Soil Nailing Froldi Piergiuseppe

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SOIL NAILING E CONSOLIDAMENTO DEI TERRENI CON ELEMENTI DI RINFORZO - INTRODUZIONE

Piergiuseppe Froldi – Geologo e Ingegnere Civile Geotecnico – MSc Geotechnical Engineering CNAM

Introduzione al soil nailing

Il Soil Nailing (SN, o “cloutage du sol”) è una tecnica con la quale si consolida il terreno per mezzo
dell’introduzione di elementi di rinforzo (autoperforanti, battuti o perforati e cementati) in genere costituiti
da barre metalliche.
La parola “soil” designa il campo di applicazione della tecnica, utilizzabile quindi nei terreni, per distinguerla
dall’analoga tecnica denominata Rock Bolting (RB), applicata al rinforzo di “rock mass”.
Le differenze tra le due tecniche non appaiono concettuali ma solo fisico-meccaniche, a causa delle
differenti caratteristiche fisico-meccaniche tra terreni e rocce.
Analogamente, le differenze dei sistemi di SN e RB dalle tecniche di ancoraggio dipendono preventemente
dalle tecniche operative di applicazione e funzionamento del sistema, non già da una differenza concettuale
profonda, trattandosi sempre di rinforzo di terreni o rocce,
Il SN è applicato nelle opere di ingegneria civile da circa cinquant’anni (in Francia per esempio dal 1972),
prevalentemente per la stabilizzazione di fronti di scavo a cielo aperto e in sotterraneo.
Esso si basa sull’azione resistente a trazione che le barre di rinforzo applicano al terreno consolidato,
pertanto in grado di aumentarne le carattristiche di resistenza e deformabilità e contribuendo quindi a
aumentare i corrispondenti livelli di sicurezza nei confronti degli stati limite di esercizio e di collasso.
In qualche caso si considera il SN come l’estensione del metodo New Austrian Tunnelling Method per la
stabilizzazione degli scavi o dei pendii naturali; in tal caso si considera SN un intervento in cui gli elementi di
rinforzo, eslusivamente passivi, ovvero non pretensionati, sono strettamente spaziati e caratterizzati, per lo
più, dall’assenza di tratti liberi non cementati lungo il loro sviluppo.
Per la comprensione della modalià di installazione e di funzionamento di ancoraggi e sistemi di SN e RB, si
rammenta che in funzione dello stato di pretensione impressa all’elemento di rinforzo, i sistemi si possono
distinguere in:
Attivi = la pretensione iniziale è diversa da 0 e in genere piuttosto consistente
Passivi = la pretensione iniziale è uguale a 0 e lo stato di coazione sulla superficie di rottura si instaura solo
a seguito dello spostamento relativo tra le due facce della stessa, in funzione della sua dilatanza.
Nel caso della stabilizzazione dei fronti di scavo, in uno dei principali riferimenti normativi in uso (FHWA,
2015), viene llustrato un tipico esempio di chiodatura passiva di un fronte di scavo (figura sottostante) con
le sue parti costitutive.

Fig. 1 – Illustrazione di un tipico esempio di Soil Nailing (FHWA, 2015)


In generale i terreni nei quali si può applicare la tecnica SN sono (Gasser & Gudehus, 1980):
 terreni granulari con debole coesione (per esempio per risalita capillare)
 argille compatte
 rocce tenere.
Le modalità operative di realizzazioni di un sistema SN per il sostegno di un fronte di scavo sono le seguenti:
a) scavo di un primo fronte (chiodatura + scavo progressivi)
b) installazione dei chiodi (chiodatura)
c) costruzione o installazione del sistema di facing (rivestimento della superficie di scavo con spritz
beton, detto anche shotcrete, gunite o betoncino proiettato).

