Cristo e Asclepio
Cristo e Asclepio
Cristo e Asclepio
CRiSto e ASClepio
Culti terapeutici e taumaturgici
nel mondo mediterraneo antico fra pagani e cristiani
a cura di
enrico dAl Covolo e Giulia SfAMeNi GASpARRo
lAS - RoMA
iSBN 978-88-213-0698-3
–––––––––––
Elaborazione elettronica: lAS Stampa: tip. Abilgraph - via p. ottoboni 11 - Roma
Prefazione
1
il testo è stato pubblicato in traduzione latina, con ricca introduzione critica, da G. GA-
Ritte, Textes hagiographiques orientaux relatifs à Saint Léonce de Tripoli. II. L’homélie copte de Sévère
d'Antioche, le Muséon 79, 1966, 335-386. per le questioni relative alla vicenda di Severo,
accusato proprio di adesione al paganesimo e di pratiche magiche da parte degli avversari, mi
sia permesso segnalare il mio contributo Magia e demonologia nella polemica fra cristiani e pagani
(V-VI sec.): La vita di Severo di Zaccaria Scolastico, MHNH 6, 2006, 33-92.
ut dimittam te. leonzio risponde con una dura condanna del culto idolatrico e
l’affermazione di essere stato sanato da Cristo. fallito un tentativo dei sacer-
doti di Asclepio di guarire un paralitico, interviene leonzio che, spalmando
sul corpo del malato la cera che ricopriva il suo stesso corpo, ne ottiene la mi-
racolosa guarigione nel nome di Cristo. la partita è dunque vinta da quest’ul-
timo e riceve piena legittimazione la pratica rituale che, nell’attualità del culto
martiriale, si compie nella chiesa di tripolis, in cui appunto la cera che aveva
protetto il corpo di leonzio, raccolta e custodita in un vaso d’argento, è usata
quale farmaco eficace per i malati, come Severo testimonia riferendo alcuni
miracoli.
Il documento brevemente evocato esempliica eficacemente una proble-
matica di fondamentale interesse storico-religioso quale è quella dei processi
di trasformazione che, in una dialettica complessa di sostituzione e di utiliz-
zazione di elementi, risemantizzati in un nuovo contesto religioso, segnano
la fase decisiva della storia culturale del mondo tardo antico in cui si compie
il confronto fra le tradizioni religiose del mondo mediterraneo a struttura
politeistica e il nuovo messaggio cristiano. il problema di tale trasformazione
è assai complesso e non può essere certo affrontato in maniera semplicistica
in termini di «derivazione» e di «inlussi», neppure in quei casi – come quel-
lo dei culti terapeutici tradizionali da una parte e dall’altra le varie forme di
pratiche di guarigione e miracoli connessi al culto di martiri e santi – in cui
le analogie nelle modalità rituali e negli effetti pratici appaiono assai forti.
Basti pensare all’utilizzazione gradualmente sempre più ampia della pratica
dell’incubazione nei martyria e nelle chiese dedicate ai vari santi-medici, di cui
è indubbia l’origine «pagana» – nei culti di Asclepio in particolare ma anche
in numerosi altri afini – e all’uso di sostanze varie per ottenere la guarigione,
come esempliicato dal caso di Leonzio. In tutti questi casi, infatti, è necessa-
rio procedere con adeguati strumenti metodologici e duttili criteri interpreta-
tivi, al ine di discernere – insieme con le analogie – i signiicati e le peculiari
valenze religiose attribuite nel nuovo scenario cristiano a quelle pratiche, una
volta avvenuta la profonda mutazione del referente religioso, dai molti dèi
funzionali di un contesto politeistico al dio di un monoteismo come quello
cristiano che identiica in Cristo-Signore, che la rilessione teologica nel suo
lungo percorso – non privo di conlitti e diversiicazioni su cui naturalmente
non è qui il caso di discutere – giunge a riconoscere pari in natura e dignità al
padre, l’unico mediatore fra questo e gli uomini. Martiri e santi, in particolare
quelli connessi con la sfera sempre più vasta del monachesimo e delle varie
forme di ascetismo, pur oggetto di forme di culto intensamente partecipate
Abbreviazioni e sigle
AbhMainz Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Mainz, Geistes und sozi-
alwissenschaftliche Klasse
ABSA Annual of the British School at Athens
AnBoll Analecta Bollandiana
AnnMusGuim Annales du Musée Guimet
ANRW Aufstieg und Niedergang der rômischen Welt: Geschichte und Kultur Roms im
Spiegel der neueren Forschung, edd. H. Temporini - W. Haase, Berlin-New
York
AttRegAcclinc Atti della Regia Accademia dei Lincei
BAGB Bulletin de l’Association Guillaume Budé
BCH Bulletin de correspondance hellénique
BifAo Bulletin de l’Institut Français d’Archéologie Orientale du Caire
Ble Bulletin de littérature ecclésiastique
ByzZ Byzantinische Zeitschrift
CCC Civiltà classica e cristiana
Ce Chronique d’Egypte
Cahierorient Cahiers d’orientalisme
CRAi Comptes rendus de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres
dop Dumbarton Oaks Papers
eA Epigraphica Anatolica: Zeitschrift für Epigraphik und historische Geographie
Anatoliens
epRo Études préliminaires aux religions orientales dans l’Empire Romain, Leiden
fRlANt In Gasparro
GlNt Grande Lessico del Nuovo Testamento
GRBS Greek, Roman and Byzantine Studies
HthR Harvard Theological Review
iNJ In Bricault
JBl Journal of Biblical Literature
JeA Journal of Egyptian Archaeology
JeCS Journal of early Christian studies
JHS Journal of Hellenic Studies
JJS Journal of Jewish Studies
JÖByz Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik
JQR In Gasparro
JRA Journal of Roman archaeology
JSJ Journal for the study of Judaism: (in the Persian, Hellenistic and Roman pe-
riod)
JtS Journal of Theological Studies. Oxford, Clarendon Press
MHNH MHNH, Revista Internacional de investigación sobre Magia y Astrología
antiguas, Málaga
MifAo Mémoires de l’Institut Français d’Archéologie Orientale du Caire
Nt Novum Testamentum: an international quarterly for New Testament and re-
lated studies
NtS New Testament Studies: an international journal publ. quarterly under the
auspices of Studiorum Novi Testamenti Societas
oCA Orientalia Christiana Analecta
po Patrologia Orientalis
RB Revue biblique
ReA Revue des études anciennes
ReB Revue des études byzantines
RechScRel Recherches de science religieuse
ReG Revue des études grecques
RHphR Revue d’histoire et de philosophie religieuses
RHR Revue de l’histoire des religions
RivAC Rivista di Archeologia Cristiana
Rthl (Rtl) Revue théologique de Louvain
SBl In Gasparro
SC Sources Chrétiennes, Paris
SMSR Studi e materiali di Storia delle religioni
So Symbolae Osloenses, auspiciis Societatis Graeco-Latine
tApA (tAphA) Transactions and Proceedings of the American Philological Association
tU Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristliche literatur, Leipzig
-Berlin
vC Vigiliae Christianae: a review of early Christian life and language
ZÄS Zeitschrift für Ägyptische Sprache und Altertumskund
ZKth Zeitschrift für Katholische Theologie
Zpe Zeischrift für Papyrologie und Epigraphik, Bonn
1
Cfr. Jo 2, 1-12 dove, a conclusione del racconto della prodigiosa trasformazione dell’ac-
qua in vino durante il banchetto nuziale a Cana di Galilea, l’evangelista nota: «Questo inizio
dei segni fece Gesù in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero
in lui» (Tauvthn ejpoivhçen ajrch;n tw'n çhmeivwn oJ ∆Ihçou'ç ejn Kana; th'ç Galilaivaç
kai; ejfanevrwçen th;n dovxan aujtou', kai; ejpivçteuçan eijç aujto;n oiJ maqhtai; aujtou’).
