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UNITÀ

A1 La struttura
del testo poetico
Testi d’esempio E. Montale Felicità raggiunta, In questa unità:
si cammina ▸ scoprirai le caratteristiche della poesia,
la distinzione tra significante e significato,
V. Cardarelli Autunno tra denotazione e connotazione
G. D’Annunzio La pioggia nel pineto ▸ imparerai a classificare i versi, a conoscere
le rime e i principali componimenti metrici
▸ leggerai poesie italiane
Antologia S. Quasimodo Specchio
▸ vedrai in che modo la poesia si lega all’arte
U. Saba Trieste ▸ produrrai brevi composizioni in versi
F. Petrarca Solo e pensoso ▸ esporrai le caratteristiche di un testo che hai
G. Leopardi A Silvia letto

Laboratorio delle competenze G. Pascoli L’uccellino del freddo

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PERCORSO
A POESIA: I METODI

1 La struttura
del testo poetico

◼ Le caratteristiche della poesia


CHE COSÕé LA POESIA? Osserva i due testi seguenti: sapresti dire a colpo d’occhio
qual è la poesia e quale il testo in prosa?

Camminiamo una sera sul fianco di un colle,


in silenzio. Nell’ombra del tardo crepuscolo
mio cugino è un gigante vestito di bianco,
che si muove pacato, abbronzato nel volto,
taciturno. Tacere è la nostra virtù.
(C. Pavese, I mari del Sud, in Poesie, Einaudi, Torino, 1998)

La composizione della raccolta è durata tre anni.


Tre anni di giovinezza e di scoperte, durante i quali è naturale che la mia idea di poe-
sia e insieme le mie capacità intuitive si sian venute approfondendo. E anche ora,
benché quella profondità e quel vigore siano molto scaduti ai miei occhi, non credo
che tutta, assolutamente tutta, la mia vita si sia appuntata per tre anni nel vuoto.
(C. Pavese, Il mestiere di poeta, in Poesie, Einaudi, Torino, 1998)

La risposta è facile. Il primo testo è in versi, quindi è una poesia, come appare
dal suo aspetto grafico: la scrittura non è continua, ma va a capo prima della
fine della riga, lasciando spazi bianchi che segnalano i “confini” delle singole
righe di testo. Il secondo, invece, scorre senza interruzioni e occupa l’intero spa-
zio disponibile: è quindi in prosa.
In sintesi:
• la poesia è caratterizzata dalla scansione grafica dei versi;
• la prosa è caratterizzata dalla continuità dei periodi sintattici.
Ma le differenze non si esauriscono qui. La pagina lasciata in parte libera dalla
scrittura suggerisce l’idea della pausa, del tempo necessario per avvertire ciò
che le immagini e le situazioni evocate dai versi lasciano nell’animo, favorisce
l’emergere di sensazioni prodotte dall’incontro fra le parole del testo e il nostro
vissuto. Infatti, una lirica è efficace quando il lettore trova modo di arricchire e

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UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

integrare il significato dei versi con qualcosa che gli appartiene profondamen-
te: vale a dire che, in poesia, la “collaborazione” del lettore è fondamentale
perché il testo acquisti pienamente significato.

VERSI E STRUTTURA GRAFICA. La poesia può dire tante cose con poche parole e la
sua particolare struttura, fatta di a capo e spazi bianchi, costringe il lettore a por-
re grande attenzione su ogni singolo vocabolo: isolate nello spazio bianco della
pagina, infatti, le frasi amplificano la loro forza espressiva e la loro significatività.
Attraverso l’accostamento evocativo di suoni, immagini, concetti e signifi-
cati i versi comunicano emozioni, sensazioni, stati d’animo, anche utilizzando
i “silenzi” (lo spazio bianco) introdotti dalla particolare struttura grafica, come
avviene, per esempio, in Rinunzia di Giorgio Caproni:


L’ho seguito.
L’ho visto.
Non era lui.
Ero io.
L’ho lasciato andare.
Incerto,
ha preso il viottolo erboso.
Con un balzo è sparito
(ero io, non lui)
nel fitto degli alberi, bui.
(G. Caproni, Rinunzia, in L’opera in versi, Mondadori, Milano, 1998)

◼ Le parole della poesia


SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO. Ogni lingua è caratterizzata dalla corrispondenza
tra determinati suoni o lettere (che costituiscono la sostanza “fisica” delle paro-
le) e il significato a essi associato: di fronte a una frase come “il fiume è in pie-
na”, so quale significato attribuire a ogni gruppo di suoni-lettere e al loro insie-
me. La parola è infatti un simbolo, sonoro o grafico, che richiama alla mente un
oggetto concreto o un’idea astratta: è tale in quanto costituita da un significato
e un significante.
Nel caso della parola “fiume” il significante è costituito dalla successione di
suoni o dei segni grafici che li rappresentano (f + i + u + m + e); il significato è
l’immagine concettuale (l’idea di fiume) collegata a quella determinata sequen-
za di segni o suoni.

DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE. Nell’uso, il significato delle parole può assume-


re un valore denotativo o connotativo. Di per se stessa, la parola “fiume” defi-
nisce una precisa realtà naturale, senza incertezza o ambiguità. Questo chiaro
e ristretto significato è detto tecnicamente denotazione: “fiume” denota (signi-
fica letteralmente) “un corso di acque provenienti da vari corsi minori, nati da
sorgenti o da laghi o ghiacciai, che scorre verso il mare, verso un lago o verso
un fiume più grande nel quale s’immette”.

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PERCORSO
A POESIA: I METODI

Diverso è il caso della connotazione. Di fronte all’espressione “il fiume dei pen-
sieri”, il significato della parola “fiume”, entrando in combinazione con “pen-
sieri”, si arricchisce e allude a una realtà psicologica. Il significato della parola
assume così un valore connotativo, i cui tratti sono “inarrestabilità, fluidità”.

POLISEMIA. La connotazione arricchisce quindi le possibilità comunicative del-


le parole, caratteristica specifica del testo letterario. Il fascino della poesia, in
particolare, consiste nella parola polisemica (dal gr. polys, “molteplice”, e sema,
“segno, significato”), ossia ricca di significati e aperta a letture sempre nuove.
Un esempio di polisemia si trova nella lirica Universo di Giuseppe Ungaretti:


Col mare
mi sono fatto
una bara
di freschezza.
(G. Ungaretti, Universo, in Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Mondadori, Milano, 1969)

◼ L’io lirico e l’interlocutore.


La comunicazione poetica
IO LIRICO. Nell’antica Grecia poeti e poetesse componevano versi per esprimere
il proprio mondo interiore e accompagnavano i testi con il suono di uno stru-
mento chiamato lira, che ha dato il nome al genere della lirica. Con il passa-
re dei secoli la poesia è stata separata dalla musica e destinata alla recitazione
e alla lettura, ma il nome di lirica è rimasto per indicare versi che esprimono
emozioni e sentimenti. Da questa forma letteraria è stata distinta culturalmen-
te la lirica popolare, che fonde poesia e musica, e alla quale si può far risalire la
canzone d’autore dei giorni nostri.
Nella poesia lirica, l’autore esprime il proprio modo di sentire e le proprie
riflessioni su temi universali e sempre attuali: sentimenti amorosi, affetti fa-
miliari, rapporto con se stesso e con il mondo, ricerca del significato della vita.
L’enunciazione di tali contenuti è affidata all’io lirico, cioè a una voce che parla
(in prima persona). Come nella narrativa vanno distinti l’autore reale (persona
storicamente esistita) e il narratore (la “voce” che racconta), così nella poesia
esiste una distinzione tra l’autore in carne e ossa e colui che nel testo dice “io”:
nella comunicazione letteraria queste due figure non coincidono, perché l’io li-
rico è un elemento dell’immaginario poetico, una scelta dell’autore, funzionale
alla costruzione del testo.

Poetica. Concezione,
implicita o meno, IO LIRICO E AUTORE REALE. L’io lirico presenta di se stesso un’immagine che rin-
della poesia e della via alla persona storica dell’autore reale, ne rispecchia la sensibilità, la cultu-
letteratura propria
di una certa area
ra, le idee e la poetica; rimane, comunque, un io fittizio creato dalla fantasia
culturale, di un dell’autore stesso. La distanza fra queste due figure può essere minima e il loro
gruppo di autori, di punto di vista coincidere; oppure l’io lirico può riferire esperienze che l’autore
una tendenza, o di
un singolo autore. non ha mai sperimentato personalmente.

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UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

LÕINTERLOCUTORE. L’“io” della lirica si rivolge spesso a un “tu” immaginario, al


quale indirizza esplicitamente il discorso. Tale figura si definisce interlocutore
ed è anch’essa interna al testo (si distingue, cioè, dal destinatario reale, il pub-
blico dei lettori). L’io lirico può rivolgersi anche a una persona particolare, a
Dio, a un’entità astratta. Nella tabella sono riportate diverse soluzioni espressi-
ve relative all’interlocutore.

L’interlocutore coincide L’interlocutore è un personaggio


con il lettore. di cui non viene specificata
l’identità.
Benigno o no, lettore mio,


Come o quale tu sia stato, Io non sono Nessuno! Tu chi sei?


