ma lo circonda di una serie
di cautele, ovvero la trasparenza e l’astensione. La trasparenza prevede che l’amministratore che si
trovi in una situazione di conflitto di interesse debba dichiararlo al consiglio di amministrazione. Altro
profilo attinente alla trasparenza è la motivazione della decisione di compiere l’operazione, è
necessario illustrare in maniera dettagliata le ragioni dell’operazione e in quale programma
imprenditoriale questa operazione si iscrive. Quindi la trasparenza emerge in un duplice momento:
in un momento iniziale quando l’amministratore interessato deve dichiarare di trovarsi in una
situazione di conflitto di interesse e nel momento deliberativo, ovvero quando il CDA deve motivare
le ragioni della decisione. Se si tratta dell’amministratore unico, questo può compiere l’atto ma per
trasparenza dovrà informare oltre che il collegio sindacale anche i soci. Se si tratta
dell’amministratore delegato, questo si deve astenere dal compiere l’operazione e deve investire
della decisione il consiglio di amministrazione che a sua volta dovrà motivare in modo analitico le
ragioni dell’operazione.
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della società per azioni, con funzioni di
vigilanza sull’amministrazione della società, ovvero deve controllare che gli amministratori
gestiscano la società nel rispetto della legge e dello statuto e dei principi di corretta
amministrazione.
Il collegio sindacale delle società con azioni non quotate si compone di tre o cinque membri
effettivi, soci o non soci (che soddisfino requisiti di professionalità (avvocato, professore in campo
economico giuridico, commercialista)), secondo quanto stabilito nello statuto e inoltre devono
essere nominati due membri supplenti. Nelle società quotate resta il numero minimo di tre sindaci
effettivi e di due supplenti, ma si può determinare liberamente il numero dei sindaci. Inoltre,
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
l’atto costitutivo deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza e
almeno un sindaco effettivo e uno supplente devono essere scelti fra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili.
Per assicurare l’indipendenza dei sindaci sono previste cause di ineleggibilità rispetto a quelle
dettate per gli amministratori. Non possono essere nominati sindaci: a) il coniuge, i parenti e gli
affini entro il quarto grado degli amministratori; b) coloro che sono legati alla società o società
facenti parte dello stesso gruppo. Il compenso dei sindaci deve essere predeterminato ed
invariabile in corso di carica. I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili.
L’assemblea può revocali solo se sussiste giusta causa e per questo motivo la delibera di revoca
deve essere approvata dal tribunale. In caso di morte, di rinuncia o di decadenza di un sindaco,
subentrano automaticamente i supplenti in ordine di età. La nomina e la cessazione dall’ufficio
devono essere iscritte nel registro delle imprese.
Il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l’amministrazione della società globalmente intesa
e si estende a tutta l’attività sociale, al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della
legge e dell’atto costitutivo.
In particolare, il collegio sindacale vigila ≪sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo,
amministrativo e contabile adottato dalla società e nel suo concreto funzionamento≫. Il controllo
sull’operato è finalizzato ad assicurare che gli amministratori gestiscano correttamente il
patrimonio, si attua così una tutela diretta e indiretta di tutti gli interessi che ruotano intorno alla
società (debitori, creditori etc).
Il collegio sindacale non svolge più la revisione legale dei conti della società, ma lo statuto può
prevedere che anche la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. La vigilanza
del collegio sindacale è esercitata innanzitutto nei confronti degli amministratori in quanto
organo investito della gestione della società, ma riguarda anche l’attività dell’assemblea: da qui si
rileva il potere-dovere dei sindaci di intervenire alle riunioni dell’assemblea, del CDA e del
comitato esecutivo. Inoltre, in qualunque momento il collegio sindacale può chiedere agli
amministratori informazioni sulla vita della società e compiere atti di ispezione, ovvero poter
esaminare la documentazione sociale.
Per consentire al collegio sindacale l’efficace svolgimento della propria attività, la legge pone a
carico degli amministratori numerosi obblighi di comunicazione nei confronti del collegio
sindacale stesso: gli amministratori devono riferire al collegio sindacale sull’attività svolta, sulle
operazioni compiute di maggior rilievo economico e su quelle a rischio di conflitto di interessi. I
sindaci hanno il potere-dovere di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di
controllo, ovvero di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o
su determinati affari.
Ha anche poteri di reazione, finalizzati ad intervenire qualora i sindaci rilevino delle irregolarità
nella gestione della società. La periodicità e la scelta dei documenti attinenti all’amministrazione da
analizzare dipendono dalle circostanze, dal tipo di attività esercitata, dai rischi tipici connessi a
questa attività e alla situazione economica della società.
Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea e nelle società quotate deve essere
scelto fra i sindaci eletti dalla minoranza. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni 90 giorni e
deve redigere in questa occasione il verbale che deve essere trascritto nel libro delle adunanze.
Quando viene svolto il controllo questo deve fornire al collegio sindacale una visione continuativa
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura
dell’incarico. I sindaci sono in particolare responsabili, anche penalmente, della verità delle loro
attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza grazie al
loro ufficio. L’obbligo di risarcimento grava esclusivamente sui sindaci qualora il danno sia stato
causato dall’inadempimento dei loro doveri; è però più frequente che i sindaci siano responsabili in
solido con gli amministratori per i fatti o le omissioni di quest’ultimi che non si sarebbero verificati
se i sindaci avessero vigilato correttamente.
