Dispensa Di Armonia Franceschi 1 - 15
Dispensa Di Armonia Franceschi 1 - 15
Dispensa Di Armonia Franceschi 1 - 15
da Palestrina di Cagliari
I. Definizioni generali
Esempio 1.1
Intervallo melodico = Distanza tra due note in successione,
può essere ascendente e discendente
Esempio 1.2
Intervallo armonico = Distanza tra due note sovrapposte
Si usa anche: Tono e mezzo = 1 tono 1 semitono cromatico, es. do-re# . Si usa spesso tra VI
e VII (sensibile) grado della scala minore armonica
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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell'Armonia
1.Intervalli
IV. Ampiezza
• L’ampiezza dipende dal numero di note con nome diverso contenute nell’intervallo, compresi
gli estremi. Es. do – la contiene 6 nomi di note: do, re, mi, fa, sol, la , è quindi un intervallo di
sesta.
A volte si usa solo l’ampiezza, senza la specie; si
Esempio 1.3
tratta di un attributo generico che tuttavia non
definisce nel dettaglio il valore di un intervallo.
In questo caso non contano le alterazioni delle
note.
Gli intervalli qui a fianco sono tutti di quinta.
• Con intervalli superiori all’ottava, ovvero gli intervalli composti, si calcola normalmente solo
l’intervallo semplice, sottraendo le Esempio 1.5
ottave aggiuntive. Tuttavia gli intervalli
composti che vanno dalla nona alla
tredicesima a volte vengono conteggiati
per intero.
N.B. la scrittura per esteso di un intervallo armonico (es. do-fa) suppone che la prima nota
(do) sia quella inferiore
N.B. Data l’identità dei 2 suoni il rapporto tra unisono è ottava, è considerato rivolto solo
nella teoria ma non nella pratica
Nello studio dell’armonia gli intervalli vengono spesso accomunati a coppie di rivolti poiché tra
e e
di loro hanno caratteristiche comuni : 2 – 7 3e – 6e 4e – 5e
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1.Intervalli
V. Specie -
La specie è un attributo che definisce accuratamente l’ ampiezza dell’intervallo.
Con la specie gli intervalli possono diventare:
consonanze melodiche perfette: intervalli giusti con 4e e 5e (8e)
consonanze melodiche imperfette: intervalli minori o maggiori con 3e,6e,2e,7e
dissonanze : intervalli eccedenti,diminuiti con tutti gli intervalli
Esempio 1.6
Si noti che: 4e e 5e hanno tre possibilità di specie, 2e,3e,6e e 7e ne hanno invece quattro.
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1.Intervalli
Intervalli consonanti:
Un buon pro-memoria per definire la misura esatta degli intervalli è dato dalla tonica di una
scala maggiore combinata con gli altri gradi della sua scala. Una scala che sale dalla tonica
forma infatti solo intervalli
Esempio 1.7 maggiori e giusti, mentre una scala
che scende dalla tonica forma solo
intervalli minori e giusti.
VII. Rivolti:
Passando da un intervallo ad un rivolto la specie si inverte, tranne che per gli intervalli giusti,
quindi:
Il rivolto di intervallo MAGGIORE è MINORE
Il rivolto di intervallo MINORE è MAGGIORE
Il rivolto di intervallo GIUSTO è (resta) GIUSTO
Il rivolto di intervallo ECCEDENTE è DIMINUITO
Il rivolto di intervallo DIMINUITO è ECCEDENTE
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1.Intervalli
Non si definiscono con la specie, lasciando sottinteso che siano intervalli giusti.
Con note differenti si usa il termine: semitono cromatico Es. Do-do#
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1.Intervalli
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2. Suoni e scale
I. Suoni armonici
Un corpo elastico o una colonna d’aria opportunamente sollecitati producono delle vibrazioni
regolari che si comunicano ai corpi solidi contigui e si propagano nell’aria circostante.
Una vibrazione a frequenza costante dell’aria costituisce un suono, o, in termini strettamente
musicali, una nota. Tali vibrazioni, che si comunicano a noi sollecitando la membrana dei nostri
timpani, sono regolari poiché mantengono un numero costante di vibrazioni nel tempo
(frequenza). La frequenza si misura in Hertz: numero di vibrazioni al secondo. Il la del
moderno diapason ha normalmente la frequenza di 440 Hz.
Ogni suono è dunque
misurabile dal punto di Esempio 2.1
vista fisico con la sua
frequenza.
Attenzione però: un
suono prodotto da uno
strumento acustico,
produce una frequenza
principale, ma anche una
lunga serie di suoni di frequenza maggiore: i suoni armonici, legati da un preciso rapporto
matematico con il suono principale, detto suono generatore.
La formazione dei suoni armonici Esempio 2.2
dipende dal particolare movimento di
una corda ( o di una colonna d’aria ecc.)
che, oltre al movimento iniziale a forma
di fuso (suono generatore), tende a
suddividersi in due fusi uguali (armonico
2), poi tre (armonico 3) e così via. La
corda si suddivide in frazioni intere
sempre più piccole. Il diapason invece,
essendo un’asta rigida sorretta nella
parte centrale, cioè non fissata agli
estremi come una corda, non è soggetto
a alla proliferazione delle frequenze, e
quindi non ha suoni armonici, generando
quindi un suono pressoché puro. Suoni
puri si ottengono anche per sintesi
elettronica, evitando cioè le implicazioni
meccaniche di un corpo in vibrazione.
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2. Suoni e scale
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2. Suoni e scale
II. Ottava
Suddivisione primaria e universalmente accettata dello spettro dei suoni. Essa individua una
serie di suoni che, nonostante la diversa altezza, vengono percepiti come equivalenti, tanto da
avere lo stesso nome. Tale suddivisione,
Esempio 2.3 insita nella sequenza di armonici viene
ottenuta empiricamente dividendo x
multipli di 2 la lunghezza di una corda
vibrante (Pitagora). In acustica le
relazioni di ottava si ottengono
moltiplicando o dividendo per multipli di 2
una data frequenza (Hertz).
Esempio 2.5
Le note contenute nell’ottava non
sono distribuite regolarmente,
alternandosi con due tipi diversi di
intervalli: 2 Semitoni e 5 Toni. I
Toni, essendo formati da due
semitoni, consentono di ricavare, in
Esempio 2.6 mezzo ad ognuno di essi, un suono
intermedio, a distanza di semitono,
che non fa parte della scala
diatonica (tasti neri nella scala di do
maggiore).