Da amico voglio dirti addio. Nessuno – neanche tu?
(S. Puškin, Eugenio Onieghin, trad. di G. Giudici) Allora siamo in due!
Non dirlo! Spargeranno la voce!
(E. Dickinson, in Poesie, trad. di G. Bompiani)

L’interlocutore è un personaggio L’interlocutore è una realtà natura-


determinato. le, per esempio il vento.

Signorina Felicita, a quest’ora Ritorna domani più freddo, vento

“ scende la sera nel giardino antico


della tua casa. Nel mio cuore amico
scende il ricordo.
(G. Gozzano, La signorina Felicita ovvero la
felicità)
“ del nord,
spezza le antiche mani
dell’arenaria,
sconvolgi i libri d’ore nei solai,
e tutto sia lente tranquilla,
dominio, prigione
del senso che non dispera!
(E. Montale, Notizie dall’Amiata)

L’interlocutore è un concetto per- L’interlocutore è Dio.


sonificato, per esempio il futuro.
Signore: è tempo. Grande era


Futuro, verso te l’arsura,


In corsa ci vediamo. deponi l’ombra sulle meridiane,
Ma sei tu che a noi vieni libera il vento sopra la pianura.
E noi siamo immobili (R.M. Rilke, Giorno d’autunno, trad. di G. Pintor)
In questa illusione di treni.
(G. Giudici, Al futuro)

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PERCORSO
A POESIA: I METODI

Un esempio di io lirico, che coincide con l’autrice, e del suo rapporto con l’inter-
locutore, che parla attraverso un discorso diretto, è dato da questi versi della
poetessa greca antica Saffo, qui presentati nella famosa traduzione di Salvatore
Quasimodo:

[…]


mi disse: «Quanto ci è dato soffrire,
o Saffo: contro mia voglia
io devo abbandonarti».

«Allontanati felice» risposi


«ma ricorda che fui di te
sempre amorosa.
[…]
(Saffo, Vorrei veramente essere morta, in S. Quasimodo, Poesie e Discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano, 1971)

TESTO LIRICO

Emittente Io Messaggio Interlocutore Destinatario

Autore Pubblico
reale di lettori

Voce che parla Lettore


in prima persona generico,
all’interno divinità, entità
del testo astratta

Che cosa so

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. V F


a. Il testo poetico si caratterizza per la presenza di versi.
b. La connotazione riguarda il significato letterale del testo.
c. Il significante è costituito dal susseguirsi dei suoni-lettere che compongono una
parola.
d. Una parola polisemica ha molteplici significati.
e. L’io lirico corrisponde a quella che nel testo narrativo è la voce narrante.
f. La denotazione indica il significato letterale.
g. L’interlocutore è sempre lo stesso poeta che esprime il proprio sentire.
h. Il significato di una parola è il concetto a cui rimanda la sequenza di lettere di cui
si compone la parola.
i. L’io lirico può esprimere idee e sentimenti non condivisi dall’autore.
j. Nell’espressione un fuoco mi divora l’anima il termine fuoco è usato con
significato denotativo.

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UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

LE CARATTERISTICHE DELLA POESIA Testo d’esempio


Ossi di seppia
Felicità raggiunta, (1925)

si cammina ▸ Lirica

Eugenio Montale

Nella seguente poesia l’io lirico è una proiezione dell’autore stesso, un filtro
Eugenio Montale (1896-1981;
attraverso il quale egli fa emergere la propria visione della realtà e della vita. Il
► L’autore e l’opera, p. 150) è
“tu” al quale l’io lirico si rivolge in questo caso corrisponde a uno stato d’animo:
uno dei maggiori poeti del
la felicità. Per Montale, infatti, la parola poetica implica l’esigenza di rompere Novecento, insignito nel 1975 del
l’isolamento dell’individuo; egli stesso spiegò questo carattere della sua poesia, premio Nobel per la letteratura.
nella quale il “tu” spesso «presuppone un interlocutore (o interlocutrice) muto,
assente, ignaro di me; risponde al desiderio di parlare con qualcuno…».

Felicità
La felicità è l’interlocutore astratto (uno
Felicità raggiunta, si cammina stato d’animo) a cui l’io lirico si rivolge
per te su fil di lama. invocandola.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina; si cammina
Il si impersonale dilata a dimensione
5 e dunque, non ti tocchi chi più t’ama.
universale la condizione di ricerca della
felicità, estendendola a tutto il genere
Se giungi sulle anime invase umano.

di tristezza, e le schiari, il tuo mattino


è dolce e turbatore come i nidi delle cimase. sei
Ma nulla paga il pianto del bambino Il ricorso alla seconda persona singolare
del verbo mantiene l’attenzione sull’in-
10 a cui sfugge il pallone tra le case.
terlocutore.
(E. Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1984)

barlume che vacilla


2. per te: perché tu continui a esistere; su fil estremamente fragile, va lasciata esistere così La felicità è associata a una serie di
di lama: come sul filo di una lama (in una com’è, quanto più si tiene a essa. immagini dal forte significato connotati-
condizione di rischio e precarietà). 7. le schiari: le illumini. vo (ad es. barlume che vacilla: significato
3. barlume che vacilla: luce o fiammella debole 8. nidi delle cimase: i nidi degli uccelli sotto i denotativo, debole luce che oscilla;
e incerta. cornicioni delle case. connotativo, la felicità è una condizione
4. teso: sottile. 9. paga: risarcisce. passeggera ed effimera).
5. non ti tocchi…t’ama: poiché la felicità è
non ti tocchi chi più t’ama
Il pronome relativo chi ribadisce la
relazione con la felicità non solo dell’io
lirico, ma di chiunque ami la felicità.

il pallone tra le case


Nella conclusione, il pallone tra le case
(significato denotativo) diventa simbolo
della felicità stessa (significato conno-
tativo).

◂ Paul Klee, Winter Picture, 1930.


Londra, Collezione privata.

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PERCORSO
A POESIA: I METODI

Che cosa so fare


COMPRENDERE
1. I sentimenti del poeta.
• Come viene rappresentata dal poeta la felicità raggiunta? Come un sentimento di totale e sicu-
ro appagamento o come una condizione di cui si avverte tutta la precarietà?
• Si tratta di uno stato d’animo che può essere governato dalla volontà?
• La sua perdita è dovuta a una colpa, a un errore, o è legata alla sua inevitabile precarietà?

ANALIZZARE
2. L’interlocutore.
• Chi è l’interlocutore della lirica?
• Da che cosa si può evincere?
3. L’io lirico.
Facendo riferimento al testo, chiarisci l’immagine che l’io lirico fornisce di sé.
• Il suo atteggiamento si può definire di rinuncia alla felicità, di protesta contro la crudeltà del
dolore, di consapevolezza della realtà delle cose?
• La sua visione della vita appare pessimistica o ottimistica? Motiva la tua risposta.
4. Denotazione e connotazione.
La felicità raggiunta dalle anime tristi è paragonata a un mattino.
• Qual è il significato denotativo della parola mattino?
• Quali suggestioni produce se si riflette sul suo significato connotativo?
• Perché l’immagine del pallone tra le case rappresenta la felicità?
• Qual è il significato connotativo del pianto?

PRODURRE
5. Laboratorio di scrittura creativa | Definire in versi la felicità.
La felicità è un argomento ricorrente nella poesia, spesso affrontato in modo più sentimentale
che problematico. Considera i versi di Trilussa (1871-1950), celebre per le sue poesie in dia-
letto romanesco.

C’è un’ape che se posa


su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va.
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
(Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 2004)

Che cos’è, per te, la felicità? Prova a dirlo in 5-7 versi.

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UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

◼ I versi e il ritmo
IL VERSO E LE SUE REGOLE. Il verso è l’unità fondamentale della poesia: ogni APPROFONDIMENTO
ONLINE
verso è riconoscibile perché è collocato in una singola riga, prima dell’a capo. Musica – Il rap
Per scrivere e per comprendere come è fatto un verso bisogna conoscere le re-
gole che costituiscono la metrica. La metrica, cioè l’“arte della misura” (dal gr.
métron, “misura”), studia le tecniche della scrittura poetica e precisamente il
verso, gli accenti, la rima, le strofe, i diversi tipi di componimento.
Il verso ha due unità di misura fondamentali:
• il numero delle sillabe che lo compongono;
• l’andamento del ritmo determinato dalla posizione degli accenti e dalle cesu-
re (le pause interne).

