Cristo e Asclepio

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Nuova Biblioteca di Scienze Religiose


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CRiSto e ASClepio
Culti terapeutici e taumaturgici
nel mondo mediterraneo antico fra pagani e cristiani

Atti del Convegno internazionale


Accademia di Studi Mediterranei, Agrigento 20-21 novembre 2006

a cura di
enrico dAl Covolo e Giulia SfAMeNi GASpARRo

lAS - RoMA

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© 2008 by lAS - libreria Ateneo Salesiano


piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 RoMA
tel. 06 87290626 - fax 06 87290629 - e-mail: [email protected] - http://las.ups.urbe.it

iSBN 978-88-213-0698-3
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Prefazione

Una omelia del patriarca di Antiochia, Severo, pervenuta nella traduzione


copta dell’originale greco, composto negli anni 513-514,1 nell’offrirci uno dei
tanti racconti agiograici relativi alle straordinarie vicende dei martiri di epoca
dioclezianea, delinea con tratti vivaci uno scenario di «confronto-scontro» tra
Asclepio e Cristo che offre piena giustiicazione storica alla scelta del tema
oggetto del Convegno agrigentino di cui si presentano qui i risultati. Severo,
nel ricordare ai fedeli la propria esperienza di conversione dall’«errore dei
Gentili» alla fede cristiana avvenuta – nel periodo della sua giovinezza studio-
sa di diritto a Berytos – presso il martyrion del santo leonzio di tripolis, ne
evoca il «martirologio» (marturolovgion) quale – dichiara – gli è stato narrato
da un anziano del luogo. Si tratta dunque della «versione uficiale» della storia
del martire, quale era presente alla coscienza dei fedeli dei primi decenni del
vi secolo, i quali pertanto dovevano essere in grado di comprendere il signi-
icato del «conlitto di potere» che, per l’azione del santo, si sarebbe veriicato
negli anni cruciali della cruenta persecuzione di diocleziano e Massimiano.
Quest’ultimo è menzionato come il rex iniquus alla cui epoca leonzio, pre-
sentandosi spontaneamente al magistrato quale compagno (koinwnov") del
cristiano publio catturato dai soldati, viene sottoposto a un crudele tormento,
essendo immerso in una padella ripiena di grasso ed olio bollenti. Ma queste
sostanze, invece che procurarne la morte, aderiscono al suo corpo come un
remedium medici pretiosum e curano le ferite provocate dal precedente supplizio.
A questo punto si innesca un vivace contraddittorio tra i protagonisti della
scena: al martire che denunzia la malvagità e l’ispirazione diabolica del magi-
strato quest’ultimo oppone una dichiarazione di fede negli dèi tradizionali e
nella potenza risanatrice di Asclepio: Per magnos deos manifestatur quia es homo
bonus, o Leonti; propterea deus meus Asclepius descendit in sartaginem et sanavit te;
etenim huiusmodi emplastrum confecit ille ut sanaret corpora; veni igitur et sacriica illi,

1
il testo è stato pubblicato in traduzione latina, con ricca introduzione critica, da G. GA-
Ritte, Textes hagiographiques orientaux relatifs à Saint Léonce de Tripoli. II. L’homélie copte de Sévère
d'Antioche, le Muséon 79, 1966, 335-386. per le questioni relative alla vicenda di Severo,
accusato proprio di adesione al paganesimo e di pratiche magiche da parte degli avversari, mi
sia permesso segnalare il mio contributo Magia e demonologia nella polemica fra cristiani e pagani
(V-VI sec.): La vita di Severo di Zaccaria Scolastico, MHNH 6, 2006, 33-92.

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6 Prefazione

ut dimittam te. leonzio risponde con una dura condanna del culto idolatrico e
l’affermazione di essere stato sanato da Cristo. fallito un tentativo dei sacer-
doti di Asclepio di guarire un paralitico, interviene leonzio che, spalmando
sul corpo del malato la cera che ricopriva il suo stesso corpo, ne ottiene la mi-
racolosa guarigione nel nome di Cristo. la partita è dunque vinta da quest’ul-
timo e riceve piena legittimazione la pratica rituale che, nell’attualità del culto
martiriale, si compie nella chiesa di tripolis, in cui appunto la cera che aveva
protetto il corpo di leonzio, raccolta e custodita in un vaso d’argento, è usata
quale farmaco eficace per i malati, come Severo testimonia riferendo alcuni
miracoli.
Il documento brevemente evocato esempliica eficacemente una proble-
matica di fondamentale interesse storico-religioso quale è quella dei processi
di trasformazione che, in una dialettica complessa di sostituzione e di utiliz-
zazione di elementi, risemantizzati in un nuovo contesto religioso, segnano
la fase decisiva della storia culturale del mondo tardo antico in cui si compie
il confronto fra le tradizioni religiose del mondo mediterraneo a struttura
politeistica e il nuovo messaggio cristiano. il problema di tale trasformazione
è assai complesso e non può essere certo affrontato in maniera semplicistica
in termini di «derivazione» e di «inlussi», neppure in quei casi – come quel-
lo dei culti terapeutici tradizionali da una parte e dall’altra le varie forme di
pratiche di guarigione e miracoli connessi al culto di martiri e santi – in cui
le analogie nelle modalità rituali e negli effetti pratici appaiono assai forti.
Basti pensare all’utilizzazione gradualmente sempre più ampia della pratica
dell’incubazione nei martyria e nelle chiese dedicate ai vari santi-medici, di cui
è indubbia l’origine «pagana» – nei culti di Asclepio in particolare ma anche
in numerosi altri afini – e all’uso di sostanze varie per ottenere la guarigione,
come esempliicato dal caso di Leonzio. In tutti questi casi, infatti, è necessa-
rio procedere con adeguati strumenti metodologici e duttili criteri interpreta-
tivi, al ine di discernere – insieme con le analogie – i signiicati e le peculiari
valenze religiose attribuite nel nuovo scenario cristiano a quelle pratiche, una
volta avvenuta la profonda mutazione del referente religioso, dai molti dèi
funzionali di un contesto politeistico al dio di un monoteismo come quello
cristiano che identiica in Cristo-Signore, che la rilessione teologica nel suo
lungo percorso – non privo di conlitti e diversiicazioni su cui naturalmente
non è qui il caso di discutere – giunge a riconoscere pari in natura e dignità al
padre, l’unico mediatore fra questo e gli uomini. Martiri e santi, in particolare
quelli connessi con la sfera sempre più vasta del monachesimo e delle varie
forme di ascetismo, pur oggetto di forme di culto intensamente partecipate

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Prefazione 7

e ricche di manifestazioni rituali, mantengono nella coscienza dei fedeli la


loro speciica identità di uomini, meritevoli per l’impegno di dedizione alla
fede in Cristo e dotati di particolari carismi, tra cui soprattutto quello delle
guarigioni e dei miracoli, per un particolare privilegio divino. All’indagine di
questo quadro complesso, in cui continuità e discontinuità coesistono e le
diverse identità religiose e culturali, nella persistenza degli elementi peculiari
di ciascuna, si modellano e si trasformano nel contatto e nel confronto reci-
proco in processi di lunga durata, è stato inalizzato il progetto del Convegno
internazionale su «Asclepio e Cristo. Culti terapeutici e taumaturgia nel mon-
do mediterraneo antico: fra pagani e cristiani», svoltosi ad Agrigento il 20-21
novembre del 2006.
Come emerge chiaramente dai contributi che compongono questo volu-
me, l’indagine si è svolta in diverse direzioni e in pari tempo ha mantenuto
una profonda coerenza nei metodi e negli obiettivi. per un verso sono stati
esplorati due ambiti fondamentali sul versante dei culti terapeutici tradiziona-
li, ossia quelli connessi al greco Asclepio (valentina Calì, La meloterapia come
strumento taumaturgico nel culto di Asclepio) e all’egiziano Serapide (laurent Bri-
cault, Serapide, dio guaritore) che del primo assume proprio le tipiche connota-
zioni medicali, a partire dalla sua prima «manifestazione» e dall’«invenzione»
del suo culto nell’Alessandria dei primi tolemei, pur sul solido fondamento
dell’antico dio osiride. in tal modo sono state poste le necessarie premesse
per la valutazione di quel confronto-scontro con la nuova proposta cristiana
che voleva essere l’obiettivo principale dell’indagine.
il limitato spazio riservato ai culti terapeutici tradizionali del mondo medi-
terraneo antico, del resto, è giustiicato dalla circostanza che l’Incontro inten-
deva porsi in precisa continuità con quello svoltosi nella stessa sede nell’anno
precedente, che aveva affrontato appunto il tema de «il culto di Asclepio
nell’area mediterranea» (Congresso internazionale, Agrigento 20-22 novem-
bre 2005). in questa occasione, insieme con il collega prof. ernesto de Miro,
abbiamo formulato e realizzato in maniera credo soddisfacente un progetto
scientiico a largo raggio, inteso a coniugare competenze storico-archeolo-
giche e storico-religiose al ine di rivisitare la problematica della diffusione e
delle modalità del culto di Asclepio nel più ampio contesto di culti analoghi
presenti nell’area mediterranea e pertinenti alle regioni orientali di essa. Gli
Atti di questo Convegno sono in corso di stampa a cura di e. de Miro e mia,
per i tipi dell’editore Giunti. Mi limito ora a notare che, mentre validissime
competenze archeologiche hanno concorso a illustrare, anche con nuova do-
cumentazione, la diffusione del culto di Asclepio, storici delle religioni quali

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8 Prefazione

Walter Burkert ed Emilio Suàrez de la Torre ne hanno esaminato la speciica


consistenza nel quadro del politeismo greco e romano. i contributi di laurent
pernot (Elio Aristide e Asclepio) e di Attilio Mastrocinque (Asclepio e Alessandro
di Abonotico) hanno analizzato le singolari esperienze religiose di due igure
emblematiche, per diverse ragioni, del clima spirituale del ii sec. dell’impe-
ro, mentre i contributi di Sergio Ribichini (Culti iatromantici nel VicinoOriente:
dall’età classica al tardoantico) e di emanuele Ciampini (Imhotep, l’Asclepio egiziano
e i culti iatromantici egiziani) hanno allargato la prospettiva nella direzione degli
ambiti orientali. Astrologia e magia si sono rivelate aree concomitanti di ma-
nifestazione di interessi e attività terapeutiche (Aurelio pérez Jimenez, Astrolo-
gia, medicina e culto di Asclepio; Mariangela Monaca, Iatromagia: esempi dalle gemme
magiche; Anna Scibilia, Asclepio e la magia: i Papiri Magici Greci), mentre io stessa
ho esaminato l’aspetto di Asclepio: divinità epifanica e salvatrice, quale si manifesta
nell’esperienza straordinaria del medico tessalo, maturata tra scienza greca e
magia egiziana. Inine Enrico dal Covolo, con il suo intervento su I cristiani e
il culto di Asclepio, ha avviato il discorso sul terreno che il nostro incontro ha
inteso direttamente esplorare.
Mentre l’intervento di Angela Maria Mazzanti (La malattia in Filone di Ales-
sandria: valenze antropologiche) ha aperto uno squarcio su un ambito, quello del
giudaismo tardivo, che meriterebbe ulteriori indagini per chiarirne connessio-
ni e inluenze nei confronti del cristianesimo anche sul piano della problema-
tica di miracolo e guarigione, i contributi di enrico dal Covolo (I cristiani dei
primi secoli e la medicina, l’assistenza e la cura dei malati), di Giovanni filoramo (La
vittoria di Cristo su Asclepio. Malattia e guarigione nella Storia filotea di Teodoreto di
Cirro), di Ramón teja, Cultos y ritos terapéuticos cristianos en la hagiografía de oriente
(siglos IV-VI)), di Mariangela Monaca, (Aspetti iatromantici e iatromagici nel culto
dei santi: vita e miracoli di Santa Tecla), di Anna Scibilia (Un’invocazione greca prove-
niente dall’Egitto cristiano, il Papiro Kairo 10263 ed un procedimento di cristianizzazio-
ne, il papiro Rainer 5: analogie e differenze in alcune procedure iatromagiche) e di ennio
Sanzi (Il santo martire Colluto: archiatra del corpo e dell’anima. Osservazioni storico-
religiose su alcune testimonianze copte), mi pare abbiano fornito una pertinente
esempliicazione delle principali problematiche che il tema propone all’inda-
gine storica. da parte mia (Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico: fra
pagani, ebrei e cristiani) ho cercato di delineare alcune delle direttive fondamen-
tali del variegato quadro emergente dalla conluenza di tradizioni diverse che,
pur nella varietà delle rispettive storie e «identità», convergono nella inalità
di dare risposta ad alcune fondamentali istanze esistenziali dell’uomo, quali
quelle centrate sulla salute, nella sua dimensione isica insieme e spirituale.