La revisione legale è esercitata da un revisore leale o da una società di revisione iscritti nel registro
dei revisori legali dei conti oppure, se lo statuto lo prevede, dal collegio sindacale.
Il revisore esterno è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo, successivamente l’incarico è
conferito dall’assemblea. Il revisore legale o la società di revisione devono essere soggetti
indipendenti dalla società controllata e non devono in alcun modo essere coinvolti nel suo processo
decisionale. L’incarico di revisione legale dei conti ha la durata di tre esercizi ed è rinnovabile senza
limiti e può essere revocato dall’assemblea solo per giusta causa.
La revisione legale degli enti di interesse pubblico è soggetta a regole speciali per tutelare l’interesse
generale alla correttezza delle informazioni finanziarie diffuse degli stessi: l’attuale disciplina
stabilisce in primo luogo il principio della rotazione periodica del revisore e l’incarico non può essere
rinnovato o nuovamente conferito allo stesso soggetto se non solo passati almeno 4 esercizi dalla
cessazione precedente.
L’attività di revisione legale è regolata secondo principi comuni per gli enti di interesse pubblico e
per le altre società soggette a revisione: funzione principale del revisore è quella di controllare la
regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di
gestione, deve inoltre verificare che il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato siano conformi
alle norme che li disciplinano e che rappresentino in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale, finanziaria e il risultato economico dell’esercizio. L’attività di revisione è volta ad
esprimere un giudizio sul bilancio. Il revisore o la società di revisione devono conservare i documenti
e le carte di lavoro relativi agli incarichi di revisione legale svolti per dieci anni dalla data di relazione
della revisione, deve adempiere i propri doveri con diligenza professionale ed è responsabile della
verità delle sue attestazioni e deve conservare il segreto sui fatti e documenti di cui ha conoscenza
per ragioni del suo ufficio.
Il revisore o la società di revisione rispondono in solido con gli amministratori per i danni derivanti
dall’inadempimento dei loro doveri.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Al consiglio di sorveglianza sono attribuite sia le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale,
sia le funzioni di indirizzo della gestione che nel sistema tradizionale spettano all’assemblea dei soci
(che vedono ridursi i loro poteri), come la nomina e la revoca dei componenti del consiglio di
gestione e l’approvazione del bilancio.
La presenza del consiglio di sorveglianza riduce le competenze dell’assemblea ordinaria:
quest’ultima nomina e revoca i componenti del consiglio di sorveglianza, ne determina il compenso
e delibera in ordine all’esercizio dell’azione di responsabilità nei loro confronti. L’assemblea
ordinaria perde la competenza per la nomina e la revoca degli amministratori e la competenza per
l’approvazione del bilancio in quanto questo deve essere approvato dal consiglio di sorveglianza.
Il sistema dualistico determina quindi più distacco tra azionisti e organo gestorio della società: non
c’è nel sistema dualistico un rapporto fiduciario diretto tra i soci, gli amministratori e i consiglieri di
gestione perché tra i soci e i consiglieri di gestione si frappone il consiglio di sorveglianza. Quindi la
legge vuole stabilire un netto taglio tra la proprietà della società, cioè i soci, e la gestione, cioè il
consiglio di sorveglianza). Nel sistema tradizionale e in quello monistico, invece, c’è un rapporto
fiduciario diretto tra i soci e gli amministratori perché i soci scelgono gli amministratori tra persone
di fiducia.
I componenti del consiglio di sorveglianza possono essere soci o non soci e il loro numero, non
inferiore a tre, è fissato dallo statuto. I primi componenti vengono nominati nell’atto costitutivo,
successivamente la loro nomina compete all’assemblea ordinaria che ne determina anche il numero
nei limiti stabiliti dallo statuto. Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve
essere svelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Lo statuto può subordinare l’assunzione
della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza.
Non possono essere eletti i componenti del consiglio di gestione, né coloro che sono legati alla
società. I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica tre esercizi e sono rieleggibili.
Sono liberamente revocabili dall’assemblea anche se non ricorre una giusta causa, salvo il diritto di
risarcimento.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Come anticipato, il consiglio di sorveglianza esercita le funzioni del collegio sindacale nel sistema
tradizionale e, in particolare: presenta la denunzia al tribunale; riferisce per iscritto almeno una
volta all’anno all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta; è destinatario delle denunzie dei soci. I
suoi componenti devono assistere alle assemblee e possono assistere alle adunanze del consiglio di
gestione. Il consiglio di sorveglianza ha poteri e diritti di informazione uguali a quelli del collegio
sindacale nei confronti del consiglio di gestione, del soggetto che esercita la revisione dei conti e
degli organi delle società controllate.
Inoltre, il consiglio di sorveglianza: nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e ne
determina il compenso, approva il bilancio d’esercizio e il bilancio consolidato ove redatto e
promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di
gestione.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall’assemblea ed i suoi poteri sono determinati
dallo statuto. I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la
diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Sono solidalmente responsabili con i componenti del
consiglio di gestione per i fatti e le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se
avessero vigilato in conformità dei doveri della loro carica.
I controlli esterni
Accanto al controllo interno del collegio sindacale ed al controllo contabile affidato ad un revisore
esterno, l’ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle società per azioni.