dopo un primo soggiorno a Gerusalemme (cfr. n. 2), tornato nella stessa cittadina galilea,
Gesù compie il suo primo intervento terapeutico a distanza, sanando il iglio del basilikòs che
giaceva malato a Cafarnao (Jo 4, 43-54). Anche in questa occasione l’intervento miracoloso è
deinito secondo la tipologia del semeion, qui coniugato peraltro - nell’esclamazione di Gesù -
con quella del «prodigio» (Jo 4, 48): «Se non vedete segni e prodigi non crederete» (∆Ea;n mh;
çhmei'a kai; tevrata i[dhte, ouj mh; piçteuvçhte). Cito i testi in una mia traduzione che
vuole rimanere il più possibile aderente al dettato originale.
2
l’episodio della visita al tempio, con la cacciata dei venditori di animali e dei cambiava-
lute, è concluso dall’affermazione di una vasta adesione popolare, in virtù dei semeia ivi ope-
rati, dei quali peraltro non si speciica la precisa consistenza: «Trovandosi a Gerusalemme nel
giorno festivo della pasqua, molti credettero nel suo nome vedendo i segni di lui, che compi-
va» (Jo 23-25: ÔWç de; h\n ejn toi'ç ÔIeroçoluvmoiç ejn tw'/ pavçca ejn th'/ eJorth'/, polloi;
ejpivçteuçan eijç to; o[noma aujtou', qewrou'nteç aujtou' ta; çhmei'a a} ejpoivei ).
3
Sulle varie proposte interpretative basti qui segnalare la breve rassegna fornita da du-
prez 1970, 131-132. È superluo sottolineare che il mio discorso non intende entrare nel
merito delle questioni esegetiche del testo giovanneo, oggetto di un’imponente letteratura
specializzata, pur tenendo conto delle soluzioni più strettamente pertinenti ad esso.
4
Jo 5, 1-2: e[çtin de; ejn toi'ç ÔIeroçoluvmoiç ejpi; th'/ probatikh'/ kolumbhvqra hJ
ejpilegomevnh ÔEbrai>çti; Bhqzaqav, pevnte çtoa;ç e[couça. i manoscritti recano numerose
varianti nella denominazione della kolymbethra. È dificile inoltre decidere se «la Probatica» sia
denominazione di una «porta» ovvero di un’altra «piscina». Su tutta la questione e sulla lettura
«Bezatha» a preferenza di quella adottata nel testo uficiale (Bethzatha) (cfr. ed. Merk 1933,
con successive, numerose ristampe) cfr. duprez 1970, 132-135 e 154-159.
5
Jo 5, 3-4.
6
Jo 5, 7: Qevleiç uJgih;ç genevçqai…. Anche nei versetti precedenti si usa l’aggettivo uJgih;ç
e dunque l’espressione «diventare sano» per indicare la guarigione. Su ques’uso cfr. Hogan
1992 e già i contributi di oepke 1938 e luck 1969. Una dettagliata disamina del linguaggio
relativo alla sfera della guarigione «da omero al Nuovo testamento» in Wells 1998.
7
Jo 5, 8-9: levgei aujtw'/ oJ ∆Ihçou'ç, “Egeire a\ron to;n kravbattovn çou kai; peripavtei. kai;
eujqevwç ejgevneto uJgih;ç oJ a[nqrwpoç, kai; h\ren to;n kravbatton aujtou' kai; perie-
pavtei.
8
Jo 5, 10-18. Cfr. 7, 23 sulla medesima questione del riposo sabbatico ancora in rapporto
alle guarigioni miracolose di Gesù.
non peccare più afinché non ti capiti qualcosa di peggio».9 il recupero della
salute, ottenuto attraverso un intervento autorevole quanto inatteso da parte
di una igura taumaturgica, ino a quel momento sconosciuta allo stesso be-
neiciario di esso, si accompagna all’ammonimento da parte di quest’ultima a
«non più peccare», nella prospettiva di un danno maggiore della precedente
condizione. Senza che si stabilisca un rapporto diretto, come in numerosi altri
casi dell’azione del Rabbi di Nazaret, fra guarigione e remissione dei peccati
(là dove talora la seconda precede la prima, che ne costituisce come la sanzio-
ne tangibile) né si proponga in maniera esplicita una relazione di causalità tra
peccato e malattia,10 indubbiamente si instaura una trama concettuale in cui
tutti questi temi risultano a vario titolo tangenti.11
A suggello del signiicato storico-religioso del quadro non si trascurerà
inine la prospettiva in cui il narratore situa l’evento. All’accusa dei Giudei di
«distruggere il sabbato» Gesù risponde evocando il modello stesso dell’atti-
vità divina: «Il Padre mio opera ino ad oggi, e anch’io opero». L’Evangelista
rende quindi esplicito il signiicato di questa affermazione: l’odio dei Giudei
nei confronti di Gesù si motiva «non soltanto perché distruggeva il sabato,
ma perché chiamava dio proprio padre, facendosi uguale a dio».12 È così
evidente tutta la pregnanza dell’espressione path;r i[dio" per deinire la rela-
zione di Gesù con dio, la quale implica una «eguaglianza» inammissibile nella
prospettiva del monoteismo giudaico.
9
Jo 5, 14: meta; tau'ta euJrivçkei aujto;n oJ ∆Ihçou'ç ejn tw'/ iJerw'/ kai; ei\pen aujtw'/,
“Ide uJgih;ç gevgonaç: mhkevti aJmavrtane, i{na mh; cei'rovn çoiv ti gevnhtai.
10
essa, come è noto, viene esplicitamente negata da Gesù nell’episodio della guarigione
del cieco dalla nascita (Jo 9,1-41). Alla domanda dei discepoli («Rabbi, chi ha peccato, lui
stesso o i suoi genitori sicché sia nato cieco?»: ÔRabbiv, tivç h{marten, ou|toç h] oiJ gonei'ç
aujtou', i{na tulo;ç gennhqh'/… ), Gesù risponde: «né lui ha peccato né i suoi genitori» e indi-
ca l’infermità come condizione per la manifestazione delle opere di dio nel cieco (...Ou[te
ou|toç h{marten ou[te oiJ gonei'ç aujtou', ajll∆ i{na fanerwqh'/ ta; e[rga tou' qeou' ejn
aujtw':/ Jo 9, 2-3). Una breve disamina della nozione di causalità nell’insorgenza delle malattie
e dell’atteggiamento nei confronti della medicina nel N.t. nei saggi di Amudsen - ferngren
1996 e di ferngren - Amudsen 1996.
11
Un’analisi del testo inalizzata a individuare il rapporto fra malattia e peccato, che risulta
implicitamente evocato nell’affermazione inale di Gesù all’uomo sanato a non più peccare,
in thomas 1998, pp. 92-110. ivi le citazioni di alcuni fra i principali commenti al vangelo
giovanneo.