Fig. 2 – fasi di realizzazione di una parete chiodata SN (Froldi, 2022)

I casi studio a grandezza naturale

Numerosi sono in bibliografia i casi studio a reale grandezza su pareti chiodate con la tecnica del SN.
Si riportano per sintesi alcuni di questi e relativi risultati di carattere generale.
Gassler & Gudehus (1980) riportano di varie sperimentazioni (n° 8 test) in campo (terreni sabbiosi con  =
35° e coesione = 3 kN/mq) dalle quali si possono ricavare le seguenti osservazioni generali,
specificatamente per il caso di una parete di altezza H = 6 m chiodata con barre di acciaio di lunghezza di
circa 8 m, rivestita con shotcrete spessore 1015 cm:
1) gli spostamenti orizzontali sono in sommità allo scavo dell’ordine di 15 mm, ovvero dello 0,3%; le
rotazioni del fonte sono dell’ordine del 0,20,3% di H
2) la riduzione misurata della spinta attiva sul fronte (dietro lo shotcrete) indica un valore di circa 3040%
di quella attiva attesa secondo la teoria di Rankine
3) i meccanismi di rottura osservati sono con superficie piana singola (singolo cuneo) e composta (doppio
cuneo).

Il progetto ministeriale francese CLOUTERRE (Schlosser & Unterreiner, 1986), sviluppato nel 1986,
conclude con importanti osservazioni desunte da nove pareti chiodate strumentate, tra le quali si citano:
1) gli spostamenti orizzontali della sommità della parete chiodata verso l’esterno (h) restano nel
range 0,10,3% H (altezza di scavo) (vedere la figura sottostante)
2) gli spostamenti orizzontali della sommità della parete chiodata verso l’interno al limite della
chiodatura (h ) restano nel range 0,040,05% H (vedere la figura sottostante)
Fig. 3 – Spostamenti da sperimentazioni CLOUTERRE (Froldi, 2022, rielaborato da Schlosser & Unterreiner,
1986)

1) durante lo scavo i chiodi sono sollecitati essenzialmente a trazione causata dalla decompressione
laterale del fronte di scavo
2) la reazione alla trazione è fornita dalla resistenza di interfaccia della barra, denominata resistenza
per attrito, la quale dipende dal terreno, dalla barra e dall’interazione terreno-barra
3) detta reazione si incrementa con il procedere dello scavo fino alla configurazione finale
4) la massima tensione nelle barre si evidenzia ad una certa distanza dalla superficie esterna (facing) e
il luogo dei punti in cui la tensione T è massima divide la massa in due parti; la zona attiva
(potenzialmente instabile), dietro al facing, e la zona passiva (stabile); tra le due zone la barra è
sottoposta sia a trazione che a taglio (vedi figura successiva), quest’ultima sollecitazione generata
nella fase di rottura della superficie (con evidente creazione di una zona di taglio e distorsione)
5) il rapporto tra le forze di taglio (Tc, contributo a taglio della barra) rispetto a quelle di trazione (Tn)
nella barra, dipende dall’inclinazione relativa della stessa rispetto al piano di taglio; per valori di
tale inclinazione compresi tra 70 e 90°, il rapporto Tc/Tn può raggiungere il 15%
Fig. 4 – Zone attiva e passiva da sperimentazioni CLOUTERRE (Froldi, 2022, rielaborato da Schlosser &
Unterreiner, 1986)

Juran (1987) esamina il caso di numerosi casi sperimentali a vera grandezza, ricavando le seguenti
osservazioni principali:
1) spostamenti orizzontali come da immagine al seguito, compresi tra 0,05% e 0,3% di H (altezza di
scavo) per terreni sabbiosi, sabbioso-limosi fino a sabbioso-argillosi
2) l’effetto di consolidamento del terreno dipende anche dall’inclinazione delle barre; per inclinazioni
delle barre sull’orizzontale comprese tra 10° e 20° (pratica comune) tale effetto dovuto alla
variazione di inclinazione è insignificante
3) i meccanismi di rottura osservati sono quasi sempre con superficie piana o leggermente curva.