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2. Suoni e scale
V. Sistema temperato
Le suddivisioni dell’ottava ricavate dai suoni armonici (ad esempio con una progressione di 5e
naturali), non è perfettamente regolare. Avviene cioè che i 5 toni e i 2 semitoni così ricavati
siano tra loro leggermente differenti, impedendo così di poter creare scale simmetricamente
identiche a partire da suoni diversi. Con il sistema temperato l’ottava viene invece suddivisa
in 12 suoni tutti a distanza di semitoni perfettamente identici. E’ un compromesso che non
rispetta pienamente le sonorità naturali (vedi Es. 2.1 differenze in cents tra suoni naturali e
suoni della scala temperata) ma consente al sistema una flessibilità molto maggiore, potendo
utilizzare ognuno dei 12 suoni come punto di riferimento iniziale. Tali punti di riferimento, le
tonalità, possono inoltre comunicare tra di loro.
VI. Scala
Successione ordinata di suoni. E’ un gruppo definito di suoni (generalmente 7, ma non solo)
contenuto in un’ottava. Normalmente costituisce l’alfabeto di note prevalentemente utilizzato
in un dato contesto musicale.
VII. Modo
Ordine con cui si succedono i suoni della scala a partire da un suono predefinito.
Tale ordine definisce il colore ed il carattere di una scala, ed è definito dalla sequenza di toni
e semitoni (T e St) che separano i suoni in successione (gradi congiunti). La musica tonale usa
due modi: maggiore e minore.
VIII. Tonica
Nota che dà nome alla scala. Da essa si parte per stabilire l’ordine del modo.
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2. Suoni e scale
X. Scale simmetriche
Sono scale la cui disposizione regolare degli intervalli non consente di individuare un unico
suono distinto dagli altri come punto di riferimento (tonica). Le scale simmetriche più note
sono:
Esempio 2.8
• Scala Esatonale (a toni interi) T T T T T T
senza St le note sono tutte equidistanti, ciò non
Scala Esatonale 1 permette di distinguere i diversi gradi della
scala. Ogni scala esatonale può dunque avere
Esempio 2.9 come fondamentale ognuno dei suoi 6 suoni,
avendo così gli stessi suoni enarmonici di 6 scale
esatonali. Queste come valori assoluti sono
Scala Esatonale 2 dunque 2 , vedi Es. 2.8 e 2.9 .
Gli Es. 2.8 e 2.10 mostrano invece lo stesso
Esempio 2.10
gruppo di suoni considerato da due diversi punti
di vista.
La mancanza di una tonica ben definita dà a
Scala Esagonale 1 con alterazioni diverse e
questa scala un carattere indefinito,
diversa nota di partenza
destinandola per lo più ad un effetto coloristico,
la cui prima consistente applicazione si è avuta
nell’impressionismo francese.
Esempio 2.11
• Scala Cromatica
St St St St St St St St St St St St
Strutturalmente analoga alla scala
esatonale (suddivisione in intervalli tutti
Scala Cromatica uguali), non ne condivide tuttavia lo stesso
carattere coloristico, essendo utilizzata
prevalentemente come riempitivo di
intervalli melodici (musica tonale).
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2. Suoni e scale
Esempio 2.13
Partendo dal:
I della scala maggiore:
T T St T T T St
modo ionio o maggiore
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2. Suoni e scale
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2. Suoni e scale
• Le alterazioni delle scala armonica e melodica si usano di norma solo quando il VII grado si
porta verso la tonica (direzione ascendente). J.S. Bach usava
Esempio 2.15
tuttavia rapidi movimenti melodici con VI e VII alzati anche
in direzione discendente. In questi casi la scala viene dunque
chiamata “bachiana”.
Scala bachiana
I Tonica
II Sopratonica
III Mediante o Modale
IV Sottodominante
V Dominante
VI Sopradominante
VII Sottotonica (scala minore naturale)
VII Sensibile (scala maggiore, scala minore armonica e melodica)
In questa suddivisione manca il VII grado poiché è un grado mutabile del modo minore.
Il VII/sensibile è sostanzialmente tonale (si usa in maggiore ed in maggiore),
il VII/sottotonica è invece proprio del minore , ma non ha la forte caratterizzazione modale
del III e del VI.
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3. Tonalità
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3. Tonalità
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3. Tonalità
Esempio 3.2
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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci
Esempio 4.2
Esempio 4.3
Polifonia a 2 voci: 2 melodie sovrapposte, diverse Polifonia a 2 voci: melodia + pedale (nota tenuta)
melodicamente ma omoritmiche
Se una melodia è costituita dal succedersi di singole note, una polifonia a 2 voci è costituita
dal succedersi di coppie di note ovvero di intervalli armonici.
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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci
L’andamento di due voci sovrapposte si definisce di volta in volta in base alla direzione delle
due melodie:
Esempio 7.32
Moto contrario: le 2 voci vanno in direzione contraria
Esempio 7.33
Moto obliquo: una voce sta ferma l’altra si muove
Esempio 7.34
Moto retto: le 2 voci vanno nella stessa direzione
Esempio 7.35
Moto retto parallelo: le 2 voci vanno nella stessa direzione
con gli stessi intervalli
Due note suonate simultaneamente formano dunque un agglomerato armonico detto bicordo
(forma incompleta di accordo), che produce effetti fonici differenti a seconda della
distanza tra le due note (intervallo).
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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci
In un contesto polifonico (a 2 o più voci) due singole voci devono evitare movimenti paralleli
per 5e 8e o unisoni. Il parallelismo di 5e, 8e già è contenuto in una semplice melodia per la
presenza dei primi suoni armonici. Ripetere tale movimento con due linee melodiche diverse
porterebbe ad annullare l’indipendenza delle voci a cui si mirava nello stile contrappuntistico
rinascimentale. Stilisticamente coerenti sono invece i movimenti paralleli di 3e e 6e (in parte
anche di 4e). Nello stile strumentale, con un numero di voci più libero, sono usate le 8e
parallele quando hanno funzione di raddoppio, fondendosi in un’unica voce.
Esempio 4.9
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4. Dalla melodia all’armonia - Polifonia a 2 voci
Tra le dissonanze “messe in evidenza” la più tipica è quella dell’intervallo di 2a (o del suo
rivolto: la 7a). L’uso di tale dissonanza si articola normalmente in 3 momenti:
• preparazione: generalmente si ha un intervallo consonante. In esso è presente la nota
inferiore dell’ intervallo di 2a che deve venire.
• dissonanza: la nota inferiore della 2a viene Esempio 4.11
tenuta ferma, mentre l’altra voce si sposta per
formare la dissonanza.
• risoluzione: la nota inferiore della 2a che è
stata tenuta ferma scende di grado e risolve la
dissonanza formando una consonanza con l’altra
voce.