12
Jo 5, 16-18: dia; tou'to ou\n ma'llon ejzhvtoun aujto;n oiJ ∆Ioudai'oi ajpoktei'nai,
o{ti ouj movnon e[luen to; çavbbaton ajlla; kai; patevra i[dion e[legen to;n qeovn, i[çon
eJauto;n poiw'n tw'/ qew'.
13
Tale componente cultuale si rilette anche nell’organizzazione dello spazio sacro e nei
relativi impianti architettonici. Basti segnalare in proposito Graf 1992. per una aggiornata
rassegna degli Asclepieia impiantati in tutta l’area mediterranea cfr. Riethmüller 2005 e Meli
2007. le fonti letterarie (cfr. edelstein - edelstein 1945) frequentemente registrano quell’uso
che trova una delle sue più intense e straordinarie esempliicazioni nell’esperienza religiosa
del retore elio Aristide. Sul tema mi sia permesso rimandare alla documentazione discussa
nel mio saggio (Sfameni Gasparro 1998, con aggiornamenti 2002). Si veda in questo volume
il contributo di l. pernot. Senza poter documentare in dettaglio il tema del ruolo terapeutico
dell’acqua nel mondo antico mi limito a segnalare le osservazioni del breve saggio di Croon
1967 e i contributi nei volumi collettivi Aa.vv. 1981 e 1994.
14
Su tutta la problematica, dopo Jeremias 1966, si veda duprez 1970. Cfr. anche Belayche
2001, 160-167 e 2007.
15
Sulle prerogative terapeutiche del culto di Serapide si veda in questo volume il con-
tributo di l. Bricault. Ampio spazio a tali facoltà, come è noto, era fatto anche nella sfera
religiosa isiaca di età ellenistico-romana. Cfr. Sfameni Gasparro 1999, con la relativa docu-
mentazione.
quadro che andiamo delineando, ossia quella delle sedi cultuali a carattere
terapeutico assai numerose sul versante delle tradizioni dei popoli del Medi-
terraneo a struttura politeistica, con la loro peculiare nozione della differen-
ziazione funzionale dei poteri nell’ambito di un pantheon divino, ossia di una
più o meno organica comunità di personaggi sovrumani distinti per nome,
attributi e ambiti di competenza sulla vita cosmica e umana. esso in pari
tempo appare articolato su un tema che, comune ai tre contesti religiosi del
giudaismo, del cristianesimo e delle varie tradizioni politeistiche, assume si-
gniicati diversi in ciascuno di essi, pur nella presenza di analogie signiicative,
e comunque presenta un diverso peso nei differenti ambienti e momenti sto-
rici. Mi riferisco a quella igura di «operatore» dell’azione taumaturgica, a spe-
ciica inalità terapeutica, che assume contestualmente e a vario titolo il ruolo
di «mediatore» fra livello divino, da cui proviene il potere di sanare la malattia,
e livello umano che di tale potere è oggetto e beneiciario. Tale motivo e più
ampiamente l’intero quadro di taumaturgia e pratica cultuale terapeutica, pe-
raltro, si collegano in maniera più o meno esplicita e programmatica a quello
della natura e dell’origine della malattia medesima che risulta allora uno dei
centri nodali dell’intero quadro.
Quest’ultima questione è di una complessità tale da non poter essere cer-
to illustrata in dettaglio in questa sede, per la varietà delle posizioni dall’uno
all’altro contesto e, all’interno di ciascuno di essi, in relazione ai diversi mo-
menti storici e agli ambienti sociali, culturali e religiosi di riferimento. Basti
pensare, quale esempliicazione minimale del problema, alla polemica messa
in luce nella Grecia del v secolo a.C. dall’opera pseudo-ippocratica De mor-
bo sacro. l’autore, in linea con la posizione del grande rappresentante della
«medicina scientiica», Ippocrate appunto, indica in cause naturali di squili-
brio isico l’origine della malattia, e critica duramente quanti – nel suo stesso
contesto storico-culturale – egli deinisce «maghi, puriicatori, questuanti e
ciarlatani» che al contrario identiicano in varie potenze sovrumane le causa
dell’epilessia e di diverse altre forme di affezione e attribuiscono ad esse la
facoltà di sanare.16 in tutto il corso della storia dei Greci e dei popoli dell’oi-
16
De morbo sacro 10 -12: «...toiou'toi eijn' ai a[nqrwpoi oiJo' i kai; nu'n eijs
' i mavgoi te kai;
kaqartai; kai; ajguvrtai kai; ajlazovne", oJkovsoi prospoievontai sfovdra qeosebeve"
eij'nai kai; plevon ti eijdevnai...proballovmenoi to; qei'on... kaqarmou;" prosfevronte"
kai; ejpaoida;"...». trad. di A. lami, Ippocrate. Testi di medicina greca, Milano 19913, 219. per la
collocazione storico-religiosa di queste affermazioni e dell’intero documento basti segnalare
il saggio ancora valido di lanata 1967. Gli sviluppi della scienza greca, e in particolare della
medicina nel suo delicato rapporto con le tradizioni religiose e le pratiche magiche, sono il-
lustrati in maniera perspicua nei contributi di lloyd 1975 e 1979 e già in edelstein 1937. Cfr.
anche Miller 1949; Kudlien 1968; Gordon 1995 e Gill 1969 e 2001.
17
il tema è affrontato con buona documentazione in temkin 1991. Non è necessario
insistere sulle decisive connotazioni storico-culturali della nozione di «natura» e della sua cor-
relazione con quella di «miracolo» come superamento o infrazione delle «leggi naturali». in
proposito utili argomentazioni in Grant 1952. Una recente breve disamina del tema di «segni
e miracoli» in Grecia in Giammarco Razzano 2000.
18
le coordinate storico-religiose generali del tema, esaminato nell’intera gamma delle sue
accezioni e nei più diversi contesti storici, nella vasta indagine di pettazzoni 1929-1936.
19
Una più o meno forte connotazione terapeutica inerisce al culto del «dio (o Zeus) Altis-
simo», ampiamente diffuso in ambito mediterraneo in dal periodo classico, igura (o igure)
in cui è dificile fare le parti fra la dimensione (e origine) ellenica e le eventuali inluenze
giudaiche, l’una e le altre di volta in volta individuabili in relazione ai tempi e luoghi di mani-
festazione di esso, che solo in particolari contesti presenta la tipologia della «confessione». Sul
problema, ancora aperto, mi limito a rimandare alla vasta documentazione raccolta e discussa
in Mitchell 1999, di cui non condivido peraltro la tendenza a omogeneizzare il complesso do-
cumentario sotto un’unica rubrica, date le notevoli differenze di luoghi e tempi (cfr. Kraebel
1969), e soprattuto la deinizione di «quasi-monotheistic» per una forma di culto di cui, fra
l’altro, è appunto contestabile il carattere uniforme e il riferimento ad un’unica igura divina.
osservazioni pertinenti in Belayche 2005.
20
Mi limito qui a segnalare la raccolta di petzl 1994, cui si aggiunga la documentazione
sul culto della coppia Hosios e Dikaios (frigia) ovvero dell’unico personaggio del dio Hosios e
Dikaios (Meonia) offerta da Ricl 1991, 1992 e 1993. Si vedano anche le osservazioni generali
sul fenomeno di Chaniotis 1995. Un’ampia illustrazione della situazione storica, culturale e
religiosa dell’Anatolia in età romana è offerta nei due densi volumi di Mitchell 1993. in parti-
colare per le «stele di confessione» cfr. vol. i, 191-195. in Ricl 2003 un’aggiornata discussione
sulla stretta interazione fra aspetti religiosi e socio-economici dei centri sacri a carattere rura-
le, da cui provengono le «stele di confessione».
