Jiddu Krishnamurti

filosofo apolide di origini indiane
Disambiguazione – Se stai cercando il quasi omonimo filosofo, vedi U.G. Krishnamurti.

«C'è una rivoluzione che dobbiamo fare se vogliamo sottrarci all'angoscia, ai conflitti e alle frustrazioni in cui siamo afferrati. Questa rivoluzione deve cominciare non con le teorie e le ideologie, ma con una radicale trasformazione della nostra mente.»

Jiddu Krishnamurti (in telugu జిడ్డు కృష్ణమూర్తి, in tamil ஜிட்டு கிருஷ்ணமூர்த்தி, in hindī जिद्दू कृष्णमूर्ति; Madanapalle, 12 maggio 1895Ojai, 17 febbraio 1986) è stato un filosofo, oratore e mistico apolide di etnia indiana.

Jiddu Krishnamurti negli anni venti

Dopo la gioventù passata negli ambienti della teosofia, non volle più appartenere a nessuna organizzazione, nazionalità o religione, per cui nel 1948 non prese la cittadinanza dell'India. Non va confuso con Uppaluri Gopala Krishnamurti, anch'egli filosofo indiano.

Biografia

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Casa natale (oggi un centro studi e casa museo) di Krishnamurti

La famiglia di Krishnamurti (secondo le convenzioni onomastiche della lingua telugu, Jiddu è il cognome e Krishnamurti il nome, di origine devozionale facendo riferimento a Krishna; Krishna era anche l'abbreviazione del nome, con cui parenti e amici lo chiamavano) era in origine induista, appartenente alla casta dei brahmini, sebbene caduta in povertà, ma il padre divenne nel 1882 un seguace della teosofia. Alla nascita era cittadino indiano come suddito dell'impero britannico, ma nel 1948, al momento dell'indipendenza dell'India, rinunciò alla nazionalità non prendendo la cittadinanza, diventando apolide.[1]

Dopo la morte della madre nel 1906, fatto che lo segnò molto, Krishnamurti fu mandato a scuola ma per il suo scarso rendimento veniva spesso picchiato da maestri e dal padre, e considerato intellettualmente scarso o disabile. Dopo la nascita, Kumara Shrowtulu, famoso astrologo, disse al padre Narianiah che il figlio sarebbe stato un personaggio molto importante e "meraviglioso", tuttavia il piccolo Krishnamurti non fu ritenuto dal padre all'altezza di ciò per diverso tempo.[2] Da bambino era spesso malato e contrasse la malaria.[3]

I rapporti con la teosofia e l'Ordine della Stella d'Oriente

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Nel 1909, a 14 anni, sulla spiaggia privata della sede della Società Teosofica di Adyar, un sobborgo di Chennai nel Tamil Nadu, il giovane Jiddu (che aveva 10 fratelli di cui 5 morirono da piccoli) fu notato da Charles Webster Leadbeater, importante teosofo, nonché vescovo veterocattolico della Chiesa cattolica liberale.

 
Krishnamurti a 15 anni nel 1910

Per le sue capacità spirituali e intellettuali l'allora presidente della Società Teosofica, il notissimo gruppo esoterico fondato dalla russa Madame Blavatsky e a cui il padre di Krishnamurti aderiva, l'inglese Annie Besant (ex attivista socialista femminista prima dell'adesione alla teosofia, e nota anche per la sua attiva critica al cristianesimo), lo tenne vicino come fosse suo figlio e lo allevò con lo scopo di utilizzarne le capacità come veicolo del pensiero teosofico. In seguito, nell'ambiente teosofico Krishnamurti fu considerato l'ultimo "iniziato vivente" o "maestro mondiale" fisicamente presente, denominato Lord Maitreya, ossia identificandolo con il bodhisattva e futuro buddha Maitreya secondo l'interpretazione teosofica, ma egli rinuncerà a questo titolo quando abbandonò la Società.[4]

Questa scelta di Annie Besant fu una delle cause dello "scisma" antroposofico di Rudolf Steiner, che Besant aveva scelto come responsabile della sezione tedesca e austriaca. Prediligendo un approccio teosofico basato sul cristianesimo esoterico "rosacrociano" e in parte sullo spiritismo in senso lato, anziché sulle commistioni tra le religioni orientali e asiatiche, l'ermetismo, le credenze massoniche e le correnti induiste predilette da Blavatsky e Besant, Steiner giungerà a distaccarsi definitivamente dalla Società nel 1912, per fondare la Società Antroposofica; nella vicenda pesò inoltre il dissenso nei riguardi della promozione che la Besant e Leadbeater stavano facendo allora del giovane Jiddu Krishnamurti come "nuovo Buddha" e persino come nuovo Cristo reincarnato, quando invece per Steiner la seconda venuta del Cristo non avrebbe potuto compiersi fisicamente, ma solo sul piano eterico.[5] Dal 1911 Krishnamurti viaggerà per il mondo tutta la vita fino a novant'anni, spesso parlando a grandi folle e dialogando con gli studenti delle numerose scuole da lui costituite con i finanziamenti che otteneva, ponendo la sua residenza negli Stati Uniti, a Ojai, in California.

 
Annie Besant con Krishnamurti, suo fratello Nitya e George Arundale, in una fotografia scattata a Londra nel 1911

Nel 1912 fu a Taormina dove avrà la sua seconda iniziazione nel giardino teosofico di Casa Cuseni, la casa di proprietà di Robert Hawthorn Kitson, alla presenza di Annie Besant, di Charles W. Leadbeater, e altri teosofi (J. Tityamanda, George Arundale, C. Janarajadasa) Ritornerà a Taormina, sempre a Casa Cuseni, nel 1914 dove, oltre Annie Besant e a Leadbeater era presente Francesca Arundale con Lady Emily Lutyens, figlia del Governatore delle Indie, Presidentessa della Stella d'Oriente e moglie del celebre architetto Edwin Lutyens (genitori della biografa di Krishnamurti Mary Lutyens) che si pensa abbia disegnato il Tempio per le iniziazioni nel Giardino di Casa Cuseni. Presente in Italia nuovamente nell'estate del 1924, dal 16 agosto al 28 settembre, soggiornò anche in Italia, al castello di Pergine Valsugana in Trentino, con un folto gruppo di seguaci per meditare e prepararsi spiritualmente, ospiti della teosofa americana Annie Halderman.[6]

Quello che stava però cuore a Krishnamurti era la liberazione dell'uomo dalle paure, dai condizionamenti, dalla sottomissione all'autorità, dall'accettazione passiva di qualsiasi dogma, più che la dottrina e gli esercizi della teosofia. Il dialogo era la forma di comunicazione che preferiva. Voleva capire insieme ai suoi interlocutori il funzionamento della mente umana e i conflitti dell'uomo.[4]

Krishnamurti teneva conferenze ai membri dell'Ordine della Stella d'Oriente, organizzazione fondata nel 1911 con l'intento di preparare l'avvento del "Maestro del Mondo", alla quale era stato messo a capo appena sedicenne dalla sua tutrice legale, Annie Besant. Il grande stress psicofisico lo spinse però verso un lento esaurimento nervoso.[4]

La crisi e la trasformazione

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Krishnamurti studiò anche giurisprudenza in Inghilterra ma non riuscì a superare gli esami e lasciò la facoltà di legge, mentre Nitya, il fratello che viveva con lui, divenne avvocato. Molto presto cominciò a mettere in discussione i metodi teosofici, sviluppando un pensiero indipendente. Il giovane Krishnamurti, sottoposto ad una serie di iniziazioni e continue cerimonie ebbe infine una grave crisi psicologica e fisica dalla quale uscì nel 1922 a Ojai Valley, California, in seguito ad una esperienza mistica che poi raccontò. Queste esperienze intense erano ricorrenti e lui le chiamava "il processo", o con altri nomi.[2] In alcuni manoscritti parlò di un'esperienza spirituale che trasformò la sua vita, ma che fu seguita da anni di acuto e quasi continuo dolore alla testa e alla spina dorsale. Il "processo" proseguì per circa quarant'anni, sebbene in una forma più mite; esso fu in realtà un fenomeno fisico da non confondersi con lo stato di coscienza che ad esso seguiva a cui Krishnamurti si riferiva nei quaderni come alla «benedizione», o la «diversità», l'«immensità» o il "dono di Dio".