La stessa sequenza può essere riproposta Esempio 4.12
analogamente con l’intervallo di 7a come
dissonanza. In questo caso la voce che prepara e
risolve sarà la voce superiore
Esempio 4.13
Esempio 4.14
Questo modello può riproporsi con innumerevoli varianti ritmiche e fioriture melodiche, ma
nella sostanza è una delle modalità più usata per porre in evidenza una dissonanza creando
una tensione che spinge alla risoluzione.
Vedremo poi come in molti casi (es. con la settima di dominante) la dissonanza diventi così
consueta per l’orecchio da non aver bisogno della preparazione, resta tuttavia immutata
l’esigenza di risoluzione con discesa per grado congiunto.
Usando questa dissonanza con gli accordi di settima per convenzione si parla sempre di
intervallo di 7a.
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5.Accordi per terze
Esempio 5.1
I. Definizione di accordo
Accordo = insieme di almeno 3 note differenti suonate
contemporaneamente
Esempio 5.2
Negli accordi arpeggiati, le note sono in rapida successione
melodica, ma hanno ugualmente valenza di accordo
Occorre dunque abituarsi a ricostruire mentalmente per terze agglomerati di suoni disposti
in ordine sparso, per poterne individuare la fondamentale
Gli accordi si dividono in diverse categorie in base al numero di suoni che li compongono:
3 suoni differenti = Triadi
Esempio 5.7 4 suoni differenti = Settime
5 suoni differenti = None ecc.
Tuttavia gli accordi usati nella musica
tonale sono in assoluta maggioranza
triadi e settime.
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5.Accordi per terze
III. Bicordi
I bicordi (2 suoni contemporanei) non costituiscono in senso stretto un accordo, che invece
deve essere formato da almeno 3 suoni. Tuttavia nella scrittura musicale si trovano molto
spesso bicordi che hanno ugualmente la funzione di accordo, in questo caso il bicordo si
presenta come una triade con un suono sottinteso.
Anche un singolo suono, soprattutto di tonica o di dominante può sottintendere un accordo.
IV. Triadi
Le triadi sono accordi con 3 suoni differenti sovrapposti per terze.
Indipendentemente dalle alterazioni, le combinazioni di nomi di note possibili sono 7:
do-mi-sol re-fa-la mi-sol-si fa-la-do sol-si-re la-do-mi si-re-fa
Queste combinazioni vanno subito memorizzate.
• Le triadi non sono tutte uguali, ma hanno un effetto sonoro diverso in base alla specie
delle loro terze (maggiori o minori) .
Esempio 5.9
In una scala maggiore vi sono
3 Triadi maggiori ( I – IV – V )
3 Triadi minori, ( II – III – VI )
1 Triade diminuita ( VII )
Non vi sono triadi eccedenti, che sono del resto piuttosto rare
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5.Accordi per terze
V. Settime
Le settime sono accordi con 4 suoni differenti sovrapposti per terze.
Indipendentemente dalle alterazioni, le combinazioni di nomi di note possibili sono 7:
do-mi-sol-si re-fa-la-do mi-sol-si-re fa-la-do-mi
sol-si-re-fa la-do-mi-sol si-re-fa-la
Queste combinazioni vanno subito memorizzate.
• La presenza dell’intervallo armonico di 7a o di 2a (in base alla disposizione delle note)
rende tutti questi accordi dissonanti.
• Di norma la settima dell’accordo risolve la dissonanza scendendo di grado (vedi cap. 4 IV).
• Anche la catalogazione delle settime dipende dalla specie delle loro terze (maggiori o
minori).
Nel catalogare le settime si consiglia però di pensare ad una triade di partenza cui si
aggiunge una 7a.
Es. sol-si-re-fa = triade maggiore (sol-si-re) + 7a minore (fa)
Si ricorda che per calcolare rapidamente la specie di una settima si valuta se sia il rivolto di
un tono o di un semitono (vedi 1. Intervalli).
• Diversamente dalle triadi, non tutte le combinazioni possibili vengono comunemente usate.
Le specie di settime usate nell’armonia tonale sono:
Esempio 5.11
Vi possono essere altri accordi di settima derivati da questi di cui si tratterà più avanti
(ad Es. accordi di 6a eccedente).
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Per il nostro studio utilizzeremo la scrittura per coro misto a 4 voci su doppio pentagramma
con chiave di basso e chiave di violino.
N.B. Il seguente capitolo è di ordine essenzialmente pratico, di cui verrà data ragione in altri
capitoli. Queste si limitano a fornire un apprendimento di base della scrittura a 4 voci.
Esempio 6.1
Esempio 6.2
Le 4 voci nella medesima collocazione ritmica vanno incolonnate sulla
stessa linea verticale. Se però nello stesso pentagramma vi sono 2 note
a distanza di seconda, le note vanno disposte affiancate.
Esempio 6.4
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Le voci adiacenti ( S, C – C, T – T, B )
distano più o meno di una 5a
Le voci alte ( S,T) e le voci basse (C,B),
hanno più o meno la stessa estensione a
distanza di ottava
I limiti di registro di ogni voce possono essere eccezionalmente superati di poco, è importante
però che le voci si mantengano mediamente in un registro a loro confortevole
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Esempio 6.7
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Esempio 6.8
Per collegare 2 triadi allo stato fondamentale a 4 voci di cui si
conoscano le fondamentali (es. Do e Sol), si deve:
• Scrivere la prima triade
• Scrivere il basso della seconda triade (la fondamentale)
quindi:
Istruzione 1. Esempio 6.9
Se vi sono 1 o 2 note comuni tra le due triadi, vanno
mantenute alla stessa voce in entrambe gli accordi.
Nell’Es. 6.9 a fianco la nota sol, cantata dal soprano nel
primo accordo, deve essere nuovamente cantata dal
soprano anche nel secondo accordo.
Esempio 6.10
Esempio 6.11
Nell’ Esempio 6.4 non si è seguita la strada
più breve per le ultime 2 voci da completare.
Questa soluzione non è necessariamente
NO
sbagliata, ma è da evitare nei primi esercizi.
Esempio 6.12
N.B. Non è necessario legare tra loro le note comuni. La legatura di valore degli esempi è
tuttavia utile ad evidenziare il di mantenimento alla stessa voce della nota comune.
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Istruzione 2.
Se non vi sono note comuni il basso si muove di grado congiunto (2a) e le tre voci
superiori si muovono in direzione contraria al basso, sempre percorrendo la strada più
breve.
Alcuni esempi:
Esempio 6.13
Esempio 6.14
E’ importante che il movimento del basso sia sempre un
movimento di grado congiunto (2a), e non di 7a. La soluzione
dell’Es.6.14 è dunque sbagliata.
Nella pratica si preferisce utilizzare sempre gli intervalli di 5a 3a 2a sia in forma ascendente
che in forma discendente.