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Prefazione 9

il nostro Convegno, come il precedente ad esso così strettamente collega-


to negli interessi e nelle metodologie, si colloca nei Percorsi di studio compiuti
ormai da molti anni dall’Accademia di Studi Mediterranei agrigentina, per
iniziativa del suo Presidente, il Prof. Seraino Mansueto, e della sua vivace
ispiratrice, la Presidente onoraria Prof. Assuntina Gallo Aflitto. Se ad en-
trambi, insieme con il collega prof. enrico dal Cavolo, sono lieta di esprimere
qui il mio cordiale ringraziamento per averci afidato il compito di organizza-
re le due giornate di studio di cui questo volume rilette lo svolgimento, non
posso tacere il mio particolare debito di riconoscenza e la mia espressione
di amicizia per la prof. Assuntina, al cui entusiasmo, dedizione e intelligenza
sono debitori quanti, ormai numerosissimi, studiosi delle più diverse disci-
pline, sono da lei sollecitati ogni anno a rilettere su importanti problemi di
ordine culturale. I periodici incontri, da cui è segnato il percorso scientiico
dell’Accademia, sono occasione non soltanto di approfondimenti e scambi
di esperienze intellettuali ma anche di intreccio e consolidamento di rapporti
umani egualmente signiicativi e produttivi.
Un vivo ringraziamento va anche alla Commissione editoriale della editri-
ce lAS che accoglie questi Atti nella prestigiosa Collana «Biblioteca di Scien-
ze religiose».

Messina maggio 2008


Giulia Sfameni Gasparro

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Abbreviazioni e sigle

AbhMainz Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Mainz, Geistes und sozi-
alwissenschaftliche Klasse
ABSA Annual of the British School at Athens
AnBoll Analecta Bollandiana
AnnMusGuim Annales du Musée Guimet
ANRW Aufstieg und Niedergang der rômischen Welt: Geschichte und Kultur Roms im
Spiegel der neueren Forschung, edd. H. Temporini - W. Haase, Berlin-New
York
AttRegAcclinc Atti della Regia Accademia dei Lincei
BAGB Bulletin de l’Association Guillaume Budé
BCH Bulletin de correspondance hellénique
BifAo Bulletin de l’Institut Français d’Archéologie Orientale du Caire
Ble Bulletin de littérature ecclésiastique
ByzZ Byzantinische Zeitschrift
CCC Civiltà classica e cristiana
Ce Chronique d’Egypte
Cahierorient Cahiers d’orientalisme
CRAi Comptes rendus de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres
dop Dumbarton Oaks Papers
eA Epigraphica Anatolica: Zeitschrift für Epigraphik und historische Geographie
Anatoliens
epRo Études préliminaires aux religions orientales dans l’Empire Romain, Leiden
fRlANt In Gasparro
GlNt Grande Lessico del Nuovo Testamento
GRBS Greek, Roman and Byzantine Studies
HthR Harvard Theological Review
iNJ In Bricault
JBl Journal of Biblical Literature
JeA Journal of Egyptian Archaeology
JeCS Journal of early Christian studies
JHS Journal of Hellenic Studies
JJS Journal of Jewish Studies
JÖByz Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik

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12 Abbreviazioni e sigle

JQR In Gasparro
JRA Journal of Roman archaeology
JSJ Journal for the study of Judaism: (in the Persian, Hellenistic and Roman pe-
riod)
JtS Journal of Theological Studies. Oxford, Clarendon Press
MHNH MHNH, Revista Internacional de investigación sobre Magia y Astrología
antiguas, Málaga
MifAo Mémoires de l’Institut Français d’Archéologie Orientale du Caire
Nt Novum Testamentum: an international quarterly for New Testament and re-
lated studies
NtS New Testament Studies: an international journal publ. quarterly under the
auspices of Studiorum Novi Testamenti Societas
oCA Orientalia Christiana Analecta
po Patrologia Orientalis
RB Revue biblique
ReA Revue des études anciennes
ReB Revue des études byzantines
RechScRel Recherches de science religieuse
ReG Revue des études grecques
RHphR Revue d’histoire et de philosophie religieuses
RHR Revue de l’histoire des religions
RivAC Rivista di Archeologia Cristiana
Rthl (Rtl) Revue théologique de Louvain
SBl In Gasparro
SC Sources Chrétiennes, Paris
SMSR Studi e materiali di Storia delle religioni
So Symbolae Osloenses, auspiciis Societatis Graeco-Latine
tApA (tAphA) Transactions and Proceedings of the American Philological Association
tU Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristliche literatur, Leipzig
-Berlin
vC Vigiliae Christianae: a review of early Christian life and language
ZÄS Zeitschrift für Ägyptische Sprache und Altertumskund
ZKth Zeitschrift für Katholische Theologie
Zpe Zeischrift für Papyrologie und Epigraphik, Bonn

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Taumaturgia e culti terapeutici


nel mondo tardo-antico:
fra pagani, ebrei e cristiani
GiUliA SfAMeNi GASpARRo

Un evento taumaturgico, fra i numerosi che scandiscono l’intensa attività


di Gesù di Nazaret quale operatore di guarigioni miracolose, può offrire una
sorta di griglia tematica per l’esempliicazione di alcune direttrici fondamen-
tali di un discorso storico-religioso sulla problematica enunciata nel titolo di
questo intervento. All’inizio della narrazione sui primi episodi della «vita pub-
blica» di Gesù, dopo il battesimo del Battista, la chiamata dei discepoli e i vari
«segni» (shmei'a) compiuti a Cana di Galilea1 e a Gerusalemme2 a dimostra-
zione della sua «gloria» (dovxa), l’evangelista riferisce di un secondo viaggio a
Gerusalemme, in occasione di una festività non precisata.3 Si descrive quindi

1
Cfr. Jo 2, 1-12 dove, a conclusione del racconto della prodigiosa trasformazione dell’ac-
qua in vino durante il banchetto nuziale a Cana di Galilea, l’evangelista nota: «Questo inizio
dei segni fece Gesù in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero
in lui» (Tauvthn ejpoivhçen ajrch;n tw'n çhmeivwn oJ ∆Ihçou'ç ejn Kana; th'ç Galilaivaç
kai; ejfanevrwçen th;n dovxan aujtou', kai; ejpivçteuçan eijç aujto;n oiJ maqhtai; aujtou’).
dopo un primo soggiorno a Gerusalemme (cfr. n. 2), tornato nella stessa cittadina galilea,
Gesù compie il suo primo intervento terapeutico a distanza, sanando il iglio del basilikòs che
giaceva malato a Cafarnao (Jo 4, 43-54). Anche in questa occasione l’intervento miracoloso è
deinito secondo la tipologia del semeion, qui coniugato peraltro - nell’esclamazione di Gesù -
con quella del «prodigio» (Jo 4, 48): «Se non vedete segni e prodigi non crederete» (∆Ea;n mh;
çhmei'a kai; tevrata i[dhte, ouj mh; piçteuvçhte). Cito i testi in una mia traduzione che
vuole rimanere il più possibile aderente al dettato originale.
2
l’episodio della visita al tempio, con la cacciata dei venditori di animali e dei cambiava-
lute, è concluso dall’affermazione di una vasta adesione popolare, in virtù dei semeia ivi ope-
rati, dei quali peraltro non si speciica la precisa consistenza: «Trovandosi a Gerusalemme nel
giorno festivo della pasqua, molti credettero nel suo nome vedendo i segni di lui, che compi-
va» (Jo 23-25: ÔWç de; h\n ejn toi'ç ÔIeroçoluvmoiç ejn tw'/ pavçca ejn th'/ eJorth'/, polloi;
ejpivçteuçan eijç to; o[noma aujtou', qewrou'nteç aujtou' ta; çhmei'a a} ejpoivei ).
3
Sulle varie proposte interpretative basti qui segnalare la breve rassegna fornita da du-
prez 1970, 131-132. È superluo sottolineare che il mio discorso non intende entrare nel
merito delle questioni esegetiche del testo giovanneo, oggetto di un’imponente letteratura
specializzata, pur tenendo conto delle soluzioni più strettamente pertinenti ad esso.

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14 Giulia Sfameni Gasparro

il sito di una «piscina, presso la (porta ?) probatica, detta in ebraico Bezatha,


che aveva cinque portici»,4 presso la quale dimorava una folla enorme di mala-
ti, ciechi, zoppi, «aridi» (xhroiv), ossia verisimilmente paralitici, in attesa di un
«movimento dell’acqua». tale kinesis era procurata, come chiarisce il testo, da
un angelos che di tempo in tempo (kata; kairov") discendeva nella piscina per
agitarne le acque «e chiunque per primo discendeva dopo il moto dell’acqua
diventava sano, da qualunque malattia fosse colpito».5
l’attenzione del narratore si focalizza quindi su un individuo malato da
trentotto anni, a cui Gesù, nella consapevolezza – sottolinea l’evangelista –
del lungo tempo della sua malattia, rivolge una domanda sconcertante: «vuoi
diventare sano?».6 Nella risposta del malato si apre un ulteriore squarcio sullo
scenario movimentato della kolymbethra: «Signore, non ho uomo alcuno che,
quando l’acqua viene mossa, mi getti nella piscina; nel tempo che io mi avvio,
un altro vi giunge prima di me». Segue allora un autorevole comando: «levati,
prendi il tuo lettuccio e cammina», con l’immediata sua realizzazione: «l’uo-
mo divenne sano (ejgevneto uJgih;") prese il suo lettuccio e camminava».7
Senza entrare nel merito dei problemi esegetici posti da questo brano e
dalla sua funzionalità in relazione allo sviluppo successivo della narrazione
che, precisando la collocazione dell’evento nel giorno di sabato, innesca il
dibattito fra Gesù e i Giudei sulla legittimità della guarigione in rapporto
al precetto del riposo festivo,8 noterò soltanto un altro dato utile al nostro
discorso. l’evangelista presenta infatti un secondo incontro fra i due prota-
gonisti: «poi Gesù lo incontrò nel tempio e gli disse: ecco, sei stato guarito;

4
Jo 5, 1-2: e[çtin de; ejn toi'ç ÔIeroçoluvmoiç ejpi; th'/ probatikh'/ kolumbhvqra hJ
ejpilegomevnh ÔEbrai>çti; Bhqzaqav, pevnte çtoa;ç e[couça. i manoscritti recano numerose
varianti nella denominazione della kolymbethra. È dificile inoltre decidere se «la Probatica» sia
denominazione di una «porta» ovvero di un’altra «piscina». Su tutta la questione e sulla lettura
«Bezatha» a preferenza di quella adottata nel testo uficiale (Bethzatha) (cfr. ed. Merk 1933,
con successive, numerose ristampe) cfr. duprez 1970, 132-135 e 154-159.
5
Jo 5, 3-4.
6
Jo 5, 7: Qevleiç uJgih;ç genevçqai…. Anche nei versetti precedenti si usa l’aggettivo uJgih;ç
e dunque l’espressione «diventare sano» per indicare la guarigione. Su ques’uso cfr. Hogan
1992 e già i contributi di oepke 1938 e luck 1969. Una dettagliata disamina del linguaggio
relativo alla sfera della guarigione «da omero al Nuovo testamento» in Wells 1998.
7
Jo 5, 8-9: levgei aujtw'/ oJ ∆Ihçou'ç, “Egeire a\ron to;n kravbattovn çou kai; peripavtei. kai;
eujqevwç ejgevneto uJgih;ç oJ a[nqrwpoç, kai; h\ren to;n kravbatton aujtou' kai; perie-
pavtei.
8
Jo 5, 10-18. Cfr. 7, 23 sulla medesima questione del riposo sabbatico ancora in rapporto
alle guarigioni miracolose di Gesù.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 15

non peccare più afinché non ti capiti qualcosa di peggio».9 il recupero della
salute, ottenuto attraverso un intervento autorevole quanto inatteso da parte
di una igura taumaturgica, ino a quel momento sconosciuta allo stesso be-
neiciario di esso, si accompagna all’ammonimento da parte di quest’ultima a
«non più peccare», nella prospettiva di un danno maggiore della precedente
condizione. Senza che si stabilisca un rapporto diretto, come in numerosi altri
casi dell’azione del Rabbi di Nazaret, fra guarigione e remissione dei peccati
(là dove talora la seconda precede la prima, che ne costituisce come la sanzio-
ne tangibile) né si proponga in maniera esplicita una relazione di causalità tra
peccato e malattia,10 indubbiamente si instaura una trama concettuale in cui
tutti questi temi risultano a vario titolo tangenti.11
A suggello del signiicato storico-religioso del quadro non si trascurerà
inine la prospettiva in cui il narratore situa l’evento. All’accusa dei Giudei di
«distruggere il sabbato» Gesù risponde evocando il modello stesso dell’atti-
vità divina: «Il Padre mio opera ino ad oggi, e anch’io opero». L’Evangelista
rende quindi esplicito il signiicato di questa affermazione: l’odio dei Giudei
nei confronti di Gesù si motiva «non soltanto perché distruggeva il sabato,
ma perché chiamava dio proprio padre, facendosi uguale a dio».12 È così
evidente tutta la pregnanza dell’espressione path;r i[dio" per deinire la rela-
zione di Gesù con dio, la quale implica una «eguaglianza» inammissibile nella
prospettiva del monoteismo giudaico.

