Riassunto Numismatica

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RIASSUNTO NUMISMATICA

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ALLA NUMISMATICA E STORIA DEGLI STUDI.

La numismatica è la scienza delle monete sotto tutti i loro aspetti e in tutto ciò che le concerne e
che loro si riferisce, ovvero sotto l’aspetto economico, legislativo, metrologico e artistico, nei loro
rapporti con le altre branche della scienza storica ed archeologica come la mitologia, epigrafia,
iconografia. Quindi la numismatica è la scienza che studia la moneta utilizzando il dato scientifico
sia nello studio intrinseco del reperto numismatico (datazione, tipologia, circolazione monetaria,
iconografia) sia nello studio più ampio del contesto storico, politico, giuridico, economico, sociale
ed artistico.

Tra i primi collezionisti dell’antichità vi sono i sovrani ellenistici orientali come i Tolomei,
Seleucidi, Attalidi ed in particolare Mitridate Eupatore. Nel mondo romano il più famoso
collezionista fu l’imperatore Augusto in particolare della monetazione greca. Bisognerà aspettare
l’Umanesimo per trovare i primi studi e le prime ricerche numismatiche. Petrarca si interessò allo
studio e alla raccolta di monete, venne a contatto con la numismatica romana, raccolse monete, e
anticipò l’età dell’oro del collezionismo numismatico ovvero il Rinascimento, anche in questo
periodo però lo studio delle monete era legato al puro collezionismo e non ad un reale interesse
scientifico per la materia. Erano sovrani, pontefici, principi, grandi umanisti che cominciarono ad
avvicinarsi a questa dottrina. I primi studi scientifici furono effettuati da Guillaume Budè che nel
1515 scrisse il De asse et partibus eius gettando le basi per lo studio della metrologia della
monetazione greca e romana. Anche Enea Vico dimostrò interesse per le origini della moneta e le
sue evoluzioni nel Discorsi sopra le medaglie degli antichi e nell’Augustorum imagines
cercando di isolare i falsi dai pezzi autentici. Considerato il padre fondatore della numismatica
come scienza è Joseph Eckel nella seconda metà del XVIII secolo, che per primo tentò di
organizzare scientificamente il materiale numismatico ordinandolo in un vero e proprio trattato
della moneta antica ed eliminando tutti i falsi. Egli ha diviso il materiale in due grandi raccolte
quella relativa alla monetazione greca e alla monetazione romana nella sua opera Doctrina
Nummorum Veterum composta da 8 volumi. Il corpus relativo al materiale greco è organizzato
per città di emissione in ordine alfabetico comprendendo le monete della Grecia continentale ed
insulare e le colonie della Magna Grecia e della Sicilia, comprende però anche le monete Etrusche,
Fenice, Italiche, Celtiche ovvero di un ambito non grecizzato ma secondo lui non facevano parte del
mondo romano perché per il sistema ponderale hanno più similitudini con il mondo greco che con
quello tirrenico. Il corpus dedicato alle emissioni monetarie romane è diviso in età repubblicana
ed età imperiale. La prima parte era organizzata seguendo un ordine alfabetico in base al nome delle
famiglie dei magistrati monetali, mentre quella imperiale segue un ordine cronologico dei vari
imperatori o della prima lettera che appariva sulla legenda del rovescio. Pro e contro dell’opera di
Eckel: l’ordinamento della serie greca capovolge la realtà storica perché la moneta nei suoi
primordi si è diffusa nel mediterraneo da oriente ad occidente e non viceversa e non tutte le città
hanno iniziato ad emettere moneta contemporaneamente. Per la serie romana repubblicana
l’organizzazione in ordine alfabetico per famiglie di appartenenza dei vari magistrarti monetali
risulta fuorviante, mentre l’organizzazione delle monete di età imperiale cronologicamente segue si
la corretta successione degli imperatori ma all’interno di tale suddivisione non è corretto
l’ordinamento alfabetico in base alla legenda dal punto di vista storico. Dopo Eckel altri studi di
numismatica furono fatti da: Mommsen che tra 1865 e il 1875 ha evidenziato l’importanza della
moneta non solo come oggetto di collezionismo ma anche come fonte e documento di eventi storici.
Lenormant che scrisse un trattato purtroppo incompiuto e approfondì l’aspetto giuridico della
moneta e della monetazione. Babelon effettuò uno studio di natura critica. Alla fine del XIX secolo
e nel XX secolo furono pubblicati i primi manuali e cataloghi di numismatica tra cui quello del
Babelon, Crawford, The Roman Imperial Coinage di Mattingley, Sydenham e Sutherland.

