La Musica Liturgica Oggi PDF
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Nota Questo notiziario viene inviato a tutti i vescovi della CEI, ai direttori degli Uffici Liturgici Diocesani, degli Uffici Diocesani dei Beni culturali ecclesiastici, ai Membri della Consulta Nazionale, a esperti e collaboratori. Quanti altri desiderassero riceverlo, possono farne richiesta allUfficio Liturgico Nazionale (Circonvallazione Aurelia, 50 00165 Roma Tel. 06/66.398.245; fax 06/66.398.281; e-mail: [email protected]). Non prevista quota di abbonamento, ma sono gradite le offerte libere che si possono recapitare alla CEI mediante laccluso modulo di conto corrente postale.
Indice
Notiziario - Ufficio Liturgico Nazionale n. 21 - Maggio 2004
Presentazione Mons. Giuseppe Busani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. Fidei canora confessio. Introduzione al Convegno S. E. Mons. Adriano Caprioli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. Saluto
Mons. Domenico Mogavero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 Levento del Concilio. La riscoperta rituale della musica per celebrare nella bellezza Mons. Crispino Valenziano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 Da umile ancella a compito ministeriale. Sensi e percorsi della musica sacra da Pio X al Vaticano II Prof. Daniele Sabaino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 Prospettive musicali a partire dalla terza edizione del Messale romano Mons. Felice Rainoldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77 Il suono della parola Mons. Felice Rainoldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 Appunti per una ricerca sui canti come fonte per la storia della riforma liturgica Prof. Alberto Melloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 118 La risorsa e la bellezza dellagire rituale Prof. Andrea Grillo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 124 Situazione della musica liturgica nellesperienza delle Chiese della Francia Prof. S. Kerrien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 134
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Situazione della musica liturgica nellesperienza delle Chiese della Svizzera Prof. J. C. Crivelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 142 Presentazione del Corso di Perfezionamento Liturgico Musicale (Co.Per.Li.M.) Don Antonio Parisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 151 XXVII Congresso Nazionale di Musica sacra dellAISC Mons. Giancarlo Boretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 160
INDICE
resentazione
GIUSEPPE BUSANI
Fidei canora confessio. Da questa citazione di S. Ambrogio (En In Ps, 1,9-12) ha preso ispirazione il Convegno tenutosi a Palermo dal 20 al 23 ottobre 2003. Il testo, con la sua formula cos essenziale, in grado di richiamare e fissare il senso di questo Convegno su musica e liturgia nel pi ampio contesto dei precedenti Convegni annuali dei Direttori a partire da quello di Pescara del 1998. 1. La celebrazione fidei... confessio. Latto liturgico non pu essere ridotto a momento puramente rappresentativo o applicativo di una fede costituitasi altrove, piuttosto momento sorgivo della fede stessa. questa la forza del rito. Di conseguenza, la cura per la qualit del celebrare e lattenzione alla forma non costituiscono un ritorno al rubricismo, ma sono il modo concreto perch il mistero abbia la sua epifania. La forma non perci indifferente rispetto al contenuto, ma il modo con cui esso si dona. Da qui limportanza di una formazione che non sia solo pedagogia verso la celebrazione e tanto meno spiegazione della celebrazione, ma piuttosto invito a compiere con arte lo stesso atto liturgico. La formazione accade nellesperienza celebrativa. 2. Fidei canora confessio. Il canto liturgico coinvolge nellesperienza della fede non solo il pensiero, ma anche il gusto, laffetto, la sensibilit. Permette cio che tutto luomo sia coinvolto nellatto di fede. Liturgia e musica realizzano il gareggiare insieme nellatto di fede di certezza e dolcezza: si tratta di un intrigo pertinente. Contro la tenaglia del logocentrismo, il rito non lascia la parola senza voce e suono, anzi spingendo la parola verso la forma sonora, custodisce la qualit non solo di sapienza, ma anche di potenza della parola stessa. Il canto, in un certo senso, salvaguarda la natura liturgica della parola. 3. Tra musica e liturgia, forse questo il guadagno pi significativo del Convegno, di cui in questo numero del Notiziario presentiamo gli Atti, esiste una relazione di connaturalit. Musica e liturgia, ormai non pi musica sacra, si annodano in una relazione non di mezzo-fine, ma in quella forma dellagire che consiste nel servizio al Signore (SC 30) e che rende possibile il ricevere se stessi da lui. Latto liturgico istituisce latto corporeo del cantare come atto sacramentale e impedisce che latto del cantare cada nel pericolo dellarbitrariet e della spettacolarit. Latto musicale, con il suo carattere impressivo, istituendo la critica interna al modello rappresentativo e funzionale, impedisce che latto litrugico si riduca allideologico e al didascalico. Fidei canora confessio
F
1. Dio anche Bellezza
Il nostro pi vivo desiderio che lo spirito rifiorisca in ogni modo e si radichi presso tutti i fedeli; per questo necessario provvedere innanzitutto alla santit e dignit del tempio, dove i fedeli si riuniscono proprio per attingere tale spirito alla sua sorgente prima e indispensabile: la partecipazione attiva ai misteri sacrosanti e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa (Pio X, gi parroco di Riese, agli inizi del movimento liturgico).
Di solito, per motivare la presenza del canto e della musica nella liturgia, si portano motivazioni di tipo psicologico, pedagogico, estetico, talvolta utilitaristico. Non sono da escludere; ma, alla base, da riscoprire una motivazione teologica e, insieme, antropologica. Poich tutto luomo a essere coinvolto di fronte al Mistero, la partecipazione deve avvenire con lapporto di tutte le facolt: memoria, intelligenza, volont, affettivit, senso estetico. Perci, quando si dice senso estetico non si intende solo la bellezza del rito (pitture belle, musiche belle, altare bello...), quanto invece il fare esperienza di Dio attraverso i sensi. Estetica, infatti, nel linguaggio dei Padri voleva dire toccare, percepire la realt spirituale anche attraverso i sensi. Anche la bellezza necessariamente chiamata in causa quando uno varca la soglia della chiesa, soglia del Mistero di Dio presente tra gli uomini. Quando, poi, si tratta della musica e particolarmente della tradizione musicale nata in chiesa non si tratta solo di un peculiare godimento esteriore, ma di un reale potenziamento della capacit di contemplare la verit eterna, di manifestare il pentimento e la volont di conversione, di elevare la preghiera... Dio anche Bellezza, direbbe SantAgostino (Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e sempre nuova...); e pregare anche convertirsi alla Bellezza che Dio lascia trasparire dai segni della liturgia e dalla musica nella liturgia. Diversamente, avrebbe ancora oggi ragione Moravia di far dire ad un suo personaggio: La religione noiosa. Nelle chiese la gente si annoia, non si sa quanto. Guardali mentre stanno in chiesa, vedrai che non ce n uno solo che non si annoi da morire. Fidei canora confessio
La via da percorrere per la soluzione dei problemi concernenti la musica da inserire nel rito non quella di una scelta tra schieramenti contrapposti: tradizionalisti da una parte, progressisti dallaltra. necessario, invece, continuare il percorso, gi pi volte indicato, che parte dalla irrinunciabile natura ministeriale della musica nella liturgia. La musica in chiesa per la qualit dei suoi testi, melodie e ritmi resta a servizio della liturgia, non viceversa. Il canto della Schola cantorum, particolarmente significativo nelle solennit festive lungo lanno, non intende sostituirsi, ma favorire il canto dellassemblea, dialogando e arricchendo con la pluralit delle voci la bellezza del culto divino. Anche nella Messa festiva e domenicale, con la partecipazione dei ragazzi, il canto, pur acquistando vivacit in alcune sue parti (ingresso, alleluia, canto finale), non perde il suo carattere di coralit e ministerialit a servizio della liturgia e atto alla partecipazione dei fedeli. Canti del repertorio tipicamente giovanile possono trovare collocazione pi opportuna in celebrazioni e incontri propri dei ragazzi in oratorio, nei campeggi. Allo scopo di assicurare al canto il suo carattere di servizio alla liturgia e alla partecipazione dei fedeli serve un repertorio coerente: vario nello svolgersi delle celebrazioni liturgiche lungo lanno e, tuttavia, dotato di una certa stabilit che permetta una graduale ma efficace assimilazione da parte dellassemblea. Un punto di riferimento autorevole il Repertorio nazionale dei canti per la Liturgia, promosso dalla Commissione episcopale per la Liturgia precedente a quella attuale. Non tocca a me discutere del valore e dei limiti di questa offerta di canti che, essendo di carattere nazionale, non intende venire incontro a tutte le esigenze locali. Il criterio prioritario, almeno nelle intenzioni, che ha guidato questa selezione, quello della pertinenza rituale: quello cio che fa valere ogni intervento cantato come elemento integrante e autentico dellazione liturgica in corso. un criterio facile da dire, non sempre da eseguire. Per questo chiede, al di l del repertorio scritto, una scuola di apprendimento.
Nessuno nasce gi capace di cantare. vero. C chi nasce con una voce da cinque talenti, chi da tre e chi da un solo talento. Tutti per possono imparare, se educati, a cantare con la voce che uno ha. Basta partecipare a qualche Battesimo per accorgersi di quanta voce sono dotati i bambini che nascono! Limpegno di educare i battezzati alla fede non comporta anche limpegno di educarli a pregare e a cantare in chiesa, a mano a mano che crescono? Fidei canora confessio
Nessuna meraviglia che, anche il canto nella liturgia, chieda una scuola di canto. Nelle comunit evangeliche in Germania, ma anche ho visto in quella a Milano, i ragazzi hanno la scuola domenicale di canto come parte integrante del loro programma di piena iniziazione cristiana ai sacramenti e alla vita della Chiesa. Tra i vari laboratori (cos si chiamavano le attivit nel mio Oratorio di Legnano), ad esempio, anche un laboratorio di canto conserva la sua rilevanza nella formazione alla fede delle future generazioni. noto, tuttavia, che i ragazzi imparano guardando agli adulti. Lassenza, infatti, di convincenti modelli di riferimento per i minori a livello adulto pregiudica la possibilit di risultati costruttivi per lo stesso impegno educativo. Di qui, abbastanza ovvia, lidea di trasferire limpegno pastorale di formazione alla fede e alla preghiera, da parte della Chiesa, al settore adulti. Lintento di accompagnare lungo lanno la celebrazione del Mistero di Cristo chiede un costante e regolare impegno della comunit adulta e, in essa, del gruppo cantori, sia nella preparazione sia nella esecuzione di un adeguato repertorio. necessario perci poter disporre di una Scuola con regolari incontri o prove di canto. impensabile una assemblea che canti nelle feste principali dellanno senza una consuetudine alla partecipazione attiva nella preghiera e nel canto durante lassemblea domenicale. perci necessario assicurare, oltre al servizio nei vari ministeri liturgici (lettori, chierichetti, ministri straordinari della Comunione), anche le varie figure che compongono il servizio al canto (organista, cantore, voce guida, animatore di assemblea). Particolarmente impegnativo si presenta il servizio al canto nella liturgia delle nostre parrocchie, in particolare nelle domeniche e nei giorni festivi. Penso anzitutto alle liturgie festive di tante piccole parrocchie di montagna. La pluralit e limitatezza delle chiese obbliga ad una inconsueta moltiplicazione delle Messe domenicali in un numero superiore alle attuali disponibilit di adeguati ministeri. In difficolt, in particolare, la presenza a tutte le Messe della figura dellaccompagnatore musicale e della voce guida-animatore di assemblea. Che fare? La tipologia molto varia e, talvolta, avariata. Bisogner valutare anche caso per caso. Ma alcuni criteri non possono non accomunare: ad es. quello che non ci si rassegna a rinunciare ad un minimo di qualit festiva della celebrazione domenicale, senza canto e senza musica. Anche se una Messa potr assurgere ad una qualit festiva pi alta, ogni Messa domenicale ha da essere festiva. A questo scopo, non baster il prete quandanche ci fosse per dare ad ogni Messa la sua qualit festiva. Occorreranno, assieme ai lettori, ministri allaltare, ministri della preghiera e della Comunione, anche cantori, e almeno un animatore-guida della celebrazione.
A mo di provocazione, leggo quanto ho trovato in una recente lettera firmata, scritta ad Avvenire, dal titolo Liturgia trascurata: Caro Direttore, avverto lurgenza di segnalare lesigenza di una pi grande verifica da parte delle autorit diocesane riguardo la prassi celebrativa delle S. Messe. Riferisco da fedele, che da alcuni anni partecipa alla S. Messa in chiese e localit diverse, le pi frequenti scorrettezze ed inesattezze. Anzitutto le celebrazioni, anzich dal silenzio, vero grembo generativo della preghiera, iniziano tra lo scartabellare della pagina giusta del libro dei canti e del Messale, ed il chiacchiericcio dei cosiddetti impegnati, che si rendono cos individuabili. Il silenzio, dunque, fa parte della celebrazione. Anche il canto nasce dal silenzio, come la preghiera e lascolto della Parola. La Parola zitt chiacchiere mie, scrisse il poeta Clemente Rebora. Non solo il canto nasce dal silenzio, ma sollecita un pi lungo silenzio al termine della celebrazione. Scrive SantAgostino ai suoi cantori e alle sue assemblee: Se ti metti a cantare i Salmi, verr un momento in cui devi tacere: canta con la tua vita, in modo da non tacere mai. Il canto non separabile dalla vita. Non un caso che, una volta, sullaia dei vecchi cortili la gente, povera di radio e di televisori, cantasse insieme perch ricca di motivazioni e di buone ragioni per vivere tutto insieme: gioia e dolori, fatiche e feste, nascite e lutti. Basta frequentare alcune parrocchie per fare la gioiosa scoperta di comunit dove ancora si canta durante le Messe con partecipazione popolare. Bisogna proprio rassegnarsi in altre, in particolare nelle chiese dei centri storici della citt, o nella stessa Cattedrale, a vedere le nostre assemblee mute? Un velo di tristezza incombe sui nostri volti. E allora? Canta che ti passa...!
aluto
Mons. DOMENICO MOGAVERO
Ringrazio per linvito a presenziare alla sessione inaugurale di questo Convegno nazionale. Un saluto cordiale a tutti e un augurio sentito, anche a nome del Segretario Generale, S. E. Mons. Giuseppe Betori. Esprimo il mio plauso e il mio apprezzamento per questo Convegno, promosso e organizzato dallUfficio Liturgico Nazionale sul tema: Fidei canora confessio, in particolare per due ragioni. La prima riguarda la scelta della sede: la Sicilia, e in particolare Palermo e dintorni, mia terra dorigine e mia Chiesa di appartenenza. un riferimento affettivo, di carattere strettamente personale e se vogliamo di natura campanilistica, che spero mi si perdoner. La seconda ragione riguarda lambito tematico del Convegno: la musica e il canto, espressioni artistiche alle quali sono particolarmente sensibile e che sento come un grande bene e una grande risorsa, ma che rappresentano talora motivo di tormento e sofferenza quando li vedo oggetto di trascuratezza o di grossolanit. Queste ragioni hanno avvalorato ulteriormente le motivazioni che mi hanno indotto ad accettare di buon grado linvito, gentilmente rivoltomi, di intervenire in questa sessione inaugurale. Ringrazio, perci, sentitamente Mons. Giuseppe Busani, Direttore dellUfficio Liturgico Nazionale per avermi offerto questa opportunit e per avermi consentito di dire una parola su musica e canto. Non essendo un esperto qualificato da titoli, mi permetto perci esporvi qualche considerazione dettata dallesperienza personale e dal mio particolare rapporto con la musica e il canto. Oggi a me pare di avvertire nelle nostre assemblee liturgiche un duplice movimento non sempre ben coordinato: da un lato si avverte un forte bisogno di partecipazione e di protagonismo nellambito artistico e musicale; dallaltro si nota unattenzione non sempre adeguata alle istanze della composizione musicale e dellesecuzione; ovviamente con ci non si vuole operare una facile generalizzazione, ma solo constatare linee di tendenza. Peraltro, credo che a tutti sia capitato di partecipare a celebrazioni liturgiche nelle quali si rimasti insoddisfatti, o delusi, o talora irritati per il modo con il quale stata trattata la componente musicale. In particolare gli aspetti che pi colpiscono sono la poca cura nella preparazione, lapprossimazione esecutiva, la scarsa coralit, una certa percezione di superficialit e di freddezza. A scanso di equivoci, con ci non voglio assolutamente lasciare intendere che il modello delle nostre liturgie debba essere individuato nelle esecuzione teatrali o concer-
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tistiche; ma certamente una dignitosa via di mezzo tra lo spettacolo artistico e talune manifestazioni sciatte o poco decorose pu e deve essere cercata. A me pare infatti che a nessuno sia consentito ignorare il rigore esigente della musica, la sacralit della liturgia, la sussidiariet che offre larte musicale alla preghiera e alla contemplazione. Non volendo per dare limpressione di incanalarmi sul sentiero delle lamentazioni, attivo il registro della propositivit, riportando al centro dellattenzione la musica e il canto. La musica arte con codici espressivi che richiedono competenza e professionalit, animate e sostanziate dallispirazione. Se qualcuna di queste matrici dovesse venir meno, il canto e la musica finiscono di essere una mediazione sussidiaria in quanto non riescono pi a parlare il linguaggio intuitivo dellimmediatezza, che arriva direttamente al cuore della persona, e risultano incapaci di suscitare emozioni (da non confondere con sentimento, o sentimentalismi) coinvolgenti e unificanti. In questo contesto mi soffermer a considerare, tra le tante, tre prospettive della musica intesa come linguaggio: la musica linguaggio di bellezza; la musica linguaggio del divino; la musica linguaggio di comunione.
Altri, in altra sede e con altra attrezzatura, hanno esaurientemente indagato questo ambito. Io cercher invece sinteticamente di delineare alcune implicanze del discorso con riferimento alla liturgia. Nessuno pu negare che la liturgia debba essere manifestazione del bello, anche per quanto attiene la musica. E la musica non bella solo in s, ma bella se i testi sono scelti in modo accurato; se la composizione fatta a regola darte; se lesecuzione preparata con cura e effettuata nel rigoroso rispetto delle regole; se i protagonisti interpretano sapientemente il loro ruolo. Per guastare la bellezza basta poco, come basta una piccola macchia per sporcare una bianca tovaglia da altare. Mi sono chiesto tante volte quanto fosse chiaro a talune assemblee liturgiche che canto e musica non possono essere ingredienti tirati fuori allultimo minuto da unipotetica dispensa repertorio, ma devono essere parte di un disegno organico da comporre con altri elementi in una logica e coerenza percepibili senza troppi ragionamenti di tipo scolastico. Il bello infatti non tale perch qualcuno lo dimostra, ma perch da ciascuno, ovviamente con modalit proprie, colto e vissuto come tale. Quando le nostre liturgie riusciranno a parlare in modo diffuso il linguaggio del bello, allora non avremo pi bisogno di tante didascalie per spiegare quello che peraltro non sempre possibile spiegare. Fidei canora confessio
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Per chi comincia ad avere dimestichezza con il repertorio classico sempre unesperienza stupefacente osservare che i grandi musicisti si sono tutti cimentati con testi biblici e liturgici, anche se non sempre le loro opere avevano finalit di culto. Sono rari gli autori che non hanno musicato un ordinarium Miss o una missa pro defunctis, lasciandoci capolavori che sono entrati a pieno titolo nel patrimonio artistico dellumanit e che suscitano emozioni assolutamente incredibili. Colpisce ancora la motivazione, o il pretesto che hanno determinato tale scelta: di volta in volta la composizione pu nascere dalla propria vita di fede, che nella creazione musicale esprime il meglio del credente e dellartista (Bruckner), nonostante lappartenenza ad altra confessione religiosa (Bach); o da una committenza e dunque dallesercizio di una libera professione nella quale mettere a frutto talento e ispirazione, per guadagnarsi da vivere (Mozart a Salisburgo); o da un evento, come la morte di una persona cara (il Requiem di Faur) o celebre (il Requiem di Verdi), alla cui memoria rendere un omaggio. Lesemplificazione potrebbe continuare, estendendosi al campo delle opere a contenuto o sfondo biblico (oratori e opere), con il rischio di perdersi in un infinito di bellezza. Ma il dato che qui pi mi sembra interessante che tutti i musicisti hanno trovato nella loro musica un luogo attraverso il quale avere accesso al mistero di Dio: i credenti nel contesto della loro vita di fede (uno per tutti Haydn); i non credenti in uno slancio di spiritualit e religiosit altrimenti inesprimibile; i professionisti della musica per dare un tocco di gratuit e di trascendenza al loro mestiere; e ancora il fatto che tutti i musicisti con le loro opere di carattere religioso o sacro suscitano sempre unemozione e per di pi di natura assolutamente differente rispetto a quella che suscitano i loro capolavori, magari pi noti che li hanno resi celebri.
La musica rinvia sempre a un orizzonte pi vasto di quello costituito dal singolo soggetto. Pensiamo solo a quale molteplicit di attivit convergenti implica unassemblea liturgica; o unesecuzione orchestrale o corale. Anche chi consuma da solo una registrazione non riesce a creare attorno a s una muraglia protettiva, ma si apre, anche senza volerlo, a orizzonti ampi e ad architetture maestose che lo liberano dalle angustie del suo piccolo mondo quotidiano. Chi non ha provato la forza unificante di una celebrazione liturgica in canto, con punte di altissima e inesprimibile intensit in certi momenti culminanti: lieti (unordinazione, o un rito nuziale) o mesti (il commiato al termine delle esequie)? Chi non ha sperimentato la forza trasformante della partecipazione a un complesso strumentale, o vocale? Fidei canora confessio
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Senza volere rubare il mestiere a nessuno e soprattutto senza tagliare lerba dal campo dei tanti vicini che vi intratterranno in questi giorni, mi permetto una semplice e rapida annotazione conclusiva. Le considerazioni fin qui proposte non sono unutopia, n un traguardo appena proponibile ad alcune elette e privilegiate comunit. Il quadro delineato accessibile a tutte le realt, anche a quelle che si pensano povere e incapaci. Nello stesso tempo, per, semplicemente illusorio pensare che questi linguaggi possano essere parlati in unipotetica nuova Pentecoste che regali a tappeto il dono delle lingue. Laccessibilit non va confusa con la facile praticabilit. Per raggiungere questi traguardi occorre infatti che ognuno faccia la sua parte, con intendimenti convergenti, come in una cordata. Occorre inoltre che ciascuno acquisisca la dovuta competenza per ottenere il meglio. necessario ancora essere convinti che non ci sono scorciatoie che abbreviano il cammino. Bisogna anche entrare nellordine di idee che i surrogati non risolvono i problemi. E vi lascio con una toccante confessione testamento di Gioacchino Rossini, scritta a margine alla sua Petite messe solennelle, da lui definita lultimo peccato mortale della mia vecchiaia; una confessione che fotografa luomo Rossini, ma che potrebbe essere, con i dovuti adattamenti, la confessione di ciascuna assemblea liturgica al termine della celebrazione: Caro Dio. Eccola terminata questa povera piccola Messa. Ho scritto musica sacra o musica maledetta? Ero nato per lopera buffa, tu lo sai bene! Poca scienza, un pochino di cuore, ecco tutto. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso.
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Sacrosanctum Concilium ha parlato esplicitamente di un compito ministeriale della musica nel servizio al Signore (SC 112). Parrebbe una tautologia servizio nel servizio se non fosse un principio ermeneutico di rilevante portata. Perch principio dinterpretazione della musica quale parte integrante nella liturgia; cosa implicita nel testo oltre ci che di essa detta esplicitamente nel riconoscerla necessaria e integrante della liturgia solenne. Ed dichiarazione del magistero nel secolo XX dei pontefici romani i quali, tutti e non solo qualcuno, assegnano alla musica (ciascuno a suo modo) un compito ministeriale nel servizio al Signore. La prima puntualizzazione indice intrigante delle due anime che scorrono nel testo: cos la solennit della celebrazione liturgica? Cos la ritualit musicale della liturgia? La seconda puntualizzazione fa cauti su un ipotetico crescendo riguardo alla ministerialit della musica nella liturgia, da Pio X: umile ancella a Pio XI: quasi conministra, da Pio XII: nobilissima ancella alla nobilitazione ministeriale del Vaticano II; infatti il klimax ha parecchi meandri. Nella rivista Concilium (1965/3) M. Ndoncelle pubblic verso fine Concilio una sorta di regesto sulla phylosophia ancilla theologiae dal titolo Les mtamorphoses dune servante (redazione italiana: Le metamorfosi di una ancella): Ancilla, non un termine assolutamente costante, e designa servizi notevolmente diversi. La filosofia a fronte della teologia [leggi: la musica a fronte della liturgia] una schiava? Una governante? Una donna tutto-fare? Una moglie pi o meno morganatica? Senza dire delle variabilissime condizioni di una donna non sposata invece che presa a nozze. Sono tanti i modi di porsi in aiuto!. Sono tanti gli approcci che luso ecclesiale e teologico, specialmente nel secolo XX, ha avanzato su servizio a ministero, ministri e conministri; probabilmente quante sono le immagini di Chiesa e i contorni di cultura che prospettivamente, per dono dello Spirito e maturazione delluomo, raccostano en progress alla verit tutta intera (Gv 16,13)! Un fatto certo: la musica sta con la liturgia in interazione culturale di connaturalit antropologica e teologica.
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Il testo su cui stiamo riflettendo, pure in nuce contiene, diremmo, la magna charta della musica liturgica: Perci (poich la musica sacra ha il compito ministeriale nel servizio del Signore, sul quale i romani pontefici recenti a cominciare da S. Pio X hanno insistito) la musica sacra sar tanto pi santa quanto pi strettamente (arctius) sar interata allazione liturgica esprimendo pi soavemente la preghiera, favorendo lunanimit, magnificando i sacri riti con solennit maggiore. Le maggiorazioni nellespressivit orante o nellunanimit assembleare o nella solennit rituale, esse ed altre eventualmente aggiungibili, sono funzioni tanto meglio valutative della musica in liturgia quanto meno ne ritaglieranno gli effetti reali dalla strutturazione che nella ritualit celebrativa connaturale tra musica e liturgia; ma linterazione stretta tra musica e liturgia valutabile soltanto sulla linea della dignit sacramentale che alla musica influisce la liturgia allorch il processo della loro connessione sintimizza. A parte le due linee concettuali e operative, due anime, il plus-valore del testo conciliare sul magistero precedente consiste proprio in tale specificazione della musica, liturgica per connaturalit: arctus , s, stretto ma anche ristretto per sovrapposizione, sia fisicamente sia metaforicamente; precisamente su tale struttura ristretta per sovrapposizione si radica il compito ministeriale della musica nel servizio divino: se no, si tratterebbe davvero delle variabilissime condizioni di una donna non sposata invece che presa a nozze.
Rivolgendosi al Consilium riunito per la sua settima conferenza plenaria un anno appreso alla chiusura del Concilio, il 13 ottobre 1966 quando si preparava la Istruzione su la musica nella sacra liturgia, Paolo VI pose sul tavolo la quaestio della musica per la liturgia che, disse, suscita interessi di molti, sia liturgisti sia musicisti. Lo fece, cosciente sino in fondo e della difficolt e della progettualit che il problema, spinto in avanti dallevento conciliare, coinvolgeva (e coinvolge) non tanto in forza del capitolo VI di Sacrosanctum Concilium ad esso dedicato quanto per lindotto ecclesiologico, comunionale-ministeriale, di Lumen gentium, e dellindotto liturgico, teologico-rituale, della stessa Costituzione sulla Liturgia senza dimenticare le suggestioni rivelazionali di Dei Verbum e culturali di Gaudium et spes . Un larghissimo spettro da fondere in bellezza celebrativa secondo che (il Concilio) dice: La musica sacra sar tanto pi santa quanto pi strettamente sar unita allazione liturgica (SC 112). Il papa scand : La questione ha bisogno di ampio vigilante lavoro (ampla indiget lucubratione lucubratio lavoro notturno, veglia di lavoro) che, senza dubbio, si protrarr nel futuro secondo quanto lesperienza pastorale da Fidei canora confessio
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un lato il genio dei musicisti dallaltro, condurranno a interarsi reciprocamente. Noi ci aspettiamo che ci si faccia con benevolenza ed efficacia (benevole et fructuose). LIstruzione a cui si provveder per tale statuto di integrazione tra liturgia e musica, faciliter quella concordia e far ritornare cosi auspichiamo una nuova azione comune che due voci sublimi dello spirito umano, la preghiera e larte, si offriranno luna allaltra. Non la storia della nostra musica per la liturgia, magnifica ma sempre travagliatissima, spesso conflittuale e mai appieno soddisfacente, a giustificare la fermezza accorata di Paolo VI. Sono, purtroppo, le resistenze minoritarie ma accanite contro la riforma conciliare a gravare sensibilmente sulla questione della musica, che arte oltremodo sensibile. Dalla prossima Istruzione del Consilum (Musicam Sacram, 7 marzo 1967) il papa non se ne attende la conclusione immediata; egli auspica semplicemente un lavoro concorde degli operatori nellesecuzione progettuale, non dissonante dalla dignit dei termini in opera: la preghiera e larte voci sublimi dello spirito umano. Lauspicio di papa Paolo fa tuttora acuta lavvertenza della difficolt e della progettualit. N benevolenza ed efficacia sono unesortazione buonista; sono condizionatori della ampiezza in questione, della vigilanza nel lavoro, della sua durata nel futuro; allora nel 1966, cos come ora a quarantanni dal 4 dicembre 1963. Continuando a sentir dire qui o l di piazze primi spalti, basiliche ultimo bastione, di una svendita dellantico patrimonio familiare o della compera di nuove perle coltivate, e via rinfacciando da due controparti schierate a resistere e combattere, pare che le metafore ti trasportino dal sogno di una Chiesa che parla con tutte le lingue, e tutte le lingue capisce e accetta nella carit (AG 4) alla realt di un brutto, improvvido e fallimentare. Sino a qualche anno fa abbiamo pensato che questi pretesi monopoli su un estremo o su un altro non significassero preghiera ma arte, s; adesso supponiamo che non sono mai affini n alla preghiera n allarte voci sublimi dello spirito umano. E la questione, malgrado lIstruzione Musicam sacram, resta; tale quale sofferta dalla fede di Paolo VI nel Concilio. NellAula conciliare la questione della musica nella liturgia non ha avuto note di rilievo, n ricordo che se ne sia fatto problema in sala stampa, o che ci siano tracce consistenti di comunicati e rassegne. Comunque, queste due anime che sembra vi coabitino ab antiquo ne emersero entrambe, entrambe timidamente. Due anime e nove interventi per un capitolo di dieci articoli discussi in due giorni insieme ai nove articoli del capitolo VII sullarte e la suppellettile, e insieme alle ultime battute del capitolo V sullanno liturgico: due interventi su ventuno il 12 novembre 1962, sette su ventitr il 13 seguente. Eppure io li riascolto tutti e nove nel mio girovagare musicale; per lemozione nel riascoltare voci percepite con speranza, indicibile a chi non era in Aula conciliare, ma pure per il desi-
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derio non spento verso loperativit stimolata. Il testo era in discussione sotto tono nellAula mentre la questione restava fuori, dove diatribe sopra le righe facevano accapigliare gli addetti ai lavori sul campo e gli esperti nelle commissioni o gruppi di studio. NellAula conciliare, non tutto per mancanza dinteresse; in parte a motivo di certe lacerazioni che in sala stampa fecero affibbiare a quei giorni il soprannome di settimana nera. Ricordo dessere rimasto colpito dallintervento del vescovo di Todi, A. Fustella, e dai commenti allo stesso, perch egli us un modulo che se adottato da un certo numero di interlocutori avrebbe aiutato non poco. Ma quella voce rimasta episodica. Diceva augurarsi che i vescovi mettessero in atto nellAula la partecipazione attiva liturgica, e il giorno di chiusura del periodo conciliare cantassero tutti insieme almeno il Credo e il Sanctus. Nelle occasioni in cui, successivamente, questa proposta stata attuata, la virt della straordinaria Sinassi episcopale in sessione pubblica, corale con tutta lassemblea l radunata, valsa pi di mille interventi. Y.- M. Congar ci ha pianto; e non stato il solo. Ho schematizzato i rimanenti otto interventi in tre gruppi. Due vescovi, il cardinale J. de Barros Cmara del Brasile e W. Kempff della Germania, riprendono lassioma della musica ancella della liturgia escludendo che si possa trattare seriamente il problema senza valutare la musica parte integrante della liturgia. Tre vescovi si appellano allaspetto pastorale della questione e al risvolto delle Chiese locali: il cardinale L. Rugambwa del Tanganica, a proposito della tradizione musicale africana nel culto, capovolge lindirizzo di sottoporre alle commissioni competenti domande da approvare invitando le commissioni a fornirsi di esperti che le aiutino a investigare esse stesse la natura della musica locale; H. Volk della Germania si pone dal punto di vista liturgico e lamenta che se il coro canta e tutti gli altri rimangono muti la celebrazione sta insidiando la correttezza del rito sinsegnino al popolo i canti gregoriani semplici ma non gli si impedisca di cantare nella propria lingua anche i canti liturgici e siano i vescovi del luogo a decidere su ladattamento delle arti; M. Miranda y Gomez del Messico si pone dal punto di vista musicale e lamenta che il testo in discussione non farebbe progredire quellarte. Preparato contrariamente agli scopi pastorali che il Concilio si prefigge, lo si allarghi e lo si approfondisca curandosi di questo autentico sano progresso della tradizione. Gli altri tre interlocutori si preoccupano unicamente del canto gregoriano: C. DAmato abate di San Paolo in Via Ostiense, preside della sottocommissione de musica sacra, vorrebbe che il canto popolare liturgico, in latino e in gregoriano, si rendesse di nuovo accessibile, che il canto popolare religioso nelle lingue parlate lo si destinasse alla liturgia non solenne oltre che ai pii esercizi e nessuna lingua moderna tentasse di usare il gregoriano sostituendosi alla lingua latina essendo impresa
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impossibile scindere il tuttuno formato dagli svariati intrinseci legami del latino al canto gregoriano; K. Kowalscki della Polonia pensa che il canto gregoriano in bocca al popolo non cosa impossibile ma da rendere facile istruendo pi e meglio il popolo nel canto in lingua propria. P. C. Van Lierde, vicario di Sua Santit per la Citt del Vaticano, teme il doppio canto che il testo non esclude: il gregoriano in latino e il canto in lingua propria, perch ci mette in pericolo il canto gregoriano che invece da conservare e incrementare. Per i popoli di nuova cristianit si crei un nuovo canto liturgico affine al gregoriano e consono allindole di ciascun popolo. Gli otto interventi sembra che accusino tutti, pi o meno, un ondeggiamento tra SC 112: la Chiesa accetta tutte le forme di vera arte... e SC 116a: nelle azioni liturgiche a parit di condizioni, si riservi al canto gregoriano il posto principale che gli spetta perch il canto proprio della Chiesa romana...; tra il SC 116a (ora richiamato) e SC 116b: gli altri generi di musica sacra non si escludono affatto dalla celebrazione purch rispondenti nello spirito dellazione liturgica a norma dellart. 30 (che riguarda la partecipazione attiva). Molto si detto e scritto nei quarantanni passati a carico o a discarico della linearit testuale del capitolo VI; io per non cesserei di postulare tanto dai liturgisti quanto dai musicisti di applicare tutte le loro energie per una recezione geniale di SC 112 assumendolo a punto forza di base secondo la normalit di SC 30 a cui non basta la citazione SC 116 per non eclissarsi. Insomma, che benevole et fructuose si lavori principalmente (mi permetto di ripetere) alla geniale recezione della connaturalit tra la musica e la liturgia nel rito, secondo (ci ostiniamo a ripetere) la normalit celebrativa della partecipazione attiva, diretta e non imputata. Sarebbe ascolto operativo dei primi tre interventi sui nove che abbiamo recensito. Gli altri tre ricordano che si tratta dinvestigare in ogni epoca e in ogni ambito la natura, no limportanza no lapporto no lurgenza...: investigare la natura della musica liturgica; altrimenti si sfascia il rito, no la cerimonia no la solennit no la esemplarit...: e sfascia il rito della celebrazione liturgica; e che il progresso della tradizione ecclesiale di musica liturgica, esso stesso scopo pastorale che il Concilio si prefisso in progetto. Gli ultimi tre interlocutori, mi sarebbe piaciuto intervistarli. Ci provai con labate di San Paolo, ma egli tagliava secco sulla sua idea unica e fissa io ero sotto limpressione della conferenza di S. Marsili, preside del Pontificio Istituto Liturgico che in sala stampa aveva detto perentoriamente: Del canto gregoriano nessuno discute il valore artistico ma nella forma in cui noi lo abbiamo esso risale a quando la liturgia non cera pi nel popolo, n adesso pu essere pi cantato dal popolo con molta minore perentoriet, a DAmato io avevo domandato: quando e dove stato accessibile popolarmente il canto gregoriano? Mentre le mie due altre domande a Kowalscki e a Van Lierde sa-
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rebbero state: quale salto suggerire al popolo una volta che lo si sar istruito sul canto liturgico in lingua propria, in modo che abbia in bocca il canto gregoriano? Cosa fare per inventare un nuovo canto liturgico affine al gregoriano e insieme consono allindole culturale di ciascun popolo? Sulla nostra questione le domande sono proprio come le ciliegie: una tira laltra... Senza intervistare nessuno domando a me stesso: quanto c di romantico o di illuministico nelle nostre trattazioni teoriche e operative del problema; dove e quando, di solito, vi domina la trattazione teologica e antropologica; arte sacra, arte vera, arte autentica, arte religiosa, arte... chi sa quali autoleggittimazioni vi si annidano! Paolo VI che dice ai traduttori dei libri liturgici riuniti in congresso: ...A voi interpreti della Chiesa che nei sacri riti canta, supplica, insegna... I traduttori debbono tener conto anche dellarte musicale per adattare le parole che si cantano alla modulazione adeguata con lindole e la natura di ciascun popolo cos che mediante i canti lanimo aderisca a Dio pi facilmente e pi ardentemente. Perci con acutezza e studiosamente si metta ogni cura nel tradurre i libri liturgici affinch la comunit liturgica possa trovare il bel corpo interiore delle cose, citava S. Girolamo. Cosa ebbe in mente il papa allora, il 10 novembre 1965? (il Concilio era ancora in Aula). Il musicale veloce come la luce; ma la musica arte che ritarda sulle altre arti. Il musicale antropologicamente ambiguo; ma la musica penetra cos nel profondo da trovare il bel corpo interiore delle cose. Il musicale incisivo puntualmente; ma la musica ci situa nellaura diffusa della Chiesa che nel rito celebra, supplica, insegna. Anche di tale paradosso larte musicale, la musica per la liturgia, bella.
Cento anni addietro, il 22 novembre 1903, il papa appena eletto in quellinizio di secolo firma il Motu proprio Tra le sollecitudini sulla riforma del canto e della musica in Chiesa, facendone una Istruzione con forza di autorit quasi codice giuridico della musica sacra. Ci ritorniamo ascoltandone la risonanza sullevento del Concilio che le ha fatto eco con il mutamento dimmagine di Chiesa e di paradigma culturale a met del secolo intercorso sino a noi. Il testo (redatto in lingua italiana da A. De Santi) inizia immediatamente dalla dignit del luogo dove il popolo cristiano si raduna onde... assistere al santo sacrificio dellAltare, con una sorta di ambivalenza tra lassistere e il partecipare; infatti, riprendendo laffermazione subito appresso puntualizza profeticamente non dimentichiamolo!: dove, appunto, i fedeli si radunano per attingere tale spirito (cristiano) dalla sua prima e indispensabile fonte, che la partecipazione attiva ai santi misteri... (Introduzione). Ovviamente, noi Fidei canora confessio
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non soltanto prenderemo atto del felice precedente che esso costituisce sulla partecipazione attiva dellintera Costituzione conciliare De Liturgia (SC 11.19.21.41.48...) con le disposizioni puntuali: Per promuovere la partecipazione attiva si favoriscano le acclamazioni, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti ... del popolo (SC 30) e quindi ... in qualsiasi azione sacra da celebrarsi con il canto lintera assemblea dei fedeli sia posta in grado di apprestare la partecipazione attiva che le propria, a norma dellart. 30 (SC 114); noi dovremo inoltre calcolare e capitalizzare lesplosivit inarrestabile innescata dalla precisione del documento papale sulla partecipazione attiva ai santi misteri quale prima e indispensabile fonte donde attingere lo spirito cristiano trascritto letteralmente in SC 14 senza che nessuno si faccia un alibi della propria professionalit artistica o della qualit darte della musica da comporsi ed usarsi nella liturgia per eludere la costringente norma dellart. 30. LIstruzione avverte una delicatezza, persino una fragilit, dellarte musicale rispetto alle altre arti in liturgia, che fa trepidare: ...uno dei pi comuni, dei pi difficili a sradicare e che talvolta si deve deplorare anche l dove ogni altra cosa degna del massimo encomio per la bellezza ... tale labuso delle cose del canto e della musica sacra. Ed invero, sia per la natura di questarte per se medesima fluttuante e variabile, sia per la successiva alterazione del gusto e delle abitudini lungo il correr dei tempi, sia pel funesto influsso che sullarte (musicale) sacra esercita larte profana e teatrale, sia pel piacere che la musica direttamente produce e che non sempre torna facile contenere nei giusti termini, sia infine per i molti pregiudizi che in tale materia di leggeri sinsinuano e si mantengono poi tenacemente anche presso persone autorevoli e pie... (Introduzione). C la sedimentazione della complessa storia dai padri, in Oriente e in Occidente, sino al nostro non univoco medioevo musicale e al travaglio dellars nova in musica, alle turbolenze della riforma e della controriforma nella cristianit europea, finalmente alle invadenze della teatralit persistenti pure nel 900. Per, il documento papale mentre tiene a dirsi contrario agli abusi che da tale delicatezza, o fragilit, dellarte musicale derivasse nella liturgia, non perci ne impedisce il connubio con il culto cristiano. Noi cristiani non siamo musico-klastoi stroncatori dellarte uditiva, cos come non siamo iconoclasti, stroncatori dellarte visiva; non lo siamo, n questo n quello, per un medesimo motivo, che la piena accettazione in Spirito Santo della bellezza sensibile da che il Verbo di Dio si fatto carne sensibile adattandosi alla nostra percezione sensibile: perci la retta norma contro ogni abuso al riguardo stabilita dal fine per cui, appunto, larte ammessa a servizio del culto (Introduzione); il messaggio del Concilio agli artisti dir: Voi (poeti, pittori, scultori, architetti, musicisti...) lavete aiutata (la Chiesa) a rendere sensibile il mondo invisibile.
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Il connubio tale da far stabilire: La musica deve possedere nel grado migliore le qualit che sono proprie della liturgia, e precisamente la santit, la bont delle forme, luniversalit (Principi Generali, 2). Della santit, detto al negativo: deve escludere ogni profanit; ma nulla detto al positivo. Occorre perci che per la debita ricerca e attuazione della qualit santa non ci fermiamo al negativo esplicitato e proseguiamo al positivo implicato nella liturgia a cui la musica si sposa; nella cui accezione santit equivale a sacramentalit, cio a reciprocit sponsale di divino e di umano (cfr. SC 2) in ordine alla musica liturgica tutto un universo da coinvolgere, altro che una verniciatura di sacralit proiettiva di nuda antiprofanit! Della bont di forme, abbastanza esaurientemente seppure soltanto funzionalmente, detto: Deve essere arte vera, non essendo possibile altrimenti che abbia sullanimo quellefficacia che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia larte dei suoni; il Concilio aggiunger, per strutturalmente: (le arti) per loro natura attengono allinfinita bellezza divina, da esprimersi in un qualche modo con le opere umane, e si addicono a Dio e allincremento della sua lode e della sua gloria (SC 122) in ordine alla musica liturgica un avviso a non bloccarsi in funzionalismi senza costrutto. Della universalit, detto con strumentazione istintivamente districativa: dovr essere universale in questo senso che, pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche [sic!] quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste tuttavia devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra che nessuno di altra nazione alludirle debba provarne impressione non buona; nel Concilio, invece: Entro i limiti stabiliti nelle edizioni tipiche dei libri liturgici spetter alla competente autorit ecclesiastica territoriale ... determinare gli adattamenti riguardo alla lingua liturgica, alla musica sacra e alle arti, secondo le norme fondamentali contenute in questa Costituzione (SC 39), adattamenti tuttora in gran fermento. Ed eccoci al nodo che, secondo me, a torto o a ragione, ha stonato la recezione plenaria del Motu proprio. Vi leggiamo: La Chiesa ha sempre riconosciuto e favorito il progresso delle arti, ammettendo a servizio del culto tutto ci che il genio ha saputo trovare di buono e di bello nel corso dei secoli, salve sempre le leggi liturgiche (cfr. SC 122). Per conseguenza, la musica pi moderna (del canto gregoriano o della polifonia) pure ammessa in chiesa, offrendo anchessa composizioni di tale bont, seriet e gravit, che non sono per nulla indegne delle funzioni [leggi: azioni] liturgiche. Nondimeno, siccome la musica moderna sorta precipuamente a servizio profano, si dovr attendere con maggior cura (n. 5). Ma tale posizione promozionale di ci che il genio ha saputo trovare risultata di fatto talmente schiacciata in una morsa da prestarsi ad
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essere surclassata anche di diritto. La morsa da cogliere tra le qualit di cui abbiamo riferito, santit bont di forme universalit, e il convenzionalismo di cui appresso: Tra i vari generi della musica moderna, quello che apparve meno acconcio lo stile teatrale che durante il secolo scorso [l800] fu in massima voga, specie in Italia. Lintima struttura, il ritmo, e il cos detto convenzionalismo di tale stile non si piegano, se non malamente, alle esigenze della vera musica liturgica (n. 6). Cosa sia cotesto convenzionalismo spiegato nel votum inviato dal card. G. Sarto nel 1893 alla Congregazione dei Riti, la quale aveva richiesto il parere dei vescovi sulla disciplina della musica sacra. Era stato elaborato con la collaborazione del De Santi e sar da lui calato dieci anni appresso nel Motu proprio: A giudizio comune delle persone pi competenti e dei pi illustri maestri e scrittori in questa materia, vi ha un genere moderno di musica che... il meno acconcio a far parte della sacra liturgia. Tale lo stile teatrale che prese voga in Italia durante questo secolo... Il suo andamento il massimo del cos detto convenzionalismo che si scorge sia nella composizione e tessitura dei singoli pezzi sia nel complesso di uno spartito: laria del basso, la romanza del tenore, il duetto tra il tenore e la donna, la cavatina, la cabaletta, il coro finale, e simili, sono pezzi di convenzione e non mancano mai. Tra le qualit della musica connessa alla liturgia e il non acconcio convenzionalismo , dunque, andata a stringersi piuttosto rudemente la posizione ecclesiale di progresso delle arti (nella liturgia) che il Concilio si preoccuper di tematizzare quale connessione molteplice tra la buona novella del Cristo e la cultura umana (GS 58) ma che le tesi ecclesiologiche correnti e le accomodazioni rubricali analoghe avevano inchiodato irreversibilmente da secoli. Se il convenzionalismo spiegato dal votum con i pezzi di convenzione dellopera lirica ottocentesca, le qualit sono canonizzate dal Motu proprio (con qualche sanatoria storica o stilistica) nel genere musicale del canto gregoriano e, subordinatamente ad esso, nel genere della classica polifonia: Queste qualit (santit, bont delle forme, universalit) si riscontrano in grado sommo nel canto gregoriano, che per conseguenza il canto proprio della Chiesa romana e che gli studi pi recenti hanno s felicemente restituito alla sua integrit e purezza. Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra ... Le anzidette qualit sono pure possedute in ottimo grado dalla classica polifonia ... La classica polifonia assai bene si accosta al supremo modello di ogni musica sacra che il canto gregoriano (nn. 3-4). Il Concilio tenter di mettere mano a sbrogliare la matassa, arruffata per molteplici approssimazioni e allontanamenti; ma sar unimpresa non improvvisabile: La Chiesa riconosce il canto gregoriano quale canto proprio della liturgia romana ... Gli altri ge-
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neri di musica sacra, specialmente la polifonia, non sono affatto esclusi dalla celebrazione dei divini uffici purch corrispondano allo spirito dellazione liturgica a norma dellart. 30 [sulla partecipazione attiva del popolo] (SC 116). Il Motu proprio ha vinto la battaglia contro il convenzionalismo dellopera lirica ottocentesca, certo; ma altrettanto indubbio che la canonizzazione dei modelli supremi sia rimasta a sua volta indenne da ogni convenzionalismo, diremmo, di ritorno? sicuro che non convenzionale in nulla la imputata e aspettata popolarit del gregoriano, Graduale simplex incluso (cfr. SC 117)? O che non in nulla convenzionale la sacralit della polifonia? Senza dire di certi cecilianesimi che stanno al Motu proprio di Pio X cos come i nazarenismi figurativi di chiese neoromaniche o neogotiche stanno alla iconicit della grande tradizione ecclesiale. Due riecheggiamenti radicali della Istruzione nella Costituzione conciliare pretendono la nostra accurata attenzione perch coinvolgono le decisioni che un secolo fa erano condizionate dallordinamento disciplinare ritenuto intangibile o da principio ecclesiologico ugualmente incontrovertibile, e che ora stanno in condizioni mutate. La lingua propria della Chiesa romana la latina. quindi proibito nelle solenni funzioni [leggi: azioni] liturgiche di cantare in volgare qualsivoglia cosa; molto pi poi di cantare in volgare le parti variabili o comuni della messa e dellufficio. noto che lampio spiraglio aperto da SC 36 (ampio, relativamente alla tenacia in contrario mantenuta in Occidente) ha avuto recezione esecutiva dirompente, commisurata allo spirito straripante delle comunit e della maggioranza dei vescovi in Concilio piuttosto che alla lettera prudenziale dei documenti ma c pure la potenza trainante di DV 22: necessario che ai fedeli cristiani sia largamente aperto laccesso alla sacra Scrittura ... E poich la parola di Dio deve stare a disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con sollecitudine materna che si apprestino traduzioni adeguate ed esatte nelle varie lingue. Pare coerente domandare cosa sarebbe stato in condizioni altre questo disposto del Motu proprio che lega la sua proibizione conseguenzialmente alla propriet della lingua latina da parte della Chiesa romana quindi proibito... e no rispondere che la situazione attuale anomala in forza di quella proibizione. E ancora: ... tutto il resto del canto liturgico proprio del coro dei leviti, e per i cantori di chiesa anche se sono secolari fanno propriamente le veci del coro ecclesiastico... Dal medesimo principio segue che i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico e che per le donne, essendo incapaci di tale officio, non possono essere ammesse a far parte del coro... (nn. 12-13). A parte la (giudaizzante?) attribuzione del coro ai leviti, e il seguente escamotage che mette in piedi lartificio di cantori di chiesa... secolari ai quali si imputa convenzionalmente vero officio liturgico senza che essi siano veri leviti; a nessuno
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sfuggirebbe lideologia sacra dellimpalcatura tutta, rovescio soggettivo dellaspetto oggettivo di musica sacra. E nuovamente ci simpone di mandare ad effetto il dettato conciliare, che muta il problema stesso mutandone teologicamente la premessa in virt della dottrina ecclesiologica insegnata in Lumen gentium II, Il Popolo di Dio, e III, I Laici; mutamento che su Lumen gentium, Sacrosanctum Concilium anticipa: Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, sia ministro sia semplicemente fedele, esercitando il suo ufficio compia solo e tutto ci che per la natura della cosa e le norme liturgiche gli compete (SC 28); anche i ministranti, i lettori, i commentatori, i membri della schola cantorum, esercitano vero ministero liturgico (SC 29). il rovescio soggettivo dellaspetto oggettivo di partecipazione attiva. Non sfugga che S. Pio X ha scritto nella Costituzione apostolica Divino Afflatu: Risulta che sin dagli inizi della Chiesa (i salmi) sono serviti meravigliosamente a nutrire la piet dei fedeli [non dei leviti soltanto]. Con essi i cristiani [non i leviti soltanto] offrivano continuamente a Dio il sacrificio di lode, cio il frutto delle labbra che rendono omaggio al suo Nome (cfr. Eb 13,15; Os 14,3).