21
Cfr. Gordon 2004.
22
tale è la tesi interpretativa di Rostad 2002.
23
Schnabel 2003.
24
Cfr. Chaniotis 2004.
25
Si vedano, ad esempio, le iscrizioni in petzl 1994, nn. 37, 54, 68-69 e 72.
verse cui in ogni caso sono riconosciute peculiari capacità terapeutiche, una
volta che ad esse il fedele si rivolge nell’esplicita o implicita consapevolez-
za che, giuste punitrici della trasgressione nell’inliggere la malattia, posso-
no guarirla una volta riconosciuti i loro poteri. Una vivace testimonianza di
questo rapporto tra «colpa», malattia quale punizione divina, e (richiesta di
ovvero ringraziamento per) guarigione è offerta da un’iscrizione da Kula, in
Lidia, nella quale il dedicante, con semplice quanto eficace immediatezza,
manifesta la chiara percezione – a livello esistenziale – di tale dialettica: «A
Zeus sabazio e alla Madre Hipta – recita il testo – Diokles iglio di Trophimos
(dedicai). poiché presi le colombe degli dèi, fui punito negli occhi e registrai
la potenza (divina)». l’iscrizione è incisa su una stele che, al di sotto di un
piccolo frontone, reca due grandi occhi posti sopra due colombe.26
tra i personaggi di questo variegato scenario religioso che più nette mo-
strano tali facoltà terapeutiche si può segnalare la dea lidia dal duplice volto,
greco-iranico, Artemis Anaitis27 che risulta invocata spesso come guaritrice
delle malattie agli occhi,28 e appare in molti casi connessa ad un’altra divinità
di ambito lidio e frigio quale Men, venerato in alcuni centri con l’appellativo
di tiamou.29 tra i vari esempi si può segnalare una stele dedicata ad entrambe
le divinità «per l’integrità dei piedi», apposta su una stele che eloquentemente
reca anche due piedi in rilievo.30 L’uso di rafigurazioni anatomiche è abba-
stanza frequente31 e, anche in assenza di esplicite menzioni della guarigione,
fornisce un evidente indizio della dimensione prevalentemente terapeutica
26
testo in Guarducci, Epigraia, vol. III, 62 s. e ig. 31.
27
Una breve argomentazione sul signiicato storico della presenza della dea di antica
origine iranica nell’Anatolia ellenistica e romana in debord 1986.
28
Cfr. diakonoff 1979 nn. 2-3 e n° 5.
29
Si veda il ricco corpus documentario costituito da lane 1971-1978 (quattro volumi).
30
lane 1971, n° 59, 40 s. Cfr. ibi n° 74, 48 s. in cui la stele rela in rilievo due seni e con-
tiene la dedica di una donna che pone il suo «voto» di ringraziamento o «preghiera» (eujchv)
uJpe;r tw'n mastw'n.
31
Ancora in relazione a Men tiamou e di Anaita si può segnalare la stele che reca due
seni, una gamba e due occhi in rilievo accompagnati da un’iscrizione in cui i dedicatari pon-
gono la dedica «per i igli e le greggi» (Lane 1971, n° 35 p. 23), rivelando la preoccupazione
fondamentale di una comunità sociale in cui i valori essenziali da salvaguardare erano la salute
e il benessere della famiglia e di quel patrimonio animale che costituiva la sua principale se
non unica risorsa economica. Cfr. Lane 1971, n° 31, 21: rafigurazione di una gamba in rilie-
vo e dedica a Men Axiettenos; n° 32, 21 s.: dedica a Men Ouranios con rafigurazione di due
occhi; n° 65: una gamba a rilievo e dedica a Men Axietteno. Nell’ iscrizione lane 1971, n° 47,
30 la punizione è indicata nello stato di «follia» (mania) da cui una donna è colpita.
del culto delle divinità in questione. tale dimensione emerge anche nel caso di
alcuni fra i molti Zeus oggetto di culti locali frigi a prevalente carattere agrario
o pastorale32 e soprattutto nelle numerose attestazioni della popolarità della
coppia formata da Hosios e Dikaios ovvero dell’unico personaggio Hosios e Di-
kaios.33 Questo personaggio o questi personaggi, titolari di numerosi santuari
rurali in Asia Minore sono spesso invocati per la guarigione di malattie degli
occhi34 che si confermano come una delle più comuni patologie ovvero con
la formula più generica «per la salute» (uJpe;r swthriva") che può avere i più
diversi signiicati,35 e risultano associati a numerose divinità, tra cui soprattut-
to Helios e Apollo, per le loro ovvie connessioni con la nozione di giustizia,
Men, l’uno o l’altro Zeus locali, la Madre degli dèi. Un’altra igura femminile
dalle connotazioni «materne» dotata di poteri terapeutici è la Meter Phileis,
dal cui santuario presso Filadelia provengono numerose iscrizioni che ne
esaltano il beneico potere guaritore di malattie agli occhi, al petto e agli arti
(gambe, piedi).36 traspare ad ogni modo da questa complessa tipologia reli-
giosa la forte e diffusa nozione di un rapporto peculiare fra il mondo divino,
con le sue molteplici potenze funzionali, e il regime della salute, essendo que-
sto afidato alla giusta collera di quelle potenze, qualora l’uomo, in maniera
volontaria ma anche involontaria, infranga le regole etiche o rituali di cui esse
sono ritenute garanti. in pari tempo, restaurato da parte dell’uomo mediante
le opportune pratiche rituali il corretto rapporto con la divinità, da essa ap-
pare legittimo attendere la reintegrazione della condizione di «sanità». Nelle
forme peculiari del riconoscimento pubblico dell’infrazione, dell’imposizione
rituale dello scettro divino da parte del sacerdote e quindi della dedica della
stele iscritta e igurata sembra realizzarsi – nei contesti in questione – una
dimensione sui generis di «culto terapeutico». le precise modalità di tale culto
in larga misura sfuggono all’indagine in mancanza di ulteriori notizie ma esso
32
Cfr. Robert 1983, § 3 Zeus Orochorites, 523-526: lo Zeus così denominato risulta og-
getto di due dediche che recano rispettivamente l’immagine di un braccio (n° 24 e ig.2 ) e
di un piede (n° 25 e ig. 3), in cui lo studioso opportunamente individua l’espressione di un
omaggio per l’avvenuta guarigione. Anche il culto dello Zeus thallos (ibi § 4: Zeus Thallos, pp.
526-529) sembra aver avuto una dimensione terapeutica, espressa nell’immagine di un rilievo
anatomico (spalla), indizio probabile di una guarigione.
33
Sulla questione dell’alternanza delle due possibili forme cultuali, per un’unica divinità
deinita dai due appellativi o per due igure denominate l’una Santo e l’altra Giusto, rispetti-
vamente in frigia e in Meonia, si veda la discussione di Ricl 1991 e 1992.
34
Ricl 1991 n° 15-16.
35
Ricl 1991 nn. 19, 23, 29, 33, 36-37, 39, 79, 89, 92.
36
petzl 1994, nn. 83-85, 89-90, 93 e 95.
37
tra i contributi più pertinenti al tema segnalo soltanto eitrem 1991, Gordon 1997;
Graf 1999; Jordan 2002. per il vasto contesto storico-culturale in cui si situa questo motivo
cfr. i saggi raccolti in Ciraolo-Seidel 2002.
