La seconda possibilità (eLit): eLit
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Amanda McCabe
Autrice originaria dell'Oklahoma, ha scritto il suo primo libro a sedici anni, durante le lezioni di matematica, e da allora i suoi romanzi hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti letterari.
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Anteprima del libro
La seconda possibilità (eLit) - Amanda McCabe
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
Snowbound and Seduced
Harlequin Historical
© 2010 Ammanda McCabe
Traduzione di Laura Iervicella
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-535-3
Prologo
Welbourne Manor, estate 1820
Non sarebbe dovuta andare lì.
Mary Bassington continuò a camminare avanti e indietro nel tempietto costruito a imitazione di quelli antichi e i suoi passi risuonarono leggeri sul pavimento di marmo. Sull’altro lato del giardino, Welbourne Manor brillava nella notte, le finestre illuminate da un accogliente bagliore dorato. La festa era ancora in pieno svolgimento, ma lei ne aveva abbastanza. Si sentiva soffocare là dentro, perciò era fuggita.
Non che in quel tempietto avesse provato un grande sollievo. Era un luogo fatto per l’amore, per incontri segreti e dichiarazioni sussurrate. Alcune panche erano state sistemate nelle zone in ombra, in modo che fossero nascoste alla vista e un Cupido di marmo rideva dal suo piedistallo, pronto a scoccare una freccia.
Mary lo fissò, quasi volesse dissuaderlo dal puntarla su di lei. Non di nuovo!
Si fermò al bordo dei gradini di pietra, avvolgendosi le braccia attorno al corpo, e tornò a guardare la casa. La residenza degli amici del suo caro cognato le era sembrata subito accogliente, così piena di calore, di rumore e divertimento! Era stata riluttante a lasciare Derrington Hall e a smettere il lutto per William, morto ormai da parecchi mesi. Era sicura che la famiglia Fitzmanning, nota per l’entusiasmo e la gioia di vivere, l’avrebbe considerata solo una noiosa vedova, invecchiata prima del tempo a soli ventisei anni.
Invece i suoi timori erano stati subito fugati. I padroni di casa non avrebbero potuto essere più accoglienti e amichevoli. In particolare la figlia più giovane, Charlotte, che ricordava a Mary le sue tre sorelle. Aveva anche cominciato a divertirsi. Poi...
Poi era arrivato lui. Dominick era attraente come ricordava. Anzi, lo era ancora di più, perché adesso i suoi lineamenti cesellati avevano raggiunto la perfezione che da giovane avevano soltanto lasciato presagire. Purtroppo anche il suo fascino era rimasto immutato. Lo aveva osservato ridere con Charlotte a cena, provando una stretta al cuore. Era riuscita a malapena a continuare a sorridere per tutto quell’interminabile pasto, fingendo che il suo tranquillo mondo non fosse stato sconvolto all’improvviso.
Continuò a fissare la casa senza vederla. Ripensò alla giovane ingenua e spensierata che era stata prima di sposare William. Rivide una tranquilla veranda a un ballo e la macchia bianca del suo abito dietro una palma piantata in un vaso. Il sorriso canzonatorio di Dominick, il luccichio dei suoi capelli biondi mentre si chinava a baciarla. Il dolce e caldo tocco delle sue mani sulle braccia nude.
«No!» Mary scosse il capo, cercando di cancellare quei ricordi. Li aveva repressi così a lungo in quegli anni che si era quasi illusa che fossero scomparsi. I Bassington e Dominick avevano cominciato a frequentare ambienti diversi. I primi, a eccezione di Drew, avevano continuato a ritrovarsi con famiglie serie e posate, mentre Dominick usciva con la sua cerchia di amici scapoli e dissoluti che prediligeva la compagnia di donne impudenti e disinibite. Mary aveva creduto che il suo cuore fosse guarito e di poter quindi considerare la giovanile infatuazione nient’altro che uno stupido errore dimenticato.
Non era così, purtroppo. Quando lo aveva visto arrivare a cavallo e smontare ridendo, quella sera, aveva avuto l’impressione di essere tornata la sciocca ragazza di tanto tempo prima. Era come se gli anni, il suo rispettabile matrimonio, suo figlio, il comportamento indecoroso di Dominick non fossero mai esistiti. Tutte le antiche emozioni erano riaffiorate e si era dovuta portare una mano davanti alla bocca per trattenere un grido.
