Estratto da ""Le versioni leopardiane della Batracomiomachia - Studio storico-critico e commento", tesi magistrale in "Scienze del testo", discussa presso "Sapienza - Università di Roma" il 22-03-2013.
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Paolo DAmelio - Breve storia della Batracomiomachia e delle sue
traduzioni poetiche in Italia dal XV al XVIII sec.
La Batracomiomachia un poemetto parodico in esametri di circa 300 versi; il numero varia a seconda delle edizioni. Il testo racconta la guerra tra gli eserciti dei topi e delle rane. Evento scatenante luccisione del topo Rubabriciole da parte della rana Gonfiagote. Il componimento rientra nel genere antico della parodia : il termine greco non implica [] una deformazione comica, ma solo, letteralmente, il controcanto, la riscrittura secondo una traccia di un modello; di fatto le parodie antiche hanno comunque quella chiara valenza comica che si imposta poi nelluso moderno 1 . Fin da Giulio Cesare Scaligero, che ne parla nei suoi Poetices libri septem (1561), operante lipotesi, non ancora smentita dagli studiosi, che rapsodia e parodia siano strettamente collegate: la parodia veniva recitata dopo i versi epici di Omero dagli stessi rapsodi o da altri, come contro-canto comico alla gravitas delle vicende iliadiche : che le esibizioni di costoro (i parodi di professione), negli agoni musicali, fossero sporadiche (e mal pagate), quasi una sorta di occasionale appendice - come appunto lo fu il dramma satiresco nei confronti della tragedia - della pi prestigiosa rapsodia, sembra suggerito da molteplici indizi 2 . Di sicuro, con la rapsodia il genere parodico condivide il metro, lesametro: tutti i frammenti parodici che ci sono pervenuti, nonch lunica opera quasi integrale, il Banchetto attico di Matrone, sono composti nel metro epico per eccellenza. Iniziatore del genere viene considerato Egemone di Taso, stando a quanto ci dice Aristotele (Poetica, 1448a 12 s.). Degani individua un altro : Ipponatte, che nel frammento 128 W.mette alla berlina un ghiottone con una serie di espressioni omeriche buffamente intrecciate e contraffatte 3 . Uno dei moduli che identificavano il genere parodico, infatti, era quello di usare la complessit dello stile epico, con la sua abbondanza di epiteti ed aggettivi composti, per oggetti bassi e
1 FUSILLO (1988), p. 22. 2 Poesia parodica, p. 14. 3 Poesia parodica, p. 23. meramente concreti, come le delizie gastronomiche: descrizioni del genere abbondano sia nel nostro poemetto pseudo-omerico, che nel poemetto di Matrone e nei frammenti di Sopatro di Pafo 4 , considerato da molti un vero e proprio specialista in parodie. La datazione della Batracomiomachia, ormai acquisita dagli studiosi, quella che la vede risalire al I secolo a. C. in tarda et alessandrina. Ne una spia quel parossismo comico, allinsegna del realismo, con cui vengono dipinti gli dei e che ne fa figure alla presa con sentimenti e situazioni della quotidianit. un tratto tipicamente alessandrino; si pensi allEcale di Callimaco. Unaltra rilettura svalutante, in direzione anchessa realistica, dellapparato tradizionale che accompagna la poesia, sin dai suoi esordi, si pu apprezzare allinizio del poema: il poeta invoca le Muse non per comporre il testo ma solamente per coadiuvare la lettura dello stesso davanti al pubblico. I versi in questione sembrano, inoltre, debitori di Callimaco 5 . La lettura parodica dellagente divino che tradizionalmente assisteva il poeta classico, gi notata da Leopardi sulla scorta del Wolf nel Discorso sopra la Batracomiomachia, confermata da Lucia Paduano Faedo che ne riscontra lassonanza con lironia di Apollonio Rodio 6 . A partire dallet imperiale, il testo ha conosciuto una notevole diffusione, testimoniata dallalto numero di manoscritti che lo conservano. In et bizantina
