Il contrario della solitudine: Manifesto per un femminismo in comune
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Anteprima del libro
Il contrario della solitudine - Marcia Tiburi
Tavola dei Contenuti (TOC)
Prefazione di Igiaba Scego
1. Femminismo subito!
2. Pensare il femminismo
3. Siamo tutte lavoratrici
4. Autocritica: il femminismo oltre la paura e la moda
5. Il femminismo è il contrario della solitudine
6. Dalla misoginia al dialogo
7. Il femminismo e il femminile
8. Spazi di parola e spazi di ascolto: il femminismo dialogico come incontro delle lotte
Spazio di parola
Spazio di ascolto
9. Ideologia patriarcale
10. Diritto di essere chi si è
11. Donne e femministe: il problema dell’identità
Una lotta rivoluzionaria
12. Le potenze del femminismo:
dall’etico-politica alla poetico-politica
13. Essere femminista: raccontarsi
14. La violenza e il potere
15. Minoranze politiche, spazio di parola e spazio del dolore:
la questione del dialogo in nome dei diritti
16. Politica dell’ascolto
17. Pensare insieme: per un femminismo in comune
Postfazione di Antonia Caruso
Il contrario della solitudine
isbn
9791280263049
Prima edizione digitale: dicembre 2020
© 2020 effequ Sas; ©2019 Marcia Tiburi
Titolo originale: Feminismo em comum
piazza Savonarola 11, Firenze
www.effequ.it
Facebook: effequ | Twitter: @effequ | Instagram: @effequ_ed
A questo libro hanno lavorato:
Coordinamento, direzione, editing, grafiche interni, comunicazione
Francesco Quatraro, Silvia Costantino
Artwork di copertina
Simone Ferrini
Traduzione
Eloisa del Giudice
Attenzione: la riproduzione di parti di questo testo con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore è vietata, fatta eccezione per brevi citazioni in articoli o saggi.
Questo è un libro indipendente, perché sgomita tra i colossi e prova a dire che c’è.
Vogliategli bene.
Marcia Tiburi
IL CONTRARIO
DELLA SOLITUDINE
Manifesto per un femminismo in comune
Traduzione di Eloisa del Giudice
Prefazione
di Igiaba Scego
La Flip, che si tiene ogni anno a Paraty, piccola cittadina dello stato di Rio de Janeiro, è il più famoso raduno letterario brasiliano. Uso la parola ‘raduno’ perché negli ultimi anni questo festival molto borghese e bianco, grazie alla baiana Joselia Aguiar, è diventato lo spazio in cui le parole, i corpi, le istanze sociali, i colori di un’intera nazione si mescolano. Dove la letteratura, che sia fiction o non fiction, si fa carne. Ed è così che un festival letterario nato bianco è ora diventato un raduno creolo dove corpi binari e non binari portano le loro lotte e le loro parole tutte intere.
Io sono stata una delle invitate a questo festival nel 2018, un anno non particolarmente facile per il Brasile. Di lì a poco Bolsonaro sarebbe salito al potere e già Lula era agli arresti (da cui poi per fortuna è stato liberato) a Curitiba. Ma nonostante le difficoltà oggettive del Brasile di quel momento (difficoltà che sarebbero poi aumentate con la vittoria alle elezioni di Bolsonaro) la Flip voleva portare al centro della scena un paese alternativo, in poche parole un paese resistente, soprattutto culturalmente resistente. E questo si notava anche dagli ospiti internazionali invitati alla Flip, primo fra tutti quel Colson Whitehead, afroamericano, già reduce dal suo primo pulitzer (il secondo lo ha vinto proprio nell’anno in cui viene pubblicato in Italia il libro che state leggendo) con il magnifico La Ferrovia Sotteranea, un libro che ha preso di petto la questione della schiavitù, un tema che in Brasile era molto sentito per le cicatrici che aveva lasciato sul corpo di parte della nazione. Un’edizione molto nera, quindi. Dominata dalle afroabrasiliane Conceição Evaristo, la grande madre nera delle lettere brasiliane, e Djamila Ribeiro, una donna che con il suo pensiero sul femminismo nero aveva dato alle giovani generazioni un’arma in più con cui combattere. Ma accanto alla questione nera in quella edizione della Flip era stato al centro dell’attenzione collettiva anche il femminismo e soprattutto una delle sue teoriche più raffinate e brillanti: Marcia Tiburi.