Adesso era la Contessa di Derrington, ormai vedova, con un bambino e delle responsabilità, mentre lui aveva una reputazione da scandaloso libertino. Il ricordo dell’infame fuga in Francia con Lady Newcombe, morta di parto a Calais, era ancora fresco nella mente della buona società.
Mary non poteva permettersi di tornare a essere la sciocca ragazza che era stata una volta. Sarebbe dovuta andare via da Welbourne Manor all’istante. Solo che non voleva partire! L’idea di ripiombare nella tetra atmosfera luttuosa di Derrington Hall dopo avere sperimentato la gioiosa umanità di Welbourne l’atterriva.
Diede un calcio a una colonna di marmo, dimenticando di indossare delle scarpette di raso. «Ahi!» gridò per il dolore. «Dannazione!»
«Non dovreste stare qui fuori al buio» le consigliò una voce roca e profonda. «Ci sono troppi ostacoli nel percorso che conduce quaggiù.»
Il cuore di Mary cominciò a battere all’impazzata. Si voltò, appoggiandosi sul piede illeso, e vide che Dominick stava salendo i gradini. Non veniva dalla casa, ma dal sentiero che portava allo stagno, motivo per cui non lo aveva visto, prima. E si muoveva ancora con la grazia silenziosa di una lince, il passo lento ed elegante ma ingannevole.
L’abito da sera scuro si mimetizzava nel buio della notte, ma i capelli biondi brillavano al chiaro di luna. La stava scrutando con una certa diffidenza, come se temesse di essere preso a calci al posto del pilastro.
«Vi siete fatta male?» si informò.
Stupita di vederselo comparire davanti, Mary si era dimenticata del piede, ma adesso il dolore si stava propagando alla gamba. «Ho paura che a essere ferita sia solo la mia dignità.»
Dominick scoppiò a ridere. Quel suono, una volta spensierato, adesso era venato di una nuova durezza, come se anche lui trovasse ben poco da divertirsi nella vita. «Non solo quella, temo. Non riuscite neppure ad appoggiarlo a terra.»
«Sta passando.»
«Sciocchezze. Forza, sedetevi qui, se non volete cadere.»
Prima che lei potesse rendersi conto delle sue intenzioni, Dominick le afferrò il gomito con le lunghe dita calde attraverso i guanti di seta. La sensazione che il suo tocco le procurò era identica a quella sperimentata tanto tempo prima e risvegliò in lei desideri a lungo sopiti.
«Vedete, siete anche gelata» commentò aiutandola ad accomodarsi su una delle panchine di marmo.
Cupido la stava ancora guardando con aria ammiccante, come se fosse stato lui stesso ad architettare quell’incontro.
«Non sareste dovuta uscire» continuò lui inginocchiandosi accanto a lei.
«Avevo bisogno di un po’ d’aria. Proprio come voi, deduco» mormorò Mary con voce roca.
«Avevo voglia di fumare un sigaro vicino al laghetto» ammise lui. «E di restare solo per un po’.»
La stessa necessità che aveva sentito lei. Adesso, però, erano insieme da soli e il suo profumo nell’aria notturna l’avvolse, risvegliandole i sensi. «Immagino non sia facile per voi trovare qualche momento di solitudine» commentò. «Le donne si contendono le vostre attenzioni.»
Perché si era lasciata scappare quella sciocchezza? Mary si morse le labbra provando il desiderio di rimangiarsi le parole.
Dominick rise. «Perché avete questa idea, Mary?» Sentirlo pronunciare il suo nome la fece fremere. Era passato molto tempo da quando l’aveva chiamata per nome. «Non vedo alcuna fila, qui davanti.»
La fissò intensamente con quegli occhi verdi venati di azzurro che un tempo aveva desiderato poter guardare per sempre. «Vedo solo voi.»
Lei era talmente ammaliata da quello sguardo che non vide la sua mano raggiungere il piede finché non si accorse che le stava sfilando la scarpetta. L’aria fresca della notte la investì al collo del piede, che un istante dopo venne riscaldato dallo sconvolgente tocco delle sue dita.
«Che cosa state facendo?» Tentò di ritrarre il piede, ma lui lo trattenne.
«Voglio solo assicurarmi che non vi sia niente di rotto.» La sua voce era dolce e gentile, come se stesse cercando di calmare un cavallo ombroso. «Vi fa male?» le domandò, tastando con cautela la punta.
Persa nei ricordi, Mary aveva dimenticato la contusione, ma una fitta dolorosa gliela ricordò. «Ahi! Sì, ma se qualcuno si diverte a premervi sopra.»
Dominick sorrise, ironico, continuando a sfregarle le