FNCRSI - Sentenza Del Supremo Tribunale Militare (N 747 Del 1954)

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FEDERAZIONE N_AZIONALE COMBAITENTI

DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA


SENTENZA
DEL
TRIBUNALE SUPREMO MILITARE
(N 747 del 26.04.1954)
Via Cropani, 90 - 00040 Roma - www.italia-rsi.org
Nel quadro dei suoi compiti statuari, la Federazione Nazionale
Combattenti della Repubblica Sociale Italiana ripropone alla riflessione
degli aderenti e dei simpatizzanti la sentenz.a n. 747, emessa dal Tribunale
Supremo Militare in data 26 aprile 1954, unitamente al commento del
guardasigilli della RSI, avv. Piero PI SENTI. Con ci essa intende contri-
buire ad una profonda comprensione dell'essere, OGGI, Combattenti
della RSI. La sentenza trae rigine dal ricorso di dieci ufficiali e due sot-
tufficiali della Legione Tagliamento della G.N.R. (fra i quali, oltre al
primo seniore ZUCCARI Merico, compreso il centurione RASTELLI
Nello, che "quelli della Camilluccia" ricordano quale stretto collaborato-
re di Renato RICCI nella prima fase organizzativa della G.R.N.), avver-
so la sentenza emessa dal Tribunale militare territoriale di Milano in data
28.08.1952. In essa s'incontrano espressioni di notevole valore etico-
morale: "in questa sede non pu trovare asilo passione politica alcuna";
"La Giustizia deve adempiere con la maggiore serenit e obiettivit pos-
sibile la sua missione ... per modo che tutti si sentano figli della stessa
Patria e non vi siano pi dei tollerati, degli umiliati e dei reietti, cui si
possa, ad ogni istante, rinfacciare il passato"; "Quelli del Nord additano
come traditori quelli del Sud e viceversa. Un popolo di antica civilt
romana e cristiana ... era diventato dunque un popolo di traditori"; "Ma al
giudice ... spetta di esaminare e vagliare se tradimento ci fu, o se solo vi fu
incomprensione o errore ... ".
A stabilire quale fosse il vero nemico dell'Italia dal 1940 al 1945, per
tre volte, la sentenza usa il termine NEMICO al singolare e al plurale per
indicare gli angloamericani.
Il generale D.D. EISENHOWER, comandante supremo delle forze
alleate in Europa, sostiene: " ... la resa dell'ILalia fu uno sporco affare.
Tutle le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma
l 'Italia la rola ad avere perduto questa guerra con disonore, salvato
solo in parte dal sacrificio dei Combattenti della Repubblica Sociale
Italiana". Un cos chiaro riconoscimento del nemico avrebbe dovuto far
superare il sofisma sempre riemergente nelle contese storico-politiche il
cui punto critico appunto quello della parte scelta dai protagonisti, la
quale viene reputata giusta o sbagliata, non in relazione di criteri etici a
carattere universale, bens in funzione dei diversi orientamenti ideologici
dei contendenti. Recentemente sceso un campo anche Berlusconi per
sostenere: "Mio padre era militare al momento della disfatta ... si fece con-
vincere da alcuni suoi amici a riparare con Joro in Svizzera. Fece la scel-
ta giusta" (cfr. Una storia italiana, ed. Mondadori, Milano marzo 2001 ). A
fronte di tutte le falsificazioni della verit e di quest'ultima inqualificabi-
le affermazione, ribadiamo la nostra convinzione: l'unica parte giusta
stata quella scelta dai Combattenti della RSI, e la meno ingiusta
stata quella scelta dai partigiani, i quali pure combatterono e rischiarono
la vita. Le altre, in quanto scelte di comodo, non sono degne di apprez-
zamento in questa sede.
Ci comporta la difesa, senza cedimenti e tentennamenti, del nostro
passato e della fede che anim la nostra condotta. La nostra, come ogni
vera fede, si fonda sulla coscienza morale e sulla ragione, le quali,compe-
netrandosi, determinano il modo di essere e di agire degli uomini. Essa si
connette con l'amor patrio e si mobilita mediante il nostro naturale rap-
porto con la Nazione, dal quale nasce la concezione fascista secondo cui
la coincidenza cittadino-Stato d origine alla pi alta forma di democra-
zia, la quale contempla la libert in relazione di diretta proporzionali-
t effettivamente dimostrata nell' adempimento dei doveri sociali.
Non inutilmente stato osservato che colui che non vive secondo quello
che crede, non crede.
Come che sia, la RSI frutto del pensiero e dell'azione degli italiani,
appartiene a pieno titolo alla storia d' Italia e, in quanto tale, deve poter
essere sottoposta al vaglio delle nuove generazioni per quello che stata
e ha fatto realmente, e non attraverso le contraffazioni di pochi sciagura-
ti.
Ci detto, l'ostilit che ci circonda non deve fiaccarci, ma rinvigorirci
nello spirito e nei propositi. La RSI, infatti, pu continuare a rappresenta-
re un evento storicamente e politicamente significativo soltanto a parto
che ciascuno di noi si senta radicato in essa per attingevi motivi di esem-
plare condotta. Dobbiamo altres opporci alla svolta antropologica in atto
e alla cieca avidit plutocratica, tese a soffocare la dignit dell'uomo
mediante l'esaltazione dei suoi istinti pi bassi, nonch a quelle conce-
zioni etiche sommamente negative che, a furia di escogitare nuovi diritti,
propalano la tesi blasfema secondo cui l'uomo avrebbe non la facolt, ma
il diritto di scegliere il male.
Questo il nostro orizzonte d'azione, questa la consegna affidataci
dai Caduti.
Ricordiamoli! Ricordiamo i loro volti ora gravi e pensosi, ora scanso-
nati e sorridenti, e la spontanea loro abnegazione alla Patria comune che
si voleva pi civile e pi giusta per tutti, avversari compresi-.
Pertanto, coloro i quali, pur essendo stati valenti Combattenti della RSI,
assumano OGGI atteggiamenti che li pongono fuori e contro quell'oriz-
zonte, non ci appartengono pi, perch non rispettano la memoria dei
Caduti, negano la dignit dei sopravvissuti e non lasciano un retaggio di
seriet e di fierezza alle generazioni a venire. L'autoproclamarsi vinti nei
confronti di soggetti non belligeranti, i quali hanno ridotto la Nazione
cos come la vediamo e viviamo, semplicemente blasfemo. L' aderire ad
una pseudopacificazione che pretenderebbe di avvilirci nel ruolo di soste-
nitori volontari della PARTE SBAGLIATA, e persino in quella di scorta-
tori di convogli di ebrei diretti ai Lager (L. Violante), costituisce atto di
mera perversione masochista. Ove siffatti comportamenti, ora assunti sol-
tanto da qualche sprovveduto, si estendessero ai pi, si prefigurerebbe
l'ultima nostra mortificazione. Se che l'et media dei
Combattenti della RSI supera i tre quarti di secolo, quel mortem facere
non propriamente un eufemismo.
Intendiamoci: avendo aderito alle teorie atlantiche ed essendosi ridot-
ti in attivisti di partiti antifascisti e della NATO, essi stessi hanno recisi i
legami con il contesto politico originario, il quale intende continuare ad
agire secondo le direttive geopolitiche mussoliruane tese a rompere l'ini-
quo accerchiamento anglo-francese dell' Italia mediante il possesso di
Gibilterra, Tunisi, Corsica, Malta e Suez. La loro adesione all'atlantismo,
che in netta antitesi con le aspirazioni italiane dalle guerre puniche in
poi, non pu che rappresentare un palese tradimento degli interessi vitali
del popolo italiano. li Duce, d' altronde, altro non fece che la sintesi del
pensiero geopolitico italiano preunitario, risorgimentale e unitario; pen-
siero che si sostanziava delle riflessioni di Botero, Vico, Romagnosi,
Cattaneo, Balbo, Gioberti, Mazzini, Pisacane, Crispi, ecc.
Comunque, l'essere costretti a prendere atto di comportamenti di ex
camerati non consoni alla dignit e alla coerenza che hanno sempre con-
traddistinto i Combattenti della RSI, per noi un motivo di grande disagio
morale. I Combattenti della RSI non possono non comprendere che la
liberaldemocrazia appartiene all'800 e che il bolscevismo non crollato
nel 1989, ma nell ' atto stesso della sua alleanza con la plutocrazia. Di
fatto, mentre noi fondavamo e difendevamo la prima Repubblica Sociale
della storia, TogJiatti adempiva l'incarico di guardasigilli dei Savoia e,
tuttora, i suoi continuatori perseverano nella funzione di subalterni fian-
cheggiatori e affamatori di popoli inermi.
In quanto portatori di un nuovo ordine politico ed economico-sociale,
ci istintivamente estranea, ideologicamente nemica e repellente sotto il
profilo umano ogni forma di privilegio che non scaturisca da specifici
meriti dimostrati sul campo.