 
Krishnamurti nel 1922

Per diversi mesi precedenti Krishnamurti soffrì di svenimenti, cefalea e dolori intensi alla nuca e lungo la colonna vertebrale[7], eventi che vennero interpretati come necessari per la sua trasformazione spirituale (in seguito, e soprattutto fino al 1961, il cosiddetto "processo" continuò a verificarsi), descritta come "risveglio della kundalini[8]; alcuni hanno pensato che soffrisse di epilessia del lobo temporale[7][9] (sperimentando periodiche crisi parziali semplici e crisi parziali complesse), di emicrania[10] con aura, di postumi della malaria contratta anni prima[10], infiammazione del midollo spinale, oppure, infine, che si trattasse di autosuggestione e somatizzazione, dovuta a una percezione acuta e totale del mondo e della vita[11]; comunque, questo era seguito dalla capacità di entrare poi in un profondo stato meditativo spontaneo, in cui sperimentava stati alterati di coscienza e intuizioni. Non ricordava esattamente le esperienze (anche se a volte parlò di uno stato di dissociazione sotto anestesia[12], in cui dialogò con sé stesso) ma ne traeva insegnamenti filosofici.[2] Quel giorno del 1922 Krishnamurti non stava bene e così raccontò l'esperienza successiva di "illuminazione", come per il Buddha avvenuta sotto un albero:

«La mattina del giorno dopo fu quasi identico al giorno prima, e non riuscivo a sopportare troppa gente nella stanza. Potevo sentirli in modo piuttosto curioso e le loro vibrazioni mi scuotevano i nervi. Quella sera, più o meno alla stessa ora, le sei, mi sentii peggio che mai. Non volevo nessuno accanto a me o nessuno che mi toccasse. Mi sentivo estremamente stanco e debole. Credo di aver pianto per semplice esaurimento e mancanza di controllo fisico. La testa mi doleva e in alto mi sembrava trafitta da molti aghi. Ho continuato così per qualche tempo finché, alla fine, sono uscito fuori della veranda, e mi sono seduto per pochi istanti e leggermente più calmo. Ho cominciato a rientrare in me e finalmente Mr. Warrington mi ha detto di andarmene sotto lo schino vicino a casa. E là mi sono seduto a gambe incrociate in posizione di meditazione. C'era una calma così profonda nell'aria e in me, la calma del fondo di un profondo e insondabile lago. Come il lago, sentivo il mio corpo fisico, con la sua mente e le sue emozioni; poteva incresparsi in superficie ma niente, sì niente poteva turbare la calma dell'anima mia. Ero supremamente felice, perché avevo visto. Tutto era cambiato. Avevo bevuto le acque pure e limpide della sorgente della fonte della vita e non avevo più sete. Anzi non potevo più avere sete, né avrei potuto più trovarmi al buio nelle tenebre. Ho visto la Luce. Ho avuto un contatto con la compassione che sana ogni angoscia e ogni sofferenza; e questo non per me, ma per il mondo. Sono stato là, sulla cima del monte. Non mi trovavo più nel buio delle tenebre; le tenebre si sono dissolte. L'Amore in tutta la sua gloria ha inebriato il mio cuore; il mio cuore non si può più chiudere. Ho bevuto alla fonte della Gioia e dell'Eterna Bellezza. Sono inebriato da Dio.»

Riguardo a "poteri mistici", all'esoterismo di moda nella teosofia, alla fama di guaritore che alcuni gli attribuirono, fu abbastanza reticente, considerandoli poco importanti o non spiegabili a parole: «è deciso da qualcun Altro. Non posso parlarne. Non mi è consentito, capisci? È molto più serio. Ci sono cose che tu non sai. Enormi, e io non posso dirtele. [...] Io non posso guardare dietro il velo, non posso farlo. [...] Io vedo qualcosa; quello che ho detto è vero: io non potrò scoprirlo mai. Sono sicuro che se altri ci si applicano possono arrivarci»[2]; in un'altra occasione disse che «ora è venuto di moda parlare e fare ricerche sull'occulto. Sembra essere la mania del momento. La persona che vi sta parlando - mi dispiace dover fare questo riferimento - ne sa qualcosa di tutta questa faccenda. Se vi parla di tutte queste cose, è perché sa di cosa parla; vi sta parlando di fatti accaduti, ma considera tutte queste cose assolutamente puerili».[2]

Abbandono della teosofia

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Copertina di un libro su Krishnamurti del 1931

Nel 1925 il fratello Nitya, da tempo ammalato di tubercolosi, morì, lasciando Krishnamurti in un profondo sconvolgimento.[2] Questo, assieme all'esperienza avuta, lo allontanò definitivamente dall'ortodossia teosofica, anche se abbandonò la Società solo nel 1929. D'ora in poi fu sempre più in contrasto con i "teosofi", insistendo sull'inutilità dei riti liturgici per la crescita spirituale e rifiutando il ruolo di autorità finché dopo una lunga riflessione, a 34 anni nel 1929 sciolse l'Ordine della Stella, abbandonò ogni incarico e la stessa Società Teosofica, e cominciò a viaggiare per il mondo esprimendo il suo pensiero, basato su coerenza interiore e indipendenza totale da qualunque tipo di organizzazione e religione.[4] Leadbeater (che già anni prima era stato denunciato dal padre di Krishnamurti per sottrazione di minori in quanto lui aveva affidato i figli alla sola Annie Besant) e il giovane filosofo si allontanarono per sempre, mentre Krishnamurti continuò invece ad avere un rapporto affettuoso con la Besant, considerata come una "madre adottiva", fino a quando lei morì nel 1933.

Come Annie Besant, Krishnamurti fu anche membro della Massoneria (ordine e obbedienza mista Le Droit Humain, derivazione della Gran Loggia di Francia, di rito scozzese antico e accettato)[13], organizzazione che pure lasciò poco dopo aver abbandonato la teosofia.

Gli incontri e il "ponte" con la scienza

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Nel 1938 Krishnamurti incontrò Aldous Huxley che divenne suo amico e grande ammiratore (con una reciproca influenza) e nel 1956 conobbe il Dalai Lama Tenzin Gyatso. Intorno agli anni sessanta fece la conoscenza del maestro di yoga B.K.S. Iyengar, dal quale prese lezioni. Ebbe rapporti amichevoli con diversi scienziati. Il fisico David Bohm, amico di Albert Einstein, trovò nelle parole di Krishnamurti punti in comune con le sue nuove teorie fisiche. Questo diede vita a una serie di dialoghi tra i due che contribuirono a costruire un "ponte" tra il misticismo e la scienza: si parla in proposito di "misticismo quantico".[14] Bohm e Krishnamurti scrissero due testi, Dove il tempo finisce e I limiti del pensiero. Altri scienziati trovarono molto stimolanti i discorsi di Krishnamurti su argomenti quali il tempo, la morte, il pensiero. L'influenza di Bohm e Einstein, quindi della meccanica quantistica e della relatività generale, d'altronde è presente nel filosofo indiano. Nel 1984 incontrò e discusse con gli scienziati del Los Alamos National Laboratory in New Mexico, U.S.A.