9
Jo 5, 14: meta; tau'ta euJrivçkei aujto;n oJ ∆Ihçou'ç ejn tw'/ iJerw'/ kai; ei\pen aujtw'/,
“Ide uJgih;ç gevgonaç: mhkevti aJmavrtane, i{na mh; cei'rovn çoiv ti gevnhtai.
10
essa, come è noto, viene esplicitamente negata da Gesù nell’episodio della guarigione
del cieco dalla nascita (Jo 9,1-41). Alla domanda dei discepoli («Rabbi, chi ha peccato, lui
stesso o i suoi genitori sicché sia nato cieco?»: ÔRabbiv, tivç h{marten, ou|toç h] oiJ gonei'ç
aujtou', i{na tulo;ç gennhqh'/… ), Gesù risponde: «né lui ha peccato né i suoi genitori» e indi-
ca l’infermità come condizione per la manifestazione delle opere di dio nel cieco (...Ou[te
ou|toç h{marten ou[te oiJ gonei'ç aujtou', ajll∆ i{na fanerwqh'/ ta; e[rga tou' qeou' ejn
aujtw':/ Jo 9, 2-3). Una breve disamina della nozione di causalità nell’insorgenza delle malattie
e dell’atteggiamento nei confronti della medicina nel N.t. nei saggi di Amudsen - ferngren
1996 e di ferngren - Amudsen 1996.
11
Un’analisi del testo inalizzata a individuare il rapporto fra malattia e peccato, che risulta
implicitamente evocato nell’affermazione inale di Gesù all’uomo sanato a non più peccare,
in thomas 1998, pp. 92-110. ivi le citazioni di alcuni fra i principali commenti al vangelo
giovanneo.
12
Jo 5, 16-18: dia; tou'to ou\n ma'llon ejzhvtoun aujto;n oiJ ∆Ioudai'oi ajpoktei'nai,
o{ti ouj movnon e[luen to; çavbbaton ajlla; kai; patevra i[dion e[legen to;n qeovn, i[çon
eJauto;n poiw'n tw'/ qew'.

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16 Giulia Sfameni Gasparro

Gli elementi compositivi di questo brano appaiono utilizzabili come una


sorta di cartina di tornasole che singolarmente rilette alcune tematiche fon-
damentali della problematica di taumaturgia e culti terapeutici in cui, nell’arco
temporale e storico-culturale di cui intendiamo discutere, convergevano a va-
rio titolo le tre componenti del quadro religioso del mondo mediterraneo. Se,
come è ovvio, lo scenario è indubbiamente quello giudaico cui appartengono
i protagonisti dell’episodio evocato, si può cogliere nel vivo come in esso si
innesti, con tutta la sua carica innovativa ma insieme con tutto il peso della
tradizione giudaica stessa cui appartiene, il messaggio del rabbi ebreo Gesù da
cui prenderà le mosse la nuova identità religiosa cristiana. il referente «paga-
no», da parte sua, è chiamato in causa da un duplice ordine di fatti.
in primo luogo ad esso rimanda, in prospettiva comparativa, proprio quel-
la che è la singolarità della scena in rapporto al suo contesto culturale e reli-
gioso, il giudaismo fortemente istituzionalizzato del i secolo d.C., con il suo
esclusivismo teologico e cultuale che accentra nel tempio di Gerusalemme
ogni forma di osservanza rituale rivolta all’unico dio di israele. infatti la pra-
tica di immersione «salutare» nelle acque della «piscina presso la probatica»,
mosse di volta in volta inaspettatamente da un angelos, da un «messaggero»
non meglio identiicato che la versione latina «normalizza» in senso ortodos-
so deinendolo angelus... Domini, certo non può essere deinita in termini di
«culto terapeutico» per l’assenza di uno speciico referente sovrumano. Essa
tuttavia si pone in stretta analogia con i tanti contesti cultuali ben radicati e
diffusi nelle varie regioni del Mediterraneo a tradizione religiosa di tipo poli-
teistico, con le loro numerose divinità guaritrici, a cominciare dal greco Ascle-
pio le cui pratiche rituali contemplavano un largo uso delle facoltà catartiche
e terapeutiche delle acque.13 di fatto, gli interpreti si sono chiesti le ragioni
dell’apparente «anomalia» di un impianto architettonico posto in Gerusalem-
me e inalizzato a una pratica terapeutica a suo modo istituzionalizzata fuori

13
Tale componente cultuale si rilette anche nell’organizzazione dello spazio sacro e nei
relativi impianti architettonici. Basti segnalare in proposito Graf 1992. per una aggiornata
rassegna degli Asclepieia impiantati in tutta l’area mediterranea cfr. Riethmüller 2005 e Meli
2007. le fonti letterarie (cfr. edelstein - edelstein 1945) frequentemente registrano quell’uso
che trova una delle sue più intense e straordinarie esempliicazioni nell’esperienza religiosa
del retore elio Aristide. Sul tema mi sia permesso rimandare alla documentazione discussa
nel mio saggio (Sfameni Gasparro 1998, con aggiornamenti 2002). Si veda in questo volume
il contributo di l. pernot. Senza poter documentare in dettaglio il tema del ruolo terapeutico
dell’acqua nel mondo antico mi limito a segnalare le osservazioni del breve saggio di Croon
1967 e i contributi nei volumi collettivi Aa.vv. 1981 e 1994.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 17

del controllo sacerdotale del tempio, e hanno proposto di risolverlo in ter-


mini di una sede «marginale», situata fuori delle mura cittadine, la cui inalità
terapeutica sarebbe segno della persistenza di antiche pratiche popolari, di
pertinenza semitico-cananea. Gli scavi archeologici sembrano confermare la
realtà storica dello scenario delineato nel racconto evangelico e offrire una
precisa localizzazione del complesso in questione che peraltro, più che nei
due grandi bacini che servivano agli usi del tempio e, costruiti verisimilmente
nel ii secolo a.C., cessarono di funzionare sotto erode il Grande (m. 44 d.C.),
sarebbe da identiicare in un insieme di piccole vasche o bacini di raccolta
delle acque ritrovati presso la chiesa bizantina di Sant’Anna. Soprattutto in-
teressante, inoltre, è la constatazione di un duplice impianto, l’uno anteriore
alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., e l’altro posteriore al 135 d.C.,
ossia alla fondazione, sulla città distrutta in seguito all’insurrezione giudaica,
della città romana di elia Capitolina. il primo di tali impianti sarebbe allora
identiicabile con la sede terapeutica menzionata nel testo evangelico, mentre
il secondo risulta in maniera inequivocabile un luogo di culto «pagano» che i
reperti archeologici – doni votivi e iscrizioni – mostrano dedicato a Serapide,
nella sua tipica funzione di dio guaritore.14
Se la ricostruzione delle due «fasi» archeologiche è esatta e soprattutto se
l’identiicazione del primo strato con una sede di «bagni» con inalità terapeu-
tica, a sua volta assimilabile alla «piscina presso la probatica» evangelica è cor-
retta, si avrebbe il caso singolare della continuità di una sede sacra a carattere
terapeutico che, dopo un’identità giudaica, assume, sia pure attraverso uno
iato cronologico, una precisa qualità pagana, passando sotto il patrocinio di
una tipica divinità guaritrice.15 in ogni caso, il testo evangelico offre l’eviden-
za, a mia conoscenza unica, di una installazione con inalità terapeutiche nella
città santa, ossia nel cuore stesso di Israele, che peraltro, in dall’epoca biblica,
afidava piuttosto al diretto intervento divino la funzione di «guarigione» dalla
malattia ovvero riconosceva la facoltà di mediare tale funzione a igure sacer-
dotali o più spesso profetiche e carismatiche.
l’episodio in esame illumina dunque una direttrice assai importante del

14
Su tutta la problematica, dopo Jeremias 1966, si veda duprez 1970. Cfr. anche Belayche
2001, 160-167 e 2007.
15
Sulle prerogative terapeutiche del culto di Serapide si veda in questo volume il con-
tributo di l. Bricault. Ampio spazio a tali facoltà, come è noto, era fatto anche nella sfera
religiosa isiaca di età ellenistico-romana. Cfr. Sfameni Gasparro 1999, con la relativa docu-
mentazione.

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quadro che andiamo delineando, ossia quella delle sedi cultuali a carattere
terapeutico assai numerose sul versante delle tradizioni dei popoli del Medi-
terraneo a struttura politeistica, con la loro peculiare nozione della differen-
ziazione funzionale dei poteri nell’ambito di un pantheon divino, ossia di una
più o meno organica comunità di personaggi sovrumani distinti per nome,
attributi e ambiti di competenza sulla vita cosmica e umana. esso in pari
tempo appare articolato su un tema che, comune ai tre contesti religiosi del
giudaismo, del cristianesimo e delle varie tradizioni politeistiche, assume si-
gniicati diversi in ciascuno di essi, pur nella presenza di analogie signiicative,
e comunque presenta un diverso peso nei differenti ambienti e momenti sto-
rici. Mi riferisco a quella igura di «operatore» dell’azione taumaturgica, a spe-
ciica inalità terapeutica, che assume contestualmente e a vario titolo il ruolo
di «mediatore» fra livello divino, da cui proviene il potere di sanare la malattia,
e livello umano che di tale potere è oggetto e beneiciario. Tale motivo e più
ampiamente l’intero quadro di taumaturgia e pratica cultuale terapeutica, pe-
raltro, si collegano in maniera più o meno esplicita e programmatica a quello
della natura e dell’origine della malattia medesima che risulta allora uno dei
centri nodali dell’intero quadro.
Quest’ultima questione è di una complessità tale da non poter essere cer-
to illustrata in dettaglio in questa sede, per la varietà delle posizioni dall’uno
all’altro contesto e, all’interno di ciascuno di essi, in relazione ai diversi mo-
menti storici e agli ambienti sociali, culturali e religiosi di riferimento. Basti
pensare, quale esempliicazione minimale del problema, alla polemica messa
in luce nella Grecia del v secolo a.C. dall’opera pseudo-ippocratica De mor-
bo sacro. l’autore, in linea con la posizione del grande rappresentante della
«medicina scientiica», Ippocrate appunto, indica in cause naturali di squili-
brio isico l’origine della malattia, e critica duramente quanti – nel suo stesso
contesto storico-culturale – egli deinisce «maghi, puriicatori, questuanti e
ciarlatani» che al contrario identiicano in varie potenze sovrumane le causa
dell’epilessia e di diverse altre forme di affezione e attribuiscono ad esse la
facoltà di sanare.16 in tutto il corso della storia dei Greci e dei popoli dell’oi-

16
De morbo sacro 10 -12: «...toiou'toi eijn' ai a[nqrwpoi oiJo' i kai; nu'n eijs
' i mavgoi te kai;
kaqartai; kai; ajguvrtai kai; ajlazovne", oJkovsoi prospoievontai sfovdra qeosebeve"
eij'nai kai; plevon ti eijdevnai...proballovmenoi to; qei'on... kaqarmou;" prosfevronte"
kai; ejpaoida;"...». trad. di A. lami, Ippocrate. Testi di medicina greca, Milano 19913, 219. per la
collocazione storico-religiosa di queste affermazioni e dell’intero documento basti segnalare
il saggio ancora valido di lanata 1967. Gli sviluppi della scienza greca, e in particolare della