Da subito, addentrandoci nello studio delle unità di misura, è bene soffermarci


sulla classificazione dei versi. Ogni verso, infatti, trae il nome dal numero delle
sillabe che lo compongono: binario o bisillabo, ternario o trisillabo, quaternario o
quadrisillabo, quinario, senario, settenario, ottonario, novenario, decasillabo, endeca-
sillabo. I versi più usati nella tradizione poetica italiana sono il settenario e l’en-
decasillabo. Ma esistono numerose variabili, eccezioni e combinazioni che spes-
so non rendono immediata la comprensione del numero di sillabe del verso.
Per esempio, oltre ai versi tradizionali ci sono versi doppi, formati dalla com-
binazione di due versi fondamentali accostati in uno solo, come il doppio sena-
rio o dodecasillabo (intende l’orecchio, // solleva la testa, A. Manzoni) o un doppio
ottonario (Guardiano della stazione // di San Giovanni o San Siro, M. Moretti). Nella
lirica moderna si trovano versi la cui misura non è riconducibile ad alcuno dei
versi regolari, da quelli di una sola sillaba (Sto / addossato a un tumulo, G. Un-
garetti) a versi di sedici sillabe (Convincevo il mostro ad appartarsi / Nelle stanze
pulite d’un albergo immaginario / V’erano nei boschi piccole vipere imbalsamate…, A.
Rosselli).

LÕACCENTO TONICO E IL COMPUTO DELLE SILLABE. In italiano ogni parola si pro-


nuncia articolando con maggiore intensità della voce una sola sillaba, per darle
“tono”: è appunto su quella che cade l’accento tonico. A seconda della colloca-
zione dell’accento tonico le parole si distinguono in piane, sdrucciole, tronche.

Parole piane L’accento tonico cade sulla penultima sillaba fi/nè/stra

Parole sdrucciole L’accento tonico cade sulla terz’ultima sillaba tà/vo/lo

Parole tronche L’accento tonico cade sull’ultima sillaba co/mò

Le sillabe prive di accento si dicono ˆtone (nella parola divano sono atone le
sillabe di e no).
Anche i versi si dicono piani, sdruccioli o tronchi, a seconda che sia piana,
sdrucciola o tronca la loro ultima parola. Per calcolare il numero delle sillabe
che compongono un verso bisogna sommare quelle di tutte le parole fino alla
sillaba che segue l’ultimo accento tonico.

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PERCORSO
A POESIA: I METODI

VERSI PIANI, SDRUCCIOLI, TRONCHI. Nel computo delle sillabe dei versi si deve
tener conto dei seguenti casi.
• Se l’ultima parola è piana (accento sulla penultima sillaba), il numero di sil-
labe corrisponde al numero delle sillabe presenti e il verso si definisce piano:
e / di / pie/tà / pro/fòn/da (A. Manzoni, Il cinque maggio)
7 sillabe = settenario piano
(accento tonico sulla 6)

1 2 3 4 5 6 7
e di pie tà pro fòn da

• Se l’ultima parola è sdrucciola (accento sulla terzultima sillaba), si conta una


sillaba in meno rispetto a quelle effettivamente presenti e il verso si definisce
sdrucciolo:
dal/le / squar/cia/te / nù/vo/le (A. Manzoni, Adelchi)
8 sillabe – 1 = settenario sdrucciolo
(accento tonico sulla 6, non si conta l’ultima sillaba)

1 2 3 4 5 6 7 0
dal le squar cia te nù vo le

• Se l’ultima parola è tronca (accento sull’ultima sillaba), si aggiunge nel conto


una sillaba che di fatto non c’è e il verso si definisce tronco:
di / più / se/re/no / dì. (A. Manzoni, Adelchi)
6 sillabe + 1 = settenario tronco
(accento tonico sulla 6, si aggiunge 1 = 7 anche se la settima sillaba non esiste)

1 2 3 4 5 6 7
di più se re no dì +1

Tuttavia, bisogna tenere a mente che per analizzare un verso non basta saper
dividere le parole in sillabe, come nella prosa, perché possono verificarsi casi
particolari: una sola sillaba può avere valore doppio oppure due sillabe possono
essere contate come una sola. Si tratta di figure metriche di fusione e di scissio-
ne che modificano il conteggio in base a regole precise.

◼ Fusione e scissione delle sillabe


FIGURE METRICHE DI FUSIONE. Due sillabe si possono unire in una sola quando
una parola finisce per vocale e la successiva inizia per vocale (sinalefe); lo stesso
può avvenire fra due vocali interne alla stessa parola (sineresi) quando forme-
rebbero altrimenti due sillabe distinte. Anche le parole con l’apostrofo si consi-
derano terminanti per vocale e la sillaba si unisce alla successiva.

• Sinal•fe. Il verso di Leopardi Tor/na az/zur/ro il / se/re/no e / tor/nan /l’om/


bre è di undici sillabe (e non di quindici), in quanto si applica la sinalefe quat-
tro volte.

16
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
Tor na az zur ro il se re no e tor nan lÕ˜m bre
⇒⇐ ⇒⇐ ⇒⇐ ⇒⇐
sinalefe sinalefe sinalefe sinalefe

• Sinèresi. Il verso di Leopardi Ed / er/ra / l’ar/mo/nia / per / que/sta / val/le è di


undici sillabe (e non di dodici), in quanto si applica una volta la sineresi.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
Ed er ra l’ar mo ni/a per que sta vàl le
⇒⇐
sineresi

FIGURE METRICHE DI SCISSIONE. In altri casi, quando la prima delle due vocali
confinanti è accentata, per mettere in evidenza il primo termine le due parole si
separano (dialefe); analogamente, all’interno di una parola, due vocali possono
formare due sillabe distinte (dieresi) e in tal caso la scissione è indicata da due
punti posti sopra la prima vocale.
• Dialèfe. Nel seguente verso di Dante Co/min/ciò / a / crol/lar/si / mor/mo/ran/
do, la parola Cominciò e la preposizione a rimangono separate.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
Co min ciò a crol lar si mor mo ràn do
⇐ ⇒
dialefe

• Dièresi. Il verso di D’Annunzio la / ba/cia / con / im/pe/tü/o/sa / bra/ma è di


undici sillabe (e non di dieci), in quanto si applica la dieresi tra la u e la o della
parola impetuosa.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
la ba cia con im pe sa brà ma
tü o

⇐ ⇒
dieresi

◼ Gli accenti ritmici e l’ictus


Gli accenti tonici delle parole, in poesia, si combinano tra loro dando vita a una
cadenza ritmica che caratterizza il tipo di verso: diventano insomma degli ac-
centi ritmici. Vale a dire che, se per esempio leggiamo una poesia ad alta voce,
ci accorgiamo che alcune sillabe, appunto quelle toniche, chiedono di essere
pronunciate con più forza ed enfasi rispetto a quelle atone. In questo modo si
determina l’andamento ritmico del verso.
Il ritmo (dal gr. rytmós, “successione”) è infatti una ripetizione cadenzata di
accenti (o ictus, dal lat. icere, “colpire”) che marcano con diversa intensità alcu-
ne sillabe del verso. Si crea così, all’interno di ogni singolo verso, una trama di
sillabe toniche e atone: sulle prime la voce si eleva pronunciandole con più for-
za per metterle in rilievo rispetto alle altre.

17
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Le posizioni degli ictus sono fisse nei versi parisillabi (binario, quaternario,
senario, ottonario, decasillabo), che hanno un ritmo regolare e orecchiabile;
mentre sono variabili negli imparisillabi (ternario, quinario, settenario, nove-
nario, endecasillabo), soprattutto nell’endecasillabo. In ogni tipo di verso, co-
munque, l’ultimo accento ritmico, in caso di versi piani, è sempre fisso sulla
penultima sillaba.
Nella tabella sono indicati i tipi di versi, il numero delle sillabe corrisponden-
ti, gli accenti ritmici o ictus che contraddistinguono ciascun verso.

Numero
Tipo di verso Accento ritmico Esempio
di sillabe
Binario / 2 L’accento ritmico cade sulla 1ª sillaba. pià/no
Bisillabo fràn/ta
(G. Ungaretti, Vanità)
Ternario / 3 L’accento ritmico cade sulla 2ª sillaba. La /mòr/te
Trisillabo si / scón/ta
vi/vèn/do
(G. Ungaretti, Sono una creatura)
Quaternario / 4 L’accento ritmico cade sulla 1ª sillaba (non Sé / d’a/mó/re
Quadrisillabo sempre) e sulla 3ª. pèr/di il / fió/re
(T. Solera, Giovanna d’Arco)

Da/mi/gèl/la
Tut/ta / bèl/la
(G. Chiabrera, Damigella)
Quinario 5 L’accento ritmico può cadere sulla 1ª o sulla Vì/va Ar/lec/chì/ni
2ª e sulla 4ª sillaba. e / bu/rat/tì/ni
(G. Giusti, Il brindisi di Girella)

Òc/chi a/mo/ró/si,
mie / stél/le a/mà/te
(G. Chiabrera, Le canzonette)
Senario 6 L’accento ritmico cade sulla 2ª e sulla 5ª sil- nel / tèm/po / che / tà/ce
laba. (G. Pascoli, La canzone dell’ulivo)
Settenario 7 L’accento ritmico cade sulla 6ª sillaba e uno nel/la / sé/ra au/tun/nà/le
o due accenti mobili (sulla 1ª, la 2ª, la 3ª o io / lèn/to / vìn/to e / só/lo
la 4ª). (D. Campana, Boboli)