«La memoria è tempo; esistono, infatti, due tipi di tempo, quello cronologico e quello psicologico. C'è un ieri dell'orologio e un ieri della memoria. Non si può rifiutare il tempo cronologico; sarebbe assurdo - come si farebbe a sapere quando parte il treno? Ma esiste davvero il tempo, indipendentemente dal tempo cronologico? Esiste il tempo così come la mente lo concepisce? Esiste il tempo al di fuori della mente? Senza dubbio il tempo, il tempo psicologico, è un prodotto della mente. Senza il fondamento del pensiero, non esiste tempo - il tempo non è altro che memoria dell'ieri in rapporto all'oggi, che forgia il domani. In altri termini, ciò che crea il futuro è il ricordo dell'esperienza passata in risposta al presente - il che è, ancora una volta, il frutto del processo del pensiero, un percorso mentale.»

Il filosofo, malato da tempo di tumore al pancreas, morì a quasi 91 anni nel 1986, in California. Scrive la biografia Mary Lutyens

«Il 4 gennaio 1986 Krishnamurti concluse il suo terzo discorso - l'ultimo della sua vita - con le parole: «La Creazione è qualcosa di quanto mai sacro. È la cosa più sacra della vita e se voi fino a oggi avete vissuto a caso, cambiate il vostro atteggiamento. Se non fate questo non potete entrare in questo mondo della Creazione». Termina qui. Le ultime due parole, alitate più che pronunciate, si sentono appena. Si possono udire solo nella cassetta. Non poterono giungere alle orecchie del pubblico. Quindi, dopo una lunga pausa, Krishnamurti aggiunse: «Questo è l'ultimo discorso. Volete rimanere seduti tutti insieme in silenzio, per qualche minuto? Bene, signori, rimanete qualche minuto in silenzio».[2]»

Dopo questo Krishnamurti si recò nella fondazione californiana di Ojai; ricoveratosi all'Ojai Hospital, gli diagnosticarono un tumore al fegato, cominciato dal pancreas e in fase avanzata. Quindi tornò al Pine Cottage dove risiedeva. Krishnamurti stesso confortò i suoi assistenti. Vedendo la loro disperazione, nonostante Krishnamurti per tutta la vita abbia negato sia l'autorità sia di essere considerato un maestro, in questo caso, ai presenti, tra cui Lutyens, disse: «Fintanto che questo corpo vive sono sempre il maestro. Krishnamurti è qui come fosse sul palco. Io sono sempre il capo».[2]

Da un'intervista fatta ad una sua amica e allieva, Pupul Jayakar, sappiamo che Krishnamurti, fu consapevole dell'arrivo della sua morte, tanto da confidarle nel pomeriggio del 16 febbraio: "questa sera io mi allontanerò e passeggerò lì, sulle montagne, e la nebbia salirà". Secondo la testimonianza, Krishnamurti volle fare una diretta allusione alla propria morte imminente.[2][16] Poche ore dopo entrò in coma o in un sonno profondo: il 17 febbraio 1986, 10 minuti dopo la mezzanotte, Krishnamurti morì.[2] Dopo la cremazione, le ceneri vennero completamente disperse seguendo la sua volontà, in modo che non ci fosse "un luogo sacro dove la gente va a venerare e tutto quell'orrore" (coerentemente col suo rifiuto in vita ad essere considerato un guru).[17] Nonostante ciò, Krishnamurti è oggetto di grande rispetto in India, e talvolta si trovano riferimenti a lui con appellativi riservati a maestri, saggi e santi indù, come Sri Krishnamurti.

Insegnamento

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Nel suo pensiero si ritrova l'influsso del non-dualismo e del monismo tipici dell'Advaita Vedānta (Śaṅkara, Sri Ramakrishna, Swami Vivekananda...), filtrato attraverso le sue meditazioni, ricerche e anche tramite l'educazione ricevuta dai teosofi, che poi rinnegò.[18] Nell'Advaita Vedānta il concetto induista secondo cui tutto è ritenuto una danza (o gioco) divino della coscienza cosmica (līlā) è portato alle sue massime conseguenze, dove la temporalità e le esperienze sono considerate al contempo sacre e relative. Krishnamurti parlava di come, nello specchio dei rapporti (tra umani e con le cose), ognuno può scoprire il contenuto della propria coscienza che è comune a tutta l'umanità.

Secondo lui questo può essere fatto in modo diretto, scoprendo che la divisione tra osservatore e ciò che è osservato è in realtà dentro noi stessi. Diceva che proprio questa divisione dualistica, che impedisce la percezione diretta è alla base del conflitto e dell'infelicità dell'uomo. Nel passo seguente Krishnamurti si oppone anche alle pratiche di ascetismo.[18]

«Vi dicono che per trovare Dio dovete lavorare, dovete sottoporvi a una disciplina, dovete praticare degli esercizi, dovete torturare la vostra anima, tormentare la vostra mente e il vostro corpo; dovete rifiutare, reprimere; non dovete guardare certe cose; dovete lottare, lottare sempre per ottenere qualcosa al cosiddetto livello spirituale, che in realtà non è affatto spirituale! Così nella società ognuno si preoccupa solo di se stesso e della propria famiglia. In qualunque direzione ci muoviamo, noi non facciamo altro che sprecare energia. E questo spreco di energia e fondamentalmente conflitto: un conflitto tra quello che "devo" o "dovrei" fare e quello che "non devo" o "non dovrei" fare. Quando si è creata una dualità, il conflitto diventa inevitabile. Allora bisogna capire la dualità, come si produce e come funziona. È evidente che ci sono l’uomo e la donna, il rosso e il verde, la luce e il buio, l'alto e il basso; questi sono fatti. Ma quando facciamo uno sforzo per separare l'idea dal fatto, è lì che sprechiamo energia.»

Celebre e significativa è la sua affermazione "la Verità è una terra senza sentieri", che rappresenta il nocciolo del suo insegnamento che ha spronato l'uomo a liberarsi da ogni strada già tracciata, dal passato, dai dogmi, dalle ideologie, guardando la realtà senza alcun condizionamento.

«Ritengo che la Verità sia una terra senza sentieri e che non la si possa raggiungere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola. Questo è il mio punto di vista, e vi aderisco totalmente e incondizionatamente. Poiché la Verità è illimitata, incondizionata, irraggiungibile attraverso qualunque via, non può venire organizzata, e nessuna organizzazione può essere creata per condurre o costringere gli altri lungo un particolare sentiero. Se lo comprendete, vedrete che è impossibile organizzare una "fede". La fede è qualcosa di assolutamente individuale, e non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla. Se lo facciamo diventa una cosa morta, cristallizzata; diventa un credo, una setta, religione che viene imposta ad altri.»

«La personalità consiste soltanto nel nome, nella forma e nella cultura ricavata dall'ambiente. La specificità dell'individuo non sta nei fattori superficiali, ma nella totale libertà dal contenuto della coscienza. La libertà non è una reazione, la libertà non è una scelta. [...] La libertà è pura osservazione senza movente [...] Il pensiero è tempo. Il pensiero nasce dalle esperienze e dalle conoscenze, che sono inseparabili dal tempo. Il tempo è il nemico psicologico dell'uomo. Il nostro agire si basa sul conosciuto e quindi sul tempo, e così l'uomo è continuamente schiavo del passato. Diventando consapevoli del movimento della coscienza, possiamo osservare la divisione tra il pensatore e il pensiero, tra osservatore e osservato, tra il soggetto dell'esperienza e l'esperienza. Scopriremo che questa divisione è illusoria. Allora rimane la pura osservazione, che è intuizione senza residuo del passato. L'intuizione priva di tempo induce un profondo e radicale cambiamento nella mente. La negazione totale è l'essenza della positività. Dove c'è negazione di tutto ciò che non è amore (cioè desiderio e piacere), allora c'è amore, con la sua compassione e intelligenza.»