L’effetto di consolidamento

La tecnica (vedi schema applicativo nella Figura 1) consiste nella chiodatura del terreno con elementi
passivi (non pretesati o scarsamente pretesati), generalmente metallici o in vetroresina, rivestiti di
iniezione in boiacca cementizia, resistenti a taglio e trazione, realizzati per le seguenti principali
applicazioni:
 stabilizzazione di fronti di scavo per la realizzazione di opere edili o infrastrutturali
 chiodature del fronte di scavo in gallerie a foro cieco
 chiodature al contorno della cavità nello scavo di gallerie a foro cieco.
Le chiodature così realizzate nella massa di terreno da rinforzare, saranno soggette (vedi schema nella
Figura 5), durante le sollecitazioni indotte dalla formazione di superfici di scorrimento, ad azioni di taglio
puro (Tc), di trazione (Tn) e di momento flettente (M) lungo la sezione resistente sollecitata dalla superficie
di incipiente rottura, quelle di trazione si trasferiranno lungo lo sviluppo della barra nella zona stabile,
generando tensioni di taglio all’interfaccia fondazione-terreno.

Figura 5 – Schema delle sollecitazioni nella sezione resistente del chiodo (Froldi, 2022, rielaborato da
documentazione Ischebeck)

Il comportamento di interazione terreno-barra illustrato schematicamente nella Figura 5 è molto


complesso; pertanto tradizionalmente l’effetto di rinforzo dell’elemento consolidante è espresso con le
seguenti due componenti elementari della forza di trazione che in esso si sviluppa:
1) Componente normale alla superficie di rottura, in grado di incrementare la resistenza ad attrito
della superficie stessa
2) Componente parallela alla superficie di rottura, in grado di incrementare la coesione (fittizia) della
superficie stessa.
Un terzo contributo aggiuntivo è esprimibile con la resistenza a taglio puro o a taglio-trazione dell’elemento
di rinforzo, definito come “effetto bietta” o “dowel effect”; tale contributo è comunque di difficile
previsione teorica e in genere si trascura a vantaggio di cautela.
Per quanto detto, si definiscono pertanto le seguenti quantità:
 = angolo tra piano di rottura e barra
Tb = contributo resistente della barra (a snervamento della barra)
Nb = forza assiale massima (a snervamento) della barra
(Tb)t /Nb= efficienza teorica a resistenza a taglio della barra
(Tb)s /Nb= efficienza sperimentale a resistenza a taglio della barra
NB = entrambi i valori rappresentano il solo contributo aggiuntivo dell’elemento di rinforzo, sono quindi
espressi al netto dei valori di N preesistente sulla superficie e della coesione della stessa.
Contributo teorico della barra = (Tb)t = Nb cos + Nb sen  tan 
Contributo teorico della barra normalizzato = (Tb)t/Nb = cos + sen  tan 
Contributo sperimentale della barra normalizzato = (Tb)s/Nb = ricavabile da dati sperimentali
Rapporto tra contributo SPERIMENTALE e TEORICO (normalizzati) = = (Tb)s / (Tb)t = R

I valori di Contributo teorico della barra sono quelli generalmente implementati nei software di calcolo
commerciali; una meta-analisi sviluppata dallo scrivente su almeno 47 sperimentazioni di laboratorio,
conduce a valori di Rapporto tra contributo SPERIMENTALE e TEORICO (normalizzati) = R in funzione
dell’inclinazione della barra rispetto al piano di rottura, di poco differenti dall’unità, come espresso dal
seguente diagramma (ricavato da almeno 36 prove):

Figura 6 – Diagramma del rapporto teorico R in funzione dell’inclinazione della barra rispetto al piano di
rottura per tutte le sperimentazioni analizzate (Froldi, 2022)