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
Esempio 6.15
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6. Scrittura a 4 voci-Triadi in stato fondamentale
XI. Consigli pratici nel collegamento delle triadi allo stato fondamentale
1) Scrivendo il secondo accordo disporre le note in quest’ordine: basso, note comuni e note
mancanti.
2) Per realizzare il movimento più breve di due voci mancanti (con una nota comune) bisogna
verificare contemporaneamente l’andamento di entrambe le due voci.
3) Il movimento delle tre voci superiori contrario al basso (istruzione 2) va fatto quando non
ci sono note comuni
Esempio 6.17
5) E’ buona norma iniziare a scrivere una successione armonica partendo da una collocazione
delle voci in una zona mediana del loro registro. Una disposizione sbilanciata , troppo alta o
troppo in bassa, non è l’ideale per un inizio, soprattutto un attacco a freddo in un registro
molto alto, va
Esempio 6.18 quindi usata con
attenzione perché
in seguito può
costringe le voci ad
espandersi fuori
registro.
Esempio 6.19
6) Due voci possono fare l’unisono per un tempo.
Devono però arrivarci e separarsi evitando di
muoversi nella stessa direzione.
Nell’Esempio 6.19 T-B arrivano all’unisono in
direzione opposta, per poi lasciarsi evitando di
muoversi nella stessa direzione
7) Il tenore non deve partire troppo in basso nel suo registro Esempio 6.20
perché potrebbe limitare l’andamento del basso, che ha
movimenti più ampi delle altre voci. Nell’Esempio 6.20 dopo
un unisono tra B e T il basso sale di grado allo St F le due NO
voci si incrociano, in questo caso bisogna riscrivere tutto
alzando il tenore di una posizione come nell’Esempio 6.19
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7. Triadi in stato di rivolto
Questa numerica ha una versione teorica completa, ed una versione pratica abbreviata:
Esempio 7.1
Esempio 7.2
IV. Stato fondamentale-raddoppio (triadi)
Si raddoppia sempre e solo la fondamentale ovvero la nota al basso
(vedi cap. 5 – VI )
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7. Triadi in stato di rivolto
non si raddoppia
la nota di basso
non si raddoppia la 5a
II II
Esempio 7.8
Con: VII6 si raddoppia la 3a , a volte la 5a
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7. Triadi in stato di rivolto
Esempio 7.17
Questa attrazione tra due poli melodici distinti è una delle principali forze dinamiche della
musica tonale, e va dunque assecondata. Si può dunque stabilire che, salvo eccezioni la sensibile
deve sempre salire di semitono verso la tonica.
Esempio 7.26
Non sempre il VII grado ha funzione di sensibile:
-il VII grado naturale del modo minore (sottotonica)
-il VII del modo maggiore sull’accordo di III grado
-il VII del modo maggiore sull’accordo di I grado (7a)
non hanno la tensione verso la tonica tipico della sensibile,
spesso tendono anzi a risolvere scendendo di grado.
Esempio 7.28
II–V: Non viene mantenuta la
nota comune, e le tre voci
superiori scendono di
grado per la via più breve.
Esempio 7.29
Come vedremo successivamente l’accordo di V tende fortemente a risolvere sul I grado, quindi
la successione V VI viene chiamata “d’inganno” perché disattende l’attesa naturale di chi
ascolta.
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7. Triadi in stato di rivolto
Esempio 7.34
I I6 II6 V
Esempio 7.35
I I6 II6 V
Esempio 7.36
La scrittura corale a 4 voci utilizza entrambe le
modalità, parti late e parti strette, a volte
alternando i due tipi di disposizione.
I I6 II6 V
• Una triade consonante allo stato fondamentale ha un carattere solido e stabile. In una
frase musicale di norma si trova sempre nei punti iniziali e conclusivi, mentre nelle zone
intermedie si alterna ad accordi rivoltati.
• Una triade consonante in stato di primo rivolto ha un impatto più leggero, è meno stabile,
e favorisce la scorrevolezza delle successioni armoniche. Si trova normalmente all’interno
di un periodo musicale.
• Una triade consonante in stato di secondo rivolto (6/4 , quarta e sesta) è un accordo
instabile, poiché la 4a che si forma tra il basso ed una delle note superiori è considerata
dissonante.
L’uso più consueto è quello con il I64 seguito dal V, una combinazione armonica armonica
divenuta una formula tipica nella chiusura di una frase musicale (cadenza).
Le triadi consonanti in secondo rivolto si usano quindi solo nella suddetta cadenza
conclusiva, ed in poche altre situazioni particolari che non creino confusione
nell’ascoltatore. Ascoltando infatti un qualsiasi accordo in 6/4 l’orecchio può essere
ingannato; un VI64 , ad esempio, può far pensare ad una cadenza conclusiva nella tonalità
del VI grado.
Le triadi consonanti in quarta e sesta (6/4) si usano solo con i tre gradi principali:
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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
8. Triadi consonanti, secondo rivolto 6/4
Attenzione:
• Qui l’accordo I64 non ha funzione di tonica bensì di
Esempio 8.2
dominante. Esso è infatti subordinato all’accordo di V che
segue di cui è appoggiatura.
• L’accordo I64 deve sempre risolvere l’intervallo di 4a che si forma col basso facendo
scendere la voce superiore di grado
N.B. nell’esempio 8.4 la risoluzione sul V chiede l’appoggiatura di grado di 2 note, mentre la
successiva risoluzione sul V 7 (accordo di 4 suoni) chiede l’appoggiature di una sola nota:
quella che forma l’intervallo di 4 a con il basso.
41
8. Triadi consonanti, secondo rivolto 6/4
Si trova in mezzo ad altri due accordi simili. Diversamente dalla 6/4 di volta il basso non
resta fermo, ma forma una breve scala di tre note.
La 6/4 di passaggio più comune è il V64 usato tra due accordi di I.
Tipico è anche l’uso del I64 di passaggio tra due accordi di sottodominante (IV o II).
Più raro è il IV64 che invece si alterna a due accordi di dominante (V o VII). Il collegamento
di questi accordi è reso molto fluido attraverso gradi congiunti e nota comune ferma. Si trova
preferibilmente su un tempo debole della battuta.
Esempio 8.6 Esempio 8.7 Esempio 8.8
42
9. Funzione di dominante
43
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante
Quando alla sensibile vengono sovrapposti uno o più suoni diversi, essa viene “armonizzata”.
Nell’ antica scrittura a 2 voci la sensibile si combinava spesso con il II grado della scala,
nascono così delle formule armoniche elementari a 2 voci di carattere conclusivo (cadenze
armoniche).
