Pisistrato
Pisistrato
Pisistrato
Biografia
Pisistrato il polemarco
In veste di polemarco, il giovane Pisistrato acquistò fama vincendo i megaresi contro i quali Atene era in
guerra, sottraendogli così definitivamente l'isola di Salamina e il porto saronico di Nisea. Questi successi
militari gli valsero un prestigio e un credito tali da renderlo un attore di primo piano della politica
dell'epoca.[2] Inizialmente, ottenne anche il sostegno del popolo, che poi, però, si trasformò in timore.
La polis era allora divisa tra la fazione legata alla zona costiera (i cosiddetti paralii, dal greco paralia,
costa), capeggiati dall'alcmeonide Megacle, e la fazione legata all'entroterra (i cosiddetti pediaci, dal greco
pedion, pianura), capeggiati da Licurgo di Atene. Pisistrato, forte dei crediti guadagnati, inutilmente
ostacolato da Solone, si inserì efficacemente nella lotta politica mettendosi a capo della popolazione della
zona montuosa (i cosiddetti diacrii, dal greco ákra, montagna).[3]
Per ottenere l'appoggio popolare, Pisistrato ricorse a uno stratagemma: si procurò delle ferite per mostrarle
in pubblico quale prova di un'aggressione subita da parte dei propri rivali. Il popolo decretò per lui
l'istituzione di una guardia del corpo di 300 mercenari con la quale Pisistrato occupò l'Acropoli, senza
resistenza da parte degli opliti, nel 561/560 a.C., ottenendo il potere assoluto.[4] La presa del potere provocò
una compattazione del fronte dell'opposizione: un'alleanza tra Licurgo e Megacle sortì l'effetto di
costringerlo all'esilio.[5]
Il rientro ad Atene
Pisistrato, in seguito, si alleò con Megacle e, approfittando del clima propizio, riuscì a ritornare ad Atene,
facendosi precedere da una nuova simulazione: fece vestire una fanciulla di altissima statura (del demo di
Peania o, secondo altri, una donna della Tracia di nome Fia) con gli abiti tradizionali della dea Atena per
sfilare in processione per la città su un carro, a diffondere la voce che la dea stessa consigliava agli Ateniesi
di richiamarlo in città. Con questo spregiudicato accordo con Megacle, Pisistrato scacciò Licurgo e, dopo
aver sposato la figlia del suo alleato, fu da questi appoggiato quale tiranno di Atene.[4]
Pisistrato aveva già una prole legittima dal primo matrimonio (oltre che una illegittima da una concubina
Argiva) e non sembrava volerne dalla nuova moglie perché, stando a Erodoto, non voleva figli dalla stirpe
sacrilega degli Alcmeonidi.[6] Quando Megacle si spazientì delle sue inadempienze coniugali, che
vanificavano i suoi disegni, ruppe l'alleanza e lo scacciò da Atene (556 a.C.).[4] In questo frangente,
entrambi gli attori politici avrebbero mostrato quindi di avere in mente un progetto politico di
consolidamento del potere (o di ottenimento, nel caso di Megacle) da perseguire per via dinastica.
Nuovamente esiliato, il tiranno strinse amicizia con molti potentati greci e nel 545 a.C. sbarcò a Maratona
(regione a lui fedele) con un esercito fornito da Eretria, Tebe e Nasso con altri mercenari che pagava con
l'argento delle sue miniere in Tracia. Con un forte esercito sconfisse gli opliti ateniesi nei pressi del tempio
di Atena Pallenide: con questo atto di forza riprese il potere sulla città.[4]
Adottò una riforma territoriale a scopi fiscali e militari, che suddivideva il territorio ateniese in 48
naucrarie, 12 per ciascuna delle 4 tribù gentilizie, le quali tra l'altro dovevano fornire i mezzi necessari alla
costruzione e al mantenimento di una nave allo stato, tramite ad una tassazione del 5% delle entrate
dell'associazione.[7] Sotto il suo ultimo periodo di tirannide iniziò la prima coniazione di monete ad Atene,
che erano in argento.[8]
All'estero fu promotore di una politica espansionistica, affermando il dominio di Atene sulle isole dell'Egeo
e sull'Ellesponto, mentre all'interno della penisola greca coltivò buone relazioni coi Tessali e Corinto, senza
incrinare quelle con gli Argivi e i Beoti.[9]
A lui sono attribuite diverse riforme e miglioramenti: incentivò infatti la piccola proprietà terriera a
discapito dei latifondi, incrementò il commercio, favorendo così la crescita della classe mercantile, e favorì i
ceti meno abbienti con l'esecuzione di un vasto piano di opere pubbliche, come la costruzione del tempio di
Atena nell'acropoli.[9] Inoltre, il suo governo segnò una tappa notevole nella storia edilizia della città e nello
sviluppo dell'arte greca. Infatti è da ricordare la trascrizione su papiro dell'Iliade e dell'Odissea, per cui
probabilmente è grazie al tiranno ateniese che i due poemi sono giunti fino a noi. Inoltre vennero istituite
nuove feste religiose: le Dionisie, in onore del dio Dioniso, e le Panatenee.
La successione tirannica
Pisistrato morì nel 528/527 a.C. trasmettendo il potere al figlio Ippia accompagnato dal fratello Ipparco.[9] Si
inaugurava una dinastia tirannica che avrebbe segnato una nuova fase politica cui sarebbe toccato il ruolo di
incubatrice per i fermenti che portarono poi alla svolta democratica.[10]
Controversie storiche
Secondo questa ricostruzione, la tirannide di Pisistrato sarebbe passata attraverso tre tentativi, solo l'ultimo
dei quali coronato dal successo. Alcuni studiosi moderni, anche a causa di qualche incongruenza
cronologica, ritengono tuttavia che il racconto che Erodoto fa della ragazza nelle vesti di Atena, sia in realtà
un doppione dell'unico rientro ad Atene e perciò tendono a riconoscere un'unica espulsione di Pisistrato.
Note
1. ^ Interpretando Aristotele, è possibile che Pisistrato sia stato semplicemente allontanato dal
potere invece che esiliato.
2. ^ Pastorio, pp. 54-55.
3. Pastorio, p. 54.
4. Pastorio, p. 55.
5. ^ Secondo alcuni storici l'esilio fu solo uno, dopo che Pisistrato offese Megacle non
consumando il matrimonio con sua figlia.
6. ^ Bisogna ricordare infatti che gli Alcmeonidi si macchiarono di sacrilegio quando Megacle I
(quello che si allea con Pisistrato è Megacle II) uccise Cilone, che aveva tentato di instaurare
una tirannide nel 636 o 632 a.C., nonostante questi si fosse ritirato nel tempio di Atena.
Senz'altro, però, così facendo Pisistrato neutralizza le eventuali mire dinastiche di Megacle,
salvaguardando le sue.
7. ^ Fedriani, p. 69.
8. ^ Pastorio, pp. 55-56.
9. Pastorio, p. 56.
10. ^ Pastorio, pp. 56-57.
Bibliografia
Fonti secondarie
Elena Pastorio, Storia Greca, lineamenti essenziali, Monduzzi editore, Parma, 2006, ISBN
978-88-323-6028-8
Monica Berti, Fra tirannide e democrazia: Ipparco figlio di Carmo e il destino dei Pisistratidi ad
Atene, Alessandria (Edizioni Dell'Orso) 2004
Andrea Frediani, Le grandi battaglie dell'Antica Grecia, Newton & Compton Editori, 2005,
ISBN 88-541-0377-2.
Voci correlate
Orfeo di Crotone
Altri progetti
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