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 19

koumene mediterranea in vario grado progressivamente ellenizzati, la medicina


ippocratica, pur largamente diffusa e scientiicamente sempre più elaborata,
convive con tradizioni religiose che attribuiscono all’una o all’altra divinità il
potere di inviare malattie a individui e comunità, talora in punizione di infra-
zioni o colpe.17 Alle due estremità di un vasto arco temporale, l’evento omeri-
co della pestilenza inviata nel campo greco da Apollo ne è l’esempio più noto,
e peculiare espressione ne sono in epoca tarda (soprattutto a partire del i-ii
secolo d.C.) le numerose «confessioni dei peccati» attestate epigraicamente
in Asia Minore.18 Si tratta di dediche poste in omaggio a varie divinità (Men,
la Madre degli dèi, l’uno o l’altro dei tanti Zeus locali, il dio Santo e Giusto,
ovvero Hypsistos19), dalle quali, dopo l’ammissione della colpa etica o della
trasgressione cultuale che ha provocato l’infermità, il fedele, preso atto di es-
sere stato giustamente punito, attende la guarigione. Su questo fenomeno, che
appare specialmente localizzato in alcune aree microasiatiche (lidia e frigia in
particolare) e iorisce tra il I e il III secolo d.C., si è ormai sviluppata una no-
tevole letteratura critica che, insieme con la costituzione di vari corpora docu-
mentari abbastanza ampi anche se continuamente suscettibili di arricchimenti
in conseguenza di successive scoperte,20 ne ha proposto letture diverse. posto

medicina nel suo delicato rapporto con le tradizioni religiose e le pratiche magiche, sono il-
lustrati in maniera perspicua nei contributi di lloyd 1975 e 1979 e già in edelstein 1937. Cfr.
anche Miller 1949; Kudlien 1968; Gordon 1995 e Gill 1969 e 2001.
17
il tema è affrontato con buona documentazione in temkin 1991. Non è necessario
insistere sulle decisive connotazioni storico-culturali della nozione di «natura» e della sua cor-
relazione con quella di «miracolo» come superamento o infrazione delle «leggi naturali». in
proposito utili argomentazioni in Grant 1952. Una recente breve disamina del tema di «segni
e miracoli» in Grecia in Giammarco Razzano 2000.
18
le coordinate storico-religiose generali del tema, esaminato nell’intera gamma delle sue
accezioni e nei più diversi contesti storici, nella vasta indagine di pettazzoni 1929-1936.
19
Una più o meno forte connotazione terapeutica inerisce al culto del «dio (o Zeus) Altis-
simo», ampiamente diffuso in ambito mediterraneo in dal periodo classico, igura (o igure)
in cui è dificile fare le parti fra la dimensione (e origine) ellenica e le eventuali inluenze
giudaiche, l’una e le altre di volta in volta individuabili in relazione ai tempi e luoghi di mani-
festazione di esso, che solo in particolari contesti presenta la tipologia della «confessione». Sul
problema, ancora aperto, mi limito a rimandare alla vasta documentazione raccolta e discussa
in Mitchell 1999, di cui non condivido peraltro la tendenza a omogeneizzare il complesso do-
cumentario sotto un’unica rubrica, date le notevoli differenze di luoghi e tempi (cfr. Kraebel
1969), e soprattuto la deinizione di «quasi-monotheistic» per una forma di culto di cui, fra
l’altro, è appunto contestabile il carattere uniforme e il riferimento ad un’unica igura divina.
osservazioni pertinenti in Belayche 2005.
20
Mi limito qui a segnalare la raccolta di petzl 1994, cui si aggiunga la documentazione

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in evidenza il signiicato sociale, oltre che strettamente religioso, dell’uso di


deporre stele, spesso anche igurate, con l’ammissione delle trasgressioni, ri-
tuali o etiche, nei confronti dell’una o dell’altra divinità presso la sede sacra
di questa,21 si è proposto di privilegiare il signiicato di «riconciliazione» con
la divinità stessa che la manifestazione pubblica dell’evento implicherebbe.22
A parere dello Schnabel, inoltre, il fenomeno sarebbe da riconnettere, per
contrasto, con la progressiva diffusione del cristianesimo nelle aree microa-
siatiche, cui i rappresentanti delle tradizioni religiose locali avrebbero cercato
di opporsi rafforzando il controllo delle divinità sui fedeli attraverso il mecca-
nismo della «confessione».23
Senza dubbio un ruolo importante nella ritualità connessa alla manifesta-
zione pubblica della trasgressione e al «riscatto» di essa attraverso la depo-
sizione della stele con riconoscimento ed esaltazione della potenza divina è
afidato al personale sacro dei templi, come risulta dalle numerose menzioni
di sacerdoti e sacerdotesse e soprattutto dalla loro rafigurazione sulle stele
medesime. in ogni caso un appello forte è fatto alla «giustizia» divina,24 chia-
mata in causa nei conlitti di ordine sociale ed economico che talora afiorano
dalla documentazione ovvero nello speciico e caratterizzante motivo della
«punizione» inlitta al colpevole. Ai nostri ini comunque interessa soprattutto
la connessione, esplicita in molti casi ma talora legittimamente ipotizzabile
pur nel silenzio della fonte, tra infrazione e malattia, una volta che la «punizio-
ne» è percepita spesso nell’evento dell’infermità, cui la «riconciliazione» con la
divinità offesa pone ine, e in alcuni casi in quello irrimediabile della morte.25
Senza poter analizzare in dettaglio questa vasta documentazione, basti notare
come essa illumina uno scenario di culti locali solo parzialmente ellenizzati,
dalle forti connessioni agrarie e pastorali secondo i casi, rivolti a divinità di-

sul culto della coppia Hosios e Dikaios (frigia) ovvero dell’unico personaggio del dio Hosios e
Dikaios (Meonia) offerta da Ricl 1991, 1992 e 1993. Si vedano anche le osservazioni generali
sul fenomeno di Chaniotis 1995. Un’ampia illustrazione della situazione storica, culturale e
religiosa dell’Anatolia in età romana è offerta nei due densi volumi di Mitchell 1993. in parti-
colare per le «stele di confessione» cfr. vol. i, 191-195. in Ricl 2003 un’aggiornata discussione
sulla stretta interazione fra aspetti religiosi e socio-economici dei centri sacri a carattere rura-
le, da cui provengono le «stele di confessione».
21
Cfr. Gordon 2004.
22
tale è la tesi interpretativa di Rostad 2002.
23
Schnabel 2003.
24
Cfr. Chaniotis 2004.
25
Si vedano, ad esempio, le iscrizioni in petzl 1994, nn. 37, 54, 68-69 e 72.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 21

verse cui in ogni caso sono riconosciute peculiari capacità terapeutiche, una
volta che ad esse il fedele si rivolge nell’esplicita o implicita consapevolez-
za che, giuste punitrici della trasgressione nell’inliggere la malattia, posso-
no guarirla una volta riconosciuti i loro poteri. Una vivace testimonianza di
questo rapporto tra «colpa», malattia quale punizione divina, e (richiesta di
ovvero ringraziamento per) guarigione è offerta da un’iscrizione da Kula, in
Lidia, nella quale il dedicante, con semplice quanto eficace immediatezza,
manifesta la chiara percezione – a livello esistenziale – di tale dialettica: «A
Zeus sabazio e alla Madre Hipta – recita il testo – Diokles iglio di Trophimos
(dedicai). poiché presi le colombe degli dèi, fui punito negli occhi e registrai
la potenza (divina)». l’iscrizione è incisa su una stele che, al di sotto di un
piccolo frontone, reca due grandi occhi posti sopra due colombe.26
tra i personaggi di questo variegato scenario religioso che più nette mo-
strano tali facoltà terapeutiche si può segnalare la dea lidia dal duplice volto,
greco-iranico, Artemis Anaitis27 che risulta invocata spesso come guaritrice
delle malattie agli occhi,28 e appare in molti casi connessa ad un’altra divinità
di ambito lidio e frigio quale Men, venerato in alcuni centri con l’appellativo
di tiamou.29 tra i vari esempi si può segnalare una stele dedicata ad entrambe
le divinità «per l’integrità dei piedi», apposta su una stele che eloquentemente
reca anche due piedi in rilievo.30 L’uso di rafigurazioni anatomiche è abba-
stanza frequente31 e, anche in assenza di esplicite menzioni della guarigione,
fornisce un evidente indizio della dimensione prevalentemente terapeutica

26
testo in Guarducci, Epigraia, vol. III, 62 s. e ig. 31.
27
Una breve argomentazione sul signiicato storico della presenza della dea di antica
origine iranica nell’Anatolia ellenistica e romana in debord 1986.
28
Cfr. diakonoff 1979 nn. 2-3 e n° 5.
29
Si veda il ricco corpus documentario costituito da lane 1971-1978 (quattro volumi).
30
lane 1971, n° 59, 40 s. Cfr. ibi n° 74, 48 s. in cui la stele rela in rilievo due seni e con-
tiene la dedica di una donna che pone il suo «voto» di ringraziamento o «preghiera» (eujchv)
uJpe;r tw'n mastw'n.
31
Ancora in relazione a Men tiamou e di Anaita si può segnalare la stele che reca due
seni, una gamba e due occhi in rilievo accompagnati da un’iscrizione in cui i dedicatari pon-
gono la dedica «per i igli e le greggi» (Lane 1971, n° 35 p. 23), rivelando la preoccupazione
fondamentale di una comunità sociale in cui i valori essenziali da salvaguardare erano la salute
e il benessere della famiglia e di quel patrimonio animale che costituiva la sua principale se
non unica risorsa economica. Cfr. Lane 1971, n° 31, 21: rafigurazione di una gamba in rilie-
vo e dedica a Men Axiettenos; n° 32, 21 s.: dedica a Men Ouranios con rafigurazione di due
occhi; n° 65: una gamba a rilievo e dedica a Men Axietteno. Nell’ iscrizione lane 1971, n° 47,
30 la punizione è indicata nello stato di «follia» (mania) da cui una donna è colpita.

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del culto delle divinità in questione. tale dimensione emerge anche nel caso di
alcuni fra i molti Zeus oggetto di culti locali frigi a prevalente carattere agrario
o pastorale32 e soprattutto nelle numerose attestazioni della popolarità della
coppia formata da Hosios e Dikaios ovvero dell’unico personaggio Hosios e Di-
kaios.33 Questo personaggio o questi personaggi, titolari di numerosi santuari
rurali in Asia Minore sono spesso invocati per la guarigione di malattie degli
occhi34 che si confermano come una delle più comuni patologie ovvero con
la formula più generica «per la salute» (uJpe;r swthriva") che può avere i più
diversi signiicati,35 e risultano associati a numerose divinità, tra cui soprattut-
to Helios e Apollo, per le loro ovvie connessioni con la nozione di giustizia,
Men, l’uno o l’altro Zeus locali, la Madre degli dèi. Un’altra igura femminile
dalle connotazioni «materne» dotata di poteri terapeutici è la Meter Phileis,
dal cui santuario presso Filadelia provengono numerose iscrizioni che ne
esaltano il beneico potere guaritore di malattie agli occhi, al petto e agli arti
(gambe, piedi).36 traspare ad ogni modo da questa complessa tipologia reli-
giosa la forte e diffusa nozione di un rapporto peculiare fra il mondo divino,
con le sue molteplici potenze funzionali, e il regime della salute, essendo que-
sto afidato alla giusta collera di quelle potenze, qualora l’uomo, in maniera
volontaria ma anche involontaria, infranga le regole etiche o rituali di cui esse
sono ritenute garanti. in pari tempo, restaurato da parte dell’uomo mediante
le opportune pratiche rituali il corretto rapporto con la divinità, da essa ap-
pare legittimo attendere la reintegrazione della condizione di «sanità». Nelle
forme peculiari del riconoscimento pubblico dell’infrazione, dell’imposizione
rituale dello scettro divino da parte del sacerdote e quindi della dedica della
stele iscritta e igurata sembra realizzarsi – nei contesti in questione – una
dimensione sui generis di «culto terapeutico». le precise modalità di tale culto
in larga misura sfuggono all’indagine in mancanza di ulteriori notizie ma esso

32
Cfr. Robert 1983, § 3 Zeus Orochorites, 523-526: lo Zeus così denominato risulta og-
getto di due dediche che recano rispettivamente l’immagine di un braccio (n° 24 e ig.2 ) e
di un piede (n° 25 e ig. 3), in cui lo studioso opportunamente individua l’espressione di un
omaggio per l’avvenuta guarigione. Anche il culto dello Zeus thallos (ibi § 4: Zeus Thallos, pp.
526-529) sembra aver avuto una dimensione terapeutica, espressa nell’immagine di un rilievo
anatomico (spalla), indizio probabile di una guarigione.
33
Sulla questione dell’alternanza delle due possibili forme cultuali, per un’unica divinità
deinita dai due appellativi o per due igure denominate l’una Santo e l’altra Giusto, rispetti-
vamente in frigia e in Meonia, si veda la discussione di Ricl 1991 e 1992.
34
Ricl 1991 n° 15-16.
35
Ricl 1991 nn. 19, 23, 29, 33, 36-37, 39, 79, 89, 92.
36
petzl 1994, nn. 83-85, 89-90, 93 e 95.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 23

si propone all’attenzione dello storico come una componente signiicativa


di un vasto panorama che attribuisce la malattia ad un intervento divino in
funzione punitiva e in pari tempo attende la risoluzione della crisi esistenziale
provocata dall’infermità isica da un ulteriore intervento della divinità, cana-
lizzato attraverso una speciica ritualità cultuale.
Non è possibile ora analizzare in dettaglio il vasto campo delle pratiche
magiche, fondate sulla nozione della causalità divina o demonica del male
isico e della ricerca della guarigione mediante attività divinatorie di ogni
tipo,37 uso di sostanze varie – minerali, animali e vegetali,38 – di amuleti,39 di
formule e rituali diversi,40 consegnatici soprattutto da una ricca letteratura
papiracea di prevalente provenienza egiziana, redatta in greco,41 demotico42