Tra / le / ros/sá/stre / nú/bi


stor/mi / d’uc/cél/li né/ri
com’é/su/li / pen/sié/ri
nel vé/spe/ro / mi/grár
(G. Carducci, San Martino)
Ottonario 8 L’accento ritmico cade sulla 3ª e sulla 7ª sil- lun/go un / dól/ce / ru/scel/lèt/to
laba. (G. Chiabrera, Canzonette eleganti e amorose)
Novenario 9 L’accento ritmico, nella forma più comune, tra/fìt/to / da un / ràg/gio / di / só/le
cade sulla 2ª, sulla 5ª e sulla 8ª sillaba. (S. Quasimodo, Ed è subito sera)
Decasillabo 10 L’accento ritmico cade sulla 3ª, sulla 6ª e sul- Ri/tor/nà/va u/na / rón/di/ne al / tét/to
la 9ª sillaba. (G. Pascoli, X Agosto)
Endecasillabo 11 L’accento ritmico cade fisso sulla 10ª sillaba Nel / mèz/zo / del / cam/mìn / di / nò/stra
e gli altri accenti sono mobili (per esempio 6ª / vì/ta
e 10ª; 1ª, 4ª, 6ª, 10ª; 2ª, 6ª, 10ª; 4ª, 8ª e 10ª; Mi / ri/tro/vài / per / u/na / sél/va o/scù/ra
4ª, 7ª e 10ª molto raro). (D. Alighieri, Inferno I, 1-2)

18
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

◼ Effetti ritmici
L’andamento ritmico dei versi può essere veloce (quando gli accenti sono fre-
quenti e ravvicinati) oppure lento e cadenzato (quando gli accenti ritmici sono
lontani e rari). Vediamo qualche esempio:

Ritmo Accenti Esempio


Veloce Ravvicinati, rapidi. di quà di là di giù di sù li ména
(D. Alighieri, Inferno V, 43)
Martellante Rapidissimi e L’han giuráto. Li ho vísti in Pontída
fortemente marcati. convenúti dal mónte e dal piáno
(G. Berchet, Il giuramento di Pontida)
Lento Distanziati. e chiàro nella vàlle il fiume appàre
(G. Leopardi, La quiete dopo la tempesta)
Sempre nelle Voi ch’ascoltàte in rime spàrse il suòno
medesime posizioni di quei sospìri ond’io nudrìva ’l còre
(1ª, 4ª, 8ª, 10ª in sul mio prìmo giovenìle erróre
sillaba). (F. Petrarca, Voi ch’ascoltate)
Rafforzati già tàce ogni sentièro e pei balcòni
dall’espressione ràra tralùce la nottùrna làmpa
iniziale. (G. Leopardi, La sera del dí di festa)
Disteso Gli accenti conferi- Sei quasi brútta, priva di lusínga
scono un tono quasi nelle tue vésti quasi campagnóle
prosastico ai versi. (G. Gozzano, La signorina Felicita ovvero la felicità)
Vario In posizione mobile Dolce declìna il sóle
(4ª e 6ª; 2ª e 6ª; 4ª e dal giórno si distàcca
6ª; 2ª e 6ª sillaba). un cielo tròppo chiàro
diràma solitùdine
(G. Ungaretti, Auguri per il proprio compleanno)

Oltre agli accenti, un poeta può ottenere particolari effetti ritmici anche attra-
verso l’uso delle cesure e dell’enjambement.
• Cesura. La cesura (dal lat. caedere, “tagliare”) è una pausa interna al verso che
ne rallenta il ritmo. La cesura divide il verso in due unità più piccole dette
emistichi e può coincidere con una pausa sintattica, spesso indicata dalla pun-
teggiatura:
Oggi non faccio nulla. // Faccio festa. (U. Saba)
Oppure contraddice la pausa sintattica per mettere in risalto una parola-chiave:
e di terra la forma e // la speranza. (A. Onofri)
O, ancora, potenzia il significato della parola che la precede e che la segue:
per far piú bello // l’ultimo trofeo (U. Foscolo)
• Enjambement. Il verso può coincidere con una frase, ma spesso accade che es-
sa continui nel verso successivo, creando un ritmo particolarmente sostenu-
to: in questo caso si parla di enjambement, una parola francese che significa
“inarcatura”. L’enjambement conferisce un rilievo particolare alle parole così
collegate e contemporaneamente dilata il ritmo del verso. Quando la frase
continua non solo oltre il verso, ma anche oltre la strofa, l’enjambement viene
definito strofico.

19
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Ma sedendo e mirando, interminati aggettivo-nome

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete


(G. Leopardi, L’infinito)

Move la greggia oltre pel campo, e vede predicato-complemento


oggetto
greggi, fontane ed erbe
(G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge predicato-soggetto

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme predicato-soggetto

quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.


(U. Foscolo, Alla sera)

Nella mia giovinezza ho navigato


lungo le coste dalmate. Isolotti soggetto-predicato

a fior d’onda emergevano, ove raro aggettivo-nome

un uccello sostava intento a prede


(U. Saba, Ulisse)

[…] E pur mi giova predicato-soggetto

la ricordanza, e il noverar l’etate nome-complemento


di specificazione del nome
del mio dolore. […]
(G. Leopardi, Alla luna)

Che cosa so

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. V F


a. Il novenario tronco ha nove sillabe.
b. La cesura è un particolare tipo di accento.
c. La sinalefe è una figura metrica di fusione.
d. Il verso La papera vispa nel cielo volò è piano.
e. Un settenario sdrucciolo è composto da 7 sillabe.
f. Un endecasillabo piano è composto da 11 sillabe.
g. Se un verso termina con la parola candido è tronco.
h. L’enjambement collega strettamente due versi successivi.
i. L’enjambement influisce sul ritmo del testo rendendolo più vario.
j. La posizione degli accenti contribuisce a determinare il ritmo del verso.

20
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

I VERSI E IL RITMO Testo d’esempio


Poesie
Autunno (1936)
Vincenzo Cardarelli ▸ Lirica

Vincenzo Cardarelli affida a questi versi di varia lunghezza il tema dello scorrere
Vincenzo Cardarelli (pseudonimo
del tempo della vita, attraverso la metafora dell’alternarsi delle stagioni.
di Nazareno Caldarelli) nasce in
Come le piogge d’autunno sembrano esprimere la tristezza della natura prean-
provincia di Viterbo, nel 1887. Nel
nunciando i rigori dell’inverno, così l’uomo si avvia verso il freddo della vecchia- 1911 si trasferisce a Firenze dove
ia. Rimane nella memoria la felicità degli entusiasmi giovanili, cui corrisponde collabora alle riviste letterarie “Il
l’estate, la stagione più rigogliosa dell’anno (il miglior tempo della nostra vita), Marzocco” e “La Voce”. Nel 1916
ma quel ricordo non riesce più a dare slancio al presente che procede lenta- pubblica I prologhi, dove alterna
mente verso la fine. L’uso della prima persona plurale (Già lo sentimmo venire; poesie a prose. Nel 1919 fonda
della nostra vita; ci dice addio) stabilisce un tono colloquiale e coinvolgente per la rivista “La Ronda”. Nel 1934
il lettore. pubblica la sua prima raccolta di
versi, Giorni in piena, poi confluita
nel 1936 nel volume Poesie.
Autunno.// Già lo sentimmo venire Muore nel 1959.
nel vento d’agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali// e piangenti,
5 e un brivido percorse la terra
che ora, //nuda e triste, Il testo è costituito da due periodi: il pri-
mo ha carattere descrittivo (immagini
accoglie un sole smarrito. dell’autunno), il secondo comunica una
Ora passa //e declina, condizione psicologica.
in quest’autunno che incede
pioggie...piangenti, terra...triste, sole
10 con lentezza indicibile, smarrito
il miglior tempo della nostra vita Gli aggettivi che umanizzano le mani-
festazioni della natura suggeriscono,
e lungamente ci dice addio.
attraverso la connotazione, la corrispon-
(V. Cardarelli, Poesie, Mondadori, Milano, 1996)
denza tra stagioni e stati d’animo.

7. smarrito: indeciso, pallido. 8. declina: tramonta. torrenziali, indicibile, lungamente


La lentezza con cui trascorrono le ore è
sottolineata da parole lunghe.

Le cesure (vv. 1, 4, 6, 8) rallentano il


ritmo e insieme agli enjambement
(vv. 1-2, 3-4, ecc.) concorrono a dare
l’impressione di un movimento lento e
sempre uguale.

il miglior tempo della nostra vita


Il ritmo generalmente lento presenta
un’accelerazione in corrispondenza del
verso 11, riferito al breve tempo della
giovinezza.

◂ Egon Schiele, Quattro alberi, 1917.


Vienna, Österreichische Galerie
Belvedere.

21
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Che cosa so fare


COMPRENDERE
1. Il tema.
Qual è il tema della lirica?
2. I sentimenti.
Quali sentimenti sono trasmessi dalla lirica?
3. Il tempo.
Quale percezione del trascorrere del tempo dimostra di avere il poeta?
4. L’io lirico.
Il poeta esprime la sua idea di vecchiaia ricorrendo all’utilizzo della prima persona plurale. Che
significato assume tale scelta?