Comune a tutte le società per azioni è solo il controllo esterno sulla gestione esercitato dall’autorità
giudiziaria se ci sono situazioni che ne alterano il corretto funzionamento. Le società con azioni
quotate in borsa e quelle che operano sul mercato mobiliare sono assoggettate al controllo della
Consob.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Il controllo giudiziario sulla gestione delle società per azioni è una forma di intervento dell’autorità
giudiziaria nella vita delle società con lo scopo di ripristinare la legalità dell’amministrazione delle
stesse. In base all’attuale disciplina il procedimento può essere attuato se vi è fondato sospetto che
gli amministratori ≪in violazione dei loro doveri abbiano compiuto gravi irregolarità nella
gestione≫, ma si richiede che le stesse ≪possano arrecare danno alla società o a società
controllate≫.
Il procedimento attivato con la denunzia si articola in due fasi: una prima fare diretta ad accertare
l’esistenza delle irregolarità e ad individuare i procedimenti da adottare per rimuoverle. Nei casi più
gravi può essere necessario l’intervento di un elemento estraneo per riportare l’ordine nella
gestione. Il tribunale revoca gli amministratori e nomina un amministratore giudiziario.
L’amministratore giudiziario è investito per legge del potere di proporre l’azione di responsabilità
contro gli amministratori e i sindaci. L’amministratore giudiziario ha la rappresentanza della società,
ma non può compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del tribunale.
Prima della scadenza del suo incarico, l’amministratore giudiziario deve convocare l’assemblea per la
nomina dei nuovi amministratori e sindaci.
La Consob è un organo pubblico di vigilanza del mercato dei capitali. È una persona giuridica di
diritto pubblico che gode di piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge. Le funzioni della Consob
sono varie: è nata come organo di controllo della borsa, è poi diventata un organo di controllo
dell’intero mercato mobiliare, dei soggetti che sullo stesso operano e di ogni operazione di
sollecitazione del pubblico risparmio.
La Consob svolge un ruolo centrale per assicurare un’adeguata e veritiera informazione del mercato
mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al pubblico
risparmio in modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli.
I principi cardine dell’attuale disciplina dell’informazione societaria sono: in primo luogo, tutte le
società che emettono strumenti finanziari quotati o diffusi tra il pubblico devono informare il
pubblico di qualsiasi fatto, la cui conoscenza possa influire sensibilmente sul prezzo degli strumenti
finanziari, inoltre la Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per
l’informazione. La Consob ha prescritto che siano messi a disposizione del pubblico i documenti
contabili periodici: il bilancio d’esercizio e la relazione finanziaria semestrale dagli amministratori. La
Consob è investita di ampi poteri di indagine e di intervento al fine di vigilare sulla correttezza
dell’informazione fornita. Le informazioni devono essere depositate presso la Consob e la Consob
stabilisce le modalità e i termini per la diffusione delle stesse fra il pubblico.
IL DIRITTO DI RECESSO
L’applicazione del principio maggioritario anche per le modificazioni dello statuto fa si che nella
S.p.A. la minoranza non può impedire modifiche dell’assetto societario. Per questo motivo alla
maggioranza vengono imposti dei limiti da norme inderogabili. È necessario, inoltre, che non siano
violati i principi cardine della correttezza e buona fede.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
In presenza di delibere modificative gravi, la minoranza è tutelata dal diritto di recesso della società.
L’attuale disciplina amplia le cause di recesso che possono oggi essere distinte in cause di recesso
inderogabili, derogabili dello statuto e cause statutarie.
Le cause inderogabili di recesso sono collegate a situazioni in cui la delibera assembleare indice sullo
statuto andando ad attuare variazioni agli aspetti organizzativi che la legge considera fondamentali
come: la modifica dell’oggetto sociale se questa ha portato un cambiamento significativo
nell’attività della società; la trasformazione della società; il trasferimento della sede sociale
all’estero; la revoca dello stato di liquidazione; l’eliminazione di una o più cause di recesso derogabili
o previste dallo statuto; la modificazione dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso; le
modificazioni dello statuto riguardanti il diritto di voto e di partecipazione (diritti patrimoniali).
Il diritto di recesso spetta inderogabilmente anche ai soci assenti o dissenzienti rispetto alla delibera
che modifica, introduce o sopprime una clausola compromissoria nello statuto e ai soci assenti,
dissenzienti o astenuti, quando si adotta nelle società quotate una delibera che comporta
l’esclusione dalla quotazione.
Le clausole derogabili di recesso riguardano la proroga del termine di durata delle società e
l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
Le clausole statutarie di recesso possono essere previste dallo statuto nelle società che non fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio.
Il recesso risulta quindi una reazione del socio davanti ad una modificazione non desiderata di
elementi essenziali del contratto sociale oppure di un abuso di direzione unitaria.
Con la riforma del 2003, il recesso nelle società a tempo indeterminato non quotate costituisce un
temperamento alla durata potenzialmente illimitata del vincolo sociale, per evitare che i soci restino
prigionieri della società. Quindi tutti i soci possono recedere liberamente da una società a tempo
indeterminato non quotata con un preavviso di 180 giorni. Il diritto di recesso deve essere esercitato
mediante comunicazione con lettera raccomandata alla società entro un breve termine. L’attuale
disciplina modifica il criterio di determinazione del valore delle azioni da rimborsare: per le società
non quotate il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori, nelle società
con azioni quotate il valore di liquidazione delle stesse è determinato facendo riferimento alla media
aritmetica dei prezzi di chiusura dei 6 mesi precedenti. Quindi in sede di recesso è fondamentale
anche l’aspetto della determinazione dell’importo da corrispondere al socio, in quanto è diritto del
socio ricevere un’adeguata remunerazione del proprio investimento che deve essere corrispondente
al valore della sua partecipazione. La legge regola anche il modo attraverso cui viene data la
possibilità di percepire l’importo: almeno 15 giorni prima della data fissata, gli amministratori
devono depositare una relazione redatta da un esperto in economia aziendale in cui viene descritto
il valore dell’azione del socio che recede.