La regola monastica occidentale benedettina stabilisce: Richiamiamo sempre alla memoria la parola del profeta che dice: Cantate inni con arte (Sal. 46,8)... Consideriamo quale debba essere il nostro atteggiamento alla presenza di Dio e quando cantiamo i salmi mettiamo in sintonia il nostro cuore con la nostra voce (Regola di Benedetto, 19). Nella regola monastica orientale basiliana si spiega: Canta con arte chi attento cos al testo come il gusto attento al sapore (Regola di Basilio, red. Ruf. 110). Da parte sua Agostino, anchegli legislatore monastico, nel suo Commento sui Salmi, discorso 1,7-8 sul Salmo 32,3 traduzione della Vulgata che ha medesima suggestione: Cantate a Lui un canto nuovo, cantate a Lui con arte nel giubilo, ci ha offerto la celeberrima contemplazione di Dio che rifiuta il canto stonato n vuole offese le sue orecchie, uno sguardo sugli uomini impreparati nellarte musicale che cantano davanti al musicista, il consiglio di cantare nel giubilo con il celeberrimo inno al giubilo (ne abbiamo il testo al 22 novembre nellUfficio delle Letture). Per essere precisi, la traduzione della Vulgata ha tradotto bene psallite nel salmo 32 e psallite sapienter nel salmo 46; siamo noi che per trovare il bel corpo interiore delle cose felicemente traduciamo con arte sia l dove stato detto bene sia l dove stato detto sapienter. Infatti, come cantare cos bene se non con arte? e Basilio ci previene a gustare il testo che cantiamo con le labbra al modo in cui ci dilettiamo del sapore che ci riempie la bocca: sapienter al modo di sapere, gustare il sapeFidei canora confessio
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re dellorazione liturgica: da nobis in Spiritu recta sapere, donaci di gustare nello Spirito ci ch retto. Ma cos cantare ritualmente nella celebrazione liturgica? Di nuovo un legislatore monastico, Cassiodoro, di nuovo in Commento sui Salmi, prologo: I salmi ci rendono gradevoli le veglie quando, nel silenzio della notte, al canto dei cori la voce umana prorompe nella musica e con la parole modulate dellarte fa ritornare a Colui dal quale, per la salvezza dellumanit, venne la divina Parola. Cantare per la liturgia far prorompere la voce nella musica facendo ritorno con la parole modulate dallarte al Padre di cui uscendo quale luce il Verbo divino generato (cfr. linno che cantiamo in Avvento). Anche Tommaso dAquino nel prologo del suo Commento sui Salmi, definisce il canto: Esultazione della mente che prorompe dimpeto nella voce. Ci risentiamo Cassiodoro, ma ci incontriamo pure il cantico di magnificazione dipinto dellevangelista Luca per Maria: il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore (Lc, 1,47); e due cose appaiono crearlo: lesultazione in Dio e limpeto nella voce. In amalgama, esaltazione e impeto quasi melodia e ritmo? fanno del canto cosa di bellezza in entusiasmo. dire che il canto liturgico cosa di bellezza teandrica, umano-divina, in entusiasmo dello Spirito, nel cui dono luomo accede a gustare il mistero della divina economia (GS 15). Nei quarantanni passati, quantunque asistematicamente, si sono realizzati quadri referenziali variati per una tale interazione di musica e liturgia che a mio parere opportuno non classificare alternativi gli uni agli altri ed urgente assumere complementariamente. Primo in ogni senso la sinergia con la Parola. Le parole nel canto liturgico sono frammenti del Verbo. Desunti con tremore della Scrittura santa, raccolti con fedelt dagli eventi ad essa connessi; composti con libert dai significati misterici. Purch in bellezza sponsale di musica e testo. A. Schnberg, che scriveva testi non per liturgia ma per la sua propria musica, e tanto gli bastava ad aggiustare il tiro sullesattezza del genere letterario, ha detto in prefazione alledizione dei suoi Texte, da lui stesso curata nel 1926: Questi sono testi per musica; vale a dire che solo insieme con la musica costituiscono qualcosa di compiuto. Non dico ci allo scopo di reclamare per essi maggiore indulgenza di quanta ne concessa alla mia musica ... Ma chi abbia avuto la visione dellinsieme vede anche quellinsieme in ogni sua parte, e non potrebbe giudicare adeguato nulla che non lo fosse sotto tutti gli aspetti. La Chiesa romana us soltanto la Bibbia, ma la Chiesa ambrosiana accredit linnografia nelle Chiese doccidente e le Chiese doriente profusero la poesia sino a confonderla nella celebrazione con lunica bellezza del rito. Le note della musica liturgica, quelle suonate e non solo queste cantate, sono briciole del Verbo in risonanza; la musica strumentale liturgica, nelle chiese che usiamo strumenti sonori non che ricercare continuo del Logos mousikos, del Verbo musico, e delle sue
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parole-pane. In questa direzione c da lavorare senza soste. Per da quella riuscita dipende anche il coronamento in bellezza armonica del reingresso salutare della Parola che Dio ha provvidenzialmente arrecato alle nostre Chiese. E dipende anche lingresso delle nostre Chiese oltre soglia nella nuova arte musicale liturgica. Ovviamente, se loperatore un musicista compositore, cantore, esecutore che non attenta allincolumit della sua arte ed un artista capace di captare dalla Sinassi liturgica in simultanea ispirazione con il proprio genio la presenza del Verbo uscito quale luce del Padre, del Verbo venuto in mezzo alla Sinassi liturgica in virt dello Spirito entusiasmante. Allora le parole musicali, le note musicali, non sono in cerca di autogiustificazione, sono un dato-dono autosufficiente; sino a stabilire linvenzione del nuovo genere letterario, di prosa (prosa da pro-versa, rivolta a) rivolta alla musica rituale per la celebrazione. strada non breve ma conducente ed arriva. E c il quadro referenziale che attinge alla sorgente divina della bellezza da cui il cosmo creato, come ha ricevuto forma e ordinamento cos, stato avvolto di armonia ritmo e melodia. Vi scorre underground uneredit culturale platonica; tuttavia J. Maritain ha pubblicato nel Diario di sua moglie Raissa alla data 1 febbraio 1951: Platone usa il termine musica in maniera universale, al modo come noi usiamo il termine poesia, per significare lanima delle belle arti. Questo mi spiega perch quando ho ricevuto la prima intuizione di una poesia, e la scrivo, ascolto costantemente in me lintuizione via via che noto, affinch lespressione sia esattamente fedele a quella prima intuizione. Ascolto per cantare senza note false.... Ecco, Platone o no, stiamo parlando di trasporre su rigo cristiano e in chiave liturgica lintuizione e la ricreazione dellarmonia originaria. Si esaltano allora gli accenti tonici del testo e i modi tipici della musica, i capitelli gregoriani di Cluny! Chi ci riuscisse avrebbe messo in forma musicale larmonia divina secondo ritmo e melodia denominati in virt di liturgia. E c il quadro che, con intento teologico liturgico, punta sul vigore coesivo della musica: musica ci che unifica, sentenziano i saggi cinesi, e I. Strawinsky ripeteva che la musica armonia in comunione. Valenza naturale; ma ne segue che determinazione apprezzabile onde perseguire la comunione in ogni sua forma e nelle sue forme di Grazia. Mirando alla risoluzione delle tensioni didattiche tra sacro e suo opposto, sensibile e suo opposto, particolare e suo opposto, ci si riferisce ancora alla santit quale forma specifica del sacro cristiano e liturgico, estesa anche al suono; alla divinizzazione dei sensi quale intuizione eminente della estetica cristiana e liturgica, dedicata anche alla melodia e al ritmo; alluniversalit dellarte musicale quale esercizio non generico della poietica cristiana e liturgica, marcata anche nelloriginalit di una cultura hic et nunc.
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Il contesto di dialettiche (o dualismi? o manicheismi?) caso speciale per il criterio formulato dalla costituzione conciliare: le nuove forme germinino, per cos dire, dalle forme gi esistenti (SC 23; cfr. Musicam sacram, 59); secondo logica, e secondo lordinamento del medesimo dettato conciliare, occorrer dunque unaccurata investigazione teologica, storica, e pastorale sul canto gregoriano; direttamente allo scopo, e senza che ne passi nulla come perfettamente acquisito. Ci sono circostanze attuali dj vues, ad esempio nella crisi del canto liturgico dellalto e del basso medioevo e oltre? Perch le decadenze liturgiche in epoca di devotio moderna corrispondono in maniera stupefacente alle disavventure musicali di misure ritmiche, di alterazioni cromatiche, di tagli ai melismi, ecc. ecc.? Hanno un qualche senso per noi le prose musicate da Ildegarde di Bingen per la liturgia? o le musiche da cantarsi delle monache del Paracleto? e i resti del lavoro poetico e musicale d Errada di Landsberg? Qualsiasi referenza ordinatrice possa scegliersi, anzi combinarsi alle altre, la questione dovr risolvere il problema celebrativo di raccordare il complesso sintagma del rito con il semplice paradigma dellarte musicale. Ma, scriveva Raissa Maritain nel suo Diario il 25 marzo 1919: Larte fruttificazione; quando la linfa sar di nuovo cristiana [leggi: liturgica] i frutti lo saranno pure essi, necessariamente, e senza che lartista se lo imponga. Ma c un periodo di transizione durante il quale lunit non ancora fatta tra la volont delluomo e la sensibilit dellartista. Levento conciliare fa decidere di riesaminare in contesto soggettuale e di reciprocit molte cose, per pigrizia, per impazienza, per distrazione, per ignoranza, delegate usualmente al contesto della oggettualit e del settoriale avulso. acquisizione da non lasciar perdere. Nel leggio intarsiato da Raffaello di Brescia nel coro monastico di Monte Oliveto Maggiore sono finti due foglie musicali di codice gregoriano aperto allinno mariale: O gloriosa Domina... coeli fenestra facta es; e segue in rubrica: verte folium, volta pagina! Lo scherzo del monaco intarsiatore al monaco cantore non icone della nostra situazione musicale; noi riusciamo a voltar pagina perch noi sappiamo di avere la finestra sul cielo.
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0. Documenti in esame
0.1. Contesto Accingersi, oggi, a una lettura non puramente commemorativa o, peggio, sterilmente apologetica del Motu proprio Tra le sollecitudini e degli interventi magisteriali che da esso promanano per discendenza pi o meno diretta1 esige, in primo luogo, almeno un abbozzo di contestualizzazione, a preliminare garanzia di correttezza ermeneutica e a scanso preventivo di fraintendimenti assolutizzanti che (ove non intesi per tali) finirebbero inevitabilmente per riverberare astorici dogmatismi di pensiero e di prassi sullintero comparto della riflessione liturgico-musicale pre- e post-conciliare. Non si comprendono infatti appieno dispositivi e istanze di Tra le sollecitudini2 se del motu proprio di Pio X ci si limita a sottolineare laspetto di instaurazione/promozione di ideali riformatori (in tema di musica e/o vuoi in principium, vuoi ad finem in tema di liturgia) senza tener conto, dun lato, dellecclesiologia che quei medesimi aspetti sottintende, esprime e caldeggia, e daltro lato del clima culturale degli ultimi decenni del diciannovesimo secolo: che non fu pregiudizialmente e genericamente ostile a ogni revisione dellintreccio musica/culto (come sostina a dipingere qualche epigono dun certo cecilianesimo)3, n pu essere identificato neppure per sineddoche, se non a prezzo di uninconcludente evaporazione dei referenti storico-stilistici della tradizione musicologica
Referenze e dettagli bibliografici di ciascuno in nota allintestazione delle diverse sezioni del seguente 0.2. 2 Dora innanzi: TLS. 3 Cfr. la visione dinsieme prospettata nella miscellanea Der Caecilianismus: Anfnge Grundlagen Wirkungen, hsrg. von Hubert Unverricht, Schneider, Tutzing 1988 (Eichsttter Abhandlungen zur Musikwissenschaft, 5).
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con larte teatrale stigmatizzata (ma non connotata) dallIntroduzione di TLS4. Gli studi di musicologia liturgica di questi ultimi anni, per fortuna, hanno cominciato a percorrere proficuamente anche queste piste pre-giudiziali, seppur a diverso livello dapprofondimento (come avremo modo di constatare nel seguito della trattazione). La cornice entro cui inquadrare i documenti in esame risulta cos per lo meno delineata, permettendoci di limitare a pochi e basilari tratti i prolegomeni essenziali alla lettura. E dunque. stato gi notato, per cominciare, come TLS germini logicamente dai principi ecclesiologici (con) seguenti il Concilio Vaticano I: la Chiesa si autocomprende come societ perfetta e proprio in quanto tale reputa di avere il diritto/dovere di possedere istituzionalmente e strutturalmente i mezzi adeguati a sostentare ed esprimere quella perfezione, sia sul piano politico-temporale, sia sul piano ideologico-culturale entro il quale, anzi, essa convinta di distinguersi non solo a motivo di unidentit precisa e inconfondibile, ma anche in grazia di una specifica propria cultura, differenziata ed elevata al di sopra di quella del secolo5. Per ci che attiene al nostro assunto, una precomprensione del genere domanda quindi una musica che sia appropriatamente in grado di: 1. veicolare (la perfezione del) lo status dellistituzione; 2. opporsi a ci che la Chiesa avverte come estraneo-a-s (ossia al profano); 3. connotare identificativamente la natura di essa e delle sue manifestazioni esterne (culto in primis). Da simili tratti distintivi conseguono subito: a) la proposta di un linguaggio universale, mutuato in maniera paradigmatica da passati cronologicamente determinati (seppur ermeneuticamente non scandagliati)6 posto che allunit di fede non pu che corrispondere ununit di espressione; b) la necessit di un controllo clericale non solo dellideologia, ma anche della grammatica di quellespressione ch solo i clerici sono legittimati a giudicare laderenza degli infiniti prodotti allunicit del paradigma; c) lesigenza duna regolamentazione centralizzata, ordinata verticalmente sino alla suprema autorit apostolica depositaria e garante teologale e secolare dellunica fides.
Sulla situazione musicale in Italia nel secondo Ottocento si veda per lo meno FASETA, Italia e Francia nellOttocento, EDT, Torino 1993 (Storia della Musica a cura della Societ Italiana di Musicologia, seconda edizione, 9). 5 FELICE RAINOLDI, Sentieri della musica sacra dallOttocento al Concilio Vaticano II. Documentazione su ideologie e prassi, Centro Liturgico Vincenziano Edizioni Liturgiche, Roma 1996 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae Subsidia, 87; dora innanzi: RAINOLDI, Sentieri), p. 419. 6 Cfr. RAINOLDI, Sentieri, p. 420.
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BRIZIO DELLA
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Se a tale fermento construens saggiunge la percezione sostanzialmente negativa che la Chiesa (spesso senza troppi distinguo) aveva della musica allora in voga, sia dentro che fuori se stessa7, si comprende facilmente come e perch la messa in forma degli atteggiamenti test riassunti venisse operativamente tradotta in termini di riforma e di contrapposizione allesistente. Era infatti indispensabile, secondo i protagonisti del momento, entrare in azione per: conformare la durata temporale delle musiche alla misura del rito; rimuovere dalla lingua musicale sacra ogni elemento di profanit e/o teatralit; reagire alla perversione delle forme liturgiche; metter freno allimpertinenza della musica organistica; impedire il naufragio della parola liturgica, gli arbtri rituali, eccetera8. Le ragioni in campo erano indubbiamente sostanziose e sostanziali, pur se non di rado i riformatori indulgevano con fin troppo compiacimento a un tono di lamentazione che, annullando ogni distinzione e ogni contesto in un mare magnum dequivalenti nequizie, finiva per snervare le sottigliezze dargomentazione dei pi accorti9, e pur se qualche formulazione lasciava spazi dambiguit agli auspici degli stessi riformatori (soprattutto a riguardo della presunta teatralit della musica profana, il senso della quale poteva oscillare dal rifiuto di precisi moduli melodrammaturgici allostilit verso qualunque coloritura melodico-armonica di stampo moderno). Latmosfera culturale del tempo, inoltre, se non propizia, era quanto meno preparata a comprendere i termini del dibattito i trentanni che trascorrono dal Vaticano I al motu proprio, non dimentichiamo, sono precisamente gli anni durante i quali Giuseppe Verdi pronunci (seppur a riguardo di questioni affatto diverse e
7 Vedi le cause che, secondo lintroduzione di TLS, hanno portato allabuso nelle cose del canto e della musica sacra: (1) la natura di questarte [= la musica] per se medesima fluttuante e variabile; (2) la successiva alterazione del gusto e delle abitudini lungo il correr dei tempi; (3) il funesto influsso che sullarte sacra esercita larte profana; (4) il piacere che la musica direttamente produce e che non sempre resta facile contenere nei giusti termini (Acta Sanctae Sedis [= ASS] XXXVI [19031904], p. 330). 8 Virgolettati da FELICE RAINOLDI, Traditio canendi. Appunti per una storia dei riti cristiani cantati, Centro Liturgico Vincenziano Edizioni Liturgiche, Roma 2000 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae Subsidia, 106; dora innanzi: RAINOLDI, Traditio), p. 483. 9 Vedi ad esempio la triplice declinazione degli articoli che p. Angelo De Santi pubblic tra il settembre e il dicembre 1888 su La Civilt Cattolica: La musica a servigio del culto (serie XIII, vol. 11, fasc. 918, pp. 654-671); La musica a servigio del culto cattolico (serie XIII, vol. 12, fasc. 920, pp. 169-183); La musica a servigio della liturgia (serie XIII, vol. 12, fasc. 924, pp. 671-688), nonch i rilievi di RAINOLDI, Sentieri, pp. 230-231.
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fortunatamente senza darvi alcun personale seguito) il suo famoso torniamo allantico, e sar un progresso10, nonch gli anni durante i quali pi duna manifestazione artistica si volse al passato: qualche volta con nostalgia, qualche volta, pi attivamente, per trarne spunti per lattualit11. Nel dominio ecclesiastico, infine, il consumarsi del secolo vide il moltiplicarsi di prese di posizione e di documenti, a vario livello dufficialit e a opera di studiosi, prelati e congregazioni: scritti occasionali, progetti organici, lettere pastorali, e persino due regolamenti curiali (uno nel 1884 e un altro non del tutto in sintonia col precedente nel 1894)12. Questa dunque la temperie di fatti e di idee entro la quale il cardinal Sarto, appena eletto al soglio pontificio, estese alla Chiesa universale quanto egli stesso aveva prescritto nel 1895 alla diocesi patriarcale di Venezia sulla falsariga (com noto) di pensieri e parole di padre Angelo De Santi S.J.13. su tali coordinate che sinnesta il motu proprio TLS, dal quale prendono avvio la riforma centralizzata della musica sacra e le note che seguono. Di esso, e dei documenti successivi, discorrer cercando di proporre non uninterpretazione teleologica e armonizzante, ma una lettura storica ed ermeneutizzante, avendo sempre presente (ma non incombente) la totalit del pensiero magisteriale de musica sacra prima e dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, e non sottacendo ovviamente anzi, mirando a far emergere nel loro specifico continuit e fratture, persistenze e modificazioni di senso tra un testo e laltro, e tra il gruppo dei pronunciamenti dei tre Pii e le disposizioni conciliari e postconciliari (alle quali sar giocoforza riferirsi almeno in controluce, anche se il discorso non intende avventurarsi nelle profondit dellesegesi dei capisaldi musicali della riforma liturgica).
Conclusione della lettera con la quale, il 4 gennaio 1871, Verdi rispondeva a Francesco Florimo declinando linvito che questi, a nome della citt, gli aveva rivolto affinch assumesse la direzione del Conservatorio di Napoli: vedine il testo integrale in I copialettere di Giuseppe Verdi pubblicati e illustrati da Gaetano Cesari e Alessandro Luzio e con prefazione di Michele Scherillo, Commissione esecutiva per le onoranze a Giuseppe Verdi nel primo centenario della nascita, Milano 1913 [rist. anast. Forni, Bologna 1987 (Bibliotheca Musica Bononiensis. sez. V, 23)], lettera CCI, pp. 232-233. 11 Si pensi (per non addurre che un paio di rimandi) alle spinte che diedero lunga vitalit allarchitettura neogotica, o alle velleit passatiste di riforma delle arti applicate caratteristiche dellArts and Crafts Movement. 12 Testi latini in FIORENZO ROMITA, Ius musicae liturgicae. Dissertatio historico-iuridica, ex officina libraria Marietti, Taurini 1936, pp. 283-287 e 288-289; traduzione italiana in RAINOLDI, Sentieri, pp. 510-514 e 525-527; note di commento ibidem, pp. 221-222 e 261-263. 13 Cfr. RAINOLDI, Sentieri, p. 231 (sintesi delle prescrizioni mantovane di mons. Sarto), pp. 268-269 (presentazione della lettera pastorale del patriarca Musica Sacra) e pp. 534-540 (testo integrale di questultima).
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Tale lettura, dopo una breve rassegna sintetica dei contenuti generali e del peso magisteriale di ciascun documento, si snoder principalmente per sentieri tematici, a sondaggio delle idee e dei problemi che i singoli testi e il loro totale alludono, sollevano, risolvono o, al contrario, dischiudono. 0.2. Catalogo e tipologia14 0.2.1. Il motu proprio Tra le sollecitudini (22 XI 1903)15 Il motu proprio TLS, come s accennato nel precedente paragrafo, si pone al culmine di una nutrita schiera di testi de musica sacra e a climax di una serie di interventi di Pio X, nelle sue vesti di vescovo di Mantova prima e di patriarca di Venezia poi16. Il testo fondamentalmente opera di padre Angelo De Santi, anche se gli interventi personali del papa furono cospicui e consistenti17. Lintroduzione e i ventinove numeri del documento presentano dapprima alcuni principi generali di applicabilit universale, anche se formalmente (ma non esplicitamente) obbliganti solo per il rito romano ; articolano quindi una tipologia dei generi musicali sacri e delle forme ad essi pertinenti; precisano natura e trattamento dei testi liturgici; definiscono ruolo dei cantori e condizioni di ammissibilit degli strumenti musicali nella liturgia; suggeriscono, in ultimo, alcuni mezzi precipui per favorire la diffusione, teorica e pratica, dei nuovi orientamenti in materia di buona musica liturgica18. Gli intenti normativi del documento sono chiaramente riformatori: la scelta stessa di promulgarlo in forma di motu proprio ossia di istruzione non originata da alcun organismo curiale ma elaborata direttamente e spontaneamente dal pontefice ne sottolinea il carattere innovativo rispetto alla legislazione vigente; una direzione verso la quale punta anche la locuzione codice giuridico
14 I paragrafi 0.2.1-0.2.4 attingono ai luoghi corrispondenti del capitolo introduttivo dellottimo JAN MICHAEL JONCAS, From Sacred Song To Ritual Music. Twentieth-Century Understandings of Roman Catholic Worship Music, The Liturgical Press, Collegeville 1997, pp. 1-6. La determinazione della forza normativa dei diversi documenti proviene invece, come gi in Joncas, da R. KEVIN SEASOLTZ, New Liturgy, New Laws, The Liturgical Press, Collegeville 1980 e da JOHN M. HUELS, Liturgical Law. An Introduction, The Pastoral Press, Washington 1987 (American Essays in Liturgy, 4). 15 Testo italiano ufficiale in Actae Sanctae Sedis, XXXVI, pp. 329-339 (e anche in RAINOLDI, Sentieri, pp. 555-562; VALENTINO DONELLA, Dal Pruno al Melarancio. Musica in Chiesa dal 1903 al 1963, Edizioni Carrara, Bergamo 1998, pp. 182-190; RAINOLDI, Traditio, pp. 506-513); versione latina fidelis Inter plurimas pastoralis officii sollicitudines in Actae Sanctae Sedis, XXXVI, pp. 387-395; comoda sinossi delle due versioni in ROMITA, Ius musicae liturgicae, pp. 290-301. 16 Cfr. sopra, note 12 e 13. 17 Cfr. FIORENZO ROMITA, La preformazione del Motu proprio di S. Pio X sulla musica sacra, Descle, Roma 1961. 18 TLS, capo VIII e n. 24 (ASS XXXVI, pp. 338-339).
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della musica sacra con la quale il papa, nellultimo periodo dellIntroduzione, impone a tutti la pi scrupolosa osservanza di ogni dettato del suo chirografo. Lo scritto di Pio X deve pertanto intendersi come fondativo di nuovo diritto liturgico e in quanto tale costitutivo imprescindibile di ogni disamina della materia almeno fino ai decreti del Vaticano II. 0.2.2. La costituzione apostolica Divini cultus sanctitatem (20 XII 1928)19 Gli anni che seguono la pubblicazione di TLS vedono un fiorire di iniziative, centrali e locali, tese ad attuare ideali e disposizioni del motu proprio, soprattutto in tema di ripristino pratico ed editoriale del canto gregoriano20. Nel 1928, lallora regnante Pio XI solennizza i venticinque anni dellistruzione (e i propri cinquantanni di sacerdozio) diffondendo la costituzione apostolica DCS: un nuovo documento pontificio che, nonostante lalto profilo dellintitolazione formale, non apporta novit di rilievo al dibattito in corso, limitandosi a predisporre una pi minuziosa disciplina dellinsegnamento del canto liturgico, della promozione delle cappelle musicali e (soprattutto) dellincremento di unarte organaria e organistica compatibile con le esigenze del culto e della Chiesa. La via tracciata da Pio X cos ufficialmente canonizzata, senza alcuna soluzione di continuit. 0.2.3. Lenciclica Musicae sacrae disciplina (25 XII 1955)21 Il cinquantenario della pubblicazione di TLS fu commemorato, con qualche mese di ritardo, dal XVI Congresso di Musica Sacra, organizzato a Roma dal 30 agosto al 4 settembre 195422, poche settimane dopo liscrizione di Pio X nel numero dei santi. Il Natale dellanno successivo, al di fuori dogni contingenza commemorativa, Pio XII diffuse lenciclica Musicae sacrae disciplina, un ampio contributo suddiviso in un proemio e quattro dense parti23.
19 Constitutio apostolica de liturgia deque cantu gregoriano et musica sacra cotidie magis provehendis (dora innanzi: MSD): testo latino ufficiale in Acta Apostolicae Sedis [= AAS] XXI (1929), pp. 33-41; versione italiana in RAINOLDI, Sentieri, pp. 631636, RAINOLDI, Traditio, pp. 519-525 e DONELLA, Dal Pruno al Melarancio, pp. 198-204. 20 Cfr. (dalla prospettiva centrale solesmense) PIERRE COMBE, Histoire de la restauration du chant grgorien d'aprs des documents indits: Solesmes et lEdition Vaticane, Abbaye de Solesmes, Solesmes 1989. 21 Litterae encyclicae ad venerabiles fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios, pacem et communionem cum apostolica sede habentes: de musica sacra (dora innanzi: MSD): testo latino ufficiale in AAS XXXXVIII (1956), pp. 5-35; versione italiana in RAINOLDI, Sentieri, pp. 662-677 e DONELLA, Dal Pruno al Melarancio, pp. 205-220. 22 Sommario resoconto in DONELLA, Dal Pruno al Melarancio, p. 40. 23 Il testo latino pubblicato in AAS non reca alcuna numerazione di paragrafo; per comodit, il seguito del saggio rimander per quanto possibile (tra parentesi quadre)
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Con essa, il discorso de musica sacra intreccia alle tematiche consuete della ricezione pi che cinquantennale del motu proprio le nuove prospettive teologico-liturgiche che papa Pacelli aveva delineato nelle precedenti encicliche Mystici Corporis (29 giugno 1943) e Mediator Dei (20 novembre 1947)24. Il rapporto musica/liturgia si inserisce in tal modo nella pi ampia dialettica arte/culto: con il risultato di provocare, da un lato, lespansione di alcune delle qualit con cui Pio X aveva caratterizzato la musica sacra; di rilassare, dallaltro, alcune proibizioni di TLS in riferimento sia alla composizione che allesecuzione liturgica (per la quale lenciclica suggerisce anche qualche strategia di miglioramento qualitativo). Il tutto in un quadro di magistero ordinario (passibile quindi di sviluppi e/o di modificazioni) qual quello di una lettera enciclica di un documento cio dindole pastorale, e non dogmatica che commenta, amplia, aggiusta ma n invalida n abroga il chirografo di Pio X. 0.2.4. Listruzione De musica sacra et sacra liturgia (3 IX 1958)25 I decenni trascorsi dal documento di Pio X, le prassi ceciliane invalse nel frattempo e le novit di pensiero apportate al dibattito dal movimento liturgico e dagli insegnamenti di Pio XII26, a detta degli ufficiali della Sacra Congregazione dei Riti rendevano opportuno, sul volgere degli anni Cinquanta, procedere a una rivisitazione complessiva e sistematica di tutte le norme sin l emanate in materia di musica sacra. Dal lavoro degli esperti scatur la Instructio de Musica sacra et sacra Liturgia ad mentem litterarum encyclicarum Pii Papae XII Musicae Sacrae Disciplina et Mediator Dei, il pi esteso e articolato documento che la Chiesa cattolica abbia mai prodotto sullargomento, e che fu reso pubblico, significativamente, nel giorno della festa di san Pio X (del calendario allora vigente). Lo scopo dellistruzione palesato sin dal proemio: valde opportunum visum est, potiora capita, sacram Liturgiam et Musicam sacram earumque pastoralem efficaciam respicentia, ex memoratis documentis27 in unum colligere et peculiari Instructione
anche alla suddivisione della traduzione italiana compresa in RAINOLDI, Sentieri, loc. cit. in nota 21 (e che differisce, si avverte, dalla numerazione adottata in JONCAS, From Sacred Song, passim). 24 Testo latino rispettivamente in AAS XXXV (1943), pp. 193-248 e AAS XXXIX (1947), pp. 521-600; traduzione dei numeri su canto e altre arti della Mediator Dei in RAINOLDI, Sentieri, pp. 651-653. 25 Dora innanzi: Istr58; testo latino ufficiale in AAS L (1958), pp. 630-663; traduzione italiana in RAINOLDI, Sentieri, pp. 680-707. 26 Cfr. La Mediator Dei e il Centro di Azione Liturgica. 50 anni alla luce del movimento liturgico, Atti della 49ma Settimana Liturgica Nazionale, a cura di Alceste Catella, Centro Liturgico Vincenziano Edizioni Liturgiche, Roma 1998 (Bibliotheca Ephemerides Liturgicae Sectio Pastoralis, 18). 27 Oltre ai gi ricordati, minora alia pontificia documenta et huius Sacrae Rituum Congregationis decreta, quibus variae res ad Musicam sacram pertinentes ordinabantur: Istr58, Introduzione (AAS L, p. 630).
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pressius declarare, quo facilius et securius ea quae in iisdem documentis exposita sunt, in praxim reapse deducantur28; la minuziosit della trattazione, tuttavia, delinea un reticolo normativo definitivamente definitorio eccedente in larga misura i confini del mero riordinamento e (anche se oggettivamente non intrinseco al grado giurisprudenziale di unistruzione, sia pur approvata speciali modo dal sommo pontefice) concepito idealmente e, v da credere, almeno nella mente degli estensori, anche fattivamente per rispondere per molti e molti anni a tutte le necessit della musica sacra senza addizioni e mutazioni di sorta. Gli avvenimenti ecclesiali che seguirono si sa vanificarono in breve tempo ogni ambizione del genere. Il valore dellIstr58 rimane cos strettamente circoscritto ai suoi contenuti e alla qualit della sintesi rispetto allobiettivo dichiarato nel passo citato della sua introduzione: chiarificazioni terminologiche, precisazioni di leggi generali, puntualizzazioni applicative a riguardo di differenti forme di musica liturgica, libri ufficiali di canto, uso degli strumenti musicali, persone quae in Musica sacra et sacra Liturgia praecipuas partes habent, promozione della musica sacra sul primo versante; riepilogo schematico e applicazione dei principi fondamentali di TLS e MSD a situazioni particolari e/o nuove, in vista di una pratica musicale diffusa e stabilizzata sia nei presupposti che nelle occasioni esecutive sullaltro e pi contingente versante. 0.2.5. I documenti conciliari Lo scenario cambia completamente con i documenti conciliari e post-conciliari: con la costituzione Sacrosanctum Concilium29, con listruzione Musicam Sacram30 e ultima in ordine di tempo ma non certo dimportanza con limplementazione della riforma liturgica tramite la rinnovazione dei rituali e la loro esplicazione teologico-liturgica mediata prima di tutto dai capitali praenotanda annessi a ogni nuovo libro liturgico. Un esame musicologico-liturgico di questi testi, per quanto sommario, esula ovviamente dai confini cronologici e metodologici di questo intervento31. Mentre rimando ai prossimi paragrafi per le segnalazioni di cui alla coda del precedente 0.1, mi limito pertanto a rilevare schematicamente (sempre sulla scorta di Joncas e Seasoltz) limpronta normativa di SC e MS:
Istr58, Introduzione (AAS L, p. 631). Dora innanzi: SC. Testo latino ufficiale AAS LVI (1964), pp. 97-138. 30 Dora innanzi: MS. Testo latino ufficiale in AAS LIX (1967), pp. 300-320. 31 Oltre che agli altri interventi di questo Convegno, mi permetto di rimandare, per una loro rapida scorsa dinsieme, al mio Musica e liturgia dalla Sacrosanctum Concilium al Repertorio Nazionale dei Canti Liturgici: per una rilettura musicologicoliturgica di documenti ufficiali e praenotanda, Rivista Liturgica, LXXXVI/2-3 (1999), pp. 173-198.
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SC: costituzione non formalmente dogmatica (come la Dei Verbum) n esplicitamente pastorale (come la Gaudium et spes); piuttosto a disciplinary conciliar decree (with the added dignity and significance of a more solemn constitution)32, com comprovato dalla compresenza dei registri linguistici teologico e giuridico e dallalternanza di principi di validit universale e di applicazioni ristrette al solo rito romano; MS: decreto esplicativo sulla base e in vista di situazioni particolari scaturite dalla riforma avviata da SC, per la quale provvede assiomi teorici di portata globale ed enunciati pratici di calibro limitato alla congiuntura provvisoria di allora33, che aveva gi tracciato i muri maestri del rinnovamento ma non aveva ancora cominciato a realizzarli nel concreto del culto e della vita. Per il nostro assunto, ci equivale ad affermare lequipollenza di SC a TLS quanto a sorgente fondativa di nuovo diritto liturgico, e di MS a Istr58 quanto a forza legislativa (nonostante MS manchi dellapprovazione papale speciali modo: in conseguenza tuttavia direi del suo carattere incoativo, opposto al carattere definitivo di Istr58, e non certo a causa della minor rilevanza delle questioni che essa passa in rassegna).
1. Principi
1.1. Terminologia e categorizzazioni Lassioma di base che regge il motu proprio di Pio X e, tramite esso, tutta la riflessione posteriore limpidamente espresso sin dal primo numero di TLS: La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale, che la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli34; ne scende, di conseguenza, che da condannare come abuso gravissimo, che nelle funzioni ecclesiastiche la liturgia apparisca secondaria e quasi a servizio della musica35. sintomatico, tuttavia, che la subordinazione della liturgia alla musica sia tacciata di abuso gravissimo soltanto nella settima parte dellistruzione, dedicata alla Ampiezza della musica liturgica: ossia in un contesto che concerne ormai pi la minuta prassi che i sommi capi della teoria.
32 FREDERICK R. MCMANUS, Liturgical Participation: An Ongoing Assessment, The Pastoral Press, Washington 1988 (American Essays in Liturgy, 10), p. 9, in JONCAS, From Sacred Song, p. 5. 33 [...] praesentem Instructionem [...] quae non universam quidem legislationem de musica sacra colligit, sed praecipuas tantum normas statuit, quae magis necessariae hac aetate videntur [...]: MS, n. 3 (AAS LIX, p. 300). 34 ASS XXXVI, p. 332. 35 TLS, n. 23 (ASS XXXVI, p. 338).
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TLS, a ben vedere, non concede infatti molto spazio a definizioni di principio, preferendo categorizzare piuttosto musica (e liturgia) per finalit e qualit. La musica sacra entra cos nel discorso ex abrupto come qualcosa che si d, come qualcosa che (giusta la storia e la tradizione) necessita non tanto di essere definita in astratto, quanto (semplicemente) di essere sceverata dalla musica profana, dalla musica non-sacra36. La sacralit della musica, in altri termini, per Pio X un a priori non meno della sacralit della liturgia; un a priori da assumere senza bisogno di (troppe) note previe: del tutto inutili a riguardo della liturgia che nel chirografo la cornice, il medium definitionis e non la res definienda ; da limitare allindispensabile la dichiarazione della dipendenza dalla liturgia a proposito della musica e dei suoi tratti (sacro-) pertinenti. In tal modo, il motu proprio connota sin dal principio il binomio musica sacra senza averlo mai veramente denotato; la denotazione primaria di esso, per cos dire, deve pertanto inferirsi dal complesso delle connotazioni qualitative e progettuali disseminate per lintera lunghezza del documento, Principi generali (capo I) compresi37. A precisare lampiezza e il senso del concetto di liturgia (in s e in relazione alla musica in essa inclusa) provvede gi Pio XI nei primi paragrafi della DCS38. Per uno sviluppo della nozione di musica sacra occorre invece attendere Pio XII e la MSD, nella quale il quadro liturgico di riferimento (come s gi anticipato) procede sulla linea inaugurata dalla Mediator Dei, mentre le argomentazioni che distinguono la musica sacra sono introdotte per gradi e restrizioni successive. Lenciclica prende infatti in considerazione dapprima lo status della musica senza aggettivi, non per sanzionarne questa volta la decadenza (diversamente dallavvio di TLS) ma per segnalarne natura ed effetti e per qualificarla in positivo come dono di Dio39; affronta quindi il rapporto musica/culto in una prospettiva ecclesiale, articolata secondo la scansione manualistica che dalla Sacra Scrittura muove verso la problematica attuale attraverso lesame della tradizione patristica prima ed ecclesiastica poi40 e che tiene buon conto (nonostante qualche inciampo) degli studi storici di allora, soprattutto in tema di canto gregoriano41; esamina infine i fondamenti della musica sacra a partire da una filosofia dellarte in
Si ricordi, al riguardo, lalterazione del gusto richiamata pi sopra (nota 7). Cfr., a riprova, lattacco del n. 2: La musica sacra deve per conseguenza possedere ... (corsivo mio). 38 DCS, Introduzione (AAS XXI, pp. 33-34). 39 MSD, n. [2] (AAS XXXXVIII, p. 6). 40 Cfr. rispettivamente i nn. [3], [4] e [5-7] (AAS XXXXVIII, pp. 6-9). 41 Lenciclica non entra ovviamente nel merito del dibattito, allora assai vivo, circa lorigine del canto proprio della chiesa latina e che opponeva BRUNO STBLEIN, Zur Frhgeschichte des rmisches Choral, in Atti del Congresso internazionale di musica
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genere e dellarte religiosa in specie42, entro la quale la musica diviene sacra a titolo assolutamente peculiare in quanto posta in essere ogni volta nel corso e per il solo fine di un evento liturgico in atto un modo di porre la questione sul quale sar giocoforza ritornare43 ma che (val la pena sottolineare sin dora) sar fatto proprio (seppur implicitamente) da SC e sulla base del quale la riflessione posteriore giunger a definire altrimenti il concetto stesso di musica sacra. Gi entro i confini tradizionali di questo, tuttavia, Pio XII procede a ufficializzare distinzioni che non sappoggiano pi (solamente) alle finalit e alle qualit della musica sacra, ma che discendono (anche44) dalla considerazione immediata del connubio musica/liturgia. il caso, soprattutto, della bipartizione di massima della musica sacra in musica liturgica e musica religiosa (comprendente, questultima, anche la musica sacra popolare, ossia tutta la musica su testo non latino)45: una bipartizione capitale in teoria come in pratica di cui il rinnovamento post-conciliare moduler diversamente i contenuti, ma di cui pure terr sostanzialmente fermi esigenza e presupposti. Nessuna novit di principio, infine comera del resto logico attendersi in un documento dichiaratamente applicativo in Istr58, che dimostra piuttosto un certo qual pragmatismo, sia linguistico che fattuale. La locuzione musica sacra, fin qui riservata alla musica vocale, infatti applicata per estensione prout e contextu facile eruitur46 anche alla musica strumentale, mentre i dettagli prescrittivi offrono a tutti i riti della chiesa latina47 un ventaglio di soluzioni (di tono pi esaustivo che esemplificativo, in verit) per la
sacra organizzato dal Pontificio istituto di musica sacra e dalla Commissione di musica sacra per l'Anno santo (Roma, 25-30 maggio 1950), a cura di Igino Angls, Tournai, Descle & Cie, 1952, pp. 271-275 (sostenitore della teoria di Andoyer per la quale il canto gregoriano altro non sarebbe che il risultato di uningegnosa riformulazione delle melodie del cosiddetto vecchio romano il canto in uso nelle chiese dellUrbe al tempo Gregorio magno avvenuta sotto il pontificato di papa Vitaliano, e dunque tra il 657 e il 672) a HELMUT HUCKE, Die Entwicklung des christliches Kultgesang zum gregorianischen Gesang, Rmische Quartalschrift, 48 (1953), pp. 147-194 (propugnatore invece della nuova tesi oggi corrente nella maggior parte della musicologia per la quale la tradizione gregoriana nel senso attuale del termine prese avvio in terra franca e in epoca carolingia in conseguenza dellincontro/scontro tra i repertori liturgico-musicali romano e gallicano); non sembra tuttavia neppure ignara della questione, nonostante laggettivazione (per lo meno incauta) di simplices nempe atque ingenuae (pur se in suo genere perfectissimae) con la quale proprio quelle melodie sono qualificate al n. 6 (AAS XXXXVIII, p. 8). 42 MSD, nn. [8-18] (AAS XXXXVIII, pp. 9-13). 43 Cfr. infra, 2.1. 44 Anche, e non altrettanto solamente, giacch nella MSD non ovviamente ancora attiva la categoria musicologico-liturgica post-conciliare della pertinenza rituale. 45 Cfr. MSD, nn. [15], [16] e [17] rispettivamente (AAS XXXXVIII, pp. 13-14). 46 Istr58, n. 11 (AAS L, p. 634). 47 Ibidem.
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disciplina (1) delle modalit della partecipazione rituale (nn. 24 e seguenti: , in radice, il criterio della solennizzazione progressiva che MS applicher al canto assembleare48), (2) della tipologia dei gradi celebrativi49 e (3) del decoro della prassi esecutiva50. Proprio la pignola acribia rubricale che oppone quasi polarmente messa letta a messa cantata, daltro canto, innesca un circolo ermeneutico potenzialmente in grado di minare alle fondamenta la solidit delledificio che listruzione vorrebbe invece rafforzato in sempiterno: se in linea di principio i documenti in esame proclamano lassoluta ancillarit della musica alla liturgia ai cui tempi e ritmi larte ha da essere ordinata e subordinata , in punta di fatto non si pu non rilevare come sia allopposto la musica a regolare i flussi cerimoniali, a determinare il rango delle celebrazioni (messa letta vs messa cantata) e a graduare con criteri in genere meramente quantitativi, secondo la nota equazione pi solennit, pi musica la solennit interna al rango (una solennit estrinseca, tuttavia, giuridicamente determinata, com quella che distingue la messa cantata dalla messa solenne). Col che, in definitiva, si pone a piedistallo teorico del sistema precisamente ci che la pratica corrente delle cerimonie sincarica quotidianamente di smentire proprio in ossequio alle rubriche che normano la prassi in conformit alla teoria. Paradossalmente, la dipendenza concettuale della musica dalla liturgia, allorquando coniugata al rubricismo intangibile del ritus servandus, enfatizza alleccesso la soggezione fattuale della liturgia alla musica unaporia che intrinseca al modo, e non ai termini della questione, come avvertirono i redattori di SC: che non a caso a questo riguardo (e pressoch a questo solo51) abbandonarono la fraseologia della tradizione in favore di espressioni pi confacenti ai nuovi corsi teologico-liturgici. 1.2. Evoluzione del lessico Si appena accennato alle difficolt insite nella terminologia con la quale i documenti che stiamo esaminando tentano di precisare natura e portata delle connessioni musica/liturgia: difficolt che persistono (e in certo modo, anzi, saggravano nelle disposizioni pi regolamentari) oltre i diversi orientamenti di pensiero di cui al precedente paragrafo.
AAS L, pp. 639-653. Cfr. MS, nn. 7, 16 e 29-31 (AAS LIX, pp. 302, 305 e 308-309) e i commenti ad locos di FELICE RAINOLDI, Per cantare la nostra fede. LIstruzione Musicam Sacram. Memoria e verifica nel XXV di promulgazione, ElleDiCi, Leumann 1993 (Celebrare Proposte, 11). 49 Istr58, n. 3 (AAS L, p. 633). 50 Cfr. i nn. 17 e 18 (AAS L, pp. 636-637), formulanti suggerimenti di assoluto buon senso. 51 Cfr. sotto, 1.2, e lintervento di mons. Crispino Valenziano in questo stesso volume.
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Tale terminologia, a onor del vero, non per immobile e irreformabile, ma configura nella sua stessa evoluzione lessicale un affinamento progressivo della forma dellespressione che si muove di pari passo con la maturazione della sostanza del contenuto. Una maturazione, direi, che si svolge non ad extra bens ad intra del concetto di musica sacra che modifica cio i singoli connotati della questione ma che ne lascia problematicamente intatta, nel contempo, la fisionomia complessiva, come vedremo nel seguente 1.3. Una maturazione, daltra parte, che regge le sorti dellintero meccanismo dei singoli documenti e di cui conviene perci analizzare le tappe pi significative pre- e post-conciliari. La progressione verbale nota: la musica stimata umile ancella della liturgia da Pio X (TLS, n. 2352); quasi nobilissima ancilla del culto divino da Pio XI (DCS, Introduzione)53; sacrae liturgiae quasi administra da Pio XII54 ed infine accreditata con significativo cambio di registro semantico di un proprio munus ministeriale in dominico servitio dal Concilio Vaticano II55. Quel che sembra essere stato posto in minor risalto, finora, invece il fatto che la nobilitazione dellarte musicale, se cos possiamo dire, non discende per nulla dallapprezzamento della musica in s (un dato che pure volge sempre pi al positivo con il trascorrere dei documenti, come abbiamo visto), ma consegue direttamente la sempre pi esplicita definizione della connaturalit di essa con la liturgia. Una lettura comparata dei contesti magisteriali da cui provengono le formule in progressione al riguardo di solare chiarezza: la musica considerata in maniera tanto pi alta pur rimanendo essenzialmente se stessa quanto pi consistente lenunciazione del suo intimo legame con la liturgia; ovvero (detto altrimenti): quanto pi forte la coscienza della dimensione funzionale della musica nei riguardi della liturgia (laddove funzionale non ovviamente sinonimo di servile) e quanto meno tale funzionalit adibita a indicatore giuridico di gerarchie rituali predefinite , tanto pi il ruolo della musica qualificato. Ci particolarmente evidente nei testi conciliari: i quali, proprio mentre affermano lassoluta ancillarit della musica alla liturgia fino al punto da condensare nella categoria della liturgicit tutte le note distintive della vera musica sacra , rinunciano deli-
ASS XXXVI, p. 338. AAS XXI, p. 35. Si noti che nella costituzione la qualifica non esclusiva della musica, ma condivisa in solido con tutte le artes che hanno parte nel culto pubblico della Chiesa. 54 MSD, n. [13: indebolita per nella traduzione italiana]: AAS XXXXVIII, p. 12. 55 SC, n. 112 (AAS LVI, p. 128).
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beratamente56 alla terminologia che quella ancillarit aveva per decenni veicolato ed espresso, preferendo sottolineare la pars construens della relazione a servizio del Signore. Non questa certamente la sede per discorrere di tutte le implicazioni musicologico-liturgiche dei nuovi usi introdotti dal Concilio57. Non si pu non rimarcare, tuttavia, come per la prima volta in un documento solenne della Chiesa universale lintersezione di musica e liturgia non sottintenda alcun tipo di dualismo o di conflittualit, ma presupponga anzi e insieme promuova un ideale di reciproca integrazione fondato sul riconoscimento del contributo specifico (e insostituibile58) che il linguaggio musicale apporta allatto liturgico in fieri. Il campo semantico del sostantivo munus, infatti, contempla i significati di funzione, ufficio, dono, manifestazione visibile (di qualcosa) e finanche di spettacolo59; con questo surplus di senso, il nesso musica liturgica pu dunque intendersi come modo despressione dotato di una propria autonoma valenza di un proprio statuto semiotico , capace di farsi carico, intrasistemicamente, di sostanze contenutistiche che pure le sono estrinseche, in quanto arte, per interagire attivamente con altri modi espressivi e dar cos vita a un ipercodice simbolico il cui potenziale espressivo e impressivo risulti, alla fine, maggiore della somma dei potenziali espressivi e impressivi dei singoli sistemi che lo compongono.
1.3. Per unermeneutica del binomio musica sacra Tutta levoluzione di cui sopra (salvo gli sviluppi del post-concilio, conseguenti per il complesso della riforma e non soltanto la lettera di SC VI e di MS) ha luogo, come s detto, entro il concetto
Lappellativo munus ministeriale compare per la prima volta nello schema approntato dalla segreteria della Commissione Liturgica (una delle dieci alle quali era stata affidata la preparazione del concilio), variando le formulazioni della commissione antipreparatoria presieduta da Igini Angls: cfr. ECKHARD JASCHINSKY, Musica Sacra oder Musik im Gottesdienst? Die Entstehung der Aussagen ber die Kirchenmusik in der Liturgiekonstitution Sacrosanctum Concilium (1963) und bis zur Instruktion Musicam Sacram (1967), Pustet, Regensburg 1990 (Studien zur Pastoralliturgie, 8) p. 316; Terminus ancilla sec. votum card. Barros et ep. Kempf evitatur tamquam falsae interpretationi obnoxius: ibidem, p. 331 (Emendationes forsitan proponendae earumque rationes). 57 Si pu vedere, al riguardo, il sempre attuale HELMUT HUCKE, Il munus ministeriale della musica nel culto cristiano, in La musica nel rinnovamento liturgico. Atti della settimana internazionale di musica sacra, Friburgo 1965, ElleDiCi, Torino-Leumann 1966 (Liturgia e cultura, 2), pp. 45-64 (poi anche in Rivista Liturgica, 52 [1965], pp. 442-456). 58 Cfr. EUGENIO COSTA, Indispensabile? Insostituibile? Sul ruolo della musica nellazione liturgica, in Strumenti musicali per la liturgia, ElleDiCi, Leumann 1982 (Musica Liturgia Cultura, 4), pp. 6-14. 59 Oxford Latin Dictionary, Clarendon Press, Oxford 1968, p. 1146.