38
Circa le capacità terapeutiche delle pietre, si ricorda la ricca letteratura dei «lapidari», tra
cui particolarmente signiicativa l’opera Kerygmata che sembra risultato della convergenza di
due tradizioni, l’una di attribuzione «orica» (gli Orphei Lithica Kerygmata) e l’altra conluita nello
scritto Peri lithon di Socrate e dionigi. tale opera è soprattutto interessata alla componente
medicale e divinatoria delle «virtù» straordinarie delle diverse specie di pietre enumerate. Non
è trascurata peraltro tutta la vasta gamma di facoltà ad esse di volta in volta pertinenti, da quelle
erotiche alle capacità di produzione di consenso e successo sociale. Si veda l’edizione critica di
Halleux - Schamp 1985. Breve introduzione al tema in Melero 2000. Sulle facoltà terapeutiche
delle piante cfr. delatte 19613; Scarborough 1991. il rapporto fra pietre ed erbe (cfr. Bidez
1935), sempre in una prospettiva di tipo medicale-magico è fondamentale nelle Kyranides er-
metiche (ed. Kaimakis 1976), che introducono anche il terzo fattore del quadro, ossia quelle
rafigurazioni incise sulle pietre, che ne potenziavano le facoltà terapeutiche. Cfr. n. seguente.
39
tra questi, un posto importante occupa la ricchissima produzione gemmaria, con inci-
sioni di formule e nomi divini potenti, come quello «universalmente valido» di iao, oltre che
con immagini di dei, dèmoni e altri personaggi pertinenti al patrimonio magico. Su questo
tema, mi sia permesso rimandare soltanto ai risultati di un incontro di studio su «Gemme
gnostiche e cultura ellenistica» (ed. Mastrocinque 2002) e alla Silloge curata da Mastrocinque
2003 e in particolare, per le valenze storico-religiose di questa produzione, ai miei contributi a
queste pubblicazioni (Sfameni Gasparro 2002a e 2003). per le virtù terapeutiche delle gemme
cfr. lancellotti 2000 e 2001; Mastrocinque 2006.
40
Sulla componente terapeutica della letteratura magica consegnataci dai papiri cfr. Scibi-
lia 2000; Rodriguez Moreno 2000.
41
l’edizione fondamentale delle Papyri Graecae magicae (pGM) rimane quella di preisen-
danz 1928-1931, cui si aggiungono le successive raccolte di Merkelback-totti 1990-1992 e
di daniel-Maltomini 1990-1992. Utile strumento la traduzione inglese delle pGM , con le
sezioni demotiche non accolte nell’edizione da preisendanz, a cura di Betz 1986, 19922. vasto
repertorio bibliograico della letteratura magica papiracea in Brashear 1995.
42
Cfr. Bresciani 1987 e Ritner 1995.
43
Kropp 1930-1931; pernigotti 1995.
44
Ricca silloge di testi in traduzione inglese in Meyer-Smith 1994.
45
Tra le numerose voci sul tema si segnalano soltanto alcune monograie e raccolte di
contributi che danno la misura della vastità e complessità del problema. tra le prime cfr.
Bernard 1991; Graf 1994; Clerc 1995; luck 1999; dickie 2001. tra le seconde si vedano
Neusner et alii 1989; faraone-obbink 1991, Meyer-Mireki 1995; Schäfer-Kippenberg 1997,
Jordan-Montgomery-thomassen 1999, flint-Gordon-luck-ogden 1999; piñero 2001; pérez
Jiménez- Cruz Andreotti 2002; Mireki- Meyer 2002; Bremmer-veenstra 2002. Ampia silloge
delle fonti antiche in luck 1985. Utile rassegna in Calvo Martínez 2001 e vasto repertorio
bibliograico in Brillet-A. Moreau 2000 (= T. IV di Moreau- Turpin 2000).
46
Nonostante numerosi interventi critici non risulta del tutto chiaro il processo storico
per il quale la denominazione di magos, esponente di una casta sacerdotale di ambiente irani-
co, passando in quello greco ha subito una profonda mutazione di signiicato per indicare il
«mago» come illegittimo «operatore del sacro». Cfr., dopo Nock 1933, Rigsby 1976, Bicker-
man 1978, Kingsley 1994, lebedev 1996, Bremmer 1999, Graf 2002.
47
plinio, NH. XXX, i, 1, 1-2: ....Auctoritatem ei maximam fuisse nemo miretur, quandoquidem
sola artium tres alias imperiosissimas humanae mentis complexa in unam se redegit: natam primum e medi-
cina nemo dubitabit ac specie salutari inrepsissse uelut altiorem sanctioremque medicinam, ita blandissimis
desideratissimisque promissis addidisse uires religionis, ad quas maxime etiam nunc caligat humanum genus,
atque, ut hoc quoque suggesserit, miscuisse artes mathematicas, nullo non auido futura de sese sciendi atque ea
e caelo uerissime peti credente. edizione e traduzione di Garofalo 1986, 398-399. la convergenza
fra pratica della medicina e uso di rimedi magici è criticata da plinio a proposito di Asclepiade
di prusa, «maestro di eloquenza al tempo di pompeo Magno» che, deluso dalla pratica retori-
ca, si sarebbe improvvisato medico senza un’adeguata preparazione e prescriveva ai pazienti i
più strani rimedii. e l’autore conclude: «Al successo di Asclepiade contribuirono più di ogni
altra cosa le imposture della magia (Super omnia adiuvere eum magicae vanitates...)» (NH, XXvi,
7-9 ed. e trad. di p. Cosci in Aragosti et alii 1985, 728-733, in particolare 730 s.). Sul tema
della magia in plinio si veda ernout 1964. il processo storico che a Roma vede la progressiva
formalizzazione della nozione di «magia», quale è percepibile appunto in plinio il vecchio,
è delineato in Marco Simón 2001. Nonostante la dura polemica contro le «fatuità» delle
dottrine dei maghi, l’autore latino partecipa delle contemporanee teorie terapeutiche in cui
convergevano aspetti scientiici e magici. Già Riess 1896 ha segnalato i numerosi paralleli fra
le ricette magiche descritte da plinio e le prescrizioni delle Papyri Graecae Magicae (pGM). Cfr.
Capitani 1972, in particolare 132-140; Martini 1977. Si veda anche thérasse 1980; pinilla de
la peña 2000. Sulla complessa questione delle convergenze di interessi «scientiici» e religiosi
nella sfera magica puntuali osservazioni in Calvo Martínez 2000.
48
Cfr. Ghaliougui 1973 e 1983; Bardinet 1995; Nunn 1996.
49
Senza poter intervenire direttamente su questa problematica, basti segnalare Humbert
1964; leibowitz 1970; Hogan 1992; North 2001. per una parziale mutazione dell’atteggia-
entra in gioco, come nel caso ben noto di Giobbe, ma anch’esso per mandato
divino e in funzione di messa alla «prova» della fedeltà dell’uomo.
Le tradizioni ebraiche conoscono igure taumaturgiche di antichi Patriar-
chi e profeti, come Abramo,50 Mosé,51 Salomone,52 eliseo, elia53 e nell’attua-
lità del giudaismo tardo quelle di «uomini santi»54 come un onia il Giusto o
un Hanina ben dosa che si collocano rispettivamente nel i secolo a.C. e nel
i d.C., cui si attribuiscono guarigioni di vario tipo.55 la letteratura giudaica di
carattere biblico ed extra-biblico conosce anche il motivo della possessione
mento nei confronti della disciplina medica in età ellenistica, quale è espressa nel Siracide, cfr.