4 Poeta greco vissuto in Alessandria sotto Alessandro Magno e Tolomeo (fine del IV sec. a. C. - principio del III); secondo la tradizione fu autore di farse fliaciche, ma dai titoli sembra doversi considerare piuttosto autore di parodie comiche al modo della commedia "di mezzo". 5 Secondo PADUANO FAEDO (1970) i versi di Apollonio Rodio, Arg., I, 20-22 / [] (Io voglio qui dire [] / Siano le Muse ministre del canto) sono una risposta polemica a Callimaco, Hymn., III, 186: , , , (Tu, dea, raccontalo a noi, ed io agli altri lo canter), pi ligio a mantenere operanti le formalit della letteratura arcaica. Il verso della Batracomiomachia con linvocazione alle Muse, sarebbe secondo FUSILLO (1998) da interpretare alla luce di questo dibattito. 6 Commentando i versi di Apollonio Rodio riportati nella nota precedente Lucia Faedo conclude: Apollonio lascia intravedere un rapporto tra il poeta e la musa che rovescia il concetto di subordinazione e di gerarchia presente nel testo omerico; non pi la musa, ma il poeta, persona umana, il protagonista della nuova poesia. Questa innovazione annunciata gi dalla diversit del soggetto attivo della creazione poetica [...] e ribadita con costanza stilistico-espressiva tale da togliere ogni dubbio sulla sua intenzionalit. Nellepos omerico allombra della musa onnisciente compare solo dopo, con significativo stacco, quella sorta di rame sonoro che il poeta, ripetitore semicosciente; in Apollonio allombra della lucida volont umana determinata ai suoi fini, compaiono le muse, in funzione delladempimento di quei fini stessi. In Omero il ruolo secondario delluomo sottolineato con spietata evidenza nella contrapposizione tra il nulla e il tutto, nelle clausole finali di due versi contigui. In Apollonio le muse, introdotte al termine, vengono investite del loro compito attraverso una parola che indica inequivocabilmente, nella sua originaria formazione linguistica, la subordinazione: Le muse siano ministre del mio canto (PADUANO FAEDO, 1970, pp. 377-78). la Batracomiomachia diventa testo scolastico, sul quale si imparava lo stile omerico; proprio in questo periodo, non a caso, che diventano pi frequenti gli interventi manipolativi sul testo. Per Glei, ultimo editore del testo 7 , impossibile, tanto profonde e stratificate sono le interpolazioni, stabilire criticamente un testo che si avvicini alloriginale, anche perch egli presuppone unindipendenza del proemio e dellantefatto dal resto del poema, dovuta al fatto che ognuna delle parti discende da rami diversi della tradizione. Questa ipotesi spiegherebbe le molte incongruenze che si registrano nella seconda parte del poema, quella dedicata alla battaglia tra i due eserciti di animali. La soluzione adottata da Glei quella di stampare sinotticamente le due versioni del testo, quella risalente al I sec. a.C. e quella bizantina. Il testo che Leopardi ha usato come base per le sue traduzioni, stampato nel volume Homeri opera quae extant omnia Graece et Latine, curante Io. H. Lederlino, Steph. Berglero, Amstelaedami, ex officina Westeniana, 1707, tom. 2, in -16; possibile che il poeta abbia per confrontato il testo delledizione Westeniana con le altre edizioni omeriche di cui disponeva nella biblioteca paterna: Odyssea, Raphaele Regio Volterrano interprete. Batracomyomachia, Aldo Manutio et Hymni Deorum interpreti bus. Herodoti libellus de vita Homeri per Conradum Heresbachium donatus, Lugduni, apud Gryphum, MDXLI, in -4 Homerus, Odyssea interprete Andrea Divo Iustinopolitano. Batracomyomachia Aldo Manutio. Hymni Deorum, interprete Giorgo Dardona cretense. Ilias interprete Andrea Divo. Homeri vita Herodoti Helicarnassei, interprete Conrado Herestachio, Venetiis, tom. 2, in -8 Phaedri Augusti liberti et Avieni fabulae cum notis Davidis Hoogstratani. Accedunt fabulae graecae latinis respondents et Homeri
7 Die Batrachomyomachie. Batracomyomachia. Graece. Patavii, ex Typographia Seminarii ap. Joannem Manfr, MDCCXXI, in -12 8 .