Religioni

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«Dio è qualcosa di cui non si può parlare, che non può essere tradotto in parole, perché deve rimanere per sempre il non conosciuto

A partire dal 1929, l'anno in cui abbandonò la Società Teosofica, fu un tenace avversario di dogmi, religioni organizzate, ideologie e superstizioni, che riteneva imprigionassero l'uomo nelle paure e nell'obbedienza gerarchica, senza pensiero autonomo. Riteneva le religioni effetto di condizionamento mentale, errori di percezione e condizionamento culturale. Riguardo all'esistenza di Dio, Krishnamurti, a partire dagli anni '30, può definirsi teista e agnostico al tempo stesso: come per il Vedanta e il Rig Veda, secondo lui Dio è inconoscibile: aderisce a una posizione di noncognitivismo teologico, per cui non è possibile credere o parlare della divinità in modo "assoluto" e oggettivo, per l'impossibilità di darne una definizione, nemmeno "in modo negativo" ("non è questo e non è quello").

La fede è un condizionamento e l'esperienza (compresa quella mentale ed emotiva) può essere anche illusione, falsa percezione o auto-convinzione. Nessuno nasce infatti cristiano, musulmano, indù o buddhista.[20] Al contrario di molti altri insegnanti religiosi, si scagliava in particolare contro riti e credenze. Dio può essere solo sperimentato fugacemente (come accaduto a lui nel 1922) durante una meditazione profonda, incontrando una sensazione di gioia e illuminazione "diverse", ed eliminando ogni esperienza precedente della mente; ma non può essere afferrato, né col pensiero né con la filosofia o la religione. Anche l'esperienza effettiva di Dio non può essere posseduta, né rielaborata o utilizzata come prova, perché una volta esperita e uscita dal presente diventa pensiero umano, quindi soggetto alla fallibilità di tutti i pensieri, inoltre essa stessa si trasforma in un obiettivo di possesso e in un desiderio, e deve quindi essere lasciata andare, sperimentando un non-attaccamento. Ricercarla è solo ricerca del piacere, e non è utile all'avanzamento spirituale. «Nel momento in cui il processo di riconoscimento ha inizio, siete ritornati nell'ambito della memoria. (...) La mente dice: "Ho avuto un'esperienza meravigliosa e vorrei che si ripetesse", e così comincia la lotta per avere di più».[19]

 
Francobollo indiano del 1987

A chi gli chiedeva informazioni sulla reincarnazione o sul nirvana, Krishnamurti rispondeva che era più importante lo stato attuale che la morte, il futuro o rimpiangere il passato; sosteneva che bisognava lasciare perdere teorie e ipotesi «che non servono a niente. Piuttosto morite a voi stessi ogni giorno per reincarnarvi il giorno seguente».

In età matura, pur non dichiarandosi ateo, egli affermava di non "credere" a nulla, di non possedere alcuna "fede" onde mantenere la mente perfettamente libera, ma di concentrarsi solo sul "qui ed ora" ("quello che conta è che c'è incarnazione ora"), senza rimandare nulla, vivendo pienamente ma eticamente, e sulla ricerca del samadhi. Per chi crede nel karma, inoltre, vi è un ulteriore stimolo oltre alla felicità e libertà dalle passioni violente e dai desideri invadenti, cioè migliorare la propria ipotetica rinascita.[21]

«Sto dicendo di conoscervi sempre più in profondità, vedervi come realmente siete, cosa che nessuno può insegnarvi; e non potete vedervi come siete realmente se siete legati da convinzioni, dogmi, superstizioni e paure.»

«L'altro giorno son venuti a trovarmi tre pii egoisti. Il primo era un sanyasi, un uomo cioè che aveva rinunciato al mondo; il secondo, un orientalista e fermo credente nella fratellanza del genere umano; e il terzo un saldo fautore di una meravigliosa utopia. Ognuno dei tre era un fervente apostolo della sua fede e considerava gli atteggiamenti e le azioni altrui un po' dall'alto, e attingeva forza dalle sue proprie convinzioni. Ognuno amava ardentemente il suo credo e tutti e tre erano, in uno strano loro modo, spietati.»

Riguardo alla vita e alla morte, esse non hanno un confine "reale" ma solo fisico.

«La vita e la morte sono un'unica cosa. L’uomo saggio comprende il tempo, il pensiero e la sofferenza, e solo lui può capire la morte. [...] C’è paura della morte finché c’è desiderio che il proprio carattere, il proprio agire, la capacità, il nome e così via continuino a esistere.»

Non bisogna evitare la paura ma lasciarla agire, osservandola senza reagire, e lasciarla andare.

«Avendo paura della morte razionalizziamo la paura cercando di eluderla con affermazioni del tipo: "La morte è inevitabile, ogni cosa muore". Il processo di razionalizzazione non è altro che una fuga dalla realtà. Oppure crediamo nella reincarnazione, idea che soddisfa e conforta, anche se non può eliminare la paura. Magari cerchiamo di vivere completamente nel presente, dimenticando tutto ciò che riguarda il passato e il futuro, preoccupandoci soltanto del presente, ma la paura continua. [...] Cos'è la morte? È esattamente la fine di tutto ciò che abbiamo conosciuto. Ecco la realtà. Il punto non è se sopravviveremo o non sopravviveremo. La sopravvivenza dopo la morte non è che un concetto. Noi non sappiamo, ma crediamo, perché credere ci conforta. Non affrontiamo mai il problema della morte in sé e per sé, perché l'idea stessa di arrivare a una fine, di penetrare nel regno dell'ignoto è talmente orripilante da risvegliare la paura. Avendo paura, facciamo ricorso a varie forme di credo religioso, che sono semplicemente vie di fuga. [...] Dobbiamo penetrare la natura della morte da vivi [...] Morire dev'essere qualcosa di straordinario, entrare in una dimensione che non abbiamo mai immaginato, totalmente sconosciuta. Ora, in che modo può la mente sperimentare, da vivi, quella cessazione che chiamiamo morte? La morte è la cessazione. È la cessazione del corpo, e forse anche della mente. Non sto cercando di scoprire se ci sia vita dopo la morte. Ciò che mi interessa è la cessazione.»

Krishnamurti insisteva sul comprendere di "essere nulla" nel senso di riconoscere la propria vacuità, non in quello di nichilismo.

«Tu non sei nulla. Puoi avere nome e titolo, proprietà e conto in banca, puoi essere potente e famoso; ma nonostante tutte queste salvaguardie, tu non sei nulla. Puoi essere del tutto inconsapevole di questa vacuità, di questo nulla, o puoi semplicemente non volerne essere consapevole; ma quel vuoto c'è, qualunque cosa tu faccia per evitarlo. Tu e il nulla siete una sola cosa, un fenomeno unico, non due processi separati. Se tu, il pensatore, ne hai paura e lo avvicini come qualcosa di contrario e opposto a te, allora ogni azione che tu possa intraprendere verso di esso porterà inevitabilmente all'illusione e così ad ulteriore conflitto e dolore. Quando ci sia la scoperta, la sperimentazione di quel nulla che si riassume in te, allora la paura si dissolve completamente. Soltanto allora è possibile alla mente essere tranquilla; e in questa tranquillità, la verità viene in essere.»

«Quello che c'è oltre può essere scoperto solo se la mente è silenziosa. Potrebbe esserci qualcosa o assolutamente nulla. L’unica cosa importante è che la mente sia silenziosa. E inoltre, se vi preoccupate di quello che c’è al di là allora non state guardando che cos’è quello stato di vero silenzio. Se per voi è solo una porta verso qualcosa che sta oltre, allora non siete interessati a quella porta, mentre ciò che conta è la porta stessa, proprio quel silenzio in sé. Perciò non potete chiedere che cosa ci sia al di là.»