Esempio 9.7
Esempio 9.8
Oltre alla sensibile, anche la Tonica viene armonizzata, in questo caso con una triade
consonante formata da I III e V grado.
In sostanza la successione melodica di due note Esempio 9.9
singole, Senibile-Tonica, diventa successione
armonica di due blocchi accordali chiamati:
Dominante (D) e Tonica (T). La melodia assume
quindi una dimensione verticale.
44
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante
Essendo all’origine della funzione di D il movimento melodico sensibile – tonica, deve essere
sempre contenuto in una delle voci della successione D-T. La sensibile contenuta negli accordi
di D che vanno alla T ha quindi un
Esempio 9.10
movimento obbligato (salvo eccezioni), e
non deve essere mai raddoppiata per
evitare il movimento parallelo di due
voci all’ 8a. Per questo in un V6 non si
deve mai raddoppiare il basso.
V. Funzioni armoniche
I due agglomerati accordali D T non sono solo delle semplici sovrapposizioni eufoniche
(piacevoli all’ascolto) di voci, ma sono delle unità che hanno un particolare carattere tensivo o
risolutorio, hanno cioè una tendenza direzionale, creando nell’ascoltatore l’ aspettativa su
quello che sarà l’accordo successivo. E’ questo il concetto di funzione armonica (vedi cap. 11),
ovvero accordi che si succedono non casualmente ma secondo una certa tendenza stilistica,
che può essere più o meno assecondata, ma che come tale dà forma ad un vero e proprio
linguaggio. L’armonia oltre a dare una dimensione verticale alle singole note di una melodia,
assume assume a sua volta una dimensione orizzontale diventando a pieno titolo elemento
costitutivo, e non solo accessorio, della costruzione musicale.
45
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante
Nel modo minore, quindi, gli accordi con funzione di D presentano sempre una alterazione
dovuta alla sensibile artificiale.
Gli accordi di V devono alterare la 3a passando così da una triade minore ad una maggiore.
L’ accordo di VII/Sensibile è costituito invece da una triade diminuita analogamente al VII
del modo maggiore, e si distingue completamente dall’accordo di VII/Sottotonica a causa
della fondamentale diversa.
Esempio 9.13
46
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
9. Funzione di dominante
Esempio 9.14
Ricordiamo che (vedi cap.7 X) se il VII grado del modo maggiore non appartiene agli accordi
di D o D , può essere la quinta dell’accordo di III grado, la settima dell’accordo di I grado o
una nota estranea all’armonia (passaggio, ritardo ecc.). In questi casi il VII grado, non
essendo coinvolto in una armonia di D, perde il suo carattere di sensibile, ovvero la sua
naturale tendenza a risolvere sulla tonica, spesso muovendo in direzione opposta.
47
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
I. Settime
Sebbene la funzione di dominante prenda il nome dal V grado ad essa appartengono anche
accordi che non contengono il V grado, ovvero gli accordi di sensibile.
Come già visto nel paragrafo 9.III, il nucleo originario della funzione di dominante è il bicordo
VII – II , al quale si possono sovrapporre i gradi: V - IV – VI. Da queste combinazioni si
ricavano sia gli accordi costruiti sul V, sia quelli costruiti sul VII/sensibile.
Gli accordi di dominante e di sensibile hanno differenti sfumature di colore sonoro, ma sono
accomunati dall’appartenere alla funzione di dominante, per questo si indicano entrambe con
la lettera D, in 2 versioni:
Gli accordi con il V grado di fondamentale si indicano con : D
Gli accordi con il VII grado (sensibile) di fondamentale si indicano con : D
L’insieme dei principali accordi di dominante parte dalla semplice triade sul V grado e
comprende : triadi - settime - none
Esempio 10.1
Questi sono gli accordi dominantici fondamentali. Non sono qui elencate alcune varianti
cromatiche che in parte verranno trattate successivamente (es. seste eccedeti).
48
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
Esempio 10.2
L’accordo dominantico di base è la
-triade maggiore costruita sul V grado (nel modo
minore la triade minore naturale diventa maggiore
alzando cromaticamente la terza per formare la
sensibile).
La sensibile (3a dell’accordo) deve sempre salire
alla tonica.
D come triade
Nella settima di dominante (D7) vi sono due note con movimento obbligato:
la 3a (VII sensibile) Esempio 10.4
la 7a (IV).
Entrambe si muovono di grado assecondano la
loro naturale tendenza:
la sensibile sale di semitono al I
la 7a scende di grado al III
Le due note si muovono in direzione opposta tra di loro, tanto che la 7a viene chiamata anche
controsensibile .
Alla naturale spinta delle due note si aggiunge la tensione che esse creano tra di loro con
l’intervallo armonico dissonante di
-Tritono (o 5a diminuita). Esso risolve chiudendosi (da 5a diminuita a 3a ) o allargandosi (da 4e
eccedente a 6a ). La tensione del tritono è così caratteristica che anche la sua semplice
presenza a 2 voci assume una forte connotazione dominantica, ovvero di spinta verso la
tonica.
49
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
1. si risolvono le due note con movimento obbligato: sensibile sale – settima scende
2. si mantiene la note comune
3. si completa l’accordo di Tonica con la quarta voce.
Esempio 10.6
50
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
Nel modo minore la funzione di D richiede sempre la sensibile, che si ottiene alzando
cromaticamente il VII grado naturale (vedi cap. 9 VII).
Nell’ es.10.7 in sol minore nelle settime di D il fa (St) viene alzato è diviene fa# (sensibile).
Esempio 10.7
Risolvere la D7 allo stato fondamentale comporta qualche problema, poiché le 4 voci della
settima di dominante non possono muoversi esattamente come con gli accordi di D rivoltati.
La nota comune tra gli accordi di D e T (il V grado) si trova infatti al basso di D7. Se questa
restasse ferma porterebbe ad un I64 che non è un accordo di tonica risolutivo.
Le alternative sono:
una successione V7 I6 molto goffo con raddoppio della terza e movimento parallelo di 7a 8e,
oppure, lo spostamento del V grado al II, con il quale si formano le 5e parallele
Esempio 10.8
51
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
Esempio 10.9
52
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
Settima. Le settime di sensibile sono di due tipi diversi a seconda del modo.
Mentre la triade del VII e la settima di D sono composte da gradi tonali che non
cambiano in base al modo, le settime di sensibile contengono invece il VI grado che è
un grado modale, ovvero un grado che cambia a seconda del modo. Abbiamo così una
settima di sensibile per il maggiore ed una per il minore.
I 2 accordi D7 differiscono dunque per la loro settima che è formata dal VI grado.
53
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
L’esempio 10.12 evidenzia come la triade di sensibile, con l’aggiunta della settima (VI), si
sdoppi in 2 accordi diversi.