Per tracciare liniziale diffusione a stampa del testo pseudo-omerico si possono riportare le parole di Caterina Carpinato: La Batrachomyomachia stata uno dei primi libri a stampa e il primo testo letterario greco ad essere pubblicato : evidentemente la vasta notoriet del poemetto, la sua brevit, la sua funzione didattica hanno fatto s che spettasse proprio a La battaglia delle rane e dei topi il privilegio di essere stampata prima di altre opere letterarie 9 . Leditio princeps viene stampata a Brescia nel 1474, con la versione latina di Carlo Marsuppini. Unaltra edizione compare a Venezia nel 1486; ne editore Laonico Cretese e lintento delloperazione culturale quello di immettere nuovamente in circolo, presso la comunit greca di Venezia, i grandi testi della tradizione classica, in modo che i greci potessero riappropriarsi, almeno culturalmente, della loro patria : si sviluppava, soprattutto in ambito veneziano, un desiderio di cultura greca nazionale, una cultura che potesse aiutare gli altri greci dellet rinascimentale a rialzarsi 10 . Precede temporalmente entrambe le edizioni a stampa la prima traduzione in volgare del testo, quella dellumanista abruzzese Aurelio Simmaco de Iacobiti, trdita dal manoscritto della Biblioteca Nazionale di Parigi (cod. it. 1097). La traduzione, risalente al 1456, la prima in volgare italiano, precedendo di 14 anni quella di Giorgio Sommariva. Il volgarizzamento del De Iacobiti consta di 624 versi divisi in 78 ottave; scoperta solo nel Novecento, questa traduzione non poteva essere letta da Leopardi che nel suo Discorso sopra la Batracomiomachia non vi fa cenno. un prodotto interessante perch getta luce sulla vivacit culturale della corte aragonese nella seconda met del XV secolo ed assume notevole importanza soprattutto dal punto di vista documentario, in quanto rappresenta la prima versione in volgare del poemetto pseudo-omerico, e
8 Sulla scorta di Catalogo della biblioteca Leopardi, pp. 155-56 e 216. 9 in FUSILLO (1988), p. 144. 10 ivi, p. 145. si inserisce a pieno titolo in quel fiorire di traduzioni e volgarizzamenti messi in atto nel secondo Quattrocento in seguito alla frenetica attivit di riscoperta dei classici, soprattutto greci, che avevano caratterizzato lattivit degli umanisti nella prima met del secolo 11 . La versione del veronese Giorgio Sommariva, giudicata dal Federici 12
mancante, aspra e confusa, e fatta a Muse nemiche, risale al 1470 ed adotta il metro della terza rima. Il celebre umanista fiorentino Carlo Marsuppini cur la traduzione del poemetto sia in latino, come abbiamo visto, che in volgare italiano (Batracomiomachia tradotta da Carlo Marsupini in verso esametro italiano, Parma per Ugoletti, 1492 in 4). Una versione del poemetto venne stampata da Lodovico Dolce in calce al suo poema Ulisse 13 : traduzione non letterale e ampiamente libera e disinvolta come testimonia il giudizio del Federici : si pu considerare come una larga traduzione della Batracomiomachia, sebbene il Dolce molto aggiunga del proprio, e molto tralasci di ci ch pi commendabile del testo 14 . Il volgarizzamento di Giovanni da Falgano, del quale Leopardi sapeva trovarsi una copia alla Biblioteca Magliabechiana (CI. VII. Cod. 189., Cod. Cart, in fogl. del Sec. XVII), anchessa libera a giudicare dallincipit trascritto da Jacopo Maria Paitoni 15 : Or chio tocco la cetra, apro le labbia / cominciando a temprar la cetra, e il suono; la traduzione, rimasta incompiuta, anchessa, come quella del Dolce, in ottava e risale allinizio dellultimo quarto del XVI secolo. Il componimento rientra nel corpus di traduzioni del Da Falgano, discepolo di Pier Vettori nello Studio Fiorentino, che comprende altre opere classiche, soprattutto greche, quali lEcuba di Euripide o la Teogonia di Esiodo 16 .