La storia, i cui verdetti non sono inappellabili, ha registrato la nostra
sconfitta militare. Ci nulla toglie al fatto storico incontestabile che noi
innalzammo al cospetto del mondo il vessillo di una pi umana giu-
stizia internazionale e quello della equa ripartizione dei beni della
terra fra tutti i popoli e che lo difendemmo con estrema determina-
zione. La perversa volont nemica invano s'infiamma nel tentativo di
sospingerci nel buio di remote cronache subdolamente manipolate. Ma la
verit -ama la luce e la bellezza e s'impone soltanto in forza di se stessa,
non pascendosi di falsi miti quali quelli della resistenza, che De Gaulle
defin "un bluff che ebbe successo" (cfr. Nuova Storia Contemporanea,
n. 2/200 t ). La verit vera che gli italiani possono andare a testa alta per
le vie del mondo soltanto per merito della RSI, dei suoi Caduti e dei Suoi
Combattenti. In questa ottica solare va inquadrata la linea di pensiero che
ha guidato la mente e il cuore dei magistrati militari che hanno prodotto
quel documento di alta dignit giuridica che la sentenza n. 747/54. Ci
affermiamo non perch essa rechi elementi atti a legittimare la nostra con-
dotta militare, giacch la difesa della patria dovunque reputata come
intrinsecamente legittima, oltre che rigorosamente doverosa. Del resto,
abbiamo sempre sostenuto essere per noi premio bastevole la serena con-
sapevolezza del dovere compiuto del tutto volontariamente.
Il contenuto della sentenza ci induce a riflettere su altre circostanze sto-
ricamente rilevanti.
Fermamente affermando di fronte a nemici ed alleati le proprie inten-
zionalit dirette alla radicale trasformazione dell'assetto economico e
sociale nazionale e internazionale, la RSI realizz uno Stato di fatto rico-
noseiuto da una pluralit di Nazioni; Stato che non si arreso perch, pur
avendo le possibilit e il diritto, non ha chiesto la resa al tracotante nemi-
co che pretendeva imporgli una resa incondizionata. Questo fatto pu
avere anche oggi significative conseguenze etiche e giuridiche. In effetti,
fino al momento della sua soppressione fisica, il Duce sper .di consegna-
re la RSI, con il suo tesoro e la sua legislazione ai socialisti italiani. Se gli
esponenti del socialismo, asserviti agli interessi angloamericani, rifiutaro-
no l' offerta a lungo preparata attraverso la protezione diretta e indiretta di
Mussolini stesso su molti di loro per tutta la durata del conflitto, non
venne accolta, non certamente colpa nostra. Per contro, quasi l' intero
governo della RSI fu massacrato sulle rive del lago di Como.
Il 1 maggio 1945, gi prigioniero, il maresciallo Graziani la
resa limitatamente ali' Armata Liguria (3 divisioni italiane e 3 tedesche).
Altri reparti deposero le anni nelle mani delle nuove autorit, ma, nell'at-
tesa di essere consegnati agli alleati, vennero massacrati dai partigiani
scesi dai monti a cose fatte. Ai primi di maggio '45, molte nostre forma-
zioni erano ancora in armi, in attesa di ordini. Arresesi succesivamente,
pochi dei loro componenti si salvarono dagli eccidi. E' doveroso ricorda-
re che L'Ispettorato Alta Italia di questa Federazione, sotto la guitla del
Comandante R: Barbesino, tra mille difficolt, provvide al recupero delle
salme di un grande numero di nostri Caduti, molte delle quali tuttavia
furono fatte passare dalle autorit locali come appartenenti a partigiani.
Dopo breve tempo, non fiaccati per la sconfitta subita e per patimenti
sofferti, gli scampati contestarono energicamente nelle piazze e nelle uni-
versit il diritto di governare l'Italia ai preti e ai socialcomunisti. Contro
di essi fu subito varata la Legge Scelba e celebrati i primi processi per la
ricostituzione del partito fascista e attuati quei provvedimenti atti a rom-
pere l' unit dj quelle forze. Il MSI si alline con il governo, s' imparent
con i monarchici e pass nell'area della e.cl. "destra al servizio della
Nazione".
Ci produsse fratture insanabili anche fra i Combattenti della RSI.
Con la ristampa della sentenza del TSM, oggi la FNCRSI intende
richiamare l' attenzione anche sull' ultima dichiarazione del PFR del 5
aprile 1945, la quale indica orientamenti politici essenziali, e che fra I' al-
tro afferma: "Sono da avversare decisamente tanto gli sbandamenti verso
\
il collettivismo bolscevico quanto i tentativi plutocratici di sopravvivenza
attraverso il compromesso". Ma il Duce aveva gi definito i nuovi prov-
vedimenti socioeconomici della RSI: "La realizzazione italiana, umana,
nostra, effettiva del socialismo nostro". In relazione a ci, questa
Federazione ha dimostrato che il nostro nemico reale (ben altra cosa il
principio barbarico del nemico assoluto, da criminalizzare e annientare
fatto proprio dalle nazioni demo-bolsceviche, il quale, risospingendo l' u-
manit nel buio delle sue origini belluine, si pone in netta antitesi con la
nostra spirituale e religiosa concezione del mondo e dell'uomo), era ed
l'antifascismo nella sua funzione negativa di coacervo di forze conserva-
trici sottomesse ai detentori delle ricchezze del mondo.
Per noi, 1' 8 settembre rappresenta lo spartiacque fra discendenti dei
legionari romani e quelli degli antichi schiavi. Circa le anni, le munizio-
ni e i materiali giacenti a quella data nei magazzini del Regio Esercito,
durante il processo di Norimberga, il generale tedesco A. Jold afferm: "Il
bottino bast a far rinascere durante qualche tempo, l'abbondanza nello
immiserito esercito tedesco. Fu questo, cos sul puro e semplice terreno
militare, il maggior servizio che l ' Italia abbia reso al suo alleato".
Dichiarazione tremendamente umiliante, appena attenuata da quella resa
dal generale H. Slemmher. Noi ufficiali e soldati tedeschi fummo onorati
di combattere agli ordini del maresciallo Graziani".
Le conseguenze giuridico-politiche che possono trarsi dalla sentenza
sono molteplici. Le pi importanti per noi sono quelle di conservare il
legame ideale con quello Stato repubblicano-sociale che, pur travolto nei
suoi istituti e nei suoi uomini, ancora vivo nell' animo di quanti contri-
buirono a fondarlo e a difenderlo; e quella di respingere l'equiparazione
ai partigiani del nemico invasore, atteso che la nostra sconfitta fu dovuta
esclusivamente alla strapotenza angloamericana.
Con esemplare coerenza giuridica e senso d' imparzialit, la sentenza
riconosce la nostra specifica qualit di belligeranti, perch appartenenti
alle FF.AA. di uno Stato che emanava le sue leggi e i suoi decreti senza
l'autorizzazione dell' alleato tedesco, e disconosce tale qualit ai parti-
giani, perch operavano al di fuori delle leggi militari internazionali di
guerra. Riconosce, altres, che il governo monarchico del Sud esercitava
il suo potere sub condicione del comando alleato. Tale assurdo status per-
dura dal momento che l'attuale classe politica italiana decisa a restare in
aeternum nella servile posizione di ex nemico vinto, sebbene alleato del-
l'ex nemico vincitore.
Motivo ulteriore di riflessione deve essere per noi la focalizzazione
giurfo-fonnale che la sentenza determina in ordine al fatto che l' assog-
J;
gettamento del territorio italiano alle leggi germaniche ebbe inizio con il
proclama di Kesserling del!' 11 settembre 1943 e cess di avere efficacia
il successivo 23 settembre, data in cui Mussolini ebbe a proclamarsi
capo del governo fascista repubblicano. A smentire la fandonia del
tedesco invasore va altres considerato che il generale V. Ambrosio, capo
di SM. del governo Badoglio, nell'agosto 1943, sollecit l' invio in Italia
di 16 divisioni germaniche. N la cobelligeranza, (la quale non comporta
automaticamente la fine della guerra), iniziata il 13 ottobre ' 43 con la
dichiarazione di guerra alla Germania, poteva mutare la situazione giuri-
dica armistiziale, per cui la sovranit di fatto nel Regno del Sud "veniva
esercitata dalle potenze alleate occupanti ... e l'occupante era sempre
giuridicamente il nemico".
Purtroppo, dobbiamo rilevare che manca attualmente un terreno di reci-
proca intesa fra i Combattenti della RSI. A<l avviso di questa Federazione,
un pi saldo accordo potr concretizzarsi fra loro soltanto nella ferma con-
sapevolezza di essere stati non dei soldati a servizio di uno Stato qual-
siasi, bens dei combattenti perfettamente consapevoli di battersi per una
ben definita visione del mondo, e di non essere mai stati dei rivoltosi
faziosi e vendicativi tesi ad una rivincita attraverso violenze, complotti e
colpi di stato.
Premesso che non sono pi insuperabili gli steccati alzati dalla destra
antinazionale al fine di ostacolare la nostra unificazione; che molti hanno
smarrito quella severa disciplina interiore che rende capaci di lottare per
la vita; che si gradualmente attenuato quel punto unificante rappresen-
tato da feconde intese culturali e da comuni sentimenti, che formano il
comune sentire - pensare, agire, la FNCRSI invita tutti a soppesare la
saggia proposta - ancorch diretta ad un contesto diverso da nostro - for-
mulata da un sincero democratico: 'J sospetti di una mutua usurpazione
devono cedere il posto ad invocazione di reciproca complementariet.
Ognuno deve operare in presenza degli altri; ciascuno per ricevere e per
dare correzione, verifica, promozione a tutti gli altri"(cfr. L. Sartori, Le
scienze delle religioni oggi, ed. EDB, Bologna, 1983, p. 5).
In ci risiede il nostro destino politico e la nostra dignit di uomini e
di Combattenti per una causa nobile e giusta.