Esempio 10.12
Gli accordi di sensibile D sono anche definiti accordi di dominante con la fondamentale
sottintesa. Si infatti noti come:
-la D7 sia una triade di VII con l’aggiunta del V grado [si-re-fa ------ sol-si-re-fa]
-le D7 con l’aggiunta del V diventino delle none di dominante, anch’esse in due forme
54
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
La maggiore rilevanza che ha la D 7 del minore (7a diminuita), è in parte dovuta alle sue
singolari caratteristiche. Essa è infatti un raro
caso di accordo simmetrico, poichè le sue 4 note Esempio 10.14
dividono in 4 parti perfettamente uguali l’ottava.
L’accordo è formato da 3 terze minori
sovrapposte, e tra settima ed l’ottava vi è una 2a
eccedente, che equivale a sua volta alla terza
minore. Abbiamo quindi 4 segmenti uguali di
terza minore ( 3 semitoni) all’interno di un’ottava.
Grazie alla sua simmetria, ogni nota della 7a diminuita puo’ essere considerata la
fondamentale dell’accordo.
Esempio 10.15
55
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10. Settime di dominante e sensibile – Settime artificiali
Esempio 10.18
Gli accordi di settima si possono relazionare tra di loro secondo schemi predefiniti che
permettono la preparazione e la risoluzione delle settime. Le diverse catene di settime
(progressioni) verranno trattate nel prossimo capitolo (11).
57
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11. Funzioni armoniche
Nell’armonia tonale, il succedersi degli accordi non è casuale, ma risponde ad una logica
ben definita. Non ci sono regole matematiche, ma un insieme di tendenze, di
inclinazioni, che possono in parte differire a seconda degli stili ed degli autori.
Cercheremo di riassumere le varie componenti che definiscono il linguaggio armonico
tonale, considerando a grandi linee il periodo che va dal barocco al romanticismo.
Uno dei criteri base per definire la successione di 2 accordi è la distanza (intervallo)
tra la fondamentale del primo accordo e quella del secondo.
Consideriamo come prototipo la successione accordale V-I , ovvero uno spostamento
della fondamentale di 5a discendente ( 5a ).
Esempio: in do maggiore: V-I corrisponde alla 5a sol – do.
58
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11.Funzioni armoniche
Esempio 11.1
59
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11.Funzioni armoniche
Con le funzioni armoniche i diversi accordi della tonalità vengono distinti in base alla
loro inclinazione di movimento.
Gli accordi che non appartengono esplicitamente a queste tre funzioni sono:
VI III e St (VII della scala naturale nel modo minore).
Il VI (ed il III del modo maggiore) sono tuttavia considerati delle alternative, ovvero
delle sostituzioni dell’accordo di tonica , con il quale hanno entrambe due note in
comune.
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Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
61
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
62
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
63
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11.Funzioni armoniche
Esempio 11.9
Esempio 11.10
Esempio 11.11
Nell’esempio a fianco
la progressione di
quinte è realizzata
con l’uso di settime.
64
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
Si noti che nel collegamento nap-V la fondamentale abbassata IIb si porta sulla
sensibile (3a del V) con un movimento di 3a diminuita, mentre sull’accordo di V un’altra
voce riporta in forma naturale il II grado, questo passaggio cromatico tra IIb e II
avviene tra due voci diverse con una falsa relazione, ovvero un cromatismo effettuato
tra due voci diverse che normalmente andrebbe evitato, ma che in questo caso viene
comunemente accettato.
Esempio 11.10
Esempio 11.10
al V.
65
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
Esempio 11.12
Esempio 11.13
66
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11.Funzioni armoniche
Esempio 11.14
Quando i collegamenti di 3a con triadi si
alternano con le numeriche 53 – 63 abbiamo
il basso fermo.
Esempio 11.20
Il movimento ascendente Tono-semitono del basso rende
particolarmente convincente la successione dei gradi VI-V-
I con il V in primo rivolto Es. 11.20.
Per analogia il movimento II-I diviene forte con la
successione II- I6-IV.
67
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
11.Funzioni armoniche
Negli esempi il circolo degli accordi è completo , si parte e si arriva sul I grado. Per
questo le 5e non sono tutte giuste, una 5a è diminuita, altrimenti il circolo completo
sarebbe di 12 accordi, e si uscirebbe dalla tonalità iniziale.
Esempio 11.24
Si noti che la progressione 7-7 , ovvero
con tutti gli accordi allo stato
fondamentale, implica l’alternanza tra
un accordo completo, ed uno senza la
5a con il raddoppio della fondamentale,
ovvero un accordo incompleto.
68
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine
I. Le tonalità, modulazioni
Una singola tonalità corrisponde ad un’area musicale circoscritta, ben percepita dal nostro
orecchio, definita dal materiale sonoro (scala) che viene prevalentemente utilizzato. Uno dei
principali mezzi con cui dare varietà e spessore alla costruzione di un brano musicale è la
modulazione, ovvero il passaggio da un’ area tonale (tonalità) ad un’altra.
La distanza, ovvero il grado di affinità tra due aree tonali, dipende dal numero di note comuni
e di note differenti che vi sono tra loro. Tra due tonalità più vi sono note differenti,
maggiore è la loro distanza e viceversa.
Ascoltando una modulazione tra 2 tonalità, quanto più esse sono vicine tra loro (molte note
comuni), tanto più è graduale il passaggio dall’una all’altra. Viceversa quanto più esse sono
lontane (molte note differenti), tanto più forte sarà lo scarto percepito in tale passaggio
modulante.
69
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine
La distanza minima tra due tonalità è di una quinta, in questo caso esse hanno sei note in
comune e una nota diversa.
Per definizione: data una tonalità le sue tonalità vicine, o toni vicini, sono quelle che si
trovano una quinta sopra ed una quinta sotto comprese le 3 tonalità relative.
Ogni tonalità, maggiore o minore ha quindi 5 tonalità vicine:
-una coppia di tonalità una quinta sopra
-una coppia di tonalità una quinta sotto
-la sua relativa (stessa colonna - stesse alterazioni in chiave)
L’orecchio percepisce le tonalità vicine come fortemente correlate tra di loro, tanto che nella
musica tonale le modulazioni tra di esse sono assolutamente preponderanti.
IV. Una tonalità contiene già gli accordi di T dei suoi toni vicini
Data una tonalità maggiore le 5 triadi su II, III, IV, V e VI grado corrispondono, anche nel
modo, alle 5 triadi di tonica delle 5 tonalità vicine. Nel modo minore quetsa corrispondenza
con toni vicini si ha con le triadi della scala naturale: III, IV, V, VI, VII.