11 DE JACOBITI, p. 7. 12 FEDERICI, p. 28. 13 L'Ulisse di M. Lodovico Dolce, da lui tratto dell' Odissea d'Homero et ridotto in ottava rima, Venezia, 1573. 14 FEDERICI, p. 29. 15 Jacopo Maria Paitoni, Biblioteca degli autori antichi greci, e latini volgarizzati, in Venezia, MDCCLXVII. 16 I volgarizzamenti del Da Falgano sono stati ristampati a cura di L. Caciolli nei volumi : Giovanni Da Falgano, Ippolito, Ecuba, Christus patiens. Volgarizzamenti inediti dal greco, Olschki, Firenze 1995 e Id., Opre et giornate - Scudo di Hercole - Theogonia. Volgarizzamenti inediti dal greco, Olschki, Firenze 1998. Curiosa la diffusione della traduzione del poemetto ad opera del pittore Andrea Del Sarto; poema in ottava rima, diviso in sei canti, e recitato in sei sere consecutive nel 1519 all'Accademia del Paiuolo in Firenze 17 , viene stampato solamente nel 1788 da editore fiorentino anonimo 18 . Vi viene premesso un avvertimento di Francesco Redi, letto e studiato da Leopardi in occasione della stesura del Discorso e sul quale si basano buona parte delle conclusioni del diciassettenne traduttore. Non casuale che la traduzione delsartiana sia stata riscoperta solo nel XVIII secolo, dal momento che in quel secolo fiorirono le traduzioni dallantico, accompagnate da un notevole dibattito teorico 19 . Con quella del Lavagnoli, di cui diremo pi ampiamente dopo, quella di Del Sarto la traduzione su cui Leopardi si sofferma di pi nel Discorso, facendone un esempio di traduzione libera, un modello per lui da evitare. Quello che Leopardi si prefigge di delineare nel suo scritto introduttivo lideale di una traduzione che non deve n essere troppo servile e letterale (Lavagnoli), n troppo libera (Del Sarto), mantenendo comunque una sua aspirazione di autonomia dalloriginale. La traduzione di Del Sarto diventa quindi nella prosa leopardiana un polo negativo dal quale discostarsi; effettivamente trattasi di una traduzione alquanto libera, in cui le ottave distanti dal testo originale e dedicate alloccasione in cui il testo stato recitato, abbondano. Traduzione seicentesca degna di nota quella del veneziano Federico Malipiero, che coniug la carriera di magistrato nella repubblica veneziana con lattivit di scrittore, in particolare di romanzi religiosi. Accanto a questa sua produzione, stanno i romanzi di argomento classico come la Peripezia d'Ulisse, overo La casta Penelope 20 e l'Annibale eroe 21 ; una rielaborazione del classico alla luce della cristianit che poggia le basi sul suo apprendistato di traduttore sia dellIliade che dellOdissea. Appendice delle traduzioni omeriche, come insegna lesempio gi visto del Dolce, quella della Batracomiomachia, che in questi
17 Leopardi, Discorso sopra la Batracomiomachia. 18 La Guerra de topi e de ranocchi. Poema eroi-comico di Andrea Del Sarto, in Firenze, MDCCLXXXVIII. 19 Sul tema MATTIOLI (1983). 20 Venezia, 1640. 21 Venezia, 1642. contesti si segnala sempre di pi come il pendant comico e parodico dellepos ufficiale. Dovendo tracciare a brevi linee il percorso di riscoperta del poemetto nel XVIII secolo assurge a snodo importante la traduzione di Angiol Maria Ricci, lettore di lettere greche presso lo Studio fiorentino. Curata da un influente studioso di lingua e letteratura greca, che aveva gi pubblicato sempre a Firenze e presso il medesimo editore i tre volumi delle sue Dissertationes homericae 22 , la traduzione in rime anacreontiche venne pi volte ristampata ed ebbe notevole diffusione 23 . Insieme a quella del Salvini, anchegli traduttore dellIliade, la traduzione del Ricci costituisce la prima espressione di una volont di riappropriarsi del testo pseudo-omerico in unottica erudita e di adesione letterale al testo. Non un caso allora che le due traduzioni vengano ristampate entrambe pi tardi nello stesso volume 24 . Che le due versioni insieme segnassero un punto di svolta nella ricezione del testo, aprendo la strada a nuove traduzioni sembra confermarlo anche Bartolomeo Gamba, accademico della Crusca, che, recensendo le traduzioni della Batracomiomachia, taglia corto : Sarebbe lunga leggenda lo schierare le traduzioni che della Guerra de Ranocchi e de Topi si sono fatte dopo quelle del Salvini e del Ricci 25 . La traduzione salviniana precede quella del Ricci di una ventina danni : compare a Firenze nel 1723 26 ; Salvini aveva preceduto Ricci sulla cattedra di lingua greca presso lo Studio fiorentino. Ci troviamo quindi dinanzi ad una riappropriazione filologica del testo da parte di due illustri grecisti; entrambe le traduzioni, decisamente