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di musica sacra, le cui coordinate di fondo non vengono mai messe realmente in discussione. Sostantivo e aggettivo sono considerati alla stregua di un sintagma nucleare, senza alcun tentativo di accertarne linterna forza coesiva. In verit, unaccettazione aprioristica di tal fatta abituale anche nel linguaggio comune e nel linguaggio musicologico corrente, intendendo con musica sacra il primo ogni musica (vocale, ma facilmente anche organistica) che ha a che fare con la chiesa, il secondo ogni opera musicale su testo genericamente religioso (laddove religioso poi sinonimo allanglosassone di non-secular o, pi lassamente ancora, di composto su testo latino). Sotto la scorza dellabitudine, tuttavia, il binomio non esente da complicanze ermeneutiche e sincroniche e diacroniche. Dal punto di vista sistematico, infatti, occorrerebbe quanto meno chiarire ogni volta che significato sintende attribuire alluno e allaltro termine (canto o musica strumentale?; musica per il culto pubblico o per la devozione privata?, ad esempio), ancor prima che alla loro combinazione, mentre dal punto di vista storico del tutto indispensabile domandarsi se alla persistenza dei significanti corrisponda sempre altrettanta continuit di significati ch non lecito, in simili frangenti, presumere senza alcun onere di verifica che lassegnazione della nota di tradizionalit al sintagma musica sacra rispecchi gli usi tradizionali con i quali la Chiesa ha per secoli (e non solo a partire dal diciannovesimo) compreso e formalizzato il proprio rapporto con lars musica. Di nuovo, non si pretende desser qui esaustivi sullargomento. Basti notare, pertanto, come il respiro (il sensus receptus) del binomio musica sacra sia alquanto corto e recente: tanto, che JeanYves Hameline ha potuto intitolare un suo recentissimo saggio musicologicamente ineccepibile Linvention de la musique sacre60. Fino allOttocento, difatti (riprendo evidentemente i fuochi dellesposizione del collega francese), il ricorso allaccoppiata verbale musica sacra pressoch assente o confinato a sporadici usi personali, preferendo gli autori valersi del nesso cantus sacer: il qual cantus ha per unaccezione pi ristretta di musica, identificandosi quasi in toto con quelle forme musicali che fanno corpo con il cerimoniale61 (recitativi liturgici, canti dei propria e degli ordinaria se e quando proferiti dai ministri deputati, ecc.). solamente allorquando la carica semantica di cantus si degrada, fino a divenire marginale entro i terreni battuti dalla musica, che prende vigore e senso tecnico il binomio in oggetto62, divenendo poi duso comune, grosso modo, verso la met del secolo.
La Maison-Dieu, 233 (2003), pp. 103-135. HAMELINE, Linvention de la musique sacre, p. 111. 62 Sulla scia (retrospettiva) del De canto et musica sacra di Martin Gerbert (1774), su cui aveva gia puntato lattenzione GINO STEFANI, Il mito della musica sacra: origini e ideologia, Nuova Rivista Musicale Italiana, X/1 (1976), pp. 23-40.
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Lidea di una musica sacra si fonda cos e si consolida in ambito, su premesse e tramite categorie culturali di pretto sapore romantico. Di pi: diviene concetto usitato, ancor prima che dentro la Chiesa, la sua teologia e la sua prassi, al di fuori di essa, nelle pagine dei filosofi e degli scrittori darea tedesca e nordica in genere63. Se ne deduce, significativamente, che la nascita e lo svezzamento della nozione di musica sacra sono avvenuti, per la pi parte, senza il contributo della Chiesa. Lorigine del concetto secolare, per non dire secolarizzante64, e designa, nel suo momento sorgivo, una musica dambientazione deista, che ha valore in se stessa, indipendentemente da qualsiasi eventuale destinazione cultuale; una musica, di conseguenza, i cui riferimenti ideali sono pi la filosofia della religione e lideologia dellarte che la teologia del mistero cristiano e della sua celebrazione65. a questo punto del processo evolutivo evoluzione di lemmi non meno che di sensi che la formula musica sacra assunta dal magistero. Le tassonomie successive, dai regolamenti curiali a TLS a SC, non sono perci scevre di inconvenienti, giacch affondano le radici in un lessico e in una rete di interpretanti che sono spesso disomogenei rispetto alloggetto dinteresse ecclesiale. E tutto questo, si badi, senza entrare nel merito del se e del come esista o possa esistere una sacralit musicalmente originaria e/o una sacralit immanente alle strutture grammaticali o formali del linguaggio musicale, che questione totalmente altra rispetto a quanto s andato finora osservando e nella quale non (per ora) il caso dinoltrarsi66. Con tutto ci, anche i pochi rilievi sin qui allineati sono sufficienti credo per invitare quanto meno alla cautela nellutilizzo e nellinterpretazione diacronica e sincronica della locuzione musica sacra, malgrado le abitudini ufficiali continuino ad adoperarla in maniera palesemente a-problematica: non solo in SC (e in MS), comera facile prevedere, ma anche nei testi e nelle prescrizioni posteriori, fino alle pi recenti67; sono bastevoli, inoltre, per augurarsi e salutare con particolare favore ogni sforzo di chiarificazione teoretica in materia almeno su due versanti: 1. sul versante genericamente teologico, onde enucleare i possibili capisaldi di una teologia della musica che a) non si esaurisca nellermeneutica della musica sacra, e che
HAMELINE, Linvention de la musique sacre, pp. 118-122. HAMELINE, Linvention de la musique sacre, p. 127. 65 Ibidem. 66 Cfr. sotto, 3.2.1. 67 Vedi il chirografo commemorativo di TLS firmato da Giovanni Paolo II in data 3 dicembre 2003 (consultabile anche in rete allindirizzo: http://www.vatican.va/holy_ father/john_paul_ii/letters/2003/documents/hf_jp-ii_let_20031203_musica-acra_it.html [accesso del 5 dicembre 2003]).
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b) non muova (come buona parte degli studi attuali68) unicamente o prevalentemente da premesse filosofiche romantiche o idealistiche; 2. sul versante pi propriamente teologico-liturgico, onde illustrare con sempre maggior pertinenza i lineamenti di una musica liturgica che a) valorizzi effettivamente (per dirla con Nattiez) non solo il livello poietico, ma anche il livello estesico dei fenomeni inerenti la dinamica celebrativa, e che b) non pretenda desaurire in s tutte le pensabili correlazioni tra musica ed ecclesia orans.
2. Finalit
2.1. Fondamenti pre-conciliari Trascorrendo dai principi ai fini, i testi in esame rivelano assai meno reticenze ad articolare categorie di genere e di specie e a stabilire relazioni inter- e intra-disciplinari; un loro sguardo dinsieme rivela inoltre la continuit di una tradizione diversamente declinata nelle argomentazioni ma sostanzialmente univoca nelle convinzioni, che il Concilio amplier senza omissioni di rilievo. Fin dallavvio di TLS, infatti, gli scopi e le funzioni della musica sacra sono dichiarati equiva-lenti69 agli obiettivi anaforici e catabatici della liturgia, che consistono nella glorificazione di Dio (dimensione ascendente) e nella santificazione70 dei fedeli (dimensione discendente). I singoli termini sono suscettibili di pi duninterpretazione, come insegnano i biblisti71, essendo ciascuno di essi polisemico sia nella Sacra Scrittura sia nella Tradizione la a dei LXX, ad esempio, condensa in uno il significato di una trentina di vocaboli ebraici, e della santificazione si pu sottolineare sia laspetto di oo che laspetto di o, a seconda che si voglia respirare con il polmone orientale o con il polmone occidentale
68 Penso soprattutto, in Italia, alle ricerche di Pierangelo Sequeri, del quale vedi almeno i saggi Il teologico e il musicale, Teologia, 10 (1985), pp. 307-338 e Una teologia del sacro in musica, Rivista Liturgica, LXXIV (1987), pp. 453-466. 69 La musica sacra, come parte integrante della solenne liturgia, ne partecipa il fine generale: TLS, n. 1 (ASS XXXVI, p. 332). 70 Pio X scrive in realt santificazione ed edificazione dei fedeli; tutte le riprese successive tralasciano per lultimo aspetto (forse because of the negative connotations and class overtones that the term had acquired in vernacular languages: JONCAS, From Sacred Song, p. 33). 71 Cfr. le voci o e a in Grande Lessico del Nuovo Testamento, fondato da Gerhard Kittel, continuato da Gerhard Friedrich; edizione italiana a cura di Felice Montagnini, Giuseppe Scarpat e Omero Soffritti, Paideia, Brescia (ed. or. Theologisches Wrterbuch zum Neuen Testament, 1933-), vol. II (1966), coll. 12361289 e 1348-1398.
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della tradizione teologica72 ; la loro combinazione, nel nostro contesto, tuttavia inequivoca, e ribadisce in tutta chiarezza che liturgia e (tramite questa) musica sacra afferiscono a pieno titolo alleconomia della salvezza, favorendo ciascuna per la propria parte la trasformazione degli uomini per mezzo della grazia, cos che ciascuno riconosca e abbia parte nel piano di ricapitolazione di tutte le cose in Cristo che Dio attua per mezzo dello Spirito73. Lunit profonda di anabasi e catabasi che contraddistingue la liturgia trova quindi corrispondenza, secondo Pio X, nei due atteggiamenti complementari con cui la musica si relaziona al rito:
Essa concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e siccome suo officio principale di rivestire con acconcia melodia il testo liturgico che viene proposto allintelligenza dei fedeli, cos il suo proprio fine di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinch i fedeli con tale mezzo siano pi facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in s i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri74.
Laccrescimento del decoro e dello splendore cerimoniale struttura la dimensione ascendente, evidenziando come la bellezza dellazione cultuale non sia riflessiva, non illumini gli attori che la pongono in essere, ma esprima piuttosto la verit dellesperienza religiosa che (la) racchiude e/o della visione teologale che essa proclama. Il surplus defficacia che la musica aggiunge ai testi liturgici, invece, appartiene allarea catabatica, e denuncia lindole principalmente conativo-impressiva (e non referenziale-poetica) che caratterizza la musica (vocale75) cultuale. Quanto affermato sinteticamente da Pio X ribadito e motivato con assai maggior ampiezza di ragionamento dalla MSD di Pio XII, che inserisce il discorso sulle finalit della musica sacra, come s gi avuto modo di accennare, nel contesto di unarticolata teoria generale dellarte che possiamo riassumere76 a partire dallaffermazione primordiale che lega il significato della musica (e dellarte) sacra non primieramente alla liturgia ma al fine ultimo della vita
JONCAS, From Sacred Song, p. 33. JONCAS, From Sacred Song, p. 34. Pio XI riafferma la medesima convinzione asserendo che il suo predecessore Pio X, con la pubblicazione di TLS sibi proposuit ut [...] christianum spiritum in populis excitaret et aleret: DCS, Introduzione (AAS XXI, p. 35). 74 TLS, n. 1 (ASS XXXVI, p. 332). 75 A questo stadio della normativa magisteriale non v infatti nulla che dia conto fondativo di eventuali interventi puramente strumentali entro una qualsiasi azione liturgica (cfr. JONCAS, From Sacred Song, p. 34): una situazione che perdurer sino ai nn. 8 e 80 di Istr58 (ASS L, pp. 633 e 654), i quali provvederanno motivazioni di senso tuttavia ancora marginali e derivate. 76 Sulla base anche di JONCAS, From Sacred Song, pp. 35-37.
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umana77. Questa, infatti, ha uno scopo non autogenerato n dominato da forze sub- o trans-umane, ma metafisico e soprannaturale: la libera e completa unione damore con il Dio che ha creato luomo e la donna a sua immagine e somiglianza. Larte sostiene quindi Pio XII pu con i propri mezzi e linguaggi favorire o pregiudicare tale unione; non pu perci n esser giudicata unicamente per se stessa, n esser ritenuta mera espressione vitale/psichica dellartista o dello Zeitgeist. In questottica, il discorso sullarte religiosa procede naturalmente a fortiori: essa non solo condivide le finalit dellarte in genere, ma (e non pu che essere) esplicitamente attenta alla bont, bellezza e verit di Dio, fine ultimo delluomo. Entro larte religiosa, infine, la musica sacra (con testo) occupa una posizione unica e privilegiata, dal momento che talvolta il rito si compie per mezzo di essa, e in ogni caso essa si colloca nella cornice di una cerimonia liturgica in atto, durante la quale si attivano le note distintive codificate dal motu proprio: il cui recupero e la cui citazione quasi letterale, a questo stadio del percorso logico-argomentativo di MSD, fanno lievitare il senso delle formulazioni originali al punto da promuovere per cos dire a evidenza di teorema quel che fino ad allora era stato trdito con lassiomaticit del postulato. La progressione di pensiero tale, anzi, che lenciclica, per la prima volta, affianca allesposizione dei fini complessivi della musica sacra la declinazione di compiti peculiari ad alcuni settori della composizione sacro-musicale: il canto gregoriano, la polifonia classica (che ad divini cultus magnificentiam et ad animos christifidelium piis affectibus commovendos insigniter iuvare po[test]78) e soprattutto i canti religiosi popolari, i quali, nelle azioni liturgiche celebrate in forma non solenne
mirum in modum iuvare possunt, ut christifideles Sancto Sacrificio non tantum ut muti et quasi inertes spectatores assistant, sed sacram actionem mente et voce comitantes suam pietatem cum sacerdotis precibus coniungant, dommodo cantus illi singulis Sacrificii partibus recte aptentur, ut in multis orbis catholici regionibus iam fieri magno cum gaudio novimus79;
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sacras imagines, parique modo in religiosis sive unius, sive omnium nationum celebrandis Congressibus. Ea autem potissimum utilia esse potuerunt cum de pueris et puellis agitur ad veritatem catholicam informandis, itemque de iuventutis consociationibus et de piarum sodalitatum conventibus [...]80
Con la qual utopica speranza il quadro delle finalit della musica sacra definito fino al Concilio e oltre, salvo le precisazioni di Istr58 in merito al concetto e alle modalit della partecipazione dei fedeli alla liturgia. Se infatti il n. 23 dellistruzione82 riecheggia e conferma i documenti precedenti, il n. 22 introduce, sulla scia della Mediator Dei, una categorizzazione dei fini della musica sacra in relazione ai diversi gradi partecipativi connessi ai diversi ranghi rubricali delle celebrazioni eucaristiche. Non metto conto esaminare le gradazioni cerimoniali, le cui contraddizioni musico-liturgiche abbiamo gi sottolineato in 1.1; rimarco invece, almeno per sommi capi83, come, con il passar del tempo, lidea di partecipazione (attiva) subisca un notevole slittamento semantico, seppur dissimulato (al solito) dallincessante reiterazione dei medesimi termini. Nel motu proprio, infatti, essendo assente una visione teologica della liturgia e impensabile il progetto di una riforma generale dei riti84, partecipazione attiva ha il senso generico di prima e indispensabile fonte del vero spirito cristiano85 ossia si riduce (per usare nuovamente della prosa di Felice Rainoldi) allespediente di trovate pedagogico-didattiche, per rendere la ritualit fossile un po meno arcaica e per
MSD, n. [33] (AAS XXXXVIII, p. 21). Ibidem. 82 AAS L, p. 639. 83 Per una pi ampia trattazione dellargomento cfr. MCMANUS, Liturgical Participation, cit. in nota 32. 84 RAINOLDI, Traditio, p. 543, nota 7. 85 Cfr. TLS, Introduzione: Essendo [] Nostro vivissimo desiderio che il vero spirito cristiano rifiorisca per ogni modo e si mantenga nei fedeli tutti, necessario provvedere prima di ogni altra cosa alla santit e dignit del tempio, dove appunto i fedeli si radunano per attingere tale spirito dalla sua prima ed indispensabile fonte, che la partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa (ASS XXXVI, p. 331).
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farla apparire un po meno arcana86. In Istr58 non ricorrendo il termine n nella DCS n nella MSD la participatio actuosa acquisisce s (come s detto) il retroterra teologico-liturgico della Mediator Dei, ma (come si vedr) ne risolve ancora il senso in un circuito didascalico e clericalmente graduato87. dunque soltanto con il Concilio che listanza di partecipazione attiva [...] assunta come criterio desunto, consequenzialmente, dalla affermazione dellindole dialogale della liturgia attuatrice del Dialogo salvifico tra Dio e il suo Popolo ed implicante lattivazione del sacerdozio regale dei battezzati restando lontana, beninteso, sia dallattivismo sia dalla manipolazione rituale88.
2.2. Complementi (post-)conciliari La mutazione dei significati entro il permanere dei significanti di cui abbiamo appena disegnato i contorni invita a saggiare le (eventuali) riformulazioni post-conciliari. Mi limito a due passi, rimandando per pi ampi e generalizzati commenti ai diversi scritti sullargomento di Felice Rainoldi89. SC 112 ribadisce infatti (riprendendo la nota anaforica di TLS) che scopo della musica sacra strettamente unita allazione liturgica il potenziamento della solennit dei riti sacri (ritus sacros maiore locupletans sollemnitate), ma specifica anche che essa, quando correttamente integrata nella liturgia, pu e deve (a) dar sapore alla preghiera (orationem suavius exprimens) e (b) favorire lunanimit (unanimitatem fovens: ove unanimitas non ha naturalmente alcun connotato sociologico, ma va intesa nel senso etimologico di unum animum habere, unum sentire). La nota (a) prende atto del potenziale espressivo e impressivo della musica in rapporto alla preghiera90, e suppone unermeutica che escluda decodificazioni psicologizzanti ch la sapidit dellorare in cantu non ammette fumose derive sentimentali, ma attinge alle profondit dei meccanismi semiotici del linguaggio musicale91 ; la nota (b), al contrario, nuova, e mette in risalto la spinta
RAINOLDI, Traditio, p. 543, nota 7. Cfr. Istr58, n. 22b e 22d (AAS L, pp. 638-639). 88 Citazioni da RAINOLDI, Traditio, pp. 543-544. 89 Per un commento al cap. VI di SC, cfr. Traditio, pp. 560-565; per una rilettura complessiva di MS vedi invece Per cantare la nostra fede (cit. in nota 48). 90 RAINOLDI, Traditio, p. 563. 91 Tra la vasta bibliografia in materia, cfr. almeno GINO STEFANI, Introduzione alla semiotica della musica, Sellerio, Palermo 1976; JEAN-JACQUES NATTIEZ, Dalla semiologia alla musica, Sellerio, Palermo 1990 (ed. or. De la smiologie la musique, 1988); RAYMOND MONELLE, Linguistics and Semiotics in Music, Harwood Academic Publishers, Chur [CH] 1992 (Contemporary Music Studies, 5); EERO TARASTI, A Theory of Musical Semiotics, Indiana University Press, Bloomington and Indianapolis 1994 (Advanced in Semiotics).
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comunionale della musica nella liturgia, circoscrivendone una funzione orizzontale che consegue le dimensioni ascendenti e discendenti sopra descritte e che sinnesca solamente se e quando queste sono attive: giacch (teologicamente) ovvio che si uniti soltanto se si partecipa dellunico Spirito, e che il fine proprio della musica sacra non si raggiunge con il mero accostamento di liturgia e musica, bens in maniera proporzionale allesercizio del munus che la impegna nel servizio del rito92. Oltre la soglia del Concilio, infine, MS, rileggendo la tradizione alla luce di SC, ordina le possibili connessioni musica/liturgia lungo cinque assi, corrispondenti ad altrettante funzioni93: 1. decorativa: il livello minimale con il quale lazione rituale, al pari dogni altro evento, pu essere impreziosito dallaggiunta di elementi sonori non intrinsecamente strutturali; 2. dichiarativa del carattere gerarchico della liturgia, in riguardo sia alle persone (di cui la musica pu contribuire a distinguere i differenti ruoli ministeriali ordinati e non e a evidenziarne nel contempo la dialogicit), sia agli ingredienti rituali (esaltati nelle loro peculiarit costitutive e costruttive dallalternanza canto/recitazione e dalle diverse modalit di intonazione e/o di esecuzione); 3. comunionale, per quanto appena rilevato a proposito di SC 112, e in ogni caso per le propriet intrinseche della musica come linguaggio94, e non limitatamente a generi o forme privilegiate (qual era, ad esempio, il gregoriano nelle proposte del motu proprio); 4. trascendentale, poich mentes per rerum sacrarum splendorem ad superna facilius extolluntur (una citazione in cui si noti il passivo biblico, che attribuisce la trasformazione allagente sottinteso rovesciando la prospettiva preconciliare per cui era la musica, dal basso, a glorificare Dio); 5. simbolicamente anticipatrice dellscaton nella comunione dei santi: per cui anche la musica e il canto contribuiscono in proprio a inverare quella propriet per la quale in terrena Liturgia caelestem illam praegustando participamus, quae in sancta civitate Ierusalem, ad quam peregrini tendimus, celebratur95 (e una comunione, incidentalmente, nella quale e per la la quale diveniamo contemporanei e conterranei della musica di tutti i tempi e di tutti i luoghi e che, secondo Michael Joncas, sarebbe distrutta proprio nella sua valenza simbolica se ci avvalessimo unicamente di unexclusive diet of contemporary worship music96).
RAINOLDI, Traditio, p. 563. Cfr. MS, n. 5 (AAS LIX, p. 301) e JONCAS, From Sacred Song, pp. 40-41. 94 Cfr. ELIZABETH THEOBALD, The analysis of Roman Catholic church music to show the spiritual communication and socialization potentials of the song in Proceedings of the Third triennial ESCOM Conference, ed. by Alf Gabrielsson, Uppsala University Press, Uppsala 1997, pp. 382-385. 95 SC, n. 8 (AAS LVI, p. 101). 96 JONCAS, From Sacred Song, p. 42.
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3. Qualit
3.1. Contrassegni del motu proprio Il fatto che liturgia e musica sacra partecipino dei medesimi intendimenti essenziali, per Pio X, implica necessariamente che esse debbano condividere anche le medesime qualit irrinunciabili: identificate, come tutti sanno, nelle tre marche della santit, dellarte vera e bont delle forme e della universalit97. La natura insieme propositiva e giuridica del motu proprio fece s che divenisse normativa non solo la confluenza ideale di musica e liturgia, ma anche la semantica dei tratti pertinenti ivi proposti: con il risultato di assistere, nei documenti seriori, allusuale, insistente riproposizione terminologica sotto la quale possono tuttavia celarsi rifocalizzazioni e ridefinizioni di non piccolo momento, spesso introdotte senza alcun preavviso o senza alcun (apparente) intento dinnovazione extra-pana. Unanalisi del secondo numero di TLS quindi simpone, sia per non attribuire a papa Sarto ci che estraneo al suo pensiero, sia per dar risalto agli arricchimenti e/o alle diverse connotazioni che, diacronicamente, hanno interessato la terna categoriale. Di ciascuna marca esamineremo perci rapidamente dapprima il senso entro il cerchio del motu proprio ed entro le riprese letterali ma gi in evoluzione della MSD, e ne sonderemo poi il possibile significato per loggi tramite le allusioni o i rimandi retrospettivi del postconcilio. Prima di inoltrarci nel vivo nellanalisi per doveroso segnalare come la fondazione delle qualit di ogni musica sacra sia riqualificata, in verit, gi nel passaggio da TLS a MSD. Se infatti per Pio X (come s appena detto) santit, bont delle forme e universalit sono qualit proprie della liturgia applicate alla musica senza alcuno sforzo di traslazione semiotica98, per Pio XII esse si impiantano remotamente nellessere la musica tout court dono di Dio99, e prossimamente in quella che simpone come la vera e propria Urqualitt della musica sacra: la sua prossimit alla (e non, se cos posso dire, il suo snervamento nella) liturgia, specialmente alla massima espressione di questa, il sacrificio eucaristico100. Una Urqualitt, facile constatare, a partire dalla quale (e non dalla
97 La musica sacra deve per conseguenza possedere nel grado migliore le qualit che sono proprie della liturgia, e precisamente la santit e la bont delle forme, onde sorge spontaneo laltro suo carattere, che luniversalit: TLS, n. 2 (ASS XXXVI, p. 332). 98 Si provi, per convincersene, a sostituire per esempio arte figurativa ad arte dei suoni nel seguito di TLS 2, e si vedr come limpianto del discorso non ne risulti minimamente scalfito: il che significa che le note caratteristiche della musica sacra non si impiantano su alcuno specifico musicale (o, detto altrimenti, che siamo effettivamente in presenza della sacralit drive di cui alla p. 111 del saggio di Jean-Yves Hameline citato in nota 60). 99 Cfr. sopra, 1.1. 100 Cfr. MSD, n. [20] (AAS XXXXVIII, p. 15).
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polla del motu proprio) SC e tutta la riflessione post-conciliare muoveranno per definire la caratteristica della musica sacra (che tanto sanctior erit quanto arctius cum actione liturgica connectetur101) intorno a cui ricomprendere e riespriemere ogni altra qualit e prerogativa.
3.2. Analisi 3.2.1. Santit La nota della santit, nel dettato apoftegmatico di TLS, bifronte, e abbraccia sia lontologia che la prassi:
[La musica sacra] Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanit, non solo in se medesima, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori102.
Non per categoria biblica o fenomenologica, ma semplice richiesta di antitesi al profano, al secolare, al mondano103; non possiede connotati propri, ma funzione della compartecipazione della musica alla purit e alla bellezza dei testi rituali e delle cerimonie; postula, infine, e coinvolge le propriet di uno stile musicale determinato e determinabile nelle ascendenze storiche cos come nelle movenze compositive104. Questultima pretesa, del tutto comprensibile al principio del ventesimo secolo e nel clima che allora avversava lo stile teatrale, ovviamente assai difficile da sostenere oggi, alla luce di centanni di studi musicologici ed etnografici, per i quali lopposizione tra ci che musicalmente percepito come sacro e ci che avvertito come profano, sia a riguardo di stilemi compositivi sia a proposito di moduli esecutivi, tuttaltro che polare non solo in comparazione interculturale, ma anche nella comune competenza intraculturale105 come sta a dimostrare, fra laltro, lintera storia della musica occidentale dallalto Medioevo in poi106. Ne consegue che la categoria (irrinunciabile, certo) della santit, apparentemente a-storica, nasce nel motu proprio con sembianze geo-temporali ben definite e che lasciano in eredit alla speculazione successiva non poche queSC, n. 112c (AAS LVI, p. 128). TLS, n. 2 (ASS XXXVI, p. 332). 103 JONCAS, From Sacred Song, p. 52. 104 RAINOLDI, Sentieri, p. 563 (replicato in Traditio, p. 514). 105 Cfr. (oltre laccenno in JONCAS, From Sacred Song, p. 52) per es. MONIQUE DESROCHES, Musica e rituale: significati, identit e societ, in Enciclopedia della musica, vol. III Musica e culture, a cura di Jean-Jacques Nattiez, Margaret Bent, Mario Baroni e Rossana Dalmonte, Einaudi, Torino 2003, pp. 483-501. 106 Si vedano i prodromi della questione in DAVID CHADD, Sacro e profano nella musica medievale, in Enciclopedia della musica, vol. III, pp. 302-312.
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stioni non dico irrisolte, ma neppure seriamente dibattute: la prima e pi importante delle quali, mi sembra, la verifica scientifica del se, come, fin dove e a che condizioni la qualit della santit (della musica) possa prescindere da produttori, occasioni, testi, codici culturali, ecc.; ossia laccertamento, entro i confini metodologici e disciplinari (per lo meno) della musicologia liturgica, di quei contrassegni immanenti e musicali che permettano di esprimere i tratti tipici della santit liturgica per musemi107 senza i quali il concetto di santit in relazione a qualunque musica (sia pur liturgica sotto ogni altro aspetto) o deve considerarsi impiegato traslato sensu o di pertinenza della spiritualit, e non della musicologia (sia pur e cattolicamente liturgica)108. 3.2.2. Arte vera / Bont delle forme Nella coppia arte vera / bont delle forme il secondo elemento, in astratto, funzione e guarentigia del primo: tanto pi le forme sono buone (ossia appropriate, adeguate allo scopo), tanto pi larte vera, genuina, effettivamente tale; poich lobiettivo primario dellinterazione musica-liturgia (come abbiamo visto) dordine essenzialmente conativo-impressivo, e non poetico-estetico, di fatto ci che conta, nellottica del motu proprio, per la bont delle forme, e non lartisticit della musica in s e per s109. Ci significa, in primo luogo, che la musica non deve alterare, con una sua forma sonora, la struttura letteraria di un testo-gesto cos formato per esigenze della ritualit e cos configurato attraverso lo sviluppo della liturgia, a varie tappe della sua esperienza; ma indica, soprattutto, quanto sia estranea allorizzonte del motu proprio la preoccupazione di una ispirazione secondo la ideologia romantica che crea una qualit estetica a partire da una elevata poetica compositiva110. Non escluso che tra le righe di TLS possa annidarsi una qualche polemica contro concezioni di tipo evoluzionista dellarte musicale111; evidente, tuttavia, che laccezione prima e ultima del
107 Musema neologismo introdotto in musicologia da Charles Seeger e con il quale Philip Tagg e altri studiosi di popular music intendono la minima unit di senso rintracciabile in un dato testo musicale, scomponibile in tratti distintivi ma non in pi piccole unit di senso. 108 Ci al livello dinteresse di questo paragrafo. Per altre e complementari considerazioni cfr. infra, 6.2. 109 E ci nonostante la lettera del testo, che recita [La musica sacra] Deve essere arte vera, non essendo possibile che altrimenti abbia sullanimo di chi lascolta quellefficacia, che la Chiesa intende ottenere accogliendo nella sua liturgia larte dei suoni (TLS, n. 2: (ASS XXXVI, p. 332): una sentenza ove evidente la soppressione dei termini medi dellequazione arte vera: bont delle forme = bont delle forme: efficacia della musica nella liturgia. 110 RAINOLDI, Sentieri, p. 565 (Traditio, p. 516). 111 Cfr. JONCAS, From Sacred Song, p. 52.
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contrassegno pontificio quella di musica come arte al servizio della liturgia un servizio il cui modello supremo, insieme ideale e concreto, naturalmente il canto gregoriano, esaltato per tale gi del numero 3 del chirografo112 e unico prototipo positivo in esso prospettato113, a ufficiale avvio di una serie di notifiche di tipicit destinate ad attraversare lintero corso del ventesimo secolo (sebbene con gli aggiornamenti rituali e rubricali di cui discorreremo pi sotto114) e a raffinarsi col tempo nei contorni e nelle motivazioni. Pio XI, ad esempio, ritiene che la restituzione alluso vivo di quel repertorio (nella lezione melodica della curatela solesmense115) possa ovviare allestraneit e al mutismo liturgico dei fedeli116, mentre Pio XII entra nel dettaglio della bont formale del gregoriano rammentandone117 (1) lintima aderenza verbo-melodica; (2) la capacit di istillare dolcezza negli ascoltatori; (3) leconomia di mezzi118 e infine (4) lessere stato per secoli fonte inesauribile di creativit artistica a differenti livelli di fruizione compositiva e musicale. Con il che, mi sembra, lenciclica trascorre quasi insensibilmente dalla proposta di un modello tangibile e storicamente determinato alla designazione di una condotta musicale (e liturgica) ideale alla traduzione chiara e distinta, potremmo anche spingerci a dire, delle asserzioni impressionistiche del motu proprio, lad-
Queste qualit si riscontrano in grado sommo nel canto gregoriano, che per conseguenza il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto chessa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi pi recenti hanno s felicemente restituito alla sua integrit e purezza. Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra [...]: TLS, n. 3 (ASS XXXVI, pp. 332-333). 113 Si vedano, e contrario, le esemplificazioni del n. 11 (ASS XXXVI, pp. 331-332) circa lordinario della messa e gli inni, che si presentano sempre in negativo, come campione di ci che non sha da fare. 114 Cfr. 4.1 e 4.3 sub (1). 115 Senza ripetere quanto gi accennato in nota 41, e rimandando per una concisa visione dinsieme di quel complesso di fenomeno culturali, ecclesiali, filologici e musicologici che si soliti racchiudere sotto letichetta di restaurazione gregoriana a DAVID HILEY, Western Plainchant. A Handbook, Clarendon Press, Oxford 1993, pp. 624-627, non si pu non ribadire, al riguardo, lo standard incommensurabilmente migliore del graduale solesmense rispetto allEditio Medicea del 1604; corre per anche lobbligo di rammentare, nel contempo, che in nessun caso quel medesimo libro (anche nella versio triplex del 1979) pu esser considerato in qualsivoglia soluzione di continuit filologica vuoi di metodo, vuoi di lezioni n con la tradizione melodica medievale (carolingia o tarda che sia) n a fortiori con la prassi esecutiva che quella tradizione implicava o presumeva. 116 Cfr. DCS IX (AAS XXI, p. 40). 117 MSD, n. [21] (AAS XXXXVIII, p. 15); cfr. anche JONCAS, From Sacred Song, pp. 5354. 118 Intendo in questaccezione lespressione pontificia modis simplicibus [...] et planis, ch non vedo in riferimento a che altro aspetto del repertorio gregoriano (e a maggior ragione del suo cosiddetto fondo autentico) possano invocarsi i mezzi semplici e facili della traduzione italiana del n. [21].
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dove papa Sarto scrive che tanto una composizione per chiesa pi sacra e liturgica, quanto pi nellandamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto meno degna del tempio, quanto pi da quel supremo modello si riconosce difforme119. 3.2.3. Universalit La terza qualit che il motu proprio assegna alla musica sacra luniversalit notoriamente la pi problematica, sia nella definizione intrinseca che nella tipologia delle riprese. Pio X, oltre che porla in subordine a santit e bont delle forme, sembra infatti qualificarne lessenza semplicemente per inoffensivit120: universale quella musica di cui qualsiasi ascoltatore, in ogni parte del mondo, pu fruire senza provarne impressione non buona:
Ma dovr insieme essere universale in questo senso, che pur concedendosi ad ogni nazione di ammettere nelle composizioni chiesastiche quelle forme particolari che costituiscono in certo modo il carattere specifico della musica loro propria, queste per devono essere in tal maniera subordinate ai caratteri generali della musica sacra, che nessuno di altra nazione alludirle debba provarne impressione non buona121.
Gi in MSD, tuttavia, limmagine si colora dei tratti dellidentit di gruppo, seppur appoggiandosi a premesse pi ecclesiologiche che antropologiche122:
universitatis prae se feret notam, ita ut christifideles, ubicumque terrarum versantur, familiares sibi ac quasi domesticos percipiant concentus, atque adeo miram Ecclesiae unitatem vero cum animi solacio experiantur123.
(Come gi per la bont delle forme, naturalmente, Pio XII addita poi il repertorio gregoriano a veicolo normale delluniversalit della musica sacra nellorbe cattolico124, portando cos a piena maturazione lordine dei problemi su cui torneremo in 4.3). Poco prima del Concilio, discorrendo del canto popolare religioso, Istr58 afferma infine il carattere universale non di un repertorio particolare, ma dellistinto naturale che porta luomo ad espri-
TLS, n. 3 (ASS XXXVI, p. 333); corsivo del testo. JONCAS, From Sacred Song, p. 54. 121 TLS, n. 2 (ASS XXXVI, p. 332). 122 JONCAS, From Sacred Song, pp. 54-55. 123 MSD, n. [22] (AAS XXXXVIII, p. 16). 124 Haec quidem una est ex praecipuis rationibus, cur Ecclesia tantopere exoptet ut cum latinis Sacrae Liturgiae verbis eorundem verborum cantus Gregorianus arcte conectatur: MSD ibidem.
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mere il proprio sentimento religioso con mezzi anche musicali125, e pone cos almeno le basi minimali per un dialogo teoretico tra buona parte della musicologia contemporanea per la quale lunico spazio in cui pu allocarsi una discussione scientifica sullannosa questione degli universali musicali non ristretta entro lalveo disciplinare della psicologia della percezione non il livello delle strutture immanenti, bens quello delle attitudini strutturanti126 e ci che nel dibattito teologico ed ecclesiale di questi ultimi decenni va sviluppandosi entro le variegate tematiche della cosiddetta inculturazione127.
3.3. Sviluppi Il progressivo ampliamento che investe la determinazione delle qualit costitutive della musica sacra dal principio del secolo agli anni preparatori del Concilio subisce unulteriore e decisiva accelerazione con SC e MS e con i relativi commenti musico-liturgici post-conciliari: la santit, in seguito allaffermazione definitoria per cui Musica sacra tanto sanctior erit quanto arctius cum actione liturgica connectetur128, intesa soprattutto come convenienza e pertinenza dellinsieme degli interventi musicali con una data struttura rituale e una precisa assemblea celebrante, e in funzione del legame che il canto e la musica instaurano con la dinamica simbolica dellazione liturgica: trascorrendo cos da unindividuazione in negativo (per opposizione a profano/mondano/secolare) a una concettualizzazione assolutamente positiva e dinamica129; larte vera vede tramontare definitivamente qualunque adesione aprioristica a repertori e stili storicamente conchiusi (Ecclesia autem omnes verae artis formas, debitis praeditas dotibus, probat easque in cultum divinum admittit)130 per ridire la (troppo spesso dimenticata) ovviet di uno stretto rapporto tra forme e funzioni che preavverte che, nel circolo rito/struttura/forma/senso/musica, mutare un qualsiasi costituente comporta linevitabile mutazione dellinsieme;
Cantus popularis religiosus est ille cantus, qui sponte sua a religioso sensu oritur, quo humana creatura ab ipso creatore ditata fuit, et proinde est universalis, apud omnes scilicet populos florens: Istr58, n. 9 (AAS L, p. 634). 126 Cfr. JEAN-JACQUES NATTIEZ, Musicologia generale e semiologia, EDT, Torino 1989 (Manuali EDT/SidM; ed. or. Musicologie gnrale et smiologie, 1987), pp. 49-53. 127 Cfr. (entro limmensa bibliografia sullargomento) gli introduttivi PETER SCHINELLER, A Handbook on Inculturation, Paulis Press, New York 1990 e ANSCAR J. CHUPUNGCO, Liturgical Inculturation. Sacramentals, Religiosity, and Catechesis, The Liturgical Press, Collegeville 1992. 128 SC, n. 112c (AAS LVI, p. 128). 129 Cfr. RAINOLDI, Sentieri, pp. 563-564 (Traditio, pp. 514-515). 130 SC, n. 112c, seguito (AAS LVI, p. 128).
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luniversalit viene letteralmente lasciata cadere, a significare la capacit/necessit includente e non escludente della liturgia (e, di conseguenza, della musica liturgica), che devessere accoglienza delle culture piuttosto che esportazione di una cultura, in modo da inculturarsi (o meglio da lasciarsi inculturare) senza snaturarsi. La pi efficace panoramica di tutte le convergenze e divergenze di traiettoria in gioco si pu quindi leggere in MS 9-11131, laddove le qualit della musica sacra sono implicitamente ricodificate come132: a) affinit spirituale della musica con la liturgia; b) pertinenza rituale; c) recepibilit/eseguibilit assembleare; d) intelligente variet partecipativa e formale e) festivit adeguata, in rapporto sia ai diversi gradi rubricali sia alla percezione soggettiva dei fedeli. Quindi (attingendo liberamente a varie considerazioni di Felice Rainoldi)133: 1. la santit della musica sacra invoca (oggi pi che mai) il discernimento delle competenti autorit locali piuttosto che la prescrittivit di una normativa minuziosa e de-problematizzante imposta urbi et orbi da un unico centro propulsore, non potendo tale santit esser letta altrimenti che in relazione allo statuto simbolico della liturgia, della musica e dellinterazione tra le due, e alla luce delle diverse culture, dei differenti contesti e delle molteplici mediazioni culturali; 2. la ricerca dellarte vera dovrebbe preoccuparsi non solo della riproposta di modelli noti e collaudati, ma anche della ricerca dellinvenzione nel senso etimologico del termine di forme nuove e adatte alle sensibilit contemporanee dellespressione rituale, cos da inverare SC, n. 23: ut novae formae ex formis iam exstantibus organice quodammodo crescant134 non in astratto, ma adhibita cautela135 e vagliandone gli esiti per cos dire sul campo [ovverossia, per le ragioni del precedente (1), sui campi]; 3. luniversalit dellopportuno coniugare musica e culto cristiano, infine, si concretizzer sempre pi nella capacit di rispettare le diversit culturali nellaggiornare i linguaggi dellunica fede, mantenendo nel contempo gesti sonori [...] transculturali, per esprimere in qualche modo, oltre ogni particolarismo, lunit e la cattolicit, in comunione con la tradizione e con loggi ecclesiale136.
AAS LIX, p. 303. Cfr. JONCAS, From Sacred Song, pp. 55-56. 133 Riprendo soprattutto quant detto sub c) in RAINOLDI, Sentieri, pp. 562-567 (e in Traditio, pp. 515-518). 134 SC, n. 23 (AAS LVI, p. 106). 135 Ibidem. 136 RAINOLDI, Sentieri, p. 567 (Traditio, p. 518).
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4.1. Tassonomia del motu proprio Messe a fuoco le qualit della legittima musica sacra, il motu proprio di Pio X passa quindi in rassegna generi e stili musicali, proponendone alcuni a modello di congruit rispetto a santit / bont delle forme / universalit e additandone altri a esempio tipico e vitando di secolarit. Nel primo gruppo sono ammessi, in ordine discendente: 1. il canto gregoriano, proprio della Chiesa Romana (n. 3); 2. la classica polifonia specialmente della Scuola Romana, la quale nel secolo XVI ottenne il massimo della sua perfezione per opera di Pier Luigi da Palestrina e che possiede in ottimo grado le qualit della vera musica sacra (n. 4); 3. la musica pi moderna, la quale pure ammessa in chiesa, offrendo anchessa composizioni di tale bont, seriet e gravit, che non sono per nulla indegne delle funzioni liturgiche (n. 5)137. (Per le categorie 2 e 3, ovviamente, discrimine fondamentale di accoglienza o di rifiuto luso esclusivo della lingua latina, a norma del n. 7 del medesimo TLS)138. Nel secondo gruppo campeggia per negativit lo stile teatrale, nadir del gregoriano e della polifonia di marca palestriniana139; ad esso appartengono di diritto, inoltre, tutte le musiche che abbiano reminiscenze di motivi adoperati in teatro e/o le cui forme esterne siano foggiate [...] sullandamento dei pezzi profani140. Sarebbe ozioso, oltre che antistorico, imputare a questo punto a Pio X una considerazione oltre misura monolitica sia del canto liturgico medievale, sia della polifonia rinascimentale, nonch un ricorso sin troppo disinvolto a termini tecnici del lessico musicale non di rado completamente de-semantizzati proprio rispetto alla loro enciclopedia di riferimento141. Le categorie storico-musicali di papa Sarto sono infatti quelle dellerudizione e della militanza del momento, galvanizzate dai recuperi solesmensi e ancora devote al mito fondante del cecilianesimo di Palestrina princeps musicae e ipostasi perfetta di tutta la polifonia del sedicesimo secolo142.
ASS XXXVI, pp. 333-334. ASS XXXVI, pp. 334. 139 Fra i vari generi della musica moderna, quello che apparve meno acconcio ad accompagnare le funzioni del culto lo stile teatrale, che durante il secolo scorso fu in massima voga, specie in Italia. Esso per sua natura presenta la massima opposizione al canto gregoriano ed alla classica polifonia e per alla legge pi importante di ogni buona musica sacra. Inoltre lintima struttura, il ritmo e il cosiddetto convenzionalismo di tale stile non si piegano, se non malamente, alle esigenze della vera musica liturgica: TLS, n. 6 (ASS XXXVI, p. 334). 140 TLS, n. 5 (ASS XXXVI, p. 334). 141 il caso, fra laltro, soprattutto del termine forma, la cui associazione allaggettivo esterna, nel n. 5 del motu proprio, definisce aree di senso del tutto aliene alla Formenlehre classica e didattica del tempo. 142 Sulle origini del mito vedi GINO STEFANI, Miti barocchi: Palestrina princeps musicae, Nuova Rivista Musicale Italiana, VIII/3 (1974), pp. 347-355.
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Per linterpretazione complessiva di TLS e della sua discendenza, tuttavia, opportuno sottolineare come le modellizzazioni positive e negative del documento impostino due ordini di argomenti, ciascuno dei quali abbisogna (soprattutto se lo si vuole fruttuoso per lattualit) di una specifica ermeneutica. Da un lato, il fatto che generi e stili siano raggruppati in precise tassonomie punta nella direzione dellopposizione polare permesso vs proibito; suppone (in altre parole) e impone che esistano forme e stili musicali intrinsecamente buoni e altri intrinsecamente cattivi, e dunque da inibirsi a priori. Ci certamente in linea con le consuetudini letterarie e comportamentali dellanathema sit; allorch, fuori e dentro la Chiesa, queste siano state (come sono state) soppiantate da altri e meno perentori modi di procedere, lecito, credo, domandarsi se, ipso facto, abbiano ancora senso classificazioni e tassonomie tese a permettere/proibire composizioni e canti sulla base di tratti e peculiarit musicali e per di pi prescindendo, come di solito avviene, dai dibattiti globali e settoriali che la musicologia ha avviato e avvia al riguardo , e non piuttosto sulla base dellopportunit e della convenienza di uno specifico brano (genere, stile, forma, linguaggio...) musicale in rapporto quanto meno a una ben identificata assemblea celebrante143. Daltro lato, il fatto che siano posti a modello a-temporale e astorico esperienze diacronicamente (e localmente) determinate punta nella direzione di una considerazione quasi metafisica di modelli e forme considerazione che, se era comprensibile alla luce della teoresi e (soprattutto) della didattica musicale del secondo
143 In ci adeguandosi ai mutamenti non fossaltro che di registro linguistico che contraddistinguono i documenti applicativi del Concilio rispetto alle istruzioni preconciliari; come ho gi notato altrove, infatti per rimanere al tema della musica , Un catalogo sommario della sintassi conativa di MS registra infatti espressioni come lecito sperare che (n. 4), conviene/ conveniente che (nn. 10, 35), bene che (nn. 21, 26, 33, 34, 37, 40, 69); ogni volta che si pu fare ... se poi questa scelta non possibile (n. 8); pu essere ... dove il caso lo richieda (n. 22), per quanto possibile (nn. 10, 27, 33, 43), si tenga conto delle possibilit (n. 9), secondo le possibilit di ogni assemblea liturgica (n. 28), secondo le norme ... e le possibilit di ciascuna assemblea (n. 45), tenendo presenti le condizioni dellambiente, lutilit pastorale dei fedeli ... vedano i pastori se (n. 51); sar spesso opportuno (n. 68), a meno che non si reputi pi opportuno (n. 31e), Nulla impedisce che (nn. 36, 51), si possono benissimo ammettere (n. 46); a giudizio della competente autorit territoriale (n. 32), gli Ordinari del luogo giudichino dellopportunit (n. 48), i musicisti vedano se (n. 56), Le Conferenze Episcopali interessate facciano in modo che (n. 58), ecc. Di contro [...] il registro prevalente delle Norme generali dellInstructio del 1958 [...] non contempla altro che devono essere compiute/vanno compiuti (n. 12), non lecito (nn. 12, 13b, 13c) si deve usare solo (nn. 13a, 14a, 16), a meno che non sia permessa esplicitamente (n. 13a), unicamente (nn. 14a, 14b), non permesso (n. 14c), proibito (n. 16b), assolutamente proibito (n. 20), assolutamente vietato (n. 21a), esplicitamente vietato (n. 21b), ecc. (SABAINO, Musica e liturgia dalla Sacrosanctum Concilium al Repertorio Nazionale dei Canti Liturgici, p. 182, nota 21).
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Ottocento144, non lo pi e punto allorquando gli studi abbiano chiarito (come hanno chiarito), ad esempio, che una cosa la pratica compositiva di Palestrina lui-mme, e unaltra la vulgata del contrappunto alla Palestrina culminata nella teoria delle specie di Fux145; una cosa lo stile personale di Palestrina, e unaltra la media o il tipo della scrittura polifonica del secondo Cinquecento146; una cosa la prassi esecutiva delle musica palestriniana in alcune celebrazioni pontificie, e unaltra il sound della medesima in altre (e pur coeve) chiese e cappelle dellUrbe147, eccetera. Ci che dovrebbe bastare, direi, a mettere come minimo in guardia dal ricorrere, in materia di musica liturgica, a trame tassonomiche graduate prescrittivamente sul valore di un unico parametro di riferimento (per quanto raffinato esso possa essere). 4.2. Evoluzione tassonomica In una lettura storica come quella che andiamo principalmente conducendo, tuttavia, interessante osservare come la griglia tassonomica impostata da Pio X si evolva e si trasformi sia quanto a estensione sia quanto a terminologia. Poich tali evoluzioni e trasformazioni sono, daltra parte, il capitolo forse pi noto, studiato e disputato di tutto il trattato de musica sacra, in questa sede sar sufficiente richiamare i nodi salienti della questione, lasciando in coda qualche breve nota di commento. Ordiniamo dunque i richiami lungo due direttrici significative: 1. modificazioni di senso o despressione entro una filza della tassonomia, e 2. aggiunta di nuove stringhe definitorie (ossia di nuove categorie di musica sacra permessa o proibita) allinsieme della ripartizione. Nel primo ambito, i mutamenti interessano principalmente lo status del canto gregoriano, che passa da proprio della Chiesa roCfr. NICHOLAS COOK, Guida allanalisi musicale, Guerini, Milano 1991 (ed. or. A Guide to Musical Analysis, 1987), pp. 25-35. 145 Cfr. KNUD IEPPESEN, The Style of Palestrina and the Dissonance, Oxford University Press, Oxford 19462 (ed. or. Palestrinastil med saerligt henblik paa dissonansbehandlingen, 1923 e Die Dissonanzbehandlung in den Werken Palestrinas, 1925; rist. anast. Dover, New York 1970); DIETHER DE LA MOTTE, Il contrappunto, Ricordi, Milano 1991 (ed. or. Kontrapunkt, 1981). 146 Cfr. DANIELE SABAINO, Su alcuni aspetti del contrappunto dissonante nella produzione profana di MarcAntonio Ingegneri. Un approccio stilistico, in MarcAntonio Ingegneri e la musica a Cremona nel secondo Cinquecento, Atti della Giornata di Studi (Cremona, 27 novembre 1992), a cura di Antonio Delfino e Maria Teresa Rosa Barezzani, Libreria Musicale Italiana, Lucca 1995 (Studi e testi musicali, n. s., 8), pp. 153-226: 154-159. 147 Cfr. ad es. la prassi documentata in NOEL OREGAN, Institutional Patronage in PostTridentine Rome. Music at Santissima Trinit dei Pellegrini 1550-1560, Royal Musical Association, London 1995 (RMA Monographs, 7), pp. 63-76.
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mana148 a pertinente ad latinum potissimum Ecclesiae Ritum romanum149 a (retrospettivamente)150 sacer Ecclesiae romanae cantus151, a finalmente (e pi correttamente) in SC liturgiae romanae proprium152; i documenti lasciano trasparire inoltre una progressiva assimilazione delle ricerche storico-ecdotiche in argomento: frammiste, tuttavia, a un anelito a restituire il medesimo canto nelluso del popolo153 a impiantare, cio, una prassi esecutiva di cui tutto pu dirsi, tranne che corrisponda alle risultanze degli studi e alle lezioni della storia e che, per ci stesso, si condanna a oscillare tra i poli opposti di un repertorio o esiguo o eseguito con metodi che oggi riconosciamo di assoluta empiria e/o di nessuna consistenza154. Nel secondo ambito, sono soprattutto MSD e Istr58 a provvedere novit degne di menzione. Lenciclica (come s gi accennato in 1.1) introduce la specie del canto popolare religioso, approvandone lutilizzo nelle messe lette, pur senza equipararlo al canto liturgico strettamente inteso (che e rimane quello su testo latino)155, e facendone cos, di fatto, un elemento coordinato con la celebrazione ma non realmente integrato in essa. Una decisione scrive Michael Joncas of far reaching consequences e la cui lunga ombra che fa s che, a tuttoggi, in non sporadiche situazioni la sonorizzazione di elements of comparatively lesser theological-ritual weight (the entrance hymn, offertory hymn, communion hymn, exit hymn pattern) are given undue prominence in congregational song while the most important elements (e.g. the Sanctus and the Amen concluding the Roman Canon) are recited156. Istr58 ammette quindi nel novero della musica sacra la musica sacra pro organo157 e la musica sacra instrumentalis158 riconoscendo cos, per la prima volta, un valore liturgico alla musica non principalmente o esclusivamente vocale. La stessa istruzione ribadisce poi e motiva la distinzione tra liturgia e pii esercizi fondandosi sulla lingua dei rispettivi testi, e conferma lammissibilit nel culto della musica sacra moderna ove e quando pietate ac sensu religioso redoleat159 (senza per inoltrarsi, secondo previsio-
TLS, n. 3 (ASS XXXVI, p. 332): corsivo mio, cos come nelle citazioni seguenti. MSD, n. [26] (AAS XXXXVIII, p. 17). 150 Cfr. sopra, 1.3. 151 Istr58, n. 5 (AAS L, p. 633). Cfr. JONCAS, From Sacred Song, p. 15. 152 SC, n. 116 (AAS LVI, p. 128). 153 TLS, n. 3 (ASS XXXVI, p. 333). 154 Cfr. ad es. LANCE BRUNNER, The performance of plainchant, Early Music, X/3 (July 1982), pp. 317-328. 155 MSD, nn. [31-33] (AAS XXXXVIII, pp. 20-21). 156 JONCAS, From Sacred Song, pp. 16-17. 157 Istr58, n. 8 (AAS L, pp. 633-634). 158 Caput III, 4, sub C) (AAS L, p. 651). 159 Istr58, n. 7 (AAS L, p. 633).