La meditazione

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«La meditazione è come l'acqua che tutti possono bere da qualsiasi recipiente, che sia un vaso d’oro o una brocca d'argilla: è inesauribile.[22]»

La meditazione per Krishnamurti "non è mai preghiera. La preghiera, la supplica, nasce dall'autocommiserazione" né occorre una tecnica prestabilita se non alcune regole di base, ma solo lasciare svuotare la mente ("fate che la mente sia vuota, e non piena con le cose della mente. Allora ci sarà solo meditazione, e non un meditatore che sta meditando. La mente irretita dalla fantasia può solo nutrire illusioni. La mente deve essere chiara, senza movimento, e nella luce di quello splendore l'Eterno è rivelato"), in questo ponendosi in contrasto con induismo e buddhismo.

Nonostante l'assenza di tecnica formale, o proprio per questo, la meditazione per Krishnamurti è una disciplina difficile:

«La meditazione è dura. Esige la più alta forma di disciplina - non conformismo, non imitazione, non obbedienza, ma una disciplina che passa attraverso la costante consapevolezza delle cose fuori di te e delle cose dentro di te. [...] Senza il fondamento di una vita retta la meditazione diventa una fuga e non ha alcun valore. Una vita retta non è l'obbedienza alla morale sociale, ma la libertà dall'invidia, dalla cupidigia e dalla ricerca del potere - che generano l'inimicizia. La libertà da questi mali non passa attraverso l'attività della volontà, ma attraverso la consapevolezza che di essi si acquista mediante l'autoconoscenza.»

Krishnamurti era contrario alla pratica classica, ripresa da gruppi come la meditazione trascendentale, di recitare mantra o di ricercare esperienze mistiche volontarie.

«La meditazione non ha un significato che porta ad un fine. È sia significato che fine. [...] La meditazione è uno stato di non-mente. Quando tu sei in totale silenzio [mentale], quel silenzio è meditazione. [...] Meditare non è ripetere parole, sperimentare visioni o coltivare il silenzio [delle parole]. Questa è una forma di autoipnosi. Meditare non è chiudersi in un pensiero ideale, nell'incanto del piacere. Se tu dici: "Oggi comincerò a controllare i miei pensieri, a sedere quieto nella posizione del meditare, a respirare regolarmente" — allora sei preso nei trucchi con cui inganniamo noi stessi. La meditazione non è l'essere assorti in qualche idea o immagine grandiosa... La mente meditativa è vedere, osservare, ascoltare senza la parola, senza commento, senza opinione — attentamente e costantemente — il movimento della vita in ogni suo rapporto; allora sopraggiunge un silenzio che è negazione del pensiero, un silenzio che l'osservatore non può richiamare. Se ne facesse esperienza, riconoscendolo, non sarebbe quel silenzio...»

A livello di pratica effettiva, egli considerava l'auto-osservazione come la vera e fondamentale base, da effettuare però in piena consapevolezza. Ciò però deve essere accompagnato da una mente sgombra da pregiudizi.

«Se hai intenzione di meditare, non sarà meditazione. Se hai intenzione di essere buono, la bontà non fiorirà mai. Se coltivi l’umiltà, essa cessa di essere. La meditazione è come la brezza che entra quando lasci la finestra aperta; ma se di proposito la tieni aperta, di proposito la inviti a venire, non apparirà mai. [...] Dovete scoprirlo da soli, senza l'aiuto di nessuno. Abbiamo avuto l’autorità degli insegnanti, dei redentori e dei maestri. Se volete davvero scoprire cosa sia la meditazione, dovete mettere assolutamente, totalmente da parte ogni autorità. [...] La meditazione non è il mero controllo del corpo e del pensiero, né è un sistema di inspirazione ed espirazione. Il corpo deve essere fermo, sano e senza sforzo; la sensibilità del sentimento deve essere affilata e sostenuta; e la mente con tutte le sue chiacchiere, turbamenti e brancolamenti deve finire. Non è dall'organismo che si deve cominciare, ma piuttosto è la mente con le sue opinioni, pregiudizi e interessi personali che deve essere curata. Quando la mente è sana, vitale e vigorosa, i sentimenti saranno intensificati e saranno estremamente sensibili. Allora il corpo, con la sua intelligenza naturale che non è stata viziata dall'abitudine e dal gusto, funzionerà come deve.[23] [...] Se il corpo viene forzato, non c'è yoga.[24]»

La semplice osservazione del respiro come "chiave della vita", come la luce del sole[25], è quindi la ricerca della "luce che è in noi" (titolo di un suo libro[26]) e non fuori di noi, evitando i concetti filosofici.[27]

«Quando l'uomo è tranquillo, c'è il ritmo biologico, il fenomeno del respiro. È il nostro pensiero che crea disordine. La nostra coscienza è in continuo conflitto con la sua ambizione e con la sua avidità...[28]»

Ad un gruppo di suoi studenti indiani consigliò di sedere, ad occhi chiusi e in silenzio, continuando a letto di notte se erano svegli, o camminando, praticando una meditazione vagamente somigliante alla tecnica della cosiddetta mindfulness (basata sulla meditazione buddhista di consapevolezza o Vipassana):

«Dovete osservare, come osservate una lucertola che passa, che sguscia attraverso il muro, vedendo tutte le sue quattro zampe, il modo in cui s'infila nel muro; dovete osservarla e, mentre lo fate, ne vedete tutti i movimenti, la delicatezza dei suoi movimenti. Così, allo stesso modo, osservate il vostro pensare, non correggetelo, non sopprimetelo – non dite che è troppo difficile – solo osservatelo ora, questa mattina.[29]»

Visione sociale

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«Non è un segno di buona salute mentale essere ben adattati a una società malata.»

Krishnamurti sosteneva che «la vera rivoluzione per raggiungere la libertà è quella interiore; qualsiasi rivoluzione esterna è una restaurazione della solita società che a nulla serve» ed inoltre «la rivoluzione interiore va fatta da sé per sé, nessun maestro o guru può insegnarti come fare» e dovesse "cominciare non con le teorie e le ideologie, ma con una radicale trasformazione della nostra mente."[30]

«Per cambiare la struttura sociale dobbiamo cominciare dall'interno, non cambiare solo l’esterno.»

Citando il Mahatma Gandhi affermava inoltre: "ciascuno cambi se stesso per cambiare il mondo", poiché "ciò che siete dentro è stato proiettato all’esterno, sul mondo; ciò che siete, ciò che pensate e sentite, ciò che fate nella vostra esistenza quotidiana, viene proiettato fuori di voi e va a costituire il mondo". Riguardo ai problemi della guerra e della violenza, era convinto che solo il cambiamento dell'individuo può portare alla felicità e che le strategie politiche, economiche e sociali non siano soluzioni per la sofferenza umana. Insisteva sul rifiuto di ogni autorità spirituale o psicologica, compresa la propria, ed era interessato a capire come la struttura della società condizioni l'individuo.[30]

«Per avere la pace nel mondo, non pensate che basti desiderarla, se poi nelle vostre relazioni quotidiane siete aggressivi, possessivi e alla costante ricerca di sicurezza in questa vita o nell'altra. Dovete capire qual è la causa fondamentale del conflitto, del dolore e toglierla di mezzo. Non vi basta mettervi a cercare la pace fuori di voi.
Ma, vedete, noi siamo molto pigri. Siamo troppo pigri per prenderci la responsabilità di capire noi stessi e questa tremenda pigrizia, che in realtà è una forma di presunzione, ci fa pensare che spetti ad altri risolvere il problema e procurarci la pace. Oppure pensiamo che basti togliere di mezzo quelle persone, che a quanto sembra non sono nemmeno tante, che hanno il potere di scatenare le guerre. Quando una persona è in conflitto dentro di sé, semina il conflitto anche fuori di sé. Solo noi possiamo portare la pace in noi stessi e nel mondo, perché noi siamo il mondo.»