In realtà detto rapporto R risulta molto variabile in funzione di numerosi parametri, tra i quali i principali
sono i seguenti:
a) La resistenza a compressione monoassiale del terreno in cui è inserito l’elemento di rinforzo
b) La resistenza a compressione monoassiale del materiale di iniezione in cui è cementato l’elemento
di rinforzo
c) La resistenza e la dilatanza della superficie di rottura
d) Il conseguente “dowel effect” che nasce dall’interazione terreno-elemento di rinforzo.
Per tale motivo è necessario valutare di volta in volta le caratteristiche del sistema terreno-elemento di
rinforzo e del complesso meccanismo di interazione che si sviluppa.
A scopo esemplificativo si evidenzia, con il successivo grafico, una sperimentazione che ha condotto a
risultati decisamente minori rispetto a quelli teorici:

Figura 6 – Diagramma del rapporto teorico R in funzione dell’inclinazione della barra rispetto al piano di
rottura per una sperimentazione di laboratorio (Froldi, 2022)

Dal punto di vista teorico il Contributo teorico della barra normalizzato = (Tb)t/Nb = cos + sen  tan
varia, a parità di angolo di attrito sulla superficie di rottura, con il variare dell’angolo ; da una semplice
analisi numerica (a conforto dei risultati analitici basati sullo studio della funzione differenziale
d[(Tb)t/Nb]/d) si vede che tale contributo raggiunge il valore massimo in corrispondenza dell’identità di
valori seguente (vedi esempio di Figura 7 costruito con ):


Figura 7 – Variazione del contributo teorico dell’lemento di rinforzo con la variazione di  (Froldi, 2022)

Nelle sperimentazioni di laboratorio e in scala reale non si rileva tale andamento, anche a causa di
valutazioni con valori di spesso al di fuori del campo di (dovuti al campo di applicazione della tecnica
SN).
La chiodatura nelle rocce (RB) sviluppa un comportamento concettualmente simile, con un maggiore
contributo offerto dalla resistenza al taglio dell’elemento di rinforzo, grazie alla maggiore resistenza per
“effetto bietta” fornita dalla roccia durante il fenomeno di scorrimento lungo la superficie di taglio (“dowel
effect”, vedi Lunardi et Alii, 1994).
Deve farsi notare che tale contributo è possibile solo in presenza si un effettivo incremento di coazione
sulla superficie di rottura in analisi, fatto che si verifica con diverse modalità in rapporto allo stato di
pretensione della barra di armatura e dello stato di dislocazione sulla superficie, ovvero in funzione della
tipologia del sistema, attiva o passiva.
Nel caso di sistemi attivi il contributo sarà presente fin da prima della dislocazione di taglio, mentre nel caso
dei passivi si innescherà con l’inizio degli spostamenti relativi tra le due facce sulla superficie.

La progettazione secondo le NTC 2018 e gli EC

Dal punto di vista progettuale, un fronte di scavo chiodato in terreno o in roccia è soggetto alle verifiche
agli SLU come una qualsiasi opera geotecnica; la normativa americana individua gli SLU da verificare
suddividendoli come esterni, interni e frontali:
a) SLU esterni: sono sostanzialmente SLU GEO per instabilità per scorrimento lungo superfici
coinvolgenti solo una limitata parte della chiodatura e instabilità globali;
b) SLU interni: sono sostanzialmente SLU GEO e STR per sfilamento dei chiodi, sfilamento della barra
dall’iniezione, rottura per trazione, taglio o momento flettente dell’elemento di rinforzo;
c) SLU frontali (o di “facing”): sono sostanzialmente SLU STR competenti il superamento della
resistenza limite del fronte, generalmente rivestito di betoncino proiettato (gunite o spritz-beton).

La verifica di stabilità di un fronte di scavo chiodato può essere anche ricondotta a quella in uso per fronti di
scavo naturali, con l’aggiunta dell’azione degli elementi resistenti (vedi Figura 8, metodo di stabilità globale
con il metodo del meccanismo di rottura a cuneo).