Esempio 12.2
Esempio 12.3
Do maggiore o La minore:
toni vicini
Estratto dal circolo delle quinte
Si noti che:
• Su II, III, IV, V e VI grado del modo maggiore le triadi sono consonanti (maggiori o
minori) quindi possono essere a loro volta triadi di tonica di altre tonalità
• Sul VII grado del modo maggiore e sul II del modo minore la triade è diminuita
(dissonante), quindi non può essere tonica di nessuna tonalità. I conti tornano: 6
tonalità + 1 accordo diminuito, 7 gradi della scala.
• Nel modo minore la tonalità vicina costruita sul V grado è minore, diversamente dal
consueto accordo di V della scala armonica che è maggiore.
70
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine
Prendiamo una data tonalità maggiore, e inseriamo in una tabella 3X2 (3 colonne e 2 righe).
Esempio 12.4
Inseriamo i gradi dal I al VI della scala nell’ordine indicato nell’esempio. In tal modo
riproduciamo un frammento del circolo delle quinte, come nell’Es. 12.3.
Esempio 12.5
Nel caso si debba compilare lo specchietto di una tonalità minore, si consiglia di partire
ugualmente dalla sua relativa maggiore, affinchè nella riga superiore vi siano sempre le
tonalità maggiori, e sotto le tonalità minore.
Lo specchietto è quindi utilizzabile per entrambe le 2 tonalità relative.
71
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine
Data una tonalità, o la sua relativa minore, lo specchietto evidenzia: Esempio 12.6
• le tonalità ad essa vicine vicine e la loro disposizione (5a o
5a ). Il suo nucleo è infatti uno spaccato del circolo delle
quinte
• le 5 note alterate che in essa si possono normalmente
incontrare, e le tonalità vicine verso a cui esse spingono. Spaccato del circolo
delle 5e
Casella sn : Casella dx :
nota abbassata (VIIb del nota alzata (IV# del maggiore,
maggiore IIb del minore) VI# del minore), che porta
che porta alle tonalità della alle tonalità della colonna dx.
colonna sn.
Attenzione: lo specchietto indica le note alterate che hanno una funzione strutturale di
spinta verso una data area tonale, da non confondere con semplici cromatismi di abbellimento.
Esempio 12.8
72
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
12. Tonalità vicine
Esempio 12.9
Aggiungiamo 3 lunette nella parte superiore dello specchietto, in ognuna di esse inseriamo le
note delle lunette inferiori della colonna corrispondente, sostituendole con gli equivalenti
enarmonici del grado soprastante Es: da re# a mib.
Esempio 12.10
In tal modo sopra ogni
casella delle tre tonalità
maggiori abbiamo il
corrispondente VI grado
abbassato, ovvero quella
nota di colore minore
che a volte viene
utilizzata nel maggiore.
Allarghiamo dunque lo
spettro dei cromatismi
possibili a partire da una
data tonalità
73
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
I. Tonicizzazioni
Le tonicizzazioni sono cambiamenti di tonalità (modulazioni) molto brevi, a volte non durano
nemmeno il tempo di una pulsazione ritmica, che non intaccano il senso della tonalità
principale. Queste modulazioni avvengono sulle tonalità vicine della tonalità principale, ovvero
sui 5 gradi della scala, esclusa la tonica, sui quali vi sono triadi consonanti (maggiori-minori).
La tonicizzazione è una tecnica usata molto frequentemente, che serve non tanto a cambiare
tonalità, quanto ad enfatizzare in maniera particolare il passaggio ad uno degli accordi
consonanti diverso dalla tonica.
Esempio 13.1
74
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
Nella scala maggiore ogni grado fa da D di un altro grado ed ha come D un altro grado.
Tuttavia:
• Il circolo di 5e giuste tra le note della scala non è un circolo chiuso.
• Gli estremi sono VII e IV grado (scala maggiore)
• Il IV è dominante di una nota estranea alla scala (es. Fa – Sib )
• Il VII ha per dominante una nota estranea alla scala (es Fa# - Si)
Osservazioni:
• Il IV grado non è dominante di nessun grado della scala
• Il VII grado della scala non ha come dominante un grado della scala
• Sul VII grado vi è una triade diminuita quindi non può essere tonicizzato
• Le note estranee alla tonalità in relazione di 5a giusta con IV e VII sono le due note
alterate che portano alle tonalità vicine (vedi specchietto)
• Osservando il circolo di quinte della scala, si nota che proprio le note estreme, che
non hanno rapporto di 5e giusta, formano tra di loro la tensione di tritono:
“sensibile –controsensibile” dell’accordo di D (5e diminuita )
• I 5 gradi della scala maggiore su cui si possono formare le DS sono dunque:
VII, III, VI, II, I.
75
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
Per trasformare in settima di dominante un accordo diatonico su VII, III, VI, II o I, occorre
formare una triade maggiore, aggiungendo una 7a minore. Cio’ comporta l’alterazione di una o
due note dell’accordo diatonico di partenza.
Nel’esempio 13.1 si nota la trasformazione dell’accordo diatonico in DS e la sua risoluzione
una 5a sul grado da tonicizzare.
Abbiamo dunque la catena dei 7 gradi collegati per 5a dell’ es. 13.1
VII III VI II V I IV
Iniziamo dal VII, che è è diminuito e non può essere tonicizzato, ovvero non ha una DS.
Di 7 sette gradi due non posono diventare DS:
il V , che è già D ( principale ) IV , che è D di un grado estraneo alla tonalità (sib) .
Esempio 13.1
76
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
I 3 tipi di alterazione per formare settime di dominante come DS del modo maggiore:
Esempio 13.2
Alterazione della 3a
(dell’accordo diatonico) Alterazione della 7a
Costruendo una DS sui 3 gradi con triade minore: (dell’accordo diatonico)
II [D/V] , III [D/VI] , VI [D/II] Costruendo una DS sul I [D/IV]
la triade minore diventa maggiore, si alza dunque la 3a la triade è gia maggiore e non
della triade di 1 semitono cromatico, l’aggiunta della 7a serveno alterazioni, va invece
minore non comporta invece nessuna alterazione. creata la 7a minore abbassando
di un semitono il VII grado
77
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
Esempio 13.3
Per formare D/V e D/IV nel modo minore si modificano i seguenti accordi :
Esempio 13.3
II grado [D/V]
La triade diminuita (II) diventa triade
maggiore alterando la 3a e la 5a , mentre
la 7a non va alterata.
I grado [D/IV]
La triade minore (I) diventa maggiore alterando la 3a, mentre la 7a non va alterata.
Va ricordato però che la 7a dell’accordo sul I grado è il VII grado, nel caso che questo sia
stato precedentemente alterato per formare un accordo di V, esso deve ritornare naturale
attraverso una alterazione esplicita.