22 Riporto la titolazione completa del terzo volume : Dissertationes Homericae Habitae In Florentino Lyceo Ab Angelo Maria Riccio Graecarum Literarum Prof. Quibus Accedunt Eiusdem Orationes Pro Solenni Instauratione Studiorum, Volume III, Ex Typographia Caietani Albizinii, Florentiae, MDCCXLI. 23 La guerra de ranocchi e de topi; tradotta in rime anacreontiche da Angiol Maria Ricci, Stamperia di Gaetano Albizzini, Firenze 1741. 24 Odissea ed altre poesie dOmero. Tradotte dalloriginal greco in versi sciolti da Anton Maria Salvini, Stamperia del Seminario, Padova 1760. 25 Bartolomeo Gamba da Bassano, Serie dei testi di lingua e di altre opere importanti nella italiana letteratura scritte dal secolo XIV al XIX, Venezia, Coi tipi del Gondoliere, MDCCCXXXIX, p. 640. 26 Batracomiomachia e glInni trad. in verso sciolto da Anton Maria Salvini, Firenze, Tartini e Franchi, vol. 2 in 8, 1723; il Federici cita unaltra edizione padovana del 1742 oltre a quella del 1760, citata alla nota 24. Sulla figura di Salvini : Carmelo Cordaro, Anton Maria Salvini. Saggio critico-biografico, Piacenza, 1906 e Maria Pia Bartoli, Anton Maria Salvini (1653-1729). Il ritratto di un letterato nella Firenze di fine Seicento, 2005. aderenti al testo di partenza se non quasi letterali, proprio per esigenze di rigore e scrupolo erudito. Su questa stessa scia, si muove la traduzione del veronese Antonio Lavagnoli, che, nonostante la maggiore statura dei precedenti due traduttori, assurse, anche in virt dei giudizi positivi del Rubbi 27 , allo status di traduzione esemplare del poemetto. Stampata per la prima volta a Venezia nel 1744, la versione del Lavagnoli venne ristampata una seconda volta a Verona nel 1788 e poi, a testimonianza dello statuto raggiunto, venne raccolta, insieme alle traduzioni omeriche del Pindemonte e dello Strocchi, in un volume della Collana de' poeti greci delleditore Tommaso Masi (Livorno, 1805) 28 . Lo stesso volume in una successiva ristampa maceratese si trovava nella biblioteca Leopardi 29 . Sebbene ledizione presente nella biblioteca di Monaldo fosse del 1825, quindi troppo in l, per essere letta dal giovane Giacomo del Discorso sopra la Batracomiomachia, la fortuna della traduzione del Lavagnoli appare in questo scritto introduttivo come una questione su cui Leopardi sente il dovere di intervenire. In buona parte tutta loperazione culturale della sua versione del poemetto sembra scaturire dalla volont di scalfire la fortuna di quella traduzione che rappresenta agli occhi di Leopardi forse lesempio pi lampante di ci che egli vuole evitare. Lintenzione di propugnare un modello di traduzione nuovo che contemperi la fedelt al testo e le giuste aspirazioni di autonomia dalloriginale fa quindi allontanare Leopardi dal modello rappresentato da Lavagnoli. Per questo, forse, pi che per leffettiva pochezza della traduzione, il giudizio leopardiano molto severo :
questa, a dir vero, non che una fredda e quasi letterale interpretazione del testo greco, fatta coll'originale e col Rimario alla mano, in versi poco eleganti, e con rime stentate e spiacevoli. Leggendone il primo verso senza saper nulla del titolo, si conosce tosto che esso appartiene ad una traduzione, tanto questa lontana dall'aver l'aria di un componimento originale. Insomma
27 Il Rubbi diede sopra tutte le traduzioni italiane della Batracomiomachia la preferenza a quella del Lavagnoli (Leopardi, Discorso sopra la Batracomiomachia). 28 Homerus, Batracomiomachia e Inni di Omero tradotti in versi da vari, Livorno : presso Tommaso Masi e Comp. : co' tipi di Didot il maggiore, 1805. 29 Homeri, Batracomiomachia ed inni, traduzione poetica di vari autori, Macerata 1825. la traduzione del Lavagnoli, che pure, a giudizio del Rubbi, migliore di tutte le versioni italiane dello stesso poema, e che questo scrittore chiama bellissima, a me par quasi al di sotto del mediocre 30 .