Figura 8 – Analisi di stabilità globale con il metodo dei cunei (da FHWA)

Si rammenta che la formulazione del coefficiente di sicurezza (FS = Fattore di Sicurezza) differisce in
funzione dello stato di pretensione degli elementi di rinforzo, siano essi attivi o passivi (pretensione nulla).
È stato verificato sperimentalmente che le superfici di rottura generalmente ipotizzabili sono del tipo:
1) Rettilinee
2) Circolari
3) Logaritmiche
È stato evidenziato sperimentalmente che, salvo casi particolari, la superficie di rottura rettilinea
approssima molto bene quella che si verifica nei fonti di scavo chiodati, oltre a essere più semplice da
implementare e esaminare analiticamente (Sheahan & Ho, 2003).

Un programma di calcolo specifico

Per l’analisi dei fronti di scavo e dei pendii naturali consolidati con elementi di rinforzo (comprese le terre
armate), lo scrivente ha messo a punto un sofisticato software (vedi le due schermate tipiche al seguito) di
analisi e progettazione basato sui criteri sinteticamente illustrati.
Le sue caratteristiche essenziali sono:
1) Verifica interna di cunei con superfici di rottura planari, allo stato naturale e consolidato, in
condizioni statiche e sismiche e calcolo del valore di FS differenziato per elementi di rinforzo attivi e
passivi
2) Sistema di cattura e correzione degli errori d’impostazione dello schema di consolidamento
3) Inserimento di carichi sommitali concentrati e distribuiti
4) Inserimento di serie di chiodi e tiranti (attivi e passivi)
5) Inserimento delle componenti sismiche pseudostatiche orizzontale e verticale
6) Inserimento del grado di saturazione della superficie di rottura potenziale
7) Inserimento del coefficiente di riduzione per effetto dowel (valore di R diverso dall’unità)
8) Modalità di esplorazione attiva delle superfici critiche
9) Calcolo delle lunghezze di ancoraggio operanti
10) Calcolo delle spinte idrostatiche sulla superficie di rottura secondo diversi modelli di saturazione
11) Calcolo dei principali parametri operativi
12) Calcolo della spinta attiva residua sul fronte
13) Grafico dello schema e dei risultati
14) Ecc.

Figura 9 – Schermata di inserimento dati del software SOIL NAILING


Figura 10 – Schermata di analisi e risultati del software SOIL NAILING

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

1) Gasser, G. & Gudehus, G. (1980): Soil nalilig – Some Aspect of a New Technique.
2) Schlosser, F. & Unterreiner, P. (1986): Soil Nailing in France: Research and Practice. Transportation
Research Record 1330.
3) Juran, I. (1987): Nailed-Soil Retining Structures: Design & Practice. Transportation Research Record
1119.
4) Lunardi, P. Froldi, P. & Fornari, E. (1994): Rock Mechanics Investigations for Rock Slope Stability
Assesment. Int. J. Rock Mech. Min. Sci. & Geomech. Vol. 31, n° 4. Elsevier.
5) Sheahan, T.C. & Ho, C.L. (2003): Simplified Trial Wedge Method for Soil Nailed Wall Analysis. J.
Geotech. Geoenviron. Eng. 129(2): 117-124.
6) U.S. Department of Transportation (2015): Soil Nail Walls Reference Manual. Publication No.
FHWA-NHI-14-007 Federal Highway Administration.

Dati delle sperimentazioni tratti da:


a) Le renforcement des massifs rocheux par armatures passives (1979) - Groupe Francais
b) The Shear Strength of Reinforced Rock Joints (1995) - Ferrero, A.M.
c) Analytical Model for the Mechanical Behaviour of Bolted Rock Joints Subjected to Shearing (1996) -
Pellet & Egger
d) Double shear testing of bolts (2003) - Aziz & Alii
e) Essai de cisaillement sur discontinuités rocheuses arméEs par ancrages passifs (2006) - Bidaut & Alii

BIBLIOGRAFIA DELL’AUTORE
 Froldi Piergiuseppe (2020): Progettazione delle opere geotecniche secondo le NTC 2018 e gli
Eurocodici – Maggioli Editore. Santarcangelo di Romagna (RN).

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