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ne, a delucidare con quali metri e giudizi tale piet e senso religioso vadano misurati)160. Un deciso cambio di rotta si ha infine con il Concilio, entro il quale lunica distinzione di principio posta tra gregoriano in quanto canto proprio della liturgia romana e alia genera Musicae sacrae161 prefigura laccoglienza di qualunque genere e linguaggio musicale (funzionale al / compatibile col rito) e adombra nel contempo la dismissione normativa del modello tassonomico ch anche quandesso torner alla ribalta (come ad esempio in MS, n. 4, lettera b)162 scandir usualmente prototipi linguistici e formali dimostrativi, e non tassativi (in MS, fra laltro, in grazia delle premesse del n. 3)163.
4.3. Problematiche musicologico-liturgiche attuali Sulla scorta delle brevi osservazioni precedenti facile evidenziare quindi alcune problematiche musicologico-liturgiche tuttora oggetto di scrutinio e/o rilevanti per la prassi e per la pastorale odierna. Accenno a un paio di esse, evitando di soffermarmi, in questo paragrafo, su altre di mero interesse teorico o superate, ormai, dal trascorrere degli anni. 1. Il tema delluso e riuso del repertorio gregoriano nella liturgia rinnovata, per il quale conviene distinguere almeno due aree di confronto: a) le condizioni di impiego paritario previste da SC, n. 116: [Cantus gregorianus] in actionibus liturgicis, ceteris paribus, principem locum obtineat164. Al cui proposito: non va dimenticato, innanzitutto che sia MS, n. 50165, sia il recentissimo chirografo di Giovanni Paolo II166 delimitano metico-
E lasciando cos la porta aperta a inferenze e cortocircuiti tra qualit ideali e linguaggio tecnico-musicale di singole composizioni, come avviene ad esempio nel giudizio con il quale mons. Romita nega recisamente ogni afflato realmente religioso alla Messa di Strawinsky del 1948: la quale, a suo dire, se dal punto di vista puramente vocale desta uninnegabile emozione religiosa; dal punto di vista orchestrale, invece, suscita qualche perplessit, se non addirittura repulsione, per quella sua spietata asprezza che fa pensare a un diabolico subsannare, a una ironica parodia del Santo Sacrificio (!): FIORENZO ROMITA, I principi della legislazione musicale sacra secondo lenciclica Musicae Sacrae Disciplina, in Actes du troisime Congrs International de Musique Sacre (Paris, 1-8 Juillet 1957). Perspectives de la musique sacre la lumiere de lEncyclique Musicae Sacrae Disciplina, ditions du Congrs, Paris [1959], pp. 137-146: 139. 161 SC, n. 116 (AAS LVI, p. 129). 162 AAS LIX, p. 301. 163 Cfr. sopra, nota 33. 164 AAS LVI, p. 129 (corsivo mio). 165 AAS LIX, p. 314. 166 N. 7.
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losamente un primo ambito di parit: In actionibus liturgicis in cantu lingua latina celebrandis: Cantus gregorianus, utpote liturgiae romanae proprius, principem locum, ceteris paribus, obtineat167; occorre, in secondo luogo, che tale parit, anche nelle azioni liturgiche celebrate in lingua latina, soddisfi lo spirito che pervade lintera costituzione e i successivi libri liturgici: che, cio, il ricorso a tale venerando repertorio non riduca, pregiudichi o annulli [...] le possibilit di partecipazione e comprensione produttive e ricettive di unassemblea celebrante in un ben determinato hic et nunc temporale e culturale168; necessario, in ogni caso, che la scelta di brani gregoriani in una celebrazione in lingua latina e in presenza di unassemblea preparata discenda infine dalla meditata ponderazione (almeno): (_) del senso antropologico del sound gregoriano rispetto alle abitudini musicali dei fruitori, e (_) della pertinenza della forma musicale del brano comunque prescelto rispetto al momento rituale. Ne scende che, il pi delle volte fatti salvi i giusti voti della prefazione dello Jubilate Deo di Paolo VI e delle derivazioni posteriori169 , sar assai pi produttivo rivolgersi al repertorio gregoriano pi in quanto prototipo esemplare che in quanto serbatoio di scelte immediatamente e materialmente riproponibili: senza con ci tradire, credo, neppure la lezione di Pio X, che in senso propositivo/criteriologico rimane completamente valida e attuale (avendo il gregoriano effettivamente ancora molto da insegnare in materia e di espressivit liturgica e di simbiosi verbo-melodica, e anche in vista dellinveramento di quanto auspicato da SC, n. 23)170. b) La questione pi generale di quale gregoriano sia loggetto del dibattito. I documenti in esame (com logico che sia) non distinguono infatti le diverse fattispecie storico-musicali racchiuse nella locuzione ormai di comodo canto gregoriano: brani del proprium missae appartenenti alla primitiva diffusione del repertorio, sezioni dellordinarium di pi tarda e localizzata composizione, tropi, prosae, sequenze, monodie daura ormai tonale e gregoriane soltanto in unaccezione pi ecclesiastica che musicologica dellaggettivo (sul tipo delle antifone mariane in tono semplice, per intenderci, o dellaccoppiata Missa de Angelis Credo III: paradossalmen-
Corsivo mio. SABAINO, Musica e liturgia dalla Sacrosanctum Concilium al Repertorio Nazionale dei Canti Liturgici, p. 177. 169 Iubilate Deo. Canti gregoriani faciliores quos fideles discant oportet ad mentem Constitutionis Concilii Vaticani II de sacra liturgia, Typis Poliglottis Vaticanis, [Romae] 1975. 170 Cfr. sopra, nota 134 (intendendo ovviamente lauspicio cela va sans dire in unaccezione non tecnica n materiale n linguistica).
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te, le melodie pi presenti alla memoria uditiva ed emotiva dei praticanti abituali), e persino neo-gregoriano dassemblaggio solesmense; fattispecie che sarebbe invece alquanto utile discriminare e chiamare ciascuna con il proprio nome: non per vezzo derudizione o per ammiccare con bon ton ad altre discipline, ma per rendere palese, in pratica come in teoria (e servendo cos la liturgia non meno della musicologia), che anche ceteris paribus i coefficienti del sistema chiamato in causa sono ben lungi dallesser (mai stati) autenticamente pares. 2. Il tema dellintegrazione/incorporazione del canto (e della musica) nel sostrato pi profondo della dinamica liturgica. S sfiorato poco sopra, citando qualche frase di Michael Joncas, il problema, tuttora vivo nel quotidiano officiare, della pertinacia di pratiche musicali pi esornative che animative; pi tangenti la liturgia che realmente innestate nel cuore di essa; pi memori di vecchi schemi che consone ai nuovi ordines: e ci, nonostante si celebri ormai da quarantanni in lingua viva impiegando in piena (e talvolta acritica) libert pressoch ogni tipo di genere e stile musicale. Ci si domanda, pertanto, se tra le cause del fenomeno certo molteplici e diffuse a tutti i livelli della coscienza e del vissuto ecclesiale qualcosa non possa attingere direttamente (anche) alla correlazione buona (pertinente) forma liturgica / stile (genere) musicale. Mi limito a porre qualche interrogativo al riguardo, a mo di stimolo per future e non occasionali perizie: 1. innanzitutto, e a monte: ha senso, oggi, porre (ancora) il (o un) problema nei termini appena presentati? E quindi, in caso di risposta affermativa: 2. fin dove possibile affrontare il medesimo senza entrare in dettagli eccessivamente prescrittivi, e/o senza scadere nellaccademismo, nella maniera, in un linguaggio musicale superficialmente/stereotipicamente/epidermicamente connotato pi di neo-kitsch che di pertinenza religiosa? 3. Quali sono i confini della funzionalit liturgica entro i quali possono legittimamente e funzionalmente inserirsi forme musicali diversificate, e quali momenti/occasioni/passaggi rituali richiedono invece unicit di forma dellespressione per comunicare una forma del contenuto? 4. Quali sono le interazioni tra competenza musicale comune (nel senso di Gino Stefani)171 e denotazioni/connotazioni linguistico-musicali entro date funzioni e/o sequenze rituali? 5. Fin dove salutare/produttrice di senso, e dove comincia al contrario a essere distruttiva/negatrice di significato la frizione tra codici diversi (linguistico, musicale, prossemico, figurativo, gestuale) entro lipercodice della celebrazione liturgica in atto?
171 GINO STEFANI, Una teoria della competenza musicale, in ID., La competenza musicale, CLUEB, Bologna 1982, pp. 9-32.
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6. Quali incroci significanti si danno (e quali al contrario risultano insignificanti, sterili, afasici) tra forme e generi musicali, da un lato e, dallaltro, linguaggi e stili musicali (a) del passato e (b) del presente?
5. Attori e tramiti
5.1. I ministri Anche per quanto attiene agli addetti alla musica sacra, TLS stabilisce i criteri e i canoni su cui sinnesteranno tutti i documenti successivi172. Il primo di essi, con tutta evidenza, la convinzione tanto insistita nel motu proprio da costituire quasi una supplementare qualit distintiva della musica sacra173 , che anche il canto, come generalmente la liturgia, sia mansione idealmente (nativamente) propria dei chierici. Da questa precomprensione di fondo scaturiscono quindi, esplicitamente o implicitamente, tutte le prerogative dei ministri del canto, collettivamente o singolarmente considerati: il primato del coro, che, surrogando il coro dei leviti, svolge un vero officio liturgico175; lobbligo che il medesimo coro sia composto interamente ed esclusivamente da uomini, essendo le donne incapaci176 di qualunque officio liturgico; linsistenza sui fanciulli come unici possibili cantori acuti e discantisti177 (uninsistenza tesa con tutta probabilit a bandire dalle cappelle non tanto le donne che non verano mai entrate , quanto i castrati, almeno uno dei quali, nel 1903, era ancora parte dellorganico della cappella pontificia)178; le minute prescrizioni non solo sulla disposizione spirituale e morale dei cantori, ma anche sul loro abito esteriore e sul loro posizionamento entro i confini dello spazio sacrale179.
172 Mi limito in questa sede a passare in rassegna gli attori che hanno immediata rilevanza e parte nella celebrazione; tralascio perci tutte le considerazioni che la documentazione in esame rivolge a luoghi, tempi e modi della formazione di tali attori, cos come tralascio ogni riferimento alle commissioni di ideologia e di prassi che, sulla base di TLS, n. 24 (ASS XXXVI, p. 338), devono sorvegliare e promuovere la (purit della) musica sacra a ogni livello dellorbe cattolico. 173 JONCAS, From Sacred Song, p. 73. 174 TLS, n. 12 (ASS XXXVI, p. 336). 175 TLS, n. 13 (ASS XXXVI, p. 336). 176 Ibidem. 177 Ibidem. 178 Alessandro Moreschi, attivo fin verso il 1913 e di cui ci resta anche qualche incisione discografica: cfr. sub voce in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Sez. II Le Biografia, U.T.E.T, Torino, vol. V, 1988, p. 196. 179 Per ultimo non si ammettano a far parte della cappella di chiesa se non uomini di conosciuta piet e probit di vita, i quali, col loro modesto e devoto contegno du-
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Premesse del genere muovono naturalmente i documenti seriori a precisare o rifinire questo o quel dispositivo del motu proprio ora con minuzia regolamentare ora con spirito innovatore, nonch a colmarne silenzi e lacune in vista di nuovi bisogni e di esigenze recenziori. TLS, pur auspicando e incoraggiando la partecipazione dei fedeli alla liturgia180, sembra infatti esaurire il raggio despansione del canto comune entro il perimetro ristretto (e, come s appena visto, francamente, malagevole) del gregoriano, non prevedendo n nominando altri attori ministeriali al di fuori del coro. Forse per questo lenciclica di Pio XII pone mano: a riconoscere il servizio degli artisti alla causa della musica sacra (pur senza congiungerli direttamente allazione liturgica)181; ad amplificare la rilevanza del ruolo dei cantori, promuovendo il loro impegno dallofficio del motu proprio a verum atque germanum [...] apostolatum182; ad allentare, soprattutto, limpronta clericale dei gruppi corali permettendo il canto delle donne, sia pure come extrema ratio, unicamente allinterno di un coro misto183 (lasciando dunque ancor fuori dal consentito leventualit di un coro totalmente e solamente femminile: unincongruenza a cui porr rimedio, solamente tre anni pi tardi, il n. 100 di Istr58)184, e purch ci possa avvenire senza pericolo di promiscuit e daltri inconvenienti, onerata super his Ordinariorum conscientia185. La pi ampia rassegna di ruoli e funzioni musicali della liturgia dellintera legislazione ecclesiastica si incontra tuttavia prevedibilmente in un documento dichiaratamente riassuntivo qual listruzione del 58, che allinea sullargomento una lunga serie di paragrafi di tono alquanto ultimativo e di gittata regolamentale ambiziosamente definitiva186. Val la pena di percorrerli in dettaglio, per osservare in atto quella Chiesa non soltanto gerarchica ma anche altamente gerarchizzata che il vento del Concilio, di l a qualche anno, avrebbe provvidenzialmente scompaginato. Vi sono coinvolti i seguenti soggetti:
rante le funzioni liturgiche, si mostrino degni del santo officio che esercitano. Sar pure conveniente che i cantori, mentre cantano in chiesa, vestano labito ecclesiastico e la cotta, e se trovansi in cantorie troppo esposte agli occhi del pubblico, siano difesi da grate: TLS, n. 14 (ASS XXXVI, p. 336). Siamo ancora, insomma, dalle parti degli angeli e delle sirene di cui discorre GINO STEFANI, Musica Barocca 2, Bompiani, Milano 1987, pp. 95-105. 180 Cfr. sopra, 2.1. 181 MSD, n. [12] (AAS XXXXVIII, pp. 11-12). 182 MSD, n. [18] (AAS XXXXVIII, p. 14). 183 MSD, n. [37] (AAS XXXXVIII, p. 23). Per loccasione il testo cita un decreto della Sacra Congregazione dei Riti emanato qualche anno prima dellenciclica. 184 AAS L, pp. 658-659. 185 Cfr. nota 182 e JONCAS, From Sacred Song, p. 76. 186 Istr58, Caput III, 5, nn. 93-103, De personis quae in Musica sacra et sacra Liturgia precipuas partes habent (AAS L, pp. 656-659).
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1. sacerdote celebrante; 2. chierici; 3. laici; 4. commentatore; 5. autori (dei testi) e compositori; 6. organisti 7. maestri di coro; 8. cantori, e 9. artisti di musica (alias strumentisti). Ars et gratia, si direbbe, degradano digradando progressivamente dallalto al basso dellelenco. Quanto a uffici e necessit formative, infatti: 1. il sacerdote celebrante toti actioni liturgicae praeest187; 2. i chierici servitium ministeriale proprium et directum exercent [...] vi ordinationis aut assumptionis in statum clericalem sia (a) quando compiono il proprio ufficio specifico, sia (b) quando vicariano un ufficio rubricalmente altrui, sia (c) quando cantano in coro o in una schola cantorum188; 3. i laici di sesso maschile, quando sono parte di un coro che interviene nella liturgia modo et forma a rubricis statutis, servitium ministeriale directum quidem, sed delegatum, exercent; negli altri casi (cos come, si suppone, le donne in genere) participationem liturgicam actuosam praestant [...] vi characteris baptismalis189 ossia (la qualificazione non esplicita, ma discende logicamente ex dictis) pongono in essere un servizio ministeriale indiretto, i.e. mediato dagli attori (clericali) deputati; 4. il commentatore sacerdote o chierico o laico maschio dirige lexternam fidelium participationem, eorum scilicet responsiones, precationes et cantus190; 5. autori di testi e musiche sat completam possideant ipsius sacrae Liturgiae scientiam, sub respectu historico, dogmatico seu doctrinali, pratico seu rubricali; linguam quoque latinam calleant; in legibus denique artis Musicae sacrae simul ac profanae, et in historia musicae, profunde sint instituti191 (il che equivale a sottintendere, di fatto, che gli autori di testi e di musiche sacrae hanno da essere, di norma, ecclesiastici o assimilati); 6-7. organisti e maestri di coro, pi modestamente, oltre alla maestria professionale sat amplam habeant sacrae Liturgiae scientiam et linguae latinae sufficientem cognitionem192;
n. n. n. n. n. n.
93 (AAS L, p. 656). 93a (AAS L, p. 656); corsivo del testo. 93b (AAS L, p. 656); corsivo del testo. 96 (AAS L, p. 657). 98a (AAS L, p. 658); corsivi miei. 98b (AAS L, p. 658); corsivi miei.
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8. i cantori, secondo let e la capacit di ciascuno (pro eorum captu), posseggano dal canto loro actionum liturgicarum et textuum quos canere debent, cognitio, ut ipsum cantum ea mentis intelligentia et cordis affectu possint promere, quem requirit servitutis eorum rationabile obsequium193; 9. gli altri strumentisti infine (quasi attardati cantores di guidoniana memoria) sono ammessi ad agire allinterno delle cerimonie a condizione che sappiano adattare luso del proprio strumento alle leggi della musica sacra e che abbiano una cognizione delle cose liturgiche tale che externum artis exercitium cum devota pietate congrue valeant coniungere194. I nn. 101-103 dellistruzione195, da ultimo, toccano anche la questione della rimunerazione delle professionalit musico-liturgiche prestate a titolo di non-volontariato: un tema su cui oggi si torna a discutere e che spetta quindi alle competenti autorit, e non a questo saggio, affrontare in modo adeguato e conveniente, servatis quoque legum civilium ordinationibus. Fin qui i pronunciamenti preconciliari. La situazione, anche in questo caso, muta sensibilmente con e dopo il Concilio, allorch in primo piano vengono a trovarsi gli aspetti teologico-pastorali del capitolo de personis piuttosto che le ansie di sistemazione normativa onnicomprensiva. Se difatti il cap. VI di SC non enuclea distintamente alcuna peculiare ministerialit musicale della liturgia, limitandosi a (ri)affermare il diritto originario della partecipazione assembleare anche in re musica e a citare le scholae cantorum come normale e dialogico partner dellassemblea196, ci non significa che lessenza, la necessit e la scansione del servizio/ministero del canto e della musica siano estranee allorizzonte della costituzione: posto che esse discendono e sono ravvisabili (come la musicologia liturgica post-conciliare s incaricata di comprovare) nei fondamenti imprescindibili del cap. I; per cui si pu ineccepibilmente predicare, ad esempio, che anche canto e musica: contribuiscono allepifania ecclesiale di cui al n. 2197; partecipano della natura sacramentale della mediazione ecclesiale198 definita dal n. 6199;
Istr98, n. 98c (AAS L, p. 658). Istr98, n. 98d (AAS L, p. 658). 195 AAS L, p. 659. 196 Cfr. SC, nn. 114 e 121b (AAS LVI, pp. 128-129 e 130), e JONCAS, From Sacred Song, p. 81. 197 AAS LVI, pp. 97-98; Cfr. RAINOLDI, Traditio, p. 537. 198 RAINOLDI, Traditio, p. 539. 199 AAS LVI, p. 100.
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hanno bisogno di un prima iniziatico e catecumenale200 come stabilito dal n. 9201; non domandano pi assistenza (defunta col n. 48)202, ma richiedono in qualunque situazione di atteggiarsi scienter, actuose et fructuose alla partecipazione (n. 11)203; vanno sempre e comunque misurati e commisurati al soggetto primordiale da cui ogni ministero (anche ove torni a essere precettisticamente declinato, come in MS)204 trae forza e ragion dessere e verso il quale ordinato: lassemblea celebrante a cui ha diritto/dovere daccesso e di buona residenza ogni battezzato, in forza dellacquisito sacerdozio profetico e regale.
5.2. Gli strumenti Terminato il ragionamento de personis, lultimo tratto del cammino che ci resta da percorrere lanalisi del pensiero magisteriale in materia di strumenti musicali non ci occuper per molto. Se infatti le controversie sullammissibilit o meno di questo o quel timbro strumentale hanno invaso per molto la prassi (avanti e oltre il Concilio), il divenire della sua fondazione teoretica sufficiente piano da poter essere osservato in una singola linea evolutiva. La prima pietra, come al solito, posta e scagliata dal motu proprio, i cui numeri 15-20205 instaurano per prescrizioni e divieti una prassi pastorale che non pretende per dinnalzarsi a sistematica theologia instrumentalis (non fossaltro perch la categoria della musica non-vocale, allora come oggi, era considerata non connaturale ma sovrabbondante rispetto ai fondamenti e alle esigenze della liturgia)206. Tale prassi ammette, in subordine alla musica vocale, la musica con accompagnamento dorgano207, mentre consente luso di altri strumenti (1) solo con licenza speciale dellOrdinario, giusta la prescrizione del Caeremoniale Episcoporum208; (2) a condizione che non si tratti (a) del pianoforte, (b) di strumenti fragorosi
RAINOLDI, Traditio, p. 541. AAS LVI, pp. 101-102. 202 Ecclesia sollicitas curas eo intendit ne christifideles huic fidei mysterio tamquam extranei vel muti spectatores intersint, sed per ritus et preces id bene intellegentes, sacram actionem conscie, pie et actuose participent: AAS LVI, p. 113. 203 AAS LVI, pp. 102-103. 204 Cfr. specialmente i nn. 19-26 (AAS LIX, pp. 306-308), e vedi i relativi commenti di RAINOLDI, Per cantare la nostra fede, pp. 55-65. 205 ASS XXXVI, pp. 336-337. 206 Cfr. lattacco di TLS n. 15 e RAINOLDI, Traditio, p. 571: Per s la liturgia non ha bisogno di strumenti musicali, mentre non pu prescindere dal canto. 207 TLS, n. 15 (ASS XXXVI, p. 337). La musica puramente vocale, al contrario propria della Chiesa (ibidem). 208 TLS, n. 15 (ASS XXXVI, p. 338).
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o leggeri, quali sono il tamburo, la grancassa, i piatti, i campanelli e simili e (c) di complessi bandistici209 sempre vietati , e (3) purch le sezioni e le voci strumentali non debordino entro e/o sopra il canto, sia strutturalmente che dinamicamente/acusticamente210. (DCS lamenter poi quella sacri et profani permixtio, quae causa cum fabrorum qui organa conficiunt, tum modulatorum quorundam qui novissimae musicae portentis indulgent, huc demum evaderet ut de ipso ad quem destinatur fine mirificum hoc instrumentum deflecteret211, avallando cos e promovendo lo sviluppo di un cecilianesimo anche organario e organistico)212. Lo scopo delle norme pane scoperto: mondare il suono della liturgia da reminiscenze e colori teatrali e restituire al sacro un timbro conveniente ed esclusivo (nonch storicamente fondato, nel pensiero del papa: idea, questa, che sappiamo gi appartenere pi al mito che al vero)213. Con tutto ci, non ogni obbligo e divieto sannoda perfettamente al filo della logica o del recupero del passato; alcune sfumature, al contrario, sembrano radicarsi piuttosto in idiosincrasie personali del pontefice, e come tali appaiono destinate a variare (e di fatto variarono) secondo il gusto altrettanto soggettivo dei suoi successori ch difficile afferrare altrimenti per quale ragione, ad esempio, in qualche caso speciale Pio X tolleri, accanto allorgano, una scelta limitata, giudiziosa e proporzionata allambiente, di strumenti a fiato214, mentre Pio XII a partire dalla medesima premessa per la quale nella liturgia non deve entrare nulla di profano, rumoroso o chiassoso (profanum, clamosum o strepens) autorizzi viceversa e preferisca che si ricorra a illa instrumenta, quorum chordae parvo, ut dicitur, arcu fricata sonant215. Il vero nodo ermeneutico della questione, tuttavia, non risiede in simili dissonanze di superficie. Ben pi profondamente, esso investe le modalit stesse con le quali TLS apprezza la musica strumentale e gli strumenti musicali: annettendo, cio, la connotazione di sacro e profano quasi agli strumenti in s, e non alle loro modalit esecutive, da un lato (e correndo cos il rischio di unontologia decisamente fuori luogo); e ipostatizzando, dallaltro, nelle catalogazioni organologiche proposte, una codifica culturale a mo di qualit transculturale, con indubbio pregiudizio di senso.
TLS, n. 19 (ASS XXXVI, p. 337). TLS, nn. 16-17 (ASS XXXVI, p. 337). 211 DCS VIII (AAS XXI, p. 39). 212 Cfr. ERNESTO MONETA-CAGLIO, Il movimento ceciliano e la tecnica organistico-organaria italiana, Rivista Internazionale di Musica Sacra, V/3-4 (1984) (Atti del Convegno Marco Enrico Bossi e il movimento ceciliano), pp. 298-326. 213 Cfr. sopra, 4.1 in fine. 214 TLS, n. 20 (ASS XXXVI, p. 337). 215 MSD, n. [30] (AAS XXXXVIII, p. 19); con Pio XII concorda naturalmente Istr58, n. 60b (AAS L, p. 650).
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Ove ci si limitasse a una lettura storica del motu proprio, in verit, ci non costituirebbe realmente un problema, essendo pi che sufficienti le normali cautele esegetiche che qualunque lettore accorto mette in opera allorch si rapporta a testi non-narrativi del passato. Diverso invece il caso (non alieno anche a qualche discussione post-conciliare) di chi volesse applicare letteralmente e materialmente tutta lapparecchiatura regolamentare di TLS alla musica liturgica di oggi e forsanche di domani, magari in nome dimmaginarie istanze perenni della musica sacra (che di solito si risolvono nella propugnazione della liceit del solo organo, o comunque nella settaria pretesa di mettere al bando questo o quello strumento). A freno di meccaniche traslazioni normative, di contro, si pone (oltre lermeneutica storica) la sequenza dei documenti in esame: ben consci, si direbbe soprattutto dalla MSD in poi , delle difficolt appena accennate e aperti alla ricerca di soluzioni che possano contemperare (talvolta equilibristicamente) proposizioni tradizionali e nuove sensibilit. Si veda, a riprova, il gi citato n. 30 dellenciclica di Pio XII, nella quale (1) le maglie delle proibizioni si allargano, anche solamente a seguito di una formulazione in positivo della vertenza che esemplifica ci che potrebbe ammettersi pi di ci che deve vietarsi, e (2) la tassonomia comincia a cedere il passo alla criteriologia, chiamando in causa come si suona (oltre che quel che si suona) pi e prima di con che cosa si suona. Si vedano, anche, le preziose chiarificazioni di Istr58, che al n. 71216 esclude giustamente dalluso liturgico gli strumenti musicali automatici (oggi rinnovati dalle diverse maniere di pura riproduzione elettronica e informatica) in nome della verit dellazione liturgica, che appunto azione posta in essere, volta a volta, da soggetti concretamente radunatisi e interagenti; e che, ancora, al n. 60 sollecita la commisurazione del repertorio anche strumentale alle forze disponibili con un vigore a tuttoggi non solamente condivisibile, ma anzi raccomandabile: Attenta sacrae Liturgiae natura, sanctitate ac dignitate, cuiuscumque instrumenti musici usus per se quam maxime perfectus esse deberet. Melius erit proinde concentum instrumentorum (sive unius organi, sive aliorum instrumentorum) penitus omittere, quam indecore peragere; et generatim melius erit aliquid, etsi circumscriptum, bene agere, quam ampliora moliri, quibus explendis apta media deficiant217. Il cap. VI di SC, come dabitudine, recepisce infine e porta innanzi le aperture dellultimo periodo, pur continuando a esprimersi in continuit di linguaggio con lintera precedente tradizione. Se il primo comma del n. 120 riecheggia alla lettera un passo di MSD
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nella promozione dellorgano a canne (Organum tubulatum in Ecclesia latina magno in honore habeatur, tamquam instrumentum musicum traditionale, cuius sonus Ecclesiae caeremoniis mirum addere valet splendorem, atque mentes ad Deum ac superna vehementer extollere)218, il secondo comma riconosce infatti che il rapporto liturgia/strumenti musicali ha da porsi non (pi) sul piano dellontologia, ma su quello della funzionalit del medium strumentale rispetto ai fini, ai partecipanti e allo svolgimento di tutta unazione liturgica (Alia vero instrumenta, de iudicio et consensu auctoritatis territorialis competentis [...] in cultum divinum admittere licet, quatenus usui sacro apta sint aut aptari possint, templi dignitati congruant, atque revera aedificationi fidelium faveant)219. il riconoscimento definitivo, direi, della pertinenza culturale della faccenda220, e linvito a ragionare non per categorie preconcette e universali, bens caso per caso, occasione per occasione, circostanza per circostanza. MS lo dichiarer e negativo, ma in maniera egualmente non passibile di fraintendimenti: In admittendis et adhibendis musicis instrumentis ratio habenda est ingenii et traditionis singulorum populorum. At tamen ea quae, ex communi iudicio et usu, profanae tantum musicae conveniunt, ab omnia actione liturgica et a piis sacrisque exercitiis omnino arceantur [...]221. Un provvedimento nella cui applicazione sar bene rammentare che lingenium e le traditiones singulorum populorum da tenere in conto non si esauriscono pi orizzontalmente nelle costumanze delle cosiddette terre di missione estranee alle nostre consuetudini euroccidentali, ma investono verticalmente: trans-socialmente, trans-generazionalmente, trans-etnicamente larghi strati della nostra medesima cultura, e domandano perci attenzioni e convenientiae calibrate su destinatari palpabili e non su christifideles disincarnati ad astratta misura di documento222.
SC, n. 120a (AAS LVI, p. 130). Le espressioni Ecclesiae caeremoniis mirum addet splendorem e mentes ad Deum ac superna vehementer extollat sono in MSD, n. [29] (AAS XXXXVIII, p. 19). 219 SC, n. 120b (AAS LVI, p. 130). Nella parte omessa della citazione si trovano rimandi ad altri passi della medesima costituzione, tra i quali il pi notevole, per il nostro assunto, lart. 37: Ecclesia, in iis quae fidem aut bonum totius communitatis non tangunt, rigidam unius tenoris formam ne in Liturgia quidem imponere cupit; quinimmo, variarum gentium populorumque animi ornamenta ac dotes colit et provehit; quidquid vero in populorum moribus indissolubili vinculo superstitionibus erroribusque non adstipulatur, benevole perpendit ac, si potest, sartum tectumque servat, immo quandoque in ipsam Liturgiam admittit, dummodo cum rationibus veri et authentici spiritus liturgici congruat (AAS LVI, p. 110). 220 Cos anche RAINOLDI, Traditio, p. 572. 221 MS, n. 63 (AAS LIX, p. 318). 222 Cfr. il n. 14(b) del Chirografo di Giovanni Paolo II: Si deve [...] prendere atto del fatto che le composizioni attuali utilizzano spesso moduli musicali diversificati che non mancano duna loro dignit. Nella misura in cui sono di aiuto alla preghiera della Chiesa, possono rivelarsi un arricchimento prezioso.
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6. Esiti
6.1. Sacrosanctum Concilium VI culmen et fons del magistero de musica sacra Giunti al termine dellanalisi tematica di cinquantanni di dichiarazioni pontificie, tiriamo le fila dellindagine con alcune osservazioni sul cap. VI di SC, sulla scia delle quali potremo abbozzare qualche spunto di riflessione che, dalla storia, muova liberamente verso lattualit. Quanto siamo andati commentando nei paragrafi precedenti ci consente infatti di affermare sin dora e senza tema di smentite scientifiche che i pur fondamentali ammaestramenti del sesto capitolo della costituzione liturgica non sono lultima parola della Chiesa a riguardo del complesso rapporto musica/liturgia o, se si vuole, dellancora attualissimo trinomio musica / liturgia / cultura223 n in senso magisteriale-documentale, n in senso musicologico-liturgico, n in senso pratico-pastorale. E ci per il fatto stesso che (come abbiamo ampiamente toccato con mano) SC VI raccoglie il testimone di molti decenni dinsegnamento e di discernimento perpetuandone spesso i significanti ma ristrutturandone anche (o impostando la ristrutturazione de) i significati congiuntura, questa, che impone, con tutta evidenza, di non assolutizzarne acriticamente il dettato, ma di leggerne i contenuti ermeneutizzando costantemente continuit e fratture, separando alloccorrenza il vino nuovo dagli otri vecchi e il vino vecchio dagli otri nuovi. Tenendo presente, fra laltro, che: 1. il capitolo sulla musica sacra non pu esser letto isolatamente, ma va stabilmente decifrato in continuit di presupposti e di fini a tutta la costituzione, e specialmente al fondante cap. I224 (il cui spessore teologico-liturgico, fra laltro, non sembra neppure essere stato recepito fino in fondo dai nn. 112-121225, probabilmente a causa della tormentata genesi del sesto capitolo)226; 2. tutte le ordinanze operative di SC (e dunque la quasi totalit del cap. VI) vanno inquadrate entro il percorso che esse stesse hanno determinato di originare: e dunque alla luce (anche) degli ordines e dei praenotanda post-conciliari massimamente le Institutiones Generales del Messale Romano e della Liturgia delle Ore , che quelle ordinanze avverano; 3. la ratio del rapporto musica/liturgia, a differenza del passato, non pu infine intendersi primariamente connessa a testi o a
223 Riprendendo intenzionalmente il titolo del primo documento del gruppo internazionale di studio Universa Laus, di recente ripubblicato in unione a un secondo documento, La musica nelle liturgie cristiane, in Il Regno Attualit, 15 novembre 2003, n. 20 (935), pp. 702-711. 224 Cfr. la fine del precedente 5.1 nonch RAINOLDI, Traditio, pp. 533-545. 225 RAINOLDI, Traditio, p. 560. 226 Cfr. JASCHINSKY, Musica Sacra oder Musik im Gottesdienst?, pp. 42-207.
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rubriche o (men che meno) a repertori: giacch canto e musica nella liturgia, ben pi che una res facta, sono una res facienda, un gesto vivo che trova senso (o non-senso) nel concreto e puntuale darsi e farsi di celebrazioni la cui localizzazione geografica, temporale, ambientale, assembleare, ecc., ritenuta oggi imprescindibile dalla musicologia non meno che dalla teologia liturgica. Quel che SC afferma della liturgia in genere lessere questa culmen et fons della vita della Chiesa227 , pu insomma sostenersi della medesima costituzione nei confronti del rinnovamento liturgico e, in specie, musico-liturgico post-conciliare. Accentuare il culmen trascurando la fons, cos come scordare che ogni fons che si rispetti declina da un culmen, non avrebbe altro effetto che depauperare per un verso il presente e/o imbalsamare per laltro il passato: a detrimento (comunque vada) e della gloria Dei, e della sanctificatio fidelium.
6.2. Ancora sulla santit della musica nella liturgia Richiamare la non-astrattezza della musica liturgica, daltra parte, non vuol dire sottoscrivere lopinione che afferma la congruenza, oggi, di qualunque musica rispetto a qualunque liturgia, quasi che il culto sia un edificio tramezzato ma privo di arredo interno, e dunque da acconciare a piacimento e secondo il ghiribizzo del momento. Molte delle aspirazioni che il motu proprio di Pio X trasmette con le modalit linguistiche e teologiche dei primi del Novecento rimangono infatti irrinunciabili, rebus liturgicis (molto pi che musicis) perpensis; interpretate e riespresse con il linguaggio e la teologia del post-concilio, possono ancora farsi carico delle necessit e delle urgenze della musica liturgica del primo XXI secolo. Prendiamo, a mo desempio, la categoria della santit. intuitivo, potremmo dire, che un canto e una musica che vogliano inserirsi non abusivamente entro la manifestazione in atto di un santo mistero debbano partecipare, a proprio modo, della santit che quel mistero sostanzia. In passato si ritenuto che lacquiescenza previa a condotte linguistico-musicali canonicamente accreditate fosse, di per s, caparra sufficiente al riguardo; oggi, al contrario, la raggiunta convinzione che nessuno stile, genere o repertorio musicale sia, a priori, pi o meno sacro di qualsiasi altro lascia intravedere un diverso modo di congiungere musica e sacert cultuale: non pi tramite il ricalco acquiescente e ripetitivo di sagome predeterminate, bens mediante una sintonia aderente e proporzionata a un rito ben strutturato e ben individuato e a unassemblea
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mai anonima e mai scontata. Uno stato di santit che nello spirito di SC cap. I e n. 112 potremmo perci denominare non pi ontologico, ma situazionale e a cui corrisponde, di riflesso, una musica non pi intrinsecamente, ma funzionalmente santa (ove funzione ha perso il connotato pano di epifenomeno totalmente subordinato alla bont delle forme entro un repertorio prestabilito per assumere in se stessa il carico della valutazione e del giudizio). Una metamorfosi teoretica di notevole consistenza, com facile apprezzare, dalla quale promana inevitabilmente lobbligo di una rinnovata (considerazione della) prassi, a opera e per impulso della teologia, della musicologia e della pastorale dambito liturgico e in vista di celebrazioni sempre pi eloquenti e performative in spirito e verit. Laffinamento della ricerca in argomento tanto pi importante, inoltre, in quanto permette agli studi a tacer daltro di tener separate e di indagare autonomamente santit e liturgicit della musica, due qualificazioni che potrebbero non procedere sempre in coppia, n essere obbligatoriamente e continuamente sovrapposte o sovrapponibili. Secondo il cap. V di Lumen gentium228, infatti, vi una chiamata universale alla santit che non pu non ricapitolare in s tutto ci che genuinamente umano e dunque, possiamo ben dire, anche la musicalit e la musica. E come, sotto quellaspetto vocativo, la Chiesa non esaurisce tutta la salvezza portata da Cristo (in armonia con quanto scrive il Concilio al n. 9 del decreto Ad gentes)229, e come la liturgia non esaurisce tutta lazione della Chiesa, pur essendone culmen et fons (giusta linsegnamento di SC, n. 9)230, cos la santa musica liturgica non esaurisce (v da credere) la totalit della santa musica: a valorizzare, studiare e impiegare la quale saprono perci spazi dindagine e di movimento pressoch inesplorati oltre che perfettamente in sintonia con i disegni e gli intenti del progetto culturale che da parecchio impegna, ormai, la CEI e la Chiesa di Dio che in Italia.
6.3. Musica e liturgia dellavvenire: multifariam, multisque modis? Si delineano cos, in conclusione di discorso, alcune avvertenze e alcune aperture per la teoria e la pratica musico-liturgicopastorale del prossimo futuro del presente, anzi, posta la rapidit dei cambiamenti che interessano le culture con le quali la liturgia
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AAS LVII (1965), pp. 44-49. AAS LVIII (1966), p. 958. AAS LVI, p. 102.
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odierna, oltre lo stacco che la segna, deve dialogare e interagire per continuare a essere significativa e significante. In conto alle prime credo vada posta innanzitutto la considerazione della musica rituale come musica liturgica (con le specificazioni del caso, ossia con il ricorso abituale e costante alle diverse pertinenze a cui ci siamo riferiti nel corso del saggio) anche ove e quando le voci ufficiali della Chiesa seguitino a impiegare letichetta tradizionale di musica sacra ch dovrebbe essere ormai chiaro, per tutto quanto detto sopra, che o sammette la (quanto meno parziale) autonomia musicale delle qualificazioni sacra e liturgica (con tutte le conseguenze che ne possono derivare), o si pone la santit della musica in dipendenza causale dalla sua liturgicit, non essendo oggi pi possibile (teologicamente e musicologicamente) derivarne al contrario la liturgicit da uninterna e pre-definita santit (qual quella che sembra congenita al sintagma musica appunto sacra). In conto alle seconde, infine, metto invece i problemi aperti dellattuale dibattito musicologico-liturgico sui quali v da scommettere si giocheranno in breve alquanti esiti e musicali e liturgici. Ne segnalo qualcuno, in forma interrogativa: 1. leffettiva convenienza socio-culturale di testi e melodie alle multiformi e stratificate assemblee odierne: non siamo stati finora pi attenti alla pertinenza musica/testo/rito che alla convenienza musica/testo/assemblea? 2. Il rapporto dialettico tra il thesaurus Musicae sacrae231 e la liturgia rinnovata: quali parti del tesoro possiamo riscattare dalla condizione museale nella quale sono di fatto relegate ma riscattarle in nome della liturgia e dellappropriazione culturale contemporanea, non di nostalgie ecclesiologiche o storico-estetico-musicali? 3. Limpatto che i nuovi modi di recepire/vivere la musica anche a seguito dellavvento delle nuove tecnologie hanno sui diversi partecipanti alle realt liturgiche; ovverossia232: che incontro/frizione/scontro pu darsi tra la funzione simbolica connaturata alla musica cultuale e una temperie storica come lattuale, dominata da una sorta di monadismo musicale e saturata da musiche dogni tipo, imposte da politiche culturali globalizzate epper fruite (quanto liberamente?) con selezioni personali a misura di zapping televisivo o radiofonico? Detto ancora altrimenti: come si pu far musica realmente assembleare (e recepita per tale) nellepoca del walkman?233
SC, n. 114 (AAS LVI, p. 129). Cfr. JONCAS, From Sacred Song, p. 114. 233 Sulle implicazioni sociali, economiche e culturali di siffatte abitudini dascolto, cfr. Doing Cultural Studies: The Story of the Sony Walkman, Sage, Thousand Oaks (California) 1997 (Culture, Media and Identities, 1).
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come si possono proporre efficacemente e significativamente gesti sonori collettivi cristiani in ambienti come quelli giovanili, dove lunico modello equivalente sembra essere la kermesse o il concerto rock?234 4. una compresenza sincronica di linguaggi musicali di varia origine storica, sociale ed etnica quale mai sera vista prima dora: come inculturare lo specifico cristiano (e a fortiori liturgico) in ciascuno di essi, e in maniera accogliente e/o non invasiva, senza cedimenti ma anche senza prevaricazioni? Domande e dimensioni sulle quali penso sia giocoforza discutere, se non vogliamo rischiare di estraniare nuovamente il simbolismo liturgico da generazioni di credenti. Segni dei tempi che dovere permanente della Chiesa scrutare e interpretare: senza dimenticare, tuttavia, per quel che ci riguarda e per affermare in positivo lattualit del messaggio di Pio X , che la musica, donum Dei optimum, tanto pi svolger esemplarmente e adeguatamente il proprio munus ministeriale in dominico servitio quanto pi sapr farsi tornare a essere umile ancella. Voce, anchessa, di quelle sublimi realt nelle quali per mezzo di segni sensibili viene significata e, in modo a ess[e] proprio, realizzata la santificazione delluomo e viene esercitato dal Corpo Mistico di Ges Cristo, cio dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale235. Canora confessio di quel mysterium fidei nel quale e per mezzo del quale i cristiani per ritus et preces seipsos offerre discunt, et de die in diem consummantur, Christo Mediatore, in unitatem cum Deo et inter se, ut sit tandem Deus omnia in omnibus236.
234 Cfr. JOHANNES EURICH, Sociological aspects and ritual similarities in the relationship between pop music and religion, International Review of the Aesthetics and Sociology of Music, 34/1 (June 2003), pp. 57-70. 235 Merito igitur Liturgia habetur veluti Iesu Christi sacerdotalis muneris exercitatio, in qua per signa sensibilia significatur et modo singulis proprio efficitur sanctificatio hominis, et a mystico Iesu Christi Corpore, Capite nempe eiusque membris, integer cultus publicus exercetur: SC, n. 7c (AAS LVI, p. 101). 236 Cfr. SC, n. 48 (AAS LVI, p. 113).
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Preliminari
La rinnovata Institutio che introduce la terza edizione del Messale che sostanzialmente asseconda la linea programmatica delle precedenti redazioni dei Praenotanda intende favorire un accostamento teologico/spirituale a questo che tra i principali libri liturgici, per un suo uso pertinente fruttuoso in prospettiva pastorale da parte dei celebranti tutti, secondo il ministero loro affidato o lesercizio del diritto-dovere partecipativo. Ancora una volta lofferta del testo della Institutio costituisce un kairos autentico, per un rilancio sacramentale e cultuale. E induce anche a rivisitare la riflessione sul canto liturgico e perch ne sia attuata una prassi corretta, e spiritualmente e pastoralmente efficace: e, nel contempo, possano essere ricucite quelle smagliature verificatesi qua e l durante questi primi quarantanni di recezione della riforma liturgica. Vi sono invero casi di fallita recezione: laddove non sono stati approfonditi i principi e sono state ignorate o sottovalutate le norme. A modo di osservazione previa attiro lattenzione su tre vistosi aspetti formali della nuova Editio typica del Messale. La loro semplice enunciazione, gi di per s stessa, possiede una straordinaria eloquenza, pur prescindendo dai singoli elementi contenutistici (alcuni dei quali verranno analizzati in seguito), per cogliere delle stimolazioni che ne derivano ed evidenziare le problematiche che comportano: a) Tra i 399 paragrafi della sola Institutio il sintagma cantare (declinato come verbo e variamente sostantivato) nella traduzione italiana ricorre salvo errori la bellezza di 149 volte237. b) Fatto ancora pi eclatante: sulle 1318 pagine complessive dellesemplare latino (in effetti per su 903 pagine se si escludono introduzioni e indici), ben 180 pagine a prescindere dai possibili
237 Il computo stato condotto sulla traduzione italiana della Institutio, perch, una volta approvata, costituir il testo di riferimento diretto, a tutti accessibile. Per la terminologia ricorrente nel testo latino si veda il prezioso lavoro di M. SODI - A. TONIOLO, Praenotanda Missalis Romani, Textus, Concordantia Appendices, Editio typica tertia, MSIL 24, Libreria Editrice Vaticana 2003.
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o necessari rimandi sono occupate totalmente o parzialmente da tetragrammi notati, che riportano toni recitativi, antifone238, intonazioni, proclamazioni ed acclamazioni varie. Sommamente significativa e paradogmatica linclusione della melodia (la pi semplice, ovviamente) del Sanctus, con la rubrica che prescrive di eseguirlo clara voce e una cum populo. c) La quasi totalit di queste melodie e toni destinati al presbitero che presiede (solo una piccola parte al diacono) stata collocata a luogo proprio, entro il formulario delle solennit o delle feste o allinterno dellOrdo Missae (salvo il corpus di toni comuni giustamente raggruppato alla fine, in quanto ad esso sono riferibili tutti i testi non notati altrove, come i prefazi domenicali, i toni orationum o i toni lectionum che si volessero adottare secondo opportunit circostanziale). significativa la riaffermazione di questo posizionamento, che conforme ad una tradizione quasi millenaria, mentre il Messale di Paolo VI (dal 1971 in poi) accorpava alla fine del libro i Cantus in ordine Missae occurrentes, oppure supponeva il rimando a libri o a fascicoli complementari239. Il che segnala inequivocabilmente come la celebrazione in quanto animata dal canto di chi la presiede che ha il suo culmine nella Prex eucaristica costituisca il modello primario e, di conseguenza, come devono essere rettamente gerarchizzati tutti gli altri interventi vocali allinterno di una comunit che fa eucaristia240. Questi aspetti, vistosamente riproposti, appaiono sorprendenti e persino esagerati a molte persone anche tra il Clero le quali, dopo il Concilio Vaticano II, hanno incontrato e vissuto, piuttosto, lesperienza di uno stato di frattura verificatasi per tante cause in rapporto alla situazione del preconcilio. Alludo a quel modus celebrandi che era normale nella ritualit praticata in tutte le parrocchie, quando il canto dei ministri era alquanto pi presente, e quando leducazione nei Seminari ad un minimo di competenza nel settore, veniva considerata una parte integrante della formazione professionale del presbitero.
238 Sono lHosanna Filio David riportato con la notazione e inoltre una ampia serie per la memoria del battesimo di cui si dato solo il testo, come per lIntroito e il Communio dei vari formulari. 239 Tale disposizione fu imitata dai Messali tradotti e adattati per la lingua italiana. Ma noto che il loro statuto previsto era quello di antiphonae legendae. 240 Risulta ben rimarcato quanto gi Musicam sacram (MS) prescriveva , al n 7: nello scegliere le parti da cantarsi si cominci da quelle che per loro natura sono di maggiore importanza: prima di tutto quelle spettanti al sacerdote e ai ministri, cui deve rispondere il popolo, o che devono essere cantate dal sacerdote insieme con il popolo; si aggiungano poi gradualmente quelle che sono proprie dei soli fedeli o della sola schola cantorum. Ed ancora, al n. 16: La partecipazione attiva di tutto il popolo, che si manifesta con il canto, si promuova con ogni cura, seguendo questo ordine: a) Comprenda, prima di tutto, le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e alle preghiere litaniche....
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In sostanza si parlava meno di comunicazione; ma tra presbiterio e navata essa veniva abitualmente stabilita, con una vivacit quale oggi ha riscontri meno frequenti. La caduta del supporto linguistico latino di tali interventi ha coinvolto, fino a metterla in discredito, la loro modalit attuativa. La enunciazione ritualizzata dei dialoghi, dei testi di preghiera, delle letture, dei prefazi stata sommariamente marchiata (almeno a volte e da alcuni), quale tara ritualistica; poi rimossa come prassi anacronistica, incompatibile col regime della comunicazione mediante le lingue vive. In pi simili dogmatismi dal momento che non stato effettuato un collaudo serio che fosse basato su distinzioni opportune e sulla formazione attitudinale degli attori in gioco sono riusciti ad imporsi e ad apparire come certezze illuminate, dimostrazioni e attuazioni di aggiornamento culturale. Questo consenso di dubbio valore, tra laltro, favoriva un lassismo di impegno da parte di chi presiedeva i sacri riti. Mi rendo conto che la mia affermazione possa figurare come incautamente provocatoria, ma questa appunto la mia intenzione. Un certo provocare giustificato, se pu indurre a qualche revisione per maturare una migliore coerenza. Ipotizziamo pure assodata la necessit di rimuovere anche nei riti pi solenni con la buona fede avvallata da ragioni ritenute culturalmente valide il canto del celebrante e dei ministri e le conseguenti risposte a dialoghi ed acclamazioni assembleari. Ma quale, allora, il compenso? quale lalternativa seria? Nella fattispecie ecco incombere, perlomeno, un impegno di approfondimento teorico dello statuto orale della comunicazione, accompagnato da unopera formativa per una qualificazione della prassi attuativa del codice verbale, del dire, rivolta a tutti i partecipanti e ministri, estesa a tutti i livelli, secondo tutti i registri, a servizio di tutti i generi letterari241. Ma coloro che hanno intrapreso un
241 Al proposito mi piace riproporre alcuni passaggi da un articolo dal titolo Larte dei suoni e gli affetti redatto da Padre Angelo De Santi nel 1888 (Cfr CivCatt, Serie XIII, vol. IX, p. 263-264). Larte della parola ci tocca [...] Nella parola la natura stessa arte e per larte non fa che raddoppiarne la forza. Quanta eloquenza in bocca ad una semplice villanella che si accapiglia con la vicina per gli affarucci domestici! Quest arte finissima, di natura. Un buon retore pu renderla pi efficace ancora, imitando bens la natura ma correggendo in lei o lesagerato che sempre nuoce allaffatto, o il manchevole che non lottiene pienamente. Alla stessa giuisa la semplice lettura di un libro ci commuove [...] La parola per s medesima suono, prodotto dallistrumento pi perfetto che si conosco, perch uscito dalle mani stesse di Dio: vogliam dire la laringe delluomo. Le inflessioni di ogni grado, di che la voce umana capace, sono anchesse elementi del suono; e il ritmo naturale del linguaggio, e pi ancora lartificiale della poesia, toccano la parte pi importante de suoni melodicamente ordinati; perfino il vario metallo (timbro) e il colorito della voce entrano in casa propria nel tesoro dei suoni. A dir breve, larte della parola s strettamente congiunta con quella de suoni, che questi ci si presentano come destinati dalla natura stessa a congiungersi con la parola e sovratutto con la poesia.
