Le Competenze Del Catechista
Le Competenze Del Catechista
Le Competenze Del Catechista
Terzo incontro
ATTIVITA’ INTRODUTTIVA
Immaginando un’analogia tra “catechesi” e “la pizza”, individuare gli ingredienti per realizzare
una buona “pizza-catechesi”…
Ecco i risultati:
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APPROFONDIMENTO
La relazione riprende ed esplicita alcuni numeri della Nota dell’Ufficio Catechistico Nazionale
(2006), “La Formazione dei catechisti nella comunità cristiana”:
25. L'iniziazione cristiana pensata come opera della comunità suppone l'accompagnamento del
catechista. Oltre alla sua funzione all'interno del percorso, il catechista è molto spesso il testimone
del cammino dei ragazzi. È lui che li incita al lavoro di approfondimento e offre indicazioni
formative perché i progressi e le difficoltà possano essere identificate, dalla stesse persone in
cammino.
L’iniziazione insiste più sulla proposta che sulle conclusioni. Tra le competenze e abilità che
deve acquistare il catechista, vanno sottolineate quelle che più direttamente sono legate al
processo dell' Iniziazione Cristiana: la competenza relazionale; la capacità di annuncio e di
narrazione; la capacità di educare a leggere i segni di Dio, la capacità di introdurre nella vita
della comunità.
Da qui emerge un’attenzione grande: non è più possibile pensare a un catechista ripetitore,
ma occorre riferirsi ad una persona con più competenze, e forse è meglio dire a più catechisti con
diverse competenze per rispondere alle tante sfide dell’oggi.
La competenza relazionale
26. Prima di essere qualcuno/a che comunica contenuti di fede, il catechista dell'IC deve essere
una persona capace di creare relazioni positive e profonde. Deve essere convinto che, nel lavoro di
iniziazione, le relazioni sono decisive anche per l’accoglienza dei contenuti trasmessi.
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Il compito dell’evangelizzazione consiste nel contare sui dinamismi culturali attuali e nel
mettersi a servizio dei contenuti della fede.
La proposta catechistica va vissuta come spazio dell’incontro, è per questo che il catechista:
mantiene con i ragazzi e le famiglie un rapporto che, pur asimmetrico (egli è sempre un adulto
educatore), sa generare reciprocità educativa dovuta al suo essere adulto non solo per età ma
per maturità;
crea rapporti liberi e non di dipendenza con i propri destinatari e la catechesi si situa vicina alla
vita dei fanciulli/ragazzi, offrendo loro la possibilità di camminare nella fede, di imparare a
viverla, a condividerla e a celebrarla con la grande comunità dei credenti;
vive i rapporti in modo sempre nuovo e non chiude mai la possibilità di altre esperienze,
evitando sentimenti di estraneità e alienazione;
fa spazio alle molteplici risorse di tutti i membri della comunità, specialmente nel dialogo con i
genitori e gli adulti significativi per i fanciulli/ragazzi;
sa lavorare in équipe, senza predominare e coinvolge gli adulti nella pastorale catechistica dei
fanciulli e dei ragazzi.
L’esigenza relazionale nasce prima di tutto da motivi pedagogici: la necessità di una relazione
che richiede diversificazione e rapporti personali. Chi educa nel campo della fede non può
dimenticare che la sintonia di un gruppo di adulti è la prima testimonianza di Chiesa per la
promozione della fede.
27. Nell'ambito formativo si possono prevedere incontri e riflessioni che si concentrino attorno a
questi nuclei:
l'ascolto di sé per vivere relazioni di libertà che aiutano ad assumere uno stile di
comunicazione capace di riflettere autenticamente la propria personalità;
la relazione educativa, per saper collegare, comunicare e verificare insieme, sviluppando
l’interazione tra teorico e pratico, tra il maschile e il femminile;
la relazione tra educatori dentro una progettualità comune che si fa capace di raccogliere i
bisogni, coinvolgere i fanciulli/ragazzi, operare una progettazione adeguata;
la capacità di gestire e vivere relazioni con adulti in un rapporto nuovo, dove ognuno dà e
ognuno riceve, senza che nessuno faccia i passi al posto dell’altro, sostituendosi alla sua
libertà;
il passaggio continuo e progressivo da una pedagogia centrata sull’insegnamento, a una
pedagogia imperniata sul soggetto che apprende.
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I catechisti all'altezza del loro ministero sanno raccontare le meraviglie di Dio che si
inseriscono nella storia dell'umanità e in quella personale, intrecciano la storia di Gesù, con la vita
della Chiesa, la loro storia con la storia di coloro cui la narrazione è offerta.
Raccontare è fare l’esperienza di essere convocati all’espressione di una parte della propria
esistenza con la mediazione del racconto. In tal senso il catechista non racconta più una semplice
storia, ma piuttosto l’intima storia della propria vita.
29. Ogni racconto significativo deve partire dall'interiorità, una interiorità che per non essere
superficiale ha bisogno di preparazione, in modo da:
fare proprio il messaggio, approfondirlo, rifletterlo e rianimarlo dall'interno;
scoprire cosa dice a me, su quali realtà mi orienta ed appassiona;
domandarsi che cosa dire e come dire e qual è il centro di quello che si vuole comunicare
coinvolgere in modo esplicito gli interlocutori nell'esperienza narrata;
abbandonare i linguaggi astratti e utilizzare quelli più simbolici ed evocativi;
sentirsi in sintonia con le inquietudini e le sofferenze dell'uomo di oggi per arrivare al suo
cuore.