CAPITOLO 2: LA PREMONETA E LA NASCITA DELLA MONETA.

La moneta nasce alla fine del VII SECOLO a.C una data precisa ancora non è stata stabilita.
Prima della nascita della moneta nella compravendita si usava il baratto ovvero uno scambio equo
di merci che potevano essere utili per altre popolazioni e per ricevere ciò di cui si aveva necessità.
Sono numerose le fonti che ci permettono di conoscere le merci utilizzate per gli scambi
commerciali come Omero si utilizzava bronzo, ferro, armi, schiavi, buoi e in prevalenza sono
oggetti che erano necessari per vari motivi come i metalli che erano richiesti nel mediterraneo e non
solo perché avevano un utilizzo consistente per i tanti oggetti di uso quotidiano. Anche attraverso le
fonti archeologiche abbiamo una serie di immagini, decorazioni che ci parlano degli scambi
commerciali che avvenivano tra le varie popolazioni. Il baratto presentava una serie di problemi
quindi ad un certo punto per cercare di poter effettuare degli scambi equi si cercò di utilizzare la
moneta naturale: tutto ciò che si aveva in abbondanza utilizzava quella merce come moneta per lo
scambio (bestiame). Il termine che i Romani utilizzavano per indicare il denaro derivava da pecus
ma ha una radice indoeuropea da pec che serviva ripostiglio, tesoro, ricchezza quindi il gregge non
era altro che un tesoro, ricchezza di chi lo possedeva e da questo termine derivava pecunia. I
metalli a differenza del bestiame avevano maggiori vantaggi: frazionamento del valore, facilmente
trasportabili e riconoscibili. I metalli furono dapprima usati in concorrenza con il bestiame nella
valutazione del prezzo di tutte le cose, successivamente ne presero il posto. Quindi si passa dal
BARATTO > MONETA NATURALE > METALLI che diventano moneta naturale preferita.
PRE MONETA METALLICA varie erano le forme: anelli metallici già nel 2 millennio, per i
grandi commerci si utilizzava nel 2 millennio i pani di rame egeo-cretesi il cui peso variava dai 10
ai 36 kg, di forma rettangolare che presentavano 4 angoli con degli apici che si prolungavano. Si
trovano anche delle barre metalliche, lingotti dove si trovavano dei punzoni che accertavano la
purezza e il peso. Troviamo anche dei globetti o gettoni a globetto di argento e d’oro e a partire
dal IX secolo a.C compare la moneta utensile ovvero utensili della vita quotidiana utilizzati per gli
scambi commerciali, asce, coltelli, rasoi, spiedi, lebeti, tripodi erano oggetti che potevano essere
facilmente tesaurizzati e utilizzati come metallo vero e proprio per creare altri oggetti. Oggetti di
uso prolungato e contemporanee alle emissioni monetarie sono l’AES RUDE e l’AES
SIGNATUM. Il primo era un pezzo rozzo di rame di forma non regolare valutato attraverso il peso
e il secondo era un lingotto più schiacciato in rame dove i simboli presenti sui lati indicavano la
provenienza o il peso. Erano oggetti di produzione prevalentemente etrusca. Dal latino aes bronzo
deriva aestimare dare una stima, stimare.

Dal VII secolo a.C in ambito anatolico, in Libia abbiamo la nascita del tondello metallico che
avevano dei simboli legati al luogo o alla città di emissione e il problema di queste prime emissioni
è legato al loro metallo sono emissioni in elettro lega naturale di oro e argento, non era facile capire
le percentuali di oro e argento presenti e quindi era difficile stabilirne il peso. Si inizia ad emettere
poi monete in argento e solo in rari casi in oro. Le evoluzioni sono precoci e iniziano ad esserci
emissioni più circolari con un unico metallo (ad eccezione di Mileto con il leone ed in elettro). La
datazione delle prime emissioni monetali è stata possibile grazie al rinvenimento di un ripostiglio
monetale nell’Artemision di Efeso in una stratigrafia di metà- fine VII secolo a.C.