L’attuale disciplina detta anche il procedimento di liquidazione delle azioni del socio recedente. Le
azioni del socio devono essere prima offerte in opzione agli altri soci in proporzione al numero delle
azioni possedute. La parte non acquistata dai soci può essere collata sul mercato. Laddove
ricevessero una risposta negativa, sarà la società a dover acquistare le azioni del socio. La società
interviene quindi solo in ultima istanza e ha sei mesi di tempo per trovare un acquirente
disponibile. Solo in assenza di utili e riserve deve essere convocata l’assemblea straordinaria per
deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società. =
Se questo non è possibile perché patrimonio netto non presenta la capienza necessaria, il
pagamento della somma di denaro dovrà essere preceduta dalla riduzione del capitale sociale,
realizzata in funzione del pagamento del socio. La riduzione avviene per liberare una parte del
patrimonio, esattamente come accade nella riduzione reale. Anche in questo caso i creditori della
società hanno la facoltà di opporsi e la conseguenza sarebbe il mancato pagamento del socio che
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
recede. In caso di opposizione vittoriosa dei creditori la legge prevede lo scioglimento della società.
Laddove la società si sciogliesse, entrerebbe in una fase di liquidazione e verrebbero liquidati
creditori, i soci e il socio receduto.
Sul patrimonio della società convergono due interessi contrapposti: l’interesse dei creditori sociali a
far si che il patrimonio sociale sia quanto più capiente possibile e l’interesse dei soci ad appropriarsi
di una parte di quel patrimonio per potersi personalmente arricchire. Infatti, ogni distribuzione
dalla società ai soci può essere una riduzione della tutela dei creditori sociali perché impoverisce la
società. La legge deve realizzare un equilibrio tra questi due interessi, ovvero deve soddisfare
l’interesse dei singoli soci senza sottoporre i creditori a rischi eccessivi. La legge fa ciò consentendo
le distribuzioni patrimoniali ai soci, ma limitandone la possibilità, ovvero stabilisce dei vincoli alla
distribuibilità del patrimonio sociale a favore dei soci: infatti, in linea di principio il patrimonio netto
potrebbe essere distribuito tra i soci, ma dal punto di vista giuridico le voci capitale sociale e la voce
riserve (che fanno parte del patrimonio netto) esprimono un vincolo. Quindi i soci non possono
distribuirsi tutto il patrimonio netto perché una parte deve rimanere in società per forza, ovvero il
capitale sociale e la riserva legale. In questo modo il netto che potrebbe essere liberamente
disponibile viene assoggettato in parte a un vincolo di indistribuibilità. L’utile può essere distribuito
ai soci perché fa parte del patrimonio netto non coperto da vincolo di indistribuibilità.
L’aumento del capitale sociale può essere reale oppure nominale: nel primo caso si ha un aumento
del capitale sociale nominale e del patrimonio della società per effetto di nuovi conferimenti; nel
secondo caso si incrementa sol il capitale nominale, mentre il patrimonio della società resta
invariato.
Il capitale sociale nominale esprime il valore in denaro dei conferimenti risultanti dall’atto
costitutivo e rimane immutato nel corso della vita della società fino a quando non se ne decide
l’aumento o la riduzione a seguito di nuovi conferimenti o perdite subite, tramite la modifica
dell’atto costitutivo. Il capitale sociale ha funzione vincolistica e viene iscritto nel bilancio fra le
passività perché indica l’ammontare della quota del patrimonio netto non distribuibile tra i soci, di
conseguenza funge da garanzia supplementare per i creditori. Si rileva una perdita se le attività
sono inferiori alle passività più il capitale sociale. Qualora la società rilevasse una perdita cioè il
valore del patrimonio netto della società è inferiore alla cifra del capitale sociale, gli utili non
sarebbero distribuibili tra i soci.
Con l’aumento reale del capitale sociale, la società si procura nuovi mezzi finanziari a titolo di
capitale di rischio, ovvero nuovi conferimenti. Dal lato della società è quindi un’operazione
vantaggiosa perché acquisisce nuovi conferimenti ed è un modo per arricchirsi. L’aumento dà luogo
all’emissione di nuove azioni a pagamento che vengono sottoscritte dai soci. L’aumento del
capitale è deliberato dall’assemblea straordinaria dei soci, ma lo statuto può anche attribuire agli
amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale; il verbale della delibera di aumento di
capitale del consiglio di amministrazione deve essere redatto da un notaio. La deliberazione di
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aumento deve stabilire un termine non inferiore a 15 giorni dalla decisione entro il quale le
sottoscrizioni devono essere raccolte. La disciplina dei conferimenti per l’aumento del capitale
reale è la stessa che regola i conferimenti della costituzione della società, ovvero il conferimento
del 25% deve essere effettuato direttamente alla società e non presso una banca.
I soci in sede di aumento del capitale godono del diritto di opzione, hanno cioè il diritto di
essere preferiti rispetto a terzi nella sottoscrizione delle nuove azioni e serve per far rimanere
inalterata la proporzione in cui ogni socio partecipa alla formazione della volontà sociale. Tale
diritto è attribuito a ciascun azionista in proporzione del numero di azioni già possedute. Gli
amministratori sono liberi di collocare a loro piacimento le azioni che sono rimaste inoptate.