30. Il catechista impara a leggere e ad annunciare la Parola con la vita, e per questo si possono
prevedere incontri formativi con questi contenuti e approfondimenti:
i nuclei essenziali della storia della salvezza, illuminati dall’azione di Gesù che nel dono della
vita rivela il vero progetto del Padre;
la centralità del mistero pasquale come via tracciata da Gesù di Nazareth che conduce le
persone alla vita piena ed eterna;
esperienze di "narrazione" a partire dall'impatto che il brano biblico ha avuto nella propria vita,
per rendere accessibile a tutti ciò che è stato offerto “a testimoni da lui prescelti”;
esperienze di lettura di brani biblici per abilitare a cogliere il centro del messaggio e a
comunicarlo;
esercizi per imparare a narrare, attivando un coinvolgimento esistenziale, e sollecitando una
reazione personale nel catechizzando;
la modulazione dei diversi linguaggi comunicativi capaci di esprimere realmente la fedeltà a
Dio e all’uomo, che va oltre lo scontato e sviluppa un’azione interattiva.
31. Nel rispetto del cammino educativo e per favorire una iniziazione armonica, il catechista educa
a leggere i segni. Tutto il percorso umano ha un senso ben definito, quello di far sì che l'uomo sia
attento a cogliere ciò che Dio, il Padre, sta operando nella sua esistenza per entrare in comunione
con lui.
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L’azione del catechista dell’iniziazione cristiana si può legare attorno a tre ambiti:
attenzione all’essenziale, proposta di una grammatica delle fede cristiana e correlazione della fede
con la vita. Una lettura attenta della realtà e dei segni chiede al catechista di:
cogliere la dimensione di novità dei soggetti per aprirsi all’avvenimento del nuovo che ogni vita
riserva;
amare il mondo e guardarlo come lo guarda Dio;
stare nel creato come a casa propria, facendo attenzione alle piccole cose, rispettando
l'ambiente;
accettare il limite e l'imprevedibile;
attuare per sé e per coloro per i quali è educatore un'intensa capacità di contemplazione;
conoscere il linguaggio del simbolo, della metafora, dei segni creaturali e liturgici per aiutare a
interpretarli.
32. Alcuni nuclei di approfondimento, in chiave di formazione, potrebbero essere per questo
ambito i seguenti:
- il riferimento alla Parola come dimensione che aiuta a superare la soggettività delle
interpretazioni dei segni della vita e del mondo;
- i segni del creato che rinviano alla presenza di Dio, e mettono il catechista nella condizione di
vivere questa realtà terrena e celeste, concreta e “spirituale” con tutta la realtà e ogni forma di
vita;
- l'educazione alla contemplazione, allo stupore per vedere in pienezza la realtà grazie ad uno
sguardo profondo che rivela le cose dalle radici;
- i segni liturgici e i segni sacramentali dell' Iniziazione Cristiana: il linguaggio del simbolo, del
rito, della celebrazione vengono rivisitati per cogliere la forza evocatrice e di cambiamento che
posseggono.
33. In tante proposte catechistiche si parla di “comunità cristiana” senza specificare come e dove
questa si realizzi. Pur nella convinzione che le forme di realizzazione di essa possono essere
molteplici, stante la nostra tradizione, si ritiene che la figura di comunità da privilegiare sia la
parrocchia. In essa infatti si integrano le diverse esperienze umane e l’adesione a essa non richiede
altro se non la fede comune, quella
accessibile a tutti.
Non si vuole negare che la parrocchia possa articolarsi in comunità più piccole o lasciare
spazio ad aggregazioni ecclesiali. La condizione fondamentale è però che tale articolazione non
comporti la perdita di un cammino condiviso per la celebrazione dei sacramenti e per la
maturazione della fede.
Tutto questo vuol dire che il catechista dell’iniziazione cristiana mette in conto che:
- la riscoperta della presenza e del ruolo della comunità cristiana, e in essa della famiglia non
esime da una effettiva attenzione agli altri luoghi e contesti in cui i ragazzi si trovano a vivere
l’esperienza educativa;
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- il cammino di iniziazione chiede un tipo di preparazione specifica nei laici e nello stesso clero a
svolgere un compito capillare e prolungato di accostamento alle famiglie, pur nella diversità
delle situazioni;
- il compito e il ministero complessivo della comunità cristiana attraverso i suoi membri non è
solo “celebrativo”, ma “formativo”;
34. Per iniziare correttamente alla vita comunitaria è importante promuovere alcune attitudini che
dispongono i catechisti ad incontrare correttamente i ragazzi.
- l’evangelizzazione richiede di vivere l’accoglienza dei ragazzi e delle loro famiglie valorizzando
l’ospitalità;
- l’esperienza della comunità cristiana fa’ riconoscere la presenza del Risorto in modi
sorprendenti.
- l’iniziazione, mentre trasmette tradizioni e saperi, accoglie e avvia ad un modo nuovo di vivere
il Vangelo oggi.
35. Pensare alla figura del catechista dell’iniziazione cristiana vuol dire tenere conto della
specificità dell’educazione all’atto di fede. Ma significa anche prendere atto del servizio prezioso
che tante persone svolgono perché la parola di Gesù possa continuare ad essere per i fanciulli
fonte di vita e di gioia.
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FILIPPO E L’EUNUCO
Atti 8,26-39
Cerca di «agganciare» il
funzionario di corte,
riferendosi a ciò che lo
stava interessando…
Accetta l’invito a
«salire sul carro»…
Spiega le Scritture,
annunziando la buona
novella di Gesù…
Offre un «segno»
(battesimo) e apre
alla vita nuova…
Capacità di Capacità di Capacità di
Competenza annuncio introdurre
educare a
e leggere i
relazionale alla
narrazione segni di Dio comunità
cristiana
Rileggiamo e presentiamo At 8
secondo tipologie di destinatari diversi