ANALIZZARE
5. La versificazione.
Indica il nome dei versi della lirica e segnala se sono presenti figure di fusione e di scissione tra
le sillabe. Poi segnala graficamente gli enjambement con il simbolo corrispondente e completa
l’indicazione degli accenti ritmici (ictus) negli ultimi sette versi.

Nome Figure Figure


Testo
del verso di fusione di scissione
Au/tùn/no. / Già / lo / sen/tìm/mo / ve/nì/re
nel / vèn/to / d’a/gò/sto,
nel/le / piòg/gie / di / set/tèm/bre
tor/ren/zià/li e / pian/gèn/ti,
e / un / brì/vi/do / per/cór/se / la / tèr/ra
che / o/ra, / nu/da e / tri/ste,
ac/co/glie un / so/le / smar/ri/to.
O/ra / pas/sa /e / de/cli/na,
in / que/st’au/tun/no / che in/ce/de
con / len/tez/za in/di/ci/bi/le,
il / mi/glior / tem/po / del/la / no/stra / vi/ta
e / lun/ga/men/te / ci / di/ce / ad/di/o.

PRODURRE
6. Laboratorio di scrittura creativa | Descrivere l’autunno.
Dopo aver scelto un paesaggio autunnale, descrivilo attraverso brevi versi cercando di produrre
qualche immagine suggestiva. Fa’ in modo che alcuni versi si concludano con un segno di inter-
punzione, mentre in altri ricorri all’utilizzo dell’enjambement.
7. Esporre | Presentare la lirica.
Presenta la poesia Autunno lasciando spazio alla tua sensibilità interpretativa. Specifica:
• la forma del testo (di che tipo sono i versi, qual è la loro disposizione);
• il rapporto tra significante e significato (in che modo la misura dei versi, la lunghezza delle
parole e il ritmo potenziano il significato delle parole e delle immagini);
• il messaggio che il poeta vuole comunicare.

22
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

◼ Le rime e il metro
I DIVERSI TIPI DI RIME. La rima è un procedimento tipico della poesia, che utiliz-
za gli elementi fonici per potenziare il legame tra i versi. Due versi si dicono in
rima quando presentano identità di suono alla fine, a partire dall’ultima vocale
tonica. Anche nel caso delle rime, perciò, si usa parlare di piane, tronche e sdruc-
ciole:
• Rima piana: nàstro / alabàstro
• Rima tronca: tornerà / chissà
• Rima sdrucciola: ridìcolo / artìcolo
I versi rimano tra loro creando combinazioni differenti il cui schema si defi-
nisce con le lettere dell’alfabeto: la stessa lettera indica i versi che terminano
nello stesso modo.


La vecchia canta: Intorno al tuo lettino A
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino. A
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta. B
La neve fiocca lenta, lenta, lenta. B
(G. Pascoli, Orfano, in Poesie, Mondadori, Milano, 1968)

Le rime danno luogo a combinazioni diverse a seconda del modo in cui sono di-
stribuite nel componimento poetico. Gli schemi maggiormente utilizzati nella
poesia italiana sono a rima baciata (AA BB), alternata (ABAB), incrociata (ABBA),
incatenata (ABA-BCB-CDC), ripetuta (ABC ABC). Per convenzione si utilizzano le
lettere maiuscole per indicare il verso endecasillabo e le minuscole per i versi
che presentano un numero di sillabe inferiore.

Tipo di rima Esempio Schema


Rima baciata O cavallina, cavallina storna, A
che portavi colui che non ritorna A
tu capivi il suo cenno ed il suo detto! B
Egli ha lasciato un figlio giovinetto B
(G. Pascoli, La cavalla storna)

Rima alternata I cipressi che a Bolgheri alti e schietti A


van da San Guido in duplice filar, B
quasi in corsa giganti giovinetti A
mi balzarono incontro e mi guardar. B
(G. Carducci, Davanti a San Guido)

Rima incrociata Quando la terra è d’ombre ricoverta A


e soffia il vento, e in su l’arene estreme B
l’onda va e vien che mormorando geme, B
e appar la luna tra le nubi incerta. A
(U. Foscolo, Notturno)

23
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Rima incatenata Nel mezzo del cammin di nostra vita A


mi ritrovai per una selva oscura, B
ché la diritta via era smarrita. A

Ahi quanto a dire qual era è cosa dura B


esta selva selvaggia e aspra e forte C
che nel pensier rinnova la paura. B
(D. Alighieri, Inferno I, 1-6)

Rima ripetuta e viene a Roma seguendo ’l desio, A


per mirar la sembianza di colui B
ch’ancor lassù nel ciel vedere spera: C

così, lasso, talor vo cercand’io, A


donna, quanto è possibile, in altrui B
la disïata vostra forma vera. C
(F. Petrarca, Movesi il vecchierel)

LA DISPOSIZIONE ANOMALA DELLE RIME. Bisogna però tenere a mente che i versi
possono rimare anche in modo anomalo: questo succede quando la rima non si
trova a fine verso. Vediamo degli esempi.

• La rimalmezzo si trova tra la parola finale di un verso e una parola posta nel
mezzo di un altro verso, generalmente del successivo, in cui coincide con la
cesura. Una fitta trama di suoni conferisce ai versi un tono solenne.

Odi greggi belar, // muggire armenti;


gli altri augelli contenti, // a gara insieme
per lo libero ciel // fan mille giri
(G. Leopardi, Il passero solitario, in Tutte le opere, a cura di F. Flora, Mondadori, Milano, 1968)

• La rima interna è presente quando rimano fra loro l’ultima parola del verso e
un’altra che si trova all’interno del medesimo verso. Nell’esempio proposto la
rima interna prolunga la sensazione uditiva del rumore dei panni risciacquati
nel canale (gora) dalle lavandaie.


E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.
(G. Pascoli, Lavandare, in Poesie, Mondadori, Milano, 1968)

• La rima ipermetra è presente quando una parola piana (ossia con l’accento
sulla penultima sillaba) rima con una sdrucciola (accento sulla terzultima),
la quale ha una sillaba in più rispetto alla misura del verso. La sillaba in più
viene considerata parte del verso successivo, come nell’esempio seguente per
la sillaba -no di intrecciano.

24
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO


Nelle crepe del suolo o su la véccia
spiar le file di rosse formìche
ch’ora si rompono ed ora s’intrécciano
a sommo di minuscole bìche
(E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1984)

L’ASSONANZA. L’assonanza (dal lat. assonare, “rispondere al suono”) si realizza


quando due parole, dall’accento tonico in poi, hanno uguali le vocali ma non le
consonanti. Per esempio nei seguenti versi:


E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono
(G. D’Annunzio, La pioggia nel pineto, in Alcyone, Mondadori, Milano, 1995)

le parole pino e mirto hanno, nella parte finale, uguali le vocali (i…o) e diverse
le consonanti (n nella prima parola e rt nella seconda). Le parole in assonanza
possono anche essere all’interno del verso, come nell’esempio che segue:


Il sole, in alto, – e un secco greto
(E. Montale, Gloria del disteso mezzogiorno, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1984)

LA CONSONANZA. La consonanza (dal lat. consonare, “risuonare”) si produce se


due parole, dall’accento tonico in poi, hanno uguali le consonanti e non le voca-
li, come si può osservare nei versi che seguono:


Poi tra il cantare delle raganelle
Guizzò sui campi un raggio lungo e giallo
(G. Pascoli, Pioggia, in Poesie, Mondadori, Milano, 1968)

◂ Alberto Burri,
Il viaggio, 1979. Città
di Castello, Collezione
Burri.

25
PERCORSO
A POESIA: I METODI

◼ Versi sciolti e versi liberi


Le poesie, soprattutto quelle del Novecento, non sempre seguono uno schema
preciso di rime e non sempre comprendono versi della stessa lunghezza. Come
si definiscono, allora, dal punto di vista metrico, tali componimenti? Sono in
versi sciolti i testi poetici che hanno versi della stessa misura e nessuno sche-
ma prestabilito di rime e in versi liberi quelli che non hanno neppure versi del-
la stessa lunghezza. Di seguito sono presentati due esempi: la prima poesia è in
endecasillabi sciolti, la seconda in versi liberi.

Versi sciolti (endecasillabi)


E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch’eri il tu di prima.
(C. Sbarbaro, Padre, se anche tu non fossi il mio, in L’opera in versi e in prosa, Garzanti, Milano, 1999)

Versi liberi


Signori! Ha principio la vendita
delle mie idee.
Avanti! Chi le vuole?
Idee originali
a prezzi normali.
Io vendo perché voglio
raggomitolarmi al sole
come un gatto a dormire
fino alla consumazione
de’ secoli. Avanti! L’occasione
è favorevole. Signori,
non ve ne andate, non ve ne andate;
vendo a così poco prezzo!
(G. Gozzano, Bando, in Poesie, Rizzoli, Milano, 1999)

◼ Il metro. I diversi tipi di strofe


Nel testo poetico più versi si raggruppano in unità metriche chiamate strofe, do-
tate di senso compiuto e di autonomia ritmica. Le strofe prendono il nome dal
numero dei versi che le compongono e nella tradizione letteraria italiana che ar-

26
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

riva fino all’Ottocento hanno anche un prestabilito schema di rime. Le strofe tra-
dizionali della poesia italiana sono cinque: distico, terzina, quartina, sestina, ottava.
A partire dall’Ottocento alle strutture fisse sono state sostituite strofe a sche-
ma libero, in numero variabile (polimetro), in cui la misura dei versi e lo schema
delle rime non si attengono più a un modello prestabilito, ma assecondano le
esigenze espressive dell’autore.