Come abbiamo gi visto allinizio di questa breve ricognizione tra le versioni italiane del poemetto, la Batracomiomachia sembra rinascere ed essere riattivata spesso in zone culturalmente marginali della penisola: il caso di due traduzioni che si segnalano nella citt di Tropea nellarco di 15 anni nel corso del XVIII secolo; la prima quella a cura del patrizio ed accademico di Tropea, cos nellintestazione del volume, Antonio Migliarese nel volume stampato a Napoli Le favole di Fedro e d'Aviano e la Batracomiomachia di Omero 31 . La seconda compare nello stesso territorio nel 1779 a cura dellabate Antonio Jerocades in calce al suo volume Esopo alla moda 32 . Entrambi i traduttori, come si evince dai volumi miscellanei che contenevano le loro versioni del poemetto, sono accomunati dalla rielaborazione attiva della tradizione favolistica della classicit; la Batracomiomachia in questi volumi funge da appendice in quanto anchessa apologo favolistico, soprattutto nei suoi versi iniziali. In entrambe le versioni notevole la rielaborazione in modo pi specifico del proemio e dellantefatto con coloriture che spingono la narrazione sui binari della favolistica mentre la sezione dedicata alla battaglia appare abbastanza fedele al testo originale. Soprattutto la versione di Jerocades sembra dipendere in questultima porzione del poema da quella di Migliarese, per motivi di adesione stilistica, come enunciato dallo stesso autore nella sua premessa 33 . Altra traduzione settecentesca di cui tener conto quella di Giovanni Paolo Ricolvi, che Leopardi menziona in nota nel Discorso, stampata a Torino nel quarto
30 Giacomo Leopardi, Discorso sopra la Batracomiomachia. 31 Le favole di Fedro, e d'Aviano, e la Batracomiomachia d'Omero tradotte in versi volgari dal signor d. Antonio Migliarese patrizio, ed accademico di Tropea, in Napoli, nella stamperia Abbaziana, 1763. 32 Antonio Jerocades, Esopo alla moda, ovvero delle favole di Fedro parafrasi italiana, in Napoli, presso il Porsile, 1779; ristampato in Id., Esopo alla moda ovvero Delle favole di Fedro parafrasi italiana, 4. Voll., Raffaele Raimondi stampatore, Napoli, 1816-187. 33 A noi piaciuto di tradurlo in ottava rima, seguendo ancora l'esempio del Sig. D. Antonio Migliarese, Cavaliere e Poeta Tropeano. Vi abbiamo aggiunta qualche cosa di nuovo, per dargli un'aria Italiana, quanto per noi si potuto, e non abbiam voluto cangiare i nomi delle Rane, e de'Sorci, che sono nomi proprj, come Achille ed Ulisse. volume dei suoi Opuscoli postumi 34 . Erudito torinese morto in giovane et, il Ricolvi spazi nei suoi interessi dallarcheologia alla letteratura classica; gli Opuscoli postumi sono recensiti in modo abbastanza severo sul numero XXVI (1773) delle Efemeridi letterarie; unica eccezione riscontrata quella per la traduzione della Batracomiomachia : La Dissertazione sopra lAntologia (o sia Raccolta di Epigrammi greci) savia, e dotta; le traduzioni latine assai pure [], ma le versioni italiane, o Dio, sono meschinissime. Faremo liberamente eccezione alla versione della Batracomiomachia di Omero 35 . La traduzione dellabate veneziano Cristoforo Ridolfi non viene menzionata da Leopardi; una mancanza alla quale il Vogel consiglier di porre rimedio in una lettera del 4 Marzo 1817 :
Nella dissertazione dove accenna i suoi predecessori autori di batracomiomachie italiane Le sfuggita la pi recente data in luce a Venezia nel 1776 insieme collIliade da Cristoforo Ridolfi 36 .