37
tra i contributi più pertinenti al tema segnalo soltanto eitrem 1991, Gordon 1997;
Graf 1999; Jordan 2002. per il vasto contesto storico-culturale in cui si situa questo motivo
cfr. i saggi raccolti in Ciraolo-Seidel 2002.
38
Circa le capacità terapeutiche delle pietre, si ricorda la ricca letteratura dei «lapidari», tra
cui particolarmente signiicativa l’opera Kerygmata che sembra risultato della convergenza di
due tradizioni, l’una di attribuzione «orica» (gli Orphei Lithica Kerygmata) e l’altra conluita nello
scritto Peri lithon di Socrate e dionigi. tale opera è soprattutto interessata alla componente
medicale e divinatoria delle «virtù» straordinarie delle diverse specie di pietre enumerate. Non
è trascurata peraltro tutta la vasta gamma di facoltà ad esse di volta in volta pertinenti, da quelle
erotiche alle capacità di produzione di consenso e successo sociale. Si veda l’edizione critica di
Halleux - Schamp 1985. Breve introduzione al tema in Melero 2000. Sulle facoltà terapeutiche
delle piante cfr. delatte 19613; Scarborough 1991. il rapporto fra pietre ed erbe (cfr. Bidez
1935), sempre in una prospettiva di tipo medicale-magico è fondamentale nelle Kyranides er-
metiche (ed. Kaimakis 1976), che introducono anche il terzo fattore del quadro, ossia quelle
rafigurazioni incise sulle pietre, che ne potenziavano le facoltà terapeutiche. Cfr. n. seguente.
39
tra questi, un posto importante occupa la ricchissima produzione gemmaria, con inci-
sioni di formule e nomi divini potenti, come quello «universalmente valido» di iao, oltre che
con immagini di dei, dèmoni e altri personaggi pertinenti al patrimonio magico. Su questo
tema, mi sia permesso rimandare soltanto ai risultati di un incontro di studio su «Gemme
gnostiche e cultura ellenistica» (ed. Mastrocinque 2002) e alla Silloge curata da Mastrocinque
2003 e in particolare, per le valenze storico-religiose di questa produzione, ai miei contributi a
queste pubblicazioni (Sfameni Gasparro 2002a e 2003). per le virtù terapeutiche delle gemme
cfr. lancellotti 2000 e 2001; Mastrocinque 2006.
40
Sulla componente terapeutica della letteratura magica consegnataci dai papiri cfr. Scibi-
lia 2000; Rodriguez Moreno 2000.
41
l’edizione fondamentale delle Papyri Graecae magicae (pGM) rimane quella di preisen-
danz 1928-1931, cui si aggiungono le successive raccolte di Merkelback-totti 1990-1992 e
di daniel-Maltomini 1990-1992. Utile strumento la traduzione inglese delle pGM , con le
sezioni demotiche non accolte nell’edizione da preisendanz, a cura di Betz 1986, 19922. vasto
repertorio bibliograico della letteratura magica papiracea in Brashear 1995.
42
Cfr. Bresciani 1987 e Ritner 1995.

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24 Giulia Sfameni Gasparro

e copto,43 quest’ultima a forte prevalenza cristiana44 a testimonianza della


capacità di trasformazione e superamento delle frontiere culturali e reli-
giose da parte di quella vasta e variegata «corrente magica» che percorre
lo scenario delle culture del mondo mediterraneo antico. oggetto ormai
da vari decenni di una rinnovata attenzione da parte degli storici delle reli-
gioni, rilessa in una letteratura in continuo progresso,45 il fenomeno della
magia tardo-antica nel suo volto multiforme e poliedrico, mostra un pre-
minente interesse per la dimensione terapeutica, quale risulta focalizzato in
una famosa deinizione pliniana. L’autore latino, nella vasta enciclopedia di
«scienze naturali» costruita su un complesso intreccio di tradizioni scien-
tiiche e nozioni popolari, denunzia quella che a suo parere è una sorta di
«epidemia» pervasiva dei più diversi contesti storico-culturali, pur avendo
le sue radici nel mondo iranico con i suoi Magi.46 la magia, di fatto, «la più
fraudolenta delle arti, ha avuto potere grandissimo per moltissimi secoli.
Nessuno si meraviglierà della sua grandissima autorità dal momento che,
unica fra le arti, abbracciò e uniicò in sé tre altre arti dotate di un fortissimo
dominio sulla mente umana. Nessuno potrà aver dubbi sul fatto che essa è
nata originariamente dalla medicina e sotto la parvenza di apportare salvez-
za si è insinuata come medicina più alta e più santa; così alle promesse più
dolci e desiderabili ha aggiunto le forze della religione per le quali soprat-
tutto ancora oggi, il genere umano diventa cieco, e, per aggiungere anche
questo punto di forza, si è incorporate ancora le arti astrologiche; e non vi
è nessuno che non sia avido di sapere il proprio futuro e che non creda che
questo provenga nel modo più certo dal cielo».47

43
Kropp 1930-1931; pernigotti 1995.
44
Ricca silloge di testi in traduzione inglese in Meyer-Smith 1994.
45
Tra le numerose voci sul tema si segnalano soltanto alcune monograie e raccolte di
contributi che danno la misura della vastità e complessità del problema. tra le prime cfr.
Bernard 1991; Graf 1994; Clerc 1995; luck 1999; dickie 2001. tra le seconde si vedano
Neusner et alii 1989; faraone-obbink 1991, Meyer-Mireki 1995; Schäfer-Kippenberg 1997,
Jordan-Montgomery-thomassen 1999, flint-Gordon-luck-ogden 1999; piñero 2001; pérez
Jiménez- Cruz Andreotti 2002; Mireki- Meyer 2002; Bremmer-veenstra 2002. Ampia silloge
delle fonti antiche in luck 1985. Utile rassegna in Calvo Martínez 2001 e vasto repertorio
bibliograico in Brillet-A. Moreau 2000 (= T. IV di Moreau- Turpin 2000).
46
Nonostante numerosi interventi critici non risulta del tutto chiaro il processo storico
per il quale la denominazione di magos, esponente di una casta sacerdotale di ambiente irani-
co, passando in quello greco ha subito una profonda mutazione di signiicato per indicare il
«mago» come illegittimo «operatore del sacro». Cfr., dopo Nock 1933, Rigsby 1976, Bicker-
man 1978, Kingsley 1994, lebedev 1996, Bremmer 1999, Graf 2002.
47
plinio, NH. XXX, i, 1, 1-2: ....Auctoritatem ei maximam fuisse nemo miretur, quandoquidem

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 25

Del resto tale nozione – al di là di ogni speciica connotazione «magica» –


appare profondamente radicata in numerosi contesti culturali vicino orientali,
dall’antica Mesopotamia all’egitto, che pure ha sviluppato anch’esso un ricco
patrimonio di conoscenze mediche a fondamento sperimentale, «scientiico»,48
e allo stesso Israele. Qui peraltro il tema assume una isionomia particolare
per il suo comporsi con la peculiare identità di un orizzonte religioso in cui
sempre più nettamente si afferma il primato di iahwé su ogni altra potenza
sovrumana, ino ad imporsi, attraverso l’azione dei circoli deuteronomici e
delle forti pressioni degli ambienti profetici di età esilica e post-esilica, all’epo-
ca del secondo tempio come dio unico, destinatario della devozione totale e
del culto del popolo di israele. Ne risulta che, come fonte unica del potere di
inviare la malattia, spesso in funzione punitiva, e di sanare è dio, così da lui
proviene la facoltà di investire di tale potere alcune igure umane di «uomini
santi» che assumono dunque la funzione di mediatori potenti ma sempre
sottoposti all’unico potere divino, mentre un elemento essenziale di questa
prospettiva è costituito dalla connessione fra peccato-malattia, guarigione-
remissione del peccato.49 in alcuni casi, anche un agente a carattere negativo

sola artium tres alias imperiosissimas humanae mentis complexa in unam se redegit: natam primum e medi-
cina nemo dubitabit ac specie salutari inrepsissse uelut altiorem sanctioremque medicinam, ita blandissimis
desideratissimisque promissis addidisse uires religionis, ad quas maxime etiam nunc caligat humanum genus,
atque, ut hoc quoque suggesserit, miscuisse artes mathematicas, nullo non auido futura de sese sciendi atque ea
e caelo uerissime peti credente. edizione e traduzione di Garofalo 1986, 398-399. la convergenza
fra pratica della medicina e uso di rimedi magici è criticata da plinio a proposito di Asclepiade
di prusa, «maestro di eloquenza al tempo di pompeo Magno» che, deluso dalla pratica retori-
ca, si sarebbe improvvisato medico senza un’adeguata preparazione e prescriveva ai pazienti i
più strani rimedii. e l’autore conclude: «Al successo di Asclepiade contribuirono più di ogni
altra cosa le imposture della magia (Super omnia adiuvere eum magicae vanitates...)» (NH, XXvi,
7-9 ed. e trad. di p. Cosci in Aragosti et alii 1985, 728-733, in particolare 730 s.). Sul tema
della magia in plinio si veda ernout 1964. il processo storico che a Roma vede la progressiva
formalizzazione della nozione di «magia», quale è percepibile appunto in plinio il vecchio,
è delineato in Marco Simón 2001. Nonostante la dura polemica contro le «fatuità» delle
dottrine dei maghi, l’autore latino partecipa delle contemporanee teorie terapeutiche in cui
convergevano aspetti scientiici e magici. Già Riess 1896 ha segnalato i numerosi paralleli fra
le ricette magiche descritte da plinio e le prescrizioni delle Papyri Graecae Magicae (pGM). Cfr.
Capitani 1972, in particolare 132-140; Martini 1977. Si veda anche thérasse 1980; pinilla de
la peña 2000. Sulla complessa questione delle convergenze di interessi «scientiici» e religiosi
nella sfera magica puntuali osservazioni in Calvo Martínez 2000.
48
Cfr. Ghaliougui 1973 e 1983; Bardinet 1995; Nunn 1996.
49
Senza poter intervenire direttamente su questa problematica, basti segnalare Humbert
1964; leibowitz 1970; Hogan 1992; North 2001. per una parziale mutazione dell’atteggia-

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26 Giulia Sfameni Gasparro

entra in gioco, come nel caso ben noto di Giobbe, ma anch’esso per mandato
divino e in funzione di messa alla «prova» della fedeltà dell’uomo.
Le tradizioni ebraiche conoscono igure taumaturgiche di antichi Patriar-
chi e profeti, come Abramo,50 Mosé,51 Salomone,52 eliseo, elia53 e nell’attua-
lità del giudaismo tardo quelle di «uomini santi»54 come un onia il Giusto o
un Hanina ben dosa che si collocano rispettivamente nel i secolo a.C. e nel
i d.C., cui si attribuiscono guarigioni di vario tipo.55 la letteratura giudaica di
carattere biblico ed extra-biblico conosce anche il motivo della possessione