Tipo di strofa Descrizione Esempio


Distico Due versi, solitamen- Su un’asse, contro una vetriata chiusa A
te endecasillabi, a dietro a cui forse un micio fa le fusa A
rima baciata.
(C. Govoni, La pioggia scende la sua veletta)

Terzina Tre versi, solitamente Come scorrea la calda sabbia lieve A


endecasillabi, a rima Per entro il cavo della mano in ozio, B
incatenata (come nel-
Il cor sentì che il giorno era più breve. A
la terzina dantesca) o
rimati in altro modo,
come nell’esempio: E un’ansia repentina il cor m’assalse A
sono in rima, in ogni Per l’appressar dell’umido equinozio B
terzina, il primo e il Che offusca l’oro delle piagge salse. A
terzo verso, mentre il
(G. D’Annunzio, La sabbia del tempo)
secondo verso è
in rima con il
secondo della terzina
seguente.
Quartina Quattro versi ende- I cipressi che a Bólgheri alti e schietti A
casillabi (o settenari) Van da San Guido in duplice filar, B
a rima alternata o
Quasi in corsa giganti giovinetti A
incrociata.
Mi balzarono incontro e mi guardâr. B
(G. Carducci, Davanti a San Guido)

Sestina Sei versi settenari (o Io de’ miei colli ameni A


endecasillabi) Nel bel clima innocente B
di cui i primi quattro
Passerò i dì sereni A
a rima alternata e
gli ultimi due a rima Tra la beata gente, B
baciata. Che di fatiche onusta C
È vegeta e robusta. C
(G. Parini, La salubrità dell’aria)

Ottava Otto versi endeca- Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, A


sillabi, i primi sei le cortesie, l’audaci imprese io canto, B
a rima alternata e
che furo al tempo che passaro i Mori A
gli altri due a rima
baciata. d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B
(L’ottava diventa la seguendo l’ire e i giovenil furori A
strofa caratteristica d’Agramante lor re, che si diè vanto B
del poema cavalle- di vendicar la morte di Troiano C
resco) sopra re Carlo imperator romano. C
(L. Ariosto, Orlando furioso)

27
PERCORSO
A POESIA: I METODI

I COMPONIMENTI METRICI. Più strofe dello stesso tipo o di tipo diverso raggrup-
pate insieme danno vita a un componimento metrico. Tra i tipi di componi-
mento della poesia lirica tradizionale sono da ricordare il sonetto e la canzone.
Meno utilizzati, nella tradizione lirica italiana, sono l’ode, il madrigale e la bal-
lata.
• Il sonetto. È la forma metrica più diffusa nella lirica italiana, perché la sua
brevità lo rende particolarmente duttile e consente di trattare qualsiasi argo-
mento, da quello amoroso a quello politico. La sua invenzione viene attribui-
ta a Giacomo da Lentini (► p. 590), probabilmente da una rielaborazione della
cobla esparsa, la strofa singola di canzone utilizzata nella poesia provenzale:
quattordici endecasillabi, suddivisi in due quartine e due terzine. Un esempio
classico di sonetto è la poesia di Dante Alighieri Tanto gentile e tanto onesta pa-
re, il cui schema di rime è ABBA - ABBA | CDE - EDC:


Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,


benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,


che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova


un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
(D. Alighieri, Rime, in Opere, Mondadori, Milano, 2011)

▸ Dante Gabriel
Rossetti, Il sogno di
Dante all’epoca della
morte di Beatrice,
1871. Liverpool,
National Museums,
Walker Art Gallery.

28
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

Le quartine presentano diverse combinazioni di rime. Oltre alla rima incrociata,


come nel caso di Tanto gentile e tanto onesta pare, possono essere a rima alterna-
ta ABAB/ABAB, come in questo testo di Cecco Angiolieri (1260-1312):


La mia malinconia è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli sapesse B
un che mi fosse nemico mortale, A
che di me di pietade non piangesse. B
(C. Angiolieri, in Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960)

Nelle terzine la forma originaria prevedeva rime alternate CDC/DCD, come in


questi versi di Compiuta Donzella (XIII sec.):

Ca lo mio padre m’ha messa ’n errore C


E tenemi sovente in forte doglia; D
donar mi vole a mia forza segnore, C

ed io di ciò non ho disio né voglia, D


e ’n gran tormento vivo a tutte l’ore; C
però non mi rallegra fior né foglia. D
(Compiuta Donzella, in Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960)

ma si trovano altre forme: c’è lo schema CDE/EDC, seguito da Dante in Tanto


gentile e tanto onesta pare, ma anche la rima ripetuta CDE/CDE, che Francesco
Petrarca usa nelle terzine finali del sonetto Solo e pensoso:

sì ch’io mi credo omai che monti e piagge C


e fiumi e selve sappian di che tempre D
sia la mia vita, ch’è celata altrui. E

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge C


cercar non so ch’Amor non venga sempre D
ragionando con meco, et io co’llui. E
(F. Petrarca, Rime e Trionfi, a cura di F. Neri, UTET, Torino, 1968)

• La canzone. Inventata dai poeti provenzali (► p. 540), la canzone fu giudica-


ta da Dante Alighieri il canto per eccellenza e la forma di poesia più illustre.
Con Francesco Petrarca raggiunse la struttura esemplare: cinque strofe (dette
stanze) in endecasillabi e settenari, seguite da una chiusura o commiato che
può essere più breve. Ciascuna stanza è così suddivisa:

– fronte, divisa in primo piede e secondo piede;


– sìrima (o sirma), indivisa o divisa in prima volta e seconda volta;
– chiave, che collega la fronte alla sirima, in rima con l’ultimo verso della fronte.

Ecco un esempio: è la prima stanza della canzone Di pensier in pensier, tratta dal
Canzoniere di Francesco Petrarca:

29
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Testo Rime Suddivisione

]
}
Di pensier in pensier, di monte in monte A
mi guida Amor, ch’ogni segnato calle B I piede
provo contrario a la tranquilla vita. C
Fronte

}
Se ’n solitaria piaggia, rivo, o fonte, A
se ’nfra duo poggi siede ombrosa valle, B II piede
ivi s’acqueta l’alma sbigottita; C

e come Amor l’envita, C → Chiave

}
]
or ride, or piange, or teme, or s’assecura; D
e ’l volto che lei segue ov’ella il mena E I volta
si turba et rasserena, E Sìrima
(o sirma)

}
et in un esser picciol tempo dura; D
onde a la vista huom di tal vita experto F II volta
diria: Questo arde, et di suo stato è incerto. F
(F. Petrarca, Rime e Trionfi, a cura di F. Neri, UTET, Torino, 1968)

• La canzone libera. Nel corso dei secoli la struttura della canzone petrarche-
sca venne più volte modificata. Ai poeti dell’Ottocento apparve condizionante
per il gioco di versi raffinato ma rigido e per la divisione delle strofe in se-
zioni minori, con rime preordinate. Giacomo Leopardi adottò la canzone, di
cui apprezzava l’ampiezza, modificandone l’organizzazione interna e creando
la canzone “libera”, in cui la lunghezza delle strofe è liberamente variata e al
loro interno non c’è uno schema fisso di rime. Un esempio tipico di canzone
libera è A Silvia (► p. 45), composta di sei strofe di endecasillabi e settenari.
Attenuatasi la rigidità delle forme, la canzone diede vita, a fine Ottocento e nel
Novecento, alla produzione di componimenti a strofa libera.

Che cosa so

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. V F


a. La strofa è un particolare tipo di verso.
b. La fronte fa parte del testo della canzone.
c. La rima baciata si ha fra due versi consecutivi.
d. La consonanza e l’assonanza sono la stessa cosa.
e. Nella canzone libera rimane fisso il numero dei versi.
f. Il sonetto è un testo poetico costituito da quattro strofe.
g. La rimalmezzo cade all’interno del verso.
h. I versi sciolti non rispettano un prestabilito schema di rime.
i. La rima interna cade dove c’è la cesura.
j. Le strofe prendono nome dal numero di parole che le compongono.
k. La sestina è una strofa composta da sei settenari oppure endecasillabi.
l. La rima ipermetra si ha quando due parole sdrucciole rimano fra di loro.