CAPITOLO 3: METALLI E MINIERE.

Nell’antichità non furono sempre usati i metalli più pregiati per la produzione di monete ma in
alcuni casi furono utilizzati anche quelli meno nobili come: il piombo usato nella produzione di
monete dai Seleucidi dal I secolo d.C, dai Numidi, e in Egitto tra il II e il III secolo d.C, il ferro fu
utilizzato a Sparta specialmente da Licurgo, vetro e terracotta in momenti particolari di crisi. I
principali metalli utilizzati per la produzione di monete sono: l’oro, l’argento e il rame. Emissioni
in oro sono rarissime se non per l’ambito persiano, venivano fatte in periodi e momenti particolari.
In Grecia si predilige l’argento e le emissioni monetarie a Roma in argento sono legate a
determinati periodi e ambiti. Oro e argento si coniano il bronzo all’inizio è fuso. Nel mondo
italico varie sono le emissioni: in rame o in lega di rame (bronzo). Le monete di bronzo sempre fuse
in età repubblicana. Le leghe più usate sono quelle dell’oro con l’argento (elettro), argento con lo
stagno o il piombo, e rame con lo zinco (oricalco utilizzato per i dupondi di età imperiale). Le
miniere in Egitto si estraeva l’oro dalle miniere della Nubia, così come dall’Arabia, dall’Armenia e
dalla Colchide. Il complesso minerario più famoso è quello del Laurion nell’Attica meridionale
dove prima Egina poi Corinto ed infine Atene riecono ad averne il possesso e ad emettere moneta in
argento. I romani fondarono le zecche imperiali di Sirmio, Siscia e Tessalonica perché si trovavano
in distretti minerari. La Dacia conquistata da Traiano forniva oro, argento e rame, la Gallia veniva
chiamata aurifera, la regione mineraria per eccellenza nel periodo romano era la penisola iberica
con le miniere di piombo argentifero.

CAPITOLO 4: I SISTEMI DI FABBRICAZIONE DELLE MONETE.

I sistemi di fabbricazione delle monete sono due: fusione, coniazione. Per fusione si intende il
complesso delle operazioni con le quali si da la forma voluta ad un metallo versandolo allo stato
liquido in uno stampo cavo affinché solidificandosi riproduca il pezzo desiderato. La fusione
avveniva attraverso stampi in argilla dove vi erano dei canali e le impronte per le monete e
attraverso la colatura del metallo fuso si creavano dei tondelli
metallici, si aprivano le valve di argilla, si tagliavano, il metallo
in eccesso veniva rifuso, le monete se pesavano di più venivano
limate se pesavano di meno venivano rifuse. La coniazione
consisteva nel battere un tondello fuso a caldo allo stato di
malleabilità, tra due conii che recavano incise le raffigurazioni
e le leggende che si volevano risultassero in rilievo sulla
moneta. Metodo più utilizzato per l’oro e l’argento poi in età
imperiale per le monete di bronzo. Per la coniazione si
utilizzavano tenaglie, punzoni per il conio di incudine e il
conio di martello (quello mobile retto con delle pinze mentre un altro gli dava il colpo di martello)
difficile trovare i conii perché sono lignei. Mentre il conio di incudine restava fisso e non si lograva
quello di martello poteva consumarsi o rompersi e spesso veniva cambiato nella stessa serie
monetale.

Esistono i magistrati monetali ovvero coloro che si occupano delle emissioni monetali così come
vi erano in Grecia selezionati tra le alte cariche pubbliche o erano funzionari speciali eletti
appositamente e li conosciamo perché firmavano anche le monete. A Roma i magistrati monetali
potevano avere o un imperium civile o militare e le emissioni monetarie romane erano date ai
consoli che potevano anche nominare dei loro preposti in seguito fu istituita una magistratura
speciale. Mentre per le emissioni monetarie legate ai militari erano sotto la giurisdizione dei
generali o dei comandanti delle legioni poi furono demandate a degli ufficiali preposti ovvero i
questores o i proquestores. E i magistrati a Roma erano i tresviri monetales erano i 3 magistrati che
si occupavano delle emissioni. Dal II sec a.C i magistrati monetali iniziano ad utilizzare le
emissioni monetarie soprattutto i denari per una propria propaganda perché la magistratura
monetale era alla base del cursus honorum, bisognava poi accedere alle cariche più importanti
attraverso l’elezione e ovviamente i denari circolavano tra coloro che votavano.