mento nei confronti della disciplina medica in età ellenistica, quale è espressa nel Siracide, cfr.
Noorda 1979. Si vedano anche Newmeyer 1996 e Navarro peiro 2001.
50
Cfr. dupont-Sommer 1960 per una vivace analisi di un documento di Qumran, l’Apo-
crifo della Genesi, che narra la vicenda di Abramo presso il faraone e l’attività terapeutica, in
senso esorcistico, del primo nei confronti del secondo.
51
le capacità taumaturgiche di Mosé, esaltate in alcuni ambienti tardo-giudaici, trovano
eco anche in autori pagani presso cui il personaggio acquisisce spesso le connotazioni di un
potente mago. Cfr. Gager 1972 e 1994.
52
Cfr. duling 1975, 1978 e 1985. il singolare testo, di matrice giudaica ma di posteriore
redazione cristiana, dal titolo Testamento di Salomone, illustra le facoltà taumaturgiche dell’anti-
co sapiente e la sua capacità di dominio sull’aggressivo mondo dei dèmoni. Una traduzione
del testo in duling 1983a. Cfr. anche Jackson 1988; Johnston 2002. in una serie di amuleti,
di probabile origine giudaica ma assai popolari in ambienti cristiani ino ad epoca bizantina,
interviene l’immagine di Salomone-cavaliere nell’atto di colpire un personaggio femminile
prostrato al suolo, interpretabile quale igura demoniaca. Documentazione e illustrazione
del tema in Goodenough 1953, 227-235; Begatti 1972 e già Soblin dohigny 1891 e perdrizet
1903. in ultimo Cosentino 2002.
53
Ancora utile la documentazione raccolta e discussa in fiebig 1911 e 1933 riguardo alle
tradizioni giudaiche sulle facoltà taumaturgiche dei profeti e in genere sulle grandi igure della
tradizione biblica. Su Elia e Eliseo cfr. anche Grottanelli 2000. Sulla igura di Daniele quale
«uomo santo» si veda Satran 1980. Per il particolare conigurarsi del tema in Flavio Giuseppe
si vedano McCasland 1932; Moehring 1973 e Evans 1995, 213-243 con ulteriore bibliograia.
la tipologia del «Saggio nella società giudaica della tarda antichità» è illustrata in Kalmin
1999. Cfr. anche Kalmin 2003. Il tema è affrontato con ampia esempliicazione nei diversi
interventi sulla tipologia dell’«uomo divino» nel mondo tardo-antico (cfr. oltre) e rientra fra
quelli che alimentano la «propaganda» giudaica e cristiana (tiede 1984). Sulle connessioni fra
prerogative profetiche e potere taumaturgico si veda anche Kolenkow 1980.
54
Cfr. Büchler 1968; Sabourin 1972; Green 1979; lighstone 1985. Un confronto fra la
tipologia dei miracoli dei rabbini e quelli di Gesù in van Cangh 1984.
55
Un’aggiornata ripresa del tema in Becker 2002. In particolare, la igura di Hanina ben
dosa è oggetto di numerose indagini fra cui menziono soltanto quelle di vermes 1972-1973;
vermes 1973, pp. 84-91; Bokser 1985. per una sintetica presentazione dell’ambiente giudaico
in cui si colloca storicamente l’attività di Gesù cfr. Wilcox 1982.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 27

demoniaca come causa della malattia e della pratica esorcistica come stru-
mento di liberazione dalla entità invasiva e dalle sue attività dannose a livello
della salute, isica e mentale, dell’individuo. Come è ben noto, attività tauma-
turgica nella sua speciica accezione terapeutica e pratica esorcistica molto
spesso risultano convergenti nell’azione degli «uomini di dio» del giudaismo56
e nella stessa attività di Gesù di Nazaret,57 soprattutto nella prospettiva dei Si-
nottici, sia pure – in quest’ultimo caso – nella forma essenziale dell’autorevole
comando ad abbandonare la persona posseduta rivolta all’agente invasivo e
senza la messa in opera di quei rituali più o meno complessi (con l’uso di
sostanze varie) che conosciamo praticati sia all’interno dello stesso giudaismo
sia nelle varie culture di ambito mediterraneo a struttura politeistica, per non
parlare dell’universo della magia «internazionale» che tutti li percorre e in cui
a vario titolo tutti hanno travasato elementi delle proprie tradizioni culturali
e religiose.
le ricerche attuali hanno spesso privilegiato questa dimensione della per-
sonalità e dell’azione di Gesù58 nel contesto di una problematica già sollevata

56
Soprattutto la igura di Salomone risulta collegata alla sfera degli esorcismi con ina-
lità terapeutiche, come risulta - tra l’altro - dalla notizia di Giuseppe flavio sull’uso di un
«anello di Salomone» da parte di eleazaro, un esorcista a lui contemporaneo (AJ viii, ii, 5.
42-49). L’appellativo evangelico di Gesù come «iglio di David» per alcuni interpreti intende
collegare il rabbi taumaturgo di Nazaret appunto alla igura di Salomone come esorcista e
guaritore. Cfr. i contributi di duling citati sopra, nota 52, cui si aggiungano löwestam 1974;
Charlesworth 1995.
57
la componente esorcistica dell’attività di Gesù è anch’essa oggetto di un’ampia serie di
contributi, tra cui si segnalano soltanto, dopo Kee 1967-1968, twelftree 1986, edwards 1989,
Böcher 1972, Hollenbach 1993, Rousseau 1993, Klutz 1999 e la sintesi ampia di twelftree
1993. la problematica naturalmente va situata nello sfondo delle contemporanee pratiche
esorcistiche giudaiche (Knox 1938; Grappe 2003). il tema chiama in causa in pari tempo
quello della demonologia. Cfr. Conybeare 1896 e 1897; eitrem 19662; Kelly 1968; Böcher
1972a.
58
la letteratura sul tema dei miracoli evangelici è sterminata e sarebbe del tutto impossi-
bile, oltre che inutile in questa sede, enumerarne sia pure i titoli principali. Senza entrare nel
merito delle varie accezioni della nozione del «miracolo» nel mondo antico, mi limito a segna-
lare l’analisi già menzionata di Grant 1952, i saggi di Berger 1980, Kee 1983 e 1986, 19902;
Kahl 1994 e le raccolte di contributi a cura di Moule 1965 e Wenham-Blomberg 1986. Ampie
sintesi in Kollmann 1996 e Kelhoffer 2000. Un ricco materiale è offerto per il mondo pagano
da Reitzenstein 1906 e Weinreich 1909. Una raccolta di fonti in traduzione inglese in Cotter
1999. Come è noto, proprio sul tema del miracolo e delle sue cause, divine o demoniache-
magiche, si è centrata tanta parte del dibattito fra cristiani e pagani. Cfr. Remus 1980, 1982 e
1983 e, per una discussione più articolata, Sfameni Gasparro 2000, 2001 e 2002b.

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28 Giulia Sfameni Gasparro

in passato e formalizzata in un saggio notissimo di l. Bieler,59 relativa alla ti-


pologia dell’«uomo divino» che caratterizza un importante settore della storia
religiosa del mondo antico e tardo-antico coinvolgendone tutte le componen-
ti. Non è certo possibile entrare qui nei dettagli di una questione ampiamente
dibattuta e tuttora aperta, che coinvolge direttamente l’esegesi neotestamen-
taria, nella quale molto spesso hanno agito e agiscono in maniera più o meno
esplicita o latente, motivazioni di ordine ideologico e più precisamente teo-
logico, ponendosi il problema di una eventuale «dipendenza» dell’immagine
evangelica di Gesù dal supposto «modello» pagano del theios aner.60
fra gli aspetti essenziali del tema basti indicarne l’indubbia rilevanza nel
panorama culturale dell’oikoumene mediterranea, dai primi secoli d.C. alla tarda
antichità, e la varietà delle funzioni e prerogative delle igure riconducibili a
vario titolo ad una tipologia che, proprio per questa varietà, attende ancora di
essere adeguatamente fondata su basi storiche e in ogni caso appare tutt’altro
che monolitica e statica. Ai ini del presente discorso è suficiente sottolineare
come l’evento taumaturgico, nella sua particolare dimensione terapeutica, era
percepito da ebrei, pagani e cristiani come collegabile anche a singole per-
sonalità di «mediatori», i quali a diverso titolo erano investiti di un superiore
potere che li abilitava a tale funzione. La rilevanza e il signiicato di tali igure
sono naturalmente assai diversi nei vari ambiti e strutturalmente condizio-
nati dai quadri religiosi di riferimento. in ambito giudaico, come si è detto,
la nozione di iahwé quale unica fonte del potere taumaturgico restringe no-
tevolmente la sfera di competenza degli «uomini santi» che ne sono investiti
e che comunque si pongono quali semplici mediatori di esso, in virtù della
loro sottomissione alla volontà divina e per l’esercizio delle virtù. La igura di
Gesù, già nella letteratura evangelica – come emerge dal brano citato all’inizio
del mio discorso – mentre per un verso si situa nella linea tradizionale del
monoteismo giudaico nel suo porsi in dipendenza dal padre, tuttavia si carat-
terizza in una dimensione nuova rispetto ai profeti e carismatici biblici e alle
contemporanee igure di taumaturghi giudaici, per essere dotato di un potere
che promana da lui stesso, in quanto «uguale al padre», e per il suo porsi come
fonte dell’autorità concessa ai discepoli di compiere in suo nome guarigioni ed
esorcismi. proprio da questa specialissima situazione scaturisce la «novità» del

59
Bieler 1935-1939.
60
la questione, ampiamente dibattuta e tuttora aperta, è stata affrontata da diverse ango-
lazioni in alcuni miei contributi, cui mi sia permesso rimandare per la relativa documentazio-
ne. Cfr. Sfameni Gasparro 2005 e, con aggiunte, ead. 2006, e ead. in stampa a.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 29

messaggio cristiano, quale si deinirà nel corso di un lungo processo storico,


nell’articolata varietà delle posizioni delle diverse comunità e nella istituziona-
lizzazione progressiva delle sue strutture organizzative. tale processo storico
conosce, come sua componente ampia e qualiicante, proprio l’esercizio della
facoltà terapeutica, anche nella dimensione esorcistica, da parte di singole
igure di «uomini santi», a partire dagli Apostoli e dai primi discepoli quali si
conigurano nella letteratura canonica e quali, come è ben noto, operano nella
ricca letteratura apocrifa in cui questo aspetto è ampliicato ad libitum e mo-
dulato su una varietà di registri che l’attuale indagine scientiica contribuisce
ad illustrare sempre più chiaramente.61 Né devo ora insistere sulla continuità
del tema nell’ambito dell’esperienza martiriale, ascetica e monastica e della
relativa letteratura in cui le diverse ma pure sotto vari proili connesse igure
del martire, dell’asceta e del monaco vengono a conluire nella vasta rubrica
della «santità», di cui espressione e segno della sanzione divina risulta proprio
l’evento taumaturgico, spesso caratterizzato in senso terapeutico.62 Aggiungo
soltanto che, proprio in questo contesto, come mostrano alcuni contributi a
questo incontro, viene ad aggregarsi alla prospettiva cristiana – soprattutto a
partire dal iv secolo – un elemento che, mentre la distingue da quella giudaica
(in cui un caso eccezionale è costituito dalla «piscina presso la probatica» del
testo evangelico esaminato e sporadiche anche se signiicative sono le forme
di «venerazione» presso le tombe dei patriarchi63), l’avvicina singolarmente
alla dimensione più diffusa e radicata della pratica taumaturgica e terapeutica
delle tradizioni politeistiche, ossia l’uso di sedi stabili di culto dedicate a tale
pratica, in nome e per conto dell’una o dell’altra divinità guaritrice. Mi rife-
risco naturalmente al progressivo instaurarsi e diffondersi dell’uso di chiese,
monasteri o altre sedi quali luoghi di manifestazione dell’attività terapeutica
di «santi», siano essi asceti, monaci o altri «uomini santi» viventi e operanti in
prima persona, ovvero già defunti, spesso tuttavia presenti con le loro spoglie
nei luoghi in questione, meta di pellegrinaggi tra le cui inalità la ricerca della

61
Utili suggestioni nei saggi raccolti in Bovon et alii 1981 e negli studi collettivi editi a
cura di Bremmer 1995, 1996, 1998 e 2000. Si vedano inoltre Bovon 1995 e 2001. la forte
connotazione terapeutica dell’attività apostolica si modella in varia misura sul parametro della
igura di «Cristo medico», nella duplice acczione spirituale e isica, quale viene sempre più
nettamente deinendosi in larghi settori del cristianesimo dei primi secoli. Cfr. Dumeige 1972
e, in particolare per il tema in Agostino, Abersmann 1954 e 1954a.
62
lo sviluppo del fenomeno nella Gallia del iv secolo è vivacemente delineato nel saggio
di Rousselle 1976.
63
Cfr. Klauser 1974, frankfurter 1994.