Italia - Repubblica - Socializzazione
p. Il Comitato Direttivo
(F. G. Fantauzzi)
La larga ditf usione che viene data a questa sentenza, al-
l'inizio del secondo decennio dalla fine della guerra, non do-
vr rimanere un fatto isolato se si vorr imprimere pi rapi-
do cammino alla revisione che la Giustizia italiana andata
compiendo, attraverso una lunga serie di processi, tra le in-
numerevoli difficolt di una legislazione eccezionale rima."ta
in vita a servizio di pregiudiziali d'ordine politico, che la giu-
risprudenza 1ia lentamente ma tenacemente corrose.
In un recente volume dedicato al de-eennale della resi-
stenza > ( Dieci Anni Dopo > di V aliani, Llussu, Calamandrei
e altri, Ed. Laterza), abbiamo letto un ampio capitolo nel
quale, in sostanza si afferma, lamentando una pretesa inap-
plicazione o, comunque, una deformante interpretazione del-
le leggi cielleniste, che quando uno stato emana leggi che
rimangono inattuate o sono applicate alla rovescia, sarebbe
ingiusto accusare il Giudice di incomprensione > : la verit
- scrive il Battaglia - che la Repubblica non 1ia conqui-
stato quella forza politica che le supposero i costituenti>.
E' molto apprezzabile questa autocritica che proviene
da 1wmini di primo piano nell'oggi dominante mondo politico,
ma noi riteniamo che questa con/ essata debolezza derivi da
tutt'altre ragioni, delle quali non si vuol discutere in questa
sede, ma non mai dal fatto che la Giustizia dimostri la sita
indipendenza e abbia raddrizzato tante storture legislative e
riparato tante ingiustizie.
Questa sentenza del T.S.M. ha solleva.to le vive proteste
di questo scrittore, al punto che questi le 1ia dedicato un ca-
pitolo intitolato Il rovesciamento deUe posizioni >, ma men-
tre ne vediamo riportate, testualmente, le principali proposi-
zioni, non una parola abbiamo letto a sostegno della cr'itica
contenuta in q ~ l titolo.
Perch rovesciamento ?
Quando la sentenza afferma che, dopo l'8 settembre '43,
il potere legale nel Sud venne esercitato dagli occupanti an-
glo-arnericani, cio dal nemico poich si era ancora in re-
gime di armistizio, quando si dice che.il governo del re era un
govetno che esercitava il suo potere sub conditione , cio
3
nei limiti assegnatigli dal comando .dell'esercito angw-ameri-
cano, qua.ndo si aggiunge che a questo governo legittimo era
precusa, de jure , ogni indipendenza, mentre tale preclu-
sione non esisteva per la Repubblica Sociale Italiana che e-
manava le sue leggi e i suoi decreti senza l'autorizzazione del-
l'alleato tedesco >, legittimo chiedersi in che consista que-
sto lamentato rovesciamento>, mentre si tratta di una rex-
t di tatto e di situazioni giuridiche inoppugnabili.
n raffronto tra il governo del Sud e quello del Nord, dal
punto di vista della indipendenza dallo straniero, dar sem-
pre risultati per noi favorevoli; vogliamo dire per noi, italia-
ni, e non per noi, uomini di parte, perch la indipendenza na-
zionale, da qua.lunque parte e sotto insegna difesa,
patrimonio di tutti.
n T.S.M. ha, dunque, solamente affermato:
1) I combattenti della R.S.I. hanno diritto di essere
riconosciuti belligeranti;
2) gli appartenenti alle formazioni partigiane non
hanno diritto a tale qua.lifica, perch non portavano distintivi
riconoscibili a distanza n erano assoggettati alla legge pe-
nale militare;
3) La Repubblica Sociale Italiana era soltanto un go-
verno di fatto, ma poteva essere considerata, per errore, un
governo legittimo, e pertanto questo errore ha val,ore discri-
minante;
4) I combattenti della R.S.I., quali appartenenti a f or-
mazioni belligeranti, dovevano obbedienza ai 7,oro legittim;
superiori e perci hanno diritto alla discriminante dell'adem-
pimento del dovere.
Queste massime (le quali - diciamo subito - non han-
no a7.cun movente politico} sono in stretta aderenza alle con-
venzioni internazionali e alla legge italiana sulla condotta
della guerra.
Perch dunque, rovesciamento di posizioni ?
Certo quando si dichiara dalla pi alta Magistratura mi-
litare i soldati della R.S.I. erano belligeranti, tanto
vero da parteanglo-americana fu ad essi riservato il trat-.
tamento dovuto ai prigionieri di guerra, ne c.onsegue che essi
non potevano essere passati per le armi senza '!"n
giudizi. E pertanto tutti coloro che furono fatti prigionien
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o si arresero dopo iZ 25 aprile '45, in obbedienza ai bandi, e
poi furono sommariamente soppressi, sono da considerarsi
vittime di estrema ingiustizia.
Ohe la sentenza abbia attuato un rovesciamento , ma
in tutt'altro senso, fuori di questione. Essa ha rovesciato al-
cune posizioni di faziosit, ha distrutto definizioni arbitrarie
e ingiuriose, ha reso giustizia a tanti italiani, i qua.li oollero
soltanto - sia pure in istato di ribellione ad un governo che
la sentenza dimostra svuotato di autorit - combattere per
il solo bene dell'Italia, quale essi lo ritennero>.
Se inoppugnabili sono le motivazioni giuridiche derkl
sentenza, elevatissime e tutte intese alla vera pacificazione,
sono le considerazioni di carattere etico e storico che essa
contiene.
Guerra civile? - .. la guerra fraterna non fu inizial-
mente voluta, ma fatalmente sorse dalla disfatta; tutti gli
italiani, salvo pochi, amarono di sconfinato amore la loro
Patria, anche errando ... Non si pu certo affermare che le
centinaia di migliaia di soldati che rimasero al Nord e com-
batterono contro gli Alleati e le truppe regie, fossero una
accozzaglia di traditori. Accettare e consacrare alla storia
una tesi simile, significherebbe degradare la nostra razza,
annullare il retaggio di gloria e di valore che ci lasciarono
coloro che nella guerra immolarono la vita, creare al co-
spetto delle altre nazioni una leggenda che non torna ad
onore del popolo italiano>.
Naturalmente, il Magistrato doveva - dopo queste pre-
messe d'ordine generale - affermare il suo compito, quello
che consiste - dopo ricostruita la verit storica degli avveni-
menti - nel colpire le singole azioni delittuose; ma questo
compito punitivo illuminato dal monito solenne che non si
possa inesorabilmente colpire quando colpire non giusto,
n si debbano perpetuare i rancori, gli antagonismi, le ini-
micizie, allontanando la auspicata pacificazione, la quale non
pu essere attuata se non nel clima di una tranquillante giu-
stizia.
La sentenza ha dunque scritto un capitolo di storia, pre-
fazione e premessa a quella completa ricostruzione obiettiva
di un drammatico periodo della vita italiana che, se fu tumul-
to di lotte e di sangue, tuttavia illuminato dalla luce del
sacrificio e della fedelt a ideali che non tramontano.
Pu dirsi che fin qui la necessaria polemica, materiata
5
di affermazioni e negazioni, di llCC'ttse e di rivalse, non abbia
offerto da parte nostra quella organica documentaria dimo-
strazione di cui la pubblica opinione stata sempre in attesa.
Da ci l'importanza e la ~ s s i t di far conoscere il responso
della Giustizia sulle pi ardenti questioni di fatto e di diritto
scaturite dal tempo della R.S.1.
Soltanto a questo modo sar preparato il terreno per edi-
ficare, attraverso la uguaglianza dei diritti, la nuo-va solida-
riet nazionale con la indispensabile partecipazione di tutti
quanti consapevolmente fecero parte della Repubblica Socia-
le Italiana.
Piero Pisenti
..
LA CRONACA STA DIVENTANOO STORIA >
Nel processo contro alcuni ufficiali della Legione Ta-
gliamento > ricorrenti contro la sentenza del Trib. Militare
di Milano ch aveva, tra l'altro, negato che la R.S.I. avesse
costituito un governo di fatto e che, pertanto, i suoi ordini
potessero ritenersi legittimi, il Tribunale Supremo Militare
ha pronunziato una sentenza di eccezionale importanza (26
aprile 1954, Pres. Buoncompagni : ReL Ciardi) che ha affron-
tato e risolto, con alto senso giuridico e "storico, le pi dibat-
tute ed ardenti questioni in tema di collaborazionismo.
Diamo qui di seguito, fedelmente riprodotto, il testo del-
la sentenza dal quale abbiamo tolto, per amore di brevit, sol-
tanto qualche brano senza intaccare la sostanza delle motiva-
zio:r:ii dell'Alta Magistratura Militare.
In questa sede non pu trovare asilo passione politica
alcuna. Nell'immediato dopoguerra le divergenze politiche e
ideali, i risentimenti delle famiglie e degli individui, il san-
gue sparso e la visione della Patria umiliata, dilaniata e in-
franta, ebbero indubbiamente in.ftuenza sul corso normale
della Giustizia, che, attraverso lAlta Corte e le Sezioni Spe-
ciali di Corte d'Assise, pronunci talvolta severissime ed
estreme condanne.