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cammino del genere, con tentativi almeno empirici, sono statisticamente pochi242. E tra di essi qualcuno messo mano allaratro si poi voltato indietro. Nessuna meraviglia che abbia potuto diffondersi, come virus occulto, una prassi vocale-orale sostanzialmente caotica e, soprattutto, lassuefazione a tale largo degrado. Intendo dire che in luogo di una alternativa tesa a sanare laccusato ritualismo, si affermata una specie di gioco senza regole, senza verifiche, senza controlli; e in pi, a volte, auto-giustificato mediante etichette chiamate creativit, genuinit, attualizzazione. Parole, queste, che riempiono la bocca e seducono gli inesperti o i furbi; ma che alla resa dei conti risultano camuffamenti delle povert prodotte dallo spontaneismo e dalla soggettivit. La pretestuosa ipotizzata necessit di smantellare un rituale arcaico riesce talora a decadere in comodo appiglio, per una invenzione pressapochistica. cos che hanno trovato terreno utile, secondo i gusti personali o secondo le prassi idiolettiche dei gruppi, delle vocalit pietistiche, o stentoree, o utopicamente aggiornate mediante una maldestra ortoepia, o abbandonate alla sorte di adempimenti poco pi che burocratici... In contemporanea si sono affermati alcuni stili di neoritualismo questo s alquanto grave ed in pi una assuefazione a reazioni di tipo comportamentista da parte di coloro, che in una situazione o laltra, sono implicati nellascolto o nelle risposte. Purtroppo queste cose, di norma, non si ha il coraggio di affermarle: o perch non ci si accorge, o perch vengono relegate (i problemi seri dicono i soloni sono ben altri!) nel catalogo dei pallini propri di tipi maniacali appartenenti al mondo degli esperti liturgici... La realt oggettiva diffusa comunque poco sana. Dico paradossalmente che il volto sonoro della maggior parte delle celebrazioni cristiane, oggigiorno, di profilo a volte inferiore a quello che si riscontra amabilmente per! in un saggio di scuola materna... Chiedo scusa per questo lamento. Non mai stato o almeno normalmente non un genere prediletto sulla mia bocca, ma quando una cosa ci vuole, ci vuole. E perch non diventi nota dominante, ecco che cambio decisamente registro.
Non fu cos allinizio della Riforma, quando dei responsabili avvertirono la necessit di istituire per i laici delle scuole di lettura e di dotarle di sussidi. Oggi una tale zelo sta subendo, salve eccezioni, il degrado della tiepidezza e della stanchezza.
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Varie sono le considerazioni che possono essere ripresentate a servizio di una pedagogia e di una prassi positivamente orientate. Si potrebbero delineare ed illustrare almeno tre piste fondamentali e focalizzarne singolarmente i percorsi: a) quella normativo-rituale, o se si vuole anche storica. Consiste in un riesame e in una presa di coscienza, ai fini operativi, di dettati che derivano sia dalle leggi vigenti e della lezione di esperienze ecclesiali daltri tempi, ma non cos anacronistiche come ci si immaginerebbe243. La Instructio carica di suggestioni e di suggerimenti in proposito. b) Quella di natura pi teorico-culturale, tesa ad esaminare la gamma amplissima delle forme di parlato in relazione alle situazioni vitali, alle emozioni, ai generi letterari del testo, alle finalit esplicite o occulte della comunicazione... In questa direzione, durante il precedente incontro degli Uffici di liturgia tenuto a San Marino, mi sforzai gi di avanzare delle osservazioni opportune e di sollecitare una rinnovata attenzione ai problemi connessi. La relazione si intitolava: Il suono della parola. Lorientamento alla cura del codice vocale sebbene affermato entro un contesto che si estendeva pi ampiamente al canto era tuttavia presentato come una base irrinunciabile, ed il dettato suonava positivo e propositivo. Tuttavia questa tematica rest totalmente inosservata e nella discussione seguita al contributo; ancora una volta, prevalsero le solite geremiadi: per fortuna non fatte da me e da me un poco subite. Non sarebbe inutile rivisitare alcuni stimoli di quella proposta, che partivano dalla declinazione delle forme della vocalit umana, rituale e liturgica, e affrontavano ogni centimetro di percorso per cos dire nel dispiegamento a ventaglio delle espressioni sonore. c) Una terza pista si colloca ancora pi in posizione di base, per mettere a fuoco la necessit di una competenza di natura spirituale-ministeriale, come fondamento e come condizione previa di ogni adempimento giuridico e di ogni acquisizione tecnica. Dal momento che si impone una scelta attirer lattenzione, con tratti certamente non esaustivi, su questo terzo punto: un nucleo fondativo, e quindi un primario centro dinteresse. in seguito passer alla illustrazione di altri problemi pi direttamente incombenti alla proposta e alla realizzazione collegata alla prossima attesa edizione italiana del Messale.
243 Ricordo semplicemente un fatto elementare. La base di ogni antica istituzione ecclesiastica tesa alla formazione dei ministri destinati a tutti i gradi, fu la Schola lectorum, dalla quale fior la Schola cantorum.
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E tuttavia le mie osservazioni sul tema di fondo si muovono entro un ambito ben delimitato in quanto si soffermano, peculiarmente, sulle qualit ministeriali di canto spettanti a colui che presiede la celebrazione. Non mi occuper invece, direttamente e con sufficiente dettato, del canto dellAssemblea, se non in quanto essa polo di un intercambio dialogale o viene animata a porre dei brevi interventi acclamatori. Questo limite mi suggerito anche da una maggiore aderenza al tema, dal momento che il Messale , anzitutto e soprattutto, libro da altare e da sede di presidenza244.
Una prima affermazione generale alla quale vorrei attribuire la massima sottolineatura la seguente: quando il prete eleva la voce, seppure avendo sotto gli occhi una pagina di tetragrammi o di pentagrammi, il suo rapporto immediato non alle note, e nemmeno alla formulazione letteraria di un contenuto, ma in rapporto ad un Tu e, simultaneamente, ad un Voi. Dio, nella celebrazione dei Misteri, del tutto padrone di casa, ed ospita la sua famiglia. Ci si trova in stato di densa presenza relazionale con dei soggetti santi, e non con degli oggetti sacri. Il prete adempie un ruolo carismatico e ministeriale: e si vorrebbe da lui, consequenzialmente, la capacit di un irraggiamento spirituale rivelatore della condensazione del suo animo; poi, nel contempo lesempio di un ingaggio somatico, atto a mettere in moto tutte le risorse segniche disponibili. Torna interessante, in merito, evocare quella antica espressione di Giustino, quando accenna allatteggiamento eucaristico del prestos: atteggiamento dotato di tutto il vigore che gli possibile246. Per attualizzare minimamente questo ideale si pensi al presidente delleucaristia, che culmen et fons, come primario testimone del mistero della Trinit, nella sua dispensazione salvifica, e parallelamente come paradigma (per i credenti o non), del senso della vita umana come laus gloriae Eius. Allora ogni voce che egli emette come un lampo rivelativo che sfolgora dallalto, veicolo/dono attestante la divina presenza. Oppure , in dimensione ascendente, offerta di un brandello danima che interpreta e traduce i sospiri dellumanit ed i gemiti del creato.
La osservazione non vuole sottovalutare le prospettive della riforma del rito dellOrdo Missae e del suo libro, in quanto, superato il precedente Ordo servandus complicante unicamente il clero, sia nei Praenotanda che nella normativa rubricale si preoccupa di una celebrazione veramente ecclesiale, rivelatrice, attraverso i segni, del Mistero del Corpo del Signore. 245 Messale italiano, colletta n. 14 a pag 1020. 246 Giustino, Apologia prima, 67, 5. Non basta, in regime sacramentale-segnico, lappello univoco ad una spiritualit che resta di natura vaga e rischia la caduta in un pietismo devoto quasi disincarnato.
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In altri termini, il celebrante presbitero partecipa, con il somatismo e la spiritualit della sua voce, ad una mediazione salvifica che abbatte o accorcia le distanze tra cielo e terra. Perfino ai cuori pi duri ed ai soggetti pi distratti egli pu comunicare la scintilla che penetra i meandri dellintimo, predispone allaccoglienza ed accende la risposta. Di questa dimora egli e il mistagogo, di questa risposta egli lintonatore. La ministerialit vocale dellemittenza del celebrante, che presuppone ognora delle parole pronunciate come doni ed impegni, come distriubutrici dello spirito, deve percorrere, con delicatissimo interscambio e con significativa alternanza, le piste di una plurima direzionalit, sorretta da peculiari tipi di intenzionalit. La trama da intessere complessa, variamente articolata. Non vi sono abituali pratiche parallele nella comunicazione umana. In questo senso la liturgia un opus unicum che vive di uno specificum comunicazionale. Alcune esemplificazioni: Anzitutto, allo stadio di emittenza, la mediazione presidenziale costituisce il prete come protagonista simbolico a pi livelli: per semplificare dir al singolare ed al plurale. Egli invero interpreta ed impersona il Tu divino, per renderlo significante dellIo dellunico originario locatore che in condiscendenza interpella il suo popolo. Corrispondentemente egli rappresenta e coinvolge, nelle formulazioni laudative e deprecative, il dinamismo eucaristico-dossologico e lepiclesi del noi Assembleare, come capo del Corpo del Signore. Ecco il prete che saluta o che benedice i suoi fratelli in persona Christi o Dei Omnipotentis. Ed eccolo come avamposto orante di questa fraternit secondo lo spirito, con la serie dei plurali eucologici, che non sono plurali maiestatici... Altre volte, poi, non che s stesso in veste di pastore o di animatore, votato a sollecitare la plenitudine corale-gestuale di un servizio nel quale pi palesemente si autoimplica247. Dallaltro lato, qualora si considerino il/i destinatari, la situazione non meno complessa. I messaggi che partono dalla sede o dallaltare non sono mai rivolti ad un soggetto unico. Sono ognora compresenti un destinatario diretto ed un destinatario per cos dire obliquo, eppure non meno interessato ed importante: in una successione di interventi che costituiscono un continuum ma con la possibilit di inversione dei poli. Cos il prete normal247 Non ritengo necessario, in questa sede di esperti, esemplificare le situazioni rituali corrispondenti a questi orientamenti dinamici.
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mente si rivolge al Padre ed eccezionalmente a Ges Cristo248 ma a nome ed in rappresentanza degli adstantes che partecipano a partire dal coinvolgimento uditivo. Questo vale, in modo eminente, per la preghiera eucaristica, circa la quale la Institutio generalis avverte (n. 78):
Il sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore nella preghiera e nellazione di grazie, e lo associa a s nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta la comunit, rivolge al Padre per mezzo di Ges Cristo nello Spirito Santo. Il significato di questa Preghiera che tutta lassemblea si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nelloffrire il sacrificio. La Preghiera eucaristica esige che tutti lascoltino con riverenza e silenzio.
Non per mania di sottigliezza, ma come stimolo esemplificativo ad una analisi dettagliata, si noti per come nel dialogo prefaziale il destinatario diretto costituito dallAssemblea. Essa, mediante esortazioni come indotta e veicolata a ri-situarsi davanti al Padre santo. Ed ecco che, con linizio del Vere dignum, linterpellato diretto cambia: Lui, visivamente assente eppure inneggiato come presente nellhic et nunc, mentre lAssemblea visivamente presente viene coinvolta ma con contatto obliquo249. Nelle preghiere presidenziali si verifica lo stesso fenomeno, col passaggio dallOremus al corpo della preghiera formulata. Consapevole che questa non questa la sede e nemmeno mi sentirei dotato di competenza sufficiente per una analisi dettagliata dellOrdo Missae condotta in tale prospettiva, le semplici annotazioni che ho osato avanzare sono a suffragio e a buon supporto del comprendere la necessit di una totale implicazione, anche sotto questo aspetto, della persona del presiedente. A questo punto si iscrive il ruolo del codice sonoro, come componente di rilievo insorrugabile, seppure non necessitante, per arricchire e potenziare la comunicazione verbale. E non primariamente questione di canto, ma di una proferazione del tutto rispettosa della densit intrinseca di ci che si pro248 il caso, per il celebrante, di alcune Collette o orazioni presidenziali, della preghiera prima del gesto di pace e di alcune preghiere personali. Per lAssemblea nella sua totalit la situazione pi complessa (Kyrie, una sezione del Gloria, le acclamazioni al Vangelo, certi formulari di Prex fidelium, lacclamazione anamnetica dopo il Mysterium fidei, lAgnus Dei...). Purtroppo scarsa leducazione a prendere coscienza viva e lucida del destinatario preciso degli atti di preghiera, a scapito di una spiritualit trinitaria e non genericamente teistica. 249 Questa situazione delicata anche per quanto riguarda le posture ed in genere luso di tutti i codici non verbali. A chi deve essere rivolto, ad es., la sguardo del prete durante questo momento prefaziale e poi nelle varie componenti del seguito della Prex?
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nuncia e della dignit di coloro a cui indirizzato il messaggio. ovvio che larricchimento dellatto sonoro del proferire (mediante un preciso timbro, un ritmo, una altezza notale: elementi tutti in simbiosi con i significanti verbali e interagenti con molteplici codici non verbali...) esaltando i significanti, concorra a far percepire lintensit e la profondit dei significati. La vocazione propria del codice sonoro in questo caso consiste precisamente nel favorire e nellattuare un travalicamento del limite dei significanti. Il denotato concettuale caricato con vibrazioni vitali che, a modo di armonici, irraggiano un surplus altrimenti ineffabile. Nessuna sfida, con questo impiego, viene intentata al raziocinio, alla denotazione; ma si produce un fecondo innesto nella dinamica della totalit personale, alla quale partecipa il calore del cuore: fucina di connotazioni e di rimandi simbolici. Il primato del Verbum resta cos assoluto che , addirittura, pericoloso parlare di canto, quando il termine venga inteso senza opportune distinzioni secondo laccezione pi comune, specialmente se di prescindere dalla interazione e dalla simbiosi di tutte le componenti in gioco e magari persino delle forme-funzioni che lo reggono. E poi, ancora una volta, va notato che oggigiorno si tratta di unarte che non ha corrispondenza nelle pratiche sociali vigenti, ma solo analogie con qualcuna. Si parla di arte cantillatoria: questo sembra il moderno sintagma meno inadatto per esprimere lintenzionalit di un gesto che deve ritualizzare la parola, elevandola e staccandola dallordinaria proferazione, ma conservandole tutto lo spessore semantico per una percezione agevole e densa di meraviglia250. Si capisce come gi a livello di questa primaria stilizzazione sonora si pongano esigenze di una straordinaria misura e controllata finezza. Con il termine misura indico un esito di impegno personale il quale, paradossalmente, si deve nutrire della dimenticanza di s. Col termine finezza connoto soprattutto quel pudico collocarsi del ministro dietro le parole, perch lio soggettivo pur necessario per donare loro corpo sonoro non emerga, non si auto-affermi a modo di idolo e tanto meno venga interpretato come tale. In altri casi e in altri momenti celebrativi previsto che allAssemblea tocchi propriamente anche lascolto diretto di un cantore o di un coro; in questo caso no. La comunit celebrante per cos dire deve percepire primariamente se stessa, come voca250
Ma dice solo parzialmente quanto di fatto la celebrazione liturgica esige nel suo complesso dinamismo comunicazionale. In fatti se il termine pu descrivere con opportunit la forma sonora di alcuni atti di preghiera, proclamazione e di narrazione (orazioni, letture, prefazi) non altrettanto pertinente per definire altre forme legate a molteplici funzioni linguistiche, come quella di contattto o quella conativa, sulle quali imperniano i gesti di saluto o di acclamazione...
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ta, convocata, presieduta per essere interpellata da un Io che non solo io umano; e, dalto lato, interpretata e rappresentata da un orante autentico, da un maestro della preghiera il cui uditore il Padre. Questo plesso di considerazioni, una volta recepite ed interiorizzate come convinzioni, diventano la sola base sicura sulla quale edificare ogni ulteriore sforzo operativo, ad ogni livello: certamente quello dellarduo approntamento di modelli operativi pertinenti da parte di responsabili che codificano questa sezione dei libri liturgici; ma poi quello della loro concreta ed efficace messa in opera nei sacri riti da parte dei sacri ministri. Qui poi si iscrive anche la necessit di acquisire un bagaglio tecnico, da esercitare nella misura ottimale, sia secondo le capacit personali, sia secondo le oggettive esigenze dettate in modo pi o meno impellente dal genere dei singoli interventi251 e dalla globale forma celebrativa che viene assunta dai santi misteri252. Ed a proposito di questo aspetto non mi sembra inutile richiamare un altro passaggio di Musicam Sacram nel quale, seppur con delicato senso realistico, viene risegnalata lidealit ed illustrato insieme ad altri passaggi lo stile della bellezza quale intesa dalla riforma liturgica:
8. Ogni volta che, per una celebrazione liturgica in canto, si pu fare una scelta di persone, bene dar la preferenza a coloro che sono pi capaci nel canto; e ci soprattutto quando si tratta di azioni liturgiche pi solenni, di celebrazioni che comportano un canto pi difficile o che vengono trasmesse per radio o per televisione. Se poi questa scelta non possibile, e il sacerdote o il ministro non capace di eseguire convenientemente le parti di canto, questi pu recitare ad alta voce, declamando, luna o laltra delle parti pi difficili a lui spettanti; ma ci non deve favorire solo la comodit del sacerdote o del ministro.
Sarebbe tempo di superare davvero lo stadio di nebulosi e forse utopici pia desideria circa la formazione, in questo settore dei presbiteri (e dei diaconi): per ritornare anche col supporto di un intervento disciplinare accompagnato da verifiche opportune almeno allo stadio proposto dal Concilio di Trento. Si sentono infatti voci di auspicio perch si insegni la musica nei Seminari. Ma allo stato attuale delle cose questa mta non attuabile realisticamente parlando secondo la pienezza delle finalit e delle prescrizioni ottocentesche, che ebbero continuit fino al Concilio Vaticano II. Si in251 Come ribadisce anche IMGR n. 38: La voce deve corrispondere al genere del testo, secondo che si tratti di una lettura, di unorazione, di una munizione, di unacclamazione, di un canto, e deve anche corrispondere alla forma di celebrazione e alla solennit della riunione liturgica. 252 Si allude ai gradi: solenne, festivo, feriale.
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tendeva clericalizzare al massimo la gestione musicale dei riti sacri, sia per un pi facile controllo, sia per pi agevole lotta contro la musica profana ed operistica, sia per una pi capillare diffusione degli stili e dei repertori osservati ed osservanti proposti dal Movimento Ceciliano. I Seminari si sa erano stracolmi: i seminaristi ed i chierici fruivano, normalmente, di un iter didattico e di una esperienza liturgico-musicale protratti per almeno dodici anni. Il Concilio di Trento non ebbe queste pretese e stabil per i clerici un impegno che pu essere interpretato secondo una misura minima, ma ben precisa. Prescrive la conoscenza obbligatoria del cantus. Grammatices, cantus, computi ecclesiastici aliaque bonarum artium disciplina discant253. Il termine cantus rimandava primariamente al gregoriano e, in questo caso specifico, soprattutto alla conoscenza teorica e allattitudine ben assimilata in ordine alleseguire i toni recitativi inscritti nel Messale. Et de hoc satis.
Le considerazioni che seguono intendono elencare le principali problematiche musicali emergenti nel momento che si alle prese con il lavoro di adattamento e di traduzione italiana della nuova Editio typica. Esse riguardano in gran parte il canto del prete e dei ministri. Alla fine sar dedicato un punto a qualche prospettiva aperta per quanto riguarda pi direttamente il canto delle Assemblee. Attualmente allazione un gruppo di lavoro, il quinto, con specifico incarico di occuparsi delle parti musicali, immagini e revisione stilistica254. Do relazione dello status attuale dei lavori, dopo alcuni incontri di chiarificazione e di programmazione. Nelle sedute preparatorie stata studiata la mappa dei problemi ed stato valutato il peso degli impegni. Delle linee sono gi pacificamente condivise dai sette membri incaricati255, vari orientamenti operativi sono gi stati individuati, alcuni incarichi affidati. Inoltre stata messa in cantiere lelaborazione di una precisa importante proposta di cui dir alla fine.
Sessione XXIII, Decreto De Reformatione, c. 18. Il gruppo presieduto da Meini mons. Mario, vescovo di Pitigliano-SoanaOrbetello. 255 Tuttavia per la realizzazione del lavoro sar necessario ricorrere alla collaborazione esterna di qualche musicista, di qualche letterato e di qualche artista.
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Restano invece dei particolari (dei dubia) necessitanti un ulteriore impegno di approfondimento. Si attende un momento pi maturo per una equilibrata valutazione in ordine alle scelte definitive. Questa sede di incontro nazionale offre lopportunit di raccogliere elementi per un giudizio a pi vasto campo, in vista di un pi affermato futuro consenso e di un pi condiviso impegno attuativo degli esiti che deriveranno. Mi pronuncio ora per proposizioni sintetiche, quasi redigendo un indice dei principali nodi da risolvere, omettendo molte delle considerazioni concomitanti o marginali che nascono dagli argomenti. Dono una numerazione ai vari punti, al fine di facilitare un preciso e pi rapido riferimento nelle domande o nelle osservazioni che questa intender rivolgere, in un colloquio auspicabilmente ricco anche di apporti propositivi. Quanto ai toni del celebrante e dei ministri 1. Conviene che il sostanziale contenuto e la stessa disposizione dei toni musicali come sono proposti dallEditio latina dato il suo ruolo tipico siano sostanzialmente presenti anche nella ri-edizione del messale italiano. Il che comporta certamente il rispetto, per quanto possibile, della precisa collocazione rituale (ovvero aderente agli specifici formulari propri) delle parti cantate. Comporta altres il rispetto della tipologia degli interventi. Non sembra invece imitabile e riproponibile il fattore quantit degli elementi repertoriali della typica in relazione a quelle intonazioni che presuppongono un largo uso delle melodie latine e gregoriane da parte delle assemblee257. 2. Non si potr, tuttavia, prescindere dallinserire alcune parti in lingua latina con la relativa intonazione, secondo le istanze pi volte avanzate dai documenti normativi e secondo lesempio dato da sussidi gi autorevolmente compilati. 3. Quanto allOrdo Missae ledizione latina adduce, con una progetto/programma davvero massimalistico, gli schemi melodici che permettono di intonare tutti i singoli passaggi previsti da proferire elata voce in ognuna delle parti della messa (ad eccezione dellomelia, e inspiegabilmente delle due acclamazioni anamnetiche in alternativa al Mortem tuam amnuntiamus)258.
Ad es. la collocazione dei prefazi propri entro il formulario delle solennit e feste, alcuni elementi comuni, dellOrdo Missae. 257 Si pensi ad es. alle intonazioni del Gloria in excelsis (ne sono riportate 5 a pag 508 e ben 18 tra i canti ad libitum alle pagine 12133-1234.) 258 Nella editio typica sono (quasi inspiegabilmente) assenti gli schemi melodici per le due acclamazioni Quotiescumque manducamus e Salvator mundi. pur gusto che
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Non agevole condividere tale scelta di fondo. Essa dona limpressione di essere tributaria di una visione eccessivamente sacrale del rito, al punto che, probabilmente, risulta difficilmente plausibile anche con luso totale della lingua latina. Vale lattenuante del fatto che questo insieme non si presenta a modo di dato precettivo: possibilit e non un modello cogente. La valutazione della tipicit riguarda il libro come repertorio nel suo complesso, e non un eventuale modello celebrativo che esso offre la possibilit di porre in atto, con effetto ipoteticamente macchinoso (e noioso). Sembra pertanto opportuno che gi a priori, nella edizione italiana, intervenga con calcolata politica di anticipo, una selezione basata su criteri di rispetto dei dinamismi comunicazionali entro i singoli segmenti rituali, di attenzione ai generi letterari ed auspicabilmente rispettosa della variet delle forme vocali. Si pu cos concorrere a limitare anche il pericolo di eventuali massimalismi inconsulti. Le private decisioni ed i giudizi discrezionali lasciati ai singoli possono rischiare la indiscrezione... 4. Daltra parte si affaccia la necessit di proposte atte a realizzare degli insiemi coerenti ed organici, che almeno impediscano alle sequenze rituali di vestire un abito di Arlecchino, e musicalmente, anche mediante coerenza stilistica, le differenzino da un potpourri tanto giocoso quanto insensato. Si potrebbe esemplificare questa istanza prendendo in considerazione delle infrazioni invalse in rapporto alle componenti e al il dinamismo di tensionedistensione delle singole successive sequenze rituali e al loro calibrato relazionarsi in crescendo/decrescendo, entro la totalit rituale. Non minore leffetto squallido di collage mediante interventi di canto stilisticamente eterogenei allinterno di un percorso che richiede coerenza e organicit. Non vi esperto che non comprenda da s questi problemi. Resta il fatto che mentre si auspicano soluzioni ideali o almeno plausibili ci si accorge come il dominio dei molteplici elementi di insieme resti di ardua soluzione e tenda a sfuggire ad un controllo panoramico. Come esempio toccher due punti almeno: 5. Le scelte circa le proclamazioni dal Lezionario. Il messale latino nella linea della tradizione offre la possibilit di intonazione per ogni categoria di esse (profeta, apostolo, evangelo). I toni lectionum (pp. 1237-1240) ciascuno con colore differenziato (risorsa simbolica) e con schemi varianti (risorsa di indice ferialefestivo) anche in ordine alla duttilit di applicazione al testo lanon si crei del nuovo gregoriano, ma non mancava la possibilit di utilizzare con adattamento delle melodie gi esistenti, secondo lesempio fornito da una lunga tradizione.
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tino dei loro elementi strutturali sono qualitativamente ben fatti. Il messale italiano in uso dimentico delle nobili realizzazioni in merito attuate dagli inizi della riforma259 in questo ambito si limitato a proporre un tono tra laltro mal riuscito per il canto del Vangelo. Certamente lo stesso fatto di tale impropriet per lutilizzo concreto, ha contribuito a rendere desueta la cantillazione di almeno questa pericope principale, culmine dellannuncio. Nessun progresso, dunque, ma solo un deficit rituale in pi. La questione, in ordine alla proposta futura, ancora problematica; tanto pi perch su questo punto i pareri sono piuttosto discordi. Non sembrerebbe comunque soluzione buona quella di omettere i toni per le prime due letture. Allora il problema diventa quello tecnico della loro soda e duttile fattura e diverr quello pedagogico-registico per un loro uso equilibrato e significativo. Una ritualizzazione della lettura biblica, affidata in certe situazioni a ministri specifici, arricchirebbe la prassi ora ridotta unilateralmente alluso del codice vocale perlopi da parte di lettori di fatto. Che una comunicazione liturgica in lingua italiana eseguita in forma cantillatoria di testi narrativi, o profetici, o sapienziali sia cosa riprovevole per principio cosa tutta da dimostrare. 6. Altro punto scottante: le preci eucaristiche. Il messale latino le presenta integralmente e uniformemente notate, da cima a fondo. Ne deriva un effetto di sacralizzazione esasperata, favorita pure dal modalismo musicale, ingenerante senso di monotonia e di appiattimento. Il guadagno che sembrerebbe provenire della creazione di un blocco rituale unitario contrappesato da altri elementi sfavorevoli, anche oggettivi, quale la mortificazione dei gesti orazionali redatti, tra laltro, con linguaggio letterariamente vario. Questa soluzione annulla quasi, occultandola, la specificit della stessa struttura diversificata che giustifica la coesistenza nel messale di pi formulari, e le peculiarit interne ad essi260. La loro peculiarit rischia non apparire e la differenza in tal modo appare un banalissimo prevalente fatto di durata cronometrica.
Cfr Melodie del Celebrante e dei sacri Ministri per la santa Messa in canto, celebrata con luso della lingua italiana, approvate ad interim dal Comitato episcopale per la Liturgia il 7 ottobre 1965, ed anche, per il punto successivo: Melodie per il Canone romano in lingua italiana, a cura della Commissione episcopale per la Liturgia. Ad experimentum, 1968. 260 Lincomprensione della struttura della IV Prex evidente dal suo trattamento musicale. Il tonus praefationis dovrebbe continuare logicamente nel paragrafo post sanctus, che invece assimilato musicalmente allepiclesis. solo uno tra altri esempi possibili.
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La convinzione che un simile trattamento, di matrice archeologica, non sia trasponibile alla traduzione ed esecuzione del testo in lingua viva nasce spontaneamente. Ma si comprenda la difficolt di reperire una alternativa equilibrata, ed una soluzione rispettosa delle dinamiche dei singoli formulari. Il messale in uso contiene la proposta del prefazio, del racconto istitutivo (comodo per le concelebrazioni) e della dossologia. Lo sbilanciamento che deriva da ci una certa svalutazione segnica dei gesti epicletici e del paragrafo di memoriale/offerta. Anche queste parti devono essere pronunciate da tutti i concelebranti! Resta aperta la domanda del come muoversi tra il troppo della typica e il probabile troppo poco del nostro messale gi in uso. Un blocco plausibile da privilegiare potrebbe essere selezionato e melodicamente composto a partire dalla suggestione derivante dal plesso orazionale contenuto del tonus solemnis nel Canone romano. La proposta ispiratrice di questa possibilit, nella edizione tipica, sta a pag. 638. 7. Altra questione: il numero degli schemi melodici per tutte o per alcune singole sequenze. Basta uno schema? O bene che ne siano presenti almeno due, o forse tre, anche data la moltiplicazione odierna delle celebrazioni eucaristiche? E vale la pena di coniugare la lingua italiana con il tono pensato per il latino? E quali salvare, tra i recitativi del messale in uso, che hanno comunque bisogno di complementi? O comporre delle melodie daccapo? usufruendo di un tonalismo o del moralismo?... Queste domande sono estensibili ai moduli per le Orationes presidenziali, nonch a quelli per lintervento del canto assembleare nelle acclamazioni anamnetiche e nel Pater noster...261
I canti per la Schola e lAssemblea Mi pare opportuno prendere le mosse dal bel paragrafo di Liturgiam authenticam, n. 108.
I canti e gli inni liturgici costituiscono elementi di importanza ed efficacia particolari. Soprattutto la domenica, giorno del Signore, i canti del popolo dei fedeli radunati per la celebrazione della santa
Il Messale italiano in uso si era lodevolmente preoccupato di dotare di melodia questi interventi, per una coerenza con le parti del presidente. Senonch la motivazione non stata compresa e la prassi continua a dare spazio ad interventi musicali suggeriti da criteri estrinseci al rito. Lesito molte volte nella direzione del gi denunciato effetto Arlecchino.
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messa non sono meno importanti delle orazioni, delle letture, dellomelia, per la comunicazione autentica del messaggio della liturgia, perch fomentano il senso della fede comune e della comunione nella carit. Affinch siano pi diffusi tra i fedeli, bisogna che siano abbastanza stabili, onde evitare confusione tra il popolo. Entro cinque anni dalla pubblicazione di questa Istruzione le conferenze dei vescovi dovranno preparare la pubblicazione di un direttorio o repertorio di testi destinati al canto liturgico, con il necessario aiuto delle Commissioni nazionali o diocesane interessate, e quello di altri esperti. Questo repertorio dovr essere trasmesso alla Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, per la necessaria recognitio.
Un vecchio auspicio, gi formulato vari anni orsono nel IV Convegno di questa serie (Ariccia, ottobre 1996), ora divenuto istanza normativa. Ed stato preso in seria considerazione dal gruppo di lavoro: si tratta della prima elaborazione di un antifonario della messa in italiano, che proponga i testi destinati al canto liturgico. Finalmente, dopo tanto agitarsi a partire dalle musiche e dai gusti musicali, si ritorna a valutare limportanza primaria di un testo ufficiale, ritenuto atto a dire la fede e ad esprimere la lode della comunit, in sostituzione delle bizzarrie devote dei singoli. Gi la selezione eseguita dal recente Repertorio nazionale aveva riservato una buona ma non totale attenzione ai testi: per cui si impone la necessit di una scrematura. Si dovr approfondire il problema di un tipo di ufficializzazione tale da ottenere il buon effetto di una certa stabilit, ma che nello stesso tempo non cristallizzi limpegno di una creativit. Essa dovr continuare con prospettiva di arricchimento e sforzo di affinamento. Occorreranno poi un collaudo di esperienza e la saggezza del discernere. Intanto lorientamento dei lavori del gruppo in accodo con il piano superiore262 si assestato su un progetto che prevede quanto segue: 8. Per le classiche antifone di Introito e di Comunione, quali figurano come sopravvivenza assai rattrappita dellAntifonarium Missae, la soluzione italiana entro il corpo del messale sar il rispetto della scelta operata dalla typica. Questi antichi canti sono stati riproposti a modo di antiphonae legendae263. Se ne conservato il contenuto fondamentale ma destrutturata la loro forma musicale.
Si allude al consenso manifestato alla proposta avanzata dal gruppo di lavoro da parte del degnissimo Segretario della C.E.I., mons Betori. 263 Ovviamente per le melodie ed i testi completi in latino restano attuali le indicazioni dellOrdo cantus missae, realizzate nel Graduale romanum. Oppure la soluzione pi economica ed assai interessante del Graduale simplex.
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La traduzione biblica adottata sar, per quanto possibile, quella della nuova versione C.E.I.264 Questo orientamento agevola i lavori e facilit lesito positivo della recognitio ufficiale. Ci tuttavia non esclude la possibilit che questi testi possano essere ripresi e rielaborati, secondo necessit, da responsabili che sono in grado di dare loro una forma musicale funzionale, salvo il loro contenuto sostanziale. 9. Verr altres salvaguardato e completato il corpus delle antifone evangeliche di comunione, che non figura nella tipica ed un apporto originale delladattamento gi eseguito ed approvato con ledizione italiana del 1983. 10. In ottica orientata pi decisamente al canto ecco le soluzioni concordate: Un adattamento di vari brani classici dellAntifonario o del Messale stesso, per testi antifonici o responsoriali tali da comportare una efficacia sia mediante una loro buona proclamazione, sia mediante la loro musicazione. Alcuni strettamente propri per una solennit, ed altri utilizzabili in pi circostanze nellarco di un tempo liturgico. La redazione nuova, o la selezione tra i materiali gi prodotti, di un certo numero di composizioni formalmente di natura strofico-ritmica, per un canto di orientamento pi innico o pi conforme a gesti processionali. Una riscrittura (oltre quella letterale del testo del messale) delle antifone evangeliche di Comunione perch i contenuti di questa ricchezza tipica del Messale italiano possano essere pi agevolmente rivestiti di melodia. Si ipotizza per svariate ragioni che questo antifonario si configuri come un fascicolo affiancante il volume del nuovo Messale in italiano, e tuttavia come parte integrante di esso a motivo della auspicata approvazione episcopale265 e della recognitio. Non nuoce il fatto di una soluzione che presenta un fascicolo editorialmente separato. Ci proprio anche delle edizioni latine.
Poich la nuova versione stata condotta sul testo ebraico, alcuni brani, in particolare se tratti dai salmi, devono a volte subire dei ritocchi (piccole aggiunte attualizzanti, sfumature interpretative, cambiamento dei tempi verbali, attenzioni per un collegamento in caso di centonizzazione di versetti...). Ci per un maggior rispetto della tradizione duso di essi quale si configurata nella Liturgia e nellimpiego della Vulgata (Cfr. Liturgiam authenticam n. 24). 265 Spetta invero alle Conferenze Episcopali nazionali il ruolo di approvare i nuovi canti liturgici. Nei confronto di responsabili decisioni in questo settore la Congregazione per il Culto non ha motivo di intervenire se non per questioni di gravissima portata.
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A partire soprattutto da questi testi nazionali e ufficiali i musicisti creeranno nel futuro prossimo delle melodie opportune, variamente adatte alle circostanze di tempo e di luogo. La loro qualit e la loro funzionalit, recepita e gradualmente socializzata, diventeranno dei fattori determinanti per la loro diffusione. In vista dellattuare, in modo naturale e non precettivo, entro un certo tempo, quella relativa stabilit, preziosa in quanto esprime un fatto comunionale ed veicolo efficace di valori affettivi e simbolici.
Conclusione
Cos pongo fine a questa esposizione il cui contenuto assai rapsodico debitore della situazione in cui ci troviamo a lavorare. Un pensiero conclusivo dettato dalla mia personale visione e dal mio atteggiamento di spirito e dalle mie convinzioni, il seguente, e lo comunico con semplicit a modo di testimonianza. La sostanza e lo spirito della riforma liturgica del Vaticano II sono un fatto ecclesiale irreversibile: credo che nessuna porta dellinferno potr prevalere. Non mi fa meraviglia pi di un tanto se un fatto ecclesialmente e culturalmente cos rilevante come il cammino della riforma liturgica subisca, a tratti, delle scosse che sembrano dei dissesti. In realt anchessi possono contribuire a verificare la fedelt e a determinare, gradualmente, ad un assetto pi solido e pacifico. Certo si deve lottare per rimanere nelle zone di luce dei principi e delle loro irradiazioni; e si deve optare per il meglio nella disciplina e per loptimum nel realizzare degli strumenti celebrativi. Tuttavia non precisamente quello dei mezzi per o del perfezionismo degli strumenti lelemento pi determinante e necessitante. Esso coincide invece con il dono di s stessi, sorgivo per una spiritualit che sa trasfigurare tutto e tutti. In fondo la vera bellezza per Dio e la lode autentica davanti a Dio siamo noi stessi, con i nostri fratelli di fede, ringiovaniti da perenne conversione.
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Premessa
sembrato utile articolare questo intervento introduttivo ad una discussione di gruppo tenendo conto dellordine e dellorizzonte di riflessione proposta dai due temi di carattere fondativo, presentati nella prima parte del Convegno. Le relazioni portanti mettono a tema: 1/ La vita liturgica tra mobilit spaziale e rapidit temporale. 2/ Fede e sacramento: iniziati ai sacramenti e/o iniziati dai sacramenti? Questo contributo cercher di tener conto di tali problematiche, evidenziandone i risvolti che concernono laspetto specifico del canto liturgico. La organizzazione della materia finalizzata cosa urgente e fondamentale a far maturare una sintesi organica supportata da ragioni dottrinali, come orientatrice dun lavoro pastorale liturgico pi attento e pi motivato nel settore.
1.1. La voce come verit della persona (al singolare e al plurale) Mi pare utile partire da qualche annotazione su quel dato basilare che prende in considerazione la voce in quanto attestazione di vita ed impellenza manifestativa delle pulsioni vitali; in quanto si offre a modo di rivelazione corporea del proprio essere interiore. Contro un certo riduzionismo tendente a creare dicotomia tra sfera biologica, psicofisica e intellettuale, la tesi qui sottesa quella che si supporrebbe pacifica dellunit della persona umana. La voce risuona come quintessenza del corpo, come snodo della psiche, come apertura e ricerca di complementariet dellessere. Non il caso di prendere le mosse dalla mitizzazione del fenomeno della vibrazione vocale fino al punto di ipotizzarlo addirittura quale elemento archetipico della creazione. A noi basta considerare, in prospettiva antropologica, lincontestabile ruolo primario del sistema pneumofonico, come impatto di visceralit, di mediazioni fisiche (respiro, muscolatura mediatrice, canalizzazione vibratoria, risonanze amplificatrici...) e ancor pi come coadiuvante di progressiva autocoscienza. Lautocoscienza infatti mentre disciplina, gradualmente, lurgere espansivo della potenza vitale, la rende espressiva della propria individualit mediante percorsi di simbolizzazione. Come il respiro per la vita, cos la voce umana esiste, essenzialmente, per il linguaggio. Sul ritmo biofisico della ispirazione luomo accoglie il dono dellaria; e si esprime avvalendosi della Fidei canora confessio
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espirazione sonora, gi dallinfanzia al fine di manifestare quasi visceralmente i propri bisogni; poi con la crescita linguistica questo soffio si fa dono di alitazioni arricchite delle impronte di una peculiare vocalit, connotate da una personalissima traccia sonora, cariche di significati eloquenti: tanto da supplire a volte la stessa presenza di significanti verbali e da superarne la pertinenza. La voce parlata, vibrazione totale del corpo, gi a livello di elementare intonazione diventa uno dei pi specifici connotati della irrepetibile personalit di ciascuno. Poi, nel perfezionarsi delle formalizzazioni linguistiche e degli stadi espressivi, si arriver alle potenzialit superiori del canto (poesia e suono), allorquando si aprono vie di navigazione verso gli orizzonti pi elevati del sentire e del dire; si dar corpo ai moti pi reconditi ed ai sentimenti pi sfumati dellanimo; si creeranno simpatie, sintonie e fusioni di una calda reciprocit. Come si pu intuire, stiamo muovendoci seppure per accenni nella direzione di questioni essenziali, sia per la vita personale che per la convivenza sociale. Invero il problema primario che si affaccia e che veramente importa di natura etica: in gioco la coerenza con se stessi: scoperta, ricerca e manifestazione della propria verit; lotta nei confronti di ogni dissociazione tra interiorit ed esteriorit. In definitiva ne va della autenticit di amore della propria vita e di quella degli altri. Certo, restano ognora possibili delle negativit delle ambiguit e falsit: quella di un mutismo disumano e disumanizzante, quella di una perversione linguistica e di una degradazione diabolica dei simboli sonori. Chiamo tale deriva la menzogna radicale. Si possono altres operare talora delle strumentalizzazioni del suono e della parola per ragioni giustificabili (gioco, ironia....); in questo caso si tratter di artifici persino utili, entro un limpido contesto comunicativo. contro la finta intenzionale diversamente modulata o camuffata che si deve combattere senza remissione; n potranno essere risparmiati degli atteggiamenti di mutismo o di chiacchiericcio linguistico, arroccati nella ignoranza, nel pregiudizio, in una pseudocultura, o semplicemente in un perbenismo pigro. Si tratta di atti moralmente meno gravi, ma egualmente subdoli e dannosi.
1.2. La parola e il suo continuum sonoro Un altro richiamo utile mi sembra quello teso a favorire il superamento di quella mentalit e prassi che avvallano in termini definitori quelle che sono soltanto delle riduttive convenzioni: dico le opposizioni/contrapposizioni per varie ragioni invalse e radicate
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anche nelle prassi tra suono e rumore da un lato e tra parlato e cantato dallaltra. Un tale modo di concepire le cose piuttosto diffuso anche tra chi, a vari livelli, si occupa di liturgia oggigiorno rischia di essere almeno culturalmente obsoleto. Potrebbe essere il tempo, oggi, di imparare ad usare altre terminologie e di assimilare, seppure duttilmente e criticamente, una visuale assai pi articolata. Noi viviamo (e celebriamo) allinterno di molteplici panorami sonori, che sono esito di plurime fonti di produzione e che sono disponibili a fruizioni dei pi svariati tipi. Si tratta di valutare, per darle ospitalit e discreta presenza, ogni voce, ad ogni elemento che ha voce, sia essa verbale o non verbale; anche se, ovviamente, il prendere corpo e il dilatarsi della parola resteranno privilegiati. Ma anche questa oralit, a sua volta sar, aperta a tutta la gamma espressiva quale viene suggerita dalla autenticit dei comportamenti linguistici e dei percorsi comunicativi. Invero ci che usualmente chiamiamo il parlato e ci che denominiamo canto, sono azioni foniche in linea di continuit e si avvalgono degli stessi meccanismi di emissione; v tra loro solo una gradualit determinata dallimpiego di varie miscele di elementi intenzionali, tecnici ed affettivi. Qui penso gi pur partendo da uno stadio preliminare a quei riti sacri i quali se, per varie ragioni, possono celebrativamente configurarsi senza elementi di canto, non possono invece mai venire privati di un loro universo musicale e poetico. Lesposizione ragionata e descrittiva dei passaggi e degli elementi che si colgono in quello che nomino continuum sonoro non pu essere affrontata esaurientemente in questa sede. Tuttavia da esplicitare e valutare almeno qualche loro manifestazione di maggiore emergenza. Chi non oppone resistenze pregiudiziali le scoprir come apportatrici di densa comunicativit, di calore, di sentimento, di simbolicit, di ludicit... entro la totale performace di un evento. Eccoci allora (per ritornare daccapo, lasciando da parte la memoria sulle speculazioni concernenti quei suoni archetipici che gli antichi chiamavano armonie delle sfere) a considerare, anzitutto, le voci udibili e per cos dire naturali che sono il linguaggio del creato e delle varie creature; quelle voci che partecipano ad una liturgia cosmica delle stagioni e degli anni. Tra laltro esse risultano sottolineate, con tanta cura, nella poesia in genere ed in specie nella lezione dei Salmi biblici. Poi le voci prodotte dalloperare dei viventi (tutto ci che ha soffio di vita, secondo il Sl 150): una amplissima serie di bocche aperte sulle opere ed i giorni.
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Ed infine e soprattutto, a partire dalle sorgenti della voce umana o dalla loro culla i sussurri, i sospiri, i mormorii; e ancora, le prime elementari intonazioni di cantilene pacificanti, emissioni di grida di stupore esclamante, di vitalit acclamante (euforica per il gaudio o lancinante per il dolore); e appelli di supplica accorata, scambi di dialogicit confidenziale, intreccio di messaggi scanditi con incisivit e ritmicit persuasa e suadente... Si potrebbe proseguire delineando le tipologie di sincronia-sintonia tra voci umane, e tra coralit ed amplificazione mediante impasti strumentali, con suggestioni timbriche, con giochi di contrappunto o deco, con effetti di ludicit concertante... Nelle trame della vita relazionale intervengono, a cumulo, gli inviti, gli annunci, le esortazioni, le dichiarazioni, le ingiunzioni, gli avvertimenti imperiosi o soavi, i consigli pacati, le proclamazioni di notizie coinvolgenti, le proposte di pacate meditazioni, le formulazioni di insegnamenti sapienziali, la coralit degli assensi o delle suppliche... Tutto questo costituisce un universo di ritualit comunicativa tanto basilare che la stessa liturgia non pu non fare propria. A questo stadio si affaccia e si configura sempre pi chiaramente quella prassi che diremo verbo-melodismo. In altri termini entra in atto una progressiva formalizzazione/stilizzazione, tributaria dei suggerimenti di stati psichici, delle pratiche culturali e col sostegno di mediazioni tecniche. Si snodano, si precisano e si dispiegano cos gli aspetti di un ventaglio intonatorio o di una spirale sonora, che percorre la gamma tra un canto che resta un parlato fino ad un parlare cos intenso da assumere ali e slanciarsi nei voli dei melismi melodici. Un punto ideale del percorso comunicativo quello della parola poetica: parola scelta con accuratezza immaginifica e finemente elaborata, perch rechi gi inscritte in se stessa le potenzialit di trascendere le sue denotazioni. Nel dire poetico i suoni-parola, in s stessi, risultano cos organizzati che i significanti intervengono solo in forme rimodellate e calibrate, sostanziate da una molteplicit di scansioni ritmiche, di sospensioni e silenzi, di giochi assonanti o sonori: pronti a rivestire pi ampie ed esplicite volute melodiche diversamente dosate. Dalla plenitudine poetica del verbum alla sua epifania cantata: ecco un continuum che da sempre pratica indiscussa. La mutua fecondazione sfocia in forme, in inquadrature, in compimenti recanti con il marchio della genialit compositiva anche quello delle prassi sociali e delle esperienze culturali. Si pensi alla grande tradizione musicale, legata alla ritualit religiosa o a quella dei costumi sociali. Ma si badi bene che nemmeno tra la parola detta e la parola propriamente cantata esiste una specie unica di contratto nuziale. Nemmeno lesito poetico descritto, cio quello di un equilibrio pi perfettamente raggiunto mediante creativit e tecniche, rappresenta
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per s lo stato sotto ogni profilo ideale e definitivo. In vista del totale continuum comunicativo/espressivo liturgico di cui ci interessa trattare, anche i momenti apparentemente trasgressivi tanto quelli di un meno quanto i superamenti determinati di una eccedenza possiedono un loro posto, un loro ruolo, dei loro tempi. Per rifarmi ad una lezione classica ricordo che, oltre la verbalizzazione intonata e alla densit canora della poesia, sono possibili le configurazioni di quellespandersi apofatico denominato iubilus, cos ben descritto da Agostino. Il quale Dottore, daltro canto, riflettendo sulla esperienza spirituale e sui linguaggi celebrativi, valutava prudenzialmente anche la opportunit o la necessit di un meno di fascino musicale, e rimemorava lopportunit di un ascetismo che fosse garante del primato del verbum, quando ad esso deve spettare il primo posto. Ancora: un altro tipo di aldil extraverbale a parte le sue esplicite o implicite dipendenze dalla retorica e dalla poetica rappresentato dalla musica strumentale o dalla musica pura. Ma ad essa possibile, quando e collocata entro la eloquenza di un determinato contesto, parteciparne ed amplificarne il ruolo linguistico e relazionale. Infine la soglia del silenzio: agognata saturazione e fecondo riposo. Anche nella Citt celeste, descritta dallApocalisse, annunciata una misteriosa mezzora di silenzio, tra linondazione dei flutti sinfonici prodotti dai citaredi e il concertato dei cantici dei salvati, sul canto fermo della angelica qedusha, proclamata incessabili voce. Il suono della parola e la parola sonora maturano la loro radicale vocazione nella dissolvenza, per un sostare muto in amore e in stupore con un tu. Non silenzio tombale, ma silenzio di grembo turgido: accoglente terreno di nuove seminagioni e fioriture. Unultima osservazione: i risvolti molteplici attuatori di questa prospettiva globale concernente articolatissime sonorit non potranno essere applicati ai riti cristiani in ventiquattro ore; tuttavia non si pu non coglierne la valenza fondativa in quanto base antropologica e culturale. Viene delineata una pista umanizzante per favorire il raggiungimento di quella verit di noi stessi alla quale antecedentemente si faceva accenno, e che essenziale per una dimensione cultuale vissuta in spirito e verit. 1.3. Il canto come pienezza comunicativa Su questo punto non necessario insistere ulteriormente, salvo lutilit di attirare lattenzione su un ulteriore aspetto: limportanza della qualit della fonazione fisica in rapporto ad un tipo di densa esperienza umana di percezione.
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Entro questo ambito con un occhio spinto al celebrare alludo almeno al dato della reciproca stimolazione energetica tra persone quando, in contemporanea, cantano e si ascoltano con disponibilit ad entrare in simbiosi vibratoria. Lorientamento comune della energia ricevuta e trasmessa riesce a configurare un corpo sociale. La semplice mutua comunicazione o volont di comunicare si trasmuta in uno stato superiore che comunione, in un trascendimento dellio verso il noi, ed eventualmente di un noi verso un voi. Questa una grazia del canto corale simpaticamente partecipato. Gi a livello antropologico-sociale esso forgiatore di situazioni antibabeliche. Per concentrare il tutto sinora dichiarato pu opportunamente servirci la parafrasi di un proverbio: Dimmi come parli/canti e ti dir chi sei. Il chi sei vale al singolare e vale al plurale: pu ben essere riferito ad una persona corporativa che agisce. Vi sono, infatti, dei suoni della parola che sono inconfondibilmente comunitari. Non pu esistere una autentica comunit che sia muta o afona. La voce collettiva si caratterizza persino a livello di fonetica e di stile comunicativo. Gi i riti umani ne sono un banco di prova e di verifica.