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30 Giulia Sfameni Gasparro

salute occupa un posto più o meno ampio ovvero quello principale.64 È pa-
rimenti noto che in alcuni casi, come in quello famoso della chiesa dei santi
Ciro e Giovanni nella località di Menuthis, in egitto, questi impianti sacri
ad esclusiva o preminente inalità terapeutica sono stabiliti, in una precisa e
dichiarata volontà di «sostituzione», su preesistenti sedi di culti «pagani», in
questo caso quella, insieme oracolare e medicale, di iside.65
la convergenza dei due aspetti, terapeutico e divinatorio-oracolare, di fat-
to è un altro degli elementi qualiicanti dell’intero quadro, sebbene la sua inci-
denza sia più o meno forte nell’uno o nell’altro contesto storico-culturale, con
un arco ampio di possibilità che vanno dalla facoltà di preveggenza spesso
riconosciuta a profeti e taumaturghi della tradizione giudaica e agli «uomini
santi» cristiani alla fondazione di sedi oracolari istituzionalizzate, peculiare del
mondo greco e delle diverse regioni del bacino mediterraneo, in cui – come
a Deli e a Dodona – la componente terapeutica era solo marginale ovvero,
come nel caso di Asclepio e degli egiziani iside e Serapide, si poneva al centro
della prospettiva. essa, come è noto, risulta coniugata in maniera strutturale
con la manifestazione della volontà divina, spesso nelle forme dell’incubazio-
ne66 e del sogno rivelatore,67 con prescrizione di cure e rimedi successivamen-
te messi in opera per l’intervento di un personale sacro addetto al santuario

64
per una perspicua illustrazione delle valenze del tema del «pellegrinaggio» in ambito
egiziano tardo, si vedano i sagi raccolti in frankfurter 1998.
65
Su questo episodio mi sia permesso segnalare la documentazione discussa nel mio
contributo relativo alla «biograia» di Severo di Antiochia, redatta da Zaccaria Scolastico,
che mostra il personaggio coinvolto negli eventi che vedono – ancora nel vi secolo d.C. –
confrontarsi pagani e cristiani in un serrato dibattito a proposito delle facoltà taumaturgiche
e speciicamente terapeutiche delle divinità tradizionali e dei santi martiri cristiani (Sfameni
Gasparro 2006a). La componente terapeutica nella ricca letteratura agiograica è illustrata
con densa esempliicazione nel contributo di R. Teja a questo volume. Altri saggi sul tema,
come quelli di G. filoramo, M. Monaca e e. Sanzi, mi esimono dall’insistere su di esso.
66
dopo il «classico» deubner 1900, basti menzionare soltanto lefort 1906; Gessler 1945;
Ross 1960; Tafin 1960; Meier 1966; Wacht 1997.
67
Non devo qui insistere sull’«universale» tematica del sogno nelle sue molteplici valenze,
nella sua duplice dimensione di esperienza umana e di evento culturalmente deinito (cfr.
Guidorizzi 1988a). Anche limitatamente al mondo antico è disponibile una letteratura am-
plissima, con ottimi contributi. Mi limito a segnalare pochi titoli che possono fornire alcune
direttive fondamentali delle ricerche, pertinenti – ad esempio – al contesto biblico (Husser
1966, 1999), a quello greco (Guidorizzi 1988 e, per lo speciico rapporto con il fenomeno
terapeutico, Guidorizzi 1988b, e con la stessa diagnostica medicale, oberhelman 1993). Cfr.
anche Hanson 1980; Cox Miller 1994; Stroumsa 1999 e 1999a; teja 2002.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 31

ovvero attraverso un diretto intervento risanatore da parte della divinità. l’in-


treccio dei due elementi agisce anche nel caso di quelle igure taumaturgiche
che rientrano nella discussa tipologia dell’«uomo divino» pagano, sia quando
si tratta di personaggi di notevole antichità, la cui dimensione storica risul-
ta fortemente oscurata da elaborazioni leggendarie, quali un pitagora68 o un
empedocle,69 sia quando tali igure che agiscono nel movimentato panorama
dei primi secoli dell’impero sono oggetto di più o meno sicure testimonianze
documentarie. esempi emblematici di quest’ultima situazione sono il «saggio»
di tiana, Apollonio, vissuto nel corso del i secolo d.C., di cui filostrato nella
metà del III secolo ha costruito un’immagine fortemente agiograica ma pure
densa di referenti storici, e il «profeta» di Abonotico, Alessandro, oggetto di
una vivace «biograia» dai tratti fortemente polemici e denigratori da parte
di luciano, intorno al 180 d.C. in entrambi i casi la componente terapeutica
dell’attività dei personaggi, senza essere esclusiva, è abbastanza importante
e si collega a vario titolo proprio all’autorità del dio-medico per eccellenza,
Asclepio. in Apollonio tuttavia si privilegia la dimensione personalistica della
mobile igura del taumaturgo che agisce in luoghi e momenti diversi, secondo
le circostanze in cui è coinvolto, mentre Alessandro, dopo un’analoga espe-
rienza di mobilità intesa ad offrire ad un pubblico occasionale le proprie ca-
pacità terapeutiche, deinisce la propria identità religiosa come fondatore di
una sede oracolare nel nome di un nuovo dio a forma serpentina, Glicone,
conigurato come «novello Asclepio», terzo nell’ordine di una genealogia divi-
na che da Apollo, attraverso appunto Asclepio, conduce alla divinità oracolare
del profeta di Abonotico.70 l’identità religiosa di quest’ultimo è intimamente

68
Nella Vita di Pitagora, di Poririo, l’antico saggio è conigurato quale «medico» insieme
del corpo e dell’animo, una volta che era capace di placare «con ritmi, canti e formule incan-
tatorie (ejpw/dai'")» i pathe di entrambi (vp 30). di lui, insieme con molte attività prodigiose,
si esaltano le facoltà terapeutiche, espresse mediante l’uso della musica ma anche dei rimedi
magici (ejpw/dai'" kai; mageivai" § 33). Nella prospettiva nettamente apologetica dell’autore
neoplatonico pitagora integra il perfetto ritratto dell’«uomo divino» ellenico, in cui si coniu-
gano insegnamenti ilosoici ed etici e impegno nella vita sociale. In un panorama di studi
assai vasto segnalo soltanto la recente, densa sintesi della tradizione antica e della moderna
esegesi di Riedweg 2005.
69
Sulla complessa facies del ilosofo e «uomo divino» agrigentino, quale si è conigurata at-
traverso un lungo processo storico, con ampia accumulazione di dati leggendari, e nella quale
interviene una signiicativa componente terapeutica, si veda il saggio di Kingsley 1995.
70
Riprendo brevemente in questa sede le argomentazioni svolte, con i necessari supporti
documentari e bibliograici, nei miei contributi Sfameni Gasparro 1996 [1997] e 1999a, uni-
icati e ampiamente elaborati in Ead. 2002, 149-202.

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32 Giulia Sfameni Gasparro

collegata al divino referente attraverso l’affermazione della sua discendenza


dall’Asclepiade podalirio, accentuandosi per tale via la dimensione straordina-
ria del personaggio. la sua formazione contempla un apprendistato presso un
medico (ijatrov") che luciano presenta con le tinte oscure di un mago della
peggior specie (govh"),71 «uno di quelli che promettono sortilegi e incantesimi
mirabolanti, cose come iltri per favorire amori, evocazione di spiriti contro
i nemici, scoperte di tesori e successioni nelle eredità» (Alex. 5). lo stesso
malevolo biografo deve riconoscere che Alessandro «conosceva molti medi-
camenti eficaci» che prescriveva a quanti si rivolgevano al suo oracolo (Alex.
22), che aveva, come proprio manifesto propagandistico – a dire di luciano
– una sorta di proclama, secondo il quale il manteion di Glicone «prediceva il
futuro, scopriva schiavi fuggiaschi, smascherava ladri e predoni, permetteva
di trovare tesori sepolti sotto terra, guariva malati, e qualche volta aveva già
resuscitato dei morti» (Alex. 24).
Si constata dunque come, nella vasta gamma delle prerogative dell’oracolo,
una parte importante era costituita dalla dimensione terapeutica che lo stesso
luciano evoca a più riprese. in alcuni casi si tratta di singoli individui che,
aflitti da malanni diversi, chiedono all’oracolo i rimedi guaritori e ricevono
risposte nel tipico stile oracolare del responso enigmatico, che evidentemente
richiedeva poi l’intervento chiariicatore del personale del tempio, che cono-
sciamo numeroso e specializzato.72 Nel linguaggio vivacemente icastico del
«biografo» si evoca quindi l’episodio di un personaggio di alto rango, come
molti di quelli che si rivolgevano all’oracolo di Glicone, ossia «un fratello di
un senatore», il quale «si lamentava per un dolore di stomaco, e Alessandro
voleva prescrivergli di mangiare un piedino di maiale condito con la malva,
ma sentenziò così: “Cospargi di cumino della malva in una sacra pignatta di
maialini”».73 L’abilità del profeta nel trovare astute soluzioni alle dificoltà
insite nella sua attività terapeutica è sottolineata da luciano che ne intende
smascherare le intenzioni fraudolente. «in molto casi – dichiara – pronosti-
cava ai malati la guarigione proprio poco prima della morte, ma quando mo-
rivano c’era bell’e pronto un altro responso che sconfessava il precedente:

71
Questa connessione, in funzione di una caratterizzazione del personaggio in senso pre-
minentemente magico, è privilegiata nella interpretazione di Mastrocinque 1998.
72
Alex. 23 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 131 s.: «...già da tempo aveva
intorno una quantità di gente, tra collaboratori, servi, informatori, redattori di oracoli, archi-
visti, segretari, addetti ai sigilli, interpreti...».
73
Alex. 25 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 134 s.

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 33

“Non cercare più soccorso contro il tuo funesto male, il destino di morte
è chiaro e non puoi sfuggirgli”».74 Inine, una tipica prescrizione medicale
sarebbe stata offerta da Alessandro allo stesso luciano, in occasione di una
consultazione intenzionalmente preparata per scoprire gli inganni del «fal-
so profeta».75 l’azione terapeutica del profeta di Glicone si esplicava anche
a favore di intere comunità, soggette a calamità naturali e pestilenze, che il
suo dio assicurava di poter allontanare, attribuendo dunque anche un’eficacia
«preventiva» all’intervento del suo rappresentante umano.76 di fatto, nel corso
della terribile peste diffusa nell’impero nel 165-166 dai reduci della campagna
militare in oriente condotta da lucio vero, l’oracolo di Alessandro diffuse un
responso cui si attribuivano eficaci capacità terapeutiche a difesa delle città
sulle cui porte esso veniva iscritto appunto «come antidoto alla peste» , e del
quale ci è pervenuta una testimonianza epigraica.77
per la mediazione del medico-stregone, suo maestro, Alessandro di Abo-
notico appare collegato da luciano allo stesso Apollonio, rivelandosi per tale
via una linea di continuità tra i due personaggi e i relativi contesti religiosi,
peraltro dificilmente precisabile data la scarsa espressività e il carattere po-
lemico della fonte. Al di là del tono sarcastico e fortemente denigratorio del
«biografo», che conigura lo stesso Tianeo con i tratti ciarlataneschi del mén-
tore di Alessandro, il quale sarebbe appartenuto alla cerchia dei suoi discepoli
(Alex. 5), si percepisce uno sfondo mobile di personaggi carismatici, con più
o meno ampie capacità terapeutiche, accompagnati da cerchie di «discepoli»

74
Alex. 28 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 136-139.
75
Alex. 53 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 166 s.: allo schiavo che aveva
dichiarato falsamente che il contenuto della domanda oracolare consisteva in una richiesta di
«una cura per un dolore al ianco», viene poi consegnata la seguente risposta: «Ti raccomando
di spalmarti con la citmide e con della saliva di cavallo da corsa». il nome di citmide era stato
«inventato» da Alessandro per designare «un ricostituente fatto di grasso di orso» che lucia-
no dichiara essere uno di quei «medicamenti eficaci» conosciuti dal personaggio e utilizzati
per le sue attività terapeutiche (cfr. § 22).
76
Alex. 36 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 144-147: «Alessandro... comin-
ciò a spedire in ogni parte dell’impero romano dei “portavoce di oracoli” (crhsmofovrou"):
avvertiva le varie città di guardarsi da pestilenze, incendi e terremoti; e si impegnava in prima
persona, naturalmente, a garantire loro un aiuto sicuro per impedire queste calamità».
77
Alex. 36, 146 s.: «durante la peste fece arrivare in tutti i paesi un unico oracolo – auto-
fono anch’esso – che consisteva in questo solo verso: “febo dai lunghi capelli tiene lontani
i miasmi del terribile morbo”». Un’iscrizione rinvenuta presso Antiochia sull’oronte è stata
individuata dal perdrizet (1903a) come pertinente all’oracolo di Glicone, verisimilmente iden-
tiicabile con quella ricordata da Luciano.

