VERISMO
VERISMO
VERISMO
Introduzione: Dal 1840 al 1860 vi sono attriti tra l’intellettualità europea e la borghesia europea, la
quale si fa carica dell’accelerazione dello sviluppo industriale. Nel frattempo, restano irrisolti i
problemi sociali che riguardano i poveri e i contadini che vengono spinti dalla parte politica più
forte. Due sono le personalità politiche prevalenti: quella di Mazzini e quella di Garibaldi. Per
Mazzini la nazione è una comunità popolare voluta da Dio ma è anche un patrimonio di memorie,
tradizioni, storie e culture comuni. Mazzini è il primo a leggere nella letteratura l’identità nazionale.
Il Verismo è un movimento letterario italiano della seconda metà dell’800, che porta in primo piano
la tensione degli scrittori per una maggiore aderenza della realtà sociale del tempo. I veristi
rappresentano situazioni regionali fatte di povertà, miseria e sfruttamento. I loro personaggi sono
contadini, pescatori, minatori: insomma, umili lavoratori di cui si cerca di rendere l’universo
psicologico e linguistico. Sviluppatasi in Italia negli ultimi trent’anni dell’800, la corrente letteraria
del Verismo è il corrispettivo italiano del naturalismo francese. Mentre, però, in Francia il
naturalismo si sviluppa in una società industrializzata e in contesto cittadino, il Verismo ha a che
fare con una realtà, quella italiana, ancora arretrata dal punto di vista economico, povera e con
uno sfondo soprattutto rurale. Il naturalismo francese vede il poeta operare come un chirurgo
rappresentando la realtà senza opinione propria, esasperando il carattere dell' oggettività
dell'opera. Sono siciliani i massimi esponenti del verismo: Giovanni Verga, Luigi Capuana e
Federico de Roberto. I principi a cui si aspira il verismo sono: l'impersonalità ovvero scrivere in
terza persona, l'oggettività, l'utilizzo di una lingua e di una sintassi molto vicine alla realtà , basta
pensare all'uso del dialetto siciliano che fa Verga e infine la denuncia sociale. Attraverso le opere
veriste vengono rappresentate tutte le classi sociali, senza distinzione evidenziandone i vizi e le
virtù.
IPPOLITO NIEVO
Nasce a Padova nel novembre del 1831 da padre magistrato e madre veneziana. È il massimo
narratore risorgimentale e il suo scritto documenta in maniera impeccabile il passaggio dal
romanzo manzoniano al realismo post-unitario di Verga. Viene mandato dal padre a Firenze e poi
a Pisa nel 1849 dove entra in contatto con l’ambiente liberale toscano e simpatizza per le posizioni
democratiche. Affascinato dalla passione civile di Mazzini prende parte nel 1860 alla spedizione
dei mille. Muore nel 1861 a causa di un’improvvisa tempesta nel naufragio della nave diretta a
Napoli, che scompare nel Tirreno. Le vicende della sua vita hanno favorito il mito del ‘poeta
soldato’; Nievo ha esordito come poeta nel 1854 e nel 1855 con due raccolte intitolate entrambe
“Versi” di carattere civile. Sullo sfondo della sua narrativa vi è il genere rusticale a sfondo
sentimentale e filantropico, diffuso nell’area lombarda e veneta di metà ‘800. Un saggio di
fondamentale importanza dell’autore è “Rivoluzione politica e Rivoluzione nazionale” dove
Nievo riflette sul problema unità nazionale: egli sottolinea la frattura che c’è tra il moto liberale e la
massa delle plebi contadine. Da ciò, il poeta capisce che solo con l’integrazione delle plebi rurali la
Rivoluzione politica può trasformarsi in una stabile rivoluzione nazionale: cioè l’indipendenza e
l’unità non possono separarsi dalla riforma amministrativa e finanziaria che assicuri al regime
politico liberale il consenso di contadini poveri ed ignoranti. Il suo capolavoro resta però “ Le
Confessioni d’un Italiano” pubblicato nel 1867 che, nel genere, è il primo grande romanzo di
vita contemporanea e durante la sua stesura, Nievo fa proprie le istanze di Manzoni e gli elementi
narrativi di Foscolo. Nel romanzo, considerato un capolavoro della letteratura, vengono narrate,
sotto forma di un'autobiografia fittizia, le vicende di Carlo Altoviti, il protagonista che narra, ormai
ottantenne, in prima persona la propria vita trascorsa come patriota, ma soprattutto come uomo
che ha vissuto la trasformazione della propria identità da veneziano a italiano intrecciando i propri
casi personali con le vicende storiche del Risorgimento italiano. Il romanzo fu scritto tra il dicembre
del 1857 e l'agosto del 1858 e si compone di ventitré capitoli, ognuno dei quali anticipato da un
breve riepilogo. Nievo, però, non riuscì a pubblicare subito la sua opera, non trovando un editore
disposto ad affrontare le difficoltà della lunghezza del testo e della censura. Le confessioni
vennero pubblicate, quindi, postume, con il titolo “Le confessioni di un ottuagenario” nel 1867 a
Firenze dall'editore Le Monnier. Il romanzo narra delle vicende dal declino dei residui feudali del
‘700 fino alle soglie dell’Unita d’Italia: la scelta di un protagonista chiamato: ‘ottuagenario’ è
importante per la struttura dell’opera perché consente il riepilogo di 80 anni di storia, dal punto di
vista di un’unica esperienza etica e politica. Il nome del romanzo viene cambiato dagli editori per
evitare che il libro si presenti come una delle tante propagande politiche che allora invadevano il
mercato. Il romanzo è diviso in 23 capitoli ed è un romanzo di prima persona, che racconta la vita
dell’autore attraverso un’autobiografia fittizia e che viene pubblicato dopo la sua morte. Il tono del
romanzo è ironico ma coinvolto nelle vicende del protagonista, mentre il linguaggio del narratore
non è ricercato né volutamente popolareggiante, ma intermedio. Si può parlare di impronta orale
della lingua, in quanto l'autore inserisce, accanto a termini ricercati anche termini che derivano dai
dialetti mantovano e veneto (ciò si ricollega all'imprevedibilità della vita, altro tema affrontato
nell'opera).