. Ma oggi che il Paese pu dirsi risorto, .merc l'opera
costruttiva dei suoi Governi e il sacrificio, l'energia e la forza
d'animo di tutto il Popolo Italiano, la Giustizia deve adempie-
re con la maggiore serenit ed obbiettivit possibile la sua
missione, sceverando la colpa dall'errore, il delitto dall'azio-
ne ritenuta di giovamento nel divenire della Patria, e soprat-
tutto rimanendo nei binari della legge.
Questo Tribunale Supremo Militare ricorda l'anelito
di pacificazione che pervade tutto il Popolo Italiano e tutti i
partiti, niuno escluso, anelito tradotto dai singoli Governi
che si sono susseguiti, dal 1946 ad oggi, in decreti di Sovrana
clemenza, intesi a porre sempre pi sullo stesso piano mo-
rale tutti gli italiani in "buona fede, per modo che tutti si sen-
tano figli della stessa Patria, e non vi siano pi dei tollerati,
degli umiliati e dei reietti, cui si possa, ad ogni istante, rin-
facciare un passato che fu piuttosto apera del fato, che degli
individui, salvo la legittima repressione dell'azione delittuosa,
da chiunque commessa, secondo i canoni immutabili del puro
diritto.
Le leggi che continuamente si susseguono in pro della
pacificazione (da ultimo la pensione concessa agli apparte-
nenti alla milizia), dimostrano a chiare note, l'indirizzo non
solo giuridico, ma altres etico del Governo e del Parlamento.
La cronaca sta diventando storia. Dopo l'armistizio del-
1'8 settembre 1943 e nei primi anni del dopogurra, quelli
del Nord > additavano come traditori quelli del Sud > e vi-
ceversa. Gli appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana ~
ritenevano unici depositari deWonore militare e dell'amor di
8
..
Patria, e lo stesso ritenevano coloro che avevano seguito il
Governo del Re.
Un popolo di antica civilt romana e cristiana, un po-
polo che ha sempre insegnato al mondo il giusto cammino,
era, dunque, diventato un popolo di traditori. Le leggi del
vincitore avevano dettato severissime norme contro il colla-
borazionismo; ma al giudice spettava e spetta di esaminare
e vagliare se tradimento ci fu, o se solo vi fu incomprensione
o err-ore.
Questo Tribunale Supremo Militare, giudice esclusivo
del diritto, sente l'altezza del suo compito, nell'ora in cui
doveroso esprimere una valutazione e un esame approfon-
dito, sereno e obbiettivo delle questioni proposte, nel rispetto
delle convenzioni internazionali e del diritto intorno, e nello
spirito cui oggi si informano Governo e Parlamento .
Pertanto appare necessario prendere anzitutto in esa-
me talune questioni fondamentali trattate dalla gravata sen-
tenza e specialmente quelle che concernono il carattere della
Repubblica Sociale Italiana, la qualit di belligeranti dei com-
battenti della Repubblica Sociale Italiana, la posizione giuri-
dica dei partigiani, gli ordini e i bandi emanati dai comandi
partigiani, e, infine, le discriminanti concernenti l'adempi-
mento del dovere e lo stato di necessit.
9
PRIMO
CARATTERE
DELLA
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
... Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 la sovranit
di fatto o meglio l'autorit del potere legale, fu nella parte
dell'Italia, ove risiedeva il Governo legittimo, esercitata dalle
Potenze alleate occupanti. Non poteva altrimenti essere, dal
momento che, durante iZ regime di armistizio, permaneva Zo
stato di guerra e l'occupante era sempre giuridicamente il
nemico>.
Basti considerare che TUTTE LE LEGGI E TUTII I
DECRETI, COMPRESA LA LEGGE SULLE SANZIONI
CONTRO IL FASCISMO (ORDINANZA N. 2 DELLA GOM-
MISSIONE ALLEATA IN DATA Z7 APRILE 1945), RICE-
VEVANO PIENA FORZA ED EFFETI'O DI LEGGE A SE-
GUITO DI ORDINI DEGLI ALLEA TI.
IL GOVERNO DEL RE ERA UN GO-
VERNO CHE ESERCITAVA IL SUO POTERE SUB CON-
DICIONE , NEI LIMITI ASSEGNATI DAL COMANDO
DEGLI ESERCITI NEMICI.
Le situazioni contingenti che ebbero a verificarsi per
la dichiarazione di guerra lla Germania, per la cobelligeran-
-za e per i comuni interessi esistenti tra lo Stato italiano e gli
Stati alleati, non possono immutare e trasformare la situa-
-zione giuridica che si era creata secondo quelle che erano le
regole del diritto internazionale.
Se questi erano gli aspetti giuridici della Sovranit
nell'Italia del Sud, NON POTEVA PER CERTO Il. LEGITTIMO
GOVERNO ITAIJANO, CHE AVEVA SOLO QUELLA LIMITATA
POTESTA' CHE LE POTENZE OCCUPANTI GLI CONCEDEVA-
"NO, INTERFERIRE NELL'ITALIA DEL NORD E DEL CENTRO.
DOVE GLI ALLEATI NON ERANO ANCORA PERVENUTI. LA
AUTORITA' DEL POTERE LEGALE ERA COLA' IN ALTRE MA-
NI; UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE POLITICA ERASI CREA-
TA, CON UN PROPRIO GOVERNO, E, CIOE', LA REPUBBLICA
'SOCI ALE ITAIJANA, RICONOSCIUTA COME STATO SOLTAN-
TO DALLA GERMANIA E DAI SUOI AllEATI.
Indubbiamente tale nuovo Stato non poteva essere con-
siderato soggetto di diritto internazionale, con gli attributi
della piena sovranit dagli Stati che non lo avevano ricono-
12
,,
sciuto; esso assumeva, almeno formalmente, la piena perso-
nalit giuridica solo di fronte agli Stati che gli avevano con-
ferito detto riconoscimento. Tuttavia non poteva, nel campo
del diritto delle genti, negarsi che, comunque, un'organizza-
zione statuale, sia pure di fatto, esisteva, avente capacit
giuridica propria e una propria sfera, se pur limitata, di auto-
nomia, la quale ultima, si rilevi, non sinonimo di indipen-
denza e di sovranit che altrimenti dovrebbe parlarsi di Sta-
to di diritto.
E' comunemente accettato nella dottrina internazionali-
stica che, nel caso si verifichi un movimento insurrezionale,
sussiste un governo di fatto in quella parte di territorio as-
soggettato al controllo degli insorti e sottratta al controllo
del governo legittimo.
Quest'ultimo perde, de facto , le attribuzioni e le
competenze di diritto internazionale, condizionate all'eserci-
zio della potest territoriale, essendo ad esso succeduto, in
quella parte di territorio, il governo degli insorti.
'< Indubbiamente pressoch immtltato era rimasto l'ordi-
namento git"ridico esistente nella Repubblica Sociale Italia-
na; gli ste.<>si codici, le stesse leggi venivano applicati dagli
organi del potere esecutivo e dalla lt!agistratura. Uorganiz-
eazione statuale si manteneva in piedi a mezzo delle autorit
preposte (dei Prefetti, delle Corti e dei Tribunali, degli uffici
esecutivi, delle Forze Armate e di Polizia).
Evidentemente l'Autorit tedesca ebbe allora ad inse-
rirsi nella vita italiana del centro-nord, con i suoi principi e i
suoi durissimi metodi di lotta; indubbiamente le autorit delr
le Repubblica Sociale Italiana subirono talvolta la pressione
e le direttive del loro alleato, pur opponendosi spesso con
energia alle sue iniziative; ma tutto ci non pu mutare l
pos-izione giuridica della Repubblica Sociale Italiana, di esse-
re un governo di fatto, sia pure a titolo provvisorio, che man-
teneva rezzioni diplomatiche con alcuni Stati e intrecciava
rapporti internazionali, quanto meno ufficiosi, con molti altri
che pur non l'avevano riconosciuta.
La storia di tutte le guerre insegna che molto spesso,
anche quando trattasi di alleati, che insieme combattono sul
territorio appartenente ad uno di essi, lo Stato pi forte e
pi potente finisce col prendere le maggiori iniziative,
ferendo nella vita e nella potest dello Stato meno forte, im-
ponendo le sue direttive e, talvolta, la sua fona e i suoi tri-
bunali (esempio: corpi di spedizione alleati nella guerra 1915-
1
1918 in territorio greco). Tuttavia la situazione di fatto che
viene a crearsi tra l'alleato pi potente e quello meno forte
non incide sul carattere formale e giuridico dell'alleanza.
Da ci consegue che, nella specie, non basta rifarsi ai meto-
di tedeschi, per dedurne che essi erano gli occupanti e per
negare alla Repubblica Sociale Italiana il carattere di un
governo di fatto; n la situazione fluida, durat a pochi gior-
ni, tra 1'8 e il 23 settembre 1943, giorno in cui Mussolini eb-
be a proclamarsi capo dello Stato fascista repubblicano e
capo del governo, autorizza a ritenere che solo un regime
di occupazione siasi costituito nel centro-nord dell'Italia ad
opera delle Forze Annate tedesche. SI DIMENTICA IN TAL
MODO CHE ANCHE LE FORZE ARMATE ALLE DIPENDENZE
Dl MUSSOLINI E DI RODOLFO GRAZIANI OCCUPAVANO Il
TERRITORIO SUDDETTO, CHE L' ORDINANZA XESSELRING,
IN DATA 11 SETTEMBRE 1943, CHE ASSOGGETTAVA Il. TER
RITORIO ITAIJANO ALLE LEGGI TEDESCHE, CESSO' DI
RE EmCACIA PROPRIO CON Il. 23 SETTEMBRE 1943, QUAN
DO, SE PUR NON ANCORA PROCLAMATA LA REPUBBUCA
SOCIALE ITAIJANA (CHE NACQUE Il. 25 NOVEMBRE 1943).