Ora considero Marcia più di un’amica, una sorella di quelle care al cuore, ma in nel 2018 non la conoscevo ancora. È stata la mia editrice brasiliana Simone Paulino (Editora Nós) a farci conoscere. Mi portava a scoprire pezzi di Brasile con cui ancora non ero entrata in relazione. Era tutto nuovo e tutto bellissimo. Mi interessava tutto e tra le tante cose da fare insieme c’era questa ‘palestra’ – così chiamano in Brasile gli incontri con gli autori – con una persona, mi dissero, molto affine alle tue idee
. Si trattava di Marcia, ma ancora non sospettavo a quale concentrato di energia andavo incontro. Ricordo che Marcia era in piedi in uno strano palco ricavato da un vano di una nave-libreria ormeggiata nel porticciolo dove stavamo tutti assiepati. Lì, in mezzo a un pubblico estremamente attento, scoprii la forza di una filosofa che ha pochi eguali al mondo. Marcia aveva un portoghese melodioso, sonoro e puntuale. Io che la lingua la capivo – solo successivamente poi mi sono messa a studiarla approfonditamente – ricordo che rimasi colpita dalla sua lucidità e dalla sua capacità di analisi del presente. E mi piaceva che pur essendo candidata – in quel momento stava dentro la politica attiva – al seggio di governatore di Rio de Janeiro (che purtroppo nel Brasile accecato dal populismo ha perso) Marcia Tiburi non aveva nessuna mania di grandezza. Maglietta, pantalone, capelli ricci al vento e uno sguardo (indimenticabile) di chi sa esattamente cosa serve per rimettere in piedi un mondo malconcio.
Non l’avevo mai letta e ricordo che presi due libri suoi che mi attirarono per quei titoli manifesto che tanto sentivo battere dentro il mio cuore. Il primo si intitolava Como conversar com um fascista. Reflexões sobre o cotidiano autoritário brasileiro (Come conversare con un fascista, riflessioni sul quotidiano autoritario brasiliano
) e l’altro è il volume che avete in mano: Feminismo em comum, che effequ ha tradotto con un titolo altrettanto efficace: Il contrario della solitudine.
Il libro è davvero un antidoto alla solitudine, perché fa capire che il femminismo può essere una pratica da applicare a tutti, o come dice Marcia nel sottotitolo della versione originale a todas (a tutte), a todes (tuttə), a todos (a tutti). Per Tiburi il femminismo è qualcosa che entra in dialogo, non respinge, ma attrae a sé le istanze. Il femminismo può espandersi perché sa entrare negli spazi senza invaderli. E sa soprattutto diventare nelle mani di chi lo pratica uno strumento che spazia dall’etica alla politica. Il libro di Marcia si potrebbe definire un ‘nuovo manifesto del femminismo’, eppure ‘manifesto’ suona troppo novecentesco per un libro che invece vuole entrare nel nuovo tempo, in questo nuovo evo storico in cui tutto sta cambiando e dove chi era subalterno finalmente sa che non sarà più da solo a condurre le proprie battaglie. Marcia Tiburi è una filosofa, ma riesce (al contrario di molti) a far arrivare le sue parole al centro esatto dei sentimenti. Non le interessa essere astrusa, complicata, irraggiungibile. Anzi vuole (e vi stupirete leggendola) essere accessibile, ma non per essere facile, vendibile, impacchettabile, ma per essere veramente in connessione con chi ha deciso di leggerla. La volontà di dialogare è alla base di questo suo libro sul femminismo. E in questo suo essere dialogante, rompe con un vecchio schema femminista che vuole invece separare, dividersi, autoghettizzarsi. È una pratica em comum, in comune, collettiva, per questo è il contrario della solitudine.
Nel suo pamphlet Marcia Tiburi prende per mano chi legge e lo fa navigare