Se le azioni non sono quotate, coloro che hanno esercitato il diritto di opzione hanno il diritto
di prelazione nella sottoscrizione delle azioni non quotate; se le azioni sono quotate, i diritti di
opzione residui devono essere offerti nel mercato regolamentato dagli amministratori per
almeno 5 riunioni ed il ricavato va a beneficio del patrimonio sociale. Laddove gli azionisti non
sfruttassero interamente il loro diritto di prelazione o i diritti offerti nel mercato
regolamentato restano invenduti, le azioni di nuova emissione potranno essere liberamente
collocate. In alcune situazioni è interesse della società sacrificare il diritto di opzione dei soci
per specifiche operazioni o quando i conferimenti devono essere effettuati in natura.
L’aumento nominale del capitale scoiale è un’operazione che non prevede nuovi conferimenti
e non incrementa il patrimonio sociale; l’aumento è quindi realizzato utilizzando valori già
esistenti nel patrimonio della società, come le riserve facoltative e le riserve statutarie prive
di specifica destinazione. Il passaggio a capitale di riserve e fondi disponibili comporta che la
società non può disporre a favore dei soci dei corrispondenti valori del patrimonio netto.
L’aumento nominale del capitale sociale può essere attuato o aumentando il valore nominale
delle azioni in circolazione o mediante l’emissione di nuove azioni che devono avere le stesse
caratteristiche di quelle già in circolazione e devono essere assegnate gratuitamente agli
azionisti.
La riduzione del capitale sociale consiste nel diminuire il capitale sociale sino a quando si
raggiunga un importo non inferiore al limite legale previsto, può essere reale o nominale.
La riduzione reale del capitale sociale può essere disposta dalla società per esuberanza, cioè quando
una volta conseguito l’oggetto sociale il capitale di rischio raccolto risulta eccessivo rispetto alle
esigenze. Può essere disposto anche per cause diverse, anche se si deve trattare di cause sostanziali
e procedimentali, in quando l’operazione riduce la consistenza del patrimonio sociale e può
pregiudicare lo svolgimento dell’attività d’impresa.
Nelle S.p.a. capitale sociale non può essere ridotto al di sotto del minimo legale di cinquantamila
euro. L’avviso di convocazione dell’assemblea deve contenere tutte le informazioni sulle modalità e
ragioni della riduzione in modo da poter informare tutti i soci e la delibera può essere eseguita solo
dopo novanta giorni dall’iscrizione nel libro delle imprese. Entro questo termine, i creditori sociali
possono opporsi alla delibera e l’opposizione sospende l’esecuzione della delibera fino all’esito del
giudizio. Se l’opposizione viene ritenuta fondata dal giudice, la riduzione del capitale sociale non si
può fare. Questo è il modo attraverso cui si conciliano l’interesse dei soci ad appropriarsi di una
parte del patrimonio sociale svincolata dal capitale e l’interesse dei creditori a far sì che su quella
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parte permanga il vincolo costituito dal capitale sociale. Il tribunale può tuttavia ignorare la
richiesta dei creditori se la società conserva una garanzia idonea per soddisfarli.
La riduzione può avvenire attraverso un rimborso ai soci o la liberazione di essi dall’obbligo di
versamenti non ancora avvenuti, riduzione proporzionale del valore nominale di tutte le azioni o
annullamento di un certo numero di azioni con rimborso del loro valore nominale. Se le azioni
vengono annullate rimborsando il loro valore nominale, agli azionisti rimborsati vengono rilasciati
speciali titoli chiamati azioni di godimento, dato che il reale valore delle azioni può essere superiore
a quello nominale.
Diversa è la disciplina prevista per la riduzione del capitale sociale per perdite.
Il patrimonio netto della società può ridursi, per effetto di perdite, al di sotto del capitale sociale
nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite, quindi, ha lo scopo di rispristinare la cifra
del capitale sociale nominale coerentemente all’attuale minor valore del capitale reale. È quindi
una riduzione nominale perché non comporta la riduzione del patrimonio sociale.
La riduzione per perdite è facoltativa se la perdita non è superiore a un terzo del capitale sociale,
ciò significa che la perdita non ha eroso tutte le riserve. È quindi necessario che la perdita abbia
consumato tutte le riserve: infatti non si ha perdita del capitale fin quando l’importo delle perdite
non supera l’ammontare delle riserve. La riduzione del capitale sociale diventa invece obbligatoria
quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in seguito a perdite. Vengono adottate misure
diverse a seconda che il capitale sia o meno ridotto al di sotto del minimo legale. Se il minimo
legale non è stato intaccato, gli amministratori devono convocare l’assemblea straordinaria e
sottoporle una situazione patrimoniale aggiornata della società. L’assemblea non è tenuta a
decidere l’immediata riduzione del capitale, ma, se entro l’esercizio successivo la perdita non
risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria deve ridurre il capitale in proporzione
delle perdite. Se il capitale scende al di sotto del minimo legale, l’assemblea convocata deve
necessariamente deliberare o la riduzione del capitale sociale ed il contemporaneo aumento ad
una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società.
In caso di perdita, nelle società di capitali i soci non sono tenuti a sostenere finanziariamente la
società ma oltre al conferimento, che prevede l’ottenimento di azioni da parte dell’azionista, questo
può realizzare un finanziamento o un versamento a fondo perduto a beneficio della società.
Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina l’immediata estinzione della società: si deve
prima provvedere al pagamento dei creditori sociale ed alla ripartizione fra i soci dell’eventuale
residuo attivo. Quindi la liquidazione della società comporta la vendita dei beni sociali in funzione
della loro monetizzazione. Gli amministratori restano in carica fino alla nomina di liquidatori ma
devono convocare l’assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione, essi conservano il
potere della gestione della società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del
patrimonio sociale. La società in ogni momento può revocare lo stato di liquidazione e tornare ad
una fase di normale esercizio con delibera dell’assemblea straordinaria e in questo caso è
riconosciuto il diritto di recesso ai soci. Anche i creditori sociali sono tutelati in quanto la revoca ha
effetto solo dopo 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese, termine entro il quale i creditori
sociali precedenti possono proporre opposizione.
Le cause di scioglimento delle società di persone sono molteplici: il decorso del termine
fissato nell’atto costitutivo; il conseguimento dell’oggetto sociale o l’impossibilità sopravvenuta di
conseguirlo; la volontà di tutti i soci; il venir meno della pluralità dei soci se nel termine di sei mesi
non è ricostruita e altre cause previste dal contratto sociale. Laddove si verificasse una di queste
cause, la società entrerebbe immediatamente in uno stato di liquidazione volto al soddisfacimento
dei creditori socialie e alla distribuzione del residuo attivo fra i soci.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Il procedimento di liquidazione inizia con la nomina di uno o più liquidatori, che richiede il consenso
di tutti i soci se nell’atto costitutivo non è previsto diversamente. Con l’accettazione della nomina i
liquidatori prendono il posto degli amministratori, che devono consegnare ai liquidatori i beni e i
documenti sociali e presentare loro il conto della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo
rendiconto. Gli amministratori e i liquidatori redigono poi insieme l’inventario, dal quale risulta lo
stato attivo e passivo del patrimonio sociale.
Entrano in funzione i liquidatori che hanno il compito di definire i rapporti collegati all’attività
sociale: conversione in denaro dei beni, pagamento dei creditori, ripartizione del residuo attivo tra i
soci. I liquidatori possono quindi compiere tutti gli atti necessari per la liquidazione e hanno anche la
rappresentanza legale della società. Per procedere al pagamento dei creditori sociali, i liquidatori
possono chiedere ai soci versamenti ancora dovuti.
I liquidatori non possono compiere nuove operazioni che non riguardano l’attività di liquidazione e
non possono ripartire fra i soci i beni sociali finché i creditori non sono stati pagati.
Nella società in nome collettivo regolare, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di
liquidazione ed il piano di riparto, ovvero una proposta di divisione tra i soci dell’attivo residuo. Con
l’approvazione del bilancio, i liquidatori sono liberati di fronte ai soci e il procedimento di
liquidazione termina.
Nella società in nome collettivo irregolare la chiusura della liquidazione determina l’estinzione della
società, purché siano stati soddisfatti tutti i creditori sociali. In mancanza, la società è da considerare
ancora esistente.
Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione della società in nome collettivo regolata e la
società semplice, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle
imprese. Con la cancellazione dal registro delle imprese la società si estingue, anche se non tutti i
creditori sociali sono stati soddisfatti. I creditori non soddisfatti possono agire nei confronti dei soci,
che sono illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali insoddisfatte.
Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso o esclusione. Il venir
meno dei soci non comporta lo scioglimento della società, ma la necessità di definire i
rapporti patrimoniali fra i soci rimasti e il socio uscente o gli eredi di questo attraverso la
liquidazione. Il venir meno della pluralità dei soci determina lo scioglimento della società
solo se la pluralità non è ricostituita nel termine di sei mesi.
SRL – CAP 23
La società a responsabilità limitata è una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali
risponde solo la società con il proprio patrimonio e le partecipazioni dei soci non possono essere
rappresentate da azioni.
Il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione della società è 10.000 euro, ma in sede di
costituzione può essere determinato in misura inferiore purché pari ad almeno un euro (in
questo caso i conferimenti devono essere versati per intero ed in denaro al momento della
costituzione). La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di s.r.l. La S.r.l. è il primo
tipo di società di capitali per il quale fu introdotta la possibilità di costituzione da parte di un
singolo socio, con il mantenimento della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali.
Possono essere conferiti al momento della costituzione della società tutti gli elementi dell’attivo
soggetti a valutazione economica (denaro, beni in natura, beni mobili, beni immobili, beni
materiali o immateriali ma anche prestazioni di attività lavorativa manuale o intellettuale). Il
versamento del 25% dei conferimenti in denaro e dell’interno sovrapprezzo si effettua
direttamente agli amministratori, anziché in banca. La s.r.l puà emettere titoli di debito che
possono essere sottoscritti solo da investitori professionali.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
Il capitale sociale è diviso secondo un criterio personale, in base al numero di soci: il numero iniziale
delle quote corrisponde al numero dei soci che partecipano alla costituzione della società e ciascun
socio diventa titolare di un’unica quota di partecipazione. Le azioni sono tutte di eguale valore, le
quote sono di diverso ammontare se è diverso l’ammontare del capitale sottoscritto da ciascun
socio. I diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da loro posseduta.
Inoltre, le quote, a differenza delle azioni, non possono essere rappresentate da titoli di credito. Il
carattere personale della quota è accentuato dal fatto che l’atto costitutivo può prevedere ildivieto
di trasferimento delle quote.