Noorda 1979. Si vedano anche Newmeyer 1996 e Navarro peiro 2001.
50
Cfr. dupont-Sommer 1960 per una vivace analisi di un documento di Qumran, l’Apo-
crifo della Genesi, che narra la vicenda di Abramo presso il faraone e l’attività terapeutica, in
senso esorcistico, del primo nei confronti del secondo.
51
le capacità taumaturgiche di Mosé, esaltate in alcuni ambienti tardo-giudaici, trovano
eco anche in autori pagani presso cui il personaggio acquisisce spesso le connotazioni di un
potente mago. Cfr. Gager 1972 e 1994.
52
Cfr. duling 1975, 1978 e 1985. il singolare testo, di matrice giudaica ma di posteriore
redazione cristiana, dal titolo Testamento di Salomone, illustra le facoltà taumaturgiche dell’anti-
co sapiente e la sua capacità di dominio sull’aggressivo mondo dei dèmoni. Una traduzione
del testo in duling 1983a. Cfr. anche Jackson 1988; Johnston 2002. in una serie di amuleti,
di probabile origine giudaica ma assai popolari in ambienti cristiani ino ad epoca bizantina,
interviene l’immagine di Salomone-cavaliere nell’atto di colpire un personaggio femminile
prostrato al suolo, interpretabile quale igura demoniaca. Documentazione e illustrazione
del tema in Goodenough 1953, 227-235; Begatti 1972 e già Soblin dohigny 1891 e perdrizet
1903. in ultimo Cosentino 2002.
53
Ancora utile la documentazione raccolta e discussa in fiebig 1911 e 1933 riguardo alle
tradizioni giudaiche sulle facoltà taumaturgiche dei profeti e in genere sulle grandi igure della
tradizione biblica. Su Elia e Eliseo cfr. anche Grottanelli 2000. Sulla igura di Daniele quale
«uomo santo» si veda Satran 1980. Per il particolare conigurarsi del tema in Flavio Giuseppe
si vedano McCasland 1932; Moehring 1973 e Evans 1995, 213-243 con ulteriore bibliograia.
la tipologia del «Saggio nella società giudaica della tarda antichità» è illustrata in Kalmin
1999. Cfr. anche Kalmin 2003. Il tema è affrontato con ampia esempliicazione nei diversi
interventi sulla tipologia dell’«uomo divino» nel mondo tardo-antico (cfr. oltre) e rientra fra
quelli che alimentano la «propaganda» giudaica e cristiana (tiede 1984). Sulle connessioni fra
prerogative profetiche e potere taumaturgico si veda anche Kolenkow 1980.
54
Cfr. Büchler 1968; Sabourin 1972; Green 1979; lighstone 1985. Un confronto fra la
tipologia dei miracoli dei rabbini e quelli di Gesù in van Cangh 1984.
55
Un’aggiornata ripresa del tema in Becker 2002. In particolare, la igura di Hanina ben
dosa è oggetto di numerose indagini fra cui menziono soltanto quelle di vermes 1972-1973;
vermes 1973, pp. 84-91; Bokser 1985. per una sintetica presentazione dell’ambiente giudaico
in cui si colloca storicamente l’attività di Gesù cfr. Wilcox 1982.
demoniaca come causa della malattia e della pratica esorcistica come stru-
mento di liberazione dalla entità invasiva e dalle sue attività dannose a livello
della salute, isica e mentale, dell’individuo. Come è ben noto, attività tauma-
turgica nella sua speciica accezione terapeutica e pratica esorcistica molto
spesso risultano convergenti nell’azione degli «uomini di dio» del giudaismo56
e nella stessa attività di Gesù di Nazaret,57 soprattutto nella prospettiva dei Si-
nottici, sia pure – in quest’ultimo caso – nella forma essenziale dell’autorevole
comando ad abbandonare la persona posseduta rivolta all’agente invasivo e
senza la messa in opera di quei rituali più o meno complessi (con l’uso di
sostanze varie) che conosciamo praticati sia all’interno dello stesso giudaismo
sia nelle varie culture di ambito mediterraneo a struttura politeistica, per non
parlare dell’universo della magia «internazionale» che tutti li percorre e in cui
a vario titolo tutti hanno travasato elementi delle proprie tradizioni culturali
e religiose.
le ricerche attuali hanno spesso privilegiato questa dimensione della per-
sonalità e dell’azione di Gesù58 nel contesto di una problematica già sollevata
56
Soprattutto la igura di Salomone risulta collegata alla sfera degli esorcismi con ina-
lità terapeutiche, come risulta - tra l’altro - dalla notizia di Giuseppe flavio sull’uso di un
«anello di Salomone» da parte di eleazaro, un esorcista a lui contemporaneo (AJ viii, ii, 5.
42-49). L’appellativo evangelico di Gesù come «iglio di David» per alcuni interpreti intende
collegare il rabbi taumaturgo di Nazaret appunto alla igura di Salomone come esorcista e
guaritore. Cfr. i contributi di duling citati sopra, nota 52, cui si aggiungano löwestam 1974;
Charlesworth 1995.
57
la componente esorcistica dell’attività di Gesù è anch’essa oggetto di un’ampia serie di
contributi, tra cui si segnalano soltanto, dopo Kee 1967-1968, twelftree 1986, edwards 1989,
Böcher 1972, Hollenbach 1993, Rousseau 1993, Klutz 1999 e la sintesi ampia di twelftree
1993. la problematica naturalmente va situata nello sfondo delle contemporanee pratiche
esorcistiche giudaiche (Knox 1938; Grappe 2003). il tema chiama in causa in pari tempo
quello della demonologia. Cfr. Conybeare 1896 e 1897; eitrem 19662; Kelly 1968; Böcher
1972a.
58
la letteratura sul tema dei miracoli evangelici è sterminata e sarebbe del tutto impossi-
bile, oltre che inutile in questa sede, enumerarne sia pure i titoli principali. Senza entrare nel
merito delle varie accezioni della nozione del «miracolo» nel mondo antico, mi limito a segna-
lare l’analisi già menzionata di Grant 1952, i saggi di Berger 1980, Kee 1983 e 1986, 19902;
Kahl 1994 e le raccolte di contributi a cura di Moule 1965 e Wenham-Blomberg 1986. Ampie
sintesi in Kollmann 1996 e Kelhoffer 2000. Un ricco materiale è offerto per il mondo pagano
da Reitzenstein 1906 e Weinreich 1909. Una raccolta di fonti in traduzione inglese in Cotter
1999. Come è noto, proprio sul tema del miracolo e delle sue cause, divine o demoniache-
magiche, si è centrata tanta parte del dibattito fra cristiani e pagani. Cfr. Remus 1980, 1982 e
1983 e, per una discussione più articolata, Sfameni Gasparro 2000, 2001 e 2002b.
59
Bieler 1935-1939.
60
la questione, ampiamente dibattuta e tuttora aperta, è stata affrontata da diverse ango-
lazioni in alcuni miei contributi, cui mi sia permesso rimandare per la relativa documentazio-
ne. Cfr. Sfameni Gasparro 2005 e, con aggiunte, ead. 2006, e ead. in stampa a.