ESISTEVA GIA' Il. COSlDETTO STATO FASCISTA REPUBBU-
CANO.
" CERTO E' CHE IN QUEI GIORNI, LA SOVRANITA' DELLO
STATO ITAIJANO SI RIDUSSE SOLO AD UNA CONSISTENZA
FORMALE E GIURIDICA: Il. RE AVEVA LASCIATO LA CAPI-
TALE E CON Il. SUO GOVERNO AVEVA. A SEGUITO DELLO
ARMISTIZIO, PRESO CONTATTO CON GU ALLEATI, NEL NO-
Bll.E INTENTO DI SALVARE LA UNITA' E L'INDIPENDENZA
D'IT AUA. Il. GOVERNO LEGITTIMO POTE' COSI' INCOMIN-
CIARE A CONSOLIDARSI, SECONDO LE DIRETTIVE DEGLI
ALLEATI. E A LANCIARE I SUOI ORDINI E I SUOI PROCLAMI .
.. DAL PARALLELO CHE SCATURISCE TRA Il. REGIME DEL
CENTRO-NORD E QUELLO DEL SUD APPARE, ADUNQUE,
CHE, " DE FACTO ,,, Il. GOVERNO LEGITTIMO E QUELLO DI
MUSSOLINI AVEVANO UNA LIBERTA' LIMITATA: DE JURE
ERA, PERALTRO, .. PRECLUSA, AL GOVERNO LEGITTlMO, 0 -
" GNI INDIPENDENZA. MENTRE, INVECE, TALE FORMALE
" PRECLUSIONE NON ESISTEVA PER LA REPUBBUCA SOCIA-
" LE ITAIJANA CHE EMANAVA LE SuE LEGGI E I SUOI DE-
.. CRETI SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELL'ALLEATO TEDE-
SCO ...
14
Quando vuol darsi una definizione di una
organizzazione insurrezionale , pertanto, necessario non so-
lo orendere in esame il suo ordinamento giuridico e la sua
sfera di autonomia nel territorio ad essa soggetto, ma guar-
dare altres detta organizzazione al cospetto degli altri Stati,
con particolare riferimento al governo Se. lo
nazionale domina, nonostante l'insurrezione, la
che si creata, e ha la possibilit e la capacit di
in breve termine, allora pu discutersi e forse anche negarsi
l'esistenza di un governo di fatto insurrezionale; MA QUAN-
DO TALE CAPACITA' NON ESISTE, QUANDO IL GO-
VERNO LEGITTIMO E' ADDIRITTURA ALLA MERCE'
DEL NEMICO, E L'AUTORITA' DEL GOVERNO INSUR
REZIONALE SI CONSOLIDA NEI suor ORDINAMENTI,
E L..4.. SUA VITA E' DI NON BREVE DURATA, ALLORA
NON E' PIU' POSSIBILE NEGARE A QUEST'ULTIMO IL
CARA'ITERE DI UN GOVERNO DI FATTO, SECONDO I
PRINCIPI COMUNEMENTE ACCOLTI NELLA DOTTRI-
NA INTERNAZIONALISTICA.
PERTANTO, DEVE CONCLUDERSI CHE LA RE-
PUBBLICA SOCIALE ITALIANA ERA RETTA DA UN
GOVERNO DI FATTO, DALLA QUALE NOZIONE SCA-
TURISCONO LE CONSEGUENZE GIURIDICHE CHE TRA
BREVE SARANNO ESAMINATE.
15 I
1918 in territorio greco). Tuttavia la situazione di fatto che
viene a crearsi tra l'alleato pi potente e quello meno forte
non incide sul carattere formale e giuridico dell'alleanza
Da ci consegue che, nella specie, non basta rifarsi ai meto-
di tedeschi, per dedurne che essi erano gli occupanti e per
negare all.a Repubblica Sociale Italiana il carattere di un
governo di fatto; n la situazione fluida, durata pochi gior-
ni, tra 1'8 e il 23 settembre 1943, giorno in cui Mussolini eb-
be a proclamarsi capo dello Stato fascista repubbJicano e
capo del governo, autorizza a r itenere che solo un regime
di occupazione siasi costituito nel centro-nord dell'Italia ad
opera delle Forze Armate t edesche. SI DIMENTICA IN T Al
MODO CHE ANCHE LE FORZE ARMATE ALLE DIPENDENZE
DI MUSSOLINI E DI RODOLFO GRAZIANI OCCUPAVANO D.
TERRITORIO SUDDETTO. CHE L' ORDINANZA XESSELRING,
IN DATA_ Il SETTEMBRE 1943, CHE ASSOGGETTAVA IL TER
RITORIO ITALIANO ALLE LEGGI TEDESCHE, CESSO' DI AV'B-
RE EFFICACIA PROPRIO CON IL 23 SETTEMBRE 1943, QUAN
DO, SE PUR NON ANCORA PROCLAMATA LA REPUBBLICA
SOCIALE ITALIANA (CHE NACQUE IL 25 NOVEMBRE 1943).
ESISTEVA GIA' IL COSIDETTO STATO FASCISTA REPUBBLI
CANO.
.. CERTO E' CHE IN QUEI GIORNI, LA SOVRANITA' DELLO
STATO ITALIANO SI RIDUSSE SOLO AD UNA CONSISTENZA
FORMALE E GIURIDICA: IL RE AVEVA LASCIATO LA CAPI
TALE E CON IL SUO GOVERNO AVEVA, A SEGUITO DELLO
ARMISTIZIO, PRESO CONTATTO CON GLI ALLEATI, NEL NO-
BILE INTENTO DI SALVARE LA UNITA' E L'INDIPENDENZA
D'ITALIA. IL GOVERNO LEGITTIMO POTE' COSI' INCOMIN-
CIARE A CONSOLIDARSL SECONDO LE DIRETTIVE DEGIJ
AlLEATI, E A LANCIARE I SUOI ORDINI E I SUOI PROCLAMI.
" DAl PARALLELO CHE SCATURISCE TRA IL REGIME DEL
CENTRO-NORD E QUELLO DEL SUD APPARE. ADUNQUE.
CHE, " DE FACTO , IL GOVERNO LEGITTIMO E QUELLO DI
MUSSOLINI AVEVANO UNA LIBERTA' LIMITATA: u DE JURE ,
ERA. PERALTRO, cc PRECLUSA, Al GOVERNO LEGITTIMO, 0-
GM INDIPENDENZA. MENTBE, INVECE, TALE FORMALE
PRECLUSIONE NON ESISTEVA PER LA BEPUBBIJCA SOCIA-
" LE ITALIANA CHE EMANAVA LE SuE LEGGI E I SUOI DE
CRETI SENZA L'AUTOBlZZAZIONE DELL' ALLEATO TEDE-
SCO .,,
14
Quando vuol darsi una definizione giuridiea di una
organizzazione insurrezionale , pertanto, necessario non so-
lo nrendere in esame il suo ordinamento giuridico e la sua
sfer a di autonomia nel territ orio ad essa soggett o, ma guar-
dare altres detta organizzazione al cospetto degli altri Stati,
con particolare riferimento al governo legittimo. Se. lo
nazionale domina, nonostante l'insurrezione, la situazione
che si creata, e ha la possibilit e la capacit di
in breve termine, allora pu discutersi e forse anche negarsi
l'esistenza di un governo di fatto insurrezionale; MA QUAN-
DO TALE CAPACITA' NON ESISTE, QUANDO IL GO-
VERNO LEGI'ITIMO E' ADDIRITTURA ALLA MERCE'
DEL NEMICO E L'AUTORITA' DEL GOVERNO INSUR-
REZIONAL SI CONSOLIDA NEI SUOI ORDINAMENTI,
E LA SUA VITA E' DI NON BREVE DURATA, ALLORA
NON E' PIU' POSSIBILE NEGARE A QUEST'ULTIMO IL
CARA'ITERE DI UN GOVERNO DI FATTO, SECONDO I
PRINCIPI COMUNEMENTE ACCOLTI NELLA DOTI'RI-
NA INTERNAZIONALISTICA.
PERTANTO, DEVE CONCLUDERSI CHE LA RE-
PUBBLICA SOCIALE ITALIANA ERA RETTA DA UN
GOVERNO DI FATI'O, DALLA QUALE NOZIONE SCA-
TURISCONO LE CONSEGUENZE GIURIDICHE CHE TRA
BREVE SARANNO ESAMINA TE .
15 I
SECONDO
I COMBATTENTI DELLA REPUBBLICA SOCIALE
DEBBONO ESSERE CONSIDERATI BELLIGERANTI
. . . . . . . . .
Per esaminare a fondo il problema occorre rifarsi al-
l'origine della belligeranza.
Quando fu pubblicato l'armistizio dell'8 settembre
1943, una parte delle Forze Armate italiane non lo accett e
prosegu nelle ostilit contro il nemico, e, cio, contro gli al-
leati che avevano messo piede in Italia.
INDUBBIAMENTE I COMANDANTI DEI REPARTI
CHE NON OBBEDIRONO AGLI ORDINI DEL GOVERNO
LEGITTIMO VIOLARONO LA NORMA DI CUI ALL' AR-
TICOLO 168 CODICE PENALE MILITARE DI GUERRA,
CON CUI SI PUNISCE L'ARBITRARIO PROLUNGAMEN-
TO DELLE OSTILITA'.