Per quanto riguarda il recesso la s.r.l dispone di grande autonomia, infatti è l’atto costitutivo a
specificare quando il socio può recedere e le modalità. Se la società è a tempo indeterminato
ogni socio può recedere con preavviso di almeno 180 giorni. Inoltre, il recesso è riconosciuto
dalla legge in modo inderogabile per i soci che non hanno acconsentito al cambiamento
dell’oggetto sociale o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, al trasferimento della sede
all’estero, alla revoca dello stato di liquidazione, all’eliminazione di una o più cause di recesso
previste dallo statuto, al compimento di operazioni che comportano la modifica dell’oggetto
sociale e dei diritti attribuiti al singolo socio e al socio contrario all’aumento di capitale sociale con
esclusione del diritto di opzione. Il socio che recede ha diritto al rimborso della partecipazione in
proporzione al patrimonio sociale entro 180 giorni dalla comunicazione del recesso. La quota del
socio recedente deve essere offerta agli altri soci o in alternativa a un terzo esterno alla società.
L’atto costitutivo prevede poi specifiche cause di esclusione del socio per giusta causa
analogamente alla società di persone.
I trasferimenti di quote fra vivi devono risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata
da un notaio il quale deve depositare entro 30 giorni l’atto di trasferimento per la sua iscrizione nel
registro delle imprese. Alla S.r.l. è vietato l’acquisto di proprie quote, né la società può accettare in
garanzia proprie quote. Il socio anche in caso di fallimento personale ha la possibilità di espropriare
la quota del socio a un creditore ma qualora non fosse trasferibile e entro dieci giorni la società
trovasse un altro acquirente, la vendita è priva di effetto.
I soci hanno il dovere di approvare il bilancio, distribuire gli utili, nominare gli amministratori, i
sindaci, il presidente del collegio sindacale, il revisore dei conti, provvedere alle modifiche
dell’atto costitutivo, decidere se compiere operazioni di modifica all’oggetto sociale o dei diritti
dei soci. Si prevede inoltre che i soci decidano su qualsiasi argomento sia sottoposto alla loro
approvazione dagli amministratori o da tanti soci. Se l’atto costitutivo lo prevede queste decisioni
possono essere prese anche attraverso una consultazione scritta. Le modalità di convocazione
dell’assemblea sono stabilite dall’atto costitutivo, in mancanza di direttive è convocata dagli
amministratori con lettera raccomandata spedita ai soci, almeno otto giorni in anticipo.
In mancanza di direttive statutarie, l’amministrazione è affidata a uno o più soci racchiusi nel
collegio di amministrazione. Il voto dei soci resta proporzionato alla partecipazione, ma le
maggioranze richieste per l’approvazione delle deliberazioni sono più elevate che nella società per
azioni. L’assemblea ordinaria è costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la
metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta, mentre per le modificazioni dell’atto
costitutivo è necessario il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale
sociale. Per quanto riguarda le decisioni che non sono prese in conformità della legge o dell’atto
costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito anche individualmente
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entro 90 giorni dalla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
La redazione del bilancio di esercizio e la distribuzione degli utili non presenta sostanziali differenze
rispetto alla disciplina per le S.p.A. Nelle S.r.l se il capitale sociale è inferiore al limite legale però,
l’obbligo di accantonamento della riserva legale è più accentuale: deve essere dedotto un quinto
degli utili di ciascun esercizio fino al raggiungimento dell’ammontare di diecimila euro. Sono
autonomamente disciplinate le modifiche dell’atto costitutivo: è prevista e disciplinata la delega agli
amministratori per l’aumento del capitale sociale a pagamento.
La disciplina dell’aumento reale del capitale sociale medianti nuovi conferimenti è come quella
prevista per la S.p.A. Tuttavia, l’esclusione del diritto di opzione è possibile solo se prevista dallo
statuto. La riduzione reale e per perdite del capitale sociale e lo scioglimento della società sono
conformi alla disciplina della s.p.a.
PATTI PARASOCIALI
Molto diffusi nella pratica sono i patti parasociali, ovvero contratti che si collocano al di fuori
dell’atto costitutivo e dello statuto stipulati tra due o più soci di una società persone o di capitale e
diretti a regolare i rapporti e gli obblighi che scaturiscono dal contratto sociale. I patti parasociali,
pur collocandosi al di fuori del contratto di società, sono subordinati ad esso in quanto regolano le
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situazioni giuridiche che hanno origine dallo stesso contratto. Infatti, tramite i patti parasociali si
disciplina il modo il cui i soci che li stipulano gestiranno i loro rapporti interni, quelli con gli
amministratori della società e/o i terzi. Si tratta di contratti stipulati da almeno un socio perché
hanno ad oggetto il modo in cui il socio contraente eserciterà i diritti sociali nei confronti della
controparte contrattuale. I patti parasociali sono vincolanti solo per i soci che li firmano, a
differenza delle clausole statutarie che hanno valenza per tutti i soci.
Sono quindi atti di autonomia privata che la legge non può vietare, gli unici limiti che la legge pone
a questi patti sono il perseguimento di un fine antisociale e la violazione di norme inderogabili.
I patti parasociali hanno durata massima di cinque anni, quindi non possono essere a tempo
indeterminato, ma possono essere rinnovati a scadenza sopraggiunta. Ogni soggetto ha il diritto di
recedere dal patto parasociale che ha stipulato con un preavviso di 180 giorni e il recesso dai patti
parasociali si esercita applicando la relativa clausola dei patti medesimi.