Questo secondo punto verr teoricamente esposto per accenni pi rapidi di quelli antecedenti. In compenso dovrebbe essere il pi trattato entro un dibattito assembleare, investendo esso delle problematiche scottanti e veicolando quelle strategie nel campo del fare pastorale nei confronti del quale tutti siamo bramosi (e un poco illusi) di dar prova di soluzioni risolutive. I termini della questione circa i fenomeni di mobilit e rapidit sociologicamente analizzati, qui vengono riportati ad alcune delle loro manifestazioni fenomeniche e ad alcune interpellanze culturali.
2.1. La musica sacra nella relativa staticit di ieri: quali lezioni per loggi? Intorno alla categoria musica sacra non intendo dare adito alla reviviscenza di questioni gi affrontate, talora non senza tensioni, in incontri precedenti. Uso questo aggettivo come testimone di uno sforzo fatto, nel passato non troppo lontano, per dare, alla luce di linee di principio e con determinazione di connotati precisi, un assetto relativamente statico e tranquillizzante alluso del codi-
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ce sonoro nelle chiese. Basti pensare ai connotati di essa musica, stabiliti nella precettistica di un codice giuridico e ribadita a scadenze insistenti ma probabilmente senza una aggiornata riflessione culturale e teologica. Si parlava di santit, di bont delle forme, e di universalit, ma facendo leva su una concezione e su un modello liturgico che oggi troviamo di non convincente portata. Cantare gregoriano, eseguire polifonia palestriniana pi o meno doc, accogliere composizioni cosiddette moderne su testi fissi, controllate e stilisticamente standardizzate secondo un sentire invalso: ecco le coordinate di una soluzione ecclesiastico-occidentale ritenuta valevole per grandi e piccoli, per acculturati e meno, per abitanti della antica cristianit e del terzo mondo. Oggi tutto ci quasi scomparso e le sopravvivenze sempre pi rimosse; siamo entrati in uno stadio di vantata novit, la quale, per, rischia lo sbando. Il Concilio ha tracciato dei principi in vista di un modelli di celebrazione liturgica pi fedele a Dio e agli uomini, ma la applicazione di quelle norme, anche limitatamente al nostro settore, non stata facile dal momento che necessariamente incrociava dissesti culturali sopravvenuti, con rapidazioni impreviste. Poich sarebbero degli atteggiamenti egualmente insipienti sia quello di emettere sentenze quanto quello di piangersi addosso, non resta che rendersi conto della situazione presente ma senza la paura di rivalutare qualche dato del passato. Ed a questo proposito, della situazione liturgico-musicale preconciliare, pur conoscendo i limiti di cui era dotata ed era tutrice (necessitanti di un ridimensionamento) credo si debba avere il coraggio di cogliere anche alcuni dati positivi, non valutati equilibratamente dai giudizi troppo sommari emessi nei primi tempi della riforma liturgica del Vaticano II, per un accecamento indotto dalla euforia del rinnovamento. Ravviso due di questi aspetti: a) Esistevano, nei secoli addietro, una provata oggettiva fedelt al rito normato ed una tradizione di partecipazione che non si limitava alludire la messa. Il tutto magari vissuto ma come si fa a giudicare? con minore consapevolezza soggettiva, e comunque non per ci meno efficace. Voglio dire che se il popolo cristiano non faceva i riti (nel senso di un certo tipo di attivismo attualmente auspicato) essi continuavano a fare il popolo; lo plasmavano e lo rimodellavano con le loro scansioni ripetitive, con la suggestione del loro contesto simbolico globale il quale possedeva una eloquenza superiore a quella della lingua latina non a tutti familiare. Ne usciva n pi n meno che ai nostri giorni un popolo di poveri con file di mediocri e drappelli di santi. Ho limpressione che oggi, nella stessa rivalutazione antropologicamente motivata della funzione della ritualit dopo il sciocco tentativo teorico e pratico di far coincidere modernit e de-ritualizzazione si proceda pi nel senso di
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una loquacit enfatica sul tema, che in direzione di un effettivo ricupero e rigoroso rispetto delle componenti rituali. Ovviamente mi riferisco, pi esplicitamente, a considerazioni attinenti la parola e il canto. In questo settore uno dei valori tradizionali per esecutori o ascoltatori liturgici non importa era la potenza linguistica di quella esperienza che in termini moderni potremmo chiamare fonosimbolica. Ad ogni latitudine a ad ogni et si configura una assuefazione simpatica a certi suoni (supponiamo quello della campane), a certi timbri, a certi schemi melodici. Essi permeano la psiche, e continuano a disporre di una valenza performativa benefica per lesistenza: sia a livello di appropriazione di contenuti testuali, sia come plesso di risonanze affettive, sia come offerta di indici evocativi con potenzialit a ri-situare i soggetti con laiuto della memoria entro specifiche coordinate spaziali e temporali. Invece la prassi del canto liturgico, come di fatto in molti casi oggi avviene, tendenzialmente ed oggettivamente a-rituale: basti pensare allimpiego di canti passe-partout, allosmosi e alla confusione acritica tra repertori liturgici, catechetici, devozionali e persino da intrattenimento oratoriano... La leggi soggiacenti a certe scelte sembrano da un lato quelle di una neo-staticit di tipo rinunciatario, e dallaltro quelle di un soggiogamento al dinamismo consumistico anche devoto dellusa e getta: programmi, naturalmente, sempre difesi con letichetta della pastoralit. Sono consapevole di emettere un giudizio assai duro: ma mi ostino a ritenerlo non insensato. b) Riaffermo poi dato alquanto pacifico nel regime pre-conciliare limportanza di quanto hanno richiesto e gi pi volte ribadito autorevoli voci: il poter disporre ed usufruire a tutti i livelli di assemblee locali di un comune minimo patrimonio repertoriale a dimensione cattolica. Esso pu attingere in parte dalla tradizione ed essere in parte anche di nuovo conio; non ci che interessa. Ci che davvero importa che esso sia concordato ed accolto come segno e strumento di trascendimento delle differenze. Parlo dunque di una certa riserva simbolica manifestativa di una Traditio da valorizzare e di una ricerca di unit da attuare a livello simbolico celebrativo; dunque in direzione sia diacronica che sincronica, compatibile con le differenziazioni e le peculiarit locali. E questo non solo per ragioni funzionali (come quelle che si impongono in vista di grandi o maxi raduni) bens in prospettiva precisamente ecclesiologica/eucaristica. Anche su questo punto un esame di coscienza circa la mentalit ed un rilevamento della situazione vigente salvo tentativi di isole felici dona degli esiti piuttosto deficitari. Alcune recenti interpretazioni delloperazione Repertorio nazionale sono una spia interessante di una frantumazione non fatale ma voluta e cullata.
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Ho cercato di riferire alloggi delle considerazioni basate su dati ovviamente rilevabili nel passato remoto. Le ho presentate come impegni da attuare, e non come iniziative da problematizzare. come un tentativo di un qualche punto di ancoraggio nella burrasca di questioni di varia portata, insorgente dalle nuove situazioni socioculturali.
2.2. Alcune questioni poste dagli attuali dissesti (per nuovi assetti?) Lo schema tenta di tracciare alcune piste nella foresta scomposta di una situazione che pare privarci di orientamento. I fenomeni di mobilit e di rapide mutazioni di cui abbiamo coscienza provocano, anche nel settore delluniverso sonoro liturgico, un magma di difficolt davanti alle quali ciascun responsabile si deve sentire impegnato a dare qualche apporto almeno sperimentale -in vista di soluzioni per quanto possibile positive. La mia proposta tematica consiste in un semplice elenco, offerto allattenzione come strumento di dialogo e di eventuali ulteriori riflessioni. La testimonianza esperienziale di tutti pu costituire un comune arricchimento. Qui dunque sotteso e resta aperto un tono interrogatorio 2.2.1. Problemi a livello di percezione La quantit e il tipo delle audizioni di musica oggi consumata agevolmente da ogni categoria di persone, soprattutto quella diffusa dai mass-media, determinano socialmente dei mutamenti percettivi di rilevante e contrastante portata: una esaltazione fisiologica delludire ed un ottundimento dellascolto interiore. Si ricava abitualmente una immagine assai suggestiva dei prodotti, dellopus elaborato con lausilio di raffinatezze tecnologiche, talora sproporzionate allintrinseca qualit artigianale o artistica (si parla sempre di artisti!). Il che, daltro lato, aiuta a raffinare le attese e a generalizzare le esigenze di qualit esecutiva. Diviene sempre pi abituale lassociazione tra musica e immagine. Si tende ad una specie di sentire con gli occhi, ad una situazione di intercambio sensoriale pi che integrazione sinestetica, mediato talora da una esotica ritualit, impastata di ingredienti associativi e dissociativi. Leffetto causato quello di una emozionalit psichica primaria che talora raggiunge strati e stati viscerali. Si impongono miticamente le figure dei personaggi, con attenzione alle loro dinamiche comportamentali, delle loro fogge, alle loro dichiarazioni... Il plesso di meta-messaggi, accolti a volte
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senza alcun discernimento critico, surroga o disattende la componente di un sostanzioso rapporto di comunicazione o di discorsivit. La prevalenza, ossessiva ed aggressiva, di scansioni metrico ritmiche, di volumi, di ostinati timbrico armonici. Stimolazione di stati euforici artificiali, di pseudo incantesimi individuali e collettivi, di motricit istintuale. Oppure, nella musica considerata pi dotta si insinua la ricerca di esotismi linguistici, di assemblaggi idiolettici per effetti spaesanti, considerati a volte con presuntuoso soggettivismo quintessenze della originalit creatrice. Si potrebbe allungare tale lista dei rilevamenti. Ma conviene piuttosto cogliere qualche elemento che ha attinenza con le nostre preoccupazioni. La consapevolezza dei cascami collegati a tali fenomeni deve contribuire ad imprimere al nostro modo di gestire i riti un marchio di alterit; a promuovere la decisione di allontanarsi da ogni scimmiottamento. Al nostro celebrare con la musica pu derivare, tuttavia, anche il vantaggio di una certa ossigenazione. Alludo ad una liberazione da codificazioni sonore troppo regionali e alluso ben vigilato di grammatiche compositive meno anguste di quelle basate prevalentemente su modelli arcaici o parzialmente desueti. Nel celebrare, poi, affidato a tutti il compito di una ricerca linguistico-rituale la migliore possibile. Peculiarmente un impegno esecutivo profondamente convinto e convincente nella linea del servizio ministeriale, quando, per situazioni di ascolto, qualcuno o un gruppo canta per tutti. 2.2.2. Problemi a livello della partecipazione attiva Scrissi una volta che le Istituzioni italiane (talune cos feroci nel giudicare quanto avviene nelle liturgie, ed altre sdegnosamente cieche o sorde a quanto vi avviene) dovrebbero piuttosto ringraziare la Chiesa per lopera di supplenza culturale che continua a svolgere, se non altro largamente salvando la pratica stessa del cantare. Infatti al di fuori delle organizzazioni corali (professionistiche o amatoriali) che agiscono in vista dello spettacolo o di qualche altro tipo di autogratificazione il canto, la voglia e la stessa capacit di cantare sono pi spenti che languenti, negli ambiti dellodierno vissuto personale e sociale. Le nostre celebrazioni liturgiche vanno controcorrente. Questo antropologicamente ed evangelicamente un buon segno. Il che suggerisce di saper usare un po di misericordia nei confronti di quelle persone che fanno fatica ad aprire la bocca nelle stesse assemblee cristiane.
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Ma la promozione di una partecipazione attiva al canto corale nei riti sacri ripropone questioni radicali di scelte. Devono essere frutto di ricerche e valutazioni attente, ma poi devono essere assecondate da capacit decisive di accoglienza, bench costosa e coimplicante aspetti di rinuncia. La mobilit delle persone, sopratutto nei giorni festivi, suggerisce una diffusa adozione di linguaggi melodici familiari (nel senso di socializzabili e praticabili da tutti): sembra richiedere persino lintroduzione e lincremento di brani plurilingui per la preghiera cantata, con relativi sussidi. Va da s che le scelte repertoriali per celebrazioni autenticamente assembleari impongono la rinuncia agli stili musicali e alle abitudini comportamentali dei gruppi. Capita invero che certi interventi gruppuscolari che si etichettano con la qualifica gruppi di animazione diventino fattori di mortificazione della massa dei fedeli... Talora questi vantati servizi assomigliano anche a dei tentativi di neo-colonizzazione oppure a forme seducenti di proselitismo. Ben diverso il caso in cui dei fratelli dei fede, che provengono da altrove, sono presentati ed invitati a dare qui ed ora una testimonianza anche canora, del modo di cantare il Mistero di Cristo nei loro ambienti di origine. Va da s il tema della doverosa gerarchizzazione ministeriale degli interventi cantati (assemblea, coro, coretto, soli). Purtroppo gli esempi anche molto pubblici come quello televisivi spesso non sono di buon esempio. Sempre tutto per tutti: per non tutto pu essere eseguito da tutti; n quello che spetta a tutti non pu essere delegato a pochi. Tutto ci fa parte del rinnovato modo di concepire la solennit, secondo le istanze della istruzione Musicam sacram.
2.2.3. Alcune attenzioni a livello pedagogico Una insistenza nel donare a tutti i credenti delle motivazioni profonde del canto, facendone emergere lintera scala delle valenze e dei valori: da quelli antropologici a quelli esplicitamente teologici e teologali, come si accenner tra breve. Educare allaccoglienza e allascolto; uno degli aspetti della realizzazione dellunit anche quello di rendersi generosamente aperti alle differenze. La fede unica ma i suoi linguaggi possono essere molteplici. Ci si pu e ci si deve sentire a casa propria (pellegrini ed ospiti ma non stranieri) anche in una nazione estera ed allinterno di una cultura diversa. Ovviamente in una prospettiva di fede e non di fruizione curiosa, a modo di un bagno nel folklore. Ogni comunit dovrebbe equipaggiarsi di animatori davvero competenti, e non solo volonterosi, nellesercitare i loro ruoli nel
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campo delle scelte e delle gestioni. Chi non ha studiato seriamente non pu imporre decisioni, insegnare, guidare, accompagnare. ovvio che non sar sempre e ovunque possibile mettere in campo degli apporti professionistici; ma certi modi di fare che si collocano al di sotto di una decenza artigianale diventano intollerabili e talora scandalosi, soprattutto per chi abituato a viaggiare e ad immergersi in molteplici esperienze. Delicato resta sempre il problema pratico di qualche momento di prova immediata dei canti. La sua efficacia esige una padronanza assoluta del saper fare dellanimatore, che opera in forma suasiva e misurata. Il suo fine consiste precipuamente nellinfondere agli astanti un senso di fiducia tale da promuovere consenso, donare coraggio e suscitare entusiasmo. 2.2.4. Attenzioni a livello organizzativo Un richiamo allesigenza pratica che tutti possano disporre di sussidi, accuratamente adattati al tipo di celebrazione prevista. insipiente luso di sussidi standard preconfezionati, i quali poi, magari, vengono variati o contraddetti da scelte locali. Una cura attenta va dedicata ai supporti strumentali, alla loro variet determinata secondo la funzionalit. Un programma rituale di canto e suono, come azione linguistica complessa, pu esigere ben pi dellimpiego di un organo, sia pure tubulatum e canonicamente benedetto. Unaltra attenzione quella che concerne lorganizzazione spaziale (simbolica e funzionale) e la conseguente disposizione, attuata con pertinenza, di tutti coloro cui spettano interventi di canto. La parola conclusiva circa questo punto la dico con tranquillit questa: si devono certamente tenere i piedi interra ma con gli occhi aperti verso tutto ci che capita; bisogna essere attenti ai segni dei tempi (grande contenitore semantico oggi di moda): ma avvertendo anche che n il Signore ha detto n il Concilio Vaticano II ha fatto capire che tali segni siano tutti e sempre da considerare come segni positivi. Pertanto rivolgo spesso a me stesso linvito ad una vigilanza e ad un discernimento critico nei confronti dellinsorgere di fenomeni di pseudo-cultura e di disumanizzazione anche se venissero etichettati come sintomi o fattori di progresso. Comprendo la necessit di una resistenza, di una discontinuit rituale e vitale nei confronti di certe logiche e programmazioni del saeculum. Tutti del resto abbiamo sottocchi gli spettacoli di insipienti esaltazioni idolatriche, di effimere ed evasive catarsi o di nevrosi collettive di vario tipo, che falsano dei modelli e conculcano dei valori.
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Il titolo di questa parte va colto in tutta la sua dimensione impegnativa. Si tratta di accogliere i percorsi di un cammino purificatore e di conversione profonda. Parlando di liturgia, di azione sacramentale, sono da trascendere anche a livello delle necessarie mediazioni segniche certi orizzonti di intenzionalit e certe configurazioni di prassi che possono essere ammessi ad altri livelli (nel campo delle prassi sociali, in una ritualit di contenuto antropologico o folclorico).
3.1. Perdurante necessit di rimuovere degli atteggiamenti mentali e prassistici errati Riguardo al nostro settore restano vive e forse vegete delle deformazioni che nel passato hanno potuto penetrare nei sacri riti e che poi, deformate, subdolamente sono attecchite nella concezione di una Liturgia prevalentemente cultuale: quando veniva eminentemente considerata come lo fu nei secoli del cosidetto splendore della musica sacra quale forma seppur sublime di una giustizia religiosa che nasceva dal basso. Non si vuol condannare il passato, ma nemmeno onesto tacerne quello stadio di imperfezione nel concepire lo specifico della ritualit cristiana: essa quanto allessenziale imperata era vista riduttivamente come contenitore di sacralit e valutata come occasione delle dispensazioni di una invisibile grazia. Nella impossibilit a ripercorrere analiticamente i vari percorsi storici per individuare epocalmente i modi caratteristici di eseguire i repertori musicali e le peculiarit prevalenti nel concepire le funzioni della musica sacra, accenno almeno a due esempi per ceti aspetti problematici: Il primo quello di eredit soprattutto barocca emerso quando il canto rituale costitu (e come tale venne persino teorizzato) un intrattenimento prevalentemente emozionale, apologetico ed edificante. Si sa che ogni spettacolo ha bisogno delle sue trovate, dei suoi epocali pippi-baudi, con vallette e show-mann di turno... Lintrattenimento liturgico basandosi su una parte di verit era considerato globalmente santo ex opere operato; forse erano meno considerate, tutto sommato, le dimensioni di fede e di santit dei liturghi. Senza generalizzare, si pu tuttavia riflettere: se soltanto Dio pu sapere la qualit del tipo donore che essi gli rendevano pur vero quanto la storia documenta nel contempo: quei cantori e musici erano assai tentati (ma anche oggi possibile lo stesso) di esporsi, di divertirsi e divertire, di ricevere lodi ed accumulare attestati di benemerenza... Magari si autoconvincevano di essere benefattori del popolo cristiano. Ma ci che importante domandarsi se tale atteggiamento sia davvero dissolto oppure resti presente, o trovi reviviscenze...
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Unaltra ambiguit, alimentata da vari bollori romantici, quella della riduzione allestetismo della verit e della moralit. Il bello come propriet trascendentale dellessere, che coincide con il vero e il buono, viene come oggettivizzato, soprattutto nei prodotti di prometeiche o misticheggianti poetiche musicali, concepite come ponti gettati verso la trascendenza, come scale per una ascesa religiosa universale. Un religiosit che tenta di nominare pi che di appellare, che sogna di trafiggere le nubi e di squarciare i veli con il proprio verbo, pi che accogliere quel Verbo che si fatto carne. Di tali suggestioni e della loro pseudoteologia riduttrice della religione allarte si sono nutriti persino certi scritti sul tema della musica sacra; e si impianta, specie tra le baronie delle istituzioni culturali una mentalit estetica cos poco cristiana che gi Pio XII si sent in dovere di condannarla. Oggi tuttavia continua a serpeggiare e presume di emettere sentenze. Vorrebbe riorganizzare le sue falangi e rinverdire i suoi splendori e i suoi poteri padronali. Scendendo al piano raso terra, la mia domanda sollecita a riflettere se sufficientemente chiara a vari livelli, fino a quello della pratica dei cori liturgici una doverosa concezione estetica dellazione rituale come un pertinente fare operativo il quale non coincida con i parametri dellestetismo surriferito. Il quale si fa forte di motivazioni che possono essere condivise, come quella della valenza emotiva della musica. Solo che nella Liturgia la riserva emozionale al servizio di una esperienza di fede e non ha scopo soggettivamente gratificante; tanto meno asservibile ai bisogni indotti del prestigio o del consumo.
3.2. Lo statuto specifico del canto liturgico Qui si giunge al cuore del nostro riflettere. Non si rinnega nulla di quanto positivamente affermato, partendo da considerazioni antropologiche, in precedenza. Ogni parola liturgica, gi con la sua sonorit determina relazione e crea novit. La sua valenza informatrice tende ad essere superata nella performace di un incontro. La sonorit espressiva conferita al verbum mentale o al verbum grafico, agevola la comunicazione semantica e affettiva e la iscrive in un contesto che le permette un ulteriore straripamento colloquiale. Ma tempo di prendere in considerazione pi specifici punti di vista, che gli iniziati possono assimilare e gustare negli orizzonti della fede. A cominciare dalla declinazione di verit teologiche fondamentali, come quella che ci ricorda la trasmissione nella carne della verit e dellagape del Logos che era apud Deum. Nel cristianesimo e nelle sue celebrazioni questo Logos discendente che possiede lassoluto primato: perch Dio che si pro-
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nuncia e rivela quando formulabile umanamente del suo Mistero. Il popolo cristiano si forma sulla primaria convinzione che audito solo tuto creditur. Ma loriginario lascolto di un Verbum che accedit ad elementum. La sua corporeit determina e configura il sacramentum. A questo proposito non posso che rimandare alle limpide riflessioni proposte a noi da don Franco Brambilla nellultima parte del suo intervento. Tra di esse da sottolineare il punto di aggancio e di sutura sacramentale tra il Cristo e la Chiesa, che ne prolunga il mistero e il mandato salvifico. Appunto nella Liturgia (voce divina in carne umana) che prolunga la nuzialit tra il senso e i sensi; che attualit perenne della creazione pentecostale, assunzione dogni voce della prima creazione. Credere e celebrare dunque abitare in novitate vitae, divenendo parola, cos come il Verbo apud Deum. E dialogare salvificamente: incontro affettuoso tra verit fondativa e soggettuale, dandosi voce con ogni tipo di gamma fino alla massima plenitudine possibile. La parola liturgica nella sua traiettoria ascendente realizza latto di affidamento e di consegna, con una scansione che va dalla incisivit del contatto, alla saporosa evocazione di mirabilia, alla supplice invocazione da poveri, allintenso grazie di beneficati; ed anche orizzontalmente, nel contempo, consolida il consenso, contagia di benefico calore, pacifica tensioni e ne stempera i germi, attua un liberante gioco di danza, insegna la gratuit ed accende la festa. Qui si iscrive il ruolo specifico della parola liturgica nella sua fruttificazione sonora: ecco il canto come volto della grazia, come dono di aderire al chorus Dei di cui Cristo il cantor di ieri e di sempre. Il proprium del canto liturgico, in altri termini, non che il lasciarsi abitare dal Verbum per tradurlo in vox sotto le vibrazioni della Spirito Santo, per confessare Ges il Signore e per gemere Abba, Padre. I testi paolini fondatori della coralit cristiana additano esattamente questa prospettiva: per cantare inni, salmi e cantici spirituali bisogna che la parola di Dio dimori abbondantemente in noi, e bisogna che noi non siamo animati da alcuna altra ebbrezza che da quella dello Spirito, Dono dispensatore di doni, regista dei sensi spirituali. Cos con il canto liturgico, radicato nel corpo totale di Cristo infatti il suo canto nel nostro si perpetua il sacrificium laudis, nella forma offertoriale dei nostri personali corpi: sacrificio vivente, spirituale, gradito. La parola dordine che oggigiorno fa da leva alle esortazioni a cantare in chiesa : partecipazione: ma si osservi quanto la formulazione debole, se non caricata di questi significati misterici, e basata sui dinamismi teologali iscritti in noi dalla santa Iniziazione. A proposito della quale va sempre ricordato limportanza paradigmatica del rito anche se complementare della apertio aurium et oris.
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Col regime simbolico del canto si configura e si iconizza lesatto stadio del nostro vissuto escatologico, impastato di presenza e di assenza, animato da gaudiosa fruizione nella fede e di struggente desiderio, marchiato da morte sacrificale e da albori di risurrezione. Cantiamo: e mentre la parola ci nutre come manna nel procedere esodale ci trasforma in vivente profezia di quanto speriamo, tesi alla citt futura. In particolare lAnni circulus, che nellhodie sacramentale ci pone a contatto con lintero Mistero di Cristo, toccandoci con le singole rifrazioni di tutte le ore salvifiche, a rendere incessantemente fresca la reciprocit comunionale con il Signore e tra di noi. La nostra vita concreta certamente implicata, con tutti i problemi quotidianamente insorgenti; ma non essa a porre sovradeterminzioni ai contenuti ed ai gesti della fede. Da essi semplicemente si lascia illuminare e plasmare. Vita in Cristo e nella Chiesa: e perch non applicare questa luminosa prospettiva come vuole la coerenza e lovviet al nostro esprimerci sonoro: Canto in Cristo e nella Chiesa? La celebrazione liturgica non richiede n pi ne meno.
3.3. Le grandi funzioni rituali del canto nella Liturgia I dati da esporre in questo paragrafo sono schematizzabili secondo i diversi criteri suggeriti dalla prospettiva che si adotta. Si pu scegliere una indagine di tipo storico-genetica ed esaminare gli elementi contenutistici e gestuali collegati col configurarsi dei repertori di canto. Una prospettiva di rilevamento fenomenologico che considerasse tutti gli Ordines di unepoca e le loro articolazioni sequenziali, porterebbe ad un altro tipo di analisi, con esiti assai complessi e con una visione sincronica ma probabilmente incompleta di alcuni elementi. Una prospettiva di natura prevalentemente teologico-teologale, al contrario, sembra in grado di facilitare un quadro pi completo delle grandi funzioni del canto, anche se avr bisogno di qualche ulteriore precisazione e specificazione. In ogni caso il punto essenziale da tener presente sempre quello sotteso alle considerazioni precedentemente esposte: si tratta di gesti, a partire dai moti interiori della persona; moti che assumono corpo e voce. Essi assecondano i contenuti rivelativi ed emotivi della traiettoria bi-direzionale che caratterizza lincontro di Alleanza. Il modello paradigmatico essenziale della gestualit nuziale della liturgia aperta ad esprimersi con pienezza mediante il codice sonoro, ci viene offerto dalla Prex eucharistica, con la sua uni-trina dinamica strutturale: amannesi, epiclesi, dossologia.
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Da queste componenti, come da cuore, nascono tutte le declinazioni, tutte le distinzioni o le sottosdistinzioni che didatticamente possono essere opportune. Tuttavia non si dovr mai razionalizzare troppo, non si potr isolare nessuno degli elementi che sono interdipendenti ed interagenti, nonch dotati di un flusso libero e misterioso come la vita, aperti a direzione imprevedibile come il soffio che viene e va, carichi di dosature ritmiche varie come la danza del sentimento. Cos, del resto, insegnano, oltre ai Salmi biblici, i pi antichi testi eucologici e innici: proviamo a pensare, ad esempio, dando giusto peso ad ogni parola, a quale avventura spirituale ci stimola il semplice Gloria in excelsis Deo. Altro che reductio ad un piacevole motivetto! In concreto, dopo queste non inutili indicazioni metodologiche per un procedere pensoso, delineer per quanto essenziale la triade succitata, come esemplificazione di almeno un caso quanto alle sue estenzioni vitali. Si consideri dunque come le funzioni di cui ci si accinge a parlare, di narrazione e di appropriazione meditativa della Parola non siano altro che distole e sistole dellAnamnesi. Le vie ed i contenuti del fluire supplichevole non saranno, a loro volta, che variazioni della epiclesi.
3.3.1. Narrazione La narrazione un mezzo privilegiato della Rivelazione, dalla Genesi fino alle parabole di Ges ed agli Atti degli Apostoli. parimenti lo strumento pi immediato per levangelizzazione. , inoltre, germe e trama di grandi rievocazioni liriche. Nella tradizione celebrativa della Messa come vertice stato visto ed tuttora considerato quello della narratio institutionis. Ma non altro che la suprema emergenza rituale di una diffusa liturgia della Parola. Raccontare la storia: andare alle radici, facendo memoria. Scoprire ci che Dio ha fatto per noi e ci che gli uomini di Dio hanno fatto con Lui. Ripercorrere le tappe del viaggio, sfogliare lalbum di famiglia, scoprire chi ha preparato i nostri giorni, chi ci ha amato, chi ci ammonisce, chi prima di noi ha superato nella fede crisi spaventose; ascoltare i pensieri di Dio che progressivamente hanno purificato i pensieri umani; valutare i percorsi della vita e quelli che portano alla morte; lasciarci smascherare e giudicare anche nei pensieri pi riposti; permettere che il cuore venga trafitto quando c bisogno di destare le lacrime... Precipuamente narrare Cristo, fino ad ogni suo battere ciglio: per gustare le meraviglie del Dio con noi.
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Non continuo: ma questi, e non altri, sono i temi che devono impastare i contenuti ed impostare la verit del canto autenticamente liturgico.
3.3.2. Appropriazione meditativa della Parola Non possibile omettere una allusione almeno a quel dinamismo funzionale valorizzato dai riti (ma che si configura anche come specifico gesto rituale), la cui finalit linsegnarci la lingua paterna e materna: quella di Dio e della Chiesa. Cristiani e liturghi si diventa quando il Mistero ha stagliato in noi il suo linguaggio. (Almeno si evitasse la presunzione che spetta a noi il compito di insegnare ai riti sacri a parlare!). A noi tocca avere un orecchio da iniziati e parlare una lingua da iniziati. E liniziazione non permette svendite, in nessuna direzione. il pane della Parola, assaporato durante la progressiva immersione vitale nei riti misterici, che norma i discorsi ed i dialoghi cristiani: nei tempi oranti o evangelizzanti. Gli sportivi non si fanno riconoscere trattando di metereorologia, n i cuochi parlando di calcio. Il canto (si pensi alla potenza performativa dei gesti salmodici) interiorizza termini e contenuti, li staglia nella memoria, li fa riemergere come luce per chi li assimila e come raggio orientatore per chi nel buio. Si tenga conto, infine la possibile caduta delle stesse professioni di fede. Esse si riducono a verbalismo, qualora sia mancata la verace appropriazione o sia venuta meno la interiorizzazione di quanto Dio semina in noi.
3.3.3. Supplica Accennavo, poco anzi, alla ricchezza di declinazione della dinamica epicletica. Anzitutto la si consideri come solidariet al Risorto che incessantemente intercede per noi e come docitit allo Spirito ospite dei cuori, che prega con gemiti inenarrabili, sospirando lAbb, Padre! Linvocazione di domanda accorata o confidente: iterato gesto di poveri che protendono le mani, consegna di figli alla carit del Padre, gemito di dispersi che hanno mantenuto la nostalgia della casa e di sbandati che sospirano lunit; gesto, ancora, dei deboli che, consapevoli della loro miseria, sanno battersi il petto e prostrarsi. La intercessione supplice: orientamento al disegno della Sapienza veggente e della Onnipotenza provvidente, affidamento
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alla Carit amante. Nella Messa, soprattutto, incontenibile desiderio del miracolo che rinnovi la Presenza della carne pro mundi vita e del sangue in remissionem peccatorum: e poi del compimento escatologico. Orazioni tipo colletta: come desiderio di consacrazione di opere e di giorni, come richiesta di sostegno e di santificazione del travaglio di tante membra, nellarmonia dun solo Corpo. Parole di fiducia, parole di lamentazione, parole di desiderio: pensiamo alla supplica salmica, allo stesso spessore antropologico dei suoi appelli confidenti o sofferti, remissivi o disperati, che ci rivelano a noi stessi. Ci specchiamo in questa poesia scoprendo senza veli la nostra profonda e genuina natura; impariamo a incanalare, perch fruttifichino, i moti della ridda dei sentimenti del nostro cuore. E ancora la preghiera del Signore che osiamo dire; la voce intonata le concede la forma e per il ritmo di una coralit calda e fraternamente unitiva.
3.3.4. Lode lufficio angelico per eccellenza. Ma anche lesultanza del Signore nello Spirito, quando pronuncia le sue benedizioni al Padre. Esprimere in Lui la lode il magnifico compito di chi creato per la gloria del suo nome, redento con il sangue della croce, segnato col sigillo dello Spirito. Ma soprattutto il ruolo della Chiesa che ama ed onora sponsalmente il suo Signore Lin-canto si fa poesia e suono di parola stupita e grata. A tratti sar irrefrenabile e acclamante, a tratti assorta e contemplante. Ogni forma di cantico eco e ripresa di un amore fedele nei secoli pone un segno di questa fedelt ad una vocazione nuziale. Per incrementare il gaudio della festa o far da alone allintimit dellincontro, la Chiesa convoca pure il coro di tutte le creature: anche dei loro linguaggi si fa liricamente interprete ed offerente. Lode e rendimento di grazie per i mirabilia veduti e gustati, ma anche gratuito tributo di onore propter magnam gloriam tuam: i suoni della liturgia concertano con quelli di ogni essere che vibra o respira. Quanto tutto grida e canta di gioia appare una convincente icona di nuovi cieli e di nuova terra. Quanto bisogno c di persone del Magnificat, di credenti invasi dal fervore dossologico! Assai pi fecondi di chi si dedica a tante altre cose. Probabilmente degli uomini che non sanno lamore toccato alla terra, potranno riuscire a comprendere qualcosa di pi del Mistero di Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, se e quando lo
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slancio del glorificare gratuito sapr diventare una primaria preoccupazione ed una intensa occupazione ecclesiale. Corona di ogni anamnesi e di ogni epiclesi, il canto dossologico fa ritornare alla sua sacra Sorgente la pienezza dellalito vitale, con le vibrazioni di un corpo salvato che si prepara ad essere glorificato. Intanto il Corpo totale che la Chiesa si consacra alla danza propria della moltitudine dei segnati, processionanti con candide vesti; con essi, davanti al trono eccelso, dopo aver intonato il cantico di Mos, libera ogni forza di mente e di cuore al sacro epitalamio. Celebrazione dellincontro della Sposa, ormai pronta, con lAgnello.
3.3.5. Giubilo e silenzio Allora, a dire il vero, non vi sar pi bisogno n di parole n di suoi suoni: sar siglata la fine delle metafore, dei simbolismi, dei sacramenti. Non facile, durante le liturgie del cammino, raggiungere tali altezze o sprofondarsi in tali abissi. Ma certamente ci pu essere offerto qualche spazio fruitivo, se abbiamo il coraggio di uno sforzo esplorativo.
3.4. Le principali forme musicali Non possibile oltrepassare i limiti di un elenco. Ed anchesso sar solo sommario. N entro in merito ai vari criteri di classificazione. Si pu accennare al fatto che lelenco si avvantaggia quando il principio ispiratore ed ordinatore prescelto quello rituale, diverso ma complementare a quello di impianto teologale che stato usato poco anzi per enucleare le i dinamismi basilari del canto cristiano. La comunicazione rituale, infatti, comprende elementi di canto che si ritrovano in varie celebrazioni ma che non sono strettamente specifici di qualcuna di esse. Essi potranno e dovranno persino arricchendo le loro valenze aderire ai significati ed ai programmi del nuovo contesto. Un esempio pu essere quello della variet dei dialoghi o delle monizioni. Inoltre un utile aspetto ordinatore per una classificazione quello che considera pi specificamente i progressivi esiti dellincremento musicale entro quel continuum sonoro antecedentemente descritto. Sommariamente qui basti ricordare che il racconto della Parola trova realizzazioni tra le pi varie: dalle letture proclamate o
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cantillate, agli schemi pi sviluppati melodicamente per annunci solenni o per il prafazio, fino alla pienezza del canto in certe antifone narrative. Un canto ancor pi spiegato caratterizza i solenni responsori (historiae). Lappropriazione della Parola provoca ed esige, a sua volta, forme dichiarative (professioni di fede, di adesione o consenso) confessione, o forme meditative (salmodia salmodiante), o forme acclamatorie. La supplica si traduce in gesti (ministeriali o collettivi) semplicemente sorrette da toni recitativi o salmodici, ma a volte anche pateticamente melodizzate (antifone, lamentazioni). Il gesto pi caratteristico tuttavia quello litanico. Il gesto di lode quello che si articola in un numero maggiore di forme, e trova al suo culmine le molteplici varianti della innodia (libera, metrica, salmica). Come gi osservato, molti testi liturgici richiedono attenzione perch la loro verit dal punto di vista dei significati e dei gesti oranti pu esige una pluralit di forme musicali. 3.4.1. Il valore delle forme tradizionali La tradizione liturgica dunque, in due millenni di servizio al Signore, con laiuto di intuizioni umane, di apporti religiosi e culturali, di sussidi tecnici, col travaglio ed il vaglio di numerose esperienze, ha saputo coniare molteplici forme musicali liturgiche, come compimenti di parole e di suono proporzionati ai dinamismi della preghiera. Possediamo pertanto un collaudato patrimonio di gestualit comunicativa dotata del fascino del suono della parola. Queste forme storiche rivelano sapienza costruttiva, aderenza a tutte le componenti rituali (durate, ambientazioni, ministerialit di esecutori): presentano duttilit di proposte tra discrezione (canti sillabici) e magnificenza (canti melismatici). La storia delle forme palesa pure, oltre ad evoluzioni, delle involuzioni e delle riprese. Il tutto costituisce sia un insegnamento, sia una riserva preziosa, disponibile a varie attualizzazioni. 3.2.1. Esigenza di forme nuove? Prima di trattare di una eventuale esigenza, ci si pu interrogare su una emergenza: sono scaturite e apparse di fatto, lungo il cammino recente messo in moto dalla riforma liturgica, delle forme musicali nuove? La risposta al quesito ha bisogno di precisazioni di termini, di distinzioni di ambiti e poi di una documentazione, che ora non pu essere proposta. Tuttavia ecco una sorte di bilancio.
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In genere si pu affermare che un buon lavoro stato avviato, anche se non sufficientemente organizzato: c stata una presa di coscienza dei problemi, si sono aperti alcuni cantieri sperimentali sul versante della forma della parola e si risvegliata una attenzione ai contenuti prevalentemente biblici. Dal punto di vista musicale sta emergendo il bisogno di imprimere nella parola liturgica una cantabilit ed una ritmica aderenti alle lingue vive (a livello fonetico, di sintassi, di strutture letterarie...) superando alcuni procedimenti strandard legati al latino. Nello stesso tempo si delinea una coerenza rituale maggiore, con scelte variate e duttili. Una pastorale attenta ha saputo individuare il valore di alcune forme musicali rinnovate, se non nuove, soprattutto nel campo della salmodia lirica: salmo responsoriale e tropario. Il settore della innodia rimasto piuttosto statico, con volto convenzionale. Invece le problematiche sulla comunicazione unitamente a un certo sospetto nei confronti di una eccessiva ritualizzazione del dire (anche per la impreparazione degli attori ministeriali) ha bloccato assai il campo delle sezioni recitative. Il dato della invasione dei corali stile nordico da un lato e della canzone mediterranea dallaltro noto a tutti noti: un po meno emergono i problemi che queste tendenze comportano, in positivo e in negativo. Anche il travasamento, nei sacri riti, di repertori genericamente edificanti grati a certi gruppi, afferenti aspetti ludici o misticoidi, un fatto ben constatabile. I criteri di selezione sono talora sorretti da emotivit sentimentale; mentre i criteri di rimozione sono talora bacati da pregiudizi e da idiosicrasie. Infine il problema di far partecipare, sentito come urgenza pastorale attivisticamente orientata, ha spalancato le porte a procedimenti elementari, per cui, ad esempio, si constata linflazione di comode ma talvolta becere forme di responsorialit. Delle forme nuove, aderenti alle dinamiche celebrative, sono certamente auspicabili, soprattutto del settore della preghiera eucaristica e di altri insiemi rituali della messa. Resta aperto poi il grande e fondamentale capitolo del canto come accompagnamento dei percorsi iniziatici: un canto a pi registri, ovvero con valenze evangelizzanti, sacramentali-rituali e mistagogiche. C, infine, da sperare che, da un lato le aperture inculturative della liturgia, assecondate dallopera di tanti responsabili in vari continenti, e dallaltro lo scambio di esperienze continentali e intercontinentali oggi agevole, fungano da seminagioni per frutti nuovi che nascano per sulla nostra terra; esercitino il ruolo di
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modelli, ma per assumere i connotati del nostro linguaggio per credere ed amare. Quanto ai canti strettissimamente rituali cosiddetti perch che vengono proposti autorevolmente dagli stessi Ordines rinnovati si apre un capitolo di grande impegno e di paziente sperimentazione. Gli esiti potranno essere giudicati solo da un punto pi distaccato dalle nostre attuali vedute. Ma lesito sempre gradito e Dio e benefico per noi e resta lobbedienza al mandato biblico echeggiato da Agostino: cammina e canta, canta e cammina!.
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ppunti per una ricerca sui canti come fonte per la storia della riforma liturgica
Prof. ALBERTO MELLONI
Queste brevi osservazioni intendono semplicemente attirare lattenzione su una fonte peculiare alla comprensione storica del postconcilio e della riforma liturgica che ne segna tanto profondamente landamento. La riforma liturgica costituisce ormai a 40 anni dalla sua approvazione appare come lelemento discriminante sia di quel postconcilio vissuto dai fedeli e dalle fedeli della chiesa cattolica sia di quel postconcilio pensato nel quale si formano e scontrano giudizi globali sul Vaticano II266. infatti fin superfluo ricordare che per la gran massa dei cattolici la riforma liturgica costituisce il primum cronologico ed esperienziale del Vaticano II, mentre ormai noto che su sulla portata teologica ed ecclesiologica della riforma linsofferenza tradizionalista si scontra con le letture accrescitive del concilio267. Eppure superare la soglia delle rilevazioni estrinseche per dare un resoconto storico di questo processo di cambiamento reso complesso proprio da un problema di fonti. Di fatto oggi quanto mai evidente che nulla rispecchia meglio la pluriformit della chiesa cattolica che il modo di celebrare: nonostante i tentativi di mimetizzare questa pluriformit di cui il papa stesso si fatto amplificatore nelle liturgie dei suoi viaggi la liturgia oggi testimonia una varietas irriducibile di cui difficile ricostruire criticamente i percorsi. In assenza di questo sfondo storico diventa impossibile capire processi importanti dei decenni postconciliari: il ritorno neo-ritualista, le prassi di esenzione ottenute dai movimenti268, le ricorrenti battaglie de translationisbus269, certe posizioni di indifferenza
A. BUGNINI, La riforma liturgica, Roma 1983. Ora edite in G. DOSSETTI, Per una chiesa eucaristica. Rilettura della portata dottrinale della Costituzione liturgica del Vaticano II. Lezioni del 1965, a cura di G. Alberigo e G. Ruggieri, Bologna 2001. 268 Su questo cfr. la teorizzazione di P.J. CORDES, Partecipazione attiva alleucaristia. La actuosa participatio nelle piccole comunit, Cinisello Balsamo 1996 e le osservazioni critiche del fascicolo Movimenti ecclesiali e liturgia di Rivista liturgica (1997)/6; altri elementi in Movimenti nella chiesa, in Concilium (2003)3. 269 Cfr. Oltre la traduzione, in Rivista liturgica (1998)/6, e i rinvii di G. Ventura.
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dellepiscopato, la delega alla coscienza del meccanismo esclusione/ammissione alleucarestia, ecc. Il lavoro dei liturgisti ha infatti spiegato decisioni e modalit celebrative, mentre gli storici hanno ritenuto piuttosto impraticabile il terreno della vita celebrata del popolo cristiano e del cambiamento irreversibile che lo ha attraversato da capo a fondo. Baster dire che a 40 anni dalla riforma e non abbiamo una storia della predicazione: per iniziare a circoscrivere il caso italiano forse basterebbe arare le Teche Rai e prendere la messa televisiva come antologia nel tempo di almeno 2000 omelie forse un po enfatizzate dalla presenza del mezzo televisivo; oppure si potrebbero sfruttare i molti archivi privati con le cassette delle omelie di diverse figure di riferimento della chiesa italiana per avere strumenti di comparazione. Allo stesso modo una storia della liturgia postconciliare che non si riduca ad una storia dei libri liturgici e delle querelles che ne hanno accompagnato liter redazionale o la revisione, non c: non c una analisi di come il clero ha appreso a celebrare, di come i vescovi e la tv hanno somministrato quasi sottocute al clero immagini e modi di presiedere la preghiera comune o la sinassi270. In questa prospettiva lesame dei libretti dei canti e dei canti utilizzati nella celebrazione costituisce una fonte importante, capaci di essere filtrata attraverso considerazioni di pi lungo periodo. La riforma del Vaticano II, infatti, arriva dopo che sessantanni di cecilianesimo hanno segnato la pretesa e la capacit del sapere liturgico di restaurare forme pi pure contro gli ibridismi e gli abusi della vocalit liturgica. Questa caratteristica gurangeriana della riforma liturgica, che si presenta come una innovazione purificatrice condotta in nome della tradizione271, una delle chiavi del successo di Sacro-sanctum Concilium. E sul piano della liturgia musicale lassunzione che il gregoriano rappresentasse un modo per riportare la perduta purezza nelle chiese e mettere fuori legge il tenorismo e il canto popolare ha avuto un effetto singolare272: un grande patrimonio di musica popolare liturgica si come incistato nelle devozioni, nei dialetti, nelle confraternite ed ordini che hanno potuto resistere alla purificazione forzata e normata273 delle forme.
Su questo cfr. il numero Liturgia in tv: problemi e prospettive in Rivista liturgica 1/(2000)/1, e le osservazioni di D. MOSSO, La messa teletrasmessa. Problemi teologici e pastorali, EDB, Bologna 1974. 271 Cfr. M. PAIANO, Liturgia e societ nel Novecento, Roma 2000 per la bibliografia sul movimento e A. SCHILSON, Rinnovamento dallo spirito della restaurazione. Uno sguardo allorigine del movimento liturgico in Prosper Guranger, in Cristianesimo nella storia 12(1991), pp. 569-602. 272 Cfr. gli elementi offerti da G. STEFANI, Bibliographie fondamentale de musicologie liturgique, in La Maison Dieu (1971). 273 Cfr. ad esempio A. PONS, Droit ecclsiastique et musique sacre, St. Maurice 19591961, in 4 volumi.
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Ma lo stesso sessantennio ha poi riprodotto grazie ad alcuni epicentri musicali e liturgici un nuovo repertorio semi-popolare che, per lItalia, ha trovato nellAzione Cattolica il suo veicolo di diffusione. Sul piano storico, infatti, stata molto studiata la dinamica statutaria, politica, organizzativa dellAzione Cattolica: ma il suo repertorio di canti sociali non meno rilevante per plasmare un linguaggio costitutivamente extraliturgico che diventer un modello di successo274. LAC introduce stilemi e modelli di musica sacra nazionale, che non hanno pi alcun legame con la musica colta, resistono controvoglia alla attrazione della musica commerciale, da cui mutuano metrica, uso della rima, e perfino le rudimentali sequenze tonali che risignificano tema, ritornello, melodia. Il patrimonio liturgico-musicale preconciliare non affatto esaurito da questa polarit fra movimento per la musica sacra e musica sacra per il movimento: ma a chi guarda a ci che accade dopo il Vaticano II questa zona (da cui pesca la famosa antologia Nella casa del Padre) che viene investita dalla riforma, e dalla stessa esperienza liturgica del concilio che mette in circolazione repertori, stili, esperimenti di carattere internazionale, in concorrenza con la globalizzazione dei gusti musicali della giovane generazione. Su cosa accada al patrimonio dei canti in italiano allindomani del Vaticano II c ancora molto da fare: se non erro non c un catalogo completo (o sufficientemente completo) dei canti del repertorio italiano dal 1965 in poi. Non si sa, se non per frammenti memorialistici, cosa accada al repertorio dAc e come circolino nuovi repertori dentro la chiesa italiana. Da qui in poi dunque, si pu solo ragionare su qualche ipotesi di lavoro desunta dalle riviste liturgiche e dinformazione religiosa nelle quali dopo la sorpresa della cosiddetta Missa Beat276 si pu ricavare qualche ipotesi di ricerca da verificare su archivi (gli
274 9 L. FERRARI, LAzione cattolica in Italia dalla origini al pontificato di Paolo VI, Brescia 1982. 275 su questa via la ricerca musicale di P. Sequeri, autore di un Quintetto per David, in memoria di David Maria Turoldo (Sotto il Monte, 1990); la cantata Citt senza Mura, (Milano, 1992); la sonata Bethania (Milano 1994), oltre alla messa di Pentecoste e alla messa giubilare (Milano 1996 e 2000); la messa di Pentecoste di Richard Landry, voluta da Dominique de Menil, cfr. ledizione curata dalla Rotchko Chapel, Houston. 276 Il sito www.trentinocultura.net ricorda la prima Messa Beat celebrata a Pellizzano con laccompagnamento del gruppo The Boys, nel 1966. Di altri gruppi, come Gli Alleluja e i Barritas c anche qualche traccia discografica: a 45 giri Litanie della Madonna/L'angelo del Signore 1967 - TANK TKP 011; in EP Messa, 1968 (PCC MS 057/058), e a 33 giri Litanie del la Ma-donna: a folk cantata for the Virgin Mary, 1967 (DET, ristampa: 1971 - AMICO ZSKF 55040). Per il clima del momento J. OVERATH (ed.), Sacred Music and Liturgy Reform after Vatican II Proceedings of the Fifth International Church Music Congress Chicago-Milwaukee, August 21-28, 1966, Roma 1969.
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archivi delle case editrici con le vendite di libri, ma anche sui venditori di organi...). Ad oggi ci che documentabile lesistenza di alcune tendenze che sono riscontrabili in una letteratura da prendere con cautela perch non pi semplice memoria, ma non ancora storia: mi limito ad elencarne cinque, lasciando ad altri o ad altra sede una pi puntuale definizione dei profili e dellinterscambio. i) Mi pare che siano pochi gli esempi documentati di comunit parrocchiali (nella Bologna di Lercaro uno quello del Baraccano) che producono i loro nuovi canti da messa: tuttavia per quello che poi si ricostruisce un fenomeno frequente. Non si costruiscono le parti fisse, quanto veri e propri commenti sonori e parlati alla celebrazione. Il modello s la musica leggera, ma non nella sua versione commerciale, quanto in quella cantautoriale. I testi e le musiche costruiscono delle sorte di ballate sacre che recuperano una certa verbosit della cultura del tempo277. ii) Il modello cantautoriale si radicalizza in due esperienze di repertorio canoro di cui sarebbe difficile sottovalutare limpatto e che vengono da movimenti allora tuttaltro che incoronati dal favore ecclesiastico: Kiko porta un repertorio qualificato dalla teologia neocatecumenale dentro molte chiese, ampliando lorganico strumentale e con un uso della chitarra legato al folclore spagnolo278. CL introduce vere e proprie forme di cantautore cattolico, espresso da Claudio Chieffo, attraverso le ballate che possono essere legate alla liturgia, ma servono anche come forme di preghiera o di socializzazione279. iii) Anche i Focolarini, un altro movimento su cui allora restava una quota di sospetto da parte della Cei, produce un modello di canto paraliturgico diverso ancorch apparentato a quello dei nascenti movimenti: lo spettacolo dei diversi Gen, dai contenuti edificanti, dal quale si diffondono canzoni di tipo sentimentale o in forma di spiritual che passeranno facilmente dagli show alla liturgia.