Era favorevole alla parità formale tra uomini e donne anche in campo religioso, e contrario al sistema indiano delle caste ma preferiva non pronunciarsi su questioni di politica attiva come quest'ultimo argomento, pur accogliendo chiunque nelle proprie scuole, senza differenza di casta, nazionalità, etnia o religione, come aveva fatto il Buddha nei tempi antichi.[31]

Krishnamurti fu un rigoroso lacto-vegetariano (dieta vegetariana che è la più diffusa in India, e che comprende solo alimenti vegetali e latticini prodotti rispettando gli animali[32]), e seguace della nonviolenza (ahiṃsā). Per l'impegno pacifista nel 1985 ricevette la United Nations Peace Medal.

«La causa principale della violenza consiste nel fatto che ognuno di noi, dentro di sé, psicologicamente, cerca continuamente la sicurezza. Ognuno di noi vuole sentirsi sicuro psicologicamente, vuole sentirsi interiormente protetto e questa esigenza interiore alimenta una costante richiesta di sicurezza anche fuori di noi. [...] Il mondo costruito sull'odio sta raccogliendo ora le sue messi. È lì da vedere. Questo mondo di odio è stato costruito dai nostri padri e dai loro antenati; e anche noi vi abbiamo contribuito. L’ignoranza affonda le sue radici in un lontanissimo passato. Questo mondo di odio non si e formato per conto suo; è il risultato dell'ignoranza umana, è il frutto di un processo storico. Anche noi abbiamo contribuito all’opera dei nostri antenati e dei loro progenitori per mettere in moto questo processo di odio, di paura, di avidità. E ora noi facciamo parte di questo mondo finché accettiamo il modo in cui funziona.»

Rispondere all'odio con l'odio o coltivare la vendetta crea una spirale infinita:

«Voi diventate quello contro cui combattete... Se io mi arrabbio e anche tu ti arrabbi, che risultato otterremo? Un'arrabbiatura ancora più grande. Tu diventi quello che sono io.
Se io sono cattivo e tu a tua volta mi affronti con cattiveria, questo significa che anche tu sei cattivo, per quanto tu possa credere di essere nel giusto.»

Krishnamurti propone un capovolgimento che cominci prima di tutto dal pensiero che, assieme alle azioni, crea i modelli dualisti:

«Il nemico e l'amico sono il frutto del nostro modo di pensare e di agire. Noi siamo responsabili dell'inimicizia che creiamo; quindi è molto più importante essere consapevoli di quello che pensiamo e facciamo, piuttosto che preoccuparci dei nemici e degli amici, perché solo pensando in maniera corretta porremo fine a qualsiasi divisione. L'amore è al di là sia dell’amico che del nemico.»

L'importanza dell'educazione

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«Amici, non vi preoccupate di chi io sia; non lo saprete mai. Non voglio che accettiate nulla di ciò che dico. Non voglio nulla da nessuno di voi, non desidero la popolarità, non voglio la vostra adulazione, non voglio che mi seguiate. Dato che sono innamorato della vita, non voglio nulla. Queste cose non hanno molta importanza; ha importanza [per il mondo] il fatto che voi obbedite e che permettete al vostro giudizio di essere pervertito dall’autorità. Il vostro giudizio, la vostra mente, il vostro affetto, la vostra vita, sono pervertiti da cose che non hanno valore, e proprio in questo risiede il dolore.»

Krishnamurti considerava fondamentale la questione dell'educazione e fondò molte scuole in Inghilterra, India e Stati Uniti: la scuola deve essere un posto dove l'insegnante e l'allievo esplorano non solo il mondo esterno della conoscenza ma anche il proprio pensiero e il proprio comportamento per capire il condizionamento che distorce la realtà. Solo liberi dai condizionamenti, diceva, si può veramente imparare, poiché «non serve dare risposte, ma spronare gli uomini alla ricerca della verità.»[33]

 
Busto di Krishnamurti

Dopo la sua morte le scuole private sparse un po' in ogni continente hanno cercato di continuarne l'opera. In Europa la scuola più famosa è quella di Brockwood Park, Bramdean, Hampshire (UK), ma ne esistono ad Ojai in California e numerose in India. Ogni anno a luglio il comitato svizzero organizza incontri vicino a Saanen (Svizzera), luogo in cui Krishnamurti tenne alcune conferenze.

Necessaria per comprendere Jiddu Krishnamurti è l'intenzione di non aspettarsi aiuti dall'esterno bensì di porsi come maestri di se stessi e di scavare per scoprire l'umanità partendo dall'intimità, senza avere come fine il cercare di realizzare gli ideali imposti da società e cultura.

«Siete consapevoli di essere condizionati? Finché cercherete di realizzare gli ideali che la società o la cultura vi somministrano rimarrete esattamente l'opposto. E continuerete a sperare che un giorno, per qualche miracolo o la grazia di un Dio o di un guru potrete risolvere il vostro problema. Scordatevelo.»

Critiche

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Personali

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Ritratto del giovane Krishnamurti

Helen Nearing, che conobbe Krishnamurti negli anni venti, affermò in Loving and Leaving the Good Life che l'atteggiamento di Krishnamurti era condizionato dalla sua posizione privilegiata. Questo, secondo Nearing, era dovuto al fatto di essere sostenuto, addirittura viziato, dai suoi devoti sostenitori fin dalla sua "scoperta" da parte dei teosofisti. Sostenne inoltre che Krishnamurti era ad un tale "elevato" livello da essere incapace di normali relazioni personali. Tuttavia dopo il 1929 Krishnamurti abbandonò ogni tipo di privilegio e incoraggiando i discepoli a metterlo in discussione.

Nel suo libro Lives in the Shadow with J. Krishnamurti del 1991, Radha Rajagopal Sloss, figlia dei soci di Krishnamurti ormai separati (dal 1960) Rosalind e Desikacharya Rajagopal, scrisse riguardo alla relazione di Krishnamurti con i suoi genitori, inclusa una relazione amorosa clandestina tra Krishnamurti e Rosalind (nata Williams), un'insegnante statunitense, che si protrasse per parecchi anni (dal 1932 al 1957) e che si concluse con la rottura della loro amicizia.[34] Questa pubblica rivelazione fu accolta con sorpresa e costernazione da molti, ma accettata dalla Krishnamurti Foundation of America come un fatto privato; fu inoltre trattata dalla biografa Mary Lutyens in un capitolo della grande biografia in più volumi (Krishnamurti and the Rajagopals).

Sul pensiero

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Il quasi omonimo filosofo indiano U.G. Krishnamurti, che trattava argomenti simili (ed ebbe un'esperienza mistica simile al "processo" di Jiddu Krishnamurti, da lui chiamata "la calamità"[35]) riferì di avere intrattenuto con lui, per un periodo, discussioni quasi giornaliere le quali – asseriva – non procuravano alcuna soddisfacente risposta alle sue domande. Alla fine i loro incontri cessarono. Così descrisse parte della loro ultima discussione: «Allora, verso la fine, insistetti nel dire: "Dai, non esiste nulla dietro i concetti astratti che mi stai gettando contro?" E lui rispose: "Non hai modo di saperlo per te stesso." Punto – quella fu la fine della nostra relazione, vedi – "Se non ho modo di saperlo, tu non hai alcun modo per comunicarlo. Cosa diavolo stiamo facendo qui? Ho sprecato sette anni. Addio, non voglio più vederti." E me ne andai».