Il precettore del giovane Leopardi conosceva questa versione e la sua segnalazione solo in funzione di un potenziale aggiornamento del resoconto leopardiano sulle traduzioni a lui precedenti. Non siamo quindi di fronte ad una segnalazione di tipo qualitativo, anche perch la diffusione ridotta di questa versione e le poche notizie che si possono ricavare sul suo autore ci fanno pensare ad una sua circolazione ristretta. Riporto le notizie sullautore che si leggono in Della letteratura veneziana del secolo XVIII fino a'nostri giorni :
Lab. Cristoforo Ridolfi [] stamp una versione delle Canzoni scelte dAnacreonte, a cui stavano uniti tradotti in verso sciolto i libri XVIII e XX dell Iliade di Omero, ma nel 1776 ce
34 Opuscoli postumi del Sig. Giovanni Paolo Ricolvi, 1772, in 4-a, Torino in Opuscoli postumi di Giovanni Paolo Ricolvi contenenti 1. Saggio sulla critica ... 2. Dissertazione sovra l'antologia ... 3. Lezione accademica sovra Menandro ... 4. Homeri batrachomyomachia latino ... Corredati di varie critiche annotazioni, in Torino, nella Stamperia Reale, 1777. 35 Efemeridi letterarie di Roma per lanno MDCCLXXIII, Vol. 2, presso Gregorio Settari e compagni, Roma 1773, p. 207. 36 Giacomo Leopardi, Epistolario, vol. I, p. 58. la diede tutta intera tradotta, unendovi tradotta in ottava rima pur anco la Batracomiomachia 37 .
Analoga diffusione ebbe lultima traduzione citata nel Discorso, quella di Camillo Acquacotta, comparsa a Matelica nel 1802 38 . Il volume, era presente nella biblioteca leopardiana; si tratta forse della versione italiana che per prima il giovane poeta ha potuto consultare; il suo giudizio nei confronti di questa prova traduttiva per questo abbastanza cauto. Di base Leopardi esprime la sua approvazione ma individua delle mancanze che ne pregiudicano il confronto alla pari con le altre traduzioni fin qui citate, tanto che le parole dedicate allAcquacotta sono confinate in nota :
La nuova versione dello stesso poema del sig. Camillo Acquacotta [] molto fedele, e contuttoci non servile, ed composta di sciolti molto armoniosi, onde mi meraviglio che alla lima dell'autore sia sfuggito quel verso: Ospite, del cibo tuo troppo ti vanti. Ma un poema burlesco italiano senza rime, ha un gran difetto, o almeno manca di un gran pregio.
Le parole di Leopardi, pur evidenziando la fedelt di fondo della traduzione, si soffermano sulla mancata traduzione di un verso; di fatto viene inficiata o per lo meno, ridimensionata quella fedelt cui Leopardi si era premurato di far subito riferimento. Il verso in questione, inoltre, tra i pi caratteristici e famosi del celebre poemetto, quasi una sua epitome, ricorrendo in esso i due ingredienti della poesia dello pseudo-Omero, il valore bellico coniugato con le altrettanto grandiose descrizioni gastronomiche. Lultima riserva di carattere metrico; da buon traduttore Leopardi consapevole dellimportanza della forma metrica in cui si rielabora il testo di partenza, in quanto questultima ne influenzer poi la fruizione. Inoltre la scelta metrica appare ancora pi centrale nel tradurre un
37 Giovanni Antonio Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII fino a'nostri giorni, in Venezia dalla Stamperia Palese, tomo II, p. 273. 38 Homero, La Batracomiomachia di Omero tradotta da Camillo Acquacotta, Matelica, 1802, tom. 1, vol. 1, in - 16. poema le cui versioni italiane abbondavano fino a costituirsi ormai in un vero e proprio corpus tradizionale. Non un caso che la disquisizione sulla forma metrica da adottare occupi molto spazio nel Discorso e che Leopardi abbia optato per una scelta sui generis, con un metro, la sestina di endecasillabi, mai usato nelle traduzioni pseudo-omeriche. Concludendo, la traduzione di Acquacotta, storico antiquario, autore di una storia della citt di Matelica, era un precedente regionale che Leopardi non poteva non prendere in considerazione, tanto pi che lAcquacotta potrebbe aver avuto contatti con il Vogel e, quindi indirettamente, influenzato la prima educazione leopardiana. Il giudizio leopardiano nel Discorso potrebbe suonare come una parziale presa di distanza dal mondo antiquario della Marca, che inizialmente lo aveva formato. Nel XIX secolo le traduzioni della Batracomiomachia non accenneranno a diminuire; in quanto non conosciute da Leopardi allaltezza della stesura della sua prima traduzione (1815) o per lo meno non citate nel Discorso non ne tratter; ho comunque elencato in calce a questo breve resoconto tutte le traduzioni che ho raccolto nei cataloghi e sulla scorta del Federici, comprese quelle ottocentesche, indicando, laddove stato possibile, il metro adottato:
