Malacorda's Reviews > Il pianista. Varsavia 1939-1945. La straordinaria storia di un sopravvissuto

Il pianista. Varsavia 1939-1945. La straordinaria storia di u... by Władysław Szpilman
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Ogni volta che si legge una testimonianza dalla seconda guerra mondiale e ci giunge una voce in diretta dal massacro, ogni volta si scopre che realtà agghiaccianti sono lì, appena pochi passi dietro le nostre spalle (che cosa sono sessanta o settant'anni? una bazzecola), eppure per me è sempre un po' come la prima volta e non so mai bene con quali parole esporre il mio sgomento, perché sull'argomento sono già stati spesi fiumi di parole, e al tempo stesso sento che non si può spiegare a parole una tragedia incommensurabile. Quando sono stata ad Auschwitz con la scuola, il preside mi tampinava perché ansioso di sapere "…con quali parole esprimeresti questa esperienza?" ed io ripensandoci sento ancora dentro di me la rabbia che non potevo comunicargli per la stupidità della sua domanda, l'unica risposta possibile era soltanto "ecchecca$$o, non ti accorgi che si sente ancora l'odore dei morti? Hai bisogno anche delle parole?", ma questo ovviamente non gliel'ho detto.

L'esperienza vissuta dal pianista e compositore Szpilman dal '39 al '45 è molto toccante; non altrettanto prevedibile era di trovarla raccontata in modo così notevolmente pacato ed equilibrato, ancor più se si considera che questo racconto autobiografico è stato scritto a caldo nel '45.

Tema scottante, quello dell'umanità dei tedeschi, già introdotto dalla Némirovsky nella Suite francese: e così come Il generale Della Rovere di Montanelli suscitò polemiche in quanto il personaggio (in parte immaginato) di una spia rivela di aver un suo lato eroico, allo stesso modo questo libro di Szpilman per tanti anni è stato osteggiato in patria in quanto vi compare la figura di un tedesco "buono" (questo assolutamente veritiero), che pur militando da quella parte ha compiuto alcune buone azioni, tra le quali salvare la vita allo stesso Szpilman. E colpisce anche leggere gli appunti-diario di questo ufficiale tedesco, che aveva compreso l'abisso, e forse chissà quanti alti come lui, ma sono rimasti isolati e silenziosi…

Un altro tema difficile che vi si trova è quello della ribellione e della Resistenza da parte degli ebrei: se da una parte c'è la passività delle vittime ebraiche, costruita ad arte da parte dei tedeschi, come spiega brillantemente Primo Levi ne I sommersi e i salvati, dall'altra parte qui Szpilman testimonia che in tanti, a suo tempo, nel ghetto, hanno pensato di ribellarsi e farsi forti della superiorità numerica. Testimonia che una Resistenza è stata comunque messa in atto e dice a chiare lettere che da un certo momento in poi nessun ebreo era più disposto a farsi prendere vivo. Sono tutte argomentazioni non secondarie, e tuttavia lasciano il tempo che trovano perché con i 'se' e con i 'ma' la storia non si fa.

Le quattro stelle esprimono la mia valutazione per la prova letteraria; l'esperienza umana di certo ne merita a migliaia. Mi ripropongo di provare ad ascoltare qualche sua composizione, credo possa essere un omaggio migliore di tanti paroloni accorati.

Degno di nota anche il film di Polanski, che rispetta il libro in tutto e per tutto senza aggiunta di inutili fronzoli o sensazionalismi o fantasiose sovrastrutture - beh, a voler essere precisi aggiunge solo un piccolo, perdonabilissimo ricamino.
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March 12, 2016 – Finished Reading
August 6, 2017 – Shelved

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message 1: by Ajeje (new)

Ajeje Brazov Avevo visto il film, tragicamente bello!


Malacorda Ajeje wrote: "Avevo visto il film, tragicamente bello!"
Come dicevo, il film è molto fedele al libro: il valore aggiunto del libro (in questo come in tanti altri casi) è la lucidità della testimonianza, quel peculiare tono della voce narrante che lascia, se possibile, ancor più sgomenti.


message 3: by Evi * (new)

Evi * Metti in luce due aspetti che spesso hanno meno spazio: la resistenza passiva degli ebrei e l'umanità eccezionale, straordinaria (nel senso di rara) di alcuni (credo, spero anche molti) tedeschi. Se ne trova traccia anche ne Il libro del mare di VercorsI


Malacorda Evi * wrote: "Metti in luce due aspetti che spesso hanno meno spazio: la resistenza passiva degli ebrei e l'umanità eccezionale, straordinaria (nel senso di rara) di alcuni (credo, spero anche molti) tedeschi. S..."
alcuni degli aspetti che generalmente finiscono in secondo piano vengono trattati anche ne Il farmacista del ghetto di Cracovia di Pankiewicz. In questo i due libri hanno molto in comune.


message 5: by Novella (new)

Novella Semplici Ho visto il film. Metto in wl. Grazie.


message 6: by Chequers (new)

Chequers Anch’io penso che il film di Polanski sia il migliore sul tema , se mi dici che vale la pena leggo anche il libro


Malacorda Chequers wrote: "Anch’io penso che il film di Polanski sia il migliore sul tema , se mi dici che vale la pena leggo anche il libro"
Io in questo ambito preferisco le testimonianze dirette rispetto i saggi o i testi più "panoramici". Tenendo conto di questa premessa, il libro vale senz'altro la spesa e il tempo.


message 8: by Dagio_maya (new)

Dagio_maya Proprio poco fa, sorseggiando il caffè, mentre leggevo (Come una rana d'inverno: Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz) pensavo a quanto è stato scritto e detto e al fatto che io non viva mai l'argomento come esaurito.
Anch'io preferisco in genere le testimonianze dirette (anche se qualche saggio che focalizza su elementi che m'interessano non lo disdegno) anche come atto di resistenza alla banalizzazione della Shoah (stracci che i deportati usavano come divise in vendita su eBay!!!!!!):

”Senza le memorie individuali, senza il nostro racconto di ciò che abbiamo visto e patito, senza il nostro numero tatuato sul braccio, cosa farebbero gli storici?” (Liliana Segre)


message 9: by Malacorda (last edited Jan 28, 2019 11:45PM) (new) - rated it 4 stars

Malacorda Dagio_maya wrote: "Proprio poco fa, sorseggiando il caffè, mentre leggevo (Come una rana d'inverno: Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz) pensavo a quanto è stato scritto e detto e al..."
Hai ragione, c'è una terribile banalizzazione, banalizzazione priva della benché minima riflessione, e un'ignoranza sempre più diffusa (ieri, in tutti i titoli nei teaser di skytg24, c'era scritto "shoa" senza l'acca finale: ma i giornalisti non dovrebbero essere laureati e comunque muniti di una certa cultura generale?).
Nel mio commento a Il farmacista del ghetto di Cracovia avevo già riflettuto sul significato del docu-film di Loznitsa, Austerlitz, ma devo dire che in queste occasioni mi capita di ripensarci sempre più spesso.


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