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34 Giulia Sfameni Gasparro

che, per una sorta di processo di «gemmazione», creavano nuovi gruppi i


quali compivano analoghe pratiche e, con ogni verisimiglianza, diffondevano
connessi insegnamenti di contenuto religioso. di fatto, nonostante tutta la
sua ostilità, luciano lascia trasparire a più riprese la presenza nell’orizzonte
ideologico del profeta di Abonotico e della sua pratica oracolare di genuini
interessi religiosi, non solo per la parallela istituzione di un rituale misterico,
sul modello eleusino, ma per la presenza di un insegnamento di marca pita-
gorica a livello antropologico ed etico, con la nozione della metempsicosi e
della progressiva puriicazione dell’anima. Tra gli oracoli riferiti dal biografo,
di fatto, alcuni risultano collocabili nella tipologia dei cosiddetti «oracoli te-
ologici» che nello stesso periodo cominciano ad affermarsi anche nei grandi
santuari oracolari apollinei di didima e Claro, i quali affrontano i grandi pro-
blemi della natura del divino e delle sue modalità di manifestazione nella vita
cosmica e umana.78
Questa dimensione teologica, a fondamento precipuamente pitagorico,
appare centrale nell’immagine del saggio di tiana delineata da filostrato, in-
dubbiamente in conformità ad un «progetto» ideologico e religioso formulato
all’interno della cerchia di intellettuali che gravitava attorno alla dinastia re-
gnante, quella dei Severi, e in particolare faceva capo all’Imperatrice-ilosofa
Giulia Domna. Ai nostri ini interessa notare come, alla luce di questo pro-
getto, la igura di Apollonio, nell’indubbio recupero della sua consistenza sto-
rica, venga tuttavia rimodellata profondamente rivolgendo una dimensione
importante di quella consistenza, ossia la capacità taumaturgica, in direzione
della costruzione dell’identità di un riformatore religioso, ispirato dai principi
pitagorici, inteso a restaurare e interpretare secondo questi principi i culti
tradizionali.
tra questi assume un rilievo notevole, in coerenza con la situazione con-
temporanea (del personaggio ma anche del suo biografo), proprio quello a
fondamento medicale e oracolare di Asclepio. Apollonio compie la propria
educazione culturale e religiosa nella città della Cilicia Aigai nel «tempio di
Asclepio, in cui il dio stesso si rivela agli uomini», come precisa filostrato
che a più riprese sottolinea il profondo rapporto di familiarità che legava il

Sul tema segnalo soltanto il saggio magistrale di Nock 1928, che inaugura un ricco ilo-
78

ne di ricerche sul tema, per il quale mi sia permesso rimandare al mio volume 2002, 192-197.
La letteratura degli «oracoli teologici» trova uno dei suoi sbocchi più signiicativi nella tradi-
zione rilessa nei noti «Oracoli caldei» attribuiti a Giuliano il Teurgo, nella «Teologia tratta
dagli oracoli» di Poririo e nella tarda raccolta cristiana della «Teosoia di Tubinga».

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 35

personaggio al dio, al punto che quest’ultimo avrebbe detto al proprio sa-


cerdote «che era lieto di guarire i malati avendo Apollonio a testimone».79
Un ruolo più attivo gli è peraltro attribuito dallo stesso dio, che indirizza ad
Apollonio un giovane, malato a causa della sua dissolutezza, per essere am-
maestrato sulla retta condotta. Seguendo i consigli insieme etici e dietetici di
Apollonio, il malato ottiene la guarigione.80 Anche dall’Asclepio di pergamo
sarebbe venuto ai consultanti l’ordine di rivolgersi al sapiente tianeo.81 dopo
aver operato la liberazione di efeso da una grave pestilenza che infestava la
città, avendone scacciato – nelle forme di un vecchio mendicante – il demone
maligno che l’aveva provocata,82 Apollonio istruisce i fedeli nell’Asclepieio
di pergamo e compie alcune guarigioni.83 egli poi, nel suo lungo peregrinare
per tutta l’oikoumene per acquisire sempre più ampia esperienza delle diverse
forme di sapienza possedute dai vari popoli «barbari» (Magi persiani, saggi

79
Vit. Apol. i, 7-8 nella traduzione di del Corno 1978, 65-67.
80
Vit. Apol. i, 9 trad. del Corno 1978, 67 s. il giovane, pur essendo malato di idropisia,
nella sua dissolutezza continuava a bere smodatamente. Sottolineando gli interessi etici del
dio guaritore, filostrato nota: «per questo motivo era trascurato da Asclepio che non lo
visitava neppure in sogno». Alle rimostranze dell’ammalato, il dio gli appare consigliandogli
di rivolgersi ad Apollonio, il quale gli fornisce le opportune indicazioni dietetiche. Non si
tratta quindi di un’azione terapeutica di carattere taumaturgico bensì di un intervento ispi-
rato da una sapienza che coniuga presupposti etici e conoscenze medicali. del resto, come
è ben noto, la «medicina del tempio», nel caso di Asclepio e delle altre divinità guaritrici,
insieme con l’intervento «miracoloso», spesso nelle forme della manifestazione onirica del
dio, contemplava l’applicazione di tutto un bagaglio di conoscenze mutuate dalla scienza
medica. Sulla collaborazione, piuttosto che l’opposizione conlittuale, tra i due contesti cfr.
Koelbing 1980; de filippis Cappai 1991; longo 1992; Horstmanshoff 2004; perilli 2005 e
2006; petzl 2006. del resto tale conciliazione è presente anche nell’esperienza personale dei
due massimi rappresentati della tradizione scientiica, Ippocrate (Jouanna 1989) e Galeno
(Boudon 1988).
81
Vit. Apol. iv, 1 trad. del Corno 1978, 181. All’arrivo di Apollonio in Asia Minore, i
principali centri religiosi, quali gli oracoli apollinei di Colofone e di didima, e il santuario di
pergamo, dedicato ad Asclepio, ne esaltano la grande sapienza. «infatti - afferma filostrato -
a molti che imploravano guarigione il dio aveva ingiunto di recarsi da Apollonio, dicendo che
questa era la sua volontà e così piaceva alle Moire».
82
Vit. Apol. iv, 10 trad. del Corno 1978, 186 s. la scena dell’espulsione del demone,
sotto le mentite spoglie del mendicante cieco, implica la lapidazione e il successivo smasche-
ramento della vera identità del personaggio.
83
Vit. Apol. iv, 11 trad. del Corno 1978, 197: «Si recò dunque a pergamo, dove con
grande piacere fece visita al tempio di Asclepio; qui istruì i fedeli del dio sui riti per ottenere
sogni di facile interpretazione, e molti anche ne guarì».

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indiani etc.) e in pari tempo per diffondere la propria saggezza e riformare


i costumi etici e cultuali delle popolazioni greche ed ellenizzate, compie per
suo conto alcuni interventi terapeutici. Si ricorda il «risveglio» di una fanciulla
ritenuta morta, operato da Apollonio con la recitazione di alcune «parole
segrete», sottolineandosi peraltro che si tratta non di una miracolosa «resurre-
zione» bensì della percezione, da parte del saggio, di una «morte apparente».84
il biografo, peraltro, non insiste molto sull’aspetto dell’attività taumaturgica
del suo «eroe», che poteva facilmente prestarsi all’accusa di pratiche magiche,
tanto spesso ricorrente nella vicenda dei vari «uomini divini». Tra le inalità
dell’opera di filostrato, di fatto, risulta preminente proprio quella di sostituire
all’immagine di Apollonio quale magos o addirittura goes (stregone-ciarlatano)
che si era affermata in molti ambienti, quella del sapiente, asceta e riformatore
religioso, le cui capacità carismatiche a carattere divinatorio e taumaturgico
non si fondavano sull’oscura e pericolosa scienza magica ma scaturivano dalla
sua pietà e dal rapporto intimo con la divinità, maturato in un processo di
perfezionamento intellettuale ed etico. tale preoccupazione traspare anche
da alcune lettere attribuite allo stesso Apollonio e tramandate da vari canali
fra cui lo stesso filostrato.85 Mentre esprime un grande apprezzamento della
scienza medicale, che Pitagora avrebbe deinito «la più divina» fra le scienze,
in quanto rivolta alla cura dell’anima insieme con il corpo,86 Apollonio si fa
un vanto di liberare gli uomini dalle malattie, sull’esempio di Asclepio.87 e
ciò in polemica con il retore eufrate, in pari tempo rivendicando – contro
le accuse di essere un «mago»88 mosse dall’avversario – la natura superiore
e divina della propria sapienza, secondo l’accezione originaria e positiva del
medesimo termine (magos), in quanto designazione dei Magi, sapienti cultori
degli dèi,89, che può essere applicata a suo parere anche ai ilosoi discepoli di

84
Vit. Apol. iv, 45 trad. del Corno 1978, 218.
85
edizione con introduzione e commento critico in penella 1979.
86
Ep. 23 ed. penella, 46 s.
87
Ep. 8 ed. penella, 38 s.
88
Sul carattere topico di tale accusa nei confronti dei profeti e taumaturghi nel mondo
antico cfr. Heintz 1997.
89
Ep. 17 ed. penella, 44 s.: «i persiani chiamano Magi gli uomini divini. Magos infatti è il
cultore degli dèi ovvero colui che è divino (theios) per natura». Nonostante l’avvenuta trasfor-
mazione semantica e concettuale in ambito greco, questa distinzione e l’accezione positiva
del termine, presente, ad esempio, nell’Alcibiade platonico (121a), permane a lungo nella tra-
dizione greco-romana. Si pensi all’auto-difesa di Apuleio che rivendica, in una prospettiva
sapienziale, il valore della mageia come scienza delle cose divine (Apol. 25-26).

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Taumaturgia e culti terapeutici nel mondo tardo-antico 37

pitagora e ai seguaci di orfeo.90 emerge in tal modo in primo piano un’altra


delle direttrici del quadro brevemente delineato, ossia quella che conduce al
vasto universo della magia.91 Nell’accezione greco-romana del termine, si trat-
ta di quel complesso di conoscenze e di pratiche intese ad acquisire, da parte
di individui specializzati nelle relative tecniche, un potere operativo che pro-
mana dal mondo sovrumano popolato da dèi, demoni e entità a vario titolo
potenti (anime dei defunti) ma che, debitamente conosciuto, viene utilizzato
dall’operatore in obbedienza alle inalità proprie o di quanti a lui si rivolgono,
per ottenere una serie di beneici ovvero agire in maniera offensiva e maleica
contro avversari.
Senza poter analizzare in dettaglio questa problematica, è suficiente riba-
dire come essa intervenga a pieno titolo sia all’interno di ciascuno degli ambiti
storico-culturali in questione in relazione più o meno ampia con la sfera della
pratica terapeutica, sia nel confronto-scontro che tanto spesso ne caratterizza
i rapporti, soprattutto a partire dal momento in cui emerge e si impone con
forza sullo scenario dei multiformi ma pure per molti versi omogenei scenari
religiosi del Mediterraneo, a struttura politeistica, il messaggio cristiano che
intende sostituirsi ad essi, senza compromessi, per affermare la credenza in
un dio unico. Non è necessario insistere sull’identità egualmente monoteisti-
ca del giudaismo e delle tensioni o franchi conlitti che essa aveva suscitato e
continuava a suscitare nel rapporto con le altre culture tradizionali. È infatti
ben noto come il carattere fortemente «nazionale» dell’identità religiosa giu-
daica aveva permesso di negoziare – come peculiare elemento culturale – la
speciicità del suo credo monoteistico con i poteri politici stranieri con cui di
volta in volta si era misurata e ai quali spesso aveva dovuto soggiacere, ino
a quello di Roma che ne aveva riconosciuto appunto il diritto a mantenere
quell’identità nazionale, con una serie di «privilegi», tra cui – ad esempio –
quello dell’esenzione dal prestare omaggio cultuale all’imperatore. A ciò si
aggiunga che il proselitismo giudaico, piuttosto limitato a circostanze e am-
bienti particolari, se per un verso indubbiamente alimentava tensioni politiche
e culturali, dall’altro – proprio per il suo carattere non programmatico e la
limitata incidenza sociale – non turbava gli equilibri complessivi delle culture
contemporanee. Ben diversa si è rivelata ben presto la posizione dei cristiani,
con la forte istanza missionaria e la connessa radicalità delle conversioni, su-
bito collegata con la critica serrata delle strutture tradizionali, sotto il proilo

90
Ep. 16 ed. penella, 42 s.
91
Cfr. sopra.

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delle credenze e del culto. Nel conseguente conlitto tra i due fronti, mentre
l’intero panorama dei politeismi tradizionali, con particolare insistenza sulla
loro dimensione taumaturgica e terapeutica, viene demonizzato dai cristiani
e assimilato nella sua ritualità alla pratica magica nei suoi aspetti più negativi,
l’attività di miracoli e guarigioni connessa alla stessa igura di Gesù di Nazaret
e ai suoi primi discepoli e nell’attualità perseguita dai cristiani viene segnata,
nella percezione degli avversari pagani, dal marchio negativo dell’inganno e
della magia. Con la progressiva affermazione e la inale vittoria del nuovo
messaggio, inine, le diverse forme di culto «pagano» a vario titolo ancora
presenti nel panorama dell’impero ormai cristiano, tra cui soprattutto vitali
quelle connesse con i numerosi dèi guaritori ancora operanti nelle loro sedi,
spesso caratterizzate dalla componente oracolare, sono coinvolte in questo
giudizio totalmente negativo. demonizzate e ridotte al rango di pratiche ma-
giche, queste forme cultuali sono represse per l’azione dei tanti «uomini santi»
che, attraverso prodigi e soprattutto guarigioni, operano le ultime conversioni
offrendo insieme il recupero della sanità isica e spirituale agli uomini che a
loro si rivolgono.

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