Aurelio Simmaco de Iacobiti Napoli 1456, trasmessa nel ms. Paris BNF It. 1097; in ottava. Giorgio Sommariva, La Batracomachia dOmero tradotta in terza rima da Giorgio Sommariva, Verona 1470. Carlo Marsuppini , Batracomiomachia tradotta da Carlo Marsupini, Parma 1492 ; in esametri. Lodovico Dolce, La Battaglia de i topi e delle rane cavata da Homero, in L'Ulisse di M. Lodovico Dolce, da lui tratto dell' Odissea d'Homero et ridotto in ottava rima, Venezia 1573; in ottava. Giovanni da Falgano, volgarizzamento trdito dal codice CI. VII. Cod. 189 della Biblioteca Magliabechiana, Firenze Post 1575; in versi sciolti. Andrea Del Sarto, La guerra de topi e de ranocchi. Poema eroi-comico, Firenze 1588 (ma pubblicata solo nel 1788); in ottava. Federico Malipiero, Il combattimento delle rane, e de' topi d'Omero trapportato dalla greca, nella toscana lingua da Federico Malipiero nobile veneto, Venezia 1642. Anton Maria Salvini, Batracomiomachia e glInni, Firenze 1723; in versi sciolti. Angiol Maria Ricci, La guerra de ranocchi e de topi, Firenze 1741; in rima anacreontica. Antonio Lavagnoli, Batracomiomachia greca, latina e italiana, Venezia 1744; in terza rima. Antonio Migliarese, Le favole di Fedro, e d'Aviano, e la Batracomiomachia d'Omero tradotte in versi volgari dal signor d. Antonio Migliarese patrizio, ed accademico di Tropea, Napoli 1763; in ottava. Giovanni Antonio Ricolvi, Homeri Batracomyomachia, latino atque italo metro reddita in Opuscoli postumi del Sig. Giovanni Paolo Ricolvi, Vol. IV, Torino 1772. Giacomo Vittorelli in Poemetti e stanze di Giacomo Vittorelli, Padova 1773; in ottava. Marcantonio Pindemonte in Poesie scelte Del March. Marcantonio Pindemonte, Verona 1775; in versi sciolti. Cristoforo Ridolfi , L'Iliade d'Omero, nuovamente tradotta dall' original greco in versi sciolti, e la Batracomiomachia in ottave Venezia 1776. Antonio Jerocades, La Batracomiomachia dOmero, in id., Esopo alla moda, ovvero delle favole di Fedro, Napoli 1779; in ottava. Felice Fontana Barnabita in La Batracomiomachia volgarizzata in versi sciolti da Felice Fontana Barnabita, Milano 1784 Nunziante Pagano, Batracomiomachia dOmero, allinterno di Id., Le bbinte rotola de lo Valanzone azzoe Commiento ncopp' a le bbinte norme de la chiazza de lo Campejone, Napoli 1787; in ottava. Francesco Mazzarella Farao, La Batracommiomachia aliasse la guerra ntra le rranonchie , e li surece, Napoli 1789; in sesta rima. Alessandro Garioni, La Batracomiomachia dOmero, Milano 1793; in ottava. Camillo Acquacotta in Homero, La Batracomiomachia di Omero tradotta da Camillo Acquacotta, Matelica 1802; in versi sciolti. Francesco Soave in L'Odissea tradotta in versi italiani da Francesco Soave, con annotazioni; ed aggiuntavi la Batracomiomachia, Pavia 1805; in versi sciolti. Antonio Porto, La Batracomiomachia in terza rima, Vicenza 1810. Francesco Antolini, La Moscheide di Teolilo Folengo , cognominato Merlin Cocajo : poema eroicomico , recato in versi italiani da Francesco Antolini ; aggiuntavi la Batracomiomachia, Milano 1817; in sesta rima. Antonio Pazzi, Batracomiomachia dOmero, o sia della guerra delle rane e detopi, volgarizzamento inedito, Firenze 1820; in ottava. Vincenzo Rota, La Batracomiomachia di Omero, Padova 1820; in ottava. Paolo Costa , La batracomiomachia o sia la guerra de' topi e delle rane, Bologna 1822; in versi sciolti. Leopoldo Boldi, La batracomiomachia dOmero, Milano 1823; in ottava.