La legge non si occupa del problema della trasparenza: il vantaggio di questi patti è che i soci che li
stipulano possono non renderli noti, sia per quanto riguarda la loro esistenza sia per quanto
riguarda il loro contenuto, a soggetti esterni ai patti. Fanno eccezioni le società quotate (dove
hanno durata massima di tre anni) in cui devono essere pubblici, conosciuti, conoscibili e non
occulti: sono sottoposti a pubblicità per garantire una tutela ai soci esclusi dai patti parasociali, ai
terzi, ai titolari di interesse verso la società, in modo che essi siano in grado di conoscere il modo in
cui opera la società.
Come anticipato, il patto parasociale ha effetti obbligatori, cioè è un contratto che rileva
esclusivamente nei rapporti tra le parti che lo hanno sottoscritto. É invece irrilevante per i terzi, per
gli altri soci, per la società; irrilevante significa che la violazione del patto non incide sulla vita
sociale. Quindi, la violazione del patto parasociale porta all’inadempimento del contratto senza
alcuna conseguenza sul piano sociale. Ad esempio, se due soci stipulato un patto parasociale con
cui si impegnano a non trasferire le partecipazioni, ma uno dei due contraenti viola il patto e vende
le azioni ad un altro soggetto questa vendita è comunque valida ed efficace e chi le compra diventa
socio della società. Quindi i patti parasociali riguardano i diritti sociali ma si collocano all’esterno
della vita della società, non la possono condizionare. I più diffusi sono quelli che riguardano: il voto
in assemblea, la scelta degli amministratori e l’attribuzione dei loro poteri, la circolazione delle
quote, la proprietà intellettuale e industriale dei beni immateriali dei soci e il finanziamento iniziale
e i successivi conferimenti da parte dei soci.
Al contrario, se il divieto di trasferimento delle azioni è contenuto nello statuto, si tratta di una
regola organizzativa della società che vincola tutti i soci e rileverà anche nei confronti dei terzi. In
questo caso, se un socio vende al terzo le azioni violando il divieto previsto nello statuto, il terzo
non diventa socio della società perché questo acquisto è contrario a una regola organizzativa della
società. Le norme dello statuto, infatti, hanno efficacia reale e si impongono a tutti i soci e anche ai
terzi quando entrano in contatto con la società. Lo statuto, quindi, può regolare la vita della società
e i diritti sociali in modo diverso da quello previsto dalla legge.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE
L’acquisto da parte della società delle azioni proprie è un’operazione che può dar luogo ad una
riduzione del capitale reale senza l’osservanza della relativa disciplina e attuata senza riduzione del
capitale sociale nominativo. La conseguenza della riduzione del capitale reale senza riduzione del
capitale nominale non si verifica invece quando nell’acquisto vengono impiegate somme
corrispondenti agli utili o ad altre eccedenze di bilancio disponibili. Queste somme possono essere
liberamente distribuite ai soci e quindi possono essere impiegate nella società anche nell’acquisto di
azioni proprie, ma deve rispettare quattro condizioni: le somme impiegate nell’acquisto non possono
eccedere l’ammontare degli utili distribuiti e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio
approvato (limite quantitativo massimo che la società potrà pagare ai soci per acquistare azioni che
ha precedentemente emesso e questo limite è posto per evitare che la società possa svuotare il
proprio patrimonio a favore dei soci); le azioni da acquistare devono essere interamente liberate;
l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea ordinaria; solo nelle società che fanno ricordo al
mercato del capitale sociale di rischio, il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la
quinta parte del capitale sociale, considerando anche le azioni possedute da società controllate. Le
azioni acquistate violando queste condizioni devono messere vendute entro un anno dal loro
acquisto, in mancanza si procede all’annullamento ed alla corrispondente riduzione del capitale
sociale. Sono previsti anche casi speciali dove nessuna limitazione è applicabile quando l’acquisto
avviene in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale sociale, da attuarsi
mediante riscatto ed annullamento delle azioni. È infine disciplinato il regime delle azioni proprie in
possesso della società. I diritti sociali sono sterilizzati, il diritto di voto e gli altri diritti amministrativi
sono sospesi. Inoltre, gli amministratori non possono disporre delle azioni senza l’autorizzazione
dell’assemblea che stabilisce anche la modalità.
Non è ammesso il mutamento del debitore senza il consenso del creditore, quindi l’alienante non si
libera dei debiti senza il consenso dei creditori. Per le aziende commerciali esiste il principio secondo
cui ciascuno risponde solo delle obbligazioni da lui assunte. È infatti previsto che nel trasferimento di
un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda.
Infine, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario, quindi il
trasferimento dell’azienda non rappresenta motivo di licenziamento.
Nelle società di persone i creditori sociali hanno di fronte più patrimoni su cui soddisfarsi: il
patrimonio della società e il patrimonio dei singoli soci illimitatamente responsabili. Ma i creditori
sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter aggredire il
patrimonio personale dei soci. Nelle società di capitali delle obbligazioni risponde solitamente la
società con il suo patrimonio, che è l’unico debitore. I soci non rispondono dei debiti della società e
sono al riparo dal rischio d’impresa. In conclusione, i creditori sono maggiormente tutelati nelle
società di persone.
DISPENSA DIRITTO COMMERCIALE