Anche il controverso guru Osho Rajneesh, benché si ritrovino anche in lui punti di contatto teorico delle sue idee con la dottrina del filosofo[36], ha criticato Krishnamurti come insegnante di dharma, pur considerandolo un "illuminato": «Krishnamurti attrae, perché consiglia di abbandonare tutti i sistemi. Se riesci ad abbandonare ogni sistema, non sarai più confuso, ma dipende da te. Può succedere – come succede quasi sempre – che accanto a questo nuovo sistema basato sulla demolizione di ogni sistema, restino anche tutti i vecchi sistemi. Ragion per cui si è aggiunto un elemento di confusione in più.[37] [...] Krishnamurti non ti serve a nulla. Per aiutarti posso dirti perfino questo: Krishnamurti sbaglia completamente. Ed è dannoso. Ricorda: anche questo lo dico per aiutarti, perché se segui le sue parole non raggiungerai il samadhi. Raggiungerai solo una conclusione: che non è necessario alcun metodo. E questo è pericoloso. [...] Se dico che Krishnamurti è illuminato, ma ha fallito, non è riuscito ad aiutare nessuno – ha fatto del suo meglio, in realtà nessuno si è dato da fare quanto lui –, significa che tutto quello che dice è vero, però non ha potuto aiutare nessuno, e questa non è una critica».[38] A sua volta l'approccio spesso provocatorio di Osho (e la sua preminenza del fisico sulla mente durante le meditazioni) non godeva della stima di Krishnamurti.[36]

Eredità e influenza

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Tra coloro che sono stati influenzati dal pensiero di Krishnamurti vi sono: George Bernard Shaw, David Bohm, Jawaharlal Nehru, il XIV Dalai Lama, Aldous Huxley, Alan Watts,[39] Henry Miller, Bruce Lee,[40] Terence Stamp,[41] Jackson Pollock,[42] Sergiu Celibidache, Toni Packer,[43] Achyut Patwardhan,[44] Dada Dharmadhikari,[45] Derek Trucks,[46] e Eckhart Tolle.[47]

Opere di Krishnamurti pubblicate in Italia

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  • Il regno della felicità, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1928
  • La prima e ultima libertà, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1969
  • Di fronte alla vita, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1969
  • L'uomo alla svolta, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1972
  • Libertà dal conosciuto, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1973
  • La sola rivoluzione, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1973
  • Al di là della violenza, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1974
  • La domanda impossibile, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1974
  • Cominciare a imparare, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1976
  • Verità e realtà, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1978
  • Meditazione, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1999
  • La pienezza della vita, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1980
  • Taccuino, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1980
  • Che cosa vi farà cambiare, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1981
  • La visione profonda, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1982
  • La fine del dolore, Aequilibrium, Milano, 1982
  • Diario, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1983
  • Domande e risposte, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1983
  • Lettere alle scuole, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1983
  • Krishnamurti-D. Bohm, Dove il tempo finisce, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1986
  • La rete del pensiero, Aequilibrium, Milano, 1987
  • Gli ultimi discorsi - Saanen 1985, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1987
  • Una scuola per la vita, Aequilibrium, Milano, 1988
  • A se stesso, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1990
  • Andare incontro alla vita, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1993
  • Un modo diverso di vivere, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1994
  • Sulla libertà, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1996
  • Sull'amore e la solitudine, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1996
  • Il libro della vita - Meditazioni quotidiane con Krishnamurti, Aequilibrium, Milano, 1997
  • Libertà totale, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1998
  • Sulla paura, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1998
  • Sul vivere e sul morire, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1998
  • Sul rapporto, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2000
  • Sul conflitto, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2000
  • La luce che è in noi, Guanda, 2000, traduzione di L. Liberale [This light in oneself]
  • Su Dio, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2002
  • Sulla verità, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2002
  • Può cambiare l'umanità?, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2003
  • Sulla mente e il pensiero, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2004
  • Questa luce in se stessi, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2007 [This light in oneself, riedizione]
  • La ricerca della felicità, Mondadori, Milano, 2007
  • Riflessioni sull'io, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2009
  • J. Krishnamurti e D. Bohm, I limiti del pensiero. Discussioni, Armando Editore, Roma, 2009
  • La rivoluzione comincia da noi, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2012
  • La mia strada è la tua strada - Meditazione sul vivere vol.1, Mondadori
  • Il silenzio della mente - Meditazione sul vivere vol. 2, Mondadori
  • Senza Pensieri - Meditazione sul vivere vol.3, Mondadori
  • Pensa a questo, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2013
  • Cosa farete della vostra vita?, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2019
  • La quiete della mente, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2021
  • Guerra, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 2023