30
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

IL METRO, LE RIME E IL RITMO Testo d’esempio


Alcyone
La pioggia nel pineto (1903)
Gabriele D’Annunzio ▸ Lirica

La lirica coglie un momento suggestivo dell’estate, ed è un esempio tra i più


celebri della capacità dannunziana di trasformare la parola in musica. Gabriele D’Annunzio (1863-1938;
► L’autore, p. 191) è il maggio-
Il poeta e la donna amata si trovano in una pineta della Versilia sotto la pioggia
re esponente del Decadentismo
estiva e, vagando senza meta, si immedesimano nella natura e nelle sue voci.
italiano ed europeo, un movimento
Nella lirica si intrecciano i temi della metamorfosi (cioè della trasformazione di letterario, ma anche un gusto,
un essere in un’altra creatura), dell’amore, della funzione musicale ed evocatrice diffuso a fine Ottocento, caratte-
della parola poetica. Il linguaggio poetico traduce in parola i suoni della natura rizzato da un raffinato estetismo.
e la parola è lo strumento che conduce alla realtà.

Taci. Su le soglie Taci


del bosco non odo La prima parola converge immediata-
mente l’attenzione del lettore sull’in-
parole che dici terlocutore che è Ermione, nominata
umane; ma odo solo al verso 32. Viene introdotto poi
5 parole più nuove l’ambiente, il bosco, con il suo nuovo
linguaggio.
che parlano gocciole e foglie
lontane. lontane
Ascolta. Piove Il componimento presenta versi di lun-
ghezza varia e, talora, una sola parola
dalle nuvole sparse. costituisce un verso, come per esempio
10 Piove su le tamerici lontane (v. 7).
salmastre ed arse,
piove su i pini
Ai versi 1, 8, 33, 40, 65 la cesura spezza
scagliosi ed irti, il verso evidenziando i due emistichi e
piove su i mirti il loro significato: nel primo emerge la
richiesta di attenzione, nel secondo si
15 divini, introduce la situazione che si presenterà
su le ginestre fulgenti nei versi successivi.
di fiori accolti,
accolti...folti...vólti
su i ginepri folti
Emergono rime, per esempio ai versi 17-
di coccole aulenti, 18, 20, ma senza uno schema preciso.
20 piove su i nostri vólti
silvani, piove...o Ermione
I versi compresi tra il verso 20 e il verso
32 costituiscono un ritornello che circo-
1. Taci: il poeta si rivolge alla donna amata alla sempreverdi che crescono vicino al mare e per
larmente chiuderà il componimento.
quale attribuisce il nome di Ermione, simbolo questo sono salmastri e riarsi dal sole.
di bellezza in quanto evoca la mitica figlia di 13. scagliosi ed irti: scagliosa è la corteccia del
Elena e Menelao. tronco, irte le foglie aghiformi del pino.
3-4. che dici umane: pronunciate da esseri 15. divini: perché sacri a Venere.
umani. 16-17. fulgenti di fiori accolti: il colore della
5. più nuove: inusuali. ginestra è giallo; questi fiori raccolti in grappoli
6-7. che parlano...lontane: sussurrate da rifulgono in tutto il loro splendore nel pieno
gocciole e foglie lontane, avvertite dalle soglie rigoglio dell’estate.
del bosco. 18-19. su i ginepri...aulenti: sui ginepri fitti
8. Piove...: il poeta ripete il verbo piove nei di bacche profumate. Il ginepro selvatico ha
versi 10, 12, 14, 20, 22. Egli considera la pioggia un odore forte e aspro e i suoi frutti hanno la
una manifestazione della natura, che avvolge forma di piccole bacche violacee.
tutto nella sua vitalità. 21. silvani: il poeta ed Ermione stanno diven-
9. nuvole sparse: la pioggia è sottile. tando creature silvestri, dello stesso colore e
10-11. tamerici salmastre ed arse: arbusti della stessa sostanza del bosco.

31
PERCORSO
A POESIA: I METODI

piove su le nostre mani


ignude,
su i nostri vestimenti
25 leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
30 che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade Odi? La pioggia cade


L’attenzione si sposta sugli effetti fonici su la solitaria
provocati dal rumore della pioggia.
35 verdura
con un crepitìo che dura
solitaria...varia...aria e varia nell’aria
Solitaria rima con aria, ma è anche in secondo le fronde
rima interna con varia.
più rade, men rade.
40 Ascolta. Risponde
il canto delle cicale al pianto il canto
Si introduce il mondo animale.
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
45 né il ciel cinerino.
E il pino...dita E il pino
Si descrive l’armonia della natura che ha un suono, e il mirto
come un’orchestra produce sotto la
pioggia rumori diversamente suggestivi. altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
50 diversi
sotto innumerevoli dita.
immersi...dÕarborea vita viventi E immersi
Si definisce la condizione dei due inna- noi siam nello spirto
morati che si sentono un tutt’uno con
la natura circostante al punto da subire
silvestre,
una sorta di metamorfosi (d’arborea vita 55 d’arborea vita viventi;
viventi).

22-25. piove...leggieri: il contatto diretto con 36-39. con un crepitìo...men rade: il crepitìo
la pioggia (le mani ignude, i vestimenti leggieri) della pioggia varia a seconda che le foglie siano
accomunano sempre più il poeta ed Ermione più o meno folte.
alle piante, fino a farli sentire della stessa 43. pianto australe: pioggia recata dal vento
sostanza arborea. caldo-umido di Austro, che spira da Sud.
28. novella: rinnovata dall’amore come la 45. né il ciel cinerino: le cicale continuano a
selva dalla pioggia. frinire senza lasciarsi impaurire dalla pioggia e
29. su la favola bella: sui sogni e sulle illusioni dal cielo grigio.
di cui è intessuta la vita. 46-51. E il pino...dita: il poeta è teso a cogliere
32. Ermione: Ermione può essere identificata le sfumature più diverse, i vari timbri dei suoni
con Eleonora Duse, grande attrice dell’epoca, che le gocce di pioggia producono sulle foglie di
o con Alessandra di Rudinì, un’altra donna ogni albero; innumerevoli dita: innumerevoli
amata dal poeta. sono le gocce della pioggia.
34-35. su la solitaria verdura: sugli alberi 52-55. E immersi...viventi: la compenetrazio-
della selva. Il pineto è lontano da luoghi abitati ne con la vita della selva è ormai totale e dà un
e l’aggettivo solitaria sottolinea il senso di senso di ebbrezza.
silenzio e di solitudine del luogo.

32
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

e il tuo vólto ebro


è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
60 auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

65 Ascolta, ascolta. L’accordo Ascolta, ascolta


delle aeree cicale Dopo la metamorfosi si torna alla richie-
sta di ascolto e l’attenzione si sposta sul
a poco a poco mondo animale.
più sordo
si fa sotto il pianto
70 che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
75 Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
80 Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
85 il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
90 è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,

▴ Henri Jules Ferdinand Bellery-


56. ebro: inebriato. nata, che contribuisce a rendere più musicale Defonaines, LÕEnigma, 1898. Tratto
59-61. e le tue chiome...ginestre: le chiome, questo suono. da “L'Estampe Moderne”, pubblicato
quasi disciolte nella sostanza silvestre, emana- 76. s’allenta: si va diradando. È il canto delle a Parigi nel 1897-1899. Collezione
no il profumo delle ginestre. aeree cicale che già si era fatto più sordo. privata.
66. aeree cicale: la cicala è figlia dell’aria (v. 80. Non s’ode voce del mare: il ritmo lento e
89). piano del verso rende la sensazione di calma e
68-70. più sordo...che cresce: si attutisce, si va di silenzio.
spegnendo sotto la pioggia più fitta. 84. che monda: che purifica, che pulisce.
71. un canto vi si mesce: il gracidare delle rane 89. La figlia dell’aria: la cicala.
vi si mescola. 91. limo: fango.
73. di laggiù: da una lontananza indetermi-

33
PERCORSO
A POESIA: I METODI

chi sa dove, chi sa dove!