CAPITOLO 5: QUESTIONI DI TERMINOLOGIA.

La moneta è composta da due facce: il dritto o recto e il rovescio o verso. Il lato principale è il
dritto quello contrapposto è il rovescio, su entrambe vi è un elemento figurativo che viene detto tipo
(sul dritto vi è il tipo più importante), l’elemento epigrafico è la legenda se manca la moneta è
anepigrafe. Il fior di conio è la moneta che ci è pervenuta come appena uscita dalla zecca. La
patina è il prodotto dell’ossidazione del metallo dovuto al passare del tempo e dal contatto con
elementi organici ed inorganici del terreno. L’oro non si ossida, l’argento tende ad ossidarsi con
cloruro e solfuro d’argento, bronzo, rame ed oricalco tendono facilmente a patinarsi. Il titolo è il
grado di purezza con cui il metallo viene impiegato per una moneta, l’unità monetaria è la moneta
che serve di base al sistema monetario di un paese ha i suoi multipli e sottomultipli. Le monete
riconiate sono quelle che hanno subito una doppia coniazione in età differenti si trovano
specialmente a Roma nel III secolo d.C. Ci sono poi i falsi che si distinguono in: falsi d’epoca,
moderni e monete falsificate.

Per i Greci il nome dato al tondello metallico è nomisma che deriva da nomos che vuol dire legge.
Per i Romani le definizioni generiche per la moneta erano varie e assumevano sfaccettature diverse
a seconda del contesto, del periodo in cui venivano usati i vari termini che erano aes, pecunia,
moneta. AES deriva dal nome del metallo usato per monetare nel mondo romano, etrusco ed italico
e cioè il rame e quindi anche il bronzo. PECUNIA deriva da pecus ovvero gregge. MONETA era
l’epiteto di Giunone venerata nel suo tempio sul Campidoglio presso il quale fu costruita la zecca di
Roma.

CAPITOLO 6: NOZIONI DI METROLOGIA.

La metrologia antica è quella disciplina che studia le misure di lunghezza, superficie, capacità e
peso usati dagli antichi, è una materia non attinente alla numismatica ma è opportuno per un
numismatico conoscerne gli elementi fondamentali per la classificazione pondometrica del
materiale che devono studiare. Tutti i sistemi ponderali sono di origine orientale, l’origine dei
sistemi ponderali ha preceduto l’introduzione della moneta, l’unità di peso della prima antichità è il
talento, corrispondente al peso che un uomo poteva trasportare. Con l’avvento della moneta si notò
che il talento e la mina rappresentavano dei valori troppo alti per poter essere monetati. Di
conseguenza per la monetazione in area greco-orientale si ricorse a delle suddivisioni o frazioni
della mina, frazioni che ebbero delle differenti denominazioni, nel mondo asiatico si chiamarono
sicli e in quello greco le dracme, che sono unità ponderali trasposte in unità monetaria. Le
suddivisioni ponderali seguivano delle linee generali:
TALENTO > 1 MINA > 60 SICLO > 12000 DRACMA > 6000
OBOLO > 36000

Il siclo rappresenta nei vari sistemi ponderali una frazione di mina pari a 1/60 oppure 1/45 e
raramente a 1/50, vi sono vari piedi ponderali: siclo babilonese e siclo fenicio. L’area del siclo
interessa i paesi della civiltà orientale come la Mesopotamia e poi con l’introduzione della moneta
si estende al mondo persiano e alle città fenicie della costa siriana. Nel mondo greco il talento si
divide in 60 mine e la mina si divide in 100 dracme perciò la pondometria greca segue quella
orientale nella prima suddivisione dal talento alla mina, ma nelle suddivisioni successive segue una
strada autonoma: se la mina si divide in 100 dracme, la dracma in 6 oboli, l’obolo in 2 emioboli,
l’emiobolo in 2 tetatremori. L’area della dracma interessa la Grecia e le sue colonie. Il mondo
occidentale offre una situazione propria: vi era come unità di misura ponderale la libra divisa in 12
once ognuna delle quali suddivisa in 24 scrupoli. Roma adottò la libra latina e la libra romana.
Tra i vari sistemi librali vi è anche la libra italica detta anche pesante o libra italica orientale
diffusa principalmente in area adriatica era suddivisa in 10 once secondo una divisione decimale e
non duodecimale come nel mondo romano. L’area della libra comprende i mercati indigeni della
penisola italiana.