Libri su Krishnamurti

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  • Mary Lutyens, La vita e la morte di Krishnamurti, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1990 [The life and the death of Krishnamurti]
  • Susunaga Weeraperuma, J. Krishnamurti come l'ho conosciuto io, Aequilibrium, Milano, 1992
  • E. Alliata di Salaparuta, Libertà: Krishnamurti ed i pionieri del pensiero attuale, Trieste, Artim, stampa 1935
  • Radha Sloss, Lives in the Shadow with J. Krishnamurti Bloomsbury Publishing Londra, 1991
  • Raffaele Catà, La Terra senza Sentieri. Jiddu Krishnamurti e la Filosofia, Om Edizioni 2021.
  • Mary Lutyens, Krishnamurti. Tutta una vita, trad. di Monica Dematté, Edizioni di Maieutica 2021 [The life and the death of Krishnamurti]
  1. ^ C. V. Williams, Jiddu Krishnamurti : World Philosopher 1895-1986, Motilal Banarsidas, 2007, p. 255
  2. ^ a b c d e f g h i j k Breve biografia di Krishnamurti (di Ermando Danese)
  3. ^ Lutyens (1997), pp. 277–279.
  4. ^ a b c d Lutyens 1975, pp.272-275.
  5. ^ Peter Tompkins, La vita segreta della natura, pp. 183-185, Roma, Mediterranee, 2009.
  6. ^ Tour di quattro dimore storiche della Valsugana, su Trentino Cultura. URL consultato il 12 maggio 2024.
  7. ^ a b DR. ENNAPADAM S. KRISHNAMOORTHY, In a New Light, The Hindu, 2011
  8. ^ Jayakar (1986), e Mary Lutyens (1975), p. 166
  9. ^ Radha Rajagopal Sloss (1993), p. 61 considera il processo un evento collegato con una malattia o trauma, suggerendo una possibile epilessia, possibilità rigettata da Lutyens (1990)
  10. ^ a b Shanta Rameshwar Rao, Krishnamurti, p. 49, 2005
  11. ^ Raffaele Catà, La terra senza sentieri. Jiddu Krishnamurti e la filosofia
  12. ^ Su Krishnamurti, su www.wittgenstein.it. URL consultato il 12 maggio 2024.
  13. ^ Una fotografia di Krishnamurti in paramenti massonici del 18º grado del Rito scozzese antico ed accettato figura in: Jean Iozia, La Société Théosophique, - ses Rites - ses Fondateurs - son Histoire, Ed. Arqa, Marseille, 2021, fotografia n. 76.
  14. ^ J. Krishnamurti e D. Bohm, I limiti del pensiero. Discussioni, Armando Editore, Roma, 2009
  15. ^ Tempo e mutamento, in La ricerca della felicità
  16. ^ Fonte: documentario Krishnamurti e il risveglio interiore
  17. ^ Luca Sofri, No guru, no method, no teacher, su Wittgenstein, 10 ottobre 2003. URL consultato il 12 maggio 2024.
  18. ^ a b J. Krishnamurti, Life without resistance
  19. ^ a b "Può il pensare portare all’esperienza di ciò che è inconoscibile? Il che non significa che voi dobbiate accettare emotivamente o sentimentalmente delle sciocchezze su Dio. Quindi non sarebbe importante scoprire se la vostra mente è condizionata, piuttosto che cercare ciò che è non condizionato? Certamente se la vostra mente è condizionata, e lo è, per quanto possa indagare la realtà di Dio, potrà solo mettere insieme conoscenze o informazioni a seconda del proprio condizionamento. Perciò il vostro pensare a Dio è una completa perdita di tempo, un congetturare senza valore. È come il mio stare seduto in questo boschetto desiderando di essere sulla cima di quella montagna alle mie spalle. Se voglio davvero scoprire cosa c’è sulla cima della montagna e oltre, devo scalarla. Starmene seduto qui a fare ipotesi, costruire templi, chiese, ed emozionarmi a proposito di tutto ciò, non serve a niente. Quello che devo fare è alzarmi, camminare, lottare, sforzarmi, arrivare li e scoprire; ma poiché la maggior parte di noi non vuole farlo, ci accontentiamo di starcene qui seduti facendo congetture su qualcosa che non conosciamo. E io dico che questo congetturare è un ostacolo, un deterioramento della mente, non ha assolutamente alcun valore; conduce soltanto l’uomo a una maggiore confusione, a una maggiore sofferenza. Dio è qualcosa di cui non si può parlare, che non può essere tradotto in parole, perché deve rimanere per sempre il non conosciuto. Nel momento in cui il processo di riconoscimento ha inizio, siete ritornati nell’ambito della memoria. Avete capito? Diciamo, per esempio, che voi avete un’esperienza momentanea di qualcosa di straordinario. In quel preciso istante non vi è nessuno che pensa: “Devo ricordarmi di questo”, vi è soltanto lo stato in cui si sperimenta. Ma non appena quel momento passa, il processo di riconoscimento si manifesta. Vi prego di seguirmi. La mente dice: “Ho avuto un’esperienza meravigliosa e vorrei che si ripetesse”, e così comincia la lotta per avere di più. L’istinto di acquisizione, il perseguimento del possesso, dell’ottenere di più, si manifesta per vari motivi: perché vi procura piacere, prestigio, sapere, perché vi fa diventare un’autorità, e tutte le altre sciocchezze del genere. La mente persegue ciò di cui ha avuto esperienza, ma ciò di cui ha avuto esperienza è già passato, morto, andato. Per scoprire ciò che è, la mente deve morire a ciò di cui ha avuto esperienza." (Riflessioni su Dio, di Jiddu Krishnamurti. Tratto da "SU DIO", Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore)
  20. ^ Sulla credenza (di Jiddu Krishnamurti), su www.gianfrancobertagni.it. URL consultato il 12 maggio 2024.
  21. ^ Jiddu Krishnamurti, Domande E Risposte, Krishnamurti Foundation Trust Ltd., 1983, ISBN 978-88-340-0755-6. URL consultato il 12 maggio 2024.
  22. ^ La meditazione è come l'acqua che tutti possono bere da qualsiasi recipiente, che sia un vaso d’oro o una brocca d'argilla: è inesauribile. E accade una cosa particolare, che né le droghe né l'autoipnosi possono dare: è come se la mente entrasse in se stessa, dapprima alla superficie, per poi penetrare sempre più profondamente, finché profondità e altezza non hanno più senso e ogni sistema di misura scompare. In questo stato vi è una pace totale, non la soddisfazione che deriva dalla gratificazione, ma una pace che ha in sé ordine, bellezza e intensità. Può essere distrutta, così come si può distruggere un fiore, eppure, proprio a causa della sua vulnerabilità, è indistruttibile. Questa meditazione non la si può apprendere da un altro. Dovete cominciare senza saperne nulla e muovervi nell’innocenza.
  23. ^ Meditation 1969 - part 11
  24. ^ Krishnamurti on yoga
  25. ^ "Condividiamo, tutta l’umanità condivide, la luce del sole. La luce del sole non è né tua né mia. È l’energia dispensatrice di vita che tutti condividiamo. La bellezza di un tramonto, se lo osservi con sensibilità, è condivisa da tutti gli esseri umani."
  26. ^ La luce che è in noi, Guanda, 2000, traduzione di L. Liberale
  27. ^ Così l'orientalista Grazia Marchianò, curatrice del Fondo Elémire Zolla, in: (IT) Edoardo Camurri, Alla scoperta del ramo d'oro: episodio 2022/23x13, Grazia Marchianò. "La grande sapienza che viene dall'Oriente", RAI 3, 28-11-2022, a 34 min 35 s.
  28. ^ N. Lakshmi Prasad, Conversazioni Con Krishnamurti, 1992
  29. ^ Krishnamurti on education. Talks on students chapter 1
  30. ^ a b J. Krishnamurti, Davanti alla vita
  31. ^ (EN) Silences of Jiddu Krishnamurti, su The India Forum, 12 maggio 2021. URL consultato il 12 maggio 2024.
  32. ^ La dieta latto-vegetariana è simile alla dieta latto-ovo-vegetariana, ma esclude anche le uova, e meno rigorosa del vegetarianismo integrale di Gandhi. È un modello dietetico frequente nella tradizione indiana di cui fanno parte le diete sattviche o yogiche e altre di estrazione induista come la dieta viṣṇuita, tra i cui precetti è compresa anche l'astensione dai funghi, dall'aglio, dalla cipolla e dai tartufi. La dieta latto-vegetariana è molto diffusa nel subcontinente indiano tra i fedeli delle religioni dharmiche (Induismo, Buddhismo, Giainismo, Sikhismo) per via del principio religioso e morale che impone la nonviolenza nei confronti di tutti gli esseri viventi.
  33. ^ J. Krishnamurti, La mia strada è la tua strada
  34. ^ Rajagopal Sloss 1991, p. 117. Rajagopal Sloss' book and the ensuing controversy prompted the publication of rebuttals by Krishnamurti associates, e.g. Lutyens, Mary (1996). Krishnamurti and the Rajagopals (paperback). Ojai, California: Krishnamurti Foundation of America; ISBN 978-1-888-00408-3
  35. ^ Krishnamurti, U. G.; Rodney Arms (2001). Mystique of Enlightenment Part One (3rd ed.). Retrieved 5 September 2007.
  36. ^ a b Judith M. Fox, Osho Rajneesh. Studies in Contemporary Religion Series, No. 4, 2002
  37. ^ Osho, I segreti del risveglio
  38. ^ Osho, Yoga. Il respiro dell'infinito
  39. ^ Alan Watts talking about Jiddu Krishnamurti | He was an Extraordinary Mystic, su YouTube.
  40. ^ Bruce Lee and Krishnamurti
  41. ^ Terence Stamp speaking at the Krishnamurti Centre, su YouTube.
  42. ^ Jackson Pollock (By L. Proyect), su www.columbia.edu.
  43. ^ Remembering meditation teacher Toni Packer (1927 - 2013) - Lion's Roar, su lionsroar.com, 24 August 2013.
  44. ^ Obituary: Achyut Patwardhan, su The Independent, 23 October 2011. URL consultato il 28 November 2017.
  45. ^ Dada Dharmadhikari Biography, su mkgandhi-sarvodaya.org. URL consultato il 28 November 2017 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2011).
  46. ^ Horowitz, Scott, INTERVIEW: Derek Trucks Talks New Album, 2017 Losses, & The New Generation, su L4LM, 3 luglio 2018. URL consultato l'8 giugno 2023.
  47. ^ Through the Eyes of Krishnamurti, su YouTube.

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