95 E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente, par da scorza 100 ma quasi fatta virente,
tu esca par da scorza tu esca.
Torna il tema della metamorfosi.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pèsca
105 intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
110 E andiam di fratta in fratta,
or congiunti, or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi) ▴ Sir Edward Coley Burne-Jones,
The Tree of Forgiveness, 1881-1882.
115 chi sa dove, chi sa dove! Liverpool, National Museums, Lady
E piove...o Ermione. E piove su i nostri vólti Lever Art Gallery.
Il ritornello chiude in modo circolare il
silvani,
componimento. Dal punto di vista con-
notativo questa scelta sta a indicare che piove su le nostre mani
il tema dell’amore inteso come favola ignude,
bella è motivo che ricorre ciclicamente
120 su i nostri vestimenti
nella vita.
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
125 su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
(G. D’Annunzio, Alcyone, Mondadori, Milano, 1995)

99. ma di piacere: il volto ebro di pioggia pare rami tenaci e aggrovigliati ci stringono le
inondarsi di un pianto di gioia sensuale. caviglie (i malleoli), ostacolando il movimento
100. virente: verdeggiante. Ermione sembra delle ginocchia.
aver assunto l’aspetto di una pianta. 115. chi sa dove...dove!: di cespuglio in cespu-
101. par da scorza tu esca: come una mitica glio, i due si addentrano ormai nella selva senza
creatura dei boschi, una ninfa. meta, completamente immersi nello spirito
105. intatta: non colta; anche il cuore nella silvestre.
selva vive di una nuova vita. 116-128. E piove...o Ermione: va notata la
106-109. tra le pàlpebre...mandorle acerbe: corrispondenza con la prima strofa, dove alla
tutte queste espressioni rendono il senso di im- formulazione che ieri / m’illuse, che oggi t’illude,
medesimazione delle due creature umane nella corrisponde che ieri / t’illuse, che oggi m’illude.
vita della selva; polle: sorgenti, vene d’acqua. È l’unica differenza tra i versi iniziali e questa
110. di fratta in fratta: di cespuglio in cespuglio. ripresa, che ha valore di pura ripetizione musi-
111. or congiunti, or disciolti: ora per mano, cale, di refrain malinconico che fa coincidere in
ora separati. un unico destino l’io e il tu della lirica.
112-114. il verde vigor rude...i ginocchi: i verdi

34
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

Che cosa so fare


COMPRENDERE
1. Il tema.
Qual è, secondo te, il tema centrale della lirica (la donna, l’amore, la fusione dell’uomo con la
natura…)? Motiva la tua risposta.
2. Ermione.
La figura femminile che appare nel testo è appena accennata.
• Con quali immagini ci viene presentata?
• Quali dati fisici di lei conosciamo?

ANALIZZARE
3. Il componimento.
• Quanti versi compaiono nel componimento?
• Quali tipi di versi?
4. La forma metrica.
Perché viene definita canzone libera?

5. Rime, assonanze, consonanze ➔.


La parola è usata più per la sua musicalità che per il suo significato e il testo realizza costanti
accordi e rimandi fonici anche attraverso rime; individua esempi corrispondenti a
• rime interne (sofferma la tua attenzione sui vv. 4/7; 40/45; 51/55)
• assonanze (sofferma la tua attenzione sui vv. 5; 31)
• consonanze (sofferma la tua attenzione sul v. 38)
6. Le sensazioni uditive.
Le sensazioni uditive sono prevalenti nel testo. Indica quali suoni vengono prodotti dalla pioggia
e quali termini riferiti ad animali rimandano a sensazioni uditive.
7. Il registro.
Il testo presenta un registro stilistico
a. popolare.
b. aulico.
c. medio.
d. colloquiale.
8. Il ritmo.
Come definiresti il ritmo della lirica?

PRODURRE
9. Risposta breve | L’unione con la natura.
Nella lirica La pioggia nel pineto la pioggia e il luogo sono elementi attraverso i quali l’io lirico
trova un’unione istintiva con la natura. Per quale motivo? Rispondi in 5 righe.
10. Laboratorio di scrittura creativa | Laboratorio esperienziale.
In una giornata piovosa recati in un giardino, chiudi gli occhi e ascolta i rumori, senti i profumi,
poi apri gli occhi e osserva gli elementi naturali e i loro colori. Annota liberamente le tue sen-
sazioni, quindi, una volta rientrato a casa, in silenzio, trascrivile dando loro la forma di versi e
cercando di riprodurre attraverso rime, assonanze e consonanze i rumori che hai potuto sentire
durante l’esperienza.

35
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Salvatore Quasimodo
da Ed è subito sera
(1942)
▸ Lirica
Specchio
Metro ▸ versi liberi, La poesia di Salvatore Quasimodo (1901-1968, ► p. 249) delinea il risveglio della
di senari e novenari natura a primavera, anche dove la vita sembrava ormai finita.

Ed ecco sul tronco 2. si rompono: si aprono


con forza sotto l’incalzare
si rompono gemme: irresistibile della primavera.
un verde più nuovo dell’erba 3-4. più nuovo dell’erba…
che il cuore riposa: riposa: il verde delle gemme
appare più brillante di
5 il tronco pareva già morto, quello dell’erba che suscita
piegato sul botro. calma e serenità nel cuore.
6. botro: fossato scosceso in
cui scorre un piccolo corso
E tutto mi sa di miracolo; d’acqua.
e sono quell’acqua di nube 8. acqua di nube: acqua
piovana che si è raccolta
che oggi rispecchia nei fossi nei fossi.
10 più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
(S. Quasimodo, Poesie e Discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano, 1971)

▸ Ennio Morlotti, L’Adda


a Imbersago, 1955.
Collezione privata.

36
UNITÀ A1 ▪ LA STRUTTURA DEL TESTO POETICO

Analisi del testo

Il contenuto del testo


Un vecchio albero pareva già secco, ma il vigore della nuova stagione lo ridesta e le gemme
con forza sembrano fendere la corteccia sotto la pressione di un inaspettato e miracoloso
vigore (quel verde che spacca la scorza, v. 11). Tutta la natura si riveste di nuovi colori, il verde
dell’erba tenera, appena nata tra le dure zolle della terra, e il cielo che si ripecchia nell’ac-
qua dei fossati con nuova luce.

LÕio lirico
L’io lirico contempla con emozione quello spettacolo e sembra trovare in sé nuova linfa
vitale: una rinascita interiore lo rende puro come la limpida acqua piovana che riflette
il cielo. L’albero è simbolo del poeta stesso: entrambi, come ogni creatura che popola la
terra, si avviano verso la morte, che già si annuncia nel vecchio tronco della pianta, ma la
speranza ciclicamente ritorna con la primavera per tutti gli esseri viventi.

Che cosa so fare


COMPRENDERE
1. Il rapporto fra il poeta e la natura.
La lirica delinea una profonda consonanza fra la natura e l’animo del poeta: quale rapporto si
crea?
2. La purezza.
Nella seconda strofa l’ “io” si sofferma sulla sensazione di nuova purezza che egli avverte come
il manifestarsi di un miracolo. Quali immagini della natura sono collegate a tale percezione?
Quali colori?
3. Il titolo.
A che cosa si riferisce la parola specchio? Motiva la scelta del titolo di questa lirica.

ANALIZZARE
4. Vita e morte.
Il tronco d’albero offre immagini antitetiche di vita e morte: riporta nella tabella i versi che ap-
partengono ai due significati.

Immagini di vita Immagini di morte

5. I versi e il ritmo.
La lirica è composta di senari e novenari. Utilizzando la tabella di p. 38, svolgi le attività che
seguono:
• dividi in sillabe i versi e segna quelle su cui cadono gli accenti ritmici come indicato a p. 18;
• indica se sono state inserite figure di fusione (sinalefe, sineresi, unione della sillaba apostrofata
con la successiva) o di scissione (dialefe, dieresi) inserendo una X nella casella corrispondente;
• al termine sottolinea l’unico verso sdrucciolo della poesia.

37
PERCORSO
A POESIA: I METODI

Nome del verso Figure di fusione Figure di scissione


Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.

Ora esponi alcune considerazioni sul ritmo.


• Gli accenti sono ricorrenti nelle stesse posizioni, cioè cadono sulle stesse sillabe (prima,
seconda, terza) in ogni verso oppure hanno una disposizione sempre diversa?
• Vi sono enjambement oppure vi è una sostanziale coincidenza fra struttura sintattica e versi?
• Il ritmo appare, quindi, cadenzato oppure vario e mutevole?
6. Le cesure ➔.
Indica nei versi 10 e 11 il punto in cui si inserisce la cesura: quali parole vengono messe in
risalto dalla breve pausa? Quali sensazioni suscitano nel lettore?

PRODURRE
7. Esporre | Presentare la lirica.
Spiega ai tuoi compagni e all’insegnante il significato della lirica, soffermandoti sulla relazione
fra la natura e il poeta. Delinea poi la struttura: il tipo di versi e il ritmo determinato dalla disposi-
zione degli ictus. Concludi esprimendo impressioni personali sul rapporto fra significato e signi-
ficante: le immagini create dal poeta comunicano in modo suggestivo il messaggio dell’autore?
8. Trovare l’errore.
I seguenti versi sono stati ottenuti modificando una lirica di Guido Gozzano: alcuni endecasillabi
dell’originale sono stati alterati. Individua i versi metricamente “sbagliati”. Potrai poi verificare
la tua correzione con il testo originale fornito dall’insegnante.

I Colloqui Ð III
L’immagine di me stesso voglio che sia
sempre ventenne, come in un ritratto.
Cari amici miei, non mi vedrete in via,
curvo dagli anni, tremulo e disfatto.
5 Col mio silenzio sarò l’amico 6. mentecatto: pazzo.
che vi fu caro, un poco mentecatto; 9. Arturo e Federico: si
tratta di due filosofi tede-
il bimbo tenero e antico schi, Arthur Schopenhau-
che sospirava al raggio delle stelle, er (1788-1860) e Friedrich
Nietzsche (1844-1900). I
che meditava Arturo e Federico,
loro scritti sono definiti
10 ma lasciava spesso la pagina ribelle ribelli poiché non in linea
per seppelir le rondini insepolte, con la morale comune dei
benpensanti.
per dare un filo d’erba alle zampine delle 13. cetonie: insetti dal
disperate cetonie capovolte. colore verde dorato.

38