QUESTO FATTO NON SOPPRIMEVA, DI FRONTE
AGLI ALLEATI, LA QUALITA' DI BELLIGERANTI CHE
. SPETTAVA A TUTTI I COMBATTENTI; DI FRONTE
AGLI ANGLO-AMERICANI E LORO ALLEA TI, TUTTO-
RA NEMICI, ANCHE IN CLIMA DI ARMISTIZIO NON PO-
TEVANO I COMBATTENTI ITALIANI - SIA PURE RI-
BELLI AGLI ORDINI DEL SUPREMO COMANDO IT A-
LIANO - PERDERE IL LORO CARATTERE DI BELLI-
GERANTI, COSI' COME E' STABILITO NELLE CONVEN-
ZIONI INTERNAZIONALI E COME E' COMUNEMENTE
ACCETTATO.
Mai avvenuto nella storia di tutte le guerre, di negare
tale caratteristica alle truppe che non accettano la resa. Col-
pevoli i combattenti che non obbedirono agli ordini del Re, di
fronte allo Stato italiano, ma sempre soldati e belligeranti di
fronte al nemico.
I combattenti che non si arresero ritennero di dover
mantenere fede all'alleato tedesco, e fronteggiarono a viso
aperto l'avversario, venendo dal medesimo fino all'ultimo
trattati come combattenti e come belligeranti.
L'art. 40 del citato regolamento annesso alla Conven-
zione dell'Aja dichiara che ogni grave infrazione dell'armi-
stizio, commessa da una delle parti, d diritto all'altra di de-
nunciare e, in caso d'urgenza, anche di riprendere immedia-
18
tamente le ostilit. Nella specie che ci occupa non ci fu in-
frazione da parte dello Stato italiano, ma solo da parte di
considerevoli unit, di terra, di mare, e dell'aria. Ed allora
il conflitto non ebbe a cessare: gli alleati fronteggiarono e-
gualmente truppe tedesche e italiane, e solo pi tardi, molto
stentatamente, si attu la cobelligeranza coi reparti regolari
italiani, fiancheggiati dalle formazioni partigiane.
Ci appartiene alla Storia!
NON PUO', PERTANTO, NEGARSI, ALLA STRE-
GUA DELL'ART. 40 SUDDETTO, CHE GLI APP ARTE-
NENTI ALLE FORZE ARMATE DELLA R.S.I. ABBIANO
CONSERVATO LA QUALITA' DI BELLIGERANTI, KE'
E' POSSIBILE CONCEPIRE CHE TALI FORZE AVESSE-
RO DETTA CARATTERISTICA SOLO DI FRONTE AGLI
ALLEATI E NON AL COSPETTO DEI COBELLIGERAN-
TI ITALIANI.
Ecco come si spiega il trattamento di prigionieri di
guerra concesso dagli alleati - d'accordo col Governo legit-
timo italiano - ai militari delle Forze Armate della Repub-
blica Sociale Italiana, sin dai primi mesi del 1944. Ci vale a
smentire quelle teorie unilaterali che, ormai, sono del tutto
superate, con cui si vuole negare il carattere di belligeranti
ai combattenti della Repubblica Sociale Italiana, argomen-
tando in maniera erronea e fallace, in base alle norme della
legislazipne italiana post-fascista, che, come si rilevato, non
ha, sotto il profilo del diritto internazionale, alcuna veste e
alcuna autorit al riguardo.
BELLIGERANTI, ADUNQUE, ERANO I COMBAT-
TENTI DEL CENTRO-NORD, ANCHE SE RIBELLI O IN-
SORTI E, QUINDI, PUNIBILI SECONDO IL DIRITTO IN-
TERNO IN BASE ALLO SVOLGIMENTO DI REGOLARl
GIUDIZI >.
MA PURE DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA SI
CONFERMA LA TESI SUESPOSTA. ACCERTATO CHE
LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA CONCRETAVA
UN GOVERNO DI FATTO, SOGGETTO DI DIRITTO IN-
TERNAZIONALE, ENTRO CERTI LIMITI, NON POTEVA,
SOTTO QUESTO RIFLESSO, NEGARSI AI SUOI COM-
BAITENTI LA QUALIFICA DI BELLIGERANTI. Anche
a voler considerare, per dannata ipotesi come fa la sentenza
impugnata, i reparti della Repubblica Sociale Italiana quali
milizie alle dipendenze del tedesco invasore, egualmente do-
vrebbe ad essi riconoscersi la qualit di belligeranti, perch,
19
comandati da capi responsabili, portavano segni distintivi e
riconoscibili a distanza, apertamente le armi, e si conforma-
vano, per quanto era possibile, nei confronti dell'avversario
belligerante, alle leggi e agli usi di guerra (i partigiani non
erano belligeranti, come si vedr in seguito) ; n pu far velo
a tale soluzione giuridica la caratteristica insurrezionale di
detti reparti, poich l'art. 1 della Convenzione dell'Aja non
fa distinzioni di sorta D'altronde l'interpretazione pressoch
autentica di questi principl fornita dall'art. 4 della Con-
venzione di Ginevra, 8 dicembre 1949, relativa al trattamento
dei prigionieri di guerra, convenzione che ha reso normativo
quello che era gi accettato nell'attuazione pratica del diritto
internazionale bellico. .
Infatti il n. 2 del detto art. 4, prendendo evidentemente
le mosse dall'art. 3 del Regolamento annesso alla Convenzio-
ne dell' Aja il quale dichiara che GLI APPARTENENTI AL-
LE FORZE ARMATE DELLE PARTI BELLIGERANTI
HANNO DIRITTO, IN CASO DI CATTURA, AL TRATTA-
MENTO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA, PRECISA CHE
SONO PRIGIONIERI DI GUERRA I MEMBRI DELLE AL-
TRE MILIZIE E I MEMBRI DEGLI ALTRI CORPI VO-
LONTARI, IVI COMPRESI QUELLI DEI MOVIMENTI DI
RESISTENZA ORGANIZZATI, APPARTENENTI AD UNA
PARTE" IN CONFLITTO E AGENTE FUORI E ALL'IN-
TERNO DEL LORO TERRITORIO, ANCHE SE QUESTO
TERRITORIO E' OCCUPATO, PURCHE' QUESTE MILI-
ZIE O CORPI VOLONTARI, IVI COMPRESI I MOVIMEN-
TI DI RESISTENZA ORGANIZZATI, ADEMPIANO LE
CONDIZIONI SEGUENTI:
a) A VERE A CAPO UNA PERSONA RESPONSA-
BILE PER I SUOI SUBORDINA TI;
b) AVERE UN SEGNO DISTINTIVO FISSO ERI-
CONOSCIBILE A DISTANZA;
c) PORTARE APERTAMENTE LE ARMI;
d) CONFORMARSI, NELLE LORO OPERAZIONI,
ALLE LEGGI E AGLI USI DI GUERRA .
.: Questi principi erano stati gi applicati durante la
guerra, tant' che gli alleati ottennero dalla Germania il trat-
tamento di legittimi combattenti alle formazioni della Fran-
cia Libera del Generale De Gaulle, nonostante la resa dello
Stato-francese.
nn
L'impugnata sentenza tratta in un modo troppo sem-
plicistico il problema della belligeranza, considerando l'orga-
nizzazione militare della Repubblica Sociale Italiana come
rivolta alla ribellione contro lo Stato legittimo, e quindi
non aventi alcun valore le norme, gli ordini, i vincoli di su-
bordinazione e i poteri gerarchici da essa emanati.
Pertanto, rifacendosi solo al diritto interno, negando la
caratteristica di governo di fatto alla Repubblica Sociale Ita-
liana, che perfino il Pubblico Ministero aveva riconosciuto
con serena obbiettivit e profondit di argomentazioni - pur
non traendone le necessarie conseguenze - ha finito col non
ritenere la belligeranza degli avversari, per potere, in pro-
sieguo di motivazione, trattare soltanto da ribelli i combat-
tenti della Repubblica suddetta, ed escludere, quindi, le fon-
damentali discriminanti dell'adempimento del dovere e dello
stato di necessit di cui si dir in seguito.
IN TAL MODO, DISA VVENENDO A TUTTE LE
NORME IN MATERIA, SI PERPETUA UNA PARTICOLA-
RE VALUTAZIONE DEI FATTI CHE, SE ERA SPIEGABI-
LE NEI PRIMI DOLOROSI ANNI DEL DOPOGUERRA,
OGGI NON PUO' ESSERE CONSENTITA, NEL CLIMA
DELL'AUSPICATA PACIFICAZIONE E DELLE SOPITE
PASSIONI POLITICHE, E NELL'AUSTERA APPLICAZIO-
NE DEL PURO DffiITTO.
'l l
TERZO
CARATTERE
DI NON BELLIGERANZA
DEI PARTIGIANI
Il giudice di merito ha, invece attribuito ai partigiani le
qualit belligeranti, con una peregrina interpretazione delle
disposizioni vigenti.
Sotto il profilo etico deve subito rilevarsi che tale qua-
lifica non pu togliere ai partigiani quell'aureola di eroismo
di cui molti si circondarono, ben conoscendo che da belli-
geranti non potevano essere trattati, ed essendo certi che l'av-
versario - appunto per difetto di tale loro qualit - li avreb-
be spietatamente perseguiti. Infatti, i combattenti delle trup-
pe regolari italiane, se fatti prigionieri, non subivano le re-
pressioni dei plotoni di esecuzione; le subivano, invece, i parti-
giani che non potevano farsi usbergo della qualifica suddetta.