78
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
79
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
13. Dominanti secondarie
Esempio 15.3
Triade maggiore come D del grado da
tonicizzare
Esempio 16.3
Non si può però avere il D/IV in maggiore con una
semplice triade maggiore, senza settima alterata
non si distinguerebbe infatti dal semplice accordo
diatonico sul I grado.
Esempio 17.3
Nelle DS formate da una D la
fondamentale dell’accordo non
appartiene alle note della
tonalità. Essa è infatti la
sensibile del grado da
tonicizzare.
Quindi ad eccezione della D/IV del maggiore (costruita sul III grado diatonico della scala),
le fondamentali della DS con D sono sempre gradi alterati (sensibili artificiali).
80
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
14. Accordi e Funzioni armoniche
Ogni tipo di scala (magg, min. ecc.) ha sempre lo stesso tipo di accordo su ognuno dei suoi
gradi. Ciò vale sia per le triadi che per le settime (e per gli accordi superiori).
E’ importante memorizzare tutti i tipi di triadi e di settime che si trovano sui diversi gradi
delle scale maggiori e minori.
Esempio 14.1
81
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
14. Accordi e funzioni armoniche
Esempio 14.2
Esempio 14.3
Memorizzare queste 3
scale armonizzate non
è molto funzionale.
Oltre agli accordi che
si ripetono, vi sono
accordi che raramente
si usano, ed alcuni che
praticamente non
vengono mai usati.
Conviene dunque
memorizzare gli 8
accordi (triadi e settime) più frequenti, ed poi individuare quelli usati con minor frequenza.
82
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
14. Accordi e funzioni armoniche
Il modo minore tonale nella pratica prevede l’uso di 8 note, ovvero la combinazione tra la
scala minore naturale e la minore armonica (tralasciando per il momento la scala minore
melodica con la quale le note diventerebbero 9).
Con 8 note le triadi possibili sono 10, nella pratica se ne usano però 8:
Esempio 14.4
2 settime minori (-7 o 2aspecie) su T SD con l’aggiunta di una 7aminore alla triade
2 settime maggiori (maj7 o 4asp) su III VI con l’aggiunta di una 7amaggiore alla triade
Esempio 14.5
n.b. La settima dell’accordo di T non può essere preparata, quindi l’uso della settima è
possibile solo come nota di passaggio (vedi es.10.18 pag. 56).
83
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
14. Accordi e funzioni armoniche
V
VII. Gli accordi
a tiipici della scala min
nore armo
onica
In
n la minore
e
Essempio 14.6
In do
o minore
La triade
t cosstruita sulla D è quasi sempre maggiore, ovvero è costruita a sulla scala armonica (o
mellodica) conn la sensibbile che dà
à all’accord
do la funzione di domminante.
Neii rari casi in cui il V è costruito sulla sc
cala natura
ale, la tria
ade è mino
ore. L’ acco
ordo, che non
è più
p domina antico, non n va alla tonica
t ma ha un and damento did passaggio portand dosi verso
o gli
acc
cordi con ill VI grado o naturale (SD II VI).
V
Essempio 14..7
84
Carlo Franceschi De Marchi - Teoria e Pratica dell' Armonia
15. Seste eccedenti
Gli accordi di sesta eccedente sono accordi singolari che vengono utilizzati per raggiungere
con particolare enfasi gli accordi di dominante (cadenze sospese).
Le 6e ecc. sono accordi propri del modo minore, tuttavia alcune volte vengono usate anche
nel modo maggiore con l’aggiunta delle opportune alterazioni.
Esempio 15.2
IV grado alterato;
Tra il VI grado, sempre al basso, ed il IV alzato, in una della parti superiori, si forma un
intervallo di 6a eccedente da cui deriva il nome dei relativi accordi.
Esempio 15.3
Esempio 15.5
Poiché la definizione e la costruzione delle 6eeccedenti come accordi per terze è piuttosto
complessa suggeriamo un metodo pratico piuttosto insolito.
Esempio 15.6
Esempio 15.7
VI al basso, I , IV# sono dunque le tre note di base di tutti gli accordi di 6a eccedente.
Aggiungendo alle 3 note base una quarta nota si differenziano i 3 tipi di accordi.
Esempio 15.8
Sesta italiana: I grado
Viene raddoppiata la tonica,
l’accordo è una triade
Esempio 15.9
Sesta francese: II grado
L’accordo è una settima , con il II
grado di fondamentale
Esempio 15.10
Sesta tedesca: III grado
L’accordo è una settima , con il
IV# grado di fondamentale
Riassumendo:
Sesta italiana: VI-IV#-I-I
Sesta francese: VI-IV#-I-II
Sesta tedesca: VI-IV#-I-III
N.B. il VI è sempre al basso, le altre tre note si possono distribuire liberamente nelle voci
superiori.
Esempio 15.11
La risoluzione parte dalle due voci che formano l’intervallo
di 6aeccedente che risolvono obbligatoriamente con un
movimento contrario di 2 semitoni
quasi fossero due sensibili opposte che si aprono sull’ottava
del V grado.
In particolare:
Esempio 15.12
Esempio 15.13
Pur essendo accordi del modo minore , le 6e eccedenti si usano a volte come accordi cromatici
anche nel modo maggiore. L’effetto è quello di una enfatizzazione ancora più marcata del loro
carattere.
Cambiando modo gli accordi restano identici, bisogna però aggiungervi delle alterazioni
momentanee.
Nel modo minore l’unica alterazione momentanea è il IV#, nel modo maggiore bisogna invece:
Ricordiamo che III e VI sono i 2 gradi modali, ovvero che cambiano tra maggiore e minore.
Quindi, costruendo gli accordi partendo dai gradi della scala maggiore:
Esempio 14.15
in tutte le 6eeccedenti
dovremo sempre abbassare il
VI grado
Nella letteratura musicale la Ted in maggiore può essere scritta dai compositori in maniera
insolita, ovvero con il II# che sostituisce il IIIb.
E’ una differenza puramente grafica che però può confondere in sede di analisi.
L’accordo è quindi sempre lo stesso, ma la struttura originale viene ribaltata probabilmente
per evidenziare il cromatismo melodico II# III che si forma in una voce
Esempio 15.16
Esempio 15.17
Esempio 15.18
Una D7 e una Ted equivalenti hanno una grafia differente e risoluzioni completamente
diverse, ma tale coincidenza viene a volte viene sruttata per modulare a tonalità lontane.
I due accordi si possono unire in un unico accordo perno che fa da cerniera tra due tonalità.
Una settima di dominante allo stato fondamentale può essere accordo perno diventando una
Ted di una nuova tonalità.
Esempio 15.20