CAPITOLO 7: NOMENCLATURA DELLE MONETE GRECHE E ROMANE.

In Grecia alla base di ogni sistema monetario vi era la dracma che però non era molto monetata,
più frequenti ed utilizzati erano i suoi multipli o sottomultipli. Il termine dracma stava a significare
la mano chiusa a pugno e piena di grano o spiedi di ferro. Inizialmente il vocabolo dracma
designava la metà di una unità di misura base ed elementare e il peso preso in considerazione come
riferimento era quello di due mani piene. E tale unità di misura pari a due dracme era lo statere che
possono essere definiti didrammi perché appunto pari a due dracme. I multipli della dracma sono:
didramma o statere del valore di 2 dracme, il tetradramma del valore di 4 dracme. I suoi
sottomultipli erano: l’obolo che ne rappresentava la sesta parte, il diobolo perché era il doppio
dell’obolo e rappresentava la 3 parte della dracma, l’emiobolo che valeva la metà dell’obolo, il
triemiobolo che valeva un quarto di obolo. Mentre il mondo greco basava la sua economia sulla
monetazione in argento, con rare emissioni in bronzo e altre leghe e con poche e rare emissioni
auree, il mondo romano basava la propria economia su tre metalli rame-bronzo, argento e oro.
MONETAZIONE IN RAME-BRONZO: All’inizio adottò come unico metallo il rame
impiegandolo o allo stato grezzo in forme molto irregolari detto l’aes rude o cominciando a
fonderlo in forme più regolari e imprimendovi un segno che ne indicava il peso e il valore ovvero
l’aes signatum. Intono alla metà del IV secolo a.C la repubblica romana emette la sua prima
moneta di stato: l’aes grave. L’unita monetaria è l’asse ed ha il peso della libra latina di 327,45 gr.
L’asse si divide in 12 once ed un’oncia si divide in 288 scrupuli. L’asse portava sul dritto la
rappresentazione di Giano e come segno di valore una barra verticale, il semisse (la sua metà) aveva
l’immagine di Giove-Saturno e il segno di valore S, il triente (1/3 di asse) aveva Minerva e il segno
di valore di 4 globetti, il quadrante (1/4 di asse) Ercole e con segno di valore 3 globetti, il sestante
(1/6 di asse) Mercurio con due globetti, l’oncia (1/12 di di asse) la testa di Bellona-Roma e come
segno di valore un globetto. Al recto tutti presentavano la prua di nave. La monetazione in bronzo
termina con Silla e non sarà più ripresa per tutta l’età repubblicana. Ritorna con la riforma di
Augusto sul dritto troviamo il ritratto di profilo dell’imperatore sul recto troviamo raffigurazioni
diverse a seconda dei gusti e delle esigenze dell’imperatore. Il sistema monetale fu strutturato: il
sesterzio in oricalco vale 4 assi, il dupondio in oricalco vale due assi, l’asse in rame. Con la
riforma di Nerone del 64 d.C il dupondio si distingue dall’asse perché il ritratto dell’imperatore ha
una corona radiata e nell’asse ha la testa nuda. Con la riforma di Aureliano del 270-275 d.C vennero
abolite le monete di bronzo che vennero sostituite con monete in lega di piombo, stagno e rame.