12 Connesso e distinto da questo fenomeno c lesperienza di biblicismo musicale della parrocchia dossettiana di Reggio Emilia, dove, proprio per cercare di usare il canto come strumento di memorizzazione del testo biblico, si eseguono musiche del repertorio commerciale di successo sulle quali vengono incollati brani biblici nella loro integralit. Sullesperimento assai controverso e fermatosi al repertorio country degli anni Ottanta, cfr. il mio Storia locale e postconcilio italiano. Note in margine agli scritti di Osvaldo Piacentini (1922-1985), in Rivista di storia della chiesa in Italia 55(2001)/2, pp. 501-510. 278 13 Sullesperienza del canto cfr. la catechesi di Kiko stesso del 16 marzo 1980 a Roma sulla funzione del canto, sapiens.ya.com/newdiosteama/dalla.htm; altri documenti in www.camminon-c.it. 279 Cfr. www.claudiochieffo.com per i testi e le musiche di questo autore transitato da GS. Riflette sul senso del canto nella esperienza di CL la conferenza di L. GIUSSANI, Una saggezza che scaturisce dai primi canti, pronunciata a Rimini il 21 maggio 2000, ed edita in Tracce (2000), giugno, pp. 13-17.
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iv) Il canto monastico va citato, ma non per la sua importanza, anzi proprio perch esso non fa scuola. Chi si appassiona al gregoriano o ne propugna una restaurazione massiccia, usa questa forma come argumentum contro la riforma: sono esperienze ora colte, ora pi popolane che cercano in qualche monastero un prodotto emozionalmente coinvolgente, ma di nessun costrutto ecclesiale, a meno che ( il caso di Viboldone), il repertorio monastico non venga assunto fuori dai confini del cenobio, per dare una colonna sonora tradizionale ad esperienze di vita consacrata molto giovani, quali quelle gemmate dai movimenti. Invece nuovi monachesimi italiani (Spello, Monteveglio, Bose, Campello), anche quando non rifluiscono sulla musica gregoriana non trasmettono allesterno grandi repertori. Meriterebbe uno studio ad hoc limmenso sforzo di p. Turoldo per dare un repertorio poeticamente degno alla innologia e alla salmodia in italiano, che rimarr tutto sommato isolato e senza grande eco, se non per qualche frammento (come il salmo 22) scivolato inavvertitamente nelle hit parade parrocchiali. Se mai la comunit ecumenica di Taiz che ispira con i brevi versi biblici degli ostinati un modo monastico di cantar pregando, che tocca i molti giovani che anche dallItalia vanno sopra Cluny a fare una esperienza di fraternit. v) Un esame di queste esperienze, tuttavia, non potrebbe fare a meno di misurarsi con quelli che rimangono due grandi canali di costruzione e diffusione del repertorio nazionale: nonostante il tentativo dei vescovi di proporre un Repertorio nazionale, lanciato prima nel 1979, e poi rivisto nel 2000 nel tentativo di fissare uno standard qualitativo medio280, altri veicoli continuano a mostrarsi resistenti al tempo. La Casa del padre della LDC, che recupera dagli anni preconciliari un coralismo semplificato e fa una operazione di scarto che andrebbe studiata analiticamente, rimane importante, non solo al nord281. Per altro la stessa Azione cattolica, che, nonostante il calo delle adesioni, rimane capace di proporre nuovi autori, come Pierangelo Sequeri, con forme musicali di facile apprendimento. Si tratta, come si vede, di ipotesi che avrebbero bisogno di approfondimenti e comparazioni: sul piano internazionale, infatti, il parallelo percorso francese potrebbe aiutare ad individuare i perch (culturali e spirituali) dellesperienza italiana, al di l della mancanza di un Glineau e di una funzione di proposta paragonabile a
Cfr. www.chiesacattolica.it la sezione musica per la liturgia. Al punto che il sito della diocesi di Torino (www1.diocesi.torino.it/curia/idml/) fornisce uno strumento per ritrovare nella nuova numerazione i vecchi canti rimasti nei libretti parrocchiali.
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quella francese282; dallaltro sarebbe interessante esaminare pi da vicino la filiera culturale e addirittura famigliare grazie alla quale la occasionale funzione di freno esercitata dalla sottocommissione de musica sacra della commissione liturgica del Vaticano II diventata dopo il concilio una componente del nostalgia283 oppure del tradizionalismo nelle sue molteplici forme284. Questo, forse, aiuterebbe a capire come proprio il cecilianesimo che a cavallo fra XIX e XX secolo era stato un fattore di riforma particolarmente energico, quando non abrasivo, sia diventato un secolo dopo un elemento di conservazione; e in che misura la dimensione vissuta della liturgia al di l della periodica e superficiale inventariazione di eccessi (anticipatori o ritardatari) spesso commisurati solo alla sensibilit individuale pu essere oggetto di una conoscenza storica che guardi alla chiesa nella sua accezione pi ampia, pi propria.
17 Cfr. J.C. CRIVELLI, Autour d'un nouveau manuel de chants. Propos sur le chant d'assemble, in La Maison-Dieu 234 (2003/2), pp. 81-101. 283 Per la ricerca del Pontificio Istituto di Musica Sacra, cfr. www.vatican.va/roman_ curia/institutions_connected/sacmus; la istituzione gemella sulla musica ambrosiana www.unipiams.org. 284 19 Un panorama di collegamenti a posizioni tradizionaliste ricavabile dalle Catholic Pages Directory, www.catholic-pages.com/dir/music.asp.
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1. Ma lazione rituale veramente una risorsa?
Nonostante la Riforma Liturgica, e il secolo ormai trascorso dal Motu Proprio di Pio X, la riscoperta della azione rituale, nella sua bellezza e nel suo esser risorsa ecclesiale, appare ancora un problema, non solo per i musicisti e per i maestri di coro, ma anzitutto per i semplici fedeli, come anche per i teologi. Nella nostra riflessione dovremo dunque partire dallidea che non affatto ovvio che lazione rituale sia una risorsa, cio che sia fonte di tutta lazione della Chiesa. Proviamo ad esaminare le cause di questo nostro nascosto ma potente imbarazzo. Certo, se ce lo dice unautorit come Ambrogio, siamo portati a pensare che la confessio fidei abbia buone ragioni per essere canora. Ma, nel fondo, siamo ancora abituati a pensare secondo una tradizione teologica secolare prima di tutto e forse esclusivamente alla confessio fidei tout-court, ricondotta e ridotta allessenza, senza quegli accidenti di per s considerati inessenziali come la musica, il rito, lo spazio, il tempo, il corpo, la luce, il tatto, il gusto, la vista e quantaltro. Non riusciamo a capire la fidei canora confessio come risorsa perch affidiamo tutte le risorse ad una confessio fidei senza aggettivi, cio ad una confessio fidei che non di per s n canora, n ritualis, n corporalis, n sensibilis, n tangibilis, n visibilis. Il nostro ideale, di catechisti come di musicisti, di teologi come di pastori spesso soltanto quello di una fidei intellegibilis confessio. Come se fosse ovvio che intellegibile non compatibile con sensibile e che canora non compatibile con comprensibile: cos, la garanzia dellumano/divino diventa per noi spesso disumanizzazione ad oltranza... in ragione di una comprensibilit e di una trasparenza che, appunto, non umana. Poich la nostra intelligenza non sensibile, allora la sua disumanit travolge tutto, sia la liturgia sia la musica.
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Vi dunque, per il musicista che voglia porsi criticamente nel proprio ministero liturgico, il problema di comprendere bene lo statuto della confessio fidei in relazione al cantus. Si badi, non si tratta affatto di dedurre il cantus dalla confessio fidei come se fosse ovvio che la confessione avviene fuori, prima sopra o sotto il canto n di sentimentalizzare il contenuto della fede con una sorta di colonna sonora musicale. In entrambe queste possibilit, che non mi pare siano soltanto ipotetiche, credo che venga totalmente frainteso il ruolo specifico della mediazione rituale che lega e collega tra loro la musica e la confessione di fede. Il contesto, delluna come dellaltra di ci che pu farsi testo una relazione che non pu mai farsi completamente testo. Ecco il primo punto su cui vorrei soffermare la vostra attenzione: per grazia di Dio, tanto la musica quanto la confessione di fede possono farsi testo, possono prendere la forma di una serie di parole, oppure di una serie di note sul pentagramma, possono trasformarsi in repertori. Ma proprio questa provvidenziale opportunit si rivolta contro luomo quando essa pretende di sostituirsi al contesto, di valere come relazione, di stare al posto della res. La prima risorsa della azione rituale sta proprio in questo: che, pur avvalendosi di varie testualit (musicali, verbali, ma anche rubricali...) non pu mai essere ridotta a testo, a pena di perdere istantaneamente la propria verit di atto. Il testo solo strumento e potenza, di un contesto che vero fine e pienezza dellatto. In tal modo la azione rituale, proprio per questa sua imbarazzante complessit, conduce ogni testo alla relazione da cui deriva e verso cui aspira, restituisce al testo quella pienezza e concretezza da cui ogni testo, inevitabilmente, prende le distanze e astrae. Lazione rituale il grande contesto/relazione che ricorda ad ogni suo testo (musicale o verbale, gestuale o iconico) la sua origine e la sua destinazione, il suo perdono e la sua promessa. In un certo senso dovremmo capire che la musica per la liturgia in realt musica della liturgia e musica dalla litrugia: non dice una aggiunta che facciamo, o una funzione che garantiamo, bens d voce ad una necessit intrinseca alla azione rituale, che non pu non farsi anche suono, voce, canto, accento, sincope, pausa, silenzio.
A questo punto, non possiamo non chiederci in che modo la azione rituale realizzi questa sua potenza. Come possibile che proprio nel rito si possa passare, cos potentemente, dal testo al contesto, dalla assenza attestata alla presenza adorata e ringraziata? Fidei canora confessio
Qui interessante commentare una bella teoria, che un bravo liturgista italiano (G. Bonaccorso) ha recentemente proposto alla comune attenzione, e che merita di essere considerata con cura. Egli sostiene che la azione liturgica collocandosi tra le esperienze simbolico-rituali supera la distanza spazio-temporale, la distanza soggetto-oggetto, la distanza uno-molteplice con una tecnica molto diversa da quella cui siamo abituati. Lo sforzo intelligente (dove qui intelligenza va intesa come razionalit scientifica) di solito scava in profondit in un testo, contempla un brano musicale, esamina un quadro, analiticamente e dettagliatamente porta alla luce ci che nascosto. Cerca il vero essere del quadro, della parola, del gesto, della musica, contro la sua apparenza, in certo modo divide e separa sostanza e accidente, essenza ed esistenza, fenomeno e noumeno. Lazione rituale esercita una intelligenza di altro tipo, dispiega una sapienza pi sapiente di quella ordinaria, non solo per argomentazione, ma per analogia e per associazione, per metafora e per metonimia. Con una bella espressione di R. Schaeffler potremmo dire che mentre la spiegazione causale ragiona in termini di essere, la ragione rituale utilizza la logica della azione, pensa con il fatto e per il fatto di agire. Perci il rito, di per s, rinuncia a disvelare i testi, non procede alla ricerca dellessenza delle azioni, ma mette accanto testi diversi (biblici, eucologici, musicali, gestuali, iconici, spaziali, temporali) e ne disvela il senso proprio del contesto/relazione mediante questa strategia di accostamento e di moltiplicazione, di analogia e di imitazione. La liturgia non spiega un testo, ma lo impiega, non lo definisce, ma lo agisce, non lo delimita ma lo imita. evidente, perci, che una tale strategia comporta un concetto di coerenza assai diverso da quello cui siamo fin troppo abituati. La coerenza della liturgia non anzitutto una coerenza sullessere, ma una coerenza sulla azione; potremo dire, esagerando un poco, che la coerenza liturgica non una coerenza sulla sostanza, ma una coerenza sullaccidente, non sullinvisibile, ma sul visibile, non sullessenza, ma sullesistenza.
Evidentemente questa consapevolezza, introduce una cesura comportamentale e ideale, quella che giustamente dovremmo chiamare una interruzione di esperienza. La azione liturgica, operando nella maniera estetica che abbiamo considerato, cio lavorando con gli accidenti prima che con le sostanze, con le esistenze prima che con le essenze, con i corpi prima che con le anime, con i sensi prima che con lintelletto, introduce una singolare interruzione in tutte quelle forma di vita (pre- e post-liturgica) nelle quali si ha Fidei canora confessio
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bene o male il primato dellinvisibile mentale sul visibile corporeo. Apparir paradossale, ma la logica dellatto liturgico costituisce una singolare smentita di ogni spiritualismo/intellettualsimo lavorativo o esistenziale, religioso o civile: la liturgia interrompe le evidenze della vita, i valori della esistenza, assumendo una logica della azione e del corpo. In tal modo ricostruisce il contesto relazionale che d senso e pienezza ad ogni testo, ad ogni valore e ad ogni dovere. Se questo il contesto liturgico, se questa la logica della azione rituale come risorsa, che cosa ne deriva per il testo musicale? Potrei indicare queste conseguenze in tre brevi passaggi: a) il testo musicale non si delimita ad un ambito, ma tende a fondersi col contesto, il che significa che lattenzione musicale tende ad investire ogni manifestazione sonora: voce, voce parlante, cantillazione, canto, strumenti musicali, silenzio. E questa non una novit nella storia della chiesa, non il frutto di strane teorie di avanguardia, ma piuttosto una sapienza antica che oggi stiamo lentamente e faticosamente, ma fruttuosamente riscoprendo. Ogni evento sonoro passa da testo a contesto, da oggetto da contemplare a relazione da vivere, da prospettiva su Dio a percezione dello sguardo di Dio su di s. b) accanto a questa fusione, anzi, proprio per permetterne pi radicalmente lesperienza, rimane per anche sempre una frattura, una necessaria coscienza della alterit della differenza che la musica costituisce rispetto alla parola. Non la sua insignificanza, o la sua irrazionalit, ma il suo diverso modo di significare e di ragionare porta il contesto alla sua verit di relazione; c) infine, la musica cos evidentemente parte della azione liturgica e non semplicemente testo illustrativo, rappresentativo o esornativo di un altro testo scritto e rubricale. Diviene corresponsabile della azione liturgica e non invece azione strumentale/professionale che commenta una essenza detta e pensata.
Torniamo ancora brevemente alla nostra parola iniziale: se la liturgia risorsa (fons et culmen), lo per in quanto sa essere bella. Anzi, solo in quanto bella, ancora risorsa. Ma che cosa significa qui bella? bella se funzionale alla azione? Se strumentale allazione? Oppure bella se ha in s cose belle, se quasi un catalogo di belle musiche, belle immagini, belle vesti, bei gesti... Ma di quale azione si parla quando si pensa cos? Nella distinzione tra musica darte e musica duso non cera forse proprio questo equivoco, che ora capiamo si tratta di superare? Fidei canora confessio
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Anche in questo caso, ho limpressione che limbarazzo nel quale ci troviamo derivi o da una duplice autonomia, nella quale facciamo precipitare il musicale e il liturgico, oppure dalla funzionalizzazione di uno allaltro. Invece, dovremmo acquisire lidea che musicale e rituale sono in rapporto di reciproca mediazione, senza che mai uno decada e degeneri a strumento dellaltro. Il rapporto tra i due ambiti , per lappunto, simbolico e proprio questo oggi non riusciamo n a sperimentare, n ad esprimere. Facciamo perci soltanto un esempio a proposito degli strumenti musicali. La riflessione sullo strumento, in ambito teologico, si annoda a quella sul medium sul mezzo. Ma come il termine stesso di strumento (intrumentum) ci rivela che momento interno allo instruere, cos il termine mezzo (medium) ci dice del suo ruolo di mediazione. Come si riconosce che il sacramento non solo istituito, ma istituente (Chauvet), cos occorre riconoscere che il mezzo non soltanto esterno allagente, ma mediazione di esso. Lo strumento/medium non semplicemente nelle mani della chiesa che celebra, ma media la chiesa celebrante: in qualche modo, anche per la musica liturgica dobbiamo riconoscere che il medium il messaggio (MacLuhan). Occorre allora chiedersi che cosa significa funzione rituale della musica. Qui a rischio non solo lo strumentale, ma anzitutto il senso di tutto il vocale e della parola stessa! Ricordiamo che il lungo sospetto della musica liturgica cristiana verso lo strumento era legato essenzialmente alla sua funzione distraente. Anzi, in radice la questione riguardava la musica stessa del canto. Era la musica come tale a distarre dal significato della parola, rappresentando un significante troppo invadente, che minacciava il primato della parola286! In un certo senso questa vicenda del tutto istruttiva circa il lento sostituirsi (non tanto nella prassi ecclesiale, quanto nella teoria circa questa prassi) di un mentalit esclusivista al posto di una mentalit inclusivista: ossia il livello del fatto sonoro, del segno, dello strumento, si distingue effettivamente in diversi livelli (significante, significato, referente) riferiti a diversi messaggi sonori (parola senza canto, parola cantata senza accompagnamento di strumenti, canto con accompagnamento, musica esclusivamente strumentale) tra i quali prevale la conflittualit della opposizione al posto della confluenza nella distinzione. Progressivamente, si viene a perdere la funzione istitutiva di ci che media, e si viene a creare una nuova percezione, secondo la quale ci che media, distrae.
286 Presto si scivolati dal primato della parola, al primato della parola come significato, fino al primato del significato della parola: questa deriva ha profondamente influenzato la percezione e la valutazione della musica (e degli strumenti) all'interno della liturgia cristiana. Il primato della parola si trasformato in primato della mente sul corpo.
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Si noti, questa deriva riguarda non solo il fatto musicale, ma lintera mediazione liturgica. La musica non pi parte della azione celebrativa, ma accompagnamento o commento, didascalia o sentimento, fino al punto da creare una tale distanza che si costituisce un autonomia religiosa del fatto artistico, e la musica diventa, nello stesso tempo, trascurabile serva oppure assoluta padrona. Dove non c pi mediazione artistica della fede cio dove la fede non pu pi ricevere qualcosa dallarte musicale non resta che la reciproca autonomia di arte e fede, di musica e liturgia, con inevitabili e deleterie reciproche strumentalizzazioni e banalizzazioni. Oggi possiamo rilevare facilmente allinterno della problematica liturgica moderna lurgenza nel fare attenzione a quanta rischiosa distrazione comporta una concentrazione esclusiva sul significato, costringendo a fare astrazione dalla dimensione esteriore, di puro significante e di elemento sonoro della parola. La parola come atto comporta una riscoperta della sua musica intrinseca. Essa non solo n anzitutto concetto esteriorizzato, ma piuttosto esteriorit risonante. Arriviamo cos al delicatissimo punto circa la funzione rituale della musica liturgica. Qui possiamo cogliere chiaramente la consapevolezza di una duplice funzione: in ordine al rito e in ordine al senso complessivo del rito. La prima svolge il ruolo di funzione del rito, la seconda libera il rito stesso dalla funzione. Lo strumento al servizio della parola (intesa come strumento principe) e per, nello stesso tempo, lo strumento permette alla parola di non essere solo strumento. In certo senso, questa duplicit riguarda anzitutto una sorta di maggiore astrattezza della funzione, quasi come per Tommaso valeva la priorit del concettuale sul sensibile. Cos pi forte il rimando della seconda funzione rispetto alla prima! Ma bisognerebbe dire che in questo caso per comprendere la funzione dello strumento si tratta di riscrivere il rapporto tra sensibilit e intelletto, piuttosto che ribadirne anzitutto la gerarchia. In altri termini, non si tratta di conoscere la stessa cosa a livelli diversi, ma di fare una esperienza diversa, secondo modalit di rapporto diverse, dello stesso mistero287. Questa riconsiderazione della fontalit della liturgia ha dunque due conseguenze rispetto alla funzione dello strumento: a) Si mette ordinariamente in luce un duplice ordine di funzionalit. Questa risulta una avvertenza non dappoco per il musicista e il musicante, per il celebrante e il presidente. La musica non
287 Nel linguaggio classico, Cristo e la chiesa erano intesi anche come instrumenta (coniuncta e separata): ci costituisce lo sfondo pi originario (e anche pi dimenticato o frainteso) necessario per cogliere la pertinenza fondamentale di questa nostra prima riflessione.
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solo in funzione del rito, ma potente strumento (insieme agli altri e pi degli altri) per liberare il rito da ogni funzione, per restituirgli quella gratuit del faccia a faccia, dellincontro e della relazione, senza la quale non vi pu essere n rivelazione n fede. b) Per questo essa contribuisce, anche qui, al capovolgimento della logica: paradossalmente ma istruttivamente, proprio lo strumento a poter liberare la parola, e noi diremo ogni testo liturgico da ogni indebita strumentalizzazione e funzionalizzazione. Cos chiaro come la comprensione adeguata della logica simbolica e paradossale della azione rituale sia quasi una condizione di possibilit per vivere adeguatamente il ruolo (la funzione non funzionale) della musica per la liturgia. E, daltra parte, solo il contesto di una determinata arte libera la litrugia dalla tentazione di farsi testo normativo e chiuso.
Questa funzione di capovolgimento, come labbiamo chiamata, trova una sorprendente conferma nella Summa Theologica di S. Tommaso. Una parola di S. Tommaso sul canto degli angeli pu cos condurci alle nostre brevi conclusioni. Con essa vogliamo gettare unultimo sguardo su una questione generale di primaria importanza per dire la azione rituale come risorsa inaggirabile: ossia la questione oggi anche di grande attualit e quasi di moda circa la comunicazione della fede in liturgia. Partiamo da due assunti di fondo: a) una vera ricomprensione del valore fontale della liturgia rispetto alla comunicazione (anche musicale) un fatto metodologicamente decisivo. Questo porta inevitabilmente alla messa in discussione del modello rappresentativo (e intellettualistico) della comunicazione, per far spazio ad una visione pi ampia e relazionalmente significativa. Se la liturgia fonte vi un agire che pi originario del parlare. b) da ci deriva inoltre la acquisizione della svolta linguistica allinterno del sapere teologico288, senza false semplificazio-
288 In certo senso, potremmo avanzare l'ipotesi che come una coscienza storica la cifra della prima svolta antropologica, la svolta linguistica il segno di una ulteriore fase, in cui la coscienza storica matura ulteriormente con la consapevolezza della non strumentalit del linguaggio. Ci comporta anche una interessante ridefinizione del ressourcement liturgico: esso non pu mai ridursi ad un pur importante ritorno filosogico alle fonti, ma deve sempre tendere alla riscoperta della liturgia come fonte: a questa riscoperta fondamentale sono orientate tutte le fonti storiche e filologiche.
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ni, ma con la chiara coscienza della irriducibilit a strumento della mediazione verbale e della contestualit non verbale di ogni testo verbale. Le due emergenze appena considerate trovano una particolare evidenza in pi di un passo della S.Th., e in particolare vorrei cominciare con una famosa questione della Summa Theologiae (I, 107, 1-5) dove Tommaso discute de locutionibus angelorum. Le parole degli angeli gettano luce sulle parole degli uomini e sulla loro funzione comunicativa. Qui il paradigma rappresentativo ossia la concezione secondo cui il linguaggio serve a comunicare agli altri quello che abbiamo in testa appare in tutta la sua forza: pi volte Tommaso applica il principio per cui locutio est ad manifestandum alteri quod latet in mente. Con questa concezione, ovvio che la parola angelica parola per analogia, essendo il verbum interius la sua verit. Tale visione richiama alla mente quanto Tommaso sia attento a coniugare nella essenza delluomo ratio e manus, anima e corpus, intellectus e tactus! Cos sembra che lintermedio tra la mano e la ragione non abbia rilievo. Insomma, il linguaggio o strumento della ratio oppure rimedio al corpo opaco e lento, che il segno sensibile pu portare a trasparenza e a leggerezza. Ma Tommaso, pur guidato da tale principio fondamentale, non ignora che il linguaggio non pu essere solo manifestazione ad altri di un contenuto mentale. Infatti, quando affronta la questione del discorso dellangelo rivolto a Dio costretto ad articolare meglio la comunicazione mediante linguaggio, riscoprendo la dimensione della lode e della preghiera, della ammirazione e della benedizione, nella quale gli angeli ma a fortiori anche gli uomini quando parlano anzich manifestare qualcosa, ricevono qualcosa, poich in tal caso parlano affinch al parlante si manifesti qualcosa. La ricezione piuttosto che la trasmissione diviene la logica predominante di questa comunicazione. La stessa logica, daltra parte, vale per il discorso che Tommaso fa guarda caso, ancora una volta a proposito della lode, quando scopre la possibilit che il canto e la lode vocale abbiano un funzione specifica rispetto alla lode interiore. Estremamente istruttiva infatti la ricognizione dei due articoli della Summa Theologiae di Tommaso (II-II, q.91, aa.1-2) nei quali si riflette sulla necessit della lode verbale e della lode cantata. La strategia argomentativa di Tommaso sottolinea in modo illuminante il diverso statuto della parola in rapporto a Dio e in rapporto agli uomini: verbis alia ratione utimur ad Deum, et alia ratione utimur ad hominem (q.91, a.1, c.). Questa differenza segna lo spazio della parola nella celebrazione. Tale differenza costituita essenzialmente dal fatto che la lode a Dio non necessaria a Dio, ma a colui che loda. Anche qui ritorna la distinzione che abbiamo gi
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trovato nella precedente questione I,107: ossia, nel rapporto con gli uomini, le parole servono ad esprimere al lodato la nostra idea; mentre nel rapporto con Dio le parole servono a portare coloro che parlano e coloro che li ascoltano a lodare Dio. La funzione espressiva qui subordinata ad una funzione affettiva e formativa. Anche in questo caso, ancora una volta, vediamo al centro della attenzione una sorta di rovesciamento delle priorit, messo in moto da un particolare contesto quello della lode e della preghiera celebrata, ossia detta ad alta voce e cantata nel quale contesto la logica rappresentativa del testo del linguaggio o della musica sembra lasciare il posto ad una logica della relazione, della passione, dellaffetto. Ci sufficiente ad attestare, in un contesto insospettabile, la presenza di una irriducibilit del liturgico alla logica di una comunicazione dominata dal principio strumentale della espressione di concetti. La stessa teoria semiotica fondamentale di Tommaso che riprende lidea classica per cui voces sunt signa intellectuum et intellectus sunt rerum similitudines (S.Th.I, 13, 1c) e in base alla quale il rapporto tra le parole e le cose sempre mediato dalle idee qui costretta a scontare leccezione di un contesto nel quale la logica primaria quello del rapporto cosa-nome e non cosa-idea: lorigine dei nomi solo collegata a legami e mai soltanto a rappresentazioni: dellorigine non si d rappresentazione, ma solo miti-racconti e riti-liturgie.
7. Alcune conclusioni
Il nostro breve percorso giunge alla sua fine con un piccolo bagaglio di acquisizioni: che la azione rituale sia risorsa bella e che la musica trovi in questo contesto il valore del suo testo, lo abbiamo inteso. Ma abbiamo scoperto ben di pi, e cio che la liturgia risorsa bella non in s, non quando si chiude in un qualsiasi testo, bens proprio con lattivare le risorse belle di cui vive: belle parole, belle musiche, bei gesti, belle luci, belle vesti, bei silenzi, buon pane, buon vino fanno della liturgia una risorsa bella, ossia, i contesti iconici, verbali, e dunque anche musicali fanno del testo liturgico un vero contesto, una relazione, un riposo, una consolazione! Questo gioco di testi e contesti evidentemente inesauribile: non ci sono n repertori fissi che garantiscono la liturgia, n idee liturgiche che garantiscano i repertori. In un certo senso la musica sicuramente funzione della parola, ma sicuramente, in modo pi profondo e originario, la parola funzione della musica. La emancipazione da una ristrettezza di funzione della musica per la liturgia pu accadere soltanto superando il ristretto concetto di musica duso che funzionalizzando larte pone termine alla stessa esperienza musicale come vera risorsa liturgica. Fidei canora confessio
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Una delle caratteristiche della ritualit comunque la intransitivit, una sorta di non-immediatezza comunicativa, che attinge a registri dellesperire e del comunicare che non sono usuali. Lo strumento della espressione musicale (come canto solo, come canto accompagnato e come musica solo strumentale), nellinterrompere la padronanza comunicativa che la parola rende inevitabilmente alla portata, articola e dispiega tutta la potenzialit della Parola, che le parole, da sole, non solo non adeguano, ma a lungo andare possono sempre tradire e sfigurare. Per fare questa esperienza del musicale occorre uscire da visioni riduttive della azione rituale, che le sottraggono proprio la qualit di risorsa, che in qualche modo fanno della musica solo uno strumento della liturgia, perch fanno della liturgia solo uno strumento della teologia. Una tale musica non affatto risorsa della liturgia, perch la liturgia non risorsa per la fede n per la teologia. Invece, comprendendo la risorsa originaria della liturgia rispetto allatto di fede, sapremo ridare alla musica il senso di risorsa originaria per la liturgia. Per far ci, dobbiamo e dovremo uscire da ogni comoda visione funzionalizzante e strumentalizzante, tanto della musica quanto della liturgia. Il compito di sicuro non facile, ma del tutto appassionante e a lungo andare anche assai gratificante. Nelle parole famose di Merleau-Ponty, che suonano qui per noi quasi come una musica, risuona questa lapidaria sentenza:
I nostri organi non sono affatto strumenti, semmai sono i nostri strumenti ad essere degli organi aggiunti.
Una chiesa che si dimostri intelligente e sensibile sapr comprendere fino in fondo che la liturgia non uno strumento nelle sue mani, ma un suo organo fondamentale, e cos far anche della musica uno dei suoi organi aggiunti, bella risorsa di una liturgia ricondotta alla sua vocazione originaria di fons.
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1. Una situazione frammentaria
La relazione che mi stata chiesta non ha la pretesa di esaurire largomento. Cercher piuttosto di offrire una panoramica della situazione e di aprire delle prospettive in funzione degli impegni che mi paiono presentarsi nellambito della pastorale in Francia.
La produzione attuale dei canti in francese per la liturgia molto frammentaria. La mancanza di una cultura comune, il moltiplicarsi delle correnti culturali, la quasi totale scomparsa di una memoria collettiva e di una storia comune, i modelli televisivi, lemergere di comunit nuove in cerca di identit, lattrattiva esercitata dal sacro negli ambienti di un certo livello culturale: altrettanti fattori che hanno dato origine a repertori vari e molto caratterizzati, molto mobili, che contribuiscono a fare della produzione una sorta di mosaico certo assai simpatico, ma che pone senza dubbio dei problemi reali ai diversi attori del canto liturgico. giusto prendere atto di questa ricchezza e rallegrarsi della creativit dei cristiani e dei poeti o musicisti che mettono le loro capacit a servizio della preghiera delle comunit cristiane. Per la Chiesa, posta di fronte allo schiacciasassi e alla tirannia dei dati di audience o del fatturato, il suscitare senza posa nuovi talenti una grande opportunit. Una Chiesa, spesso descritta come in fin di vita, che capace di produrre fra i 300 e i 400 canti allanno, non poi cos moribonda come qualcuno vorrebbe dire. Rimane vero che questa produzione, abbondante e varia, presenta delle difficolt serie e pone interrogativi difficili. Diventa spesso quasi impossibile partecipare con il canto a certe assemblee, data la cos grande molteplicit dei repertori che hanno ormai preso piede. Basta che un gruppo particolarmente forte, e imperniato su unesperienza spirituale particolare, assuma lanimazione di una celebrazione, e si ridotti a rimanere in silenzio perch il canto quello di una trib di cui non si fa parte. La seconda difficolt dipende dallincapacit di dar vita, mediante il canto, a una memoria credente che sia comune. E il reper-
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torio cosiddetto catechetico ha avuto effetti disastrosi per quanto riguarda la costruzione di unidentit cristiana dei bambini. La terza difficolt nasce dal grande numero delle creazioni: per la quantit, non c problema, ma per la qualit le cose sono un po diverse. Loggetto musicale che viene proposto spesso mediocre, prigioniero di tipi e concetti prefabbricati, e patisce della mancanza di formazione, di lavoro, di conoscenze bibliche, teologiche, poetiche e musicali di molti autori e compositori. Il canto liturgico francese somiglia pi alla minestra della San Vincenzo che alla grande cucina, salvo alcune eccezioni di cui parleremo dopo. Lultima difficolt, a mio parere, sta nel giovanilismo di un certo numero di animatori liturgici. Non sono in grado di concepire una vera pedagogia del canto liturgico. Ogni pedagogia richiede pazienza, tempo e ripetizione. Voler fare giovane per attirare certe fasce det significa correre dietro al tempo, seguire la moda e cascare nel cerchio infernale dellusa e getta. la pedagogia del fazzoletto di carta, a cui porta acqua una produzione eccessivamente abbondante.
Per capire, occorre rifarsi alla storia. Con la ripresa del canto gregoriano, nellOttocento, la Francia ha sperimentato la rinascita del canto sacro, la cui preoccupazione fondamentale era di escogitare una musica diversa, che si staccasse dalla canzone popolare, con i suoi lati volgari, ma anche dalla canzone borghese, con i suoi manierismi. Linflusso dellOttocento arriver fino alla guerra del 40, con la particolarit che il canto sacro era considerata una forma darte del tutto secondaria. Il papa Pio X nel suo Motu proprio aveva certamente aperto vie nuove alla partecipazione del popolo al canto liturgico, ma bisogner aspettare gli anni Cinquanta perch si faccia luce un autentico desiderio di promuovere il canto dellassemblea, e perci la creazione e la diffusione di un repertorio nuovo. Attorno al padre Gelineau e al CPL (lantenato del CNPL) si mette in moto tutta unazione volta a sollecitare poeti e musicisti; nello stesso tempo vengono pubblicate le raccolte Gloire au Seigneur, e poi Les deux tables, Il panorama del canto liturgico comincia a dare segni di movimento e gi si prospetta ci che, nel post-Concilio, dir Musicam sacram. Intanto, e sotto linflusso di unideologia che raggiunge il suo acme nel 1968, ideologia che intende mandare allaria tutti i punti di riferimento e le acquisizioni storiche per costruire una cultura
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nuova, nel mondo del canto liturgico vengono allo scoperto delle tensioni, talora violente. Alcuni considerano il canto liturgico come un derivato del canto piano, compreso il modo di eseguirlo; altri vorrebbero che il linguaggio del canto liturgico avesse impatto su cristiani e non cristiani, ricollegandosi alla loro identit culturale. Lapparire di cantautori cristiani (il padre Duval ne la figura emblematica) finir per dare origine a una creativit senza regole, che far saltare per aria definitivamente i riferimenti e gli aspetti propri del canto liturgico. Allo stesso tempo, molti poeti e musicisti professionisti non si trovano a loro agio nella nuova situazione del canto liturgico n nella celebrazione come tale, ingombra di parole che sono al servizio dellideologia che viene celebrata. Molti di noi rifiutano di scrivere o di comporre per una liturgia di cui non riescono a cogliere il senso, lasciando purtroppo campo libero ad autori di cui lecito domandarsi dove abbiano imparato il francese e la teologia, e a composizioni nelle quali farebbe piacere trovare un granello di genialit sui pentagrammi che riempiono di note. Siamo nel regno dei sotto-prodotti di una musica leggera di basso livello, che la Chiesa abbandona alle mani degli editori. Tuttavia e dobbiamo davvero riconoscerlo alcuni poeti e musicisti si distinguono nellinsieme della produzione. Sanno scrivere con giustezza e con semplicit, consentendo alle assemblee cristiane di cantare la lode e di alimentare una memoria credente: Didier Rimaud e Michel Scouarnec, Jacques Berthier e Jo Akepsimas; Joseph Gelineau; la Commissione Francofona Cistercense; Marcel Godard e Henri Dumas; Jean-Michel Dieuaide e Christian Villeneuve. Il loro lavoro ha evitato il naufragio del canto liturgico. Sembra che, da una quindicina danni, si stia profilando un rinnovamento del canto liturgico. La pubblicazione del Missel Not de lAssemble del padre Gelineau ha certamente offerto uno stimolo importante, perch ha posto nelle mani dei gruppi liturgici e degli animatori del canto uno strumento di buona qualit, sia per la celebrazione che per la formazione. Simultaneamente, le riviste Eglise qui chante e Choristes continuano senza stancarsi la loro riflessione sul ruolo del canto nella liturgia e cercano di proporre un repertorio che corrisponda ai precisi dettami conciliari: esattezza teologica, ispirazione biblica, qualit poetica dei testi; buona isoritmia, buona prosodia, buon rapporto testo/musica; pertinenza rituale, variet delle forme (canzone, inno, tropario, litania, ecc.).
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Il numero quasi incalcolabile di canti cosiddetti liturgici a disposizione delle assemblee (se ne contano pi di 10.000, senza considerare quelli che nascono in vari gruppi e comunit) ha reso impossibile la creazione di un repertorio, e difficile il canto unanime delle assemblee. Basta cambiare chiesa da una domenica allaltra per restare praticamente muti durante una celebrazione, data ormai la frammentazione dei repertori. Inoltre, la qualit di questo repertorio molto aleatoria e sfiora spesso una mediocrit sciocca e indigente. Quanto alle forme, esse vengono malmenate dallonnipresenza del modello strofa/ritornello, che comporta il duo animatore/assemblea e impedisce una buona variet di generi e di modi di esecuzione. Vi stata, e vi ancora, la tendenza a sviluppare repertori specifici e di categoria (movimenti, adolescenti, catechismo...), i quali, pur avendo la loro ragion dessere, hanno impedito, e impediscono ancora, alle diverse generazioni e categorie di cristiani di cantare in modo unanime la lode del Signore. Di fronte a una situazione del genere, e consapevoli di ci che implica il canto liturgico in rapporto allidentit del credente e alla trasmissione della fede, i vescovi della Commissione Episcopale per la Liturgia (CEL) hanno incoraggiato il CNPL a lavorare su vari piani: formazione degli animatori del canto, dei direttori di coro e degli organisti, in collegamento con associazioni riconosciute: ANCOLI (Associazione dei cori liturgici), ASA (Associazione SantAmbrogio), ANFOL (Associazione nazionale degli organisti liturgici); collaborazione con gli autori, i compositori e gli editori di riviste o di canti liturgici; istituzione di gruppi di lavoro, ricerca e formazione liturgica di nuovi talenti; promozione annuale di un certo numero di canti, considerati particolarmente buoni per la fede e la preghiera delle assemblee; edizione di un repertorio di canti, che ha lo scopo di dar vita a un fondo comune per i paesi francofoni; creazione a Parigi e ora anche a Tolosa di un Istituto di arti sacre e di musica liturgica (istituti che si dedicano a formare gli artisti per un miglior servizio della liturgia); pubblicazione di una carta degli organisti e preparazione della carta dei direttori di coro; riforma del modo di funzionamento delle edizioni di canti liturgici con la prossima pubblicazione di due cataloghi: canti per la liturgia; canti per le devozioni; canzoni religiose.
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Queste iniziative non giungono a caso. Varie inchieste e una serie di segnali ci indicavano che il panorama del canto liturgico stava cambiando, sotto la pressione delle comunit cristiane. Cos, ad esempio, spuntata lesigenza di un canto liturgico che sia soltanto liturgico, ossia interamente identificabile con lazione liturgica, e non pi variabile secondo la moda. I motivi dellimpatto dei canti di Andr Gouzes si comprendono in gran parte a seguito di questa esigenza. sempre pi richiesto un minimo di repertorio comune, che permetta di fare assemblea dovunque ci si venga a trovare. Questo particolarmente vero oggi, in cui le parrocchie si riuniscono in unit pastorali. Le assemblee hanno riscoperto il canto dei salmi, il ruolo del coro e degli strumentisti. Invece di cambiare continuamente repertorio anche se questa la linea di certe riviste le assemblee chiedono modi e forme esecutive variati, che rinnovino il repertorio senza cambiarlo. I giovani, sempre meglio formati musicalmente, sono sensibili alla qualit musicale di ci che si chiede loro di cantare o di suonare. Si fa maggiormente attenzione al nutrimento spirituale offerto dal canto liturgico. Gli si chiede di essere lo specchio dellassemblea nella sua diversit, di contribuire alla sua unit e di accompagnarla verso il silenzio che apre a Dio. Sembra che, in molti vescovi, preti e cristiani, si stia verificando una presa di coscienza del fatto che il canto liturgico un momento particolarmente forte di proposta della fede, e che si misuri meglio limpatto sociologico, teologico, ecclesiologico e catechetico del canto liturgico. Peraltro, la riflessione sullatto del canto e sullarte del celebrare con il canto si arricchita non solo dellesperienza passata, ma anche della scoperta, da parte dei pi giovani, di un ricco repertorio che era loro quasi del tutto sconosciuto. Si comincia anche a sotterrare lascia di guerra: pur rispettando le diverse sensibilit, si va verso una maggiore obiettivit e una maggiore ecclesialit nellelaborare i repertori. E infine, si sta scoprendo che la novit non dipende necessariamente dal rinnovamento continuo del repertorio, ma molto pi dalla capacit di rinnovare intelligentemente lesecuzione, evitando lusura dei materiali. Rimane il problema della creativit. In Francia, la Chiesa manca di veri poeti e di musicisti professionisti che operino per la liturgia, a meno che gli uni e gli altri non siano stati messi a tacere dai circuiti commerciali. La sfida, attualmente, di farli uscire dal loro silenzio e di incitarli a scrivere per la liturgia e per il canto dellassemblea.
4. A modo di conclusione
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Nonostante le apparenze, la situazione non poi cos malvagia: la giungla della produzione nasconde un repertorio di buona qualit, se ci si d la pena di cercarlo. Il compito degli organismi di Chiesa quello di aiutare questa ricerca, riscoprendo la propria voFidei canora confessio
cazione pastorale, lavorando perch si formino attori liturgici in grado di cantare, considerando la liturgia come un luogo teologico invece che puramente ornamentale, come luogo di memoria di fronte allamnesia di intere generazioni, come servizio reso alla richiesta di riti che siano strutturanti invece che fonte di notoriet o di denaro, come luogo di collegamento fra le diverse modalit della cultura, come luogo di socievolezza invece che di conflitto fra correnti ideologiche. In poche parole, come luogo teologico ed ecclesiologico. Se ciascuno accetta di prendere le proprie responsabilit, lavvenire mi sembra piuttosto promettente.
Conseguenze e valori in gioco Le conseguenze di questa situazione non sono da poco, e sentiamo che il canto liturgico si trova oggi a una svolta importante. a) Conseguenze: sono di vario tipo e riguardano sia i generi musicali che i contenuti dei canti. Il predominio assoluto dello stile canzone, sovente di tipo revival incluso lordinario della messa in cui ormai non si contano pi i gloria, credo e sanctus con ritornello ha quasi del tutto eliminato le altre forme musicali, come i tropari, le litanie, gli inni e i mottetti. E ce n voluta per far riscoprire il canto dei salmi nella liturgia! Quanto alla fattura musicale, essa rimane troppo spesso canzonetta-dipendente, col pretesto di far cantare lassemblea. Cos abbiamo scoraggiato numerosi musicisti professionisti e altri artisti, la cui musica non aveva pi accesso alla liturgia. I contenuti dei canti per la liturgia non cessano di porre dei veri problemi. Sono stati a lungo intrisi di ideologia; oggi tendono a privilegiare una vaga mistica, sentimentale e tale da esacerbare la relazione personale con Dio, che non sempre il Dio di Ges Cristo. Se si dimentica a chi ci stiamo rivolgendo, si sbiadisce la nozione di Dio, e in particolare il senso del mistero trinitario. Dio diventa una nozione vaga, e insieme un amico con cui converso. Unidea sbagliata di inculturazione (ma esiste ancora una cultura?) ha fatto scivolare il canto liturgico verso un ideologia, in cui la Chiesa e il suo servizio sono stranamente assenti. La liturgia diventa allora lespressione di gruppi di pressione che ne diventano padroni e creano varie cappelle musicali, in cui ciascuno bruca a proprio agio. Eppure, se questi aspetti negativi sono predominanti, non bisogna dimenticare il lavoro di fondo, paziente e ostinato, di compositori, poeti e liturgisti, un lavoro che ha dato frutto e che consente realmente di scorgere quali valori siano in gioco per lavvenire.
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b) Valori in gioco Per luomo. Cantare qualcosa che umanizza, perch tutto lessere coinvolto nellatto vocale. Il canto attraversa luomo e lo mette tutto in moto, corpo, spirito e cuore. un valore che si rivela direttamente connesso con la nostra fede cristiana, poich il nostro Dio un Dio che si incarna per salvare luomo in tutte le sue dimensioni. Scommettiamo dunque su questo valore: cantiamo, e cantiamo nella liturgia, perch il canto non un soprammobile liturgico, ma una necessit che nasce dal mistero dellIncarnazione. Per la societ. Il canto dellassemblea e il canto corale fanno societ, societ vera; costruiscono lessere insieme; edificano unautentica fraternit, che si libera dalla confusione e va oltre lindifferenza. Praticare il canto in modo serio e competente e insisto su questi aggettivi un fattore efficace di comunicazione ecclesiale. dunque un valore per la societ e per la Chiesa. Per il mondo. La societ che nasce dalla pratica del canto in chiesa una societ aperta, accogliente, mai chiusa in se stessa. Se si d il caso contrario, temo che la musica, che si fa nella liturgia, non apra il mondo allattesa di Colui che viene, e chiuda la liturgia in esecuzioni confortevoli ma mediocri, senza apertura verso il patrimonio musicale, incapaci di aprirsi alluniversale di Dio e di farsi carico del linguaggio musicale della modernit e della secolarizzazione. Come far risuonare nel mondo il canto del Regno, come far sentire linaudito di Dio, se cominciamo a ripiegarci freddolosamente nellintimit delle nostre pie devozioni? Il canto liturgico deve ricordare che la Chiesa sacramento, segno per il mondo, e che la salvezza offerta a tutti. Per la ritualit. Si troppo dimenticato quanto il rito, e in particolare il rito liturgico, garantisca e mantenga lumanit, la socievolezza e luniversalit secondo il Vangelo. Il rito , e fa, luomo, il supporto indispensabile di tutti i passaggi della vita umana. Per il cristiano, la fede consiste, giorno per giorno, nellospitare Dio nella propria vita, perch essa passi in Dio. Il rito liturgico ha il compito di realizzare il passaggio nel passaggio di Cristo morto e risorto. La liturgia organizza questo passaggio. La musica liturgica deve accompagnare questo percorso. questa la stretta unione di cui parla Sacrosanctum Concilium al n. 112. Il canto deve consentire al rito di venir identificato, di svilupparsi, di essere accompagnato, preceduto o prolungato. Oggi la non conoscenza dei riti liturgici da parte soprattutto dei compositori, direttori di coro e animatori del canto dassemblea, pone un serio problema. per questo che la musica adempie cos raramente al suo compito funzionale. Per la Chiesa. Ben oltre il repertorio, si tratta di costruire la Chiesa e di edificare la fede. Quando cantiamo la lode, la supplica, il giubilo, la fiducia..., diventiamo ci che cantiamo. E i grandi atteggiamenti della preghiera costruiscono la Chiesa in preghiera. La
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posta in gioco qui ancora una volta di non deturpare la Chiesa con dei modi che manifestino una cosa diversa da quella che essa : unassemblea a servizio dellEvangelo. Ci va di mezzo anche la memoria della Chiesa e la trasmissione della fede attraverso le grandi parole, i grandi nomi, le grandi verit che la musica fa gustare ben prima di qualsiasi tentativo di comprensione. Contro lamnesia, lanamnesi ! dunque un valore da custodire quello di stabilizzare con intelligenza il repertorio per costruire, mediante il canto, una memoria credente, dando la precedenza a tutto ci che ritma la celebrazione (dialoghi e ordinario della messa) e che perci struttura gli atteggiamenti di preghiera. Si tratta pure di ritrovare la memoria in canto dei tempi liturgici, vale a dire i sostegni di una memoria collettiva. Le scelte di repertorio non impegnano soltanto la liturgia; mettono in gioco lecclesiologia e la teologia. Per la vita spirituale. il valore pi alto, e anche il pi difficile: implica la nozione del ben cantare, del cantare in modo appropriato; esige di considerare la pratica musicale in chiesa non come luogo di insegnamento ma come luogo teologico, ossia un luogo nel quale, e grazie al quale, la fede viene curata, fortificata, affinata. Un luogo che aiuti a condividere lesperienza pasquale nellaccettazione dei limiti; la morte di un certo elitismo o snobismo, mentre accompagnamo quelli che vengono a cantare, facendo della pratica del canto un atto damore, sacrificando talora il piacere estetico a vantaggio di unazione pi ampia, che apre allinaudito di Dio. Per la musica, infine. Attraverso il suo repertorio liturgico la Chiesa un luogo in cui si fa una musica viva, mediante la creazione continua nelleseguire i canti e nellimprovvisazione organistica. Un luogo dove si aprono possibilit per la musica contemporanea in mezzo a unassemblea popolare; un luogo in cui la musica trascende lessere e gli offre di accedere a un altrove, a condizione che la musica lo permetta.
Conclusione
In realt, il repertorio ci impegna a fare delluomo un essere pasquale, che sperimenta la Pasqua, segue Cristo, pu chiamare Dio Padre, canta la lode eterna e si lascia porre in tensione verso Colui che viene. Ci impegna pure a costruire la Chiesa, una Chiesa che apra luomo allinaudito di Dio, ossia al silenzio. Sono questi gli impegni a cui ci invita lattuale situazione del canto liturgico in Francia.
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1. Per capire lo spirito svizzero ... e perch non esiste una musica svizzera
Nellouverture dellopera Guglielmo Tell, tratta dallomonima pice di Federico Schiller, Gioachino Rossini descrive un paesaggio tranquillo delle Alpi ( il famoso assolo iniziale del violoncello), interrotto dallarrivo di una tempesta. La calma pastorale tuttavia torner grazie alleroismo degli svizzeri, descritto dallAllegro finale. La Confederazione elvetica nacque negli ultimi secoli del Medioevo, in seguito a una serie di patti e alleanze fra un primo nucleo , i Waldsttten (o cantoni forestali), che coinvolsero poi anche citt-cantoni come Lucerna e Berna289. Alleanze di interessi comuni, molto spesso conservatrici, che avevano lo scopo di subordinare gli interessi dei piccoli cantoni, di struttura ancora tribale, a una legislazione comune, e di porre un freno alla violenza privata, frequente presso i pastori e i contadini. Il patto confederale del 1291, che difendeva gli interessi delle famiglie influenti, aveva una dimensione politica: fu unalleanza contro gli Asburgo? Questo punto molto controverso, attualmente. Sembra piuttosto che i Waldsttten abbiano cercato la protezione degli Asburgo, in cambio del libero passaggio attraverso il passo del San Gottardo aperto da poco, la via pi sicura e diretta verso lItalia. E chi allora Guglielmo Tell, che le leggende rappresentano come il liberatore degli svizzeri ? La storia di Guglielmo Tell quella tipica di una liberazione mitica, tramandata in numerose tradizioni orali, soprattutto nordiche. E non sarebbe anteriore al Quattrocento. Il pastore delle Alpi, libero sulla propria terra, libero da ogni signoria Dal punto di vista etnico e culturale, la Svizzera medievale era dunque una societ alpina che si pu definire pastorale. Questa caratteristica segner in modo profondo i suoi abitanti. La
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Nuova Storia della Svizzera e degli Svizzeri, 3 voll., Giampiero Casagrande Editore, Lugano, 1982.