L'impugnata sentenza, si richiamata alla citata Con-
venzione di Ginevra, quando si trattato di qualificare belli-
geranti i partigiani, dando un'interpretazione arbitraria alle
norme surriferite.
Al riguardo non vale argomentare che i partigiani fian-
cheggiavano le truppe regolari italiane, e che facevano capo
ai comandi italiani e alleati, per poi dedurne che avevano dei
capi responsabili; necessario, invece, per risolvere la que-
. stione, riferirsi esclusivamente alle formazioni partigiane,
considerate per se stesse, per quelle che erano e per il modo
con cui si manifestarono, senza risalire ai comandanti su-
periori delle Forze Armate, beh noti e riconosciuti sotto il lo-
ro vero nome.
All'uopo si osserva:
1) I belligeranti devono avere a capo una persona
responsabile per i propri subordinati. Non si comprende co-
me il concetto di responsabilit possa conciliarsi con quello
di clandestinit, per cui i capi del movimento partigiano, per
non farsi riconoscere, per non essere identificati e traditi, e
correre l'immediato rischio di mort, si nascondevano sotto
pseudonimi, eliminando, per tal modo, quanto meno le respon-
-sabilit di ordine immediato.
Non si pu dalla pratica verificatasi in guerra, per cui
talvolta i capi delle forze avversarie si incontravano per v ~
24
nire a patti, dedurre senz'altro una inesistente giuridica re-
sponsabilit dei capi partigiani, che, era invece, accurata-
mente evitata.
2) I belligeranti devono avere un segno distintivo
fisso, riconoscibile a distanza. Qui la sentenza del tutto gene-
rica, poich si limita .a citare due montanari che furono fu-
cilati perch, avevano un fazzoletto verde; essa poi accenna,
genericamente, a quando ebbe a riferire il teste - On. Ezio
Moscatelli - e infine dichiara, per scienza propria e contra-
riamente ad ogni norma processuale, constare al Collegio
che Ja formazione del Veneto e del Mortarolo portavano i ri-
chiesti distintivi di belligeranza.
Tali distintivi devono essere fissi e riconoscibili a di-
stanza. Questo doveva dimostrare il giudice di merito e non
l'ha fatto.
La nostra legge di guerra, approvata con Regio De-
creto 8 luglio 1938 n. 1415, dispone all'art. 25, in armonia
con le convenzioni internazionali, che i legittimi belligeranti
debbono indossare un'uniforme od essere muniti di distintivo
fisso comune a tutti e riconoscibile a distanza.
La sentenza non ha affatto dimostrato - non lo po-
teva - che esistesse un distintivo fisso di tal genere, comune
a tutti i partigiani e riconoscibile a distanza, sostitutivo, in
altri termini, della uniforme.
La lotta clandestina, condotta dai partigiani senza dar
quartiere e senza riceverne, imponeva dei metodi e degli ac-
corgimenti che contrastavano coi segni di riconoscimento
richiesti. Essi, che pur costituirono il nerbo della resistenza
e addussero un apporto fondamentale alla definitiva vittoria
delle Forze Armate del legittimo Governo italiapo, combatte-
rono una guerra singolare e, per certi aspetti, eroica, sacri-
ficandosi e immolandosi per il bene supremo della Patria. I
loro atti di guerra non hanno bisogno di essere legittimati at-
traverso la qualifica della belligeranza; agirono come agiro-
no, perch tra i reparti fascisti e i reparti partigiani regna-
vano, quanto pi, quanto meno, sistemi di combattimento, di
guerriglia, che avevano accantonato, come si vedr in se-
guito, le fondamentali norme del Codice penale militare di
guerra. La loro opera deve essere apprezzata e riconosciuta,
per quanto essi fecero nell'interesse del Paese, salvo la pu-
nibilit delle azioni delittuose eventualmente compiute.
3) I belligeranti devono portare apertamente le ar-
25
mi. La stessa sentenza riconosce che non sempre ci era
possibile, poich tale requisito deve essere considerato alla
luce della tec?ica particolare della guerra partigiana .
< 4) Infine, i belligeranti debbono attenersi alle leggi
e agli usi di guerra, sul quale punto il giudice di merito non
ha fornito che vaghe indicazioni; ma di questo si dir meglio
in seguito.
<PERTANTO DEVE CONCLUDERSI CHE I PARTI-
GIANI, EQUIPARA TI AI MILITARI, MA NON ASSOG-
GETTATI ALLA LEGGE PENALE MILITARE, PER LO
ESPRESSO DISPOSTO DELL'ARTICOLO 1 DEL DECRE-
TO LEGGE 6 SE'ITEMBRE 1946 N. 93, NON POSSONO ES-
SERE CONSIDERA TI BELLIGERANTI, NON RICORREN-
DO NEI LORO CONFRONTI LE CONDIZIONI CHE LE
NORME DI DffiITTO INTERNAZIONALE CUMULA TI-
VAMENTE RICHIEDONO.
Il magistrato ha un vasto campo di valutazione, quello
concernente il dolo che, in tema di collaborazione propone il
quesito seguente : il giudicabile ha inteso di collaborare al-
l'invasione del tedesco, ha voluto effettivamente tale inva-
sione, o ha ritenuto di agire per una sia pure errata visione
del bene e del divenire della Patria ? Tale quesito, in altri
termini ne pone un altro: possibile, nonostante la procla-
mata figura giuridica del tedesco invasore, ammettere
una volont di collaborazione non rivolta all'evento invasio-
ne , ma volta invece al divenire della Patria ? E' possi-
bile pensare che l'agente, lungi dal ritenere la sua opera col-
laboratrice intesa a favorire l'invasione, abbia, in buona fede,
creduto che la Repubblica Sociale Italiana si avvalesse delle
forze tedesche per fronteggiare lo stesso nemico (gli alleati),
ma non certo per agevolare il tedesco nei suoi piani militari
e politici ai danni dell'Italia?
< La storia dir un giorno - e la cronaca gi si sof fer-
ma su questo punto - se i gerarchi della Repubblica Socia!.e
Italiana si opposero, con i mezzi a "loro disposizione, ai piani
del tedesco, e se mirarono - sia pure ponendosi contro il
Governo legittimo - al solo bene dell'Italia, quale essi lo
ritennero.
Certo che, nella disamina delle responsabilit occorre
avere presenti i proposti quesiti in tema di dolo, al fine di ac-
certare quale fu il movente e quale lo scopo per cui si attu,
nei singoli casi, la collaborazione.
La Suprema Corte di Cassazione, dopo una prima rigo-
rosa giurisprudenza, che risentiva del clima in cui ebbe a for-
marsi, ha, sin dal primo semestre del 1947, discusso e am-
messo la possibilit, nella soggetta materia, delle discrimi-
nanti dell'adempimento del dovere e delw stato di necessit.
Per lo contrario l'impugnata sentenza ha, con criterio
unilaterale, come si superiormente rilevato, ritenuto che la
organizzazione militare della Repubblica Sociale Italiana era
rivolta alla ribellione contro lo Stato legittimo, donde ~ s s u
valore poteva attribuirsi alle norme, agli ordini, ai vincoli di
subordinazione e ai poteri gerarchici che da essa promana-
vano: All'uopo la sentenza ricorda che, secondo la legge sulle
sanzioni contro il fascismo, deve parlarsi di sedicente Re-
pubblica Sociale Italiana > e che tale appellativo sintomati-
co per la soluzione della questione.
Deve, in proposito, rilevarsi che il termine sedicente
intende contrapporre tale Repubblica allo Stato italiano legit-
timo; essa fu solo sedicente , perch non ebbe il pieno ri-
conoscimento internazionale, n si sostitu allo Stato legit-
timo.
Queste locuzioni Stato di diritto , Stato legittimo ,
non rispondono pienamente alla terminologia del linguaggio
tecnico-giuridico, ma sono utilmente adottate per significare
che non si tratta di uno Stato di fatto (altra locuzione prati-
camente utile), ma dell'unico, vero, legittimo Stato. Con tali
argomenti il giudice di merito ha posto il veto e ha risolto
ogni premessa per la discussione e l'ammissibilit delle discri-
minanti parole. E' mai possibile che, in tal modo, siano an-
nullati i principi posti dal Codice penale e dai Codici penali
militari, da ogni legislazione civile, dichiarando in blocco
inapplicabili tali cause di esclusione?
IN DEFINITIVA. QUANDO LA RESISTENZA E L 'INSUR-
REZIONE ARMATA ASSUME, IN GRAND STILE, FORME DI
ORGANISMO MllJTARE VERO E PROPRIO, QUANDO NON SI
TRATTA DI UNA RIBELUONE DI POCHL MA DI IMPONENTI
MASSE, E' OVVIO CHE. NEI LIMITI CONSENTITI E IN OMAG
GIO ALLE ESIGENZE DELL'UMANITA' I GOVERNI DI FATTO
NON POSSONO ESSERE TRATTATI SENZ'ALTRO COME GO
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VERNI A VENTI GIURISDIZIONE SU UN' ACCOIJT A DI RIBEL-
LI E DI FUORI LEGGE: CHE' ALTRIMENTI, ACCERTATA L' ORI-
GINARIA E IJBERA VOLONTA' DI PORSI AGIJ ORDINI DELLA
BEPUBBIJCA SOCIALE ITAUANA, RISULTEBEBBE IMPONEN-
TE IL NUMERO DEI COLPEVOLI DI COLLABORAZIONISMO.