MONETE IN ARGENTO: I Romani iniziarono a conuare monete in argento quando vennero in


contatto con i Greci e la loro prima monetazione è stata denominata romano-campana perché
basata in parte sul piede greco. Si dice che queste monete furono coniate a Roma o per conto di
Roma i Campania e che questa monetazione abbia avuto inizio verso il 320 a.C dopo che i romani
ebbero concluso il foedus aequum con la città di Napoli. La moneta d’argento tipica della
repubblica romana è il denario pari a 1/72 e poi a 1/84 di libra. Sul dritto vi era la testa galeata di
Roma con il segno del valore X ovvero 10 assi e al rovescio aveva i dioscuri galoppanti e in esergo
la legenda Roma. Successivamente vi fu una vasta galleria figurativa volta a ricordare ed esaltare
personaggi o eventi storici legati a Roma. Con Cesare appare per la prima volta sul denario un
ritratto reale. Il denario presenta anche delle suddivisioni: il quinario di 5 assi pari a mezzo denario
con segno di valore V ed il sesterzio di due assi e mezzo pari a mezzo quinario con il segno di
valore IIS. Il Vittoriano ha sul dritto la testa di Giove e sul recto una vittoria che incorona un
trofeo. L’Antoniniano emesso nel 215 d.C da Caracalla aveva un peso pari al doppio del denario
circolò insieme a questo fino a quando non ne prese il posto nel 268 d.C alterandosi sempre più
nella lega per poi scomparire con la riforma di Diocleziano del 294 d.C. Si riconosce perché il busto
dell’augusto indossa una corona radiata mentre quello dell’imperatrice è delimitato in basso da un
crescente lunare.

MONETE IN ORO: oro del giuramento composto da due nominali recanti sul dritto una testa di
giovanile Giano bifronte e sul recto due guerrieri che pronunciano un giuramento su un porcellino
con la legenda roma in esergo. Solo con Augusto l’oro entra nel sistema monetario romano in cui
l’uso dell’effige dell’imperatore diviene uno standard su tutte le emissioni e lasciò all’imperatore
l’emissione di monete d’oro e d’argento e al Senato la coniazione di monete in bronzo. Il nominale
principale in oro era l’aureo che si divideva in due quinari monetati. Costantino instaurò una
nuova moneta d’oro da 1/72 di libra nota come il solido diviso in due semissi e tre tremissi.

CAPITOLO 8: MONETE ANOMALE GRECHE E ROMANE.

Tanto nella serie greca quanto in quella romana esistono delle monete con delle anomalie o delle
particolarità nella fabbricazione o nel modulo e nel peso o nella legenda, nella raffigurazione o
destinazione d’uso che le hanno rese monete anomale o particolari. Le monete a rovescio liscio
presentano una sola faccia col tipo e non hanno il recto, vengono coniate su un’incudine piatta in
modo che la sola faccia sottoposta al conio mobile di martello riceva l’impronta del tipo. Le monete
che hanno una raffigurazione vera e propria su una sola faccia sono anche quelle dette a quadrato
incuso e sono le prime monete dell’umanità, quelle che segnano gli inizi della monetazione e
dell’arte monetaria. Le prime monete presentano al recto una depressione rettangolare o quadrata
detta quadrato incuso. Con l’evoluzione della monetazione il sistema della coniazione a quadrato
incuso venne abbandonato. Vi sono poi le forme monetiformi ma non monetali ovvero monete che
non erano ufficiali per emissione, impronta e peso non rientravano nel novero delle monete. Tra
queste specie monetiformi ma non monetali vi sono: gettoni che potevano essere commerciali in
piombo o rame che servivano per i calcoli contabili, privati con raffigurazioni accurate di giochi e
probabilmente servivano per il gioco privato, semi ufficiali che servivano per il teatro, tessere
alimentari-annonarie che servivano all’imperatore per distribuire al popolo il congiarium;
gioielleria monetiforme molto spesso le monete d’oro o quelle d’argento in corso e fuori corso
venivano utilizzate come gioielli e usate per ornamento personale femminile; le medaglie
produzioni private non destinate alla circolazione le più comuni erano quelle votive poi vi erano
quelle talismaniche che si portavano addosso a scopo superstizioso e come rimedio contro il
malocchio.

Le zecche ufficiali di età imperiale: l’imperatore poteva emettere monete in oro e argento, il
Senato invece poteva coniare monete in rame e le sue leghe. Le zecche imperiali ufficiali erano
quindi due: una gestita dal Senato e l’altra dall’imperatore. Altra zecca importante era in Gallia ed
era a Lugdunum e aveva il monopolio della coniazione di emissioni di monete d’oro e argento.