61
Utili suggestioni nei saggi raccolti in Bovon et alii 1981 e negli studi collettivi editi a
cura di Bremmer 1995, 1996, 1998 e 2000. Si vedano inoltre Bovon 1995 e 2001. la forte
connotazione terapeutica dell’attività apostolica si modella in varia misura sul parametro della
igura di «Cristo medico», nella duplice acczione spirituale e isica, quale viene sempre più
nettamente deinendosi in larghi settori del cristianesimo dei primi secoli. Cfr. Dumeige 1972
e, in particolare per il tema in Agostino, Abersmann 1954 e 1954a.
62
lo sviluppo del fenomeno nella Gallia del iv secolo è vivacemente delineato nel saggio
di Rousselle 1976.
63
Cfr. Klauser 1974, frankfurter 1994.
salute occupa un posto più o meno ampio ovvero quello principale.64 È pa-
rimenti noto che in alcuni casi, come in quello famoso della chiesa dei santi
Ciro e Giovanni nella località di Menuthis, in egitto, questi impianti sacri
ad esclusiva o preminente inalità terapeutica sono stabiliti, in una precisa e
dichiarata volontà di «sostituzione», su preesistenti sedi di culti «pagani», in
questo caso quella, insieme oracolare e medicale, di iside.65
la convergenza dei due aspetti, terapeutico e divinatorio-oracolare, di fat-
to è un altro degli elementi qualiicanti dell’intero quadro, sebbene la sua inci-
denza sia più o meno forte nell’uno o nell’altro contesto storico-culturale, con
un arco ampio di possibilità che vanno dalla facoltà di preveggenza spesso
riconosciuta a profeti e taumaturghi della tradizione giudaica e agli «uomini
santi» cristiani alla fondazione di sedi oracolari istituzionalizzate, peculiare del
mondo greco e delle diverse regioni del bacino mediterraneo, in cui – come
a Deli e a Dodona – la componente terapeutica era solo marginale ovvero,
come nel caso di Asclepio e degli egiziani iside e Serapide, si poneva al centro
della prospettiva. essa, come è noto, risulta coniugata in maniera strutturale
con la manifestazione della volontà divina, spesso nelle forme dell’incubazio-
ne66 e del sogno rivelatore,67 con prescrizione di cure e rimedi successivamen-
te messi in opera per l’intervento di un personale sacro addetto al santuario
64
per una perspicua illustrazione delle valenze del tema del «pellegrinaggio» in ambito
egiziano tardo, si vedano i sagi raccolti in frankfurter 1998.
65
Su questo episodio mi sia permesso segnalare la documentazione discussa nel mio
contributo relativo alla «biograia» di Severo di Antiochia, redatta da Zaccaria Scolastico,
che mostra il personaggio coinvolto negli eventi che vedono – ancora nel vi secolo d.C. –
confrontarsi pagani e cristiani in un serrato dibattito a proposito delle facoltà taumaturgiche
e speciicamente terapeutiche delle divinità tradizionali e dei santi martiri cristiani (Sfameni
Gasparro 2006a). La componente terapeutica nella ricca letteratura agiograica è illustrata
con densa esempliicazione nel contributo di R. Teja a questo volume. Altri saggi sul tema,
come quelli di G. filoramo, M. Monaca e e. Sanzi, mi esimono dall’insistere su di esso.
66
dopo il «classico» deubner 1900, basti menzionare soltanto lefort 1906; Gessler 1945;
Ross 1960; Tafin 1960; Meier 1966; Wacht 1997.
67
Non devo qui insistere sull’«universale» tematica del sogno nelle sue molteplici valenze,
nella sua duplice dimensione di esperienza umana e di evento culturalmente deinito (cfr.
Guidorizzi 1988a). Anche limitatamente al mondo antico è disponibile una letteratura am-
plissima, con ottimi contributi. Mi limito a segnalare pochi titoli che possono fornire alcune
direttive fondamentali delle ricerche, pertinenti – ad esempio – al contesto biblico (Husser
1966, 1999), a quello greco (Guidorizzi 1988 e, per lo speciico rapporto con il fenomeno
terapeutico, Guidorizzi 1988b, e con la stessa diagnostica medicale, oberhelman 1993). Cfr.
anche Hanson 1980; Cox Miller 1994; Stroumsa 1999 e 1999a; teja 2002.
68
Nella Vita di Pitagora, di Poririo, l’antico saggio è conigurato quale «medico» insieme
del corpo e dell’animo, una volta che era capace di placare «con ritmi, canti e formule incan-
tatorie (ejpw/dai'")» i pathe di entrambi (vp 30). di lui, insieme con molte attività prodigiose,
si esaltano le facoltà terapeutiche, espresse mediante l’uso della musica ma anche dei rimedi
magici (ejpw/dai'" kai; mageivai" § 33). Nella prospettiva nettamente apologetica dell’autore
neoplatonico pitagora integra il perfetto ritratto dell’«uomo divino» ellenico, in cui si coniu-
gano insegnamenti ilosoici ed etici e impegno nella vita sociale. In un panorama di studi
assai vasto segnalo soltanto la recente, densa sintesi della tradizione antica e della moderna
esegesi di Riedweg 2005.
69
Sulla complessa facies del ilosofo e «uomo divino» agrigentino, quale si è conigurata at-
traverso un lungo processo storico, con ampia accumulazione di dati leggendari, e nella quale
interviene una signiicativa componente terapeutica, si veda il saggio di Kingsley 1995.
70
Riprendo brevemente in questa sede le argomentazioni svolte, con i necessari supporti
documentari e bibliograici, nei miei contributi Sfameni Gasparro 1996 [1997] e 1999a, uni-
icati e ampiamente elaborati in Ead. 2002, 149-202.
71
Questa connessione, in funzione di una caratterizzazione del personaggio in senso pre-
minentemente magico, è privilegiata nella interpretazione di Mastrocinque 1998.
72
Alex. 23 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 131 s.: «...già da tempo aveva
intorno una quantità di gente, tra collaboratori, servi, informatori, redattori di oracoli, archi-
visti, segretari, addetti ai sigilli, interpreti...».
73
Alex. 25 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 134 s.
“Non cercare più soccorso contro il tuo funesto male, il destino di morte
è chiaro e non puoi sfuggirgli”».74 Inine, una tipica prescrizione medicale
sarebbe stata offerta da Alessandro allo stesso luciano, in occasione di una
consultazione intenzionalmente preparata per scoprire gli inganni del «fal-
so profeta».75 l’azione terapeutica del profeta di Glicone si esplicava anche
a favore di intere comunità, soggette a calamità naturali e pestilenze, che il
suo dio assicurava di poter allontanare, attribuendo dunque anche un’eficacia
«preventiva» all’intervento del suo rappresentante umano.76 di fatto, nel corso
della terribile peste diffusa nell’impero nel 165-166 dai reduci della campagna
militare in oriente condotta da lucio vero, l’oracolo di Alessandro diffuse un
responso cui si attribuivano eficaci capacità terapeutiche a difesa delle città
sulle cui porte esso veniva iscritto appunto «come antidoto alla peste» , e del
quale ci è pervenuta una testimonianza epigraica.77
per la mediazione del medico-stregone, suo maestro, Alessandro di Abo-
notico appare collegato da luciano allo stesso Apollonio, rivelandosi per tale
via una linea di continuità tra i due personaggi e i relativi contesti religiosi,
peraltro dificilmente precisabile data la scarsa espressività e il carattere po-
lemico della fonte. Al di là del tono sarcastico e fortemente denigratorio del
«biografo», che conigura lo stesso Tianeo con i tratti ciarlataneschi del mén-
tore di Alessandro, il quale sarebbe appartenuto alla cerchia dei suoi discepoli
(Alex. 5), si percepisce uno sfondo mobile di personaggi carismatici, con più
o meno ampie capacità terapeutiche, accompagnati da cerchie di «discepoli»
74
Alex. 28 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 136-139.