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loro principale attivit economica infatti si sviluppa per molti secoli attorno ai pascoli. Dei pastori, dunque, non per da assimilare a degli esseri incolti, capaci solo di occuparsi del bestiame. Del resto anche la piccola nobilt si dedicava allallevamento. Una tale civilt alpina, dagli aspetti arcaici ripeto: non nel senso peggiorativo , certo si caratterizzava per un conservatismo di fondo. Per esempio, si dimostra molto legata alle usanze tradizionali, tende a rifiutare nuove strutture sociali. Per questo motivo, nel Medioevo, il sistema feudale, oppure il governo ancorato a una dinastia, non trov terreno fertile in Svizzera, almeno nella parte germanofona del Paese. Non si volevano signori a dominare il Paese. Nel quattordicesimo secolo, quando le casate signorili (per esempio, gli Hohenstaufen) manifestarono le loro pretese sulle valli centrali della Svizzera, incontrarono lopposizione di organismi politici formati e consolidati dalla vita alpestre. Gli stessi Asburgo non seppero imporre il loro sistema amministrativo e la loro dominazione. La Svizzera non ebbe perci mai corti principesche, e di conseguenza centri culturali e artistici (una cappella reale o ducale: di Milano, per esempio, o di Venezia, di Monaco o di Borgogna), sostenuti da un principe mecenate.
1850-1950: la tradizione corale e la mistica delle Alpi Per tutto lOttocento, linfluenza del legame confederale sulla vita musicale notevole. La popolazione vive nelleuforia di una Svizzera cresciuta neutrale e ora confederata. Dopo un periodo di forti agitazioni politiche concordati separati tra alcuni cantoni a scapito di altri, leghe confessionali e infine guerra del Sonderbund290 la Svizzera adotta nel 1848 una nuova costituzione, che regola in modo moderno i rapporti fra lo Stato federale e i governi cantonali291. Linfluenza della musica corale giunge dal Nord, dalla Germania da regioni in cui i salmi nella liturgia, a differenza delluso austero nelle Chiese calviniste, si cantano in polifonia. Le pratiche musicali delle assemblee liturgiche di lingua tedesca del Cinquecento canto omofono a quattro parti e molto spesso a cappella292 hanno dunque preparato nel Settecento lavvento del canto corale in Svizzera, e soprattutto lavvento di un certo tipo di canto. Questo movimento raggiunger la Svizzera di lingua francese nellOttocento, provocando anche una tedeschizzazione delle usanze canore francofone.
Il conflitto tra cantoni cattolici, riuniti in lega separata (Sonderbund), e i cantoni protestanti, vinto dai secondi, presenta analogie evidenti con la Guerra di secessione americana. 291 Fu grazie a Napoleone e al suo Atto di Mediazione (1803) che la Svizzera evit di cadere nellanarchia. Ma la Mediazione non risolse il problema dellequilibrio politico-economico fra i cantoni. 292 Un po ovunque si diffonde tuttavia luso dellaccompagnamento con ottoni.
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Il musicologo Eduard Mller-Moor scrive che, allinizio dellOttocento, ladesione alla Confederazione dei cantoni di lingua francese e italiana alla Confederazione elvetica ebbe conseguenze anche sulla loro vita musicale. Da tempo lo spirito del legame confederale aspirava a riflettersi nelle usanze musicali dei cantoni di lingua tedesca attraverso la pratica del canto corale. Questa forma darte, in quanto assumeva laspetto di unespressione di senso civico, era perci destinata a diffondersi rapidamente anche nella Svizzera romanda293. Nel corso dellOttocento, perci, saranno maestri provenienti dalla Germania e dalla Svizzera tedesca a fondare un buon numero di associazioni corali nella Svizzera romanda. il caso di G.-A Kolla Vevey (fondatore anche del Conservatorio di Losanna) e di Hugo de Senger a Ginevra, che ormai in alcune citt assumono il ruolo di Generalmusikdirektor. Lesempio di Jean-Baptiste Kaupert (1786-1863), pastore di origine tedesca, stabilitosi a Morges, nei pressi di Losanna, illustra bene linfluenza tedesca in Romandia. Egli organizzer dei corsi di canto nazionale, gratuiti e aperti a tutti, che saranno molto popolari nel canton Vaud e favoriranno la creazione di numerose societ corali.Viene insomma a crearsi, come lha definita Paul Budry, una sorta di mistica delle Alpi, che ispirer molti temi musicali. A proposito di questo carattere musicale elvetico, Paul Budry scrive: Fate cantare insieme due svizzeri: il secondo intoner subito la terza; aggiungetene un terzo, far da basso. E avrete la polifonia svizzera, una musica naturale per il nostro federalismo mistico ... La pratica corale ci letteralmente entrata nel sangue294. Questa poetica alpestre genera tutta unarte popolare. lepoca delle Invocazioni, degli Inni e dei Cantici295. Cito ancora:
293 Svizzera romanda designa, nellitaliano parlato in Svizzera, la regione e la minoranza di lingua francese. 294 J. B. HILBER et al., Lausanne, La Suisse qui chante, 1932. Paul Budry (1883-1949), saggista, cronista, romanziere, si distinse in numerosi campi, dalla prosa letteraria alle cronache turistiche, alle monografie dedicate ad artisti svizzeri contemporanei. 295 LInno nazionale svizzero nato come canto da chiesa. Nellestate del 1841, il sacerdote e compositore di Uri Alberik Zwyssig (1808-1854), che soggiornava da suo fratello nella bellissima casa patrizia St-Carl alle porte di Zugo, ricevette un testo patriottico da mettere in musica, autore del quale era leditore musicale, giornalista e compositore zurighese Leonhard Widmer (1809-1867). Zwyssig scelse una melodia da lui composta sul salmo Diligam te Domine qualche anno prima, nel 1835, in occasione dellinsediamento di un parroco, mentre era maestro di cappella nel convento di Wettingen. Il testo di Widmer fu adattato al canto da chiesa. La sera di luned 22 novembre 1841, giorno di Santa Cecilia, in una sala al primo piano della villa StCarl, quattro cittadini di Zugo intonarono per la prima volta il Salmo svizzero, in presenza del compositore. Due anni dopo, in occasione dellanniversario dellentrata di Zurigo nella Confederazione (1. maggio 1351- 1. maggio 1843), il nuovo canto patriottico figurava gi nel libretto della festa, a cura dei Zrcher Zofinger, la pi
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La montagna, altare della patria, ove per una singolare confusione fra lordine naturale e lordine divino molte persone ben intenzionate identificano lascensione (la piccozza in mano e le uova sode nello zaino) allelevazione dellanima verso Dio, stata per tutto lOttocento un soggetto portante, per la poesia e la musica. Metteteci un pizzico di edificazione, cui un popolo imbottito di morale naturalmente incline, e ne uscir unarte mollemente sentimentale, ove lassenza di profilo avr il vantaggio di adattarsi a tutti e a ciascuno296. Questa estetica patriottica illustrata allinizio del Novecento da musicisti di valore, come Gustave Doret (1866-1943) o Emile Jacques-Dalcroze (1866-1943). Essi operarono nel senso di una presa di distanza dallo spirito tedesco che aveva invaso il canto popolare romando. Le prime raccolte di canto popolare risultavano infatti fitte di canti corali tedeschi o svizzero tedeschi, i cui i testi erano stati tradotti in francese.
Preti/musicisti, promotori del movimento liturgico La Svizzera piccola, e la Svizzera di lingua francese, al suo interno, veramente unentit minuscola! In Svizzera non ci sono quasi (o sono comunque pochi) ricercatori nel campo della liturgia, e i compositori capaci di innovare, per quanto riguarda la musica liturgica, scarseggiano. Daltra parte le risorse nel settore delledizione sono molto limitate. Lidentit forgiata da un ambiente cattolico espressione di una societ agraria e rurale, contraddistinto da un insieme di segni, riti e simboli, pratiche quotidiane, forme di devozione e feste, per usare le parole dello storico Urs Altermatt298.
vecchia associazione di studenti della Svizzera. Sempre nel 1843, a Zurigo, il canto di Zwyssig fu presentato ad un pubblico entusiasta durante la Festa federale di canto. Entrato nel repertorio dei cori maschili svizzeri (nella Svizzera romanda e in Ticino il testo originale verr successivamente tradotto), stato adottato come inno nazionale nel Secondo Dopoguerra (prima si usava una versione elvetizzata dellinno di Lully conosciuto come God save the Queen) e oggi lo si canta nellambito delle feste di carattere patriottico, ma anche allo stadio in occasione delle partite della squadra nazionale di calcio. 296 Ibid. 297 Mi si consenta di citare qualche passaggio di uno studio da me pubblicato: Les manuels de chant dassemble en Suisse romande, in Liturgia et Unitas, (Liturgiewissenschaftliche und kumenische Studien zur Eucharistie und zum gottesdienstlichen Leben in der Schweiz), in honorem Bruno Brki, Herausgegeben von Martin Klckener und Arnaud Join-Lambert, Universittsverlag Freiburg/Labor et Fides Genve, 2001, 278-302. 298 U. ALTERMATT, Cattolicesimo e mondo moderno, Armando Dad editore, Locarno, 1996.
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Uno spazio dunque poco propenso al cambiamento. Mutamento che tuttavia avr luogo a partire dagli anni Sessanta, in particolare nel tessuto delle usanze della devozione popolare. Il vescovo di Coira, monsignor Caminada, un uomo che nessuno potrebbe accusare di modernismo (cos lo definisce Altermatt), cos si esprimeva: Pu darsi che molte cose siano invecchiate e che determinate abitudini abbiano perso significato. Quel che privo di valore dovrebbe essere spazzato via, ma usando il massimo della cura pastorale per il popolo e la patria. Lasciamoci dunque penetrare dal vento primaverile dellentusiasmo religioso299. legittimo chiedersi se sia veramente esistito un movimento liturgico vero e proprio in Svizzera, vista lassenza di centri e di comunit atti a promuoverlo300. Le iniziative furono soprattutto promosse da persone che collaboravano a delle riviste liturgiche, organizzavano corsi, conferenze e ritiri spirituali, favorivano nelle parrocchie il canto di assemblea e sviluppavano in ambiente scolastico il gusto della celebrazione. Le grandi scuole monastiche della Svizzera tedesca erano spesso, per quanto riguarda la liturgia, legate alla tradizione barocca. Nella Svizzera romanda lAbbazia di SaintMaurice, impegnata anche nella pastorale parrocchiale, ha svolto un ruolo non certo trascurabile. Dal 1956 lAbbazia ospita le Settimane romande prima si chiamavano Settimane gregoriane, poi si sono chiamate: di musica sacra, di musica liturgica e ora, dal 1994, si chiamano di musica e liturgia. Non si potrebbe tuttavia affermare che lAbbazia abbia svolto un ruolo trainante in rapporto al movimento liturgico, almeno per quanto riguarda i primi anni.
Gli iniziatori Un certo numero di preti romandi conosceva e apprezzava tuttavia le idee innovatrici del Centro di pastorale liturgica di Parigi. Molti erano abbonati a La Maison-Dieu e frequentavano le sessioni di Versailles. Tra i sacerdoti che contribuirono maggiormente alla diffusione del movimento liturgico nella Svizzera romanda cito Pierre Kaelin (1913-1995) a Friburgo301, Charles Rossi (1908-1996)
ivi. G. MUFF, Inexistenz einer Schweizer Liturgischen Bewegung? in Liturgie in Bewegung/Liturgie en mouvement, Actes du Colloque 1.-3 mars Univ. Fribourg, sous la direction de Bruno Brki et Martin Klckener, Ed. Universitaires Fribourg/Labor et Fides Genve, 2000, 131-139. Lautore osserva giustamente che diversamente da alcuni monasteri benedettini del Belgio e della Germania i monasteri in Svizzera non si sono mai impegnati come comunit al servizio del movimento liturgico. 301 Pierre Kaelin succedette, al posto di maestro di cappella della Cattedrale di Friburgo, a padre Joseph Bovet (1879-1951). Questi, pedagogo, cantore, compositore, figura mitica nellimmaginario delle corali di Friburgo e della Svizzera romanda, in quanto autore di numerosi canti popolari e patriottici, e di musica sacra.
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a Ginevra e Franois Butty (1912) a Friburgo e Losanna. Tutti e tre erano musicisti: un tratto caratteristico dello spirito svizzero e che sottolinea il posto predominante, in fatto di liturgia, assunto dai cori da chiesa (eredi del movimento ceciliano) nellazione liturgica. La regione tipica di questo spirito rimane ancora oggi il canton Friburgo, ove il movimento ceciliano autenticamente fiorito. Per questo aspetto, la Svizzera di lingua francese si pu dire integrata nella tradizione originatasi nei paesi tedescofoni allinizio del Novecento302. Legato al fenomeno dei cori da chiesa, che nelle localit minori svolgono pure un ruolo sociale, si deve citare quello dei compositori. Il canton Friburgo si segnala fra laltro per una grande attivit compositiva: ci sono cori che desiderano imparare una nuova messa ogni anno. Quando, ogni dieci anni, si fa un convegno delle corali, in programma c sempre una nuova messa. E siccome il testo liturgico ufficiale stato pi volte rimaneggiato, un poeta (ma pi spesso lo stesso compositore) che si mette allopera per adattare e attualizzare. Molto spesso, per, il risultato mediocre. Inoltre si tratta per lo pi di musiche non accessibili allassemblea. Lo stesso discorso vale per i numerosi canti dinizio o di ringraziamento, e per quelli destinati a sostituire il salmo responsoriale della messa: il rapporto con lazione liturgica rimane vago, trattandosi di testi che esaltano la natura, la generosit del cuore umano, una relazione sentimentale a un Dio che ha poco a che fare con Ges Cristo. Ma un repertorio che piace ai coristi. In primo luogo perch roba fatta in casa, poi perch si pu cantare a 4 voci (la monodia non incontra favore nellambiente delle corali). Infine perch di quel carattere musicale, tipicamente svizzero, di cui ho parlato prima. Per quanto riguarda la Svizzera tedesca, emerge la grande figura di Johann Baptist Hilber (1891-1973). Pianista, maestro, direttore di numerosi cori, autore di una lunga serie di composizioni che spaziano dalla musica sacra alla musica da camera, alle opere, gli oratori, le cantate, musiche doccasione, per i Tiri federali, le feste federali di canto, ecc. Hilber non era prete ma aveva frequentato il collegio benedettino di Engelberg, dove fu iniziato profondamente alla liturgia e alla musica da chiesa. Artigiano del canto chiesastico e della vita liturgica delle parrocchie, nel 1942 fond lAbteilung fr Katholische Kirchenmusik am Konservatorium Luzern e poi la Schweizerische Katholische Kirchenmusikschule. Fin dallinizio questa scuola dava insieme lezioni di liturgia e di laP. CRITTIN, Panorama historique de lart choral ou les inconnues du Rhne, in S. Strobino, Aspects de lart choral en Valais, Monographie, Sierre, 1999, 7-13.
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tino ai musicisti da chiesa. Fu un luogo importante di promozione della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Anche i preti vi furono invitati a formarsi. Hilber si impegn tutta la vita per la stretta connessione della musica con la liturgia e per la fedelt alle norme ecclesiali. Da giovane si era battuto contro limmobilismo dei ceciliani e per un nuovo modo di concepire la musica da chiesa. Famosa la sua lotta contro le messe solenni. Nel 1951 scriveva: Le nostre messe in canto non sono pi una cosa viva, una cosa riflettuta, non rafforzano il senso comunitario. Molto spesso il coro fa per conto suo, senza riguardo per quel che capita allaltare o per il coinvolgimento dei fedeli in quanto comunit. Hilber compose molti Ordinari della messa in latino e polifonia e anche molti Propri. Tipici sono i suoi Anschlussoffertorien: brani a pi voci previsti per essere cantati dopo lOffertorio latino, da cui derivano tematicamente. Semplicit di melodie e calore di armonizzazioni sono caratteristiche di questo genere di musica da chiesa. Ma Hilber scrisse anche molta musica per lassemblea: per esempio corali, o canti rituali, che entrarono rapidamente nel libro di canto delle diocesi della Svizzera tedesca (1966). Esercit, in definitiva, una forte influenza sulla vita liturgica in Svizzera303. Grazie a questi iniziatori, le regioni linguistiche svizzere si dotatarono rapidamente di manuali di canto dassemblea. Per la Svizzera romanda: il manuale Dune mme voix, pubblicato nel 1955, stato ristampato pi volte, lultima nel 1996 (456 pagine). Sin dalla prima edizione riporta sempre il testo completo dellOrdinario della messa. Nel 2002 viene usato il manuale previsto per tutti i paesi di lingua francese Chants nots de lassemble. Nella Svizzera tedesca non mai stato adottato il manuale dei paesi tedescofoni Gotteslob: si rester fedeli al Kirchengesangbuch304. Il libro di canto svizzero appare del resto molto rinnovato. Nelledizione pi recente, del 1998 (958 pagine), oltre ad essere molto bene illustrato (contiene riproduzioni di vetrate di Chagall), vi figurano testi liturgici per la celebrazione dei sacramenti e per altri tipi di assemblea; c pure un repertorio di canti in comune con il manuale delle Chiese evangeliche riformate. Questultima caratteristica illustra bene lapertura ecumenica delle Chiese svizzere. Anche nella Svizzera di lingua francese dallanno scorso esiste un manuale ecumenico, intitolato Alliance, che comprende 200 canti.
303 J.-A. WILLA, J. B. HILBER (1891-1973) Kirchenmusik als Weg zu einem bewussten Mitvollzug der Liturgie: Liturgia et Unitas in honorem Bruno Brki, herausgegeben von Martin Klckener und Arnaud Join-Lambert, op. cit., 303-318. 304 Sin dallinizio gli autori del Kirchengesangbuch non volevano perdere la specificit del thesaurus elvetico.
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Per quanto riguarda la Svizzera italiana305, ove il movimento liturgico fu particolarmente vivo anche nel decennio che precedette il Concilio (si ricorder il Congresso di Lugano del 1953 e la fondazione di Universa Laus nel 1966), va citato il libro di preghiere e canti Lodate Dio, stampato da Carrara, pubblicato la prima volta gi nel 1971306.
3. Una societ che, malgrado tutto, cambia e una condizione liturgica che peggiora
Come in tutto lOccidente, anche in Svizzera le mentalit e i modi di vita sono in rapida trasformazione307. Fenomeni come la mobilit sociale, la dispersione delle famiglie, la perdita dei valori, la libert dei costumi, ecc. hanno ormai raggiunto le campagne. Dal punto di vista ecclesiale, si pu osservare un certo numero di cambiamenti: una diminuzione della pratica religiosa: il campanile non pi al centro del villaggio e questo bench lelettorato svizzero abbia rifiutato nel 1981 uniniziativa popolare per la separazione fra Chiesa e Stato a livello federale308. una diminuzione del numero di preti: molte parrocchie sono affidate a un unico sacerdote. La parrocchia amministrativa solo raramente un luogo di iniziazione e di esperienza spirituale. una moltiplicazione e diversificazione dei luoghi di appartenenza ecclesiale: la parrocchia rappresenta sempre meno il luogo principale di appartenenza alla Chiesa. Si notano lemergenza e il consolidamento di gruppi di condivisione e preghiera, dei movimenti, delle comunioni, dei raduni, delle case di esercizi o di sessioni, ecc., luoghi che permettono a molta gente di ridefinire la loro identit cristiana, al di fuori della parrocchia da cui il rischio che essa si trovi priva di forze vive. unassenza, a livello di episcopato, di un progetto pastorale che consideri la celebrazione liturgica come luogo di proposta della fede. lassenza di luoghi-modello: in Svizzera mancano centri in grado di fare scuola in materia di liturgia, specialmente di musica liturgica (penso ai monasteri, alle cattedrali).
Che rappresenta meno del 10% della popolazione svizzera, mentre la Svizzera romanda costituisce solo il 20%. 306 Per il Ticino, da notare il ruolo svolto da sacerdoti/musicisti come Luigi Agustoni e Felice Rainoldi. 307 Gli ambienti urbani dellAltopiano svizzero (Zurigo, Basilea, Berna, Ginevra, ecc.) sono da tempo allineati sui modi di vita delle grandi citt europee. 308 La separazione tra Chiesa e Stato esiste soltanto il alcuni cantoni (Ginevra, Neuchtel), mentre altrove prevale il riconoscimento dello statuto pubblico delle Chiese con facolt di riscossione dellimposta ecclesiastica da parte del Cantone.
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la mancanza di formazione degli attori della celebrazione: la liturgia, lars celebrandi, non pi tra le materie obbligatorie nel programma di formazione dei seminari e delle formazioni musicali. Ne soffre la condotta delle celebrazioni. la diminuzione e linvecchiamento dei membri nei cori parrocchiali, la quasi scomparsa di alcuni di essi. Si fa fatica a trovare un maestro di coro, le voci maschili scarseggiano, limpegno domenicale pesa; i giovani preferiscono la banda o lo sport. la creazione di cori da concerto, o di repertorio profano: gli amatori del canto corale preferiscono partecipare a un gruppo che non ha lobbligo domenicale, che pu concentrare il lavoro su qualche opera importante e su esecuzioni ripartite durante lanno. lassunzione di ruoli diversificati per i cori da chiesa: soprattutto nelle campagne, i cori parrocchiali si fanno iniziatori di raduni, serate, concerti durante le feste, viaggi. lo smembramento del repertorio liturgico: lemergenza dei repertori nuovi, che si logorano in fretta, spesso poco adatti o non destinati alla celebrazione eucaristica (canti presi dalla catechesi, dei gruppi carismatici o del Rinnovamento, delle veglie giovanili ...), impediscono lo sviluppo di uno stile musicale liturgico autentico e scoraggiano gli amatori illuminati. lentusiasmo per la musica professionale: si va matti per la musica medievale, barocca, orientale, etnica, ecc., che si esprime in concerti, alla radio, su compact disc o DVD, e che difficilmente trova posto allinterno della liturgia. Tenuto conto dei fenomeni descritti e come conclusione, senza temere di sbagliarci di molto, diciamo che la Messa-tipo, in una parrocchia qualsiasi della Svizzera romanda, potrebbe assumere queste caratteristiche medie: assemblea poco numerosa; assenza dellorganista309; assenza di un animatore e di un salmista competenti; assenza del coro in alcune parrocchie il coro interviene una o due volte al mese; il celebrante perci solo di fronte allassemblea: che repertorio usa, se non quello, per forza limitato, che conosce e che non cambia mai da una domenica allaltra? Sapesse almeno usare moderatamente la musica registrata! In queste condizioni siamo ancora autorizzati a parlare di musica liturgica?
Nella Svizzera tedesca a causa dei mezzi finanziari pi cospicui, dove esiste limposta ecclesiastica le parrocchie possono disporre di un organista stipendiato.
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Presentazione
LUfficio Liturgico Nazionale ha istituito dal 1994 un Corso di perfezionamento liturgico musicale (CO.PER.LI.M), indirizzato ai musicisti diplomati presso i Conservatori di musica e ai diplomati presso le Scuole e Istituti Diocesani di Musica Sacra. Il Corso destinato a formare i responsabili diocesani di musica sacra, gli incaricati di musica liturgica delle comunit religiose e aggregazioni ecclesiali, i docenti presso le Scuole e Istituti diocesani di Musica Sacra. Si vuole rispondere ad una diffusa esigenza di approfondimento teorico-pratico della realt celebrativa. Le discipline trattate sono divise in 3 aree: 1. Riflessioni fondamentali LITURGIA MUSICOLOGIA LITURGICA 2. Impegni progettuali PASTORALE DELLA MUSICA NELLA COMUNITA PEDAGOGIA DEL CANTO PER LA LITURGIA 3. Tecniche pratiche VOCALIT PER LA LITURGIA ANIMAZIONE E REGIA DELLA CELEBRAZIONE Allinterno di tali aree, si sviluppano lezioni, seminari e laboratori di argomenti specifici, guidati da docenti specializzati. Durante il Corso gli allievi svolgono un elaborato di liturgia, sostengono un colloquio finale e presentano una ricerca scritta di argomento musicologico. A conclusione del Corso viene rilasciato il diploma. La durata del Corso comprende tre sessioni, due estive (luglio), una invernale (gennaio). Ogni due anni si organizza il corso di richiamo di tre giorni, su un tema specifico che viene approfondito con degli esperti del settore, sia liturgico che musicale. Per partecipare occorre la presentazione del proprio Vescovo diocesano e un curriculum vitae. I docenti impegnati nellinsegna-
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mento sono stati scelti fra gli studiosi ed esperti pi preparati e rappresentativi del panorama italiano. Dal 1994 si sono diplomati 64 allievi e circa la met ha gi un incarico a livello diocesano; essi provengono da tutte le diocesi italiane. Questa la realt curricolare e i numeri degli allievi, ma la riflessione va ben oltre tali indicazioni di carattere numerico. una iniziativa che rende presente a livello nazionale lUfficio Liturgico della CEI; sta a significare limpegno che la chiesa italiana vuole offrire in questo settore dellanimazione liturgico-musicale. lunica strada seria che dar frutti validi e duraturi. Infatti l dove i diplomati hanno iniziato ad operare, presso gli uffici diocesani o presso le scuole diocesane di musica sacra, pian piano la realt liturgico-musicale della diocesi si sta evolvendo in senso positivo. Si stanno realizzando incontri formativi, incontri con esperti del settore, si sta vivacizzando lufficio diocesano di musica sacra, stanno sorgendo dei cori diocesani per animare le celebrazioni pi importanti a livello diocesano. Solo per fare dei nomi concreti, penso a Milano, a Torino, ad Aosta, a Como, a Reggio Emilia, a Trento, a Teramo, a Bari, a Cerignola, a Trani, fino in Sicilia e in Sardegna. Se le iscrizioni vanno avanti con il ritmo attuale, in 20-25 anni circa, ogni diocesi avr un responsabile diplomato presso il Coperlim.
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LA SCHEDA
1. Istituzione
LUfficio Liturgico Nazionale, in collaborazione con i Membri della propria Consulta, istituisce un Corso di perfezionamento liturgico-musicale (Co.Per.Li.M.) per rispondere ad una diffusa esigenza di approfondimento teorico-pratico della realt celebrativa.
2. Finalit
Il Corso destinato a formare i responsabili diocesani di musica sacra, gli incaricati di musica liturgica delle comunit religiose e delle aggregazioni ecclesiali, i docenti presso scuole e Istituti diocesani di Musica sacra. Il Co.Per.Li.M. accoglie perci gli allievi, gi diplomati presso tali Scuole o presso i Conservatori, che abbiano acquisito una esperienza di animazione allinterno delle comunit cristiane e vogliano ampliare la propria preparazione ad un livello specialistico.
3. Contenuti e metodo
Introduzione al Corso: Introduzione alla liturgia Musica e liturgia Metodologia di studio A. Discipline fondamentali: divise in 3 aree: 1. Riflessioni fondamentali LITURGIA MUSICOLOGIA LITURGICA 2. Impegni progettuali PASTORALE DELLA MUSICA nella comunit cristiana PEDAGOGIA DEL CANTO PER LA LITURGIA 3. Tecniche pratiche VOCALIT PER LA LITURGIA ANIMAZIONE E REGIA DELLA CELEBRAZIONE B. Laboratori Acustica e Amplificazione nella celebrazione Analisi di sequenze rituali C. Seminari Recitativi e salmodie Canto gregoriano (elementi base) Uso degli strumenti nella celebrazione
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D. Attivit complementari Incontro con lautore - compositore - editore Ascolto guidato Prove di celebrazione Novit musicali Durante il Corso gli allievi dovranno svolgere: un elaborato di liturgia dopo la prima sessione sostenere un colloquio finale dopo la terza sessione sulle seguenti materie: Musicologia, Pastorale della musica, Regia presentare una ricerca scritta di argomento musicologico. A conclusione del Corso la CEI rilascer un diploma.
Le tre aree d.plinari proposte offrono: Acquisizioni di base. Ambiti e criteri per la programmazione pastorale nel settore del canto e della musica a vari livelli. Principi e norme per la preparazione circostanziata di eventi celebrativi. Sussidi e strumenti per la regia sonora delle singole celebrazioni (animazione, verifica...). Informazione, scambi sulla situazione odierna mediante confronti con operatori e responsabili. 4.1 Durata del corso Biennio articolato in tre sessioni: luglio 2004, (11-20 luglio) (I sessione); gennaio 2005 (2-5 gennaio) (II sessione); luglio 2005, una settimana (III sessione); gennaio 2006 - colloquio finale; luglio 2006 - tesi finale. 4.2 Sede Centro Giovanni XXIII, Via Colle Pizzuto, 2 00044 FRASCATI (RM). Nuova sede: da luglio 2004: Hotel Piccola Opera, Vitorchiano (presso Orte, provincia di Viterbo). Tel. 0761.370032 4.3 Modalit di partecipazione Presentazione di domanda scritta, corredata dei seguenti documenti: Presentazione del vescovo diocesano o del Superiore religioso; Diploma (o almeno documentato compimento del corso medio) di Conservatorio o Diploma di Scuola diocesana di Musica Sacra); Diploma di maturit o di laurea; Curriculum vit.
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La domanda va inoltrata entro il 30 aprile 2004 a: Ufficio Liturgico Nazionale Circonvallazione Aurelia, 50 00165 Roma tel. 06/66.398.245 fax 06/66.23.037 e-mail; [email protected] www.chiesacattolica.it/liturgia Per ulteriori informazioni: tel. 338.4448784 (don Parisi) fax-segreteria: 06.9949313 (don Cimini) Per il 30 maggio successivo sar data risposta circa leventuale accettazione della domanda. Il Corso riservato a n.30 allievi e i corsisti saranno scelti secondo una graduatoria stabilita; a parit di documentazione pervenuta, in base allordine di arrivo delle domande allUfficio Liturgico Nazionale. (Sar possibile anche liscrizione via e-mail dellULN). Eccezionalmente verranno ammessi non pi di due uditori, ai quali non verr rilasciato alcun diploma o attestato di frequenza. N.B. Non sono consentite assenze per nessun motivo. Qualora si dovessero verificare assenze o arrivi ritardati, o partenze anticipate, si sar obbligati a ripetere la frequenza di tutta la sessione per intero. 4.4 Quote Iscrizione e frequenza (comprensiva di materiale didattico) nonch quota di soggiorno, saranno comunicate dallUfficio Liturgico Nazionale allatto della conferma di iscrizione.
Direttore: Don Antonio PARISI, Diocesi e Conservatorio di Bari, Consulente dellULN per la Musica sacra Segretario: Don Amelio CIMINI, presidente dellAssociazione Musica e Vita, Roma, membro della Consulta dellUfficio Liturgico Nazionale.
6. Docenti
Corsi fondamentali BUSANI Don Giuseppe (Liturgia) LAMERI don Angelo (Liturgia) COSTA p. Eugenio (Animazione e Regia della celebrazione) GOMIERO Don Franco (Pastorale della musica nella comunit cristiana) RAINOLDI Mons. Felice (Musicologia liturgica) MUNGAI Marina (Vocalit per la liturgia) SABAINO Daniele (Metodologia di ricerca e Repertorio) FERRARI Franca (Pedagogia del canto per la liturgia) Fidei canora confessio
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Lorgano della Basilica della B.V. della Ghiara di Reggio Emilia Recensione delle musiche a stampa e manoscritte del sacerdote Angelo Mascagna (1880-1954) Canto liturgico e parrocchia
Lopera dellorganaro Camillo Del Chiaro allinterno della diocesi di Fabriano-Matelica Bagnoli Cristina (2003) La scuola organaria pistoiese. Un esempio: lorgano Agati Diocesi di Pistoia di Limite sullArno Bagnoli Gianni (2000) Abbazia di SantAntimo. Storia di unistituzione particolarmente Diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza dedita allanimazione liturgico-musicale Baldacci Morena (1996) Annunzio pasquale nelle melodie della II ed. italiana del Messale Diocesi di Torino Romano: analisi testuale e musicale Bascones Suor M.Josephine (1996) Radiografia della prassi liturgico-musicale della Congregazione Diocesi di Porto - Santa Rufina delle Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambin Ges Bettega Cristiano (1997) Il canto giovanile nella liturgia Argalia Sauro (1996)
Diocesi di Fabriano - Matelica Diocesi di Trento
Regesto del Fondo Caudana della Biblioteca Statale di Cremona Attivit liturgico-musicale nella Diocesi di Milano dopo il Concilio Vaticano II Una veglia di Pentecoste: 3 giugno 1995, Parma, Chiesa Cattedrale Don Lavinio Virgili: un musicista a servizio della Chiesa Il cammino liturgico-musicale a Castelletto sul Garda e presso lIstituto Piccole Suore della Sacra Famiglia: profilo storico e prassi La musica per la liturgia e per le attivit culturali nei conservatori di musica Listituto diocesano per animatori musicali della liturgia nella Arcidiocesi di Bari-Bitonto Radiografia della prassi liturgico-musicale del Santuario della B.V. del Rosario di Pompei Religiosit popolare, musica e liturgia nella Basilica di SantAntonio a Padova LOfficium Sancti Francisci. Lettura storica, analisi letteraria e musicale I canti della tradizione popolare dei pellegrini in cammino verso i santuari della Diocesi di Locri-Gerace Il Concilio Vaticano II e la diocesi di Messina in merito alla prassi liturgico-musicale Un secolo di musica sacra nella diocesi di Vigevano con particolare riferimento alla storia della Corale Laurenziana della Basilica di san Lorenzo in Mortara (PV) La Diocesi di Firenze: strutture ed iniziative parrocchiali per la musica e il canto liturgico
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Musica e musicisti nella Cattedrale di Grosseto dal 1903 ad oggi Celestino Eccher, sacerdote e musicista: il suo pensiero, la sua proposta La musica come risonanza interiore della fede Pierangelo Sequeri, compositore liturgico-musicale Il canto liturgico: alcune considerazioni storiche, liturgiche, didattiche, pastorali La pastorale della musica e del canto nella diocesi di Cremona prospettive e ipotesi di lavoro Liturgia e musica nella Basilica di SantAntonio a Padova. Indagine storica e prospettive pastorali Giuseppe Curci, musicista barlettano dell800. Indagine musicologica sulla sua produzione sacra Tradizione e attualit nelle composizioni di mons. Giuseppe Pedemonti della diocesi di Bergamo Don Alessandro De Bonis. Sacerdote salesiano, musicista e compositore: una personalit da scoprire Il Natale in Sicilia - Aspetti e approfondimenti di una spiritualit valorizzata dalla musica e dalla tradizione popolare Un esempio per il canto della Preghiera Eucaristica II: un percorso da completare Luigi Guglielmi. Verso una Sinfonia Liturgica tutta da cantare, tutta da vivere Il Cantiere: un periodico per gli animatori musicali della liturgia Linguaggi musicali mirati per una nuova animazione sonora nella liturgia Formazione e prassi liturgico-musicale nei seminari dItalia
Gelosa Suor Pinuccia (1996) Diocesi di Novara Gelsomino Pasqualino (1999) Diocesi di Ugento Santa Maria di Leuca Ghisolfi Don Graziano (2000)
Diocesi di Cremona
Gli organi antichi di Noto: aspetto tecnico-storico e impiego liturgico Le forme musicali della liturgia rinnovata nel panorama musicale di Marcello Giombini Linno Akathistos. Dalloriente alloccidente. Storia e attualit Canti a memoria. La tradizione orale nella liturgia e paraliturgia in Sardegna Lattivit musicale a Montecarotto (AN) dal XVI al XIX sec.
Un secolo di musicisti ad Anagni (1829-1961). Documenti darchivio Mastroserio Pierluigi (2001) Il personal computer: uno strumento a servizio dellanimazione Diocesi di Cerignola - Ascoli Satriano musicale della liturgia Mitta Don Pietro (1999) Bartolomeo Pozzolo (1849-1927): un caso di coscienza durante Diocesi di Como la riforma ceciliana della musica sacra Morgantini Luca (1998) La prassi liturgico-musicale nelle parrocchie della diocesi Diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza di Montepulciano, Chiusi, Pienza Nicolasi Graziano (1998) Attivit musicale per il popolo di mons. Vittore Bellemo Diocesi di Chioggia nella diocesi di Chioggia Nocella Antonio (1997) I Salmi in musica Martini Lucia Giovanna (1996)
Diocesi di Anagni - Alatri Diocesi di Gaeta
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Il salmo responsoriale nella celebrazione eucaristica La cappella musicale della Cattedrale a Bitonto: dalle origini al Concilio Vaticano II Il personal computer: uno strumento a servizio dellanimazione musicale della liturgia Figura di un compositore liturgico-musicale: Giuseppe Cesare Celsi (1904-1986) OCM 91 Editio typica altera: aspetti liturgico-musicali delladattamento CEI e breve indagine sulla prassi liturgicomusicale del rito del matrimonio nellarcidiocesi di Ancona Osimo Don Cesare Celsi: presentazione bio-bibliografica, analisi musicologica in chiave liturgico-pastorale Liturgia e prassi musicale nel santuario dei SS. Cosma e Damiano ad Alberobello Il rapporto testo/melodia nei repertori pre e post conciliari analizzato alla luce del pensiero dei Padri della Chiesa e dei documenti ufficiali della Chiesa La Scuola di Musica Sacra di Trento: origini, storia, prospettive Don Ignazio Sgarlata, compositore al servizio della liturgia La Messa dei giovani di Marcello Giombini allindomani della riforma liturgica Enrico Buondonno, sacerdote francescano, musicista Cenni su una personalit da scoprire Diario di un organista. Esperienze di liturgia e musica a Santa Maria della Salute di Venezia Cantantibus organi - manuale dellorganista liturgico La Chiesa della Collegiata in Monreale: gli Inni per il SS. Crocifisso
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I concerti
Per programmare il suo XXVII Congresso Nazionale (2023/XI/2003) il XXVI si svolse a Bologna nel 1992 il Consiglio Direttivo dellAISC si mosso con una ouverture abbastanza sommessa., ma puntando verso un ff, quale si meritava un evento eccezionale: il centenario del Motu Proprio Tra le sollecitudini di S. Pio X. Si auspicava una buona risonanza, anche a livello di comunicazione (di notizia), ma soprattutto di partecipazione. In buona parte le cose andarono nel senso desiderato. Si pensato 1) di convocare un buon numero di cori per una solenne celebrazione domenicale in coincidenza con la data di promulgazione del MP, 2) di proporre una serie di riflessioni per i partecipanti al Congresso nei giorni precedenti alla grande celebrazione, 3) di solennizzare levento con alcuni concerti di musica sacra depoca, o cosiddetta ceciliana.
Furono quattro: il primo, polifonico (tenuto dal Coro del PIMS, dr. Walter Marzilli, Chiesa S. Marcello al Corso); il secondo, strumentale (tenuto dallorganista Francesco Finotti, presso il PIMS); il terzo, vocale strumentale con la presenza del Papa e di migliaia di coristi in Sala Nervi: fu eseguita La Passione di Cristo secondo San Marco di L. Perosi (Schola Cantorum di Capriate/BG e Schola Cantorum con Orchestra di Gessate/MI); il quarto, nella basilica si S. Paolo, a cura della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, con lesecuzione de La Creazione di J. Haydn (interpretata dalla Wiener Philharmoniker-Arnold Schoenberg Chor). Il concerto pi toccante almeno per unovvia ragione fu quello eseguito in Sala Nervi.
Le riflessioni
Furono disseminate soprattutto in 8 relazioni (da gioved pomeriggio 20/XI a sabato mattina 22/XI). 1. S. Pio X, un dono alla Chiesa allinizio del sec. XX (Card. Jos Saraiva Martins, Prefetto Congregazione dei Santi): a partire dal motto Instaurare omnia in Christo, Pio X ha insegnato che non c vita cristiana senza vita liturgica. Il Papa del MP ha inteso Fidei canora confessio
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purificare la liturgia con la purificazione del canto liturgico. (Fin da questa prima relazione il modello del canto gregoriano presente e ritorna la sollecitazione ad un suo ricupero nelle celebrazioni attuali). 2. La parte della musica nelloperazione Instaurare omnia in Christo. Gli obiettivi del MP e analisi del documento (Prof. Giordano Monzio Compagnoni, Prefetto della Biblioteca del PIAMS). Monzio Compagnoni si soffermato su una lettura dallinterno del pensiero teologico-pastorale di S. Pio X, in relazione alla cultura del tempo. La Chiesa, promotrice dellordine divino della realt e della societ, promuove di conseguenza tutto ci che vero, buono e bello. Qui sinnesta il discorso dellarte e della musica sacra. Arte e musica nella liturgia sono degne di Dio, se esprimono e avvicinano a Dio vero, buono e bello. In tal senso va inteso il concetto di sacro, espropriato di una (presunta) sacralit oggettiva. 3. Il Movimento Ceciliano ispiratore ed esecutore del MP prima di Pio X, dopo Pio X fino al 1960, dopo il Concilio Vaticano II (M Massimo Nosetti, docente al Conservatorio di Cuneo). La Chiesa ha frequentemente rimesso in discussione le sue scelte, proposte e norme anche nella liturgia e nella musica sacra: spesso con scarsi risultati. Il Movimento di riforma nasce in Italia e in Europa dentro landazzo e la profanit imperanti, in particolare nel campo musicale-liturgico. Sembra che in Italia vi fosse il peggio, con il dilagare della musica operistica. Il Cecilianesimo, con il suo primo maestro, il milanese Don Angelo Nasoni, avvia la sua risposta-proposta, culminante nel MP: con Pio X qualcuno obbedisce di pi! Il relatore ha passato in rassegna le varie necessit e realt nei differenti ambiti della musica liturgica: un nuovo repertorio (valanga di musica ceciliana!), una organologia rinnovata, nascita e crescita delle Scholae Cantorum, canto del popolo (con sussidi, libretti, manualetti); musiche che germogliano nel facile, nellaccessibile (sovente nel grigio: musica pi letargica che liturgica!), molti nuovi organisiti (tra cui parecchi perdono lo stipendio!); e, infine, grandi maestri ceciliani (o personalit robuste come Perosi, Bossi, Refice, Ravanello, Bottazzo, ecc.). Venne, poi, il giorno del Concilio Vaticano II: accanto allo sperimentalismo, occorreva un progetto orientativo, che a detta del relatore non ci fu. LAISC (sempre secondo il relatore) fu anche bastonata. Da tutte le parti (concluse il relatore) occorre il dialogo pi che la polemica e la contrapposizione. 4. Musica e Liturgia nel Vaticano II. Prospettive e compiti per il musicista (M Mons. Giuseppe Liberto, direttore della Cappella Sistina). Come evento profetico il Vaticano II non va inteso quale correttivo del MP (n tanto meno viceversa). Una pi forte esigenza chiama la musica a riferirsi alla partecipazione attiva, alla Parola di Dio, alla Liturgia in genere; questa richiede una musica
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vera, che e sar sacra se santa, ossia se sacramentale: Lidentit della musica sacra intesa come santa sta tutta nella sua sacramentalit, nella dimensione del visibile e del sensibile, in cui il genio, la tecnica e lesecuzione musicale si configurano come vera e propria rivelazione umana del mistero celebrato. Perci nella musica per la liturgia la bellezza sonora non leffetto di unarte umana che si autocompiace e che perci si autocelebra, ma leco della gloria divina che si rivela: si cade inesorabilmente nellidolatria, se nella liturgia una musica canta solo di s, venera se stessa e non diventa epifania della bellezza-gloria nel mistero celebrato. 5. Il lavoro musicale compiuto e quello che resta da fare. Punti chiari e aspetti della riforma conciliare disattesi (M Don Valentino Donella, direttore del Bollettino Ceciliano). Il relatore ha inteso fare un primo provvisorio bilancio. Da tre secoli il mondo era entrato in chiesa, con grossi guai: col MP Pio X volle porre rimedio, stabilendo un equilibrio fra musica e liturgia, che neppure il Vaticano II secondo Donella riusc a operare: certamente la riforma conciliare fu buona e cose buone port nella liturgia, ma la musica fu sacrificata. Dei buoni musicisti (ad es: Picchi, Vitone, Zardini, Capaccioli, ...) hanno lavorato contro un nefasto dilettantismo, ma la musica cadde in discesa irrefrenabile. Il Papa intervenuto pi volte, ma nessuno lo ha ascoltato. Nella caduta, ci fu labbandono della tradizione musicale (dal gregoriano cancellato ai canti popolari devozionali messi a tacere); il canto del popolo fu lasciato nellincuria e nella superficialit, in balia della canzonetta; e lorgano fu sostituito al 90% dalle chitarre. In seminario? Non pi scuola di musica e poca considerazione per il valore della musica sacra. Annullata la distinzione fra sacro e profano, il giovanilismo nelle chiese dilagato con luso di strumenti da sempre considerati profani, ecc. La sciatteria entrata in chiesa ... e non pi uscita. Difficile tornare indietro! Da parte dei nostri Vescovi? Nessun segnale. Il relatore si dichiara pessimista, di fronte ad altri: ottimisiti e candidi! Donella propone, con poche speranze, tre piste di riflessione e di azione: a) il ricupero della nostra identit culturale (no ad altre culture, anche se provengono da Lourdes o da qualche rivista parigina); b) il ritorno al Concilio: a quello vero, non a quello reinterpretato; c) lattuazione della sintesi tra funzionalit ed arte: non funzionalit senza arte, se no si morr nel banale. 6. La Chiesa del dopo concilio ha ancora bisogno dei musicisti? (M Giuseppe Gai, docente nel conservatorio di Alessandria). Ovviamente, s (SC 121): abbiamo bisogno di musicisti animati da spirito cristiano, che non si interessino soltanto di musica, che costruiscano insieme agli animatori un buon repertorio, che siano capaci di porsi al servizio del rito liturgico e di esprimere la bellezza.
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7. Linsegnamento e la pratica della musica sacra nei Seminari (S. E. Mons. Gualtiero Bassetti, Vescovo di Arezzo, Visitatore apostolico dei Seminari dItalia). Pur nel poco tempo avuto a disposizione, ha tratteggiato una buona panoramica della situazione e unutile proposta di programmazione, a partire dalla comprensione dei seminaristi doggi: essi provengono da parrocchie, da movimenti e associazioni, in cui la musica sacra spesso appiattita nelle sue negativit o nei suoi limiti ben noti (presenza delle musiche leggere, contrapposizione fra Messa tradizionale e Messa giovanile, impreparazione liturgico-musicale, musica per aggregare pi che per celebrare, criterio di scelta del repertorio fondato sul mi piace, uso improprio della musica strumentale, esclusivismo da parte dei movimenti quanto a tipologia di canti). I seminaristi sono condizionati da ci che lasciano e da ci che trovano fuori seminario. In seminario, poi, non hanno tempo per la musica, occupati come sono dalle molte discipline teologiche e antropologiche, che (anche troppe!) hanno spazzato via la musica. Il relatore suggerisce un programma organicamente distribuito nel propedeutico (formazione individuale, conoscenza del repertorio diocesano, apprendimento-lettura dello spartito), nel biennio (approfondimento formativo musicale), nel triennio (mistagogia liturgica del canto, abitudine allintonazione, avviamento alla guida della celebrazione); e nellanno diaconale (valenza pastorale del canto e della musica, esperienze con cori di adulti e di bambini, apprendimento delle melodie rituali del celebrante). Tutto ci va calato nella realt liturgico-musicale, ossia nella ministerialit (o sacramentalit) della musica per la liturgia. Il relatore ha dato alcuni suggerimenti pratici. In seminario occorrono: la presenza di un vicerettore o di un seminarista preparato (magari del responsabile diocesano), la costituzione e lattivit pedagogica di un insieme trainante (un gruppo musicale), le prove settimanali dei canti (con riferimento ai documenti), lallestimento di un repertorio seminaristico proprio (anche con il gregoriano e i canti dellordinario della Messa, attingendo nel repertorio diocesano e nazionale). E, dulcis in fundo: Scegliere con gusto! Quanto agli strumenti musicali: privilegiare lorgano (curando di non suonare solo per accordi); le chitarre? S, purch non grattuggiate ma suonate al meglio. (Sarei contrario a forme percussive). 8. Dal MP di Pio X alla SC: le costanti della musica liturgica. Ricupero dei concetti fondamentali di sacert, di funzionalit liturgica e di arte (Card. Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti). S. E. il Prefetto ha ricuperato il documento centenario, riproponendo con chiarezza le linee portanti del MP.
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Le celebrazioni
La Preghiera di apertura di gioved 20/XI (con testi e musiche attinti da unAssemblea Generale CEI). I Vespri di venerd 20/XI, nella cappella dellistituto salesiano (con parecchio gregoriano). La Celebrazione eucaristica, presieduta dal Card. Virgilio No, di sabato 22/XI, in onore di S. Cecilia, nella basilica di S. Pietro allaltare della Cattedra: tutta in canto e tutta in gregoriano, tranne le letture, la preghiera universale e lomelia (esecutrice e animatrice la Schola Gregoriana del Duomo di Cremona). La Celebrazione eucaristica, presieduta dal Card. Angelo Sodano, di domenica 23/XI, in onore di Cristo Re, ancora nella basilica di S. Pietro allaltare della Confessione, con la partecipazione di tutte le (o meglio, delle) Scholae Cantorum convenute. Hanno partecipato 13.000 cantori (dei 19.717 iscritti: col grave inconveniente e conseguente disagio (vivacemente protestato da diverse Scholae cantorum) della non possibilit di partecipare alla grande Messa da parte di qualche migliaio di coristi, cui fu impedito laccesso alla Basilica la domenica mattina (principalmente per ragioni di sicurezza) e che sono rimasti in piazza S. Pietro davanti ai megaschermi (purtroppo anche senza la comunione eucaristica). Dellincoveniente e del disagio la segretaria AISC si scusata, adducendo le ragioni particolareggiate in una lettera inviata alle 450 Scholae Cantorum. La grande Messa, tutto sommato ritualmente ben compaginata e musicalmente ben eseguita, fu diretta da Don Giuseppe Ferri (cremonese), collaborato da due guide: una per un sostanzioso gruppo a 4 voci e una per lassemblea. Organico strumentale: oltre lorgano, un complesso di ottoni. Tutti i cantori hanno provato lungamente sia sabato pomeriggio che domenica mattina. Per finire, faccio mie alcune parole di P. Glineau: Non trovo nulla di altrettanto emozionante e bello nel suo genere che unassemblea mentre canta a voce spiegata un grande unisono, sia fatta di venti o di mille persone. A mio gusto, avrei desiderato qualche unisono in pi o pi irrobustito (non solo fatto da qualche centinaio di cantori in funzione di assemblea, a fronte di pi di diecimila coristi). Comunque, il sound delle 4v e del grande insieme, vocale-strumentale, fu toccante. A titolo di cronaca: quasi tutti i Congressi Nazionali dellAssociazione sono terminati con un Convegno Nazionale delle Scholae cantorum. I numeri maggiori di coristi si ebbero, in Roma, nel 2000 (Giubileo III Et): 7000 cantori; nel 1985 (Anno Europeo della Musica): 15000 cantori; nel 1980 (XXIII Congresso): 15000 cantori.
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Conclusioni
Al termine di una relazione (a suo modo provocante), il moderatore lAvv. Massimo Poltronieri , rivolgendosi al direttore del Bollettino Ceciliano, espresse la necessit e il suggerimento di individuare metodo e strategia per il futuro dellAssociazione. Non mancarono (a detta dello stesso moderatore) tracce di futura riflessione. Ci che il Consiglio Direttivo dellAISC ha preso in considerazione in una riunione tenutasi l11 dicembre scorso. Allodg: 1) la verifica del Congresso/Convegno; ci si soffermati in particolare sulle cause della esclusione o della non partecipazione di molti coristi; 2) il futuro prossimo e remoto dellAISC nella previsione di altre iniziative soprattutto con cori, direttori e organisti. Il Consiglio si occuper sia dellanamnesi (verifiche) e che della profezia (prospettive) nella TreGiorni che si terr in Assisi dal 1 al 4 marzo. Far da punto di riferimento in particolare il Chirografo del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il Centenario del Motu Proprio Tra le sollecitudini sulla Musica Sacra. Due cassette audiovisive La celebrazione eucaristica in S. Pietro e La Passione di Cristo secondo San Marco in Sala Nervi rimangono ad perpetuam rei memoriam del XXVII Congresso Nazionale dellAISC.
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