SIA PURE BENEFICIA TI DI AMNISTIA; IN QUESTA IPOTE-
SI LA DELINQUENZA POLITICA SI SAREBBE PALESATA CO-
ME GENERALITA' DI VITA VISSUTA DA CENTINAIA DI MI-
GLIAIA DI UOMINI E NON COME ECCEZIONE; IL CHE NON
PUO' ESSERE, PERCHE' E' L'ECCEZIONE CHE DELINQUE E
NON LA -GENERALITA'.
"D'ALTRONDE, COME PUO' OGGI PARLARSI PIU' DI UNA
ACCOZZAGIJA DI RIBELLI, QUANDO LA CONVENZIONE DI
GINEVRA HA INTESO PROPRIO TUTELARE I MOVIMENTI DI
RESISTENZA ORGANIZZATA, COME SOPRA E' DETTO?
Pi che dall'essere la Repubblica Sociale Italiana un
Governo di fatto, le discriminanti in questione traggono ori-
gine dalla riconosciuta qualit di belligeranti ai combattenti
della Repubblica suddetta. Si comprende che, negata loro tale
qualit, ne deriva ch'essi fossero un'accozzaglia di ribelli, di
traditori e di banditi, nonostante che imponente fosse il nu-
mero dei reparti, degli ufficiali, dei decorati che non vollero
deporre le armi; ammessa, invece, tale qualifica nell'indiscu-
tibile spirito delle Convenzioni internazionali dell'Aja e di Gi-
nevra, il problema delle cause discriminanti pu e deve sen-
z'altro essere posto e risolto.
< Lo Stato italiano punisce i suoi sudditi, per l'opera
collaborazionistica col tedesco invasore, ma nel contempo
innegabile, per le cose dette che OCCORRE TENERE PRE-
SENTE L'INQUADRATURA MILITARE DELLA R P ~
BLICA SOCIALE ITALIANA, DELLE GERARCHIE CO-
STITUITE, DEGLI ORDINI EMANATI E DELLA LEGGE
MILITARE COLA' IMPERANTE (QUELLA ITALIANA);
NE' PUO' DA UN LATO RICONOSCERSI LA BELLIGE-
RANZA E DA UN ALTRO NEGARSI L'ESISTENZA DI
UN ORDINAMENTO MILITARE, FONDATO SULL'OB-
BEDIENZA E SULLA DISCIPLINA MILITARE.
. . . . . .
... Ci premesso, per la serena valutazione dei fatti oc-
corre fissare il punto di partenza, che nella sfera dell'ordine
psicologico, prende le mosse dell'armistizio dell'8 settembre
1943. Si rilevato che, inizialmente, una parte delle Forze Ar-
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mate italiane non volle accettare l'armistizio e prosegui nelle
ostilit contro il nemico della guerra sino allora combattuta,
intendendo mantenere fede all'alleato tedesco; le armi italia-
ne non furono inizialmente rivolte contro i propri fratelli, e
se scontri inizialmente vi furono tra reparti italiani e repar-
ti italiani, pi che altro si verificarono per la fatalit delle
circostanze.
I reparti che avevano seguito l'ordine del Governo le-
gittimo pensarono soprattutto a fronteggiare il tedesco inva-
sore, e, purtroppo, avvenne l'inevitabile, per cui si trovarono
di fronte figli della stessa grande Madre. In quei giorni ne-
fasti il potere regio era pressoch annullato, e solo formal-
mente esisteva, come si dianzi rilevato, la sovranit italia-
na. L'esercito era disperso e infranto, gli alleati apparivano
vittoriosi, tutto cadeva in rovina e grande era il disorienta-
mento delle coscienze. In tale confusione, nella carenza dei
poteri costituzionali, il soldato, l'ufficiale italiano fu chiama-
to a risolvere il tragico quesito, se mantenere fede all'alleato
o ubbidire al Governo del Re.
QUANDO SI AFFERMA LA TESI DELLA LIBERA
DETERMINAZIONE DEI SINGOLI NELLA SCELTA DEL
FRONTE, SI DIMENTICA LA TRAGICA SITUAZIONE
CUI SI E' FATTO CENNO, SI OBLIA CHE LA GUERRA
FRATERNA NON FU INI.ZIALMEl.'ITE VOLUTA, MA FA-
TALMENTE SORSE DALLA DISFATTA, CHE, COMUN-
QUE, TUTTI GLI ITALIANI, SALVO Pocm. AMARONO
DI SCONFINATO AMORE LA LORO PATRIA, ANCHE
ERRANDO; CHE, SE SI PUO' PARLARE DI COLLABO-
RAZIONISMO E DI TRADIMENTO NEL SENSO GIURI-
DICO, NON SI PUO' CERTO AFFERMARE CHE LE CEN-
TINAIA DI MIGLIAIA DI SOLDATI, CHE RIMASERO AL
NORD A COMBATTERE CONTRO GLI ALLEATI E LE
TRUPPE REGIE, FOSSERO UN'ACCOZZAGLIA DI TRA-
DITORI. ACCETTARE E CONSACRARE ALLA STORIA
UNA TESI SIMILE, SIGNIFICHEREBBE DEGRADARE
LA NOSTRA RAZZA, ANNULLARE IL RETAGGIO DI
GLORIA E DI VALORE CHE CI LASCIARONO COLORO
CHE NELLA GUERRA IMMOLARONO LA VITA, CREA-
RE AL COSPETTO DELLE ALTRE NAZIONI UNA LEG-
GENDA CHE NON TORNA AD ONORE DEL POPOLO
ITALIANO.
Ricostruita cos la verit storica degli avvenimenti, non
deve da tale ricostruzione trarsi la stolida illazione che non vi
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siano colpevoli, poich non v'ha dubbio che debbono essere
inesorabilmente colpiti coloro che agirono in mala fede, ec-
cedettero in faziosit, compirono azioni delittuose, crudelt
efferate ed irulominabili sevizie.
Tutta l'antecedente esposizione deve servire solo ad
obiettare e a serenamente apprezzare i fatti, a non porre sen-
z'altro le premesse di una ribellione, libera nella determina-
zione e totalitaria nei delittuosi scopi, per cui si giunga ine-
sorabilmente a colpire quanto non giusto colpire, e si per-
petuino i rancori, gli antagonismi, le inimicizie, allontanan-
do la auspicata pacificazione, che non pu essere attuata se
non nel clima di una tranquillante giustizia.
L'impugnata sentenza ha ritenuto che l'errore di fatto
in cui possono essere caduti taluni imputati, nel ritenere le-
gittimi gli ordini provenienti dagli organi della Repubblica
Sociale Italiana, sia inescusabile, in quanto l'illegittimit di
tale organismo elemento di norme penali che quella illegit-
timit sanciscono. Ci non esatto, perch il dolo domina
tutti gli estremi del reato, e alla sua ricerca non si sottrae
neppure l'estremo della illegittimit.
Ma v'ha di pi!
La tesi del giudice di merito non pu essere accolta
UNA VOLTA RICONOSCIUTO CHE LA REPUBBLICA
SOCIALE ITALIANA COSTITUIVA UN GOVERNO DI
FATTO E CHE I suor COMBATTENTI DOVEVANO
ESSERE CONSIDERATI BELLIGERANTI, NE CONSE-
GUE CHE GLI ORDINI IMPARTITI DAI SUPERIORI AI
LORO SUBORDINATI DOVEVANO ESSERE ESEGUITI.
NON PUO' FAR VELO ALLA SOLUZIONE DEL QUESI-
TO, CHE E' DI ORDINE STRETTAMENTE GIURIDICO,
IL CARATTERE INSURREZIONALE DEL GOVERNO
SUDDETTO, PER TRARNE L'ILLAZIONE GENERICA
DELLA ILLEGITTIMITA' DI TALI ORDINI.
LA LEGITTIMITA' O L'INTEGRITA' NON E' IN
FUNZIONE DELLA INSURREZIONE, DELLA RIBELLIO-
NE AL POTERE REGIO, MA VA POSTA.IN RELAZIONE
ALL'ORGANIZZAZIONE POLITICA E MILITARE CHE
SI ERA COSTITUITA CON IL SUO ORDINAMENTO GIU-
RIDICO, CON LE SUE LEGGI, CON LE SUE AUTORITA'.
SE LO SBANDAMENTO DELLE COSCIENZE E LA
FATA.LITA' DEGLI EVENTI PORTO' MOLTI COMBAT-
TENTI NEI QUADRI MILITARI DELLA REPUBBLICA
SOCIALE ITALIANA, NON E' ESATTO PARLARE A
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PRIORI, DI ILLEGITTIMITA' DEGLI ORDINI, E TANTO
MENO ESCLUDERE LE DISCRIMINANTI PUTATIVE, SE
PER GIUSTIFICABILE ERRORE, I SOGGETTI RITEN-
NERO DI ADEMPIERE AL LORO DOVERE E DI AGIRE
NELLO STATO DI NECESSITA' (Art. 59, Ultimo Com-
ma, Codice Penale) .
(La sentenza, dopo questa parte generale, passa ad esa-
minare le singole posizioni dei ricorrenti).
F.N.C.R.S.J.
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