75
Alex. 53 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 166 s.: allo schiavo che aveva
dichiarato falsamente che il contenuto della domanda oracolare consisteva in una richiesta di
«una cura per un dolore al ianco», viene poi consegnata la seguente risposta: «Ti raccomando
di spalmarti con la citmide e con della saliva di cavallo da corsa». il nome di citmide era stato
«inventato» da Alessandro per designare «un ricostituente fatto di grasso di orso» che lucia-
no dichiara essere uno di quei «medicamenti eficaci» conosciuti dal personaggio e utilizzati
per le sue attività terapeutiche (cfr. § 22).
76
Alex. 36 trad. di Matteuzzi in ferretto-Matteuzzi 1988, 144-147: «Alessandro... comin-
ciò a spedire in ogni parte dell’impero romano dei “portavoce di oracoli” (crhsmofovrou"):
avvertiva le varie città di guardarsi da pestilenze, incendi e terremoti; e si impegnava in prima
persona, naturalmente, a garantire loro un aiuto sicuro per impedire queste calamità».
77
Alex. 36, 146 s.: «durante la peste fece arrivare in tutti i paesi un unico oracolo – auto-
fono anch’esso – che consisteva in questo solo verso: “febo dai lunghi capelli tiene lontani
i miasmi del terribile morbo”». Un’iscrizione rinvenuta presso Antiochia sull’oronte è stata
individuata dal perdrizet (1903a) come pertinente all’oracolo di Glicone, verisimilmente iden-
tiicabile con quella ricordata da Luciano.
Sul tema segnalo soltanto il saggio magistrale di Nock 1928, che inaugura un ricco ilo-
78
ne di ricerche sul tema, per il quale mi sia permesso rimandare al mio volume 2002, 192-197.
La letteratura degli «oracoli teologici» trova uno dei suoi sbocchi più signiicativi nella tradi-
zione rilessa nei noti «Oracoli caldei» attribuiti a Giuliano il Teurgo, nella «Teologia tratta
dagli oracoli» di Poririo e nella tarda raccolta cristiana della «Teosoia di Tubinga».
79
Vit. Apol. i, 7-8 nella traduzione di del Corno 1978, 65-67.
80
Vit. Apol. i, 9 trad. del Corno 1978, 67 s. il giovane, pur essendo malato di idropisia,
nella sua dissolutezza continuava a bere smodatamente. Sottolineando gli interessi etici del
dio guaritore, filostrato nota: «per questo motivo era trascurato da Asclepio che non lo
visitava neppure in sogno». Alle rimostranze dell’ammalato, il dio gli appare consigliandogli
di rivolgersi ad Apollonio, il quale gli fornisce le opportune indicazioni dietetiche. Non si
tratta quindi di un’azione terapeutica di carattere taumaturgico bensì di un intervento ispi-
rato da una sapienza che coniuga presupposti etici e conoscenze medicali. del resto, come
è ben noto, la «medicina del tempio», nel caso di Asclepio e delle altre divinità guaritrici,
insieme con l’intervento «miracoloso», spesso nelle forme della manifestazione onirica del
dio, contemplava l’applicazione di tutto un bagaglio di conoscenze mutuate dalla scienza
medica. Sulla collaborazione, piuttosto che l’opposizione conlittuale, tra i due contesti cfr.
Koelbing 1980; de filippis Cappai 1991; longo 1992; Horstmanshoff 2004; perilli 2005 e
2006; petzl 2006. del resto tale conciliazione è presente anche nell’esperienza personale dei
due massimi rappresentati della tradizione scientiica, Ippocrate (Jouanna 1989) e Galeno
(Boudon 1988).
81
Vit. Apol. iv, 1 trad. del Corno 1978, 181. All’arrivo di Apollonio in Asia Minore, i
principali centri religiosi, quali gli oracoli apollinei di Colofone e di didima, e il santuario di
pergamo, dedicato ad Asclepio, ne esaltano la grande sapienza. «infatti - afferma filostrato -
a molti che imploravano guarigione il dio aveva ingiunto di recarsi da Apollonio, dicendo che
questa era la sua volontà e così piaceva alle Moire».
82
Vit. Apol. iv, 10 trad. del Corno 1978, 186 s. la scena dell’espulsione del demone,
sotto le mentite spoglie del mendicante cieco, implica la lapidazione e il successivo smasche-
ramento della vera identità del personaggio.
83
Vit. Apol. iv, 11 trad. del Corno 1978, 197: «Si recò dunque a pergamo, dove con
grande piacere fece visita al tempio di Asclepio; qui istruì i fedeli del dio sui riti per ottenere
sogni di facile interpretazione, e molti anche ne guarì».
84
Vit. Apol. iv, 45 trad. del Corno 1978, 218.
85
edizione con introduzione e commento critico in penella 1979.
86
Ep. 23 ed. penella, 46 s.
87
Ep. 8 ed. penella, 38 s.
88
Sul carattere topico di tale accusa nei confronti dei profeti e taumaturghi nel mondo
antico cfr. Heintz 1997.
89
Ep. 17 ed. penella, 44 s.: «i persiani chiamano Magi gli uomini divini. Magos infatti è il
cultore degli dèi ovvero colui che è divino (theios) per natura». Nonostante l’avvenuta trasfor-
mazione semantica e concettuale in ambito greco, questa distinzione e l’accezione positiva
del termine, presente, ad esempio, nell’Alcibiade platonico (121a), permane a lungo nella tra-
dizione greco-romana. Si pensi all’auto-difesa di Apuleio che rivendica, in una prospettiva
sapienziale, il valore della mageia come scienza delle cose divine (Apol. 25-26).
90
Ep. 16 ed. penella, 42 s.
91
Cfr. sopra.
delle credenze e del culto. Nel conseguente conlitto tra i due fronti, mentre
l’intero panorama dei politeismi tradizionali, con particolare insistenza sulla
loro dimensione taumaturgica e terapeutica, viene demonizzato dai cristiani
e assimilato nella sua ritualità alla pratica magica nei suoi aspetti più negativi,
l’attività di miracoli e guarigioni connessa alla stessa igura di Gesù di Nazaret
e ai suoi primi discepoli e nell’attualità perseguita dai cristiani viene segnata,
nella percezione degli avversari pagani, dal marchio negativo dell’inganno e
della magia. Con la progressiva affermazione e la inale vittoria del nuovo
messaggio, inine, le diverse forme di culto «pagano» a vario titolo ancora
presenti nel panorama dell’impero ormai cristiano, tra cui soprattutto vitali
quelle connesse con i numerosi dèi guaritori ancora operanti nelle loro sedi,
spesso caratterizzate dalla componente oracolare, sono coinvolte in questo
giudizio totalmente negativo. demonizzate e ridotte al rango di pratiche ma-
giche, queste forme cultuali sono represse per l’azione dei tanti «uomini santi»
che, attraverso prodigi e soprattutto guarigioni, operano le ultime conversioni
offrendo insieme il recupero della sanità isica e spirituale agli uomini che a
loro si rivolgono.
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